01 fra giacomo · re che campeggiano in maestosa solitudine su sfondi di cieli e ... sostituite nei...

8
Fra Giacomo Foglio trimestrale sul Servo di Dio fra Giacomo Bulgaro (1879-1967) - Frate Minore Conventuale - Direzione e Redazione: Convento San Francesco - Piazza San Francesco 3 A - 25122 Brescia - Italia - tel. 030.29.26.701 fax 030.29.26.780 - Direttore Responsabile: p. GIANFRANCO CATTOZZO - Redazione: p. LEOPOLDO FIOR - Autorizzazione del Tribunale di Brescia n. 3 del 1998 - Autorizzazione dei Superiori - Spedizione in Abbonamen- to Postale - D.L. 353/2003 (conv. L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2 DCB Brescia - Realizzazione Grafica: Cidiemme/Brescia - Stampa: Grafica Sette/Bagnolo Mella (Bs) - Anno XI, n. 01 | Gennaio-Marzo 2012 Celeste Bambino Vedo il mio Signore con le braccia protese ad accogliermi, pronto a stringermi al petto con infinito amore. Gesù, sono tutto tuo, tuo, eternamente tuo. Adoro la tua divina volontà: fa’ che si compia in me ed in tutti, e che io viva solo per la tua gloria. Pastore divino, porgi ascolto alle voci delle pecorelle smarrite che, tra le vie oscure del mondo, non trovano la strada che conduce al tuo ovile. Accogli, Pastore buono, ogni pecorella smarrita e ricoprila di baci, i baci dell’infuocato tuo Amore. “Diario” di Fra Giacomo" (1933, q2, 1v.2v.3r) 01 Gennaio/Marzo 2012 G. Scarduelli - Chiesa di S. Francesco - Brescia

Upload: others

Post on 09-Mar-2021

0 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: 01 Fra Giacomo · re che campeggiano in maestosa solitudine su sfondi di cieli e ... sostituite nei due stalli centrali, da due cupolette pitturate in azzurro e co- ... la bella pala

Fra GiacomoFoglio trimestrale sul Servo di Dio fra Giacomo Bulgaro (1879-1967) - Frate Minore Conventuale - Direzione e Redazione: Convento San Francesco - Piazza San Francesco 3 A - 25122 Brescia - Italia - tel. 030.29.26.701 fax 030.29.26.780 - Direttore Responsabile: p. GIANFRANCO CATTOZZO - Redazione: p. LEOPOLDO FIOR - Autorizzazione del Tribunale di Brescia n. 3 del 1998 - Autorizzazione dei Superiori - Spedizione in Abbonamen-to Postale - D.L. 353/2003 (conv. L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2 DCB Brescia - Realizzazione Grafica: Cidiemme/Brescia - Stampa: Grafica Sette/Bagnolo Mella (Bs) - Anno XI, n. 01 | Gennaio-Marzo 2012

Celeste Bambino

Vedo il mio Signorecon le braccia protese ad accogliermi,pronto a stringermi al pettocon infinito amore.Gesù, sono tutto tuo, tuo, eternamente tuo.Adoro la tua divina volontà:fa’ che si compia in me ed in tutti,e che io viva solo per la tua gloria.Pastore divino, porgi ascoltoalle voci delle pecorelle smarriteche, tra le vie oscure del mondo,non trovano la strada che conduce al tuo ovile.Accogli, Pastore buono,ogni pecorella smarrita e ricoprila di baci,i baci dell’infuocato tuo Amore.“Diario” di Fra Giacomo" (1933, q2, 1v.2v.3r) 01

Gennaio/Marzo 2012

G. Sca

rduel

li -

Chie

sa d

i S. Fr

ance

sco

- Bre

scia

Page 2: 01 Fra Giacomo · re che campeggiano in maestosa solitudine su sfondi di cieli e ... sostituite nei due stalli centrali, da due cupolette pitturate in azzurro e co- ... la bella pala

Capolavori della ChiesaContinuiamo la carrellata sulle opere più insigni della Chiesa di San Francesco

Sotto la direzione degli architetti Cristoforo ed Antonio Zurlengo, e finanziati, oltre che da Francesco Sansone anche dal conte Antonio Martinengo da Padernello, nel 1464, vennero rinnovati il presbiterio e l’abside in forme prettamente gotiche. Il presbiterio fu strutturato su una campata quadrata con crociera a costoloni, seguita da una rettangolare di profondità dimezza-ta con uguale tipo di copertura ed, infine, concluso da un’absi-de poligonale con volta ad ombrello. Due finestre furono aperte sui due lati ed un ampio oculo nella parete di fondo. Ad affre-scarla venne chiamato Girolamo Romanino che l’abbellì con le figure di Cristo, degli evangelisti dei quattro Padri della Chiesa occidentale. Qui affrescato vediamo (in alto) Sant’Ambrogio, allo scrittoio con lo staf file in mano e la mitra appoggiata su un muretto a destra, è rivestito di un piviale rosso che incornicia un camice bianco. Sono figure dalle forme larghe e nette dalle coloriture estremamen te fuse e morbide. Ritratti definiti “figu-re che campeggiano in maestosa solitudine su sfondi di cieli e nubi montanti, concitate e quasi scosse da un vento percetti-bile nella capigliatura scomposta e nel frusciare delle vesti”. Lo stesso Romanino non si sentì di coprire, come di solito succede-va, un affresco precedente che ritrae una meravigliosa (in bas-so) Madonna che adora il Bambino, tra due schiere di an-geli, opera variamente attribuita ai fratelli Andrea e Bonifacio Bembo, o a Paolo da Caylina il vecchio.

L’abside ottagonale è rivestita da un coro in legno fatto co-struire nel 1483 dal Generale dell’ordine, P. Francesco Sanson. L’impasto di forme goticheggianti e rinascimentali, che si no-ta nell’architettura del coro a ventidue stalli in due ordini, lo si ri trova anche nelle tarsie, a grandi disegni geometrici con gu-sto deriva to dai tappeti persiani, con l’uso ancora trecentesco della madre perla per rendere preziosa la composizione e per la presenza di elementi classici in prospettiva. Ad intaglio con forti risalti sono invece le cornici e i braccioli di legno più scuro in cui si alternano motivi variatissimi di animali che ricordano la simbo logia nordica. Gli stalli sono separati tra loro da diviso-ri traforati a forma di bifore gotiche. Altri disegni, di minori di-mensioni, arricchiscono i pancali ed i listelli. Gli intagli superiori sorreggono delle mensole a tettuccio intarsiato, sostituite nei due stalli centrali, da due cupolette pitturate in azzurro e co-sparse di stelle dorate. Gli studiosi attribuiscono questo splen-dido lavoro a Filippo Morari da Soresina, l’intagliatore che, nel 1511, firmerà gli intarsi dei bancali della sagrestia.

TRA ARTE, STORIA E FEDE

fra Giacomo 01 | GEN.-MAR. 2012 - 02

Page 3: 01 Fra Giacomo · re che campeggiano in maestosa solitudine su sfondi di cieli e ... sostituite nei due stalli centrali, da due cupolette pitturate in azzurro e co- ... la bella pala

Allora rimaniamo in questo luogo. L’esempio del Padre Francesco Sansone sicuramente suscitò l’emulazione di altri confratelli, che si dimostrarono munifici verso la Chiesa di S. Francesco. Tra questi, nel 1509, frate Giacomino da Botticino, erede di una ricca fami-glia, volle ampliare la vecchia sagrestia. Lo ricorda l’iscrizione posta sull’architrave dell’entrata che dice: “Fr[ater] Iacobinus Boticinensis aere suo sacrarium v[ivens] p[osuit] MDIX”. La sagrestia, (a si-nistra) prima dell’ampliamento occupava soltanto la prima metà del locale e vi si accedeva da una porta di cui rimane l’arco mura-to sulla parete del corridoio che conduce in chiesa, ma si poteva entrare anche dal chiostro trecentesco attraverso una porta che fu murata, ed, all’interno, in parte nascosta dalle nuove tarsie.La volta a costoloni della primitiva costruzione fu sostituita con u-na più ampia a crociera ed a semiombrello, nelle due parti termi-nali, e che si dispiega come vela gonfiata dal vento. La parte più antica è formata (a destra) da armadi lignei, a due piani, per gli arredi e le suppellettili sacre, che gli ‘Inventari’ del tempo descri-vono essere assai numerose. Probabilmente furono eseguiti da Filippo Morari da Soresina attorno al 1483. La seconda parte della sagrestia è invece occupata, lungo tutti e tre i lati, dalle pre-ziose tarsìe. L’abile scelta dei legni, accostati in modo da rendere il senso coloristico, la genialità dell’ispirazione, l’esecuzione perfet-ta, la varietà dei soggetti riprodotti, fanno di queste tarsie un’ope-ra pregevolissima firmata da Filippo Morari ed eseguite nel 1511.

Cappella dell’Immacolata, definita u-na ‘piccola chiesa nella chiesa’, fu dedica-ta alla Vergine Immacolata. La costruzione risale al 1477 forse su disegno di Filippo da Caravaggio e decorata dal trevigliese Bernardino Zenale (1450-1526). L’Indice Poncarali, nella delibera del 28 marzo 1522, stabiliva che il giorno dell’Immacolata Concezione fosse celebrato come festività e venisse fatta l’annuale processione alla Cappella con le numerose associazioni de-gli artigiani. Nel 1737, il milanese Giovanni Battista Sassi ristrutturò la cappella: nel-le architetture, affrescate dai lombardi Giacomo Lecchi ed Eu genio Ricci, sempre il Sassi e Antonio Cucchi dipinsero le storie di Ester e di Giuditta e, nei pennacchi, le figu-re dei Profeti e degli Evangelisti. Come pala d’altare venne lasciato il dipinto di Grazio Cossali, pittore di Orzinuovi dallo spiccato senso coloristico, ricco di motivi teatrali e spettacolari. In questa tela del 1603, cam-peggia la Vergine incoronata sollevata in alto tra uno stuolo di angeli mentre, da-vanti a Lei, sono inginocchiati, San Giovanni Battista e Santa Apollonia. Pier Virgilio Begni Redona, sinteticamente scrive, che tutti i particolari della pala sono “sapientemente costruiti, quasi ad aprire la scena per una discesa verso la terra dell’immagine sacra più che per una salita alle altezze del cielo”.

Opera notevole della cappella, forse su cartoni di Paolo da Caylina il gio-vane, o di un maestro bresciano, so-no gli stalli intarsiati, attorno al 1550, dai fratelli Virchi, discepoli, secondo Gaetano Panazza, di fra Damiano da Bergamo, come ipotizzano le prospet-tive architetto niche varie, la comples-sità delle scene e l’uso di laminette metalliche che adornano le arma ture. Benedetto è “più sommario nel trat-teggio, ma con una interpretazione più pittorica della forma, e con una resa al quanto confusa delle architetture e del paesaggio”; e Battista che è “più articolato, scandito nei vari piani, più netto nel disegno, più accentuato nel chiaroscuro”. Gli stalli, intarsiati alla certosina, sono 26 disposti su due pan-coni che delimitano le pareti a destra e sinistra della cappella. Nell’insieme i Virchi, pur dando prova delle possibili-tà figurative della tarsìa, testimoniano già la via della decadenza prodotta dal manierismo, caratterizzato dall’intaglio a rilievo. Nella ristrutturazione sette-centesca, questi stalli furono inseriti in un nuovo apparato ligneo di noce, illeggiadrito da intrecci floreali e valve di conchiglie.

Altro capolavoro cinquecentesco, posto, attorno al 1520, nella cappella fatta e-dificare dai marangoni e muratori, è la bella pala raffigurante lo Sposalizio della Vergine con S. Giuseppe. È un di-pinto ad olio su tavola opera del pitto-re Francesco Prata da Caravaggio, che, alcuni critici dicono fosse discepolo del Romanino, e la cui firma è incisa sul pilastro a sinistra: “Francisci de Prato Caravagiensis opus”, mentre più sotto la scritta “anno XP (Christi) MDXLVII ars muratori exspensis” indica la posa in opera della cornice e la committen-za fatta dai “marangoni” nel 1547. Nel pregevole dipinto, tutti i personaggi sono collocati allo stesso livello, quasi dentro un immaginario rettangolo, e di-sposti in ordine equilibrato e simmetri-co leggermente variato dal movimento delle teste. Alessandro Sala scrisse che “il quadro dello Sposalizio è un dipinto che risente alquanto del secolo anterio-re a quello in cui visse l’artista per certa regolarità di composizione e durezza di panneggiamenti; ma soavissime so no le teste e condotte con molta espres-sione e diligenza; il colori to è succoso e trasparente; l’architettura è disegna-ta con le più scrupolose regole d’arte”.

fra Giacomo 01 | GEN.-MAR. 2012 - 03

Page 4: 01 Fra Giacomo · re che campeggiano in maestosa solitudine su sfondi di cieli e ... sostituite nei due stalli centrali, da due cupolette pitturate in azzurro e co- ... la bella pala

TESTIMONIANZE

Una vita eroicaTestimonianza di Padre Pacifico Masetto:il 12 luglio prossimo compirà cento anni.

“Premetto che ho avuto la fortuna di vivere accanto a fra Giacomo, nella Comunità di San Francesco in Brescia, dall'ottobre 1940 all'aprile 1953 es-sendo Rettore dei chierici liceali. Nonostante questa lunga convivenza con il venerato fratello, mi trovo molto imbarazzato nello scrivere di lui, non perché manchi la materia, ma perché la sua lunga vita di religioso portinaio è stata così semplice e nascosta da ricor-dare la vita di Gesù a Nazaret. Niente di clamoroso, niente che colpisca la fantasia. È difficile trovare episodi che si stacchino dalla vita semplice di ogni giorno. Tutta la ricchezza di questo re-ligioso è interiore, nascosta agli occhi degli uomini, ma preziosa agli occhi di Dio. Si può applicare a lui la frase di S. Paolo: «Voi siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio». Se però si scruta con occhio cristiano questa vita semplice e monotona, si scoprono ricchezze di grazia veramente mirabili, come sa essere «mirabile Dio nei suoi santi». In fra Giacomo, per me, tut-to appare eroico nel senso pieno del-la parola.Eroico il suo amore verso Dio, espres-so nello spirito di preghiera davvero «serafico». Sembrava l’incarnazione della preghiera, tanto era assorto in Dio anche durante il lavoro, perfino nel prendere cibo. Era attratto alla Chiesa, al tabernacolo come l’ago alla calamita.

Come altri cercano volentieri la disten-sione, la ricreazione, il divertimento, così egli cercava il riposo in Dio nella preghiera.Eroico il suo amore verso il prossi-mo, specialmente verso i poveri che bussavano spesso alla porta del con-vento. Egli non parlava mai di cibo, di vesti o di altre cose, se non in riferi-mento ai suoi poverelli. Non l’ho mai visto mangiare fuori pasto né ho po-tuto indovinare quale cibo preferisse. Però quando si trattava dei poveri sa-peva essere industrioso e dolcemente insistente presso i Superiori, per avere cibo, vesti e ogni altra cosa utile. Lui così schivo, timido e riservato, si face-va intraprendente e coraggioso avvo-cato dei poveri.Mi sono trovato più volte ad assistere alla distribuzione della minestra ai po-veri, soprattutto nella stagione inver-nale. A volte il numero dei partecipanti raggiungeva i cinquanta e anche più. Non era certo una folla molto tranquil-la: bisticci, contrasti, questioni di pre-cedenza. Vedere con quanta pazienza, amabilità e delicatezza il buon frate cer-cava di pacificare quella povera gente, era uno spettacolo degno dei «Fioretti di S. Francesco»; e ci riusciva sempre, anche con i più prepotenti.Quanto al suo eroico spirito di ob-bedienza, penso che i suoi diretti Superiori possano attestare fino a qual

punto di generosità e di delicatezza si spingesse questo santo fratello nell’e-seguire non solo i comandi, ma anche i più piccoli desideri dei Superiori e degli stessi confratelli. La sua partecipazio-ne alla “vita comune” era eroica quan-to la sua obbedienza. Nessuna singo-larità nel cibo, nelle vesti, nella cella, che non fosse ordinata dal Superiore. Quanto agli atti comuni, era sempre il primo in qualunque tempo e in qualun-que situazione. Siccome era incaricato di dare il segnale degli «atti comuni», mi pare di vederlo ancora, tutto rac-colto in se stesso, passeggiare vicino alla campanella del Convento, con l’o-rologio in mano, per essere esatto nel dare il segnale dell’obbedienza, ben persuaso che anche la voce della cam-pana è “voce di Dio”. Da perfetto figlio di S. Francesco, fra Giacomo ebbe un vero culto per “madonna povertà”. Poverissimo nel vestito, nella cella, ne-gli oggetti di lavoro, si cerca inutilmen-te in lui qualche piccolo attacco a cose terrene. Nel suo mestiere di calzolaio era di una parsimonia veramente fran-cescana. Riparava le scarpe dei nostri religiosi, specialmente dei chierici, fino ai limiti del possibile; quando doveva scartare un paio di scarpe perché inser-vibile, si preoccupava d’informare, non solo l’interessato, ma anche il Superiore per non fare la minima offesa alla po-vertà. Se doveva scegliere qualche co-sa fra gli oggetti della comunità, il suo istinto lo portava alle cose più umili. Ho osservato molte volte che, a colazione, consumava volentieri gli avanzi di pane degli altri confratelli. Di pari passo con la povertà camminava “sorella umil-tà”. Volendo cercare una caratteristica personale, che sia come la risultante delle molteplici virtù cristiane e religio-se di fra Giacomo, mi pare che questa caratteristica sia lo spirito di nascon-

Fra Giacomo

P. Pacifico

Chiesa San Francesco, 1950

Page 5: 01 Fra Giacomo · re che campeggiano in maestosa solitudine su sfondi di cieli e ... sostituite nei due stalli centrali, da due cupolette pitturate in azzurro e co- ... la bella pala

dimento. Io penso che il mistero di Nazaret sia stato uno dei più profon-damente meditati e gustati dal nostro caro Confratello. Aveva il gusto, l’eb-brezza del nascondimento. Rifuggiva dal mettersi in mostra, dal parlare di sé, dall’attirare l’attenzione sulla pro-pria persona o sulle proprie cose. Nelle feste, quando erano invitate a mensa persone di riguardo, fra Giacomo, ap-pena tolta la mensa e salutati gli ospi-ti, sgusciava via silenzioso per tornare fra i suoi poverelli, quasi incolpandosi di averli fatti attendere più del solito. Quando si faceva un gruppo fotografico e tutta la Comunità era invitata a parte-ciparvi, fra Giacomo si metteva sempre in un angolino, come l’ultimo servo di casa. Anche il suo modo di parlare, di camminare, di gestire rivelava sempre questo suo intimo proposito di passare inosservato, di scomparire all’attenzio-ne degli uomini.Dato che lo scrivente è intimamente legato alla nascita e al primo sviluppo del nostro Seminario di Rivoltella, mi sembrerebbe una ingiustizia non fa-re un breve accenno agli stretti vinco-li che legano questo nostro Seminario alla persona di fra Giacomo. Fu il ca-ro confratello che incominciò a parlar-mi di una schiera di giovanetti che il Signore avrebbe inviato al Convento di S. Francesco. Lui già li vedeva nel suo pensiero, li chiamava gli “agnellini del Signore” e mi diceva che avrem-mo dovuto educarli nello spirito di S. Francesco. Fra Giacomo mi accompa-gnava con la preghiera e con il sacri-ficio. Quando andavo a Brescia, la sua prima domanda era: «Quanti sono i fratini? Come stanno? Sono bravi?». E questa paterna sollecitudine per i nostri aspiranti si mantenne viva fino alla fine. Il mio ultimo incontro con fra Giacomo avvenne nel novembre 1966, tre mesi prima della sua morte. Anche in quel breve incontro egli si interessò dei frati-ni e assicurò la sua costante preghiera. Mi ricordo che gli dissi: «Fra Giacomo, quando sarà in paradiso, si ricordi che dovrà aiutarci ancora di più, perché ne abbiamo tanto bisogno». Mi rispo-se con un grande sorriso e con i suoi caratteristici cenni di capo. Sono cer-to che manterrà la promessa, perché i santi non conoscono promesse vane. A conclusione di questi brevi cenni, posso testimoniare davanti a Dio di non aver mai notato in fra Giacomo un solo atto che possa qualificarsi «peccato ve-niale volontario». Mai una mormo-razione, una lamentela, una parola in propria lode, una grossolanità, un atto di golosità. Il Soprannaturale era tal-mente innestato nella sua personalità da sembrare cosa naturale. Era nell’o-pinione di tutti che fra Giacomo non po-tesse commettere una qualsiasi man-canza volontaria. Si può affermare di lui ciò che S. Paolo diceva di se stesso: «Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me» (Gal. 2, 20)”.

El Signur «mé»Padre Pacifico Masetto, di cui abbiamo trascritto una lunga testimonianza, su questo particolare così scrisse: “In vari periodi della mia convivenza con questo confratello, ho voluto levar mi la curiosità di osservare se, nelle sue conversazioni, tirava fuori qualche volta quel famigerato «io», che corre così facilmente sulla bocca dei comuni mortali. Ho dovuto contare dei mesi, senza sentire dalla bocca di fra Giacomo questo pronome; e se, qualche volta, gli scappava dalla bocca, lo pronunciava così sottovoce e di sfuggita, come si trattasse di un “lapsus linguae”. Padre Renato, con arguzia, così lo romanzò tratteggiato dai colori della Zanardini.

“Il celebre romanziere Stendhal gode di ampia e meritata fama nel mondo letterario: molti gli elogi e i riconoscimenti. Ma fra tanti appellativi, di cui il suo nome si fregia, ve ne è uno singolaris simo: il “Signor io”, per il motivo che, nella sua nota Autobiografia, questo pronome è ripetuto in maniera eccessiva. Una specie di autodifesa, o un incorreggibile senso di autostima e autoaffermazione? Lasciamo che se la vedano gli esperti. Il nostro scarpulì invece rifuggiva volutamente e caparbiamente dall’uso dell’io. Sembrava provasse un certo fastidio o imbarazzo nel pronunciarlo e, per tale ragione, lo sostituiva con il “mé”. Tale stonatura, presente nei suoi scritti, ma più evidenziata nella quotidiana conversazione, non poteva certo passare inosservata, e un giorno un confratello si mise «in agguato» per studiare a fondo un dire così strano! Dopo attento e paziente pedinamento di vari me si, dovette costatare che fra Giacomo solo una volta cadde nell’a borrito io, e così di sfuggita che parve quasi un infortunio gramma ticale!Un altro suo confratello volle sapere il perché di questo originale modo di esprimersi: «Come mai, fra Giacomo, Lei dice sempre mé e non io?». Pronta la risposta: «L’uso dell’io è il linguaggio del diavolo: lui mette sempre davanti se stesso, anche a Dio».E continuò tranquillamente a dire: «Mé só ‘n póer scarpulì», cioè «Sono un povero calzolaio». Infine un terzo religioso gli fece intendere che il mé in luogo del l’io è una chiara violenza contro la grammatica perché forma dialettale lombarda e che, anche se aveva frequentato solo la scuola elementare, doveva saperlo!Ed infatti lo sapeva e, nonostante la grave offesa alla lingua patria e alle pie orecchie dei buongustai del retto conversare, non si cor resse da questo difetto, unica eccezione nella sua lodevole e irre prensibile condotta. Che scarpulì originale!”.

fra Giacomo 01 | GEN.-MAR. 2012 - 05

Page 6: 01 Fra Giacomo · re che campeggiano in maestosa solitudine su sfondi di cieli e ... sostituite nei due stalli centrali, da due cupolette pitturate in azzurro e co- ... la bella pala

Su queste pagine vogliamo ricordareP. Teodoro Posenato, di anni 91,

di cui 51 passati in questo convento,e P. Tommaso Cappelletto, di anni 84,

da 20 anni di comunità a Brescia.Sono morti il 28 gennaio rispettivamente a Pedavena

(Belluno) e San Pietro di Barbozza (Treviso)

Il funerale è stato celebrato il 31 gennaio con la partecipazione di numerosi confra-telli francescani minori conventuali, di preti diocesani e di altre congregazioni religiose.Nell’omelia, durante la messa della veglia,il superiore del convento, P. Leopoldo Fior, ha tracciato brevemente il loro ritrat-to che vi proponiamo.«Una rondine era arrivata in ritardo all’ap-puntamento autunnale con le altre, che si preparavano a partire. Tuttavia essa si mise in viaggio e prese a volare per attraversa-re il mare. Essendo sola, era scoraggiata e temeva di non farcela, quando ad un trat-to scoprì sotto di sé che un’altra rondine volava verso la stessa direzione. Si rasse-renò e riprese vigore fino a compiere l’at-traversata. Ma quando giunse al traguardo s’accorse che l’altra era sparita. Era solo la sua ombra che l’acqua rifletteva, aveva vo-lato con la propria immagine, rispecchiata nel mare e le era sparita la stanchezza. Un cristiano non è mai solo nel cammino della sua vita; Dio è presente; sostiene conforta anche se in modo invisibile e silenzioso fi-no al traguardo finale, quello con il Padre». Con queste parole, P. Teodoro terminava u-na delle sue ultime omelie in questa chie-sa. Le trovo significative: raccontano del viaggio della vita e dell’approdo all’appun-tamento, quello definitivo, con Dio Padre. Incontro che questi due nostri confratelli: P. Teodoro e P. Tommaso hanno preparato. Da tempo, lo sguardo e il cuore di P. Teodoro erano rivolti a questo traguardo. A noi frati che negli incontri di fraternità – noi li chiamiamo capitolo conventuale – cerca-vamo di coinvolgerlo nelle programmazioni e nei progetti, rispondeva: «ma io ora ho una sola preoccupazione, a me resta poco tempo da vivere, devo valorizzare ogni mo-mento per preparare l’incontro con Dio». E non erano vuote parole: P. Teodoro ha condotto nella fede la sua esistenza. Uomo

di preghiera, profonda e continua. Finché ha potuto, ha trascorso molte ore della sua giornata qui in chiesa. Il ricordo va alla luce sempre accesa del suo confessionale; o ci pare ancora di vederlo nel solito banco, con il libro del Breviario aperto, o con la corona in mano, o in raccolta e assorta meditazione nell’ora di adorazione che quotidianamente faceva restando sempre in ginocchio. Poi, nell’ultimo periodo, divenuto più debole e fragile, ha ridotto un po’ alla volta la sua presenza in chiesa, ma non il suo colloquio con il Signore che continuava nella sua ca-mera, nella penombra per favorire il rac-coglimento. L’itinerario di P. Tommaso è stato un po’ diverso. Una malattia che progressivamente si manifestava sempre più grave, ha accom-pagnato gli ultimi due anni di vita alternan-do momenti di speranza a evidenti segni del cammino inesorabile del male. P. Tommaso ha accolto con serenità e abbandono fidu-cioso questa tappa della vita. La malattia come occasione di purificazione e che di-venta momento di grazia per una rilettura di fede della propria esistenza. E, insieme, la certezza che Dio, anche nella prova, re-sta Padre che non abbandona i suoi figli. P. Teodoro era in questa comunità di Brescia da più di 50 anni. Per un triennio è stato anche Superiore, e proprio nel perio-do della morte di fra Giacomo Bulgaro. Per tanti anni ha svolto il compito di insegnan-te: competente, preparato e anche seve-ro. Poi, chiusa l’esperienza del liceo presso questo convento, p. Teodoro si è messo a servizio della nostra chiesa: nella predica-zione accurata e aggiornata; e soprattut-to nella celebrazione del sacramento della Riconciliazione. Sono moltissime le persone che lo cercavano a tutte le ore e lo apprez-zavano per la sua parola sempre piena di speranza, di incoraggiamento, di conforto. Non amava le lunghe confessioni, i dialo-

ghi prolungati o le troppe parole. Talvolta sembrava quasi burbero, ma aveva il cuo-re aperto e bastavano poche parole per di-mostrarsi la guida illuminata e sicura che sapeva comprendere e indirizzare. Molti di voi in questi giorni, con commozione e riconoscenza, ci hanno fatto presente di considerare grazia aver potuto accostare P. Teodoro in questo sacramento. P. Tommaso era diverso, più estroverso; amava la compagnia, stare in mezzo alla gente, dialogare con tutti. Nella nostra fa-miglia religiosa ha ricoperto incarichi vari e di responsabilità: parroco per tanti anni, Rettore della Basilica del Santo. Giunto, 20 fa a Brescia, nel nostro convento si è de-dicato al servizio della chiesa, è stato assi-stente spirituale della Milizia dell’Immaco-lata, Cappellano Conventuale dell’Ordine di Malta. Al di là dell’apparenza, era un frate semplice che amava coltivare i suoi hobby, ma sensibile con le persone in difficoltà. Un legame particolare lo legava all’Africa e al Ghana soprattutto. Con le persone prove-nienti da questo paese si fermava a dialo-gare e offriva l’aiuto esercitando una carità forse un po’ ingenua e superficiale, ma fatta con sincerità d’animo. Insieme P. Teodoro e P. Tommaso si sono presentati all’incon-tro con il Padre. Al di là delle tappe della vita, certamente significative, P. Teodoro e P. Tommaso erano anzitutto due frati e due sacerdoti, che vivevano profondamente la loro vocazione; attaccati e devoti all’Ordi-ne religioso al quale appartenevano; con-sapevoli che chi abbraccia la vita religiosa è prima di ogni cosa un chiamato a stare con il Signore in una intimità che ha nella pre-ghiera e nell’ascolto della Parola il momento privilegiato. Ho richiamato qualche episodio non tanto per fare l’elogio. Sappiamo be-ne che è il Signore che ha l’autorevolezza per chiamare la sua creatura “servo buono e fedele”; quanto piuttosto per evidenzia-re una volta di più che ogni persona che ci vive accanto ha qualcosa da comunicarci, da insegnarci. Noi viviamo in una socie-tà che è tutta basata sull’efficienza, sulla grandezza, sull’apparire e mostrarsi. Poi, magari, assistiamo al ridimensionamento di tante persone, un tempo ritenute intoc-cabili. Mentre restano care le persone che hanno condotto una vita nella semplicità o addirittura nel nascondimento e nel silen-zio, ma hanno fatto tanto bene. Di fronte alla morte di ogni persona, e quindi oggi, di fronte alla morte di questi nostri fratelli, le persone di fede sono chiamate a chiedersi: “Che cosa mi vuoi insegnare, o Signore?”. È inutile andare a cercare altrove. Il vero senso della vita di ogni uomo è e resta Dio con le sue attese e i suoi progetti. Quando una vita è priva di Dio, anche se è umana-mente ricca, resta sempre una povera vita.

fra Giacomo 01 | GEN.-MAR. 2012 - 06

In memoria

Requiescant in pace

Page 7: 01 Fra Giacomo · re che campeggiano in maestosa solitudine su sfondi di cieli e ... sostituite nei due stalli centrali, da due cupolette pitturate in azzurro e co- ... la bella pala

La morte ci rimanda sempre all’essenziale; e l’essenziale è contenuto nella Parola di Dio ascoltata, è nelle preghiere che la Chiesa mette sulle nostre labbra, è nei segni sacri che usiamo anche nel rito delle esequie. Tutto oggi rimanda a Dio, perché l’essenzia-le è proprio questo: essere con il Signore.Riprendiamo quanto la Parola oggi ascoltata ci ha detto. “Fratelli, coloro che sono morti, sono con il Signore”. Ma, quando la Parola di Dio parla dell’essere con il Signore, par-la di vita che dura sempre, di regno di Dio che non avrà fine. La vera saggezza sta proprio qui: saper radicare in Dio che non passa, i nostri giorni, i nostri anni. La morte ci ricorda che noi non possiamo fermare il tempo; è illusorio nel nostro desiderio, che siano eterne cose che per la loro natura non lo possono essere. E dirci questo, non ci deve gettare in una specie di tristezza. Non siamo eterni su questa terra, è vero; passiamo; ma il nostro passare è per an-dare verso il Signore. C’è un punto di ar-rivo, che non è la fine, ma un incontro. E queste non sono vuote parole. È Gesù che ha detto “le mie parole non passeranno”. Sono le parole di un amico, di un salvatore. La saggezza è guardare a questo Signore e camminare con lui. P. Teodoro e P. Tommaso hanno speso la vita per Dio; una scelta li-bera e volontaria, appassionata e fedele; di una appartenenza che vuole rimanere unita al Signore e che mette in programma tut-to con coraggio, anche il sacrificio, il dolo-re, la croce, ma non si stacca mai da Dio. Per questo uno trova la forza di lasciare fin da piccolo anche il paese d’origine, la pro-pria casa, genitori e fratelli, amici, ma an-che propri progetti umani di formare una famiglia, per seguire la speciale chiamata del Signore. E allora non conta molto esse-re importanti o insignificanti, sani o malati, sapienti o ignoranti. Conta seguire la per-sona giusta, andare là dove lui ci conduce, stare dove Lui ci attende. Quando si sceglie Dio fino alle radici profonde del cuore, si-gnifica aver imparato a camminare in mo-do libero, umile e generoso. E una vita così sarà sempre una vita realizzata. E quando si muore, si è maturi per il cielo. Questo è il linguaggio della fede. Non toglie la realtà della morte che è e resta momento difficile, ma aiuta ad accostarlo senza cadere nella disperazione. Certo noi vorremmo sapere come, dove sono i nostri cari defunti. Oggi ci viene detto che è inutile cercare di im-maginare, ci basti sapere che i nostri morti, non conoscono la morte, ma solo l’amore. E l’amore ci fa leggere in modo positivo la vita delle persone portando nel cuore i ri-cordi e segni di vita e di bene che ci hanno lasciato. Lo facciamo questa sera ricordando P. Teodoro e P. Tommaso, pregando per loro e affidandoli al cuore grande di Dio Padre.

NO

TIZI

E IN

PIL

LOLE

fra Giacomo 01 | GEN.-MAR. 2012 - 07

Ricordo di fra GiacomoDomenica 29 gennaio abbiamo ricordato i 45 anni dalla morte del Servo di Dio, fra Giacomo Bulgaro. Il 27 gennaio ricorreva la morte del santo frate, ma nello stesso giorno si celebrava la festa di Santa Angela Merici, compatrona della città di Brescia. Per non sovrapporre le due celebrazio-ni, il ricordo di Fra Giacomo è stato celebrato domenica 29 gennaio alle ore 18.30 durante la Santa Messa concelebrata e presieduta da Don Amerigo Barbieri, parroco di San Giovanni Evangelista in Brescia. In questa parroc-chia Giacomo Bulgaro visse le sue esperienze religiose concretizzate con l’aiuto dei sacerdoti di quella chiesa fino al suo ingresso in convento av-venuto il 31 dicembre 1928. Alla fine dell’omelia Don Amerigo si chiedeva che cosa sarebbe potuto uscire da un rione come il Carmine, e, rispondeva che dal Carmine erano usciti tre servi di Dio: Paolo VI, Don Zuaboni e Fra Giacomo: un bel tesoro religioso.

Presepio Natale 2011Anche quest’anno il “Presepio di San Francesco” ha ottenuto dei consensi, a dir poco, strepitosi. Vari commenti dicevano “mai visto un presepio così bello”, “è il più artistico tra quelli realizzati in questi ultimi anni”, “fa veramente rivive-re l’atmosfera di pace natalizia con sentimenti che dovremmo vivere per tutto il corso dell’anno”, “grazie agli anonimi artisti che ci hanno fatto il più bel rega-lo natalizio”. Potremmo andara avanti, ma le righe sono contate ed allora agli “anonimi artisti” dedichiamo queste brevi annotazioni per ringraziarli del lavoro fatto. Sono i soliti: Piero Cappelli che ha preparato il progetto e, poi, ha realiz-zato i manichini che lavorano e diretto gli artisti-pensionati nella lunga fase, due mesi, di realizzazione: Piero Buccella, Alfonso Calati, Sergio Gagliardi, Angelo Cornale, Lodovico Tomasi, con l’aggiunta quest’anno di Alberto Zucca. Lavori a tutto tondo con entusiasmo e grinta presa dal “capo”. Non sono mancati i soliti usuali battibecchi dal punto di vista artistico, ma tutto è andato per il verso giu-sto. Proscenio splendido e cangiante con il variare delle luci; musiche ora soffuse, ora impastate dal canto degli uccelli, ora sovrastate dal rumore dei lavori o dal sibilo del vento, preludio a tuoni e fulmini, ovattati dalla candida neve. Panico, due giorni prima dell’apertura, con la centralina compiuterizzata che faceva le bizze. Spedito il guardiano del convento, P. Leopoldo Fior, a Porto Recanati, co-me un fulmine, ritornava con la centralina rimessa in sesto. Grazie a tutti per il meraviglioso presepio che speriamo di continuare a vedere per tanti altri anni.

Page 8: 01 Fra Giacomo · re che campeggiano in maestosa solitudine su sfondi di cieli e ... sostituite nei due stalli centrali, da due cupolette pitturate in azzurro e co- ... la bella pala

ORARI DI APeRTuRAgiorni feriali: 6,30 - 11,30; 15,00 - 19,30giorni festivi: 7,00 - 12,30; 15,30 - 19,30

SANTe MeSSeferiali: ore 7,00, 9,00, 10,00; 18,30

festive: 8,00, 9,30, 10,30, 11,30; 18,30Negli orari di apertura

è sempre disponibile un confessore

PeR RAGGIuNGeRe LA ChIeSA:

dall’autostradaseguire le indicazioni per il Centro storico della città

dalle stazioni ferroviaria e autobusin pochi minuti a piedi

ChIeSA SAN FRANCeSCO BReSCIA

Fra GiacomoFoglio trimestrale sul Servo di Dio fra Giacomo Bulgaro (1879-1967) - Frate Minore Conventuale - Direzione e Redazione: Convento San Francesco - Piazza San Francesco 3 A - 25122 Brescia - Italia - tel. 030.29.26.701 fax 030.29.26.780 - Direttore Responsabile: p. GIANFRANCO CATTOZZO - Redazione: p. LEOPOLDO FIOR - Autorizzazione del Tribunale di Brescia n. 3 del 1998 - Autorizzazione dei Superiori - Spedizione in Abbonamen-to Postale - D.L. 353/2003 (conv. L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2 DCB Brescia - Realizzazione Grafica: Cidiemme/Brescia - Stampa: Grafica Sette/Bagnolo Mella (Bs) - Anno XI, n. 01 | Gennaio-Marzo 2012

Celeste Bambino

Vedo il mio Signorecon le braccia protese ad accogliermi,pronto a stringermi al pettocon infinito amore.Gesù, sono tutto tuo, tuo, eternamente tuo.Adoro la tua divina volontà:fa’ che si compia in me ed in tutti,e che io viva solo per la tua gloria.Pastore divino, porgi ascoltoalle voci delle pecorelle smarriteche, tra le vie oscure del mondo,non trovano la strada che conduce al tuo ovile.Accogli, Pastore buono,ogni pecorella smarrita e ricoprila di baci,i baci dell’infuocato tuo Amore.“Diario” di Fra Giacomo" (1933, q2, 1v.2v.3r) 01

Gennaio/Marzo 2012

G. Sca

rduel

li -

Chie

sa d

i S. Fr

ance

sco

- Bre

scia

CCP n. 15515257, intestato a:Istituto Lombardo delle Missioni esteredei Frati Minori ConventualiP.ta San Francesco d’Assisi 3/A - 25122 BReSCIA

Ringraziamo di cuore chi ci aiuta nella promozione della causa di canonizzazione del Servo di Dio e per la stampa di questo foglio.Ad ogni numero di “fra Giacomo” accludiamoil bollettino del conto corrente postale,non per sollecitare offerte, ma per praticitàdei nostri lettori e su loro suggerimento.

Caro amico, a norma della Legge 196/2003, Le comunichiamo che il suo nominativo è stato inserito nella banca dati di GENNAIO-MARZO 2012del bollettino “fra Giacomo”, che li tratterà per i propri fini promozionali.Lei avrà diritto gratuitamente a verificare, modificare o cancellarei suoi dati, facendone richiesta a noi.

Per la vostra corrispondenza con noi, scrivete a:fra GiacomoConvento San FrancescoP.ta San Francesco 3/A25122 BReSCIA - Italiatel. 030.2926701fax 030.2926780

In INTeRNeT il nostro indirizzo è:www.fragiacomo.nete-mail: [email protected]

Umile petizioneCaro Fra Giacomo, oggi ho una richiesta un po’ particolare da farti e sono sicuro che mi dirai di sì perché anche tu, pur così riservato, hai sempre voluto bene alla tua famiglia. Ti devo gentilmente chiedere di prestarmi mezza paginetta… che poi è l’ultima del tuo “Foglio” per far contenta mia mamma.Tutte le volte che gli arriva la tua pubblicazione mi dice: “Ma té, tè ghé sét mai sö”. “Ma tu non ci sei mai su” (traduzione dal camuno). Oppure mi confonde, nelle foto, con il p. Leopoldo guardiano, confratello ed amico del convento di Brescia. Vai a spiegarle che io ci sono sempre, ma “dietro le righe” perché devo preoccuparmi di programmare l’impostazione degli articoli, delle foto; che, spesso, devo bussare per chiedere scritti da inserire in ogni nuova pubblicazione per dare alle stampe questo foglietto che parla di te, caro fra Giacomo, delle tue virtù, della tua semplicità e della tua santità. Dico a mia madre che tante volte sono anche “dentro le righe” perché devo scrivere brevi articoli, incorniciare brani tratti dal tuo “Diario”, evidenziare alcuni aspetti della tua vita dopo aver letto ciò che hai lasciato scritto, le testimonianze,o dopo aver spulciato nell’Archivio per trovare foto non ancora pubblicate per i tuoi lettori in modo da far conoscere sempre più la tua spiritualità di piccolo-grande francescano. Vedi, cara mamma,ci sono sempre, anche se in modo nascosto perché fra Giacomo ci insegna la semplicità, il compiere un ufficio per amore del Signore senza voler troppo apparire. Questa volta, finalmente potrai dire con soddisfazione: “Chèsta ólta ghè sö pò ól mé scèt”. Ritraduzione camuna: “Questa volta c’è anche mio figlio”. Contenta mamma? E con la fotografia, non capita spesso! “Ehi Tacky e Grazia! (mio fratello e sorella) attenti che non la ritagli e la metta sulla “spicìna”,la vetrinetta dove ci sono le tazzine ed i bicchieri con le due antelle ricoperte dalle foto dei parenti ed amici che godono, ormai, della felicità eterna. Aspettiamo ancora un poco! Ma la mamma dice: “Stà sigür, có i àgn chè ghó, traèle ‘n pó, ma ‘l có l’è mò a pòst”, Sintesi dal camuno: “Non ostante gli anni, traballo un po’, ma la testa funziona ancora bene”. Ciao mamma ed un bacione dal tuo frate.