050 .357 magnum vs .38 special - bignami · e munizioni aveva riguardato anche il vecchio .38...

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QUALE CALIBRO PER IL REVOLVER DA DIFESA? 050 È a tutti noto che il .38 Special e il .357 Magnum, al di là dei nomi ben diversi, possono impiegare gli stessi identici proiettili: quello che cambia – eccome – è la velocità e di conseguenza l’energia esprimibile da queste palle, con il .357 che quasi raddoppia le prestazioni del .38. Anche se le due cartucce hanno avuto un notevole successo in varie attivi- tà ludico sportive, come il tiro a segno, la caccia e le silhouette, al pari di quasi tutte le cartucce da arma corta del mondo sono state progettate con lo scopo precipuo di essere utilizzate conto “bipedi implumi”, campo in cui si ricerca il famoso “potere di arresto”, ovvero una notevole efficienza nel fermare l’avversario prima possibile. Non è quindi un caso se negli anni si so- no avuti aumenti di prestazioni di alcuni impianti di base, tra cui proprio quello che vede una palla da circa 9 mm di dia- metro montata su un bossolo cilindrico via via più lungo per poter ospitare cari- che di polvere sempre più elevate. Nascita e sviluppo del .38 L’impiego di munizioni dal diametro di circa 9 mm, tali sono le palle del .38, risale addirittura ai tempi dell’avancarica, basti ricordare il diffuso calibro 36. Con lo sviluppo delle cartucce metalliche fu appunto un fiorire di vari “.38”, spesso tali solo di nome e con diametri reali abbastanza dissimili; al tempo l’unico propellente era la polvere nera e l’unico sistema per avere una maggiore potenza era quello di aumentarne la dose, il che richiedeva bossoli sempre più capienti, ossia più lunghi. Nel 1898 la nostra .38 Special era pronta e fu presentata al pubblico: l’aggettivo Special, “speciale”, si riferiva alle perfor- mance nettamente superiori a quelle del più corto .38 Long della Colt, a sua volta Dall’analisi di due revolver destinati alla difesa personale, lo Smith & Wesson e il Ruger LCR, prendiamo spunto per ragiona- re su quale sia il calibro migliore per il porto occulto testo di Giuliano Tonini, foto di Gianluigi Guiotto .357 Magnum vs .38 Special Le due munizioni a confronto: .347 Ma- gnum (a sinistra) e il .38 Special Il lato destro del Ruger riporta il calibro: .38 Special +P

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Page 1: 050 .357 Magnum vs .38 Special - Bignami · e munizioni aveva riguardato anche il vecchio .38 Special, con cartucce speci - fiche per la difesa personale altamente performanti e con

Q u a l e c a l i b r o p e r i l r e v o l v e r d a d i f e s a ?

050

Èa tutti noto che il .38 Special e il .357 Magnum, al di là dei nomi ben diversi, possono impiegare gli

stessi identici proiettili: quello che cambia – eccome – è la velocità e di conseguenza l’energia esprimibile da queste palle, con il .357 che quasi raddoppia le prestazioni del .38. Anche se le due cartucce hanno avuto un notevole successo in varie attivi-tà ludico sportive, come il tiro a segno, la caccia e le silhouette, al pari di quasi tutte le cartucce da arma corta del mondo sono state progettate con lo scopo precipuo di essere utilizzate conto “bipedi implumi”, campo in cui si ricerca il famoso “potere di arresto”, ovvero una notevole efficienza nel fermare l’avversario prima possibile.Non è quindi un caso se negli anni si so-no avuti aumenti di prestazioni di alcuni impianti di base, tra cui proprio quello che vede una palla da circa 9 mm di dia-metro montata su un bossolo cilindrico via via più lungo per poter ospitare cari-che di polvere sempre più elevate.

Nascita e sviluppo del .38L’impiego di munizioni dal diametro di circa 9 mm, tali sono le palle del .38, risale addirittura ai tempi dell’avancarica, basti ricordare il diffuso calibro 36. Con lo sviluppo delle cartucce metalliche fu appunto un fiorire di vari “.38”, spesso tali solo di nome e con diametri reali abbastanza dissimili; al tempo l’unico propellente era la polvere nera e l’unico sistema per avere una maggiore potenza era quello di aumentarne la dose, il che richiedeva bossoli sempre più capienti, ossia più lunghi.Nel 1898 la nostra .38 Special era pronta e fu presentata al pubblico: l’aggettivo Special, “speciale”, si riferiva alle perfor-mance nettamente superiori a quelle del più corto .38 Long della Colt, a sua volta

Dall’analisi di due revolver destinati alla difesa personale, lo Smith & Wesson e il Ruger LCR, prendiamo spunto per ragiona-re su quale sia il calibro migliore per il porto occulto

testo di Giuliano Tonini, foto di Gianluigi Guiotto

.357 Magnum vs .38 Special

Le due munizioni a confronto: .347 Ma-gnum (a sinistra) e il .38 Special

Il lato destro d e l R u g e r r i p o r t a i l calibro: .38 Special +P

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I due revolver protagonisti di que-sto servizio: lo S&W M&P 340 PD in calibro .357 Magnum (sotto), e il Ruger LCR cal. .38 Special +P; in evidenza la differente conforma-zione dell’impugnatura.357 Magnum

vs .38 Special

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un “allungamento” di una precedente munizione ancora meno potente. Anche il proiettile tipico del .38 Special era abba-stanza più pesante dei suoi predecessori, con i suoi 158 grani, circa 10 dei nostri grammi: in definitiva si meritava davvero il suo nomignolo “Special”. Sul .38 Spl vennero creati numerosissimi revolver, civili e militari, e il grande successo presso il pubblico, soprattutto statunitense, fu decretato dai modelli a canna lunga desti-nati al tiro a segno, ambito in cui il .38 si rivelò una vera star, e quelli a canna corta destinati al porto occulto e alla difesa per-sonale di forze di polizia e di civili. Per un uso a distanza ravvicinata le prestazioni del .38 Spl e della sua palla ogivale da 158 grani in piombo erano allora considerate ben più che soddisfacenti e l’arma di ele-zione era la Colt Detective, piccola, abba-stanza leggera e con sei colpi nel tamburo.Poi successe qualcosa che mutò le esigen-ze, o forse solo i desiderata degli utenti: serviva molta più potenza e il .38, nato a polvere nera, non poteva essere spinto oltre i suoi limiti naturali, o meglio: erano le armi progettate sulle sue prestazioni che non avrebbero retto un incremento delle prestazioni.

L’arrivo del .357Dopo lunghi studi nel 1935 fu presen-tata la versione forzuta del .38 Special ma stavolta, oltre ad allungare come al solito il bossolo, si scelse di abbandonare il vecchio numero .38, in origine riferito alle palle di tipo Heel Base, quelle con lo stesso diametro del bossolo come ancora oggi è il 22 Long Rifle, per utilizzare il reale diametro del proiettile, appunto di .357 millesimi di pollice. Inutile dire che per questa prestante cartuccia fu neces-sario allestire specifici revolver, come l’o-riginario Smith & Wesson, costruito sul telaio del modello calibro .44, in grado di reggere, con i suoi poderosi spessori, il tormento della .357 Magnum.Arma costosissima, rifinita attentamente a mano, questo revolver ebbe un notevole successo anche in un’epoca così proble-matica come quella post depressione: le forze di polizia apprezzavano la sua capacità di forare le allora spesse lamiere delle auto dei gangster, mentre i civili, allora come ora, lo desi-

La volata del Ruger: la canna su entrambi i re-volver è di 47,6 mm

deravano solo per la sua potenza bruta. Inutile dire che per “semplice” difesa per-sonale e per l’uso quotidiano di polizia il vecchio .38 Special regnava ancora e fino agli anni 50 questa situazione non mutò di molto: in quegli anni comparvero le piccole S&W Chief in .38 Special, nonché il Colt Python in .357 Magnum, due im-

L’astina in questi revolver non riesce a espellere com-pletamente i bossoli esplo-si: è necessario sfruttare la forza di gravità per estrarli

mensi successi nei loro rispettivi campi.In effetti la Colt provò ad adattare il suo grosso revolver anche al mondo della di-fesa personale, proponendo una versione con canna da soli due pollici e mezzo, al-lestimento che ebbe un buon successo di vendite, ma non è dato sapere quanti poi l’abbiano realmente portato addosso per

tutto il giorno, date le dimensioni ed il peso leggermente esuberanti.

il modello 19Sempre in quegli anni avvenne una seconda “conta-minazione” di successo: seguendo i consigli di un fa-moso agente della Border Patrol, Bill Jordan, Smith &

Dettaglio dell’impugnatura del revolver Ruger

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si potesse avverare, anche se ben presto l’azienda cadde nel dimenticatoio. Ma il sasso era stato lanciato nello stagno e negli anni successivi la Ruger, sempre in-novativa, propose la sua SP 101, una “cas-saforte” in acciaio inox contenente cinque colpi, dalle dimensioni poco superiori a quelle di una Chief 60 a causa della can-na più lunga di circa mezzo pollice, ma caratterizzata da un peso notevolmente superiore dovuto alle sezioni abbondanti del telaio, indispensabili in previsione dell’impiego continuato di magnum.A metà degli anni 90 S&W rispose con un aggiornamento della 60, caratterizzata da un ingombro appena maggiore della vecchia Chief e un peso di poco superiore.Con questi due moderni revolver la potenza del .357 Magnum in un’arma ta-scabile era una realtà, e altri produttori si cimentarono nell’impresa, in particolare Colt, con un modello subito caduto vit-tima della drastica ristrutturazione della Casa, e la brasiliana Taurus.Nel frattempo, però, l’evoluzione di armi e munizioni aveva riguardato anche il vecchio .38 Special, con cartucce speci-fiche per la difesa personale altamente performanti e con l’arrivo dei moderni materiali leggeri, ancora non adatti alle potenze del .357 Magnum.Le munizioni, da parte loro, avevano vi-sto arrivare moderne Hollow Point che si erano dimostrate in grado di aumentare il “potere di arresto” anche del vecchio .38 Special, ma lo stesso valeva per il perfor-mante .357 Magnum.Alla ricerca di sempre maggior leggerez-za, nel 1998 arrivarono sul mercato revol-ver in titanio, materiale ben più leggero dell’acciaio ma altrettanto resistente. Un pizzico di un materiale sconosciuto ai

I due revolver a confronto, con diversi organi di mira: S&W ha un mirino Trijcon con un riferimento bianco, ben visibile in condizioni di luce scarsa; il Ruger ha il mirino a rampa, zigrinato per evitare pericolosi riflessi

Wesson allestì un revolver in .357 Ma-gnum sul telaio K, quello adatto al .38 Special: era nato il modello 19, offerto con le tre tipiche lunghezze d canna di 2, 5, 4, e 6 pollici. Poco più pesante di un normale revolver .38 Special, il Modello 19 ebbe un enorme successo, ma è bene ricordare che nelle stesse intenzioni della ditta costruttrice si trattava di un’arma da usare “saltuariamente” con le potenti .357 Magnum, in quanto non in grado

L’impugnatura più “asciutta” dello S&W: se si prevede di usarlo in allenamento, è consigliabile “imbottire” la presa con un’impugnatura più corposa

di reggerne un u-so continuato. A proposito: proprio in quegli anni le cartucce commer-ciali iniziarono a perdere potenza, in modo da risul-tare più sparabili e meno aggressive sui revolver, mentre contemporane-amente si ebbe l’introduzione del “vero” magnum, il .44, che portò via al .357 la corona di re della potenza.Nei successivi 50 e più anni non è cambiato molto: per il porto occulto rimanevano le piccole snub nose da 2” calibro .38 Spl offerte da vari costruttori e, al più, la S&W 19 e la sua sorella inossidabile 66 con canna da 2.5, che al di là del

mezzo pollice di canna in più risultava molto più ingombrante, pesante e fasti-diosa nel porto.

Nasce una .357 da porto occultoNegli anni Settanta la prima svolta: un oscuro produttore, la Security Industries of America, pubblicizzava armi identiche alle piccole S&W Chief camerate però per il .357 Magnum! Sembrava che il sogno di avere un’arma occultabile ma potente

L a v o l a t a dello S&W M&P 340 PD; “Military and Police”: que-sto revolver n a s c e p e r soddisfare le esigenze delle forze del’ordine

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più, lo scandio, ha permesso poi negli anni successivi a Smith & Wesson di rea-lizzare telai di tipo J con una lega leggera e resistente, in grado di utilizzare le .357 a piena carica.

il tempo dei polimeriInfine l’ultimo passo: l’arrivo dei polimeri. Ovviamente le leggere materie plastiche sono state utilizzate solo per componenti non sottoposte direttamente allo stress dello sparo, come impugnatura e guardia del grilletto, ma certo il loro arrivo ha rappresentato un’innovazione epocale nel settore dei revolver. Il primato dell’impie-go dei materiali sintetici è stato della Ru-ger che oggi propone il suo LCR in calibri che vanno dal .22 LR al .357 Magnum. In definitiva oggi è possibile acquistare un re-volver da difesa calibro .357 Magnum che ha dimensioni e peso appena superiori a quelli in .38 Spl e dato che le armi in .357 possono utilizzare anche il più corto .38, e che la .357 è in grado di fare tutto ciò che fa un .38 e molto altro ancora, c’è da domandarsi perché i revolver in .38 non siano spariti dalla circolazione.

Elogio della gestibilità Nel calibro .357 Magnum sparato in canne da due pollici a classica palla da 158 grani viene espulsa, mediamente, con una velocità di 1050 fps, e un’energia di circa 55 Kgm, mentre la stessa palla, nei caricamenti commerciali equivalen-ti, raggiunge a stento gli 800 fps e i 30 Kgm. In definitiva, perché l’acquirente dovrebbe limitarsi a un revolver in .38 se può trovare uno in .357 con le stesse caratteristiche fisiche? La risposta, se ci pensiamo bene, è semplice. Vero che il

.357 permette di fare tutto quello che fa il

.38, ma alla vecchia cartuccia rimane una caratteristica positiva che al .357 difetta: la gestibilità. Per ottenere le sue strabilianti prestazioni la .357 utilizza notevoli dosi di polvere molto lenta che nelle corte canne degli snub nose generano inevitabilmente un’enorme fiammata e un conseguente boato: se si utilizzano queste munizioni in un ambiente chiuso e poco illuminati vi lasciamo intuire le conseguenze. I 25

chilogrammetri in più si pagano con un rinculo quasi insopportabile. Poco male, dirà qualcuno: in fin dei conti stiamo parlando di armi da difesa da utilizzare a distanze estremamente brevi e che in caso di bisogno vedranno l’esplosione di pochissimi colpi, per cui il gioco può valere la candela. Forse, perché c’è da mettere in conto la brutta abitudine del nostro corpo di effettuare movimenti di difesa che possono portare a strappare e

i due revolver a confronto

ProduttoreSmith&Wesson, Usa, www.smith-wesson.com

Ruger, Usa, www.ruger.com

importatore Bignami, Ora, tel. 0471 803.000, www.bignami.it

modello M&P340 PD LCR (Lightweight compact revolver)

Tipo revolver revolver

Calibro .357 Magnum .38 Special

meccanicatelaio chiuso, tamburo bascu-lante sul lato sinistro

telaio chiuso, tamburo basculante sul lato sinistro

materialifusto in alluminio allo scan-dio, tamburo e canna in acciaio

canna, tamburo e giogo in acciaio inox; il telaio è in lega leggera ad alta resistenza con la par-te inferiore in polimeri con fibra di vetro

Scatto solo Doppia Azione solo Doppia Azione

Percussionecane interno su percussore flottante

cane interno su percussore flottante

Sicure

automatica al percussore (transfer bar) che permette lo sparo solo a grilletto comple-tamente premuto; a tamburo aperto lo scatto è bloccato

automatica al percussore (transfer bar) che permette lo sparo solo a grilletto completa-mente premuto; a tamburo aperto lo scatto è bloccato; blocco di deposito da attivarsi con apposita chiave (il blocco è accessibile previa asportazione delle guancette)

miretacca di mira con finestra a U, mirino al trizio

tacca di mira con finestra a U, mirino a rampa (entrambi fissi)

Canna 1.875” (47,6 mm) 1.875” (47,6 mm)

N° colpi 5 5

Peso 378 g 383 g

Prezzo 1.070 euro 564 euro

Dettaglio del mirino Trijcon dello S&W con il riferimento bianco

La base dell’impugnatura del revolver S&W ha un punto di aggancio per il correggiolo, che denota la sua destinazione d’uso operativa

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mancare il bersaglio anche a distanze di conversazione. Comunque, se si ritiene di poter convivere con i problemi della .357 in canne cortissime, bene: il mercato propone più di un modello in tale cali-bro. Se, però, si pensa che tutto sommato le prestazioni di una normale .38 Special, magari in versione +P, sia ben più che sufficienti, la nostra possibilità di scelta si amplia enormemente.

S&W .357 o ruger .38?Esaminiamo allora due delle armi più moderne adatte alla difesa persona-le, e nello specifico una S&W M&P 340 calibro .357 Magnum e una Ruger LCR in .38 Special.La prima è derivata direttamente dal 340 PD che utiliz-za i materiali più leggeri in assoluto come una lega allo scandio per il castello e il titanio per il tamburo. Smith & Wesson ha affiancato al PD il nuovo allesti-mento M&P con il tamburo realizzato nel vecchio e caro acciaio inossida-bile: con circa 50 grammi in più, la

nuova M&P può avere una lunga vita operativa senza problemi, mentre è noto che i tamburi in titanio sono più delicati. Questo piccolo revolver è camerato per il .357 Magnum ma non sono presenti elementi che riducano il feroce rinculo delle cartucce a piena carica. Le eleganti e minimali guancette in gomma lascia-no scoperto il dorso del telaio, proprio dove appoggia la parte più delicata della

mano, e la forma di tutta l’im-pugnatura è la stessa dei revolver costruiti su telaio J Round Butt, disegnato praticamente a inizio Novecento: il passaggio a guan-cette che coprano il backstrap è pertanto altamente consigliato, anche se aumenterà l’ingom-

bro del revolver. Quasi rivoluzionario il Ruger, e non solo per l’introduzione dei materiali sintetici nel campo dei revolver: a un telaio monolitico in lega leggera ad alta resistenza è associato un blocco poli-merico inferiore che comprende la guar-dia del grilletto e il prisma che forma il nucleo dell’impugnatura. Tutti i mecca-nismi di sparo sono montati su questo telaio sintetico e tra l’altro rappresentano un’innovazione nel meccanismo di scat-to, a sola doppia azione. Come ormai da tempo tradizione Ruger l’impugnatura è inserita su un prolungamento prismatico del fusto, consentendo così una notevole libertà progettuale.Nonostante il revolver sia camerato so-lo per il .38 Special (ma esiste anche la versione in .357), le guancette sono in gomma morbida e avvolgono completa-mente l’impugnatura. Presentano inoltre un ammortizzatore, sempre in gomma, al loro interno, risultando così in grado di abbattere il rinculo percepito. Del tutto particolare, poi, la geometria del tamburo, anche qui a cinque camere, che presenta la parte anteriore sagomata come un fascio di cilindri e ricorda le vec-chie Pepperbox, le antenate dei revolver.Data la scarsa lunghezza della canna, in-feriore ai due pollici, entrambi i revolver presentano un alberino di espulsione di ridotte dimensioni, insufficiente a sfilare completamente i lunghi bossoli dal tamburo. Agendo con l’arma in verti-cale potremmo avvalerci della forza di gravità, ma non se i bossoli si sono de-formati e forzano nelle camere, proble-ma che riguarda più quelli del .357 Ma-gnum, tra l’altro più lunghi, che quelli del .38 SPL: probabilmente, su un’arma da difesa, non è assolutamente un pro-blema, dato che non ci troveremo a dover ricaricare durante un eventuale scontro a fuoco, ma è bene conoscere questa caratteristica. Insomma, siamo soliti affermare che “la miglior pistola semiauto… sono due revolver”: magari uno S&W e un Ruger? LM

Smontando la guancetta del Ruger, si acce-de alla vite per il bloccaggio di deposito

I diversi pulsanti di sblocco del tamburo: rigato per Ruger e zigrinato per S&W

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