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1 INCONTRI DI FORMAZIONE DI BASE PER GLI OPERATORI DELLE CARITAS PARROCCHIALI “Parrocchia e Carità” Caritas Diocesana di Civita Castellana (Anno pastorale 2014 -2015)

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INCONTRI DI FORMAZIONE DI BASE PER GLI

OPERATORI DELLE CARITAS PARROCCHIALI“Parrocchia e

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1° incontro - Alcuni punti essenziali e Caritas Organismo Pastorale

2° incontro - La Caritas PARROCCHIALE 1a parte

4° incontro - La metodologia Caritas

5° incontro – Le ‘opere’ della Caritas Parrocchiale

3° incontro - La Caritas Parrocchiale 2a parte

EVENTUALI LE DOMANDE AL TERMINE DELLA PRESENTAZIONE

2a - quali mi erano sconosciute?

3a - quali non condivido e perché?

OGNI INCONTRO, HA UNA DURATA DI UN’ORA, 30’ DI ESPOSIZIONE E 30’ DI DIBATTITO. PER RAGIONARE INSIEME, CI PORREMO 3 DOMANDE SULLE COSE ASCOLTATE:

1a - quali mi sembrano più importanti per la mia Caritas parrocchiale?

A – A CHI SONO RIVOLTI

• AI NUOVI OPERATORI CHE SI SONO INSERITI NEL CAMMINO DI UNA CARITAS PARROCCHIALE• AI VECCHI OPERATORI CHE SENTONO IL BISOGNO DI RIVISITARE UNA FORMAZIONE GIÀ FATTA

C – ARGOMENTI VERRANNO TRATTATI

B – QUALE METODOLOGIA SEGUIREMO

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Alcuni punti essenziali e

Caritas Organismo Pastorale

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1°INCONTRO

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PARROCCHIA = Vicino alla casa, chi non è della casa. Indicava l’accampamento di tende presso le mura della

cittàAmore gratuito, di donazione. Dio è Amore e l’uomo creato a sua immagine e somiglianza è chiamato ad

amare.

CARITA’ =

IL SIGNIFICATO DEL TITOLO DEL TEMA CHE TRATTEREMO

Parrocchia e carità non possono non essere in stretta relazione tra loro, perché è la Parrocchia il luogo dove la Carità viene vissuta, insegnata e trasmessa con le parole e con l’esempio.

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Al tempo di Gesù gli ebrei hanno coscienza di formare una “paroikia” cioè una comunità di stranieri in cammino .

Le prime comunità cristiane sanno che la loro patria definitiva è il cielo “voi siete come stranieri e pellegrini in questo mondo (1Pt 2,11).La parrocchia è una comunità di fede che vive in questo mondo come straniera, pellegrina, in quanto ha una patria diversa a cui tendere.

Col tempo il termine assumerà il significato di circoscrizione ed indica una sede dove risiede il Vescovo. Al di fuori della sede vescovile non esistevano chiese. Dal IV secolo le comunità cristiane divennero tanto numerose e sorgono chiese anche al di fuori delle città.

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2. IL RAPPORTO CON LA CHIESA PARTICOLARE (DIOCESI)

I parroci coi loro cooperatori devono svolgere la loro missione di insegnare e governare in modo che i fedeli e le comunità parrocchiali si sentano realmente membri non solo della diocesi, ma anche della Chiesa universale. (Christus Dominus 30,1a)

3. IL RAPPORTO CON LA SOCIETA’ CIVILELa cura delle anime deve inoltre essere animata da spirito missionario tale che si estenda, nel modo dovuto, a tutti gli abitanti della parrocchia. I parroci quando non possono raggiungere alcuni ceti di persone, possono ricorrere all’opera di laici, perché li aiutino nel campo dell’apostolato. (Christus Dominus n. 30,1b)

Si abituino ad agire, nella parrocchia, in intima unione con i loro sacerdoti; apportino alla comunità della Chiesa i propri problemi e quelli del mondo e le questioni spettanti la salvezza degli uomini, perché siano esaminati e risolti con il concorso di tutti . (Apostolicam Actuositatem n. 10b)

4. IL RUOLO DEI LAICI

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Poiché nella sua Chiesa (Cattedrale) il Vescovo non può presiedere personalmente sempre e ovunque l’intero suo gregge, deve costituire dei gruppi di fedeli, tra cui hanno un posto preminente le parrocchie costituite localmente e poste sotto la guida di un pastore che fa le veci del Vescovo: esse infatti rappresentano in certo modo la Chiesa visibile stabilita su tutta la terra. (Sacrosanctum Concilium 42 a)

1. COME E’ NATA

COSA DICE DELLA PARROCCHIA IL MAGISTERO

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1.DA DOVE NASCE

2. COSA COMPORTA

3. COSA E’

Dio ha largamente diffuso il suo amore nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci fu dato; perciò il dono primo e necessario è la carità, con la quale amiamo Dio sopra ogni cosa e il prossimo per amore di Lui. (Lumen Gentium n. 42 a)L’amore ci spinge a donarci, l’egoismo porta a cercare il proprio tornaconto. L’amore richiede sforzo , impegno personale e sacrificio

In realtà, il pane della parola di Dio e il pane della carità, come il pane della Eucaristia non sono pani diversi: sono la persona stessa di Gesù che si dona agli uomini e coinvolge i discepoli nel suo atto di amore al Padre e ai fratelli. (Evangelizzazione e testimonianza della carità n.1)

E’ una delle tre dimensioni costitutive della vita della Parrocchia: Catechesi, Liturgia, Testimonianza della Carità; non sono settori, ognuna è indispensabile e complementare alle altre. E’ una delle tre mense dell’unico pane.

Perché la carità come buon seme cresca e fruttifichi, ogni fedele deve ascoltare volentieri la parola di Dio e, con l’aiuto della sua grazia compiere con le opere la sua volontà, partecipare frequentemente ai sacramenti, soprattutto a quello dell’Eucaristia, e alle sacre azioni; applicarsi costantemente alla preghiera, alla abnegazione di se stesso, all’attivo servizio dei fratelli e all’esercizio di ogni virtù. (idem) L’amore di Dio ci porta ad amare il prossimo e l’amore per il prossimo ci porta ad amare Dio. Questi due amori sono strettamente congiunti. «Non puoi amare Dio che non vedi se non ami il prossimo che vedi.» (Sant’Agostino). Questo amore per il prossimo radicato nell’amore di Dio è un compito di ogni singolo fedele, ma soprattutto dell’intera comunità ecclesiale.

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)COSA DICE DELLA CARITA’ IL MAGISTERO

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“Un dottore della Legge gli domandò: Maestro, qual è il maggiore comandamento della Legge? E Gesù gli rispose: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente. Questo è il massimo e primo comandamento, il secondo poi è simile a questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti” (Mt 22,35 - 40)

LE MOTIVAZIONI TEOLOGICHE DELLA CARITA’

“Allora il re dirà (….): Venite, benedetti dal Padre mio, prendete possesso del regno preparato per voi sin dalla creazione del mondo. Perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui pellegrino e mi albergaste; ero nudo e mi rivestiste; infermo e mi visitaste; carcerato e veniste a trovarmi. (…) ogni volta che voi avete fatto queste cose a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l’avete fatta a me (….)” (Mt 25, 34-40)

“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri.” (Gv 13,34)

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Prima di affrontare il tema della Pastorale della Caritas e capire la sua novità, è opportuno indicare le novità dell’ecclesiologia (= idea di Chiesa) scaturita dal Concilio Vaticano II.

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CHIESA DOCENTE

ALCUNI TRATTI DELL’ECCLESIOLOGIA PRECONCILIARE

CHIESA DISCENTE

Conoscono la Parola di Dio e quindi la

Sua volontà, soltanto loro celebrano

e sanno ciò che è bene per i laici

I segni più visibili di questa divisione sono: l’altare posto nel presbiterio, la balaustra che separa il sacro dal profano, le tunicelle che i chierichetti devono indossare per poter ‘servire’ all’altare

Non va dimenticato che questo modello di Chiesa ha comunque prodotto grandi santi

PapaCardinal

iVescoviSacerdo

tiReligiosi

Non conoscono la Scrittura, assistono’

alla Liturgia, ‘ascoltano’ la Messa, vi-vono la separazione fra

rito e vita, compiono buone azioni,

devono obbedire ciecamente alla

gerarchia

Il catechismo di Pio X° definisce la Chiesa “la società o congregazione di tutti i bat-tezzati che, vivendo sulla terra, professano la stessa fede e legge di Cristo, parteci-pano agli stessi sacramenti, e obbediscono ai legittimi Pastori, principalmente al Romano Pontefice”

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ALCUNI TRATTI DELL’ECCLESIOLOGIA DEL CONCILIO VATICANO II°

La Chiesa si definisce come “Popolo di Dio”, “luce delle Genti”

L a i c i

ReligiosiSacerdotiVescovi

CardinaliPapa

La Liturgia è ilpunto di partenzadella vita cristiana

La Parola di Diodeve illuminarela vita del fedele Non bastano più le buone

azioni, serve la testimonianza della Carità

I laici hannoun proprio ruolo

nella celebrazione e nella vita pastorale,

della comunità in cuivivono; ciascuno deve

sentirsi corresponsabile

La Gerarchia è alservizio del Popolodi Dio, non lo dominama ne ha cura (il Papasi definisce servus servorum

Dei) ben consapevole che ilgregge gliel’ha affidato Cristoe glie ne chiederà conto

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La Caritas è stata fortemente voluta da Paolo VI°, alla luce di quanto era emerso nel Concilio Vaticano II°, il Papa sollecitò varie volte i Vescovi ad istituire un organismo che sostituisse la Pontificia Opera di Assistenza, e finalmente nel 1971 fu istituita la Caritas a livello nazionale, diocesano e parrocchiale.

CARITAS ITALIANA è l'organismo pastorale costituito dalla Conferenza Episcopale Italiana al fine di promuovere, anche in collaborazione con altri organismi, la testimonianza della carità della comunità ecclesiale italiana, in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista dello sviluppo integrale dell'uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica.

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CARITAS DIOCESANA è l’organismo pastorale a cui il Vescovo affida il compito di promuovere e sostenere la testimonianza della carità nella Diocesi. Tra i compiti che l’art. 3 dello Statuto ad essa affida ci sono:

a) approfondire le motivazioni teologiche della Diaconia della carità;b) collaborare con il Vescovo ed il Consiglio Pastorale Diocesano nell’animazione del senso della carità verso le persone e le comunità in situazioni di difficoltà, e del dovere di tradurlo in interventi concreti con carattere promozionale e, ove possibile, preventivo; c) curare e coordinare le iniziative e le opere caritative e assistenziali di ispirazione cristiana e non; d) promuovere le Caritas Parrocchiali;

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LA CARITAS ORGANISMO PASTORALE (1)

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L’aggettivo “pastorale” specifica come la Caritas è chiamata a condurre le comunità all’assunzione consapevole e responsabile dell’esercizio e della testimonianza della carità. Il pastorale è una sorta di bastone usato dal Vescovo nelle cerimonie solenni.

A imitazione di quello usato dei pastori, il bastone simboleggia la funzione di cura della fede che l’ufficio episcopale ha sopra la porzione di popolo cristiano a lui affidata e rimanda al Vangelo di Giovanni nel quale Cristo si definisce “Buon Pastore”.Come dice Sant’Ambrogio il bastone pastorale deve essere al fondo appuntito per spronare i pigri, nel mezzo diritto per condurre i deboli, in alto ricurvo per radunare gli smarriti.

LA CARITAS ORGANISMO PASTORALE (2)

La Caritas come organismo pastorale ha il compito di promuovere, coordinare e valorizzare le molteplici energie, in base alla prevalente finalità pedagogica, affinchè sempre più la comunità intera si coinvolga.

Il Gruppo Caritas perciò non ha l’appalto della carità, ma il compito di educare e soste-nere la comunità parrocchiale a farsi carità verso i fratelli più bisognosi, facendoli sentire in parrocchia come a casa propria.

La Caritas ha così acquisito pienamente i principi del Concilio di una Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia in cui ogni battezzato ha una sua responsabilità e dignità.

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I CRITERI DELL’AGIRE DELLA CARITAS

2. Servizi come “Opere – segno” segno per i poveri di un Dio che è amore, segno per i cristiani di come essere fedeli a Vangelo, segno per il mondo di che cosa sta a cuore alla Chiesa.

1. Interventi non assistenziali ma promozionali, che cioè tenda a far diventare le persone di cui ci si prende cura soggetti della propria liberazione.

3. Un azione che attraverso la cura diretta degli ultimi riesca a sviluppare la funzione pedagogica, coinvolgendo sempre nuove persone nel servizio, aprendo le parrocchie, gruppi, e famiglie a gesti di condivisione e accoglienza.

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1. Un organismo diocesano efficace anima della pastorale della carità di tutta la diocesi

2. Sfida di collegare emergenza e quotidianità. Voglia di spendersi per gli altri. In ogni iniziativa sempre più proporre alla gente non di stare a guardare ma di coinvolgersi per restituire ai poveri la loro dignità di persone .

PROSPETTIVE DELLA NUOVA FRONTIERA DELLA CARITAS

3. I Centri di Ascolto, strumenti operativi nelle attività della Caritas, dando la possibilità di porsi nei confronti dei poveri in atteggiamento accogliente e liberante.4. Gli Osservatori delle povertà e delle risorse e i laboratori, strumenti conoscitivi dei poveri, ma anche come segno di una costante attenzione della Chiesa nei loro confronti.

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Cristo ci chiede di convertirci ai poveri sia a livello personale che comunitario. La prima conversione è quella spirituale, sostenuta dalla preghiera e dalla meditazione della parola di Dio. Solo se Dio-Amore sarà al centro del nostro cuore e della nostra vita potremo diventare nuove creature.

La testimonianza della carità è inserita nel quadro dell’evangelizzazione, con la carità si comunica e si rivela l’amore di Dio per l’uomo.

Dio ama i poveri e per conseguenza ama quelli che amano i poveri. Così abbiamo ragione di sperare che, per amore loro Dio amerà anche noi. (San Vincenzo de’ Paoli).

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) COMUNITA’ DI DISCEPOLI CHIAMATA E MANDATA

Il Signore ci chiama a scendere in campo con i talenti che ci ha offerto tra cui la responsabilità. Valorizzare il talento della responsabilità significa riscoprire e consolidare la scelta quotidiana del fare comunità, nel senso di prendersi cura gli uni degli altri “da poveri con i poveri”.

La Chiesa verso cui guardiamo e che ci impegniamo a costruire è una comunità di discepoli, chiamata e mandata e in particolare:1. Popolo = Famiglia di Dio. E’ un popolo che vive in comunione secondo l’icona del mistero trinitario e che nella comunione fa la scelta preferenziale dei poveri in segno di fedeltà al Gesù povero. 2. Popolo = Itinerante. La Chiesa è in cammino e Gesù si accompagna ad essa come i discepoli di Emmaus spiegandole a comprendere i “segni dei tempi”.3. Popolo = Che si fa profezia. A stare con i poveri la Chiesa scopre la sua povertà, con i malati la sua malattia, con i peccatori il suo peccato ”scambio di doni”. 4. Popolo = Missionario. La storia e il territorio sono la strada sulla quale la Chiesa percorre il suo pellegrinaggio, sono il luogo concreto in cui è chiamata ad esprimere il suo servizio per manifestare il volto umano di Cristo che cammina con la gente.

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La Parrocchia è il luogo dove la Carità viene vissuta, insegnata e trasmessa con parole e soprattutto con l’esempio.Guida e responsabile della Parrocchia è il Parroco, per cui la Caritas può essere istituita solo se c’è il benestare del Parroco.

CONCLUSIONI

I laici agiscono nella Parrocchia in intima unione con il loro Parroco. Anche gli operatori della Caritas (gruppo Caritas) devono essere in comunione con il Parroco responsabile della Pastorale della Carità. Il Gruppo Caritas non ha l’appalto della Carità.

Perché la Carità cresca e fruttifichi ogni fedele deve ascoltare la Parola di Dio, applicarsi nella preghiera, partecipare frequentemente ai sacramenti, soprattutto all’Eucaristia.

La Caritas non è un ente assistenziale, ma un organismo che deve promuovere la testimonianza della Carità, coordinando e valorizzando le varie energie, in base alla prevalente finalità pedagogica, affinchè sempre più la comunità intera si coinvolga.

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DIBATTITO

ALL’INIZIO DELL’ESPOSIZIONE ERANO STATE POSTE 3 DOMANDE SULLE COSE CHE AVETE ASCLTATO

1a - quali mi sembrano più importanti per la mia Caritas parrocchiale?

2a - quali mi erano sconosciute?

3a - quali non condivido e perché?