1. “spazio europeo” e progetto urbanistico. 1) attualità e ... · genette, figure, retorica e...

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FRI 1 1. “Spazio europeo” e progetto urbanistico. Proponenti: Marialessandra Secchi (ricercatrice icar 21), Nicolò Privileggio (docente a contratto, icar 14) Alessandro Mingolo (docente a contratto, icar 20) Matteo Motti (dottorando 29° ciclo) 1) Attualità e rilevanza Parafrasando G. Genette[1] potremmo chiederci: esiste uno “spazio europeo”? E se esiste è possibile che tale spazio sia oggetto di un progetto territoriale di scala vasta? Esiste la possibilità che i differenti territori, i loro sistemi insediativi, e le loro caratteristiche morfologiche siano posti a confronto in una prospettiva progettuale con le scelte infrastrutturali che hanno determinato negli ultimi vent’anni la politica di costruzione dello spazio e del mercato europeo? Esiste infine la possibilità di ridiscutere attraverso il progetto di scala vasta le differenti tradizioni culturali e disciplinari che compongono il variegato panorama europeo? 2) Carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca La proposta di lavoro muove da una questione aperta: lo studio dei sistemi insediativi e degli assetti morfologici del territorio in un’ottica di trasformazione fisica, così come la conoscenza prodotta dalla ricerca progettuale sulla produzione dello spazio e sulla sua continua riappropriazione da parte delle pratiche di costruzione della società non hanno trovato una sufficiente espressione all’interno delle strategia spaziali di scala vasta che connotano la costruzione dello “spazio europeo”. La ricerca propone una lettura dei programmi di sviluppo dello spazio europeo a partire da una chiara prospettiva progettuale: una mappatura dei fenomeni di costruzione del territorio europeo a partire da quelle regioni che più fortemente mostrano l’esistenza di un conflitto tra gli assetti locali e le prospettive assunte dalle politiche europee. Tali conflitti mettono in luce alcune difficoltà metodologiche per l’urbanistica: la presenza all’interno della cultura disciplinare europea di diverse tradizioni progettuali contrastanti e il perdurare di modelli interpretativi e progettuali forse non più idonei a descrivere alcune delle più dinamiche regioni urbanizzate del contesto europeo (ad es. il forte radicamento della lettura attraverso il binomio centro /periferia ). Essi rilanciano altresì un’indagine sul progetto quale produttore di conoscenza a differenti scale, non ultima la scala dello “spazio europeo”. 3) Potenzialità nel breve e nel lungo periodo Il lavoro svolto dal gruppo di ricerca negli ultimi anni attraverso il dottorato di ricerca, la didattica e diverse esperienze progettuali su alcune regioni che si insericono “problematicamente” nel contesto dello spazio europeo immaginato dalla ESDP (Pianura Padana e Friuli Venezia Giulia, Svizzera valliva, Fiandre), suggerisce la possibilità di allargare il campo della ricerca attraverso il confronto tra i diversi contesi europei e le loro scuole, (workshops, tesi di dottorato, scambi di docenza) ed attraverso una più stretta collaborazione con le istituzioni locali. L’obiettivo di lungo periodo è il consolidamento e l’allargamento di una rete di ricerca sul progetto della dimensione fisica dello spazio europeo in grado di coinvolgere anche figure istituzionali concretamente impegnate nelle politiche territoriali nei diversi contesti locali. 4) Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStu Il tema della ricerca riguarda strettamente i fenomeni di territorializzazione delle politiche di sviluppo dell’Unione Europea. La prospettiva progettuale è necessariamente arricchita dal confronto e una più stretta collaborazione con le discipline della pianificazione degli studi storici e geografici. [1] G. Genette in “spazio e linguaggio” si interroga sulla possibilità di parlare di uno spazio contemporaneo,. Ciò implica alcune ipotesi: che il linguaggio, il pensiero, l’arte siano spazializzati, che lo spazio delle rappresentazioni contemporanee sia uno ovvero riconducibile ad una unità, che questa unità si fondi su alcune caratteristiche particolari che distinguano il nostro spazio, ossia l’idea che noi ci facciamo dello spazio da quella che se ne facevano gli uomini una volta. G. Genette, Figure, Retorica e strutturalismo, Einaudi, Torino, 1966 | Tagged: territorio urbano, infrastrutture, progetto, sistemi insediativi, spazio europeo |

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1. “Spazio europeo” e progetto urbanistico. Proponenti: Marialessandra Secchi (ricercatrice icar 21), Nicolò Privileggio (docente a contratto, icar 14) Alessandro Mingolo (docente a contratto, icar 20) Matteo Motti (dottorando 29° ciclo) 1) Attualità e rilevanza Parafrasando G. Genette[1] potremmo chiederci: esiste uno “spazio europeo”? E se esiste è possibile che tale spazio sia oggetto di un progetto territoriale di scala vasta? Esiste la possibilità che i differenti territori, i loro sistemi insediativi, e le loro caratteristiche morfologiche siano posti a confronto in una prospettiva progettuale con le scelte infrastrutturali che hanno determinato negli ultimi vent’anni la politica di costruzione dello spazio e del mercato europeo? Esiste infine la possibilità di ridiscutere attraverso il progetto di scala vasta le differenti tradizioni culturali e disciplinari che compongono il variegato panorama europeo? 2) Carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca La proposta di lavoro muove da una questione aperta: lo studio dei sistemi insediativi e degli assetti morfologici del territorio in un’ottica di trasformazione fisica, così come la conoscenza prodotta dalla ricerca progettuale sulla produzione dello spazio e sulla sua continua riappropriazione da parte delle pratiche di costruzione della società non hanno trovato una sufficiente espressione all’interno delle strategia spaziali di scala vasta che connotano la costruzione dello “spazio europeo”. La ricerca propone una lettura dei programmi di sviluppo dello spazio europeo a partire da una chiara prospettiva progettuale: una mappatura dei fenomeni di costruzione del territorio europeo a partire da quelle regioni che più fortemente mostrano l’esistenza di un conflitto tra gli assetti locali e le prospettive assunte dalle politiche europee. Tali conflitti mettono in luce alcune difficoltà metodologiche per l’urbanistica: la presenza all’interno della cultura disciplinare europea di diverse tradizioni progettuali contrastanti e il perdurare di modelli interpretativi e progettuali forse non più idonei a descrivere alcune delle più dinamiche regioni urbanizzate del contesto europeo (ad es. il forte radicamento della lettura attraverso il binomio centro /periferia ). Essi rilanciano altresì un’indagine sul progetto quale produttore di conoscenza a differenti scale, non ultima la scala dello “spazio europeo”. 3) Potenzialità nel breve e nel lungo periodo Il lavoro svolto dal gruppo di ricerca negli ultimi anni attraverso il dottorato di ricerca, la didattica e diverse esperienze progettuali su alcune regioni che si insericono “problematicamente” nel contesto dello spazio europeo immaginato dalla ESDP (Pianura Padana e Friuli Venezia Giulia, Svizzera valliva, Fiandre…), suggerisce la possibilità di allargare il campo della ricerca attraverso il confronto tra i diversi contesi europei e le loro scuole, (workshops, tesi di dottorato, scambi di docenza) ed attraverso una più stretta collaborazione con le istituzioni locali. L’obiettivo di lungo periodo è il consolidamento e l’allargamento di una rete di ricerca sul progetto della dimensione fisica dello spazio europeo in grado di coinvolgere anche figure istituzionali concretamente impegnate nelle politiche territoriali nei diversi contesti locali. 4) Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStu Il tema della ricerca riguarda strettamente i fenomeni di territorializzazione delle politiche di sviluppo dell’Unione Europea. La prospettiva progettuale è necessariamente arricchita dal confronto e una più stretta collaborazione con le discipline della pianificazione degli studi storici e geografici. [1] G. Genette in “spazio e linguaggio” si interroga sulla possibilità di parlare di uno spazio contemporaneo,. Ciò implica alcune ipotesi: che il linguaggio, il pensiero, l’arte siano spazializzati, che lo spazio delle rappresentazioni contemporanee sia uno ovvero riconducibile ad una unità, che questa unità si fondi su alcune caratteristiche particolari che distinguano il nostro spazio, ossia l’idea che noi ci facciamo dello spazio da quella che se ne facevano gli uomini una volta. G. Genette, Figure, Retorica e strutturalismo, Einaudi, Torino, 1966 | Tagged: territorio urbano, infrastrutture, progetto, sistemi insediativi, spazio europeo |

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2. Progetti per la civilizzazione delle aree costiere Raffaele Pugliese (PO) e Paolo Piccinini (PC) L’idea è che sia possibile avviare un piano di civilizzazione degli insediamenti privi di cultura incentrato su interventi di demolizione radicale e di ricostruzione, ad esempio, di estese parti degli insediamenti costieri. La ricerca dovrebbe interessare gli insediamenti realizzati nella seconda metà del Novecento che, spesso, stravolgono e dequalificano i caratteri dei patrimoni architettonici e ambientali ereditati dal passato; si propone di elaborare progetti adatti a dimostrare i vantaggi civili e le rinnovate capacità di attrazione che si potranno conseguire con processi economicamente sostenibili. Attualità e rilevanza Le misure per la crescita del paese non sembrano avere la forza di uscire da impegni generici. L’offerta turistica di molti tratti del litorale italiano è spesso del tutto inadeguato a promuovere l’appetibilità delle nostre coste. Occorre un’inversione di tendenza e una forte assunzione di responsabilità per realizzare un capovolgimento culturale adatto a creare nuovi valori e nuovi patrimoni. Gli interventi potrebbero sostenere un serio rilancio del settore delle costruzioni promuovendo azioni di sostituzione e ricomposizione di uno stock edilizio di bassa qualità, con età media di cinquant’anni e bisognoso di rilevanti interventi di ristrutturazione. Innovazione e continuità Si tratta di un ambito di lavoro completamente nuovo che potrebbe mettere a frutto le conoscenze e le competenze sviluppate sui temi delle trasformazioni insediative, patrimonio delle tradizioni di ricerca di molti gruppi di lavoro del DAStU. Potenzialità Esplorando le possibilità di realizzazione di nuovi insediamenti attenti alla cultura dello spazio e dei paesaggi, il progetto architettonico e urbano, potrebbe ritornare a svolgere un importante ruolo di strumento di sviluppo, dando modo di aprire nuove relazioni con operatori immobiliari, cooperative, amministrazioni pubbliche e imprese di costruzione. Ricadute sul DAStU La ricerca potrebbe favorire la convergenza di molti gruppi, di ambiti disciplinari diversi, sul tema della civilizzazione del territorio, alimentando nuove prospettive di conto terzi. | Tagged Demolizione, patrimonio, Ricostruzione |

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3. Laboratorio EST – La città post-socialista. Storia, eredità e trasformazioni. Proponente Alessandro De Magistris, Professore Ordinario Corinna Morandi, Professore straordinario Fabrizio Leoni, Ricercatore di ruolo confermato Alessandro Rocca, Ricercatore di ruolo in prova Ivica Covic, Professore a contratto La proposta individua come tema di riflessione e ricerca, aperto all’incontro e alla fertilizzazione di molteplici articolazioni disciplinari (storia dell’architettura, storia dell’urbanistica, storia urbana, progettazione architettonica e urbanistica, teorie e pratiche della pianificazione, analisi urbana, restauro / del moderno/ sociologia, geografia urbana, …), l’ambito complesso delle realtà post-socialiste dell’Europa orientale, della Russia e dell’ex-URSS, indagato negli sviluppi storici contemporanei (nel corso del novecento e, in particolare, negli anni centrali del secolo ventesimo) che ne hanno segnato le specifiche caratteristiche territoriali e ambientali e le peculiari dinamiche sociali economiche culturali e spaziali, oltreché una collocazione per molti versi specifica all’interno della vicenda progettuale – considerata nel senso più ampio del termini – delle ultime decadi del novecento e del ventunesimo secolo. Attualità e rilevanza L’orizzonte di ricerca suggerito trova ragion d’essere sia dal punto di vista della storia dell’architettura e dell’urbanistica – che rappresentano solo una parte degli aspetti pur fondamentali per cogliere la specificità di fertilizzazione e tematizzazione delle traiettorie caratterizzanti gli sviluppi contemporanei delle società post-socialiste in un quadro di studi specialistico e internazionale – sia in relazione agli sviluppi della riflessione contemporanea che mettono in discussione geografie e convenzioni della narrazione della storia della architettura del ventesimo secolo. Narrazione che ancora oggi mette in ombra, salvo rarissime eccezioni ( J.L. Cohen, H. Ibelings) una parte delle esperienze e delle geografie caratterizzanti i percorsi, sempre meno lineari della modernità. In generale, la città e il territorio post-socialiste costituiscono un laboratorio di indagine privilegiato sul terreno dell’housing, della dismissione industriale, della salvaguardia del patrimonio storico, per lo studio delle dinamiche immobiliari, l’impatto generato dallo smantellamento di comparti di territorio a vocazione centralista, … Carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Il tema proposto presenta evidenti ragioni di attualità legati agli sviluppi degli scenari geopolitici ed al centro di un crescente interesse scientifico attestato da convegni e pubblicazioni di livello internazionale che coinvolgono istituzioni nazionali e internazionali; investe molteplici ambiti avanzati e specializzati della ricerca storica, dell’analisi urbana, aprendo al confronto con settori e istituzioni scientifiche ed accademiche internazionali; costituisce peraltro un filone di specializzazioni consolidate e riconosciute dal Dipartimento e si innesta all’interno di iniziative promosse nel corso degli ultimi anni dallo stesso Dipartimento. Potenzialità nel breve e nel lungo periodo Il tema presenta importanti potenzialità dal punto di vista della ricerca pura e applicata, e di godere dell’attenzione e del contributo di programmi della Comunità Europea. | Tagged Est, Storia e sviluppi dell’Architettura e dell’Urbanistica |

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4. Middle-class Housing in Perspective: Il patrimonio residenziale dei ceti medi alla prova delle trasformazioni delle città, della società e dell’economia italiane contemporanee Federico Zanfi (Ricercatore a Tempo Determinato in Urbanistica) con Alessandro Coppola (Docente a Contratto Dastu) Nell’ambito del progetto di ricerca Firb “Architetture per i ceti medi nell’Italia del boom. Per una storia sociale dell’abitare a Torino, Milano e Roma” (www.middleclasshomes.net). Coordinatrice Nazionale Gaia Caramellino (Assegnista di Ricerca, Dad, Politecnico di Torino, e docente a Contratto Dastu). L’attualità e la rilevanza Questa linea di ricerca si propone di indagare le trasformazioni che stanno investendo il patrimonio residenziale costruito per i ceti medi nelle città italiane nei decenni del boom edilizio. Tale stock è quantitativamente molto rilevante nella città contemporanea, a esso è intimamente legato il patrimonio di una parte consistente delle classi medie che proprio nell’acquisto dell’alloggio hanno investito una quota significativa delle proprie risorse: un patrimonio che oggi è sottoposto a forti pressioni legate all’invecchiamento materiale degli edifici, alla rigidità delle tipologie rispetto alle forme di abitare emergenti, alle nuove forme di tassazione sulla proprietà che rimettono in discussione forme tradizionalmente “sicure” di investimento immobiliare. Il carattere di innovazione e/o continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Questa linea di ricerca si sviluppa all’intersezione di: una linea di ricerca sulle trasformazioni dello spazio dell’abitare nell’Italia contemporanea, che fino ad ora si è esercitata sul contesto della città abusiva meridionale (2005-2008) e sull’urbanizzazione diffusa al centro-nord del paese (2009-2011). una ricerca ministeriale Firb sullo spazio residenziale costruito per i ceti medi nei decenni del boom, che ha avuto nel Dastu una delle tre Unità Operative, assieme al Dad del Politecnico di Torino e al Dscr della Sapienza Università di Roma (2011-2013). Dalla prima linea viene ereditata la propensione all’osservazione delle pratiche reali e al lavoro sul campo; dalla seconda vengono ereditati l’oggetto di studio e una attenzione all’osservazione dei processi di costruzione e trasformazione dello spazio domestico nel lungo periodo (dagli anni Cinquanta ad oggi) utilizzando una molteplicità di fonti (archivistiche, orali, censuarie). Nella linea di ricerca qui presentata è tuttavia presente una più marcata prospettiva progettuale, che affronta la questione nella prospettiva di trarne possibili temi per politiche pubbliche. Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo Nel breve periodo, le potenzialità sono relative a iniziative didattiche (il progetto multidiscipliare Asp “Rethinking Condominium”, già avviato nel 2012), seminariali (il ciclo di incontri “Dal Miracolo alla Crisi”, programmato presso il Dastu per ottobre-novembre 2013) e alla produzione di una serie di rapporti di ricerca. Nel lungo periodo, le potenzialità sono legate all’instaurazione di rapporti di consulenza con soggetti pubblici e istituzionali interessati alla promozione di politiche per il trattamento dello stock edilizio in questione: rapporti che potrebbero offrire l’occasione per misurare in contesti reali gli esiti dell’attività di ricerca. La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Il tema indicato ha già trovato alcune prime occasioni di confronto seminariale all’interno del Dipartimento e potrebbe arricchisti dall’instaurazione di rapporti con l’area della storia dell’architettura (per lo studio dello spazio domestico, del tessuto professionale, delle pratiche e tecniche costruttive, della cultura architettonica e delle tipologie che influenzano la costruzione dell’edilizia residenziale per i ceti medi nei decenni del boom), delle politiche (per lo studio critico dell’emergere di un nuovo problema collettivo, e dei termini entro i quali questo può essere trattato e tematizzato), della sociologia (per lo studio del nesso tra pratiche dell’abitare, strategie di investimento e riproduzione sociale e trasformazioni socio-demografiche) e della composizione architettonica e urbana (per una riflessione sulle possibilità di adeguamento tipologico di tali spazi residenziali alle forme dell’abitare contemporanee). | Tagged ceti medi, crisi, patrimonio residenziale |

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5. Crisi e nuova agenda urbana Proponenti valeria fedeli // ricercatore ICAR 20 ilaria mariotti // ricercatore SECSP06 francesca cognetti //ricercatore ICAR 20 marco facchinetti //ricercatore ICAR 21 giuliana costa // ricercatore SPS07 l’attualità e la rilevanza: Nel corso del 2010, con altri colleghi italiani, abbiamo presentato al bando FIRB un progetto di ricerca inteso a indagare gli effetti generati dalla crisi economico-finanziaria internazionale sulle città italiane. Nello specifico il progetto identificava quattro principali domande di ricerca: in che misura l’attuale crisi economica sta coinvolgendo in maniera significativa le città italiane e con quali effetti rispetto alle sfide della “inclusione, innovazione e sicurezza sociale” (Horizon 2020)? in che misura le città italiana costituisce non solo un campo su cui si proiettano gli effetti generati a distanza da una crisi economico-finanziaria globale, ma può essere letta anche come fattore locale rilevante nell’innesco della crisi, in quanto esito ed espressione di specifici modelli di sviluppo? in che misura la città italiana può candidarsi a fornire alcune risposte specifiche alle problematicità generate della crisi, a partire dalle sue specificità (sociali, economiche, ecc.)o in quanto spazio di sperimentazione di risposte innovative, in che misura tali sollecitazioni rendono evidente la necessità di innovazione nel campo della pianificazione, delle politiche, del progetto e del governo urbano? Proponendo tale progetto, nell’ambito di un FIRB (Ricerca di Base) intendevamo contribuire operativamente alla analisi dei processi in corso, che ci apparivano allora indagati molto sommariamente a livello nazionale, a differenza di altri contesti internazionale: riscontravamo sia l’assenza di quadri descrittivi aggiornati, sia la debolezza di modelli di analisi e interpretazione utili ad affrontare in maniera adeguata le sfide generate dalla crisi nel campo urbano, capaci cioè di produrre conoscenza utile alla azione, sollecitando innovazioni nel campo delle pratiche di pianificazione oltre che delle teorie urbane. A distanza di tre anni dalla formulazione di tale proposta, non finanziata in quanto giudicata “innovativa ma limitatamente al contesto italiano”, ci sembra che essa meriti pari, se non nuova attenzione, in una agenda della ricerca del dipartimento. Da un lato infatti nel frattempo non ci sembra si siano segnalati significativi avanzamenti analitico-interpretativi. le potenzialità nel breve e nel lungo periodo: Dall’altra nuovi input sembrano rinnovarne l’urgenza e significatività: il dibattito aperto dai documenti preparatori del nuovo periodo di programmazione comunitaria, si incentra infatti sulla necessità di costruire una rinnovata “agenda urbana”; tale ricerca potrebbe contribuire in maniera significativa a tale elaborazione, anche dal punto di vista della identificazione di nuove politiche urbane. il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca; La ricerca si colloca in continuità con diverse tradizioni di ricerca già consolidate nel DASTU (analisi delle politiche, analisi dei processi socio-economici; policy design e pianificazione) e in particolare con l’esperienza del Laboratorio di innovazione delle politiche urbane, coordinato dal prof. Balducci. Al tempo stesso propone una compagine inedita di colleghi intesa a sperimentare nuove interazioni tra le rispettive provenienze e tradizioni disciplinari. la capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU. Tale progetto di ricerca si colloca in continuità con la tradizione interdisciplinare del dipartimento: i proponenti infatti si candidavano a costruire una esplorazione pluridisciplinare dei processi in corso, da un lato; dall’altro a identificare problemi e opportunità progettuali a carattere integrato. In questo senso ci sembra possibile proporre tale progetto come uno dei “cantieri progettuali” che sappiano valorizzare e fare maturare non solo le specificità disciplinare dei singoli- gruppi o esperti-, ma la capacità di docenti di diversi settori disciplinari di lavorare in maniera integrata attorno alla complessità della città contemporanea. | Tagged Agenda urbana, crisi, Pianificazione e politiche urbane |

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6. Agenda urbana e agenda europea Proponenti: alessandro balducci //professore ordinario ICAR 20 valeria fedeli // ricercatore ICAR 20 francesca cognetti //ricercatore ICAR 20 gabriele rabaiotti //ricercatore ICAR 20 antonella bruzzese // ricercatore ICAR 20 l’attualità e la rilevanza: Recentemente, nel marzo 2013, il comitato interministeriale per le politiche urbane, nel documento “Metodi e Contenuti sulle Priorità in tema di Agenda Urbana”, ha riaperto la discussione sul ruolo delle città nell’ambito delle politiche di sviluppo e coesione. Tale proposta costituisce la risposta nazionale agli input della Commissione Europea per le nuove politiche di coesione del 2014-2020, che invitano gli stati membri a procedere in questa direzione, dotandosi di una “agenda urbana”. Pochi mesi prima dell’avvicendamento istituzionale si era conclusa per altro la riflessione proposta dal Ministro Barca, intesa a produrre orientamenti condivisi a livello nazionale per la gestione della nuova stagione dei fondi strutturali; in quel documento si esprimeva inoltre l’attenzione verso un approccio strategico alla pianificazione, soprattutto nelle grande aree urbane e nei contesti metropolitani, oggetto per altro di nuova attenzione del legislatore. Lo stesso documento per altro prende in considerazione la proposta recentemente formulata dall’Inu di procedere verso la riforma della legge urbanistica nazionale. In particolare durante la campagna elettorale nazionale, l’INU è tornato a proporre alla forze politiche, in occasione dei 70 anni della legge urbanistica del 1942, l’urgenza di una sua definitiva revisione, a partire da una seria valutazione degli effetti prodotti dalla regionalizzazione del potere legislativo nel campo della pianificazione e dalla necessità di superare alcune incoerenze del modello strutturale-operativo. Il comitato interministeriale, con l’obiettivo di superare la crescente distanza tra confini amministrativi e problemi di natura spaziale, ha espresso in merito condivisione verso la possibilità di procedere definitivamente verso una riforma generale, o più nello specifico di trovare comunque una risposta specifica sul nodo irrisolto della proprietà dei suoli e dei diritti di edificazione; dall’altro interrogandosi sulla possibilità di procedere in alternativa verso un nuovo modello di pianificazione, fondato su coalizioni multilivello, capace di mettere in relazione politiche spaziali e di sviluppo economico, politiche urbane e ambientali, politiche del lavoro e politiche infrastrutturali. Questa serie di eventi sembra segnalare la possibilità e l’urgenza di una nuova stagione di riflessione attorno all’agenda urbana europea e all’agenda urbana italiana, dopo alcuni anni in cui la città, da un lato, dall’altro le sperimentazioni di strumenti e approcci innovativi alla pianificazione sembravano essere tornati in secondo piano, o essere finiti al centro di forti critiche e ripensamenti. L’apertura di questa stagione richiede da un lato una attenta valutazione degli esiti della intensa stagione dei programmi complessi e delle politiche urbane degli anni novanta, dall’altro una rinnovata capacità di ripensare la città e le nuove questioni urbane che essa ci pone da un lato, dall’altro di come rinnovare la pianificazione e le politiche urbane. Riprendendo, anche in maniera non scontata, le riflessioni sul rapporto tra pianificazione strutturale e pianificazione strategica, a partire da una attenta valutazione degli esiti di ormai più di quindici anni di sperimentazioni locali. le potenzialità nel breve e nel lungo periodo; Ci sembra utile in questo senso rilanciare in maniera organizzata uno spazio di ricerca e riflessione su questi temi, che sappia da un lato interloquire con i processi in corso, dall’altro contribuire nel lungo termine alla riflessione a livello nazionale. il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca; Come sopra evidenziato, tale prospettiva di ricerca si colloca in continuità con le attività di ricerca condotte dai proponenti nell’ambito del Laboratorio di Innovazione delle Politiche urbane del DIAP e intende in questo senso rilanciarne le attività alla luce dei nuovi input sopra sinteticamente esposti. Ripensandone per altro anche nome, temi, metodologie di lavoro. I termini di innovazione ci sembra utile evidenziare alcuni elementi di innovazione legati agli input provenienti dalla riflessione condotta sul concetto di “trading zones” proposto da Peter Galison, – oggetto di un libro a cura di Balducci e Mantysalo (2012, Springer)- in quanto capace di mettere in gioco in maniera innovativa alcuni elementi significativi del dibattito degli anni novanta- partecipazione, consenso, integrazione, solo per citarne alcuni… la capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU. Tale proposta intende da un lato consolidare una tradizione di ricerca attorno alla quale diversi docenti e ricercatori del Dipartimento si sono formati e hanno lavorato nel corso dell’ultimo decennio e costruire attorno a tale nucleo nuovi fronti di ricerca e di cooperazione, nella convinzione che data la specificità delle sfide poste, sia necessario costruire gruppi composti da esperti di varie discipline, capaci di collaborare al superamento di tradizionali settori disciplinari. | Tagged Agenda urbana, Pianificazione ordinaria e pianificazione strategica, Politiche urbane |

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7. (Post) metropolitan univercity Proponenti: alessandro balducci //professore ordinario ICAR 20 valeria fedeli // ricercatore ICAR 20 francesco cognetti // ricercatore ICAR 20 antonella bruzzese // ricercatore ICAR 20 l’attualità e la rilevanza: Nel corso del 2010 abbiamo avviato un progetto di ricerca relativo alla relazione tra città e università, all’interno del quale, insieme a diversi colleghi DIAP, abbiamo ricostruito il ruolo svolto dalla università nel contesto urbano milanese. Abbiamo in quella occasione aperto diversi fronti di ricerca, provando a mettere a fuoco da diverse prospettive il ruolo di attore urbano svolto dalla università, in particolare nel contesto milanese. A partire da quella prima occasione di ricognizione e riflessione, che ha dato come esito una pubblicazione curata per AIM; abbiamo poi iniziato a lavorare con diverse modalità su questi temi, a partire da domande di ricerca diversificate. Tra i potenziali fronti da approfondire in questo senso ci sembra di potere proporre alla attenzione del dipartimento una attività di ricerca relativa alla ricostruzione degli effetti spaziali, sociali, economici, ma anche istituzionali prodotti dalla ricostruzione delle geografie insediative dell’università all’interno dei processi di regionalizzazione dell’urbano avvenuti nel corso degli ultimi decenni. L’ipotesi da cui intendiamo muovere è infatti quella che si possano interpretare le nuove geografie della relazione città-università nel contesto milanese al contempo come causa ed effetto del costituirsi di una regione urbana complessa, esito del passaggio da un modello più tipicamente metropolitano di sviluppo ad un modello di “regional urbanisation” , descritto da Soja nel 2011 anche in termini di “post-metropolitano”. In questo senso l’università, come altre autonomie funzionali e funzioni strategiche, si configurerebbe come un attore particolarmente rilevante, non solo per l’estensione e la portata dei processi innescati, ma per la sua particolare natura e per il particolare rapporto con l’urbano che essa ha mantenuto nel caso italiano. Infatti la tradizionale relazione città-università che contraddistingue il contesto italiano, avrebbe costituito un vettore significativo di riproduzione e reinterpretazione di urbanità, intesa sia come urbanity (Keil, 2013) che come “city-ness” (Sennet, 2007), vettore cioè del rapporto tra produzione di urbanità e produzione di conoscenza. A partire da questa ipotesi, formulata in occasione di un recente paper in pubblicazione su DISP, ci piacerebbe sviluppare una riflessione sulla complessa natura multi e transcalare, non solo a livello spaziale, di una università metropolitana (Bender, 1998) o post-metropolitana ( Soja, 2011). le potenzialità nel breve e nel lungo periodo; Tale ricerca potrebbe da un lato interagire nel breve e medio periodo con le attività di ricerca in corso nell’ambito del PRIN 2010-11 in cui siamo coinvolti, insieme ad altri colleghi; dall’altro riteniamo che possa contribuire anche nel lungo periodo a una riflessione sulle strategie regionali dell’ATENEO. Infine questo filone di ricerca intende alimentare le attività del gruppo di ricerca OSSERVATORIO UNIVERSITA’-CITTA’ recentemente costituitosi all’interno della SIU e coordinato dai colleghi Martinelli e Savino, per affrontare il tema a livello nazionale. il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca; Come sopra evidenziato, questo progetto di ricerca si colloca in continuità con un filone di ricerca avviato recentemente, provando a approfondire alcuni percorsi aperti. la capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU. Tale proposta intende consolidare le attività del gruppo che ha promosso nel 2010 le prime attività di ricerca, coinvolgendo potenzialmente altri colleghi che, in particolare nel campo degli studi urbani e regionali, ma anche nel campo della governance e delle politiche abbiano in qualche modo condiviso l’interesse per questo tema di ricerca. | Tagged processi di regionalizzazione urbana, università, Urbanità |

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8. Rinnovare concetti e pratiche della tutela: multidisciplinarietà e nuovi campi di ricerca Proponenti: Alberto Grimoldi – p.o. Ritengo che la conoscenza e la tutela del costruito storico richieda un rapporto più avanzato fra scienze storiche e archeologiche – alle quali deve in gran parte questa prospettiva - e scienze sperimentali: i risultati di un’indagine condotta sotto entrambi gli aspetti non sono racconti separati di cui coincide l’oggetto di studio, ma sono reciprocamente strumento di verifica, criterio di verità. L’interpretazione corretta è quella sostenibile da entrambi i punti di vista. Ciascun filone di ricerca deve quindi tendere al massimo rigore, e la credibilità delle tesi sostenute cresce quanto più pertinenti e numerosi sono i saperi coinvolti. Le conclusioni di uno solo di essi riguardano la correttezza dei procedimenti applicati e forniscono un tipo circoscritto di informazioni, insufficienti a conoscere il costruito. Occorre un dialogo fra i diversi apporti disciplinari,un patrimonio di nozioni condivise. Questo modello si applica già alla conoscenza e alla conservazione dei materiali, anche se occorre “riscrivere” molti fra i capitoli anche recenti della conservation science. Esso garantisce una integrazione progressiva di differenti saperi, pur nel rigore dei singoli contributi, è coerente con una realtà multidisciplinare come il DAStU. Ritengo utile continuare a sviluppare questo approccio rispetto ai temi dell’energia nei loro rapporti con il costruito anche alla scala del territorio e con gli ambiti disciplinari ad esso legati. Sull’energia prevalgono ancora, nella cultura italiana, separazione dei saperi e visioni tecnicamente arretrate, che non serve confutare nello specifico, ma superare in una visione più complessiva. Quest’ottica caratterizza in vari modi la ricerca europea – dalla revisione in chiave “climatica” della storia dell’architettura alla formulazione di nuovi standards all’insegna del clima storico – ricerca con la quale consolidare i contatti fornendo un ulteriore, autonomo apporto. | Tagged costruito, Energia, multidisciplinarità |

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9. Al servizio della città. Genesi, gestione e strategie di tutela per i patrimoni vincolati comunali. Proponente: Angelo Landi (assegnista di ricerca) I recenti tentativi finalizzati alla dismissione di consistenti quote dei patrimoni demaniali, solo in parte giustificati dagli effetti della crisi finanziaria, impongono anche al mondo della ricerca una riflessione argomentata sulle ragioni e sui benefici (a lungo termine) di tali ‘svendite’. Ad una classe politica (e talvolta al sottoposto apparato amministrativo) non più avvezza alla programmazione ed alla gestione, la dismissione appare come la soluzione più immediata ed efficace, sebbene da sempre le amministrazioni pubbliche abbiano gestito i propri beni all’interno di una più articolata politica di sviluppo della città. Una dismissione non programmata ma ‘necessaria’, conseguente a decenni di manutenzione disattesa, dove il degrado ha comportato la fatiscenza di ampia parte degli edifici vincolati, considerati come onere del passato e non anche per il loro valore identitario e culturale. Il tema è però rilevante anche nella sua dimensione quantitativa: in un comune di piccole dimensioni, p.e. la città di Cremona, la quota del patrimonio comunale è determinante per il governo della città. Edifici che connotano l’identità e l’aspetto urbano, se abbandonati, determinano influssi negativi anche sulla qualità di vita in interi brani della città: ne è un esempio, sempre a Cremona, il mancato recupero delle ex caserme, dove l’insediamento di una sede universitaria avrebbe apportato nuova linfa culturale ed un considerevole indotto economico in un’economia locale stantìa. In troppi casi si è persa la memoria sulla genesi del patrimonio, sui motivi che sottendono l’acquisizione, la costruzione, la concessione di edifici ed appare dunque difficile oggi riconnettere e giustificare interventi manutentivi sugli “edifici silenti” (così definisce un dirigente comunale i molti edifici in attesa di una destinazione d’uso), anche alla luce della razionalizzazione delle risorse indotta alle esangui casse comunali: la conoscenza dei processi che hanno generato e trasformato il patrimonio architettonico dei Comuni, spesso complessi e legati a vicende politiche e personali, appare fondamentale per riprendere le fila di una programmazione a lungo termine che sviluppi e offra servizi sempre più efficaci per la cittadinanza. I problemi connessi alla gestione ed alla manutenzione sono in parte anche originati da una scarsa conoscenza degli edifici, soprattutto in riferimento alla loro consistenza materiale, al loro effettivo stato di conservazione, alle loro tecniche costruttive ed alla loro storia. Appare a mio avviso necessario prendere le fila di questa quota di patrimonio che, nonostante i tentativi di catalogazione ed inventariazione, è relegato in un limbo indeterminato tra varie discipline, tra quella del restauro architettonico che opera alla scala dell’edificio e quella urbanistica che opera alla scala urbana e territoriale. | Tagged conoscenza storica, inventario, patrimonio demaniale |

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10. Real Estate Market Signals Proponente: Angela Poletti, professore associato; Alessandra Pandolfi, professore a contratto Attualità e rilevanza La comprensione e la previsione dell’andamento dei cicli immobiliari al fine di poter meglio capire come o- rientare, da un lato, gli investimenti indispensabili ad incrementare il valore del capitale fisso locale sedi- mentatosi nel tempo e, dall’altro, il sistema di reperimento delle risorse (suoli, fondi, etc…) necessarie a implementare le scelte riguardanti la città pubblica sembra essenziale nel presente contesto storico. La proposta di ricerca riguarda l’individuazione e l’approfondimento delle tecniche di analisi dei segnali di mercato (sia proprie del settore, sia mutuabili da altre discipline) per meglio comprendere quali possano essere i fattori precursori dell’andamento dei cicli immobiliari ed utilizzare il vantaggio informativo a favore dello sviluppo di una green economy, ancora disattesa ma sempre più indispensabile anche per fare fronte alla situazione deficitaria delle finanze pubbliche. Continuità e innovazione per le tradizioni di ricerca del proponente Il tema costituisce una innovazione nella ricerca delle proponenti che ritengono fondamentale approfondi- re le dinamiche del mercato immobiliare (con particolare riferimento al contesto italiano) anche nell’ottica della promozione di una didattica ‘caratterizzata’ nel processo di internazionalizzazione Potenzialità nel breve e nel lungo periodo Secondo Krugmann (1999) citato da Bunda e Zorzi (2010) i periodi di crisi economica tendono a ripetersi senza un chiaro schema generatore, sebbene la necessità di individuare un insieme di fattori comuni a que- sti fenomeni come elemento di notevole interesse scientifico. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca del DAStU: Le implicazione della ricerca si ritengono di interesse ad ampio spettro sia per la componente studi urbani sia per Architettura. | Tagged crisi mercato immobiliare, modelli di città, valutazione |

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11. Megacity_ densità, paesaggi, infrastrutture e morfologie emergenti Proponenti: Fabrizio Leoni (ricercatore), Matteo Aimini (PhD), Andrea De Matteis (PhD), Cesare Ventura 1) l’attualità e la rilevanza; La crescita urbana nelle economie emergenti ha generato, in tempi recenti, modalità aggregative complesse ed incrementali, sempre più distanziate dalle forme di controllo tipiche della cultura della pianificazione e dell’urban design della metropoli occidentale. I parametri della densità, il carattere dei paesaggi, l’impatto dimensionale delle infrastrutture e, in particolare, l’articolazione delle morfologie configurano un’organizzazione dello spazio urbano, definibile all’interno della nozione di megacity (Cfr Grahame Shane, 2011), in particolare di quella asiatica (Jakarta, Manila, Hanoi etc), di speciale rilevanza nel panorama dell’architettura contemporanea.

2) il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca; Spostando l’attenzione dallo stupore per l’accelerazione quantitativa di tali contesti e dalla fascinazione emotiva per le ecologie dell’ipercomplessità che spesso essi evocano, la ricerca si orienta a stimolare uno sforzo interpretativo supportato da una metodologia conoscitiva sistematica, riconducibile a processi di identificazione e catalogazione: lettura di modalità morfo-tipologiche che guidano il modificarsi fisico della città, comparazione quantitativa di densità e volumetria (non disgiunta dal motore delle logiche del real estate), osservazione del rapporto con la rete infrastrutturale, indagine sulle committenze e sui programmi che generano gli spazi, mappatura dei paesaggi che derivano da o anticipano l’emergere di nuovi scenari fisici e misurazione dell’impatto di determinanti ambientali su di essi (rischio idrogeologico, caratteri climatici estremi etc).

3/ 4) le potenzialità nel breve e nel lungo periodo; la capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU. _Sviluppare capacità critiche e sensibilità verso contesti in crescita che diverranno vieppiù protagonisti sullo scenario internazionale _Disseminare tali sensibilità (ed i loro possibili strumenti operativi e/o risultati) nell’ambito della didattica orientata alla ricerca progettuale, che, in modo incrementale, investirà la nostra scuola durante il progressivo estendersi delle attività di internazionalizzazione _Nel lungo periodo, rendersi riconoscibili, come gruppi di ricerca allargati ed avanzati all’interno del Dastu, ed accreditarsi quali soggetti operativi in tali ambiti | Tagged densità, megacity, morfologie |

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12. Insegnare la progettazione in architettura: una metodologia per imparare da buone pratiche e modelli esemplari A. Barbara: ric.; G. Vecchi: ric. 1. Attualità e rilevanza La proposta è quella di riflettere sulle modalità di insegnamento del processo di progettazione, recuperando la letteratura sui modelli esemplari per procedere a integrarla con la recente letteratura sulla trasferibilità delle buone pratiche e il vicarious learning. Il tema ha una sua specifica rilevanza negli insegnamenti di architettura e studi urbani. Sul lato dell’architettura, il riferimento alle realizzazioni considerate esemplari costituisce un metodo costante nei corsi di studio; la metodologia da adottare per trasferire negli elaborati degli studenti non viene, generalmente, concettualizzata e insegnata in modo strutturato. Negli studi urbani, gli aspetti rilevanti riguardano la capacità di apprendimento dalle buone politiche/progetti di trasformazione urbana realizzati in altri contesti. Il tema può essere oggetto di ricerca integrando vari apporti disciplinari, da quelli più propriamente compositivi dell’architettura, alla sociologia e alla policy analysis. Può inoltre essere applicato a ricerche commissionate da soggetti esterni e inserita nella risposta a bandi di ricerca, per la sua attualità e rilevanza nel dibattito delle istituzioni europee. | Tagged buone pratiche, metodo estrapolativo, progettazione |

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13. Health Impact Assessment – Valutazione dell’Impatto sulla Salute Proponente: Angela Poletti, professore associato Attualità e rilevanza Finalità e funzioni della ‘Valutazione dell’Impatto sulla Salute’ (VIS) sono quelle di istruire ed influenzare le decisioni nelle proposte e nei Piani in modo che protezione e promozione della salute siano effettivamente integrate negli stessi. Relativamente diffusa negli ultimi 20 anni in molti paesi nel mondo, in Italia solo recentemente è stata posta attenzione al tema: a livello regionale ed a livello locale con alcune isolate esperienze. Il continuo incremento della crescita urbana produce profonde implicazioni per la salute: prime tra tutte l’accesso ad acqua potabile e la gestione dei reflui e dei rifiuti, ma anche cambiamenti nei comportamenti che possono generare malattie (noncommunicable diseases – NCD’s), maggiore esposizione all’inquinamento, incremento delle disuguaglianze sociali. Gli effetti indotti dai cambiamenti climatici e la relativa necessità di rivedere le normali logiche di intervento enfatizzano le relazioni tra attenzione alla salute ed implementazione delle politiche (Winckler M S et alii, 2013). Continuità e innovazione per le tradizioni di ricerca del proponente In continuità sia rispetto alle tematiche di valutazione ambientale sia della informazione geografica che può costituire una delle metodologie di approccio al tema. Potenzialità nel breve e nel lungo eriodo Il tema ha delle potenzialità molto ampie; la valutazione dell’impatto sulla salute può essere letta secondo tre filoni interrelati (dai quali ha preso le mosse): ‘salute e ambiente’, i ‘determinanti della salute’ e ‘salute ed equità’ (Harris-Roxas and Harris 2011) e dovrebbe comunque essere ricompresa nei processi di valutazione per i quali esiste una procedura (VIA e VAS). Pertanto esiste già la possibilità di proporre contributi innovativi nel breve periodo. La dimensione in senso spaziale e temporale della ‘Valutazione dell’impatto sulla salute’ è variabile, questo fatto è peraltro importante per l’accesso ai finanziamenti (regionali, nazionali, europei o internazionali quali OMS). Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca del DAStU: La ‘VIS’ introduce un processo sistematico attraverso il quale identificare ed affrontare pericoli, rischi e opportunità derivanti dalla Pianificazione, per evitare i maggiori costi e per promuovere una responsabilità multisettoriale per la salute ed il benessere, anche attraverso la formazione di Piani di gestione della salute pubblica che prevedano di salvaguardare, mitigare la salute e promuovere attività promozionali della salute pubblica. Si ritiene pertanto che le capacità espresse dal Dipartimento possano trovare interesse e nuovi stimoli dal tema. | Tagged nuovi modelli urbani, salute e benessere, valutazione |

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14. Il museo futuro: istituzione, architettura, societa’ Luca Basso Peressut, Pier Federico Caliari, Mariella Brenna, Giovanna D’Amia (docenti e ricercatori di ruolo) Con Francesca Lanz, Elena Montanari, Cristina Colombo, Stephanie Carminati, Francesca Danesi (dottorandi e assegnisti) Il museo, nella sua complessa articolazione di rapporti con la società e con la città e i territori, si conferma oggi come uno dei più importanti dispositivi di comunicazione e di integrazione (multi)culturale e, al contempo, soggetto attivo nei processi di conservazione e valorizzazione dei patrimoni diffusi, materiali -mobili e immobili- e immateriali. Negli ultimi decenni la realtà del mondo-museo ha registrato una forte trasformazione dell’organizzazione dell’offerta culturale, passando da un modello strutturale di tipo verticale, dove l’accesso al patrimonio era tarato sulla capacità dell’istituzione di garantire ricerca, ad un modello orizzontale basato sulla capacità del museo di innestare processi dinamici di coinvolgimento nelle strategie di trasformazione urbana e territoriale (museo diffuso, musei in situ, reti museali), implementando saperi, stimolando target diversificati, aprendo nuovi orizzonti di ricerca e intervenendo sulla complessa articolazione delle nuove economie della cultura legate a specifici ambiti locali come parte di una rete nazionale e transnazionale. A fronte di un orizzonte di crisi dei finanziamenti pubblici, il museo non ha arrestato le proprie dinamiche evolutive e si configura oggi come un dispositivo capace di agire e promuovere cultura (iniziative a carattere pubblico e privato), una vera e propria infrastruttura del sapere che sviluppa le sue strategie a tutto campo: dall’allestimento interno classico alla creazione del “monumento” urbano, dalla musealizzazione dei singoli siti all’organizzazione di vasti paesaggi culturali, coinvolgendo una prospettiva ampia di progettualità (conservazione, restauro, architettura, sistemi urbani e paesaggistici, ecc.). Il futuro del Museo “multiforme” , “multipolare” e “multicodice”, inteso come area e filone di ricerca, è quindi strettamente legato -in quanto diretta rappresentazione- al futuro del rapporto tra società, patrimoni culturali e conoscenza nonché alle strategie di promozione che le istituzioni preposte potranno attivare in un quadro di medio periodo e ricerca a livello internazionale (si veda l’interresse della Comunità Europea nell’ambito delle ricerche finanziate del 7.mo programma quadro e del prossimo Programma Horizon 2020). Oggetto della ricerca è quindi il rapporto tra la storia istituzionale e una rinnovata idea di Museo, in quanto dispositivo di sviluppo culturale, evidenziando l’ampliarsi dei suoi ruoli nei confronti delle nuove condizioni multi e trans-culturali delle società, la necessità di aprire le narrazioni museali a confronti con il mutare della composizione dei suoi pubblici, e il suo essere vettore di nuovi modelli identitari che vedono la compresenza di realtà stabili tradizionalmente legate alla geografia e storia territoriale, e di realtà che sono invece espressione dei processi sempre più rapidi di mobilità di persone e di trasferimento e interscambio di idee e di conoscenze a livello globale. E’ anche prevista una collaborazione con la prof. Di Biase, il Dottorato di Conservazione e il PAUI sul tema della conservazione, restauro e allestimento degli assetti museografici in edifici storici in Italia e all’estero. | Tagged architettura, istituzione, museo, società |

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15. Identita’ e valore degli spazi aperti: L’acqua come occasione di riqualificazione dei luoghi collettivi Michele Ugolini_prof. associato Stefania Varvaro_assegnista e prof.ssa a contratto Caterina Gallizioli_dottoranda DRAIA Luca Faverio_dottorando PAUI 1_ l’attualità e la rilevanza Un esponenziale e mal governato consumo di suolo ha portato ad una progressiva crisi degli spazi aperti. Essi diventano residuali rispetto al costruito, la parte marginale della sfrangiata periferia urbana a contatto con le aree ancora rimaste agricole. In quest’ambito i corsi d’acqua rappresentano un elemento di connessione e di potenzialità capace di mettere a sistema gli spazi aperti dentro e fuori l’abitato diventando occasione per ricostituire strutture di significati e ridonare abitabilità agli spazi aperti. 2_ il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Alla base di questo ambito di ricerca c’è la convinzione della necessità di riaffermare il valore collettivo dello spazio aperto e dell’acqua come risorsa strutturante nei processi di riqualificazione urbana, rileggendone, re- interpretandone e re-inventandone il senso della sua presenza. A tal fine si propone un’indagine che pone le sue basi nella tradizione storica legata al territorio milanese che rappresenta un ambito vasto di ricerca nel quale poter dare continuità ad una tradizione di ricerca che ha visto questo gruppo impegnato già da diversi anni su tali temi. Questo nuovo ruolo viene attribuito all’acqua proprio perché capace di innescare possibilità di relazione e utilizzo uniche legate principalmente alle valenze da un lato simboliche ed evocative, dall’altro funzionali e ludiche di questo straordinario elemento, dal momento che interagire con l’acqua è un atto informale e collettivo profondamente legato all’uomo. 3_ le potenzialità nel breve e nel lungo periodo I progetti legati gli spazi aperti lungo i corsi d’acqua devono avere in sé un carattere di attuazione di lungo periodo, capace da una parte di adeguarsi alle potenzialità economiche e gestionali delle amministrazioni locali, dall’altra di costituire uno strumento in grado di indicare linee guida e finalità per la gestione del territorio. 4_ la capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Il DAStU ha in atto diverse ricerche sul tema. Il nostro gruppo ha attivato ricerche sia a livello didattico, nello specifico con laboratori e corsi che affrontano il tema degli spazi aperti dalla scala territoriale sino alla scala più ravvicinata dei singoli luoghi con le proprie attrezzature d’arredo, sia ricerche finanziate e condivise con enti pubblici, tracciando uno stretto legame tra didattica e politiche locali di governo del territorio. | Tagged abitare i luoghi, l’acqua come risorsa, progettare lo spazio aperto |

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16. Il consumo di suolo sollecita una riforma profonda delle competenze urbanistiche locali Paolo Pileri (ICAR20, professore associato) Attualità e rilevanza Il tema del consumo di suolo è oggi innegabilmente entrato nell’agenda tanto della ricerca urbanistica quanto in quella delle politiche pubbliche. Sono state messe a nudo una serie di lacune, urgenze e contraddizioni. Dalla mancanza di misure, a quella dell’assenza di politiche a quella del continuo perpetuarsi, pur sotto spoglie sempre diverse, del fantasma della rendita fondiaria (da eliminare). A quello dell’assenza della dimensione ambientale. Le definizioni di consumo di suolo e di suolo rimangono nodali per definire i punti di partenza e arrivo di ogni ricerca su questo campo. Poiché il suolo è una risorsa ambientale preziosa, esauribile e multifunzionale, a dispetto della povertà culturale iscritta nelle leggi italiane vigenti ad oggi, è suggestivo che sia questo il punto di partenza anche per la prossima urbanistica e le prossime politiche urbane. Innovazione e/o continuità; L’uso del suolo, da sempre il tema centrale del piano, si arricchisce di una dimensione nuova nel momento in cui è una risorsa ambientale che, come tale, segue leggi che nulla possono avere a che fare con la dimensione amministrativa entro i cui confini se ne decide l’uso. La dimensione ambientale del suolo lascia emergere una contraddizione strutturale nell’urbanistica italiana nella quale ha sempre prevalso una forma decisionale di uso del suolo accomodata sui confini amministrativi e non sulle logiche/scale ambientali/ecologiche/di paesaggio (inconfinabili spesso). Una decisione di fatto non raccordata e non coordinata. Una decisione che è figlia della frammentazione amministrativa delle politiche urbanistiche e figlia di un’idea di profitto insita nell’uso del suolo da un lato e dell’ignoranza verso ciò che è effettivamente il suolo, a partire dalla sua capacità di produzione alimentare, continuamente sotto minaccia. I piccoli comuni lombardi hanno consumato molto più suolo dei grandi, per ogni abitante insediato, a conferma che il sistema delle decisioni qui non tiene e si è ‘sdraiato’ alle pressioni locali e alle micro redditività sempre locali. Il contrasto al consumo di suolo rimanda perciò all’esigenza di studiare nuove forme di governo del territorio e nuovi ruoli dei comuni in un quadro di cooperazione e coordinamento forte dove la sussidiarietà verso l’alto sia capace di esercitare la sua potenza finora assente in forza di un’idea di sussidiarietà esclusivamente orizzontale e di un’idea di autonomismo probabilmente troppo forte o troppo sola. Potenzialità nel breve e nel lungo periodo; Fare ricerca in questo settore è continuamente strategico visti i molteplici legami tra suolo e qualità della vita, tra suolo e nuove frontiere della pianificazione. In questo tema convivono studi di breve, medio e lungo periodo. Riflessioni e applicazioni pratiche. Contaminazioni con altri temi, prima fra tutti quello della rigenerazione urbana, poi quello della sicurezza alimentare, etc. Sicuramente l’idea è di come trasferire queste attese in qualcosa di ben strutturato nel pensiero e nella pratica urbanistiche. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU. Sulla questione suolo il DAStU si è fatto conoscere attraverso i contributi dei suoi singoli ricercatori che vi lavorano da anni (come il sottoscritto) come attraverso il centro studi sul consumo di suolo, il CRCS. Entrambe le forme potranno continuare ad essere sede di tali ricerche, immaginando però anche forme di allargamento verso nuovi saperi e punti di vista. | Tagged Ambiente, competenze urbanistiche, consumo di suolo, frammentazione amministrativa |

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17. Infrastrutturazione leggera: un paradigma di sviluppo inedito eppur strategico per la scala territoriale. Le potenzialità delle dorsali cicloturistiche a partire dal caso VENTO. Paolo Pileri (ICAR20, professore associato) e i suoi collaboratori ‘VENTO’ Attualità e rilevanza La fruizione turistica dei paesaggi e delle città in bicicletta è un potenziale ancora non considerato dalle politiche pubbliche. Men che meno lo è l’idea che il cicloturismo possa/debba accompagnarsi a specifiche infrastrutture come piste o dorsali cicloturistiche da pianificare, progettare, realizzare, gestire e promuovere coordinando tutta una serie di attività di indotto che trovano posto proprio sul territorio attraversato. L’idea è invece molto attuale e rilevante nell’agenda della UE. Un recente rapporto (agosto 2012) della commissione Trasporti e Turismo del Parlamento Europeo (redatto da Institute of Transport and Tourism, University of Central Lancashire, UK e da Centre for Sustainable Transport and Tourism, NHTV Breda University of Applied Sciences, NL) ha dimostrato gli enormi vantaggi del cicloturismo per l’occupazione e l’economia locali. Solo quest’ultima è stata stimata in 44 miliardi di euro all’anno come esito delle molteplici attività di indotto a servizio del cicloturista. Ma perché tutto ciò si concretizzi vi sono 3 condizioni chiave: a) esistenza di infrastrutture dedicate e continue che mettono in sicurezza il cicloturista; b) mete, paesaggi e città gradevoli da visitare; c) segnaletica ottima. Innovazione e/o continuità; La crisi di alcuni meccanismi di risposta, anche urbanistici, richiede oggi di elaborare un vero e proprio “piano B” per dare nuove risposte occupazionali e sociali, di rispetto ambientale ed economiche ben al di fuori dai soliti riferimenti concettuali come lo sono state l’edilizia (anche quella più virtuosa) e/o la mobilità privata e/o i consumi di massa. Il tema dell’infrastrutturazione leggera cicloturistica può essere un’ottima risposta per tutto ciò, generando nuove economie diffuse e generanti nuova occupazione per di più saldamente legate ai tanti territori attraversati e alle peculiarità imprenditoriali locali. Il progetto VENTO (www.progetto.vento.polimi.it) è la sperimentazone di un approccio come quello qui descritto e ha voluto e vuole esattamente proporre un modo nuovo e alternativo di infrastrutturazione del territorio, leggero, capace di valorizzare le peculiarità/tipicità delle geografie fisiche e culturali attraversate e capace di portare sul territorio nuovi capitali attraverso il cicloturismo, una forma di turismo che, ripeto, oggi viene stimato in grado di produrre migliaia di posti di lavoro e economia che hanno un valore di 150- 250.000 euro per km di pista cicloturistica/anno. Oggi la pianificazione deve misurarsi con ben altri paradigmi: con gli spazi aperti, con i paesaggi, con la tutela ambientale, con i servizi ecosistemici del suolo, con la bicicletta e tutte le sue forme di società ed economia che questa/queste possono generare. Queste novità devono però esercitarsi in tutta la loro potenza e dispiegare tutte le loro possibilità. In questo immaginario culturale interdisciplinare sta un campo nuovo per l’urbanistica di domani. Potenzialità nel breve e nel lungo periodo; Fare ricerca in questo settore significa almeno due cose. La prima consiste nella concettualizzazione e divulgazione a loro volta basate sullo studio delle condizioni perché quel tipo di turismo possa trovare senso e successo nei nostri territori e con le nostre peculiarità (alcuni freno sono da rimuovere) e sul coinvolgimento dei soggetti interessati. La seconda consiste nella metaprogettazione prima e nella progettazione vera propria subito dopo. Tali infrastrutture (e l’esperienza positiva di VENTO lo dimostra) si sostanziano infatti attraverso la materialità di un progetto ben radicato sul territorio. Il team di ricerca potrà essere impegnato tanto su un tempo breve che su un tempo lungo, a seconda del grado di approfondimento e delle occasioni di applicazione. Tutto ciò ha come sbocco la riflessione culturale generale (aiutando così il processo di riforma), il disegno di nuove politiche pubbliche, la predisposizione di dispositivi nuovi per la progettazione e gestione di opere come queste, il raccordo con le esperienze consolidate all’estero. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU. Il tema delle infrastrutture cicloturistiche è in grado di attrarre a sé, oltre alle competenze basilari della progettazione e pianificazione urbanistica, anche altre diverse competenze come quelle ecologiche ed ambientali, quelle del design e della comunicazione, quelle vicine all’agricoltura e al paesaggio, quelle sociali e economiche, etc. | Tagged Ambiente, dorsali cicloturistiche; infrastrutture leggere, occupazione |

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18. La convenienza economica delle politiche di tutela dell’ambiente Alessandra Oppio, RTI ICAR/22 Sergio Mattia, PO ICAR/22 Attualità e rilevanza I dati relativi ai disastri naturali e tecnologici forniti a livello mondiale dal CRED (Center for Research on the Epidemiology of Disasters) dimostrano che pur a fronte di una diminuzione del numero delle vittime, l’entità del danno economico stimato continua a crescere. La prevenzione, pertanto, è cruciale, ma le condizioni di estrema fragilità dei territori sottoposti a elevata pressione antropica fanno sì che gli impatti degli eventi dannosi siano difficilmente sostenibili. Perché si possa cogliere la variazione di utilità complessiva che la perdita irreversibile delle risorse ambientali soggette a rischio comporta, la valutazione delle condizioni di vulnerabilità e pericolosità deve essere integrata con la valutazione in termini monetari degli ecosistemi e dei servizi che questi forniscono, nonché dei relativi benefici diretti e indiretti. Carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca La vigente legislazione in materia ambientale individua il ripristino dello stato dei luoghi come misura risarcitoria da privilegiare. Se da un lato è chiaro che la valutazione economica di un danno ambientale sia necessaria per rispondere alle esigenze di risarcimento, dall’altro è poco considerata la sua utilità nell’indirizzare politiche di prevenzione, mediante il confronto tra i costi da sostenere per evitare un danno (valutazione ex-ante) e le somme che si sarebbero dovute esborsare per le operazioni di ripristino se il fenomeno si fosse verificato (valutazione ex-post). La quantificazione monetaria di ipotetici danni che si potrebbero venire a verificare in determinati contesti territoriali può costituire il termine di paragone per definire il limite entro cui ha senso economicamente investire per evitarli. Potenzialità nel breve e nel lungo periodo La valutazione economica della convenienza delle politiche di tutela contribuisce nel breve periodo a orientare gli strumenti di pianificazione verso logiche di prevenzione e a promuovere a lungo termine il mantenimento delle risorse ambientali migliorandone la gestione. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU. La proposta si integra con attività di ricerca già presenti nel DAStU nel settore della valutazione, gestione e mitigazione di rischi territoriali. | Tagged danno ambientale, prevenzione, valutazione economica |

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19. Grandi progetti urbani e identità locale Alessandra Oppio, RTI ICAR/22 Sergio Mattia, PO ICAR/22 Attualità e rilevanza Negli ultimi quindici anni molte città europee hanno visto nei grandi progetti di trasformazione urbana un’opportunità per aumentare il livello di competitività, avviare politiche di marketing e attrarre investimenti. Oltre a cambiamenti nella configurazione fisico-spaziale della città, questi interventi creano nuovi contesti sociali, dando origine a fenomeni di esclusione o integrazione strettamente legati a politiche di indebolimento o rafforzamento di alcune fasce della popolazione. Questo genere di impatti si riflettono il più delle volte in una progressiva perdita dell’identità locale e conseguentemente in un peggioramento della qualità della vita di coloro che direttamente o indirettamente non beneficiano di tali interventi. Si tratta di ricadute intangibili che, da un lato, non rientrano tradizionalmente nel calcolo di convenienza del soggetto privato promotore e, dall’altro, sono difficilmente quantificabili da parte dell’amministrazione pubblica. Carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca In questo quadro diventa essenziale operare una verifica della validità delle politiche pubbliche in funzione della loro capacità di soddisfare realmente l’esigenza di sostenibilità degli interventi e, cioè, di perseguire un ragionevole equilibrio tra le aspettative di crescita economica e di qualità della vita. La inadeguatezza degli strumenti dell’Analisi Costi Benefici di tipo tradizionale, più attenti ai principi dell’efficienza che a quelli dell’equità distributiva, nonché la convinzione di dover fondare il processo decisionale sulla conoscenza e sulla misurazione del modo in cui risultino appagati i diversi livelli di aspirazione degli individui interessati dalle scelte obbligano a considerare i seguenti due e coesistenti concetti: Valore comunitario del progetto e Valore tecnico-economico del progetto, la cui misura monetaria può essere utilmente operata mediante l’utilizzo del Contingent Valuation Method (CVM). Potenzialità nel breve e nel lungo periodo La ricerca intende proposta indagare il rapporto tra grandi progetti di sviluppo urbano e il livello di radicamento delle comunità locali mediante la verifica attraverso il Contingent Valuation Method (CVM) degli effetti di scenari di trasformazione simulati con tecniche di modellazione tridimensionale, virtuali e fisiche, capaci di restituire la percezione dello spazio e il cambiamento del livello di benessere degli abitanti. Quest’analisi sarà preceduta da un’indagine e una classificazione dei grandi progetti di sviluppo urbano al fine di comprendere e misurare la distribuzione dei benefici e dei costi tra operatori privati, proprietari, pubblica amministrazione e cittadini non solo a livello di quartiere ma dell’intero sistema urbano. Una particolare attenzione sarà dedicata alla rilevazione di fenomeni di polarizzazione socio-economica dovuti a cambiamenti del livello dei prezzi nel mercato immobiliare che rappresentano uno degli effetti di politiche urbane selettive. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU. La proposta si integra con le attività di ricerca del Laboratorio di Simulazione urbana Fausto Curti. L’applicazione del CVM richiede inoltre competenze multidisciplinari già presenti nel DAStU, in particolare nel settore delle scienze sociali. | Tagged qualità della vita, trasformazioni urbane, valutazione |

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20. Architettura per la temporaneità Proponenti Barbara Bogoni (Ricercatore confermato ICAR 14), Eleonora Bersani (Ricercatore confermato ICAR 14), Roberto Rizzi (Professore associato ICAR 16), Gianni Ottolini (Professore ordinario ICAR 16), Luigi Spinelli (Ricercatore confrmato ICAR 14), Lola Ottolini (Ricercatore confermato ICAR 16), Emes Invernizzi (PhD, assegnista di ricerca), Elena Montanari (PhD, Assegnista di ricerca) Tematica, attualità, rilevanza La temporaneità e la transitorietà nell’uso di alcuni edifici della città è caratteristica che ha lontane radici storiche. Essa sembra oggi essere amplificata da fenomeni di mobilità aumentata, innescati da nuove forme abitative, di lavoro e dello stesso abitare, fenomeni che sono registrati da numerosi studi di sociologia, economia, antropologia, ecc., che descrivono una società del “nomadismo”. Al di là della reale pervasività di questo modello abitativo, cui certamente si contrappongo forme insediative ancora stabilmente stanziali, è indubbio che gli spostamenti incidono sulla organizzazione del territorio e della città contemporanea e chiamano l’architettura, anche con la “durata” che convenzionalmente le viene assegnata, a rispondervi. Sembra infatti interessante (se non necessario) mettere in dialettica l’uso temporaneo di un luogo o di un servizio, con il suo permanere attraverso gli usi che si susseguono nel tempo, permanenza giocata fra un grado di definizione “spinto” (per far fronte alla mancanza di un servizio o di una prestazione) e forme di flessibilità capaci di adattarsi ai differenti fruitori. Per questo è necessario mappare le forme dell’abitare transitorio (fra case destinate a categorie sociali o lavorative “instabili” o “nomadiche”; case per vacanze e per il turismo sostenibile; abitazioni per l’emergenza; strutture di tipo “alberghiero-ricettivo”, innovative tipologie di ufficio; …) e capire in che modo l’architettura può renderle possibili e interpretarle. Innovazione/Continuità Il tema si inserisce in una tradizione di lavoro consolidata nell’ambito della progettazione alla scala urbana, architettonica e degli interni già affrontata dal gruppo proponente e che potrebbe trovare utile verifica in gruppi che si occupano di … , anche in altri Dipartimenti (come quello di Design dove alcuni docenti hanno già affrontato questo tema con tesi svolte da allievi del dottorato di ricerca DRAIA). Ulteriori approfondimenti sono favoriti da due occasiorni di ricerca e di progetto offerte rispettivamente: con la progettazione di uffici dirigenziali per una grande azienda veneta, che, a seguito di una specifica analisi dei flussi tra le diverse componenti lavorative e del processo globale di produzione, aspira a ottimizzare il processo di ricerca, sviluppo e realizzazione di nuovi prodotti; e con la progettazione dell’International Hostel di Verona, a vocazione culturale, integrato con abitazioni temporanee per l’affitto a categorie d’utenza marginali e povere, promossa da una Cooperativa Edilizia veronese (questa iniziativa si inserisce nella attualissima condizione di assenza di strutture di accoglienza con “servizi minimi”, osmotiche e aperte alla città, e orientate a un pubblico internazionale non omogeneo – giovani, ma anche anziani, lavoratori in mobilità, businnes-man). Potenzialità Gli obiettivi della ricerca sono: integrare e sistematizzare le attuali conoscenze sui modelli contemporanei dell’abitare lo spazio e sui modelli dell’abitare lo spazio contemporaneo, a seguito, per esempio, delle innovazioni nell’ambito della progettazione tecnologico-ambientale e dell’integrazione delle tecnologie della informazione e della comunicazione nei modelli del vivere (aspetti sociologici, antropologici, architettonici, etc.); definire i caratteri degli ambiti spaziali atti a muovere i flussi di persone e ad accoglierne la stanzialità temporanea con un sistema di interazioni con la città (aspetti urbani, architettonici, gestionali, etc.); attualizzare le conoscenze sulla produzione internazionale, al fine di una loro sistematizzazione e comparazione (aspetti teorico-critici, architettonici, etc.); individuare spazi, attività, dimensioni, localizzazioni, sistemi impiantistici e tecnologici in grado di soddisfare i caratteri di versatilità, economicità, prestazionalità (aspetti progettuali, architettonici, urbanistici, impiantistici, strutturali); individuare i sistemi di attrezzature e d’arredo in grado di soddisfare i criteri di flessibilità, prestazionalità e temporaneità alla scala del dettaglio (aspetti progettuali alla scala degli interni, economici, etc.). Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca Il tema ammette approcci diversi, indirizzando ad approfondimenti interdisciplinari e interdipartimentali: pensiamo alle indagini in ambito tecnologico, per esempio sui temi della flessibilità prestazionale dei componenti; alle ricerche sugli allestimenti espositivi; alle ricerche sulle residenze speciali; alle sperimentazioni didattiche e progettuali sulla microarchitettura e il macrodesign degli “oggetti-spazi” per l’abitare; alle ricerche spazi del lavoro. | Tagged abitare sociale, Abitare temporaneo, architettura transitoria |

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21. Temi di letteratura architettonica nella tarda età moderna. Proponenti: A. Scotti (p. o.), F. C. Testa (p. a.), P. Bossi (r.). La letteratura architettonica del Siècle des Lumières comprende nel suo perimetro forme discorsive e ambiti disciplinari differenziati, in un contesto dialogico che coinvolge riflessione teorica sull’architettura, archeologia, discipline antiquariali, storia dell’arte ed estetica filosofica. All’orizzonte di tale intreccio si pone la tensione, propria del secolo, a rimettere in discussione i fondamenti del pensiero e delle prassi, aprendo prospettive rivoluzionarie che presiedono alla nascita del contemporaneo. Si comprende perciò l’attualità e la rilevanza di una ricerca che elegga a proprio oggetto tale stagione del pensiero occidentale. Epicentro della ricerca sarà l’opera di Winckelmann, autore delle Anmerkungen über die Baukunst der Alten (1762), testo poco studiato e tuttavia fondamentale per il coevo dibattito sull’architettura. Il progetto si innesta su una ricerca sviluppata nel Prin 2006 Letteratura architettonica (p. i. F.P. Di Teodoro, Politecnico di Torino) da una unità locale coordinata da F. Testa, e si proietta verso un auspicato sviluppo nel progetto Prin 2012, su tematiche vitruviane (p. i. G. Most, Scuola Normale Superiore di Pisa; in attesa di approvazione), per il quale F. Testa si è proposto come coordinatore di un’unità locale intesa ad analizzare il ruolo del testo di Vitruvio nella letteratura architettonica dell’‘età di Winckelmann’. A tale progetto ha formalmente aderito anche P. Bossi e si propone di collaborare anche A. Scotti. Per lo studio delle Anmerkungen si prospettano esiti scientifici ed editoriali di rilievo internazionale con l’edizione commentata delle Anmerkungen con testo a fronte e atlante iconografico, a cura di F. Testa (Olschki, Firenze) e con i contributi critici relativi nel volume M. Disselkamp; F. Testa (hrsg.), Winckelmann-Handbuch, Metzler-Verlag, Stuttgart. | Tagged estetica architettonica, letteratura architettonica, teoria dell’architettura |

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22. Paesaggio e infrastrutture Proponenti: Arturo Lanzani professore straordinario icar 20, Antonio Longo ricercatore icar 21, Federico Zanfi ricercatore td icar 21 1. Gli esiti morfologici, funzionali e gestionali delle trasformazioni del paesaggio italiano risentono di una drammatico deficit progettuale, ciò si evidenzia in modo evidente negli esiti dei grandi progetti infrastrutturali e negli interventi unitari di ingegneria per il territorio. Negli anni passati non sono mancate esperienze pratiche e progetti di ricerca che hanno evidenziato le ragioni culturali di tale deficit, ragioni che risiedono anche nell’indebolimento della cultura politecnica nei processi di progettazione e realizzazione delle opere civili. La linea di ricerca intende approfondire attraverso esperienze progettuali dirette e ricerche applicate a casi e contesti le condizioni e le implicazioni della ricostruzione di una pratica progettuale politecnica, ovvero critica e adattativa, che integra i saperi in relazione agli obiettivi, che si relazione con il contesto con attenzione alle risorse e ai limiti esistenti. 2. La proposta è in continuità con lavori recenti dei proponenti si colloca entro un prospettiva di ricostruzione delle relazioni interdisciplinari all’interno dell’ateneo e di rafforzamento delle linee di ricerca applicata. 3. Nel breve periodo la principale potenzialità consiste nello sperimentare intorno al tema specifico del progetto di paesaggio e infrastrutture alla media e grande scala soluzioni interdisciplinari, nel lungo periodo nel consolidare gruppi di ricerca – anche interdipartimentali e internazionali in grado di rispondere in termini operativi e qualificati a domande operative connesse con in tema. 4. Intorno al tema si è consolidato negli anni passati un gruppo di ricerca attivo sia sul fronte della riflessione teorica che su quello della ricerca applicata (Lanzani, Longo, Pileri, Zanfi, con numerosi ricercatori esterni coinvolti su progetti specifici e frequenti relazioni interfacoltà) che può articolarsi e ampliarsi contribuendo a consolidare una più generale linea di ricerca sull’analisi e il progetto del paesaggio e dell’ambiente. | Tagged cultura politecnica, infrastrutture, PAESAGGIO |

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23. Edifici alti. Città tipo forma costruzione Proponente: M.G. Folli (ord. Comp. Arch. e Urb.) Alla propensione verso la costruzione in altezza, oggi particolarmente diffusa anche nel vecchio continente, non sempre corrispondono atteggiamenti di ricerca e di sperimentazione progettuale legittimati da senso di responsabilità etica e culturale. Nel le città europee la dialettica tra orizzontalità e verticalità è stata storicamente regolata da dinamiche, diverse nei tempi e nei luoghi, espressioni di specifiche interazioni tra culture, tecniche, invenzioni linguistiche, modi d’uso della città, relazioni con il paesaggio. Diversamente, gli edifici alti contemporanei, anche in Europa, nella ossessiva ricerca di primati di singolarità, spettacolarità e altezza eludono strategie di disegno urbano, di vita sociale, di rappresentazione simbolica, di costruzione di luoghi per abitare. Si propone un percorso di ricerca finalizzato a definire strumenti concettuali e operativi per il progetto di edifici a torre assunti : a_ come elementi strutturanti del paesaggio – dove la costruzione in altezza intesa, secondo la definizione di Giedion “a building must be distingued by some height above those surrounding it to give impression of scraping the sky” possa essere in grado non solo di limitare il consumo di suolo urbano ma soprattutto di ridefinire relazioni spaziali, scalari, visuali, percettive, di orientamento, di valorizzazione ambientale, di rafforzamento di identità territoriali; b_ come integrazione e sintesi tra specifiche razionalità funzionali, costruttive- strutturali, tecnologiche, materiche-, energetiche, economiche e paradigmi formali, simbolico-rappresentativi, dimensioni immateriali. La ricerca comporta un approccio conoscitivo e progettuale articolato e sperimentale che si avvarrà di contributi e competenze multidisciplinari. | Tagged Costruzione, paesaggi, Sostenibilità, torri |

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24. La casa nel Welfare Proponenti: M.A. Cabiddu (ord. di Istituz. dir. pubbl.); M.G. Folli (ordin. di Composiz. arch. e urb.); M.C. Treu (ord. di Urb.). Il problema della casa in Italia è tornato di grande attualità. Dopo la riduzione dell’impegno pubblico nella costruzione di case popolari lo scenario è attualmente caratterizzato, per un verso, dalla scarsità di abitazioni per l’affitto a canone moderato e sociale e, per altro verso, dalla sottoutilizzazione di una larga fetta del patrimonio immobiliare, dal fallimento di società a causa dell’invenduto e dalla difficoltà – da parte degli enti pubblici, dati i numerosi vincoli – di acquisirne la disponibilità. Ciò che emerge è la necessità di ricercare forme residenziali più flessibili e adatte anche a un uso temporaneo e, sul fronte, giuridico-economico, statuti proprietari differenti da quelli recepiti dalla tradizione e nuove forme di finanziamento a sostegno dell’affitto e dell’acquisto da parte di soggetti deboli. Tali processi vanno letti oggi all’interno della grave crisi economica e degli effetti devastanti che essa finisce per avere non solo sul fronte del mercato immobiliare ma anche sul lavoro, sulla disponibilità di servizi alla persona adeguati alle mutate esigenze della famiglia e dell’impresa e, in generale, sul godimento dei diritti garantiti dalla Costituzione. Il tema dell’housing assume, in tale contesto, un ruolo di primaria importanza rappresentando un indubbio fattore di rilancio dell’economia sia per quanto riguarda gli investimenti nel settore immobiliare che per i profili legati ai servizi alla persona, finendo per costituire un elemento portante di un nuovo sistema di welfare economicamente e socialmente sostenibile. Peraltro, la nozione di alloggio sociale consente di affrontare il problema della casa con un approccio multi-disciplinare, come si evince dalla provenienza dei docenti proponenti. | Tagged Casa, crisi, welfare |

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25. Tutela dei monumenti e del costruito diffuso nelle trasformazioni urbanistiche del centro storico di Milano dal secondo dopoguerra Proponente: Serena Pesenti (professore associato di Restauro architettonico) 1 Tutela del costruito e intervento urbanistico nella città storica è tema cruciale nel quale, da sempre, si verifica la difficile convivenza tra ‘antico e nuovo’. Il binomio con il quale i restauratori italiani identificarono il problema dell’inserimento o dell’accostamento di architetture nuove accanto alle antiche, a partire dal dibattito sulla ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale, tuttora appare uno dei nodi più critici, laddove si ponga la necessità di operare una consapevole tutela delle stratificazioni storiche (non solo monumentali o archeologiche) nella progettazione urbanistica ed edilizia all’interno dei centri storici. 2 La ricerca, assumendo come base recenti studi sulla ricostruzione post-bellica milanese (anche nell’ambito di un PRINMIUR2007), intende sviluppare l’indagine sui temi della tutela del patrimonio costruito diffuso, oltre che monumentale e archeologico, in rapporto alle trasformazioni urbanistiche ed edilizie, nel centro storico di Milano. 3 La ricerca, accanto a noti e numerosi contributi di storia dell’architettura e dell’urbanistica esistenti sul tema milanese, si pone come rilettura, questa volta dal côté della tutela del patrimonio costruito in relazione alle trasformazioni urbanistiche ed edilizie avvenute nel centro storico dal dopoguerra. Oltre ad approfondimenti sulla vicende che hanno determinato la costruzione dell’attuale paesaggio urbano del centro milanese, l’indagine può porsi come supporto conoscitivo per la progettazione o riqualificazione di aree o luoghi ‘abbandonati’ nel centro storico della città e per iniziative di avvicinamento del pubblico alla storia della città. 4 La ricerca già si è avvalsa dell’importante contributo dell’Archivio RAPU del Dip. DAStU–Triennale. La trasversalità dell’indagine sulla città storica, che coinvolge competenze di tutela e restauro del costruito, e di pianificazione urbanistica, si ritiene possa porsi come occasione di proficuo scambio e collaborazione interdisciplinare, oltre che di positive ricadute anche sulla didattica. | Tagged centro storico, Milano, tutela |

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26. La simulazione urbana percettiva: uno strumento a supporto del progetto e della valutazione Proponenti Laboratorio di Simulazione Urbana: Barbara Piga, Valerio Signorelli, Laura Cibien, Eugenio Morello, Mattia Andrea Rudini, Aldo Treville L’attualità e la rilevanza Le trasformazioni urbane spesso non sono accompagnate dalla anticipazione degli esiti percettivi che i nuovi insediamenti avranno sul contesto esistente. Questo può generare disattese e persino conflitti tra i portatori di interesse. La simulazione percettiva urbana consente di anticipare gli esiti ai fini della progettazione e della valutazione per facilitare e condurre i processi decisionali. Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca L’avanzamento delle tecniche della fotografia e della simulazione digitale consente oggi di: - Avvicinare le simulazioni agli esiti percepiti con una qualità foto-realistica - costruire archivi visivi (anche navigabili e immersivi) per la valutazione e il monitoraggio dei luoghi nel tempo - mettere le informazioni virtuali a disposizione di tutti (comunicazione e trasparenza) Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo La ricerca si propone di sviluppare strumenti per la valutazione, la progettazione e il monitoraggio delle trasformazioni urbane a servizio delle pubbliche amministrazioni e dei progettisti. La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU La proposta è centrale rispetto alle attività del laboratorio e potrebbe coinvolgere altri gruppi di ricerca che si occupano di valutazione ambientale, progettazione urbana e rappresentazione. TAGS [simulazione urbana, simulazione percettiva, valutazione, progetto urbano]

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27. Out of “bottleneck”: reloading image updating ideas Proponente: Luigi Cocchiarella (Ricercatore SSD ICAR 17) This research idea aims to reconsider, so updated, the role and the sense of graphic representation with refer to the wide field of Architecture, namely the field concerning, in theory and in praxis, interiors, buildings, cities, landascapes and infrastructures. What do the great number of other operators normally expect from an architect with refer to the above mentioned field? Maybe, that she/he could understand specialized inputs, processing them in formal syntheses and designing high quality spaces: in other words, the ability to turn ideas and information into buildable spaces, and the ability to understand ideas and information starting from the built spaces. Which means, mastering the “shape” both in terms of materiality, usability and symbolism: if the architect has a specific expertise with respect to other operators, it is this. Where do these syntheses take place? Normally, into appropriate graphic representations, since every built space needs to be graphically developed, at first: that is, it will found in the built spaces no more and no less than what it has been put in the project, then, no matter how refined the programs and the intentions, that is, all the various disciplinary inputs, have been, in the end the quality of an architectural space depends on “what” the architect finally draws in the project. If the architect is unable to convert and convey information in appropriate graphic models, “bottlenecks” between ideas and reality will occurr, that could end up making it unusable even the finest program, increasing the distance between the theoretical systems and the physical places, therefore, especially considering the huge potential nowadays offered by the digital tools, this will be a crucial point to take in account in the future, both from the side of Research and from the side of Education. Relevance As math for physics, in the field of architecture graphic representation has always been an international “standard language” in research, education, profession, even more emphasized in the last decades thanks to the digital innovation, so much so that some important universities have long since decided to devote special departments and schools to the matter, while important changes have also progressively affected both the administrative and the professional world. This is why the proposed theme is not only relevant to the research, but also to the connections with education, what has already come to the attention of the European community. Innovation and continuity with our research traditions Although nowadays graphic representation is largely based on technical innovation, the innovative power of the new technologies is not merely technic, since the new tools and interfaces have deeply changed our cognitive and operational approaches to the matter. However, especially in the architectural field, universities have not always kept pace with these rapid developments, neither in research nor in education. As a result, a big barrier between “native analogue” and “native digital” experts has been growing up, largely weakening the communication between generations and the sharing of knowledge. It seems that it has been forgotten that the modern visual language, especially in our Western world, has its millennarial roots in science and art. Then, working on the “missing ring” between tradition and innovation, both in research and in education, it is expected to be one of the most challenging tasks in order to ensure the survival and the future growth of our academic institutions, and the most warned unversities are already investing in this direction. Short-term and long-term potential A short-term potential could basically be the opportunity to stimulate a critical and interdisciplinary discussion about aims, principles and methodologies among us, and to develop some targeted tests with the help of other partners, i.e. local and international academic institutions, software houses, administrations, communities, industries. The long-term potential could basically be the opportunity to update our research and education styles, to improve our cultural background and at the same time to increase our technical equipments, becaming more attractive on the sides of research, education, scientific advice. In both the cases, targeted research projects should involve both young researchers and experienced professors, as in a “lifelong laboratory”. Attractiveness for DASTU research and research groups Working on the languages means working on the knowledges, connecting languages means working in favor of connecting and interlinking systems of knowledges, and consequently, people. Then, critically working on the graphic language could be a way to strengthen the interdisciplinary collaboration around the focal point of the architecture: the shape and the quality of the architectural spaces and of the architectural visions. Interdisciplinary meetings, new research groups, new laboratories, a new scientific journal, new graduate and post graduate curricula and courses, could arise from the project and support its development. | Tagged architecture, digital graphics, graphic representation |

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28. Research by design e disegno dei territori urbani contemporanei Proponenti: G. Bertrando Bonfantini (professore associato ICAR/21), Andrea Di Giovanni (ricercatore ICAR/21), Giulia Fini (assegnista di ricerca ICAR/21), Andrea Gritti (ricercatore ICAR/14), Antonio Longo (ricercatore ICAR/21), Marialessandra Secchi (ricercatrice ICAR/21) 1) Attualità e rilevanza La fenomenologia dei territori urbani contemporanei sollecita due domande complementari di ricerca: quali sono le forme del progetto urbanistico più adeguate al riassetto fisico e funzionale in condizioni di profondo cambiamento dell’urbano (per crisi e/o rapidità parossistica dei processi), nonché a produrre effetti reali in rapporto con le esigenze della città e dei cittadini? Qual è l’ambito entro cui il progettista opera e quali i dispositivi che può attivare nell’interazione spazio/società? La riflessione proposta muove da un approccio di research by design che i componenti del gruppo da alcuni anni, nella ricerca applicata così come nella didattica,sperimentano con forme – programmaticamente contestuali – del progetto urbanistico/urbano alle diverse scale, quale strumento per interpretare e agire il cambiamento: nella costruzione di tematizzazioni che sondano e informano campi territoriali complessi e multidimensionali; nel disegno di assetti possibili aperti a sviluppi e articolazioni; nella individuazione di dispositivi – necessariamente parziali e collocati entro uno spazio di responsabilità limitata – utili a introdurre e/o gestire la modificazione, nella specificità irriducibile delle diverse situazioni insediative. 2) Carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Incentrata sulla pratica del disegno, intesa come esplicitazione e rappresentazione nello spazio e nel tempo di elementi multidimensionali della trasformazione territoriale, questa linea di ricerca indaga nel tempo lungo (con particolare attenzione, cioè, alle tradizioni, ai “fili rossi”, ai lasciti dei modi di fare progetto) le trasformazioni del progetto urbanistico e delle pratiche di pianificazione ad esso collegate, per sperimentarne di ulteriori capaci di una effettiva e stringente presa interpretativa ed operativa sui nessi tra assetti fisici e pratiche d’uso negli odierni territori urbani. Oltre le pratiche convenzionali di regolazione dell’uso del suolo e di mera prefigurazione planivolumetrica, al centro dell’attenzione si collocano piuttosto quei modi del progetto che più sembrano in grado di affrontare il difficile rapporto tra permanenza degli oggetti e labilità dei processi. In tal senso, più che un generico richiamo alle necessità di un progetto di territorio, sono le “forme” che il progetto può assumere a definire i contorni specifici della ricerca. 3) Potenzialità nel breve e nel lungo periodo Nel breve periodo sarà possibile attraverso mostre, attività didattiche, seminari e missioni aperte condividere e ampliare questa prospettiva di ricerca, costruendo una mappa e una rete di referenti e interlocutori, non solo nelle scuole che in questa direzione già operano (Milano, Venezia, Lovanio). Nel lungo periodo la linea di ricerca potrà evolvere – oltre che nelle attività formative di tutti i differenti livelli (laurea, master, dottorato, formazione post-dottorale), attraverso esperienze di ricerca applicata che coinvolgano il dipartimento e i consorzi universitari. 4) Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Per i caratteri sopra sinteticamente descritti, la linea di ricerca è aperta e potenzialmente inclusiva rispetto a tradizioni di lavoro, apporti, esperienze provenienti dalle aree del progetto urbanistico (a iniziare da quella del laboratorio di ricerca RAPu+, cui appartengono alcuni dei componenti del gruppo proponente), architettonico e ambientale, nonché della storia e della geografia. Questi ultimi contributi – storici e geografici – sono fondamentali a fronte dei rischi di una miope “tirannia del presente”. | Tagged : territorio urbano, progetto contestuale, spazio e società |

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29. The spatial dimension of energies: estimations and simulations of future urban energy scenarios Proponenti Laboratorio di Simulazione Urbana Fausto Curti: Eugenio Morello, Barbara Piga, Valerio Signorelli, Laura Cibien, Mattia Andrea Rudini, Aldo Treville L’attualità e la rilevanza Ambitious European targets on energy savings to be achieved in the near future require innovative approaches to energy planning at the large scale. Current policies revealed to be insufficient to drive a significant change. We argue that scaling-up energy issues by taking into account the physical design and planning of the territory together with a renovated toolkit for energy-conscious urban planning might lead to significant achievements towards a sustainable future. Hence, an integrated approach of urban planning and energy planning is desirable. Urban master-planning offers the possibility to scale up energy efficiency if properly taken into account from the initial concept design. For instance, not only technology can give an answer to sustainability, but also the configuration of the physical space. It is evident that different urban spatial configurations present different energy consumption implications and impact on lifestyles. Il carattere di innovazione The novelty of the proposed approach consists in the attempt of converging different competences together, aiming at finding devices to integrate urban planning and design aspects together with the environmental and energy strategies. Firstly, a flexible and interactive toolkit the generation of urban energy scenarios has to be designed according to the stakeholder needs, in a process of continuous refinement of the outcomes. Secondly, an innovative method which refers to the integrated use of GIS for the construction of the platform and Digital Image Processing techniques for the analysis and simulation of Digital Urban Models derived from LiDAR data and 3-D models in general. Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo The goal of the research is the implementation of a Spatial Planning Support System integrated with urban morphology, energy and environmental aspects, whereby energy basins, i.e. local producers, sinks and consumers, are clearly identified in space and size. In fact, the ultimate goal is to provide future scenarios towards the self-sufficiency for several types of territories, by starting from the different levels of resilience that characterize the variety of current spatial configurations. La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU This research stream is part of the investigations of the Urban Simulation Laboratory and aims at activating new links to other research groups in the field of energy and environmental studies. TAGS [energy and urban planning, spatial planning support system, energy scenarios]

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30. Prefabbricazione e quartieri residenziali del dopoguerra. Strategie di tutela Francesca Albani, ricercatore a tempo determinato di Restauro Architettonico Carolina Di Biase, professore ordinario di Restauro Architettonico All’interno del progetto “Materiali del paesaggio contemporaneo. Metodologie innovative di conoscenza, indagine, intervento” da anni si stanno conducendo ricerche legate ai temi e alle problematiche della conservazione e del riuso dell’architettura del XX secolo con la consapevolezza che, oltre al tema dei “monumenti” dell’architettura del Novecento, fondamentale sia affrontare la questione più generale del costruito nelle sue diverse espressioni. La ricerca, con rimando al rapporto tra finalità di tutela e scelte di intervento, ha interessato più fronti: quello dei materiali e delle tecniche di integrazione e riparazione; quello della città del Novecento con alcune sue importanti sezioni relative agli insediamenti industriali, piuttosto che ai problemi, ad oggi soltanto in parte indagati, dei quartieri realizzati con logiche di industrializzazione del processo produttivo. In riferimento all’ultimo tema, negli ultimi tre anni la ricerca ha messo in luce che in Italia, all’interno del complesso dibattito sulla ricostruzione, l’evoluzione dei sistemi costruttivi da una fase artigianale ad una industriale rappresentava per molti una reale soluzione al problema della casa. Dopo gli insuccessi delle numerose sperimentazioni italiane (QT8 e quartiere Comasina a Milano, quartiere Torre Ranieri a Napoli, …) per realizzare i nuovi quartieri si opta per l’importazione di brevetti francesi. Questo intenso rapporto tra Italia e Francia porta tra l’altro alla costruzione a Milano di diversi quartieri tra cui il Gallaratese G1 (procedimento Camus), il quartiere Olmi a Baggio (sistema Balency) e il quartiere Gratosoglio sud (procedimento Coignet). Lo studio finora condotto ha preso in considerazione solo il primo di questi tre quartieri e ha individuato le principale problematiche che interessano questo luogo, ricollocandolo, sia alla scala dell’edificio sia a quella urbana, all’interno delle diverse ‘storie’ che contribuiscono a svelarne valori e significati. Prima di definire le strategie di intervento sarebbe fondamentale estendere lo studio anche gli altri quartieri, verificando come questi luoghi abbiano resistito alla prova del tempo. Tenendo conto dei censimenti già in corso, sarebbe importante mettere a punto uno strumento di raccolta delle numerose informazioni necessarie per individuare le specificità morfologiche, tipologiche, materiche, oltre che le diverse problematiche di degrado e riuso. Questo strumento rappresenterebbe la base imprescindibile per un processo decisionale volto alla definizione di strategie specifiche. Inoltre estendere lo sguardo ad altre realtà europee rappresenterebbe un momento fondamentale di riflessione in riferimento anche al fatto che questi quartieri sono stati realizzati con alcuni tra i sistemi costruttivi più utilizzati negli anni Sessanta. Analizzare le modalità con le quali sono state affrontate in altri contesti una serie di tematiche comuni legate alla materialità dell’edificio (adeguamento/miglioramento funzionale e normativo, risparmio energetico, sicurezza, cambiamenti degli standard abitativi) potrebbe arricchire, all’interno di un contesto rispettoso della materialità del costruito, le riflessioni su come governare le opere di trasformazione in atto su un patrimonio la cui presenza ‘segna’ parti importanti delle nostre città. | Tagged tutela, edifici prefabbricati, 1945-1965 |

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31. Alla ricerca della bellezza perduta. La questione dell’estetica urbana Renzo Riboldazzi architetto, t.l., professore a contratto di Cultura del Progetto urbano Tema di ricerca Per secoli in Europa si sono realizzati spazi aperti urbani belli e ospitali. Questi sono espressione di un sapere condiviso sedimentatosi nel tempo che è andato in crisi con l’affermarsi dell’urbanistica moderna. La ricerca intende indagare: 1) i caratteri della bellezza degli spazi aperti della città europea (Esistono invarianti formali, funzionali, culturali e civili?); 2) le ragioni per cui gli spazi urbani realizzati nella seconda metà del XX secolo solo in rari casi hanno raggiunto gli stessi livelli qualitativi di quelli prodotti nelle precedenti epoche storiche (Che cosa non ha funzionato nei paradigmi teorici e nelle pratiche progettuali dell’urbanistica moderna?); 3) la possibilità e le potenzialità di un’estetica urbana contemporanea (È possibile, oggi, nella nostra società, immaginare un’idea di bellezza urbana condivisa? Come quest’idea può entrare negli strumenti e nelle pratiche progettuali contemporanee?). Attualità e rilevanza del tema Nella pratica urbanistica corrente il tema della bellezza ha avuto nella seconda metà del secolo scorso e ha tutt’oggi scarsa rilevanza. Si tratta invece di un aspetto cruciale della qualità della vita delle persone che andrebbe considerato non solo rispetto alla questione della conservazione dei paesaggi urbani ereditati dal passato, ma nel contesto di una riflessione più ampia sul ruolo dell’urbanistica nella società contemporanea (La nostra società è ancora in grado di produrre bellezza? La bellezza degli spazi urbani è un aspetto dell’abitare civile, un diritto dei cittadini?). La rilevanza del tema è testimoniata anche dal ruolo che la qualità estetica dei luoghi gioca nei processi di competizione urbana e nelle strategie di marketing territoriale. Innovazione e continuità con la tradizione di ricerca La ricerca si inquadra nella pluriennale attività della sezione Disegno urbano e di paesaggio (già Storia e Progetto della metropoli) del Dipartimento di Progettazione dell’Architettura i cui membri – Giancarlo Consonni, Graziella Tonon, Sergio Brenna, Laura Montedoro, Renzo Riboldazzi – hanno aderito al nuovo Dipartimento di Architettura e Studi urbani. L’approccio proposto, infatti, è allo stesso tempo analitico e progettuale e, in generale, volto a comprendere in una prospettiva storica sia i caratteri strutturali delle trasformazioni urbane contemporanee, sia i rapporti complessi fra gli elementi fisico-spaziali e quelli sociali. Rispetto al lavoro sin qui svolto, la ricerca si distingue per la particolare focalizzazione sul tema dell’estetica urbana. Potenzialità Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo sono di diversa natura con ricadute tanto sulla didattica quanto sugli ambiti più strettamente progettuali e quelli delle politiche urbanistiche sottese alle trasformazioni urbane. Attivazione di gruppi di ricerca Il tema proposto consentirebbe di consolidare e attivare gruppi di ricerca interni ed esterni al DAStU, nazionali e internazionali, perché richiede studi pluri e interdisciplinari. Investendo il rapporto tra spazio e società, oltre agli ambiti dell’urbanistica (in particolare quelli del disegno urbano, della storia urbana, della teoria e della cultura del progetto urbano, della legislazione urbanistica), coinvolge quelli della composizione architettonica e urbana, della storia e del restauro urbano, della filosofia e della sociologia. | Tagged bellezza, estetica urbana |

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32. DE – FORTIFICARE Proponenti: Mara Flandina (Arch. PhD, Docente a contratto) – David Palterer (Arch., Ricercatore di ruolo confermato) – Leonardo Belladelli (Arch. PhD, Docente a contratto) – Valerio Loris Bianchi (Arch.) – Maddalena Treccani (Arch.) – Isacco Vecchia (Arch.) Le presenze militari nel territorio trasportano nel presente i segni di un passato talvolta remoto e raccontano di società ed equilibri totalmente mutati. Spesso abbandonati, questi manufatti sono capaci di forti suggestioni, in cui si la presenza tangibile di una storia ancora recente ed il fascino della rovina possono fondersi. Centri: sono le caserme e le carceri inserite nel corpo della città consolidata, spesso sorte in posizioni periferiche e poi inglobate dalla crescita urbana; edifici importanti, sia dal punto di vista simbolico che volumetrico, rappresentano interessanti opportunità di trasformazione urbana. Sono luoghi potenziali, ove progettare nuove forme di complessità funzionale e sociale volte alla ridefinizione delle gerarchie della città contemporanea, con l’obiettivo di tessere la trama urbana con l’ordito del sistema dello spazio pubblico di scala vasta. Margini: le antiche fortificazioni costiere e quelle alpine, linee di difesa che si inseriscono con garbo a audacia nel paesaggio, segnandolo fortemente, ma al contempo nascondendovisi, sono tracce passibili di diventare affascinanti “percorsi lenti” di attraversamento e scoperta del territorio. Isole: gli aeroporti e le basi militari dismessi o in via di dismissione si estendono sul territorio connotandosi come isole con diversi tipi di ponti: taluni per poterle raggiungere, altri da cui osservare il territorio. Presenze spesso ingombranti, se riqualificate e modificate nelle loro destinazioni d’uso, divengono opportunità per la dislocazione di servizi di portata territoriale, inducendo trasformazioni negli equilibri di scala vasta, in un’ottica di salvaguardia degli spazi non urbanizzati. La proposta intende inserirsi in un filone ricerca solo parzialmente esplorato ed affrontato in maniera puntuale; si propone di attivare la collaborazione con una istituzione comunale e provinciale, nel breve periodo, per dare vita ad un progetto pilota che definisca strategie attuabili su un territorio definito e, al contempo, una metodologia applicabile ad altri casi, come opportunità di lavoro sul lungo periodo. Ambiti di ricerca interessati: progettazione urbana, urbanistica, storia dell’architettura, restauro, rilievo e mappatura degli edifici e del territorio, riqualificazione energetica. | tagged architettura-militare, riqualificazione, progetto-urbano |

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33. Economia, etica e territorio In concomitanza con la nascita del nuovo Dipartimento DAStU i componenti del Gruppo di Ricerca che si riconoscevano nel Laboratorio di Economia, Logistica e Territorio-LabELT hanno deciso di modificare la ragione sociale del proprio laboratorio che dall’1 gennaio 2013 si chiama infatti “Laboratorio di Economia, Etica e Territorio – LabEET. La ragione del cambiamento non è formale ed è finalizzata ad un programma aggiornato di ricerche da sviluppare in modo interdisciplinare e con la partecipazione diretta e stabile dei seguenti ricercatori: - Flavio Boscacci, SECS-P/06 - Giovanni Rabino, ICAR 20 - Ilaria Mariotti, SECS-P/06 - Fulvia Pinto, ICAR 20 - Claudio Comi, ICAR 17 - Ila Maltese, SECS-P/06 - Francesco Scarlatti ICAR 20 Nonché di altri ricercatori interni ed esterni al Dipartimento, che si vorranno aggregare, anche su singoli progetti di ricerca. 1) Attualità e rilevanza del programma di ricerche LabEET: le ricerche del programma che si propone riguardano il quadro delle trasformazioni territoriali di scala urbana e territoriale, viste dal lato delle decisioni di investimento dei singoli, delle imprese della produzione e delle pubbliche amministrazioni. 2) Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca: Secondo un rinnovato, innovativo approccio dell’economia al territorio, la proposta scientifica è di tipo prevalentemente micro e le analisi sono volte a riconoscere la specificità dei territori, le loro potenzialità e la sostenibilità dei processi che vi si svolgono. Le valutazioni per la sostenibilità dei progetti, in particolare, comprendono tutti gli aspetti del fare bene; ovvero dell’applicazione dell’etica civica ai comportamenti e alle scelte che implicano l’uso del territorio e dell’ambiente. 3) Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo: le ricerche economico-territoriali avranno applicazione già nei progetti di ricerca in atto e mirano, nel lungo periodo, ad influenzare l’approccio alla progettazione degli operatori del territorio e a improntare in questo senso la capacità dei giovani che frequentano i corsi di Architettura 4) La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU: il programma di Economia, Etica e Territorio punta a collaborazioni con colleghi di altri settori disciplinari, sia per la predisposizioni di bandi di concorso che per la realizzazione cooperativa di progetti di ricerca. Un tema rilevante sarà quello delle “Reti territoriali identitarie” e del loro ruolo per l’utilizzo conveniente dei patrimoni storici e dei valori ambientali e paesaggistici. | Tagged Decisioni ed Etica, Economia per i territori |

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34. Soft Machines l’impatto dell’evoluzione tecnologica sui sistemi di mobilità e sulla qualità degli spazi aperti urbani Proponente: Carlo Ezechieli, Professore Incaricato di Progettazione del Paesaggio In sintesi: Ipotesi: la forma delle città dipende dalle modalità di circolazione al loro interno. Sempre maggiori capacità di elaborazione di dati e di processi e di automazione che riguardano la mobilità urbana potranno in un futuro non remoto cambiare radicalmente il modo in cui vengono utilizzati e progettati gli spazi della città: sia spazi aperti e di connessione che spazi edificati Presupposti: le città sono attualmente soffocate dalla presenza di automobili, con conseguente degrado di qualità ambientale, funzionale e formale. I criteri correnti rivolti a traffico e mobilità cercano di risolvere, mediante un approccio ereditato dal passato, problemi destinati a diventare presto obsoleti. Metodologia: analisi delle condizioni di partenza, dei più recenti sviluppi a livello tecnologico e normativo e delle opportunità che derivano da questi ultimi. Sviluppo progettuale-architettonico di una visione per il futuro delle città. Fonti: ricerche ed esperienze recenti nel campo dell’automazione e robotizzazione, dell’elaborazione di dati e dei processi e condivisione di informazioni, sviluppate sia in ambito accademico che industriale. Studi ed esperienze recenti sulla città e sul traffico e percorsi a livello di regolamentazione ed indirizzo. Studi urbani, storia della città e delle visioni urbane dall’inizio del XX secolo fino ad oggi. Principali risultati: prefigurazione di scenari tuttora inesplorati in architettura e negli studi urbani e di grande potenzialità rispetto a cambiamenti radicali e positivi dell’ambiente e dello spazio delle città Valore aggiunto: prefigurare una struttura fisica, tecnologica e sociale per la città, ed in particolare per la città europea, rispetto ad opportunità non ancora esplorate nello specifico disciplinare dell’architettura e degli studi urbani Abstract: Soluzioni tecnologiche, un tempo considerate a malapena futuribili, hanno progressivamente e radicalmente cambiato il modo di utilizzare e progettare gli spazi in cui abitiamo, tanto che oggi riflettiamo con perplessità sulle città della prima età industriale, prive di sistemi – come la rete fognaria o di acqua corrente – che diamo ormai per scontati. Con analogo stupore, un giorno contempleremo problemi che affliggono le città di inizio XXI secolo. Come noto, la forma delle città dipende dalle modalità di circolazione al loro interno (Webber, 1964). Tra le varie modalità di spostamento che si sono susseguite nel tempo, la motorizzazione, che si è sviluppata a ritmo frenetico a partire dai primi del 1900, ha presto rivelato l’inadeguatezza dell’impianto urbano preesistente, imposto nuovi assetti, e portato a visioni – come quelle di Hénard, Le Corbusier o F.L. Wright – di innegabile influenza sui successivi sviluppi urbani. Oggi, il traffico veicolare rappresenta per ogni città un impatto pesantissimo sulla qualità dell’ambiente, sulla qualità dell’abitare e sulla qualità formale e funzionale degli spazi che la compongono. Nel rapporto città/automobile si concentrano peraltro alcuni dei più clamorosi paradossi: veicoli di 1000 chili che trasportano un solo occupante, o in movimento solamente 2 ore nell’arco di 24 (da ricerca Singularity University, 2011) e per il resto del tempo fermi, immobili, ingombrando – e rendendo sostanzialmente inabitabili – spazi come viali o piazze rappresentativi della ricchezza di un ambiente urbano tramandatoci dal passato. Mentre in origine le risposte ai problemi di viabilità si basavano su un adattamento incondizionato dell’impianto fisico urbano, oggi la strategia prevalente è quella della limitazione: limitazione locale del traffico, limitazione della mobilità privata, limitazione dei consumi attraverso criteri come “efficienza” ed “ottimizzazione”. Queste azioni, per quanto lodevoli, non tengono tuttavia conto che nuove tecnologie di informazione ed automazione potrebbero presto rendere gli attuali paradigmi di mobilità e sosta veicolare, ed i relativi problemi, obsoleti. Con l’aumento esponenziale della potenza e capacità di reti e calcolatori (Kurzweil, 2001) le città sono sempre più governate e funzionanti in base a sistemi e reti funzionalmente complesse e tecnologicamente avanzate di elaborazione di dati, di processi e di condivisione di informazioni (Castells,1996). Nell’evoluzione tecnologica – con soluzioni automatizzate e in rete (tra queste i veicoli autonomi o “driverless”) – risiede ormai una notevole e concreta opportunità di trasformazione dei sistemi di mobilità. Queste potenzialità comprendono la riduzione dell’impatto della sosta e del traffico veicolare sulla struttura urbana ed, in particolare, sulla struttura e la funzionalità degli spazi aperti. Data la possibilità, indotta da nuove tecnologie, di profonda trasformazione dei sistemi di mobilità e spostamento, l’obiettivo della ricerca è quello di prefigurare un nuovo assetto della città (con particolare riferimento alla città europea). Questo sulla base di un completo ripensamento del ruolo, della funzione e della forma di spazi – soprattutto quelli nell’abitato di alta o media densità – ora occupati da masse ingenti di veicoli in sosta o nel tempo forzosamente adattati alla presenza, sempre più invasiva, dell’automobile. | Tagged mobilità, spazi aperti, tecnologia |

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35. ARQUNEWOLOGIES Proponenti: Mara Flandina (Arch. PhD, Docente a contratto) – David Palterer (Arch., Ricercatore di ruolo confermato) – Leonardo Belladelli (Arch. PhD, Docente a contratto) – Valerio Loris Bianchi (Arch.) – Maddalena Treccani (Arch.) – Isacco Vecchia (Arch.) La ricerca intende affrontare il tema della presenza archeologica nelle città affrontandola in chiave progettuale, con l’obiettivo di individuare modalità e sistemi per l’integrazione e la coesistenza di antiche vestigia e spazi pubblici contemporanei. La proposta si inserisce in un filone di ricerca già affrontato in Italia e in quei Paesi caratterizzati da un ricco ed antichissimo patrimonio storico ed archeologico; tuttavia, obiettivo del lavoro non è il recupero dei beni antichi fine a se stesso, quanto il coinvolgimento dell’antico nel contemporaneo. L’auspicio, cioè, è quello di individuare le modalità per l’integrazione dei reperti archeologici nel sistema degli spazi pubblici della città contemporanea, affinché il reperto sia a disposizione del cittadino e ne arricchisca l’esperienza urbana d’ogni giorno. La ricerca intende procedere mediante lo studio comparato di esempi mondiali ed in particolare europei ed attraverso l’applicazione concreta ad uno o più contesti, utilizzando il progetto come metodo di ricerca. Si propone, quindi, nel breve periodo, di individuare casi di studio interessanti e di inserirsi nella didattica dell’Architectural Design Studio (MN, I sem. 2013-2014), nel medio periodo di attivare collaborazioni con due città (Mantova e Brescia) caratterizzate da importanti ma in parte misconosciute presenze archeologiche, per giungere quindi, nel lungo periodo, a definire strategie applicabili ad altri ambiti territoriali, capaci di individuare nuove possibilità di conoscenza e visibilità culturale e turistica per territori considerati minori ma ricchi di importanti testimonianze del passato. Ambiti di ricerca interessati: progettazione urbana, archeologia, storia dell’architettura, restauro, rilievo e mappatura. Enti esterni potenzialmente coinvolgibili: Soprintendenze Archeologiche e Architettoniche, Comuni, Province, Enti turistici e Fondazioni culturali. | tagged archeologia, progetto-urbano, città |

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36. Interni su strada Interni su strada Metafore di città Proponente: Lola Ottolini, RC icar 16 L’attualità e la rilevanza Interni su strada è il titolo di un progetto di comunicazione tra interno ed esterno. Tra interni abitati e spazi aperti prospicienti, tra interni disabitati e spazi aperti popolati, tra interni affacciati sulla strada e strade impraticabili, tra interni privati e spazi pubblici. Esiste una vocazione di continuità tra il dentro e il fuori, alla quota della strada, nelle nostre città. E’ una vocazione spesso negata che nasconde un modo nuovo di vivere gli spazi che su di essa si potrebbero aprire o i vuoti, gli interstizi, in cui si potrebbe estendere, suggerendo unintegrazione, forse ideale, tra spazio pubblico e privato. Interni su strada vuole riflettere su quello spazio fisico speciale che è, o potrebbe essere, filtro o legante tra il dentro e il fuori e su come il progetto di architettura possa essere in grado di attuare questa continuità. Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca. Lidea di lavorare su questi spazi tra aggiunge uninteressante complessità allo spazio architettonico tradizionale, con particolare attenzione ai tessuti urbani consolidati. L’approccio metodologico di chi si è tradizionalmente dedicato allo studio dello spazio interno, con l’attenzione al dettaglio, al disegno minuto, e l’ancor maggior attenzione alla persona che lo abiterà, può offrire un punto di vista originale nello studio di queste piccole parti di città. Quello che interessa non sono i grandi progetti di riqualificazione, ma i piccoli attenti interventi di aggiunta o di eliminazione, di connessione e ricucitura, in grado di trasformare tanti frammenti urbani in spazio e architettura. Il confronto è quello con l’architettura esistente, che può essere di pregio o no, delle corti urbane, dei portici, degli slarghi o degli interstizi, rimessa in gioco in nuove dinamiche di continuità e interazione. Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo e la capacità di attivare o consolidare temi egruppi di ricerca nel DAStU. Interni su strada è un progetto che opera nella contemporaneità. Parte dalla città storica e agisce nelle rotture e nelle fragilità del tessuto compatto. Scopre piccole occasioni per rioffrire alla collettività luoghi nascosti o dimenticati, suggerendo e offrendo nuovi usi. Interni su strada vuole cercare il nuovo significato degli spazi in between degli edifici, dei cortili, dei marciapiedi, della strada… Interni su strada si occupa dell’intervento sull’esistente, del progetto che sia in grado di rioffrirlo all’uso contemporaneo, del disegno dello spazio aperto e del progetto delle nuove dinamiche urbane che l’intervento per piccoli frammenti può far nascere. | Tagged between, Interni, strada |

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37. Patrimonio e progetto: ri-conoscere/curare/modificare proponenti: Elena Fontanella, Alisia Tognon (PhD candidates, Dottorato di Ricerca in Progettazione Architettonica e Urbana) 1) L’attualità e la rilevanza. Il tema di ricerca proposto ha al proprio centro il rapporto che intercorre tra patrimonio e progetto, e si riferisce al più ampio orizzonte di riferimento della rigenerazione architettonica, urbana e paesaggistica dell’esistente, la cui rilevanza emerge oggi in relazione alla necessità di intervenire sui contesti costruiti curando e potenziando l’esistente piuttosto che consumando nuovi suoli. Il patrimonio costruito è qui assunto nella sua accezione maggiormente inclusiva che non si limita a ciò che si eredita dal passato ma che al contrario continua a costruirsi nel tempo. E’ in questa prospettiva che il patrimonio diviene possibile ambito di trasformazione operata attraverso il progetto, nonché palinsesto di segni e memorie disvelate attraverso la sua lettura. Progettare su ciò che già c’è, inoltre, non può prescindere da una approfondita conoscenza della sua storia e da un riconoscimento delle memorie che lo intessono. 2) Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca. Si fa qui riferimento alle posizioni teoriche espresse da F. Choay, J. Rykwert e C. Andriani in rapporto al tema del patrimonio, al nesso che connette storia e progetto espresso da M. Tafuri, nonché al tema della modificazione, per come questo è stato elaborato a partire dalle posizioni di V. Gregotti e B. Secchi e a quello della cura recentemente approfondito da N. Emery. E’ rifacendosi a questo orizzonte tematico di riferimento, in cui storia e memoria emergono quali condizioni operanti se poste in rapporto dialettico con la modificazione, che il progetto può agire sul patrimonio trasformandolo, consentendone la durata nel tempo e la permanenza della memoria. 3) potenzialità nel breve e nel lungo periodo. La ricerca potrà essere articolata in una interazione dialettica tra teoria e pratica. Se questa da un lato è tesa ad una precisazione dei nuclei teorici attorno ai quali si precisa il rapporto tra patrimonio e progetto, dall’altro è finalizzata all’individuazione di quegli strumenti progettuali in grado di operare in contesti densi di segni e memorie, tra conservazione e modificazione, secondo differenti gradi di intensità. Verranno inoltre esplorate quelle azioni del progetto comprese tra cura dell’esistente e innesti puntuali di nuovi elementi all’interno di specifiche preesistenze. 4) La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU. Il tema di ricerca proposto si ricollega tanto alle ricerche personali da noi condotte nell’ambito delle tesi del Dottorato di Ricerca in Progettazione Architettonica e Urbana, quanto a ambiti di più ampio respiro come la ricerca PRIN 2008 (“Rigenerazione di tracciati e di tessuti urbani marginali. Metodi, strumenti e strategie di progetto per nuove forme di abitare sostenibile”, coordinamento U.O. Politecnico di Milano prof. Ilaria Valente) e quella PRIN 2012 (“Re-cicle Italy”, coordinamento unità Politecnico di Milano prof. Ilaria Valente). Allo stesso tempo il tema del rapporto tra patrimonio e progetto apre la possibilità ad essere indagato in maniera trasversale rispetto alle discipline della progettazione architettonica e urbana, a quelle della conservazione e del restauro, a quelle storiche e alla cultura della tutela, configurandosi dunque come ambito di ricerca in grado di attivare confronti e riflessioni di tipo interdisciplinare all’interno del dipartimento. | Tagged cura, modificazione, patrimonio, progetto |

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38. Temporary city A. Barbara: ric.; S. Stabilini: ric.; G. Vecchi: ric.; R. Zedda: t. l. Si propone il tema dell’abitare temporaneo riferito alla progettazione di edifici e comparti urbani (ad es. per condizioni di emergenza abitativa –senzatetto, crisi economica, evento calamitoso- o per profughi, lavoratori, ecc.). Il tema è oggi affrontato dai ricercatori ENCiTi (European Network City Times), dal Centro MoTU (Mobilità e tempi urbani) – Polimi e Unimib – ed è nelle agende di molte città. Il seminario “Temporary City” si terrà a Grenoble (aprile 2014) e sono in progetto cicli di formazione post-laurea. La proposta può costruire un quadro di riferimento per ricerche e progetti del DAStU, anche per una integrazione disciplinare – aree della progettazione e delle scienze sociali. Si possono articolare diversi ambiti problematici e nodi metodologici: a) Mobilità e abitante. L’abitante ha un corpo, un’età, un sesso, si muove/non si muove, ha necessità di servizi e abita un luogo per un certo tempo – brevissimo, breve, …, lungo. Quale città si può costruire attorno a lui? b) Prossimità ai corpi nell’atto di abitare. Come coniugare nel progetto oggi la prossimità ai corpi? c) Cronotipi e cronotopi. Una tavola dei cronotipi architettonici/cronotopi urbani per il progetto? d) Spazi vuoti/pieni di tempi. Come affrontare il tema dell’utilizzo-riutilizzo-saturazione degli edifici? e) Città permanentemente attiva. Le “sacche temporali” in cui non lavora nessuno e un progetto per creare nuovo lavoro? f) La ricerca sullo spazio-e-tempo. Quali integrazioni disciplinari? g) Buone pratiche europee – trasferibilità e apprendimento. Quali metodologie, analisi di esperienze, costruzione di banche dati? | Tagged cronotipologie, prossimità, Spazio e Tempo |

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39. L’inglese come opportunita’. Un approccio compartecipato all’internazionalizzazione ed alla innovazione della didattica e della ricerca. Rabino Giovanni, professore La questione della lingua inglese appare affrontata in termini di mero mezzo comunicativo tradizionale (semplificando, per farmi capire, il linguaggio usato nella lezione ex-cattedra o casi assimilabili). Un tale approccio è però insufficiente ai fini dello stesso obbiettivo che si propone: l’internazionalizzazione. Una adeguata conoscenza della moderna koinè è sempre più ineludibile, ma ciò non basta: nella fortissima competizione internazionale tra le università, la sfida è sempre più sul piano delle nuove modalità didattiche (attenzione alle nuova forme mentali dei giovani, uso delle nuove tecnologie …) e della qualità (autorevolezza, capacità innovativa …) degli insegnamenti e delle ricerche. In questo contesto, la proposta è di affrontare la questione dell’inglese, in una ottica più vasta, in modo collaborativo collettivo (magari con gruppi di lavoro) secondo almeno tre linee di lavoro: 1. inglese e forme didattiche. A titolo di esempio, si può valutare: una organizzazione più modulare degli insegnamenti (per valorizzare le specializzazioni); moduli pre-preparati e/o co-prodotti (secondo alti standard comunicativi); uso certificato delle risorse informative su internet; video-conferenze; ecc. 2. inglese e semantica. Se “tradurre è un po’ tradire”, si pongono diversi problemi su questo piano: comunicare correttamente, e in tutta la sua ricchezza, il messaggio dei diversi insegnamenti; assicurare la coerenza delle traduzioni tra i diversi docenti; ecc. 3. inglese e cultura italiana. Si tratta di trovare le modalità, usando l’inglese, per fare conoscere eccellenze della scienza e cultura italiana, non internazionalmente conosciute perché espresse nella sola lingua nazionale. | Tagged Inglese, Innovazione in didattica e ricerca, Internazionalizzazione |

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40. Casa per tutti e abitare urbano Proponenti: Raffaele Pugliese (PO) Marco Lucchini (RC) Imma Forino (PA) Roberto Dulio (RC) Laura Pogliani (RC), Cristina Bergo (TL PhD), Luigi De Ambrogi (PhD), Jacopo Leveratto (PhD student), Irene Pasina (PhD), Stefano Poli (assegnista), Francesca Serrazanetti (PhD), Vitaliano Tosoni (PhD student). Tema di ricerca La ricerca riguarda il come raggiungere il difficile adattamento degli interessi contrapposti che si coagulano intorno ai processi di trasformazione urbana. Cioè come comporre insieme – con ricadute positive sul mercato – i vantaggi dell’investimento immobiliare con i benefici per la collettività (in termini di case e spazio pubblico) e con l’attrattiva degli insediamenti. Attualità e rilevanza L’azzeramento del finanziamento pubblico e il crescente disagio abitativo suggeriscono di legare il problema della casa per i meno abbienti al recupero delle plusvalenze che, grazie alle decisioni pubbliche, è possibile conseguire nei luoghi della trasformazione. La ricerca si propone di intrecciare permanenza e mobilità nel progetto di insediamenti – di nuova edificazione e di recupero – adatti a promuovere l’inclusione e la coesione sociale. In particolare provando soluzioni complesse per gli ambiti di trasformazione del PGT di Milano. Innovazione e continuità Le tematiche coinvolte dal progetto sono patrimonio articolato di diversi gruppi di ricerca che operano nel DAStU. La ricerca si propone di coniugarli insieme per studiare l’abitazione sociale in una prospettiva, sulla città contemporanea, attenta agli aspetti economico-strutturali del settore delle costruzioni. Potenzialità La ricerca aprirebbe nuove relazioni con le amministrazioni pubbliche, le cooperative, gli operatori immobiliari e le imprese di costruzione. Potrebbe dare un contributo decisivo perché l’Università assuma il ruolo di luogo di riferimento per la valutazione delle convenienze della città, del territorio e della comunità. Ricadute sul DAStU La ricerca favorirebbe la convergenza sul tema della casa (spazio domestico e sua proiezione all’aperto nello spazio collettivo) da parte di molti gruppi di ambiti disciplinari diversi (dalla Composizione architettonica e urbana, all’Urbanistica, alla Storia, all’Architettura degli Interni, alla Sociologia, all’Economia e al Diritto) alimentando nuove prospettive di conto terzi. | Tagged abitare, Casa, città |

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41. Resilienza urbana e strategie integrate di adattamento Proponenti Angela Colucci (docente a contratto) Marcello Magoni (Laboratorio di cooperazione internazionale) Guido Minucci (dottorando) Giulia Pesaro (docente a contratto) Rachele Radaelli (Laboratorio di cooperazione internazionale) 1) L’attualità e la rilevanza Il concetto di resilienza ecosistemica, riferito allo sviluppo dei sistemi territoriali, è entrato da circa un decennio a far parte delle politiche internazionali e comunitarie. I termini chiave della nostra proposta sono la resilienza, che noi proponiamo nella sua accezione ecosistemica, e le strategie per l’adattamento dei sistemi territoriali ai grandi cambiamenti che si stanno verificando: climatici, energetici, economici e sociali. 2) L’innovazione e la continuità dei relativi filoni di ricerca L’obiettivo della ricerca è di rendere più efficaci le strategie di adattamento sviluppate in ambito internazionale integrandole nei processi e negli strumenti di governo del territorio, attraverso un approccio di tipo sistemico e multidisciplinare. Il fuoco della ricerca sono i contesti urbani, in cui emergono con maggiore evidenza e urgenza i fenomeni di criticità derivanti dai cambiamenti considerati. Se i contesti urbani sono il principale oggetto della ricerca, ciò non toglie la possibilità di operare ad altre scale al fine di comprendere le reti e le interconnessioni relative ai processi metabolici urbani, in particolare ai flussi energetici e ai cicli della materia, e ai comportamenti sociali. 3) Il percorso per l’innovazione Il percorso di ricerca si articola in due fasi temporali complementari: A) analisi comparata delle strategie integrate di adattamento e dei relativi strumenti e metodi utilizzati con individuazione degli aspetti critici e innovativi rispetto alle strategie, agli strumenti e ai metodi consolidati della pianificazione territoriale, urbanistica e ambientale; B) applicazione di strategie integrate di adattamento nei principali strumenti di governo del territorio della Lombardia e di realtà internazionali a partire da quelle europee e del Global South. 4) La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU. Il percorso di ricerca ha un approccio fortemente intersettoriale e necessita l’apporto di molteplici competenze presenti nel DASTU in grado di: 1) analizzare i fenomeni associati al metabolismo urbano e territoriale funzionale a supportare processi di pianificazione e di progettazione di tipo ecologico‐ambientale; 2) comprendere i processi materiali/immateriali e sociali delle reti di governance; 3) valutare la fattibilità e l’efficacia economica delle strategie di adattamento. | Tagged Resilienza ecosistemica, strategie integrate di adattamento |

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42. La mobilità per interpretare le trasformazioni della città contemporanea Paola Pucci (professore associato di Urbanistica) Attualità e rilevanza. I cambiamenti nelle pratiche di mobilità nei territori della città contemporanea costituiscono un’utile chiave di lettura del processo di trasformazione dei tempi, dei luoghi e dei modi della vita sociale e dei programmi di attività che concorrono a strutturare il territorio. Questo è quanto emerge da una letteratura (Ehrenberg, 1995; Tarrius, 2000; Kaufmann, 2002; Orfeuil, 2004; Lévy, 2004, Ascher, 2004, Lévy, 2004, Bourdin, 2005, Creswell, 2006), che già da alcuni anni ha posto l’attenzione sul ruolo che la mobilità spaziale può avere nel restituire le trasformazioni della città contemporanea. Carattere di innovazione/continuità e potenzialità. Interrogarsi sulle nuove forme di mobilità per descrivere la riorganizzazione delle geografie del movimento e per costruire politiche urbane più efficaci, richiama la necessità di innovare gli strumenti analitici, oggi poco efficaci nel restituire la variabilità spazio temporale delle pratiche di mobilità. Se un valido supporto ai metodi convenzionali di rilevamento della mobilità viene da fonti digitali (tra cui i dati di traffico telefonico, le tracce digitali ricavate dai social media), ciò che diventa importante sono le interpretazioni dei cambianti in atto e la loro rilevanza nella trasformazione dei territori. La presente proposta intende lavorare intorno a tre chiavi interpretative: • La mobilità come pratica, con la finalità di indagare le nuove forme di mobilità e il loro impatto sulle pratiche

d’uso del territorio (tra queste, le mobilità reversibili, il pendolarismo di lunga distanza; la multiresidenzialità, overnighter…)

• La mobilità come progetto per introdurre il concetto di motilità e le forme di esclusione sociale correlate; • La mobilità come capitale sociale e bene comune Al contempo, si propone di confrontarsi con quelli che vorremmo definire i “paradossi della mobilità” per riconoscere alcune discrasie tra la letteratura e le pratiche. Tra queste: gli effetti perversi dell’iper mobilità; il rapporto tra mobilità e radicamento; la mobilità come vincolo e non come scelta. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel Dastu L’utilizzo di dati di telefonia mobile per leggere le pratiche di mobilità è stato sperimentato con Fabio Manfredini e Paolo Tagliolato all’interno di due convenzioni di ricerca con Telecom Italia. Il tema proposto è affrontato anche all’interno del Prin “Territori post-metropolitani come forme urbane emergenti: le sfide della sostenibilità, abitabilità e governabilità” (coordinatore Alessandro Balducci) Utili collaborazioni sul tema sono attive con il Centro di Ricerca Interuniversitario su Mobilità e Tempi urbani (MoTu) tra Dastu e Università degli Studi di Milano – Bicocca. | Tagged mobilità, pratiche d’uso, telefonia mobile |

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43. Spazio e struttura: il doppio registro dell’architettura residenziale multifunzionale Proponenti: Massimo Fortis (Ord. ICAR 14) Orsina Simona Pierini (ric. ICAR 14) Attualità e la rilevanza La recente architettura residenziale ha conosciuto una sperimentazione vivace intorno all’ibridazione tipologica: in molti esempi recenti realizzati in Europa questa linea di ricerca si è concentrata nel montaggio di assetti tipologici residenziali differenti, in parte anche ereditati dalla tradizione, con l’innesto di spazi distributivi e collettivi nuovi, ma anche con l’introduzione di altre funzioni alternative al solo abitare. Carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Il doppio registro che scaturisce dalla convivenza delle diverse funzioni si apre al progetto di articolazioni spaziali innovative, esplicitate dalle differenti scale, dove il principio della ripetizione proprio della cellula abitativa si contrappone all’eccezionalità della dimensione altra degli spazi collettivi; ne consegue una sfida interessante anche da un punto di vista strutturale e tecnologico, che possa contenere la regola e l’eccezione, luci strutturali medio grandi e l’ordito modulare della casa. Potenzialità nel breve e nel lungo periodo La regola stessa del montaggio – per sovrapposizione, giustapposizione, sequenza o intersezione– permette di sperimentare soluzioni distributive rispondenti a una domanda abitativa articolata, associate ad una ricerca in chiave eminentemente architettonica sull’unità del corpo edilizio, in una visione più classica e monolitica, oppure secondo una scomposizione analitica più moderna. Su altro versante, oltre alle interazioni con strutture e impianti, non vanno trascurate le ricadute sul piano urbano, sia in termini di fruizione, sia come rappresentazione dello spazio collettivo. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU La natura ampia e composita della ricerca, entro la quale convergono più saperi, prefigura un campo di applicazione capace di ricevere contributi interni, nonché di attrarre competenze da altri dipartimenti dell’Ateneo. | Tagged Costruzione, edificio misto, residenza, spazio, struttura |

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44. Edges in flux between_ water | city | territory This research concerns mainly about dealing with edge conditions in between the three elements and defining their inter-connectedness, focused in a particular river city in north east India. PhD candidate: Arunjyoti Hazarika | PhD in architecture and urban design: 27th cycle | Politecnico di Milano The world’s population continues to grow, resulting in a steady migration from rural to urban areas. This effect of migration is commonly seen in all cities in India and all over the world. Increased number of people and cities go hand in hand with greater exploitation of limited resources. Every year, more cities all over the world facing new challenges of housing, urban explosion depleting resources and unstable economic conditions. So in addition to urban explosion due to population growth we also have global climate change, that is continuously inducing natural hazards more frequent and putting tremendous pressure on human settlements near the water. Water which is one of the main source of life becoming increasingly a threat. What are we to do? What means do we have as architects and urban designers to address this challenging reality? How can we define Urbanism in relation with ecological science? Can we use some metaphors as a tool to bridge the gap between urban design and ecology? Water related hazards has been studied worldwide by scientist , ecologist, urban planners, urban designers to understand different ways to deal its outcomes. You can’t let earth out of your sight for a second. Just when you think you know the look of your coastline, the lay of your forests, the reach of your glaciers, they go and change on you. That was true even before humans arrived, but our constant building, drilling, clear-cutting and climate changing have accelerated the process. what if we look at the long term future of our coastal cities and imagine what strategies might need to be adopted? What choices do we have today to ensure that by the next century sea level rise will have been managed in a wholly positive manner? there are three broad approaches to the future of coastal management: retreat? defend? and attack? Key words: urban design,landscape urbanism, geography, ecological urbanism, public space, expanding cities, infrastructure, river cities, sinking cities, climate change, patch dynamics | Tagged climate change, Ecological urbanism, Urban explosion |

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45. Architectural heritage e bigness tra tutela e “patrimonializzazione” Davide Del Curto (ricercatore in prova ICAR 19) Con riferimento al carattere intrinsecamente pluralista del patrimonio culturale individuato dalla European Faro Convention, è oggi in corso una riflessione sulla nozione post moderna di patrimonio e sulle modalità di riconoscimento e definizione del valore da tutelare. Secondo alcuni studiosi (Smith 2006), la natura pubblica del patrimonio costruito (o culturale tout court) contrasta con il fatto che la decisione su cosa meriti o meno di essere tutelato sia affidata a una minoranza elitaria di specialisti. D’altra parte, nell’era delle shrinking cities il patrimonio costruito è sempre più spesso oggetto di studio e ricerca da parte delle discipline dell’urbanistica e della pianificazione. Il costruito, più o meno storico, si trova così descritto attraverso categorie di pensiero e strumenti operativi contermini a quelli tradizionalmente appannaggio della tutela, che nell’Europa Occidentale e soprattutto in Italia conta su una solida tradizione. Questa circostanza è particolarmente evidente nel caso dei complessi architettonici e paesaggistici accomunati dall’attributo della bigness, ideati e realizzati unitariamente per rispondere a una specifica domanda d’uso, precocemente venuta meno. Complessi monumentali, centri sanitari, strutture industriali trattati in passato meditante gli strumenti della progettazione o del planning, si trovano oggi ridotti alla dimensione di patrimonio materiale e vengono più spesso approcciati mediante le categorie del “recupero”, della “rigenerazione”, dell’“updating”. Questo contributo propone un confronto tra differenti approcci al patrimonio big comparando quello di derivazione urbanistica, orientato alla “rigenerazione” e quello di derivazione storico-critica orientato alla tutela patrimoniale e al restauro conservativo. Considerando due casi studio lombardi (la città di Sabbioneta e l’ex Villaggio Sanatoriale di Sondalo) vengono discussi i risultati delle azioni intraprese su questi beni nel corso del XX secolo, individuando le conseguenze sullo stato di conservazione e sulle prospettive d’uso attuali. TAGS mancanti

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46. New operabilities for architectural design / Nuove operabilità progettuali in Architettura Proponenti: Alessandro Bianchi (ricercatore), Gian Luca Brunetti (ricercatore), Andrea Pirollo (docente a contratto), Massimiliano Zigoi (docente a contratto) La ricerca si propone di studiare le possibili conseguenze – funzionali, fruitive, percettive – dell’operabilità architettonica consentita dall’adozione, completa o parziale, di tecnologie di costruzione contemporanee. Riverificando i principi della progettazione architettonica in relazione ai dati contestuali di inserimento degli edifici e al rispetto dei valori simbolici storicamente stratificati, ci si ripropone qui di analizzare possibilità di formulazione dinamica della soluzione architettonica e di supportarli con sistemi mobili e interattivi atti ad operare una regolazione ciclica di parti di edificio. Il tipo di operabilità a cui si fa qui riferimento è profonda e va oltre quella tradizionalmente connessa all’apertura o chiusura di finestre o alla regolazione di schermature. Essa può anche infatti comportare operazioni come, per esempio, il posizionamento o la rimozione di involucri edilizi o la modificazione della loro configurazione; l’addizione, la rimozione o lo spostamento (per traslazione, rotazione, o altro) di volumi edilizi e vani; la sopraelevazione temporanea o il ribassamento temporaneo di edifici; la chiusura e l’apertura di corti, patii, atrii, portici, logge; l’aumento o la riduzione di inerzia termica o meccanica grazie allo spostamento di masse. Tale tipo di operatività getta le basi per la creazione di una regolabilità multiciclica degli edifici, sovrapponente cicli nelle possibilità anche vari e complessi, e gestita in modo automatico e potenzialmente adattivo o lasciata alla discrezionalità degli utenti. Il principio muove da una ricerca ergonomica ed energetica che comporta la necessità di movimentare alcune parti delle architetture, consentendo loro di assumere geometria variabile, nella possibilità di storicizzarsi secondo logiche di natura non dissimile da quella della tradizione classica, ma nelle possibilità giocata anche su nuovi sistemi edilizi. La ricerca – interdisciplinare e coinvolgente competenze di tipo tecnologico, progettuale, urbanistico e del restauro – si ripropone di analizzare l’ambito di possibilità tecnico-progettuale aperto dalle sopraccitate forme di operabilità profonda degli edifici che le tecnologie contemporanee dischiudono. La ricerca prosegue ed integra i temi trattati nel research project (IX Ciclo) finanziato da ASP – Alta Scuola Politecnica dal titolo “Playing architecture” | Tagged adattività, architettura, cicli, operabilità |

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47. Up-Cycling_Architetture per l’emergenza: strategie e metodologia per il recupero e la rigenerazione di tessu ti urbani interessati da eventi sismici. Gruppo di Ricerca Guya Bertelli_ Prof. Straordinario ICAR14 Juan Carlos Dall’Asta_ Ricercatore ICAR14 Paola Bracchi_Dottore di ricerca in Progettazione Architettonica e Urbana Felipe Barrera Castellani_PhD candidate in Progettazione Architettonica e Urbana Doaa Salaheldin Ismail _PhD candidate in Progettazione Architettonica e Urbana 1) L’attualità e la rilevanza I recenti fenomeni tellurici verificatisi in diverse aree di pianura e pedemontane, come quelli che hanno colpito alcune aree della Regione Emilia Romagna, provocando gravi danni ai nuclei urbani consolidati, convalidano la sismicità dell’intero territorio nazionale ed estendono la previsione di rischio ad ambiti prima considerati a bassa esposizione. Gli effetti distruttivi di tali eventi si abbattono sugli abitati di varia epoca, entità ed estensione, mostrando la loro fragilità intrinseca sotto numerosi profili, cui non corrispondono adeguati livelli di valutazione complessiva. Il lavoro di ricerca quindi assume il duplice obiettivo di elaborare contributi necessari per la progettazione in aree sismiche e di formulare modelli integrati d’intervento in condizioni di emergenza abitativa estesa, operando verso la spendibilità immediata delle soluzioni e lo studio della loro applicabilità futura. L’indagine si sviluppa a partire da una interpretazione complessiva delle condizioni insediative verso la definizione di un possibile schema di coordinamento programmatico delle azioni rigenerative. 2) Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Le emergenze indotte richiedono una rinnovata attenzione non solo ai rapporti tra gli assetti spaziali, le pratiche sociali e i procedimenti costruttivi applicabili, ma anche alla formulazione di metodologie, procedimenti e tecnologie per il restauro, la rigenerazione e la ricostruzione dei tessuti danneggiati o distrutti in termini di sicurezza e sostenibilità, per una sensibile riqualificazione e rinascita dei territori colpiti, mantenendone alto il valore spaziale, sociale, culturale e artistico propri della tradizione. Si delineano tre principali orientamenti corrispondenti ad altrettanti temi progettuali: restauro degli edifici storici, rigenerazione dei tessuti danneggiati, e costruzione di nuovi edifici. In questo senso il concetto di Up-Cycling applicato al contesto di riferimento può essere interpretato attraverso l’interrelazione tra le diverse scale (territoriale, urbana e architettonica). 3) Potenzialità nel breve e nel lungo periodo Un ampio arco di discipline si vede mobilitato a definire criteri avanzati di intervento di breve, medio e lungo termine, a sostegno di strategie mirate alla riduzione del rischio, in termini di prevenzione, rigenerazione e recupero del patrimonio edilizio degli organismi urbani e delle opere infrastrutturali. La competenza architettonica in casi di emergenza, spesso, tende ad esercitarsi solo a posteriori, con deboli effetti di retroazione causale e pregiudicando la stessa validità delle procedure di valutazione dei dissesti in base al rapporto effetti/cause. Solo una visione plurisettoriale può oggi garantire adeguate sinergie tra presupposti, programmi e obiettivi dei molti campi di studio coinvolti, organicamente attivabili per la prevenzione, protezione e assistenza nelle zone urbanizzate colpite da sisma, trattandosi di un obiettivo civile primario che le scienze dell’architettura sono chiamate ad assolvere. 4) La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Essendo la trasversalità disciplinare del progetto immediata e di fondamentale importanza si ritiene la previsione di apporti interni ed esterni al DAStU. Nello specifico Il tema di ricerca proposto s’inserisce come caso studio all’interno della ricerca PRIN 2012 (“Re-cicle Italy”, coordinamento U.O. Politecnico di Milano prof.ssa Ilaria Valente) e trova aperture verso altre ricerche già in corso come il progetto “Compass House” (progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale nei settori strategici di regione lombardia e del ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca di cui al decreto n. 7128 del 29 luglio 2011). | Tagged Architetture dell’emergenza, rigenerazione e riuso, Up-Cycling |

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48. Consolidation of architectural composition through concrete urban experimentation. ?????????? | Leave a comment | Edit

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49. lake victoria – donought city Pierpaolo Tamburelli, docente a contratto; Francesca Benedetto, Tutor; Matilde Cassani, Dottorando SPUD; Maria Chiara Pastore, assegnista DASTU 1) attualita e rilevanza The Lake Victoria surface area is approximately 68.635 km2 and has an estimated population of over 30 million. It is shared by Kenya (6%), Uganda (45%), Tanzania (49%), even though the water basin includes also Rwanda and Burundi for a total area of 193.000 km2. The area is, for its geomorphological condition, one of the richest ecosystems on the Sub –Saharan Africa, thanks to its fertile soil and thanks to water availability, but the rural areas surrounding the lakes are among the poorest zones in the world. Considering the geographic conditions, the economic growth and the increase in population, the lake will work as the common ground for a city ( a donut city) on its shores. 2) innovazione A. to develop strategies and punctual architectural solutions that could enhance and connect the different scapes surrounding the water shores in terms of program and public space. This will be developed considering the lake as a common project. B. to reflect upon the idea of a natural system as the “unicum” space to be designed, not interrupted by administrative boundaries 3) potenzialita breve e lungo periodo Possible outputs of the research include: A. Publication of academic articles about the topic B. The research can be the starting point of a more comprehensive work that studies homogeneous environmental spaces as the new spatial boundaries of the different policies and project 4) attivare o consolidare temi e gruppi ricerca nel dastu The research can activate new academic networks, both within DAStU, sharing the knowledge working with the different labs ( lab Coop Int, lab GIS), and within the local institutions based on the shores of the Lake Victoria. | Tagged Africa, Urban development, environment |

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50. Ri-abitare il novecento Proponenti: Pierfranco Galliani (professore associato ICAR/14), Luigi Mario Spinelli (ricercatore confermato ICAR/14), Mario Scaglia (dottorando PAU), Andrea Migliarese (dottorando PAU), Michele Gerli (dottorando PAU) Attualità e rilevanza Tutelare, recuperare e valorizzare l’ingente patrimonio dell’edilizia residenziale pubblica, protagonista nella prima metà del Novecento di una cultura italiana del progetto dell’abitare collettivo, nella declinazione e nel superamento dell’esperienza nord europea, significa svelare, nel riverbero delle eterogenee sperimentazioni, il crinale di un momento storico che ha saputo prefigurare un metodo capace di coniugare l’interesse primario per la razionalità del linguaggio con un agire razionale rispetto allo scopo. L’azione di “tutela attiva” e “recupero selettivo” si collocano nel campo della lecita modificazione quale premessa per un progetto che considera il “giudizio di valore” lo strumento cardine attraverso il quale dare nuova prospettiva all’esistente, ossia renderlo disponibile all’evoluzione delle intenzionalità contemporanee nei modi di abitare la casa e la città. Il concetto di valore che può essere attribuito ad alcuni casi emblematici dell’esperienza italiana risiede nella riconosciuta validità estetica, nonché nei principi sottesi ai dispositivi di configurazione dello spazio e di articolazione delle parti che hanno con evidenza contribuito alla costruzione dell’immagine ambientale della città odierna. Carattere di innovazione delle rispettive tradizioni di ricerca La ricerca allarga il campo di studio dal singolo manufatto architettonico al tessuto insediativo progettato, nella reciproca dipendenza e nell’unità di relazione, superando l’approccio fino ad oggi considerato dalle pratiche del cosiddetto “restauro del moderno”. La lettura del manufatto nei suoi rapporti sistemici con i valori materiali e immateriali presenti nella struttura insediativa del campo urbano svela i significati del suo modo d’essere nel luogo e nel sistema ambientale più ampio. Ciò permette di ritrovare la tensione istitutiva tra la singolarità dell’opera architettonica e lo spazio urbano, stabilendo un rapporto dialettico tra l’opera del passato e la figura del contesto morfologico presente. Si riconosce infatti all’opera architettonica da recuperare non solo un valore in sé, quale testimonianza e rappresentazione di un determinato momento storico, ma un ruolo attivo all’interno della concatenazione di segni che si sono nel tempo sovrapposti alla matrice morfologica d’origine. Obiettivo è approfondire necessità e modalità di intervento su un patrimonio abitativo oggi reso obsoleto dall’evidenza di carenze prestazionali e limitazioni d’uso, interne ed esterne. Il degrado fisico e sociale di cui molti quartieri sono sofferenti non è infatti unicamente legato a carenze oggi riscontrabili nell’organismo architettonico (tipologiche, distributive ecc.), che sono comunque da risolvere, quanto piuttosto all’individuazione di insufficienze relative ai caratteri architettonici degli spazi collettivi di relazione, visti nell’attualità come peculiarità irrinunciabili dell’abitare. Potenzialità nel breve e nel lungo periodo Le sperimentazioni progettuali condotte su alcuni quartieri milanesi, opera di Franco Albini negli anni ’30, risultano improntate alla fattibilità esecutiva degli interventi proposti. Il programma prevede la loro presentazione alla proprietà Aler, che ha sostenuto l’iniziativa fornendo parte degli elaborati di base. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Oltre alle tradizionali relazioni con gli storici dell’architettura, si intravede la possibilità di nuove relazioni scientifiche e operative con studiosi di tecnologia dell’architettura, pianificazione, sociologia. | Tagged abitare, Continuità critica, Novecento, Recupero del moderno, Tutela attiva |

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51. Pratiche di cura e azione nello spazio urbano Antonio Longo (ricercatore icar 21) – Pierluigi Salvadeo(ricercatore icar 16) – Anna Moro (assegnista di ricerca) L’attualità e la rilevanza Vi sono temi e situazioni del disegno urbano che oggi, sempre più, convergono verso la costruzione di progetti concreti a diverse scale che si prendono cura e rendono accogliente ed inclusivo lo spazio civile, talvolta entro un orizzonte breve e parziale, ma non necessariamente in modo estemporaneo. Queste condizioni si verificano sempre più di frequente in relazione alla scarsità di risorse e alla ricerca volontaria e decentrata di condizioni di urbanità. I progetti prodotti in queste occasioni mettono alla prova le modalità e i dispositivi più consueti del progetto urbano, il ruolo esclusivo del progettista e designer, richiedono capacità di dialogo, reattività tecnica, disponibilità all’ascolto e all’innovazione. Milano può rappresentare una città laboratorio di questa nuova condizione, nella quale molte energie civili e creative hanno iniziato a sperimentare anche in modo disordinato nuove forme di costruzione e appropriazione dello spazio urbano. La proposta, connotata da un taglio operativo, intende confrontarsi con questo contesto per sperimentare attraverso esperienze pratiche nuove forme del progetto connotate da rapidità e leggerezza, pur con l’intenzione di lasciare impronte durevoli, che pongano a confronto la tradizione del progetto di allestimento con quella del progetto urbano. Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Muovendo dall’esperienza del processo di trasformazione e pedonalizzazione di Piazza Leonardo da Vinci (Progetto Campus Sostenibile_tavolo città, Progetto Smart Plan 5×1000, Laboratorio tematico NewUrbanScape), la linea di lavoro intende proseguire nella sperimentazione in relazione ad altri luoghi della città. L’approccio proposto prevede la trasposizione di tecniche di scenografia e di gestione dello spazio scenico in contesto urbano come forma di sperimentazione delle qualità spaziali e modificazione delle stesse. Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo La diversità delle competenze e degli attori coinvolti potrà esprimersi in un lavoro di ricerca sviluppato su più fasi: -corto e medio periodo: workshop, corsi universitari, eventi; -medio e lungo periodo: progetti di riassetto di spazi pubblici ed eventuali realizzazioni; comunicazione degli esiti della ricerca; disseminazione dell’articolazione del progetto entro altri contesti milanesi. La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Il progetto si propone in continuità con la ricerca 5X1000 Open innovation in urban discovery and planning for the Città Studi Campus Sostenibile project: Smart Plan, legata alle attività promosse dall’ateneo e dall’Università degli Studi di Milano attraverso il progetto “Campus Sostenibile”. Riteniamo interessante una ulteriore apertura verso collaborazioni multidisciplinari che coinvolga diversi ricercatori DAStU impegnati nelle discipline urbanistiche, economiche, sociali, della comunicazione e allestitive. Inoltre si sottolinea come tutta la ricerca apra anche ad un contatto molto ravvicinato con il Comune di Milano e i Consigli di Zona, oltre che ad operatori dello spettacolo e associazioni locali. | Tagged allestimento e scenografia, città, disegno urbano |

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52. Conoscere per governare. Il contributo delle singole discipline alla redazione del Quadro conoscitivo del Documento di Piano. Proponente: Paolo Bossi (ricercatore ICAR/18) Attualità e rilevanza A distanza di quasi un decennio dall’approvazione della l.r. 12/2005, si propone una riflessione intorno al tema della conoscenza del territorio come momento preliminare e fondante per le successive operazioni di piano, segnatamente alla scala comunale. Carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Obiettivo intende essere l’individuazione di best practice nel campo dell’analisi alla scala territoriale in vista della redazione del “quadro conoscitivo del territorio comunale, come risultante dalle trasformazioni avvenute, individuando i grandi sistemi territoriali, il sistema della mobilità, le aree a rischio o vulnerabili, le aree di interesse archeologico e i beni di interesse paesaggistico o storico-monumentale, e le relative aree di rispetto, i siti interessati da habitat naturali di interesse comunitario, gli aspetti socio-economici, culturali, rurali e di ecosistema, la struttura del paesaggio agrario e l’assetto tipologico del tessuto urbano e ogni altra emergenza del territorio che vincoli la trasformabilità del suolo e del sottosuolo […]”, parte integrante del Documento di Piano (art. 8.1.b), nonché la definizione di procedure e modalità operative tipo da suggerirsi al mondo della professione. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Una simile iniziativa costituirebbe l’occasione per una più approfondita conoscenza reciproca tra le diverse realtà dipartimentali già oggi impegnate in tali attività e, conseguentemente, per una più articolata presentazione all’esterno delle competenze di un dipartimento che fa degli Studi Urbani la propria ragion d’essere. | Tagged studi urbani, territorio, PGT |

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53. La progettazione ambientale al tempo della decrescita Proponente: Luca Maria Francesco Fabris*, RTI, ICAR 12. Dopo che sono trascorsi quasi tre lustri dall’inizio del nuovo millennio, l’ottimismo che aveva chiuso il XX° secolo ha lasciato il posto ad una vera e propria depressione totale che tocca tutti i cardini fondanti il nostro sistema sociale ed economico, lasciando sempre più spazio ad un’incertezza sterile e all’incapacità di avere ‘visioni’ per il futuro. Di certo, la maggior parte delle certezze del passato deve essere rifondata, ma alcuni fondamentali restano, come il tema della sostenibilità che ormai è dato come imprescindibile. La progettazione ambientale, intesa qui come disciplina che riesce a fondere transdisciplinarmente tecnologia e progetto dell’architettura e del paesaggio studiandole in modo transcalare, può essere una chiave di lettura per analizzare le varie strategie che, in Europa come nel resto del mondo, le comunità locali adottano per adattarsi e reagire a questo difficile momento segnato dalla decrescita (economica, sociale, strutturale) per innovarsi, migliorarsi e affrontare il futuro. La ricerca intende comparare alcuni casi studio (a partire dai risultati dell’Internationale Bauausstellung (IBA) Hamburg 2013 alle proposte dell’IBA Berlin 2020, con altri casi internazionali e italiani, come ad esempio i Piani Integrati di Sviluppo Urbano Sostenibile (PISUS) in via di attuazione in Friuli Venezia Giulia) per analizzare le diverse politiche ambientali in questo momento di grande cambiamento contrassegnato da un effettivo blocco della crescita a livello globale, almeno nel mondo occidentale. La ricerca nasce come una necessità personale di indagare su un argomento attuale partendo dagli studi condotti sul tema della progettazione ambientale negli ultimi 10 anni ed è aperta a qualunque forma di collaborazione e confronto all’interno del Dipartimento DAStU. * il proponente ha chiesto un anno (2013/14) di congedo straordinario "per motivi di studio e ricerca scientifica" per svolgere questo programma. | Tagged progettazione, decrescita, sostenibilità |

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54. Milano. La grande trasformazione urbana Proponente: Corinna Morandi (PS, Icar 21) Attualità e rilevanza. Milano e la sua area metropolitana continuano ad essere al centro di processi di cambiamento che riguardano sia le strutture fisiche sia il contesto economico, sociale, culturale. Sullo sfondo della evoluzione, ancora da valutare nella sua applicazione, del quadro regolativo, sono venuti a maturazione vecchi e nuovi progetti urbani. Questi episodi, unitamente alle trasformazioni diffuse meno evidenti nell’assetto morfologico ma in grado di mutare la sostanza economico sociale di intere parti del tessuto urbano, stanno provocando un riassestamento delle caratteristiche insediative della città di cui ancora sfuggono i contorni. Nel quadro della osservazione continua degli esiti morfologici e funzionali di questo cambiamento, una particolare attenzione va riservata alla trasformazione dei caratteri fisici e d’uso dello spazio: “pubblico” o comunque diversamente fruibile dai vari soggetti che popolano l’ambiente urbano; pubblico in quanto scena di attività come quelle commerciali e miste che si qualificano attraverso le relazioni tra luoghi e persone. Questo tipo di osservazione si sostanzia nella descrizione e valutazione degli episodi di cambiamento (sostituzione, nuova costruzione, rigenerazione, riqualificazione…) e in esercizi di progettazione urbana che sondano le opportunità di realizzazione di aree ambientali e sistemi di spazi pubblici continui e attrezzati. La ricerca si alimenta anche attraverso l’attività didattica di progettazione urbana su Milano, nella quale si intende sempre il progetto anche come strumento operativo di indagine. Innovazione e continuità delle tradizioni di ricerca Da lunghi anni Milano è oggetto del mio lavoro di ricerca che mi ha consentito di avere una conoscenza “storica” del cambiamento nella città. Su questa base si innestano varie possibilità di approfondimento legate a specifici temi (attività commerciali e miste, rigenerazione urbana, forme dello spazio pubblico) o ad aree di studio e progetto (campus Città Studi, “est end”, settore urbano tra Qt8 e Expo 2015). Potenzialità nel breve e nel lungo periodo Presenza nel dibattito sulla trasformazione urbana di Milano e partecipazione a bandi di ricerca e progettazione sulla città contemporanea europea | Tagged Milano, progetto urbano in Europa, rigenerazione urbana |

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55. Learning from strategies and tactics (about processes, methods and tools) Proponenti: Paolo Patelli (PhD Student in Architectural and Urban Design, DAStU, XVI cycle), Rossella Ferorelli (PhD Student in Architectural and Urban Design, DAStU, XVII cycle) Tema: Can process aesthetics be applied to spatial design? Michel de Certeau defines everyday life as made up of "clever tricks, knowing how to get away with things, ‘hunter’s cunning’ …", something that echoes Vilém Flusser’s definition of design itself. Design is in the tactics as well as in the strategies, in the sintax, grammar, dictionary of space as well as in its individual enunciations, or pronunciations. To echo Saskia Sassen, cities present us with a kind of incomplete complexity that imparts a unique ability for reinvention and renewal. If both design and construction of space can be defined as processes of becoming, negotiated between different social and material agents, how can architects and planners replace traditional master-planning with cross-disciplinary and more processual practices? Attualità e rilevanza: For decades, urban design and planning have been locked within a dichotomy, between modernist and tentatively participatory practices. Spatial masterplans often resulted in fixed blueprints realized as physical form through conventional top down processes – frequently disregarding existing social and cultural structures. The challenge is to look at the landscape in terms of the fundamental units of relationship and interaction, at the human scale. Andrea Branzi, among others, made clear that architecture is the framework for managing both physical and digital networks, and individuals, the work they do, the meaning they generate. What tools do urban designers have to understand such frame? Carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca: Building on the expertises of the department in contextual research and analysis, and in practices of participatory processes, the proposal aims to shift and redefine design goals and methods towards diverse human, cultural, material, and technological time scales, to enable productive dialogue and action for a diversity of stakeholders. Shared and contextually relevant human-scale tools for urban design can draw from the experience of service and strategic design, social design and co-design (in the tradition of Ezio Manzini among others) and adapt methods from visual anthropology, ethnography or even art (as shown by Nicolas Bourriaud). Potenzialità nel breve e nel lungo periodo: From city to city, a larger urban design toolkit could describe potential initiatives and align urban design plans with real-world challenges, by enabling the interconnectivity of things, people, and the systems they inhabit, identifying narratives that capture place, culture and behavior. Tools and method beyond the mentioned traditional dichotomy, might enable designers and citizens to envision – between tactics and strategies – cities of a greater resilience and capacity for social integration and change in the future. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU: Relying upon several doctoral researches currently being developed within the department, the proposal ranges from urban planning, architecture, interaction design, strategic design to sociology and anthropology. The proposal is strongly linked to the activities of the existing Laboratorio Misura e Scala and shares themes, references and perspectives with other groups, as pointed out and discussed during the international conference “New urban languages” and the PhD course “Innovative technologies in urban mapping”. | Tagged design methods, process aesthetics, Urban Design |

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56. Il destino delle macerie Proponenti: Andrea Gritti (R ICAR14), Marco Bovati (R ICAR14), Gianni Scudo (PO ICAR12), Matteo Clementi (Assegnista ICAR 12), Federico Zanfi (R ICAR21), Antonio Longo (R ICAR 21) Franco Tagliabue (architetto, professore a contratto afferente DAStU), Nina Bassoli (architetto ed editor, dottoranda IUAV) 1) Attualità e rilevanza L’atto inaugurale di ogni programma di ricostruzione post-catastrofe (naturale o antropica) risponde alla domanda: che fare delle macerie? Una riflessione su questo tema può muovere dai testi pubblicati negli ultimi 25 anni da architetti e urbanisti (K. Lynch e F. Espuelas), scrittori e saggisti (W. G. Sebald e S. Brand), antropologi (M. Augé), filosofi (N. Emery): autori che si sono interrogati sulla degradazione delle costruzioni umane nel tempo e sugli intimi legami tra distruzione e progetto. Questi contributi offrono interessanti spunti all’azione progettuale che deve essere intrapresa sia prima sia dopo un evento catastrofico. Al contrario l’applicazione di rigorosi protocolli di legge sul trattamento dei rifiuti e degli scarti o l’approssimazione delle procedure per il contenimento delle emergenze dopo una catastrofe rendono incerto il quadro di riferimento entro il quale avviare la ricostruzione e/o pianificare la prevenzione, almeno nel nostro Paese. Allo stesso tempo il tema della perdita del patrimonio culturale depositato nei materiali urbani che degradano in macerie non viene posto malgrado sia riconoscibile una “via italiana” al loro reimpiego per la realizzazione di memoriali dal significativo impatto sulle strutture urbane e sui paesaggi (p.es. il Monte Stella a Milano, il Grande Cretto a Gibellina). 2) Carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Le diverse modalità con cui dopo un evento catastrofico si procede al trattamento delle macerie e al reintegro delle materie sono un utile indicatore per classificare e interpretare i processi di ricostruzione e per indagarne il senso. Storicamente un diverso approccio alla tecnologia e allo sfruttamento delle risorse rendeva inevitabile il riciclo delle macerie nei processi di ricostruzione. Oggi le materie (prime) coinvolte in una catastrofe vengono normalmente riclassificate come materie (ultime) destinate a entrare in conflitto con i corpi urbani e territoriali che le ospitavano. La sequenza lineare materia/maceria/scarto alimenta un’emergenza ambientale che rende ulteriormente complesso il quadro entro il quale il progetto è chiamato ad operare. Alla luce dei più recenti eventi sismici (in Abruzzo e in Emilia) e alluvionali (in Sicilia e in Liguria) appare necessario sollecitare una riflessione progettuale sul destino delle macerie che possa permettere ai contributi provenienti da diverse competenze progettuali (architettonico-urbane, tecnologico-ambientali, ingegneristico-strutturali) di assumere una valenza strategica tanto nei processi di ricostruzione quanto nei programmi di prevenzione. 3) Potenzialità nel breve e nel lungo periodo. La ricerca applicata a specifici contesti territoriali appare in grado anche nel breve periodo di fornire strumenti per la misura dei corrispondenti fattori di resilienza. I territori traumatizzati da eventi catastrofici, fragili e complessi per definizione, sono infatti laboratori ideali per valutare l’efficacia delle risposte progettuali offerte in contesti condizionati dalla scarsità delle risorse e dalla violenza delle trasformazioni subite. In prospettiva si intravede la possibilità di interpretare gli intervalli tra gli eventi catastrofici come occasioni per misurare i flussi di materia e di energia che sostengono le capacità di risposta progettuale delle popolazioni colpite. A questa valutazione concorrerà la costruzione di un’ampia casistica di casi studio non esclusivamente italiani. Il destino delle macerie è attualmente al centro di un programma di collaborazione tra ricercatori del DAStU, della Technische Universität di Berlino e del Dipartimento di Architettura dell’Università di Catania dedicato alla ricostruzione di aree terremotate in Abruzzo e in Emilia. 4) Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU. Il programma di ricerca vuole consolidare la condivisione di saperi e competenze rivolti al progetto urbanistico, a quello architettonico e alla loro dimensione tecnologica. Fondamentale in questa prospettiva sarà l’apertura dell’architettura e degli studi urbani verso l’ingegneria civile che opera nel settore della prevenzione antisismica. Di grande rilevanza appaiono anche i terreni di confronto sugli aspetti sociali, culturali e ambientali che il contesto della ricerca propone. | Tagged macerie, progetto, riciclo |

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57. Conversazioni intorno al progetto. Sconfinamenti a servizio di una pratica necessaria Proponenti: Marco Bovati (R ICAR14), Antonella Bruzzese (R ICAR21), Andrea Gritti (R ICAR14), Antonio Longo (R ICAR21), Andrea di Franco (R ICAR14), Anna Moro (Assegnista ICAR21) Attualità e rilevanza La proposta prende le mosse da due distinte iniziative. I “Dialoghi della composizione” sono un progetto di ricerca intorno ai modi, le forme e le tecniche del progetto urbanistico contemporaneo che ha coinvolto progettisti e “compositori” dai profili molto diversi (architetti, registi, coreografi, musicisti, fotografi, cuochi, designers). I seminari organizzati nell’ambito del corso di Elementi di Architettura sono incontri dedicati agli studenti dei primi anni attraverso i quali si sono discussi i fondamenti della disciplina con il contributo di studiosi (critici d’arte, matematici e filosofi) che condividono con gli architetti alcune parole fondamentali (ambiente, geometria, arte). Le due iniziative, differenti per contesti (didattica/ ricerca) e orizzonti di riferimento (progetto architettonico / progetto urbanistico), sono accomunate da una medesima attitudine (la curiosità verso altre discipline espressa attraverso consapevoli e prudenti sconfinamenti), da un analogo formato di lavoro (il dialogo e la conversazione quali forme privilegiate di interazione e interlocuzione) e dalla consuetudine dei proponenti alle pratica del progetto. Questi aspetti rappresentano il terreno fertile sul quale fare crescere nuove riflessioni sui “termini” e i “concetti”, da un lato, e sugli “strumenti” e i “metodi”, dall’altro, del progetto. Carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Rinnovando il formato del confronto pubblico, l’attitudine all’esplorazione interdisciplinare e la consuetudine alle pratiche progettuali si propone un programma rivolto alla valorizzazione delle convergenze tra didattica e ricerca. Elemento qualificante di questo incontro, in linea con le proposizioni espresse nell’atto di fondazione di questo Dipartimento, è la riflessione intorno al progetto. In una fase di profonda revisione degli statuti disciplinari, nella quale la situazione economica e sociale obbliga alla riforma del rapporto tra azioni e risorse, sembra necessario aprirsi a un confronto autentico con chi pratica e osserva il progetto da differenti prospettive. In questo senso le esplorazioni proposte perseguono lo scopo di un ritorno più consapevole negli ambiti disciplinari dell’architettura e degli studi urbani. Potenzialità nel breve e nel lungo periodo L’iniziativa, che si configura come un insieme di occasioni di confronto, scambio, approfondimento e formazione, ha una doppia valenza. Da una parte è rivolta verso l’interno allo scopo di favorire la riflessione sui temi del progetto nel nostro dipartimento. Dall’altra guarda verso l’esterno per qualificare il confronto con altri saperi e competenze. Proponendosi come punto di riferimento per l’attivazione e la valorizzazione del dialogo infra- e inter-disciplinare, questa proposta ha l’ambizione di costruire nel lungo periodo un archivio di “lezioni sul progetto” da consultare on line sul modello delle TED conference. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU La proposta nasce dal confronto tra due componenti del dipartimento che praticano tradizionalmente il progetto a scale e con forme e modalità differenti. Forti di alcune significative occasioni di collaborazione i proponenti vogliono superare la semplice “contesa” sui termini, i concetti, gli strumenti e i metodi del progetto provando la via di un confronto più consapevole e inclusivo che fonda sulle pratiche della conversazione e del dialogo le proprie ragioni fondative. Per questo motivo la proposta apre a molteplici forme di collaborazione interdisciplinare tra esperti di diversi settori (teorici della pianificazione, politologi, sociologi, giuristi) di cui il Dipartimento potrà beneficiare. | Tagged conversazione, interdisciplinarietà, progetto |

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58. Architectural links: Location-based information as a tool for urban public space design Proponenti: Rossella Ferorelli (PhD Student in Architectural and Urban Design, DAStU, XVII cycle), Paolo Patelli (PhD Student in Architectural and Urban Design, DAStU, XVI cycle) Tema: The research project is aimed at the description of physical effects of the presence of networks in contemporary urban contexts, by means of innovative analysis methods and a reconceptualization of public spaces in the web 2.0 era. The starting hypothesis is the connection of networked urban society with arising occurrences like cognitive capitalism, new forms of citizenship and democracy and the consequent need for new paradigms for the evaluation and description of publicness for the urban space. The question, therefore, is whether this different philosophical and political point of view will actually lead to a new approach to space design. Attualità e rilevanza: The relevancy of the topic is witnessed by the rise of “locative media” and their widespread use among the mobile device owners all over the urbanized world. These media are causing an epochal turn, connecting the digital dimension of online relations to the geographic, urban and architectural dimension of the physical world like never before, also involving a convergence between user-generated information and expert representations of the urban space. Carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca: As an unprecedented phenomenon, the rise of a geo-social media culture and its impacts on the built environment of the cityscape are interesting subjects of investigation. They allow a huge cultural jump from the “cyberpunk” culture of the 90’s, which used to oppose virtual to real, digital to analog. The research project aims, instead, to let the physical world of urbanism and architecture and the digital level of interaction to mutually “augment” their possibilities. Potenzialità nel breve e nel lungo periodo: Given the new interdependence of places and data, the development of the semantic web, currently in progress, is the nearest frontier to be analyzed in order to foresee possible further implications for urban design as a discipline itself. Location-based information can, in other words, help generate “information-based locations”, which is both a new theoretical edge for architects and planners and an aim for designers. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU: The research relies upon several doctoral theses currently ongoing inside DAStU with different cultural backgrounds, but its strong interdisciplinarity ranges from urban planning, architecture and interaction design to sociology and politics around the fields dealing with big data, social media, infrastructures, smart cities, public spaces and urban landscapes. The proposal is, moreover, strongly linked to the activities of the existing Laboratorio Misura&Scala with whom it shares themes, references and perspectives. It has also been developed during the PhD course “Innovative Technologies in Urban Mapping” and discussed to the international conference “New urban languages”. | Tagged infrastructures, location-based information, public space |

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59. Rigenerazione, updating e recupero di tessuti, paesaggi e infrastrutture in una prospettiva di sostenibilità: Contesti contemporanei significativi da rinnovare. Cassandra Cozza (Assegnista di ricerca DAStU, Dottore di ricerca PAU, ICAR 14) Roy Emiliano Nash (Dottore di ricerca PAU) Debora Magri (Dottoranda PAU) (Resp. Unità di Ricerca: I. Valente). 1) L’attualità e la rilevanza Muovendo dall’osservatorio e dalle pratiche del progetto architettonico e urbano, la ricerca studia larigenazione o l’updating, cioè innesto di nuovi caratteri urbani, su tessuti, paesaggi ed infrastrutture esistenti soggetti a fenomeno di abbandono, di sottoutilizzo o solo caratterizzati da bassa qualità. Lo scopo è quello di definire strumenti di intervento progettuale in grado di evidenziare le potenzialità intrinseche alle aree investite da tali processi verso una loro ridefinizione formale, funzionale e identitaria. Il problema della rigenerazione e dell’updating della città e dei territori urbanizzati alle esigenze contemporanee in passato ha sempre generato condizioni di sviluppo legate alla crescita. Oggi invece si devono costruire dei nuovi modelli che oltre al mantenimento dell’esistente puntino a un progresso sostenibile e che si tramutino in progetti con un alto grado di flessibilità e predisposizione al cambiamento. La ricerca assume criticamente il tema dello sviluppo sostenibile, ovvero del miglioramento ambientale sia a livello locale che globale alle considerando le ‘tre E’: ecologia, equità, economia. Le strategie proposte: - interpretano la prospettiva ecologica mettendo a punto ipotesi che fronteggino efficacemente il degrado delle risorse naturali e del patrimonio costruito e che preservino gli spazi aperti evitando il consumo di suolo; - si orientano verso una prospettiva di equità in quanto ricercano azioni per migliorare la qualità urbana laddove essa è bassa e per implementare l’urbanità dei territori della dispersione e delle periferie rendendoli più isotropi e vivibili; - prefigurano assetti corrispondenti a una corretta prospettiva economica ipotizzando una razionalizzazione dell’uso dello spazio e delle risorse che eviti gli sprechi. 2) Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Lo sviluppo non sarà legato a un maggiore consumo o alla crescita, ma a una maggiore efficienza e vivibilità. Le città e i territori capaci di rispondere più celermente ai differenti bisogni della popolazione saranno quelli vincenti, quelle capaci di rinnovarsi in parte nei loro tessuti costruiti e radicalmente nelle infrastrutture (tecnologiche e di comunicazione). Le sperimentazioni progettuali sono volte ad individuare pratiche progettuali capaci di rendere più efficienti gli ambienti costruiti e di tutelare gli ambienti naturali, i progetti proposti sono occasione di implementazione dei territori in cui essi si collocano e le trasformazione si attuano evitando il consumo di suolo naturale o agricolo. La ricerca indaga pratiche progettuali innovative capaci di riattivare aree anche di grandi dimensioni attraverso l’inserimento di nuovi usi e utilizzando tali trasformazioni per rinnovare l’identità dei luoghi. 3) Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo Riflettere sul destino dei luoghi in cui abitare vuol dire meditare sulla qualità della vita nelle città e nei territori urbanizzati di oggi e di domani, e se per diversi anni ancora alcune città dell’oriente seguiranno un modello di espansione, il futuro imminente delle città europee e americane come probabilmente quello più remoto di quelle asiatiche, consisterà in un riassestamento e revisione delle città già costruite. La ricerca propone un modus operandi applicabile entro le stesse linee guida (paradigma di ordine superiore e sviluppo sostenibile) ad interventi a diverse scale tenendo conto dell’importanza della parte per il tutto o orientando le trasformazioni dell’intero territorio nella direzione auspicata. 4) La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU. La ricerca proposta nasce da riflessioni maturate nell’ambito del Dottorato PAU (Tesi: Paradigmi per il progetto della città contemporanea, relatore: E. d’Alfonso; Infill e Urban Grafting. Updating city; relatore: R. Ravegnani Morosini, controrelatore: G. Neri), del lavoro sul Programma di ricerca DAStU (Politiche e progetti per la rigenerazione e il recupero di tessuti, paesaggi e infrastrutture in una prospettiva di sostenibilità, responsabile I. Valente); alcuni casi studio e temi hanno fatto parte del PRIN Rigenerazione di tracciati e di tessuti urbani marginali. Metodi, strumenti e strategie di progetto per nuove forme di abitare sostenibile (Responsabile Unità di Ricerca DiAP Politecnico di Milano: I. Valente) e altri sono stati inseriti nel PRIN Re-cycle Italy. Nuovi cicli di vita per architetture e infrastrutture di città e paesaggio | Tagged Rigenerazione, progetto architettonico e urbano, sostenibilità |

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60. Progettare per il costruito proponenti: Francesco Augelli (RC, ICAR 19); Eleonora Bersani(RC, ICAR 14); Barbara Bogoni (RC, ICAR 14); Maurizio Boriani (PO, ICAR 19); Marco Borsotti (RC, ICAR 16); Susanna Bortolotto (RC, ICAR 19); Maria Antonietta Breda (RC, ICAR 18); Alberta Cazzani (RC, ICAR 19); Simona Chiodo (RC, M-FIL 04); Rossana Gabaglio (RC, ICAR 19); Mariacristina Giambruno (PA, ICAR 19); Andrea Gritti (RP, ICAR 14); Lola Ottolini (RC, ICAR 16); Gianni Ottolini (PO, ICAR 16); Roberto Rizzi (PA, ICAR 16); Michele Ugolini (PA, ICAR 16). Attualità e rilevanza Fare architettura oggi, prima ancora che costruire, significa confrontarsi con luoghi ricchi di valori e significati spaziali e materiali. Affrontare lo spazio esistente e la ricchezza degli elementi che materialmente lo costituiscono in tutte le sue forme: dal ripensare i sistemi di spazi pubblici che conformano il tessuto vitale di relazione della città, alla questione dell’intervento sull’edificato esistente, della sua manutenzione, completamento, trasformazione, demolizione o conservazione. Abitare oggi è essenzialmente necessità di riscoperta, di lettura delle scritture preesistenti, dei segni stratificati, antichi e più recenti. Un tema cogente come dimostrano i dati sulla decrescita delle domande di nuova costruzione rispetto al costante aumento delle attività di recupero edilizio. Potenzialità nel breve e nel lungo periodo Il confronto con l’architettura ereditata dal passato come risorsa strategica per un futuro sostenibile non è più eludibile; esso connota una specifica condizione dell’attualità e si pone quale principale sfida per i prossimi decenni. Come bene economico, il patrimonio costruito ha valore di risorsa, di un insieme di prodotti che posseggono un valore d’uso che può scongiurare un ulteriore consumo del territorio; come bene culturale, ha valore di documento, di insieme di artefatti che posseggono la capacità di trasmettere significati di identità e di memoria. Intervenire sul patrimonio costruito significa quindi intervenire su un bene comune: tanto economico quanto culturale. Trasmettere questo bene alle generazioni future è un compito specifico dell’architettura contemporanea. Il costruito esistente con la sua ricchezza di luoghi e manufatti può dare risposta, attraverso interventi critici di rilettura, di risignificazione, di conservazione o di recupero, alle richieste dell’abitare contemporaneo non solo nel contesto europeo ma anche nei paesi emergenti dove ancor più delicato, sul piano economico e culturale, è il rapporto tra innovazione e conservazione. Innovazione e continuità delle tradizioni di ricerca, capacità di attivare e consolidare temi e gruppi Il tema del progetto per il costruito riveste un ruolo strategico per il futuro della ricerca e della didattica nel campo dell’architettura. Per affrontare questa sfida è infatti necessario affiancare alla ‘cura’ per il bene materiale, in una relazione inscindibile, un progetto di architettura riconoscibile, consapevole dei problemi e dei valori umani in gioco, e rispettoso della permanenza su cui si applica. Un progetto di architettura complesso che esige padronanza sia delle tecniche della conservazione, sia degli strumenti storico-critici e di cultura estetica, sia dei principi e dei modi della progettazione del nuovo. Progettare nel costruito richiede dunque un intreccio di competenze nel quale le diverse discipline del progetto d’architettura, dall’urbanistica agli interni, dalla progettazione architettonica alla conservazione, devono confrontare le loro tradizioni di ricerca, per trovare nuove risposte ai bisogni civili e sociali della contemporaneità. | Tagged Ambiente e spazio costruito; identità, architettura per il costruito |

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61. Urbanistica e beni immobili pubblici: Valori, politiche e progetti Proponenti: Massimo Bricocoli (ricercatore ICAR20), Andrea Di Giovanni (ricercatore ICAR21), Lorenzo Consalez (professore a contratto-Progettazione Architettonica, Scuola di Architettura e Società), Francesco Curci (assegnista di ricerca), Luca Gaeta (ricercatore ICAR20), Alessandra Oppio (ricercatrice ICAR22), Davide Ponzini (ricercatore ICAR 20), Paola Savoldi (ricercatrice ICAR 20); Gaia Caramellino (professore a contratto-History of Architecture, Scuola di Architettura e Società) Attualità e rilevanza In Italia, la valorizzazione di beni immobili pubblici è stata intesa, nel corso degli ultimi dieci anni, come una delle vie possibili attraverso la quale tentare di ridurre il debito pubblico nazionale. Ma le esperienze concrete rivelano che si tratta di una strategia non priva di rischi di cui sono dimostrate la marginale incidenza finanziaria e l’astrusità gestionale, sia delle alienazioni che delle concessioni. In concomitanza con una forte flessione della dinamicità del mercato immobiliare, è anche la valorizzazione dei beni immobili pubblici, così come prevalentemente intesa fino ad ora, ad essere messa in discussione. Il patrimonio immobiliare pubblico compete e si somma nel mercato al patrimonio immobiliare privato: rispetto ad entrambi i segmenti di mercato, il divario tra offerta sovrabbondante e debole domanda è ormai evidente. Sono dunque forme diverse di accordi a termine tra proprietà pubblica e operatori privati, diversi dalla definitiva alienazione, ad essere in corso di definizione normativa e di sperimentazione. Carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Se la valorizzazione dei beni immobili pubblici è da ripensare, condizioni e caratteri di progetti che muovano in direzioni nuove sono da mettere meglio a fuoco, facendo tesoro delle esperienze già maturate e tracciando ipotesi alternative, capaci di: interagire in modo appropriato con il mercato immobiliare, prefigurare approcci urbanistici e progettuali centrati sul ridisegno congiunto di spazi ed usi e improntato a principi di parsimonia, integrare la valorizzazione di immobili con politiche finalizzate ad innalzare la qualità del loro contesto urbano, definire procedure e protocolli amministrativi sufficientemente agili,stabili nel tempo, coerenti con il sistema delle regole già esistente e con le competenze professionali di cui gli enti locali effettivamente dispongono. Potenzialità nel breve e nel lungo periodo Le potenzialità di un investimento in termini di ricerca sugli immobili pubblici sono, nel breve periodo, l’incentivo alla conoscenza di un patrimonio largamente sconosciuto agli enti che lo posseggono e più ancora alle comunità presso cui gli immobili risiedono, anche quando si tratta di beni storici. Conoscenza e documentazione del patrimonio sono due condizioni imprescindibili affinché, nel più lungo periodo, possa prendere corpo una strategia efficace di gestione, sottratta all’equivoco della redditività immediata e orientata piuttosto a integrare obiettivi di sviluppo locale nei progetti di valorizzazione. In questo senso emergono grandi potenzialità di ricerca nel campo degli studi urbani e dell’urbanistica. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Il tema è stato ed è oggetto di ricerca da parte di alcuni dei proponenti, ma è qui ripreso ampliando punti di vista e competenze che riteniamo possano fertilmente dialogare attorno a una questione fortemente interdisciplinare: tecniche urbanistiche, meccanismi di regolazione economica e governo urbano, valutazione immobiliare, progetto del riuso di manufatti architettonici e studio delle pratiche istituzionali e sociali. | Tagged immobili pubblici, riuso, valorizzazione |

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62. Citizens’ Initiatives and the Reuse of Derelict Urban Space: Possibilities for Real Innovation? Carolina Pacchi, Dastu Innovation and relevance Grassroots initiatives, in a number of different fields, animated by neighbourhood or citizens’ groups, are increasingly diffused in contemporary cities; many observers link this phenomenon to a shift in governance modes at local level, to expectations about the enhancement of local democracy and to processes of redefinition of collective identities; others underline the link with the shrinkage of traditional forms of welfare state in European cities. At the same time, in European cities there are significant underused public and private assets: buildings and open spaces, currently derelict or partially abandoned, which are the legacy of the relevant urban infrastructural and welfare policies of the past century. In many urban contexts, initiatives for the reuse of such abandoned or underused resources have been attracting the attention of citizens in recent years. The research idea proposes to more precisely focus on the real potentialities, but also on the relevant dilemmas implied by such forms of mobilisation. Innovation and continuity with research traditions Urban studies have been increasingly taking into account diverse forms of citizens mobilisations and initiatives, focusing on their urban nature as a relevant analytical dimension and trying to identify the characters and mechanisms of the re-appropriation of liveable spaces, as a form of production of common goods. Short and long term potential The main potential is connected to the possibility to understand if and how these mobilisations have the ability to change the system of relationships among Local Government, citizens, community organisations and real estate developers, and if and how they can contribute to open up a new space of possibilities for experimenting urban innovation, avoiding the risks of fragmentation, incrementalism and risk of capture of the public agenda. Ability to activate or strengthen DAStU research themes and groups The research theme, which moves from an analysis of the forms, potentials and limits of contemporary urban mobilisations, is strictly connected with different research perspectives, namely those focused on the reuse and reactivation of abandoned or underused collective goods, as well as those analysing the dynamics and effects of the shrinkage of local welfare. | Tagged abandoned spaces, common goods, urban mobilisations |

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63. Strategie per il rilancio della cultura produttiva del mobile e dell’arredamento nella brianza comasca e milanese Proponenti: Gianni Ottolini (PO ICAR16) Roberto Rizzi (PA ICAR16) Un intero distretto produttivo, caratterizzato da un intreccio di piccole aziende artigiane gravitanti attorno alla produzione di singoli elementi di arredo o di complessi sistemi ambientali per i più svariati ambiti dell’abitare, è da tempo in crisi per la sua incapacità, a differenza di quanto avveniva nel recente passato, di relazionarsi al mercato e ai circuiti culturali (scuole, università, editoria, gallerie d’arte, musei) che sono particolarmente interessati al suo campo di attività, anche per la progressiva perdita di centralità e di forza attrattiva a favore del capoluogo milanese, forte di luoghi cardine come la Triennale (col nuovo Museo del design), il Salone del Mobile (nella potenziata sede di Rho Pero) e di futuri poli espositivi (Città della Moda, ecc.). La sua stessa capacità produttiva perde inoltre memoria delle tecniche tradizionali, non sempre sostituite da nuove tecnologiche e dalla capacità di raggiungere sul mercato globale materiali innovativi con equivalente potenziale di qualità. In questo contesto diversi soggetti tentano azioni di rilancio parziali, ma manca da un lato una visione strategica di carattere territoriale e macroeconomico sul futuro dell’intero comparto produttivo e dall’altra un luogo che possa assolvere (con adeguati e aggiornati strumenti iconografici e comunicativi) sia alla raccolta, ordinamento e documentazione di beni, saperi e documenti inerenti la sua lunga tradizione, sia alla programmazione e gestione nel medio periodo di ricerche e iniziative espositive sugli stili di vita e le forme dell’abitare nei diversi tempi e contesti, sull’opera dei Maestri del design degli interni e mobiliero, sui processi produttivi e tecnologici settoriali, ecc., nonché convegni internazionali, seminari e corsi di alta formazione specialistica. Questa funzione potrebbe essere svolta da un Museo dinamico del Mobile e dell’Arredamento, da costituirsi nel territorio di Cantù, che è stato epicentro della storia di questo settore produttivo, che sia anche centro studi, ricerche, promozione e scambio culturale a livello internazionale. La ricerca dovrebbe definire un quadro strategico macroeconomico e territoriale su cui fondare l’ipotesi del nuovo centro museale, che tenga conto degli aspetti demografici e di ricambio generazionale nel settore produttivo dell’arredo, dell’approvvigionamento dei materiali impiegati, della rete di interconnessione dei singoli luoghi produttivi, dei sistemi infrastrutturali di accessibilità a Cantù dai principali poli regionali e da tutto il mondo, e delle Istituzioni e risorse economiche pubbliche e private recuperabili. Si dovrebbero inoltre definire le modalità del censimento delle differenti tipologie di prodotti di valore storico esistenti e realizzare raccolte documentarie campione. Infine, anche promuovendo attività di progetto guidate all’interno della didattica istituzionale o con workshop ad hoc, si tratta di elaborare alternative di programma, configurazione spaziale e di allestimento, riferite ad aree ed edifici campione individuati nella città di Cantù. Le attività si potranno avvalere della collaborazione del Consorzio di artigiani La Permanente Mobili di Cantù (con il quale già si sono svolte precedenti esperienze di lavoro e ricerca) oltre che del supporto di Istituzioni di governo locale, delle Camere di Commercio, delle Associazioni di categoria e degli Enti interessati a queste problematiche (Cesrl, …) Oltre ai proponenti è auspicabile il concorso di altre competenze presenti nel DAStU (analisi territoriale, macroeconomica, gestionale, ecc.) e in altri dipartimenti dell’Ateneo (Design e/o Ingegneria gestionale). | Tagged arredo, brianza, museo |

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64. Il territorio conteso: Urbanistica, istituzioni e mafie Proponenti: Elena Granata e Paola Savoldi, DAStU, Politecnico di Milano Attualità e rilevanza La relazione tra debolezza amministrativa e politica, prassi urbanistiche e radicamento mafioso comincia ad essere oggetto di attenzione non solamente nei contesti territoriali a forte impronta mafiosa – tradizionalmente nelle regioni del sud Italia – ma anche nelle regioni del centro nord, mettendo in evidenza la capacità delle organizzazioni criminali di adattarsi e manipolare contesti diversi da quelli d’origine. Il settore edilizio, le decisioni sulle destinazioni d’uso dei suoli, gli appalti pubblici, lo smaltimento di rifiuti, le cave e i movimenti di terra, così come la proliferazione di particolari attività commerciali (slot machine e compro oro) e la capacità di pressione su imprenditori e decisori politici appaiono come i terreni fertili dove le mafie generano profitti e consolidano poteri. Tutti ambiti che lambiscono l’attività urbanistica e interpellano direttamente i nostri saperi e le nostre responsabilità. Carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Abbiamo fino ad ora esplorato il tema sia attraverso contributi scritti che attraverso la promozione di seminari pubblici e convegni, mettendo al centro in particolare il territorio dell’Italia settentrionale. Nel prossimo futuro vorremmo avviare scambi e collaborazioni con altre realtà significative del Paese, approfondendo la dimensione della resistenza-innovazione istituzionale e civile in rapporto alla prassi urbanistica. Potenzialità nel breve e nel lungo periodo Ci proponiamo di delineare le prime mosse di ricerca per la costruzione di un “Osservatorio permanente su urbanistica e mafie”, di stanza presso il DAStU, intorno al quale fare confluire l’azione di indagine e di ricerca di altri soggetti istituzionali, associativi (quali ad esempio Libera) e di ricerca (quale ad esempio Dipartimento di Studi Giuridici dell’Università Bocconi con il quale è stata avviata una collaborazione). La ricerca si configura nella forma della ricerca-azione sul campo. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU L’intenzione è facilitare sempre di più l’acquisizione di competenze e strumenti di indagine e di azione nel campo della legalità, sia attraverso percorsi formativi diretti agli studenti, che attraverso lo scambio con colleghi che si occupano di temi affini o che hanno provato a “pianificare” in contesti ad alta presenza mafiosa. | Tagged mafie, territorio, Urbanistica |

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65. GROUNDSCAPES … emerging generative design Proponenti: Michele Moreno (professore a contratto); Mirko Vescio (tutor) L’attualità e la rilevanza Lo spazio contemporaneo è mutato in concomitanza con il nostro modo di pensare e spendere le esistenze. Lo sviluppo delle tecnologie, degli usi e dei saperi ad esse connesse hanno figurato un ambiente per un verso plastico, di facile fruizione, e per un altro esistenziale, incerto dalla molteplice comprensione (T. Villani, Immaginare ambiente). La rete delle conoscenze, delle alleanze sociali, degli usi economici e politici infrange paradigmi di pensiero, che richiedono nuove definizioni. Tale scenario necessita la riattivazione della nozione di ambiente totale comune, in termini di spazio dinamico dei rapporti tra soggetti, territori e tecnologie. Lo spazio urbano diviene processo formativo in divenire costituito da un sistema multidimensionale, dove prevalgono l’ibridazione morfologica e la complessità linguistica-spaziale che richiedono una configurazione in termini di invenzione figurale totale, piuttosto che di figura su uno sfondo. Si attiva così una metodologia progettuale critica che, mettendo in scena il paesaggio come frammento di natura che l’opera architettonica rende riconoscibile attraverso un’immagine vivida e sintetica, crea nuove espressività e materialità per il presupposto poetico dell’abitare architettonico, grazie ad una rilettura degli strati comuni geografici in termini di Groundscapes. “[...]non si tratta più soltanto di affermare dei diritti democratici, dei diritti formali dell’uomo e della donna, ma è altresì necessario che, in tutte le concertazioni collettive, venga tenuto in conto l’essere dell’altro, con il suo carattere di differenziale, di libertà, di apertura a campi di possibili infiniti (F.Guattarì, Le tre ecologie)”. Il progetto per la città deve ritrovare nuovo radicamento estetico-pratico attraverso una visione sia ecologica (ambiente naturale, rapporti sociali e soggettività umana) che metabolica (trasformazione, manutenzione, sostituzione), dove sperimentare nuovi approcci di lettura creativa dei suoli geo-morfologici (sensitive and performative mapping e performative geography) che diventino nuovo contesto operativo per le visioni eco-morfologiche urbane della contemporaneità. In tale premessa di cambiamento verso una ecosofia, si inserisce la ricerca sul progetto urbano in contesti metropolitani europei, tramite l’applicazione e la sperimentazioni di tecnologie digitali parametriche di tipo generativo. Divenendo il nuovo orizzonte estetico-materiale dello spazio attuale, la ricerca indaga e mette in relazione tutte le infomazioni e le risorse del contesto, attraverso la ri-definizione: dell’idea di natura verso una ecology sensibility (Nuova alleanza, Prigogine), di linguaggi architettonici e complex building (tipo-morfologie, immagini inedite), dei sistemi di aggregazione spaziali dalle geometrie complesse (spazi vettoriali), degli spazi dei flussi (prossimità multiple), degli spazi informi di matrice biologica (Formless, R. Krauss e C. Balmond), di adaptive building e logiche di adattamento al contesto,di materiali costruttivi sostenibili e di una nuova cultura della materia, dei valori di bellezza … “Lungi dal ripiegarsi sulla natura quale si immagina fosse ieri, compete all’ecologia di reinventare nuove maniere di stare nel mondo e nuove forme di socialità. L’ecologia sarà in primo luogo mentale e sociale o non sarà nulla, o comunque poco”. Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca L’approccio digitale parametrico lavora sulla consapevolezza ed il riconoscimento della consustanzialità che caratterizza l’idea di un insieme ambientale totale dove riattivare, rinnovare ed inventare il dialogo tra l’espressività naturale della struttura geomorfologica di un sito, e riformulare criticamente le stratificazioni pregresse, i tracciati insediativi e le geometrie d’impianto, le strutture di relazione multiscalari nelle sue forme potenziali di relazione. Tale visione presuppone il chiarimento e la definizione di forme sistemiche, creative e partecipative ed una conoscenza scientifica dei singoli differenti caratteri del contesto; richiede quindi una complessa ricerca interdisciplinare ai fini di produrre nuovi paradigmi, metodologie alternative, linguaggi e modi di abitare. Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo L’indagine sulle nuove visioni urbane attraverso l’applicazione creativa di metodologie parametriche può definire un originale punto di vista Italiano (Politecnico di Milano) e costituire elemento di confronto e scambio con Università straniere dove tali ambiti di ricerca costituiscono centro qualitativo della visione architettonica: Londra (Architectural Association e Bartlett), Zurigo (ETH), Vienna (University of Applied Art), Spagna (IACC), USA ( Harvard, Mit e Sci Arc in Los Angeles). La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU L’interdisciplinarità della ricerca vuole consolidare la rete di scambio di conoscenza già in atto tramite le esperienze di ricerca svolte in contesti urbani e territoriali internazionali con il Laboratorio Misura&Scala. | Tagged generative design, groundscapes, morpho-ecologies |

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66. Dismissione commerciale e demalling Proponenti: Luca Tamini, ricercatore di Urbanistica Giorgio Limonta, Lab. Urb&Com, Gabriele Cavoto, architetto L’attualità e la rilevanza In numerosi e differenti contesti extraurbani si osserva un inedito fenomeno di dismissione di grandi contenitori del tempo libero e della distribuzione commerciale moderna determinato dalla progressiva riduzione delle capacità d’acquisto del bacino d’utenza, da condizioni di saturazione dell’offerta e dalla forte competizione territoriale tra i formati di media e grande dimensione che ha accelerato l’obsolescenza delle superfici commerciali meno recenti e già scarsamente attrattive. In forma parallela ma non necessariamente sinergica, una pluralità di ambiti urbani e aree centrali è sempre più caratterizzata da un sottovalutato fenomeno di progressiva dismissione dei piani terra e delle gallerie storiche urbane generato, in primo luogo, dalla mancata distrettualizzazione dell’offerta, dalle dinamiche del mercato urbano delle locazioni e da recenti processi di delocalizzazione di importanti servizi di interesse generale in ambito centrale (come – ad esempio – quelli bancari connessi al terziario direzionale). Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Negli Stati Uniti, dove la concorrenza orizzontale tra gli insediamenti commerciali è molto più marcata rispetto allo scenario italiano ed europeo, negli ultimi 15 anni numerose grandi strutture di vendita sono soggette a fenomeni di crisi e abbandono (dead mall), determinando una questione aperta e problematica nelle politiche urbanistiche di riuso qualitativo (demalling) dei servizi attrattivi a scala sovralocale (la sola catena WalMart dichiara oggi circa 200 big box dismessi). Il caso italiano ed europeo rappresenta, in questa fase storica, un inedito perimetro di indagine conoscitiva e di proposta progettuale di grande interesse che rappresenta un nuovo campo esplorativo per le politiche di governo del territorio, in stretta continuità con le metodologie di analisi spaziale e insediativa delle polarità territoriali e con le esperienze integrate di regolazione qualitativa e di progettazione urbanistica e architettonica. Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo In Italia e in Europa l’articolato e differente processo di evoluzione del sistema commerciale rispetto al caso statunitense consente oggi – potenzialmente nel breve e lungo periodo – di trattare in anticipo gli effetti della dismissione commerciale. La presenza dei primi dead malls italiani (cfr. territorio tra Napoli e Caserta, contesto di Malpensa e asse del Sempione, Brianza milanese, strade mercato venete) e del primo caso di Demalling (il nuovo polo sanitario di Pioltello-MI nell’ex media struttura di vendita alimentare a insegna Esselunga) – suggerisce una necessaria declinazione della disciplina urbanistica attenta alle possibili evoluzioni di questo fenomeno insediativo e territoriale, ai suoi effetti economici, sociali e spaziali (diretti e indiretti) e alle azioni e opportunità di governo delle sue esternalità. La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Questo asse di studio e di esplorazione dei contesti di dismissione commerciale si colloca nella riflessione critica, metodologica e progettuale svolta negli ultimi 15 anni dal Laboratorio Urb&Com del DAStU con l’obiettivo di allargare la platea dei contributi scientifici necessari al trattamento del tema e di costruire una rete di possibili interlocutori istituzionali sollecitati dal carattere innovativo ed emergente del problema di ricerca. | Tagged dead malls, demalling, dismissione commerciale |

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67. Università tra cambiamento e nuove responsabilità civili Francesca Cognetti, Elena Granata, Carolina Pacchi, DASTU Attualità e rilevanza A fronte delle tensioni e delle sfide che contraddistinguono le città e i territori contemporanei, la ricerca si propone di rimettere a fuoco il ruolo dell’università, che da luogo di produzione e trasmissione di conoscenza all’interno di arene circoscritte, può diventare anche attore di cambiamento e trasformazione sociale nei contesti. Carattere di innovazione e continuità delle rispettive tradizioni di ricerca L’università si trova in questo caso al centro di uno snodo critico, di grande potenzialità: non solo verso l’esterno, attraverso la ricucitura di rapporti interrotti con la società civile e con le istanze sociali, ma anche verso l’interno attraverso un ripensamento dei modi di fare didattica e ricerca; essa può infatti dimostrare la capacità di colmare la distanza tra università e questioni sociali-territoriali attraverso la costruzione di percorsi di “avvicinamento” ai problemi e di dialogo con la società, e d’altro canto portare innovazione nel campo della didattica e della ricerca mettendo a punto una offerta che si misura con situazioni reali e sviluppa competenze che nascono dal confronto con le pratiche, modificando il codice stesso della formazione universitaria Le Potenzialità nel breve e nel lungo periodo Le scuole di architettura e di planning si fondano su un solido rapporto con i contesti urbani e territoriali, oggetto di analisi, approfondimenti critici e sperimentazioni progettuali sia nella didattica, che nella ricerca, rapporto che però rimane spesso implicito, e manca di una reale capacità di socializzare le conoscenze prodotte. Diviene quindi operazione rilevante esplicitare una riflessione sul ruolo e la responsabilità delle nostre scuole nelle società della conoscenza. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Numerosi ricercatori e gruppi di ricerca nell’ambito del Dastu hanno indagato negli scorsi anni questo nesso peculiare, cercando di riconoscerne specificità e traiettorie evolutive. A partire da questo significativo patrimonio di conoscenze, il percorso di ricerca prevede approfondimenti tematici sul ruolo di outreach delle università in differenti contesti, urbani e non, così come una riflessione sulle possibilità di avviare sperimentazioni concrete. | Tagged responsabilità, saperi, università |

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68. Crescita urbana vs ritorno alla terra: Cosa apprendere dalla Colombia Proponenti: Elena Granata e Carolina Pacchi 1) l’attualità e la rilevanza La crescita urbana, un inurbamento che sembra non conoscere soste, processi di sviluppo intensi caratteristici di un paese in grande sviluppo economico e crescita dei segmenti informali e marginali delle città, un processo di pacificazione lento e complesso sono le grandi sfide che caratterizzano oggi il dibattito colombiano e più in generale dell’America Latina. In direzione opposta e contraria, cominciano a nascere riflessioni e sperimentazioni che spostano il problema e tornano a interrogarsi sui territori che restano nell’ombra: contesti agricoli, territori a foresta, piccoli nuclei urbani. Domandandosi quali siano le relazioni tra questi due “mondi” e come facilitare la permanenza di comunità, economie, saperi, nelle terre d’origine. 2) il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca. La ricerca, attraverso l’indagine su alcuni contesti colombiani (in particolare sul campus Utopia, nel nei pressi di Yopal, capitale del dipartimento del Casanare) sia urbani che agricoli vuole provare a rileggere la questione della “crescita urbana”, complicando il proprio paradigma di indagine, leggendo le interazioni e le potenzialità di una più equilibrata relazione tra città e contesti agricoli. 3) le potenzialità nel breve e nel lungo periodo; La ricerca prende le mosse dal contesto colombiano ma vorrebbe provare a tematizzare la questione della relazione tra dimensione urbana, permanenza di economie agroalimentari, ruolo dei saperi esperti e della formazione universitaria, anche nel contesto italiano (è già stato avviato uno scambio con Libera, con Slow Food, con l’università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo). 4) la capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU. Il tema si presta ad avviare iniziative e collaborazioni con colleghi che lavorano sui temi della cooperazione, della marginalità sociale nelle megacity, su una rinnovata attenzione ai temi della terra e dell’agricoltura. Il tema è stato già sottoposto al referente dell’America Latina per il Politecnico e potrebbe trovare interesse anche nell’ambito delle iniziative per Expo 2015. | Tagged agricoltura, crescita, università |

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69. Aggregazioni spaziali delle imprese: Servizi commerciali, produzioni creative e trasformazioni urbanistiche Proponenti: Luca Tamini, Ricercatore in Urbanistica, Antonella Bruzzese, Ricercatore in Urbanistica, Matteo Bolocan Goldstein, Professore Associato in Geografia Economico-Politica Collaboratori: Claudia Botti, Giorgio Limonta, Roberto Ricci Dottoranda: Ilaria Giuliani (Spud) L’attualità e la rilevanza Il progetto di ricerca – finanziato dalla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Milano – assumendo il commercio come chiave di entrata del mutamento urbano, prova a misurarsi con le dinamiche complessive che investono le morfologie sociali ed economiche di Milano. Quella che Saskia Sassen definisce “nuova economia informale basata sulla creatività” trova infatti nel capoluogo lombardo specifiche declinazioni organizzative e spaziali che sembrano riconfigurare le connessioni funzionali tra diverse campi di attività, con l’emergere di nuove geografie urbane sempre più organizzate per complementarietà territoriali e per addensamenti spaziali. Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Il programma di ricerca intende fornire un quadro conoscitivo e interpretativo che incroci le tendenze in atto nel cambiamento della città (processi), le politiche che incidono direttamente e indirettamente sulla riconfigurazione del commercio urbano (politiche), una esemplificazione di tali dinamismi attraverso l’esplorazione di alcuni itinerari urbani del cambiamento mostrando gli effetti spaziali di una molteplicità di fenomeni e connessioni (sopralluoghi). Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo sono riconducibili a un’articolazione di temi e di questioni aperte focalizzate su: - l’esplorazione della dimensione e della vocazione pubblica dei servizi commerciali come generatori di urbanità (place making/place management); - il processo in corso di distrettualizzazione del commercio come elemento di valore aggiunto per le imprese nelle scelte localizzative urbane e nei processi cooperativi di aggregazione spaziale dell’offerta; - il passaggio dalla iperspecializzazione delle politiche dei servizi commerciali all’integrazione con gli strumenti di governo del territorio come elemento qualitativo nei processi di regolazione urbanistica delle dinamiche urbane e territoriali; - un’indagine conoscitiva sul fenomeno della progressiva dismissione commerciale che sta investendo estesi ambiti urbani milanesi anche centrali; - il rapporto tra spazi della produzione creativa, attività e usi temporanei, commercio e costruzione di luoghi centrali, attraverso l’osservazione di tali fenomeni localizzati in alcune aree specifiche di Milano al fine di analizzarne alcuni caratteri emergenti e investigarne in particolare le loro relazioni con le dinamiche localizzative delle imprese commerciali. La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Il progetto di ricerca è alimentato da una concreta integrazione tra la disciplina urbanistica – nell’articolazione tra la sua dimensione regolativa e progettuale – e quella geografica di matrice economica e politica, con l’obiettivo di allargare il perimetro delle competenze scientifiche coinvolte e di attivare una rete di soggetti istituzionali sensibile al carattere plurale e integrato del problema di ricerca. | Tagged aggregazioni spaziali, Milano, servizi commerciali urbani e produzioni creative |

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70. Tecniche di rappresentazione, complessità e interdisciplinarietà nel progetto contemporaneo Proponenti: Andrea Rolando (professore associato), Domenico D’Uva (professore a contratto) L’uso degli strumenti informatici per la rappresentazione del progetto è un tema che viene affrontato in molti settori dell’architettura e dell’urbanistica, ma che pare essere solo parzialmente indagato da un punto di vista davvero interdisciplinare, che veda almeno il contributo mirato delle discipline della composizione architettonica e urbana, della storia, delle tecniche urbanistiche, della matematica, delle tecnologie applicate all’architettura, delle scienze del comportamento strutturale ed energetico. La ricerca mira dunque ad affrontare il tema generale dell’innovazione nel progetto, visto attraverso le diverse fasi della sua concezione, gestione e realizzazione, con particolare attenzione alle tecniche di rappresentazione, discutendo il ruolo centrale del disegno come luogo di formazione del progetto. Il tema delle forme complesse in architettura potrebbe costituire un primo argomento specifico di ricerca, ma soprattutto l’attenzione, ancora da costruire in termini interdisciplinari, allo spatial design di scala urbana e territoriale offrirebbe opportunità di ricerca di grande interesse. Anche le questioni relative all’analisi dei fenomeni urbani e territoriali, delle ICTs e delle tecniche di restituzione delle informazioni (mapping) meriterebbero un approfondimento specifico. In questo senso, le nozioni di modello (intesa nel senso più ampio), insieme a quella di prestazione (spaziale, strutturale, energetica) potrebbero fornire un terreno comune di confronto per le diverse discipline. Innovazione e continuità delle tradizioni di ricerca. L’approccio multidisciplinare del tema costituirebbe un aspetto innovativo, pur mantenendo una stretta relazione con attività già presenti presso il Dipartimento. Potenzialità nel breve e nel lungo periodo. Consolidamento delle attività del laboratorio di modellazione e prototipazione della Scuola di Architettura e Società. Attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca. Relazioni interne a gruppi di ricerca del Dipartimento (Rossella Salerno, Luigi Cocchiarella, Claudio Comi, Alessandro Bianchi, Daniele Villa, Paola Pucci e Fabio Manfredini) e con altri gruppi di ricerca attivi anche in altri dipartimenti (Ingrid Paoletti del Dipartimento ABC, Elena Marchetti e Dario Pierotti del Dipartimento di Matematica). | Tagged forme complesse, modello, rappresentazione |

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71. Paesaggi della produzione: Strategie rigenerative per l’area di Nera Montoro Roberto Spagnolo – Ordinario ICAR 14 Barbara Coppetti – Ricercatrice ICAR 14 Sandra Maglio, Elena Scattolini, Alisia Tognon – PhD candidates, Dottorato di Ricerca in Progettazione Architettonica e Urbana 1) L’attualità e la rilevanza L’area produttiva di Nera Montoro si caratterizza per la conformazione di un paesaggio in cui i caratteri delle aree agricole si fondono e dialogano con quello infrastrutturale e industriale. L’ambiente, connotato dalla sua memoria industriale, racconta l’identità paesaggistica della valle e del fiume Nera: esso include le preesistenze storiche, culturali, ecologiche ed estetiche, come elementi fondanti di un sistema lineare, entro cui si colloca l’area industriale con i caratteri architettonici e formali che la qualificano di significato. La vocazione contemporanea per tutto il territorio della valle Nerina è quella di partire dalla solida e pesante eredità industriale, che si manifesta attraverso i simboli iconici delle ciminiere e i volumi prismatici degli edifici della produzione, per rigenerare i suoi impianti in disuso e i vecchi stabilimenti attraverso la ricerca sull’ambiente, sulle fonti di produzioni rinnovabili. Si considera, quindi, l’originaria vocazione produttiva come il punto di partenza su cui è possibile innescare nuovi processi di crescita nel futuro. 2) Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca La sinergia tra la ricerca produttiva e tecnologica, contestualmente all’attenzione per la forma architettonica e per l’esplorazione estetica, perseguita in unione alla preoccupazione per gli aspetti sociali e per il lavoratore, è stata sempre un punto nodale degli studi architettonici a partire dal movimento moderno (Behrens, Gropius,). Il dialogo tra committente industriale e progettista è stato in grado di produrre soluzioni di notevole interesse come nei casi delle industrie olivettiane e dei più recenti progetti per il Vitra Campus. A partire dal ruolo incontrovertibile che la cura dei luoghi (N. Emery) e il progetto dei paesaggi compromessi possono operare anche dentro gli spazi della produzione, questa ricerca può costruire, in accordo con gli obiettivi della committenza, una visione innovativa che intende superare i vecchi modelli industriali, proponendo nuove strategie di rigenerazione architettonica e ambientale del sito produttivo. 3) Potenzialità nel breve e nel lungo periodo L’area di Nera Montoro si colloca all’interno di un bacino fortemente segnato dalla presenza industriale e infrastrutturale del territorio ternano, ove si condensa la memoria della prima industrializzazione nazionale, ma anche parte di un sistema paesistico delicato e fortemente identitario. All’interno di questo territorio appare credibile come sia possibile coniugare e realizzare i saperi concentrati nei laboratori di ricerca e nelle Università, nel territorio e nel paesaggio, attraverso la sinergia tra l’architettura ed una azienda, che vede nella trasformazione a industria verde la possibilità di rigenerare un’area industriale fortemente legata alla memoria collettiva del luogo. 4) La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Il tema di ricerca proposto s’inserisce, divenendo uno dei casi studio, all’interno della ricerca PRIN 2012 (“Re-cicle Italy”, coordinamento U.O. Politecnico di Milano prof.ssa Ilaria Valente). L’area della Val Nerina si consolida, quindi, per il carico di significati in essa innestati, come un’area pilota, all’interno di un vasto bacino industriale ampiamente abbandonato e dismesso, caratterizzato da un particolare assetto spaziale esistente, che non può prescindere dal considerare la densità della storia e della memoria industriale e collettiva della valle. | Tagged architettura, industria, memoria, PAESAGGIO |

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72. Aree di servizio, caselli autostradali e stazioni ferroviarie minori come elementi di relazione con i paesaggi attraversati Proponenti: Andrea Rolando (professore associato), Alessandro Scandiffio (dottorando) Il tema del rapporto tra infrastrutture, paesaggio e beni culturali è di grande rilevanza per un Paese come l’Italia, dove è importante aprire una discussione sulle strategie per la valorizzazione dei paesaggi attraversati dalle infrastrutture, evidenziandone le potenzialità di sviluppo territoriale e turistiche in particolare. L’interesse sul tema nasce dagli studi relativi alla regione compresa tra Torino e Milano, dove il fascio infrastrutturale che collega i due poli principali è stato recentemente consolidato e potenziato, anche grazie alla realizzazione della nuova linea ad alta velocità. Da questo studio è emersa la possibilità di mettere in collegamento una serie di beni culturali e luoghi di interesse ambientale, collocati nelle immediate vicinanze delle autostrade e delle reti ferroviarie regionali, che rappresentano un’occasione importante per rilanciare l’immagine di questi territori. L’occasione di EXPO 2015 potrebbe contribuire a rendere meglio integrati, anche rispetto ai principali centri urbani delle due regioni, luoghi di grande qualità paesaggistica oltre che di sicuro interesse per i temi specifici dell’esposizione. Il consolidamento e miglioramento delle opportunità territoriali dei territori compresi tra città, paesaggio agricolo e culturale e infrastrutture costituirebbe una positiva ricaduta territoriale post evento. In questo contesto, le aree di servizio e i caselli dislocati lungo il tracciato autostradale, insieme alle stazioni ferroviarie delle linee interregionali, soffrono di una condizione di scarsa integrazione con il paesaggio attraversato, del quale possono diventare invece luoghi di interfaccia privilegiati, vere e proprie porte aperte da e verso il territorio. Gli obiettivi del lavoro di ricerca riguardano, pertanto, la realizzazione di un sistema di percorsi turistici (anche ciclo pedonali) che, a partire dalle aree di sosta dislocate lungo i tracciati autostradali e dalle stazioni delle reti ferroviarie regionali, estendano l’esperienza del viaggio ai paesaggi che circondano le infrastrutture. La gestione delle informazioni e la realizzazione di applicativi su smartphone stanno dimostrando in questo campo la necessità di sempre maggiore integrazione con le azioni tradizionali di progetto di scala territoriale, non solo per migliorare l’uso del territorio ad esempio per fini turistici ma anche per i servizi di interesse più generale a vantaggio degli abitanti. Innovazione e continuità delle tradizioni di ricerca. Il tema propone un focus specifico che si intreccia con altri filoni di ricerca già attivi, in particolare sulle questioni del ruolo delle ICTs come driver di innovazione territoriale e come strumenti di analisi, del turismo, del commercio ed in generale dei progetti tesi all’integrazione tra attività che si collocano tipicamente in contesti urbani e territoriali di margine e i paesaggi nei quali tali attività sono solitamente inserite. Potenzialità nel breve e nel lungo periodo. Consolidamento della ricerca sulla regione Torino – Milano, implementazione possibile di alcuni casi grazie a EXPO 2015, estensione della metodologia ad altri contesti, ricerca e promozione di un più positivo rapporto tra paesaggio e infrastrutture. Attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca. Relazioni con il gruppo di ricerca di URB&COM (Corinna Morandi), con la Facoltà di Architettura del Politecnico di Delft (Eric Luiten) con la Facoltà di Sociologia del Turismo dell’Università di Milano Bicocca (Ezio Marra). | Tagged infrastrutture, PAESAGGIO, turismo |

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73. Produzione di componenti edilizi su piccola scala con tagliatrici a controllo numerico Proponente: Gian Luca Brunetti (ricercatore) Le tecnologie a controllo numerico per il taglio del legno sono state interessate negli ultimi anni da una drastica riduzione dei prezzi. Ciò può costituire un importante fattore di cambiamento per la produzione di componenti edilizi, contribuendo a sfumare la distinzione tra rappresentazione e produzione. Questo vale oggi anche per le tecnologie di stampa 3D, sulle quali le tecnologie di taglio 2D presentano, relativamente al settore edilizio, il vantaggio di una immediata fattibilità. Le conseguenze del suddetto cambiamento di condizioni possono risultare simili a quelle che in anni recenti hanno riguardato, per effetto della diffusione delle tecnologie digitali, molte attività operose basate sull’utilizzo di tecnologie analogiche: per esempio, la dattilografia per effetto della comparsa dei word processor, o la fotografia su supporto fisico per effetto delle tecniche di fotografia digitale. Le tecnologie subentranti non hanno eliminato la richiesta di specialisti, ma hanno modificato gli specialismi e gli ambiti di fattibilità. E’ verosimile che l’adozione di tecnologie di taglio a controllo numerico possa nel medio termine modificare non solo le modalità di lavoro di falegnami e carpentieri, ma anche i beni di produzione, gettando le basi per una competitività dei nuovi artigianati con l’industria. Tra le conseguenze prevedibili vi sono quella di rendere possibili produzioni e autoproduzioni di componenti su piccola scala, anche a pie’ d’opera, e/o on-demand; quella di gettare le basi per un irreversibile abbassamento delle barriere, anche economiche, all’ingresso nelle attività di intrapresa, similmente a quanto in atto da decenni in campo informatico; e quella di dischiudere inedite possibilità di commistione tra tecnologie tradizionali e moderne. Obiettivi dell’idea di ricerca qui presentata sono quello di investigare le possibilità progettuali e tecnologiche generate dalla produzione e autoproduzione di componenti edilizi (sia strutturali, sia ausiliari – come porte, finestre, componenti di facciata, schermature, componenti di arredo) attraverso tagliatrici a controllo numerico e quello di individuare le prospettive di innovazione sistemica aperte dall’utilizzo di tale tecnologia da parte degli operatori di impresa. Si tratta di una ricerca interdisciplinare che chiama in causa competenze relative alle tecnologie di costruzione, alle discipline per la rappresentazione, al disegno industriale, alla progettazione architettonica e degli interni, all’economia, alla sociologia. | Tagged autoproduzione, controllo numerico, tecnologie di produzione |

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75. Insediamenti ad abitazioni mononucleo ultradense per climi temperati Proponente: Gian Luca Brunetti (ricercatore) Le leggi e le norme urbane consolidatesi nel corso della storia moderna della civiltà occidentale per ostacolare il verificarsi di densità abitative elevate e salvaguardare la salubrità ambientale sono state concepite per tutelare gli abitanti dagli effetti più deleteri della speculazione edilizia. Un risultato di quella regolamentazione è stato però quello di accentuare la scarsità del bene “terreno” e di impossibilitare ampi gruppi di popolazione al possesso di una estensione per quanto piccola di terra a scopo edificatorio. In Asia esistono culture dove la prassi della crescita urbana ha consentito storicamente (e spesso tuttora consente o tollera) una parcellizzazione molto accentuata dei terreni destinati all’edificazione mono-nucleo su parcelle ridotte ma densamente edificate, con l’effetto di rendere possibile il raggiungimento di densità urbane elevate anche attraverso il ricorso a unità indipendenti. Detto tipo di tessuto richiede forme di controllo microclimatico più finemente verificate di quelle adeguate a situazioni di densità ordinaria. Questo per scongiurare compromissioni della qualità abitativa; che nelle situazioni descritte possono per esempio derivare da insoddisfacente riscontro d’aria o accesso solare ridotto. Un ruolo importante per la determinazione della qualità abitativa nei tipi di tessuto in oggetto può essere giocato da strategie di controllo ambientale operanti sugli spazi di mediazione e transizione microclimatica. La ricerca si propone di individuare ambiti di soluzioni adeguate, per prestazioni ambientali ed ergonomiche, alla generazione di insediamenti basati su abitazioni mono-nucleo ad alta densità in contesti climatici temperati e a una loro integrazione nei sistemi spaziali caratteristici delle città contemporanee occidentali. Si tratta di una ricerca interdisciplinare che chiama in causa competenze di tipo progettuale, tecnologico-ambientale, urbanistico, storico, sociologico e del diritto. | Tagged abitazione, densità, mediazione microclimatica |

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75. Luce per l’alfabetizzazione nelle abitazioni dei Sud del mondo Proponente: Gian Luca Brunetti (ricercatore) La consuetudine con la lettura è una componente fondamentale del modo di essere contemporaneo e una delle più efficienti condizioni per l’esternalizzazione e quindi il potenziamento del pensiero astratto; ma le condizioni ambientali prevalenti nelle abitazioni vernacolari per i climi caldi del mondo disincentivano la pratica della lettura e della scrittura. Si può ipotizzare che una causa di ciò risieda nel fatto che tali soluzioni siano il prodotto di culture in cui l’alfabetizzazione non è ancora profonda. La qui presentata idea di ricerca nasce dalla convinzione che i contesti abitativi, dipendentemente dalle condizioni ambientali che offrono, possano contribuire a incentivare o disincentivare la pratica della lettura e quindi la metabolizzazione culturale della parola scritta. Una delle principali cause della citata condizione disincentivante è che le abitazioni, specialmente informali, nei paesi caldi in via di sviluppo sono prevalentemente buie in rapporto agli standard occidentali odierni, che sono del resto in buona parte derivati dalle necessità imposte dalla lettura e dalla scrittura. Si tratta di una situazione riscontrabile sia nei climi caldo-secchi, sia nei climi caldo-umidi e non estranea alle culture di ambiente mediterraneo. Il motivo principale per cui le abitazioni vernacolari nei climi caldi si trovano mediamente in condizioni di basso livello di illuminamento è la necessità di mantenerle fresche. La componente luminosa è infatti una importante componente del guadagno solare. Dalla qual cosa consegue che per essere più illuminata da luce naturale senza risultare più calda, una abitazione in un clima caldo debba adottare strategie di raffrescamento o controllo termico più efficaci di un abitazione più buia a parità di condizioni. Il perseguimento di questo fine può essere supportato dalla conoscenza scientifica. La ricerca in oggetto mira ad analizzare in modo comparativo soluzioni tecniche e progettuali per l’incremento della quantità e della qualità della luce nelle abitazioni vernacolari per i climi caldi dei sud del mondo adeguate a influire non negativamente sulle condizioni di comfort termico. Si tratta di una ricerca di tipo interdisciplinare, che chiama in causa competenze connesse alla progettazione ambientale, alla progettazione architettonica e degli interni, alla sociologia e alla geografia umana. | Tagged abitazione vernacolare, alfabetizzazione, paesi in via si sviluppo |

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76. La tutela dei beni culturali fra Stato ed enti locali: Progetto di conservazione, profili giuridici, programmi di tutela e di valorizzazione Lorenzo de Stefani, ricercatore confermato icar 19 – restauro La questione dei beni culturali, della loro tutela, della più appropriata allocazione delle competenze amministrative e di gestione ai vari livelli dell’amministrazione pubblica e degli enti locali, del ruolo dei privati nella loro gestione e valorizzazione, si impone da tempo alla riflessione disciplinare e nella elaborazione legislativa soprattutto negli ultimi due decenni. Ad una copiosa – e talvolta caotica – produzione legislativa (che interseca altri rilevanti profili di regolazione, dai contratti pubblici al procedimento amministrativo alla normativa urbanistica) fa riscontro un dibattito pubblico che ruota attorno due ipotesi nettamente contrapposte ed apparentemente inconciliabili: da un lato l’idea di un sostanziale abbandono del monopolio pubblico in capo all’amministrazione dello Stato centrale della materia attinente ai beni culturali, inteso come esito necessario a garantire la sostenibilità economica della tutela, tendendo all’autofinanziamento come presupposto della fruizione pubblica del patrimonio culturale e, dall’altro, gli autorevoli richiami di chi sottolinea la necessità della prevalenza del ruolo pubblico, meglio se avocato direttamente dalla Stato centrale e dai suoi apparati, quale unico attendibile garante delle finalità di edificazione culturale, morale e civile intrinseche al ruolo del patrimonio culturale, considerata la finalizzazione sociale della tutela come consacrata dal dettato costituzionale. Preminenza pubblica come unico argine alle forze che si contrappongono alla tutela quali agenti di sfruttamento speculativo delle risorse pubbliche e territoriali (tematica particolarmente sensibile riguardo ai beni architettonici e paesaggistici) ed alle strumentalizzazioni immanenti ad una non appropriata interpretazione delle nozioni di fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale (come emerge anche dalle cronache quotidiane). In tal senso emergono fenomeni contraddittori apparentemente non riconducibili ad una strategia precisa e, soprattutto, esplicitamente rivendicata ai livelli di responsabilità politica, che tuttavia si manifesta da un lato con la perdurante riduzione dei finanziamenti al Ministero per i beni e le attività culturali, proprio mentre le continue riforme organizzative ne hanno appesantito e burocratizzato la compagine e, dall’altro, con provvedimenti quali il cosiddetto “federalismo demaniale” che consente di cedere beni di rilevanza culturale dal demanio dello Stato agli Enti locali (procedura che ha suscitato allarmi da parte di chi paventa successive fasi di dismissione e privatizzazione). Attualità e rilevanza del tema Si tratta di aspetti che tempo travalicano il dibattito specialistico disciplinare approdando alla cronaca quotidiana (basti pensare alle polemiche su Pompei, il Colosseo, gli Uffizi, la Pinacoteca di Brera ecc.). Ma proprio per questo occorre una riflessione attenta e rigorosa che tenti di superare i limiti rappresentati dal tecnicismo giuridico (pur necessario) discostandosi da una nozione di conservazione che non può ridursi a “profezia” ma deve imporsi come concreta alternativa in una lettura rigorosa ma realistica dei fenomeni in atto. A tal fine la ricerca affronterà casi paradigmatici quali ad esempio la Villa Reale di Monza, la Pinacoteca di Brera, la Certosa di Pavia, l’ex convento domenicano poi carcere di San Gimignano per ricostruire presupposti, modalità, soluzioni prospettate, scelte perseguite e possibili ipotesi alternative, in modo da pervenire ad una lettura consapevole e propositiva, avulsa da formulazioni di rito e da gabbie ideologiche. Caratteri di innovazione e continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Come già evidenziato più sopra, la ricerca si propone di affrontare in modo trasversale l’evoluzione normativa che tenta – non mette conto di affermare qui se con efficacia – di interpretare le profonde trasformazioni che investono lo stesso ruolo del patrimonio culturale quale elemento costitutivo dell’identità nazionale e morale della comunità con i presupposti dell’approccio disciplinare alla tutela del patrimonio culturale stesso, all’esito di una riflessione ultrasecolare che identifica modalità e procedure specifiche, intersecando più campi d’indagine e di ricerca (valorizzando quindi i connotati propri della cultura politecnica). Potenzialità nel breve e lungo periodo La ricerca si propone in prima battuta di restituire una sorta di “stato dell’arte” dell’evoluzione normativa in materia, con approfondimenti su casi specifici, al fine di offrire degli spunti ricostruttivi che consentano di individuare linee di tendenza e proposte operative. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DASTU. La natura dell’argomento trattato richiede, a lato delle tradizioni discipline costitutive del progetto di conservazione (indagine storica, descrizione metrica dell’architettura, analisi tecnologiche e dei materiali, diagnostica) l’intervento delle discipline giuridico-amministrative e di pianificazione-programmazione e di governo del territorio. | Tagged beni culturali, conservazione, tutela |

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77. Strategie ambientali dell’architettura rurale della pianura padana e possibili applicazioni nella progettazione architettonica contemporanea proponenti: Marco Bovati (R ICAR14), Ester Dedé (PhD Student ICAR14 – XXVIII ciclo). 1) attualità e rilevanza Di fronte alle criticità della diffusione insediativa e del modello residenziale basato sulla casa unifamiliare, emergono nuovi modelli residenziali e lavorativi che rinnovano una dimensione comunitaria dell’abitare. Nei territori del nord Italia il riferimento tecnologico, tipologico e spaziale al patrimonio dell’edilizia rurale e tradizionale può giocare un ruolo determinante nel favorire l’individuazione di soluzioni bioclimatiche passive che consentano un comportamento energeticamente efficiente e economicamente sostenibile. In tempi di crisi e di fronte alla necessità di adeguare il comportamento energetico dell’architettura, appare più sostenibile provare ad imparare dal patrimonio dell’edilizia rurale tradizionale per individuare e valorizzare il comportamento passivo dell’edificio, da preferire a costose ipotesi impiantistiche. Ciò comporta la necessità di uscire dalla genericità del costruire uguale in ogni regione, per ritrovare una specificità locale in grado di ottimizzare le soluzioni architettoniche in rapporto al clima e alla tradizione costruttiva e alla cultura materiale dei luoghi. 2) carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca La proposta si pone in continuità con le ricerche che a partire dagli anni del dibattito intorno al Regionalismo Critico hanno fondato la riflessione sulle specificità locali dell’architettura, sul tema del tipo situato e sulla critica radicale dell’edilizia generica e acontestuale. L’obiettivo è favorire la formazione di una sensibilità nuova che sia in grado di integrare gli aspetti compositivi e spaziali della forma architettonica, con il suo comportamento in relazione ai fattori climatico-ambientali. 3) potenzialità nel breve e nel lungo periodo Le potenzialità nel breve e lungo periodo vanno dalla possibilità di formulare linee guida per la progettazione bioclimatica passiva in contesti climatici determinati, alle azioni di consulenza e supporto alla progettazione di co-housing, co-working e housing sociale. 4) la capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU I proponenti sottolineano la possibilità di costruire relazioni con le discipline della Tecnologia dell’architettura (ICAR12), dell’Architettura del paesaggio (ICAR15) e della Storia dell’Architettura (ICAR18) | Tagged architettura bioclimatica, architettura rurale, progetto architettonico |

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78. Le forme della densità proponenti: Marco Bovati (R ICAR14), Elena Scattolini (PhD Student ICAR14 – XXVIII ciclo). 1) attualità e rilevanza In un momento storico in cui da più parti si condivide l’esigenza di avviare politiche di radicale riduzione del consumo di suolo, che si accompagnano alla rivalutazione della città compatta quale modello insediativo virtuoso, la ricerca propone un approfondimento critico sul tema della densità abitativa attraverso una riflessione intorno alle ragioni che portano a ritenerla de facto sinonimo di sostenibilità. Si intende favorire una discussione che suggerisca il passaggio dalla considerazione degli aspetti meramente quantitativi del tema alla presa in carico di una interrogazione sulla forma e sulla tipologia degli insediamenti e degli edifici compatti, assumendo quale orizzonte scalare la dimensione compresa tra il singolo manufatto architettonico e l’isolato. 2) carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca La proposta si colloca in un quadro generale che mira ad interrogarsi sul rapporto esistente tra problematica della forma architettonica e disciplina della composizione architettonica e urbana ed i temi della sostenibilità ambientale ed energetica e della questione ecologica. Cruciale in questo quadro è la questione della relazione spazio aperto / spazio costruito e il complesso delle rapporti spaziali e dimensionali implicati, i quali incidono direttamente sulle qualità ambientali ed energetiche. La possibile interrogazione investe questioni concernenti i rapporti di distanza, posizione e prossimità dei corpi di fabbrica, le morfologie insediative, i rapporti di limite tra spazi edificati e spazi aperti, determinando uno spostamento d’attenzione che colloca al centro della riflessione gli effetti ambientali delle relazioni tra gli edifici e il disegno, la consistenza e la dotazione degli spazi aperti. Il tema si pone in continuità con precedenti esperienze di ricerca che qui vedrebbero un possibile sviluppo e le mette a sistema, integrandole, con quelle legate ai temi di approfondimento portati avanti dai proponenti nei diversi contesti di applicazione della ricerca. 3) potenzialità nel breve e nel lungo periodo Tra le potenzialità è possibile annoverare l’avvio di una riflessione aperta e di natura interdisciplinare finalizzata a determinare ricadute innovative sulle pratiche del progetto architettonico e urbano; a questa è affiancabile una produzione scientifica che miri alla definizione di linee guida progettuali. 4) la capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU I proponenti sottolineano la possibilità di costruire relazioni con le discipline dell’Architettura del paesaggio (ICAR15), della Tecnologia dell’architettura (ICAR12) e delle discipline della Pianificazione e dell’Urbanistica (ICAR20, ICAR21). | Tagged sostenibilità, densità, progetto architettonico e urbano |

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79. Sostenibilità ambientale e pratiche del progetto architettonico e urbano proponente: Marco Bovati (R ICAR14) 1) attualità e rilevanza La ricerca propone un approfondimento in merito alle ricadute della questione ecologica sulle culture e sulle pratiche del progetto dello spazio costruito, con particolare riferimento alle specifiche processualità progettuali ed alle modalità di integrazione metodologica e operativa delle istanze ambientali nelle teorie e nelle procedure del progetto architettonico e urbano. 2) carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca L’emergere delle tematiche ecologico-ambientali pone importanti questioni alle discipline della progettazione architettonica e urbana, implicando la necessità di ripensare gli strumenti di descrizione e interpretazione dei contesti e di controllo dei processi di modificazione dello spazio costruito. Sul piano metodologico la conoscenza dei luoghi oggetto di trasformazione attraverso le procedure descrittive, investita dalle istanze della sostenibilità, è sospinta ad espandere la nozione stessa di contesto fino ad includere i fattori climatico-ambientali quali dati ormai irrinunciabili. Ciò implica la messa a punto di nuovi strumenti di comprensione e restituzione della complessità dei contesti urbani che richiede un significativo sforzo per la loro messa a sistema; elaborati grafici di descrizione dei caratteri ambientali e tabelle climatiche si affiancano alle mappe morfologiche e agli schemi tipologici; questo insieme di letture e descrizioni, solo in alcuni casi prende la forma di mappe sintetiche, in grado di riassumere livelli elevati di interazione complessa tra fattori eterogenei. Il tema si pone in continuità con esperienze di ricerca in corso che qui vedrebbero un possibile sviluppo. 3) potenzialità nel breve e nel lungo periodo La proposta di ricerca ha come obiettivo la messa a punto di metodologie e strumenti specifici del progetto architettonico e urbano riferiti ai temi dell’indagine del contesto climatico-ambientale come supporto ai processi di progettazione sostenibile e al rapporto tra innovazioni metodologiche e aggiornamento degli strumenti di progetto e di rappresentazione. Si intende indagare sperimentalmente il tema della lettura dei caratteri e delle perturbazioni ambientali di un sito, quale strumento di definizione di un quadro che orienti le scelte insediative verso un impianto progettuale compatibile con le risorse del luogo. L’obiettivo è riferito alla definizione di procedure che consentano l’individuazione di potenzialità e criticità ambientali, e lo studio dei relativi criteri di rappresentazione ai fini del loro impiego diretto all’interno del processo progettuale sia nelle fasi preliminari – come simulazione e controllo degli aspetti bioclimatici della progettazione – sia nella fase esecutiva – come verifica e correzione delle eventuali disfunzioni – ed infine si riverbera nella necessità di rappresentare aspetti e qualità nuove del manufatto architettonico. 4) capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU La ricerca presenta possibili correlazioni con le discipline della Tecnologia dell’architettura (ICAR 12) e in particolare con la Progettazione ambientale; inoltre è possibile ipotizzare relazioni con la disciplina del disegno (ICAR 17). | Tagged caratteri ambientali, sostenibilità, progetto architettonico e urbano |

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80. Urbano contemporaneo Proponenti: Andrea Di Giovanni* (Ricercatore ICAR/21) e Giulia Fini* (Assegnista di ricerca ICAR/21) * Laboratorio di ricerca RAPu+ 1) Attualità e rilevanza Le città e i territori contemporanei appaiono in molti casi come realtà dai tratti incerti: frammenti insediativi si susseguono con diversa frequenza, senza una sostanziale soluzione di continuità, esito di processi discontinui e diacronici di urbanizzazione, ma anche di fenomeni di abbandono di parti obsolete e non più funzionali della città compatta. Le locuzioni introdotte da numerose ricerche degli ultimi anni – che hanno avuto il merito di descrivere estensivamente le nuove formazioni urbane, dalla città “diffusa” di Indovina alla città “infinita” di Bonomi e Abruzzese – palesano un tentativo implicito di misurare il “grado di urbanità” delle nuove formazioni insediative, in molti casi esprimendo un diverso giudizio sulle loro caratteristiche e sui processi da cui hanno avuto origine. Tuttavia, gli studi degli ultimi vent’anni hanno perlopiù alluso alle questioni specifiche che riguardano l’urbanità senza organizzarle entro un tema di ricerca specifico. Per questo, oggi, sembra importante allestire un programma di ricerca capace di indagare effettivamente i caratteri e i modi propri dell’essere urbano in relazione alle molteplici situazioni insediative – tradizionali ed emergenti – che caratterizzano la città contemporanea. 2) Carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Benché oggi un’indagine sulle forme di urbanità non possa organizzarsi che in relazione ad un contesto urbano-territoriale significativamente trasformato, si tratta in realtà di un argomento “classico” degli studi urbani sviluppato in diverse stagioni (da Mumford 1937 e Park 1938, a Wirth 1968). Più recentemente il tema è stato affrontato da diversi autori entro molteplici campi disciplinari (Amin e Thrift 2005, Carmona 2010, Enlil e La Greca 2005, Sassen 2007) e con riferimento a specifici contesti europei, dove lo studio dello spazio urbano contemporaneo, dei suoi peculiari caratteri, ha trovato spazio in importanti ricerche e politiche nazionali e locali. Alcuni ambiti – sufficientemente esplorati in letteratura e considerati significativi per le questioni implicate dalle diverse forme e modi dell’essere urbano contemporaneo – riguardano le forme intermodali di trasporto; la costituzione spontanea di concatenazioni urbane ed extraurbane di spazi commerciali; le dinamiche insediative in prossimità degli spazi aeroportuali e dei loro corridoi; i processi di riassetto economico e sociale nei tessuti urbani a bassa densità; le dinamiche spontanee di strutturazione territoriale che vedono la formazione di elementi di intelaiatura urbana costituiti da servizi e spazi di interesse collettivo. 3) Potenzialità nel breve e nel lungo periodo I principali tipi d’impatto della ricerca possono riguardare: - l’orientamento dei processi di riassetto istituzionale in corso, derivanti dall’abolizione delle provincie e dall’istituzione delle città metropolitane, e la conseguente ridefinizione delle relative competenze di governo; - l’orientamento dei processi di riassetto dei primi livelli amministrativi delle città e il disegno di municipalità locali dotate di propri, solidi caratteri di urbanità spaziale e funzionale; - l’orientamento di alcune politiche urbane di tipo insediativo/infrastrutturale e la definizione di nuove politiche di welfare ed energetiche a livello comunale e intercomunale; - la definizione di criteri di selezione per l’ammissibilità di progetti di trasformazione urbana a diverse scale; - l’orientamento dei criteri allocazione delle risorse pubbliche e degli investimenti privati entro un quadro di strategie di sviluppo urbano condiviso. 4) Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Le diverse questioni qui richiamate sollecitano un approccio trasversale rispetto a discipline, tradizioni di ricerca e modalità di lavoro già presenti nel Dipartimento: dagli studi sulla mobilità a quelli sulle popolazioni urbane, dalle analisi sul consumo di suolo a quelle sulla sostenibilità ambientale, dalle ricerche sul commercio a quelle sulle forme di economia su base territoriale. | Tagged città, Sostenibilità, Urbanità |

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81. Per un atlante attivo delle città pubbliche milanesi Proponenti: Paolo Bozzuto, Francesca Cognetti, Francesco Infussi l’attualità e la rilevanza Pensare alla città pubblica milanese (o a quella di altre grandi città) come un insieme plurale di diverse condizioni spaziali e sociali significa interpretare questo insieme come un’entità articolata i cui elementi costitutivi sono irriducibili a progetti e politiche facenti riferimento, in modo esclusivo, a uno sguardo di settore. L’interpretazione di tali specificità (che declinano differentemente questioni problematiche e temi di progettazione) sembra necessaria a numerosi attori che operano a vario titolo nell’ambito dei quartieri di edilizia residenziale realizzati da soggetti pubblici o privati con finalità sociale: dall’amministrazione pubblica agli attori sociali locali, alle università, ecc. Sembra pertanto utile ed essenziale avviare un lavoro di rappresentazione di tale pluralità di situazioni, mediante l’esercizio di sguardi ravvicinati e “interni”, capaci di costruire rappresentazioni problematiche specifiche a partire da forme plurali di interazione locale con attori istituzionali e non istituzionali. Il percorso di ricerca qui delineato propone un approccio e un punto di vista che definiscano letture e strategie locali a partire da configurazioni sociali e ambiti specifici, attraverso una esplorazione unica che apra alla possibilità di costruire occasioni per tematizzare in forma interattiva i problemi. Va posta l’attenzione non tanto sui prodotti che possono essere esito di un’operazione di tale tipo (un rapporto di ricerca, una serie di interviste, forum di discussione, mappe, ipotesi di riqualificazione, ecc.) quanto ai processi che si attivano durante questa attività. Nondimeno possiamo dire che l’esito complessivo potrebbe essere paragonato a un “atlante” eterodosso della città pubblica milanese, costituito da materiali in continuo aggiornamento: rappresentazioni e auto-rappresentazioni, immagini del passato e del futuro, rilievi e percezioni. il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Le operazioni di ricerca possibili sono state sperimentate in esperienze analoghe condotte in passato a ridosso della Ricerca PRIN “La città pubblica come laboratorio di progettualità. La produzione di linee guida per la riqualificazione sostenibile delle periferie urbane” e a seguito del workshop “Mapping S.Siro”. A differenza delle precedenti esperienze, questa ipotesi di lavoro tende a valorizzare le differenti competenze e tradizioni di ricerca esistenti nel Dipartimento al fine di pervenire ad un modello di ricerca-azione all’interno dei quartieri che possa essere implementato da differenti gruppi di ricerca contemporaneamente. Si propone di impiegare, ai fini della conoscenza della situazione locale, un orientamento interpretativo e interattivo alla descrizione della città ed un approccio esplorativo alla progettazione urbana, prendendo però congedo dall’ossessione normativa di costruire un’ipotesi finale e conclusiva, in sostituzione dell’operatore pubblico o in veste di mediatori tra pubblico e abitanti. Con l’ambizione, invece, di produrre un cambiamento all’interno di territori di diversa natura e a vari livelli, grazie allo stesso svolgimento dell’attività di ricerca (maggiore consapevolezza delle problematiche locali da parte della popolazione, appropriazione di nuovi strumenti interpretativi, empowerment presso soggetti locali e abitanti, ecc.). Una differente relazione tra gli attori e tra i livelli (istituzionali e non istituzionali) potrà essere un altro dei possibili esiti degli “eventi locali”, ma non il principale o l’esclusivo. Si prevede il coinvolgimento degli studenti sia attraverso il trattamento del tema presso laboratori, sia (preferibilmente) mediante l’attivazione di specifici ambiti didattici (workshop). In ogni evento locale docenti e studenti “abiteranno” una specifica situazione per un certo periodo di tempo, introducendo quindi degli scarti rispetto alle condizioni e ai ritmi del quotidiano. Attraverso questa opportunità potranno emergere dei cambiamenti locali, come sopra richiamato, ma soprattutto si costruirà una esperienza di conoscenza per noi, che possa avere diversi effetti sui nostri vari interlocutori. Il ruolo di chi impara e di chi insegna non è preassegnato. le potenzialità nel breve e nel lungo periodo Nell’immediato, l’accensione contemporanea di più occasioni di questo tipo consente di disporre di puntuali rappresentazioni problematiche ravvicinate dei quartieri che possano essere utili alla azione di numerosi e diversi attori. L’aspirazione di lungo periodo è di poter contribuire alla costruzione di un concreto campo di interazione continuativa tra il DAStU e la città di Milano, i suoi quartieri e i suoi abitanti: un terreno sul quale sia possibile costruire una chiara riconoscibilità del Dipartimento come “attore tra gli attori”, come soggetto attivo nella vita della città, in relazione ai temi, alle questioni e agli spazi dell’abitare quotidiano. la capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Sono numerose le esperienze di ricerca che su questi temi sono state svolte in passato da altri gruppi di ricerca appartenenti al DAStU, ciascuno di essi connotato da differenti competenze, strumenti di ricerca e specifici interessi scientifici. Non dovrebbe essere difficile attivare differenti gruppi di ricerca che inaugurino operazioni analoghe e contemporanee in differenti quartieri di edilizia pubblica milanesi. Attraverso l’organizzazione di forum di ricerca e progetto in una serie selezionata di quartieri i gruppi potrebbero costruire, in forma plurale e interattiva, alcune rappresentazioni problematiche e specifiche dei territori della città pubblica, a partire dalla individuazione di alcuni spazi-chiave dei diversi quartieri coinvolti e delle relazioni sociali e istituzionali che li attraversano. | Tagged città pubblica, Milano, popolazioni locali |

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82. Paesaggi ordinari della città contemporanea Chiara toscani (phd, assegnista, professore a contratto icar 14) Attualità e rilevanza Acquisita la perdita del connotato strettamente pubblico dello spazio aperto, questa ricerca vuole rivalutare gli spazi collettivi appartenenti al paesaggio ordinario minuto della città diffusa (parcheggi, strade, backyards), considerati frequentemente come mero e inevitabile prodotto dell’urbanizzazione espansiva, invece che importanti risorse spaziali. Un esempio è dato dalle vaste superfici utilizzate a parcheggio, le quali rappresentano uno spazio aperto in connessione, sia con le principali infrastrutture viarie, sia con gli abitati residenziali, logistici e terziari. Innovazione e continuità Dunque rispetto alle numerose indagini già condotte in questi ultimi decenni, (cfr. Casabella 597-598) si vuole adeguare i progetti di spazi aperti alle nuove pratiche d’uso dei cittadini, rivolgendo lo sguardo verso il potenziale nascosto di questo paesaggio ordinario minuto degli spazi aperti per riformulare nuovi processi di urbanizzazione, che escano da un’attività svolta troppo spesso all’interno dei centri storici o secondo indirizzi progettuali banali o imitativi. Potenzialità a breve e lungo periodo Questa attività a breve termine può portare ad una catalogazione dei differenti tipi di spazi aperti, in base alla loro connessione con il tessuto urbano e in relazione a differenti contesti funzionali e geografici. Secondariamente ad analizzare lo sviluppo “storico”, sociale ed economico in Europa e in parallelo con il paesaggio statunitense, attraverso la rilettura di esperienze moderne (cfr. Woonerf) e contemporanee. Mentre la potenzialità a lungo periodo della ricerca è di comprenderne la loro nuova forma compositiva utile ad attivare processi di rigenerazione urbano e nuova urbanizzazione. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Il tema offre opportunità di interazione tra i diversi settori disciplinari, dall’urbanistica ai nuovi campi dell’arte, cosi come le scienze sociali ed economiche. Potrà coinvolgere enti pubblici esterni e strutture esterne al DAStU, sia in ambito italiano che internazionale, basti pensare al Parking Day, un evento che si svolge in numerose città del mondo, coinvolgendo municipalità, università, studi di architettura, artisti, cittadini comuni. | Tagged Ordinary landscape, rigenerazione del territorio, spazio pubblico |

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83. Pubblico e di nessuno Proponente: Andrea Di Giovanni* (Ricercatore ICAR21) * Laboratorio di ricerca RAPu+ 1) Attualità e rilevanza Nel territorio urbano contemporaneo permane e si diffonde la presenza di spazi urbani residuali o abbandonati che nei diversi casi assumono le forme del lacerto, dell’incompiuto o del rudere. D’altro canto, l’attuale fase di contrazione delle risorse disponibili condiziona in maniera determinante le possibilità di attivazione di un necessario programma di cura e manutenzione diffusa dei territori e delle città. In questa singolare congiuntura le pratiche della socialità urbana tendono a esprimersi in maniera imprevista e creativa, investendo spazi residuali e riconquistati a qualche uso possibile e utile, contribuendo a produrre nuove e diverse forme di vita in pubblico. 2) Carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca In molti casi sono proprio le pratiche sociali a ispirare progetti e programmi di diverso genere che promuovono trasformazioni e riusi degli spazi urbani residuali in forme sensibili alle caratteristiche dei contesti e alle propensioni sociali. Le diverse, recenti esperienze di recupero, riuso, riciclo di spazi urbani residuali rivelano atteggiamenti di cura attiva; di costruzione e manutenzione del paesaggio urbano; di ricomposizione e riorganizzazione insediativa nel quadro dell’evoluzione complessiva delle forme di urbanità; di ricerca di abitabilità in un nesso rinnovato fra spazi e pratiche della città in trasformazione. Si tratta, in molti casi, di istanze radicali (passibili di traduzioni tecniche pertinenti entro orientamenti progettuali e prospettive di ricerca fertili) già espresse dai protagonisti di una modernità più disponibile al confronto con i contesti locali (Jaap Bakema, Aldo Van Eyck, Georges Candilis, Shadrach Woods, Alison and Peter Smithson, oltre a Giancarlo De Carlo) in un’altra stagione di profondo ripensamento delle città e dei modi di abitarle. L’ipotesi che guida la ricerca è che ricostituzione dei sistemi locali di welfare materiale e rinnovamento dello spazio pubblico possano essere perseguiti lavorando su scarti e residui dello spazio urbano contemporaneo, impiegando approcci al progetto pertinenti e aggiornati. 3) Potenzialità nel breve e nel lungo periodo In questa prospettiva di ricerca l’attenzione si concentra sulle modalità tecniche più adatte a una pratica della rigenerazione urbana attraverso interventi urbanistici ordinari e spiccatamente contestuali, orientati alla ricomposizione degli insediamenti urbani nelle loro molteplici forme contemporanee. 4) Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU La prospettiva di ricerca indicata intercetta aspetti di natura economica, ecologica, sociale e spaziale ed esplora le possibilità della rigenerazione e della ricomposizione urbana a partire dal progetto dello spazio pubblico attraverso un riuso contestuale e contingente degli spazi urbani in abbandono. | Tagged : rigenerazione, riuso, spazio pubblico |

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84. Il disegno urbano in Italia: L’anello mancante tra la pianificazione urbanistica e il progetto di architettura Sergio Brenna, prof. ordinario di urbanistica Graziella Tonon, prof. ordinario di urbanistica Laura Montedoro, ricercatrice confermata Renzo Riboldazzi, tecnico laureato Francesco Vescovi, dottore di ricerca Sandro Coccoi, dottore di ricerca Vincenzo Gaglio, dottore di ricerca Massimo Brignoli, dottore di ricerca Interpretazione delle vicende storiche e esemplificazioni progettuali. La tradizione di lavoro a cui si fa riferimento ha il suo asse portante nel rapporto fra ricerca fondativa e ricerca applicata. Nelle trasformazioni fisiche più rilevanti che hanno investito i contesti urbani e metropolitani italiani negli ultimi trent’anni viene in evidenza una debolezza, quando non l’assenza, della regia pubblica nella messa a fuoco degli obiettivi e nella definizione degli assetti insediativi. La delega dei progetti urbani agli attori privati presenta ormai un quadro assai ampio di realizzazioni su cui è possibile trarre un bilancio, che è insieme politico e culturale, e indicare alternative praticabili. Il programma di ricerca mette in campo 4 ambiti da esplorare anche in parallelo con continui scambi: 1. costruire bilanci critici su esperienze significative, sia storiche che attuali, in cui l’urbanistica, il disegno urbano e di paesaggio e l’architettura degli edifici si sono misurati con il problema dell’architettura dei luoghi, avendo particolare attenzione alle questioni dell’urbanità, della sostenibilità ambientale e sociale e della competitività delle città e dei loro ambiti territoriali. 2. conoscere e affinare le teorie e i principi guida della progettazione urbanistica e di disegno urbano e di paesaggio alle varie scale di rappresentazione; 3. conoscere e aggiornare gli strumenti di programmazione, pianificazione, promozione e controllo degli interventi di trasformazione dell’ambiente fisico; 4. con riferimento a contesti scelti per la loro rilevanza e paradigmaticità, progettare le trasformazioni degli assetti fisici e dei modi d’uso alle varie scale, con attenzione alle esigenze e alle potenzialità dei territori, alla qualità della vita individuale e sociale, all’urbanità delle relazioni, all’identità e alla qualità dei luoghi e dei paesaggi. TAGS mancanti

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85. Mappe iconografiche dei territori abbandonati in Italia Proponenti: Andrea Gritti (Architetto Phd, ricercatore DAStU), Giovanni Hänninen (Fotografo, Ingegnere Phd) , Claudia Zanda (Architetto, tutor) 1. Attualità e rilevanza La contemporaneità è caratterizzata da cambiamenti rapidi dei corpi urbani e territoriali di cui fanno le spese una grande varietà di spazi edificati, oggi abbandonati e dimenticati. Ragioni economiche, sociali, culturali e politiche sono all’origine delle microstorie che caratterizzano il passato e il destino dei luoghi dismessi. Queste vicende, tutte uniche, sono un ottimo spunto per avviare la redazione di mappe iconografiche dei territori abbandonati, costruite a partire dal riconoscimento di aree in attesa di un nuovo ciclo di vita. Le mappe saranno costituite da immagini che intendono dare conto della reale consistenza dei fenomeni di abbandono e dismissione in Italia. Con l’intento di mostrarne la varietà e la potenzialità, i luoghi oggetto della ricerca verranno rappresentati attraverso l’immagine fotografica che consentirà di identificarli sia per tipi che per contesti. 2. Carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca L’approccio proposto vuole superare l’idea di una mappatura precisa e dettagliata delle aree dismesse, focalizzando maggiormente la ricerca e le sue risorse sull’analisi e sulla restituzione attraverso la fotografia dei processi di abbandono. A questo proposito si propone di riutilizzare il vasto patrimonio di immagini già prodotto da fotografi (professionisti e non) per descrivere i temi di ricerca. Il processo proposto è pertanto del tipo open source e prevede l’utilizzo di immagini già disponibili opportunamente selezionate attraverso lo sguardo di un fotografo e di un architetto. In questo modo sarà possibile attingere ad archivi e banche dati molto più ampie di quelle producibili attraverso lo sviluppo di una specifica commessa di ricerca. In questa prospettiva il ruolo essenziale del processo di costruzione delle mappe iconografiche è assegnato all’opera di selezione delle immagini cui spetta il compito di garantire la coerenza con i temi della ricerca. 3. Potenzialità nel breve e nel lungo periodo Nel breve periodo la ricerca consentirà la redazione di mappe iconografiche dei territori abbandonati nelle quali sarà possibile apprezzare la varietà dei processi di dismissione, nonché le identità e le differenze dei contesti locali coinvolti. Sul lungo periodo l’arricchimento delle fonti (indipendente dalla ricerca grazie alla formula open source) consentirà di disporre di una sempre più ampia base di conoscenza che potrà essere sviluppata in forma modulare. Infine il monitoraggio dei casi selezionati potrà consentire la predisposizione di indicatori in grado di misurare concretamente il ciclo di vita dei luoghi mappati, sia nella prospettiva del loro ulteriore deperimento che in quella del recupero. L’approccio tipologico e contestuale dei meccanismi di selezione si propone infatti di offrire strumenti alle strategie progettuali dedicate ai temi del riuso e del riciclo architettonico e urbano. 4. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Il progetto di ricerca insiste su un tema, quello dell’abbandono e del ciclo di vita delle aree dismesse, molto attuale e già oggetto di molteplici ricerche dipartimentali. Nello specifico il tema si inscrive nel percorso avviato dall’Unità di Ricerca del Politecnico di Milano nell’ambito del Prin Re-Cycle Italy, nuovi cicli di vita di architetture, infrastrutture e paesaggi. Il ruolo assegnato alla componente iconografica della ricerca e la disponibilità dei criteri di selezione di archivi open source favorirà la condivisione di presupposti, metodi e strumenti della ricerca con altri gruppi di lavoro nel DAStU.

| Tagged territorio, aree dismesse, riciclo, fotografia |

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86. Marginalità e dismissioni urbane: Da criticità a motore di nuovo sviluppo . Sandra Maglio, Irene Peron, Giulia Setti (PhD PAU, XXVI e XVIII ciclo) Il destino delle aree in disuso è un tema ineludibile per lo sviluppo della città. Tali aree sono di diversa natura: ex-industriali, cave, terreni agricoli abbandonati, residui di abitato. Le condizioni attuali impongono di trasformare l’esistente, riducendo la costruzione del nuovo, e i tessuti industriali sono i luoghi in cui tale riflessione agisce grazie al progetto. Il recupero di aree dimesse è un tema ampiamente dibattuto già negli anni ‘80, ma si stanno aprendo nuove stagioni della dismissione. La ricerca propone di individuare strumenti progettuali e percorsi metodologici per il recupero dei territori industriali, riconoscendo la presenza di condizioni diverse e fornendo mezzi per mettere al riparo il territorio da danni irreversibili. Il tema presenta legami con ricerche sui tessuti marginali in corso nel Dipartimento, può consolidare questo terreno di ricerca e aprire nuove questioni, quali la possibilità di riconvertire i tessuti industriali mantenendo funzioni produttive. La dismissione del produttivo è questione complessa e attuale che presenta potenzialità nel breve e lungo periodo, si pensi a quanto inciderà sui paesi in espansione, Cina, India, Corea che si troveranno ad affrontare il problema in un futuro molto prossimo. Attraverso lo studio di esperienze del contesto italiano ed europeo, aprendo a confronti e scambi con le imprese, si ipotizza, nel lungo periodo la costruzione di nuovi scenari produttivi in cui il progetto possa dotarsi di strumenti per configurare luoghi della produzione flessibili, innovati, destinati a ridare vita ai sedimi abbandonati. TAGS mancanti

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87. Masterplan in azione Grazia Concilio (ricercatore icar 20) – Antonio Longo (ricercatore icar 21) – Anna Moro (assegnista di ricerca) L’attualità e la rilevanza Sempre più di frequente può accadere che occorra progettare ad una distanza ravvicinata con i contesti e i soggetti, in assenza di visioni forti, di mandati univoci, ma di fronte alla evidenza di problemi e domande legittime di una maggiore qualità degli spazi e dei servizi, da realizzarsi spesso nell’immediato. Osservando i contesti locali a noi prossimi appare con forza come queste domande si abbinino ad una condizione di scarsità di risorse e di limitata capacità operative delle istituzioni. Il quadro dei soggetti che operano nella città e delle azioni stesse è inoltre estremamente frammentario. Si tratta di condizioni estreme in cui progettare significa partecipare direttamente al processo decisionale all’interno di un “ambiente” che ha spesso in sé le capacità di generare visioni, soluzioni pratiche, tecnicamente non banali. Questo tratto dipende strettamente dal contesto in cui si verifica ma, in generale, sembra aprire verso l’uso di dispositivi e modalità operative capaci di intercettare e far concorrere tra loro energie già presenti. Abbiamo definito questo processo ‘masterplan in azione’, dove masterplan è per noi un termine sufficientemente ampio a contenere indicazioni, disegni e strategie capaci di orientare i processi entro uno spazio conformato dalle dinamiche dei soggetti, dalle risorse immesse e dai valori che si producono nel tempo d’azione del progetto stesso. Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Attraverso la sperimentazione attive di nuove forme di progetto in ambienti urbani complessi, la ricerca si pone l’obiettivo di concettualizzare la forma del ‘masterplan in azione’ e di definirne i necessari strumenti analitici ed operativi. Strumenti che derivano dall’integrazione tra svariate forme del progetto e del planning e che operano su piani e scale distinte, dove però l’atteggiamento e le modalità operative proposte mettono in discussione un approccio tradizionale alla scala. Vale a dire che è piuttosto attraverso lo smontaggio e il rimontaggio di forme, dispositivi e istituzioni, che sembra possibile trattare la frammentazione dei contesti e dei soggetti, generando in alcuni casi aggregazioni temporanee efficaci e performative. Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo La ricerca si pone in stretta relazione con le domande emergenti di ricomposizione di progetti e politiche urbane, molto chiara per la città di Milano, sempre più descrivibile, a nostro avviso, come un laboratorio urbano. Ci pare che, oltre la sua concettualizzazione, questo approccio permetta dunque di riorientare progetti e politiche coerenti con la necessità di operare con efficienza ed efficacia in contesti urbani complessi, caratterizzati da una forte contrazione della spesa pubblica. La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Questo insieme di riflessioni è stato avviato dai proponenti nell’ambito di ricerche interdipartimentali europee (Peripheria) e finanziamenti 5×1000 (Open innovation in urban discovery and planning for the Città Studi Campus Sostenibile project: Smart Plan) ed è trasversale a svariati temi trattati all’interno del dipartimento, in particolare si fa riferimento a riflessioni sui dispositivi, alla riconcettualizzazione dei sistemi regolativi della pianificazione, alla ricerca sulle forme del progetto, alla governance urbana e territoriale e infine ai temi del coivolgimento e partecipazione dei soggetti alle decisioni. Il tema proposto ha poi una forte interrelazione con le linee di ricerca legate al finanziamento europeo e possiede grande interesse rispetto all’attivazione di possibili partnership con le amministrazioni pubbliche. | Tagged interazione, spazi di azione, Urban Design |

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88. Il progetto di allestimento: strategie di costruzione di stratificazioni narrative proponente: Marco Borsotti (ricercatore ICAR/16) con Pierluigi Salvadeo (ricercatore ICAR/16), Raffaella Trocchianesi (dipartimento di Design – ricercatore ICAR/13), Letizia Bollini (dipartimento di Psicologia-Milano Bicocca – ricercatore ICAR/17) Attualità e rilevanza La proposta di ricerca intende verificare, anche grazie all’analisi di casi studio internazionali di primaria rilevanza, il definirsi del progetto di allestimento come disciplina progettuale complessa, che contribuisce a dare forma leggibile e trasmettere forza comunicativa, e quindi senso comprensibile, all’evento culturale che “mette in scena”. L’idea stessa di “messa in scena”, supera il concetto di progetto di allestimento inteso come attore neutrale, come soggetto invisibile che trova nel proprio annullamento percettivo e visivo le condizioni uniche e necessarie per adempiere al un ruolo di esatta collocazione di oggetti nello spazio. Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Oggi il ruolo del progetto di allestimento sembra aver addirittura superato il ruolo innovativo d’interfaccia attivo tra spettatore ed opera, ponendosi addirittura quale sistema di sviluppo di stratificazioni narrative che esso stesso coordina, rende evidenti e talvolta contribuisce a generare. Attraverso l’analisi di casi studio paradigmatici si andranno configurando le differenti accezioni secondo cui l’allestimento assume il ruolo di condensatore di significati che il progetto di allestimento oggi assume, ponendosi come strumento operativo messo a disposizione degli artisti, dei curatori, delle istituzioni, per accelerare i processi di comprensione ed approfondimento della più ampia e consapevole cognizione di ogni oggetto materiale e di ogni bene immateriale (documento, opera, testimonianza), messo in mostra, anche all’interno di un più ampio quadro di relazioni ed affinità. Potenzialità nel breve e nel lungo periodo L’obiettivo della ricerca è quello di ricostruire i processi che riconfigurano, nel contemporaneo, il progetto di allestimento come atto di convergenza di differenti sapere coordinati in azioni progettuali che coinvolgono la costruzione di strutture narrative stratificate, la configurazione di spazi relazionali e performativi e la messa a punto di strategie comunicative complesse. Tale obiettivo sarà perseguito attraverso l’individuazione e l’analisi di casi studio di rilevanza nazionale ed internazionale e potrebbe porre le basi per la costituzione di un team di ricerca interdisciplinare ed interdipartimentale focalizzato sul tema del progetto di allestimento. A lungo termine la ricerca intende svolgere il ruolo di attivatore di iniziative di dibattito ed approfondimento attraverso gli strumenti della diffusione pubblica (conferenze e call for papers), della valorizzazione applicativo-didattica (workshops) e della collaborazione con istituzioni (sviluppo di programmi di ricerca e di prototipo progettuali, cultural networking) Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Il gruppo di ricerca interdipartimentale ed interateneo rappresenta la volontà di dare al lavoro di ricerca un respiro pluridisciplinare, per poter affrontare in maniera articolata un fenomeno complesso che attraversa in maniera fondativi la disciplina dell’Architettura degli Interni e trova aree di convergenza ed affinità culturale negli studi del design per la valorizzazione dei beni culturali materiali ed immateriali e della comunicazione integrata. In questo senso la proposta di ricerca è aperta ed anzi stimola l’interazione sia con altre discipline caratterizzanti il dipartimento DAStU sia con reti locali, nazionali ed internazionali di istituzioni promotrici di cultura. | Tagged allestimento; narrazione; interni |

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89. Portuguese contemporary living proponente: Marco Borsotti (ricerca ICAR/16) e Filipe Santos Vaz (architetto – Vaz arquitectos) in collaborazione con gli architetti Andrea Roberto Botta, Damiano Flisi, Davide Galletta, Rossella Locatelli, Mariana Sendas, Bogdan Stojanovic, Anna Suvorova Attualità e rilevanza L’architettura portoghese contemporanea anima ormai da decenni il dibattito sul tema dell’abitare, attraverso i numerosi contributi critici e progettuali dei suoi molti protagonisti di fama internazionale, mostrando, tra l’altro, una vitalità che attraversa differenti generazioni (da Fernado Tavora ed Alvaro Siza a Joao Carrilho da Graça ed i fratelli Aires Mateus fino a Bak Gordon, Arx, Carvalho Araujo, etc.) Una ricerca critico-analitica, basata sulla documentazione, sul ridisegno e soprattutto sull’analisi geometrica, formale, compositiva e funzionale di alcuni casi studio selezionati tra le realizzazioni più recenti (ultime due decadi) della produzione architettonica dei protagonisti emergenti del panorama portoghese, incentrata su progetti residenziali monofamiliari, intende far emergere le relative modalità comuni e ricorrenti, piuttosto che le diversità concettuali ed attuative nell’ambito del tema dell’abitare, condizione primaria d’interesse della disciplina dell’Architettura degli Interni. Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Se il corpus centrale della ricerca è l’avvio di una mappatura ragionata del “fare architettura abitabile” in Portogallo oggi, le finalità evidenti del programma sono quelle di avviare un dibattito sulle differenti modalità di definizione del progetto di residenza tra Italia e Portogallo, per farne emergere le capacità interpretative ed innovative ancora oggi intense e presenti, pur in un quadro di congiuntura economica fortemente penalizzante per entrambe le nazioni Potenzialità nel breve e nel lungo periodo “Portuguese contemporary living” si svilupperà secondo un programma di approfondimento progressivo che vedrà affiancarsi alla fase fondamentale della ricognizione analitica e della restituzione grafica, la costruzione di un percorso allestitivo itinerante che consenta la disseminazione degli esiti della ricerca, agendo anche come occasione di attuazione di dibattiti e conferenze da realizzarsi in Italia e Portogallo. Contestualmente è prevista un’attività di workshop progettuale aperto agli studenti di architettura italiani e portoghesi, nell’ottica di un consolidamento di programmi di interscambio culturale e didattico Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Le caratteristiche del tema di ricerca proposte possono risultare di interesse specifico per molte delle aree scientifiche caratterizzanti il Dipartimento DAStU ed in particolare, quelle della Composizione, della Storia e della Rappresentazione. Il progetto di ricerca prevede inoltre il consolidamento di contatti internazionali già avviati con alcuni dei principali studi di architettura portoghese, tra cui Aires Mateus e Associados, Gonçalo Byrne Arquitectos, Carrilho da Graça Arquitectos. | tags, abitare, culture progettuali italiana e portoghese a confronto, Interni |

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90. Landscape Architecture: Una collana editoriale Francesco Repishti, professore associato; Lorenzo Gaetani, architetto La collana editoriale Landscape architecture vuole presentare il tema del paesaggismo contemporaneo in una prospettiva più ampia che la semplice esibizione di giardini, parchi e spazi pubblici. Ciò che si vuole indagare è soprattutto la figura di Landscape architect che si è sviluppata in parallelo ad una nuova visione del paesaggio e dei suoi valori espressivi, ai movimenti artistici e alle nuove tematiche ambientali e della sostenibilità. Chiamato opportunisticamente a riempire o a creare un luogo trovando una maniera coerente con l’architettura, soprattutto nei casi urbani all’intorno o ai margini di infrastrutture o edifici di grandi dimensioni, o di creare una “soglia” tra l’architettura e la città contemporanea, l’intervento di paesaggismo è oggi invitato soprattutto a completare, a porre rimedio e a ricomporre con un’azione estetizzante le situazioni problematiche create dalla pratica edilizia e urbana. Tale successo professionale non ha finora trovato in campo editoriale, soprattutto in Italia, un format che riesca a interpretare e a comunicare questi processi di trasversalità e di transizione. | Tagged landscape architecture, paesaggismo contemporaneo, paesaggisti |

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91. Rappresentare la resilienza dei territori “minori” Maria Luisa Faravelli (Professore associato, Geografia economico-politica) Maria Antonietta Clerici (Ricercatore, Geografia economico-politica) L’attualità e la rilevanza Come evidenzia lo storico Frascani, le fasi di forte e prolungata crisi economica coincidono sempre con “rotture di sistema”, in quanto capaci di determinare profonde trasformazioni dei paradigmi tecnologici e degli assetti produttivi, territoriali e istituzionali. In una prospettiva geografica, di fronte all’attuale crisi economica, è importante confrontarsi con il tema della resilienza dei territori. La globalizzazione non ha messo fuori gioco le specificità dei luoghi – al contrario esse si esaltano – e anche di fronte alla recente crisi le risposte messe in campo dai contesti territoriali sono largamente differenziate. Facciamo fatica a cogliere queste diverse traiettorie di resilienza, perché prevalgono immagini unificanti delle problematiche legate alla crisi economica. Anche sul versante delle possibili vie d’uscita, la strada sembra essere già tracciata: è quella della green economy, per quanto i contenuti di questa “nuova economia verde” – spesso raccontata a partire dai casi di imprese innovatrici operanti in diversi settori d’attività – siano ancora piuttosto indefiniti, così come la sua “presa” nei singoli contesti territoriali. Confrontarsi con la crisi economica, privilegiando una prospettiva territoriale, è fondamentale per comprendere le modifiche dei sistemi di relazione fra territori. Il tentativo che si intende compiere è quello di ribaltare l’ottica, esplorando la riorganizzazione indotta dalla crisi a partire dai contesti minori e problematici (piccoli centri urbani, ambiti montani, aree interne…), verosimilmente più messi alla prova dalla crisi. Adottare una prospettiva che parta da questi territori, “ricchezza fragile” dell’Italia, è fondamentale alla luce delle sfide poste dalla coesione economica e territoriale, individuata come obiettivo prioritario anche nel documento Europe 2020. Come si rimodellano i rapporti fra “centri” e “periferie”, fra città-snodo dei flussi globali e centri minori appartenenti a contesti marginali? Si aprono scenari di polarizzazione o di ulteriore reticolarizzazione dei processi di sviluppo? Il carattere di innovazione e/o continuità delle rispettive tradizioni di ricerca C’è continuità con la tradizione di ricerca di questo piccolo gruppo di geografi che ha interpretato le attività economiche (soprattutto quelle commerciali e finanziarie) come elemento fondamentale di riorganizzazione delle relazioni fra territori. C’è innovazione nella misura in cui si tenta la costruzione di quadri complessivi e soprattutto si ribalta l’ottica urbanocentrica, per riflettere sul territorio che, ancora troppo spesso, è interpretato in modo unificante come “periferia” o come parte “all’ombra” di un processo di metropolizzazione che si allunga nel territorio. Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo Nel breve periodo, si tratta di mettere in campo un quadro analitico per la misurazione della resilienza dei territori (indicatori e loro applicabilità ai territori). Nel lungo periodo, si tratta di costruire un Atlante delle traiettorie di resilienza dei territori che “posizioni” i contesti minori e ne evidenzi la tenuta alla crisi (quali contesti, quali imprese e quali specializzazioni sono più resilienti). Allo scopo, è molto utile riflettere sulla riorganizzazione insediativa della popolazione, dei servizi alla popolazione e delle attività economiche. La capacità di attivare e consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Sono possibili relazioni transdisciplinari con ricercatori interessati alle territorialità prodotte dagli agenti economici e alle dinamiche di sviluppo dei contesti minori. | Tagged contesti minori, geografia, resilienza |

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92. Sussidiarietà e crisi economica: Quale ruolo per le Fondazioni bancarie? Maria Luisa Faravelli (Professore associato, Geografia economico-politica) Maria Antonietta Clerici (Ricercatore, Geografia economico-politica) L’attualità e la rilevanza Le fondazioni, corpi intermedi della società operanti nel campo della sussidiarietà e parte di un’emergente “economia civile” (Zamagni), sono destinate ad assumere crescente rilevanza per la loro capacità di contenere gli effetti della crisi economica e sostenere la resilienza dei territori. Il nostro grado di conoscenza dell’operatività di questi attori è ancora piuttosto limitato. Ciò vale soprattutto per le Fondazioni bancarie che, nell’articolato panorama internazionale delle fondazioni, occupano una posizione del tutto singolare per origine, stretta relazione con i contesti locali, consistenza dei patrimoni e vocazione grant-making. Le fondazioni bancarie sono note ad architetti e urbanisti soprattutto per il loro impegno nel recupero del patrimonio storico-architettonico e nel campo dell’housing sociale. Ma la loro operatività è molto più complessa ed articolata, come riflesso della loro natura di soggetti ibridi, sospesi fra finanza e luoghi. Le fondazioni bancarie sono veri e propri agenti di sviluppo territoriale, un ruolo che si coglie dalla loro partecipazione al “capitalismo delle reti” (utilities, fiere, poli logistici, infrastrutture…), essenziale per sostenere la resilienza delle economie locali, ma anche dalla capacità d erogare risorse e mettere in campo progetti propri. Quali strategie seguono le Fondazioni bancarie? Quali progetti privilegiano e, attraverso questi, quali trame di relazioni fra attori e territori contribuiscono a definire? Rispondere a queste domande implica superare la visione, ancora largamente prevalente, delle fondazioni bancarie come sistema unitario e autoreferenziale, per far emergere un variegato spettro di progettualità. Il carattere di innovazione e/o continuità delle rispettive tradizioni di ricerca La ricerca si pone alla frontiera tra precedenti studi di geografia finanziaria e un più generale interesse per i processi capaci di stimolare lo sviluppo locale. Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo In un panorama di studi dominato da giuristi ed economisti e focalizzato sulla evoluzione normativa di questi soggetti e sulla loro particolare natura di imprese no-profit, si propone la costruzione di un innovativo atlante (articolato per temi e contesti geografici), indirizzato a mettere in luce le strategie operative delle fondazioni bancarie. La ricerca ha una potenziale forte “proiezione internazionale” in quanto le Fondazioni sono attori di primo piano negli USA e in molti paesi europei. La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Sono possibili relazioni transdisciplinari con ricercatori interessati alle territorialità prodotte dalle istituzioni intermedie, dagli agenti economici e dai nuovi agenti del welfare. | Tagged coesione economica e sociale, fondazioni bancarie, strategie operative |

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93. Spazio urbano e produzioni Simonetta Armondi, assegnista di ricerca DAStU Matteo Bolocan Goldstein, professore associato in geografia economico-politica Attualità/rilevanza. Il tema muove dal nesso tra modo di produzione e dinamiche dello spazio urbano. L’ipotesi è che tale nesso problematico meriti una rivalutazione per riflettere sulle relazioni spaziali delle imprese/produzioni in una fase di accentuata regionalizzazione dell’urbano. In tempi di crisi recessiva e di contrazione spaziale è opportuno indagare alcune riconfigurazioni spaziali di processi economici che segnano il campo urbano. La rinnovata centralità delle città nelle dinamiche mondiali, insieme al ritorno di attenzione verso l’economia reale, sembrano favorire una riconsiderazione di tali dimensioni. Innovazione/continuità. Dopo decenni di intensa ricerca sul nesso economica-società-territorio (dalla città fabbrica alla metropoli post-fordista, al paradigma dell’accumulazione flessibile …) sembra che il tema sia stato derubricato sotto la coltre di una generica “transizione terziaria della città” e – di recente – ipotizzando l’avvento di una nuova “società della conoscenza” (il cosiddetto “capitalismo cognitivo”). Tuttavia, sembra ancora debole in Italia uno specifico trattamento spaziale e geografico delle prospettive in campo che sappia indagare il tema in oggetto intrecciando una prospettiva di tipo territoriale/areale con una di tipo funzionale/reticolare. Potenzialità. Tale approfondimento intende porre rilievo al tema del nesso tra campo urbano e sfera delle produzioni, indagando la produzione di nuove centralità funzionali trainanti il nuovo ciclo di sviluppo. Tale prospettiva conduce a una ricognizione di alcuni processi in corso nel contesto milanese/lombardo in relazione ai processi che investono realtà urbane trainanti il capitalismo occidentale (Los Angeles e New York). Prospettive. Il tema si intreccia con ricerche e interessi degli autori, riflesse in alcune loro pubblicazioni. Inoltre, esso conquista attenzione nel dibattito pubblico e negli orientamenti dei decision-maker a vari livelli. Infine, tale proposta dialoga con le attività del PRIN 2010 “Territori post-metropolitani come forme emergenti dello spazio urbano: problemi di sostenibilità, di abitabilità e di governo” al quale partecipano i due autori della presente scheda. | Tagged produzioni, spazio urbano, territorialità |

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94. Contesti europei tra vecchi e nuovi rischi sociali Giuliana Costa (Ricercatrice SPS/07); Roberta Cucca (RTD SPS/09); Costanzo Ranci (Professore Ordinario SPS/09); Stefania Sabatinelli (Assegnista di ricerca); Attualità e rilevanza Il passaggio a sistemi socio-economici post-fordisti ha visto emergere “nuovi rischi sociali” che in passato erano marginali e, dunque, scarsamente protetti dai sistemi di welfare. Esempi sono la crescita dell’instabilità occupazionale; l’invecchiamento della popolazione; l’ampliamento e la diversificazione dei flussi migratori, anche nei paesi di più recente immigrazione. Tali mutamenti incidono sulla distribuzione delle risorse, e richiedono nuovi strumenti regolativi e di sostegno, che non è facile mettere in campo in condizioni di “austerità permanente”. La prolungata crisi economica ha, peraltro, un impatto significativo sia sull’estensione dei bisogni da un lato, sia sulla scarsità delle risorse disponibili dall’altro, e rende la riflessione su questi temi di ancora maggiore attualità. Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Il Laboratorio di Politiche Sociali, che lavora da tempo su questi argomenti, intende nel prossimo futuro declinarli in alcuni filoni di ricerca e riflessione, in parte interrelati, quali: Segregazione (ed auto-segregazione) sociale e scolastica, in relazione alle diverse modalità istituzionali di regolazione e autonomia scolastica, nonché alle varie forme di segregazione spaziale che connotano la città contemporanea Bisogni e politiche di cura, in risposta ai cambiamenti demografici (invecchiamento della popolazione), ma anche in ottica di “investimento sociale”; Instabilità lavorativa e politiche di sostegno e di attivazione, nella doppia accezione di empowerment e condizionalità; Scelte abitative degli individui e delle famiglie, strategie di utilizzo delle risorse immobiliari anche in ottica intergenerazionale e politiche della casa. Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo Alcune di queste tematiche di ricerca sono già oggetto di progetti Europei FP7 che vedono quindi il coinvolgimento di diversi partners europei; su altre tematiche si stanno invece attivando networks a livello nazionale e internazionale in funzione di future applications su diverse linee di finanziamento La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU. L’analisi di tali temi beneficia di approcci inter-disciplinari, che combinino in particolare le competenze sviluppate dal Laboratorio di Politiche sociali nel campo della sociologia e delle politiche sociali, con quelle dell’urbanistica e delle politiche urbane. | Tagged Cambiamento sociale, Diseguaglianze sociali, Rischi sociali |

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95. Crowdsourced Urban Analysis and Qualitative Data Mining Daniele Villa, Ricercatore TD Mattia Bertin, PhD Student La crescente disponibilità di una mole di informazioni in grado di legare gli usi collettivi dello spazio urbano a forme diversificate di tracciamento, per lo più generate dall’uso integrato di tecnologie mobile e di Internet, impone una riflessione attenta su criticità e opportunità del tutto nuove per gli studi urbani. 1) L’attualità e la rilevanza Dopo decenni di discussione sulla necessità di superare la rappresentazione cartografica zenitale in direzione di metodi rappresentativi più capaci di dare conto della complessità delle interazioni fra paesaggi urbani e popolazioni, le tematiche legate alla raccolta e analisi dei dati provenienti dagli usi collettivi delle ICT aprono orizzonti di stretta attualità, permettendo di affrontare da punti di vista diversificati letture urbane fino ad oggi difficilmente ipotizzabili. 2) Il carattere di innovazione delle rispettive tradizioni di ricerca; L’intento della proposta di ricerca è quello di testare una metodologia analitica che superi alcune epistemologie neo-positiviste presenti nei campi dell’analisi computazionale (dai GIS al data-minig tradizionale). Il carattere innovativo della riguarda la costruzione di un metodo ibrido, che si ponga l’obiettivo di includere aspetti qualitativi di analisi urbana, a partire da fonti di natura marcatamente quantitativa, attraverso: - interpretazioni e rappresentazioni dei dati che intendano la costruzione del sapere come intrinsecamente parziale e necessariamente localizzata - interazioni fra famiglie di informazioni diversificate e ricerche sul campo basate su processi di natura qualitativa (raccolta dei saperi collettivi e immateriali, pratiche di partecipazione, story-telling) - sintesi visuali e mappe progettate e realizzate per andare oltre accomodanti e diffuse retoriche estetizzanti che, a volte, nascondono livelli di efficacia analitica e operativa molto bassa. 3) le potenzialità nel breve e nel lungo periodo; Strumenti e competenze nel campo della crowdsourcing qualitative research possono essere utilizzate per rappresentare e simulare gli effetti di scelte e processi territoriali spesso latenti, snellendo le pratiche di inchiesta, e permettendo di avere una serie di tool con cui valutare agilmente le differenze tra campo dell’atteso e campo del reale negli effetti di una policy o negli usi di uno spazio. 4) la capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU L’apertura di un percorso di studio in un terreno estremamente interdisciplinare permetterebbe di esplorare connessioni conoscitive in grado di sviluppare competenze analitiche e applicative che potrebbero risultare, in un breve futuro, necessarie a numerosi gruppi di ricerca: dalla tutela dei patrimoni diffusi alla pianificazione e progettazione urbana. | Tagged crowdsourcing, data mining, ICT |

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96. Public and Personal: Responsive Urban Spaces Beyond the Digital Proponent Jacopo Leveratto (PhD student ICAR16) Innovation and relevance Much of the contemporary writing on urban public space features a narrative of loss, which has been connected with the rising privatization of collective places. Whether privatization has been caused by the death of public life or the lack of public space properly designed, it clearly involves the peoples disengagement towards this kind of space. Privatization, in fact, is an artificial form of personalization, replacing the interest of every single person for something that should belong to everyone. Today, however, for it returns to belong to everyone, it has to return to belong to each one. For this reason, the research proposed wants to identify the adequate design strategies for the project of responsive public spaces able to maximize the choices available to users. To this end it is aimed at highlighting the various forms of personalization that public space design can foster, even beyond the possibilities offered by the digital technologies. Innovation and continuity with research traditions The research has a foundation in the contemporary convergence of urban design, dealing today with such concepts as placemaking and human scale, and interior design, increasingly interested in the urban realm. Within the disciplinary tradition of the urban interiors, it concerns a way to approach the urban public spaces, involving a greater attention to human scale, not only as metrical parameter, but primarily as dimension of dwelling through taking care of a place. Short and long term potential The research is aimed at finding, with different strategies and tools, a situational approach to face the public spaces neglect, insecurity and degradation, thanks to the residents informal engagement. Hence its potential is strictly linked to the possibility to individuate concrete design tools to support sustainable models of urban management. Ability to activate or strengthen DAStU research themes and groups The research strongly requires to activate and implement closer relations between groups coming from planning, urban design and interior design, as well as it needs contributions from scholars working on themes like spatial appropriation and urban security. | Tagged Public Spaces, Responsive Environments, Urban Interiors |

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97. Terra di tutti, terra di nessuno: La possibilità di uno spazio pubblico Proponenti: Marco Biraghi (PA ICAR18), Silvia Micheli (R ICAR18), Gabriella Lo Ricco (PhD ICAR18), Florencia Andreola (PhD student ICAR18), Brunella Angeli (PhD student ICAR14), Mauro Sullam (PhD student ICAR14), Riccardo Villa (PhD student ICAR18) La questione dello spazio pubblico rappresenta una dei nodi centrali delle odierne società occidentali: una questione che tocca tanto la scala della città quanto quella dell’architettura, ma che prima e di più ancora riguarda la componente viva delle società, quella “comunità potenziale” che vorrebbe avere luogo e riconoscersi negli spazi pubblici e che invece spesso non trova modo di riconoscersi in essi. L’attuale crisi dello spazio pubblico è lo specchio di una più generalizzata crisi sociale, oltreché della difficoltà da parte dell’architettura di farsi interprete di bisogni largamente diffusi e condivisi, orientati o messi del tutto a tacere da sempre più dilaganti logiche privatistiche. La proposta di ricerca riguarda in primo luogo l’analisi storica di alcuni dei momenti cardine della vicenda dello spazio pubblico nel contesto internazionale, a partire dalla formulazione della Carta di Atene come possibile risposta (mancata) alle attese nei confronti della città moderna, per poi passare alle proposte alternative del Team X e dell’Internationale Situationniste, incentrate sullo sviluppo di relazioni più che sull’individuazione di funzioni. Un secondo fuoco della ricerca riguarda l’analisi critica di quei luoghi della modernità che progressivamente sostituiscono una logica privata alla sempre minor presenza di spazi pubblici: dagli shopping mall ai parchi a tema, dagli spazi per spettacoli ai locali “pubblici”. Un terzo filone di ricerca riguarda l’individuazione di quei progetti e realizzazioni riconducibili allo spazio pubblico che negli ultimi anni hanno adottato strategie di intervento “leggere”, “flessibili”, “deboli” (spesso riprendendo, implicitamente o esplicitamente, modalità e pratiche messe a punto nel corso degli anni cinquanta), in grado di creare nessi piuttosto che produrre “monumenti” o semplici “oggetti”. Visto l’ampiezza delle scale e dello spettro tematico la ricerca è aperta a diversi ambiti disciplinari, comprendenti tra gli altri la progettazione architettonica, l’urbanistica e la storia dell’architettura. Inoltre la ricerca prevede il coinvolgimento di università straniere (tra queste: Architectural Association School di Londra, Yale University di New Haven, University of Queensland di Brisbane, Istanbul Technical University) al fine di mettere a confronto esperienze diverse nel campo dello spazio pubblico. Esito della ricerca saranno un convegno internazionale sul tema da tenersi al Politecnico di Milano e la pubblicazione di un volume edito da una casa editrice di rilevanza internazionale (già attivi i contatti con MIT Press e AA Pubblications). | Tagged Public Space, Relationship, Architecture, City, Urban Design |

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98. Creative Factory: Lavorare, esporre, vivere in una Fabbrica creativa Imma Forino (PA ICAR16), Alessandro Rocca (R ICAR14), Marco Biraghi (PA ICAR18), con Francesca Lanz (PhD e Assegnista ICAR16), Irene Pasina (PhD ICAR16) Francesca Rapisarda (PhD ICAR16), Matteo Aimini (Assegnista IUAV ICAR21/14) Michela Bassanelli (PhD student ICAR16), Jacopo Leveratto (PhD student ICAR16) Una prerogativa dell’architettura europea è la connessione con il passato attraverso integrazioni, sovrapposizioni, elisioni fra antiche e nuove strutture. È una cultura della stratificazione che si distingue per la compresenza di vecchie e nuove opere, di in-serti in tessuti urbani altri-menti consolidati ma è, altresì, caratterizzata da ce-sure, ag-giunte, rifazioni, spesso presenti nel medesimo corpo edilizio e impo-ste dalla necessità del mu-tamento in di-stinte cronologie. L’accumulo di segni e funzioni è il contesto morfologico e culturale in cui l’architetto europeo si trova per lo più a operare: il colloquio con il già dato diventa, inoltre, più complesso laddove esso si ma-ni-festa come intervento all’interno della co-stru-zione. Se da un lato la norma limita il progetto sull’involucro edili-zio, dall’altro lascia all’intervento contemporaneo un mar-gine più ampio proprio nell’invaso architettonico. La Ricerca si incentra sul riuso di ex-industrie, opifici, magazzini, presenti nella città di Milano. Si tratta di ambienti di grandi dimensioni e ricchi di potenzialità espressive che il progetto architettonico può recuperare modificando la destinazione d’uso e la precedente spazialità per dedicarli al lavoro di artisti, performer, designer. Le vecchie cattedrali della produzione possono diventare nuovi luoghi per la produzione creativa. Rivitalizzare, invece che demolire e ricostruire – nonostante gli elevati costi iniziali che un’operazione simile comporta –, è un modo per non dimenticare le tracce culturali e le strutture architettoniche di un territorio e, al contempo, attivare nuove ricadute sociali, soprattutto in quartieri un tempo periferici e con pochi servizi dedicati ai cittadini. Riutilizzare il patrimonio edilizio dei complessi industriali non è solo un modo di recuperare le risorse, anche economiche, insite in un luogo, ma rappresenta uno strumento strategico di rigenerazione urbana di portata ben più ampia. Molti esempi nord-europei (fra cui Le 104 a Parigi o la ex-Van Nelle a Rotterdam) testimoniano la possibilità che i luoghi dell’arte destinati ai giovani – dove siano liberi di lavorare, confrontarsi e vivere, seppure per brevi periodi – siano incubatrici di idee ed energia, capaci di trasformare le relazioni sociali dell’intorno urbano attraverso la condivisione, la partecipazione, la comunicazione. La trasformazione della crisi dei luoghi di produzione in movimento creativo è una reale prospettiva di rigenerazione della città. Rilevanza e attualità Il tema del recupero rimane centrale, nella trasformazione urbana di Milano, su una scala diversa, passando dalla dimensione urbanistica degli anni Novanta (mappa delle aree industriali dismesse, P.r.u.) alla scala più ravvicinata dell’architettura e del disegno urbano. Stop al consumo di suolo: l’assessorato all’urbanistica di Milano ha predisposto una lista di 132 edifici dismessi che rappresenta una delle chiavi di volta per il riequilibrio e un corretto sviluppo urbanistico della città. La Scuola di Architettura e Società, come espresso dalla Preside nella Conferenza della Scuola del 17 luglio 2013, ha adottato questa mappatura come campo privilegiato di ricerca e didattica sul tema del recupero architettonico e quindi il Progetto di Ricerca qui proposto può partecipare, con le proprie direzioni specifiche, al più esteso complesso di azioni che si svilupperanno in quest’ambito all’interno della Scuola e del Dipartimento. La Ricerca chiede il coinvolgimento di studiosi della città e dei processi rigenerativi, sociologi ed economisti, storici dell’architettura industriale, progettisti di interni e ingegneri delle strutture. Azioni: Fase 1 – Ricerca di base (ricerca teorico critica; analisi di casi-studio europei e americani); Fase 2 – Caso studio: l’area milanese (mappatura di possibili ambiti di intervento nell’area milanese; analisi contesto urbano e ricadute socio-economiche; ricerca storica e d’archivio); Fase 3 – Sintesi: Formulazione di proposte metodologiche di intervento. | Tagged Adaptive reuse, Comune di Milano, Creative Factory, Interior Architecture, Urban Renewal |

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99. Architettura per il tempo libero nel XIX e XX secolo Proponenti: Aurora Scotti (professore ordinario) Alessandro De Magistris (professore ordinario) Roberto Dulio (ricercatore confermato) Stefano Poli (assegnista e docente a contratto) Elena Demartini (dottore di ricerca e docente a contratto) Monica Resmini (dottore di ricerca e docente a Contratto) Augusto Rossari (professore a contratto) L’attualità e la rilevanza Nei principali centri urbani italiani ? ma non solo – come nelle località che per prime svilupparono una vocazione turistica, la dismissione, la distruzione o la trasformazione radicale di architetture, spazi all?aperto e servizi concepiti per l?impiego del tempo libero è da anni un processo rilevante e pressoché quotidiano. La recente attenzione internazionale riservata dagli studi storici e socioeconomici ad alcune tipologie di edifici destinati a forme di villeggiatura o loisir urbano oggi desuete, testimonia l?attualità del tema di ricerca proposto, in Italia rimarcata dalla recente normativa sulla dismissione dei beni demaniali, ai quali appartiene una parte di queste architetture. Il carattere di innovazione e/o continuità delle rispettive tradizioni di ricerca il tema si pone in continuità con precedenti esperienze di ricerca sia per la periodizzazione che per gli aspetti metodologici basati su un rigoroso studio delle fonti. L?oggetto della ricerca si innesta inoltre su una serie di questioni ricorrenti nella produzione scientifica dei proponenti e suscettibili di ampia condivisione. Le potenzialità nel breve e lungo periodo Partendo da una mappatura degli episodi e dei protagonisti che hanno contribuito alla definizione dell?articolato sistema delle architetture per il tempo libero, la ricerca può articolarsi in un piano di lavoro a livello locale, nazionale e con aperture internazionali, giungendo a indagare gli scambi culturali con le coeve esperienze europee e americane. La ricerca può costituire nel breve e lungo periodo uno strumento utile a indirizzare e coadiuvare gli interventi di gestione e riqualificazione urbana e territoriale legati a queste architetture. La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Il tema, ampio e attuale, si presta a scambi e apporti multidisciplinari facendo convergere studi urbani, economici, sociali, tecnologici su un fenomeno che riguarda e connota la città e il territorio di ieri e di oggi, e pone la questione della conservazione e dell?eventuale riuso di luoghi la cui vocazione originaria è legata a una fruizione collettiva. | Tagged architettura, tempo libero |

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100. Conflitti, ideologie e catastrofi Proponenti Alessandro De Magistris (professore ordinario) Aurora Scotti (professore ordinario) Roberto Dulio (ricercatore confermato) Augusto Rossari (professore a contratto) Stefano Poli (assegnista di ricerca e professore a contratto) Patrizia Bonifazio (dottore di ricerca e professore a contratto) Federico Deambrosis (dottore di ricerca e professore a contratto) Elena Demartini (dottore di ricerca e professore a contratto) Federico Ferrari (dottore di ricerca e professore a contratto) Monica Resmini (dottore di ricerca e professore a contratto) Attualità e rilevanza Il tema si inserisce in un quadro di analisi metodologica e di ricerca scientifica già delineato e a vario titolo consolidato dalle ricerche dei proponenti. Esso risulta di particolare interesse alla luce delle più avanzate ricerche storiche, ma anche sociologiche, ideologiche e filosofiche - che indagano sul concetto di confine, limite e trasformazione -, sui grandi conflitti, in particolare del secolo XX. Non si tratta solo di riflessioni sull?impatto materico e mentale dei grandi conflitti bellici, ma anche di riflettere e indagare sui dispositivi intellettuali riferibili alle espressioni totalitarie (fascismo, comunismo, ma anche delle democrazie occidentali) che hanno caratterizzato il ?secolo breve?. Questa rilevanza è confermata dai recenti contributi di Andrea Graziosi, Guerra e rivoluzione in Europa, 1905-1956 (2012), Jean-Louis Cohen, Architecture in Uniform: Designing and Building for the Second World War, (2011); Convegno AISU, Fuori dall?ordinario: la città di fronte a catastrofi ed eventi eccezionali (Roma 8-10 sett. 2011). Le stesse tematiche, aperte a diversi confronti disciplinari, consentono di riproblematizzare temi e aspetti cruciali della vicenda progettuale della modernità. Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Il tema si inserisce in un quadro di analisi metodologica e di ricerca scientifica già delineato e a vario titolo consolidato per i proponenti, consentendo di sviluppa in chiave più specifica problematiche oggetto di ricerche storiche in corso, e permette di valorizzare, anche alla luce di possibili rapporti internazionali, filoni già sedimentati e sviluppati con approfondimenti puntuali da parte dei proponenti. Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo Il tema oltre a dar luogo a specifici approfondimenti su alcuni momenti dell?architettura del Novecento, può favorire un ripensamento metodologico aperto a varie prospettiva e direzioni disciplinari anche alla scala territoriale oltre che urbana, aprendo anche a relazioni internazionali, traducibili in più programmi di ricerca variamente articolati e finalizzati. La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Il tema nella sua complessità si presta a possibilità di collaborazioni fra diversi ambiti disciplinari presenti nel dipartimento, facendo convergere studi urbani, economici, sociali su una problematica che riguarda l?evoluzione e i conflitti della società postmoderna. | Tagged catastrofi, conflitti, ideologie |

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101. Nella città interetnica: Spazi per nuove relazioni culturali Proponenti: Roberto Rizzi (PA, ICAR 16), Luisa Gatti (docente a contratto Scuola di Architettura Civile, ICAR 16) Marta Averna (assegnista di ricerca DASTU e docente a contratto Scuola di Architettura Civile, ICAR 16), Lavinia Dondi (studente Phd DRAIA), Marcella Camponogara (studente Phd PAUI). La composizione sociale della città contemporanea, ormai strutturalmente caratterizzata dalla compresenza di gruppi di culture differenti e contrastanti (dovuta a globalizzazione, elevata mobilità, migrazioni), ha posto all’attenzione pubblica fenomeni di tensione e conflitto sociale, e sta incidendo in modo significativo nell’uso sia degli spazi e degli edifici pubblici della città sia di quelli privati della residenza, oltre che sulla stessa organizzazione del welfare e dei servizi sociali. Nel passaggio fra una visione multiculturale del fenomeno, in cui le diverse culture si giustappongono mantenendo la propria specificità, ad una interculturale in cui si cerca invece di trovare un terreno comune di condivisione, è mutato radicalmente il concetto di identità che, da prezioso bene da custodire e mostrare agli altri, diventa una pratica da agire in reciproca relazione. Questo cambiamento di paradigma sembra richiedere la definizione di luoghi espressamente pensati per tale pratica e che siano una evoluzione (e un rilancio) del “centro culturale”, genericamente inteso come luogo di produzione, consumo e condivisione di attività culturali e artistiche (musica, teatro, cinema, arti figurative e plastiche, lettura e studio, ecc., con i relativi spazi) cui si affiancano spesso attività di carattere più prettamente relazionale (dibattiti, aule per lezioni, caffetteria, ristoro) e altre di servizio, di consulenza, di gestione e amministrazione (ospitalità, uffici per l’orientamento, l’assistenza e la gestione organizzativa). Queste funzioni si sono variamente combinate, in relazione a specifiche esigenze e a precise committenze e destinatari, dando vita a organismi architettonici molto differenti, caratterizzati da una marcata multifunzionalità che ne influenza l’impianto spaziale. Questa polivalenza e ricchezza funzionale si è poi trasferita ad ogni edificio pubblico: biblioteche, musei, teatri, auditorium si arricchiscono di numerose attività complementari (o anche apparentemente distanti, come quelle commerciali) per potenziarsi e diventare polo di attrazione urbana, così come, all’opposto, esercizi prettamente commerciali assorbono attività culturali (gallerie d’arte dentro a negozi, spazi per dibattiti e seminari nelle librerie, nei bar ecc.). Lo specifico del centro interculturale sembra però quello di procedere, più che per aggregazione di funzioni accostate, per prossimità di funzioni che trovano ragione dalla loro vicinanza fisica per generare valore aggiunto o arricchire singoli luoghi. Questo modello di centro culturale è oggi sperimentato da forme evolute di biblioteche locali (come nel caso degli Idea Store londinesi o dei primi tentativi avviati nel sistema bibliotecario del Comune di Milano, con il quale si sono già avviati contatti di collaborazione) e dalle cosiddette “Casa delle Culture del Mondo”, strutture con programmi e apparati organizzativi anche molto complessi, ma spesso senza un vero e proprio progetto architettonico. La ricerca dovrebbe sviluppare modelli e scenari di uso e configurazione spaziale confrontando casi campione e applicandosi a esplorazioni progettuali su edifici scelti in contesti urbani con alta compresenza di culture differenti. Si immagina di intervenire in edifici industriali dismessi sia per l’innesco di processi di rigenerazione urbana, sia perché le caratteristiche di grandi campate di spazio e luce proprie dei capannoni industriali sembrano le più adatte a sviluppare l’idea di prossimità spaziale delle funzioni prima delineata. [tags intercultura, centro culturale, riuso edilizio]

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102. Incontri fra culture del progetto Proponente: Francesco Infussi l’attualità e la rilevanza Nei processi di trasformazione recenti sembra di poter riconoscere una costellazione di pratiche che, da vari punti di vista, hanno tentato di riconcettualizzare l’attività di progettazione a fronte delle trasformazioni del territorio e della società, nel tentativo di rispondere ad una complessità emergente e ineludibile. Pur tuttavia differenti concezioni del progetto (della sua forma, del suo ruolo, del posto che esso occupa nei processi di trasformazione ad ogni scala) e delle operazioni tecniche che lo riguardano, oggi convivono nell’ambito accademico e quello professionale forse con differente capacità di penetrazione nella società ed una pluralità di esiti, in campi assai differenti della trasformazione dello spazio (da quello architettonico, a quello ambientale, a quelli urbanistico e infrastrutturale, fino a quello del design dell’oggetto d’uso quotidiano). Una pluralità di “culture del progetto” (ciascuna con le proprie tradizioni, gli strumenti, le convinzioni e le recenti sperimentazioni) costituisce oggi una mappa articolata e cangiante di differenti dispositivi proposti alla costruzione e al trattamento di questioni concernenti il vasto ambito problematico dell’abitare. Da un lato l’attività di progettazione sembra aver perso la propria “innocenza”, grazie anche ai contributi delle scienze sociali, di quelle cognitive e dell’organizzazione, ma anche delle scienze “dure” che hanno contribuito ad articolarne ragioni, metodi, ruoli, argomenti e campi di applicazione. Dall’altro, e invece, si assiste spesso nella società al riemergere di concezioni lineari e deterministiche dell’attività di progettazione, concepite in base a domande e attese riduttive, costruite proprio su quei connotati del progetto moderno che le recenti sperimentazioni hanno cercato di superare. Forse non basta, in ambito accademico e nelle pratiche, ricercare un terreno fertile per la costruzione di progetti sostenibili (negli ambiti economico, ambientale e paesaggistico, ma anche processuale e sociale), dove il concetto di “qualità” sia coltivato entro una concezione multidimensionale e possa essere riferito a differenti aspetti dell’abitabilità e dei processi che la sovrintendono. Occorre anche promuovere aggiornate culture del progetto che possano essere diffuse e pervadere l’immaginario sociale con i nuovi termini che le connotano. Sono almeno due quindi le dimensioni cruciali da presidiare in una riflessione sull’attività di progettazione che tenga conto della pluralità delle culture del progetto. Da un lato moltiplicare le occasioni nelle quali differenti approcci possano confrontarsi e comprendersi reciprocamente. Dall’altro intraprendere le strategie comunicative più adatte a fronteggiare le convinzioni riduttive più diffuse che nella società permangono sull’attività di progettazione. il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Un’idea di “stabilità” e di “universalità” della cultura del progetto (dei suoi assunti, dei suoi metodi e delle sue tecniche) sembra contrapporsi al tentativo di misurarsi con il cambiamento delle condizioni che lo riguardano che invece sembrano spingerlo verso visioni parziali, temporalmente e localmente definite, provvisorie, instabili e a validità limitata. In ogni differente esperienza e cultura del progetto, il cammino evolutivo che è stato percorso, dovrebbe essere condiviso e confrontato con altri, se non altro per raggiungere una maggiore consapevolezza dei nuovi statuti ai quali ciascuno è pervenuto, la fertilità dell’innovazione e della continuità essendo valutabile solo comparativamente e nelle pratiche. le potenzialità nel breve e nel lungo periodo Dalla società proviene una domanda di “forme” del progetto efficaci ed efficienti, di tecniche e modi appropriati per affrontare questioni contemporanee in ambienti complessi. Occorre che l’università “faccia scuola”, proponendo al suo esterno buone pratiche che possano essere seguite dalle amministrazioni pubbliche e dai privati. Ciò è credibile solo avviando sperimentazioni, quando è possibile, nella società (ad esempio nel caso di convenzioni) ma anche dando visibilità al lavoro fatto all’interno della didattica e della ricerca in questo campo, scegliendo temi di lavoro che non siano oggetto di “esercitazioni” ma di ricerca di laboratorio. La sperimentazione, in questo caso, non va intesa solo come ricerca di nuove soluzioni, non accontentandosi delle ricette consolidate nelle pratiche del passato, ma consiste nella modificazione delle domande, in una diversa (più aperta e inclusiva) concettualizzazione dei problemi di progettazione. Avviare un’autoriflessione, in pubblico, sulla propria concezione del progetto e interrogarsi sulle sue forme e ragioni, nel breve periodo consente, a tutta la comunità scientifica, di entrare in possesso degli elementi utili al disegno di una mappa degli atteggiamenti progettuali e rivelarne similitudini e dissonanze. Nel lungo periodo, invece, consente di compiere un difficile esercizio collettivo di rieducazione dello sguardo che possa eventualmente portare a condividere nuovi percorsi evolutivi del progetto. la capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Nel DAStU convivono numerose matrici disciplinari, molte delle quali hanno nel progetto una dimensione necessaria e ineludibile o che, comunque, nella costruzione di un futuro possibile possiedono una loro dimensione costitutiva. Sembra quindi un ambiente adatto a costituire un terreno di confronto fertile riguardo ai differenti approcci progettuali: diversi in ragione della loro specificità disciplinare, oltre che in ragione di convinzioni e tradizioni di ricerca (anche appartenendo quindi alle medesime discipline). Per gli stessi motivi, e ancor più, esso sembra essere un ambiente adatto a costruire concezioni progettuali esito di un incrocio fertile fra differenti saperi. Mi sembra che, con diversa intensità di strutturazione, possono essere almeno due i modi possibili di attivare confronti e riflessioni incrociate (per ora di natura elementare) su queste tematiche. Il primo prevede l’attivazione di specifici momenti di comparazione, appositamente definiti, nei quali diversi metodi e tecniche si confrontano accostandosi fra loro, a partire dal comune interesse per i temi che ruotano attorno alla natura del progetto (seminari pubblici, incontri di lavoro interno, ecc). Il secondo consiste invece nel cogliere l’occasione della presentazione di singoli lavori di ricerca e di progettazione per discuterli. In entrambi i casi, gli esiti possono essere rilevanti e fertili, occorre solo la disponibilità all’autoriflessione e al confronto. Poi, sulla base della condivisione degli interrogativi che emergono sarà possibile attivare gruppi di ricerca che, all’interno delle loro attività, tengano presente questa dimensione autoriflessiva. | Tagged culture del progetto, discipline, immaginario sociale |

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103. Per un’architettura dello spazio rurale: L’agricoltura come pratica per costruire e riabitare i territori marginali Proponenti: Sara Impera, PhD in Progettazione Architettonica e Urbana, XXVII ciclo /Mauro Marinelli, PhD in Progettazione Architettonica e Urbana, XXVII ciclo Referente: Prof.ssa Ilaria Valente Spesso si compie l’errore di considerare le architetture rurali, astraendole dal loro territorio, come oggetti isolati e autonomi per cui le forme di riuso contemporaneo, limitandosi a interventi puntuali, quasi mai riescono a essere incisive e sostanziali su larga scala. Al manufatto non viene più riconosciuto il ruolo di presidio territoriale e si riduce il paesaggio agricolo, ormai abbandonato, a mero sfondo naturale dimenticandone la sua natura di costruzione artificiale, intenzionale e architettonica. Considerare l’agricoltura una pratica costruttiva permette di includerla all’interno del campo di indagine della disciplina architettonica, emancipandola dalla sola dimensione tecnico-produttiva in cui è attualmente relegata, e svelandone le qualità di strumento in grado di dare forma al territorio. Oggi, buona parte dell’architettura dello spazio rurale, fatta di manufatti e di suolo, si sta dissolvendo come una grande rovina, quindi un ripensamento del paesaggio agricolo, al fine di strapparlo all’abbandono e agli emergenti rischi idrogeologici, diventa decisivo e necessario per riaffermare il diritto a costruire e curare i propri territori, attraverso forme di ruralità contemporanea che vedano nella terra una risorsa da riconquistare. Inoltre l’attenzione che l’U.E. ripone rispetto a questi temi, promuovendo e sostenendo progetti in grado di proporre nuovi scenari di ritorno all’insediamento rurale, ne dimostra la necessità e l’attualità, aprendo il campo a possibilità di finanziamento concrete e a progetti di ricerca a lungo termine. All’interno di tale contesto, l’architettura dovrebbe pertanto rivendicare un ruolo operativo e di sintesi nel progettare la modificazione di territori e manufatti, attraverso consistenti processi di trasformazione e adattamento dell’esistente che, prevedendo anche il possibile inserimento di nuove architetture, siano in grado di accogliere le contemporanee forme di produzione. In questo modo la proposta di ricerca, coerentemente con il programma di ricerca PRIN “RE-CYCLE – Nuovi cicli di vita per architetture e infrastrutture della città e del paesaggio” e a partire da due tesi dottorali ora in corso sui paesaggi rurali marginali della Sardegna e delle Alpi, si pone dunque l’obiettivo di definire e sperimentare strumenti e strategie progettuali in grado di ripensare l’insediamento rurale, nel tentativo di riconquistare il necessario legame tra produrre e abitare. | Tagged abitare, produrre, spazio agricolo |

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104. Le radici del paesaggismo contemporaneo Francesco Repishti, professore associato Premessa Negli ultimi anni la Landscape architecture si è affermata come una nuova pratica progettuale nella pianificazione, nei progetti di recupero delle grandi aree urbane in disuso e residuali, nel disegno degli spazi pubblici e dei parchi o, più semplicemente, nell’assegnazione di significati al vuoto tra edifici. Questo successo è stato favorito da un aumento di occasioni progettuali e riflessioni teoriche che, affrontando i temi della “sostenibilità”, del recupero ambientale e del paesaggio, hanno sollecitato una profonda revisione della professione, facendo intravedere i risultati di una nuova sensibilità. Obiettivi della ricerca La ricerca non propone né una tradizionale storia del giardino, né di indagare le diverse teorie delle scuole europee o americane sottolineandone le differenze e le radici storiche e di pensiero, ma affronta alcuni approcci e tematismi trasversali all’intera disciplina del paesaggismo, riconoscibili nei più recenti progetti e negli attuali fenomeni in corso, con l’obiettivo di comprendere criticamente le radici e, quindi, gli esiti. Attraverso l’opera dei grandi maestri (Louis Barragàn, Roberto Burle Marx, Isamu Noguchi), le proposte della Land art (Robert Smithson, Nancy Holt, Mary Miss, Walter De Maria, Michel Heizer), le pratiche professionali del paesaggismo americano (Frederick Law Olmsted, Lawrence Halprin, Peter Walker, George Hargreaves, Martha Schwartz), le teorie militanti della scuola francese (Yves Brunier, Gilles Clèment, Michel Corajoud) e le realizzazioni olandesi (Petra Blaisse, Adriaan Geuze, Rem Koolhaas), o di altri contesti, per la prima volta (manca nelle università italiane un insegnamento specifico su questo) si tenterà di sistematizzare e di analizzare i modelli formali e culturali che hanno rappresentato per molti paesaggisti un punto di riferimento iniziale sia nella modellazione del suolo, sia nell’erosione dei confini fra le arti e sia nelle forme di collaborazione tra le discipline. | Tagged landscape architecture, paesaggismo contemporaneo, paesaggisti |

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105. Social Food Club Proponenti: Luca Tamini, Ricercatore, Dipartimento di Architettura e Studi Urbani Stefano Maffei, Professore Associato, Dipartimento di Design Venanzio Arquilla, Ricercatore, Dipartimento di Design Beatrice Villari, Ricercatrice, Dipartimento di Design L’attualità e la rilevanza SOCIAL FOOD CLUB è un progetto di ricerca che lavora sullo sviluppo – in chiave micro imprenditoriale – di servizi per la ristorazione sociale (intesa come insieme di pratiche relative alla preparazione, distribuzione e consumo di cibo basate su attività collettive, condivise, collaborative e partecipate) nei quartieri Dergano e Bovisa di Milano, rivolta in particolare alle comunità multietniche. L’obiettivo finale è quello di costruire una microimpresa sociale che possa erogare il servizio SOCIAL FOOD CLUB regolarmente, partendo dalle specificità del contesto e individuando un caso pilota in uno dei due quartieri che dia avvio alla sperimentazione. Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Il progetto di ricerca – finanziato dal programma Polisocial Award 2013 – propone una riflessione teorica e progettuale sui modelli d’innovazione sociale e di imprenditorialità immigrata correlati alla cultura dell’alimentazione e alla specializzazione etnica dei luoghi di consumo e di ristorazione collettiva. Il processo si svolge attraverso la sperimentazione di strumenti specifici della disciplina del design, delle politiche attive urbane e della regolazione pubblica dei servizi di interesse generale ed è sostenuto e accompagnato da istituzioni quali Zona 9, da associazioni locali (Mamme a Scuola e Amico Charly), con il supporto di una ONG (ICEI) già attiva sul territorio e operante nel settore della coesione sociale e nel co-sviluppo a favore dei soggetti deboli che vivono nelle aree metropolitane. Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo SOCIAL FOOD CLUBintende sviluppare un progetto pilota d’impresa sociale di ristorazione collettiva a scala di quartiere che coinvolga le differenti culture che vi abitano. Le potenzialità del progetto nel breve e lungo periodo sono riconducibili a: - individuare un modello di servizio – erogato tramite un’impresa sociale – in grado di definire un sistema di offerta riconoscibile di “ristorazione sociale”; - sperimentare un progetto pilota SOCIAL FOOD CLUB a partire dai quartieri Dergano e Bovisa di Milano coinvolgendo le differenti comunità sociali ed etniche del territorio; - testare il progetto pilota nel cotesto locale e verificarne la fattibilità; - sperimentare un approccio di co-design per l’innovazione sociale centrato sulla collaborazione tra staff di progetto, comunità sociali del quartiere e stakeholders. La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Il gruppo integrato di ricerca tra Dipartimento di Architettura e Studi Urbani e Dipartimento di Design rappresenta un valore aggiunto del progetto, orientato a interpretare e a consolidare temi aperti e questioni disciplinari connesse alla relazione qualitativa tra politiche di regolazione, design dei servizi e cultura dell’alimentazione e declinate sulla capacità di attivare reti locali con bacino multietnico, connessione tra cittadini, istituzioni e imprese con attenzione alle interculturalità e promozione di iniziative di micro imprenditorialità. | Tagged imprenditorialità immigrata, progetto pilota Dergano Bovisa, servizi di ristorazione sociale |

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106. Intensità urbana Proponente: Elena Porqueddu (dottore di ricerca) L’intensità urbana, intesa come potenzialità di incessanti e imprevedibili sinergie fra individui e attività eterogenee, è stata recentemente riproposta come condizione essenziale per lo sviluppo di una città complessa e vitale. La ricerca qui proposta intende esplorare le molteplici interrelazioni, intercorrenti tra spazialità e intensità, che possono favorire e tenere in vita questa potenzialità nel territorio discontinuo ed eterogeneo della città contemporanea, in cui la vita quotidiana si svolge in transito fra luoghi discontinui e si estende oltre le tradizionali relazioni di prossimità. La tradizione di ricerca ha finora trattato il tema principalmente seguendo due approcci: - – da un lato approcci deterministici secondo cui la spazialità condiziona l’interazione umana - – dall’altro approcci secondo cui i due fattori sono indipendenti Il primo tende a proporre modelli formali, sebbene eterogenei, il secondo ignora l’importanza della spazialità. Questo studio tratterà invece l’intensità di interazioni fra individui e attività eterogenee come una proprietà emergente dalla relazione fra spazialità e ritmi delle attività umane. Anziché individuare ed elaborare modelli, indagherà gli spazi che offrono le condizioni per un incessante e imprevedibile cambiamento e adattamento, per una continua ridefinizione dei confini fra attività individuali e spazi collettivi. Il percorso di ricerca si propone di campionare spazi eterogenei, alla micro scala della percezione e dell’interazione umana, e di studiarli non come appartenenti a singole unità definite a priori, ma come potenziali componenti di reti multiple, trame di relazioni che si estendono oltre i confini del micro spazio preso in esame. L’individuazione di tali relazioni è qui considerata strumento al servizio di tutti gli approcci al progetto e alla pianificazione che mirano a utilizzare materiali e forze esistenti, accogliere le differenze e incorporare il cambiamento, anziché proporre o supportare principi universali o formule codificate. La ricerca si serve di mappature multiscalari, raccolta dati, interviste, osservazione diretta del comportamento e rilievi fotografici, per mettere in luce il potenziale effetto incrementale di micro interventi-azioni di intensificazione e il loro riverbero a diverse scale. Il tema richiede una collaborazione interdisciplinare tra esperti di diversi settori e si presta a molteplici collaborazioni all’interno del DAStU. Infatti, per indagare il rapporto fra spazialità e ritmi quotidiani delle attività e delle interazioni umane, è necessario un approccio multiscalare e multidisciplinare che affronti da un lato aspetti antropologici, sociologici, geografici, dall’altro le dinamiche relazioni fra micro-scala (corpo umano, architettura) e macro-scala (connessioni, infrastrutture, paesaggio). | Tagged architettura, città, complessità |

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107. Osservatorio sulla legacy di Expo 2015 Giuliana Costa (ricercatore di ruolo confermato), Stefano Di Vita (assegnista di ricerca) Attualità e rilevanza Nel contesto attuale della competizione urbana mondiale, si assiste ad una crescente diffusione di grandi eventi, promossi come opportunità di riposizionamento delle città ospiti: non soltanto per l’indotto generato durante la loro preparazione e celebrazione, ma soprattutto per le loro auspicabili ricadute nel lungo periodo. Nonostante le origini antiche delle grandi manifestazioni, la loro appetibilità e frequenza sono esponenzialmente aumentate dagli anni Novanta, in particolare nei paesi a economia capitalista matura, alimentando le trasformazioni e la spettacolarizzazione delle città post-industriali. La crisi globale sta però modificando la geografia dei grandi eventi: alle crescenti difficoltà di organizzazione di manifestazioni straordinarie nei paesi occidentali, in fase di contrazione, si contrappone un rapido incremento di investimenti nei paesi “emergenti” (dai paesi BRICS, ai paesi arabi), interessati da un intenso sviluppo economico e, nel contempo, da irrisolti problemi sociali. Potenzialità nel breve e lungo periodo Le contraddizioni che spesso accompagnano i grandi eventi richiedono dunque una riflessione su un modello di sviluppo sempre meno adeguato a garantire condizioni di sostenibilità ambientale, economica, sociale e territoriale. L’esperienza di Milano Expo 2015 si rivela pertanto strategica: il concepimento della manifestazione prima della crisi e la sua realizzazione durante la crisi, con la conseguente riduzione delle risorse disponibili, impongono un ripensamento di questo modello di sviluppo e un’attenta valutazione delle condizioni necessarie affinché l’evento possa assumere una valenza innovativa e innescare circoli virtuosi per il territorio e i suoi molteplici attori (cittadini, imprese, organizzazioni). Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca e la capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU La ricerca (basata su riflessioni già in atto attraverso attività di livello internazionale attualmente in corso) è finalizzata ad analizzare la legacy di Expo 2015, prima, durante e dopo la manifestazione, attraverso l’osservazione delle trasformazioni spaziali indotte dall’evento e delle sue ricadute sul sistema di welfare locale. In questo senso, si intende altresì chiamare a raccolta e riflessione quanti (accademici, policy makers, operatori della società civile) da più punti di vista si stanno occupando di questo tema al fine di valorizzare conoscenze che, benché diffuse, restano frammentate, faticando a trovare coerenza, aggregazione e capacità generativa. | Tagged grandi eventi, legacy, welfare |

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108. A pieni polmoni Proponenti: Mara Flandina (Arch. PhD, Docente a contratto) – Maddalena Treccani (Arch.) 30 dicembre 2008: “390.000 alberi a Milano” corrisponde al cachet chiesto da Abbado per tornare alla Scala. L’importo è troppo cospicuo per realizzare la prima foresta amazzonica in Europa. Da qui la riflessione: cosa accadrebbe se si decidesse di tornare indietro? In questo decennio la recessione ha toccato tangibilmente tutti i settori, ma in urbanistica ed in architettura? Cosa significherebbe e come si potrebbe rinfoltire la città, cancellando tutti i segni talvolta inutili che sono stati marchiati sul territorio? Quali tecniche si potrebbero utilizzare e con quali problematiche ci si troverebbe a confronto? Una riflessione ed un progetto concreto su di una qualsiasi città (meglio Milano) densamente costruita. Si potrebbe parlare di recessione anche in architettura o forse sarebbe l’unico campo in cui la crisi porterebbe un significativo miglioramento? La ricerca intende procedere tramite lo studio analitico della città in questione con l’applicazione concreta ad un contesto, utilizzando il progetto come mezzo di approfondimento. BREVE PERIODO: individuare un caso di studio interessante, MEDIO PERIODO: creare collaborazioni con la città LUNGO PERIODO: definire le problematiche concrete per la realizzazione di un progetto, realizzabile in più fasi che consideri le strutture socialmente poco utili e che porti ad un miglioramento significativo della qualità della vita delle persone . Ambiti di ricerca interessati: progettazione urbana, sociologia urbana, co-housing, urbanistica, paesaggismo. Enti esterni potenzialmente coinvolgibili: Soprintendenza Architettonica, Comuni, Province, Enti turistici e Fondazioni culturali. | Tagged verde pubblico, progetto urbano, città |

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109. Le citta’ invisibili Proponenti: Mara Flandina (Arch. PhD, Docente a contratto) – Maddalena Treccani (Arch.) Duemilioninovecentotrentacinquemila immigrati in Italia: 647.000 provenienti dall’Africa, 472.000 dall’Asia, 314.000 dall’America, 7000 da Oceania e Apolidi. Modi di vita, architetture, colori, profumi che diventano parte non integrata della città. Immaginiamo la città come una sovrapposizone di layer: assegnamone uno per nazionalità: quali spazi occupano del tessuto urbano, quali segni imprimono? sono essi permanenti o transitori? Come reinventano i luoghi da noi abbandonati o non compresi nella loro esistenza? Molte etnie potrebbero aver creato delle città invisibili nelle nostre città, apparentemente non hanno nome ma hanno forma e caratteristiche ben definite, e tra loro differenti. Sono TRACCE, segni di un’appropriazione di edifici e luoghi spesso minuta ma persistente. La ricerca intende procedere tramite lo studio di esempi nazionali ed europei e con l’applicazione concreta ad uno o più contesti, utilizzando l’osservazione ed il progetto come mezzo di approfondimento, con le modalità di seguito descritte. BREVE PERIODO: individuare casi di studio interessanti, sia nella bibliografia disponibile, sia attraverso l’osservazione di città interessate da compresenza di etnie e nazionalità diverse; MEDIO PERIODO: creare collaborazioni con le Istituzioni di città medio-piccole caratterizzate dalla compresenza di numerose comunità straniere; LUNGO PERIODO: definire le caratteristiche da potenziare di queste città invisibili, in quanto fonte di interesse e di attenzione sempre crescente da parte della popolazione indigena; tentare l’organizzazione della realtà urbana sempre più confusa e caotica, tramite parametri definiti cogliendo gli aspetti peculiari di ogni layer, guardando le città anche dal punto di vista dell’immigrato, scardinando l’ordine urbano che siamo abituati a vivere. Ambiti di ricerca interessati: progettazione urbana, sociologia urbana, co-housing, urbanistica. Enti esterni potenzialmente coinvolgibili: Comuni, Province, Fondazioni culturali. | Tagged immigrazione, progetto urbano, città |

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110. Archivio Giuseppe Campos Venuti Proponenti: Prof. Federico Oliva (professore di ruolo) Dott. Paolo Galuzzi (ricercatore) Dott. Piergiorgio Vitillo (ricercatore) laburb – laboratorio di urbanistica (Dott.ssa Marika Fior, Dott. Stefano Salata, Arch. Elena Solero) Attualità e rilevanza La costruzione di un archivio che raccoglie i regesti di uno dei più noti e importanti urbanisti italiani possiede una rilevanza scientifica sia a livello nazionale che internazionale. Giuseppe Campos Venuti, infatti, è considerato tra i maggiori esponenti dell’urbanistica contemporanea poiché con i suoi scritti e i suoi lavori ha contribuito a significativi avanzamenti della disciplina. La possibilità di consultare e, in generale, conservare il ricco patrimonio di materiali da lui elaborati rappresenta un’occasione per il DAStU di farsi custode di una parte fondamentale della storia dell’urbanistica italiana capace di attirare quotidianamente studenti, ricercatori e studiosi da ogni parte del Paese e del Mondo. Carattere di innovazione e/o continuità con le tradizioni di ricerca La costruzione dell’Archivio Giuseppe Campos Venuti costituisce un significativo elemento di continuità con la scuola da lui stesso fondata presso il Politecnico di Milano. La volontà di Campos Venuti di donare i suoi scritti e i suo lavori al Dipartimento rappresenta un modo per continuare quell’urbanistica riformista che dal 1969 al 2001 ha insegnato e praticato presso l’università formando e influenzando molti degli studenti che oggi par tengono al gruppo di ricercatori e docenti del DAStU. Pertanto custodirne i suoi regesti (testi, libri, disegni, articoli, recensioni…) testimonierebbe l’importanza e il riconoscimento della linea di ricerca da lui stesso fondata e praticata per tanti anni dentro un importante istituto di ricerca. Inoltre, la possibilità di conservare all’interno del Dipartimento questo materiale diventerebbe l’occasione per aderire in maniera efficace all’obiettivo di coniugare ricerca e didattica offrendo ai nuovi studiosi un patrimonio incommensurabile di informazioni e di testi inediti arricchendo il loro processo formativo. Studenti, dottorandi, ricercatori e docenti potranno direttamente consultare tale materiale per finalizzare tesi, indagini e altre attività di ricerca utili a implementare sia la loro formazione che la conoscenza di una figura così importante per l’urbanistica italiana. Potenzialità nel breve e lungo periodo La concretizzazione dell’Archivio ha una gestazione piuttosto lunga poiché inventariazione e catalogazione dei suoi scritti e lavori è un’attività cominciata alcuni anni fa (attualmente è ancora attivo un assegno di ricerca per tale finalità) ma che ha realisticamente necessità di successivi rilievi e studi da sviluppare nel lungo periodo. Tuttavia, un proto-archivio potrebbe essere implementato anche nel breve periodo. Infatti, se il traguardo è di predisporre gli spazi per accogliere “fisicamente” l’attuale biblioteca di Campos Venuti nella sua integrità – collocandola in uno ambiente idoneo per poter essere consultata –; nel breve periodo l’opportunità potrebbe concretizzarsi attraverso la pubblicazione informatizzata di una selezione dei suoi lavori più significativi oggi possibile grazie al lavoro di riordino e inventario degli scritti in via di ultimazione. Questo comporterebbe, ad esempio, l’attivazione di un sito internet ovvero una piattaforma nella quale è possibile accedere e visualizzare la selezione dei materiali più importanti che nel tempo potrà essere arricchita e integrata. Capacità di attivare o consolidare temi e progetti di ricerca nel DAStU L’Archivio Giuseppe Campos Venuti si costituisce come l’occasione per: · intraprendere un progetto di lavoro già avviato ma che per sua natura ha bisogno di risorse disponibili nel lungo periodo (capitale umano e tecnologico); · rafforzare l’integrazione tra le attività di ricerca e le attività di didattica costruendo un archivio accessibile e fruibile a studenti, dottorandi, ricercatori e docenti provenienti da tutte le Università; · consolidare una linea di ricerca fondamentalmente basata sulla “pratica del piano” di cui l’archivio sarebbe testimonianza materiale efficace poiché la sua vastità e integrità permetterebbe agli studiosi di comprendere e consultare direttamente gli esiti che tale approccio ha avuto nel campo disciplinare mediante la presa visione di scritti, relazioni, cartografie e altri documenti relativi ai piani urbanistici redatti da Campos Venuti. | Tagged Archivio, Campos Venuti, Urbanistica |

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111. Scenarios for a Possible Housing on the Water Proponente: Leonardo Belladelli (Arch., PhD, Docente a contratto ICAR12 DAStU) 1) L’attualità e la rilevanza The idea of living on the water is not new: the phenomenon is ancient and typical of the communities strongly characterized by the coexistence, forced or desired, with this element, the water. The houseboats scattered all over the world fail to impress with their style of living that brings the nomadism of an aquatic dwelling with the earthly need of allocation. The charm of an oxymoron as a mobile home. 2) Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca We can find this type of houses in many parts of the world particularly rich in rivers and lakes. of course the evidence of houseboats is particularly striking in the Netherlands where have become the norm though accompanied by restrictions. 3) Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo The north of Italy, and in particular the Lombardy, is a very rich area in water from rivers, canals, natural and artificial lakes. Maintaining and exploiting the water resources is fundamental, at the same time is fundamental not occupy more fertile farmland. Creating a new development “rurbanistic” water scenario can be an opportunity to optimize land resources, materials and technology to enable “new ancient” practices of residence. 4) La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU The research project will establish itself for a major interdisciplinary starting from planning and landscape issues, from economic and ecological issues, from social and typological (House Ship, Vessel House, Ark House) issues, from technical and technological issues involving professional and research profiles in the department. | Tagged architecture, Houseboats, Water |

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112. The Mapping Desiring: A Project of a New Cartography: Patterns of Use, Spatial Experiences and Perceptions of the Urban Environment in the ICT Era Proponents Antonella Contin (Ricercatore Confermato), Raana Saffari (PhD Student), Smart Map – Asp Students Team, Generazione Gomma (Alessandro Musetta, Stefano Bovio) 1) Actual relevance of the research The Big Event as Expo 2015 could be a propeller for some innovative way to build a learning development framework for the metropolitan city, through a new mapping project: conservative inhabitants and futurist new nomadic citizens due to the design of a device will learn from the city and will return information to the city at integrated scales: a new hypothesis of territory readings and uses. 2) Innovative approach The relationship between space, memory, and representation in the digital age have undergone a severe increase due to the process of representation, that is rooted into the everyday cultural experience: that is why the topography for the city exploration requires the development of methods, experiments and especially tools for the recoding of the territory, which does not make use only of the latest technologies, but tools that are able also to bring into being the relationship between the nomadic person who is traveling and the geography of the metropolitan place. The mapping desiring, is the breaking of a consolidation of places obtained through a psycho-cognitive alteration of the deconstructed space. To achieve this, the question is: what will remain of the image that we have established in our mind when we talk about a Metropolis? The goal is to query the space, not in search of something predestined, but drifting from the playful-exploration discovery of the geographical environment, a dowsing technique that investigates and explores the components of the landscape, rising energy flows which fall on the understanding of the territory, that can be mapped to represent the movements stratified in the space / time of the exploration: the way of our being into the desakota space, that will change the anthropological elementary signs of the local space. In fact, Images of the human being construct the metropolitan maps; the body is a kind of territory because is the product of an identity, relational/emotional skills and biometric properties that are now computable through wearable technology applications. 3) Short-term and long-term potential results Short-term: The research is already in process with the ASP ‘s teams’ students in collaboration with EXPO 2015 and Generazione Gomma Long-term: The results of this research will be applicable to most of the metropolises, which have to organize big events. 4) Capacity to activate/consolidated DAStU leading research That research will consolidate and implement the research relations with ASP, and with all the colleagues, which could help us to put contents into the new communication technologies mapping devices. | Tagged Big Events, Mapping Project and communication technologies, Metropolitan Management |

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113. Tesori nascosti: Riconoscere le qualità dei luoghi, stimolare il desiderio di averne cura, promuovere la riqualificazione e il riuso per la sostenibilità sociale e ambientale. Proponenti: Maria Fianchini, RTI in Tecnologia dell’Architettura Carlotta Fontana, PO in Tecnologia dell’Architettura Attualità e rilevanza In una visione dell’ambiente costruito come specifico “ecosistema della specie umana” e con un approccio progettuale centrato sulla stretta relazione tra persone e sistema insediativo, la proposta affronta congiuntamente alcuni aspetti del perdurante spreco di risorse collettive che caratterizza i contesti urbani: diffuse e variegate condizioni di degrado fisico e funzionale; condizioni di non uso / sottoutilizzo / uso inadeguato; insoddisfazione dei cittadini rispetto alla vivibilità e funzionalità di luoghi e spazi pubblici; crescente difficoltà delle amministrazioni locali nel far fronte alla molteplicità dei bisogni. Essa persegue il duplice obiettivo di connotare e definire in termini operativi i caratteri di tali condizioni e di promuovere l’assunzione di responsabilità individuale e collettiva nella cura e nell’uso di questi beni. Caratteri della proposta Essa intende affinare e sperimentare, su edifici, complessi e spazi urbani di pubblico servizio o uso, metodi e strumenti di Post-Occupancy Evaluation e di Building Performance Evaluation, capaci di integrare le valutazioni tecnico-funzionali con quelle percettive dei gruppi di persone che fruiscono e – più in generale – vivono questi luoghi, sollecitandone la condivisione e la collaborazione nel delineare strategie di uso, riqualificazione e cura nel tempo, valorizzando al massimo la risorsa esistente e riducendo l’impiego di energia e materia sia nell’intervento di riuso e riqualificazione, sia nell’intero ciclo di vita del bene. Carattere di innovazione e continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Il gruppo proponente ha maturato significative esperienze di ricerca teorica e applicativa, anche in ambiti internazionali, sulle metodologie di feedback a supporto della progettazione sul costruito, a diverse scale e con diversa specificazione settoriale e tematica (adeguatezza funzionale e normativa di edifici terziari e scolastici, assessment dei modi d’uso e di comportamento in spazi pubblici aperti, dei valori percepiti, ecc.). Carattere innovativo riveste l’evoluzione delle metodiche analitico/propositive di orientamento sistemico-prestazionale sia come fondamento tecnico di strategie d’intervento e decisioni operative , sia come supporto a processi di empowerment sociale attivati dal coinvolgimento diretto dei diversi soggetti interessati agli interventi di riuso e riqualificazione. Le Potenzialità nel breve e nel lungo periodo Supporto a comunità insediate, gruppi di utenti e pubbliche amministrazioni per la messa a punto di brief di progetto per azioni tecnicamente fondate e socialmente condivise di riqualificazione / riuso. Tra le molteplici possibilitá di applicazione, quella sui complessi scolastici di proprietà pubblica appare particolarmente significativa: sia per le loro generalizzate condizioni di degrado e cattivo utilizzo; sia per l’opportunità di correlarsi con i percorsi educativi e le potenzialità di confronto tra differenti ruoli e culture e di condivisione delle risorse con la cittadinanza più ampia. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU La proposta si integra con le attività di urban design orientate alle pratiche di partecipazione e consolidamento delle comunità locali. Inoltre, i metodi richiamati delle POE e BPE nei processi di analisi/progettazione del costruito richiedono competenze multidisciplinari e approfondimenti nel campo delle scienze umane. | Tagged Post-Occupancy Evaluation, riuso, Scuole |

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114. Tutela e pianificazione dei paesaggi lineari Proponenti: Andrea Arcidiacono (R), Alberta Cazzani (R) Attualità e rilevanza Il paesaggio è l’esito di una secolare opera di trasformazione della natura da parte dell’uomo. In particolare i paesaggi lineari ne costituiscono la tessitura: strade, canali, ferrovie sono la testimonianza di storie e di culture passate e presenti. Ad essi si connette un sistema di beni architettonici, paesistici e naturalistici da studiare, analizzare e gestire per conservarne i valori e le potenzialità storico e ambientali e per pianificare alle scale adeguate interventi compatibili con i sistemi insediativi e ambientali esistenti. Caratteri di innovazione e continuità delle rispettive tradizioni di ricerca La Convenzione Europea del Paesaggio costituisce un riferimento culturale essenziale per i temi riferiti al paesaggio, evidenziando la necessità di instaurare rapporti di scambio e collaborazione tra organismi amministrativi centrali e locali, università, centri di ricerca e associazionismo culturale tra i diversi paesi europei per definire progetti di gestione e pianificazione capaci di salvaguardare i paesaggi di particolare valore, di riqualificare quelli “ordinari” o degradati e di progettare nuovi paesaggi di qualità. Scopo di questo progetto è di confrontare diverse esperienze italiane e straniere per elaborare e testare metodologie di analisi e di gestione coinvolgendo diverse professionalità e utilizzando le più innovative tecnologie per il rilievo, la conoscenza e la progettazione dei paesaggi lineari. Potenzialità nel breve e lungo periodo La proposta di ricerca si riferisce specificatamente allo studio delle aree maggiormente colpite dal cambiamento e deteriorate quali periferie, zone periurbane, litorali di laghi e di mari, paesaggi agrari in aree soggette a rilevanti pressioni di trasformazione. L’obiettivo è di sperimentare strumenti di pianificazione e di progettazione integrata capaci da un lato di affrontare i temi e le modalità per conservare e valorizzare la complessità dei sistemi territoriali lineari e dall’altro di indirizzare la progettazione delle nuove infrastrutture con specifica attenzione alle qualità dei paesaggi esistenti. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca DAStU Il percorso di lavoro vede collaborare le competenze del restauro con quelle dell’urbanistica e potrebbe allargarsi ad altre discipline presenti al DAStU, in particolare per gli aspetti relativi alle modalità di valutazione e simulazione degli impatti prodotti dalle trasformazioni infrastrutturali. [tags paesaggi lineari, periurbano, tutela e progetto]

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115. La dismissione dello stato sociale: Cittadinanza e spazi del Welfare a Milano Proponenti: Massimo Bricocoli (ricercatore ICAR/20), Roberta Cucca (ricercatrice, SPS/09), Giovanni Hänninen, Gennaro Postiglione (professore associato, ICAR/16), Stefania Sabatinelli (assegnista, SPS/09), Paola Savoldi (ricercatrice, ICAR/20). Attualità e rilevanza Gli ultimi venti anni sono stati caratterizzati da una progressiva ‘dismissione’ delle politiche di welfare sia a livello nazionale che a livello cittadino. Questo processo si è concretizzato non solo in una contrazione significativa dell’investimento sui servizi sociali offerti dal settore pubblico alla cittadinanza, ma anche nella dismissione di spazi e strutture originariamente destinati a rispondere alle necessità della popolazione: scuole, centri di formazione, strutture socio-sanitarie, luoghi di aggregazione per bambini, giovani e anziani nei quartieri. D’altra parte, negli ultimi decenni a Milano, il discorso pubblico sui destini del patrimonio immobiliare pubblico è stato fortemente orientato in una logica di valorizzazione economica degli stabili e dei suoli. In una diversa prospettiva, queste aree rappresentano sia una memoria storica di quel che è stato il welfare nel secondo dopoguerra sia un patrimonio immobiliare di proprietà pubblica prezioso per rispondere a necessità sociali emergenti. Carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Al di là di un’operazione di mappatura, il progetto di ricerca è orientato a investigare il modo in cui un diverso utilizzo del patrimonio immobiliare pubblico può alimentare forme di riconversione della spesa pubblica che consentano di mettere a segno, insieme, maggiore appropriatezza delle soluzioni di welfare e maggiore efficienza nella spesa sociale, molto spesso subordinata a soluzioni e modelli precostituiti. Potenzialità nel breve e nel lungo periodo L’obiettivo della ricerca è quello di ricostruire i processi che hanno portato alla “dismissione” dei servizi e delle strutture, di aprire un dibattito pubblico sulla possibilità di alimentare in prospettiva politiche pubbliche e progetti per la cittadinanza urbana a fronte di una situazione di contrazione della spesa e delle risorse dedicate al welfare, di individuare proposte progettuali per il recupero e la rimessa in uso del patrimonio immobiliare pubblico. La città di Milano rappresenterà il territorio principale di indagine, entro un contesto di riferimento italiano ed europeo. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Il progetto di ricerca, connotato da una forte interdisciplinarietà, vedrà impegnati in modo congiunto (e per molti versi inedito) urbanisti, progettisti, fotografi e ricercatori sociali attivi nel nuovo dipartimento. | Tagged progettazione, riuso, welfare |

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116. Parkour: Milano in linea retta, per investigare il cambiamento urbano Proponenti: Massimo Bricocoli, Antonella Bruzzese, Matteo Poli, Gennaro Postiglione, Alessandro Rocca. Attualità e rilevanza Come si combinano trasformazioni sociali e trasformazioni materiali? Cosa determina le specificità del cambiamento a Milano? Quali sono i tratti della trasformazione nel tessuto ordinario della città? Come si intrecciano nel tessuto urbano pratiche sociali e forme di regolazione? Innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Per quanto il progetto di architettura e di urbanistica abbia spesso teso al governo e al disegno del cambiamento urbano, la trasformazione di una città è frutto dell’azione di una moltitudine di attori che interagiscono su un terreno intriso per definizione di norme e regole. La ricerca urbana tende generalmente a selezionare temi e luoghi da investigare in corrispondenza di un frame che tende ad essere selettivo e a predefinire la formulazione dei problemi. La proposta di ricerca propone di ingaggiare la ricerca in architettura e in urbanistica in un’osservazione minuta e ravvicinata delle pratiche e dei processi di trasformazione che producono nel loro insieme la trasformazione della città e il cambiamento del paesaggio urbano e sociale. La proposta è quella mettere sotto osservazione una sezione urbana che si estenda lungo una linea retta (e quindi arbitraria ma “inesorabile/indifferente”) da un capo all’altro della città., posizionata in modo istantaneo e casuale, a mettere in evidenza forme materiali e sociali della Milano contemporanea. Potenzialità nel breve e nel lungo periodo La proposta di una sorta di parkour che attraversi la città di Milano, intende mettere sotto osservazione una sequenza di spazi e situazioni differenti, investigando le relazioni che corrono tra progetto, regolazione e pratiche. Una sezione urbana da osservare nella sua articolazione di spazi, scale, materiali, popolazioni, situazioni e posizioni nella città, ma anche una sezione urbana lungo la quale individuare pratiche, luoghi e ambienti emblematici in riferimento ai quali elaborare proposte ed esplorazioni progettuali. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU. L’attività di ricerca proposta intende sollecitare l’attivazione di un più ampio gruppo di lavoro interdisciplinare che faccia convergere nell’azione di parkour approcci differenti, complementari e dialoganti (dal paesaggio al progetto urbano, dalle politiche all’osservazione etnografica) mettendo in rilievo ed evidenza il potenziale del DAStU nella produzione di conoscenza sui processi di cambiamento della città contemporanea. | Tagged Cambiamento urbano, deriva, mutazioni, regolazione urbanistica, pratiche sociali |

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117. Coscienza storica, eredità patrimoniali, futuri paesaggi Proponenti: Maria Antonietta Crippa, ordinario di Storia dell’architettura (ICAR 18) dastu; Ferdinando Zanzottera, già assegnista, ora docente a contratto (ICAR 18), dastu. Facendo tesoro dell’esperienza accumulata in molti anni di studi storici, riflessioni su restauro del moderno, su tutela e valorizzazione del patrimonio edilizio e paesaggistico lombardo, si candida, a dibattito seminariale e a confronti con altri ambiti di ricerca DAStU, anche in vista di possibili collaborazioni, il tema di grandi complessi edilizi, con pertinenze a verde, presenti nel territorio lombardo, in attesa di recupero e valorizzazione. La preferenza è per complessi non inseriti originariamente in aree urbane, oggi parzialmente o totalmente inglobati nelle stesse. Accanto a casi già da tempo oggetto di complessa programmazione regionale (come le ville di delizia del nord milanese) della quale è interessante ripercorrere dinamiche e prospettive, vi sono anche casi ancora da riconoscere nel loro specifico stato di fatto e nelle potenzialità rispetto a usi collettivi e nuovi assetti paesaggistici, di cui i proponenti del tema si sono occupati e che intendono fare oggetto di ulteriori studi. Esemplare è quello degli ex-ospedali psichiatrici esplorato in un Prin 2008 da poco concluso, sviluppato come Unità di ricerca locale coordinata da M. A. Crippa, prima indagine assoluta, sulla loro entità patrimoniale, ritenuta prezioso da enti ministeriali e destinata a essere inserita nell’Archivio SAN. Il tema intreccia discipline diverse (anche di storia della medicina, di storia istituzionale e politica), esige contatti anche interuniversitari e con istituzioni pubbliche, peraltro già attivati. Lo si propone nella convinzione che senza adeguata conoscenza e riconoscimento del patrimonio ereditato dal recente passato non è possibile alcun progetto realmente sostenibile per il prossimo futuro. | Tagged : STORIA, PAESAGGIO, PATRIMONIO CULTURALE |

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118. How Housing Designs Cities Proponenti: Laura Montedoro (ric. ICAR 21) e Orsina Simona Pierini (ric. ICAR 14) con Bruno Melotto (PhD ICAR 14) Attualità e rilevanza La residenza è la funzione più diffusa e pervasiva nella città: ne disegna la forma e le dà volto. Se l’edificio pubblico e il suo carattere oggettuale e iconico hanno caratterizzato il recente lavoro delle archistar, è nel lavoro costante e meno appariscente sulla residenza che si sono concentrate le più interessanti esperienze progettuali recenti, immaginando e declinando con ampio respiro un programma urbano concreto e ricco di significato. La città contemporanea invita a rivisitare e a rinnovare la nostra tradizione di ricerca, e ad interpretare le nuove sfide poste dall’attualità: non solo l’evidente attenzione nei confronti dell’uso del suolo, che ha portato in ambito europeo a testare prove di densificazione urbana nelle sperimentazioni più avvertite, ma anche il confronto con la scala dei contesti extra europei caratterizzati da importanti e massicci fenomeni di inurbamento impongono una meditata riflessione sul tema. Carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Si intende condurre un’ampia ricognizione di casi studio, con l’ambizione di proporre chiavi interpretative che – a partire da temi propriamente urbani, e attraverso l’uso di un numero limitato di principi, sia insediativi che morfologici, sia sociali che tipologici – indaghino la capacità di continuare consapevolmente a fare città; la precisa individuazione delle strategie progettuali messe in atto a questo fine è l’obbiettivo prioritario della ricerca. L’indagine sugli impianti insediativi e sui corrispettivi modi di abitare, le loro relative combinazioni (edilizia aperta/chiusa, spazialità rarefatte o compresse, densità/estensione, gradazioni pubblico/privato, permeabilità/chiusure, ecc.), così come l’esplorazione critica di ibridazioni funzionali e tipologiche che possano rispondere adeguatamente ai diversi stili di vita compresenti in ambito metropolitano (derivate anche da nuovi modi dell’abitare: famiglie allargate o mononucleari, forme di residenza temporanea, ecc.) e alle diverse aspettative di privacy e di comunità, rappresentano le azioni conoscitive ineludibili per la composizione di un quadro di sintesi. La solida tradizione degli studi e delle ricerche progettuali in ambito europeo, a partire dalla seconda metà del XIX secolo, ha infatti esplorato i modi di costruzione della città da abitare: le esperienze e le elaborazioni che hanno via via messo a punto e affinato strategie progettuali, alla scala dell’edificio e del quartiere, cercando risposte ai rapidi mutamenti indotti dalla modernizzazione e ai nuovi bisogni della società, costituiscono un quadro di riferimento ancora fecondo. Uno straordinario patrimonio di sperimentazioni accomunate dalla capacità di anticipare “idee di città” – talora contrapposte e non prive di criticità, ma sempre interessanti – si presenta oggi utile per verificare la tenuta di talune soluzioni nell’attualità con le sue nuove sfide, sia in ambiti geografici e di scala urbana metropolitani, sia nella rivistazione delle nostre città secondo nuove urgenze (tra le altre: la necessità di farsi carico del tema della sostenibilità ambientale alla scala del progetto urbano; la sperimentazione di tecniche di intervento sull’esistente – riuso, integrazione, densificazione dei quartieri residenziali storici; l’urgenza di rinnovare la riflessione sul tema del’abitare sociale e delle sue relative peculiarità, ecc.). Potenzialità nel breve e nel lungo periodo Le potenzialità del tema proposto sono molteplici. E’ innanzitutto necessario consolidare una ricerca chiaramente focalizzata sul tema “Housing e Urban Design” che confronti gli esiti dei diversi ambiti disciplinari a livello internazionale, tramite l’interlocuzione con diverse istituzioni, anche al fine di verificare operativamente i presupposti teorici e la definizione di alcuni strumenti operativi che possano interpretare la complessità della città contemporanea. Nel lungo periodo, sarebbe utile assumere il programma di ricerca come lo strumento capace di accumulare risultati e di mettere a confronto casi e situazioni, resi comparabili attraverso i medesimi caratteri descrittivi (ridisegno in scala, schede tipo, parametri di valutazione comuni, ecc.). Si può in tal senso ipotizzare la costruzione di un possibile luogo di raccolta e di scambio virtuale intorno ai casi studio, con la formazione di un data base o con link consolidati tra istituzioni internazionali. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Il tema indicato è già oggi oggetto di una pluralità di ricerche e di indagini, teoriche ed empiriche, dentro il Dipartimento: presenta dunque forti trasversalità, sia dal punto di vista disciplinare che sotto il profilo delle metodologie di ricerca. Si ritiene che potrebbe essere opportuno e fertile costruire sinergie e convergenze per rendere forte e ben riconoscibile l’ambito della ricerca anche all’esterno, attraverso il consolidamento di gruppi di ricerca multidisciplinari, la promozione di specifici programmi di lavoro, la possibile costruzione di un “osservatorio permanente, la ricerca applicata e la divulgazione dei risultati. | Tagged Casa, Fare città, Housing, Urban Design, Urbanità |

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119. Gli effetti spaziali della grande contrazione: Indagine sulle città medie della city-region del Nord Italia Stefano Di Vita, assegnista di ricerca DAStU Attualità e rilevanza La crisi finanziaria ed economica globale, che si è acuita nei paesi dell’Europa meridionale, ha determinato una profonda battuta d’arresto nell’ambito di un modello di sviluppo prevalentemente orientato ai consumi. Questa improvvisa, benché prevedibile, discontinuità sta producendo effetti territoriali significativi, riconoscibili anche in contesti storicamente forti, come quello della city-region del Nord Italia. Le diffuse difficoltà di risoluzione delle emergenze ambientali e socio-economiche, ereditate dal passato, si stanno aggravando a causa della riduzione di risorse (pubbliche e private) disponibili. Dopo la transizione terziaria degli scorsi decenni, che ha spesso portato alla realizzazione di progetti di trasformazione urbanistica privi di qualità o rimasti incompiuti, l’attuale contrazione pone quindi nuovi interrogativi sul destino delle aree dismesse, finora non valorizzate, a cui si aggiungono i vuoti urbani prodotti dalla crisi. Carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca La grande contrazione pone dubbi sulla futura ripresa di un ciclo, bruscamente interrotto, di trasformazione delle aree dismesse prevalentemente fondato sulla loro valorizzazione immobiliare; nonché, richiede una profonda riflessione sulla necessità di individuare nuove opportunità di innovazione territoriale, anziché di mera ottimizzazione della rendita. Potenzialità nel breve e lungo periodo Dopo il processo di decentramento e dispersione degli scorsi decenni, la crisi sembra aver determinato un’inversione di tendenza: una ricentralizzazione verso le grandi aree metropolitane, tradizionalmente più appetibili nello scenario della crescente competizione urbana globale, e un depauperamento dei territori minori. La presente proposta di ricerca mira quindi ad una ricognizione degli effetti spaziali della grande contrazione, focalizzando l’attenzione sulle città medie della city-region del Nord Italia, e alla conseguente individuazione di strategie, strumenti e soprattutto di funzioni che consentano di stimolare nuove condizioni di rigenerazione territoriale diffusa e sostenibile. I possibili casi studio sono individuati tra le città capoluogo di provincia localizzate lungo l’importante fascio infrastrutturale tra Milano e Venezia, interessato da significativi progetti di potenziamento in corso di realizzazione (BreBeMi, TAV), destinati a modificare le attuali relazioni territoriali. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Il tema si collega agli studi geografici sulle dinamiche dei territori metropolitani, tra cui quelli condotti dal prof. Matteo Bolocan Goldstein. | Tagged città medie, contrazione spaziale, trasformazioni urbanistiche |

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120. Commercio servizi territorio Proponenti: Corinna Morandi, Andrea Rolando, Chiara Rabbiosi 1. Attualità e rilevanza. I processi di cambiamento economico e sociale hanno una diretta e forte influenza sulla trasformazione della domanda e dei formati di offerta di commercio e servizi: la rapidità del cambiamento sia nella grande distribuzione organizzata che nel commercio indipendente hanno un impatto rilevante e poco controllabile nel rapporto tra attività insediate, nella configurazione gerarchica tra i luoghi, nelle modalità di fruizione dello spazio, nella comparsa di fenomeni nuovi come il demalling. Attività associabili al commercio come i pubblici esercizi o le attività legate al turismo e all’accoglienza partecipano ampiamente a questo processo di cambiamento. Oggi la diffusione dell’uso di nuove tecnologie apre scenari ancora diversi, di cui è importante cogliere i risvolti spaziali: facciamo riferimento a due soli esempi: la trasformazione del ruolo del punto vendita e la riorganizzazione della logistica legati allo sviluppo esponenziale dell’e-commerce oppure la nascita di forme innovative di ospitalità (low cost, albergo diffuso) che mettono in rete luoghi altrimenti marginali rispetto all’offerta tradizionale di servizi turistici. 2.Innovazione e continuità delle tradizioni di ricerca. Il rapporto tra commercio e territorio e l’esplorazione di forme innovative di fruizione turistica e di ospitalità sono stati da tempo oggetto di ricerca di Urb&Com, di vari progetti multidisciplinari sviluppati con l’Alta Scuola Politecnica, di assegni di ricerca. 3. Potenzialità nel breve e nel lungo periodo. Rafforzamento della rete di ricerca tematica internazionale sul ruolo del commercio nelle trasformazioni del territorio (es. Shoppingscape, progetto di ricerca sull’impatto urbanistico dello sviluppo dell’ e-commerce). – Consolidamento della ricerca sulla regione Torino Milano (contratto Telecom, ASP) e sulla legacy urbanistica di Expo 2015 – Serie Commercio Servizi Territorio della collana editoriale Politecnica di Maggioli. 4. Attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca. E-commerce e logistica con riferimento a Ilaria Mariotti. Osservatorio sull’e-commerce di Ateneo. – Ricerca Commercio e turismo (Università di Bologna) | Tagged commercio, ICts, turismo |

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121. Internet dei luoghi Proponenti: Corinna Morandi, Andrea Rolando, Stefano Di Vita (Dottore di ricerca, assegnista ricerca), Abel Silva Lizcano (Dottorando SPUD) 1. attualità e rilevanza. Le tecnologie digitali avanzate e in particolare l’utilizzo ormai pervasivo di servizi mobili che consentono in qualunque momento e da qualunque luogo di attivare relazioni prossime e remote, aprono per chi si occupa di fenomeni territoriali nuove prospettive di indagine e di progettazione. Tali potenzialità, associate ad una interpretazione del territorio come sistema complesso di luoghi fisici collegati attraverso relazioni materiali e immateriali, inducono a considerare la possibile traduzione nello spazio fisico del concetto di internet. Infatti, se vediamo internet come un sistema immateriale che consolida e amplifica il significato delle cose attraverso la conoscenza e l’informazione accessibili tramite nodi digitali (sites) e link, si può pensare in modo analogo il territorio, con l’obiettivo di migliorare la qualità spaziale dei luoghi attraverso la razionalizzazione del sistema di nodi fisici (places) e delle relazioni materiali e immateriali che proprio le ICTs consentono di ottimizzare. Questo significa spostare l’attenzione dalla dimensione della smart city alla smart region, passando dall’idea di “internet delle cose” a quella di “internet dei luoghi”, valutando le implicazioni spaziali delle innovazioni nelle tecnologie digitali e le trasformazioni nelle modalità d’uso di uno spazio in cui è difficile discernere la natura di privato o pubblico. 2. continuità e innovazione nelle tradizione di ricerca. Expo Milano 2015 e la regione urbana tra Milano e Torino, oggetto da tempo di lavori dei proponenti, possono rappresentare un terreno su cui sviluppare con nuovi strumenti concettuali e analitici diverse prove applicative, in particolare se si assume una prospettiva di evento non legato ad un sito specifico ma in grado di coinvolgere un territorio esteso. I temi sono stati anche oggetto di progetti multidisciplinari sviluppati con l’Alta Scuola Politecnica e sono stati discussi nel recente seminario “Dall’internet delle cose all’internet dei luoghi” e in una sessione della recente conferenza New Urban Languages. 3. potenzialità nel medio periodo. Partecipazione all’attività del Joint Open Lab-S-Cube, consolidando le relazioni con Telecom e con i colleghi anche di altri dipartimenti già coinvolti in recenti progetti dell’Alta Scuola Politecnica, in particolare: EXPhOst, E-Scape e EXPerIA 4. consolidamento del gruppo di ricerca. Sono state avviate relazioni con le attività di ricerca condotte da Paola Pucci, Fabio Manfredini, Paolo Tagliolato, Daniele Villa. | Tagged internet dei luoghi, mapping, smart region |

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122. Pratiche teoriche* dell’Architettura: Riflessioni sullo stato del pensiero progettuale contemporaneo Proponente: Fabrizio Zanni 1. attualità e la rilevanza: La condizione di “caos calmo” che è propria della cultura architettonica contemporanea ed in particolare della galassia di posizioni teoriche più o meno rilevanti presenti nel Globo, la prevalenza, non solo nella scelta politico-amministrativa nazionale ma anche nelle riviste di settore, delle figure dette “archistar” rispetto a nuclei di riflessione critica e operativa, ingenera una “dolorosa” necessità di capire quali siano i nuclei teorici fondamentali nella pratica teorica* dell’architettura nel mondo contemporaneo;se esista ancora una “scuola” milanese e quali siano le posizioni e le figure in campo, anche e soprattutto nel Politecnico di Milano e nel DAStU per individuare potenzialità innovative nel panorama della ricerca teorica. 2. carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca: Sono presenti sia necessità di ancoramento alla tradizione politecnica sia necessità di individuare nuclei di innovazione e sperimentazione significativi. La questione è aperta. 3. potenzialità nel breve e nel lungo periodo: Una prima operazione potrebbe essere la costruzione di una sorta di grande “Tag Cloud” della conoscenza architettonica, secondo la tradizione dei “grafi” della Enciclopedia Einaudi. Non si tratta di operare deleteri meccanismi “autopromozionali” ma di operare una riflessione critica sul sapere progettuale dell’architettura: (alcuni) giovani professori e ricercatori, per esempio, potrebbero assumere il ruolo non di “leaders” ma di coscienze critiche di un quadro complessivo disvelato nella sua complessità. E’ anche importante costituire una rete globale di “referenti” che partecipino alla costruzione di questo grande quadro. 4. capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU: La proposta intende attivare pratiche di apertura e connessione tra gruppi di ricerca anche se per ragioni pratico-operative potrebbe essere costituito una sorta di inter-gruppo a cui membri dei vari gruppi di ricerca possano partecipare. *Il concetto di “pratica teorica dell’architettura” è stato sviluppato dal Prof. Em. Sergio Crotti cfr. ad esempio: Crotti S. “Stati instabili dell’architettura”, Territorio n.65 2013; Crotti S., “Per una pratica teorica dell’architettura”, in D’Alfonso E. (a cura di), Attualità della forma urbana, 1995, Electa, Milano. | Tagged architettura, pratica teorica, progetto |

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123. Lo spazio pubblico dell’abitato informale come strumento di rigenerazione Proponente: Ester Dedé – studente PhD in Architettura, Urbanistica, Conservazione dei luoghi dell’abitare e del paesaggio Attualità e rilevanza Al centro di questo lavoro di ricerca si pone la rigenerazione urbana applicata agli abitati informali – periferici e non – per cui è urgente ipotizzare nuove strategie di intervento che restituiscano loro lintegrazione nel tessuto urbano da cui risultano esclusi per ragioni spaziali, morfologiche o sociali, allo scopo di migliorare la qualità della vita degli abitanti. La rigenerazione urbana degli abitati informali si evidenzia quale questione significativa a causa della difficoltà di accesso al mercato della casa e della carenza di servizi a sostegno delle situazioni di disagio abitativo o sociale, che non riguarda più solo i contesti dei cosiddetti paesi emergenti, ma sono in diffusione anche nella società occidentale. Innovazione Fino agli anni 90 del secolo scorso gli interventi urbani che hanno interpretato il marginale e linformale, concentrati più che sul tema della rigenerazione dei tessuti su quello dellabitazione come priorità urgente da risolvere, si sono divisi tra latteggiamento radicale costituito da proposte di sgombero forzato degli abitanti dalle aree finalizzato alla demolizione dellesistente e alla realizzazione di nuove strutture – per altro non sempre destinate alla ricollocazione degli abitanti -, e punti di vista più conservatori limitati, spesso anche per carenza di risorse economiche, a fornire le utenze minime necessarie (allacciamento alle reti, predisposizione fognaria). La strategia operativa di cui si propone lo studio si concentra invece sulla possibilità di leggere labitato informale nel suo complesso e osservarlo come un brano di città che, seppur con caratteristiche differenti rispetto al tessuto consolidato e non riferibili ad alcun modello di lettura urbana convenzionale, presenta una morfologia tuttaltro che omogenea nella quale è possibile rintracciare ambiti di qualità spaziale operabili quali elementi catalizzatori di una possibile trasformazione. Lo spazio pubblico nei contesti informale spesso si configura come un vuoto interstiziale e può diventare rilevante nella costruzione di nuovi brani di città tanto quanto il costruito, se interpretato nella sua potenzialità di ambito disegnabile e parte di un sistema costituito da polarità: uno spazio da abitare costituito da stanze allaperto in cui il vuoto da residuale diventa occasione per larchitettura. Potenzialità a breve e lungo periodo Il lavoro di ricerca si misura con un orizzonte tematico che i osservi linformalità da un punto di vista in grado di rilevarne gli elementi di qualità spaziale come risorsa da valorizzare non come semplice contraddizione. Si tratta di un approccio operativo che non prevede di trovare una soluzione al problema degli abitati informali ma intende aprire una riflessione sulla possibilità di operare in contesti frammentari e residuali tramite interventi locali che, relazionati tra loro, generino sistemi di nuove urbanità in grado di innescare fenomeni di rigenerazione a scala più ampia. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Il tema proposto offre molte opportunità di interazione tra ambiti e settori disciplinari differenti che risultano altresì indispensabili per la comprensione del contesto di lavoro e la messa a punto di strategie operative: progettazione architettonica, urbanistica, scienze sociali ed economiche. Apre inoltre alla possibilità di coinvolgere enti e strutture esterne al DAStU, sia in ambito italiano che internazionale. | Tagged informal settlements, slum upgrading, spazio pubblico |

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124. Architettura come scienza dell’intonazione: Ritmi irregolari e sequenze musicali di rigenerazione urbana in paesaggi altamente entropici Proponente: Raffaele Pé, PhD Candidate Abstract Le città contemporanee presentano aree sensibili, spesso degradate e inospitali, dove operare con gli strumenti dell’architettura e della tipologia tradizionale risulta obsoleto e inefficace a causa della mobilità e dell’informalità che contraddistingue i loro elementi ambientali costitutivi. L’impiego di sistemi di progettazione e pianificazione invariabili sembra affacciarsi oggi a strategie di orientamento e di riforma più aperte e collaborative, capaci di operare in connivenza con pratiche spaziali discontinue e di conferire all’ambiente una qualità urbana più abitabile perché tattilmente e antropologicamente riconoscibile. Marshall McLuhan descriveva questi luoghi, nel loro rapporto con le reti telematiche, come spazi acustici (1969), in cui il sapere e le informazioni si diffondono oralmente, senza essere cristallizzate dalla forma definitiva della scrittura o della rappresentazione. I nuovi media e le tecnologie digitali per l’immersione nell’ambiente urbano si fanno carico di valori simili, e danno allo spazio un carattere ondulato e fluido. A questo proposito, la musica torna a ricoprire un ruolo scientifico di ordinatore e attuatore fisico di processi complessi di trasformazione e di cinetica degli enti; ruolo questo di estrema rilevanza per chi nel campo dell’architettura deve poter coordinare sequenze e spaziali temporali multiple in impianti urbani mutevoli e congestionati. Una nuova musicalità del progetto può essere dunque ricercata e investigata, al fine di armonizzare questi cicli con il ritmo geometrico del nuovo prototipo urbano. L’architettura, concepita come azione performante e dinamica, che regola e equilibra i valori bioenergetici tra elementi (Formaggio) – da mimesi a catarsi – ritorna ad essere mezzo privilegiato della cura ambientale e pratica attiva di insediamento dell’uomo nell’habitat. Questo progetto di ricerca intende proporre allora una riflessione multidisciplinare sui problemi contingenti che riguardano gli insediamenti urbani più deboli e le tecniche di compositive più appropriate per il loro sviluppo dalla musica verso l’architettura, facendo riferimento al concetto di arte come indicato recentemente dal filosofo Carlo Sini, quale ritmo ontologico del nostro essere, dispiegarsi musicale e armonico di intenzioni e comportamenti anche spaziali. Domande ricorrenti di tale campo di studio sono, quale contributo può offrire la composizione musicale contemporanea rispetto ai problemi urbani delle aree informali? Come la disciplina architettonica può accogliere questi espedienti entro il novero dei propri strumenti progettuali? Cosa significa impostare un progetto di spazializzazione sensoriale? Quali esiti nella descrizione, nella rappresentazione e nella configurazione dei nuovi impianti urbani? Temi Ritmi urbani, mappature e trascrizioni Le città sono spesso oggetto di descrizioni artistiche e di traduzioni linguistiche atte a mappare qualità tonali del paesaggio urbano e caratteri spesso nascosti o latenti del territorio secondo modalità talvolta estranee e alla pianificazione e alla progettazione tradizionale. Gli espedienti compositivi musicali danno spazio a traduzioni trans-disciplinari e transcalari della città, che seguono l’esempio proposto già da Luciano Berio nei suoi primi esperimenti allo studio di fonologia della RAI, come Ritratto di Città del 1954, dove tracce di registrazioni del paesaggio cittadino di Milano venivano intrecciate con una brani strumentali e narrative tratte dalla città stessa. Questa sessione sarà dedicata ai progetti di mappatura dei luoghi informali che abbracciano tecniche acustiche innovative per la comprensione dei caratteri ambientali. Sistemi di orientamento e di spazializzazione La scuola di spazializzazione sensoriale istituita da Xenakis e Boulez in Francia, e che ha trovato nell’IRCAM di Parigi uno dei luoghi dove questi principi sono stati maggiormente coltivati in Europa, riconosce nella città un ambito di ricerca molto rilevante, in quanto la città e le sue architetture sono per eccellenza espressione spazializzata di una cultura che mostra la sua apertura verso tematiche ambientali preminenti. I progetti di spazializzazione si propongono di assorbire e manifestare i valori biologici e acustici di una civiltà che si insedia in un dato contesto geografico e climatico. La sessione presenterà progetti di spazializzazione che hanno l’obbiettivo di esprimere i caratteri di un luogo operando una modifica consapevole delle sue ecologie sonore e ambientali. Improvvisazione e scenari collaborativi (Laboratori e performance finale) Lo spazio acustico è partecipativo, continuo e avviluppante, è lo spazio del tramandarsi orale dell’informazione (McLuhan, 1969), dove lo scambio fisico tra enti avviene secondo sequenze temporali simultanee e onnidirezionali. La musica diviene pretesto di cooperazione tra agenti urbani e mette in atto processi di inclusione emotiva e culturale tra coloro che vivono il paesaggio urbano. Il laboratorio di improvvisazione ospiterà esperti provenienti dai campi della composizione musicale, dei nuovi media, delle tecnologie digitali e dall’architettura per preparare una performance a chiusura dei due giorni di simposio, per offrire un prototipo collaborativo di riforma urbana mettendo in pratica alcuni dei principi maturati durante le conferenze teoriche. | Tagged morfogenetica urbana, riforma di aree urbane sensibili, strategie di qualifica di insediamenti informali |

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125. Digital Materiality in Architecture: From Software to Physical Models Proponente: Leonardo Belladelli (Arch., PhD, Docente a contratto ICAR12 DAStU) 1) L’attualità e la rilevanza We use the term digital materiality to describe an emergent transformation in the expression of architecture. Materiality is increasingly being enriched with digital characteristics, which substantially affect architecture’s physis. Digital materiality evolves through the interplay between digital and material processes in design and construction. The synthesis of two seemingly distinct worlds the digital and the material generates new, self-evident realities. Data and material, programming and construction are interwoven. This synthesis is enabled by the techniques of digital fabrication, which allows the architect to control the manufacturing process through design data. Material is thus enriched by information; material becomes “informed.” In the future, architects ideas will permeate the fabrication process in its entirety. This new situation transforms the possibilities and thus the professional scope of the architect. 2) 3) Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca | Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo Digital materiality leads to a new expression and surprisingly enough, given the technical associations of the term “digital”to a new sensuality in architecture. Digital and material orders enter into a dialogue, in the course of which each is enriched by the other. Digital materiality is thereby able to address different levels of our perception. It is characterized by an unusually large number of precisely arranged elements, a sophisticated level of detail, and the simultaneous presence of different scales of formation. Despite its intrinsic complexity, we experience and understand it intuitively. Digital materiality addresses our ability to recognize naturally grown organizational forms and to interpret their internal order. Its expression is novel, but not alien. Digital materiality is not rooted solely in the material world and its physical laws such as gravity, or in material properties. It is also enriched by the rules of the immaterial world of digital logics, such as its processual nature or calculatory precision. Digital orders intensify the particularities of materials. Materials do not appear primarily as a texture or surface, but are exposed and experienced in their whole depth and plasticity. Even familiar materials – such as bricks, which have been known for over 9000 years – appear in new ways. 4) La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU The research is highly interdisciplinary, hoping to work with other academics in this department (and not only) in order to deepen the research and increment the information regarding the various case studies, the various objects/materials/spaces, the various strategies from the different perspective of technology, architecture and space. | Tagged architecture, Digital, Materiality |

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126. Symbiosis and Parasitism in Architecture Proponente: Leonardo Belladelli (Arch. PhD, Docente a contratto ICAR12 DAStU) 1) L’attualità e la rilevanza Parasitic architecture can be defined as an adaptable, transient and exploitive form of architecture that forces relationships with host buildings in order to complete themselves. Parasites cannot sustain their own existence without siphoning energy from the surplus supply demonstrated in host buildings. Currently there is no exhaustive definition which can be highlighted as accurately summarizing the complex notion of symbiotic/parasitic architecture. There are however several theoretical definitions in existence that each deal with individual characteristics of symbiotic/parasitic architecture. 2) Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Parasitic Architecture can be thought of as a flexible and sometimes temporary structure that feeds off the existing infrastructure and build form. A parasite has to work with existing infrastructures and use them to its own end but can also be considered as an architectural intervention that materializes and transforms the built form. A parasitic construction redefines and reconfigures a built structure and provides a new perspective or orientation to the public and potentially offer a new space. 3) Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo By pulling different principles together the aim is to understand and extend the subject of symbiotic/parasitic architecture. Simultaneously this exploration will provide an available resource to promote the subject of symbiotic/parasitic architecture and potentially advance the field into new areas of discussion. 4) La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU The research is highly interdisciplinary, hoping to work with other academics in this department (and not only) in order to deepen the research and increment the information regarding the various case studies, the various objects/materials/spaces, the various strategies from the different perspective of technology, energy, landscape, architecture and space. | Tagged architecture, Parasitism, Symbiosis |

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127. Beauty of Sustainability (Against Stupid Adjectives Doped Architecture) Proponente: Leonardo Belladelli (Arch. PhD, ICAR12 Adjunct Professor, DAStU) 1) L’attualità e la rilevanza Sustainability cannot simply be a green or environmental concern, as important as environmental aspects of sustainability are. A truly sustainable society is one where wider questions of social needs and welfare, and economic opportunity are integrally related to environmental limits imposed by supporting ecosystems. After WWII “arrogant and insensitive planners lined the city with unbearable and unwatchable public housing projects. Some of these are still with us “ (T. Judt, Guasto è il mondo, Laterza, Roma-Bari, 2011, p.61) but what is even more alarming is the contemptuous “indifference of the local and national authorities for the damages caused by their decisions” (ibidem). Now a defined sustainable house is with high price, using unsustainable energy and construction practices that are outdated, under the guise of certifications that not only don’t add anything to the building. 2) Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca “Do not think about the roof, but of rain and snow” exhorted Adolf Loos in 1913. The application of sustainability goals today is increasingly left to green rating systems. However, the roots of susatinability far outreach any rating system. More importantly, the complexity of the heritage preservation requires a greater degree of creativity than any generic rating system. Sustainability in architecture should not be a recipe whose ingredients comprise of regulations, decrees, interpretative circulars, objective and impartial operational protocols which do not take into account diversity, differences and cultural values in the name of a omni-inclusive definition of what sustainability is, and which are the right ways to build. Sustainability should be, on the contrary, an approach, an attitude. It should not even have a label. It should be just Architecture. 3) Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo Sustainable development is not static, it’s rather a process, and it’s achievement ultimately depends largely on ethical and political choices. In its sense, education plays a key role in the defecne against manipulation, it is natural antidote against addiction to the bleak landscape of the contemporary building industry. That’s why cultural education and scientific research should be separated from all economic and industrial purposes, and they must pursue the beauty (in every sense) using the technology but not being slave of the technology. 4) La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU The research is highly interdisciplinary, hoping to work with other academics in this department (and not only) in order to deepen the research trying to understand the dynamics of conceiving and building a project able to be a real Architecture without meaningless adjective. | Tagged architecture, Beauty, Sustainability |

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128. Architecture and Recycling. Imagination and Reuse: Usefulness of the Useless. Proponente Leonardo Belladelli (Arch. PhD, ICAR12 Adjunct Professor, DAStU) 1) L’attualità e la rilevanza Recycling can be defined as: seeing a world of possibilities when others see only waste; the acquisition of unused objects/materials/spaces and the breathing of new life into them which is different from their original purpose, and moreover: the retrieval of the construction process, now transferred into the hands of the builders, with the right to influence the choices that shape the environment of our daily life. 2) Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Tyres, containers, bottles, bricks, cans, etc. can find new and unexpected uses in experimental architecture, exhibition pavilions, or low-cost housing. There are many topics connected to recycling, and they vary depending on the objects that one wishes to recycle and how they will be put to use. “We’re simple minded recyclers like most people. We have composting, and we have worms bins, and things like that for composting the soil things like compost that are compostable. And Then we have recycling for metal and plastic, and then we have trash, which we can’t do anything with. So we’re just like being in ahouse that does recycling.” William McDonough (http://www.oninnovation.com/videos/detail.aspx?video=1189&title=Recycling) 3) Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo By using recycled material for construction work you can avoid waste, save energy and support climate protection. However, recycling architecture can accomplish even more. Recycling is not just the implementation of a “sustainable” practice, but also claims the autonomy of the design process as a place of invention and discovery. In this way the architect stops being passive towards the building process, regaining this pivotal role. From Martin Pawley to Victor Papanek, from Kevin Lynch to William McDonough, from Buckminster Fuller to Refunc, from Habraken to 2012 Architecten, from De Kleine Arde to Rural Studio and Samuel Mockbee. 4) La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU The research is highly interdisciplinary, hoping to work with other academics in this department (and not only) in order to deepen the research and increment the information regarding the various case studies, the various objects/materials/spaces, the various strategies from the different perspective of technology, energy, waste, landscape, architecture. | Tagged architecture, Recycle, Reuse |

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129. Urban sensing: Nuovi dati per il futuro degli studi urbani Proponente: Fabio Manfredini con componenti laboratorio analisi dati e cartografia e Paolo Tagliolato (assegnista di ricerca) 1) L’attualità e la rilevanza La crescente disponibilità di dati generati dagli utenti grazie alla diffusione di ICT, di internet e di dispositivi mobili che registrano le attività individuali può rappresentare un’occasione di svolta nei modi e nelle forme con cui si fa ricerca nell’ambito degli studi urbani. Grazie alla loro elevata risoluzione temporale e spaziale, tali dati basati sulla localizzazione degli utenti, anche in forma aggregata, possono evidenziare fenomeni urbani, difficili da mettere in luce con le fonti convenzionali. Le tracce lasciate inconsapevolmente dagli utenti di telefonia mobile, le segnalazioni che gli utenti dei social network depositano in rete costituiscono un elemento di conoscenza di alcune pratiche d’uso della città. Da un lato, tali tracce possono confermare pratiche d’uso note, dall’altro, esse possono essere spie di concentrazioni spaziali o di attività localizzate nello spazio non note, da indagare successivamente con tecniche di analisi e di rilievo più convenzionali. Una nuova agenda per la ricerca urbana può quindi prendere le mosse a partire dal riconoscimento delle loro specificità, potenzialità e limiti. 2) Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Alcune tradizioni di ricerca recenti quali quella sulle popolazioni urbane o sul ruolo della mobilità come fattore chiave per interpretare le trasformazioni della città o sulla mappatura dei modi e tempi d’uso della città, spesso si sono confrontate con i limiti delle fonti convenzionali (censimenti, survey) per l’analisi empirica dei fenomeni indagati. In questo senso l’esplorazione delle potenzialità di nuove fonti di dati può contribuire ad alimentare tali campi d’indagine introducendo elementi di innovazione, sia di natura metodologica sia di natura interpretativa: infatti, le esperienze di ricerca di maggior successo basate sull’uso di queste nuove fonti di dati mettono in campo competenze di natura analitica, legate all’estrazione di informazioni utili da una grande mole di dati, alla costruzione di indicatori sintetici e alla realizzazione di rappresentazioni cartografiche significative. 3) Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo L’enorme e crescente disponibilità di queste nuove fonti si pone alla base di una prospettiva da cui non si può prescindere per posizionarsi in un settore della ricerca che appare sempre più strategico anche in una dimensione internazionale. Numerosi sono, negli ultimi anni, i gruppi di ricerca, soprattutto all’estero, che si sono misurati con l’uso di queste fonti come nuovo strumento di conoscenza della città. Spesso però gli esiti sono rilevanti dal punto di vista metodologico, di messa a punto di tecniche di trattamento del dato e della sua visualizzazione ma più incerta è la loro significatività dal punto di vista della ricerca applicata ai territori urbani, soprattutto data l’assenza, in molti gruppi che fanno ricerca su questo tema, di una specifica competenza di studi urbani. La proposta intende dunque evidenziare quanto possa risultare rilevante nell’ambito dell’urban sensing l’introduzione della competenza propriamente urbanistica. Questo da una parte potrebbe arricchire la varietà delle ricerche esistenti, dall’altra la valorizzazione di queste nuove fonti, mediante il confronto con le necessità di conoscenza espresse dagli operatori pubblici e di tutti gli attori interessati alle pratiche d’uso della città, risulterebbe un nuovo e potente strumento per le applicazioni non solo scientifiche. 4) La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Il tema indicato è attualmente in corso di sperimentazione in una serie di ricerche e di analisi empiriche che coinvolgono diversi soggetti del dipartimento e di altri dipartimenti (Design, Matematica, DEIB) interessati a mettere alla prova tali strumenti per studiare i mutamenti della città contemporanea e per indagare i modi e i tempi d’uso della città. Al DAStU si contano, a mero titolo di esempio non esaustivo, le ricerche sulle pratiche di mobilità coordinate da Paola Pucci, quelle sulle implicazioni spaziali derivanti dalla diffusione di ICT di Corinna Morandi e Andrea Rolando. Allo stesso tempo numerose potrebbero essere le ricerche che potrebbero beneficiare dell’impiego di queste nuove fonti che, per le loro caratteristiche specifiche, si prestano ad essere utilizzate nell’ambito di temi quali lo studio delle popolazioni urbane, le indagini sui tempi della città e sulle pratiche di vita quotidiana. TAGS mancanti

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130. Sustainable Landscapes: Cura dei Productive Landscapes in contesti urbani africani Autore: Antonia Chiesa (docente a contratto, visiting scholar HarvardGSD), Alessandro Frigerio (tutor) 1) l’attualità e la rilevanza La ricerca si basa sull’ipotesi di lavorare con il paesaggio in contesti africani di rapida urbanizzazione. Dar es Salam, Cairo, Lagos soffrono l’incompatibilità fra una crescita incontrollata e una gestione sostenibile delle risorse ambientali. La scarsità o l’eccesso di acqua, la riduzione progressiva degli spazi naturali, il rendimento limitato del potenziale agricolo urbano, la compromissione chimica dei suoli, l’inadeguatezza dei sistemi energetici hanno enorme impatto sulla dimensione ecologica locale nonché sulle condizioni abitative in contesti cosiddetti informali. 2) il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca; Rifiutando l’accezione negativa della città informale, la ricerca intende investigare da una parte le implicazioni ecologiche e ambientali della rapida urbanizzazione, dall’altra individuare strategie virtuose di landscape in grado di influire a costi contenuti, sulla rivalutazione del patrimonio naturale e agricolo locale. L’approfondimento delle tecniche tradizionali di disegno e cura degli spazi aperti e la riproposizione di sistemi low-cost di gestione delle risorse ambientali nel rispetto delle specifiche condizioni climatiche vengono contestualizzate in una generale rivalutazione del ruolo del paesaggio nei processi urbani contemporanei (landscape urbanism) e secondo un’accezione eco-sistemica della trasformazione urbana quale legata indissolubilmente al territorio su cui insiste. La ricerca affronta quindi la questione urbana in contesti di rapida urbanizzazione accentuando il ruolo benefico e rigenerativo del paesaggio alla scala urbana nella considerazione delle specificità culturali e dei modi abitativi locali, ma promuove il riferimento a strumenti e metodologie e ricerche contemporanee internazionali in contesti climatici affini. 3) le potenzialità nel breve e nel lungo periodo; La ricerca raccoglie e prosegue sperimentazioni progettuali di spazi aperti agricoli e naturali nei contesti africani di Dar e del Cairo e prosegue includendo analisi interpretative di casi studio nelle città nigeriane e nella zona costiera di Pemba in Mozambico; si sofferma in approfondimenti teorici e pratici in una raccolta di best practice locali e globali; si risolve in redazione di paper nelle numerose sedi di discussione internazionale sulla sostenibilità urbana in contesti di Paesi emergenti; si apre al confronto con università e autorità africane, sudamericane e europee; si avvale del rapporto privilegiato con World Bank, con amministrazioni e associazioni no-profit locali. 4) la capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU. La ricerca nasce nel Laboratorio Misura&Scala avvalendosi della consolidata rete di collaborazione con università europee, americane ed africane recependo differenti studi e approcci al paesaggio sostenibile; prosegue il proficuo lavoro di collaborazione con il Laboratorio di Cooperazione Internazionale per il tema dei territori resilienti. Si apre inoltre a collaborazioni interdipartimentali per i temi economici, ecologici ed energetici. | Tagged Africa, landscape urbanism, paesaggi agrourbani |

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131. Progettare l’autosostenibilità locale, strumenti e metodi. Gianni Scudo (professore ordinario ICAR 12), Alessandro Rogora (professore associato ICAR 12), Matteo Clementi (assegnista di ricerca ICAR 12). 1.Attualità e rilevanza La messa in atto del paradigma della sostenibilità ambientale vede delinearsi scenari le caratteristiche dei quali si possono efficacemente sintetizzare nella dimensione civica delle città bio-regionali, resilienti ed autosufficienti che costruiscono mondi comuni attraverso esperienze di sviluppo locale condivise ( alimentazione, energia, economia e finanza, cultura, ecc) , all’interno della rete globale della conoscenza e della solidarietà. Le attività qui proposte costituiscono lo sviluppo di lavori interdisciplinari ( con il DISAA, Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali, Unimi e il dipartimento ABC, Polimi) condotti all’interno dell’unità di ricerca TEPAC – Tecnologie e Progetto per l’Ambiente Costruito – negli ultimi anni. L’ obiettivo della proposta mira a condividere ed implementare metodologie e strumenti di supporto allo sviluppo di scenari di autosostenibilità locale all’interno di un network interfacoltà. Si intende con il termine autosostenibilità la condizione di chiusura dei cicli tecnici di energia e materia che caratterizzano le attività antropiche di un contesto definito come locale all’interno dello stesso ambito territoriale. L’ambito locale in coerenza con il paradigma bioregionale può variare dalla scala di quartiere fino all’ambito regionale. 2. Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Il metodo e gli strumenti che si vogliono condividere ed implementare all’interno delle attività previste, sono finalizzati all’orientamento e rimodulazione della domanda locale di energia e materia verso il potenziale rinnovabile locale. Tale attività è messa in pratica tramite l’analisi e archiviazione di buone pratiche reali e la mappatura di condizioni del contesto utili alla verifica della trasferibilità delle stesse nell’ambito locale. L’obiettivo del conseguimento di condizioni di sufficienza locale, consente di effettuare scelte integrate tra le differenti categorie di consumo che costituiscono i contributi maggiori in termini di impatti ambientali e di consumi energetici: alimentazione, abitazione, trasporti e servizi. 3. le potenzialità nel breve e nel lungo periodo I risultati attesi prevedono la costituzione di un portale interfacoltà che raccolga i risultati delle attività condotte (schedature delle buone pratiche, scenari applicati a casi studio di approfondimento, metodologie e strumenti di analisi) e la costituzione di una scuola estiva che costituisca un luogo reale di sperimentazione ed interazione interdisciplinare nell’ambito della didattica e della ricerca. 4. la capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU. L’approccio integrato orientato ad elaborare scenari di supporto a pratiche e processi di autosostenibilità allo stato attuale ha elaborato strumenti che interessano le categorie di consumo dell’abitazione e dell’alimentazione ed intende estendere la metodologia ad altre categorie di consumo quali i servizi e i trasporti, si apre pertanto al contributo di altri gruppi competenti nei specifici settori all’interno del dipartimento DAStU. | Tagged bioregione, autosostenibilità, sviluppo locale |

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132. Historic Urban Landscape: Changing Towards Sustainable Development in the Governance of World Heritage Cities Proponente: Laura Pierantoni, assegnista di ricerca DAStU/UNESCO Chair Mantova L’attualità e la rilevanza: Culture is a key dimension in the history of cities where the design of urban development strategies combines the aim to preserve the wealth of cultural heritage with the search for present-day progress. This is particularly true in the case of world heritage cities where the concept of cultural heritage has been explicitly associated with the improvement of local competitiveness, and with a model of economic development mainly based on cultural tourism and commercialization of culture. In this framework, the research aims at exploring: a) the relationship between local development strategies and UNESCO management plans. The importance of sharing common objectives (and actions) to achieve sustainable development; b) the possibility of governing cities through culture. What is the role of soft power in the governance of world heritage cities? Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca: The vast literature on this topic covers different fields of investigation that range from urban to economic, political, social and cultural studies. In this context cultural heritage becomes a strategic asset for the definition of policies and strategies of economic development, urban regeneration and social inclusion. A first aim of this research work is that of filling this gap in knowledge by reducing the field of investigation to a narrower unit of analysis, focusing on the central dimension leading the debate, i.e. the intersection of diverse areas of interest: 1) the relationship between culture and urban development; 2) management of world heritage cities; 3) sustainable development. Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo: The proposed research aims at setting the theoretical framework for the analysis of different cases of world heritage cities, observing how the integration, or conflict, of different strategies and policy tools, which are fostered from both local governments and international bodies (UNESCO, EU, etc.), can drive the city towards different sort of development. La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU: This research proposal intends to open a dialogue between DAStU and the Mantova Campus on issues concerned with planning and management of cities within the framework of the UNESCO chair program "Architectural Preservation and Planning in World Heritage Cities”. | Tagged world heritage city, sustainable development, planning |

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133. Borghi abbandonati: Strategie per la riattivazione il recupero e il ritorno dei borghi in dismissione Michela Bassanelli (dottoranda) Matteo Clementi (assegnista di ricerca) Roberta Cucca (ricercatore SPS/09) Elena Montanari (assegnista di ricerca) Gennaro Postiglione (professore associato ICAR/16) Rilevanza La ricerca è tesa allo sviluppo di indagini e rappresentazioni del fenomeno dell’abbandono dei borghi con l’obiettivo di offrire un ampio ventaglio di quadri conoscitivi e narrativi di varia natura e di diversa metodologia, indispensabili per qualsivoglia possibile strategia sostenibile di intervento. Attualità I “paesi fantasma” rappresentano il 72% di tutti i comuni italiani, uno spaccato d’Italia in cui vive circa un quinto della popolazione nazionale, più o meno dieci milioni di persone. Questi piccoli paesi rappresentano la memoria storica di un’Italia che ormai non c’è più. L’urbanizza-zione e lo sviluppo economico hanno fatto in modo che l’attenzione degli italiani si spostas-se sempre più nelle grandi città, abbandonando in una specie di dimenticatoio sociale un grandissimo numero di piccoli paesi, che sono rimasti per lo più abbandonati. Dei 5838 “paesi fantasma”, sono 2831 i comuni che rischiano di scomparire, veri e propri centri a rischio estinzione. Questi ultimi ricoprono una superficie di circa centomila chilometri quadrati. Il fenomeno interessa prevalentemente il Centro-Sud e le zone appenniniche. Innovazione Il progetto propone come obiettivo principale la realizzazione di uno studio e una ricerca sul campo, facendo propria l’idea di sostenibilità intesa come la capacità di incrementare e ottimizzare il rapporto nel contesto locale tra il valore, inteso come sommatoria degli impatti positivi degli interventi previsti (in termini di riconoscimento del patrimonio storico, funzionalità, estetica, tutela del paesaggio e dell’ambiente, priorità degli aspetti culturali, sociali ed economici indotti) e il loro costo globale, inteso come somma dei costi di realizzazione, manutenzione e gestione nel tempo, dismissione e recupero. Potenzialità transdisciplinari Il lavoro di ricerca non può che essere inter e trans-disciplinare, per la diversità delle questioni che affronta e che vengono coinvolte quando si intende ricostruire un quadro conoscitivo di un fenomeno così generale e così legato all’evoluzione socio-economica del nostro paese. Mappature in corso http://borghi-reloaded.polimi-cooperation.org/ http://www.abarchive.info/ Network http://retedelritorno.it/ http://www.borghiautenticiditalia.org/ | Tagged borghi abbandonati, Italia minore, riattivazione, riuso adattivo |

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134. Beyond the Memorial: Reweaving Connections between People Places Memories: Museography for Difficult Heritage Michela Bassanelli (dottoranda) Roberta Cucca (ricercatore SPS/09) Francesca Lanz (assegnista di ricerca) Gennaro Postiglione (professore associato ICAR/16) Alessandro Rocca (ricercatore ICAR/14) Rilevanza The work ensues from the assumption that identities are formed in interdependence between places and people(s). Places traditionally are the crucibles of people’s identity, the concrete background of people’s actions and life, the prerequisite of the creation of cultures, skills and economies. This is also true when dealing with Conflict Heritage, tangible and intangible memory wars and conflicts leave behind them. Attualità And what happens when the heritage and memory of colonialism, occupation, slavery, and the Holocaust bump up against one another within the public sphere in contemporary multicultural societies? In the aftermath of the cultural and colonial turns, the subject of heritage and memory of conflict has gained attention in the humanities. A clear case are the competing narratives and practices in dealing with the heritage of WWI and WWII, National Socialism, Communism and the Holocaust in Eastern and Western Europe, as well as the different cultures of remembrance in other conflicts across the world. The broad spectrum of museums and war memorials, rituals, theme parks, re-enactment, etc., play a prominent role in social memory and political debates as forms of representation that gradually change social orders, particularly in situations of conflict and accelerated transformation. Innovazione However, we believe Difficult Heritage has the potential to resonate beyond its local contexts and to work toward the construction of a collective identity on a European scale. On the strength of this account, the research has the will to investigate sustainable and innovative practices for reuse, valorisation and communication of the XX Century European Conflict Heritage. Potenzialità transdisciplinari The project provides improved knowledge and advancement in the state of the art of Cultural Heritage diversity in Europe. By establishing synergies between leading local, national and international scholars, the project wishes to bring together different theoretical, methodological, phenomenological and operative contributions on the interpretation, and value role of Conflict Heritage in our landscape as in our cityscape. Such synergies provide a framework to develop innovative research strategies based on the power of doing. Indeed, the main objective of our project is the reuse and reappropriation of difficult heritage through the reconciliation of people and their memories. This operation will support European policies to integrate the past in our daily life and encourage inter-generational exchange. Structure and network The research is structured as a Cluster with different topics that already had some activity performed: - Monumento e giardino: il futuro della memoria (referente Alessandro Rocca) - Re-enacting the past: museography for conflict heritage (referente Gennaro Postiglione) - Places, stories, people(s): reweaving Connections (referente Michela Bassanelli) The research group has an already rooted network that can be implemented to establish within DAStU an international and renown “Difficult Heritage Lab” able to compete and establish synergyies and cooperation with similar research and operative institution in Europe. M. Bassanelli, G. Postiglione (a cura di) (2013). Museography for Conflict Heritage. Siracusa: LetteraVentidue, ISBN: 9788862420648 M. Bassanelli, G. Postiglione (2012). Museografia per il paesaggio archeologico dei conflitti nel xx secolo in Europa. In: Marco Vaudetti; Valeria Minucciani; Simona Canepa. The Archaeological Musealization Multidisciplinary Intervention in Archaeological Sites for the Conservation, Communication and Culture. p. 188-197, TORINO:Allemandi, ISBN: 9788842221203 L. Consalez, A. Rocca (2013). Il giardino a crescita illimitata. Riflessioni e progetti per il giardino dei Giusti di Milano. Milano:Proedi, ISBN: 9788897350200 G. Postiglione (2012). The Atlantic Wall Linear Museum. In: Gennaro Postiglione. The Atlantic Wall Linear Museum. p. 1-488, Milano:DPA – Politecnico di Milano, ISBN: 9788895194349 M. Bassanelli, G. Postiglione (a cura di) (2011). The Archaeological Landscape of Conflicts. Siracusa:LetteraVentidue, ISBN: 9788862420419 A. Rocca (2012). Gariwo, il giardino a crescita illimitata. “Territorio” 63. ISSN: 1825-8689 G. Postiglione (2011). The MAK project: CAT Contemporary Art Tower. In: P. Noever. Art, not compromise. p. 116-119, Vienna:MAK-Vienna, ISBN: 9783900688981 | citizenship, Collective memories, exhibition design, garden, identities, lieux de mémoire, monument, museography, oral history |

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135. Insegnare paesaggi: Ricerca sull’insegnamento dell’architettura del paesaggio in Europa e nel mondo Alessandro Rocca (ricercatore – Icar 14) Rilevanza Negli ultimi decenni l’architettura del paesaggio si è proposta come uno degli ambiti più vivaci e dinamici, aprendo il proprio campo di studi e di azione progettuale a proficue interferenze con altri campi disciplinari, dall’ecologia alle arti visive. La tradizione italiana è stata filosofica (Rosario Assunto), storica (Emilio Sereni) e conservativa (Salvatore Settis), con la felice singolarità del paesaggismo elitario di Piero Porcinai, ma anche architettonica, grazie a esperienze importanti come quelle condotte da Archizoom e Superstudio, Ludovico Quaroni, Vittorio Gregotti, Franco Purini. Oggi l’architettura del paesaggio si pone come un ambito di studi sempre più richiesto, all’interno delle scuole di architettura, per l’accresciuta sensibilità culturale e sociale, nei confronti dello spazio pubblico e delle componenti naturali, e anche a causa di una probabile crescita di opportunità professionali e di posizioni disponibili all’interno della pubblica amministrazione. Attualità Ecologia, sostenibilità, consumo di suolo, riconversione e recupero dello spazio pubblico, sono tutti temi che richiedono all’architetto una preparazione anche sul fronte del progetto di suolo, con e senza impiego di materiali vegetali. Agronomi, botanici e pianificatori sono già attivi, in vario modo, su questo terreno, ma da architetti dobbiamo ritenere che sia la scuola di architettura a garantire la miglior formazione anche per questo tipo di progettazione che appartiene, per tradizione culturale e per bagaglio tecnico, al nostro campo d’azione. Internazionalizzazione Nel paesaggio, lo scambio con l’estero deve avere la massima intensità nelle due direzioni. Da una parte, abbiamo bisogno di conoscere e di confrontarci con istituzioni educative che praticano l’insegnamento di architettura del paesaggio da più tempo e in modo più strutturato; d’altra parte, come italiani siamo detentori di un paesaggio storico che per molti stranieri -– docenti e studenti – può costituire un motivo di interesse e di attrazione, e questa è un’opportunità che va senz’altro colta e sviluppata. Conferenza Per avviare una fase di potenziamento dell’insegnamento dell’architettura del paesaggio si propone di organizzare, come elemento portante di un’attività di ricerca applicata, una conferenza internazionale in cui si possano conoscere e discutere le diverse opzioni oggi attive nel panorama universitario internazionale, col duplice scopo di progettare la nostra offerta e di allacciare relazioni, scambi e programmi di ricerca congiunti con altre istituzioni. | Tagged paesaggio, formazione, internazionalizzazione |

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136. The Post-Optimal City Era: Una ecologia della forma metropolitana per la cultura dell’iden tità locale aperta alla globalità integrante o ospitale Proponenti Antonella Contin (Ricercatore Confermato), Alessandro Frigerio, Massimo della Rosa (Tutor) 1) l’attualità e la rilevanza La scala. La nostra domanda di ricerca riguarda la definizione di una globalizzazione cosmopolita, che non annulla i luoghi, anzi li rafforza elevandoli di scala: valorizza antiche posizioni e ne crea di nuove; altre le lascia decadere facendole rinascere come mediatori simbolici (sustainable heritage). Le nuove individualità urbane e architettoniche risultano così, da riletture legate alla loro posizione, ma capita ad una scala diversa. La nostra ricerca è basata sulle misure spazio-temporali del corpo umano, che abitano oggi mappe globali, e sul rapporto tra Misura e Scala ed ha come obiettivo la progettazione alla scala architettonica e urbana, di nuovi morfotipi urbani in grado di integrare o ospitare le nuove cittadinanze cosmopolite. 2) L’innovazione e la continuità dei relativi filoni di ricerca; Si tratta dello studio dei paradigmi di forma urbana in base ai processi di formazione/trasformazione e crescita della città, fino allo studio dei luoghi tra formale e informale delle metropoli contemporanee, in base ai caratteri geografici, secondo l’interpretazione storica e le sue varianti paradigmatiche nel corso del tempo storico. L’evoluzione di quelle dimensioni spaziali che Choay chiamava: spazio di contatto, di spettacolo, di circolazione e di connessione. Oggi spazio di flussi. Sperimentiamo un metodo di analisi che si rifà ad alcuni degli autori italiani che hanno codificato il metodo per l’esecuzione di operazioni di lettura morfo tipologica, per passare all’analisi della complessità introdotta dal salto di scala determinato dal passaggio dalla relazione della abitazione con il suo contesto prossimo, all’insediamento rispetto all’ambiente/spazio di paesaggio/dimensione metropolitana e che determina un up-grading del significato antropologico dei segni elementari. È una nuova direzione di studi storici per il progetto architettonico e urbano (discontinuità): il rapporto paradigmatico tra caratteri stilistici morfo-tipologici, gradi di scala urbana, modelli di regolazione della forma urbana o della sua articolazione interna per sostenere la grandezza raggiunta nella crescita. Critica ermeneutica dei mediatori simbolici dal passato alla costituzione di quelli del futuro: il passato del futuro. 3) Potenzialità a breve e lungo periodo L’oggetto del nostro studio, riguarda altresì il modo dell’adattarsi reciproco delle spazialità e delle pratiche formali e informali, per dare forma allo spazio di contatto o buffer zone che determina una architettura di boundary objects. E’ un progetto di architettura e disegno urbano (1kmx1km) inteso come: una mappa multi-scala, aperta allo spazio dei flussi, ma orientati alla scala 1:1 ed al culto dei caratteri topografici e storici della mappa locale. Questo studio ci permetterà di attivare Studi di progettazione architettonica e urbana e Mobile Workshop in diversi contesti italiani e internazionali, a diretto contatto con le Università e le Istituzioni pubbliche locali, che ci consentiranno un lavoro approfondito di conoscenza di casi studio di architettura metropolitana. Nel lungo periodo, questa conoscenza di luoghi e temi e le relazioni con Università e Istituzioni, ci permetterà di costituire una rete di città medie con le loro università, che attraverso i workshop mirati ad integrare le loro realtà locali alla scala metropolitana, potrebbero così svolgere una azione di advocacy presso i propri governi nazionali. Insieme alle realtà universitarie dei paesi in via di sviluppo sarebbe possibile sviluppare progetti rispondenti ai requisiti di finanziabilità degli organismi internazionali. 4) La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU. Il progetto si incardina all’interno degli studi metropolitani e presenta notevoli punti di contatto con le discipline storiche e sociali. Ci consente sinergie con i colleghi che si occupano di città in via di sviluppo soprattutto in realtà urbane Medio/Piccole e di territori dell’abbandono (valli del Mediterraneo). Ci consente una collaborazione con i colleghi che si occupano di Strategic Design. | Tagged Nuove Tipologie Architettoniche e Urbane Metropolitane, Formale/Informale, Significato Antropologico |

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137. Architettura di carta: Cultura architettonica e progettazione editoriale Alessandro Rocca (ricercatore – Icar 14) Rilevanza In architettura l’editoria riveste da sempre (almeno dai tempi di Vitruvio) un ruolo centrale. Per l’architettura, il libro non è solo uno dei classici strumenti di trasmissione del sapere ma può essere anche un’opera in sé che, per forza di espressione, gareggia con gli edifici costruiti. I libri di alcuni architetti, da Palladio a Le Corbusier, da Robert Venturi a Rem Koolhaas, sono diventati parte integrante e sostanziale della loro opera architettonica. Altrettanto importanti sono le riviste che in epoca moderna – “Casabella” e “Domus” nascono entrambe nel 1928 – diventano il maggiore veicolo di comunicazione di idee e di immagini di architettura. Attualità Oggi è esploso il fenomeno dei siti web di architettura che contano milioni di utenti e che diffondono in tempo reale, e a scala globale, le informazioni sugli edifici appena realizzati e anche su progetti appena disegnati. Un cambio di paradigma che invita a una riflessione sugli strumenti del comunicare e sulla mutazione che investe la scrittura, la fotografia e la rappresentazione grafica del progetto. In parallelo, fioriscono le fanzine e i libri autoprodotti: editoria e web sono sospinti su nuove rotte dal cambio di quadro economico, dal crescente desiderio di libertà e di autonomia da parte degli autori e dei produttori di contenuti, dalle tecnologie informatiche che hanno abbattuto i costi di produzione e hanno reso accessibili e utilizzabili da chiunque tecnologie di livello professionale. Potenzialità di ricerca applicata Le attività del Dastu e della Scuola di Architettura e società hanno una costante necessità di essere comunicate e valorizzate. Se la comunicazione via web è ormai articolata e consolidata sui tre canali ateneo – scuola – dipartimento, sul piano della produzione cartacea mancano documenti in grado di presentare le attività passate e in corso e di informare interlocutori esterni, ma anche interni, sui profili di dipartimento e scuola. La ricerca si può applicare a questo obiettivo portando alla produzione di documenti utili a rafforzare l’identità di dipartimento e scuola. Bibliografia Mario Carpo, The Alphabet and the Algorithm, MIT Press, 2011 Mario Carpo, Architecture in the Age of Printing, MIT Press, 2001 Beatriz Colomina, The Radical Architecture of Little Magazines, 196X to 197X, Actar, 2010 Alessandro Rocca, Psychoscape. Ossessioni e dettagli di un progetto editoriale – in: Oltre il giardino (atti del convegno IUAV “Dessiner sur l’herbe” 2006), Il Poligrafo, 2007 | Tagged editoria, scrittura, comunicazione |

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138. Strategie di Landscape Urbanism e rigenerazione ecologica nel paesaggio degli Appennini emiliani Autore: Antonia Chiesa 1) l’attualità e la rilevanza La ricerca intende approfondire temi di discussione internazionali di landscape urbanism e di rigenerazione ecologica nel contesto italiano del paesaggio agro-urbano dell’Appennino emiliano fra Parma e La Spezia. Come sollevato dalle stesse amministrazioni comunali e regionali, nonché dagli Enti territoriali locali, la cura, valorizzazione e re-interpretazione dei valori territoriali secondo strategie di rigenerazione ecologica e di ridisegno del paesaggio riveste un ruolo fondamentale nel combattere la tendenza all’abbandono di cui soffrono tali contesti. La scala e la gravità dei fenomeni naturali disastrosi hanno recentemente dimostrato la necessità di una gestione oculata del paesaggio, soprattutto nella dimensione geomorfologica, infrastrutturale, energetica, ambientale. Un particolare approfondimento di particolare attualità, riguarda lo studio della gestione delle acque in relazione al disegno dello spazio pubblico: rainwater, stormwater e groundwater management, wetland, waterfront e water/land regeneration, come selezionate esperienze internazionali dimostrano, sono opportunità di riscoperta di un modo dell’abitare sostenibile che intende paesaggio, landscape e territorio urbano come un’entità unica. Nell’ottica di un approccio ecosistemico, infatti, la tutela degli elementi naturali e di quelli culturali, nonché la gestione integrata delle loro interazioni, sono alla base di una riscoperta dell’immenso patrimonio ambientale appenninico quale risorsa fondamentale per i nodi urbani di Parma, Modena e Reggio. 2) il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca La ricerca prosegue il lavoro iniziato nel 2012 in collaborazione con le amministrazioni di Palanzano e Monchio delle Corti, con Enti territoriali e Consorzi, con l’amministrazione regionale, che ha portato ad una mappatura interpretativa e strategica del territorio delle Valli dei Cavalieri. Lo sviluppo della ricerca prevede un’approfondimento degli aspetti paesaggistici, mediante lettura, interpretazione e progetto dei caratteri metabolici del territorio. In particolare si prevede la sperimentazione e l’affinamento di strategie di adattamento del progetto a tempistiche e processi di metabolismo urbano secondo fasi di manutenzione, trasformazione, sostituzione; si intende inoltre studiare teorie e tecniche dei sistemi di considerazione, valutazione e certificazione della performance del paesaggio (Romani, McHarg, LPS/LAF), nonché riservare particolare attenzione al tema dell’energia quale produttrice di dinamiche sociali ed economiche interessanti. 3) le potenzialità nel breve e nel lungo periodo La ricerca si muove verso un’interpretazione critica dei temi specifici delle tradizioni anglosassoni di geografia urbana, rinnovando concettualmente e terminologicamente la ricerca sul paesaggio urbano secondo un approccio sensibile all’ecologia, alla geografia economica e dell’energia. Lo studio del paesaggio agro-urbano secondo le dinamiche dell’interrelazione fra elementi naturali e culturali rinforza il tentativo di una concezione integrale della città e del territorio quale opportunità di sviluppo sostenibile. Il disegno di strategie di rigenerazione ecologica e di rivalutazione del patrimonio ambientale si muove inoltre verso il potenziamento della resilienza ecologica del territorio e verso la promozione di metodologie e sperimentazioni in contesti affini a rischio di abbandono e potenzialmente rilevanti cosí frequenti nel territorio italiano. 4) la capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU La ricerca nasce nel Laboratorio Misura e Scala del DAStU, e si avvale della collaborazione con docenti e ricercatori della rete internazionale ad essa afferente. Si presta inoltre alla collaborazione con il Laboratorio di Cooperazione internazionale in riferimento alla discussione sui territori resilienti, nonché alla collaborazione e contributo interdipartimentale sui temi dell’energia, dell’ecologia, della gestione economica dei paesaggi produttivi, delle infrastrutture. | Tagged landscape urbanism, rigenerazione del territorio, waterscapes |

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139. Rigenerazione Urbana in Lombardia Proponenti: Andrea Arcidiacono (R), Antonella Bruzzese (R), Luca Gaeta (R), Laura Pogliani (R) Attualità e rilevanza La consapevolezza che sia necessario intervenire su parti di città, insediamenti e sistemi territoriali che attraversano una fase di declino in termini di funzioni, identità e qualità urbana si è diffusa nel dibattito e nell’agenda delle politiche pubbliche in parallelo coi processi di de-industrializzazione e trasformazione urbanistica. È soprattutto alla scala territoriale che acquistano senso le relazioni tra i sistemi coinvolti (ambientale, infrastrutturale, produttivo e urbano) dal fenomeno multiforme della dismissione. Caratteri di innovazione e continuità delle rispettive tradizioni di ricerca La ricerca si propone di fornire una conoscenza delle dimensioni sensibili della rigenerazione delle aree urbane attraverso alcuni casi recenti di riconversione in Lombardia e di riflettere su alcuni snodi per il suo trattamento in relazione alle nuove forme del dismesso che riguardano ormai tipologie funzionali articolate (non più solo le attività produttive e le aree demaniali, ma sempre più numerosi insediamenti terziari e commerciali) e i molteplici contesti territoriali interessati dal fenomeno. Potenzialità nel breve e lungo periodo Le diagnosi delle debolezze, incertezze e carenze degli strumenti (legislazione, piani e procedure), delle politiche (difficoltà nei rapporti interistituzionali nelle pratiche territoriali) e dei progetti (spesso poco attenti ai contesti e ad una effettiva valorizzazione di manufatti e preesistenze) sollecitano una profonda riflessione sulla revisione della “cassetta degli attrezzi”, ma anche un ripensamento concreto degli obiettivi di sviluppo urbano e territoriale. Questioni che intercettano i temi del rapporto negoziale pubblico privato, le ricadute pubbliche e i meccanismi della fiscalità locale, anche ai fini del contenimento di consumo di suolo. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca DAStU Le tematiche richiedono competenze molteplici e profili disciplinari integrati al fine di legare il lavoro di indagine sui caratteri territoriali della rigenerazione urbana alle diverse scale con gli aspetti di sostenibilità ambientale, economica e giuridica. | Tagged consumo di suolo, negoziazione, rigenerazione e riuso |

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140. Middle Cities: Urban Africa Maria Chiara Pastore Assegnista DAStU in collaborazione con Lab Coop Internazionale 1. ATTUALITA E RILEVANZA The global urban population is expected to increase from 3.6 billion (2011) to 6.3 billion by 2050. Africa and Asia will witness major changes in terms of national population growth, and in terms of density, heavily impacting upon the urban systems. Africa is one of the most dynamic continents and showing the highest population growth in the forthcoming years. From 1950 to 2010 it passed from 230 million inhabitants to 1 billion, and in 2050 population will double reaching 2 billion inhabitants. The continent in 2010 is still more rural than urban (40%), but this trend will change around 2030, when urban population will be around 50%. Africa will host mostly large cities, or city-regions. Only 4 cities will be over 10 million inhabitants (Luanda, Kinshasa, Lagos and Cairo, all of them part of the city-region system) while most of the booming cities will be of 1 to 5 million populations, scattered around the continent (from 47 cities in 2010 to 81 in 2025). The research wants to investigate the governance of these cities, in order to understand 1) The planning scenario of the future urban African development 2) Which are the institutions (public and private) that participate to the change 2. INNOVAZIONE Different planning tools will be taken into consideration in order to understand what are the leading markers of change within the contemporary sub Saharan cities. 3. POTENZIALITA BREVE E LUNGO PERIODO Possible outputs of the research include: 1) the creation of an implementing map that includes the different information about the cities 2) the creation of a network of the different local institutions. 3) Publication of academic articles about the topic 4. ATTIVARE O CONSOLIDARE TEMI E GRUPPI RICERCA NEL DASTU The research is highly interdisciplinary, hoping to work with other academic and other departments in order to deepen the research and increment the information regarding the various case studies, from the different perspective, planning, technology, energy, waste, water, transport, landscape, agriculture. | Tagged Africa, Urban Development, Governance |

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141. Pratiche sportive urbane e spazi pubblici Autore: Andrea Mariani (candidato PHD in Urban Planning, Design and Policy) Gli spazi pubblici, con strade e piazze costituiscono ormai globalmente luoghi idonei alle pratiche sportive urbane, denominate generalmente come action o urban sport (raggruppando in esse: skateboard, rollerblade, bmx, parkour, streetboard). Pur godendo ormai di riconoscimento ufficiale entro le federazioni sportive nazionali ed internazionali, tali discipline spesso passano ancora inosservate al pianificatore, che non coglie le molteplici potenzialità che possono rivestire nella progettazione della città e degli spazi urbani. Tuttavia, soprattutto a livello italiano e tranne casi singolari, emerge una carenza d’attenzione verso questo tipo di tematiche. Generalmente nel resto d’Europa vi è un’interessamento maggiore, tanto che in occasione dell’European Architecture Students Assembly 2012 di Helsinki è stato organizzato un workshop “DIY Concrete”, legato alla costruzione di strutture in cemento per la pratica sportiva. Pur essendo un tema recente e non avendo consolidate tradizioni di ricerca, la questione degli urban sport e della pianificazione sta conoscendo una graduale attenzione, nonché una maggiore produzione di materiale accademico a riguardo. Globalmente esistono una serie di esperienze che mostrano un fenomeno in costante crescita, profondamente legato allo sviluppo delle aree urbane, in grado di favorire riflessioni tanto sul breve quanto sul lungo periodo. Infatti, pur sembrando discostarsi dai classici temi di ricerca, la questione degli sport urbani, si rivela essere un fenomeno complesso, affrontabile con un taglio interdisciplinare. Esso implica una serie di tematiche, così sintetizzabili: -la pianificazione architettonica degli spazi in sé ed i possibili sviluppi progettuali, al fine di integrare al meglio aree apposite nel tessuto cittadino; -le politiche economiche e culturali che le amministrazioni ed i privati possono incentivare intorno a questi spazi, generando un indotto molto spesso trascurato; -le politiche sociali e della sicurezza urbana che possono essere legate alla costruzione o alla riqualificazione di nuovi spazi degli sport urbani. Tali luoghi, essendo capaci di attrarre notevole pubblico, appaiono difatti in grado di ridefinire quelle aree della città percepite dai cittadini come desolate e pericolose. Quindi, uno sviluppo di tale tematica sarebbe in grado di alimentare una serie di riflessioni da parte di professionalità diverse, contribuendo anche all’approfondimento di un argomento che inevitabilmente sta vivendo una crescita progressiva. | Tagged Politiche Sociali, spazi pubblici, Sport Urbani |

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142. Metropolitan Management & Architecture Proponenti Antonella Contin (Ricercatore Confermato) Antonia Chiesa, Michele Moreno (Polimi), Ed Wall (Greenwich University)_Docenti a Contratto Pedro Ortiz (Consultant WB),Grahame Shane (Columbia University), Nathalie Roseau (École des Ponts ParisTech in Paris)_ Visiting Professors Emanuele Torchiani, Alessandro Frigerio, Serena La Placa, Mirko Vescio, Massimo della Rosa (Tutors) Raffaele Pè, Paolo Patelli, Raana Saffari, Narghes Golkar, Arunjyoti Hazarika (Phd Students) 1) l’attualità e la rilevanza La scala. La nostra domanda di ricerca ha come orizzonte di riferimento l’estensione metropolitana soprattutto di città medie e piccole che stanno crescendo rapidamente, la sua gestione (metropolitan management), la sua dimensione architettonica (metropolitan architecture), le sue ecologie e i suoi paesaggi (metropolitan ecologies and landscapes). Riguarda la definizione di una globalizzazione cosmopolita, che non annulla i luoghi, anzi li rafforza elevandoli di scala: valorizza antiche posizioni e ne crea di nuove; altre le lascia decadere facendole rinascere come mediatori simbolici (sustainable heritage). Le nuove individualità urbane e architettoniche risultano così, da riletture legate alla loro posizione, ma capita appunto, ad una scala diversa. Rispetto al territorio Nazionale e Europeo, invece, crediamo che lo studio sperimentale relativo a realtà di città medie e piccole in paesi in via di sviluppo, avanzi in sinergia col progetto di ricerca svolto sul territorio italiano e in particolare quello di realtà medio piccole che per affrontare il fenomeno dello spopolamento devono ripensarsi ad una scala superiore rafforzando i valori dei propri contesti locali. I paesaggi. Abbiamo bisogno di costruire una coscienza neo-eco-pastorale del paesaggio, abbiamo bisogno della tecnologia che sostenga nuove attività e che le connetta con la rete delle città di del mondo, cambiando la nostra tradizione estetica legata al paesaggio pittoresco della valle in relazione alla nostra rinnovata consapevolezza ambientale. Le nuove tecnologie e lo spazio pubblico. Urban Design e Nuove tecnologie insieme permetteranno di definire una rete di percorsi attraverso cui ripensare lo spazio pubblico (agenda of public metropolitan space design). 2) L’innovazione e la continuità dei relativi filoni di ricerca Partendo dalla convinzione che la forma dello spazio architettonico e urbano, debba essere intesa come un fattore fondamentale che contribuisce a formare modelli di metabolismo urbano sostenibile, la nostra ricerca in città medie e piccole in crescita, mira a definire come bilanciare i fattori macro / micro-economici e la struttura spaziale delle città con i fattori culturali: la forma fisica della città costituita da aree residenziali, spazi pubblici e paesaggi. Gli obiettivi del percorso di ricerca sono lo sviluppo socio-economico dei territori, attraverso: operazioni di elevata qualità architettonica e urbana, effettuate all’interno del sistema metropolitano; la creazione di processi innovativi di integrazione attraverso la definizione di spazi pubblici; il rispetto degli standard qualitativi / quantitativi per un rilancio infrastrutturale, anche attraverso lo sviluppo di nuove fonti di energia rinnovabile e di trasporti intermodali, che cambieranno la forma e l’immagine degli insediamenti urbani. Discontinuità: Riteniamo che la disciplina architettonica e urbana italiana abbia bisogno di sentire fortemente una discontinuità con le esperienze disciplinari degli ultimi anni. La catastrofe morfologica che è in atto soprattutto nei paesi in forte crescita, rappresenta un elemento importante per inquadrare la problematica architettonica odierna, che riguarda: a) la definizione di landmark in relazione alle nuove tipologie metropolitane, che marcano, come picchetti, le nuove formazioni urbane diffuse legandole a territori urbani regionali e ne costituiscono i relais per l’interconnessione tra le scale; b) la definizione di nuove tipologie di insediamenti che comprendono difendendola l’agricoltura urbana c) la definizione di una immagine dell’architettura (dalla Città come Museo alla la Città delle Muse), che denotando la relazione tra reti, suoli e paesaggi, può diventare ancora identificatrice della identità metropolitana, ne definisce la nuova misura e la relazione tra i paesaggi naturali e i suoi paesaggi interni. 3) Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo Traduzione, Internationalizzazione, Nuove Technologie / Traduzione. Vogliamo proporre come percorso di ricerca un lavoro di traduzione. L’obiettivo è quello di arrivare a incontrare e tradurre l’esperienza di diverse discipline, che, integrandosi con la progettazione urbana e architettonica, possano concorrere ad una visione metropolitana, e alla realizzazione di metodi e strumenti per un’arte di costruire la metropoli. / Internazionalizzazione.Vogliamo proporre come percorso di ricerca un percorso internazionale. Ci rivolgiamo alla scena internazionale, perché ci permette di confrontare e di concentrarci sulla nostra identità, in modo contemporaneo. Il legame profondo tra la ricerca del nostro laboratrio e la didattica è per noi fondamentale. / Il ruolo delle Nuove Tecnologie. Vogliamo proporre come percorso di ricerca che vuole integrare le nuove tecnologie nella disciplina urbanistica e architettonica, sia nella fase di progettazione (Parametric Design), che in quella della fruizione dei nuovi spazi pubblici (ICT). 4) La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU. L’approccio a tematiche metropolitane ci ha consentito di collaborare con realtà diverse all’interno del nostro Ateneo e Scuola, consentendoci così di collaborare con colleghi del DASTU a progetti con Polisocial/Fondazione Politecnico, ASP, Scuola di Dottorato. Vorremmo poter condividere i contatti internazionali con i colleghi DAStU a partire da un progetto di Mobile Workshop. È un progetto di collaborazione con alcune Università di Paesi in via di sviluppo, per affrontare insieme un’analisi congiunta e proposte di progetto architettonico e urbano in città diverse per poter condividere le problematiche metropolitane attraverso una comparazione di temi/metodologie di intervento. Un Master di Metropolitan Management and Architecture, sarà il prossimo obiettivo. | Tagged Landscape Urbanism/Ecologie Metropolitane, Metropolitan Management, Nuove Tipologie Architettoniche Metropolitane |

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143. Fare urbanistica dopo la crescita: Un programma di riforma Arturo Lanzani, Chiara Merlini, Federico Zanfi L’attualità e la rilevanza Fare urbanistica dopo la crescita è una condizione originale e problematica che sembra emergere a valle di quel lungo ciclo di crescita edilizia che ha caratterizzato, con intensità diverse, le trasformazioni dal secondo dopoguerra sino all’avvio del XI secolo. Si tratta di un ciclo espansivo che oggi si interrompe per l’irrompere di una crisi economica strutturale, e che ci consegna un territorio pesantemente segnato, in cui l’erosione dello spazio aperto si accompagna alla presenza di enormi quantità di oggetti depositati al suolo sempre più difficilmente trattabili secondo le più usuali prospettive disciplinari. In questo nuovo quadro ci pare necessario attivare una riflessione orientata alla costruzione di scenari alternativi, che ragioni sia sulle criticità della urbanizzazione diffusa che ereditiamo, sia sulle possibilità di una riorganizzazione che tenga conto delle sue specificità insediative. Il carattere di innovazione e/o continuità delle rispettive tradizioni di ricerca La nuova condizione con cui siamo chiamati a confrontarci riteniamo vada avvicinata prendendo le distanze dai principali punti di vista attraverso cui il dibattito italiano sull’urbanizzazione diffusa si è articolato negli scorsi decenni: lontano dalle prospettive di contrasto ad una forma urbana ritenuta volgare e insostenibile, in difesa di un impraticabile “ritorno in città”; lontano da letture e progetti che hanno implicitamente proposto un’adesione poetica e acritica alla natura frattale, ibrida, individualista di tale città; lontano da ricerche in cui l’esigenza di cogliere segnali di mutamento ha spesso implicato un esaurirsi dell’azione nella descrizione stessa, entro quadri di giudizio sovente troppo vaghi. Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo Oggi, nel vuoto lasciato dal disinteresse delle istituzioni per il governo di questi territori e riflettendo sul mutare delle condizioni insediative e di produzione dello spazio, in cui alle ben note dinamiche di incrementalismo e mobilitazione individualistica, di sregolazione e di erosione dei beni collettivi sembrano più recentemente susseguirsi fenomeni di spreco, abbandono e introversione, ci sembra importante tentare di formulare un primo e parziale “programma di riforma”. In particolare ci sembrano emergere quattro strategie di carattere generale e trasversale, articolate a loro volta in una serie di mosse di natura più operativa, dedicate a specifici materiali urbani e ad aspetti specifici del fare urbanistica. In primo luogo una riflessione su modalità di azione non più additive, in cui si esplorino limiti e possibilità di interventi centrati sul riuso, sullo spostamento di volumi e sul ruolo strutturante dello spazio aperto. In secondo luogo un’ipotesi di reinfrasttrutturazione del territorio, in cui l’azione si concentri sulla gestione degli effetti di infrastrutture già realizzate e sulla promozione di modelli infrastrutturali alternativi, non necessariamente di iniziativa pubblica. In terzo luogo una riflessione sugli spazi di vita – dell’abitare, del tempo libero, del produrre e del commercio – che prefiguri una offerta più articolata, oltre i formati più comuni che hanno costituito i materiali minimi dell’urbanizzazione diffusa. In quarto luogo, una riflessione sull’azione pubblica e sul suo rapporto con l’iniziativa privata, in una prospettiva in cui consolidare forme di collaborazione e reciproca convenienza incentrate sul senso di responsabilità e sulla cura verso l’esistente. Si tratta di un programma di riforma che probabilmente non potrà incidere su tutto ciò che è stato prodotto nella stagione della crescita. L’urbanistica dovrà così misurarsi in futuro anche con lo scarto, la rovina, il rifiuto e con le nuove forme di convivenza che essi implicheranno. La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Il tema indicato ha già trovato alcuni prime occasioni di confronto seminariale all’interno del Dipartimento e incrocia altri programmi di ricerca che vedono un ampio coinvolgimento di ricercatori, dentro e fuori il Dastu, in particolare nell’ambito del Prin "RE-CYCLE. Nuovi cicli di vita per architetture e infrastrutture della città e del paesaggio", in cui l’unità milanese (coordinata da Ilaria Valente) si occuperà degli spazi produttivi. | Tagged città diffusa, urbanistica, crisi, sottoutilizzo, riuso |

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144. Fonti per la Storia dell’Architettura Francesco Repishti, professore associato, storia dell’architettura Premessa La proposta mira ad aumentare la visibilità del Dipartimento in ambito nazionale e internazionale e a proporre il Dipartimento come significativo referente per la ricerca storica, offrendo banche dati modificabili nel tempo per la Storia dell’Architettura milanese di Età moderna. Negli ultimi anni, le informazioni recuperate attraverso internet si sono sempre più rivelate uno strumento utile e affidabile per agevolare gli studiosi. Nel campo della ricerca storica la possibilità di mettere a disposizione della comunità scientifica un’ampia gamma di fonti di diverso tipo (archivistiche e documentarie, testuali, grafiche, iconografiche, etc.), con la costruzione di banche dati, costituisce non più solamente un aspetto importante per la divulgazione dei risultati di specifiche ricerche, ma anche un obiettivo in sé, peraltro in linea con il programma Horizon 2020. Nel quadro degli studi storico-architettonici la creazione di archivi o biblioteche virtuali, soprattutto tematici (si pensi al progetto Census, relativo alla tradizione dei modelli dall’Antico, oppure ad Architectura. Les Livres d’Architecture, sulla trattatistica), oltre a essere un’alternativa ai tradizionali metodi di divulgazione, che deve essere pensata e articolata in modo parallelo alla ricerca storica e scientifica, rappresenta anche uno strumento adattabile alle più diverse esigenze e garantisce al tempo stesso di raggiungere un grande numero di utenti, qualificando l’immagine dell’istituzione che ne cura la diffusione. Inoltre, tale elaborazione consente di sviluppare una collaborazione a più livelli sia in ambito accademico, sia con gli istituti di ricerca scientifica e di proporre il Dipartimento come centro di ricerca e punto di riferimento di livello internazionale. In questo momento all’interno del sito del DAStU potrebbero essere rese disponibili per una implementazione in itinere queste tre banche dati, che possono in parte strutturarsi su ricerche già svolte e avviare contestualmente nuovi studi: 1_Disegni di architettura L’esperienza maturata nell’avvio del Corpus dei disegni di architettura del Duomo di Milano (Politecnico di Milano e Fondazione Cariplo) e esperienze simili come il censimento curato da Luciano Patetta e Giovanni Parisi (ed. Guerini 1995) hanno mostrato come per lo studio e la valorizzazione dei disegni di architettura un catalogo on line possa costituire uno strumento adattabile a molteplici situazioni ed esigenze, e modificabile nel tempo. Questo inventario-catalogo permette di offrire le informazioni essenziali sui disegni e la loro collocazione e di radunare virtualmente collezioni altrimenti disperse in numerose istituzioni e spesso inaccessibili a causa della fragilità dei materiali. 2_Cartografia storica L’intensificarsi delle ricerche e degli studi, recentemente dedicati soprattutto alle personalità degli ingegneri militari impegnati nelle opere di fortificazione, ha messo in evidenza la necessità di un corpus che raccolga tutti i disegni di architettura militare del Milanesado di Età Moderna e in maniera analoga la cartografia storica di Milano e della Lombardia. L’idea di un immenso catalogo di tutti i disegni relativi alle difese della Lombardia spagnola e non solo, dispersi oggi in molte istituzioni diverse, sarebbe senza dubbio di grande utilità per gli studi, sebbene costituisca una ricerca che comporterebbe l’impiego di numerose forze per più anni che, grazie alle nuove possibilità offerte dagli strumenti informatici e dall’uso del web, potrebbe apparire invero quanto meno più vicina. 3_Architetti e ingegneri milanesi in Età Moderna Molti dei protagonisti minori dell’architettura milanese non sono citati nei più importanti dizionari biografici (come il Dizionario Biografico degli Italiani – DBI o l’Allgemeines Künstlerlexicon – AKL). Le possibilità offerte dagli strumenti informatici per la gestione e condivisione delle fonti possono essere particolarmente utili nel caso di grandi repertori di dati, come quello relativo agli ingegneri ducali e camerali dello Stato di Milano, attualmente edito in forma cartacea sotto forma di dizionario biografico (a cura di P. Bossi, S. Langé, F. Repishti, 2007). | Tagged architetti, architettura militare, banche dati, cartografia storica, disegni di architettura, dizionari biografici |

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145. Envisioning EUro-Mediterranean Borderscapes: Interplays of Actors, Networks and Landscape practices. Proposer: Alice Buoli (PhD student in “Governo e Progettazione del Territorio” – GPT). 1. Innovation and relevance A complex interplay of shifting borders and power relations, global / local actors and networks has historically involved and shaped the EUro-Mediterranean space: a key-scenario where EU/non-EU narratives have been continuously socio-spatially re-produced and re-negotiated, today even more clearly in the light of the current global financial crisis and political turmoil involving the region. The research aims to stress the relevance of everyday practices and geographies, social and political counter-claims, trans-scalar bordering processes and networks in the EUro-Mediterranean space, in order to envision new scenarios for border landscape design. The notion of “borderscape”, defined by Rajaram & Grundy Warr (2007) as a space that is represented, perceived and lived-in as a “fluid field of a multitude of political negotiations, claims, and counterclaims”; “zone of variated and differentiated encounters”; “as a way of thinking through, about, and of alternatives to dominant landscapes of power” will be mobilized from a theoretical / interpretative and design perspective. Borderscapes are here conceived as relational and social constructs and as fields of opportunities for re-thinking, re-designing and envisioning border landscapes, by assuming a multiplicity of visions and imaginaries and by opening un-explored spaces for individual and collective agency. A main case study (namely the Spanish-Moroccan border) will be empirically addressed, according to four analytical dimensions: physical, relational, narrative, visioning. A series of other borderscapes will be studied “in remote”, so as to observe and analyse the existing practices and processes of cross-boundary and transnational interaction across the two shores of the Mediterranean. 2. Innovation and / or continuity with research traditions From a theoretical perspective the research aims to implement a fruitful exchange between different bodies of knowledge (borderscape and border landscape theories; landscape protection and design practices; actor-network theories). Together with the empirical work, the mutual overlapping among these different conceptual perspectives and theories appears to be relevant and innovative, as a series of recent publications and international research have stressed (van Houtum & Heker 2013, Grichting 2011). This reciprocal articulation is meant to contribute to the international debate about “border-design” and “border-planning” mainly in relation to EU and non/EU interactions, at the external border of Europe: this activity can contribute to enhance, among the Department’s research topics, a stream which is still partially un-explored. 3. Short and long term potential. The research proposal, as part of the proser’s PhD thesis, has been developed so far thanks to the encounter and exchange with an international network of scholars and researchers involved into two FP 7 Projects: EUBORDERSCAPES (www.euborderscapes.eu) and EUBORDERREGIONS (www.euborderregions.eu). In particular, the research has been recently presented at the jointed conference “European Border Studies Conference Mapping Conceptual Change in Thinking European Borders” (3-5 July 2013) at University of Bergamo. Moreover, at different levels of interaction, the research is benefiting from the encounter with a variety of scholars, belonging to the following universities: Università degli Studi di Bergamo (Bergamo – IT); Geography Department, UAB (Barcelona – ES); Nijmegen Centre for Border Research, Radboud University (Nijmegen – ND); Border conditions research group, TU Delft (Delft – ND). The research has been, as well, revised by some members of the European Spatial Development Planning Network (http://esdp-network.eu)during a visiting period at the KU Leuven. A long-term perspective for the research proposal is, then, directly linked to the quality of the relations and networking activities that will be further implemented during the next months. 4. Ability to activate or strengthen DAStU research themes and groups The research could get along with and contribute to the tradition and scientific production of well-consolidated and “of excellence” research groups engaged with “landscape architecture” and “landscape design” inside our Schools and Department, contributing in broadening the debate, also from an international perspective and extending the existing networks. Core references • Grichting, A., 2011. From Crisis to Opportunity. The Healing Ecologies of the Cyprus Green Line. TOPOS – International Review of Landscape Architecture and

Urban Design 76, 18–23. • Latour, B., 2005. Reassembling the Social: An Introduction to Actor-Network-Theory. OUP Oxford. • Minghi, J.V., Rumley, D., 1991. The Geography of border landscapes. Taylor & Francis, London. • Rajaram, P.K., Grundy-Warr, C., 2007. Borderscapes: Hidden Geographies and Politics at Territory’s Edge. University of Minnesota Press, Minneapolis. • Schoonderbeek, M. (ed.), 2009. Border Conditions. Architectura & Natura Press, Amsterdam. • Van Houtum, H., Heker, M., 2013. Border Land. Atlas, essays and design. History and future of the border landscape. Blauwdruk, Wageningen. | Tagged Actor-Network nexus, Border-scapes & landscapes, EUro-Mediterranean space |

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146. Casa sociale a Milano Proponenti: Andrea Arcidiacono (R), Anna Delera (PA), Laura Pogliani (R) Attualità e rilevanza La congiuntura economica, la domanda estesa di qualità dell’abitare, i fabbisogni sociali diversificati e la drammaticità che il problema della casa ha assunto ormai anche per i “ceti medi” fanno emergere gli errori di politiche e di piani basati esclusivamente sul sostegno al libero mercato e alla casa in proprietà con pochi e sempre più sporadici interventi “paternalistici” di edilizia residenziale pubblica che oggi necessitano di importanti interventi di riqualificazione. Oggi l’urgenza di rispondere a una sempre più articolata domanda abitativa costituisce un punto centrale per le politiche urbane della casa in tutta Europa. A Milano il dibattito recente sul piano urbanistico è stata un’occasione per interrogarsi sulle risorse per la casa sociale, sulla sostenibilità economica dei progetti e sulle modalità di compartecipazione degli operatori privati e cooperativi nell’interazione con i soggetti pubblici. Caratteri di innovazione e continuità delle rispettive tradizioni di ricerca La ricerca si pone l’obiettivo di indagare due aspetti, anche quale riflessione sulle esperienze internazionali: 1. le politiche urbane costruite sulla base di piani, programmi, soggetti e risorse che favoriscono l’affitto a prezzi

calmierati e promuovono l’integrazione di spazi per la residenza a prezzi accessibili, di luoghi di socialità e di integrazione di funzioni e usi innovativi;

2. le forme praticabili per la riqualificazione di un patrimonio abitativo sociale obsoleto sia come occasioni per gli adeguamenti normativo e tipologico, funzionale ed energetico degli edifici, che per realizzare una maggiore integrazione con il disegno degli spazi aperti e le dotazioni di servizi urbani.

Potenzialità nel breve e lungo periodo Trattare il tema della casa sociale nel contesto milanese e nazionale secondo questi due aspetti intercetta un’istanza più generale di conoscenza delle politiche ma anche delle tecniche progettuali, tecnologiche ed economiche. Lo sviluppo della ricerca può rappresentare un punto di riferimento scientifico in grado di promuovere con continuità momenti di dibattito per consolidare il ruolo anche civile del DAStU e favorire l’attivazione di contratti di ricerca con soggetti pubblici e cooperativi. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca Dastu All’esplorazione del tema possono affiancarsi ambiti disciplinari diversi, attinenti alla pianificazione, alla progettazione architettonica, alla tecnologia, alle scienze economiche e estimative e alle scienze sociali. |Tagged abitare, politiche, riqualificazione |

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147. Osservatorio Abitare a Milano Proponente: Anna Delera Per quanto non si sia mai smesso di occuparsene, almeno da parte del mondo della ricerca, negli ultimi anni i temi dell’abitare e del progetto della residenza, anche per la drammaticità che il problema ha assunto a causa della pesante crisi economica in atto, sono tornati a interessare molti colleghi del dipartimento, ognuno per le proprie specificità disciplinari, riuscendo raramente a trovare momenti di sintesi complessiva in prodotti o in momenti pubblici di rilevanza quanto, piuttosto, in una molteplicità di iniziative difficili da seguire per le loro sovrapposizioni temporali che possono anche correre il rischio di apparire scollegate. Questa, almeno, è la sensazione che ho provato quest’anno seguendo il calendario degli eventi dipartimentali proposti settimanalmente. Anche nel merito delle dinamiche interne al tema dell’abitare nella nostra città molte sono le analisi, i contributi e le collaborazioni che il dipartimento, attraverso i suoi ricercatori, restituisce, ma manca una “regia” complessiva che rappresenti per l’esterno un punto di riferimento scientifico ampio, solido e in grado di affrontare le diverse sfaccettature che il tema presenta. Il nuovo dipartimento, per la storia che lo contraddistingue e per le competenze sull’argomento consolidate nel tempo dei suoi docenti vecchi e nuovi, potrebbe dotarsi di un osservatorio privilegiato sull’abitare a Milano con gli obiettivi di promuovere attività di collaborazioni tra i docenti per intraprendere percorsi di ricerca che sappiano essere interdisciplinari; costruire iniziative periodiche (annuali) di divulgazione e comunicazione sullo stato della ricerca svolta e in corso rivolte agli operatori del settore pubblici e privati; organizzare un archivio che, a partire dalle attività svolte, rappresenti il patrimonio degli studi e delle ricerche promossi sull’abitare a Milano. La proposta non è quella di individuare nuovi filoni di ricerca, quanto piuttosto quella di costruire momenti organizzati di confronto, di scambio e di sintesi capaci di presentarsi all’esterno con maggiore organicità e forza offrendo competenze multidisciplinari. | Tagged abitare, città, milano |

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148. Il sottosuolo delle città: Risorsa per la conoscenza e il progetto Proponente: Maria Antonietta Breda L’attualità e la rilevanza Luogo di straordinario polo di interesse fin dalle civiltà classiche, oggi ha perso il suo valore antropologico e l’interessarsi ad esso sembra un gesto di marginalizzazione. Tuttavia, fin dai primi decenni del XX secolo e tutt’oggi, in diverse nazioni d’Europa, Italia compresa, e nelle Americhe, alcune voci si sono espresse a favore dell’uso di questa risorsa. Hanno continuato e continuano a tenere viva l’attenzione e hanno lasciato progetti e realizzazioni strabilianti. Gli urbanisti hanno sviluppato nuovi modelli insediativi, promosso soluzioni innovative per la mobilità e per i servizi e pensato strategie e strumenti di gestione delle trasformazioni. Gli architetti hanno immaginato e creato spazi belli e funzionali, ricavandoli per sottrazione di materia, considerando indivisibili il sopra terra e il sotto terra e facendo dialogare opera e contesto. I tecnologi hanno sperimentato e scoperto metodi per migliorare prestazioni e confort. Tutti hanno ragionato immaginandosi lo sviluppo delle città in verticale verso l’alto e verso il basso. l carattere di innovazione/e o di continuità nelle rispettive tradizioni di ricerca Per le discipline urbanistiche e compositive si tratta di continuare, in stretto dialogo, questa tradizione di ricerca. Per le discipline storiche e il restauro, che fino ad oggi hanno rivolto l’attenzione a singoli episodi, senza considerare lo spazio ipogeo come stratificazione della memoria collettiva di fatti umani e naturali, è una straordinaria occasione di innovazione della ricerca. Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo La ricerca in questo ambito consente di cercare (nel breve periodo) e auspicabilmente trovare (nel lungo periodo come esito della ricerca stessa) risposte per i bisogni del vivere comunitario presente e futuro, avendo come obiettivi il risparmio delle risorse, la qualità degli spazi di vita, l’assumersi la responsabilità sui problemi ecologici. Il sottosuolo non è solo risorsa per il progetto del nuovo. È un luogo straordinariamente ricco di opportunità per mettere in evidenza una cultura poco nota e tuttavia radicata nell’istintualità umana e per farne tesoro. Nel breve periodo molteplici opere, espressioni delle civiltà che ci hanno preceduto, lontane e vicine temporalmente, attendono di essere conosciute e valorizzate oltre che recuperate e riutilizzate. Nel lungo periodo è uno straordinario luogo per conoscere e trasmettere al futuro le molteplici culture dell’abitare che si sono stratificate sotto. La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStu Molte discipline, che animano la ricerca all’interno del nostro Dipartimento (non solo quelle sopra citate) possono trovare in questa tematica ampio spazio di sviluppo del proprio sapere. La collaborazione è invece indispensabile per rispondere alle sfide che pone l’abitare con consapevolezza la terra. | Tagged città, cultura dell’abitare, sottosuolo |

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149. Mapping Sustainability: Informazioni localizzate per incrementare la qualità del progetto Valentina Dessì, ricercatrice confermata (valentina.dessì@polimi.it) Paolo Carli, assegnista di ricerca (paolo.carli) Matteo Clementi, assegnista di ricerca (matteo.clementi) 1. La proposta affronta problematiche legate al progetto di nuova residenza nel tessuto urbano esistente a partire dalla consapevolezza che pensare nuovi spazi per abitare rappresenti un’opportunità per migliorare sia la vivibilità che la vitalità nell’area e quindi nella città intera, rafforzando il concetto di città bene comune, dirimendo conflitti urbani, ottimizzando l’uso di risorse locali, aumentando la sostenibilità urbana. 2. La proposta s’inserisce nel tema della progettazione energeticamente e ambientalmente consapevole, nella convinzione che un’adeguata analisi dell’area di progetto e un’efficace rappresentazione localizzata dei dati possano fare emergere informazioni in grado di influenzare positivamente le scelte del progettista. Gli obiettivi mirano a individuare e calibrare sulla realtà milanese/lombarda/italiana un approccio, un metodo e un kit di strumenti che, basandosi su dimensionamenti e analisi rigorose, possa combinare indicazioni di tipo qualitativo e quantitativo sullo stesso supporto spaziale (GIS) mettendo a disposizione informazioni idonee a compiere una doppia lettura dei fattori che influenzano l’abitare sostenibile, sia per l’interno dell’edificio che per l’esterno. 3. Adottando questo punto di vista, ogni intervento sul nuovo o sull’esistente deve essere il risultato di un’adeguata analisi dell’area di progetto e di un’efficace rappresentazione localizzata dei dati che possano fare emergere informazioni in grado di influenzare positivamente le scelte di progetto. 4. La proposta muove attività pregresse dei proponenti nell’ambito degli aspetti energetici del progetto e di comfort degli spazi esterni (Confa, Agenzia di Ecologia Urbana di Barcellona, mappatura del potenziale rinnovabile tramite GIS, supporto alla progettazione Aler) e si apre all’apporto integrato di differenti unità di ricerca del DAStU, soprattutto per i fattori relativi all’ambito sociale, economico, civico, normativo e relativo alla rappresentazione. | Tagged Ambiente, città, Neighborhood planning, Sostenibilità |

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150. Scuole a Milano: Da istituto educativo a comunità educante. Proponente: Maria Beatrice Servi (assegnista di ricerca DASTU) La valorizzazione e la riqualificazione del patrimonio architettonico delle scuole milanesi nell’ottica di un nuovo modello relazionale intra ed extra scolastico. Il dato di partenza è noto: a fronte di una forte richiesta sociale di trasformazione delle scuole in centri culturali aperti al territorio, capaci di fare fronte alla profonda crisi economica, relazionale e culturale degli ultimi anni gli spazi scolastici non hanno subito significative evoluzioni. Dagli anni ’90 il termine ‘Città educante’ è entrato , a partire dalla Carta di Barcellona del 1990 (http://www.bcn.cat) , all’interno di programmi e progetti messi in campo da alcune amministrazioni pubbliche. Un esempio per tutti il progetto “Bologna-città educativa” che aveva come fondamento l’idea, innovativa per quei tempi, di una scuola non isolata dal proprio contesto territoriale. Le nuove linee guida pubblicate da Ministero hanno raccolto molto del dibattito teorico, inserendo anche elementi innovativi per il panorama italiano, ma solo per le nuove costruzioni. Milano ha un significativo patrimonio di edilizia scolastica, in gran parte storico, caratterizzato da un bassissimo livello di manutenzione, anche ordinaria, ma soprattutto da sotto utilizzazione degli spazi, rigidità funzionale e mancanza di relazioni continue e organizzate con i quartieri. La proposta ha come obiettivo finale non solo l’ottimizzazione delle risorse edilizie presenti sul territorio, ma l’istituzione di un nuovo modello relazionale tra spazi interni/esterni e loro utilizzo, al fine di fare emergere potenzialità e bisogni latenti da parte di un’ampia gamma di fruitori. La ricerca si innesta su una proposta avviata con Comune di Milano, riguardante la riqualificazione dell’ Istituto Manzoni in via Deledda e condotta all’interno del Laboratorio di Sintesi Finale della Scuola di Design del Politecnico e su un progetto di valorizzazione di spazi pubblici avviato con Polisocial. All’interno del Dastu la ricerca avrebbe modo di avviare un processo interdisciplinare (restauro, architettura degli interni, progettazione a scala urbana) in modo da innescare dinamiche tra utenze diversificate che investano in modo significativo il territorio di appartenenza. | Tagged Comune di Milano, Scuole, spazi pubblici, valorizzazione |

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151. Popolazioni urbane Proponente: Gabriele Pasqui 1) L’attualità e la rilevanza Pensare le popolazioni urbane (al plurale) significa interrogare le relazioni tra ordinamenti e strumenti di controllo spaziale e pratiche d’uso della città e del territorio. Sullo sfondo si colloca la disgiunzione radicale tra sovranità e territorio, che già Guido Martinotti, pur dentro un progetto di definizione di una nuova morfologia sociale della città contemporanea, riconosceva come un tratto essenziale dei problemi di governabilità delle città e dei territori. Il tema allude dunque all’irriducibile varietà delle pratiche d’uso da parte di popolazioni urbane che in modo temporaneo e intermittente condividono tali pratiche, generando geografie spazio-temporali peculiari a partire dai supporti entro cui transitano: materiali urbani, pieni e vuoti che offrono prese e fanno resistenza, luoghi e spazi. Le conseguenze per gli studi urbani e per la progettazione della città e del territorio sono molteplici. Innanzitutto, siamo chiamati a misurarci con lo scarto tra legittimazione politica, incarnata nella sovranità territoriale, e mobilità delle esperienze dell’abitare, del lavorare, del vivere. In secondo luogo, la varietà nel tempo e nell’intensità delle pratiche incarnate nelle popolazioni urbane scuote i meccanismi tradizionali di rappresentanza degli interessi, sovvertendo le forme usuali di riconoscimento dell’interesse generale. Infine, lo sguardo ravvicinato e fenomenologicamente atteggiato alle popolazioni urbane chiama ad una attenzione minuziosa alle politiche del quotidiani, riconquistando ai nostri saperi una sensibilità nei confronti dello spazio urbano vissuto. 2) Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca L’approfondimento di questo programma di ricerca analitico e descrittivo obbliga ad una riflessione radicale sul campo e sul design delle politiche urbane, lungo una linea “possibilista” e incrementalista di policy design che si declina intorno a diversi nodi critici. Innanzitutto, la necessità di costruire politiche fondate sulla permeabilità all’innovazione sociale, ossia sulla propensione a “fare spazio” alla capacità delle popolazioni urbane di produrre e riprodurre beni pubblici e beni comuni. In secondo luogo il radicamento nel quotidiano, ossia la capacità delle politiche di prestare attenzione non solo al disegno astratto della policy, ma anche alla diversificata famiglia di effetti (attesi e imprevedibili, reali e simbolici) che possono mutare il profilo delle pratiche quotidiane a cui le popolazioni urbane sono ancorate. In terzo luogo, la transcalarità, ossia la capacità di assumere le geometrie variabili delle pratiche vitali, immaginando dispositivi capaci di dar conto della pluri-apparteneza territoriale, che mette in scacco qualsiasi rappresentazione ordinaria del sistema locale dei servizi. In quarto luogo la sperimentazione, ossia la proposizione di politiche intese come forme di social inquiry, che siano in grado di generare conoscenze prodotte per via interattiva piuttosto che utilizzare conoscenze formali e astratte detenute dagli attori. 3) Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo Le potenzialità del tema proposto sono molteplici. E’ innanzitutto necessario consolidare una ricerca genealogica sull’emergenza del tema dentro diversi campi disciplinari a livello internazionale. E’ inoltre opportuno approfondire ancora i presupposti teorici e concettuali dell’approccio, anche a costo di abbandonare alcune concettualizzazioni preliminari (a partire dall’uso della nozione di popolazione). E’ in secondo luogo opportuno isolare meglio i fenomeni empirici che questo ambito di ricerca intende “costruire” e indagare, dando corpo ad una vera e propria batteria di strumenti di indagine empirica che siano adeguati da diversi punti di vista allo spirito del programma. Penso in particolare alla necessità di consolidare le conoscenze quantitative dei fenomeni, anche attraverso un ancoraggio forte a basi di dati inedite (si pensi all’uso dei telefoni cellulari come fonte di indagine del movimento), senza per questo rinunciare ad esplorazioni di natura qualitativa. E’ indispensabile in terzo luogo mettere a fuoco meglio i nessi tra fenomeni, concetti che li nominano, connotano e articolano e spiegazioni che attraverso l’indagine vengono fornite. Sarebbe cioè utile, nel medio periodo, assumere il programma di ricerca come un terreno di indagine progressiva, capace di accumulare risultati e di mettere a confronto casi e situazioni. 4) La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU. Il tema indicato è già oggi oggetto di una pluralità di ricerche e indagini teoriche ed empiriche dentro il Dipartimento: dalle ricerche sulla mobilità di Paola Pucci e Fabio Manfredini a quelle sui mutamenti della città contemporanea nei Prin coordinati da Alessandro Balducci; dalle ricerche sui tempi urbani rilanciate con il Consorzio MOTU a quelle sulle forme e pratiche d’uso quotidiano degli spazi. Il tema presenta dunque forti trasversalità, sia dal punto di vista disciplinare che sotto il profilo delle metodologie di ricerca. | Tagged innovazione sociale, popolazioni, pratiche |

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152. Dispositivi Proponente: Gabriele Pasqui 1) L’attualità e la rilevanza La parola dispositivo (in francese: dispositif) definisce una forma di manipolazione su forze od oggetti strategicamente iscritta in giochi di potere e legata a saperi che la influenzano e ne sono a loro volta influenzati. Si tratta di una definizione che si attaglia perfettamente ad un insieme di strumenti d’azione propri dell’urbanistica e più in generale del governo della città, del territorio e delle sue popolazioni: meccanismi di regolazione che definiscono diagrammi di potere (di inclusione/esclusione; di possibilità/impossibilità), intramati entro forme specifiche di sapere. Tali forme, a loro volta, sono prodotte dallo stesso dispositivo e sono incarnate in abiti di risposta da parte degli attori sociali. I dispositivi sono diversi e sorretti da specifici nessi di potere/sapere. Un regolamento edilizio; un’ordinanza che controlla orari e attività in una certa zona della città; un insieme di norme d’uso di un determinato spazio pubblico svolgono efficacemente il ruolo di dispositivi urbani, così come ovviamente fa un piano urbanistico. D’altra parte, dispositivo può anche tradurre la parola inglese tool. La letteratura sui policy tools (e poi sui planning tools) rappresenta un contributo importante nell’azione di smontaggio dei meccanismi di governo urbano e dei loro effetti. Quando osserviamo le pratiche urbanistiche possiamo dunque riconoscere una pluralità di policy tools, che con diverso grado di coerenza ed efficacia perseguono molteplici obiettivi: regolare, incentivare, coordinare, definire standard, costruire condizioni di capacitazione. 2) Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Questa prospettiva, che ha bisogno di essere esplorata analiticamente, presenta più di un motivo di interesse. Innanzitutto, consente di interrogarsi sui modi attraverso i quali una politica urbanistica funziona, e di dar conto della sua efficacia/inefficacia. In secondo luogo, permette di riconoscere come le pratiche di governo siano un campo assai complesso, irriducibile “al” piano e a sua volta intrecciato con altre pratiche di potere/sapere attive nel campo urbano. Infine, aiuta ad analizzare le relazioni tra regole (di vario genere) ed azioni. 3) Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo La prospettiva analitica qui presentata permette di riconoscere nei diversi strumenti messi in campo nelle pratiche di governo delle trasformazioni urbane (un piano generale, un piano di settore, un master plan, un progetto urbano di larga scala, un regolamento, una ordinanza, etc…) una pluralità di strumenti d’azione, tra loro più o meno debolmente coordinati. Le potenzialità di questa prospettiva stanno dunque nel riconoscimento dei meccanismi concreti attraverso i quali si condizionano e si rendono possibili azioni e comportamenti. 4) La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU. Il tema indicato si presta ad attraversare diversi ambiti di ricerca presenti nel Dipartimento, sia nel settore dell’urbanistica e della pianificazione spaziale, sia nei settori dell’urban design e delle politiche urbane. In questo senso la proposta indica una prospettiva di carattere trans-disciplinare, intorno alla quale è possibile costruire progetti e programmi di ricerca a scala nazionale e internazionale. | Tagged dispositivo, governo, policy tools |

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153. Il problema della corruzione nella pianificazione del territorio Proponenti: Stefano Moroni (DAStU, professore associato) Francesco Chiodelli (docente a contratto al Politecnico di Milano; ricercatore a contratto al Gran Sasso Science Institute) 1) L’attualità e la rilevanza Nel campo della teoria della pianificazione, i lavori che si occupano di corruzione in maniera approfondita e sistematica sono rari. Se ne potrebbe derivare l’idea che la corruzione non sia un fenomeno significativo nel campo della pianificazione; oppure che, anche se la corruzione è un fenomeno significativo nel campo della corruzione, non sia interessante studiarla dal punto di vista della teoria della pianificazione. Queste due idee sono però discutibili. Da un punto di vista empirico si può osservare che la corruzione nel campo della pianificazione spaziale è purtroppo un fenomeno rilevante in moltissimi paesi del mondo (Italia compresa). Da un punto di vista teorico si può osservare che certe caratteristiche di un sistema di pianificazione sono causalmente connesse alla corruzione, ad esempio perché aumentano le possibilità di compiere transazioni corrotte (costituiscono, cioè, incentivi alla corruzione); ne consegue che esiste un ampio spazio per un’attenta – ed indispensabile – riflessione critica. L’attualità e la rilevanza del tema sono testimoniate anche soltanto dalla frequenza con cui casi di corruzione legati al campo del governo del territorio (relativi ad esempio all’assegnazione e realizzazione di opere pubbliche o all’approvazione di documenti di pianificazione) sono protagonisti della cronaca quotidiana locale e nazionale. Si consideri che, in base alla ricerca di un autorevole istituto di ricerca internazionale, risulta quanto segue: nel 2010, in Italia, il 13% degli intervistati ha dichiarato di aver pagato una tangente nei dodici mesi precedenti, contro una media europea del 5% (in termini assoluti ciò equivale a 4,5 milioni di italiani coinvolti in transazioni corrotte; questo a fronte di solo 1.200 casi denunciati nello stesso anno). Si noti che il 20% di tutti coloro che nel 2010 hanno preso parte a transazioni corrotte dichiara di aver pagato una tangente in relazione a “servizi connessi al suolo”, e il 17% in relazione a “rilascio di permessi, autorizzazioni, registrazioni”. Si noti che la corruzione non è solo un male in sé, ma è anche causa di conseguenze collettivamente negative: diminuisce ad esempio la competizione tra imprenditori immobiliari e fa sì che la possibilità di costruire vada non ai migliori. In sintesi, il percorso di ricerca intende investigare i fenomeni di corruzione connessi al campo del governo del territorio. L’idea è che la teoria della pianificazione in primis (e, di conseguenza, la pratica della pianificazione) dovrebbe tenere in adeguato conto il problema della corruzione, non pensandolo come una questione accessoria e contingente, ma come un nodo costitutivo e imprescindibile di ogni credibile ed efficace teoria della pianificazione. 2) Il carattere di innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Il tema è piuttosto innovativo rispetto alla tradizioni di ricerca del dipartimento – e del panorama nazionale disciplinare più in generale. Per quanto sia stato oggetto di alcuni studi e iniziative (vedi Cabiddu, 2005), sembra utile e possibile approfondire e potenziare la ricerca sull’argomento. 3) Le potenzialità nel breve e nel lungo periodo Per i propri caratteri di innovazione, attualità, rilevanza (non soltanto disciplinare, ma, più in generale, “sociale”) il tema può dimostrarsi fertile e fecondo. Sul breve periodo, da questo percorso di ricerca possono nascere articoli scientifici da sottoporre all’attenzione di autorevoli riviste internazionali e convegni (attività nelle quali i proponenti sono già impegnati). Nel lungo periodo, il tema può essere oggetto di progetti di ricerca nazionali e internazionali, che coinvolgano anche istituzioni pubbliche. 4) La capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Il tema si presta a (anzi, richiede) una collaborazione interdisciplinare tra esperti di diversi settori (teorici della pianificazione, politologi, sociologi, giuristi…), motivo per il quale è possibile sia in grado di attivare collaborazioni ampie all’interno del DAStU. | Tagged corruzione, pianificazione, città |

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154. Strumenti innovativi e pratiche partecipative per la tutela e la valorizzazione del paesaggio urbano e dei beni culturali diffusi Camilla Casonato (dottore di ricerca) Rossella Salerno (professore I fascia) Nel panorama scientifico attuale, la tematica della tutela e valorizzazione dei beni culturali si intreccia con la ridefinizione della nozione di paesaggio e con filoni innovativi degli studi urbani, quali l’utilizzo delle ICT per la lettura e la rappresentazione della città e il potenziamento delle dinamiche partecipative nel governo del territorio. La tutela del paesaggio – così come inteso dalla European Landscape Convention – è in stretta relazione con la percezione delle popolazioni e con il patrimonio culturale che ne definisce l’identità e ne favorisce la qualità. La condivisione e la diffusione delle conoscenze, del resto, sono condizione indispensabile all’efficacia di ogni azione di tutela e premessa fondamentale per la promozione di un turismo culturale consapevole e di uno sviluppo sostenibile, in particolar modo quando ci si rivolge a paesaggi del quotidiano, al patrimonio diffuso o a beni culturali immateriali. Una particolare attenzione merita il coinvolgimento delle nuove generazioni, per il ruolo centrale che andranno ad assumere a garanzia della durata delle azioni di tutela e per le potenzialità che esse esprimono, in relazione all’uso delle nuove tecnologie come strumento di conoscenza, condivisione e partecipazione. Da tale quadro di riferimento prendono spunto interrogativi per i quali si vorrebbero individuare possibili risposte, muovendo dall’esperienza di ricerca maturata sui temi del paesaggio culturale, della rappresentazione della città, delle dinamiche partecipative in materia di tutela, avviando un’efficace collaborazione con settori di ricerca contigui, quali quelli delle politiche territoriali e dell’analisi urbana. I quesiti di ricerca che pertanto vengono a delinearsi sono i seguenti: • Quale ruolo possono svolgere le nuove tecnologie nel riconoscimento e nell’interpretazione dei valori del

paesaggio e nella tutela dei beni culturali? • In quali termini possono favorire la condivisione di conoscenze e decisioni? • È possibile combinare i vantaggi delle tecnologie avanzate e la valorizzazione dell’esperienza diretta dei luoghi,

delle conoscenze locali e delle opinioni dei singoli? | Tagged cultural heritage, ICT, participatory practices |

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155. Un Atlante dei Trasporti Italiani Proponente: Paolo Beria (ricercatore SECS-P/06 Economia applicata) & la sua band Contenuti Il settore dei trasporti in Italia è sostanzialmente ignoto nella sua interezza e complessità. Le statistiche ufficiali ci riportano (male) le quantità, ma non danno il quadro e la direzione del settore. Oggi nessuno sa veramente “dove vanno gli italiani”, né come o perché ci vanno: non esiste una vera fotografia e una chiara geografia dei flussi che interessano il nostro paese. Lo scopo della ricerca è la produzione di un “Atlante” dei trasporti in Italia, che raccolga le informazioni quantitative disponibili e le sintetizzi e rappresenti in maniera coerente. La forma è un libro costituito da sezioni tematiche modali e da sezioni “trasversali” (es.: mobilità nelle città, sicurezza, intermodalità, ecc.), tutte costituite da tavole e carte, rigorosamente basate su dati. A valle di ciò si completa il lavoro con tavole o testi interpretativi e di sintesi. Innovazione e potenzialità L’innovazione risiede nell’unicità di un prodotto di questo genere, in un campo in cui abbondano analisi e visioni parziali o, peggio, luoghi comuni basati sulla non conoscenza quantitativa del fenomeno. L’approccio sarebbe, per la maggior parte della ricerca, di tipo analitico-descrittivo, senza particolari caratteri innovativi sul fronte metodologico. La potenzialità di un prodotto di ricerca di questo tipo (libro + convegno + eventuali aggiornamenti periodici) è, per il dipartimento, triplice. In primo luogo, costruire un punto di riferimento per trasportisti e geografi italiani in un campo dove non esiste nulla di simile. Secondariamente, realizzare un prodotto facilmente presentabile anche all’esterno per la sua componente divulgativa. Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Terzo e non ultimo, la produzione di un atlante coinvolgerebbe ottimamente molte e diverse competenze del dipartimento: i “trasportisti”, i geografi, l’area della rappresentazione, i sociologi e, naturalmente, gli urbanisti. | Tagged atlante, geografia, trasporti |

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156. Iconic Paysage Matteo Poli, ricercatore confermato ICAR15 Iconic Paysage is a place universally considered relevant, whose significance is utterly and explicitly expressed in a universal image illustrating a present, structuring a past, or symbolizing a future environmental coexistence, that generates cultural, social, economic and political identities. At the same time Iconic Paysage is a lens to observe and understand the qualities of a territory in contemporary terms: an accumulation of images originating from beliefs, knowledge and desires, that have epic meaning and remarkable cultural and aesthetic dimensions. Like all landscapes, Iconic Paysage derivates from actions, albeit remotely operated; not a ploughing farmer or a field of grapevines, but a fuzzy layering of dense meanings lacking a precise scale, surviving through the upload of anonymous URLs, responsible for the precise expectations of all subsequent users. Iconic Paysage is an object of desire and possible contention, acquiring a value that exceeds its physical value and transforms into a symbolic asset; it summarizes terroir and ecology, marketing symbolic assets, from national pride to mass tourism therefore becoming pawn of international politics. In a gradual disappearance of expansive landscape the thickened place defined as Iconic Paysage is the only one that resists the process: symbolic, satellite mapped, loaded with meanings, although forced into a unique vision, it becomes the last frontier for the allure of Landscape. – Landscape perception and usage has been rapidly changing, as many other fields, with the enormous accessibility of images and expectations connected to each photo posted online. Many, if not all, applications for smart devices need to localize users on the ground, giving landscape a new value, both as media or as message. Iconic Paysage is a research started in 2010, that generate from a long history of researches on landscape and its uses done in ALAD by prof. Maurizio Vogliazzo, prof.Remo Dorigati and prof.Raffaello Cecchi interwoven with themes related to Multiplicity and prof.Stefano Boeri. A deep understanding of landscape current meaning and perception can lead to interesting collaborations with applications developers and online companies; within the DASTU there could be a wide range of young researcher that can collaborate and implement with their background the research. | Tagged business, landscape, media, perception, web |

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157. Gordon Craig Pierluigi Salvadeo (ricercatore icar 16) la ricerca La ricerca è di tipo storico e si propone di analizzare il lavoro di Gordon Craig (1872 – 1966): attore, scenografo, regista, critico teatrale e teorico. In particolare verranno analizzati alcuni disegni dell’Archivio Contemporaneo “Alessandro Bonsanti” di Firenze, sviluppati da Craig intorno al 1907: i cosiddetti The Screens e The Steps. il carattere innovativo della ricerca La finalità di questo lavoro è quella di approfondire la conoscenza del lavoro di Gordon Craig, il cui insegnamento presenta caratteri di assoluta attualità. Basti citare i Drammi del Silenzio:drammaturgie spaziali alla stregua delle più contemporanee ricerche teatrali e cinematografiche, alla Ronconi e alla Wim Wenders. I disegni di Craig saranno restituiti dal punto di vista spaziale, costruendo modelli in scala mai realizzati prima. coinvolgimento di altri gruppi di ricerca del DAStU Per costruire i modelli in scala, ogni disegno sarà sottoposto alla ricostruzione delle misure reali della scenografia rappresentata, attraverso un processo scientifico a ritroso, che dalla prospettiva torni alle linee di costruzione prospettica nascoste. Per questo lavoro potranno essere coinvolti ricercatori del DAStU esperti nelle discipline del disegno. Per quanto riguarda invece le fasi di studio degli aspetti storici intorno alla figura di Gordon Craig potranno essere coinvolti ricercatori del DAStU di specifica formazione storica. tempi della ricerca Da ultimo segnalo che la ricerca inizierà durante il prossimo mese di settembre, avendo io già preso i contatti con l’archivio di Firenze, e avendo in questi giorni ottenuto il permesso da parte degli eredi di Gordon Craig ora residenti a Londra, di analizzare ed eventualmente riprodurre i disegni del maestro. E’ mia intenzione coinvolgere nelle fasi più interessanti del lavoro gli studenti del mio corso di Scenografia e Spazi della Rappresentazione dell’A.A. 2013/14. Sono previste una pubblicazione e una mostra. [tags: Scenografia, Drammaturgia, Gordon Craig]

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158. Sequenze di Interni Pierluigi Salvadeo (ricercatore icar 16) quesiti di ricerca Possiamo affermare che la città odierna si viva come un’ampia sequenza di interni ? …e se così, quali sono i nuovi codici dell’architetto progettista ? Su questi quesiti vuole indagare la ricerca. attualità e rilevanza dei quesiti Oggi la città non è più descrivibile soltanto secondo le classiche categorie morfologiche, materiche, distributive e dei servizi. E’ infatti evidente una nuova condizione urbana, eterogenea, trasversale, multidisciplinare, dispersa, introflessa e anche immateriale, alla quale corrispondono usi specialistici, qualità microclimatiche, sistemi percettivi, reti di informazioni, piattaforme comunicative, ecc. dimensioni tutte contenute nell’architettura, ma che fino ad oggi non hanno fatto parte dei codici dell’architetto. In queste diverse condizioni, l’architettura di interni acquista una nuova specificità disciplinare che la coinvolge nei processi di crescita della città. possibile attivazione di gruppi di ricerca nel DAStU La ricerca affronta il tema della contaminazione tra le discipline che studiano la città e quelle che indagano sulla qualità dell’abitare. E’ per questo motivo che il DAStU potrebbe essere il luogo adatto per affrontare con ampiezza e trasversalità le questioni poste. percorsi di ricerca La ricerca si svilupperà per avanzamenti successivi, ognuno dei quali caratterizzato da una diversa modalità di studio, cercando in questo modo di rispondere ai quesiti posti nel modo più aperto e innovativo possibile: studio di testi / dibattiti / conferenze / workshop / viaggi studio / ecc. L’utilizzo delle varie forme di approfondimento citate aprirà la ricerca alla didattica. [tags: Interno, Citta’, Contaminazione]

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159. Progettare i tessuti urbani Paolo Galuzzi/ricercatore ICAR 21, Piergiorgio Vitillo/ricercatore ICAR 21 (Lab_urb) 1) Attualità e rilevanza Un buon impianto urbano è in grado di resistere al tempo e alle modificazioni che lo attraversano (funzionali, tipologiche, morfologiche): alcuni tessuti urbani ereditati dalla storia ne sono esempi emblematici e rappresentativi, in Europa e in Italia: l’Amsterdam di Berlage e la Barcellona di Cerdà, ma anche la città berutiana a Milano e quella murattiana a Bari. Il progetto dei tessuti urbani contemporanei – insieme di cura, riqualificazione, rigenerazione, a partire dalla propria storia - è la sfida che la città europea contemporanea deve traguardare per un futuro possibile: lo sviluppo non sarà più crescita fisica, ma riuso, riciclo e rinnovo del capitale fisso sociale delle nostre reti urbane; la ricerca (Horizon 2020) e le politiche urbane europee integrate (sociali, economiche, urbane), anche attraverso programmi area based, vanno inevitabilmente in questa direzione. 2) Carattere d’innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca La ricerca prende le mosse dalla volontà di agire su un triplice duplice binario: da un lato, sulle modalità regolative di tradizione che hanno caratterizzato il governo della città esistente, riformandole per renderle più aderenti ai caratteri dei luoghi, maggiormente selettive (funzionalmente e morfologicamente) e al contempo inclusive delle trasformazioni sociali ed economiche che caratterizzano la città contemporanea. Dall’altro lato, affiancando le tradizionali forme di regolazione (seppure riformate), con dispositivi progettuali (masterplan, codici, guide urbane, ecc.), in grado di tenere assieme le differenti dimensioni (infrastrutturali, ambientali, insediative), che caratterizzano il progetto urbano, con una nuova sensibilità alla fattibilità attuativa e alla dimensione della cura (processuale e gestionale) della rigenerazione urbana. Individuando infine, in forma esplorativa e sperimentale, soluzioni di urban design per contesti di trasformazione/rigenerazione, che, a partire dal disegno dello spazio aperto sperimentino morfologie urbane resilienti per il futuro della città contemporanea. 3) Potenzialità nel breve e nel lungo periodo Il Lab_urb (Federico Oliva, Paolo Galuzzi, Piergiorgio Vitillo), integrando ricerca, didattica, esperienze progettuali in differenti realtà urbane, ha negli ultimi anni indagato i luoghi (isolati, quartieri, pezzi di città), a partire dai casi di Milano e Roma, che hanno espresso caratteri di resilienza, suggerendone nuove forme di regolazione e al contempo di progetto. L’obiettivo è allargare e arricchire il campo della ricerca incentrata sul progetto, la cura e la rigenerazione della città europea contemporanea, attraverso il confronto con altre Scuole, tra diversi contesi europei, in collaborazione con le Istituzioni e gli Enti territoriali. 4) Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU La città esistente è il luogo privilegiato in cui s’incontrano l’insieme delle molteplici politiche urbane; le differenti discipline di progetto e gli studi urbani che caratterizzano il DAStU possono da questo punto di vista trovare una costruttiva e fertile integrazione. [Tags, tessuti urbani, resilienza, rigenerazione, urban design]

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160. Serve ancora il piano? Federico Oliva/ordinario ICAR21, Paolo Galuzzi/ricercatore ICAR 21, Piergiorgio Vitillo/ricercatore ICAR 21, Elena Solero/docente a contratto (Lab_urb) 1) Attualità e rilevanza Confrontandosi con le migliori esperienze di governo delle città europee, diversi piani italiani recenti hanno affrontato pragmaticamente i due aspetti maggiormente critici dei piani di tradizione nel nostro Paese: l’efficacia delle previsioni e il rapporto fra le trasformazioni della città e il tempo. In che modo? Separando le differenti dimensioni che nella prassi ordinaria della pianificazione si sono appiattite e ancorate al “tempo presente” (irrimediabilmente chiuso a quello passato e soprattutto a quello futuro): una dimensione strutturale (essenziale, strategica, programmatica); una dimensione operativa (il quadro di riferimento e la selezione delle trasformazioni da promuovere); una dimensione regolativa (della città e dei catasti esistenti). L’obiettivo è promuovere dispositivi e modalità di governo efficaci ma soprattutto utili alle collettività e ai territori; restituendo credibilità, senso e valori al “metodo della pianificazione”, fornendo risposte praticabili agli aspetti critici del piano di tradizione (onnicomprensività, rigidità, inefficacia). 2) Carattere d’innovazione e/o di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca La ricerca s’inserisce nella tradizione di ricerca dell’urbanistica riformista, aggiornandola con i temi e le problematiche che caratterizzano la città contemporanea: la nuova dimensione territoriale, l’infrastrutturazione, l'inclusione sociale, l’ambiente e gli spazi aperti. Le nuove forme del piano si aprono inoltre naturalmente alla dimensione programmatica e processuale del governo urbano, confrontandosi in particolare con le risorse reali (pubbliche e private) a disposizione della trasformazione e della rigenerazione della città e dei territori, in relazione con l’attuale scenario di crisi del mercato urbano e immobiliare. 3) Potenzialità nel breve e nel lungo periodo Il Lab_urb (Federico Oliva, Paolo Galuzzi, Piergiorgio Vitillo), integrando ricerca, didattica, esperienze di progetto in diversi realtà urbane (Roma, Milano, Reggio Emilia, Ivrea), ha negli ultimi anni sperimentato le differenti dimensioni del piano, utilizzando dispositivi, forme e meccanismi di governo calibrate e misurate di volta in volta con i contesti e le specificità locali. L’obiettivo è quello allargare e arricchire il campo della ricerca incentrato sulla riforma del piano, attraverso il confronto con altre Scuole, ma soprattutto con altre buone pratiche europee, anche in collaborazione con le Istituzioni e gli Enti territoriali. 4) Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU Il governo della città e dei territori non si esaurisce certamente con il piano, è fatto di dispositivi, progetti, politiche, fra loro necessariamente correlate; le differenti discipline che caratterizzano il DAStU possono trovano in questo campo di pratiche e sperimentazioni una consapevole e costruttiva integrazione. [Tags, dispositivi per il governo della città, strategici, strutturali, operativi, regolativi]

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161. Alle origini della Ricostruzione di Milano. Distruzioni belliche, piano, tutela mancata Gianfranco Pertot (professore associato ICAR19) 1) Attualità e rilevanza La ricerca segue l’identificazione e la riunificazione, da poco avvenuta, dei materiali del cosiddetto “Censimento Urbanistico” condotto dal Comune di Milano nel 1946 per preparare il materiale conoscitivo utile alla redazione del nuovo piano regolatore cittadino, adottato nel 1948 ma entrato effettivamente in vigore, come è noto, solo nel 1953. Nell’insieme restituiscono quantitativamente e qualitativamente il quadro delle distruzioni belliche e dell’intero patrimonio edificato, edificio per edificio, e permettono una valutazione dell’effettiva incidenza della ricostruzione sul tessuto cittadino, edificato e non, in generale, e sul patrimonio storico in particolare. A pochi mesi dall’entrata in vigore del PGT e a breve distanza dall’evento Expo, la “Milano 1946” restituita dalle mappe e dalle descrizioni delle circa 3000 schede del Censimento, costituisce un quadro di confronto che permette e permetterà nuove valutazioni del processo di trasformazione urbana che, innescato rapidamente dall’urgenza di porre rimedio alle devastazioni della guerra, ha poi tracciato le traiettorie di ben più ampie (e devastanti) trasformazioni. 2) Carattere di innovazione e di continuità delle rispettive tradizioni di ricerca Il carattere di innovazione della ricerca consiste, oltre che nello studio e nella presentazione di fonti archivistiche finora non oggetto di approfondimenti, nella possibilità di considerare con completezza l’effettiva incidenza sulla città tanto dei bombardamenti quanto della ricostruzione. Cogliendo da un lato i nessi di causa-effetto correlati alla apparente consequenzialità “distruzione, ergo: ricostruzione”, ma anche apprezzando l’inesistenza di tale nesso laddove in molti casi l’emergenza ha portato ad agire con le logiche e gli interessi della ricostruzione anche su manufatti e contesti sostanzialmente rimasti intatti. Da altri lati lo studio del lavoro compiuto dalle Commissioni che compirono il Censimento e di quelle che operarono per la redazione del PRG, di concerto con gli organi di tutela, consente di cogliere le ragioni prime di questi processi. Restauro, storia del restauro, studio delle fonti e storia dell’urbanistica, concorrono a delineare un quadro della tutela mancata della Milano del dopoguerra, e di precisarne luoghi, protagonisti, numeri, ponendo le basi per nuovi studi nell’ambito della tradizione di ricerca del settore ICAR 19. 3) Potenzialità nel breve e nel lungo periodo; La parte della ricerca finora condotto è confluita in una pubblicazione già in corso di stampa, mentre si sta preparando l’organizzazione delle schede del Censimento Urbanistico in banca dati. Nel lungo periodo consentirà approfondimenti multidisciplinari sia nell’ambito delle discipline politecniche che in un campo più ampio. 4) Capacità di attivare o consolidare temi e gruppi di ricerca nel DAStU. Attualmente è già in corso una collaborazione con Paolo Bossi e con il gruppo di lavoro che si occupa della conservazione e dello studio dei materiali dell’Archivio Bottoni. Per la realizzazione della banca dati, in convenzione non onerosa con il Comune di Milano, è prevista la sinergia con personale già operante all’interno del Dipartimento. Sui temi della ricerca è ovviamente prevedibile una convergenza anche dei colleghi del settore disciplinare ICAR 19 già impegnati nel PRIN 2007 dedicato a “Guerra-monumenti-ricostruzione”. [TAGS Tutela, Ricostruzione, Milano]