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Anno 1, numero 2 15 dicembre 2014 Caporedattore: Angela Forti

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Anno 0, numero 1

10 novembre 2014

Caporedattore:

Angela Forti

Anno 1, numero 2

15 dicembre 2014

Caporedattore:

Angela Forti

15 dicembre 2014

Caro Babbo Natale

Di Linda Veo, pag. 2

一年在中国

Un anno di scuola in Cina Di Francesca Pesciallo, pag. 3

La Katana: un’arma, un simbolo

Di Steven Salamone, pag. 4

Occhi diversi per guardare il mondo

di Angela Forti, pag. 5

Dante Alighieri e la Divina Commedia nell’epoca moderna: da Marcello Toninelli a Go Nagai, da Gustave Dorè a Paolo Barbieri di Laura Bellettini, pag. 7

The Shining: l’importanza dei fotogrammi

di Claudio Benedetto Maggi, pag. 8

Nulla è reale…

di Davide Paturzo, pag. 8

Diofanto non è una parolaccia

di Simone Romeni, pagina 9

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Caro Babbo Natale,

fammi tornare ad Itaca.

Mi hanno detto che viaggi più veloce di Hermes, la tua casa è laggiù deve il mondo gira prima

di cadere, vero?

Navigavo, sai, poi ho incontrato le sirene, la mia mente si è confusa.

Ho cominciato a girare e girare: sono finito nel nulla, in un sogno conteso. Mi sono incagliato

in un pezzo di deserto che odorava di torta alla cannella, cominciavo quasi a rallegrarmi:

vedevo il mare, sentivo il profumo delle mille primavere che avevo impacchettato per la mia-

Penelope, vedevo Lestrigoni e Ciclopi preparare focaccette per Nettuno. Non potevo muover-

mi ma la mia anima iniziava a riordinare le cose.

Improvvisamente sono arrivati gli occhi.

Il cielo si è riempito di occhi: occhi che piangevano, occhi che non volevano, occhi che mi

fissavano.

Poi le bocche. Il mare si è riempito di bocche: bocche che si contorcevano, bocche che vomita-

vano, che urlavano. Bocche che mi chiamavano.

Tanti piedini. Il deserto si è riempito di piedini, quei piedini tagliati, sospesi, ignorati, quel tip

tap di ossa affogate, tagliate, picchiate. Quel terribile odore di sangue, quel sole freddo che non

mi riscaldava, quel silenzio afoso che mi soffocava.

Ed ho avuto paura, tanta paura.

Fammi tornare ad Itaca, ti prego.

Toglimi la paura, regalami l'oblio, disseta la mia speranza.

You may say I'm a dreamer e poichè “ogni inizio è solo un seguito”, alzo gli occhi al cielo e

comincio a volare.

Ulisse

Di Linda Veo, III C

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CAFFÈ PACINOTTI

Se dovessi fare il riassunto di tutta la mia esperienza

in Cina comincerei sicuramente dicendo che è volata

via in un batter d'occhio: i 10 mesi, che all'inizio

sembravano interminabili, sono trascorsi alla velocità

della luce. Nessun giorno era simile a quello prece-

dente, le novità , belle o brutte, non mancavano mai,

ogni piccola cosa era una grande scoperta ed io non

mi sono mai annoiata.

Tutto è cominciato ad agosto dell'anno 2013 e se vi

dicessi che all'inizio era tutto bello e divertente, men-

tirei. Il primo periodo è stato il più brutto è ango-

sciante della mia vita, l'ostacolo più difficile da supe-

rare perché la tentazione di dire "basta, io torno a

casa" era forte. Abituarsi a una vita così diversa, lon-

tano dalle persone che ami e diventare parte di un'al-

tra famiglia non è facile, soprattutto se la cultura che

ti circonda non assomiglia in nulla a quella in cui hai

vissuto per 17 anni. Il mio arrivo a Canton è stato

traumatico: dopo 12 ore di volo da Roma a Pechino e

21 ore di treno da Pechino per raggiungere la desti-

nazione finale, scoprire di non avere i materassi per

dormire e di doversi pulire la stanza dai topi è stato

alquanto demoralizzante. Ma in Cina le scuole sono

tutte così, gli studenti vivono a scuola in questi dor-

mitori che noi definiremmo topaie, ed io come loro,

per dieci mesi, 5 giorni alla settimana ho vissuto lì.

Nel weekend e durante i giorni di festa stavo con la

mia famiglia cinese: a casa la situazione era diversa,

avevo una camera tutta mia, un bel letto e soprattutto

la casa era pulita. Con il tempo tutto è andato miglio-

rando, mi sono abituata alle differenze e alla distanza

dalla mia famiglia, ho cominciato a comprendere il

cinese e ho imparato a girare per la città di Guangz-

hou (Canton), abitata da 12 milioni di persone e con

10 diverse linee di metropolitana, una bella differen-

za dalla piccola cittadina a qui ero abituata. All'inizio

la moltitudine di gente era molto fastidiosa, la confu-

sione era in ogni luogo e a tutte le ore del giorno, su

autobus e metropolitana la gente viaggiava ammassa-

ta come animali. In Cina la gente si scontra e nem-

meno si guarda in faccia, per noi è maleducazione

ma per loro è normalità, se dovessero chiedere scusa

tutte le volte che si scontrano a fine giornata non

avrebbero più voce. Per non parlare del traffico auto-

mobilistico, qualcosa di inimmaginabile anche per un

napoletano. Mi è capitato più di una volta di fare un

viaggio in macchina che a causa del traffico è durato

15 ore.

In un primo momento ho notato solo gli aspetti più

negativi di quel paese, poi con il passare delle setti-

mane ho iniziato a scoprire ed apprezzare gli aspetti

più positivi, come ad esempio la gentilezza, la corte-

sia, la professionalità, la diligenza, la manualità, la

costanza, tutte cose che fanno onore al popolo cinese.

Dopo il periodo iniziale un po' turbolento, è arrivata

la tranquillità in cui si alternavano momenti bellissi-

mi e altri tristissimi come ad esempio il periodo di

Natale, nel quale la distanza da casa si è fatta sentire

molto più a maggior ragione in Cina, dove il Natale

non viene festeggiato. Mancava proprio l'atmosfera

natalizia a cui noi italiani siamo abituati fin da

piccoli.

In compenso però loro festeggiano il capodanno ci-

nese, che secondo il ciclo lunare cade intorno al 31

gennaio. Le vacanze durano più di un mese e mezzo,

da fine gennaio a metà marzo e per tutto quel periodo

i cinesi si spostano dalle città verso i paesini natali,

per trascorrere i festeggiamenti con il resto della fa-

miglia.

Il paesino in cui ho trascorso il capodanno con la mia

famiglia si chiama Longman (Porta del Drago) città

natale di entrambi i miei genitori. I festeggiamenti

cominciano due giorni prima e finiscono due giorni

dopo per un totale di 5 giorni di festa:

一年在中国

Un anno di scuola in Cina di Francesca Pesciallo, V Z

4

4

CAFFÈ PACINOTTI

In quei giorni si preparano i piatti più ricchi e preli-

bati e si mangia a tutte le ore del giorno.

La casa viene addobbata con immagini che raffigura-

no un antico guerriero (protettore della casa) e con

lanterne rosse. La notte di capodanno tutta la fami-

glia cena abbondantemente e poi prepara un falò nel

quale si bruciano soldi finti per augurare ricchezza e

benessere a tutta la famiglia. In fine ci si riunisce

davanti alla televisione per lo spettacolo del capo-

danno. Nel momento in cui scatta la mezzanotte co-

minciano i fuochi d'artificio fino all'arrivo dell'alba.

Il giorno di capodanno i bambini ricevono gli hong

bao ovvero bustine rosse che contengono soldi, i

grandi invece giocano a carte, cantano e ballano.

Finiti i festeggiamenti e tornata a Canton è ripresa la

scuola. I mesi successivi solo volati, a scuola faceva-

mo lezione dalle otto del mattino alle nove di sera e

studiavamo il cinese, la matematica, l'inglese, il kong

fu, origami, pittura e canto.

Studiare il cinese è molto impegnativo, richiede mol-

to studio mnemonico e molta costanza, ma la soddi-

sfazione che si prova quando finalmente riesci a

esprimerti non ha prezzo.

In conclusione quindi posso dire di essere soddisfatta

della mia esperienza, ora ho due case, due paesi e

due famiglie, non c'è momento migliore per un ex-

change studente di quando ci si sente a casa a mi-

gliaia di chilometri da casa. Per questo consiglio a

chiunque di provare, partite alla scoperta di altri

mondi e tornerete più forti di prima.

La Katana: un’arma, un simbolo di Steven Salamone, I F

La Katana è la spada giapponese usata principal-

mente dai Samurai, una spada dalla lama curva di

lunghezza superiore ai 60cm.

Quest'arma era nata per colpire gli avversari con

dei fendenti e veniva inizialmente impugnata con

due mani; solo in seguito venne appresa la tecnica a

due spade, impugnate singolarmente.

In Giappone nasce la produzione di spade in ferro :

inizialmente il tipo di spada

era lunga e diritta, solo dopo

pensarono ad una forma

ricurva.

Col passare del tempo furo-

no creati diversi tipi di spa-

de, tutte ricurve ma con par-

ticolarità differenti: nacque-

ro infatti ben cinque scuole

dove si imparava a forgiare

le ognuna delle quali dava ad

esse un'impronta differente.

Mentre in una si insegnava a

lavorare spade con la lama

slanciata ed elegante, un'al-

tra era specializzata in lame più corte e più spesse;

in una erano tramandate le tecniche più antiche con

una leggera differenza nella curvatura e ancora

un'altra faceva costruire spade larghe, lunghe e pe-

santi. L'ultima infine presentava prodotti molto si-

mili alla precedente.

Da principio la Katana è l'arma della cavalleria e

della fanteria ma all'inizio del 1600 diventa più uno

status symbol e un'arma da duello piuttosto che

un'arma da guerra vera e propria.

Dopo questo periodo le spade vengono costruite in

acciaio con metodi semi-industriali e le cinque

scuole scompaiono, la spada non ha più il suo valo-

re simbolico e viene meno anche la sua originaria

bellezza.

Solo dopo la seconda guerra mondiale la Katana

ripristina il suo antico signi-

ficato e gli artigiani si sforza-

no di ricostruirle con i meto-

di delle cinque scuole.

Ancora oggi la Katana è

composta da una guardia,

solitamente metallica, posta

tra il manico e la lama per

proteggere le mani, un’ im-

pugnatura in legno ,ricoperta

in pelle di razza e rivestita di

seta per migliorare la maneg-

gevolezza e assorbire il su-

dore e un fondello.

Il fodero è realizzato in legno

di magnolia laccato ed è rifinito da un anello in cor-

no di bufalo che serve a sorreggere la spada in vita

attraverso una fettuccia di cotone.

La Katana è un'arma affascinante da ammirare ed

è spesso oggetto da collezione qui in occidente;

inoltre conoscerne la storia ,le origini e il significa-

to simbolico ne incrementa ulteriormente il

fascino .

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Vi basterà sollevare gli occhi dal foglio per render-

vi conto – sempre che non l’abbiate già fatto – del-

la straordinaria quantità di colori che siamo in gra-

do di percepire.

E se vi dicessi che perfino il più piccolo dei canari-

ni è in grado di distinguere molti più colori, che

noi nemmeno possiamo immaginare?

Innanzi tutto, vediamo come avviene la percezione

del colore:

quando un oggetto viene illuminato da un fascio di

luce, da parte sua si ha l’assorbimento di alcune

lunghezze d’onda, mentre le rimanenti vengono

riflesse.

Queste ultime giungono poi alla retina dell’occhio.

La retina dei vertebrati è composta sostanzialmen-

te da due strutture con funzione differente: i coni e

i bastoncelli.

I coni sono cellule nervose dalle quali partono i

segnali visivi diretti al cervello: ognuno di essi

possiede un pigmento formato da una variante del-

la proteina opsina legata al retinale (una molecola

ricavata dalla vitamina A) il quale pigmento deter-

mina la capacità del cono di assorbire energia e le

modificazioni che occorrono, in seguito all’eccita-

mento, nella configurazione del retinale.

Un aumento dell’intensità luminosa comporta ne-

cessariamente l’aumento del numero dei fotoni che

giungono al cono, ma poiché, invece, a diverse

lunghezze d’onda (fotoni con energie diverse) cor-

rispondono gli stessi identici cambiamenti mole-

colari, è presumibile che la distinzione tra una lun-

ghezza d’onda e un’altra (e quindi tra un colore e

un altro) avvenga ad opera del cervello.

A contribuire, vi è però il fatto che i pigmenti pre-

senti nei coni nei vertebrati sono di quattro diffe-

renti tipologie, ognuna addetta ad un determinato

range di lunghezze d’onda: possiamo trovare coni

L (long-wavelengt), sensibili alle grandi lunghezze

d’onda e responsabili per la percezione del colore

rosso, coni M (medium-wavelenght) per il verde,

con S (short-wavelenght) per il blu e infine coni

UV sensibili all’ultravioletto.

Il compito del cervello è, quindi, quello di con-

frontare segnali prodotti da due o più tipi di cono

con pigmenti visivi diversi.

Analizzando le sequenze nucleotidiche per l’opsi-

na, gli scienziati sono stati in grado di risalire alla

relazione evolutiva relativa a quelle che sono le

capacità percettive umane rispetto a quelle degli

altri vertebrati.

Come abbiamo accennato, all’interno della retina

insieme ai coni troviamo altre cellule, i bastoncelli:

ad esse è affidata la visione in condizione di luce

molto bassa e il pigmento che le compone, detto

rodopsina, è simile per struttura e resa a quello dei

coni M.

Mentre uccelli e rettili possiedono tutti e quattro i

coni, i mammiferi ne possiedono tendenzialmente

due, uno sensibile soprattutto al violetto e l’altro a

lunghezze d’onda più grandi. Perché questo?

Durante il Mesozoico, i primi mammiferi che com-

parvero sulla terra erano tutti piccoli animali not-

turni, il che comportò un miglioramento nell’atti-

vità dei bastoncelli a discapito di quella dei coni, e

la conseguente perdita di due dei quattro pigmenti

( che vengono utilizzati tutt’oggi attivamente dalla

maggior parte dei rettili e degli uccelli).

Con la scomparsa dei dinosauri un gruppo di mam-

miferi, che conteneva alcuni primati e progenitori

dell’uomo, acquisì gradualmente delle abitudini

diurne e cominciò a vivere sugli alberi e a cibarsi

di fiori e frutti;

CAFFÈ PACINOTTI

Occhi diversi per guardare il mondo di Angela Forti, III^A

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CAFFÈ PACINOTTI

è probabile quindi che, in seguito ad una serie di

casuali variazioni genetiche rivelatisi poi favore-

voli, parte dei mammiferi terrestri fu in grado di

recuperare uno dei due pigmenti, quello per lun-

ghezze d’onda intermedie, precedentemente per-

duto.

I coni che compongono la retina degli uccelli pre-

sentano una sostanziale differenza con quelli degli

esseri umani: all’interno di ogni cellula si trova,

infatti, una goccia oleosa che è il risultato dell’ag-

gregazione di carotenoidi e che può assumere co-

lorazioni differenti; essa intercetta la luce prima

che raggiunga il pigmento, comportandosi così da

filtro e rimuovendo così parte delle lunghezze

d’onda più corte; così facendo non solo impedisce

la sovrapposizione di spettri d’assorbimento diffe-

renti, ma permette all’animale di distinguere un

ben maggior numero di colori.

Ma non solo questi organismi presentano coni L,

M e S più efficaci; fondamentale è il ruolo svolto

dai coni UV, sensibili all’ultravioletto.

Esperimenti hanno dimostrato come gli uccelli

percepiscano i raggi ultravioletti come colori di-

stinti e come questi garantiscano una visione di

tipo tetracromatico (la visione umana è di tipo tri-

cromatico). Tali colori a noi del tutto sconosciuti

svolgono, inoltre, un ruolo fondamentale nella vita

di questi organismi: è stato dimostrato, infatti, co-

me contribuiscano nella scelta del partner da parte

della femmina e nell’accoppiamento.

Le femmine tendono a preferire i maschi le cui

piume riflettono maggiormente gli UV; in questo

caso l’ipotesi è che, essendo l’indice di riflessione

degli UV dipendente dalla submicroscopica strut-

tura delle piume, possa rappresentare un indicatore

della salute del maschio.

Il possedimento di un buon recettore, inoltre, in

generale rappresenta un vantaggio per il procac-

ciamento: sembra, infatti, che la superficie lucida

di molti frutti e piante rifletta luce ultravioletta che

permetta di determinarne la posizione, mentre

molti roditori lasciano tracce ultraviolette ben visi-

bili sul terreno con le proprie escrezioni.

In conclusione, riportando le parole di Timothy H.

Goldsmith, direttore di numerosissimi studi ed

esperimenti in questo campo, non è forse“ umi-

liante scoprire come la perfezione evolutiva sia

sempre più un fuoco fatuo”, e come “il mondo non

corrisponda all’immagine che di esso ci siamo

creati con i nostri occhi” ?

Lo sapevi che…

… le femmine soffrono di daltonismo con minore frequenza dei maschi?

Questo perché entrambi i geni che codificano per i pigmenti sensibili alle grandi frequenze d’on-

da (quelli contenuti nei coni L ed M) si trovano sul cromosoma X, per cui è più facile che in un

maschio le mutazioni riguardanti uno dei due geni portino a ridurre la capacità dell’individuo a

distinguere il rosso dal verde.

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CAFFÈ PACINOTTI

Dante Alighieri e la Divina Commedia nell’epoca moderna:

da Marcello Toninelli a Go Nagai, da Gustave Dorè a Paolo Barbieri

di Laura Bellettini, III E

Nel 2015 ricorre il settecentesimo anniversario

della nascita di Dante Alighieri, perciò ricor-

diamolo non solo come grande autore e Som-

mo Poeta, ma anche come protagonista di in-

numerevoli trasposizioni della sua opera più

famosa, la Commedia, a fumetti e non solo.

Moltissimi artisti si sono cimentati in questa

“sfida” per così dire, primo tra tutti l'italiano

Marcello Toninelli, con la sua Divina Comme-

dia a fumetti.

Nativo di Siena, comincia la sua carriera di

fumettista all'età di 19 anni e vanta la collabo-

razione con Fumo di China, il Giornalino,

Foxtrot e Bonelli, diventando di quest'ultima

uno dei principali autori.

La sua trasposizione a fumetti della Divina

Commedia prevede una rilettura comica dell'o-

pera dell'Alighieri, dove il Sommo Poeta è un

piccoletto con naso e mento prominenti, con

la testa coronata d'alloro, e viene accompagna-

to da un corpulento e sfortunato Virgilio attra-

verso Inferno e Purgatorio. Compare anche

Beatrice, guida di Dante nel Paradiso, e i per-

sonaggi che il Poeta cita nell'opera originale

sono tutti rivisti in chiave comica. Nonostante

questo, l'autore mantiene intatti i temi della

Commedia, seppur occhieggiando continua-

mente al nostro presente.

L'opera di Marcello dimostra che il fumetto

può esse usato anche per fini didattici, oltre

che per divertire, e che l'ironia dei contesti aiu-

ta ad attualizzare certi contenuti e renderli più

vicini a chi li legge.

Altre trasposizioni famose della Commedia

sono L'inferno di Topolino e L'inferno di Pa-

perino, della Walt Disney. Nel primo troviamo

Topolino e Pippo nei panni del Sommo Poeta

e di Virgilio. Anche questo è riscritto in chiave

comica, ma salta alcuni Canti oppure cambia

pena, contrappasso o tipologia di dannati: al

posto degli ipocriti, ad esempio, si trovano

coloro che suggerivano a scuola o quelli che la

marinavano; nella conclusione, al posto di Lu-

cifero, c'è Dante che punzecchia gli autori ac-

cusandoli di averlo “tradito”. L'inferno di Pa-

perino è analogo, anche se il papero viene

mandato all'inizio in crociera dai nipoti e poi

trova la porta dell'Inferno. In questo caso, a

prendere la parte di Virgilio è Archimede Pita-

gorico.

E' stata fatta anche una trasposizione in stile

manga, del grande autore Go Nagai, famoso

per i “robottoni” come Jeeg, Robot dAacciaio

e Goldrake. L'autore ha preso d'esempio, per

le ambientazioni, la Divina Commedia di Gu-

stave Doré, illustratore e incisore ottocentesco,

che rende il manga ricco di paesaggi inquie-

tanti e paurosi, specie per l'Inferno; non man-

cano, tuttavia, gestualità ed espressioni tipiche

dei fumetti giapponesi.

Parlando di Divina Commedia illustrata, come

già accennato, abbiamo quella di Gustave Do-

ré, mentre Paolo Barbieri, noto autore delle

copertine di Licia Troisi, ci presenta una visio-

ne dark fantasy dell'opera dell'Alighieri.

Possiamo dunque dedurre che l'opera del Dan-

te ha ispirato moltissimi autori, che si sono

cimentati in parodie o in semplici illustrazioni

della Divina Commedia e che continuano a

rendere immortale questa pietra miliare della

letteratura italiana.

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CAFFÈ PACINOTTI

Qualsiasi persona che si sia mai

interessata di cinema non può non

avere almeno una volta visto una

delle tante immagini che rendono

“The Shining” un film unico nel

suo genere. Almeno una volta,

anche solo scorrendo la home page

di Facebook, vi sarà capitato di

trovare un’immagine in prospetti-

va di un corridoio arredato molto

elegantemente al cui termine si

trovano due gemelline, o l’imma-

gine di un uomo dal volto segnato

dalla pazzia infilare la faccia in

mezzo ad una comunissima porta

bianca. Un immagine che trovate

sulla home page, che vi interessa

anche senza un particolare motivo,

può scatenare una sequenza di

azioni involontarie: guardate chi

ha postato l’immagine, magari

leggete i commenti per capire me-

glio di cosa si tratta esattamente,

poi magari ne chiedete ai vostri

genitori di quel film, cercate l’atto-

re su Wikipedia, o quant’altro.

Non occorre un importante moti-

vazione per interessarsi a qualcosa

( anche non avere niente da fare a

volte può rivelarsi utile). Un’altra

possibile reazione potrebbe essere,

invece, fare una smorfia e conti-

nuare a scorrere la home page,

magari perché avete intravisto il

classico bordo giallo che segnala

la presenza di una battuta di “Tua

Madre è Leggenda” o simili. Io

non ho nulla contro le vignette che

si trovano su Facebook (anzi per-

sonalmente le adoro) ma dato che

la mia intenzione è quella di parla-

re di cinema, meglio soffermarsi

sulla prima possibile reazione.

Quando dico che lo spontaneo in-

teresse per una semplice foto è più

che naturale, parlo per esperienza

personale, perché effettivamente

non è così strano essere colpiti

dalla “Forza” di un immagine. E’

proprio dalle immagini che parte il

concetto di cinema (esattamente

come per quello della fotografia o

della pittura) che vengono poi ar-

ricchite da dialoghi, musica, effetti

speciali ed altro.

Ogni grande film può essere rias-

sunto in un immagine, che ne di-

venta il simbolo, perché i grandi

uomini di cinema hanno sempre

saputo che il modo più efficace per

rendere un film unico ed indimen-

ticabile è raccontarlo usando im-

magini che siano“forti” al punto

da rimanere impresse nella mente

del pubblico. Perché a pensarci

bene abitualmente nella nostra

mente associamo ad un ricordo, o

ad una persona, un immagine che

ci è rimasta particolarmente im-

pressa, e che riassume tutte le sen-

sazioni che abbiamo provato in

quel momento; e che è anche il

motivo per cui quando andiamo in

vacanza o stiamo vivendo un bel

momento, ci teniamo ad immorta-

larlo in una fotografia.

Sopra ho riportato l’esempio di

“The Shining”, perché Stanley

Kubrick è stato maestro nel racco-

gliere le emozioni attraverso le

immagini, ma se dovessi fare atri

esempi più recenti, mi viene subito

da pensare a “Vita di Pi” o a

“Gravity”, film che trovano il loro

punto di forza proprio nei foto-

grammi spettacolari che sorpren-

dono lo spettatore, soprattutto se

visti al cinema.

In conclusione di questo mio pri-

mo (speriamo non ultimo) articolo

nella rubrica di cinema, vi ricordo

un’ultima volta che anche così nel

cinema come nella realtà sono le

immagini a costruire i nostri ricor-

di e i nostri pensieri.

The Shining: l’importanza dei fotogrammi di Claudio Benedetto Maggi, II C

Negli ultimi anni l'industria cinematografica è pro-

gredita migliorando le tecniche di utilizzo degli

effetti speciali. Lungometraggi come Avatar, Diver-

gent o Gravity ne sono la prova: le tecnologie utiliz-

zate durante la post-produzione di questi film sono

tra le più avanzate che possiamo immaginare.

Tutt'oggi, infatti, l'utilizzo di effetti speciali sempre

più moderni è aumentato a dismisura, rendendo una

pellicola molto più scorrevole da guardare. Questa

accezione, però, non può essere attribuita ad alcuni

film che, purtroppo, fanno degli special effects il

loro tallone d'Achille. Antibody, Plane 9 from outer

space, Dragonball: Evolution sono solo alcuni dei

film con una scarsissima qualità di tutto ciò che ri-

guarda l'ambito della gestione delle luci, degli slow

motion e delle animazioni di personaggi realizzati

al computer.

Ma facciamo un salto all’indietro, nel lontano 1895,

quando Alfred Clark nel film The Execution of Ma-

ry, Queen of Scots, inserì il primo effetto speciale

della storia della cinematografia mondiale, quando

per una scena del film ad una persona alla quale

Nulla è reale… di Davide Paturzo, I^F

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CAFFÈ PACINOTTI

Fin dalle medie sappiamo scomporre in fattori pri-

mi. Ed ogni volta che c'è da scomporre qualcosa è

la meraviglia: una cosa che sappiamo fare. Certo,

se vi do numeri piccoli piccoli. Già con 2011 le

cose si complicano. Ad essere furbi, ci vogliono 14

divisioni - o osservazioni (perché?) - per arrivare

alla conclusione che sia un numero primo. Ma an-

che 2012 = 2² · 503 non ci scherza. Non è un caso

che quando c'è da scomporre numeri primi, i com-

puter tremino. Non c'è modi eleganti, bisogna met-

tersi a fare conti idioti e ripetitivi, infiniti conti

idioti e ripetitivi (ed ecco spiegato l'amore dello

studente per le scomposizioni).

Quello che invece un computer calcola a velocità

luce è il massimo comun divisore di due numeri,

che è un problema assurdamente polinomiale (cioè

incrementando i dati - in valore - dell'algoritmo, il

tempo di esecuzione aumenta come un polinomio

del numero di dati - per inciso, i problemi a tempo

polinomiale, o P, si risolvono come nulla al com-

puter. Anche se qui gli input sono due... Guardare

wikipedia che tutto sa. E come lo calcola? Sincera-

mente, non lo so. Sicuramente noi lo calcoliamo

con quello che è chiamato Algoritmo di Euclide,

che funziona come segue.

Calcolo il MCD di (82 e 24)

82 = 24*3 + 10

24 = 10*2 + 4

10 = 4*2 + 2

4 = 2*2 + 0

Il MCD è 2, ovvero l'ultimo resto

prima di 0.

[Formalizza l'algoritmo! E puoi anche dimostrarlo,

è alla tua altezza. Innanzitutto, cosa devi dimostra-

re? ... ] . Visto così uno non è proprio indotto a

dire "che figata". Abbiamo fatto un sacco di calcoli

quando potevamo chiaramente andare a naso. Ma

se calcolate (1343, 248) magari comprendete l'uti-

lità di un metodo del genere.

*****************************************

Immaginate ora di dover isolare 100 litri di un cer-

to liquido usando solo due contenitori vuoti da 82

e 24 litri. Potete usarli per aggiungere liquido o per

levarlo. Un tale problema equivale a risolvere l’e-

quazione 82x + 24y = 100 con (x,y) interi, che

viene chiamata equazione diofantea di primo gra-

do o lineare (se cercassi le soluzioni reali non sa-

rebbe più un’equazione diofantea).

La prima domanda sensata è: si può sempre farlo?

Domanda non completamente idiota, dato che lo

stesso problema è irrisolubile nel caso in cui

Diofanto non è una parolaccia

di Simone Romeni, VII C

veniva mozzata la testa sostituì

un manichino. Da qui seguirono

numerosissimi studi che portano

il nome del regista francese Ge-

roges Mèilés, il quale produsse

oltre 500 pellicole introducendo

nel cinema concetti come l'

esposizione multipla, la dissol-

venza e i time-lapse, effetti spe-

ciali il cui utilizzo è ancora ri-

corrente, soprattutto nei film

fantascientifici e fantasy.

Attualmente distinguiamo tre

tipologie (sono delle categorie di

effetti, usa tipologie) di effetti

speciali:

Effetti meccanici: detti anche

effetti fisici, sono solitamente

realizzati durante le riprese.

Comprendono l'utilizzo di mate-

riali di scena meccanizzati, sce-

nari e miniature in scala ridotta;

Effetti ottici: attraverso queste

tecniche è possibile creare foto-

graficamente i fotogrammi dei

film, permettendo, per esempio,

di posizionare gli attori su sfondi

diversi;

Effetti visivi: sono i modelli e le

immagini generate dal computer,

e spesso vengono utilizzate con

tecniche di animazione.

Al giorno d'oggi è accessibile a

tutti la produzione di un corto-

metraggio utilizzando effetti

speciali casalinghi: il croma-key,

per esempio, permette di ripro-

durre scene animate e non diret-

tamente dalla propria stanza,

oppure diversi programmi di

montaggio includono la possibi-

lità di eseguire animazioni basi-

lari di immagini e di utilizzare

time-lapse e dissolvenze per mo-

dificare la traccia video a pro-

prio piacimento.

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vadano ottenuti 125 litri.

Per rispondere a questa domanda bisogna fare un

passo indietro. Si chiama Teorema di Bezout e dice

che ax + by = (a,b) ha sempre soluzioni intere. E la

soluzione si trova riavvolgendo l'Algoritmo di Eucli-

de. Quindi 82x + 24y = 2 si risolve così:

2 = 10 – 4 · 2 = 10 – (24 – 10 · 2) · 2

= 10 · 5 – 24 * 2

= (82 – 24 · 3) · 5 – 24 · 2

= 82 · 5 – 24 · 17

ovvero x = 5, y = - 17 . Ora la magia: esistono infini-

te soluzioni, nella forma 5 + ut, - 17 + ut. La regola

per trovare u e v si può ricordare così: prendo i coef-

ficienti e li divido per il loro MCD, li scambio, e poi

mi aggiusto. Pertanto la soluzione generale a 82x +

24y = 2 sarà x = 5 + 12t, y = - 17 – 41t.

A questo punto trovare la soluzione all'equazione

82x + 24y = 100 è come trovare la soluzione all'e-

quazione 82X + 24Y = 2, con X = x/50 e Y = y/50, da

cui otteniamo x = 50 (5 + 12t), y = 50 (- 17 – 41t).

(Convinciti di quello che ho detto in questo paragra-

fo!). Da quanto detto, dovrebbe essere abbastanza

facile convincersi che ax + by = c è risolubile soltan-

to (o meglio, è sicuramente risolubile… bisognereb-

be dimostrare l’implicazione inversa…) quando c’è

un multiplo di (a,b).

Ecco perché l'equazione 82x + 24y = 125 non ha

soluzioni intere.

******************************************

Cerchiamo adesso di dare un’interpretazione geome-

trica di quanto detto.

Partiamo da un problema che messo così sembra ben

lontano dall’avere una soluzione ovvia. Immaginia-

mo di prendere il piano cartesiano e di “rialzare” tutti

i punti a coordinate intere, in modo da ottenere una

griglia. Ora la mia domanda è: si riesce ad infilarvi

dentro una retta? Se ci si pensa bene, quest’incastro

infinito è equivalente a chiedersi: esistono rette che

non passano per nessun punto a coordinate intere?

Se ci si pensa ancora meglio, si può riformulare il

problema così: posso trovare tre interi a, b, c tali che

ax + by = c non abbia soluzioni intere?

Ma questo problema è estremamente semplice alla

luce di quanto abbiamo detto sulle equazioni diofan-

tee! Basta prendere due numeri qualsiasi per a, b ed

un numero non multiplo del loro MCD come c.

******************************************

Ho adesso ancora un po’ di spazio, che userò per

accennare a qualcosa di più complicato e interessan-

te. Consideriamo l’equazione x² + y² = 1. Chiara-

mente le soluzioni intere sono in numero finito e sin-

ceramente poco interessanti, ma se cerchiamo tra le

soluzioni razionali possiamo avere qualche piccola

soddisfazione. Riformulando geometricamente il

problema equivale a trovare i punti razionali lungo

una circonferenza. Porsi questo problema è esatta-

mente la stessa cosa, ovvero è equivalente a porsi

questo problema: trovare tutte le terne pitagoriche

(con terna pitagorica intendiamo tre interi a, b, c tali

che a² + b² = c²). Si vede subito che se a² + b² = c²,

allora chiamati A = a/c e B = b/c abbiamo A² + B² =

1, ovvero l’equazione sopra (formalizza il resto…).

Quindi se risolviamo questo problema abbiamo un

metodo per trovare tutte le terne pitagoriche! O, se

preferiamo, se abbiamo un metodo per trovare tutte

le terne pitagoriche possiamo risolvere questo pro-

blema (entrambe le strade sono papabili).

Giochiamo ora con una costruzione: prendiamo il

punto P (-1, 0), che sicuramente è sulla circonferenza

detta (ed è un punto a coordinate razionali). Ora ti-

riamo da P una retta di pendenza t: tale retta interse-

cherà la circonferenza in un altro punto (se proprio

non ho scelto la tangente…). Tale punto ha sicura-

mente coordinate razionali. Il sistema di intersezione

retta-circonferenza darà infatti un’equazione di se-

condo grado, di cui una soluzione sarà P, ovvero ra-

zionale. Ma dato che tale equazione è a coefficienti

razionali e che come è noto il prodotto delle radici di

un polinomio ne è il termine noto dobbiamo conclu-

dere che le coordinate del secondo punto di interse-

zione siano razionali. Ripetendo la costruzione per

ogni t razionale si trovano infine tutte le terne pitago-

riche possibili (se ne trovano infinite… sicuri che

siano tutte?). Smanettando un po’ coi conti si ottiene

che tre numeri tali che a = m² - n², b = 2mn, c = m²

+ n² con m, n naturali sono sempre terne pitagoriche

(e sono tutte?).

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Sezione mostre: In questa rubrica segnaliamo le principali mostre sul territorio provinciale e nazionale

Amedeo Modigliani et ses amis

Pisa—Palazzo Blu,

3 ottobre 2014 - 15 febbraio 2015;

Marc Chagall, una retrospettiva

Milano– Palazzo Reale,

17 settembre 2014 - 1febbraio 2015;

Picasso e la modernità spagnola

Firenze—Palazzo Strozzi,

20 settembre 2014—25 gennaio 2015;

Van Gogh, l’uomo e la terra

Milano—Palazzo Reale,

18 ottobre 2014—8 marzo 2015;

Per maggiori informazioni potete consultare la bacheca presente nell’aula di disegno della

professoressa Rondine al primo piano.

Giappone: dai Samurai a Mazinga

Treviso - Casa dei Carraresi,

11 ottobre 2014 - 31 maggio 2015;

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CAFFÈ PACINOTTI

Giochi

Sudoku facile Sudoku difficile

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Art-work in copertina: Emma Biglioli, V A

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