0712 - n. 16 mondo vegetariano - luglio 2007

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BOLLETTINO TRIMESTRALE DI CULTURA VEGETARIANA. A NNO 5, N UMERO 3 D ICEMBRE 2007. Se ami la vita e la rispetti, se vuoi che qualcosa cambi in meglio, comincia da te stesso: prendi l’impegno di non nutrirti di violenza: diventa VEGETARIANO e ti accorgerai che è l’inizio di un cammino giusto e utile per la tua salute e quella del Pianeta. La nostra associazione ti può aiutare in questa tua scelta. http://www.vegetariani-roma.it [email protected]

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Bollettino trimestrale dell'AVA - Associazione Vegetarina Animalista

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Page 1: 0712 - N. 16 Mondo Vegetariano - Luglio 2007

BOLLETTINO TRIMESTRALE DI CULTURA VEGETARIANA.

ANNO 5, NUMERO 3 DICEMBRE 2007. Se ami la vita e la rispetti, se vuoi che qualcosa cambi in meglio, comincia da te stesso: prendi l’impegno di non nutrirti di violenza: diventa VEGETARIANO e ti accorgerai che è l’inizio di un cammino giusto e utile per la tua salute e quella del Pianeta. La nostra associazione ti può aiutare in questa tua scelta. http://www.vegetariani-roma.it [email protected]

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Mondo Vegetariano. Pagina 2. Dicembre 2007.

C H I S I A M O . L’Associazione Vegetariana Animalista “Armando D’Elia”, già Gruppo Vegetariano “Armando D’Elia”, nasce nell’anno 2002 co-me Movimento Indipendente di ispirazione o-listica. Il nostro interesse nasce dal ripudio di ogni espressione violenta nei confronti del-l’uomo, degli animali e della natura, dall’amo-re verso la Vita e dalla consapevolezza che so-lo da un corretto modo di vivere e di alimen-

tarsi (secondo le leggi naturali conformi alle nostre esigenze fisiologiche di esseri fruttaria-ni) è possibile conservare la salute del corpo, l’equilibrio mentale, i valori morali e spirituali. Infatti la pratica del vegetarismo favorisce lo sviluppo di una coscienza umana piú giusta e sensibile, una mentalità di pace e di disponibi-lità verso il prossimo, il superamento dello sfruttamento degli animali e delle risorse natu-rali, e l’eliminazione della fame nel mondo.

C O L L A B O R A Z I O N E . La collaborazione a Mondo Vegetariano è gratuita. Le opinioni degli articolisti possono non coincidere perfettamente con la filosofia che anima l’Associazione. Ogni articolista re-sta, pertanto, responsabile delle sue affermazio-ni. Coloro che intendono collaborare con il Bol-

lettino possono inviare i loro articoli per posta ordinaria a Franco Libero Manco, in Via Cese-na 14, 00182 Roma, oppure per posta elettro-nica a: [email protected]. Quanto ricevuto non verrà restituito e la Redazione si riserva di ridurre, in caso di uti-lizzo, la sua lunghezza.

Per ricevere il bollettino occorre iscriver-si all’Associazione per un anno. Socio sosteni-tore: 60 Euro; socio ordinario: 30 Euro; stu-denti, pensionati, disoccupati e minori: 20 Eu-ro. Sede: Via Cesena 14, 00182 Roma, tel. 06

7 022 863. E-mail: [email protected]. Conto corrente postale: 58 343 153 intestato ad Associazione Vegetariana Anima-lista, Via Cesena 14, 00182 Roma.

‗ ‗ ‗ ‗ ‗

A R G O M E N T I E L O R O P A G I N E .

Nostri ideali. 2. Alimentazione e salute. 4. Principî nutrizionali. 5. Principî terapeutici. 7. Poveri animali. 9. Tecnologie e timori. 11.

Nel tempo che fu. 12. Hanno detto. 13. L’angolo della poesia. 15. Ricette di cucina vegetali. 16. Indirizzi di nostri amici. 16.

‗ ‗ ‗ ‗ ‗

N O S T R I I D E A L I .

I P R I N C I P Î F O N D A M E N T A L I D E L V E G E T A R I S M O .

Franco Libero Manco. Noi abbiamo un sogno: quello di un’u-

manità libera dai condizionamenti mentali e-sercitati per millennî dai centri di potere politi-co, economico e religioso; un’umanità libera dalle malattie, dal dolore e dalla violenza; un’umanità in cui ogni individuo ha gli stru-menti per essere artefice del proprio destino,

della propria salute fisica, del proprio equili-brio mentale e della propria sfera spirituale.

Noi siamo consapevoli che una società migliore è possibile solo se migliori saranno le coscienze di coloro che la compongono: piú giuste e sensibili verso le esigenze vitali di o-gni essere vivente; aperta alla fratellanza bio-logica universale, in cui i codici del diritto alla vita, alla libertà e al rispetto siano estesi dal-l’uomo a ogni creatura. Siamo consapevoli che i sistemi politici ed economici cambieranno

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Mondo Vegetariano. Pagina 3. Dicembre 2007. solo se cambieranno il cuore e la mentalità del-la gente che li fa e li gestisce.

Riteniamo il vegetarismo l’anello man-cante alla cultura umana per poter superare il lungo periodo storico dell’ingiustizia, della violenza, della guerra, del dolore, della malat-tia.

Noi siamo convinti che educare a rispet-tare e a valorizzare il piccolo sia la soluzione di gran parte dei problemi del genere umano. Infatti come potrebbe l’uomo nuocere al suo simile se fosse educato alla gentilezza verso o-gni essere vivente?

Chi dice «io sono verde» oppure «io so-no bianco» è in errore: chi guarda in una sola direzione esclude dal suo orizzonte tutto il re-sto. Chi dice «io sono arcobaleno», questi è nel vero.

Noi sosteniamo la cultura delle cause e del senso critico; non la cultura della sintoma-tologia.

La filosofia universalista del vegetari-smo valorizza le diversità formali e sostanziali della vita.

Ci opponiamo all’arcaica quanto perni-ciosa visione antropocentrica, alla quale con-trapponiamo la vitale filosofia del biocentri-smo.

Consideriamo una vergogna per un po-polo civile convivere con, tollerare, giustifica-re l’esistenza di quei campi di sterminio che sono i mattatoî, come ciò che preclude l’evolu-zione civile, morale e spirituale di un popolo.

Nessuna malattia può essere debellata senza considerare l’individuo nella sua interez-za e senza neutralizzare le cause che l’hanno generata, che sempre risiedono nel modo di es-sere e di alimentarsi dell’individuo.

Nessun vero benessere è possibile se l’individuo non cura simultaneamente le quat-tro componenti fondamentali dell’essere: quel-la fisica, quella mentale, quella emozionale e quella spirituale.

Il cibo influisce sulla mente, sul corpo, e sulla sfera morale e sulla dimensione spirituale dell’individuo.

La tossiemia è l’effetto di una moltitudi-ne di cause che porta a tutte le malattie.

I cibi cotti sono la causa della debilita-zione dell’uomo.

Con la frutta, i cibi crudi, il digiuno, l’a-ria pulita, la serenità d’animo e la bontà del cuore è possibile curare ogni malattia.

L’alimentazione carnea è correlata ai set-te problemi piú gravi del mondo (la violenza, la malattia, la fame nel mondo, la distruzione delle foreste, l’inquinamento generale, la ca-renza di acqua potabile e di risorse energeti-che).

La carne e gli alimenti derivati dagli ani-mali hanno causato piú morti di tutte le guerre messe assieme del secolo scorso.

Non è vero che occorre mangiare di tut-to: se cosí fosse dovremmo imbandire le nostre tavole anche con i lombrichi e la cicuta: l’uo-mo deve mangiare ciò che è compatibile con la sua natura di essere fruttariano.

Non è vero che per stare bene in salute è necessario mangiare carne o derivati animali: se cosí fosse coloro che non mangiano queste sostanze dovrebbero accusare carenze nutrizio-nali, mentre invece godono di una salute mi-gliore degli onnivori.

Non è vero che le proteine della carne sono di «alto valore biologico» perché conten-gono tutti gli aminoacidi essenziali: l’accop-piamento di due o piú diversi alimenti dà come risultato proteine di qualità migliori perché piú assimilabili e piú digeribili.

Non è vero che per assicurasi il calcio è necessario bere il latte degli animali e mangia-re i suoi derivati; è vero il contrario: l’alto con-tenuto di calcio dei latticini unito alle proteine animali aumenta la calciuria riducendo la fis-sazione del calcio nel tessuto osseo. Il calcio del latte è scarsamente assimilabile perché le-gato alla caseina, base di una delle piú potenti colle per il legno delle navi.

Non è vero che ci può essere carenza di ferro nella dieta vegetariana: nel mondo cin-quecento milioni di persone soffrono di caren-ze di ferro indipendentemente dalla dieta, ed è molto piú facile trovare una persona anemica tra gli onnivori che tra i vegetariani, perché ciò che consente l’assimilazione di questo minera-le è la presenza di vitamina C, rame e cobalto, che sono presenti nei vegetali.

Non è vero che l’uomo è un animale on-nivoro: se cosí fosse sarebbe strutturato anato-micamente come gli animali predatori: dovreb-

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Mondo Vegetariano. Pagina 4. Dicembre 2007. be avere artigli, zanne, velocità per rincorrere la preda, propensione a squartarla e divorarla palpitante.

Non è vero che l’uomo ha sempre man-giato la carne: per milioni di anni è vissuto da fruttariano nella foresta, e quando per necessi-tà di sopravvivenza ha dovuto includere nella sua dieta anche la carne nella misura del 20 % ci sono stati un calo a picco della vita media e lo sviluppo di molte malattie umane.

Non è vero che per essere vegetariani oc-corre farsi seguire da un nutrizionista: nessuna generazione che ci ha preceduto ha avuto biso-gno di nutrizionisti: ogni animale riconosce

per istinto il cibo adatto alla sua dieta e gli ani-mali liberi e allo stato naturale si ammalano in-comparabilmente meno, a differenza dell’uo-mo che è flagellato da diverse centinaia di ter-ribili malattie.

Non è vero che gli animali sono fatti per l’uomo (come i neri erano fatti per i bianchi, le donne per gli uomini, gli schiavi per i padro-ni); non è vero che non hanno un’anima o che il loro dolore o la loro vita hanno meno valore della nostra: se cosí fosse il Creatore sarebbe un dio ingiusto e crudele, dalla parte dei forti, dei predatori e non degli ultimi e dei deboli co-me affermava Gesú.

A L I M E N T A Z I O N E E S A L U T E .

IL «TEST DI CAMBRIDGE» E LA FAMOSA FORMULA DEI CINQUE PASTI AL GIORNO.

Valdo Vaccaro. A difesa e onore dei medici di oggi,

spesso troppo bistrattati dagli igienisti e dalla critica antimedica in genere, occorre ricordare che l’Università di Cambridge in Inghilterra, sotto la guida della professoressa Key Tee Khaw e di un gruppo nutrizionistico coadiuva-to dalla dottoressa Aisla Welch, ha dimostrato nel 2001, con un memorabile esperimento di massa durato diversi anni e coinvolgente ven-timila uomini e donne di Norfolk, nell’Inghil-terra Orientale, fra i quarantacinque e i settan-tanove anni, che la soluzione migliore e garan-tita contro le tre maggiori cause di morte nel mondo (cardiopatia, cancro e diabete) consiste in una semplice dieta fruttariana - vegetariana basata su almeno cinque pasti d frutta e verdu-ra allo stato crudo (non cotto) al giorno, con la quale si fronteggiano anche i reali fabbisogni aggiornati di vitamina C naturale, che risultano essere drammaticamente superiori a quanto fi-nora pensato. Chi ha concentrazioni superiori alla madia di vitamina C nel sangue e nel pla-sma si ritrova libero dalle malattie gravi che affliggono la media delle persone devitaminiz-zate e a rischio.

Visto che la frutta (salvo mele, ananas e papaia, dotate di enzimi antifermentanti) va sempre mangiata a stomaco vuoto, i cinque pasti al giorno significano, a livello pratico,

una quasi totale eliminazione dei non cibi, ossia dei cibi non della nostra specie, inadatti alla costituzione del tubo gastrointestinale e di tutto l’organismo dei primati, alla cui categoria l’uomo appartiene.

Come dire che il nuovo nutrizionismo medico, la Medicina Responsabile, la medici-na preventiva e tendenzialmente antivaccinato-ria dei nostri giorni sono talvolta capaci per-fino di superare e battere il Movimento Igieni-stico Naturale e il Vegetarianismo piú sfrenato nel loro proprio terreno. Il minimo che si può fare è complimentarsi e plaudire, per il gradua-le rientro ai giusti lidi di diverse pecorelle smarrite, di medici che mettono a repentaglio e a rischio la loro incolumità professionale dagli strali dell’Ordine, tuttora ligio ai vecchî sche-mi obsoleti e privi di sbocchi. Ed è proprio qui, in questo tipo di eccezionali ricerche scientifiche, che bisogna andare a cercare ri-sposte ai proprî dubbî e alle proprie domande sulla salute. È qui che si risolve l’eterno quesi-to del dove sta il ferro.

Il crudismo, la dieta prevalentemente crudista e rigorosamente fruttariana - vegeta-riana, dunque coerente con il disegno gastroin-testinale umano e coi reali fabbisogni fisici, psichici, estetici, morali della entità uomo, fa sí che non ci sia riduzione o distruzione di vitamine (da parte del calore) né dispersione di minerali e di ferro. I cibi al natuale, non cotti e non lavorati, sono sempre vivi e carichi dei lo-ro enzimi straordinariamente importanti (sen-

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Mondo Vegetariano. Pagina 5. Dicembre 2007. sibili al calore molto piú delle stesse vitamine), per cui permettono la loro autodigestione con apporti netti e sicuri.

Ecco dunque che non si deve mai andare a caccia di una particolare sostanza, di una specifica vitamina, o di uno speciale cibo dota-to di chissà quali poteri, e che occorre invece puntare sempre su una progettazione positiva, su un metodo di vita e di alimentazione perti-nenti e ottimali, tali da garantire massima effi-cienza al sistema. Nessuno intende qui imporre sistemi perfetti di scarsa applicabilità o addirti-tura utopistici. Occorre però che la gente sap-pia quale è la perfezione virtuale e quale è la verità precisa e univoca sugli alimenti. Piú ce ne allontaniamo e piú paghiamo caro di tasca nostra. L’adozione di sani principî si può co-munque attuare anche passo dopo passo, sem-pre a patto che si punti a un obiettivo finale di qualità e progresso.

Niente sostanze miracolose da ricercare, dunque. Ma, se proprio vogliamo puntare a qualcosa di prezioso di cui sempre tutti scar-seggiamo, esso sia non il ferro o il cobalto o la proteina cosiddetta nobile, ma la nobilissima e regale vitamina C, dato che ne consumiamo tanta e non disponiamo di un organo adatto a contenerla come riserva. L’unica, ripeto l’uni-ca, fonte di approvvigionamento è la frutta e la verdura viva. L’altro elemento che ci manca sempre è l’acqua biologica, che si trova pure nella frutta e nella verdura fresche di alta suc-cosità, e che equivale a una autentica iniezione

di energia vegetale e solare. Per la cronaca, a conferma inequivocabi-

le della precarietà e della impreparazione cro-nica delle strutture sanitarie e pediatriche mon-diali, l’acqua biologica non viene mai citata in nessuna tabella alimentare esistente, quasi non esistesse, quasi non fosse della massima im-portanza. E, sempre in tali tabelle, fa spicco e fa notizia la grave e colpevole sottoestimazio-ne della quota giornaliera di vitamina C. Non a caso, acqua biologica e vitamina C latitano sia nel latte che nella carne, ovvero nell’accoppia-ta classica carne - latte, che è da sempre la bib-bia di base della Food and Drugs Administra-tion statunitense.

Chi srive, pur nel suo insignificante peso culturale e scientifico, ama ispirarsi e riferirsi a un maestro del nome di Pitagora, il quale prese a piene mani quanto di meglio offriva lo scibi-le della preantichità. Il magnifico faro solare illuminante ogni angolo del Pianeta Terra è be-ninteso a costante disposizione, da duemilacin-quecento anni, di chiunque voglia imparare. Il mondo intero sta invece buttando via oggi le sue opportunità di apprendimento correndo dietro alle luci artificiali, fasulle e vacue, pre-potentemente imposte da quarant’anni, di un ente statunitense notoriamente sottoposto a gravi forme di condizionamento e corruzione.

Trattasi di un confronto davvero impro-ponibile: Pitagora contro Food and Drugs Ad-ministration. Nessuna meraviglia se il mondo sta andando a catafascio.

P R I N C I P Î N U T R I Z I O N A L I .

G L I E N Z I M I .

Armando D’Elia. Una menzione particolare meritano gli

enzimi, che sono degli speciali biocatalizzatori di natura proteica, contenuti in numero notevo-le in ogni cellula vivente, dove esplicano com-piti rilevantissimi, addirittura «vitali». Essi in-fatti regolano, pur restando inalterati, tutti i processi biochimici intracellulari, compresi quelli che presiedono alla costruzione delle al-tre proteine, e facilitano, incrementano, o addi-rittura provocano, tutte quelle reazioni biochi-miche di sintesi, scissione e trasformazione

che in ogni organismo animale (quindi anche nell’uomo) o vegetale presiedono alle manife-stazioni, anche energetiche, della vita.

Gli enzimi devono quindi essere consi-derati come dei bioregolatori: sono sostanze «oligo-dinamiche», capaci cioè di provocare grandi effetti pur agendo in quantità infinitesi-mali. Esempio: il presame (caglio), enzima che agisce sull’albumina del latte, fa cagliare una quantità di latte pari a quattrocentomila volte il suo peso. Un altro esempio: una molecola di catalasi può scomporre cinque milioni di mole-cole di acqua ossigenata in un minuto.

Caratteristica fondamentale degli enzimi

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Mondo Vegetariano. Pagina 6. Dicembre 2007. è la loro specificità, in quanto ogni enzima agi-sce solo e sempre su una determinata sostanza e non su altre.

Oltre agli enzimi attivi (o «veri enzimi») occorre citare i «proenzimi» (o «profermenti»), la cui potenziale capacità bioregolatrice agisce dopo un adeguato «processo di attivazione».

L’ambiente, acido o basico, può in certi casi «attivare» e in altri «rendere inattivo» un enzima; ad esempio, la ptialina della saliva, che è leggermente alcalina, viene inattivata da un ambiente acido (ad esempio da quello dello stomaco), che funziona quindi come un «inibi-tore enzimatico».

È importante notare che, mentre le basse temperature inattivano alcuni enzimi, le alte temperature li inattivano tutti. Questo fatto ci fa capire sin d’ora quanto deleterie siano le conseguenze della cottura dei cibi. Gli enzimi sono in realtà protagonisti di primaria impor-tanza del fenomeno «vita», al quale concorro-no in maniera determinante; di conseguenza, si può ben dire che un cibo cotto è un cibo morto perché «ucciso» dal calore eccessivo al quale l’uomo lo ha sottoposto. In realtà l’alta tempe-ratura modifica le caratteristiche organoletti-che del cibo, altera le fini strutture chimico-fi-siche dei principî alimentari in esso presenti e devasta (e in gran parte distrugge) il suo patri-monio vitaminico; ma forse il dramma piú gra-ve è l’inattivazione degli enzimi. Occorre an-che precisare che l’optimum di azione degli enzimi si raggiunge attorno ai 40 ˚C.

Oltre che per effetto delle alte tempera-ture, alcuni enzimi possono restare inattivi se non sono contemporaneamente presenti deter-minate sostanze, di diversa natura; per esem-pio la rennina, enzima preposto alla digestione delle proteine del latte (e che quindi si trova nello stomaco dei giovani mammiferi), è attiva solo in presenza di ioni calcio.

In generale si può poi affermare che gli enzimi non sono attivi se non in presenza di vitamine, che, anche per questo fatto, diventa-no quindi indispensabili. Ecco perché gli enzi-mi digestivi puri che si vendono in farmacia sotto l’etichetta di «bioalimenti» o di «comple-menti alimentari» o di «integratori» sono pra-ticamente inattivi (e, a parere di chi scrive que-ste righe, anche nocivi). In realtà niente può

sostituire gli enzimi naturali. Gli enzimi, questa immensa categoria di

sostanze a base proteica, sono cosí importanti che possono ben definirsi «la radice della vi-ta». Si deve sottolineare il fatto fondamentale che in realtà quasi tutte le reazioni chimiche che riguardano l’alimentazione umana sono re-se possibili proprio per effetto dell’azione ca-talitica svolta dagli enzimi, per esempio anche nei processi di demolizione e ricostruzione delle proteine.

Ed ecco alcune altre importanti notazioni sugli enzimi.

Il termine «enzima», coniato nel 1878, deriva dal greco «en zyme» (nel lievito).

Gli enzimi si denominano generalmente con il nome della sostanza sulla quale agisco-no specificamente, con l’aggiunta del suffisso «-asi»; per esempio: amilasi, lipasi, proteasi.

Esistono migliaia di enzimi. Attualmente se ne conoscono circa ottocento.

Essi, pur non essendo viventi, hanno in comune con gli esseri viventi lo svolgimento dei seguenti fenomeni.

Sono in grado di ridurre le dimensioni di grosse molecole, fatto assai importante per la digestione dei cibi: per esempio per trasforma-re l’amido in destrina e questa in zucchero semplice.

Producono, per sintesi, molecole nuove, anche proteiche.

Presiedono alla respirazione cellulare, mediante la quale viene resa disponibile l’e-nergia necessaria agli organismi viventi.

Essendo protagonisti primarî delle tre funzioni suddette, gli enzimi divengono quindi agenti essenziali dei processi biologici.

Ma non si può avere un’idea sufficiente-mente esatta dell’importanza degli enzimi se non si inquadra la loro azione nel grande pro-cesso del metabolismo degli organismi anima-li.

La vita dell’uomo, come, del resto, quel-la di tutti gli altri animali, in tanto può svolger-si in quanto soggetta a metabolismo, cioè a quel complesso di reazioni chimiche di sintesi (anabolismo) e di scissione (catabolismo), che consentono il continuo rinnovamento dell’or-ganismo, oltre che la sua crescita.

Questi processi metabolici utilizzano e

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Mondo Vegetariano. Pagina 7. Dicembre 2007. trasformano chimicamente sostanze solide, li-quide e gassose, determinando delle «sintesi» e delle «analisi».

I processi di sintesi utilizzano sostanze relativamente semplici per giungere, sintetiz-zandole, a sostanze ad alto peso molecolare: per fare questo necessitano di energia, quindi assorbono e consumano energia.

I processi di analisi, al contrario, parto-no da sostanze ad alto peso molecolare, che vengono scisse, per giungere a sostanze di pe-so molecolare ridotto: questo porta a libera-zione di energia.

Ma, sia per i processi di sintesi che per quelli di analisi, sono indispensabili, appunto, gli enzimi, che agiscono da catalizzatori biolo-gici; senza di essi nessuna reazione chimica, anche la piú semplice, sarebbe possibile alle condizioni fisico-chimiche compatibili con la vita.

Fra questi processi di sintesi i principali sono i seguenti.

La combinazione degli aminoacidi, per ottenere i protidi.

L’unione della glicerina (o di altri alcoli) con acidi grassi, acido fosforico e basi azotate, per ottenere i lipidi.

La combinazione di molte molecole di glucosio per ottenere glucidi polisaccaridi.

È da notare che durante questi processi viene liberata dell’acqua in notevole quantità e, come detto, viene assorbita dell’energia.

Invece i principali processi di analisi so-no soprattutto costituiti dalla scissione di proti-di, lipidi e glucidi nei loro componenti fonda-mentali.

Questi processi avvengono con assunzio-ne di acqua e, come detto, liberano energia.

La classificazione degli enzimi è stata stabilita da una apposita commissione interna-zionale. Sono state cosí distinte sei grandi clas-

si di enzimi, in base ai tipi di reazioni da loro catalizzate.

Ossidoreduttasi: ossido-riduzioni (tra-sferimento di elettroni).

Transferasi: trasferimento di gruppi (per esempio le cinasi, che trasferiscono un gruppo P dall’ATP a una molecola accettore).

Idrolasi: rottura di legami con intervento d’acqua.

Liasi: addizione o sottrazione di gruppi su doppî legami.

Isomerasi: isomerizzazione all’interno di una stessa molecola.

Ligasi: formazione di legami C-C, C-S, C-O, C-N, con utilizzazione di ATP.

È bene ricordare anche quanto segue. Esistono delle persone il cui organismo

non è in grado di produrre, come dovrebbe, al-cuni enzimi, e questo provoca stati patologici particolari, solitamente a carattere ereditario; ad esempio la cosiddetta «malattia di Folling» (oligofrenia fenilpiruvica), causata dal fatto che l’aminoacido fenilanalina non riesce a tra-sformarsi in tirosina appunto perché manca l’enzima preposto a tale trasformazione.

L’ingegneria genetica, agendo sul gene (di alcune piante) che produce particolari enzi-mi, riesce a ottenere la comparsa di caratteri-stiche utili o la scomparsa di caratteristiche dannose alla utilizzazione pratica di alcuni prodotti della terra. Per esempio si è riusciti a evitare l’ammezzimento dei pomodori agendo sul gene della pianta che produce l’enzima che causa tale ammezzimento (l’enzima in oggetto è la poligalacturonasi).

Anche nell’industria gli enzimi rivelano oggi la loro grande utilità. Ad esempio in alcu-ne cartiere moderne invece del cloro, la cui pe-ricolosità è ben nota, si riesce a sbiancare la carta mediante un enzima particolare.

‗ ‗ ‗ ‗ ‗

P R I N C I P Î T E R A P E U T I C I .

O L I G O E L E M E N T I C O M E T E R A P I A . Leila Nicoletti.

Il termine «oligoelementi» deriva dal

greco «oligos», che vuol dire «poco», ed è u-sato per indicare alcuni elementi chimici, pre-

senti nel nostro organismo e nei viventi in pic-colissime quantità, detti anche «elementi in tracce».

Storicamente furono fatti esperimenti ed osservazioni empiriche nel corso dei secoli, tra cui famoso fu quello di Basilio Valentino, che

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Mondo Vegetariano. Pagina 8. Dicembre 2007. somministrò pezzetti di spugna marina a pa-zienti, che vivevano in zone montane, affetti da gozzo tiroideo, ottenendo subito migliora-menti, a causa della presenza di iodio nelle spugne marine. Gabriel Bertrand comprese il ruolo enzimatico di questi costituenti, ma è so-prattutto con il grande medico francese Jac-ques Ménétrier, fondatore di un centro di ricerche biologiche con 75000 dossier clinici, che iniziò la vera Oligoterapia, affiancata dal contributo sperimentale di altri ricercatori, co-me Henri Picard, in particolare, in campo reu-matologico.

A metà degli anni settanta, Forsenn die-de la definizione di «oligoelementi» come «e-lementi chimici presenti in concentrazione u-guale o inferiore allo 0,01 % del peso secco del corpo umano». In seguito si arrivò alla de-finizione di «oligoelementi essenziali», per in-dicare quegli elementi presenti in tutti i tessuti dei viventi, con concentrazione per lo piú co-stante, che in carenza causano alterazioni tis-sutali e fisiologiche. Tra questi vi sono: Fluo-ro, Selenio, Cobalto, Cromo, Rame, Ferro, Manganese, Molibdeno, Nichel, Vanadio, Zin-co, Silicio, Boro, Stagno e Alluminio.

Essi si legano a varie molecole e posso-no avere un ruolo:

- strutturale, come il Ferro per l’emoglo-bina del sangue o il Cobalto per la vitamina B 12;

- funzionale, se sono necessarî al ruolo catalitico, in quanto accelerano la velocità di reazione di uno o piú enzimi.

La mancanza di alcuni dei suddetti ioni metallici, definita «ametallosi», può portare prima ad un deficit enzimatico, poi ad uno squilibrio metabolico ed infine alla malattia funzionale, che, in assenza di lesioni, può gua-rire con la somministrazione di oligoelementi.

Dagli Anni Trenta in poi, mentre da un lato era sempre piú chiaro il ruolo che gli oli-goelementi svolgevano come cofattori enzima-tici, collegati a problemi carenziali nell’insor-genza di patologie, dall’altro si sperimentò l’importanza di alcuni particolari oligoelemen-ti, in gruppi simili di individui con terreni or-ganici omogenei, detti «diatesi». Le diatesi so-no quattro:

allergica;

ipostenica; distonica; energica. Per ognuna di queste diatesi c’è una spe-

cifica combinazione carenziale di oligoele-menti; nell’ordine:

manganese solo; manganese e rame; manganese e cobalto; rame, oro e argento. In associazione agli studî di bioelettroni-

ca, che misuravano il «ph» e il potenziale os-sido-riduttivo di alcuni liquidi organici (san-gue, saliva, urina), si rilevò che gli individui appartenenti a una sola delle quattro diatesi presentavano una sola delle quattro possibili combinazioni fra ph acido o basico e potenzia-le ossidato o ridotto:

diatesi allergica o del Mn: acido - ridotto; diatesi ipostenica o del Mn - Cu: acido - ossidato; diatesi distonica o del Mn - Co: alcalino - ridotto; diatesi energica o del Cu, Au, Ag: alcalino - ossidato. D’altra parte sono tutt’altro che frequenti

gli individui appartenenti a una sola diatesi: per lo piú ce n’è un intreccio di due, dove una è predominante.

Esiste poi una «sindrome di disadatta-mento», dovuta alla difficoltà di adattamento delle ghiandole endocrine agli stimoli di natura ipofisaria, che colpisce:

l’asse ipofiso-genitale, con disturbi quali ritardi nello sviluppo generale o locale, impo-tenze sessuali funzionali, disfunzioni ovariche e mestruali, la cui terapia è data dalla sommi-nistrazione di Zinco - Rame, ma da non usare in caso di tumori;

l’asse ipofiso-pancreatico, con sintomi legati al turbamento del tasso glicemico, quali fame eccessiva seguita da sonnolenza e sensa-zione di svuotamento intellettuale, curata con somministrazione di Zinco - Nichel - Cobalto.

In generale, l’oligoterapia risulta piú ef-ficace se usata in sinergia con altre terapie na-turali, quali: omeopatia, fitoterapia e aromate-rapia, fiori di Bach.

(Diatesi: classicamente vuol dire «predi-

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Mondo Vegetariano. Pagina 9. Dicembre 2007. sposizione a contrarre una determinata affezio-ne patologica»; oggi è piú sovrapponibile al concetto di «terreno», che è una condizione

reversibile prelesionale, con sintomi che pos-sono regredire o scomparire attraverso l’oligo-terapia).

P O V E R I A N I M A L I .

POLLI E GALLINE, QUESTE GRAZIOSE

E SVENTURATE CRERATURE. Franco Libero Manco.

(Questo articolo non recentissimo po-

trebbe renderci curiosi di verificare quali pro-gressi siano sopraggiunti nell’ultimo paio di anni).

Circa venti miliardi tra galline e polli

vengono uccisi ogni anno nel mondo; cinque miliardi e duecento milioni sono allevati e uc-cisi in Europa; quattrocentocinquanta milioni finiscono sulle tavole degli italiani, mentre quaranta milioni di galline sono destinate a produrre, solo in Italia, ben dodici miliardi di uova all’anno.

Allo stato naturale una gallina vive fino a sette anni, e depone una dozzina di uova nel-la fase fertile della sua vita, uova che vengono in buona parte fecondate e producono pulcini. Occorrendo invece le uova agli esseri umani, la gallina non viene mai fecondata e proprio per questo ne produce molte di piú.

In un allevamento intensivo la gallina in genere viene uccisa dopo un anno o al massi-mo quattordici mesi di vita, dopo cioè che ha terminato il suo primo periodo ottimale di pro-duzione delle uova (ottimale per l’allevatore), che dura dai quattro ai sei mesi.

In una seconda fase le galline farebbero uova piú grandi ma ne farebbero di meno, e questo tutto sommato non viene ritenuto eco-nomicamente redditizio. Inoltre, e in accordo con questa scelta, costrette a vivere in una pic-cola gabbia o in altre condizioni inimmagina-bili, sono a quel punto già decisamente debili-tate, con un fegato spesso degenerato dall’ali-mentazione forzata, e anche per questo non piú raccomandabili per affrontare una ulteriore produzione.

Negli allevamenti intensivi (un obiettivo dei quali è la crescita piú rapida possibile del-l’animale nello spazio piú esiguo possibile) le

galline vivono in condizioni terribili: ciascuna ha a disposizione lo spazio di una scatola di scarpe o, se sono allevate a terra nei capanno-ni, ce ne sono stipate anche diciotto in ogni metro quadrato.

Nei capannoni ad allevamento intensivo (alcuni contengono anche cinquantamila esem-plari) la luce viene tenuta accesa quasi venti-quattro ore al giorno, per cui non godono mai del buio e del riposo. L’illuminazione costante stimola l’apparato endocrino, con conseguente aumento della deposizione di uova. Questo ti-po di allevamento consente di produrre una grande quantità di uova e di portare i costi di produzione al minimo invalicabile.

La gallina, se allevata in gabbia e ali-mentata con mangimi fortificati, in cinque me-si depone in media centoventi uova; se allevata a terra con granaglie biologiche depone solo trentasei uova, ma piú pesanti. La qualità del-l’uovo è tanto piú alta quanto migliore è la condizione della vita della gallina e quanto mi-gliore e naturale è la sua alimentazione. Da ciò consegue che le uova prodotte da galline ru-spanti e alimentate con prodotti naturali sono biologicamente migliori, e questo si deduce anche dal colore del guscio, che non deve es-sere pallido, e del tuorlo, che deve essere di un rosso arancione.

L’affollamento degli allevamenti intensi-vi genera aggressività tra i polli; per arginare il problema del cannibalismo viene loro mozzato il becco bruciandolo oppure strappandone la punta (benché questa pratica sia vietata dal re-golamento 1804 del 1999), pratica estrema-mente dolorosa che impedirà per tutta la vita all’animale di beccare normalmente. In passa-to si usava anche accecare i polli per evitare che la disperazione provocata dalla mancanza di spazio li spingesse ad aggredirsi a vicenda. Gli allevamenti in batteria saranno proibiti in Europa dall’Uno Gennaio Duemiladodici. Nei capannoni intensivi i polli restano accovacciati a terra a contatto coi loro escrementi; questo

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Mondo Vegetariano. Pagina 10. Dicembre 2007. genera infezioni e sofferenze agli animali, che devono essere trattati con farmaci e antibiotici per scongiurare il diffondersi di malattie infet-tive: farmaci somministrati come tali o mi-schiati nei mangimi fin negli stadî embrionali dell’uovo.

L’elevata densità e un’esasperata sele-zione genetica, tesa ad accelerare la crescita e a sviluppare maggiormente il petto e le cosce (parti che piú interessano al consumatore), provocano gravi patologie all’animale. Le ossa non riescono a crescere alla stessa velocità dei muscoli, e a due settimane di vita il pollo fa fa-tica a muoversi; a trenta giorni si verificano frequenti rotture alle zampe. Molti di questi a-nimali (in conseguenza del fatto che un pollo d’allevamento cresce quattro volte piú veloce-mente di una gallina ovaiola), muoiono di morte improvvisa dovuta ad un collasso car-diaco che ogni anno uccide milioni di polli. Per mezzo dei miracoli dell’ingegneria gene-tica si prevede che nel Duemilasette alcuni polli potranno essere allevati in solo trentatrè giorni, con maggiori vantaggi per gli alleva-tori.

Sono inoltre diffuse dermatiti, infezioni ed asciti. La cura di queste malattie richiede l’uso di antibiotici; altri antibiotici ancora sono utilizzati per gonfiare i muscoli di acqua e ot-tenere cosí carni piú tenere, che possono dun-que lasciare residui degli uni e degli altri costi-tuendo un serio pericolo per chi le mangerà.

Anche le uova da cui nasceranno le galli-ne vengono trattate con antibiotici, ancora pri-ma di essere messe nell’incubatrice, per dimi-nuire il rischio di infezioni. Certe molecole farmacologiche vengono utilizzate apposita-mente, come nel caso dei coloranti, che vengo-no somministrati alle galline per far apparire il tuorlo piú arancione e di un colore piú vivo. Tutte le vaccinazioni e tutti gli interventi tera-peutici sono programmati fin dall’immissione degli animali nei capannoni, ma spesso debbo-no essere modificati e intensificati perché i germi patogeni sviluppano ceppi resistenti ai farmaci, specialmente agli antibiotici. In un ar-ticolo del Corriere Della Sera del Dodici Mag-gio Duemiladue si afferma che le autorità sani-tarie di Bruxelles hanno deciso di mettere al bando, dall’Uno Gennaio Duemilasei, gli anti-

biotici aggiunti ai mangimi animali per incre-mentarne la crescita. Questi farmaci, pur utiliz-zando principî attivi diversi da quelli utilizzati per l’essere umano, interferiscono aumentando il numero dei batterî patogeni resistenti alle cure. Negli ultimi venti anni l’Unione Europea ha vietato oltre venti antibiotici utilizzati negli allevamenti e, secondo uno studio della Fede-razione Europea per la Salute Animale in Eu-ropa, negli ultimi cinque anni l’uso di antibio-tici si è ridotto da milleseicento a settecentoot-tanta tonnellate all’anno.

Le galline devono essere periodicamente sottoposte alla somministrazione di farmaci, altrimenti, con l’apparato immunitario indebo-lito dal logoramento cui sono sottoposte, e so-praffatte dalle piú diverse patologie, morireb-bero in poco tempo. I tempi di sospensione dei farmaci, anche se rispettati dall’allevatore, ri-sultano spesso insufficienti perché le molecole farmacologiche e i loro metaboliti vengono completamente eliminati dal corpo dell’anima-le. Questo è un fatto di particolare gravità: l’assunzione continua di farmaci ad azione an-tibiotica, ad esempio, pian piano fa sí che si selezionino nuovi ceppi di batterî patogeni re-sistenti, che per essere distrutti hanno bisogno di farmaci sempre piú nuovi e potenti, che fun-zionano solo per pochi anni prima di diventare anch’essi inefficaci.

Comunque vengano allevati i polli e le galline, per essere uccisi vengono appesi per le zampe a dei ganci metallici attaccati a dei na-stri trasportatori; quindi vengono storditi con l’elettricità, poi vengono fatti passare attraver-so un apparecchio che taglia loro la gola con-sentendone la fuoriuscita del sangue, immer-gendoli poi in acqua calda, dove muoiono po-nendo fine all’agonia. I corpi morti vengono quindi fatti passare attraverso apparecchî che strappano le penne, un altro apparecchio anco-ra stacca le teste e poi le zampe, che insieme a-gli intestini diventeranno mangime per i maia-li. I resti di questi poveri esseri saranno acqui-stati, arrostiti, cucinati in varî modi, e divorati con gusto da quegli esseri umani che conside-rano gli animali cibo per il loro stomaco.

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T E C N O L O G I E E T I M O R I . I TELEFONINI PROVOCANO AUTISMO?

Maurizio Blondet. Ci è stato segnalato questo articoletto,

che riprendiamo cosí com’è dalla «rivista on line» “Effedieffe”.

Lo sostiene una rivista scientifica autore-

vole australiana, il “Journal of the Australasian College of Nutritional and Environmental medicine”: le radiazioni elettromagnetiche («erm»), non solo dei telefonini e delle anten-ne fisse cellulari sul territorio, ma in generale la «tecnologia wi fi», sembrano avere un ef-fetto accelerante (o sinergico) sull’autismo in-fantile. Questa gravissima affezione apparente-mente psichica è in esplosiva crescita fra i bambini.

Fra le cause messe sotto accusa c’è il fungicida al mercurio («timerosal») usato nei vaccini specialmente negli Stati Uniti, dove per di piú i piccini vengono vaccinati a poche settimane di vita anziché in età scolare.

Il «timerosal» è stato abolito in Europa e in Russia da una ventina d’anni, proprio a cau-sa di questo sospetto. Sospetto non smentito dallo studio australiano, che anzi lo corrobora: le radiazioni «erm» hanno un effetto negativo sulla membrana cellulare, specie delle cellule nervose, che rallenta o impedisce l’evacuazio-ne dei metalli pesanti da queste cellule, au-mentandone gradualmente la concentrazione.

Il mercurio è appunto un metallo pesante di ben provata tossicità. Come si sa, cure inno-vative dell’autismo - avanzate in America - partono dall’esame tossicologico dei capelli per stabilire la concentrazione del mercurio (i capelli sono anche degli escretori) e procedono con cure disintossicanti vitaminiche e diete ali-mentari, con risultati spesso buoni e talora im-ponenti.

La principale autrice del rapporto appar-so sul «journal» australiano, Tamara Mariea, dirige appunto una clinica di «detoxication» a Nashville, Tennessee (http://www.internalba-lance.com/). La biologa afferma che l’autismo può essere causato da una convergenza di fat-tori diversi, come la diminuita capacità di au-todisintossicazione per ragioni genetiche, l’ag-

gressione in età neonatale al sistema immuni-tario dovuta a vaccini contaminati, e il fatto che i bambini oggi nascano in un ambiente tec-nologico, carico di tossicità metalliche.

Ma il coautore dello studio, Dottor Gorge Carlo, punta l’indice sulla crescita espo-nenziale della malattia: «una simile crescita deve avere una causa ambientale. Le nostre statistiche ci rivelano una connessione ragio-nevole fra l’espandersi del male e l’espandersi delle tecnologie «wireless» (senza fili).»

Se questa ricerca fosse confermata, sa-rebbe una ragione di piú per non dare i tele-fonini ai proprî figli piccoli, come si fa oggi con leggerezza, non solo morale. Il cranio dei bambini è meno denso e piú sottile di quello a-dulto, e i loro cervello è piú suscettibile alle «informazioni» diffuse dalle radiofrequenze.

È interessante apprendere che il citato Dottor George Carlo, già docente alla “Gorge Washington Medical School” in sanità pubbli-ca, negli Anni Novanta ricevette uno stanzia-mento di ventotto milioni di Dollari dalle indu-strie di cellulari per comprovare la sicurezza dei telefonini. La sua ricerca lo portò ad appu-rare il contrario. Le industrie in risposta gli of-frirono un posto da un milione di Dollari an-nui…. Ora Carlo dirige un suo centro «no pro-fit» per informare il pubblico del pericolo (“The safe wireless initiative”).

Attualmente nel mondo sono in uso al-meno quattro miliardi di telefonini. Uno studio del Duemilasei, condotto in Svezia su due-miladuecento pazienti con cancro, ha mostrato una correlazione tra i tumori cerebrali e l’uso «pesante» del cellulare (duemila ore di telefo-nate, o un’ora al giorno per dieci anni). Il tu-more tenderebbe ad apparire nel lato della te-sta in cui il singolo paziente tende ad accostare il cellulare all’orecchio. Per l’esattezza, quat-tro volte di piú rispetto al gruppo di controllo.

Il consiglio dei medici è di usare il piú possibile l’auricolare, e non tenere il telefoni-no acceso a contatto del corpo (come facciamo tutti), ma in una borsa.

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N E L T E M P O C H E F U .

A PROPOSITO DEL SANTO GRAAL. Luciano Gianazza.

Dal «sito» “www.medicinenon.it”, nel

quale si può leggere per intero l’articolo “Santo Graal e immortalità”.

Quella conoscenza che alimenta la ricer-

ca del Graal anche ai giorni nostri è stata rin-venuta dai crociati in Medio Oriente. I crociati, a partire dalla prima crociata, erano dei fanati-ci esaltati da un malcompreso senso religioso, allettati dalla possibilità di tornare ricchi dopo aver razziato i tesori, l’oro e le pietre preziose dei pagani. Erano piú delle «armate brancaleo-ne» ma senza ideali (per lo meno Brancaleone li aveva), che dei cavalieri.

Intorno all’anno 1100 anche dei nobili incominciarono a partecipare con milizie orga-nizzate per dare lustro al proprio casato, e fra questi Hugues de Payns e altri otto cavalieri. Erano colti e non accecati dal fanatismo, aperti alle diverse culture, e durante la loro perma-nenza in Terrasanta furono ospitati in un mo-nastero dove incontrarono monaci dallo sguar-do limpido e consapevole, ben diverso da quel-lo accecato dall’odio dei crociati convinti di combattere contro le milizie del diavolo.

Disposti ad ascoltare il loro pensiero, fu-rono pervasi dalla forte, inequivocabile atmo-sfera spirituale che pervadeva il luogo, e chie-sero di essere iniziati alla loro conoscenza. Il loro stile di vita era alquanto parco, sobrio e frugale (non a caso «frugale» deriva da «frut-ta»), e Hugues de Payns e gli altri cavalieri lo adottarono, passando attraverso la purificazio-ne del loro corpo e apprendendo la conoscenza inalterata che in quel luogo veniva messa in pratica. Appresero anche che quella conoscen-za era anteriore al cristianesimo.

Il loro cibo era «ogni frutto degli alberi e tutte le erbe a foglia verde».

Nel 1118 Hugues de Payns fonda l’Ordi-ne dei Templari. Le origini non sono molto chiare, a causa del silenzio imposto ai membri dell’Ordine. Passarono vent’anni prima che il Papa Innocenzo Secondo riconoscesse ufficial-mente l’Ordine, dopo una serie di verifiche per accertare che quell’ordine cavalleresco fosse

davvero anche monastico. Il fatto che non si sappia molto delle pratiche spirituali dei Tem-plari è dovuto al fatto che Hugues de Payns comprese che la Chiesa non avrebbe mai per-messo di esistere a un ordine che seguisse una pratica spirituale che non includesse la pre-ghiera e che non affermasse che il destino di o-gni uomo è nelle mani di Dio. Tanto meno poi avrebbe accettato la pratica di insegnamenti anteriori al cristianesimo, e quindi saggiamen-te tenne la bocca chiusa.

Gli inviati del papato furono costretti a levatacce all’alba per assistere assonnati ai momenti di preghiera in cappella, al termine dei quali i Templari si dedicavano alle loro at-tività. Questo fervore convinse infine gli invia-ti che l’atmosfera spirituale che si respirava presso i Templari era dovuta al fatto che non vedevano l’ora di alzarsi per andare a pregare, e Innocenzo Secondo riconobbe compiaciuto l’Ordine.

Ma quando il potere e la determinazione dei Templari crebbe a dismisura, vedendo il loro sguardo fermo e penetrante, cosí diverso da quello irriflessivo del bigotto istupidito dai dogmi, fu chiaro alla Chiesa il trovarsi di fron-te a esseri indomabili, indipendenti e non con-trollabili e, temendo che il loro carisma avreb-be avuto il sopravvento sulle urla dei predica-tori allucinati di piazza, impiegò tutte le sue forze e quelle dei suoi alleati per annientarli.

La forte personalità e l’attitudine al co-mando dei Templari fece sospettare che il loro potere derivasse da qualcosa che essi possede-vano, qualcosa di sacro che avevano trovato in Terrasanta, una reliquia dai poteri magici, e qualcuno cominciò a dire che era il calice del-l’ultima cena, un altro la lancia di Longino, e tutto quant’altro è oggi oggetto della ricerca del Graal.

I Catari subirono lo stesso destino. È interessante notare l’importanza della

dieta per questi gruppi spirituali, per i quali il corpo era il veicolo tramite il quale si manife-stava il potere spirituale, che dunque doveva essere puro affinché quel potere si manifestas-se.

Il fascino esercitato dalla Chiesa Catara fu molto forte, e questo per il rigore morale

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Mondo Vegetariano. Pagina 13. Dicembre 2007. che la distingueva dalla Chiesa Cattolica, com-posta da uomini molto spesso mediocri e cor-rotti.

Si ritiene che anche i Catari possedesse-ro il Graal e fossero in contatto con i Templari.

Il loro cibo era «ogni frutto degli alberi e tutte le erbe a foglia verde».

Ecco una citazione dai “Rotoli del Mar Morto”.

«Dio predisse a Noè: «Verrà un giorno che ogni creatura che si muove sarà alimento per la vostra prole, mentre ho dato a te solo la frutta dolce e le erbe verdi, per le quali la gente non avrà molto appetito, perché i loro gusti saranno pervertiti da ogni genere di car-ne, uova, formaggi, dolci, alimenti proibiti, e saranno cosí puniti alla loro tavola lussurio-sa».»

Ed ecco una citazione dal libro di Ar-nold Ehret “Il sistema di guarigione della die-ta senza muco”.

«In Palestina restammo parecchî mesi, studiando i costumi locali e la storia delle condizioni passate, con il risultato che la mia concezione del vero significato dei Vangeli e del Vecchio Testamento cambiò radicalmen-te. Imparai che la vita di Cristo e gli insegna-menti erano in completa attinenza con le leggi naturali, ora ben note, che gli procurarono un’intelligenza e una salute superiori, ma quando furono scritti circa centocinquant’anni

dopo furono colorati da forme di espressione e metafore di incompleta conoscenza dei fe-nomeni naturali. Ciò che era meraviglioso fu considerato miracoloso.»

Ed ecco un altro passo dello stesso li-bro.

«Il sistema di guarigione della dieta senza muco si oppone diametralmente alla causa della malattia, ovvero i cibi che forma-no muco: una dieta senza muco a base di frut-ta e verdure a foglia verde, considerata fuori moda dai tempi di Mosè, grande dietologo ed esperto di digiuno.»

Se stai cercando il Graal, non devi cer-care calici, lance o ampolle sigillate conte-nenti il sangue di Gesú Cristo. Non è un og-getto materiale, ma vera conoscenza, che por-ta alla consapevolezza del Sè, o meglio del-l’intero Sè, e l’importante qui è che deve es-sere sperimentabile. Se non è sperimentabile e non produce «effetti straordinarî», ma si presta solo a vivaci discussioni fra eruditi, dall’aspetto malaticcio, è solo ciarpame intel-lettuale.

A onore dell’imparzialità, è a questo

punto doveroso far presente la recentissima notizia della clamorosa riscoperta di una do-cumentazione storica che proverebbe l’asso-luta estraneità, e anzi opposizione, della Chiesa di Roma nello sterminio dei Templari.

H A N N O D E T T O .

I L P R O B L E M A D E I T O P O L I N I E I C O M M E N T I D E L S A G G I O .

Tiziano Terzani. Una sera era già buio pesto quando lo

sentii arrivare alla mia porta. Era venuto a chie-dermi qualcosa ma, entrando, vide per terra una ciotola con una mezza mela e si distrasse.

«Ah… sí, è per il topo», dissi io, avendo finalmente l’occasione di esporgli un problema per il quale da giorni cercavo una soluzione. Ogni notte compariva in casa un topo che an-dava a giro e rosicchiava qua e là quel che po-teva sciupandomi tutte le mie preziose provvi-ste di frutta, patate e pomodori. Non volevo ammazzarlo e stavo cercando di convincerlo a

mangiare quel che gli offrivo nella ciotola sen-za andare a toccare il resto.

Il vecchio rise da matto ai miei buoni propositi e raccontò cosa era successo a Lama Govinda quando era suo vicino sul Crinale de-gli Strambi. Anche a lui un topo entrava conti-nuamente in casa e la gente gli diceva: «Lama-ji, lo devi ammazzare, non c’è altro da fare». Ma a Lama, che era buddhista, ripugnava l’i-dea di uccidere un essere vivente. Cosí fece comprare una di quelle gabbiette con la porta a molla che intrappolano il topo, ma lo lasciano vivo. Funzionò benissimo. In pochi giorni La-ma acchiappò varî topi. Ognuno venne portato nel bosco e rimesso in libertà. «Ma non capi-sci? È sempre lo stesso topo», gli diceva la

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Mondo Vegetariano. Pagina 14. Dicembre 2007. gente. «Lo devi ammazzare. Dovunque tu lo porti, quello torna.»

Lama non poteva crederci. Però, quando un altro topo finí in gabbia, Lama con un pen-nello della moglie pittrice gli dipinse la coda di verde. Poi, uscendo per una passeggiata, andò molto piú lontano del solito a liberarlo. Quan-do tornò a casa con in mano la gabbia vuota, un topo era già sulla soglia ad aspettarlo. «A-veva la coda verde e mi sorrideva», diceva La-ma Govinda quando raccontava quella storia.

Secondo il Vecchio la mia soluzione non violenta poteva funzionare. «In fondo è tutta u-na questione di psiche», disse.

Di psiche? «Sí, la psiche non è dentro di noi, siamo

noi dentro alla psiche. La psiche è dappertutto, la psiche è tutto quel che ci circonda. Non è né occidentale né orientale. È universale. La psi-che è una, per animali, piante, sassi e uomini. È tutta la stessa psiche. Guarda un rampicante, un piccolo rampicante: trova un posto a cui at-taccarsi e poi sale su verso la luce. Guarda le api, tenute tutte assieme da una regina, o le ci-cogne che ogni anno passano da qui nel loro volo dal Lago Manasarovar in Tibet verso il Ra-jasthan. Che cosa rende possibile tutto que-sto? La psiche! La coscienza che sta sotto tutte le coscienze, la coscienza cosmica che tiene assieme l’intero universo e senza la quale non esisterebbe nulla. Il fine dello yoga è esatta-mente quello di mettersi in contatto con la co-scienza cosmica. Una volta che ci riesci non c’è piú tempo, non c’è piú morte.»

Ma il topo? «Anche lui è in quella coscienza di cui la

mia, la tua, la sua coscienza non sono che un riflesso.» E rise. Poi, come per sfidarmi, ag-giunse: «E queste non sono idee indiane! In Occidente, i vostri rishi hanno detto le stesse cose dei nostri, le stesse cose del Vedanta. So-lo che voi i vostri rishi li avete dimenticati, li avete messi nei musei, nei libri dei professori. Per noi invece i rishi sono sempre presenti, so-no compagni, maestri di vita. Questa è la diffe-renza.»

Rishi occidentali? La lista dei nostri «veggenti» per lui era lunga: da Eraclito a Pi-tagora a Boezio, da Giordano Bruno a Berg-son. Platone era di gran lunga il suo preferito.

«Prendilo come guru e vedrai che lui ti accetta come discepolo e ti parla.» Era quello che il Vecchio faceva. Confessò che da un po’ di tempo la notte riceveva Platone nella sua bella stanza dinanzi alle montagne e passava ore, in silenzio, a discutere con lui. Secondo il Vec-chio, Platone era uno che era andato molto piú «al di là» di tanti altri; la sua Repubblica resta-va per lui una delle piú belle e ispiranti visioni della «repubblica interiore», la repubblica del Sè. Il fatto che Platone l’avesse descritta cosí bene, diceva, doveva essere di grande incorag-giamento perché anche altri la cercassero.

Per il Vecchio c’era un filo comune che legava, attraverso i millennî e i varî continenti, personaggi cosí diversi come Platone e Gurd-jeff, Plotino e Sri Aurobindo, i maestri sufi, Meister Eckhart, Ramana Maharishi e Krishna Prem.

«Sono tutti sulla stessa via, alcuni sono piú avanti, altri piú indietro, alcuni si sono per-si, alcuni sono arrivati, ma tutti sono alla ricer-ca delle nostre radici. Questo è il senso della domanda «Io chi sono?» Quelli che non se la pongono non possono capire e magari pensano che siamo matti, ma noi dobbiamo continuare. Stiamo tornando a casa…. Avanti, vieni anche tu», disse.

Forse gli sembrò d’essere stato troppo personale con quell’invito e tornò sul tema del topo. Voleva raccontarmi «un’altra di quelle storie che la mente non capisce» ma di cui lui, disse, era stato testimone. Io misi dell’altra ac-qua a bollire per il tè; lui si arrotolò una nuova sigaretta e….

Nell’ashram di Mirtola, Krishna Prem a-veva con sè una decina di discepoli. C’era an-che un grosso cane tibetano che la notte non veniva mai lasciato fuori perché un leopardo a-veva preso l’abitudine di fare il giro dell’ash-ram e fermarsi a guardare nella grande fine-stra. Il leopardo ruggiva, il cane abbaiava e tut-ti dovevano alzarsi dal letto e mettersi a urlare per mandare via il leopardo. Ogni notte la stes-sa musica, e nessuno riusciva piú a dormire.

«Proverò a farci qualcosa, disse Krishna Prem. Andò nel tempio e ci rimase per una de-cina di minuti. Quella sera il leopardo non si fece vedere. La sera dopo neppure, né quella di poi. Il leopardo era svanito. «Ma cosa hai fat-

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Mondo Vegetariano. Pagina 15. Dicembre 2007. to?», chiese uno dei discepoli al vecchio pro-fessore inglese che era diventato sanyasin e a-veva fondato quell’ashram dedicandolo a Kri-shna, al quale lí tutti si riferivano chiamandolo semplicemente «Lui».

«Io non ho fatto niente, rispose Krishna Prem. «Ho solo parlato con Lui e gli ho detto: «Il tuo leopardo disturba il tuo cane».»

«Tutto lí», concluse il Vecchio. «La psi-che è dovunque, e noi, il leopardo, il cane e il tuo topo siamo tutti dentro alla psiche. Negarlo significa voler essere ciechi, voler restare al buio.»….

Cosí gli raccontai degli «orfani» che era-no comparsi sul Crinale. Erano per lo piú stra-nieri di mezza età che avevano passato anni come discepoli di Osho a Puna e poi di Babaji a Luknow e che da quando questi loro guru a-vevano «lasciato il corpo» erano rimasti al per-so. Due di loro mi avevano portato nel loro cu-bicolo bianco sul Crinale per farmi ascoltare u-na cassetta in cui Osho parlava della morte co-me di «un enorme orgasmo con Dio». A senti-re per l’ennesima volta quella voce, i due era-no caduti in deliquio e io ero rimasto colpito dalla dipendenza psicologica di questa gente dai loro guru. Valeva la pena vivere per anni in un ashram, seguire un maestro, se non era per liberarsi ma per diventare schiavi?

Il Vecchio, divertito, mi rispose nel mo-

do che gli piaceva di piú. Con una storia. Un uomo si sveglia una mattina in catene e non sa come togliersele. Per anni cerca qualcuno che lo liberi. Poi un giorno passa davanti alla bot-tega di un fabbro, vede che quello forgia il fer-ro e gli chiede di aiutarlo. Il fabbro con due colpi rompe le catene. L’uomo gli è gratissi-mo. Si mette a lavorare per lui, diventa il suo servo, il suo schiavo, e per il resto della sua vi-ta rimane… incatenato al fabbro.

«Il guru è importante», continuò il Vec-chio. Esprime a parole quel che tu senti come vero dentro di te. Ma una volta che hai fatto l’esperienza diretta di quella verità non hai piú bisogno di lui. Il guru ti indica la Luna, ma guaî a confondere il suo dito con la Luna. Il guru ti fa vedere la strada, ma quella la devi percorrere tu. Da solo.»

Il Vecchio volle dare peso a quel che a-veva detto e mi ricordò le ultime parole di Buddha. Quando era per morire, circondato dal gruppo ristretto dei seguaci in lacrime, Anan-da, suo cugino e discepolo, gli chiese: «E ora chi ci guiderà?»

«Siate la luce di voi stessi. Rifugiatevi nel Sè», rispose Buddha. Il Sè di cui parlava Buddha era, secondo il Vecchio, lo stesso Sè del Vedanta. «E senza la conoscenza di quel Sè», concluse, «non c’è conoscenza. Solo informazione.»

L ’ A N G O L O D E L L A P O E S I A .

C H I S O N O I O ?

Franco Libero Manco.

Dimmi, o Spirito Supremo, Tu che aleggi nel centro di ogni essere e permei ogni dimensione sconosciuta,

chi sono io che vivo un solo istante in questo corpo di atomi pensanti?

«Tu sei uomo e donna e nulla di tutto questo. Sei spirito e materia e nulla di tutto questo.

In te vive l’Universo infinito e ciò che sta oltre l’apparenza delle cose.

Tu sei la sintesi di tutto ciò che ti precede nel tempo

e sei il tempo che precede le cose. Sei l’acqua che scorre nei ruscelli

e il fuoco divorante dei vulcani. Il respiro del vento ti pulsa nelle vene

e la zolla spaccata dal vomere è parte della tua intima natura.

Ma sei anche la lucciola che illumina la sera bruciandosi d’amore

e sei l’esile foglia che cade in autunno. Sei la gioia della vita che sboccia

e il dolore del ramo spezzato. Tu appartieni alla luce dorata

che danza sulla spuma del mare e alla notte che sprofonda negli abissi della materia.

Tutto questo tu sei e nulla di tutto questo. Perché questo io sono

e nulla di tutto questo.»

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Mondo Vegetariano. Pagina 16. Dicembre 2007.

R I C E T T E D I C U C I N A V E G E T A L I .

L ’ I N S A L A T A D I C A V O L F I O R E E P O M P E L M O R O S A .

Per decretare una definizione ottimale

della ricetta ci era venuta la tentazione di met-terci con la bilancia a misurare grammi e pro-porzioni e coi commensali a raccogliere im-pressioni, ma come al solito in questi casi è troppo piú conveniente limitarsi a una specie di «buon senso». Dunque ci affidiamo ancora una volta ai lettori, sperando che sperimentino loro e trovino le varianti che maggiormente li soddisfino.

Bastano allora poche parole. Bollite il cavolfiore come meglio potete

- cioè attuando qualche accorgimento per non imporre odori sgradevoli (cosa d’altronde di solito elementare per i vegetariani), magari con un po’ di sale e cercando di non esagerare nella cottura - e disponetelo allargato a pezzi

su un piatto grande o un vassoio di portata. Sbucciate il pompelmo o i pompelmi, ta-

gliatene fettine al disopra del piatto o vassoio suddetto lasciandoci intanto cadere dentro le i-nevitabili gocce di succo, e disponete orizzon-talmente quelle fettine rosate o rossastre sopra il bianco del cavolfiore.

Rompete un po’ di noci e inseritene i gherigli qua e là al di sopra del tutto.

Versateci sopra appena un po’ d’olio. La veduta è spettacolare e, per chi dice

che anche l’occhio vuole la sua parte, la com-posizione dei colori risulta assolutamente at-traente: il bianco e nero nel quale ne è qui riportata la fotografia non ne dà neanche la piú pallida idea.

Ma anche quella dei sapori è una compo-sizione degna di attenzione. C’è una quanto mai delicata confluenza di vagamente dolce, a-cidulo e amarognolo. E chi si azzarda a dire che anche una venatura di amaro non possa es-sere gradevole? Per esempio ce n’è una anche nel ben noto cioccolato. Provare per credere.

Dunque la possibilità di variare propor-zioni.

E sbizzarrirsi con variazioni. Potreste spremerci anche un po’ di succo

di limone. Aggiungerci pinoli. Fettine di avocado. Pezzetti di barbabietola rossa. Foglioline aromatiche.

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