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1 Progetto per il recupero dell’ex complesso aziendale Kaggio da destinare a Centro Aziendale e di Sperimentazione sito nel territorio di Monreale in c.da Finocchiaro. Verifica delle condizioni di stabilità e redazione del progetto di miglioramento strutturale dell’ex stabilimento per la lavorazione dell’uva. Indice A) Premessa pag. 2 B) Ubicazione dati catastali ed urbanistici pag. 3 C) Descrizione dello stabilimento pag. 4 D) Rilievi, sondaggi e prove di laboratorio pag. 5 E) Caratteristiche e geologia del sito pag. 7 F) Criteri di calcolo ed analisi pag. 9 G) Normativa di riferimento pag. 10 H) Generalità di calcolo pag. 11 I) Caratteristiche meccaniche dei materiali utilizzati o da utilizzare pag. 12 J) Codice di calcolo pag. 14 K) Modellazione strutturale pag. 15 L) Verifica delle sezioni in acciaio pag. 21 M) Verifica delle sezioni in c.a. pag. 25 N) Analisi dei carichi pag. 27 Sisma (relazione sulla modellazione sismica) pag. 40 O) Combinazione dei carichi pag. 46 P) Diagrammi inviluppo sollecitazioni – stato attuale pag. 46 Q) Configurazioni deformate – stato attuale pag. 48 R) Verifica dello stato attuale pag. 49 S) Diagrammi inviluppo sollecitazioni – ad interventi eseguiti pag. 56 T) Configurazioni deformate – ad interventi eseguiti pag. 58 U) Verifica ad interventi di miglioramento eseguiti pag. 59 V) Descrizione degli interventi di miglioramento pag. 68 W) Considerazioni geotecniche pag. 73 X) Relazione sui materiali pag. 75 Y) Affidabilità dei codici pag. 91

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Progetto per il recupero dell’ex complesso aziendale Kaggio da destinare a Centro

Aziendale e di Sperimentazione sito nel territorio di Monreale in c.da Finocchiaro.

Verifica delle condizioni di stabilità e redazione del progetto di miglioramento strutturale

dell’ex stabilimento per la lavorazione dell’uva.

Indice

A) Premessa pag. 2 B) Ubicazione dati catastali ed urbanistici pag. 3 C) Descrizione dello stabilimento pag. 4 D) Rilievi, sondaggi e prove di laboratorio pag. 5 E) Caratteristiche e geologia del sito pag. 7 F) Criteri di calcolo ed analisi pag. 9 G) Normativa di riferimento pag. 10 H) Generalità di calcolo pag. 11 I) Caratteristiche meccaniche dei materiali utilizzati o da utilizzare pag. 12 J) Codice di calcolo pag. 14 K) Modellazione strutturale pag. 15 L) Verifica delle sezioni in acciaio pag. 21 M) Verifica delle sezioni in c.a. pag. 25 N) Analisi dei carichi pag. 27 Sisma (relazione sulla modellazione sismica) pag. 40 O) Combinazione dei carichi pag. 46 P) Diagrammi inviluppo sollecitazioni – stato attuale pag. 46 Q) Configurazioni deformate – stato attuale pag. 48 R) Verifica dello stato attuale pag. 49 S) Diagrammi inviluppo sollecitazioni – ad interventi eseguiti pag. 56 T) Configurazioni deformate – ad interventi eseguiti pag. 58 U) Verifica ad interventi di miglioramento eseguiti pag. 59 V) Descrizione degli interventi di miglioramento pag. 68 W) Considerazioni geotecniche pag. 73 X) Relazione sui materiali pag. 75 Y) Affidabilità dei codici pag. 91

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Progetto per il recupero dell’ex complesso aziendale Kaggio da destinare a Centro

Aziendale e di Sperimentazione sito nel territorio di Monreale in c.da Finocchiaro.

Verifica delle condizioni di stabilità e redazione del progetto di miglioramento strutturale

dell’ex stabilimento per la lavorazione dell’uva.

Relazione di Calcolo

A) Premessa

L’ex complesso aziendale Kaggio, realizzato negli anni 80, ubicato nel territorio comunale di

Monreale, attualmente in stato di abbandono e di degrado è stato confiscato dallo Stato da oltre

quindici anni perché appartenente a esponenti di stampo mafioso.

Al fine di recuperare detto patrimonio agricolo – aziendale e creare nuovi posti di lavoro il

Comune di Monreale ha affidato l’azienda al Consorzio Sviluppo e Legalità che intende destinarla

a centro aziendale e di sperimentazione a servizio dell’agricoltura.

Il recupero del complesso agricolo è attuabile grazie al Programma Operativo Nazionale per lo

Sviluppo - Obiettivo Sviluppo Convergenza 2007-2013 - Fondi FESR.

A tal fine è stato dato incarico dal Consorzio Sviluppo e Legalità all’Arch. Vincenzo Affranchi,

iscritto all’Ordine degli Architetti della Provincia di Palermo al N°4274, di redigere il progetto di

recupero dell’azienda costituita originariamente da due distinti stabilimenti uno per la lavorazione

dell’uva e l’altro per il suo stoccaggio.

La seguente relazione riguarda la verifica delle strutture e la progettazione delle opere di

miglioramento strutturale, come previsto dalla normativa vigente, del solo stabilimento per la

lavorazione dell’uva costituito da due capannoni e una tettoia realizzati con struttura metallica.

Per redigere il progetto di recupero dello stabilimento per la lavorazione dell’uva è stato

necessario accertare preliminarmente le condizioni di degrado in cui versa e successivamente,

effettuare la verifica delle condizioni di stabilità dei capannoni e della tettoia di cui è composto.

Le vicissitudini giudiziarie che hanno interessato l’ex azienda non hanno consentito la disponibilità

del progetto originario, grazie però al ritrovamento di alcuni documenti di natura tecnico –

amministrativo all’interno di uno dei capannoni dello stabilimento, anche se in stato di

abbandono, è stata possibile effettuare una ricostruzione storica delle vicende che hanno

consentito la realizzazione dello stabilimento per la lavorazione dell’uva. Successivamente sono

stati effettuati sopralluoghi, prove in sito e sondaggi che hanno permesso la ricostruzione

geometrica del complesso strutturale dello stabilimento e delle sue caratteristiche meccaniche.

Con i dati raccolti è stata effettuata la verifica delle attuali condizioni di stabilità in cui versa lo

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stabilimento ed é stato redatto il progetto delle opere necessarie per il recupero strutturale dei

componenti degradati e/o non conformi all’attuale normativa sismica come di seguito si riporta.

B) Ubicazione dati catastali ed urbanistici

Il complesso aziendale, composto da due distinti stabilimenti, è ubicato all’interno di un

appezzamento di terreno sito in un agro di Monreale, in contrada Finocchiaro, prospiciente la

strada Provinciale (SP4) San Cipirello – Corleone e fa parte dell’ex feudo Pietra Lunga. Il lotto,

ubicato in prossimità del fiume Grande Hone, è riportato in Catasto al Foglio 124 di Monreale

particella 380, ed è esteso catastalmente ettari una, are cinquanta e centiara zero (mq. 15.000,00).

Detto lotto originariamente è stato acquistato dalla “Cooperativa Cantina Sociale Kaggio” da

potere della Sig.ra Simonetti Rosalia con atto rogito dal Notaio Vincenzo Fulvio Cascino in San

Giuseppe Jato in data 22/04/1980 al n° Rep. 863 e registrato a Palermo il 05/05/1980 al n°9269

per essere destinato ad azienda agricola enologica.

L’azienda agricola è stata realizzata nell’ambito di un progetto di miglioramento fondiario con

contributi forniti dalla Regione Siciliana e dal Ministero dell’Agricoltura e Foreste.

Sul lotto di terreno la Cooperativa ha realizzato l’azienda vitivinicola composta da due stabilimenti,

uno per la lavorazione dell’uva e l’altro per il suo stoccaggio; il seguente progetto riguarda come

preannunciato la verifica strutturale dello stabilimento per la lavorazione dell’uva.

Del complesso aziendale non si è riusciti ad ottenere dati tecnico-amministrativi riguardanti il

rilascio della concessione edilizia e altro. Per quanto riguarda invece lo stabilimento per la

lavorazione dell’uva di cui ci si occupa, si è in possesso di dati riguardanti le strutture quali il

deposito dei calcoli strutturali e degli esecutivi ai sensi della Legge del 05/11/71 n.1086 effettuato

all’Ufficio del Genio Civile di Palermo in data 01/07/1980 con prot. N°12483 e il certificato di

collaudo delle strutture redatto dall’Ingegnere Vincenzo Galioto, iscritto all’Ordine degli Ingegneri

della Provincia di Palermo al n°1601, depositato al Genio Civile di Palermo in data 04/02/1982

prot. N° 2006 rilasciato per copia conforme in data 10/02/1982.

La realizzazione dello stabilimento è stata effettuata in zona allora dichiarata non sismica

(1980/82) sotto la Direzione dei Lavori dell’Ingegnere Giovanni Favaloro.

Tenuto conto di ciò, il progetto di recupero strutturale dello stabilimento per la lavorazione

dell’uva di cui ci si occupa sarà redatto come previsto dalla N.T.C. 14/10/2008 esaminando due

aspetti, quello riguardante le opere necessarie ad eliminare il degrado delle strutture e quello

relativo all’esecuzione di opere di “miglioramento strutturale”, come previsto nel capitolo 8 delle

N.C.T. 2008 riguardanti gli interventi sulle “Costruzioni esistenti”.

Poiché non si è riusciti ad ottenere, come già detto, copia del progetto originario e degli originari

esecutivi strutturali, né certificazioni sulle caratteristiche meccaniche dei materiali riguardanti il

calcestruzzo e i profili in acciaio, la posizione e la quantità di armature messe in opera, sono stati

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eseguiti, diversi sopralluoghi effettuando rilievi geometrici e fotografici per acquisire dati utili alla

redazione di tavole rappresentative dello stato dei luoghi e delle strutture esistenti. In particolare i

sopralluoghi effettuati in data 13 maggio e 12 luglio 2011 hanno consentito di redigere le tavole

delle carpenterie delle fondazioni e delle strutture in elevazione in acciaio come descritte nel

paragrafo che segue.

C) Descrizione dello stabilimento

Lo stabilimento oggetto di recupero è composto da una tettoia e due capannoni affiancati di

altezza diversa, così distinti:

N°1 tettoia realizzata con struttura metallica, di forma rettangolare di dimensioni

18,00x36,00 ml, altezza utile 5,10 ml e altezza massima al colmo 6,50 ml;

N°1 capannone (1° capannone) realizzato con struttura metallica, di forma rettangolare di

dimensioni 18,00x30,00 ml, altezza utile 6,60 ml e altezza massima al colmo 8,00 ml;

N°1 capannone (2° capannone) realizzato con struttura metallica, di forma rettangolare di

dimensioni 24,00x30,00 ml, altezza utile 9,50 ml e altezza massima al colmo 10,90 ml.

La struttura portante dello stabilimento è realizzata con pilastri in acciaio HEA 220 e HEA 240 che

sorreggono capriate in acciaio composte da travature reticolari affiancate a distanza di 200 mm., e

calastrellate tra loro.

In particolare, le capriate dei telai trasversali della tettoia sono costituite da n° 2 travature reticolari

affiancate e calastrellate tra loro, composte da briglie superiori ed inferiori L 50X5, montanti L

50X5 e diagonali L 35x5, saldati tra di loro con piatti dello spessore di 8 mm (saldatura di II

classe); la capriata di bordo della tettoia, invece, è costituita da n° 2 travi reticolari affiancate

composte da briglia superiore L 40x5, briglia inferiore L 40x5, montanti L 40x5, diagonali L 35x5

saldati tra loro con piatti dello spessore di 8mm

Gli arcarecci sono costituiti da profili a freddo omega 120x90x30x3, posti ad interasse i=1290 mm

a cui è ancorata la copertura realizzata con lamiera grecata;.

Le capriate del capannone intermedio (capannone 1°) sono costituite da travi reticolari affiancate

composte da briglie L 50x5, montanti L 50X5 e diagonali L 35x5 saldati tra di loro con piatti dello

spessore di 8 mm (saldatura di II classe), mentre le travi di bordo sono costituite da travi IPE 200.

Le travi reticolari e le travi di bordo sorreggono arcarecci omega 120x90x30x3 posti ad interasse

i=1290 mm ai quali è ancorata la copertura in lamiera grecata.

Le capriate dell’ultimo capannone (capannone 2°) sono costituite da n° 2 travature accoppiate

composte da briglie L 60x8, montanti L 40x5 e diagonali L 35x5 saldati tra di loro con piatti dello

spessore di 8 mm (saldatura di II classe), mentre le travi di bordo sono costituite da travi IPE 200.

Le travi reticolari e le travi di bordo sorreggono arcarecci omega 120x90x30x3 posti ad interasse

i=1350 mm ai quali è ancorata la copertura in lamiera grecata.

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Al fine di determinare la geometria delle strutture di fondazione sono stati effettuati n°3 scavi a

pozzo in prossimità delle travi di fondazione. In particolare è stato effettuato un pozzo in

prossimità delle travi di bordo della tettoia da cui è emerso che le colonne sono annegate in plinti

di calcestruzzo “maldestramente eseguiti” non collegati tra di loro e che il sistema di ancoraggio

delle colonne ai plinti di fondazione è stato realizzato per semplice annegamento delle colonne

nel calcestruzzo senza l’ausilio di tirafondi in acciaio.

I pozzi realizzati all’interno dei due capannone 1° e 2° hanno rilevato invece che ciascuna colonna

dei due capannoni è annegata in plinti di fondazione delle dimensioni in pianta 100x130 cm ed

altezza h=90 cm, collegati tra loro con travi in c.a. di sez. 50x70 cm

I rilievi hanno consentito di rilevare inoltre che in corrispondenza dei rialzi tra la tettoia e il 1°

capannone, e tra questo e il 2° capannone non sono state realizzate strutture di collegamento

longitudinali dei telai trasversali.

La tompagnatura/baraccatura è costituita da pareti perimetrali in c.a. dello spessore di cm. 30 fino

ad una altezza di 3.00 m. sormontate da finestre di altezza h=1.50 m.; superiormente a

quest’ultime la baraccatura dei capannoni è realizzata con lamiera grecata ancorata a profili a

freddo costituiti da omega 120x90x30x3 o U100x50x3.

All’interno del capannone, che versa in condizioni di degrado e di abbandono, sono poi ubicati i

locali uffici e servizi igienici realizzati con struttura in muratura.

I dati geometrici acquisiti durante i sopralluoghi hanno consentito di redigere i grafici

rappresentativi dello stato attuale dello stabilimento, le sue condizioni di degrado e una relazione

propedeutica alla verifica strutturale di cui all’art. 8 del D.M. 14/01/2008.

Al fine inoltre di conoscere le caratteristiche meccaniche degli elementi strutturali dello

stabilimento sono state effettuate prove a compressione su carote estratte dalle travi di

fondazione in c.a., analisi pacometriche per individuare dati sulle armature poste in opera, il

prelievo di un elemento strutturale in acciaio per l’esecuzione di una prova a trazione, e delle

analisi sulle saldature (n°5)., effettuate dal laboratorio “Metal Control” di Palermo come descritto

nel paragrafo che segue.

.

D) Rilievi, sondaggi e prove di laboratorio

Al fine di conoscere le caratteristiche geometriche e meccaniche degli elementi strutturali dello

stabilimento sono stati effettuati dalla laboratorio “METRO s.r.l. di Palermo” dei sondaggi con

pozzi, prove pacometriche, carotaggi e successive prove a schiacciamento per determinare la

geometria e le caratteristiche meccaniche delle strutture in c.a. delle fondazioni ed il prelievo di

un profilo in acciaio di una capriata e successiva prova a trazione per determinare le

caratteristiche meccaniche delle strutture in acciaio; inoltre al fine di classificare e analizzare ill

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tipo di saldature utilizzate sono state eseguite dalla ditta “Metal Control s.r.l” di Palermo delle

analisi su alcuni collegamenti saldati (n.5).

-In dettaglio al fine di analizzare le caratteristiche meccaniche del calcestruzzo utilizzato sono

stati eseguiti, due carotaggi uno su un plinto e l’altro su una trave di collegamento dei plinti; le

carote sono state tagliate e rettificate in laboratorio e sono state eseguite le relative prove a

schiacciamento in base alla Normativa UNI EN 12390-3. Dette prove hanno permesso di

determinare la resistenza cilindrica fck dei due provini in CLS.

Dagli esiti delle prove sono risultate le seguenti caratteristiche:

- Calcestruzzo (certificato n.17473 del 20/07/2011)

Data estrazione Riferimento Carico di rottura Resistenza a rottura

13/07/2011 Plinto esterno 143,4 kN 20,7 N/mmq

13/07/2011 Pilastro Perimetrale 138,8 kN 20,0 N/mmq

13/07/2011 Plinto interno 102,3 kN 14,7 N/mmq

Ai fini della verifica del modello di calcolo è stato considerato, analizzati i dati sopra

riportati un calcestruzzo C 20/25 (Rck 25 N/mm2 ) con resistenza caratteristica a

compressione fcd = 12,0 N/mm2.

Al fine di determinare le caratteristiche meccaniche dei profili posti in opera è stato prelevato un

profilo angolare in acciaio direttamente da una capriata da sottoporre successivamente a prova

di trazione in laboratorio. Dall’esame di laboratorio sono risultate le seguenti caratteristiche:

- Profilo angolare in acciaio (certificato n.17514 del 02/08/2011)

Sezione Tensione di snervamento Tensione di rottura

L50x5 337,1 N/mm2 458,5 N/mm2

La verifica del modello di calcolo è stata effettuata, visto i dati sopra riportati, assumendo

per i profili in acciaio preesistenti “acciaio Fe430B - S275” con una tensione di rottura pari

a fd= 275 N/mm2, in aderenza alle norme UNI 10025-2

-Per determinare infine eventuali difetti delle saldature nei collegamenti tra gli elementi strutturali in

acciaio sono state effettuate dei controlli visivi e magnetoscopici sulle saldature ad angolo delle

capriate.

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Dall’esame visivo è risultato che le saldature sono di spessore 8-10 mm e che secondo i criteri di

accettazione prescritte nelle norme UNI EN 5817 dette saldature non sono conformi. In particolare

nelle travi 1 e 3 sono state riscontrate delle indicazioni di difetti non accettabili.

I difetti rilevati sono: porosità, mancato riempimento e incisioni a spigolo.

Per quanto riguarda invece le saldature rilevate nelle travi 2-4-5 queste sono risultate conformi alla

predetta norma.

Visto i dati sopra riportati sulle saldature dovranno essere ispezionate anche visivamente le

saldature degli elementi strutturali, colonne e capriate, integrando ove necessario le saldature

esistenti con delle nuove da eseguirsi in sito secondo le caratteristiche che di seguito si

riportano.

Ai fini della verifica degli elementi saldati sono state considerate saldature di 2° classe

secondo le norme UNI 5132 con:

- Tensione di trazione σσσσ = 234 N/mm2 - Tensione tangenziale:ττττ = 135 N/m

E) Caratteristiche e geologia del sito

Il manufatto edilizio insiste su un lotto composto da terreni di riporto costituiti, sino a una

profondità di 3,50-3,70 ml., da sabbie e ghiaia e da successivo strato di limi argillosi mediamente

umidi e mediamente plastici,

In particolare il territorio in cui sorge l’ex complesso Kaggio, come rilevato dalla relazione

geologica del Dott. Geol. Massimiliano Guidi, è costituito dalla seguente stratigrafia con le

seguenti caratteristiche geomeccaniche:

Omissis…..

• Sondaggio S1 (quota 0,00 – 30,00 mt. dal p.c.):

0,00 – 0,90 mt Asfalto e cemento magro non armato circa 20 cm e terreno di riporto costituito da sabbie e ghiaia di

colore biancastro con inclusi elementi litici centimetrici di varia natura;

0,90 – 3,70 mt Limi argillosi di colore bruno mediamente umide e mediamente plastiche;

3,70 – 5,70 mt Depositi alluvionali costituiti da ghiaie e sabbie di colore marrone, presenza di falda idrica;

5,70 – 26,70 mt Argille debolmente limose umide e plastiche di colore grigio azzurre con intercalato livello di ghiaia

ad una profondità compresa tra 16,50 e 16,70;

26,70 – 30,00 mt Argilliti compatte di colore grigiastro;

• Sondaggio S2 (quota 0,00 – 10,00 mt. dal p.c.):

0,00 – 0,70 mt Terreno di riporto costituito da sabbie e ghiaia di colore dal biancastro al giallo ocra con inclusi

elementi litici centimetrici di varia natura;

0,70 – 3,50 mt Limi argillosi di colore grigiastro mediamente umide e mediamente plastiche;

3,50 – 5,90 mt Depositi alluvionali costituiti da ghiaie e sabbie di colore marrone, presenza di falda idrica;

5,90 – 10,00 mt Argille debolmente limose umide e plastiche di colore grigio azzurro;

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Il terreno di cui sopra ove ricadono le fondazioni, come rilevato dalla relazione geologica, hanno

le seguenti caratteristiche geomeccaniche:

Limi argillosi (CQs):

- angolo d’attrito interno φ = 19.7°

- coesione c’ = 0.03 Kg/cm2

- peso di volume γ= 1,97 T/m3

Omissis…..

Considerazioni conclusive

In base alle risultanze del presente studio, tenuto conto delle caratteristiche geologiche, geomorfologiche, idrogeologiche e sismiche

dei terreni presenti, unitamente alla loro caratterizzazione geomeccanica generale, è possibile trarre le seguenti conclusioni:

- dal punto di vista morfologico l’area in esame si presenta pianeggiante, ad una quota di circa 322 m. s.l.m. ed è

caratterizzata da buone condizioni di stabilità, non essendo stati riscontrati, all’atto dell’indagine fenomeni di stabilità in

atto o potenziali;

- le condizioni di stabilità dell’area sono ottime in relazione alla favorevole giacitura dei terreni presenti, nonché alla

mancanza assoluta di agenti geodinamici che possano in futuro turbare il presente equilibrio, non sono infatti, presenti

all’atto delle indagini, né dissesti, né rischi di carattere geomorfologico così come confermato dal “Piano Stralcio di

Bacino per l’Assetto Idrogeologico” (P.A.I.);

- nell’area, inoltre, si riscontra la presenza di una falda idrica ad una profondità di circa 4 mt. dal p.c., le cui escursioni del

pelo libero sono tali da non interferire con le strutture di fondazione delle opere in oggetto;

- il sedime di fondazione è costituito da depositi alluvionali costituiti da limi argillosi di colore marrone, superficialmente

è presente una coltre di terreno di riporto del lo spessore di circa 0,70-0,90 mt.;

- sulla base delle velocità delle onde di taglio mediate sui primi 30 mt di terreno (Vs30), ………. Omissis ……. I terreni

individuati nella presente indagine appartengono alla CATEGORIA STRATIGRAFICA B, ovvero depositi di “sabbie o

ghiaie molto addensate o argille molto consistenti, con spessori di diverse decine di metri caratterizzate da un graduale

miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità ….. omissis

Dall’analisi della relazione geologica, redatta dal Geol. Massimiliano Guidi, si è rilevato pertanto

che il manufatto fonda su limi argillosi, che presentano i seguenti parametri geotecnici:

- angolo d’attrito interno φ = 19.7°

- coesione c’= 0,03 kg/cm2

- peso di volume γ = 1,97 t/m3

Il carico limite del complesso fondazione – terreno, ricavato con i parametri forniti nella relazione

geologica sopra riportati, adottando la formula di Terzaghi per fondazioni superficiali con

coefficiente di sicurezza pari a 3, è risultato pari a :

Qamm=8.62 / 3 =2,87 Kg/cm2

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In ottemperanza alle NTC di cui al Decreto Ministeriale del 14/01/2008 è stata eseguita

inoltre dal Geologo Dott. Guidi una indagine Geofisica Down Hole che ha consentito di

classificare il terreno di sedime dello stabilimento appartenente alla categoria Lito-

stratigrafica B (limi argillosi).

F) Criteri di calcolo ed analisi

La procedura per la valutazione della sicurezza dello stabilimento in esame è stata effettuata

attraverso l’analisi storica riguardante il manufatto, le modifiche subite nel tempo ed eventuali

eventi che lo hanno interessato, ed effettuando un rilievo geometrico strutturale sia della

geometria complessiva dell’organismo sia individuando l’organismo resistente della costruzione;

sono stati altresì verificati eventuali dissesti alla strutture di fondazione.

La valutazione della sicurezza è stata effettuata inoltre determinando la caratterizzazione

meccaniche dei materiali basata su verifiche visive in situ, e sulle indagini sperimentali di cui si è

detto.

I valori di resistenza dei materiali sono stati considerati sulla struttura “prescindendo” dalle classi

previste dalla normativa che regola le nuove costruzioni.

L’analisi e la verifica strutturale del capannone è stata effettuata pertanto sulla base di un

determinato “livello di conoscenza” e cioè secondo un livello di acquisizione dei dati riguardanti

gli elementi geometrici dell’edificio e della struttura, dei dettagli costruttivi e dei materiali utilizzati.

Sono stati inoltre definiti sulla base del “livello di conoscenza” LC dei “fattori di confidenza”

utilizzati poi come ulteriori coefficienti correttivi di sicurezza per tenere conto delle carenze nella

conoscenza dei parametri del modello.

La quantità e la qualità dei dati acquisiti e quindi il livello di conoscenza ci ha consentito di

determinare secondo l’attuale normativa da un lato “il metodo di analisi” da utilizzare nel calcolo e

dall’altro “i fattori di confidenza” da applicare alle proprietà dei materiali quali coefficienti correttivi

delle caratteristiche meccaniche dei materiali da adoperare nelle verifiche di sicurezza.

Il tipo di analisi e i valori dei fattori di confidenza sono stati determinati distinguendo tre livelli di

conoscenza sotto riportati:

- LC1 conoscenza limitata;

- LC2 conoscenza adeguata;

- LC3 conoscenza accurata.

Per quanto riguarda le proprietà dei materiali queste sono state ricavate facendo riferimento ai

valori usuali della pratica costruttiva dell’epoca convalidati però dalle prove in situ di cui sopra.

Dai dati acquisiti è stato definito il livello di conoscenza da considerare nel calcolo, questo

corrispondente al livello LC2 e cioè ad un livello di conoscenza adeguata. A questo livello di

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conoscenza corrisponde secondo la Normativa Tecnica una verifica mediante un’analisi

strutturale di tipo lineare statica o dinamica.

La valutazione della sicurezza, secondo il livello di conoscenza LC2, ci ha consentito poi di

accertare se l’uso della costruzione, come in atto si trova, possa continuare senza interventi o se

sia necessario procedere ad aumentare o ripristinare la sua capacità portante.

In genere gli interventi sugli edifici esistenti vengono classificati come appresso segue:

- interventi di adeguamento atti a conseguire i livelli di sicurezza previste dalla Normativa

Tecnica vigente;

- interventi di miglioramento atti ad aumentare la sicurezza strutturale esistente, senza la

necessità di raggiungere i livelli richiesti dalla Normativa vigente;

- riparazioni o interventi locali: sono interventi che interessano elementi isolati e che comunque

comportino miglioramento delle condizioni di sicurezza preesistenti.

Gli interventi di adeguamento si riferiscono ad eventuali lavori ancora da eseguire come ad

esempio: sopraelevare o ampliare la costruzione, apportare variazioni alla destinazione d’uso che

comportino incrementi globali in fondazione superiori al 10% ed effettuare interventi strutturali che

portino ad un organismo edilizio diverso dal precedente.

Gli interventi di miglioramento si riferiscono invece ad interventi su strutture esistenti finalizzati ad

accrescere la loro capacità di resistenza alle azioni considerate non necessariamente in

conformità della Normativa Tecnica vigente.

Nel caso in esame, trattandosi di una struttura esistente, si è scelto di eseguire la verifica di

sicurezza con riferimento alla tipologia di intervento di “miglioramento”, in quanto non

ricorrono le condizioni specificate per gli interventi di adeguamento riportate sopra.

Criteri generali di analisi e verifica

G) Normativa di riferimento

I calcoli sono stati eseguiti come previsto dalla seguente normativa:

- D.M. 14 gennaio 2008 “Norme tecniche per le costruzioni”;

- Circolare 02 febbraio 2009 n° 617/C.S.LL.PP.;

- Eurocodice 2 – UNI EN 1992-1-1 “Progettazione delle strutture in calcestruzzo”;

- Eurocodice 3 – ENV –1-1 “Progettazione delle strutture di acciaio”;

- EN 10025, EN 10210, EN 10219-1;

- Eurocodice 7 – UNI EN 1997-1 “Progettazione geotecnica”

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H) Generalità di calcolo

I calcoli strutturali sono stati eseguiti conformemente a quanto previsto dal D.M. 14/01/2008

vigente determinando preliminarmente la vita nominale del capannone VN intesa quest’ultima

come il numero di anni nei quali la costruzione, soggetta alla manutenzione ordinaria, deve poter

essere usata allo scopo al quale è destinata.

I calcoli strutturali sono stati effettuati prendendo in considerazione gli stati limiti ultimi (SLU)

che si possono verificare durante la vita nominale VN dell’edificio.

Per stati limite SLU si intende:

SLU capacità di evitare crolli, perdite di equilibrio e dissesti gravi, totali o parziali, che

possano compromettere l’incolumità delle persone;

La vita nominale della struttura in oggetto VN (art.2.4.1) viene determinata in base alla tipologia

di costruzione che si vuole realizzare (vedi tab.2.4.I).

Nel caso in esame la vita nominale dell’edificio VN è stata fissata in VN ≥ 50 anni (“edificio

e/o opera ordinaria”).

Per il calcolo delle sollecitazioni sismiche vengono altresì fissati la classe d’uso (art.2.4.2) e il

periodo di riferimento VR (art.2.4.3).

La classe d’uso definisce la conseguenza di un’interruzione di operatività o eventuale collasso

dell’edificio; nel nostro caso è stato valutato l’edificio appartenente alla Classe II – costruzioni il

cui uso prevede normali affollamenti, senza contenuti pericolosi per l’ambiente e senza funzioni

pubbliche e sociali essenziali -.

Il periodo di riferimento VR viene determinato in funzione della seguente espressione (art. 2.4.3):

VR = VN * CU = 50 * 1,0 = 50 anni

Dove VN è la vita nominale dell’edificio e CU è il coefficiente d’uso (tab.2.4.II).

Il coefficiente d’uso CU è un coefficiente che varia in funzione della classe d’uso dell’edificio

sopra definita e viene rilevato dalla tabella (2.4.II). Nel nostro caso, edificio di classe II, il valore

corrispondente di CU rilevato dal tab. 2.4.II è pari a CU = 1,0

La valutazione della sicurezza delle strutture è stata determinata applicando infine il metodo

semiprobabilistico agli stati limiti confrontando la resistenza degli elementi strutturali (Rd) con gli

effetti delle azioni applicate (Ed) dovendo risultare per la sicurezza:

Rd≥ Ed

I calcoli sono stati eseguiti effettuando una prima verifica considerando il manufatto con le

caratteristiche geometriche e meccaniche degli “elementi strutturali preesistenti” (verifica dello

stato attuale), individuando in questo modo quelle parti del modello inadeguati ai fini della

stabilità e conseguentemente progettando gli interventi di miglioramento strutturali necessari per

la stabilità dello stabilimento, quali ad esempio l’inserimento di n°2 colonne, l’inserimento di travi

di bordo, ecc. . Successivamente tenuto conto delle deficienze strutturali riscontrati con la

12

precedente verifica è stata eseguita una seconda verifica riguardante il calcolo delle strutture

completo degli interventi di miglioramento progettati (verifica ad interventi eseguiti).

In definitiva sono state eseguite due verifiche globali:

- una prima verifica, globale, riguardante il manufatto composto dalle strutture attuali,

denominata “verifica dello stato attuale ";

- una seconda verifica, globale, denominata “verifica ad interventi eseguiti”, riguardante il

calcolo delle strutture del manufatto completo degli interventi di miglioramento sismico

desunti dalla prima verifica.

L’elaborazione dei calcoli, “verifica dello stato attuale”, ha fornito valori di sollecitazione

sulle strutture rientranti, per la maggior parte, nei limiti imposti dalla normativa tecnica per

quegli elementi strutturali per cui i valori di sollecitazioni superano lo stato limite ultimo

sono stati progettati, ove possibile, degli interventi di miglioramento come descritto in un

successivo paragrafo..

L’analisi della struttura (verifica dello stato attuale e verifica ad interventi eseguiti) è stata

realizzata con il metodo degli spostamenti per la valutazione dello stato tensionale e deformativi

indotto dai carichi statici e con il metodo dell’analisi modale e dello spettro di risposta in termini

di accelerazione per la valutazione dello stato tensionale e deformativo indotto dai carichi

dinamici,

I) Caratteristiche meccaniche dei materiali utilizzati o da utilizzare

Come già detto al fine di determinare le caratteristiche meccaniche delle strutture in c.a. in

fondazione sono stati eseguiti due interventi di carotaggio sul calcestruzzo (su un plinto ed su

una rave di collegamento dei plinti); e sono state eseguite, in base alla Normativa UNI EN 12390-

3, due prove di schiacciamento che ha permesso di determinare la resistenza cilindrica fck dei

due provini in CLS.

Dagli esiti delle prove è risultato:

- Calcestruzzo (certificato n.17473 del 20/07/2011)

Data estrazione Riferimento Carico di rottura Resistenza a rottura

13/07/2011 Plinto esterno 143,4 kN 20,7 N/mmq

13/07/2011 Pilastro Perimetrale 138,8 kN 20,0 N/mmq

13/07/2011 Plinto interno 102,3 kN 14,7 N/mmq

Con i dati sopra riportati è stato possibile considerare per le strutture in c.a. in fondazione

un calcestruzzo C 20/25 (Rck 25 N/mm2 ) con resistenza caratteristica a compressione fcd =

13

12,0 N/mm2. Stesso tipo di calcestruzzo sarà utilizzato per gli interventi di miglioramento

previsti.

- Calcestruzzo C25/30 ed armature B450C

Secondo la normativa vigente, per una corretta progettazione ed esecuzione delle strutture in

cemento armato, il calcestruzzo sarà specificato in funzione della classe di resistenza, della

classe di esposizione, della classe di consistenza, della dimensione nominale massima

dell'aggregato e della prevista vita utile.

classe di esposizione: XC1;

a/cmax: 0,60;

dosaggio minimo di cemento (kg/m3): 300;

classe di resistenza: C25/30;

classe di consistenza: S4 - consistenza fluida “slump”

da 160 a 210 mm;

Dimensione massima dell'aggregato: 32 mm;

Vita Nominale: 50 anni;

Modulo elastico: E=31476 N/mm2

Armature B450C fyk= 450 N/mm2

Per determinare inoltre le caratteristiche meccaniche dei profili in acciaio è stato prelevato un

componente della capriata che è stato sottoposto successivamente a prova di trazione in

laboratorio.

Dall’esame delle prove di laboratorio è risultato:

- Profilo angolare in acciaio (certificato n.17514 del 02/08/2011)

Sezione Tensione di snervamento Tensione di rottura

L50x5 337,1 N/mm2 458,5 N/mm

Ai fini della verifica del modello di calcolo è stata considerata per i profili in acciaio

preesistenti (assimilabili a Fe430B-S275) una tensione di rottura pari a fd= 275 N/mm2

- Profili e piatti in acciaio Fe430B (S275)

L’acciaio dei profili esistenti e da utilizzare per gli interventi di miglioramento pertanto è stato

assimilato all’acciaio S275 con le seguenti caratteristiche meccaniche:

14

- Tensione di snervamento: fyk (vedi tabella);

- Tensione di rottura: ftk (vedi tabella);

- Modulo elastico: E=210000 N/mm2;

- Modulo di elasticità trasversale: G=80700 N/mm2;

- Saldature di 2° classe

Le saldature da realizzare saranno del tipo manuale ad arco con elettrodi rivestiti E44 di classe 2,

conformi alle norme UNI 5132 e caratteristiche meccaniche appresso riportate:

- Tensione di trazione: σ = 234 N/mm2

- Tensione tangenziale: τ = 135 N/mm2

- Bulloni

I bulloni da adoperare saranno del tipo normale, classe vite 6.6 e classe dadi 5S, conformi per

caratteristiche dimensionali alle UNI5727, UNI5592 e UNI5591, con le seguenti caratteristiche:

- Tensione di trazione: fdN = 360 N/mm2

- Tensione tangenziale: fdV = 255 N/mm2

- Tirafondi

I tirafondi da utilizzare saranno del tipo normale, classe vite 4.6 e classe dadi 4A, conformi per

caratteristiche dimensionali alle UNI5727, UNI5592 e UNI5591, con le seguenti caratteristiche:

- Tensione di trazione: fdN = 240 N/mm2

- Tensione tangenziale: fdV = 170 N/mm2

J) Codice di calcolo

L’analisi viene eseguita con Il codice di calcolo ALGOR SUPERSAP prodotto dalla ALGOR

INTERACTIVE SYSTEMS, Inc. Pittsburgh, PA, USA. “Software Registration Card – SIM # 16307 –

Customer number: 910702010 – Service number: DE23424” con pre e post solutore della 2SI

fornito dalla 2S.I. SOFTWARE E SERVIZI PER L'INGEGNERIA SRL, P.tta Schiatti 8/b, 44100

FERRARA (ITALY), tel. 39 532 200091 – fax 39 532 200086 “Contratto di licenza - codice

identificativo 000271/cli”.

15

Si sottolinea che il solutore ALGOR SUPERSAP e' stato sottoposto, con esito positivo e relativa

certificazione, ai test NAFEMS (test di confronto della National Agency for Finite Element Methods

and Standards in Inghilterra).

Inoltre il solutore ALGOR SUPERSAP e' soggetto ad attività di controllo ai sensi della QA (quality

assurance), condizione essenziale per l'utilizzo dei codici di calcolo nell'ambito della

progettazione delle strutture degli impianti nucleari negli Stati Uniti d’America ed off-shore.

In relazione al controllo e al riscontro sull’affidabilità e sulla robustezza dei prodotti software si

evidenzia che la fase di progetto degli algoritmi è stata preceduta dalla ricerca di risultati di

confronto reperibili in bibliografia o riproducibili con calcoli manuali ed è stato testato, confrontato

e controllato anche da tecnici esterni qualificati.

La documentazione fornita dal produttore, facilmente reperibile nel sito www.2si.it contiene un

esauriente descrizione delle basi teoriche e degli algoritmi impiegati, l’individuazione dei campi

d’impiego, nonché casi prova interamente risolti e commentati.

K) Modellazione strutturale

La modellazione della struttura consiste nella individuazione dello schema statico della stessa e

nella definizione delle proprietà di tutti gli elementi componenti lo schema statico. Lo schema

statico è realizzato unicamente con nodi ed elementi strutturali. Per il programma un nodo è un

punto nello spazio individuato dalle coordinate cartesiane X,Y,Z, in un sistema di riferimento

globale destrogiro con asse Z verticale.

Gli elementi strutturali vengono poi sono suddivisi in tre categorie:

1. Elementi monodimensionali la cui schematizzazione è definita da due nodi (indicati

nell’ambito del programma come D2);

2. Elementi bidimensionali la cui schematizzazione è definita da tre o quattro nodi (indicati

nell’ambito del programma come D3);

3. Elementi tridimensionali la cui schematizzazione è definita da un numero di nodi variabile

tra quattro e otto (indicati nell’ambito del programma come Solidi);

4. Elementi multifunzione solaio e balcone;

Vengono di seguito precisate le proprietà di nodi ed elementi strutturali che realisticamente

rappresentano la struttura in fase di progetto.

Proprietà dei nodi

Ogni nodo possiede sei gradi di libertà, tre traslazioni e tre rotazioni: traslazione X (Tx),

traslazione Y (Ty), traslazione Z (Tz), rotazione X (Rx), rotazione Y (Ry), rotazione Z (Rz).

Il programma gestisce automaticamente la numerazione dei nodi, qualora vi siano elementi

strutturali non agganciati a nodi esistenti, il comando "Check dati struttura" risolve ogni

incongruenza.

16

Le proprietà essenziali di un nodo sono le seguenti: coordinata X, coordinata Y, coordinata Z,

codice di vincolo rigido per ciascuno dei gradi di libertà, codice di vincolo elastico per

ciascuno dei gradi di libertà, tipologia di fondazione presente nel nodo.

Proprietà degli elementi monodimensionali (D2) Elementi tipo Beam

Sono elementi a due nodi formulati nello spazio. Un terzo nodo supplementare, il “Nodo K”, è

usato per gestire l’orientamento della sezione della trave nello spazio. Per questi elementi sono

definiti al massimo tre gradi di libertà traslazionali e tre gradi di libertà rotazionali. Agli estremi dell’

elemento sono determinate le sei componenti della sollecitazione: tre momenti (torcente e due

flettenti), sforzo assiale e due sforzi taglianti. Possono essere applicate variazioni termiche, carichi

inerziali, distribuiti e concentrati sia agli estremi che in posizioni intermedie all’elemento.

Ogni elemento D2 è individuato dal nodo iniziale e dal nodo finale.

Ad ogni elemento D2 è associato un sistema di riferimento locale destrogiro 1, 2, 3. Il programma

provvede automaticamente alla definizione del succitato sistema secondo la seguente regola:

Elementi verticali:

- asse 1) diretto dal nodo iniziale al nodo finale, ovvero diretto secondo l’asse Z globale

positivo;

- asse 2) diretto secondo l’asse X globale negativo;

- asse 3) diretto secondo l’asse Y globale negativo;

Elementi non verticali:

- asse 1) diretto dal nodo iniziale al nodo finale (di norma con proiezione positiva sull’asse X

globale o sull’asse Y globale);

- asse 2) ortogonale all’asse 1) e contenuto nel semipiano verticale superiore passante per i

nodi dell’elemento;

- asse 3) ortogonale all’asse 1) e al semipiano di cui sopra (pertanto è orizzontale);

17

Proprietà degli elementi bidimensionali (D3) Elementi tipo tridimensionali in stato piano di tensione

Sono elementi a tre - quattro nodi formulati nello spazio. Per questi tipi di elementi sono definiti al

massimo tre gradi di libertà traslazionali, rispettivamente in X, Y e Z . Sono definite solo le

rigidezze appartenenti al piano dell’elemento e conseguentemente, sono ammissibili solo stati

piani di sollecitazione (membranali). I risultati in termini di sollecitazione sono riportati ai nodi di

definizione. All’ elemento è assegnato uno spessore uniforme. Possono essere applicate

variazioni termiche, carichi inerziali e carichi laterali.

Elementi tipo Plate/Shell

Sono elementi a tre - quattro nodi formulati nello spazio. Per questi tipi di elementi sono definiti

cinque gradi di libertà, tre traslazioni e due rotazioni nel piano dell’elemento. Sono definite le

rigidezze nel piano (membranali) e fuori dal piano (flessionali). Possono essere applicate

variazioni termiche, carichi inerziali e carichi di pressione.

Ogni elemento D3 è individuato da tre o quattro nodi (denominati in seguito I, J, K, L).

Le proprietà essenziali di un elemento D3 sono le seguenti: tipo di comportamento, spessore,

materiale, orientamento, posizionamento.

18

Sono previsti tre tipi di comportamento per gli elementi D3:

1. Elemento a tre gradi di libertà per nodo (denominato membrana);

2. Elemento a cinque gradi di libertà per nodo (denominato shell);

3. Elemento a cinque gradi di libertà per nodo su suolo elastico alla Winkler (denominato shell di

fondazione);

La precisazione del tipo di comportamento è necessaria per individuare il tipo di elemento finito

adottato in modellazione.

Ad ogni elemento D3 è associato un sistema di riferimento locale destrogiro 1, 2, 3.

Il programma provvede automaticamente alla definizione del succitato sistema. Gli asse 1) e 2)

sono contenuti nel piano dell’elemento, l’asse 3) è ortogonale all’elemento. Il programma di

norma dispone il sistema in modo che l’asse 3) sia diretto secondo l’asse globale Z positivo per

gli elementi non verticali, e secondo l’asse globale X o Y positivo per gli elementi verticali.

Risoluzione problemi strutturali

Il codice di calcolo ALGOR SUPERSAP risolve i problemi strutturali utilizzando il metodo degli

elementi finiti che approssimano le equazioni differenziali che governano un sistema continuo

(solido elastico) con un sistema di equazioni algebriche in un numero finito di incognite.

Il metodo ad elementi finiti è caratterizzato dalle seguenti fasi:

1. Discretizzazione del corpo, cioè scelta di elementi tra loro connessi in certi punti nodali.

2. Determinazione delle matrici di rigidezza degli elementi e dei vettori delle forze nodali.

3. Assemblaggio delle matrici di rigidezza degli elementi e dei vari vettori delle forze nodali

per l’intero sistema di elementi e nodi.

4. Introduzione delle condizioni al contorno.

5. Soluzione delle equazioni del sistema risultante.

6. Calcolo delle deformazioni e degli sforzi in base agli spostamenti nodali.

L’ipotesi fondamentale su cui si basa il codice di calcolo consiste nell’assunzione che tutte le

possibili configurazioni deformate dell’elemento finito si possano scrivere come combinazione

lineare degli spostamenti e delle rotazioni dei singoli nodi.

19

Più genericamente il singolo spostamento è pari a: ( ) ( ) ( )j ju P N P N Pδ δ δ= =∑ dove Nj sono le

funzioni di forma e N è la matrice delle funzioni di forma.

Il codice di calcolo sceglie le funzioni di forma in modo tale che la configurazione finale

dell’elemento strutturale coincide con gli spostamenti dei singoli nodi che discretizzano la

struttura.

In particolare il programma di calcolo per ricavare la matrice di rigidezza dell’elemento finito fa

riferimento al principio degli spostamenti virtuali applicato al singolo elemento:

, ,

e e e es s

TT n T T T n Tu bdV u pdS U bdV u pdS U Fδ δ δ δ δΩ Γ Ω Γ

⋅ + ⋅ = ⋅ Φ ⋅ + ⋅ =

∫ ∫ ∫ ∫

dove:

- uδ è lo spostamento;

- b è il vettore delle forze di massa;

- p è il vettore delle forze di superficie;

Per l’intera struttura il principio dei lavori virtuali assume la seguente forma:

( ), ,n T n n n T

ne ne

U KU MU U Fδ δ⋅ + = ⋅∑ ∑&& (1)

dove:

- K è la matrice di rigidezza del singolo elemento che il programma assembla

automaticamente come riportato appresso e una volta note le caratteristiche

geometriche dell’elemento strutturale ed il legame costitutivo dei materiali impiegati;

- M è la matrice di massa dell’elemento che il programma assembla automaticamente

una volta note le densità dei materiali d’impiego e le caratteristiche geometriche

degli elementi strutturali;

- Un è il vettore degli spostamenti nodali dell’elemento (parte incognito e parte nota) che il

programma ricava dalla risoluzione dell’equazione (1);

- F è il vettore delle forze nodali (termine noto).

Più dettagliatamente:

-Per l’elemento monodimensionale asta la matrice di rigidezza assume la forma:

1 1

1 1EA

KL

− = −

dove:

- E è il modulo di elasticità del materiale;

- A è l’area della sezione;

- L è la luce

-Per l’elemento trave la matrice di rigidezza assume la forma:

20

2 2

2 2

12 6 12 6

6 64 2

12 6 12 6

6 62 4

L L L L

EJ L LKL

L L L L

L L

− −

= − − − −

- Per l’elemento shell la matrice di rigidezza assume la forma:

( ) ( )dete e

T TK B D BdV B DB Jdrdsξ ξΩ Ω

= ⋅ ⋅ =∫ ∫

dove:

- B è una matrice che dipende dalle funzioni di forma;

- D è una matrice che dipende dalle caratteristiche del materiale;

-

1 2

1 2

x x

r rJx x

s s

∂ ∂ ∂ ∂=

∂ ∂ ∂ ∂

Il codice di calcolo, risolta l’equazione 1, perviene alla determinazione degli spostamenti e

rotazione nei nodi che permettono di ricavare i diagrammi di sforzo normale, taglio, momento

flettente e momento torcente.

Per l’affidabilità del codice di calcolo si rimanda in calce all “Affidabilità del codice di calcolo”.

Di seguito si riportano i due schemi rappresentativi dei modelli di calcolo del capannone allo stato

attuale ed ad interventi eseguiti.

Modello di calcolo “verifica dello stato attuale”

21

Modello di calcolo “verifica ad interventi eseguiti”

L) Verifica delle sezioni in acciaio

La progettazione degli elementi strutturali avviene solo dopo che il programma ha calcolato le

sollecitazioni agenti sulla struttura e corrispondenti alle azioni di calcolo.

La valutazione delle sollecitazioni sulla struttura è effettuato tramite analisi elastica lineare (statica

per quanto riguarda le azioni del vento, dinamica per quanto riguarda le azioni del sisma).

Verifiche agli stati limite ultimi § 4.2.4.1

Resistenza di calcolo §4.2.4.1.1

La resistenza di calcolo delle membrature Rd è stata posta nella forma:

kd

M

RR

γ=

dove:

- Rk è il valore caratteristico della resistenza (trazione, compressione, flessione, taglio e

torsione) determinata dai valori caratteristici della resistenza dei materiali fyk e dalle

caratteristiche degli elementi strutturali, dipendenti dalla classe della sezione.

- γM è il fattore parziale globale relativo al modello di resistenza adottato.

In particolare i valori scelti di γM sono riportati nella seguente tabella:

22

Resistenza delle sezioni di Classe 1-2-3-4 γM0 = 1,05

Resistenza all’instabilità delle membrature γM1 = 1,05

Resistenza, nei riguardi della frattura, delle sezioni tese (indebolite dai fori) γM2 =1,25

Resistenza delle membrature § 4.2.4.1.2

Per la verifica delle travi in campo elastico si applica il criterio di Huber – Hencky – Von Mises

modificato, in particolare per ogni punto della struttura sarà verificato che:

2

2 2 2, , , ,

0

3 ykx Ed z Ed z Ed x Ed Ed

M

fσ σ σ σ τ

γ

+ − + ≤

dove:

- 2,x Edσ è il valore di calcolo della tensione normale nel punto in esame, agente in direzione

parallela all’asse della membratura;

- 2,z Edσ è il valore di calcolo della tensione normale nel punto in esame, agente in direzione

ortogonale all’asse della membratura;

- Edτ è il valore di calcolo della tensione tangenziale nel punto in esame, agente nel piano

della sezione della membratura.

Flessione retta

Si è verificato che per gli elementi strutturali soggetti a flessione retta si abbia:

,

1Ed

c Rd

M

M≤

dove:

- EdM è il momento flettente;

- ,c RdM è la resistenza di calcolo a flessione della sezione e vale:

23

, ,0

,min, ,

0

,min,

0

(1,2)

(3)

(4)

pl ykc Rd pl Rd

M

el ykc Rd el Rd

M

eff ykc Rd

M

W fM M

W fM M

W fM

γ

γ

γ

= =

= = =

Taglio

Si è verificato che per gli elementi strutturali soggetti a taglio si abbia:

,

1Ed

c Rd

V

V≤

dove:

- EdV è il taglio agente nella sezione;

- ,c RdV è la resistenza di calcolo a taglio della sezione senza torsione e vale: ,

03v yk

c Rd

M

A fV

γ= ;

- Av area resistente a taglio;

L’area resistente a taglio Av è stata determinata nella maniera appresso riportata.

Per profilati ad I e ad H caricati nel piano dell’anima si è assunto:

2 ( 2 )v f w fA A bt t r t= − + +

Per profilati a C e ad U caricati nel piano dell’anima si è assunto:

2 ( )v f w fA A bt t r t= − + +

Per profilati ad I e ad H caricati nel piano delle ali si è assunto:

v w wA A h t= −∑

Per profilati a T caricati nel piano dell’anima si è assunto:

0,9( )v fA A bt= −

Per profilati rettangolari cavi “profilati a caldo” di spessore uniforme si è assunto:

( )v

AhA

b h=

+ quando il carico è parallelo all’altezza del profilo;

( )v

AbA

b h=

+ quando il carico è parallelo alla base del profilo;

dove:

- A è l’area lorda della sezione del profilo;

- b è la larghezza delle ali per i profilati e la larghezza per le sezioni cave;

- hw è l’altezza dell’anima;

24

- h è l’altezza delle sezioni cave;

- r è il raggio di raccordo tra anima ed ala;

- tf è lo spessore delle ali;

- tw è lo spessore dell’anima.

Torsione

Si è verificato che per gli elementi strutturali soggetti a taglio si abbia:

1Ed

Rd

T

T≤

dove:

- RdT è la resistenza torsionale della sezione;

- EdT è la torsione agente pari a , ,Ed t Ed w EdT T T= + somma della torsione uniforme ,t EdT e della

torsione ,w EdT per ingobbamento impedito.

Presso o tenso flessione retta

Per le sezioni ad I o ad H di classe 1 e 2 doppiamente simmetriche, soggette a presso o tenso

flessione nel piano dell’anima, la corrispondente resistenza convenzionale di calcolo a flessione

retta è stata valutata come:

, ,, , , ,

(1 )

(1 0,5 )pl y Rd

N y Rd pl y Rd

M nM M

a

−= ≤

Per le sezioni ad I e ad H di classe 1 e 2 doppiamente simmetrica, soggette a presso o a tenso

flessione nel piano delle ali, la corrispondente resistenza convenzionale di calcolo a flessione retta

è stata valutata come:

, , , ,

2

, , , , 11

N z Rd pl z Rd

N z Rd pl z Rd

M M n a

n an aM M

a

= ≤

>− = − −

essendo:

- Mpl,y,Rd il momento resistente plastico a flessione semplice nel piano dell’anima;

- Mpl,z,Rd il momento resistente plastico a flessione semplice nel piano delle ali

e ponendo:

,

Ed

pl Rd

Nn

N= e

( )20,5

fa bta

A

−= ≤

25

M) Verifica delle sezioni in c.a.

La progettazione degli elementi strutturali avviene solo dopo che il programma ha calcolato le

sollecitazioni agenti sulla struttura e corrispondenti alle azioni di calcolo.

La valutazione delle sollecitazioni sulla struttura è effettuato tramite analisi elastica lineare (statica

per quanto riguarda le azioni del vento, dinamica per quanto riguarda le azioni del sisma).

In particolare, per la determinazione delle sollecitazioni agenti sulla struttura il programma di

calcolo assume le seguenti ipotesi:

- sezioni interamente reagenti con rigidezze valutate riferendosi al solo calcestruzzo;

- legame costitutivo tensioni-deformazioni lineare;

- valori medi del modulo d’elasticità.

Una volta calcolate le sollecitazioni viene effettuato il progetto-verifica delle sezioni agli stati limite

ultimi e di esercizio.

In particolare le verifiche agli stati limite ultimi degli elementi monodimensionali vengono eseguite

con le seguenti ipotesi restrittive:

- conservazione delle sezioni piane;

- perfetta aderenza acciaio-calcestruzzo;

- resistenza a trazione del calcestruzzo nulla;

- rottura del calcestruzzo per eccesso di deformazione a compressione;

- rottura a dell’armatura tesa per eccesso di deformazione a trazione.

Per la verifica agli stati limite ultimi si considera un diagramma tensione–deformazione del

calcestruzzo di tipo parabola-rettangolo, noto una volta stabilita la resistenza di calcolo del

calcestruzzo fcd.

Il diagramma tensione–deformazione relativo all’acciaio è del tipo elasto-perfettamente-plastico,

noto una volta conosciuto il tipo di acciaio utilizzato e la sua resistenza di calcolo fyd.

26

Successivamente il programma effettua la verifica dei pilastri a pressoflessione deviata che viene

eseguita tramite la seguente relazione:

1≤

+

αα

Rzd

Ezd

Ryd

Eyd

M

M

M

M

dove:

- MEyd, MEzd sono i valori di calcolo delle componenti di flessione retta dell’azione attorno

agli assi 2-2, 3-3;

- MRyd, MRzd sono i valori di calcolo dei momenti resistenti di pressoflessione retta

corrispondenti a NEd valutati attorno agli assi 2-2 e 3-3;

- α = 1

Il programma di calcolo effettua la verifica delle travi a pressoflessione retta controllando che

MRd> MRd(NEd)≥ Med

dove:

- MRd è il valore di calcolo del momento resistente corrispondente a NEd;

- NEd è il valore di calcolo della componente assiale (sforzo normale) dell’azione;

- MEd è il valore di calcolo della componente flettente dell’azione.

La verifica delle lastre-piastre viene eseguito a sforzo normale eccentrico considerando un

numero adeguato di sezioni generate per rotazione attorno alla normale dell’elemento al nodo.

Nel caso in cui la tensione tangenziale superi il limite previsto da normativa il programma avverte

della necessità di armare a taglio l’elemento strutturale.

Per gli elementi strutturali dotati di specifica armatura a taglio la verifica viene eseguita sulla base

di un’adeguata schematizzazione a traliccio composto da armature trasversali, armature

longitudinali, correnti compressi e puntoni d’anima.

La verifica di resistenza (SLU) è soddisfatta se il valore di calcolo dello sforzo tagliante ( RdV )

dell’elemento strutturale è maggiore del taglio di calcolo agente ( EdV ):

27

EdRd VV ≥

La resistenza di calcolo a taglio dell’armatura trasversale viene calcolata tramite la seguente

relazione:

αϑα senctgctgfs

AdV yd

swRsd )(9,0 +=

La resistenza di calcolo a taglio del calcestruzzo d’anima viene calcolata con la seguente

relazione:

' 20,9 ( ) / (1 )Rcd w c cdV db f ctg ctg ctgα α ϑ ϑ= + +

Si assume che la capacità di resistenza a taglio della sezione sia la minore tra le due.

),min( RcdRsdRd VVV =

N) Analisi dei carichi

I carichi considerati agenti su entrambi i modelli di calcolo, ”verifica dello stato attuale” e

“verifica ad interventi eseguiti”, riguardano il peso proprio strutture, i carichi permanenti

(copertura), i carichi accidentali (neve e vento), la variazione termica ∆T e le azioni sismiche.

Di seguito si riporta l’analisi dei carichi relativa ai due modelli di calcolo.

-Peso Proprio (Pp)

Il peso proprio viene valutato automaticamente dal programma di calcolo una volta note le

caratteristiche dei materiali costituenti lo scheletro resistente dell’edificio.

Stato attuale

28

Stato futuro

-Peso copertura (15 kg/m2)

Capriata passo arcarecci 1,35 m: Qp1 = 15 x 1,35 = 20,25 kg/ml

Capriate passo arcarecci 1,30 m: Qp1 = 15 x 1,30 = 19.5 kg/ml

Qp2 = 15 x 1,30/2 = 9.75 kg/ml

Stato attuale

29

Stato futuro

-Neve (carico di tipo accidentale)

Il carico provocato dalla neve sulla copertura è stato valutato secondo l’espressione prevista al

punto 3.3.7 del D. M. 14/01/2008:

s i sk E tq xq xC xCµ=

dove :

- qs è il carico neve sulla copertura;

- µi è il coefficiente di forma della copertura fornito;

- qsk è il valore caratteristico di riferimento del carico neve al suolo;

- CE è il coefficiente di esposizione;

- Ct è il coefficiente termico.

Come indicato nel § 3.4.2 del D. M. 14/01/2008 il carico di neve al suolo qsk dipende dalle

condizioni locali del clima e di esposizione; nel caso in esame la costruzione ricade nel Comune

di Monreale (Zona III – as=330,00 m.) e si ha di conseguenza:

Il valore del coefficiente di esposizione CE viene determinato in funzione della topografia del

terreno, in particolare CE = 0,9 (aree pianeggianti non ostruite esposte su tutti i lati, senza

costruzioni o alberi più alti).

30

Il valore del coefficiente termico, in assenza di uno specifico studio è stato assunto pari a Ct =

1,0.

Il coefficiente di forma della copertura dipende dalla forma della copertura e dalla sua

inclinazione.

Poiché si hanno falde aventi la stessa pendenza e angolo di inclinazione pari ad α =2,0° e µi =

0,8.

Carico sugli arcarecci

Qa1= 54x1.35= 72.90 kg/ml

Qa2= 54x1.35/2= 36.45 kg/ml

Qa3= 54x1.30= 70.20 kg/ml

Qa4= 54x1.30/2= 35.10 kg/ml

Stato attuale

31

Stato futuro

-Vento (carico di tipo pseudo statico)

L’azione del vento viene considerata come una azione statica equivalente, che si traduce in

pressione o depressione agente in direzione normale alla superficie d’impatto.

Tale pressione è stata valutata secondo quanto indicato al punto 3.3.4 del D.M.14/01/2008 e

secondo l'espressione appresso riportata:

p= qb * ce * cp * cd

dove :

- qb è la pressione cinetica di riferimento ;

- ce è il coefficiente di esposizione ;

- cp è il coefficiente di forma ;

- cd è il coefficiente dinamico.

3.1 Calcolo della pressione cinetica di riferimento “qb”

La pressione cinetica di riferimento qb viene valutata secondo quanto previsto dal paragrafo 3.3.6

del suddetto D.M. 14/01/2008 con la seguente espressione:

21

2b bq vρ=

dove :

- Vb è la velocità di riferimento del vento in m/s;

- ρ è la densità dell’aria assunta convenzionalmente costante e pari a 1,25 N/m3

32

Il valore di Vb viene calcolato come indicato nella tabella 3.3.1 del § 3.3.2, in funzione della zona

di esposizione e dei coefficiente Vb,0, a0 e ka .

Per la Sicilia (zona 4) in tabella vengono riportati i seguenti valori:

- Vb,0 = 28 m/s;

- ao = 500 m;

- ka = 0,02 1/s.

Come prescritto nel § 3.3.2 Vb = Vb,0 se as risulta minore o uguale a a0.

Nel caso in esame, per il Comune di Monreale as = 330 m, quindi risulta che :

Vb = Vb,0 = 28 m/s

La pressione cinetica di riferimento risulta pari a:

21

2b bq vρ= = 211,25 28

2x x = 490 N/m2

3.2. Calcolo del coefficiente di esposizione “ce”

Il coefficiente di esposizione ce dipende dall’altezza della costruzione z sul suolo, dalla rugosità,

dalla topografia del terreno e dall’esposizione del sito ove sorge la costruzione. Secondo il §

3.3.7 il coefficiente ce viene calcolato secondo la formula:

ce (z) = 2rk *ct* ln (

0

z

z)*[ 7+ct * ln (

0

z

z) ] (1) per z ≥ zmin

ce (z) = ce (zmin ) (2) per z < zmin

dove:

- kr , z0, zmin sono assegnati in tabella 3.3.II in funzione della categoria di esposizione del

sito ove sorge la costruzione ;

- ct = coefficiente di topografia;

Come indicato nel suddetto paragrafo si ricava zmin in funzione della zona di esposizione, della

classe di rugosità del terreno, della distanza dalla costa e dell’altitudine del sito.

Per il caso in esame risulta:

- zona di esposizione 2;

- classe di rugosità D (aree prive di ostacolo o con al più rari ostacoli isolati);

- distanza dalla costa d = 10- 30 km ;

- altitudine 330 m

da cui ricaviamo:

- kr = 0,19;

- z0= 0,05;

- zmin = 4 m.

33

Poiché l’altezza z dell’edificio in questione è di 10 m e quindi maggiore di zmin , il valore del

coefficiente di esposizione è pari a ce (z)=2,35

3.3 Calcolo del coefficiente dinamico “cd”

Il valore del coefficiente dinamico risulta essere non significativo e quindi viene assunto cd =1.

3.4 Calcolo del coefficiente di forma “cp”

Il coefficiente di forma viene calcolato secondo quanto previsto nel § 3.3.10 delle “Istruzioni per

l’applicazione delle Norme tecniche per le Costruzioni”

Per la valutazione della pressione esterna si assumerà per elementi sopravento con inclinazione

sull’orizzontale 0<α<20° e per elementi sottovento cpe = -0,4 (I capannone), cp = e cp =

; si è considerato il valore più gravoso per cui cp = .

Per la seconda copertura (II capannone) il coefficiente relativo allo spiovente sopravento è stato

ridotto del 25% cp = -0,45.

Per la tettoia si sono assunti i seguenti coefficienti: cp = 0,8 (spiovente sopravento) e cp = 0,6

spiovente sottovento.

In definitiva si sono considerati i coefficienti di forma sulle capriate e sulle colonne come riportato

nello schema che segue:

Vento Direzione +X

Vx

2° Capannone

1° Capannone

Tettoia

Cp=0,6

Cp=0,6

Cp=

1,0Cp=0,6Cp=0,6

Cp=0,45

Cp=

1,0Cp=0,6Cp=0,8

Cp=1,4

Colonne

Vx1 = 49x2.35x1.4x0.22 = 35.5 kg/ml (tettoia)

Vx2 = 49x2.35x1.0x5.0 = 576 kg/ml (capannone)

Vx3 = 49x2.35x1.0x5.0/2 = 288 kg/ml (capannone)

Vx4 = 49x2.35x0.6x5.0 = 346 kg/ml (capannone)

Vx5 = 49x2.35x0.6x5.0/2 = 173 kg/ml (capannone)

Copertura

34

Stato attuale

35

Stato futuro

Vento Direzione – X

no

-Vx

Cp=1,4

Cp=0,6 Cp=0,8

Cp=

0,6

Cp=0,6

no

Cp=

0,6

Cp=0,6

Cp=1,0

Tettoia

1° Capannone

2° Capannone

Colonne

36

Copertura

Stato attuale

37

Stato futuro

Vento Direzione +Y

Colonne

38

Stato attuale

Stato futuro

39

- Dilatazione termica (∆∆∆∆T)

Le sollecitazioni indotte dalla dilatazione termica, vedi § 3.5.5 del D. M. 14/01/2008, non

costituiscono azione fondamentale per la sicurezza e per l’efficienza funzionale della struttura per

cui si tiene conto della sola componente ∆Tu uniforme sulla sezione e costante su ogni elemento

strutturale che si ricava dalla tabella 3.5.II

∆Tu= 25° gradi

Stato attuale

Stato futuro

40

- Sisma (relazione sulla modellazione sismica)

-Azione sismica (§ 3.2)

Le azioni sismiche di progetto, in base alle quali valutare il rispetto dei diversi stati limite

considerati, si definiscono a partire dalla “pericolosità sismica di base” del sito in costruzione.

La pericolosità sismica è definita in termini di accelerazione orizzontale massima attesa ag in

condizioni di campo libero su un sito di riferimento rigido con superficie orizzontale, nonché di

ordinate dello spettro di risposta elastico in accelerazione ad essa corrispondente Se(T), con

riferimento a prefissate probabilità di eccedenza PVR, nel periodo di riferimento VR.

In particolare la pericolosità sismica di un sito è descritta dalla probabilità che, in un fissato lasso

di tempo, in detto sito si verifichi un evento sismico di entità almeno pari ad un valore prefissato.

Nel D.M. 14/01/2008 tale lasso di tempo è denominato periodo di riferimento VR e la probabilità

è denominata “probabilità di eccedenza o di superamento nel periodo di riferimento” PVR.

Per applicare il D.M. 14/01/2008 le forme spettrali da cui ricavare l’azione sismica sono definite,

per ciascuna delle probabilità di riferimento PVR nel periodo di riferimento VR, a partire dai

seguenti parametri:

- ag accelerazione massima del sito fornita dall’Istituto Nazionale di Geofisica e

Vulcanologia;

- F0 valore massimo del fattore di amplificazione dello spettro in accelerazione

orizzontale;

- *CT periodo di inizio spettro a velocità costante dello spettro in accelerazione

orizzontale.

I valori di ag, F0 e *CT si ricavano dall’allegato B del D.M. 14/01/2008 in funzione della longitudine,

della latitudine del sito in costruzione e dal periodo di ritorno TR del sisma.

I valori sopradetti vengono riportati nel seguente paragrafo una volta determinato il periodo di

ritorno TR in funzione della probabilità di superamento PVR

-Stati limite e relative probabilità di superamento (§ 3.2.1)

La struttura è stata verificata considerando i seguenti 2 stati limite:

1. Stato limite di danno (SLD) per il quale a seguito del terremoto la struttura risulta

immediatamente utilizzabile senza mettere a rischio gli utenti e da non compromettere

significantemente la capacità di resistenza e rigidezza nei confronti dell’azioni verticale ed

orizzontali;

2. Stato limite di salvaguardia della vita (SLV) per il quale a seguito del terremoto la

costruzione conserva una parte di resistenza e rigidezza per azioni verticali e un margine

di sicurezza nei confronti del collasso per azioni sismiche orizzontali.

41

Ai due stati limite sono stati attribuiti secondo il D.M. 14/01/2008 valori di probabilità di

superamento PVR pari al 63% e al 10%.

Nota la probabilità di superamento PVR si ricava il periodo di ritorno del sisma TR attraverso la

relazione:

( )ln 1 ln(1 )NR

R uVR VR

VVT C x

P P= − = −

− −

Noto il periodo di ritorno del sisma e la longitudine e latitudine del sito in cui sorgerà la

costruzione si ricavano i valori di ag, F0 e *CT .

In particolare per il Comune di Monreale dove sorge la struttura in esame risulta:

- Longitudine 13.291 E

- Latitudine 38.082 N

ag S F0 Fv TB TC TD

SLO 0,044 1,200 2,31 0,657 0,113 0,339 1,778

SLD 0,062 1,200 2,32 0,782 0,121 0,363 1,849

SLV 0,182 1,200 2,39 1,378 0,136 0,409 2,329

SLC 0,236 1,169 2,44 1,601 0,144 0,431 2,545

- Categorie di sottosuolo e condizioni topografiche (§ 3.2.2)

Per determinare l’azione sismica in funzione delle caratteristiche del suolo, il D.M.14/01/2008

individua 5 diverse tipologie di terreno in funzione della resistenza penetrometrica dinamica

equivalente NSPT, 30, della resistenza non drenata equivalente cu,30 e della velocità equivalente

della propagazione delle onde di taglio VS,30. Nel nostro caso, come meglio specificato nella

relazione geologica a cura del Geologo Massimiliano Guidi la struttura, che realizzata nel

Comune di Monreale, è fondata su limi argillosi per cui il terreno appartiene alla categoria del

suolo B.

-Descrizione del moto sismico in superficie e sul piano di fondazione (§ 3.2.3.1)

L’azione sismica è caratterizzata da 3 componenti traslazionali, 2 orizzontali X e Y ed una

verticale Z che vengono considerate tra di loro indipendenti.

Le componenti così definite sono determinate in funzione dell’accelerazione massima e del

relativo spettro di risposta attesi in superficie.

-Spettro di risposta elastico in accelerazione delle componenti orizzontali (§ 3.2.3.2.1)

Lo spettro elastico fornisce il valore dell’azione sismica, valutato in termini di accelerazione, su di

una struttura elastica soggetta ad un terremoto. Esso è funzione del livello di sismicità della zona

42

considerata e delle caratteristiche geotecniche del suolo di fondazione. Una volta noto lo spettro

di risposta elastico è possibile derivare gli spettri da utilizzare in fase di progetto nel calcolo allo

stato limite di danno e di salvaguardia della vita.

Lo spettro di risposta elastico della struttura in funzione del periodo proprio di vibrare di questa

viene calcolato con le seguenti formule:

0 ≤ T<TB Se(T) = ag * S * η * F0 *0

11

*B B

T T

T F Tη

+ −

(1)

TB ≤ T<TC Se(T) = ag * S * η * F0

TB ≤ T<TC Se(T) = ag * S * η * F0 * CT

T

TD ≤ T Se(T) = ag * S * η * F0 * 2

C DT T

T

Con il seguente significato dei simboli:

- T è il periodo di vibrazione

- Se è l’accelerazione spettrale orizzontale

- S è un coefficiente che tiene conto della categoria del sottosuolo e delle condizioni

topografiche mediante la seguente relazione S = SS * ST

- 10

ξ=

+, dove ξ =1;

- F0 è il fattore che amplifica la forma spettrale;

- TC è il periodo corrispondente all’inizio del tratto a velocità costante dello spettro, dato da

TC = CC* *CT , dove *

CT è stato precedentemente determinato e CC è un coefficiente

funzione della categoria del sottosuolo (tab. 3.2.V);

- TB è il periodo corrispondente all’inizio del tratto dello spettro ad accelerazione costante

ed è definito come TB = 3CT ;

- TD è il periodo corrispondente all’inizio del tratto a spostamento costante, espresso in

secondi mediante la relazione TD = 4,0* 1,6ga

g+

-Amplificazione stratigrafica

Per la categoria di sottosuolo B i coefficienti SS e CC sono quelli previsti al §3.2.3.2.1 del D.M.

14/01/2008.

43

-Amplificazione topografica

Per tener conto delle condizioni topografiche si utilizzano i valori del coefficiente topografico ST

riportato nel tabella 3.2.VI, in funzione della categoria topografica e dell’ubicazione dell’opera.

Nel nostro caso risulta T1 (superficie pianeggiante) e ST = 1,0

-Spettro di risposta elastico in accelerazione della componente verticale (§ 3.2.3.2.2)

Lo spettro di risposta elastico in accelerazione della componente verticale è definito dalle

seguente espressioni:

0 ≤ T<TB Sve(T) = ag * S * η * Fv * 1

1*B V B

T T

T F Tη

+ −

(2)

TB ≤ T<TC Sve(T) = ag * S * η * Fv

TB ≤ T<TC Sve(T) = ag * S * η * Fv * CT

T

TD ≤ T Sve(T) = ag * S * η * Fv * 2

C DT T

T

Dove:

- T è il periodo di vibrazione;

- Sve è l’accelerazione spettrale verticale;

- Fv è il fattore che quantifica l’amplificazione spettrale massima mediante la relazione:

Fv = 1,35 * F0 *

0,5

ga

g

I valori dei parametri dello spettro di risposta elastico della componente verticale in funzione

della categoria del terreno di fondazione (B) sono pari a:

- SS = 1,0;

- TB = 0,05 s;

- TC = 0,15 s;

- TD = 1,0 s

-Spettri di progetto per gli stati limite ultimi (§ 3.2.3.5)

Al fine del progetto, le capacità dissipative della struttura sono messe in conto attraverso un

fattore riduttivo delle forze elastiche, denominato fattore di struttura q. In tal caso, lo spettro di

progetto Sd(T) sia per le componenti orizzontali che per la componente verticale, è lo spettro

44

elastico corrispondente riferito alla probabilità di superamento nel periodo di riferimento PVR con

le ordinate ridotte sostituendo nelle formule (1) e (2) η con 1

q.

-Fattore di struttura q (§ 7.3.1) e fattore di confidenza γγγγM

Il fattore di struttura q, dipende dalla tipologia strutturale, dalla classe di duttilità e dalla regolarità

strutturale.

La relazione utilizzata per il calcolo di q è la seguente:

q = q0 * KR

dove:

- q0 è il valore massimo del fattore di struttura che dipende dal livello di duttilità attesa, dalla

tipologia strutturale e dal rapporto 1

uαα

;

- KR è un fattore riduttivo che dipende dalle caratteristiche di regolarità in altezza della

costruzione

Nel caso in esame si ha:

- q0 = 4,0*1

uαα

= 4,0 *1,0 = 4,0

- KR = 0,8

In definitiva risulta:

q = q0 * KR = 4,0 * 0,8 = 3,2

Per la componente verticale dell’azione sismica il valore di q è pari a q = 1,5 (§ 7.3.1).

Il fattore di confidenza è stato posto nelle verifiche della struttura pari a γγγγM =1,2 (LC2)

-Combinazione dell’azione sismica con le altre azioni (§ 3.2.4)

Tutte le azioni agenti sulla struttura sono state combinate tra di loro secondo la seguente

relazione:

1 2 2 j kjj

G G E Qψ+ + +∑

gli effetti dell’azione sismica sono valutati tenendo conto delle masse associate ai seguenti

carichi gravitazionali:

1 2 2 j kjj

G G Qψ+ +∑

Nel nostro caso 2 jψ =0,3 per i carichi accidentali e 2 jψ = 0,0 per il carico da neve e vento

(tab.2.5.I).

45

Stato attuale

Sisma dinamico SLU αααα=0 (ecc. +)

Stato futuro

Sisma dinamico SLU αααα=0 (ecc. +)

46

O) Combinazione dei carichi

Si sono adottate le seguenti combinazioni di carico:

- SLU: 1 1 2 2 1 1 2 02 2 3 03 3 0.....G G Q k Q k Q k Qn n knxG xG xQ x xQ x xQ x xQγ γ γ γ ψ γ ψ γ ψ+ + + + + + ;

- Sisma (E): 1 2 21 1 22 2 ...k kE G G xQ xQψ ψ+ + + + +

Dove:

Categoria/Azione variabile 0 jψ 1 jψ 2 jψ

Categoria A 0,7 0,5 0,3

Vento 0,6 0,2 0,0

Neve (a quota < 1000 m s.l.m.) 0,5 0,2 0,0

∆T 0,6 0,5 0,0

Coefficiente

γγγγf

EQU A1

STR

A2

GEO

Carichi permanenti γG1 1,1 1,3 1,0

Carichi permanenti non strutturali γG2 1,5 1,5 1,3

Carichi variabili γQi 1,5 1,5 1,3

P) Diagrammi inviluppo sollecitazioni – stato attuale

Di seguito si riportano i diversi diagrammi inviluppo delle sollecitazioni corrispondenti alle azioni

di progetto del capannone come ottenuti dall’elaborazione dei dati di calcolo.

Diagramma di inviluppo sforzo normale N

N=-32.140 kg

47

Diagramma di inviluppo momento flettente M

M=-1.690.000 kg*cm

Diagramma di inviluppo taglio T

T=-13.530 kg

48

Q) Configurazioni deformate – stato attuale

Nel presente paragrafo si riportano le configurazioni deformate delle strutture di che trattasi,

corrispondenti alle principali combinazioni di carico.

Deformata per carichi verticali

Deformata vento dir. +X

49

R) Verifica dello stato attuale

Dalla prima elaborazione, ”verifica dello stato attuale”, è risultato che la struttura in alcune sue

limitate parti non verifica.

Dalle verifiche delle strutture si rileva che per la maggior parte degli elementi il rapporto tra le

tensioni agenti e la resistenza caratteristica è inferiore ai valori ammessi dalla normativa tecnica

vigente.

Si riportano di seguito i grafici colorati rappresentativi delle verifiche effettuate.

VERIFICA STRUTTURE IN ACCIAIO

§ 4.2.4.1.2 Verifica a sforzo normale e momento < 1

Colonne

Ver N/M = 1,55 > 1,00

50

Travi e briglie

Ver N/M = 1,32 > 1,00

Arcarecci

Ver N/M = 1,85 > 1,00

51

Montanti e diagonali

Ver N/M = 0,75 < 1,00

§ 4.2.4.1.2 Verifica a taglio-torsione < 1

Colonne

Ver V/T = 0,43 < 1,00

52

Travi e briglie

Ver V/T = 0,31 < 1,00

Arcarecci

Ver V/T = 0,09 < 1,00

53

§ 4.2.4.1.3.3 Verifica stabilità a presso-flessione < 1

Colonne

Ver N/M = 1,14 > 1,00

Travi e briglie

Ver N/M = 2,26 > 1,00

54

Arcarecci

Ver N/M = 1,37 > 1,00

Montanti e diagonali

Ver N/M = 0,98 < 1,00

55

VERIFICA STRUTTURE IN CLS

Verifica dei plinti in c.a.

Verifica armatura dir. X

Sforzo nell'armatura inferiore calcolato con il metodo delle bielle.

Angolo di diffusione dello sforzo compressione nel plinto = atn(A) = atn((B/4-b/4)/H) = 11,0°

Sforzo di trazione = Ra = (N max tan(A) + My / SpPlinto) / 2 = 10616,2 daN

Armatura = 4,52 cmq ( 4 Ø 12 )

Sforzo di trazione ultimo = 17702,19 daN Ok

Verifica armatura dir. Y

Sforzo nell'armatura inferiore calcolato con il metodo delle bielle.

Angolo di diffusione dello sforzo compressione nel plinto = atn(A) = atn((B/4-b/4)/H) = 15,5°

Sforzo di trazione = Ra = (N max tan(A) + Mx / SpPlinto) / 2 = 7541,9 daN

Armatura = 3,39 cmq ( 3 Ø 12 )

Sforzo di trazione ultimo = 13276,64 daN Ok

Punzonamento:

Verifiche ai sensi EC2 UNI EN 1992-1-1-2005 par. 6.4.4 e DM 14/1/2008 NTC par. 4.1.2.1.3.4

VE (sollecitazione massima trasmesso dal pilastro) = -7643,35 daN (Cmb. n.4 Plinto n.30)

Spessore utile = d = 900,0 mm

U1 (perimetro che circonda l'area caricata a distanza 2d) = 12509,7 mm

Ved (tensione di taglio-punzonamento) = VE / ( U1 d ) = 0,01 N/mmq

Valori di resistenza:

VRd,max = 29,33 N/mmq

VRd,c = 0,61 N/mmq

Ved < VRd,max => Spessore utile OK

Ved < VRd,c => Armatura non richiesta.

56

Pressione sul terreno

σσσσt = -1,81 kg/cm2

S) Diagrammi inviluppo sollecitazioni – ad interventi eseguiti

Di seguito si riportano i diversi diagrammi inviluppo delle sollecitazioni corrispondenti alle azioni

di progetto del manufatto come ottenuti dall’elaborazione dei dati di calcolo.

Diagramma di inviluppo sforzo normale N

N=-3,36x104 kg

57

Diagramma di inviluppo momento flettente M

M=- 1,221x106 kgxcm

Diagramma di inviluppo taglio T

M=7805,80 kg

58

T) Configurazioni deformate – ad interventi eseguiti

Nel presente paragrafo si riportano le configurazioni deformate delle strutture di che trattasi,

corrispondenti alle principali combinazioni di carico.

Deformata per carichi verticali

Deformata vento dir. +X

59

U) Verifica ad interventi di miglioramento eseguiti

Effettuato il calcolo dello stato attuale del manufatto, si sono progettati gli interventi di

miglioramento (vedi § V) e si è montato il relativo modello di calcolo eseguendone la verifica.

Dal tabulato di calcolo del modello di calcolo “ad interventi eseguiti” si desume che la maggior

parte degli elementi strutturali verifica e che le sollecitazioni risultano inferiori a quelle nel

modello dello stato attuale.

Si riportano di seguito i grafici colorati rappresentativi delle verifiche effettuate.

VERIFICA STRUTTURE IN ACCIAIO

§ 4.2.4.1.2 Verifica a sforzo normale e momento < 1

Colonne

Ver N/M = 0,97 < 1,00

60

Travi e briglie

Ver N/M = 0,88 < 1,00

Arcarecci

Ver N/M = 0,97 < 1,00

61

Montanti e diagonali

Ver N/M = 0,71 < 1,00

§ 4.2.4.1.2 Verifica a taglio-torsione < 1

Colonne

Ver V/T = 0,24 < 1,00

62

Travi e briglie

Ver V/T = 0,59 < 1,00

Arcarecci

Ver V/T = 5,56x10-2 < 1,00

63

§ 4.2.4.1.3.3 Verifica stabilità a presso-flessione < 1

Colonne

Ver N/M = 0,96 < 1,00

Travi e briglie

Ver N/M = 0,93 < 1,00

64

Arcarecci

Ver N/M = 0,55 < 1,00

VERIFICA COLLEGAMENTI IN ACCIAIO

Collegamento piastra di base e tirafondi (nodi 12-20-28)

Sollecitazioni agenti sulla piastra di base: Cmb.Nodo V3 (daN) V2 (daN) N (daN) M3 (daN cm) M2 (daN cm) T (daN cm) 188.20 -0,1 -2785,0 -4874,5 58 3600,0 -17,1 -7,7

colonna: HEA 220 Piastra di base rettangolare 460x450 mm, spessore = 25 mm Tipo di acciaio: Fe 430 Fondazione: Rck CLS = 300 daN/cmq Pressione massima = 64,3 daN/cmq con combinazione di carico n. 188 Coord.vertici dir.3 e 2 (cm) Pres.CLS (daN/cmq) Verifica (< 0.44 Rck) 0,0 0,0 64,3 ok 0,0 45,0 0,0 ok 46,0 45,0 0,0 ok 46,0 0,0 64,3 ok

Tirafondi: Diametro = 20 mm Area = 3,14 cmq, Area ridotta per filettatura = 2 ,45 cmq (Ar/A = 0,78) Vite classe 4.6 Dado 4D fdN = 2400 daN/cmq fdV = 1700 daN/cmq Tensione normale massima = 1941,2 daN/cmq con comb inazione di carico n. 188

65

Coord.tirafondi dir.3 e 2(cm) Tens.Norm.(daN/cmq) Tens.Tang.(daN/cmq) Verifica 6,0 39,0 1941,2 189,4 ok 40,0 39,0 1941,1 189,4 ok 40,0 6,0 0,0 189,4 ok 6,0 6,0 0,0 189,4 ok 23,0 39,0 1941,2 189,4 ok 23,0 6,0 0,0 189,4 ok

Verifica piastra: fd = 2750 daN/cmq Verifica sezione dir.3 a filo del pilastro: Sollecitazione massima con combinazione di carico n . 188 Pressione media bordo dir.3 = 64,30 daN/cmq M3 massimo = 212957,80 daN cm W piastra nervata = 169,26 cm3 Tensione massima = M3 / W = 1258,17 daN/cmq < fd ( ok) Verifica sezione dir.2 a filo del pilastro: Sollecitazione massima con combinazione di carico n . 188 Pressione media bordo dir.2 = 32,15 daN/cmq M2 massimo = 104169,20 daN cm W piastra nervata = 168,96 cm3 Tensione massima = M2 / W = 616,52 daN/cmq < fd (o k) Verifica della piastra in corrispondenza del tirafo ndo con maggior trazione: Trazione massima con combinazione di carico n. 188 Sforzo massimo tirafondo = 1941,20 daN/cmq Forza applicata dal tirafondo = F = Sf. max. * Area ridotta del tirafondo = 4756,80 daN M max. = F x dist. = 4756,80x6,00=28540,78 daN cm Larghezza utile B = 13,0 cm W = B*spessore²/6 = 13,54 cm3 Tensione max = M max / W = 2107,63 daN/cmq < fd ( ok) Verifiche di ancoraggio dei tirafondi: Tensione ultima di aderenza = Fbd = 2.25 * n2 * Fct d = 25,6609 daN/cmq con: Fctd = res. traz. cls; n2 =1,0 L ancoraggio minimo = (D/4)(SigmaTirafondo/Fbd) = 3 7,8 cm Lunghezza dei tirafondi = 80,0 cm (Ok)

Verifica saldatura capriata-colonna (elem. 1417 – nodo 580 – comb.28)

M = 1.000.090,00 kgxcm

T= 2.596,00 Kg

Ix = (1/12)x(bxh3x2) = 1x0,7x56,53x2/12 = 21042,25 cm4

Wx = Ix/y = 21042,25/28.25 = 744,86 cm3

σf = M/Wx = 1000090/744,86 = 1342,65 kg/cm2

τ = T/As = 2596/(56,5x0,7x2) = 32,82 kg/cm2

σid = [(σf)2 +(3x τ2)]0,5 = [(1342,65)2 + (3x32,822)]0,5 = 1343,85 < 2340,00 kg/cm2

66

1000

Briglia sup.

2L 50x5

Briglia inf.

2L 50x5

Montante

2L 50x5

HE

A2

40

PL 100x10x100Piatto preesistente

preesistentin.2 Bulloni M16

Diagonale

2L 35x5

740

PL 100x10x240Piastra preesistente

PL 150x8x120Piastra preesistente

PL 250x10x250Fazzoletto

PL 150x10x240

2^ classeSaldatura di

PL 250x10x985Piatto

Piastra

PL 150x8x120Piastra preesistente

250

VERIFICA STRUTTURE IN CLS

Verifica dei plinti in c.a.

Verifica armatura dir. X

Sforzo nell'armatura inferiore calcolato con il metodo delle bielle.

Angolo di diffusione dello sforzo compressione nel plinto = atn(A) = atn((B/4-b/4)/H) = 11,0°

Sforzo di trazione = Ra = (N max tan(A) + My / SpPlinto) / 2 = 10616,2 daN

Armatura = 4,52 cmq ( 4 Ø 12 )

Sforzo di trazione ultimo = 17702,19 daN Ok

Verifica armatura dir. Y

Sforzo nell'armatura inferiore calcolato con il metodo delle bielle.

Angolo di diffusione dello sforzo compressione nel plinto = atn(A) = atn((B/4-b/4)/H) = 15,5°

Sforzo di trazione = Ra = (N max tan(A) + Mx / SpPlinto) / 2 = 7541,9 daN

Armatura = 3,39 cmq ( 3 Ø 12 )

Sforzo di trazione ultimo = 13276,64 daN Ok

67

Punzonamento:

Verifiche ai sensi EC2 UNI EN 1992-1-1-2005 par. 6.4.4 e DM 14/1/2008 NTC par. 4.1.2.1.3.4

VE (sollecitazione massima trasmesso dal pilastro) = -7643,35 daN (Cmb. n.4 Plinto n.30)

Spessore utile = d = 900,0 mm

U1 (perimetro che circonda l'area caricata a distanza 2d) = 12509,7 mm

Ved (tensione di taglio-punzonamento) = VE / ( U1 d ) = 0,01 N/mmq

Valori di resistenza:

VRd,max = 29,33 N/mmq

VRd,c = 0,61 N/mmq

Ved < VRd,max => Spessore utile OK

Ved < VRd,c => Armatura non richiesta.

§ 4.1.2.1.2.4 Verifica a presso-flessione < 1

Travi in fondazione (50x90 cm)

Verifica N/M = 0,81 < 1,00

68

§ 4.1.2.1.3 Verifica a taglio-torsione < 1

Travi in fondazione (50x90 cm)

Verifica V/T = 0,68 < 1,00

V) Descrizione degli interventi di miglioramento

Come precedentemente già detto, il complesso ex Kaggio è stato realizzato in un epoca in cui il

sito in esame era considerato zona “non sismica”, attualmente invece secondo la normativa

vigente ricade in zona dichiarata “sismica”; per questo motivo la struttura dello stabilimento,

inadeguata nei riguardi della legge sismica, presenta delle anomalie che occorre eliminare o

comunque limitare realizzando delle opere di miglioramento strutturale.

Per tale motivo sono state progettate delle nuove opere per migliorare il comportamento del

manufatto sottoposto sia alle azioni statiche sia alle azioni dinamiche (vento e sisma), come

previsto al cap 8 delle N.T.C. di cui al D.M.14/01/2008 – “interventi su edifici esistenti”.

Detti interventi, riguardano :

- tettoia realizzazione di travi di fondazione di collegamento delle colonne, inserimento di

n°3 nuove colonne e prolungamento di n°2 colonne preesistenti, rinforzo dei nodi

capriata-colonna, capriata-capriata e colonna-fondazione, collocazione di travi in

acciaio di collegamento dei telai trasversali delle capriate, rinforzo delle briglie

superiori e sostituzione di tutti gli arcarecci e delle lastre di copertura;

- capannoni sostituzione ed allineamento delle travi di bordo, rinforzo dei nodi capriata-colonna,

travi di bordo-colonna, collocazione di travi in acciaio di collegamento dei telai

trasversali delle capriate, rinforzo delle briglie superiori delle capriate, realizzazione

69

di controventi di parete, sostituzione di tutti gli arcarecci, dei correnti di

baraccatura, delle lastre di copertura e dei pannelli di baraccatura.

Detti interventi di miglioramento sono stati descritti graficamente nelle tavole esecutive allegate al

progetto e vengono descritti in dettaglio ai successivi punti da 1 a 11.

1) Rimozione della copertura, della baraccatura e degli infissi (vedi tavola S11)

La prima fase degli interventi riguarderà la rimozione di tutti gli elementi della copertura, della

baraccatura e degli infissi, attualmente in pessimo stato di conservazione.

Saranno quindi rimosse tutte le lastre di lamiera grecata della copertura e della baraccatura, gli

arcarecci (Omega 120x90x30x3), i correnti di baraccatura (Omega 120x90x30x3 e U200x100x3),

le scossaline, le grondaie, i pluviali e gli infissi (finestre e porte).

2) Realizzazione nella tettoia di travi rovesce di fondazione 50x90 (vedi tavola S1)

Preliminarmente occorrerà eseguire degli interventi in fondazione in corrispondenza della tettoia

perché le colonne sono attualmente ancorate a getti informi di calcestruzzo. L’intervento di

miglioramento prevede la realizzazione di una trave di fondazione perimetrale di sezione 50 x 90

cm di collegamento di tutte le colonne che sorreggono la tettoia.

L’intervento sarà realizzato effettuando prima un puntellamento delle colonne e delle capriate

preesistenti per la messa in sicurezza della tettoia, poi si procederà con lo scavo lungo il

perimetro e successivamente sarà eseguita la scapitozzatura del calcestruzzo informe dei plinti

delle colonne preesistenti, per consentire la posa in opera delle armature della nuova trave di

fondazione.

Lo scavo della trave sarà realizzato a circa -1,50 m. dal piano di campagna in cui sarà effettuato

preliminarmente un getto di calcestruzzo magro di almeno 10 cm di spessore. La trave di

collegherà tutti i plinti esistenti e sarà armata con 6φ18 superiormente ed inferiormente, n.2

correnti reggistaffa φ18 e staffe di diametro φ8 del tipo ad aderenza migliorata B450c. Prima di

effettuare il getto di CLS saranno poste in opera le dime con n.6 tirafondi M20 per le colonne

preesistenti e per quelle di nuova realizzazione; i tirafondi saranno annegati per una profondità di

80 cm. Il getto di calcestruzzo sarà eseguito con malta cementizia antiritiro di caratteristica non

inferiore a C25/30.

Particolare attenzione sarà rivolta alla esecuzione del collegamento tra la trave di fondazione di

nuova realizzazione e la fondazione preesistente. Il collegamento avverrà tramite la collocazione

di n.6 ferri di attesa φ18 superiormente ed inferiormente annegati nel plinto in c.a. per una

profondità di 40 cm tramite ancoranti chimici ad iniezione della Hilti HIT-RE 500 (vedi pos. C).

70

3) Inserimento nella tettoia di n.3 nuove colonne HEA220 (vedi tavole S1 – S3)

Le capriate della tettoia (n°9) sono attualmente sorrette da un lato da n.7 colonne HEA220 poste

ad interasse di 5,00 m e da n.2 colonne HEA220 poste ad interasse di 3,00 m e dall’altro lato da

sole n.4 colonne poste ad interasse di 10,00 m.

L’intervento di miglioramento prevede l’inserimento, lungo la direzione più sguarnita, di n.3

colonne HEA220 (Fe430B – S275), per ridurre l’interasse tra loro riportandolo a 5,00 m.

L’intervento sarà realizzato per singola colonna, effettuando prima il puntellamento delle capriate

preesistenti e della trave reticolare di bordo della tettoia, poi si procederà al taglio con cannello

del nodo “capriata-trave/reticolare”, quindi si inserirà la nuova colonna HEA220, si ripristinerà il

collegamento della capriata con la nuova colonna e si ancorerà definitivamente il piede della

colonna alla nuova trave di fondazione.

L’ancoraggio al piede della colonna sarà realizzato tramite n.6 tirafondi M20, piastra di base di

dimensioni 450x25x460 mm. e fazzoletti L di spessore 10 mm. (vedi pos. B)

Le saldature realizzate in sito saranno del tipo manuale ad arco con elettrodi rivestiti E44 di

classe 2, conformi alle norme UNI 5132.

4) Prolungamento nella tettoia di n.2 colonne HEA220 (vedi tavola S3)

Come precedentemente detto al punto 3, la capriata di collegamento di bordo della tettoia è

attualmente sorretta n.4 colonne HEA220 poste ad interasse di 10,00 m.; le due colonne di

estremità al momento risultano interrotte a quota della briglia inferiore della trave di collegamento.

L’intervento di miglioramento prevede il prolungamento di dette colonne sino a quota della briglia

superiore, con profilo HEA220 (Fe430B – S275).

L’intervento sarà realizzato per singola colonna, effettuando prima il puntellamento delle capriate

preesistenti e della trave reticolare di bordo per la messa in sicurezza della tettoia, poi si

procederà al taglio con cannello del nodo “apriata-trave reticolare”, quindi si prolungherà la

colonna con l’inserimento di un profilo HEA220 e si ripristinerà il collegamento della capriata e

della trave reticolare con il profilo inserito.

Le saldature realizzate in sito saranno del tipo manuale ad arco con elettrodi rivestiti E44 di

classe 2, conformi alle norme UNI 5132.

5) Inserimento nuova trave IPE200 ad asse telaio (vedi tavole S2 - S4)

Attualmente le travi di bordo in copertura dei due capannoni sono costituite da IPE200 montate

fuori asse (disassate) rispetto all’asse delle colonne di bordo.

L’intervento di miglioramento prevede la dismissione di dette travi e l’inserimento di nuove travi

IPE200 (Fe430B – S275) ad asse con le colonne.

71

L’intervento sarà realizzato mettendo in sicurezza il capannone, poi si procederà alla dismissione

delle travi IPE200 attualmente in opera, quindi si inseriranno le nuove travi di bordo IPE200, ad

asse della colonna, realizzando i nuovi collegamenti con piastre e fazzoletti in acciaio dello

spessore di 10 mm, bulloni M16 del tipo normale, classe vite 6.6 e dadi 5S, conformi per

caratteristiche dimensionali alle UNI5727, UNI5592 e UNI5591 e saldature del tipo manuale ad

arco con elettrodi rivestiti E44 di classe 2, conformi alle norme UNI 5132 (vedi pos. C-D-E-F-G-

H).

6) Inserimento nuove travi di collegamento IPE160 e IPE200 (vedi tavola S2 - S7 – S8 – S9)

Attualmente in corrispondenza del passaggio in copertura dalla tettoia al capannone 1° e dal

capannone 1° al capannone 2° mancano le travi di bordo di collegamento dei telai trasversali che

in ottemperanza alla leggi sismiche occorre ripristinare.

L’intervento di miglioramento prevede pertanto la realizzazione di dette travi di collegamento al

fine di migliorare il comportamento delle strutture alle azioni dinamiche (vento e sisma) con

l’inserimento di profili IPE200 (. Fe430B – S275) provenienti dalla dismissione di cui al punto 5 e

profili IPE160 (Fe430B – S275).

L’intervento sarà realizzato inserendo delle nuove travi di collegamento IPE200 (queste

provenienti dalla dismissione e recupero delle travi di cui al punto 5) e travi IPE160, realizzando i

nuovi collegamenti con piastre e fazzoletti in acciaio dello spessore di 10 mm, bulloni M16 del

tipo normale, classe vite 6.6 e dadi 5S, conformi per caratteristiche dimensionali alle UNI5727,

UNI5592 e UNI5591 e saldature del tipo manuale ad arco con elettrodi rivestiti E44 di classe 2,

conformi alle norme UNI 5132 (vedi pos. I-L-N).

7) Interventi di rinforzo delle briglie superiorii (vedi tavole da S3 a S6 e tavola S10)

Al fine di rinforzare la resistenza delle briglie superiori alle azioni dinamiche (vento e sisma) è

previsto l’inserimento di due piatti ai bordi esterni superiori delle capriate.

L’opera di rinforzo sarà eseguita effettuando la saldatura lungo il bordo esterno delle briglie

superiori delle capriate, tra montante e montante, di un piatto in acciaio di dim. 30x10 mm (mat.

Fe430B – S275).

Le saldature realizzate in sito saranno del tipo manuale ad arco con elettrodi rivestiti E44 di classe

2, conformi alle norme UNI 5132 (vedi pos. S e T).

8) Realizzazione controventature di parete (vedi tavole S4 - S7 – S8 – S9)

Al fine di migliorare il comportamento globale dei capannoni alle azioni dinamiche (vento e sisma)

è stata prevista la realizzazione di controventi di parete costituiti da angolari L70x10 (mat. Fe430B

– S275).

72

L’intervento, lungo i fili strutturali “B”, “H”, “M, “N” e “O” sarà realizzato con angolari a lati uguali

L70x10 fissati alle ali delle colonne tramite bulloni M16 del tipo normale, classe vite 6.6 e dadi 5S,

conformi per caratteristiche dimensionali alle UNI5727, UNI5592 e UNI5591 e saldature del tipo

manuale ad arco con elettrodi rivestiti E44 di classe 2, conformi alle norme UNI 5132 (vedi pos.

M).

9) Interventi di miglioramento dei nodi strutturali (vedi tavole da S3 a S6 e tavola S10)

Le opere di miglioramento dei collegamenti strutturali riguardano una serie di interventi finalizzati

ad aumentare la rigidezza dei nodi strutturali nei confronti delle azioni dinamiche (vento e sisma)

di cui distinguiamo quelli da realizzare esclusivamente nella tettoia ai piedi delle colonne esitenti e

quelli che riguardano tutti i collegamenti delle capriate sia della tettoia che dei due capannoni alle

colonne esistenti.

Gli interventi da realizzare nella tettoia riguardano i collegamenti al piede tra le colonne

preesistenti e la nuova trave di fondazione (filo “L” colonne n.2-14-21-28),

In particolare l’intervento di miglioramento del nodo colonna-trave di fondazione (vedi pos. A) sarà

realizzato con n.2 angolari L120x15 (mat. Fe430B – S275) saldati al piede della colonna HEA220 e

ancorati alla trave di fondazione mediante n.6 tirafondi M20. Le saldature da realizzare in sito

saranno del tipo manuale ad arco con elettrodi rivestiti E44 di classe 2, conformi alle norme UNI

5132.

Inoltre sia nella tettoia che nei due capannoni saranno eseguiti interventi sui collegamenti tra le

capriate e le colonne (fili B-C-D-E-F-G-H).

L’intervento di miglioramento del collegamento delle capriate alle colonne (vedi pos. O-P-Q-R),

sarà realizzato rinforzando il nodo con l’applicazione tra le colonne e le capriate di n.2 piatti in

acciaio PL250x10x985 mm ( Fe430B – S275). Inoltre sarà predisposto un ampliamento della

scarpa di attesa della capriata, attualmente di dim. 100x10 mm con un piatto di dim. 150x10 mm,

fino a raggiungere una nuova scarpa di dimensioni finali di 250x10 mm. Detto appoggio sarà

ulteriormente irrobustito con l’inserimento di n.2 fazzoletti in acciaio di dimensioni 250x10x250

mm. Le saldature realizzate in sito saranno del tipo manuale ad arco con elettrodi rivestiti E44 di

classe 2, conformi alle norme UNI 5132.

10) Revisione strutture preesistenti (vedi tavole da S3 a S9)

Per tutte le strutture preesistenti (capriate, colonne e travi in acciaio) sarà realizzato un intervento

di spazzolatura e sabbiatura accurata delle superfici dei profili alfine di eliminare eventuali tracce

di corrosione. Inoltre per quanto riguarda le capriate sarà eseguito un controllo accurato per

evidenziare eventuali lacune di elementi strutturali (correnti, diagonali e briglie) e difetti delle

saldature. Le eventuali lacune strutturali saranno integrate con profili di sezione pari a quelle poste

73

in opera, mentre eventuali difetti delle saldature saranno riprese con saldatura realizzata in opera

del tipo manuale ad arco con elettrodi rivestiti E44 di classe 2, conformi alle norme UNI 5132.

Tutte le strutture in acciaio preesistenti e di nuova collocazione saranno tinteggiate con mano di

minio di piombo (antiruggine).

11) Realizzazione della copertura, della baraccatura ed posa infissi (vedi tavola S11)

L’ultima fase riguarderà la collocazione di tutti gli elementi della copertura, della baraccatura e

degli infissi, di nuova fattura.

La realizzazione della nuova copertura prevederà la messa in opera di arcarecci Omega

180x110x60x3 (mat. Fe360B – S235), lasciando inalterato il passo attuale, sui quali saranno

fissate le lastre di copertura in acciaio multistrato del tipo “Coverpan”. Inoltre saranno collocati

tutti gli elementi di completamento della copertura (gronde e pluviali).

La realizzazione della nuova baraccatura, invece, prevederà la messa in opera di correnti laterali

di baraccatura di sezione U120x80x2.5 (mat. Fe360B – S235), riducendo l’interasse attuale dei

correnti, sui quali saranno fissati i pannelli in acciaio multistrato.

In ultima analisi saranno collocati tutti gli infissi (finestre e porte) con nuove finestre realizzate in

alluminio anodizzato e porte e/o portoni in acciaio.

W) Considerazioni geotecniche

Lo studio geotecnico riguarda lo studio dell'interazione del terreno di sedime e delle fondazioni

esistenti e quelle ancora da eseguire lungo il perimetro esterno della tettoia, inoltre comprende lo

studio degli spostamenti dell'insieme opera di fondazione e terreno di sedime ed il giudizio

sull'ammissibilità degli spostamenti dovuti alle sollecitazioni sismiche, in relazione alla scelta

tipologica delle fondazioni.

La fondazione preesistente dei due capannoni è costituita da plinti in c.a. di dim. 100x130 cm ed

altezza h=90 cm e da travi di collegamento dei plinti di sezione rettangolare 50x70 cm.

La tettoia invece sarà oggetto di intervento di miglioramento, tramite la realizzazione di una trave

di fondazione in c.a. di sezione rettangolare 50x90 cm che collegherà le colonne esterne e si

ancorerà alle strutture di fondazioni preesistenti realizzando una maglia rettangolare chiusa.

Dall’analisi della relazione geologica, redatta dal Geol. Massimiliano Guidi, si è rilevato che il

manufatto fonda su limi argillosi, che presentano i seguenti parametri geotecnici:

- angolo d’attrito interno φ = 19.7°

- coesione c’= 0,03 kg/cm2

- peso di volume γ = 1,97 t/m3

74

La determinazione del carico limite del complesso fondazione – terreno, ricavata tramite i

parametri forniti nella relazione geologica sopra riportati, adottando la formula di Terzaghi per

fondazioni superficiali con coefficiente di sicurezza pari a 3, è fissata :

Qamm=8.62 / 3 =2,87 Kg/cm2

Dall’analisi del grafico a colori risulta che la pressione massima sul terreno scaricata dalle travi di

fondazioni è inferiore alla portanza ammissibile:

σσσσt= -2,11 < 2,87 Kg/cm2

75

X) Relazione sui materiali

CALCESTRUZZO E BARRE DI ARMATURA

Premessa I materiali utilizzati hanno le seguenti caratteristiche:

Calcestruzzo Rck 30 N/mm2 fck = 25 N/mm2 Armature B450C (Feb44K) fyk= 430 N/mm2

La qualità del cls armato della struttura in oggetto dal punto di vista della durabilità, delle capacità portanti e dei livelli di sicurezza dell’opera in oggetto sarà garantita attraverso i punti seguenti:

1. una corretta prescrizione di capitolato per il cls; 2. il confezionamento di un cls prodotto in regime di qualità certificato che consenta preliminarmente di accertare che le prescrizioni

specificate dal progettista siano realmente conseguibili riducendo al minimo le oscillazioni prestazionali rispetto ai valori attesi; 3. un’idonea posa in opera che eviti la segregazione dell’impasto e consenta di conseguire per il cls in opera valori della massa volumica

prossimi a quelli massimi caratteristici di un impasto compattato a “rifiuto”; 4. garantendo un’adeguata maturazione del cls nel periodo immediatamente successivo alla posa in opera del cls nei casseri;

Nei successivi paragrafi vengono meglio spiegati i punti precedenti allo scopo di fornire tutte le indicazioni che deve avere il cls a maturazione avvenuta. Il cls e i suoi componenti Il cls è un materiale composito ottenuto miscelando, secondo rapporti opportuni, materiali lapidei grossi e fini (aggregati), cemento e acqua. Oltre a questi componenti di base, può contenere anche additivi e/o aggiunte specifiche e anche aria inglobata accidentalmente o intenzionalmente nel corso della lavorazione dell’impasto; tutti i materiali utilizzati per il confezionamento del cls dovranno riportare la marcatura CE, in ottemperanza del D.M. 14.01.2008. Gli aggregati Gli aggregati sono costituiti da sostanze minerali naturali e/o artificiali frantumate, con particelle di dimensioni e forme adatte alla produzione del cls (norma EN 206). Il confezionamento dell’impasto in oggetto avrà una bassa tendenza alla fessurazione e una buona durevolezza ottenuta massimizzando il volume di aggregati, compatibilmente con la necessità di lavorabilità del calcestruzzo (trasporto, pompaggio, posa in opera, compattazione e segregazione degli inerti). Assortimento granulometrico ottimale. L’assortimento granulometrico ottimale degli aggregati è quello che porta: al valore minimo dei vuoti tra gli aggregati, cioè alla massima densità, in modo da rendere minima la quantità di pasta cementizia richiesta; alla massima lavorabilità; alla minima segregazione dell’impasto. La distribuzione granulometrica di aggregati da aggiungere in un impasto è stata determinata in base alle esigenze di tipo progettuale e strutturale. E' stata scelta la curva di Bolomey valida per dosaggi di cemento compresi da 280 a 320 kg/m3 e consistenza S4-S5

100(100 )

100

dP A C A

D C

= − + − × × − dove:

cC

c Agg=

+ c è la massa di cemento per metro cubo di impasto; Agg è la massa di aggregati per metro cubo di impasto; A è un coefficiente che tiene conto della forma dell’aggregato e della classe di consistenza dell’imposto e che varia da 4 a 14.

Al fine di potere utilizzare l’equazioni precedente è necessario stabilire il diametro massimo degli aggregati che verranno utilizzati nell’impasto di calcestruzzo e che sarà pari a 32 mm. Caratteristiche indesiderate. Negli aggregati non saranno presenti sostanze dannose come: sostanze organiche, spesso sotto forma di humus, che rallentano il processo di idratazione del cemento e quindi allungano i tempi di presa, riducendo la resistenza meccanica a breve tempo; sostanze costituite da particelle finissime (come argilla, limo e polveri) che possono depositarsi sugli aggregati riducendo la loro adesione con la pasta di cemento; particelle, ad esempio di carbone o di mica, meccanicamente deboli; solfati che possono reagire con i costituenti della pasta cementizia per dare prodotti espansivi o di cloruri che causano problemi di corrosione alle armature; sostanze che in ambiente alcalino tipico del cls tendono a reagire dando un prodotto espansivo che può causare la distruzione del cls (alcune forma di silice reattiva). Si riporta di seguito la tabella della norma UNI 8520 che riguarda gli aggregati per il confezionamento di cls e che il fornitore dovrà rispettare; il tipo di cls utilizzato per il confezionamento delle strutture in oggetto appartiene alla Categoria B.

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Il cemento Il tipo di cemento utilizzato nel confezionamento del cls sarà un Portland di miscela CE II 32,5 R L’acqua di impasto Relativamente alle acque per il confezionamento del cls, la norma UNI-EN 1008 impone che bisogna verificare preliminare il contenuto delle sostanze riportate nella tabella successiva che deve risultare inferiore ai limiti ivi riportati

SOSTANZE CONTENUTO MASSIMO AMMISSIBILE [mg/l]

Cloruri 1000 Solfati 2000 Alcali 1500

Zuccheri 100 Fosfati 100 Nitrati 500 Piombo 100 Zinco 100

Salvo specifica autorizzazione del Direttore dei Lavori, è elusa la possibilità di qualunque aggiunta d’acqua al calcestruzzo al momento del getto. Resistenza meccanica del cls Nell’ambito delle costruzioni in conglomerato cementizio armato al cls viene affidato il compito di resistere agli sforzi di compressione prescindendo dalla sua resistenza a trazione. La resistenza meccanica a compressione del cls dipende fondamentalmente dal:

grado di idratazione del cemento; rapporto A/C; dimensione massima degli aggregati; macrovuoti derivanti da difetti di compattazione; presenza di materiale a comportamento pozzolanico; additivi; caratteristiche dell’impasto allo stato fresco (lavorabilità e segregazione); temperatura a cui avviene la maturazione dei getti;

La resistenza meccanica a compressione del cls si può fare dipendere dal rapporto A/C e dal tempo di maturazione; in particolare se si verificano le seguenti condizioni:

1. il volume di aria intrappolata nell’impasto deve essere compreso tra lo 0,5 e il 4,5% in funzione del diametro massimo dell’aggregato;

2. la stagionatura dell’impasto avviene in ambiente umido (U.R. > 95%);

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3. la temperatura di maturazione è compresa tra 17 e 23° C; 4. gli aggregati posseggono una massa volumica non inferiore a 2,4 g/cm3; 5. il confezionamento deve avvenire senza ricorrere all’utilizzo di additivi ritardanti e/o acceleranti di presa e indurimento, né a

quello di additivi riduttori di acqua;

vale la seguente equazione di Powers modificata

c

KR

AC

=

che permette di individuare il valore del rapporto A/C noto il valore della resistenza a compressione richiesto ad un dato tempo t e viceversa; si riporta di seguito il diagramma relativo al tipo di cemento utilizzato CE II 32,5 per le opere in oggetto.

Controlli e prove sul cls Il controllo di qualità del cls ha come obiettivo quello di controllare che la “ricetta” del cls abbia i requisiti meccanici richiesti dal progetto. I requisiti meccanici di una cls dipendono non solo dai requisiti specificati dal progettista ma anche dalla Ditta produttrice che nel caso in esame disporrà di un sistema permanente di controllo interno della produzione allo scopo di assicurare che il prodotto risponda ai requisiti previsti dalle NTC. Tale sistema di controllo è certificato da organismi terzi indipendenti che opereranno in coerenza con la Norma UNI-CEI EN ISO/IEC 17021:2006, autorizzati dal Servizio Tecnico Centrale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici sulla base dei criteri di cui al D.M. 9/5/2003 n.156. I documenti che accompagnano la fornitura di cls indicheranno gli estremi di tale certificazione, il Direttore dei Lavori verificherà quanto sopra indicato e rifiuterà l’eventuali forniture provenienti da impianti non conformi; saranno effettuate le prove di accettazione previste al § 11.2.5 e la D.L. riceverà prima dell’inizio della fornitura copia della certificazione del controllo di processo produttivo. Prove di accettazione (§ 11.2.5): Nel caso in esame si ha una struttura costituita da ……m3 di cls per cui si prevedono controlli di accettazione di Tipo A. Ogni controllo di accettazione è rappresentato da 3 prelievi ciascuno dei quali eseguito su un massimo di 100 m3 di getto di miscela omogenea; per ogni giorno di getto sarà effettuato comunque un prelievo. Ogni prelievo è costituito da n° 2 provini confezionati utilizzando stampi in polistirolo specificati dalla Norma UNI EN 12390-1, dovranno essere

compattati a “rifiuto” e verranno conservati in ambiente a temperatura di 20 ± 2° C e U.R. > 95% in accordo con la Norma UNI EN 12390-2 per 28 giorni. Alla scadenza di questi, i provini verranno posti a prove di schiacciamento secondo la Norma UNI EN 12390-3 e 4; il controllo risulta positivo se:

1 3,5ckR R≥ − N/mm2 e 3,5m ckR R≥ + N/mm2 Dove:

R1 è il minore valore di resistenza dei prelievi N/mm2; Rm è la resistenza media dei prelievi N/mm2.

L’acciaio Gli acciai per le armature delle strutture in oggetto saranno prodotti con sistema permanente di controllo interno della produzione in stabilimento che assicurerà il mantenimento dello stesso livello di affidabilità indipendentemente dal processo di produzione. Il sistema di gestione della qualità del prodotto sarà coerente con la norma UNI EN ISO 9001/2000 e sarà certificato da un organismo terzo indipendente. L’azienda che produce gli acciai sarà in possesso di un attestato di qualificazione che opera in coerenza con le norme UNI CEI EN ISO/IEC 170221/2006 per gli acciai, rilasciato dal Servizio Tecnico Centrale della Presidenza del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Gli acciai di qualità saranno riconoscibili e saranno provvisti di marchio indelebile (inalterabile nel tempo e senza possibilità di manomissione) depositato presso il Servizio Tecnico Centrale in modo tale da rintracciare l’azienda produttrice e il suo stabilimento al fine di determinare in modo inequivocabile il tipo di acciaio e l’eventuale saldabilità. La mancanza della marchiatura rende il prodotto non utilizzabile. Resistenza meccanica dell’acciaio La resistenza meccanica degli acciai sarà valutata con opportune prove di laboratorio in particolare per la determinazione della resistenza meccanica a trazione degli acciai si utilizzeranno prove di trazione diretta consentendo di ottenere informazioni relativamente alla tensione di snervamento, la tensione di rottura, e l’allungamento sotto carico massimo. Con la nuova normativa gli acciai utilizzabili sono di due tipi B 450 C e B 450 A, la lettere C indica gli acciai laminati a caldo mentre la lettera A indica gli acciai deformati a freddo. Le caratteristiche meccaniche degli acciai suindicati devono essere conformi a quelle indicate nella tabella seguente:

Caratteristiche B450C

B450A

Snervamento fy nom ≥ 450 N/mm² ≥ 450 N/mm² Rottura ft nom ≥ 540 N/mm² ≥ 540 N/mm²

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Rapporto ft / fy 1,15≤(ft/fy)k≤1,35 1,05≤(ft/fy)k≤1,25 Rapporto fy / fy nom fy / fy nom ≤ 1,25 fy / fy nom ≤ 1,25

Allungamento al carico massimo Agt

Agt ≥ 7,5 % Agt ≥ 2,5 %

L’acciaio utilizzato nella struttura in oggetto è del tipo B 450 C, il diagramma tensione deformazione qualitativo per tale tipo di acciaio è riportato nella figura seguente:

Nella figura sono rappresentate le grandezze necessarie per identificare la qualità dell’acciaio in particolare la tensione di snervamento (fy), la tensione di rottura (fr) e l’allungamento al carico massimo (Agt). L’accertamento delle proprietà meccaniche degli acciai sarà condotta in base alle norme UNI EN ISO 15630-1/2004. Tutti gli acciai da cemento armato saranno ad aderenza migliorata. Controlli e prove sulle barre di armatura La D.L. controllerà che le forniture saranno accompagnate da copia dei documenti rilasciati dal produttore tra cui l’attestato di qualificazione del Servizio Tecnico Centrale riportante un timbro in originale con almeno la data di spedizione ed il destinatario. Inoltre le forniture riporteranno il documento di trasporto del commerciante stesso con la data di spedizione, la quantità, il tipo, le colate ed il destinatario. La D.L. dovrà eseguirà entro 30 giorni dalla consegna del materiale i controlli di accettazione su provini in numero di 3 dello stesso diametro per ogni lotto di consegna di 30 t. I valori di resistenza ed allungamento di ciascun campione devono essere compresi fra i valori massimi e minimi riportati nella tabella seguente:

Caratteristica Valore limite Snervamento fy minimo 425 N/mm2 Snervamento fy massimo 572 N/mm2

Allungamento Agt minimo ≥ 6,0%

Rottura/Snervamento 1,13≤

t

y

f

f ≤ 1,37 Piegamento/Raddrizzamento Assenza di cricche

Messa in opera e stagionatura del cls Il Calcestruzzo in opera avrà realmente le caratteristiche elasto-meccaniche e di durabilità previste in fase di progetto. Nei paragrafi successivi vengono descritte le procedure di posa in opera, di compattazione e di maturazione dei getti che l’Impresa esecutrice rispetterà affinché vi sia una esatta corrispondenza tra il calcestruzzo previsto nella voce di capitolato e quello realmente messo in opera. Tali procedure sono state scelte dal sottoscritto in base alle condizioni esistenti in cantiere, dalla tipologia della struttura da realizzare e in base ai sistemi di posa in opera e compattazione disponibili dalla Impresa esecutrice. Preparazione dei casseri L’impresa esecutrice si accerterà che i casseri saranno ben fissati in modo da evitare fenomeni di “galleggiamento”, si inseriranno puntelli e sistemi di controvento in modo da garantire una rigidezza opportuna capace di sopportare la spinata del CLS durante la fase di posa in opera e di successiva compattazione, senza subire deformazioni significative. Inoltre per garantire una facciavista di pregevole fattura sarà evitato che la superficie del cassero sia inquinata da tracce di sporco o di terriccio. Predisposizione delle armature L’impresa esecutrice garantirà il corretto posizionamento dell’armatura e del copriferro secondo le tavole esecutive del presente progetto. Inoltre nella progettazione si è effettuata la scelta dei tondi di armatura in modo tale che durante il getto in qualsiasi zona si possa inserire il vibratore. Nella disposizione delle armature, infine, l’Impresa esecutrice eviterà che le stesse possano cerare spinte a vuoto con il rischio conseguente di fessurazione ed espulsione del calcestruzzo come avviene ad esempio all’attacco tra le solette rampanti delle scale ed il pianerottolo. Posa in opera del cls Il calcestruzzo per sua natura di materiale eterogeneo ha una tendenza naturale a “smiscelarsi” ovvero a separarsi nei vari ingredienti che lo costituiscono (fenomeno della segregazione). Per limitare tale fenomeno, le betoniere che arriveranno in cantiere dovranno fare ruotare la cisterna prima del getto per 5 minuti alla massima velocità. La posa in opera del cls avverrà attraverso una pompa al cui innesco è prevista una lubrificazione con una malta molto ricca di cemento, inoltre il fornitore di cls sarà responsabile della sua pompabilità. Nel cls il fenomeno della segregazione è determinato principalmente dall’altezza di caduta del conglomerato per raggiungere il fondo del cassero e dall’urto del cls contro i ferri di armatura, dando origine a zone particolarmente ricche di aggregato grosso dette vespai o nidi di ghiaia. La separazione degli aggregati grossi della pasta può avvenire anche se il cls viene lasciato cadere su un piano inclinato o viene gettato all’interno di una cassaforma suborizzontale; ad esempio nelle solette rampanti di scale, travi a ginocchio o travi di tetti a falde. Un ulteriore errore che può favorire il fenomeno della segregazione è rappresentato dal getto del conglomerato contro le pareti verticali del cassero.

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Per risolvere tali problemi l’Impresa esecutrice utilizzerà dei “convogliatori” con altezza di caduta massima del cls di 2 m, ovvero si introdurrà il tubo-getto fino sul fondo della cassaforma e si solleverà man mano che il conglomerato la riempia facendo in modo che il tubo comunque rimanga sempre annegato nel cls per una profondità di 20 cm. Laddove questa soluzione non sia praticabile, si utilizzerà un imbuto con un gambo di lunghezza pari a 2 m che possa convogliare il cls al centro della cassaforma evitando che vi sia collisione dell’impasto con la gabbia di armatura e le sponde dei casseri. Preparazione delle superfici per la ripresa di getto L’obbiettivo che si deve perseguire per realizzare una corretta ripresa di getto è far si che la superficie di cls già indurito che funge da “controcassero”: abbia una sufficiente resistenza a trazione superficiale; un’idonea rugosità superficiale per consentire una corretta ripartizione degli sforzi tangenziali grazie all’effetto meccanico dell’ancoraggio; sia priva di sostanze che impediscano, ostacolino o inficino l’adesione del cls fresco con quello indurito; non sottragga acqua al cls fresco. Al fine di ottenere ciò l’Impresa esecutrice rimuoverà lo strato corticale costituito da cemento in forma generalmente anidra (cls “bruciato” superficialmente) mediante bocciardatrici, martelli pneumatici, macchine pallinatrici, frese oppure con idropulitrici che consentano una facile asportazione del lattime di cemento superficiale e garantiscano l’ottenimento di una superficie con asperità di almeno 5 mm. Inoltre, prima di procedere all’esecuzione del getto l’Impresa esecutrice irrorerà con acqua le superfici del substrato in cls per evitare che questo sottragga acqua al conglomerato fresco; l’eventuale acqua in eccesso sulla superficie del substrato prima del getto sarà eliminata mediante stracci umidi oppure con aria compressa. Infine non si posizionerà il cassero troppo a ridosso della ripresa di getto in modo da evitare la conseguente perdita di boiacca per la scarsa tenuta dello stesso. Lavorabilità del cls Dopo l’introduzione del cls nei casseri, si curerà la stesura in modo da garantire il completo riempimento in accordo alla geometria prevista per l’elemento strutturale e sarà realizzato un perfetto inglobamento delle barre di armatura, al fine di ottenere un eccellente trasferimento degli sforzi tra i due materiali e un’adeguata protezione dell’acciaio nei confronti dell’incendio espellendo tutta l’aria intrappolata accidentalmente nei getti per avere la massima densità possibile per il cls impiegato. Si perseguirà quest’ultimo obbiettivo garantendo per il cls in opera una resistenza prossima a quella che il conglomerato evidenzia nelle prove di schiacciamento effettuate sui provini cubici prelevati a bocca di betoniera che rappresenta il valore massimo raggiungibile per tensione di rottura a compressione. La facilità con cui l’impasto si lascia introdurre nelle casseforme e stendere nel cassero e con cui lo stesso occupa qualsiasi spazio all’interno della forma e avvolge le armature, nonché la facilità con cui riesce ad espellere l’aria dal suo interno sia a compattarlo viene definita come lavorabilità. In accordo con la norma EN 206-1 la lavorabilità del cls sarà misurata dall’Impresa esecutrice attraverso il cono di Abrams (slump). Di seguito si riportano i valori minimi di slump previsti per gli elementi strutturali del presente progetto:

Elemento strutturale slump Fondazioni S4 Muri di vani interrati S4 Travi a spessore di solaio S5 Travi inclinate di tetti a falde S4 Solette rampanti di scale S3-S4 Solette S4-S5 Pareti di taglio S4-S5 Pavimentazioni con stesa manuale S5

Compattazione del cls L’impresa esecutrice per vibrare l’impasto all’atto del getto utilizzerà un vibratore ad immersione (o ad ago) basato su una testa vibrante cilindrica che sarà annegato nel cls. Il processo di vibrazione terminerà quando, pur continuando a vibrare, non si registra alcun significativo incremento della massa volumica del cls. Per raggiungere questo obbiettivo si utilizzerà il vibratore in maniera appropriata evitando di procedere a stendere il conglomerato con la testa dell’ago. La stesa del conglomerato sarà eseguita con un idoneo movimento del punto di introduzione del calcestruzzo nella cassaforma procedendo al riempimento per strati non più spessi di 30 cm; per le sezioni con spessore maggiore di 50 cm la compattazione sarà realizzata ogni 50 cm di conglomerato posato. Il vibratore inoltre sarà mantenuto in posizione perfettamente verticale evitando di porlo in contatto con il cassero o con i ferri di armatura e sarà inserito alla distanza di 15 volte il raggio dell’ago; inoltre la durata di ogni singola vibrazione sarà pari a 10 secondi. Maturazione del cls Per il cls delle strutture in oggetto si dovranno rispettare le seguenti indicazioni: permettere una lunga permanenza del calcestruzzo nel cassero; in fase plastica (entro 12-24 ore dalla posa) sarà limitata l’evaporazione dell’acqua del cls verso l’ambiente esterno al fine di prevenire la comparsa di lesioni per effetto del ritiro plastico; in fase di indurimento (dopo 24 ore dalla posa fino a 7-10 giorni) si fornirà acqua alla struttura mediante bagnatura della superfici al fine di ridurre i rischi fessurativi; saranno ridotti al minimo la comparsa di quadri fessurativi derivanti dalla differenza di temperatura tra le strutture in cls e l’ambiente esterno per tale motivo i getti non saranno realizzati nelle stagioni estive nei periodi più caldi, optando per getti nelle ore mattutine; sarà limitata l’evaporazione di acqua dal cls verso l’ambiente esterno utilizzando dei teli di iuta al fine di garantire una corretta evoluzione del processo di idratazione del cemento finalizzato al raggiungimento di una porosità capillare congruente con i livelli di durabilità e con le prestazioni elasto-meccaniche attese per il cls. La durata minima della stagionatura non sarà inferiore ai 3 giorni e la protezione umida da attuare in cantiere verrà ricavata dalla seguente tabella:

Classe di resistenza cls ≤ C25/30 C>25/30

Esposizione della struttura All’interno All’esterno All’interno All’esterno Periodo di esecuzione dei

getti APRILE-SETTEMBRE APRILE-SETTEMBRE

3 7 3 5 Periodo di esecuzione dei

getti OTTOBRE-MARZO OTTOBRE-MARZO

7 10 5 7

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ACCIAIO

Premessa I materiali utilizzati hanno le seguenti caratteristiche:

Acciaio Fe 360 (S235) ftk = 360 N/mm2 Acciaio Fe 430 (S275) ftk = 430 N/mm2

Y.2) L’acciaio L’acciaio è una lega ferro-carbonio nella quale quest’ultimo è presente fino all’1,7% e contiene altri elementi (nocivi o migliorativi) in proporzioni massime prefissate tra i quali i principali sono: il fosforo P, lo zolfo S, il silicio Si e il manganese Mn (che favoriscono la saldabilità) ed il nichel Ni. Attualmente le norme Italiane e l’Eurocodice 3 per le costruzioni metalliche prevedono tre tipi di acciaio: Fe 360 (S235), Fe 430 (S275), Fe 510 in cui il numero rappresenta la tensione di rottura (ft) in N/mm2 ; le tensioni di snervamento (fy) sono rispettivamente: 235 N/mm2, 275 N/mm2, 355 N/mm2. L’andamento tipico del diagramma tensione-deformazione per un acciaio da costruzione è mostrato nella figura seguente.

Di seguito si riporta la tabella riassuntiva con i limiti di composizione chimica per strutture saldate secondo l’Eurocodice 3.

La quantità di carbonio condiziona la resistenza e la duttilità (la prima cresce e la seconda diminuisce all’aumentare del contenuto di carbonio). I più comuni acciai per carpenteria metallica hanno un contenuto in carbonio molto basso e sono quindi estremamente duttili. Un’altra caratteristica è la tenacità dell’acciaio, cioè la sua capacità di evitare rotture fragili alle basse temperature.

Requisiti degli acciai per strutture metalliche L’acciaio utilizzato nel presente progetto dovranno avere i seguenti requisiti: 1) omogeneità strutturale: non presenza di segregazione, porosità, scorie, cricche e gas inclusi. Il reticolo cristallino sarà molto regolare e a grani fini. Inoltre dovrà essere garantita l’omogeneità meccanica cioè delle caratteristiche relative, come carico di snervamento, allungamento, resilienza, ecc, che dovranno restare costanti lungo tutto l’elemento strutturale e per l’intera partita cui esso appartiene. 2) alto carico di snervamento; 3)ottima saldabilità; 4) assenza di fragilità; 5) elevato valore di σs (tensione di snervamento); 6) aumento della resilienza; 7) regolare funzionamento alle alte e alle basse temperature; 8) resistenza alla corrosione. Tipologie degli elementi in acciaio Gli elementi in acciaio vengono prodotti industrialmente mediante un processo di laminazione a caldo o di sagomatura a freddo e sono così classificati:

- elementi laminati a caldo: profilati, lamiere (lamierini con t < 1 mm, lamiere sottili con 1 mm < t < 4 mm; ecc.), larghi piatti, barre; - elementi sagomati a freddo: lamiere grecate, profili sottili.

C.1) Elementi laminati a caldo Profilati Sotto il nome di profilati si intendono ferri sagomati a caldo ottenuti facendoli passare attraverso una serie di rulli. Le principali sezioni sono riportate nella figura seguente e le loro principali caratteristiche sono discusse sotto.

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1. Profilati a doppio T ad ali parallele nei quali le facce interne delle ali sono parallele a quelle esterne, ciò semplifica l’esecuzione di giunti, attacchi e collegamenti. Queste sono delle sezioni molto efficienti per resistere al momento flettente attorno all’asse minore, si impiegano generalmente per travi. Vengono designate con il simbolo IPE seguita dall’altezza espressa in mm.

2. Profilati a doppio T ad ali larghe e parallele nei quali le ali hanno larghezza pari all’altezza sino a 300 mm e larghezza costante di 300 mm per altezze superiori. Queste sezioni vengono impiegate principalmente come colonne atte a resistere a carichi verticali avendo un alto raggio minimo di inerzia per prevenire l’instabilità. Vengono prodotti nella serie leggera (A), normale (B), pesante (M). Si indicano con il simbolo HE seguito dalla serie e dall’altezza in mm.

3. Profilati ad U. Sono molto usati come arcarecci, profili per capriate e per sezioni composte. Si designano con il simbolo UPN seguito dall’altezza espressa in mm.

4. Profilati ad L a lati uguali (angolari) e ad L a lati disuguali. Sono usati per formare giunti, capriate e sezioni composte. Gli angolari sono designati con il simbolo L seguito dalla lunghezza e spessore del lato; mentre quelli a lati disuguali sono designati con il simbolo L seguito dalla lunghezza dei due lati e lo spessore in mm.

5. Profilati a T aventi altezza uguale alla larghezza. Sono usati per capriate, tiranti e travi leggere. Si designano con il simbolo T seguita da larghezza, altezza e spessore.

6. Tubi a sezione circolare, quadrata e rettangolare. Sono prodotti da piastre mediante un processo di laminazione a caldo per cui viene fatta prima la sezione circolare e poi eventualmente convertita nella forma rettangolare o quadrata. Sono delle sezioni molto efficienti se soggette a compressione e vengono adottate in svariate applicazioni. Vengono designate indicando il profilo, le dimensioni significative (diametro oppure base per altezza) e lo spessore.

Sezioni composte

Le sezioni composte possono essere formate per i seguenti motivi: a) Irrigidire dei profilati mediante la saldatura di piatti sulle ali. b) Combinare insieme due tipi di profilati ad ognuno dei quali si fa assorbire il carico per cui sono idonei. c) Accoppiando, in genere simmetricamente, due o più profili tra loro per formare un elemento più resistente.

Sezioni costruite

Le sezioni costruite sono fatte saldando insieme delle lamiere per formare di solito delle sezioni a doppio T, dette travi composte, o delle sezioni scatolari che non sono riportate nel sagomarlo. Questi elementi vengono comunemente utilizzati per portare grossi carichi o per coprire grosse luci.

Unioni saldate

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Caratteristiche dei giunti saldati La saldatura è un procedimento di giunzione che consente di unire permanentemente parti solide realizzando la continuità del materiale. Le costruzioni saldate, infatti, sono monolitiche, non essendovi appunto soluzione di continuità del materiale in corrispondenza dei giunti a differenza di quanto accade, ad esempio, nelle costruzioni chiodate e bullonate. Estendendo il confronto fra giunti saldati e quelli bullonati o chiodati si può dire che i primi oltre ad essere generalmente più rigidi sono anche i più leggeri e più semplici. A fronte di questi vantaggi sono state prese opportune soluzioni progettuali, costruttive e di controllo allo scopo di evitare riduzioni nella resistenza delle strutture nei fenomeni di fatica e nel servizio alle basse temperature a causa dei fenomeni di fragilità dei materiali. In particolare, il rischio e le conseguenze di una rottura fragile sono incrementati:

- dall’inevitabile presenza di tensioni residue di saldatura (se non si effettuano trattamenti termici di distensione post-saldatura); - dal fatto che possono risultare molto pericolose anche rotture innescatesi in elementi secondari che possono propagarsi fino ad elementi

principali.

Classificazione dei procedimenti di saldatura Una prima grossolana suddivisione dei procedimenti può essere fatta distinguendo tra quelli autogeni e quelli eterogenei (brasatura). Attualmente l “Istituto Internazionale della Saldatura” elenca una serie di nuovi procedimenti di saldatura che viene in parte riportato e semplificato nella classificazione della tabella seguente.

I procedimenti di saldatura eterogenea sono quelli in cui si ha la fusione del solo materiale da apporto (brasatura “dolce” se questo ultimo fonde a temperatura inferiore a 400° C, altrimenti “forte”); ciò si ottiene utilizzando materiali con temperatura di fusione inferiore a quella del materiale base. I procedimenti di saldatura oggi più utilizzati nelle carpenterie metalliche di medio-forte spessore rientrano tra quelli autogeni per fusione e sono praticamente solo il procedimento ad arco con elettrodi rivestiti, quello ad arco con filo continuo con protezione di gas attivo (MAG) e quello ad arco sommerso. Questi procedimenti utilizzano, come fonte di energia per ottenere la necessaria quantità di calore, energia elettrica trasformata mediante arco elettrico. L’altro problema di fondo della saldatura autogena per fusione, oltre al reperimento della fonte di calore, è quella della protezione del materiale allo stato fuso, necessaria per evitare il suo inquinamento da parte dell’ossigeno e dell’azoto dell’atmosfera; questi gas che, come l’idrogeno, hanno una solubilità nell’acciaio che decresce rapidamente con la temperatura, se vengono assorbiti dal bagno pregiudicano l’efficienza meccanica e la continuità del giunto. La particolare sorgente termica utilizzata ed il modo in cui si provvede alla protezione del bagno contro l’azione dell’aria definiscono, quindi, i vari procedimenti di saldatura autogena per fusione, in particolare si distinguono:

a) Saldatura ossiacetilenica: la sorgente termica è costituita dalla fiamma ossiacetilenica prodotta dalla combustione dell’acetilene con l’ossigeno. Questi due gas giungono separatamente al cannello, all’interno del quale si mescolano intimamente tra loro, ed escono dalla sua punta ove avviene la combustione. Il cannello deve essere impugnato dal saldatore che lo manovra in modo da indirizzare la fiamma sui lembi da unire, che sono così portati a fusione. Contemporaneamente il saldatore tiene nell’altra mano la bacchetta del metallo di apporto che periodicamente introduce nella fiamma per consentire la fusione e la successiva introduzione nel bagno.

b) Saldatura ad arco con elettrodi rivestiti: la sorgente termica è costituita dall’arco elettrico che, scoccando fra l’elettrodo (manovrato dal

saldatore mediante la pinza porta elettrodi) ed il materiale base, sviluppa il calore che provoca la rapida fusione sia del materiale base sia dell’elettrodo. L’elettrodo è costituito da una bacchetta cilindrica (lunga 350/450 mm) con un rivestimento la cui fusione genera tra l’altro dei gas per la protezione della zona in cui scocca l’arco e del bagno. Dopo che l’elettrodo è stato consumato, il saldatore ne introduce un

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altro nella pinza e così procede sino al completamento della saldatura. In funzione dei componenti del rivestimento si hanno vari tipi di elettrodi: basici (ottime caratteristiche meccaniche e metallurgiche), acidi (buone caratteristiche meccaniche), cellulosici (applicazioni particolari come tubazioni) sono i più usati. Questo procedimento ha una notevole flessibilità di impiego.

c) Saldatura ad arco sommerso: la sorgente termica è costituita dall’arco che scocca tra l’elettrodo ed il materiale base. In questo caso, però,

l’elettrodo è costituito da un filo continuo avvolto in matassa; un opportuno dispositivo automatico di alimentazione provvede al suo avanzamento alla stessa velocità con cui viene fuso. La protezione della zona d’arco è affidata ad un flusso che viene distribuito sul giunto formando un cumulo all’interno dal quale scocca l’arco, che risulta così “sommerso” ed invisibile.

d) Saldatura con protezione di gas ad elettrodo fusibile (MIG e MAG): è un procedimento a filo continuo come il precedente; la protezione dell’arco è affidata ad un gas inerte (per esempio argon: MIG), oppure chimicamente attivo (per esempio anidride carbonica o miscele di quest’ultima con argon: MAG) anziché ad un flusso. Il procedimento MAG è usato per la saldatura degli acciai dolci e basso-legati.

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Tipi di giunti saldati A seconda della posizione reciproca dei pezzi collegati si distinguono i seguenti principali tipi di giunto saldato:

- giunto testa a testa; - giunto di spigolo; - giunto ad L; - giunto a T; - giunto a sovrapposizione;

I lembi dei pezzi da unire mediante i procedimenti di saldatura autogena per fusione richiedono un’adatta preparazione. Questa ha lo scopo di garantire che il procedimento applicato porti a fusione il desiderato spessore di materiali, in modo da garantire in esso la continuità metallica. La preparazione prende nome della forma della sezione del vano (che viene detto “cianfrino”) cui essa ha dato luogo; tra i principali tipi si possono citare:

- preparazione ad I (o a lembi retti); - preparazione a V (senza o con sostegno); - preparazione a ½ V (senza o con sostegno); - preparazione a Y; - preparazione ad U; - preparazione a J (o a ½ U); - preparazione a X (simmetrico o dissimetrico); - preparazione a doppio X; - preparazione a doppio U; - preparazione a K; - preparazione a doppio J.

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In particolare si distinguono giunti a completa penetrazione e giunti a cordone d’angolo

Giunti a completa penetrazione

In questi giunti, come già detto, è indispensabile la preparazione dei lembi dei pezzi da saldare. Tale operazione è detta cianfrinatura, perché lo smusso è denominato cianfrino.

Gli elementi tipici della preparazione sono:

- l’angolo di smusso α; - la sua profondità d; - la spalla rettilinea s; - la distanza tra i lembi g;

Per avere un giunto a completa penetrazione la spalla rettilinea deve essere piccola, in modo da essere fusa e far parte della saldatura. In caso contrario non vi è completa unione tra i pezzi saldati.

Il giunto a completa penetrazione ripristina la continuità tra i pezzi. Lo stato tensionale è quindi quasi uguale a quello del pezzo continuo. Poiché il materiale di apporto ha una resistenza pari o superiore a quella del materiale base, la rottura teoricamente dovrebbe avvenire fuori dal giunto. Solo la presenza di imperfezioni può portare alla rottura nella sezione saldata. Ai fini delle verifiche di collegamenti saldati a completa penetrazione, la normativa italiana fa riferimento a due classi di qualità delle saldature:

- I classe: la saldatura è eseguita con elettrodi di qualità 3 o 4 secondo la norma UNI 2132 e soddisfa i controlli radiografici previsti nel raggruppamento B della UNI 7278;

- II classe: la saldatura è eseguita con elettrodi di qualità 2,3 o 4 secondo la norma UNI 2132 e soddisfa i controlli radiografici previsti nel raggruppamento F della UNI 7278.

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Giunti a cordone d’angolo La sezione resistente di una saldatura a cordoni d’angolo e la sua sezione di gola. Essa è definita come l’area di lunghezza L pari a quella del cordone ed altezza a quella minora del triangolo inscritto nella sezione trasversale della saldatura.

Difetti di saldatura La solidificazione del materiale fuso ed il trattamento termico della zona di materiale base attorno alla saldatura possono dar luogo a:

- cricche a caldo: sono delle rotture che si manifestano in zona fusa nel corso della solidificazione del giunto. Si generano durante la solidificazione della zona fusa e a seguito di scorie provenienti dal materiale base; queste ultime tendono a segregare in zone preferenziali e a temperature più basse del materiale circostante dando luogo a tensioni da ritiro e a non coesione del materiale. Nel caso degli acciai, le cause principali di questo fenomeno sono:

a) medio-alto tenore di carbonio nel materiale base; b) alto tenore di impurezze (zolfo e fosforo) nel materiale base; c) ritiri di saldatura;

- cricche a freddo: sono delle rotture che si formano in zona fusa ed in zona termicamente alterata, quando la temperatura si approssima a quella ambiente o anche a raffreddamento ultimato (cricche ritardate). Si generano ai bordi della saldatura per effetto dei cicli termici ad elevata velocità di raffreddamento che danno luogo a fenomeni simili a quelli della tempera. La prevenzione da questo fenomeno può ottenersi con un preriscaldamento del pezzo, facendo più passate di saldatura ed utilizzando elettrodi con rivestimento basico. Le cause principali di questo fenomeno sono:

a) strutture dure in zona fusa e/o in zona termicamente alterata; b) assorbimento di idrogeno da parte del bagno; c) tensioni di ritiro.

- strappi lamellari: sono cricche che si verificano nel materiale base quando quest’ultimo è sollecitato perpendicolarmente al piano di laminazione. Le cause di questo fenomeno sono:

a) tensioni di ritiro più o meno intense in funzione della rigidezza della struttura; b) geometria del giunto tale da sollecitare in direzione sfavorevole il materiale; c) materiale base laminato di medio-alto spessore suscettibile agli strappi.

In genere, gli strappi lamellari si manifestano nel caso di saldature di grosse dimensioni (per lo più oltre 20 mm di lato per i giunti d’angolo e di larghezza per giunti a completa penetrazione) sottoposti ad un certo grado di vincolo. Dal punto di vista progettuale si è attenzionato questo fattore disegnando i particolari costruttivi in modo da evitare o almeno minimizzare le tensioni di ritiro in direzione sfavorevole.

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- deformazioni permanenti: quando i pezzi da saldare non sono vincolati si hanno spostamenti relativi importanti che possono essere corretti con frecce iniziali di segno opposto, con bloccaggio dei pezzi da saldare o con studio della sequenza di saldatura.

- mancanze di penetrazione e di fusione: sono discontinuità tra i due lembi del cianfrino (mancanza di fusione) provocate dalla mancata fusione di entrambi o di uno solo dei lembi. Possono trovarsi nella zona di prima passata, al vertice o al cuore della saldatura oppure in corrispondenza di passate successive. Sono gravi difetti generalmente inaccettabili. La loro causa principale è da ricercarsi nella cattiva preparazione dei lembi (angolo di apertura del cianfrino troppo piccolo, spalla eccessiva, distanza tra i lembi insufficiente, livellamento) o nella scarsa abilità del saldatore.

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- incollature: sono simili alle mancanze di fusione, ma tra lembo e zona fusa è interposto uno strato di ossido. Sono tipiche dell’acciaio, per procedimenti come la saldatura ossiacetilenica o MAG o di materiali facilmente ossidabili come le leghe di alluminio. Un giunto con questo tipo di difetto può avere pessime caratteristiche meccaniche.

- inclusioni: sono difetti situati in zona fusa, dovuti alla presenza di sostanze diverse dal metallo del cordone di saldatura, inglobate nel

cordone stesso. Le inclusioni possono essere solide o gassose. - Inclusioni solide: a seconda del materiale che le costituisce, si distinguono inclusioni di scoria o di tungsteno.

Inclusioni di scoria: sono cavità contenenti solo scoria o scoria e gas. È uno dei difetti più comuni nei cordoni eseguiti con elettrodi rivestiti o ad arco sommerso in più passate. Esso dipende dall’asportazione poco accurata delle scorie di una passata prima dell’esecuzione della passata successiva; per facilitare questa operazione un buon saldatore cura la regolarità superficiale del cordone che deposita ed evita che quest’ultimo abbia una forma troppo convessa che potrebbe intrappolare la scoria delle passate successive. Altre cause possono essere maneggio non corretto dell’elettrodo rivestito o non esatto posizionamento della testa saldante o anche errati parametri della preparazione (per esempio, angolo di apertura del cianfrino troppo stretto). Si tratta di un difetto abbastanza grave essendo di forma assai irregolare, frastagliato e talvolta accompagnato da piccole cricche.

Inclusioni di tungsteno: sono costituite da tungsteno sotto forma di pezzetti isolati o di minute schegge raggruppate (spruzzi). È un difetto tipico del procedimento TIG ed è imputabile a scorretto maneggio della torcia, a insufficiente protezione gassosa o a cattiva qualità dell’elettrodo, a corrente troppo elevata. Le inclusioni di tungsteno e soprattutto gli spruzzi hanno forma generalmente molto irregolare ed ai vertici delle loro frastagliature possono trovarsi piccole cricche; costituiscono quindi un difetto piuttosto grave anche perché la loro plasticità è quasi nulla.

- Inclusioni gassose: sono cavità provocate da gas che sono rimasti intrappolati nel bagno, le cause possono essere numerose. Possono essere provocate da sporcizia, grasso, ruggine, vernice presenti sui lembi e da umidità nel rivestimento degli elettrodi, nei flussi (arco sommerso) oppure nei gas impiegati (saldatura ossiacetilenica o saldatura MAG). Altre cause possono essere l’impiego di procedimenti con elevata velocità di deposito e quindi di saldatura (tale da non consentire che i gas che si formano arrivino fino alla superficie del bagno) e lo scorretto maneggio della torcia e della pinza (quando la lunghezza dell’arco è eccessiva, la protezione gassosa del bagno è difettosa; cioè origina ossidazioni e porosità). Le inclusioni gassose possono essere di forma tondeggiante: in questo caso vengono dette “porosità” o “soffiature” a seconda che il loro diametro sia inferiore o superiore a 1 mm.

Questi difetti non sono molto pericolosi per la resistenza del giunto; lo diventano solo quando sono di grandi dimensioni o numerosi (nidi di porosità o di soffiatura). Le inclusioni di forma allungata vengono detti “tarli”; quelle con una “coda” particolarmente lunga, che può terminare con piccole cricche o incollature, sono da considerarsi più pericolose.

- eccesso di sovrametallo: si riscontra nei giunti di testa. È dovuto ad errore del saldatore che non ha maneggiato bene l’elettrodo oppure

non ha saputo distribuire opportunamente il numero delle passate (caso della saldatura manuale) oppure non ha seguito le indicazioni della tabella dei parametri nella saldatura automatica. Molti saldatori ritengono erroneamente che l’eccesso di sovrametallo non sia un difetto, ma che anzi grazie al maggiore spessore della saldatura il giunto offra una resistenza più elevata. Ciò non è assolutamente vero: in certe condizioni di servizio (come fatica, urti, bassa temperatura), un giunto così fatto è meno resistente di uno di forma regolare, a causa delle discontinuità geometriche che si creano ai bordi del sovrametallo stesso.

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- cordone d’angolo troppo convesso: difetto caratteristico dei giunti d’angolo, dovuto ad errato maneggio dell’elettrodo da parte del

saldatore.

- incisioni marginali: Si presentano spesso nei cordoni eseguiti manualmente, più frequentemente in posizione diversa da quella piana. Sono

essenzialmente causate dall’impiego di corrente eccessiva, associata ad un maneggio non corretto.

- irregolarità superficiale: conferisce un brutto aspetto al cordone le cui maglie, anziché essere disposte parallelamente una di seguito

all’altra, hanno andamento irregolare, con variazioni di profilo del cordone, avvallamenti denuncianti i punti di ripresa, ecc. E’ dovuta a scarsa capacità operatoria del saldatore.

- slivellamento dei lembi: è dovuto ad un montaggio imperfetto che ostacola la possibilità di eseguire una saldatura regolare. Nel migliore

dei casi, si ha una brusca variazione del profilo, altrimenti si può avere la mancanza di fusione del lembo sottoposto. - spruzzi e sputi: sono depositi più o meno grandi e dispersi, generalmente incollati sulla superficie del metallo base vicino al cordone. Sono

tipici della saldatura manuale ad elettrodi rivestiti (basico e cellulosico) e del procedimento MAG. Sono pericolosi per i giunti che lavorino in certi ambienti, in quanto sono un facile innesco per l’attacco corrosivo. Inoltre, in corrispondenza ad essi si possono avere locali fenomeni di tempre eventualmente accompagnati da piccole cricche.

- colpi d’arco: consistono in una fusione localizzata del materiale base avvenuta generalmente senza materiale d’apporto. Sono difetti tipici dei procedimenti manuali ad arco, provocati da scarsa cura del saldatore che innesca l’arco sul materiale base e non, come è regola, su un lembo del cianfrino. Tali fusioni localizzate possono essere particolarmente pericolose se sono accompagnate da piccole cricche.

Pericolosità dei difetti Nel considerare la pericolosità di un difetto e quindi nel fissare un criterio di accettabilità dello stesso (eventualmente delle sue dimensioni), non si può astrarre dal contesto in cui tale difetto si trova; per esempio è necessario considerare il tipo di sollecitazione cui il giunto è sottoposto, il tipo e l’importanza della struttura di cui il giunto fa parte, le caratteristiche del materiale base e molti altri fattori. In genere i difetti, siano essi superficiali o interni, riducono la sezione resistente del giunto con conseguente aumento del livello di tensione medio. Ciò comporta, nel caso di sollecitazioni statiche, una certa diminuzione della capacità di carico del giunto. Un secondo aspetto dannoso dei difetti appare quando si hanno giunti sollecitati a fatica; in questo caso l’effetto di intaglio (aumento di tensione locale) cui da luogo il difetto limita notevolmente la resistenza del giunto. Se si considera, infine, il caso di costruzioni saldate che lavorano a basse temperature, appare un terzo aspetto dannoso dei difetti, quello di aumentare il grado di pluriassialità delle tensioni, con conseguente limitazione dell’entità delle tensioni di taglio e possibilità di innesco e propagazione di rotture fragili. Quindi i criteri di accettabilità dei difetti saranno più severi quando la costruzione saldata deve sopportare condizioni di servizio onerose, eventualmente aggravate dalla presenza di sollecitazioni ripetute e/o rischio di rotture fragili. Per quanto riguarda il controllo radiografico si segnala la tabella UNI 7278, relativa ai gradi di difettosità nelle saldature testa a testa, che ha lo scopo di dare degli orientamenti per uniformare i criteri di giudizio sul grado di difettosità dei giunti saldati. Controlli indiretti Comprendono l’esame della documentazione tecnica, la qualifica di saldatori e quella dei procedimenti di saldatura. Esame della documentazione tecnica (disegni e specifiche) Ha lo scopo di accertare, sulla base dei procedimenti di saldatura e del tipo di controlli previsti, l’adeguatezza della preparazione dei lembi e degli altri parametri di saldatura, le eventuali necessità di preriscaldi e trattamenti termici, la corretta scelta dei materiali base e d’apporto, l’effettiva possibilità di realizzare le saldature e i controlli sulle stesse in relazione all’accessibilità dei giunti, ecc.

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Qualifica dei saldatori Ha lo scopo di accertare che la mano d’opera impiegata nella esecuzione della saldatura possegga la necessaria abilità operatoria. L’omissione di questo accertamento preliminare può portare a saldature contenenti gravi difetti operatori. Questi potrebbero anche essere rilevati al termine dell’operazione di saldatura da controlli non distruttivi, ma comunque si renderebbe necessaria la riparazione del giunto; ciò comporterebbe, oltre alla perdita di tempo e di denaro, maggiori ritiri e più elevate tensioni residue. Qualifica del procedimento di saldatura Ha lo scopo di accertare se il procedimento scelto per l’esecuzione delle saldature è idoneo al conseguimento dei giunti esenti da difetti e consente di ottenere le caratteristiche desiderate (come quelle meccaniche, anticorrosione, estetiche, ecc.). La qualifica del procedimento di saldatura è in sostanza una verifica che il materiale base, quello di apporto e la tecnica di saldatura (cioè la scelta del procedimento e dei diversi parametri) siano adeguati per realizzare quanto il progettista ha richiesto. Le prove di qualifica consistono generalmente nella saldatura di uno o più saggi nelle posizioni previste per la costruzione e con la messa in atto di tutti quegli accorgimenti che verranno successivamente adottati, come preriscaldo, trattamento termico, ecc. Dopo la saldatura, i saggi vengono sottoposti a controlli non distruttivi allo scopo di accertare l’assenza di difetti sistematici tipo “discontinuità metalliche” nella zona fusa e nella zona termicamente alterata. Infine, dai saggi vengono prelevate delle provette ed eseguite prove distruttive per la determinazione delle caratteristiche meccaniche (resistenza, duttilità, durezza e tenacità) del giunto, eventualmente di quelle chimiche del deposito e di quante altre necessarie ad assicurare l’assenza di difetti del tipo “disomogeneità metallurgiche”. Ispezione in corso d’opera Ha lo scopo di controllare la piena rispondenza delle modalità esecutive sia a quanto stabilito nella documentazione tecnica e in fase di qualifica, sia alle “buone regole dell’arte” tratte dall’esperienza. Si dovranno quindi verificare in officina e in cantiere che:

- le preparazione dei lembi corrispondano alle indicazioni dei disegni; - i saldatori impiegati siano qualificati; - i materiali di apporto siano di tipo omologato o del tipo approvato in fase di qualifica del procedimento e che siano in buone condizioni di

conservazione; - le temperature di preriscaldo e gli eventuali trattamenti termici siano rispondenti a quanto stabilito nel corso della qualifica del

procedimento; - i controlli non distruttivi nei giunti vengano effettuati secondo le modalità più efficaci e nel momento più opportuno del montaggio,

secondo quanto previsto dal ciclo di lavorazione approvato. Controlli diretti I controlli diretti vengono utilizzati per il controllo finale dei giunti saldati. Ciò viene conseguito con l’accertamento della natura e della distribuzione delle eventuali discontinuità metalliche, sia all’interno che all’esterno dei giunti. Salvo casi particolari, si usano a questo fine solo controlli non distruttivi; i tipi comunemente usati sono l’esame visivo, magnetoscopico e con liquidi penetranti, che danno indicazioni sulla eventuale presenza di difetti superficiali, e gli esami radiografico ed ultrasonoro, che consentono di rilevare eventuali difetti interni. Esame visivo L’esame visivo della superficie e del rovescio (quando anche questo è accessibile) delle saldature, dà informazioni preziose ed è in ogni caso necessario per individuare i difetti di profilo (quali incisioni marginali, eccessi di penetrazione, insellamenti, livellamenti, irregolarità di deposito, mancanza di penetrazione nel caso di saldatura non ripresa), la posizione di lavoro e la tecnica seguita (ad esempio maglie regolari sono indice di velocità uniforme, maglie ad angolo acuto sono indice di grande velocità). Le suddette informazioni possono essere utili per ricavare elementi di previsione sui difetti più probabili derivanti dalla particolare tecnica operativa. L’ impiego di una lente permette un esame più dettagliato, soprattutto in vista di scoprire eventuali cricche. Nel caso di inaccessibilità all’esame visivo diretto (ad esempio tubazioni, bombole, piccoli apparecchi), si può fare uso dell’endoscopio per controllare dall’interno del recipiente la penetrazione all’inverso della saldatura. Si osserva infine che un attento esame visivo della superficie del giunto saldato e degli eventuali difetti affioranti facilita spesso (talvolta è indispensabile) la corretta interpretazione dei risultati di altri tipi di controllo non distruttivo, come l’esame radiografico e quello ultrasonoro. Controlli di accettazione in cantiere § 11.3.4.11.3

Protezione al fuoco Le strutture in acciaio reagiscono male nei confronti di un incendio in quanto all’aumentare della temperatura diminuisce rapidamente la resistenza fino a quando in corrispondenza di una determinata temperatura (temperatura critica) la struttura si rompe. Il problema della protezione al fuoco consiste nel ritardare quanto più possibile il raggiungimento della temperatura critica mediante l’applicazione di strati di materiale aventi basso valore del coefficiente di conduttività termica ed adeguati spessori. Trattandosi di un capannone industriale non viene richiesta nessuna protezione contro il fuoco Protezione contro la corrosione La causa principale del degrado delle strutture in acciaio è la ruggine. A meno che non si operi in ambienti degradati chimicamente (zone industriali con scarichi di natura gassosa) la ruggine si genera per la presenza di acqua e ossigeno che innescano un processo di natura elettrochimica. Se su una barra d’acciaio, che è una lega composta da vari minerali per cui ogni punto della barra si trova ad un potenziale elettrochimico diverso dalle zone circostanti, ad un certo punto si forma un velo d’acqua, che può essere anche della semplice umidità con funzione di elettrolita e con cui vengono

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collegate due zone a potenziale elettrochimico diverse, si da origine ad una reazione elettrochimica con deposizione di ossidi idrati di ferro (ruggine) nelle zone anodiche che per la loro porosità e tendenza al rigonfiamento non proteggono il substrato da un ulteriore aggressione. Per salvaguardarsi dalla ruggine bisognerà proteggere la struttura in oggetto dall’acqua e dall’ossigeno e questo sarà fatto mediante una protezione attiva consistente nel rivestire la superficie metallica o con pitture di zinco o con un rivestimento di zinco metallico. Prima di dar luogo alla protezione bisogna pulire i profilati dalla pellicola di laminazione. Per la pulizia sarà consigliato il decappaggio che consiste nell’immergere la struttura in vasche contenenti acidi diluiti (acido solforico al 5% e a 60°C) e successivo lavaggio con acqua a 60°C con un bagno di in attivazione in acido fosforico al 2% con 3% di ferro. Oltre alla protezione, per allungare quanto più possibile la durata della struttura, in fase progettuale si sono presi tutti quegli accorgimenti che evitino il ristagno d’acqua e la formazione di umidità, creando una struttura ben areata, accessibile in ogni sua parte per la sorveglianza e la manutenzione.

Y) Affidabilità dei codici

Per valutare l’attendibilità del codice di calcolo si riportano di seguito alcuni risultati significativi di esempi svolti sia manualmente dal Prof. Ing. Antonio Tralli Ordinario del Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Ferrara e dal Prof. Ing. Giulio Dondi Ordinario del DISTART dell’Università di Bologna che utilizzando il programma 2SI di Ferrara con solutore Super Sap di Pittsburgh -Esempi di validazione di travi appoggiate a due campate:

-Esempi di validazione telai piani con cerniera alla base:

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-Esempi di validazione telai piani con incastri alla base:

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-Esempio di validazione piastra con elementi plate e materiale ortotropo:

-Esempio di validazione strutture soggette a variazioni termiche:

-Esempio di validazione strutture su terreno alla winkler sottoposte a carichi distribuiti triangolari :

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-Esempio di validazione baricentro delle masse e delle rigidezze:

-Esempio di validazione analisi modale di un telaio piano:

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-Esempio di validazione progettazione a taglio di strutture in c.a.:

-Esempio di validazione verifica alla fessurazione di strutture in c.a..:

-Esempio di validazione tensioni elementi D3

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-Esempio di validazione della verifica allo stato limite ultimo di elementi in legno

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-Esempio di validazione allo SLE di strutture in legno

-Esempio di validazione verifica al fuoco di strutture in legno

Monreale, li

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