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LA PIZIA DI DELFI INALA VAPORI in questa interpretazione fotografica dei risultati di recenti ricerche, che confermano le fonti classiche secondo cui gas inebrianti sarebbero stati la fonte della sua ispirazione. Nella realtà, i gas erano invisibili. www.lescienze.it racolo Delfi: tra mito e realtà In questo celebre sito dell'antica Grecia, scienza e religione sono assai più in accordo di quanto gli studiosi avessero immaginato I tempio di Apollo, annidato nello scenografico paesaggio montuoso di Delfi, era il più importante sito religioso del mondo greco, in quanto sede del celebre oracolo. Lo consultavano condottieri in cerca di consigli su questioni strategiche, colonizzatori pronti a prendere il mare in direzione dell'Italia, della Spagna e dell'Africa, e semplici cittadini preoccupati per problemi economici o di salute. I responsi dell'oracolo compaiono spesso, con un ruolo cruciale, in molti racconti mitologici. Quando Oreste chiese se avesse dovuto punire sua madre pervendicare l'assassinio del padre, l'oracolo lo incitò a farlo. Edipo, ammonito che il suo destino era quello di uccidere il padre e sposare la madre, tentò con ogni mezzo — ma invano — di sfuggire a questa sorte. Loracolo di Delfi forniva i suoi responsi in un luogo specifico — l'adyton, o «zona in- terdetta», nel cuore del tempio — e attraverso una specifica persona, la Pizia, scel- ta per darvoce, come medium posseduta, ad Apollo, il dio della profezia. Che la Pi- zia fosse una donna è, di per sé, un fatto straordinario per una cultura misogina co- me quella greca. E, al contrario della maggior parte delle figure sacerdotali, la Pizia non otteneva la propria carica grazie all'influenza di una famiglia prestigiosa. 69 L' di di John R. Ha le, Jelle Zeilinga de Boer, Jeffrey P. Chanton e Henry A. Spiller Fotografia d'apertura di Sanjay Kothari

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LA PIZIA DI DELFI INALA VAPORI in questa

interpretazione fotografica dei risultati

di recenti ricerche, che confermano

le fonti classiche secondo cui gas inebrianti

sarebbero stati la fonte della sua ispirazione.

Nella realtà, i gas erano invisibili.

www.lescienze.it

racoloDelfi:tra mito e realtàIn questo celebre sito dell'antica

Grecia, scienza e religione

sono assai più in accordo di quanto

gli studiosi avessero immaginato

I tempio di Apollo, annidato nello scenografico paesaggio montuoso di

Delfi, era il più importante sito religioso del mondo greco, in quanto sede

del celebre oracolo. Lo consultavano condottieri in cerca di consigli su

questioni strategiche, colonizzatori pronti a prendere il mare in direzione

dell'Italia, della Spagna e dell'Africa, e semplici cittadini preoccupati per

problemi economici o di salute. I responsi dell'oracolo compaiono spesso,

con un ruolo cruciale, in molti racconti mitologici. Quando Oreste chiese

se avesse dovuto punire sua madre pervendicare l'assassinio del padre, l'oracolo

lo incitò a farlo. Edipo, ammonito che il suo destino era quello di uccidere il padre e

sposare la madre, tentò con ogni mezzo — ma invano — di sfuggire a questa sorte.

Loracolo di Delfi forniva i suoi responsi in un luogo specifico — l'adyton, o «zona in-

terdetta», nel cuore del tempio — e attraverso una specifica persona, la Pizia, scel-

ta per darvoce, come medium posseduta, ad Apollo, il dio della profezia. Che la Pi-

zia fosse una donna è, di per sé, un fatto straordinario per una cultura misogina co-

me quella greca. E, al contrario della maggior parte delle figure sacerdotali, la Pizia

non otteneva la propria carica grazie all'influenza di una famiglia prestigiosa.

69

L'di

di John R. Ha le,Jelle Zeilinga de Boer,

Jeffrey P. Chantone Henry A. Spiller

Fotografia d'apertura di Sanjay Kothari

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Che la Pizia fosse una donna

è un fatto straordinarioper una cultura misogina

come quella dell'antica Grecia

L'unico vincolo era che fosse nata a Delfi; per il resto, potevaessere giovane o vecchia, ricca o povera, istruita o illetterata.Doveva superare un lungo e arduo periodo di addestramento,aiutata da una congregazione di donne di Delfi che si prendeva-no cura dell'eterno fuoco sacro nel tempio.

La spiegazione classica

La tradizione attribuiva l'ispirazione profetica dell'oracolo afenomeni geologici: un crepaccio nel terreno, il vapore che nefuoriusciva e una sorgente. Circa un secolo fa, questa spiegazio-ne parve perdere credibilità, quando gli scavi archeologici nel si-to non individuarono alcun crepaccio né rivelarono la presenzadi gas. Le antiche testimonianze in questo senso, tuttavia, sononumerose e provengono da molte fonti diverse: storici come Pli-nio e Diodoro, filosofi come Platone, i letterati Eschilo e Cicero-ne, il geografo Strabone, Pausania, autore di resoconti di viag-gio, e anche un sacerdote di Apollo che servì a Delfi: il celebresaggista e biografo Plutarco.

Strabone (64 a.C.-25 d.C.) scrisse: «Si dice che sede dell'oraco-lo sia una caverna scavata nelle profondità della terra, con unimbocco piuttosto stretto da cui risale imo pneuma [gas, vapore,respiro, dalla stessa radice di «pneumatico»] che produce la pos-sessione divina. Un tripode è posto sopra questa fenditura, e sa-lendovi la Pizia inala il vapore e dà responsi profetici».

Plutarco (46-120 d.C.) ci ha lasciato un'ampia testimonianza,frutto di conoscenza diretta, del funzionamento dell'oracolo.Egli descrive il rapporto fra il dio, la sacerdotessa e il gas para-gonando Apollo a un musicista, la donna al suo strumento e lopneuma al plettro con il quale egli la tocca per farla parlare. MaPlutarco sottolinea che lo pneuma era solo uno stimolo. In realtàil precondizionamento e la purificazione (che certamente impli-cava l'astinenza sessuale e forse anche il digiuno) della donnaprescelta erano ciò che la rendevano capace di reagire all'espo-sizione allo pneuma. Una persona qualsiasi poteva avvertire l'o-dore del gas senza cadere nella trance oracolare.

Plutarco riporta anche un certo numero di caratteristiche fisi-che dello pneuma. Aveva un profumo dolce; veniva emesso,«come da una sorgente», nell'adyton dove sedeva la Pizia, maaccadeva che sacerdoti e postulanti a volte ne sentissero l'odorenell'anticamera dove attendevano i responsi. Poteva risalire informa di gas allo stato libero oppure nell'acqua. Ai tempi di Plu-tarco l'emissione era divenuta debole e irregolare, e a questo fat-to egli attribuiva l'influenza decrescente dell'oracolo di Delfi sul-la vita pubblica. Si spingeva anche a ipotizzare che l'essenza vi-tale si fosse esaurita, o che forti piogge l'avessero diluita, o an-cora che un grande terremoto avvenuto quattro secoli prima a-vesse parzialmente ostruito lo sbocco. Forse, continuava, il va-pore aveva trovato una nuova uscita. Queste teorie di Plutarcoindicano chiaramente come egli ritenesse che il gas avesse origi-ne nella roccia al di sotto del tempio.

Un testimone della generazione successiva, Pausania, ripetel'osservazione di Plutarco secondo cui lo pneuma risaliva nel-

l'acqua. Pausania scrive di aver visto, sul pendio sovrastante iltempio, una fonte chiamata Kossotis, la cui acqua, a quantoaveva sentito dire, scompariva nel terreno e riemergeva nell'ady-ton, dove aveva il potere di conferire il dono della profezia.

Plutarco e altri autori raccontano che durante le sessioni nor-mali la donna che rivestiva il ruolo di Pizia si trovava in un leg-gero stato di trance. Era in grado di sedere eretta sul tripode epoteva restarvi per periodi piuttosto lunghi (anche se, quando ipostulanti erano numerosi, a volte una seconda e anche una ter-za Pizia dovevano darle il cambio). Inoltre era in condizioni diudire le domande e di rispondere in maniera intelligibile. Duran-te le sessioni oracolari, la Pizia parlava con voce alterata e ten-deva a pronunciare i responsi come fossero litanie, arricchendo-li di enigmi e giochi di parole. Alla fine, secondo Plutarco, la suacondizione era quella di chi ha appena terminato una lunga cor-sa o ima danza estatica.

In un'occasione, alla quale aveva assistito Plutarco stesso ouno dei suoi colleghi, le autorità del santuario costrinsero la Pi-zia a fornire un responso in un giorno infausto per compiacere imembri di un'ambasceria importante. Ella scese con riluttanzanell'adyton sotterraneo e subito fu soggiogata da uno spirito po-tente e malvagio. In questo stato di possessione, anziché parlareo salmodiare come faceva di solito, la Pizia prese a urlare e a la-mentarsi, si agitò violentemente e alla fine si precipitò verso l'u-scita, dove cadde priva di sensi. I postulanti e i sacerdoti, terro-rizzati, dapprima fuggirono, ma poi tornarono a soccorrerla.Morì dopo qualche giorno.

La nuova tradizione

Generazioni di scienziati accettarono queste testimonianze.Poi, intorno al 1900, un giovane studioso inglese, Adolphe PaulOppé, visitò gli scavi che una missione francese stava condu-cendo a Dea Non vide alcun crepaccio né sentì menzionareemissioni di gas, e pubblicò un articolo molto importante in cuiespose tre osservazioni critiche. In primo luogo, a Delfi non eramai esistita una fenditura della roccia da cui usciva gas. In se-condo luogo, se anche fosse esistita, nessun gas naturale avreb-be potuto causare uno stato simile a una possessione spiritica.Infine, il racconto di Plutarco di una Pizia che era stata colpitada una sorta di crisi epilettica ed era morta poco dopo era incontrasto con l'abituale descrizione secondo cui la profetessa se-deva sul tripode e salmodiava i suoi responsi. Oppé concluse chele antiche testimonianze non avevano alcun valore.

La critica di Oppé fece scalpore nel mondo accademico. Lesue opinioni erano state espresse in maniera così convincenteche ben presto divennero una «nuova ortodossia». L'assenza del-l'ampia spaccatura nella roccia che gli archeologi francesi si era-no aspettati di trovare sembrava dimostrare le sue argomenta-zioni. Un ulteriore sostegno alla teoria di Oppé giunse nel 1950,quando l'archeologo francese Pietre Amandry fece notare chesolo in un'area vulcanica avrebbe potuto sprigionarsi un gas co-me quello descritto nelle fonti classiche; e Delfi non lo era. Il ca-

L'UNICA RAPPRESENTAZIONE NOTA DELLA PIZIA DI DELFI risalente

all'epoca in cui l'oracolo era attivo si trova su questa coppa eseguita

da un pittore ateniese verso il 440 a.C. In essa si vede il basso soffitto

della camera dove la sacerdotessa siede su un tripode. In una mano

tiene un ramo di alloro (l'albero sacro ad Apollo) e nell'altra una coppa

piena, presumibilmente, dell'acqua di una sorgente che sgorgava

nella camera e trasportava gas capaci di indurre uno stato di trance.

Questa scena mitologica mostra re Egeo di Atene mentre consulta

la prima Pizia, Themis.

IN SINTESI

• Nell'ultimo secolo, gli studiosi hanno declassato a mitola tradizionale spiegazione secondo cui vapori fuoriuscentidal terreno inebriavano le sacerdotesse dell'oracolo di Delfie ispiravano le loro profezie.• Recenti indagini scientifiche dimostrano che i resocontidegli autori classici erano in realtà estremamente accurati.• In particolare, gli autori dell'articolo hanno identificato duefaglie che si incrociano esattamente al di sotto del sitodell'oracolo.• Inoltre gli strati bituminosi nelle formazioni calcaree dellaregione davano probabilmente origine a emissioni di etilene, ungas che induce uno stato di trance e che poteva sprigionarsidal terreno attraverso fratture prodotte dall'attività delle faglie.

so sembrava quindi chiuso. La tradizione degli autori greci e la-tini era mantenuta viva solo dai libri di divulgazione e dai

racconti delle guide locali che, secondo Oppé, erano stateall'origine dell'intera leggenda sul crepaccio e i vapori.

La situazione cambiò negli anni ottanta quando,nell'ambito di un progetto delle Nazioni Unite, si

intraprese in Grecia una ricognizione delle fa-glie attive (quelle cioè che avevano generato

terremoti negli ultimi secoli). Uno di noi (deBoer), che era membro del progetto, notò

\ superfici di faglia esposte sia a est sia a\ ovest del santuario e le interpretò come

tracce che indicavano l'andamento diuna faglia decorrente lungo il pendiomeridionale del Monte Parnaso e sot-to il sito dell'oracolo. Ma, dato checonosceva la tradizione classica edera all'oscuro delle critiche e delloscetticismo moderni, non attribuìparticolare importanza alla propriaosservazione.

Oltre un decennio più tardi, deBoer incontrò un altro di noi (Hale)presso un sito archeologico in Porto-gallo. Hale, che è archeologo, aveva

chiesto un parere a de Boer, che è geolo-go, sulla possibilità che una villa romana

fosse stata danneggiata da un terremoto.Davanti a una bottiglia di vino, de Boer ac-

cennò alla faglia che aveva visto decorreresotto il tempio di Delfi. Hale, che aveva appreso

da studente l'interpretazione ormai accettata, locontraddisse. Ma, nella vivace conversazione che ne

seguì, de Boer riuscì a fargli cambiare idea con la suadescrizione della faglia, le sue spiegazioni su come i gas in-

terni della Terra possano risalire in superficie attraverso le fagliee i riferimenti agli autori antichi. Comprendendo l'importanza diquesta osservazione per l'interpretazione delle fonti classiche, idue decisero di costituire un gruppo di studio per l'ulterioreesplorazione del sito.

Si rispolvera la spiegazione classica

Durante la nostra prima spedizione sul campo, nel 1996, con-ducemmo rilevamenti geologici ed esaminammo le fondamentadel tempio che erano state portate alla luce dagli archeologifrancesi. Il tempio presenta un certo numero di caratteri anoma-

GLI ESPERIMENTI DI

ANESTESIOLOGIA

eseguiti da

Isabella Herb

(in piedi)a metà

del XX secolo si sono

rivelati decisivi

per risolvere

il mistero del gas

che fuoriusciva

al di sotto del tempiodi Delfi. La Herb

e i suoi colleghi

scoprirono che basse

concentrazioni

di etilene possono

indurre uno stato

di trance.

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, TEMPIODI APOLLO

CAMERADELL'ORACOLO

DUE FAGLIE SI INCROCIANO AL DI SOTTO DEL TEMPIO DI APOLLO a Delfi (sotto

e nella pagina a fronte). In corrispondenza di questa intersezione la roccia

è permeabile e solcata da fessurazioni (visibili nella sezione) lungo le

quali potevano risalire acqua e gas. L'attività tettonica riscaldava la roccia

calcarea adiacente alle faglie a temperature sufficientemente alte da

vaporizzare parte degli idrocarburi presenti nella frazione bituminosa.

Questi gas risalivano attraverso le fessurazioni prodotte dalle faglie fino

alla piccola stanza dei vaticini situata al di sotto del pavimento del tempio.

li, che imporrebbero un'interpretazione particolare delle suefunzioni anche se non ci fossero stati tramandati i resoconti diPlutarco e degli altri autori. In primo luogo, il cuore dell'area sa-cra è infossato e giace 2-4 metri al di sotto del livello del pavi-mento circostante. Inoltre questa zona è asimmetrica: un'inter-ruzione del colonnato interno lasciava posto a una qualchestruttura oggi scomparsa. In terzo luogo, costruito direttamentenelle fondamenta accanto all'area infossata, vi è un complessoscarico per l'acqua sorgiva, insieme con altri passaggi sotterra-nei. Sembra dunque proprio che il tempio di Apollo sia statoprogettato per racchiudere una specifica area in cui si trovavauna sorgente d'acqua, anziché per fornire una dimora a un si-mulacro del dio, come era la funzione normale di un tempio.

Durante quella prima esplorazione, rilevammo la grande li-nea di faglia decorrente in senso est-ovest, chiamata faglia diDelfi, che de Boer aveva osservato nella sua precedente ricogni-zione. In seguito, in un canalone al di sopra del tempio scoprim-mo la superficie esposta di una seconda faglia. Questa secondastruttura, che chiamammo faglia di Kerna, decorreva in sensonordovest-sudest e intersecava la faglia di Delfi in corrispon-denza del sito dell'oracolo. Una serie di sorgenti disposte linear-mente attraverso l'area del santuario e il tempio vero e proprioindicava la posizione della faglia di Kerna al di sotto dei terraz-zamenti antichi e dell'accumulo di materiali franati.

In quello stesso anno, Michael D. Higgins, archeologo, e suofiglio Reynold Higgins, geologo, pubblicarono un libro che ci fe-

ce pensare di essere sulla strada giusta. Nel loro Geologica! Com-panion to Greece and the Aegean, essi notarono che la linea disorgenti indicava l'esistenza di una faglia quasi verticale, che at-traversava il santuario da nord-ovest a sud-est. I due studiosi ri-levarono anche che nessun elemento geologico imponeva di re-spingere l'antica tradizione.

Secondo Higgins padre e figlio, il gas emesso poteva esserebiossido di carbonio. Circa 10 anni prima un altro gruppo di ri-cerca aveva individuato un'emissione di questo tipo presso unaltro tempio di Apollo, quello situato a Hierapolis (l'attuale cittàturca di Pamukkale), in Asia Minore, regione costellata dalle ro-vine di molte grandi città greche. Seguendo i resoconti di Stra-bone, i ricercatori hanno scoperto che il tempio di Apollo a Hie-rapolis era stato deliberatamente costruito sopra un «camino» digas tossici, che emergevano da una cavità nelle fondamentadell'edificio.

11 tempio di Hierapolis non era un sito oracolare, e il biossidodi carbonio era decisamente tossico, non inebriante, tanto cheveniva usato per uccidere animali sacrificali, dagli uccelli ai tori.Ancora oggi il gas, che fuoriesce irregolarmente, uccide i picco-li uccelli che si posano sulla recinzione costruita per tenere i vi-sitatori a distanza di sicurezza. Altri templi di Apollo in Turchia,però, erano sede di un oracolo, ed erano costruiti al di sopra disorgenti attive, come a Didime e a Claros. Sembrava quindi e-mergere un chiaro legame fra i templi dedicati a questa divinitàe siti di attività geologica.

VISTA DALL'ALTO

LL'INTERNO DEL TEMPIO

FAGLIADI DELFI

VISTA IN SEZIONE LUNGOLA FAGLIA DI KERNA

TEMPIO DI APOLLO

--DEPOSITI -

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Sembrava emergere un

chiaro legamefra i templi dedicati ad Apollo

e siti di intensa attività geologica

à

'ig

Il gas perfetto

Sebbene le faglie da poco scoperte a Delfi indicassero che gase acqua sorgiva potevano raggiungere la superficie attraversofessurazioni nel suolo al di sotto del tempio, non spiegavano co-me venisse generato il gas stesso. De Boer, tuttavia, aveva osser-vato depositi di travertino - colate di calcite depositate dall'ac-qua - che ricoprivano i pendii al di sopra del tempio e anche unantico muro di sostegno. Queste colate gli avevano fatto pensareche l'acqua fosse risalita athaverso spessi strati di roccia calcareae che, una volta giunta in superficie, avesse depositato minera-lizzazioni calcitiche (mi fenomeno che si osserva anche a Hiera-polis, in Turchia). Una ricerca nella letteratura geologica riguar-dante il Monte Parnaso rivelò che, fra le formazioni rocciose delCretaceo in prossimità del tempio, vi sono strati di calcare bitu-minoso con un contenuto in idrocarburi che può arrivare fino al20 per cento.

Ora De Boer cominciava a vedere come i pezzi del rompicapocombaciassero. Le faglie visibili sui fianchi del Monte Parnasoattraversavano strati di roccia calcarea bituminosa. I movimentilungo le faglie creavano attrito e riscaldavano la roccia fino aprovocare la vaporizzazione degli idrocarburi presenti; questicomposti relativamente volatili risalivano allora lungo le frattureinsieme con l'acqua, specialmente nei punti in cui la presenza diintersezioni fra le faglie rendeva la roccia più permeabile. Coltempo le emissioni di gas tendevano a decrescere perché croste dicalcite ostruivano gli spazi all'interno della faglia; ma il successi-vo scorrimento tettonico provvedeva ad aprirne di nuovi.

Il ragionamento di de Boer sembrava in buon accordo con lescoperte degli archeologi francesi dell'inizio del XX secolo, iquali avevano alla fine raggiunto il basamento roccioso sottol'adyton alcuni anni dopo la pubblicazione dell'articolo di Oppé.Al di sotto di uno strato di argilla bruna, essi avevano trovatoroccia «fessurata dall'azione delle acque». Riteniamo che le fes-sure fossero dovute a processi di fagliazione e fi-atturazione del-la roccia anziché all'azione dell'acqua, sebbene quest'ultima pos-sa averle ampliate nel corso del tempo; nei primi tentativi di rag-giungere il basamento roccioso gli archeologi francesi avevanoosservato che le fessure continuavano a riempirsi d'acqua. Rite-niamo anche che il crepaccio visibile nell'adyton potesse essereuna fessura aperta che si estendeva nello strato di argilla al disopra della roccia fratturata del basamento.

Anche se attente osservazioni e deduzioni geologiche stavanorisolvendo un enigma dopo l'altro, restava in sospeso la questio-ne della natura dei gas che emergevano dalla roccia. De Boervenne a sapere che geologi al lavoro nel Golfo del Messico ave-vano analizzato i gas che fuoriuscivano da faglie sommerse. A-vevano così scoperto che le faglie attive in quest'area ricca dicalcare bituminoso producevano idrocarburi leggeri come meta-no ed etano. Poteva essere così anche a Delfi?

Per stabilirlo, chiedemmo il permesso di prelevare campioni diacqua di fonte e di travertino depositato dalle antiche sorgenti.Speravamo di scoprire in questa roccia porosa tracce dei gas che

GLI AUTORI

JOHN R. HALE, JELLE Z. DE BOER, JEFFREY P. CHANTON e

HENRY A. SPILLER hanno formato un gruppo interdisciplinare

per studiare l'oracolo di Delfi. Hale è archeologo all'Università

di Louisville; de Boer è professore di geologia alla Wesleyan

University; Chanton è chimico e docente presso il Diparti-

mento di oceanografia della Florida State University; Spiller è

tossicologo e dirige il Kentucky Regional Poison Center.

IL TEMPIO DI APOLLO è ripreso, nella foto qui sotto, lungo la direzione

della faglia di Delfi. La sede dell'oracolo era presso il blocco visibile

nell'area infossata all'interno delle fondamenta del tempio. Nella foto

a destra uno degli autori (de Boer) siede sul blocco, più o meno nello

stesso punto in cui la Pizia si sarebbe trovata, sul suo tripode, secoli fa.

avevano raggiunto la superficie in tempi antichi. A questo pun-to Chanton, che è un chimico, si unì al nostro gruppo di ricerca.Nei campioni di travertino raccolti da de Boer e Hale, egli trovòmetano ed etano, quest'ultimo prodotto dalla decomposizionedell'etilene. Chanton si recò quindi in Grecia per campionarel'acqua delle sorgenti nei pressi del sito dell'oracolo. L'analisi del-l'acqua della fonte di Kerna, nel santuario stesso, rivelò la pre-senza di metano, etano ed etilene. Poiché l'etilene ha un odoredolce, la sua presenza sembrava confermare la descrizione diPlutarco, secondo cui il gas odorava come un profumo prezioso.

Per interpretare meglio i possibili effetti fisiologici di questigas in uno spazio ristretto come è quello dell'adyton, invitammoSpiller, che è tossicologo, a unirsi a noi. Il suo lavoro sui giovaniche per alterare il proprio stato mentale inalano sostanze qualicolla e trementina, che quasi sempre contengono idrocarburileggeri gassosi, aveva rivelato numerosi paralleli con i raccontisul comportamento della Pizia nel suo stato di trance.

Spiller trovò un numero ancora maggiore di paralleli nei reso-conti degli esperimenti sulle proprietà anestetiche dell'etilenecondotti oltre mezzo secolo fa da Isabella Herb, pioniera dell'a-nestesiologia negli Stati Uniti. Ella aveva osservato che una mi-scela con un tenore del 20 per cento in etilene causa la perdita dicoscienza, ma che concentrazioni più basse inducono uno statodi trance. Nella maggior parte dei casi esaminati, la trance eraleggera: il soggetto restava cosciente, era in grado di sedere inposizione eretta e di rispondere alle domande, provava sensazio-ni di distacco dal corpo e di euforia e manifestava amnesia altermine della somministrazione del gas. Ma occasionalmente laHerb assistette a reazioni violente, con il paziente che si agitavaed emetteva grida incoerenti. Se in un simile stato di frenesia unsoggetto avesse vomitato e una parte del vomito fosse finita neipolmoni, la conseguenza inevitabile sarebbe stata una polmoni-te dall'esito letale. Così, secondo l'analisi di Spiller, l'inalazionedi etilene poteva spiegare ogni aspetto delle descrizioni dellopneuma di Delfi: dall'odore dolce agli effetti fisiologici variabili,e in rari casi potenzialmente mortali.

Un'ispirazione inattesa

Duemila anni fa, Plutarco era interessato a conciliare religio-ne e scienza. Come sacerdote di Apollo, doveva giustificare l'i-dea che una divinità si servisse di un gas naturale dall'emissionevariabile per compiere prodigi, quando avrebbe più semplice-mente potuto impossessarsi del corpo della Pizia. Ma Plutarcoriteneva che gli dei dovessero servirsi della materia del mondocorrotto e transitorio per compiere le loro opere. A dispetto dellasua natura divina, Apollo doveva affidare i propri vaticini allavoce di mortali e doveva ispirarli con stimoli che facevano partedel mondo naturale. Le attente osservazioni di Plutarco sulle e-missioni gassose a Delfi dimostrano che gli antichi cercavano dinon escludere l'indagine scientifica dall'esperienza religiosa.

La lezione principale che abbiamo ricavato dal nostro proget-to di ricerca sull'oracolo di Delfi non è la conclusione abbastan-za trita che la scienza moderna può chiarire antichi misteri. For-se più importante è comprendere quanto sia vantaggioso avvici-narsi ai problemi con la stessa apertura mentale e lo stesso at-teggiamento interdisciplinare dimostrati dagli antichi Greci.

BIBLIOGRAFIA

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