1008447 nicolò seidita
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Ringraziamenti:
Innanzitutto volevo ringraziare, prima mio padre, mia madre e tutto il
resto della mia famiglia che mi sono stati sempre di grande supporto,
dandomi sempre il loro affetto e il loro aiuto in qualsiasi cosa avessi voluto
fare della mia vita: spero di non deludervi mai. Poi ci tenevo a ringraziare
tutti miei numerosissimi amici in Italia e tutti quelli sparsi in giro per
l’Europa: abbiamo condiviso molte avventure e molte esperienze
memorabili: tutti i bei ricordi e le avventure vissute insieme rimarranno
sempre nella mia memoria. Un ringraziamento speciale va anche a quella
che stata una delle mie professoresse durante il mio anno di studi in
Turchia: Banu Akdenizli. “ Cok tesekkur ederim!!”
Indice:
Introduzione ............................................................................................... 1
Capitolo 1 ................................................................................................... 5
Introduzione alla storia e all’economia turca 1.2 ........................................ 5
Il ruolo del settore dei media nell’economia 1.3 ...................................... 11
Come vengono amministrate le televisioni 1.4 ......................................... 14
I profitti pubblicitari e la loro distribuzione 1.5 ........................................ 15
In che modo vengono amministrati i giornali 1.6 ..................................... 16
La distribuzione e i profitti della pubblicità 1.7 ......................................... 18
Il ruolo di Internet nel panorama dei media 1.8 ....................................... 20
Organizzazioni impegnate nella pubblicazione online 1.9 ........................ 21
Il rapporto tra politica e media 1.10 ......................................................... 22
Capitolo 2 ................................................................................................. 26
L’inizio della campagna contro la stampa 2.1 ........................................... 28
Il caso Curdo 2.2 ....................................................................................... 32
Gezi Park e la sua censura 2.3 .................................................................. 39
I media e lo scandalo della corruzione 2.4 ................................................ 46
La censura della rete 2.5 .......................................................................... 48
Capitolo 3 ................................................................................................ 52
Colui che guida il paese 3.1 ...................................................................... 53
Il disastro di Soma 3.2 .............................................................................. 54
Il primo presidente eletto dalla popolazione 3.3 ...................................... 57
Le ragioni dell’instabilità del governo 3.4 ................................................. 58
Fethullah Gulen: una concreta minaccia al governo di Erdogan 3.5 ......... 60
Nuove minacce ai social network 3.6 ....................................................... 63
Il nuovo arresto di giornalisti 3. ................................................................ 64
Il futuro della Turchia 3.8 ......................................................................... 65
Conclusioni ............................................................................................... 67
Bibliografia.…………………………………………………………………………………………….73
1
Introduzione
Quanto segue vuole essere un’attenta analisi sulla situazione mediatica
odierna in Turchia, paese dalla ricca e travagliata storia, della sua censura
messa in pratica per favorire lo sviluppo di un potere autocratico
all’interno delle alte sfere del governo. L’obiettivo finale è quello di
dimostrare il forte legame che vige fra i media e la politica odierna attuale;
per fare ciò sarà necessario prima di tutto esporre un’ampia introduzione
della storia della Turchia e delle sue tradizioni.
Questo servirà innanzitutto a chiarire quanto siano stati importanti gli
insegnamenti di Ataturk, padre del moderno stato turco. Il mix di
tradizione e di nazionalismo va unito anche alla religione islamica,
elemento che ha maggiormente influenzato la storia politica di questa
nazione. Questi tre elementi hanno avuto un forte effetto nella storia
dell’ultimo secolo e in quella odierna: a partire dal tramonto dell’Impero
Ottomano e dell’ascesa al potere di Ataturk. Sarà proprio questo
personaggio ad avere un’incredibile influenza sul paese creando una forte
identità e unità nazionale. Il fine ultimo del carismatico leader era proprio
quello di modernizzare la sua madrepatria per renderla competitiva anche
nel panorama internazionale. Bisogna inoltre ricordare che all’interno dei
confini del paese sono presenti numerosi tipi di popolazioni appartenenti
ad etnie diverse da quella turca: fra queste troviamo anche la popolazione
curda che, dopo la fondazione della repubblica, si troverà molto spesso in
conflitto con le opinioni dei vari governi che si succederanno alla testa del
paese.
2
Occorre inoltre ricordare che, nell’ultimo secolo, vi è stata una sorta di
integrazione e uno sviluppo tecnologico, forzato, allo scopo di catapultare
uno stato arretrato come quello Ottomano fra le potenze industriali del
‘900.
Le tradizioni secolariste e nazionalistiche introdotte da Ataturk, saranno
considerate sacre ed assolutamente intoccabili.
A difendere questi saldi principi, Ataturk, dopo la sua morte, lascerà
l’esercito, che avrà il compito di difendere la nazione ed il popolo da idee
che andranno contro gli ideali del leader. Tutto ciò risulterà in un XX
secolo travagliato dalle interferenze da parte dell’esercito nell’ambito
delle questioni politiche, in parte giustificate e in parte no.Esse hanno
contribuito a formare un clima politico instabile e denso di repentini
cambi di potere. Quest’atmosfera si è protratta fino all’incredibile scalata
al potere di colui che è l’attuale presidente della Turchia: Recep Tayyip
Erdogan.
Alla testa dell’AKP, il partito islamico tradizionalista di maggioranza, è
stato in grado di governare il paese a partire dal 2002 fino ad oggi, senza
pressoché nessuna interferenza da parte dell’opposizione.
Erdogan infatti, oltre ad essere una persona molto carismatica, ha avuto la
lungimiranza di legare strettamente la sua linea politica all’informazione.
Inizialmente, il suo partito ha effettuato una copertura mediatica molto
favorevole al governo, per poi tramutarla in una e vera propria censura di
tutte le idee e le opinioni troppo critiche sulla sua gestione e sui suoi
intrighi. Proprio grazie al forte controllo che l’AKP ha esercitato sui canali
mediatici, è risultato essere uno dei mezzi che ha consentito al presidente
Erdogan di mantenere il potere così a lungo. Al fine di spiegare le relazioni
3
presenti fra i media e la politica è prima necessaria un’attenta analisi dei
tre principali media maggiormente diffusi all’interno del paese: la
televisione, i giornali ed internet. Infatti è d’obbligo prima capire come si
sia sviluppato il mercato, chi siano i principali protagonisti e quali sono,
dove presenti, gli interventi da parte dello stato.
Si procederà successivamente a esporre la crescente censura, aumentata
con la sempre maggiore sete di potere del presidente. Per mettere a
tacere l’opposizione, principalmente formata da intellettuali e giornalisti
che hanno in diversi casi origine curda, vi è stato spesso un abuso delle
leggi sul terrorismo che, come si vedrà, risultano essere abbastanza vaghe,
permettendo così al governo vasta mobilità di azione nel definire
determinati comportamenti come atti terroristici. Uno degli eventi
mediatici analizzati, in modo da rendere il più chiara possibile la portata
della censura all’interno del paese, sono state le proteste avvenute alla
fine di maggio del 2013 a Gezi Park, nella città di Istanbul. Questo sarà il
primo evento a subire una forte censura da parte dei media, esponendo
entrambe le correnti di pensiero secondo le quali essa possa o non possa
essere imposta dal governo.
Il presidente Erdogan capirà presto che per mantenere il potere avrà
bisogno un’informazione di parte in modo da influenzare positivamente il
proprio elettorato tradizionalista e con un basso livello di istruzione. Tutto
ciò porterà a sviluppare una forte influenza sui giornali, sulla televisione e
sulla radio. I media, ormai assoggettati al governo, si troveranno costretti
ad applicare una forte censura sulla gestione di argomenti
particolarmente scottanti; un valido esempio è la copertura della
situazione curda e le proteste avvenute a Gezi Park nel maggio del 2013.
4
E’ importante ricordare Gezi Park, poiché è proprio dopo questi
movimenti che il governo si renderà conto non avere sotto controllo la
rete. A partire da questo momento la censura, che si stava facendo
sempre più forte sulla carta stampata e la televisione, stringerà nella
propria morsa anche internet. Erdogan ha proceduto successivamente ad
implementare diversi emendamenti di legge per cercare di limitare il più
possibile la fuga di notizie negative sulle politiche del proprio governo,
arrivando anche a bloccare numerosi siti troppo critici fra i quali vanno
ricordati Twitter e Youtube. Questa chiusura delle piattaforme non sarà
mai definitiva, ma attuata nei momenti in cui il governo si è trovato
maggiormente esposto alla critica.
Dopo aver presentato il crescente uso della censura si passerà a trattare la
crescente sete di potere del presidente Erdogan. Verrà quindi analizzato il
suo travolgente successo elettorale, culminato con la nomina a presidente
della Repubblica turca. Successivamente verrà chiarito come sia stato in
grado di mantenere il potere sul proprio governo. Nonostante tutto
questa crescente autocrazia non è esente da rischi che potrebbero porre
fine alla lunga era dell’AKP.
In Turchia al giorno d’oggi si trova in una situazione politica
estremamente delicata: da una parte l’Occidente, che ha fortemente
criticato molti atteggiamenti politici del presidente, dall’altra il Medio
Oriente, con il quale viene condivisa la stessa religione, ma gettato
totalmente nel caos da movimenti di fanatici religiosi. Il paese
ironicamente si trova preso nel mezzo, trovandosi a fare da ponte tra due
culture completamente diverse.
5
Capitolo 1
In questo capitolo verrà prima presentata rapidamente la storia della
Turchia del ‘900, partendo dal tardo Impero Ottomano, uscito sconfitto
dalla prima guerra mondiale. I provvedimenti troppo duri del post-guerra
hanno favorito l’avvento di idee nazionalistiche. L’ideologia nazionalistica,
simile ,in alcuni tratti, a quelle che si sono sviluppate
contemporaneamente in Europa, sono state portate avanti da un da
Ataturk, leader carismatico, che segnerà in maniera decisa il futuro del
paese in tutte le sue istituzioni. Verrà data anche particolare importanza al
ruolo che ha svolto l’esercito, sarà proprio esso che si chiamerà spesso a
difendere i valori del tanto osannato leader.
Successivamente viene presentato l’evoluzione dei settore dei media in un
panorama turbolento e caotico come è quello della storia turca del secolo
passato, descrivendo nel dettaglio come si sia sviluppato il mercato dei
giornali, della televisione e di internet. Viene successivamente presentato
come, talvolta la politica è entrata nei media con il fine ultimo di imporre il
proprio controllo: andando di conseguenza a influenzare in maniera
scorretta l’opinione pubblica, portando spesso a celare delle verità
nascoste.
Introduzione alla storia e all’economia turca 1.2
Alla fine della prima guerra mondiale, il trattato di Sèvres del 1920 aveva
garantito il dismembramento dell’ormai tracollante impero Ottomano,
esso aveva lasciato solo una sottile striscia di terra della penisola Anatolica
ai turchi. Questa si dimostro una punizione troppo severa, portando a non
poche conseguenze negli anni a venire: all’interno del paese si formò
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lentamente un forte movimento nazionalista motivato proprio
dall’umiliazione subita. Alla testa del movimento nazionalistico vi era
Mustafa Kemal, l’unico dei comandanti dell’esercito turco che è stato in
grado di ottenere qualche vittoria militare. Egli è stato in grado di
riorganizzare la resistenza turca a stabilire un’assemblea nazionale nella
città di Ankara, nel cuore della penisola Anatolica.
Nel contempo l’esercito greco, notata la momentanea debolezza dei
turchi, aveva pensato di avanzare fuori dalla neo conquistata città di
Smirne, motivata dalla possibilità di riprendere il controllo totale sulle
sponde dell’Egeo. Questa venne vista da Mustafa Kemal come la
provazione necessaria per galvanizzare maggiormente la popolazione
turca in cerca di rivalsa. Dopo una guerra di tre anni l’esercito turco,
guidato dal proprio leader riuscì a cacciare i greci fuori dalla penisole a
riprenderne il controllo.
I confini del moderno stato turco furono definiti alla fine della guerra nel
trattato di Losanna del 1923.
Con la fine della guerra i turchi consolidarono come propria capitale la
città di Ankara ed abolirono definitivamente il sultanato. Mustafa Kemal
assunse la presidenza della repubblica alla testa del partito CHP (Partito
Repubblicano del popolo). Successivamente otterrà il nome Ataturk
(padre dei turchi).
La visione del nuovo presidente era ampia: Ataturk voleva vedere la
Turchia tra i più moderni paesi europei. A quel tempo, il paese era povero
ed era stato dilaniato dalla guerra, quindi bisognava ricostruire un paese
praticamente partendo da zero. Gli anni del governo di Ataturk furono
caratterizzati da un despotismo illuminato: egli infatti mentre fondava le
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basi per un istituzione democratica da una parte non concesse mai
abbastanza campo all’opposizione per ostacolarlo. Oltre a ciò sconfisse
con l’uso della forza i gruppi di dissidenti e di indulgenti che si opponevano
al suo governo, è proprio in questo periodo che si è verificata il genocidio
degli armeni, evento storico che avrà lungo dibattito nella storia della
Turchia, esso infatti non venne mai riconosciuto da parte dello stato turco
e di conseguenza il suo insegnamento nelle istituzioni scolastiche non
ebbe mai luogo. Questo evento è uno degli eventi di maggiore discussione
della storia turca. Questo massacro venne giustificato affermando che sia
stato necessario per la nascita dell’identità del popolo turco. Altro punto
critico per la storia turca era appunto la volontà da parte di Ataturk di
voler formare un paese formato esclusivamente da una popolazione di
origine turca. Inoltre per incoraggiare la nascita dell’identità nazionale, è
stata negata l’entità culturale alla numerosa popolazione curda, molti dei
quali hanno combattuto a fianco del leader per l’indipendenza. Dopo poco
tempo i curdi, popolazione che si è stabilità nell’est del paese, si
riorganizzò e diede sfocio alla prima delle numerose rivolte nella penisola
Anatolica.
Il desiderio di creare una nazione unificata portò a una sorta di “scambio”
di popolazioni con diverse origini tra la Grecia e la Turchia: intere
comunità di origine greca, che vivevano ancora nella penisola, furono
costretti a trasferirsi nuovamente in Grecia, in senso contrario, molti
musulmani che vivevano in Grecia furono costretti a emigrare in Turchia.
Questa decisione pragmatica è stata portata avanti in modo da prevenire
nuovi scontenti etnici all’interno dello stato, politica che poi si rivelerà
particolarmente efficace.
8
Lo zelo per la modernizzazione è stato senza precedenti, molti elementi
furono riformati: vi fu l’introduzione del calendario Gregoriano,
l’abolizione della scrittura araba in favore dei caratteri romani e la lingua
turca venne standardizzata in tutto il paese. Questa serie di riforme portò
la Turchia a spostare la propria linea di influenza più sull’ovest,
“staccandosi” almeno in parte dal Medio Oriente.
Dopo la sua morte, avvenuta nel 1938, Ataturk divenne una figurata
osannata da tutta la popolazione turca e visto come colui che aveva creato
un solido stato, partendo dalle ceneri dell’ormai decadente Impero
Ottomano. Ataturk inoltre lasciò all’esercito il compito di difendere i
principi dallo stato da lui fondato, dando il diritto alle forze armate di
intervenire e di sciogliere il governo, qualora esso provasse ad agire
contro l’interesse dello stato e del popolo turco.
Nonostante le continue riforme di modernizzazione, il paese rimaneva
economicamente e militarmente arretrato, fu anche a causa di questo che
la Turchia non partecipò attivamente alla Seconda Guerra Mondiale,
schiarandosi, prima della capitolazione delle forze dell’asse, con gli Stati
Uniti e i suoi alleati.
Quest’alleanza venne coltivata anche nel dopo guerra, fornendo alla
Turchia una maggiore importanza strategica contro il blocco sovietico.
Questa mossa diplomatica è stato ricambiato dagli Stati Uniti con parecchi
aiuti economici al paese.
Nel 1960 ebbe luogo il primo intervento dell’esercito negli affari di stato.
Infatti un partito democratico filo islamico prese il potere, ma attuò una
serie di riforme di carattere troppo autocratico, di conseguenza le forze
armate entrarono in parlamento e lo sciolsero. Gli anni ’70 e ’80 sono
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caratterizzati da una situazione di caos politico, costringendo l’esercito a
intervenire più volte per riportare l’ordine nel paese, questo periodo ebbe
fine con l’ascesa politica di Turgut Ozal, leader del partito ANAP, egli è
stato il primo, nella storia della repubblica, a vincere e a formare una
coalizione formata esclusivamente dal proprio partito. Questo gli permise
di governare il paese con una maggiore libertà di manovra riportando
l’ordine all’interno del paese. Attuò numero riforme economiche e
giuridiche di vitale importanza che portarono finalmente la Turchia in linea
con il resto del mondo moderno, nonostante questo bisogna ricordare
altri due fenomeni che avranno non poca influenza sulla situazione politica
odierna: la crescita della corruzione e la ripresa del separatismo curdo.
Con l’inizio della prima guerra del Golfo, la Turchia si ritrovò ad avere un
ruolo centrale nell’invasione dell’Iraq questa politica ha avuto il risultato
di consolidare l’alleanza con gli Stati Uniti e la Nato. Al termine della
guerra milioni di Iracheni di origine curda, temendo rappresaglie da parte
di Saddam, fuggirono a nord verso il versante sudest della penisola
Anatolica. L’esodo catturò l’attenzione dei media, portando la situazione
curda per la prima volta sotto i riflettori. La diaspora dei connazionali
galvanizzò il partito curdo PKK, movimento illegale di impronta
terroristica. Questa nuova provocazione da parte dei curdi venne visto
dallo stato turco come un tentativo per dividere il paese, proprio per
questo la repressione da parte delle forze militari fu durissima. L’uso della
forza da una parte e dall’altra ha portato a una situazione di guerra civile
nella zono sud est dell’Anatolia. Questo clima di violenza non migliorò,
nonostante gran parte della zona interessata fosse sotto legge marziale,
finché nel 1999 Abdullah Öcalan fondatore del PKK, non fu arrestato.
10
Nel contempo Turgut Ozal morì all’improvviso nel 1993, lasciando un
profondo vuoto di potere all’interno del parlamento turco: il clima di
instabilità che aveva preceduto la sua ascesa politica era tornato. Infatti
per tutta la durata degli anni ’90, fino all’ascesa di Erdogan, il paese vide
governi deboli e instabili che costrinsero nuovamente l’esercito ad entrare
in azione per riportare l’ordine.
Il nuovo millennio vide la nascita di una nuova forza politica: Recep Tayyip
Erdoğan, alla testa del suo partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP)
preannunciando l’inizio di un nuova era improntata alle riforme sociali,
capitalizzazione e un miglioramento dell’economia. Di forte impronta
islamica, l’AKP inizialmente volle fortemente l’entrata nell’Unione Europea
in modo da porre un freno alle continue ingerenze da parte dell’esercito
negli affari politici. Il bacino degli elettori dell’AKP veniva dalle piccole
cittadine sparse per tutta l’Anatolia, dovuto al grande boom economico
che le medio-piccole cittadine stavano attraversando. L’economia turca
continuava a crescere rapidamente con un’annuale crescita del prodotto
interno lordo, questo prorompente crescita fece pensare a molti turchi
che l’entrata nell’Unione Europea non era necessaria, spaventati anche
dalla paralisi economica che ebbe luogo nella vicina Grecia.
L’AKP ha attratto tuttavia numerose critiche da parte della comunità
internazionale, soprattutto a causa delle restrizioni sulla libertà di
espressione nei confronti dei media.
11
Il ruolo del settore dei media nell’economia 1.3
Fino agli anni ’80 il controllo dei media era in mano a famiglie di investitori
che erano da sempre nel settore. Con le decisioni prese nel 1980, il
governo abbandonò le sovvenzioni alla stampa; questo si tramutò in una
minore dipendenza da parte dello stato grazie anche all’aumento dei ricavi
derivati dalla pubblicità. Nonostante questo tutte le pubblicazione che non
erano in grado di sostenere i costi di stampa e che non erano in grado di
avere abbastanza visibilità per ottenere maggiori proventi derivati dalla
pubblicità, furono costrette a uscire dal mercato. Mentre gli anni ’90 sono
noti come un periodo di instabilità generale nell’economia del paese, il
gruppo degli investitori nel settore dei media aumentò rapidamente grazie
a sussidi e prestiti a basso tasso di interesse concessi dal governo. Il
settore dei media subì un duro colpo nel 2001 e nella crisi finanziaria che
ne scaturì, gli investitori o furono costretti a uscire dal mercato o furono
comprati dal “TMSF”1, associazione governativa che si occupa di
assicurazioni e depositi bancari, inizialmente supervisionata dalla Banca
Centrale di Turchia e successivamente associata all’ufficio del primo
ministro. Il gruppo “Bilgin” proprietaria del “Yeni Asir”, del “Sabah”
(giornali fra i più venduti e popolari nel paese) e del canale televisivo ATV,
subì maggiormente il contraccolpo della crisi. Rimasero coinvolti oltre
3900 giornalisti2 e 4815 rimanendo disoccupati; inoltre i guadagni dalla
pubblicità passarono da 1 miliardo di dollari a 500 milioni di dollari.
Aydin Dogan proprietario del gruppo “Dogan”, leader nel settore, era
passato indenne dalla crisi, fece un offerta per l’acquisizione del gruppo
1 Associazione governativa che si occupa di assicurazioni e depositi bancari
2 Dati pervenuti dall’associazione dei giornalisti turchi
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“Bilgin” negoziando con il TMSF. Il gruppo “Bilgin”, in precedenza aveva
operato soltanto nel settore giornalistici, entrando in questo momento
anche nel settore televisivo, con la fondando del canale “NTV”: canale di
riservato alle sole notizie di cronaca e di finanza, primo nel suo genere nel
paese.
Dopo il 2002, il settore dei media in Turchia diventò un ottimo mercato
per gli investimenti, questo si tramutò in un incremento dei guadagni
derivati dalla pubblicità e un progresso tecnologico nelle apparecchiature.
In concomitanza all’aumentare degli investimenti vi è stato un aumento di
giornali stampati in circolazione.
Con la ripresa nel primo quarto del 2002, i profitti tornarono a crescere in
media del 20% fino al 2007. Questo viene ricordato come l’anno di inizio
della crisi economica globale, la riluttanza nell’investire denaro colpì
duramente anche il settore dei media che vide i profitti derivanti dalla
pubblicità diminuire del 2.1% agli inizi del 2008. Nel 2010 gli effetti della
crisi cominciarono a diminuire e i profitti tornarono a crescere del 35% per
tutto l’anno.
13
Questo continuo aumento dei profitti derivati dalla pubblicità, unito alla
stabile e positiva economia, ha reso il settore dei media ancora più
invitante per gli investitori, in particolare quelli stranieri. L’iniziativa per
attirare investitori stranieri in Turchia era già iniziata nel 1990 con il
supporto del governo. Questo portò a una serie di fusioni tra compagnie
nazionali e non, fra il 2002 e il 2008. Una parte significativa degli
investimenti finirono nel settore televisivo, facendosi partecipe di un
notevole sviluppo. La flessibilità dimostrata nei confronti delle emittenti
televisive stranieri e la situazione economica del paese dimostra che il
settore dei media turco continuerà a svilupparsi anche in futuro. Bisogna
ricordare però che coloro che desiderano investire nel settore sono
costretti a contattare direttamente il governo, allo scopo di controllare le
valutazioni economiche e di avere i requisiti necessari per investire. Anche
se un processo simile avviene in molti paesi europei, questo potrebbe
lasciar supporre che il governo sia in grado di manovrare gli investitori: la
decisione del gruppo “Dogan” di diminuire gli investimenti dopo
l’imposizione di numerose sovvenzioni è guidata dall’intento del governo
0
500
1000
1500
2000
2500
3000
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010
Ricavi derivati dalla pubblicità in Milioni di dollari
Ricavi derivati dalla pubblicitàin Milioni di dollari
14
di manipolare e di scoraggiare investitori non graditi. Questo meccanismo
potrebbe essere adottato in modo da favorire gli investitori simpatizzanti
alle idee del governo e di scoraggiare tutti gli altri.
Come vengono amministrate le televisioni 1.4
Come riportano i dati forniti dall’RTUK3, vi sono al momento 24 emittenti
nazionali, 15 regionali e 209 locali in onda. La divisione come nazionale,
regionale e locale è stata effettuata prendendo in considerazione le
frequenze di messa in onda e attraverso le licenze concesse dalla stessa
RTUK. Tuttavia lo sviluppo della tecnologia e la diffusione su larga scala del
ricevitore satellitare continua a marcare la differenza fra nazionale,
regionale e locale.
La televisione è il canale media che ha la più alta percentuale di
penetrazione nel paese, raggiungendo più del 98% di tutta la popolazione
che vive in Turchia. La media giornaliera spesa a guardare la televisione
sono 3 ore, fino ad arrivare a 7 per le casalinghe. La Tv via cavo è
disponibile in 21 città, con circa 1 milione e 275 mila iscritti. “Turksat”,
essa emette la programmazione sulla televisione pubblica e privata, è di
proprietà dello stato ed è un monopolio. La compagnia provvede a fornire
sia infrastrutture che servizi di trasmissione, quindi ha il potere di decidere
chi può trasmettere sulle sue reti.
3 È l’ente statale che si occupa dell’amministrazione e della pubblicazione nella televisione e nei giornali
15
I profitti pubblicitari e la loro distribuzione 1.5
I profitti della trasmissione televisiva consistono in pubblicità e
sponsorizzazioni. Interessante è notare che i piccoli canali hanno ridotto
l’unità di prezzo per la pubblicità in modo da avere entrate pubblicitarie
maggiori, rimanendo competitivi contro le compagnie più grandi. Ali Atif
Bir, che lavora per “AGB Anadolu”, compagnia che opera misurazioni di
audience televisivo nel lungo termine, afferma che il prezzo per secondo
di pubblicità su canali nazionali che hanno la percentuale di share più alta
arrivano a 75-dollari, scendendo addirittura sotto il dollaro per i canali
minori.
L’articolo 10 paragrafo 10 della legge numero 6112 varata il 3 marzo 2011
asserisce che “la quantità di qualsiasi pubblicità messa in onda, escluso il
telemarketing, non può superare il 20% di un ora” limitando il tempo per
la pubblicità a 12 minuti. Tuttavia delle nuove normative hanno limitato il
tempo della pubblicità a 6 minuti. Questo si è tradotto in una perdita di
guadagno da parte dei canali televisivi, chiaramente maggiore per quelli
più popolari. A questo punto gli esperti dei settore hanno intuito che i
canali TV avrebbero optato per un aumento del prezzo e che gli esperti di
marketing avrebbero cercato di recuperare i profitti persi sviluppando
nuove applicazioni: per esempio l’aumento delle sponsorizzazioni,
incentrando i programmi principalmente sull’audience piuttosto che sulla
qualità dei contenuti stessi oppure aumentando le entrate vendendo la
pubblicità in cambio di crediti e azioni bancarie.
16
In modo da ottimizzare la distribuzioni pubblicitaria nel 1992 è stato
formato un comitato per la ricerca e la misurazione dell’audience
televisivo: il TIAK4.
Nel paese sono presenti solo 24 enti di programmazione nazionale con
frequenza nazionale e la maggior parte di essi è controllata dai grandi
gruppi mediatici. Esse di conseguenza si spartiscono più dell’80% dei
profitti televisivi, portando di conseguenza a una struttura di mercato
molto concentrata.
Un così alto tasso di concentrazione ha portato a una serie di
provvedimenti introdotti con la legge numero 6112 sullo Stabilimento
delle compagnie della radio e della televisione. La legge impone che la
presenza massima sul mercato da parte di una singola compagnia non
deve essere superiore al 30%, in modo tale da prevenire una eccessiva
concentrazione. Ci si aspetta quindi che le compagnie che hanno una
quota di mercato superiore a quella prestabilita siano costrette a
diminuirla, per rientrare nei limiti imposti, però questo potrebbe non
avvenire: infatti grazie ai grandi profitti che vengono ottenuti dai gruppi, si
potrebbe pensare che essi preferiscano pagare una multa piuttosto che
rispettare la legge.
In che modo vengono amministrati i giornali 1.6
I dati forniti dalla TURKSTAT del 2009 indicano che nel paese sono
presenti: 163 giornali nazionali, 73 regionali e 2368 locali, con un totale di
2604 stampe. Analizzando i dati sulla circolazione della TURKSTAT del
2009, risulta che il consumo di giornali nazionali è di oltre l’80%, seguito
da quello dei giornali locali 15.3% e di quelli regionali con una quota del
4 A partire dal 2010 la misurazione del’audience è stata trasferito alla “TNS Piar”
17
2.4%. In linea con il Comitato di ricerca dell’audience5 “BIAK”, che si
occupa di misurare il numero di lettori dei giornali e di studiarne il profilo,
vi sono 11,4 milioni di lettori regolari presenti nella parte più urbanizzata
del paese Turchia. Per quanto riguarda al numero di circolazione dei
giornali in Turchia6, le cifre ammontano a circa 4 milioni e 200 mila.
Comparato con gli anni passati, si nota una diminuzione delle vendite dei
giornali.
Si nota dalla tabelle segue, risulta che il giornale più venduto è lo
“Zaman”, con una media di vendita di 900 000 di copie. Il più vicino
contendente è il “Posta” e “Hurriyet, con una media di circolazione
approssimativa di 500.000 copie. A differenza del settore televisivo nel
settore giornalistico si nota una minore concentrazione da parte dei
singoli giornali.
5 “BIAK”: si occupa di misurare il numero di lettori dei giornali e di studiarne il profilo
6 Dati forniti dal Dipartimento della Pubblicità Stampata “BIK”
18
Dati relativi alla concentrazione del mercato e delle vendite nel settore dei
giornali quotidiani:
Giornali Media di vendite
giornaliere
Zaman 880.000
Posta 451.000
Hurriyet 431.000
Sabah 342.000
Haberturk 217.000
Sozcu 210.000
Milliyet 153.000
Aksam 140.000
La distribuzione e i profitti della pubblicità 1.7
Da quanto emerge i ricavi dei giornali arrivano solamente da due fonti:
dalle vendite del giornale e dalla pubblicità. Sono stati fatti quindi molti
più sforzi per aumentare i guadagni provenienti dalla pubblicità piuttosto
che dalle vendite, questo perché in Turchia non vi è la possibilità per un
giornale di sopravvivere basandosi solamente su di esse, questo a causa
del basso potere di acquisto del paese e delle strategie messe in atto dai
leader del mercato. Oggi i giornali in Turchia vengono venduti con una
media di prezzo di TL 0.50 (0.17 €), prezzo che copre solamente i costi
19
della carta e della stampa, tutte le risorse umane, i costi del marketing e
dell’amministrazione. I profitti vengono dunque dai ricavi pubblicitari.
In Turchia, le pubblicità e gli annunci che compaiono sulla carta stampata
provengono da due fonti diverse. I primi sono le pubblicità e gli annunci
ufficiali che arrivano dal “BIK”7, mentre i secondi sono pubblicità private
che i media stessi prendono da clienti privati. Bisogna però chiarire che il
Dipartimento Generale della Pubblicità Stampata distribuisce ai giornali
annunci e speciali avvisi di enti pubblici o legali che non possono essere
strettamente considerati come pubblicità. Una significante porzione degli
annunci che viene distribuita attraverso il Dipartimento Generale della
Pubblicità va ovviamente a giornali con maggiore tasso di circolazione. Per
ottenere un maggior guadagno le case editrici tendono ad avere più di una
pubblicazione, in modo da avere una maggiore entrata da parte della BIK.
Essendo un ente statale, la legittima esistenza del Dipartimento Generale
della Pubblicità Stampata, la sua funzione e la sua incapacità di operare
autonomamente è stata oggetto di dibattito sin dal giorno della sua
fondazione. Il dibattito verte sul fatto che, avendo l’associazione il potere
di decidere a quale pubblicazione fornire o no la pubblicità, questo
potrebbe risultare in una violazione dell’etica sui media. Infatti potrebbe,
in alcuni casi creare effetto di censura. Recentemente la BIK si è dedicata
al rafforzamento della stampa locale: raggiungendo un accordo con la
“RTUK” per usare il 3% dei guadagni ottenuti da quest’ultima dai canali
televisivi per rafforzare le case editrici minori. Il Dipartimento Generale
della Pubblicità Stampata ha inoltre dichiarato che porteranno avanti
attività per il rafforzamento delle condizioni di lavoro, garantendo che gli
7 Dipartimento Generale della Pubblicità Stampata
20
impiegati abbiano un contratto di lavoro in linea con la legge sul lavoro no.
5953 e che le pubblicità saranno distribuite in maniera più equa.
Tuttavia risulta che i quattro gruppi media più grandi hanno una posizione
dominante in gran parte del mercato, occupano infatti circa il 90% del
settore e che il gruppo più grande, il “Dogan” prende più della metà della
percentuale. Proprio a causa di questa ragione è stata approvata
un’imposta pecuniaria al gruppo, a causa della posizione dominante che
ha assunto all’interno del mercato.
Nonostante l’imposizione pecuniaria e la vendita di due suoi quotidiani, è
ovvio che il gruppo Dogan punti a mantenere la posizione di leader nel
mercato. Altra considerazione che è necessario fare è che il diretto
“competitor” del gruppo, il DK Giornalismo non sembra essere in grado di
abbassare la concentrazione dei profitti pubblicitari come non è riuscito a
strappare una parte della quota di mercato nelle vendite.
Il ruolo di Internet nel panorama dei media 1.8
Alcuni dei gruppi media e finanziari maggiori quali Dogus, Cukurova,
Dogan, Sabanci e Koc, sono stati fra i primi a investire in Internet a fini
commerciali. Questi gruppi sono entrati nel settore con lo scopo di offrire
diversi servizi online, principalmente di “providing”8. Tuttavia, la crisi che
emerse alla fine del 2000 nel mercato di internet, seguita dalla crisi
economica del 2001, fece bruscamente interrompere gli investimenti sul
web.
8 Il “providing” è l’attività di fornire, a pagamento, l’accesso a Internet
21
Gli investimenti nel web ricominciarono verso la fine della prima decade
del nuovo millennio quando i grandi gruppi del settore dei media decisero
di investire nuovamente, questo è avvenuto principalmente portando il
contenuto dei propri giornali sulla rete. Dietro a questa decisione vi era
l’obiettivo di espandere i propri contenuti sulla rete e di effettuare
nuovamente servizio di “providing”, il tutto motivato dall’idea che un
giorno Internet avrebbe soppiantato la stampa e la televisione. I gruppi
hanno sfruttato a pieno le funzionalità del web in modo da aumentare la
propria gamma di prodotti e di conseguenza aumentando la propria quota
di mercato nel nuovo settore.
L’uso di internet in Turchia sta crescendo rapidamente. Secondo i dati
forniti dalla “Internet World States”, vi sono 35 milioni di utenti in Turchia:
ciò corrisponde all’incirca al 45% della popolazione. Inoltre i dati forniti
dalla TURKSTAT sull’uso della ICT indicano che il 41% delle abitazioni
hanno un accesso alla rete.
Organizzazioni impegnate nella pubblicazione online 1.9
Come già accennato precedentemente, grandi gruppi capitalistici,
compresi quelli dei media, sono stati fra i primi a fare investimenti
sostanziali nella pubblicazione in rete in Turchia. Il giornalismo online ha
visto il suo inizio nel 1996, quando i gruppi hanno incominciato a portare
le proprie testate online. Grazie anche a ciò, già in quegli anni avevano
fatto la loro apparizioni siti di notizie che operano esclusivamente sul web.
Non bisogna inoltre dimenticare i “blogs”, descritti come diari pubblicati in
rete da utenti amatoriali, che attualmente stanno diventando attori
importanti nel giornalismo del rete.
22
Il rapporto tra politica e media 1.10
Ora che è stato chiarito e presentato come si presenta il mercato dei
media nei suoi diversi settori, si può analizzare il rapporto talvolta
conflittuale che essi hanno avuto nella vita politica del paese. Come si è
visto il mercato dei media è fortemente concentrato in mano a pochi e
potenti gruppi, questi infatti hanno moltissime proprietà condivise
all’interno dello stesso settore. Le testate giornalistiche e le televisioni,
nonostante offrano una moltitudine di testate e di spettacoli televisivi,
tuttavia non sono in grado generare una quantità di profitti sufficiente al
proprio sostentamento e sono quindi costrette ad operare in negativo.
Proprio a causa di questa ragione il panorama mediatico del paese è stato
da lungo tempo campo di battaglia per interessi personali, a carattere
politico e ovviamente anche commerciale.
Nuri Colakoglu, uno fra i giornalisti più importanti e con maggiore
esperienza in Turchia, ora presidente del gruppo “Dogan”, spiega che
storicamente le relazioni fra il governo e i media non hanno mai favorito la
libertà. Durante i periodi di governo militare e durante i colpi di stato, i
media erano parzialmente ristretti con varie forme di controllo in modo
tale da limitare la diffusione di materiale troppo vicino a uno dei partiti
che ciclicamente cercava di attuare riforme contrarie ai principi di Ataturk.
Il giornalismo in Turchia ha avuto vita difficile, crescendo in un clima ostile
e dedito alla censura dei mezzi di comunicazione.
Nonostante questo si può affermare che negli anni ’90 fino all’ascesa
dell’AKP nel 2002 i media fossero relativamente liberi dal giogo della
censura. Ciò però è cambiato con le vittorie dell’AKP che hanno
trasformato i media in un potente mezzo per di chi detiene il potere. Con
l’ascesa al potere di Erdogan il mercato dei media ha avuto, grazie ai
23
sovvenzionamenti da parte del BIK, l’entrata nel mercato di numerosi
concorrenti e l’ampliarsi, degli interessi proprietari. Inoltre si è vista la
nascita di una forte influenza da parte del partito nei confronti dei media,
questo ha provocato una polarizzazione delle opinioni del paese: da una
parte i gruppi dichiaratamente a favore dell’AKP, dall’altra in opposizione
ad essi. La mancanza di idee moderate o di centro ha portato nel paese un
forte “dualismo” delle opinioni, provocando una forte intolleranza verso
coloro che hanno un’opinione politica diversa dalla propria. Questa
strategia di affrontare i media ha creato una forte influenza a favore del
primo ministro e del suo governo. Si stima che l’AKP attualmente controlli
intorno al 50% dei media direttamente, il 30% indirettamente e il
rimanente 20% è formato da piccole parti. La capacità del governo di
manovrare i fili dei media ha avuto terreno fertile grazie agli interessi dei
diversi gruppi mediatici: infatti la maggior parte di essi ha proprietà anche
nel settore dell’industria, dell’energia, dell’educazione, ecc. A causa degli
interessi in altri settori che basano i propri profitti su contratti pubblici ed
appalti da parte dello stato, essi sono ovviamente facilmente ricattabili da
parte del governo. Almeno una dozzina di giornali e 10 enti televisivi9 sono
di proprietà di compagnie che hanno interessi in altri settori al di fuori di
quello mediatico:
- Gruppo Dogan: Energia, retail, turismo, finanza, industria
- Gruppo Demiroren: Gas, costruzione, educazione, industria
- Gruppo Ciner: Energia, miniere, industria e settore terziario
9 Bucak S., Censorship in The Park: Turkish Media Trapped by Politcs and Corruption, Londra, 2014, pp
14-16
24
- Gruppo Dogus: Banche, finanza, ferroviario, costruzione, turismo,
energia e catene di ristorazione
- Gruppo Calik: tessile, energia costruzione, finanza, telecomunicazioni,
miniere
Come si nota sono tutti settori che hanno una forte dipendenza dallo
stato, accreditando la tesi che esse possano essere “pilotate” dal governo.
“Alcune industrie non erano per natura inclinate ad ottenere delle
proprietà nel settore dei media, ma a causa di certi affari hanno sentito
l’esigenza di entrare nel settore sotto pressione da parte di parti
politiche”- afferma la ricercatrice della “Galatasaray University”, Ceren
Sozeri.
Quanto viene affermato accredita maggiormente la tesi del ricatto: “gli
industriali hanno largamente ammesso che vi sia stata una pressione
politica per la loro entrata nel mercato dei media.” In una situazione del
genere vi sarebbe quindi il rischio che, in cambio di favori nel settore dei
media, il governo assicuri ai gruppi contratti pubblici e appalti. “Questo
profilo di proprietà spiega perché i proprietari dei media assecondino il
governo in ogni occasione possibile” afferma Sozeri. “Spiega inoltre
perché l’auto-censura era così diffusa nei media durante le proteste a Gezi
Park”.
Fatih Gokhan Diler, giornalista per “Agos”, giornale bilingue che si occupa
anche della comunità armena in Turchia e il cui editore Hrant Dink è stato
assassinato da estremisti nel 2007, afferma che, a causa di queste ragioni,
all’estero non si è prestata molta attenzione alla corruzione, ai lunghi
conflitti con la popolazione curda o alle tensioni con l’Armenia in seguito
alle negazione del genocidio della propria popolazione nel 1915.
25
Diler continua affermando che le forti influenze dell’AKP nel mercato si
sono tradotte in una manipolazione mediatica in cambio di favori
commerciali. “I membri dei media e del governo descrivono similmente il
governo di Ankara come lobbistico per le proprie compagnie”10.
Il rapporto ha trovato collegamenti di affari e prove che il governo ha
impropriamente effettuato pressioni sul settore dei media per limitare il
dibattito pubblico sulle proprie azioni, questo atteggiamento ha
contribuito ad aumentare la divisione sociale fra coloro che hanno
opinioni politiche diverse, andando ulteriormente ad accrescere le
tensioni all’interno del paese.
“Il governo deve riconoscere che i propri sforzi al fine di controllare un
dibattito libero è alienante per i cittadini e potrebbe potenzialmente
minacciare la stabilità del paese. Può anche mettere a rischio
l’integrazione della Turchia in Europa e la sua forte alleanza con gli Stati
Uniti”11.
10
Ibidem 11
Ibidem
26
Capitolo 2
Nel capitolo che segue verranno presentati in ordine cronologico i motivi
per cui Erdogan sia stato in grado di mettere a tacere le opinioni di diversi
intellettuali a lui ostili attraverso un uso diretto ed indiretto della censura.
Questo meccanismo è stato attuato principalmente nei settori già
analizzati in precedenza. L’ascesa del controllo mediatico da parte dell’AKP
ha sostanzialmente avuto inizio nell’estate del 2012, in contemporanea
con la ripresa delle ostilità con il partito, di impronta terroristica, del PKK.
Il partito, mai riconosciuto nella legalità da parte dello stato turco,
rappresenta le idee separatiste ed estremiste di una parte della
popolazione curda. Inizialmente viene presentato come i giornalisti e gli
intellettuali che hanno a cuore la causa curda, esponendo delle idee più
moderate di quelle proposte dal PKK e come siano stati presi nel mezzo da
parte di questi ultimi ed il governo. Infatti il governo che, da prima ha
dimostrato una relativa apertura al dialogo sulla questione, ha sfruttato a
suo vantaggio la situazione, usando l’accusa di terrorismo per processare
27
la maggior parte dei giornalisti curdi che hanno preso posizione troppo
critiche sulla questione.
Successivamente sono state analizzate la serie di proteste avvenute in
protezione del parco di Gezi, iniziate il 28 maggio 2013 e proseguite per
tutta l’estate. Le rivolte, iniziate con un semplice sit-in pacifico da parte
della popolazione, nel giro di un mese hanno subito un escalation che ha
mostrato al mondo una violenza simile a quella appena vissuta dalla
primavera araba, con la sostanziale differenza che, in questo caso, oltre a
non aver portato un cambio radicale alla testa del paese, si è rivelata uno
sfogo e una causa comune per unire tutta l’opposizione contro il nemico
comune: Erdogan. Verrà dato maggior rilievo a come i canali mediatici si
sono comportati di fronte a una situazione molto critica. Infatti, a parte
l’iniziale censura da parte dei media, nel momento in cui i canali mediatici
sono stati costretti a guardare in faccia la realtà hanno presentato la
notizia con due visioni completamente diverse: la prima, favorevole al
governo, che sostiene che le rivolte siano state un tentavo ordito da alcuni
intellettuali per rovesciare il governo e la seconda, di visione
completamente opposta, che denuncia il crescente autoritarismo di
Erdogan, la censura attuata sui media e l’uso della forza bruta per
reprimere l’opposizione. Si passerà successivamente ad approfondire gli
effetti che le proteste hanno avuto sui media, mostrando come siano stati
puniti tutti quei giornali, reti televisive e siti web che hanno deciso di
trattare l’argomento in maniera troppo critica e contraria al governo. In
particolare il governo stesso, accortosi della larga diffusione dell’uso delle
piattaforme web per diffondere notizie sulle proteste, ha preso
provvedimenti radicali sulla questione che porteranno alla rimozione di
contenuti, giudicati offensivi, dai diversi siti. Questo approccio, simile a
28
quello attuato già in Cina, ha portato inizialmente alla rimozione di
contenuti e successivamente ad un blocco di due dei più diffusi siti web
per la diffusione d’informazione: Twitter e Youtube. La chiusura di queste
due piattaforme multimediali, seppur temporaneo, avrà un’importanza
fondamentale per il mantenimento del potere da parte dell’AKP.
L’inizio della campagna contro la stampa 2.1
Nuray Mert, una delle principali e più importanti colonniste e
commentatrici politiche, ha già in passato fortemente criticato l’allora
primo ministro Erdogan e il suo governo. Tuttavia i suoi articoli, pubblicati
nell’estate del 2012 riguardanti i metodi con cui viene amministrata la
situazione curda hanno superato il limite, provocando l’ira del primo
ministro. In un discorso tenuto poco dopo la pubblicazione, il capo dello
stato ha dichiarato che Mert era una traditrice e che cercava di sollevare
l’opinione pubblica contro il governo, ed ha anche sostenuto che avrebbe
dovuto temere per la propria incolumità personale consigliando inoltre ai
suoi superiori di licenziarla e di sospendere il programma televisivo che
conduceva.
“Mi sono sentita intimidita in molti modi” ha affermato la giornalista in un
lettera resa pubblica, dichiarando “Ho ricevuto diverse lettere contenenti
29
minacce, il mio bagaglio viene controllato ogni volta che viaggio e le mie
telefonate private vengono registrate”12. Nonostante il caso di Mert
sembri drammatico, la giornalista è stata molto più fortunata di molti altri
suoi colleghi che hanno osato sfidare le idee e la politica di Erdogan e del
suo partito.
Le autorità turche, infatti, hanno effettuato una delle più grandi censure
della stampa della storia recente. Durante l’agosto del 2012 sono stati
imprigionati oltre 76 giornalisti, la maggior parte dei quali con l’accusa di
aver effettuato azioni sovversive con l’intento di destabilizzare l’opinione
pubblica13. Più di tre quarti degli arrestati non no è stato condannato per
alcun crimine, ma sono dovuti comunque rimanere in carcere o agli arresti
domiciliari in attesa di giudizio per mesi se non anni. Si registra inoltre che
alla fine del 2011 vi erano tra le 3.000 e le 5.000 cause contro giornalisti
che erano in attesa di giudizio. Lo stesso Erdogan ha personalmente
portato avanti la campagna contro la stampa , finendo a sua volta a violare
le leggi sulla diffamazione. Contemporaneamente è riuscito a mantenere
sotto pressione i mezzi di informazione, riuscendo a mantenere il dominio
sulla critica di maggioranza. L’uso del pugno di ferro contro coloro che
esprimono idee contrarie al partito ha provocato una sempre più ampia
autocensura da parte nei confronti di giornalisti, per paura di rappresaglie
finanziarie, legali o professionali. Gli argomenti che principalmente era
meglio non discutere erano la situazione curda o la diminuzione della
libertà di espressione stessa.
Hakan Altinay, presidente della “Open Society Foundation” in Turchia,
associazione per la promozione dei diritti umani e della democrazia, ha
12
Ognianova N. in collaborazione con il “Comitatato per la Protezione dei Giornalisti, “Turkey’s Press Freedom Crisis”, New York, 2012, pag.13 13
Ivi, pag.20
30
dichiarato: “L’opinione del primo ministro conta molto. Lui ci ha
comunicato quali giornali dovremmo e non dovremmo leggere. Ha
‘segnalato’ ai proprietari dei media quali reporter dovrebbero licenziare e
quali colonnisti con cui lui è in disaccordo. Molti di loro difatti gli hanno
dato ascolto. E’ importante anche ricordare che il primo ministro non ha
mai detto di aver imparato qualcosa dalla voce di un dissidente o
ringraziato qualcuno per una critica che lo abbia aiutato a scoprire un
eventuale errore.”
L’AKP ha dimostrato di essere pronto a prendere il controllo mediatico del
paese, proponendo un emendamento istituzionale che avrebbe ristretto la
copertura della stampa su vaste aree della vita pubblica: dal sistema
giuridico alla sicurezza nazionale, giustificando che ciò era in relazione con
il mantenimento dell’ordine pubblico.
Almeno 61 dei giornalisti arrestati agli inizi di agosto dello stesso anno
sono stati incarcerati con accuse direttamente imputabili per il lavoro da
essi svolto. Le prove contro i rimanenti 15 sono meno chiare ed i motivi
per il loro incarceramento non lo sono altrettanto.
Di coloro che sono stati imprigionati, più della metà sono di origine curda;
sono stati accusati di aiutare le organizzazioni terroristiche del partito per
la liberazione curdo14. I giornalisti rimanenti hanno dovuto affrontare
l’accusa di tramare il rovesciamento del governo o di essere membri di
movimenti politici illegali. Altri ancora sono stati collegati senza alcuna
prova alla cospirazione “Ergenekon”, che non sarebbe altro che un altro
tentativo per rovesciare il governo servendosi però dell’esercito. I
giornalisti, secondo le teorie del governo, usavano la copertura delle
14
PKK
31
notizie in modo da seminare il caos che poi avrebbe condotto a una
destabilizzazione del governo. Sono stati anche registrati numerosi abusi
durante il processo: i giornalisti furono trattenuti per prolungati periodi
mentre aspettavano il processo o il verdetto, sottoponendoli a
persecuzioni e a punizioni soltanto per l’accusa di un crimine. Inoltre nel
caso di giornalisti curdi, i giudici e le forze dell’ordine hanno spesso
proibito ai difensori di dare dichiarazioni nella propria lingua natia,
nonostante traduzioni sono tipicamente concesse ad altri difensori di
lingua straniera.
Gli indizi forniti portano a credere che lo scopo ultimo del governo sia
quello di imprigionare i giornalisti che hanno coperto e pubblicato
materiale che le autorità governative trovano offensivo. Il reportage sul
PKK, per esempio, è dichiarato come materiale propagandistico al partito.
Per questi giornalisti, la normale attività di raccolta delle informazioni
viene dichiarata come attività con il fine di entrare in contatto con
organizzazioni terroristiche, vengono usate come prova del crimine in
tribunale il fatto di aver condotto interviste con dei membri del KCK o con
dei dipendenti governativi.
La CPJ ha cercato dichiarazioni del primo ministro, il quale ha emesso una
risposta attraverso Namik Tan, ambasciatore turco negli Stati Uniti: Tan ha
affermato che, il suo governo stava assicurando riforme in consultazione
con l’Unione Europea, il consiglio Europeo e l’Organizzazione per la
Sicurezza e la Cooperazione in Europa15. Tan, si riferisce al 2008 quando
richiede al ministro della giustizia l’approvazione di un emendamento per
la repressione di coloro che offendono e minacciano l’integrità dello stato
turco. Tan afferma inoltre che “la maggioranza” dei giornalisti imprigionati
15
Ivi, pp. 52-53
32
è stata accusata di crimini che “riguardano la sicurezza e l’integrità del
paese e che non sono collegati al lavoro da loro svolto”, sostenendo
inoltre che le detenzioni prima del processo attribuite con la supposizione
di innocenza, non sarebbe giusto considerarle delle violazioni della libertà
di stampa.
Anche il ministro della giustizia Sadullah Ergin ha condiviso una posizione
simile a riguardo “Noi, come membri del governo, non vogliamo che
nessuna persona, giornalista o no, venga vittimizzato per il proprio
pensiero o le loro espressioni”16. Ma Ergin ha giustificato la persecuzione
criminale dei giornalisti affermando che la Turchia deve distinguere la
protezione della libertà di espressione dalla diffusione di materiale
propagandistico di stampo terroristico.
In un paese con un lungo passato di colpi di stato militari, le parole di
Erdogan e del suo governo hanno contribuito ad affermare il proprio
punto di vista, facendo aumentare i timori che vi fosse stato
effettivamente un tentativo di colpo di stato. Questa mossa tattica ha
avuto l’effetto auspicato: accusando e criminalizzando l’opposizione
intellettuale di terrorismo, il governo è stato in grado di separare e
combattere singolarmente i diversi casi; inoltre il partito di opposizione a
Erdogan, il CHP, non è riuscito a sfruttare i fatti che si stavano verificando
per aumentare il proprio favore sull’opinione pubblica.
Il caso Curdo 2.2
Il caso curdo è sempre stato un tema molto caldo per la Turchia a causa
delle diversità culturali: dal collasso dell’Impero Ottomano, fino alla
16
Ivi, pp 50-51
33
creazione del moderno stato turco e della sua nuova identità, incentrata
sull’integrazione delle minoranze piuttosto che alla loro tutela. “Molti
turchi sono portati a credere che permettere ai curdi di parlare e studiare
la loro propria lingua natia sarebbe un primo passo per la divisione dello
stato” come affermato dall’International Crisis Group nel settembre del
2011. La minoranza curda ha da sempre opposto resistenza agli sforzi di
Ankara a fronte all’integrazione, anche impiegando l’uso della violenza.
Tuttavia i partiti nazionalisti vicini al PKK disegnano soltanto in parte il
volere dei curdi, infatti il gruppo armato vede se stesso come l’unica e
legittima organizzazione a favore del popolo curdo. Nell’ intollerante
mondo del nazionalismo curdo, ogni critica alle idee del PKK è vista come
un tradimento alla causa finale del partito. “Alcuni intellettuali e giornalisti
curdi hanno preso le distanze dal PKK, pur rimanendo legati alla causa
curda” dice Pierre Vanrie, giornalista per il giornale “Courrier
International” con sede a Parigi- “Tuttavia, hanno spesso affrontato
ostilità da parte del PKK e dai suoi membri.”17 I giornalisti curdi sono presi
nel mezzo: da una parte le autorità turche, che assottigliano la linea che
divide l’espressione di idee politiche e il diretto supporto delle azioni
violente e terroristiche del PKK, dall’altra i terroristi del partito stesso che
non accettano nessun compromesso con idee più moderate. L’attitudine
dello stato sul caso curdo non è semplicemente un’espressione di
autoritarismo politico, ma riflette le difficoltà della Turchia nel considerare
la diversità etnica, come sostiene la Human Rights Watch in un report
redatto nel 2010: “la cittadinanza e l’identità turca è formata per la
maggioranza dalle comunità di musulmani turchi e sunniti. Ai cittadini
(esclusi armeni, ebrei e greci, riconosciute come minoranze nel 1923 con il
17
Ivi, pag. 22
34
trattato di Losanna) ci si aspettava che le restanti minoranze
abbandonassero le proprie affiliazioni etniche e religiose per entrare a far
parte della popolazione turca. Anche oggi, diverse persone sono
perseguitate per l’espressione non violenta di opinioni riguardanti il caso
curdo, il genocidio degli armeni perpetrato da Ataturk, le critiche alle
politiche dello stato sul riconoscimento dei diritti alle minoranze.”
Le cause contro i giornalisti curdi sottolineano un’ingerenza da parte
dell’ordine legale turco, in particolare il codice penale toglie una piccola
parte della libertà di espressione. L’articolo 216 del codice penale, per
esempio punisce “chiunque che apertamente incita una sezione della
popolazione all’odio contro un’altra gruppo basato su differenze di ceto, di
razza, di religione, in maniera tale per cui presenti un pericolo imminente
di ordine pubblico”. Le autorità sono state spesso troppo zelanti
nell’impiego di questo articolo: “l’articolo viene usato per mettere a
tacere la voce dei dissidenti” scrive Frèdèerike Geerdink, un
corrispondente olandese con base ad Istanbul, “I politici e giornalisti curdi
in particolare sono condannati da questa legge, per esempio, ogni volta
che richiedono più diritti per il loro popolo oppure quando redigono
rapporti sui militanti del PKK.”18
Le autorità turche hanno spesso fatto prolifico uso di una durissima
legislazione contro il terrorismo: “negli ultimi tre anni, il problema
maggiore è stato l’uso sbagliato di leggi antiterroristiche per portare
accuse criminali contro persone ordinarie che hanno espresso
legittimamente la propria opinione in maniera non violenta”, afferma
Emma-Sinclair-Webb, capo ricercatrice per Human Rights Watch. Uno
studio del 2011 della Associated Press ha messo in evidenza che un terzo
18
Ivi, pag. 22
35
di tutte le cause legate al terrorismo in tutto il mondo dopo l’11
settembre, hanno avuto luogo in Turchia.
La legge antiterrorismo nota come “TMK” contiene una definizione di
terrorismo sulla quale molti esperti stranieri ritengono sia troppo “ampia e
vaga”: “nella maggior parte dei casi non vi è alcuna prova di nessuna
attività che potrebbe essere descritta come terrorismo” prosegue Sinclair-
Webb “la vaga natura delle leggi turche sul terrorismo dà una zelante
persecuzione e conferisce il potere di imprigionarli prima ancora di aver
provato l’affiliazione al PKK.”
I procuratori turchi hanno instaurato “speciali corti di giustizia” per i
processi di questi casi, come viene messo in luce negli articoli 250 e 251
del Codice di Procedura Penale, le corti speciali hanno coperto gruppi
terroristici e crimini contro l’ordine costituzionale. L’insurrezione armata,
iniziata nel 1984, trae il proprio supporto da un’economia sottosviluppata
e dalla povertà, ma prende forza anche dal profondo senso di
discriminazione e di umiliazione della minoranza curda a causa delle
norme troppo rigide imposte dallo stato turco.
Fra il 1984 e i primi anni del 2000 la regione sudest del paese è stata
travagliata dall’occupazione da parte dell’esercito militare e da gruppi
paramilitari che hanno portato avanti la distruzione di numerosi villaggi e
il trasferimento forzato di centinaia di migliaia di curdi. Secondo le stime
del governo vi sono stati 44.000 di morti fra soldati, combattenti del PKK e
civili uccisi nelle azioni di guerriglia.
Dopo la vittoria delle elezioni del 2002 da parte dell’AKP vi è stata una
maggiore apertura sulla questione curda, in parte grazie alla continua
insistenza dell’Unione Europea riguardo i diritti delle minoranze e in parte
36
grazie alla condivisione della stessa fede musulmana. Il partito al governo
ha dimostrato una maggiore apertura verso la comunità curda che, a
causa del nazionalismo etnico turco, non era mai stata neppure
riconosciuta. Questo approccio alla situazione ha portato a una maggiore
libertà nell’uso della lingua curda nei media, infatti nel gennaio del 2009 è
stato ufficialmente inaugurato il primo canale curdo: TRT6.
Nel giugno del 2009, il primo ministro Erdogan sembrava essere disposto a
continuare la sua opera di dialogo, iniziando quella che è stata definita
“l’apertura curda”, caratterizzata da una politica più moderata, allo scopo
di isolare la parte più radicale. Sfortunatamente, questo approccio ebbe
vita breve a causa di movimenti ultranazionalistici all’interno dell’esercito,
della cerchie giuridiche e dell’intransigenza del PKK stesso; il governo si
vide costretto quindi a ritornare alla vecchia politica e a sconfiggere i
dissidenti con l’uso della forza.
Nel dicembre del 2011 un attacco aereo sulla città di Uludere ha riportato
la violenza nella regione est della Turchia: le vittime erano 34 civili,
scambiati per combattenti del PKK. In questo violento contesto la
discussione della questione curda si trasforma inevitabilmente in un
campo minato: curdi che cercano di affermare la propria etnia e identità
comunitaria usando mezzi convenzionali rischiano la censura e la
persecuzione, dall’altra parte il governo non può sorvolare sul problema
senza prendere decisioni drastiche.
Nello stesso anno le autorità turche hanno effettuato maxi arresti di
politici, giornalisti e accademici con l’accusa di far parte del partito fuori
legge dell’ Unione delle Comunità in Kurdistan (KCK) un’organizzazione di
copertura per i gruppi terroristici curdi fra i quali il PKK.
37
Lo stato ha denunciato l’espressione di idee troppo vicine alla causa curda
con l’accusa di apologia terroristica, anche l’uso di determinate parole è
stato criminalizzato e controllato dalle autorità: nel maggio del 2012 il
Consiglio dello Stato, la più alta corte di amministrazione turca ha, per
esempio, proibito l’uso della parola “guerriglia” in riferimento alle azioni
del PKK. Nell’ottobre del 2011, i procuratori hanno ordinato l’arresto
dell’editore indipendente Ragip Zarakolu, un accanito sostenitore della
non-violenza, dei diritti umani e della libertà di espressione con l’accusa di
avere legami con il KCK e di averlo sostenuto nelle sue azioni criminali:
un’accusa che avrebbe potuto risultare in una condanna di 15 anni di
reclusione, Zarakolu è stato tuttavia rilasciato in attesa di giudizio
nell’aprile dell’anno successivo.
Tutta la cerchia di giornalisti che hanno coperto il caso curdo in una
maniera troppo critica vengono accusati di attività sospette e di aiutare i
terroristi. Molti fra la popolazione sono riluttanti a giudicare le azioni delle
corti di sicurezza stabilite originariamente per punire trame anti-
governative che avrebbero condotto all’instabilità politica durante il
periodo di Ataturk, ma le organizzazioni per la difesa dei diritti umani
hanno manifestato il proprio disappunto, in quanto molti degli accusati
sono stati tenuti in custodia per anni senza un verdetto finale. Le corti
inoltre sono andate oltre il giudicare attività paramilitari terroristiche,
accusando anche scrittori e giornalisti che hanno coperto, in maniera
troppo negativa, le azioni del governo. Mentre il destino dei giornalisti
curdi è legato ai casi di violenza politica ed etnica, questi fattori non
possono giustificare le infrazioni sulla libertà di espressione.
“Perseguitando e imprigionando media e giornalisti che coprono la
questione curda, la Turchia ha infranto in numerose occasioni l’articolo 10
38
della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti umani” afferma
Dirk Voorhoof, professore di diritto dei media presso la Belgium’s Ghent
University19.
“Il supporto o il solo riferimento al movimento di indipendenza curdo, la
crtica sulle azioni militari da parte dello stato nella ragione sud est della
Turchia, riferimenti al ruolo o alle azioni del PKK e l’intervista a membri del
partito, sono considerate dallo stato come azioni terroristiche,
incitamento all’odio oppure azioni di propaganda separatista. Tuttavia la
Convenzione Europea per la Salvaguardia dei diritti umani considera
queste ingerenze accettabili solo se vi sono incitamenti alla violenza e se vi
è un rischio reale che questo incitamento porti all’uso della violenza,
resistenza armata o alla rivolta.” Una società democratica non può
progredire senza incontrare la critica da parte della stampa anche sugli
argomenti più sensibili, ma la forte repressione effettuata da parte del
governo sembra essere un’ingerenza nei confronti della libertà di
espressione degli individui stessi.
I giornalisti curdi erano più del 70% dei 76 giornalisti imprigionati in
Turchia nell’agosto del 2012, accusati di aiutare il partito fuori legge del
PKK. Di conseguenza il caso curdo è tornato sotto i riflettori come un
argomento “caldo” nel contesto turco, in particolare riguardo alla libertà
di espressione nel paese. Le tesi dei giornalisti curdi non hanno messo
semplicemente alla prova la democrazia dello stato, ma hanno sfidato il
senso di identità del paese stesso, sentimento ancora forte, figlio del
nazionalismo innestato da Ataturk. I turchi con origini curde sono
compresi tra i 12 milioni e i 20 milioni in un paese la cui popolazione totale
è di 75 milioni, con più o meno la metà che ha aventi residenza nel sud est
19
Ivi, pag. 23
39
e nell’ ovest, in particolare a Istanbul. A causa di una grande diaspora
nell’est Europa, il conflitto curdo ha avuto considerevole visibilità anche
all’estero. Il governo turco ha ribadito più volte la chiusura della “Roj TV”,
una televisione satellitare stazionata in Danimarca e in Belgio.
Gli episodi di violenza sono poi continuati nei primi mesi del 2012, quando
dei sospetti simpatizzanti del partito PKK hanno prima perquisito e poi
incendiato sedi a Parigi, Colonia e altre città europee del giornale
“Zaman”, giornale turco di punta vicino al movimento di Fethullah Gulen e
favorevole al governo dell’AKP. Concludendo, a causa delle azioni violente
di entrambe le parti a questo punto pare che la situazione di guerra civile
sia stata ristabilita e non vi sia ancora all’orizzonte la definitiva chiusura
della questione curda.
Gezi Park e la sua censura 2.3
I movimenti di Gezi Park varranno poi successivamente definite come la
più grande protesta di tutta la storia della Turchia , la rivolta trova la sua
origine da un piano di rinnovamento pubblico che prevedeva la
distruzione del parco, situato nel centralissimo quartiere di Taksim nella
città di Istanbul, per fare posto a un monumentale centro commerciale.
Questa non è stata altro che la goccia che ha fatto traboccare il vaso,
dando un’occasione a tutti coloro che erano in disaccordo con il governo
di unirsi assieme sotto un’unica causa, infatti durante i giorni della
protesta erano presenti circa 7 milioni di dimostranti nella sola città di
Istanbul fra ambientalisti, curdi, nazionalisti secolari, tifosi di calcio e
anche islamici di sinistra.
L’immagine icona usata durante i giorni di protesta, in modo da
ridicolizzare l’auto-censura dei maggiori media al riguardo degli
40
avvenimenti è stata il pinguino: in un sit-in che ha avuto luogo nel parco
dopo uno dei numerosi scontri avvenuto il 2 giugno 2013, , mentre
l’emittente internazionale CNN mostrava la violenza delle proteste con
numerosi combattimenti fra protestanti e polizia, il partner turco CNN
Turk ha deliberatamente deciso di ignorare la situazione drammatica,
mettendo in onda un documentario sulla vita e le abitudini dei volatili.
Questa episodio di censura della protesta è continuato su tutti i media:
incluse le testate giornalistiche maggiori per i tre giorni successivi.
Nonostante i drammatici avvenimenti, non vi è stata virtualmente alcuna
prova di umanità nel trattare i fatti da parte dei maggiori dirigenti del
settore. Solo un media leader si è preso la responsabilità pubblica di
riportare la notizia. Il CEO20 del gruppo media “Dogus”, Cem Aydin, si è
scusato con il proprio staff e ha accolto la critica da parte di coloro che si
erano raccolti fuori dall’edificio dell’emittente televisiva del gruppo (NTV)
per protestare contro la mancata copertura della notizia, dopodiché ha
dato le proprie dimissioni. Dall’altra parte le posizioni prese da Aydin il
giornale, molto vicino alle idee dell’AKP, “Sabah” decise di ignorare
totalmente la violenza che aveva luogo ad Istanbul, pubblicando in prima
pagina un articolo su un premio ricevuto dal primo ministro per la lotta al
fumo e mostrando foto del presidente della repubblica Abdullah Gul
presentatosi a cavallo durante una visita in Turkmenistan.
Nonostante la censura da parte dei media convenzionali la storia è stata
raccontata: come migliaia di dimostranti si sono fermati nel centro di
Istanbul, gli eventi sono stati vigorosamente riportati su Twitter e
attraverso altri social media e network, interpretando un ruolo
fondamentale nel tenere le persone informate sui fatti.
20
Chief Executive Officer
41
L’attenzione che i media hanno dato alla copertura di una tale notizia ha
messo in evidenza l’inadeguatezza, dei media stessi, nel coprire situazioni
così drammatiche, questo anche a causa delle forti pressioni che sono
state da sempre esercitate dal governo stesso. A sostenere questa ipotesi,
molte degli intervistateti dalla EJN21, dopo gli avvenimenti di Taksim,
hanno affermato che agenti governativi hanno sempre avuto contatti
telefonici con i maggiori dirigenti ed editori allo scopo di controllare la
copertura delle notizie.
Esra Arsan, professore di giornalismo presso la Bilgi University di Istanbul
ha affermato: “ vi è stata una censura diretta ed indiretta da parte del
governo di Ankara. Alcuni giornalisti della “NTV” si sono dimessi dopo gli
avvenimenti poiché sono stati sottoposti a censura”22.
Questa pratica non è nuova nel paese, nel 1997 il primo ministro
Necmettin Erbakan che aveva presentato proposte di legge troppo radicali
e anti-islamiche, era stato costretto a dare le dimissioni. Secondo la BBC,
numerosi giornalisti sono stati imprigionati, i titoli di molti giornali
manipolati e certe pubblicazioni troppo vicine alle idee del vecchio
governo furono addirittura soppresse. Tuttavia le prove a dimostrare
questo comportamento da parte del governo sono comunque poche in più
diversi giornalisti più conservatori, come per esempio Mumtazer Turkone,
colonnista del giornaliero Zaman affermano che ciò non sia mai successo:
“Nessun organo governativo ha mai detto: “Se tu non fai così, noi faremo
questo” in modo diretto.”23
21
European Journalism Network, associazione che si occupa della libertà di espressione nei media 22
Bucak S., Censorship in the Park: Turkish Media Trapped by Politics and Corruption, Londra, 2014, pag.6 23
Ivi, pag.7
42
Nonostante le diverse opinioni degli intellettuali, rimane comunque la
possibilità che la censura sia stata applicata dai dirigenti dei media stessi,
nel caso alcuni argomenti trattati dai propri dipendenti avessero
contenuto informazioni sensibili che avrebbero potuto danneggiare
l’immagine del governo. Deniz Ergurel, segretario generale degli impiegati
del gruppo dell’Associazione dei Media, ne è meno certa: “vi sono
impiegati che affermano che organi governativi hanno chiamato gli uffici
giornalistici chiedendo di non coprire certi avvenimenti. Questo non è mai
stato provato, ma penso che vi sia la possibilità che questo sia
effettivamente accaduto.” Ammettendo che vi possa essere stato anche
qualche elemento di autocensura, vi sono coloro che pensano che i media
non abbiano trattato la notizia perché hanno pensato che fosse “un
argomento marginale motivato e stimolato da un piccolo gruppo di
persone che stava causando problemi.” Tuttavia questa prospettiva non
spiega perché i media stessi non abbiano trattato gli avvenimenti neanche
nel momento in cui la protesta, da modesto sit-in, si è trasformata in una
gigantesca rivolta a causa della reazione troppo brutale ed oppressiva da
parte delle forze di polizia turche.
Quando i media hanno finalmente iniziato a trattare l’argomento la loro
copertura della notizia è stata nuovamente polarizzata, dividendo il punto
di vista sulla questione in due parti: una favorevole al governo attuale e
l’altra schierata con l’opposizione. Nella febbrile atmosfera direttamente
seguente agli avvenimenti, il governo ha cercato di far trasparire l’idea che
vi sia stata una nuova cospirazione per rovesciare il governo.
Deniz Ergurel, afferma anche che “gli eventi di Gezi park sono stati uno
shock per il sistema politico e per quello dei media. I giornalisti e gli
editori, come i politici, non sono stati in grado di comprendere che cosa
43
stesse succedendo. Era forse una specie di Primavera Araba? Chiaramente
no, Gezi Park non è stato un movimento di protesta contro la struttura
dello stato, è stato un movimento apertamente contro il governo stesso e
il suo primo ministro.”
Nonostante i mezzi d’informazione hanno riportato l’evento come una
cospirazione con gli obiettivi di colpire personalmente lo stato. Mehmet
Ozer, dirigente del notiziario “TVHyat”, sostiene che la maggior parte dei
media ha affermato che vi erano “degli interessi stranieri” dietro gli
eventi, ipotesi che lascia trasparire un suggerimento da parte del governo.
L’idea dietro le manifestazioni di Gezi Park era di prendere il potere con la
forza rovesciando il governo e il primo ministro, questa è stata la posizione
portata avanti dal giornale “Yeni Safak”, noto per presentare idee molto
vicine a quelle del governo attuale. Il giornale è stato uno dei primi a
difendere il governo. Nel giornale erano inoltre presenti attacchi personali
a Memet Ali Alabora, giovane attore turco e uno delle molte celebrità
presenti alla manifestazione nonché fondatore e presidente
dell’Associazione degli Attori Indipendenti. L’articolo riguardava
personalmente lui e il gruppo di scrittori, attori ed redattori che
lavoravano con lui, Alabora veniva dipinto come il capo di un
organizzazione segreta che era già stata creata settimane prima delle
manifestazioni con lo scopo di rovesciare il governo. L’attore è stato
inoltre accusato di aver diffuso materiale diffamante attraverso il proprio
account Twitter ed è diventato l’obiettivo principale delle critiche da parte
del governo e dei giornali. Alabora, a causa delle continue minacce è stato
costretto a vivere sotto scorta e successivamente a lasciare il paese.
Questo ha avuto altro effetto che gettare ulteriore benzina sul fuoco,
inasprendo gli schieramenti nell’ opposizione.
44
Nei giorni che ne seguirono l’ente per la regolarizzazione della messa in
onda, l’Alto Consiglio della Radio e della Televisione (RTUK), dominato da
membri del AKP, prese di mira tutti i media che decisero di violare il
silenzio mediatico avvicinandosi troppo alle posizioni dei manifestanti. La
RTUK emise enormi multe accusando di “incitamento alla violenza” e di
“violazione dei principi di trasmissione.” L’AKP si dimostrò intransigente
verso coloro che non vollero rispettare le direttive. Il gruppo mediatico
“Dogan”, a causa delle affermazioni Aydin , fu soggetto a una forte
pressione da parte di agenti fiscali, poiché aveva dato rifugio ai
manifestanti all’interno di uno degli hotel di proprietà del gruppo, dopo
che essi erano stati messi in fuga dalle cariche della polizia e dai
lacrimogeni.
Nuri Colakoglu, uno dei più considerevoli giornalisti ed redattori del paese,
ora presidente del gruppo “Dogan”, non ritrattò mai le proprie parole,
affermando che: “Erdogan ha usato il gruppo Dogan come capro
espiatorio”.24
Contemporaneamente però, il gruppo mediatico ha dato dimostrazione
agli altri gruppi giornalistici delle conseguenze di opporsi alle volontà del
governo. Non bisognerebbe quindi stupirsi se il resto dei mezzi di
informazione ha trattato la storia con una certa cautela. Vi sono però le
prospettive per cui diversi redattori siano pronti a dimostrare
apertamente la propria frustrazione e che siano decisi a lottare per porre
fine alle ingerenze autoritarie del primo ministro.
Un report del Reuters del febbraio 2014 afferma che Fatih Altayli,
redattore capo del giornale “Haberturk”, ha aperto un nuovo fronte nella
24
Ivi, pag.9
45
battaglia per l’indipendenza editoriale affermando che la pressione
politica ha lasciato i redattori del settore media intimiditi e ha creato un
clima nel quale non sono liberi di pubblicare materiale “liberamente”.
La risposta del ministro non è tardata ad arrivare, durante una riunione
dei principali esponenti del proprio partito, ha accusato i media di essere
un gruppo lobbistico che cospirava alle sue spalle, sostenendo che, prima
che l’AKP prendesse il potere, il settore dei media funzionava al di sopra
dell’autorità del governo. Certi leader del settore mediatico sono convinti
che gli eventi di Gezi Park abbiano distrutto il mito dell’indipendenza
giornalistica, essendo ormai visto come vulnerabile alle pressioni
governative.
“Le proteste di Gezi Park hanno messo in evidenza la pericolosa relazione
fra governo e media” dice Muge Sokmen, editore e proprietario del “Metis
Publishing House”, una delle più importanti case editrici in Turchia. “Le
persone sono rimaste colpite dal fatto che i media non hanno riportato
quello che stava effettivamente accadendo. Molti di loro erano
preoccupati per le condizioni degli amici, dei famigliari ma di tutto questo
non hanno avuto nessuna notizia da parte dei giornalisti.” La realizzazione
improvvisa che i media non erano più fonte affidabile d’informazione ha
avuto un forte impatto sulla popolazione, in particolare fra i giovani:
“Coloro che hanno partecipato alla manifestazione e in particolare i più
giovani sono rimasti particolarmente colpiti, pensavano di essere
adeguatamente informati, ma all’improvviso hanno scoperto che i media
hanno deliberatamente ignorato la brutalità che succedeva nelle strade
principali delle città. Hanno di colpo realizzato per la prima volta che se
questo è successo per Gezi Park, in che modo le testate avrebbero potuto
coprire fedelmente qualsiasi altra storia?”
46
I media e lo scandalo della corruzione 2.4
La temperatura nel paese rimase bollente per tutta l’estate, ripresentando
continuamente il dibattito con i due punti di vista sempre più
contrapposti. Tuttavia nel dicembre del 2013 riemersero nuovamente
degli elementi che facevano credere ai forti legami tra media e politica.
Infatti venne portato alla luce un nuovo scandalo di corruzione che vedeva
coinvolti il primo ministro, membri del governo e della sua famiglia. Lo
scandalo scoppiò alti ufficiali di polizia e giudici che stavano lavorando a
un caso di corruzione su larga scala che ha successivamente portato
l’arresto di importanti uomini di affari e figli di membri del gabinetto del
ministro, affermando che stavano prendendo parte a un “colpo di stato
giuridico”. Erdogan dichiarò subito che tutti coloro che stavano lavorando
al caso stavano cospirando a un colpo di stato per rovesciare il governo, ha
quindi proceduto chiudendo il caso e riassegnando tutti coloro che erano
coinvolti. Queste azioni hanno fatto emergere una moltitudine di
documenti riservati in mano a giornalisti e non appartenenti a testate di
proprietà del governo, portando di nuovo a un confronto diretto fra
media e politica, rimessi alla prova sulla loro libertà di agire per la prima
volta dopo gli eventi di Gezi Park.
Il governo ha successivamente adottato il pugno di ferro per fermare la
propagazione di queste affermazioni sulle testate: il primo ministro
Erdogan ha chiamato il reporter investigativo, Mehmet Baransu, un
traditore per la pubblicazione relativi allo scandalo e ha ordinato ai propri
avvocati di aprire un causa contro il giornalista per i suoi messaggi troppo
critici su Twitter.
47
Queste manovre non si sono rilevate abbastanza efficaci: su diversi
giornali emerse un documento che affermava la convocazione del figlio di
Erdogan per un interrogatorio da parte della polizia e riportava la scoperta
di 4.5 milioni di Lire Turche in contanti nascosti in scatole per scarpe nella
casa del direttore della banca di stato. Il primo ministro ha quindi
proceduto a difendersi dalle accuse sostenendo che dietro il tentativo di
colpo di stato ci fosse Fethullah Gulen. Egli, oltre ad essere rivale politico
del primo ministro, vanta una forte influenza presso la polizia e i giudici, e
in certi settori mediatici. E’ stato quindi accusato di aver usato queste forti
influenze per destabilizzare il governo.
E’ interessante notare come i giornali che precedentemente si sono
dimostrati compiacenti alle idee dell’AKP come lo “Zaman” e il “Bogun”,
siano stati etichettati come periodici sotto l’influenza di Gulen, questo in
seguito alla pubblicazione delle foto rappresentanti le scatole da scarpe
riempite di banconote, in aggiunta essi hanno pubblicato diverse
intercettazioni telefoniche fra uomini d’affari e affiliati di Erdogan.
Tuttavia altri giornali vicini al governo come il “Sabah”, lo “Star” e in
particolare “Yeni Safak”, hanno dimostrato la propria “fedeltà”,
sostenendo che le indagini facessero parte di un complotto per
destabilizzare il governo di Erdogan.
I nuovi episodi hanno riportato alla luce le dubbie relazioni del governo e
dei media: è interessante notare come la voce di un ipotetico colpo di
stato per rovesciare il governo sia sempre una costante nelle crisi
mediatiche all’interno del paese. Questa sembra quasi essere una diretta
conseguenza del caotico panorama politico del secolo passato, frastagliato
da repentini cambi di governo anche a causa delle ingerenze, giustificate e
non, perpetrate dall’esercito. Inoltre bisogna dire che la sempre maggiore
48
polarizzazione dell’opinione pubblica ha giocato un ruolo importante per
consolidare il potere del primo ministro, questo unito al legame, anche se
parziale, con i media, gli ha consentito di mantenere saldo il proprio
governo.
La censura della rete 2.5
Capire le restrizioni nel panorama dei media turco è indispensabile per
capire come il governo si sia comportato nei confronti di internet: è
necessario innanzitutto ripetere che durante le proteste a Gezi Park i
partecipanti hanno usato piattaforme, in particolare Twitter, Facebook e
servizi di live-streaming come Ustream, allo scopo di diffondere la notizia
che i media avevano deciso di ignorare. Tuttavia la peculiarità di questo
mezzo di comunicazione ne rende difficile l’amministrazione e, nel caso
turco, e il controllo delle fughe di informazioni.
Il governo ha quindi proceduto all’intensificazione dei propri controlli per
cercare di controllare la rete: a Smirne, terza città per grandezza del
paese, 29 utenti di Twitter sono sotto processo per l’incitamento alla
protesta dopo aver “retwittato” informazioni riguardanti le proteste a Gezi
Park. La repressione continua in aprile, quando il cronista Onder Aytac
viene condannato a 10 mesi di prigione per aver insultato il primo ministro
in un Tweet, inoltre le autorità hanno accusato di simili reati anche il
redattore del giornale “Today’s Zaman” per Tweet effettuati dal proprio
49
account personale. E’ importante ricordare questo tipo di casi perché
riguardano contenuti resi pubblici tramite social media.
Il meccanismo chiave per il controllo della maggior parte dei media non
arriva da una legge, ma ancora dalla relazione fra i proprietari dei media e
il governo.
Uniti a questa stretta relazione coi media, la Turchia inoltre possiede
diversi strumenti legali usati per la repressione e la punizione dei
dissidenti: questi includono leggi penali e civili contro la diffamazione,
tuttavia esse vengono spesso impiegate con troppo zelo da parte dei
giudici. Il presidente Erdogan stesso ha archiviato migliaia di casi di
diffamazione, molti dei quali hanno avuto origine sulla rete. Questo
processo continua nonostante la Corte Europea per i Diritti dell’uomo, ha
dichiarato che l’uso di leggi civili sulla diffamazione allo scopo di
proteggere ufficiali pubblici è una violazione dell’articolo 10 della
Convenzione Europea dei Diritti Umani. Le leggi antiterrorismo sono state
ampiamente usate per contrastare la diffusione di informazioni contrarie
all’opinione del governo, sono state usate anche per etichettare i discorsi
su temi politici particolarmente sensibili come “propaganda terroristica”.
Nell’esecuzione della sentenza non viene tenuto conto se non sia stato
trovato nessun collegamento fra l’utente e l’organizzazione terroristica.
Dall’approvazione della legge numero 5651 nel 2007 il governo turco ha
bloccato centinaia di migliaia di siti web. La Presidenza delle
comunicazioni e telecomunicazioni dello stato (TIB), grazie a questa, non è
obbligata a fornire nessuna spiegazione per la chiusura di un sito, questo
si è tradotto in una mancanza di trasparenza sulle effettive cause che
possono portarne al blocco.
50
Il sito di news online “VagusTV” è stato bloccato, proprio grazie a questa
legge, per più di una settimana per circostanze legali non chiare, un altro
sito di news “T24” è stato bloccato per aver coperto in modo troppo
critico l’indagine sulla corruzione.
Il governo ha quindi proceduto a innovare la legge con l’approvazione di
emendamenti, aumentando il potere in possesso della TIB nel tentativo di
fermare la fuga di notizie. Grazie a questi provvedimenti i provider della
rete sono costretti a mantenere tutte le informazioni degli utenti per la
durata minima di un anno a un massimo di due. Inoltre con i nuovi poteri
tutti i siti web come Twitter e Facebook definiti come “hosting provider”
devono essere in possesso di una certificazione emessa dal TIB in modo da
essere online in Turchia. Per riassumere, gli emendamenti della legge 5651
hanno riformato la politica dello stato nei confronti dei media, ma nella
direzione opposta a quella auspicata dall’Unione Europea, aggiungendo
nuove norme per intensificare il proprio controllo.
In aprile sono stati approvati diversi decreti di legge che hanno aumentato
anche il potere dei servizi segreti dello stato (MIT),permettendo ad esso
l’accesso a qualsiasi informazione, documento, dato o registrazione da
qualsiasi istituzione pubblica, finanziaria, o enti con o senza natura
giuridica specifica, in più, ora, è possibile agli agenti di avere accesso ad
archivi, database e infrastrutture di comunicazione. La legge ha stabilito
che nessun altro obbligo giuridico, nazionale o internazionale, può limitare
le richieste della MIT, il rifiuto a fornire le richieste è reso punibile con una
condanna a un massimo di 5 anni di reclusione. Inoltre l’acquisizione e la
diffusione di informazioni sulle attività del MIT è resa punibile con una
pena fino a 9 anni di reclusione.
51
Tuttavia anche con questi nuovi emendamenti di legge la fuga di notizie
sulle presunte relazioni fra stato e media non si è visto diminuire potendo
potenzialmente mettere a rischio l’esito delle elezioni locali del 30 marzo ,
così il primo ministro ha deciso di bloccare Twitter il 21 marzo e anche
Youtube il 27 dello stesso mese. Il governo ha dichiarato che queste azioni
sono state prese per la protezione della privacy dei singoli individui. Il 2
aprile la Corte Costituzionale della Turchia ha dichiarato che il blocco di
Twitter ha violato l’articolo 26 della costituzione, articolo che protegge la
libertà di espressione, accade lo stesso per Youtube il 28 marzo. Tuttavia
le dichiarazioni della Corte Costituzionale arrivarono dopo le elezioni,
tenute di conseguenza con entrambe le piattaforme di social media
bloccate, questa ha senz’altro anche se in maniera marginale all’esito delle
elezioni che ha visto il nuovo successo dell’AKP. Ora entrambi i siti sono
nuovamente online, ma a partire dal 14 aprile il governo ha richiesto la
rimozione di diversi contenuti da Twitter: solamente nella prima metà del
2014 la Turchia ha mandato 186 richieste di rimozione , di cui il 30% è
stato rifiutato da Twitter. Questo sostanziale cambiamento ha avuto come
conseguenza la svolta delle politiche di Twitter nei riguardi della rimozione
dei contenuti, soprattutto in paesi dove il social network non ha impiegati
o servers, in questo momento Twitter sta attuando una politica molto
simile a quella che è costretta ad adottare in paese che attuano una forte
censura dei contenuti multimediali come, per esempio, la Cina.
52
Capitolo 3
Nel capitolo conclusivo ci si occuperà principalmente dell’attualità politica,
delle tensione autoritarie e di un crescente uso della censura nei media.
Innanzi tutto viene chiarito, procedendo in ordine cronologico, come sia
stato capace Erdogan a mantenere il potere fino ai giorni nostri, verrà
inoltre trattato un nuovo caso mediatico: l’incidente minerario di Soma.
Evento che ha di nuovo messo in evidenza l’ormai crescente legame fra i
media e la politica dell’AKP. Tuttavia sembra che il governo abbia
ulteriormente consolidato il proprio controllo sui mezzi mediatici
riuscendo a pilotare la notizia con maggiore efficacia. Successivamente
vengono trattate le elezioni presidenziali, che danno la possibilità al primo
ministro Erdogan di continuare a mantenere il potere, diventando
Presidente della Repubblica turca. Tuttavia, dopo l’ennesimo successo
elettorale, il neo-eletto presidente deve fare molta attenzione, poiché
all’interno del paese si stanno formando degli elementi che potrebbero
portare all’instabilità: l’economia sta subendo un rallentamento, la politica
53
estera non pare favorire la Turchia e il rivale politico Fethullah Gulen,
potrebbe approfittare del momento di incertezza per ordire un nuovo
colpo di stato. Dopodiché si ritorna a trattare l’argomento della censura:
ormai il controllo sulla stampa e sulla televisione è chiaro, l’unico canale
mediatico che non sembra del tutto sotto il controllo del governo rimane
la rete. Ora però il presidente Erdogan sta cercando di assoggettare anche
questo canale grazie all’uso di moderne leggi sul controllo di internet: pare
proprio che la libera informazione all’interno del paese sia giunta al
tramonto.
Colui che guida il paese 3.1
Il successo politico del presidente Erdogan e del suo partito AKP ha inizio
nel 2002, egli da oltre dieci anni governa incontrastato il paese basandosi
su un forte elettorato nell’Anatolia centrale, zona che si trova proprio a
cavallo fra la popolazione turca più occidentalizzata e le popolazioni curde
delle montagne orientali. Questo territorio, originariamente povero e
sottosviluppato ha visto una sorprendente modernizzazione durante il
governo di Erdogan, garantendogli il proprio supporto elettorale. Questo
ampio bacino di elettori sarà uno dei fattori principali che hanno permesso
al presidente un così lungo periodo al potere. Come già esaminato, nella
storia dell’ultimo secolo della Turchia, praticamente tutti coloro che sono
stati in grado di governare il paese per un discreto periodo di tempo
hanno, infine cercato di accrescere maggiormente il proprio potere,
costringendo l’esercito a entrare in causa e ad appianare la situazione.
54
Questo potrebbe fare dunque nascere il dubbio sulla correttezza di tutti i
principi imposti da Ataturk:
così come riportato Aykan Erdemir deputato repubblicano “Il governo
turco include le masse e contemporaneamente esclude le opposizioni; si
fonda su valori etici ma anche sul più cinico pragmatismo; si batte per il
consolidamento e, allo stesso tempo, per la frammentazione della società.
Il prodotto di tutto questo è un nuovo modello culturale, quello turco, che
possiamo chiamare Erdoganismo”25.
Il disastro di Soma 3.2
Una nuova crisi mediatica nel paese è avvenuto in seguito al disastro
minerario di Soma, esso ha fatto nuovamente finire sotto accusa
nuovamente il primo ministro. Il 13 maggio del 2014 si è verificato infatti il
più grande disastro industriale di tutta la storia della repubblica turca. In
questa data quasi 800 minatori di carbone che lavoravano presso la
miniera di Soma, piccola cittadina situata nella provincia di Manisa, a sud
est della penisola sono rimasti coinvolti in un esplosione avvenuta nelle
profondità della miniera. L’incendio scaturito ha continuato a bruciare per
oltre 3 giorni prima di essere finalmente domato. In seguito a successivo
controllo della miniera si è scoperto che la maggior parte dei decessi è
avvenuta a causa delle condizioni di lavoro non sicure, infatti la negligenza
degli ispettori governativi e dei dirigenti della miniera hanno messo al
primo posto il profitto e l’efficienza economica trascurando la sicurezza
25
Ginammi A. e Vitullo A.. Il paese delle contraddizioni. The Post Internazionale [Online]. “2013”.
55
dei minatori. Nella conferenza stampa avvenuta immediatamente dopo il
disastro minerario Erdogan ha dichiarato che certe tragedie sono nella
natura stessa dell’attività mineraria, trascurando che prima del disastro
erano già state denunciate delle perdite di metano nelle profondità della
cava. La popolazione locale ha acclamato, invano, le dimissioni del primo
ministro.
Nella maggior parte delle democrazie del mondo un episodio così grave
sarebbe costato il posto ad alcuni ministri, o addirittura al primo ministro
stesso. La critica e l’opposizione all’interno del paese annunciavano a gran
voce che il primo ministro non sarebbe stato in grado di essere
democraticamente eletto alle elezioni presidenziali in agosto. Questo
evento mette nuovamente in luce delle crepe all’interno dell’elettorato di
Erdogan, infatti a differenza delle proteste di Gezi Park e quelle successive,
i protestanti non facevano parte dell’opposizione politica del primo
ministro, ma sono in maggioranza conservatori sunniti che, da sempre
hanno dato il proprio sostegno all’AKP a partire dalla sua fondazione.
Nonostante il primo ministro abbia promesso un’indagine approfondita
sui fatti avvenuti a Soma, sono stati in pochi a crederlo, pensando che la
faccenda sarebbe stata insabbiata come l’ultimo scandalo che ha visto
coinvolti alcuni componenti della sua stessa famiglia26. Infatti dall’inizio
dell’ispezione sono stati posti sotto arresto solamente otto impiegati della
miniera, ma nessuno dei dirigenti di alto livello fa parte di questi e tutti
hanno mantenuto il proprio posto di lavoro anche dopo l’incidente.
Il monopolio propagandistico creato dal primo ministro ha definito tutti
coloro che hanno incolpato il governo dell’incidente come “Ebrei” e
26
Vedere Capitolo II: “I media e lo scandalo della corruzione”
56
“Cospiratori”, con il fine ultimo di destabilizzare il governo. Un altro
obiettivo della propaganda pro-Erdogan sono stati i media stranieri,
Hasnain Kazim, giornalista presso il giornale tedesco “Der Spiegel”, ha
ricevuto minacce di morte ed è stato accusato di essere un ebreo dopo
aver trattato in maniera troppo critica la vicenda. I movimenti anti-
tedeschi sono cresciuti dopo che il presidente tedesco Joachin Guack, ha
fortemente criticato l’erosione delle libertà civili durante una visita
avvenuta nel paese avvenuta lo scorso aprile.
Questo episodio non ha fatto altro che aumentare le preoccupazioni del
mondo occidentale verso la Turchia. “La Turchia dovrebbe essere un
importante partner commerciale degli Stati Uniti durante un periodo di
persistente instabilità in una delle regioni chiave del mondo. L’aumentare
delle spinte autoritarie del primo ministro hanno enormemente
aumentato queste difficoltà”27 sostiene Eric Edelman, ambasciatore
americano presso la Turchia. Abdullah Gul, che al tempo era ancora
presidente della repubblica, è stato da lungo visto come colui che avrebbe
potuto arginare gli eccessi del primo ministro: vi sono voci di corridoio che
affermano che il presidente abbia cercato di convincere il proprio primo
ministro a dare le dimissioni, ma ogni tentativo pare essere stato vano.
Questo tuttavia non è avvenuto ed Erdogan è stato nuovamente in grado
di mantenere unito e coeso il proprio governo anche durante questa
ennesima prova di forza. Tuttavia con il termine del proprio mandato di
primo ministro e le elezioni presidenziali alle porte, Erdogan vide la
possibilità di continuare a governare il paese, candidandosi come
presidente.
27
Disillusioned and divided, in “The Economist Europe”. 2014.
57
Il primo presidente eletto dalla popolazione 3.3
Dopo un’accesa campagna elettorale, caratterizzante anche dalle forte
critiche mosse su di lui l’ex primo ministro riesce nel suo intento,
diventando il 12 presidente della repubblica turca e il primo eletto dalla
popolazione. Grazie a questo ennesimo successo elettorale avvenuto
nell’agosto del 2014 Erdogan è in grado di mantenere il potere dello stato
per il nono anno consecutivo. Nel discorso dopo la vittoria elettorale il neo
eletto presidente ha dato l’intenzione di voler continuare a governare il
paese dal proprio palazzo presidenziale, formando una nuova costituzione
che gli darebbe potere esecutivi: trasformando così la Turchia in una
repubblica presidenziale.
Il presidente, oltre a questa nuovo e crescente volere di potere, ha
dichiarato di cercare di appianare le divergenze fra le diverse minoranze
etniche all’interno del paese cercando di rendere tutti i cittadini uguali fra
loro. Questo tuttavia sembra essere in conflitto con quello emerso
durante la campagna elettorale che lo ha visto attaccare uno dei leader
dell’opposizione per le proprie radici curde. Nonostante ciò il bacino
elettorale ha ancora molta fiducia nel carismatico leader, questo viene
dimostrato dai dati delle elezioni presidenziali: che lo hanno visto vincere
con una solida maggioranza del 52%.
Erdogan, successivamente alla vittoria, ha avuto l’opportunità di scegliere
a piacere chi sarebbe stato il nuovo primo ministro del paese. Il presidente
aveva bisogno di una persona a lui fedele, con il carisma necessario a
mantenere unito l’AKP, ma non abbastanza forte da potersi permettere di
sfidarlo: la scelta è ricaduta sul ministro degli esteri del suo vecchio
governo, Ahmet Davutoglu
58
Ora però il presidente deve affrontare nuove minacce al suo potere: le
elezioni hanno visto infatti l’emergere di un nuovo partito, formato
principalmente dalla popolazione curda, musulmani moderati, cristiani e
anche diversi gruppi di socialisti. Il neonato partito guidato dal neoeletto
leader Demirtas ha ottenuto un grande aumento del proprio elettorato
raggiungendo una soglia vicina al 10%, soglia minima per l’entrata in
parlamento. Se il partito di Demirtas entrasse effettivamente a far parte
del parlamento, l’AKP non sarebbe più in grado di avere abbastanza voti
per effettuare i cambi costituzionali che servono per fornire al proprio
presidente i poteri esecutivi. Tuttavia ci si aspetta che Demirtas sia
disposto a scambiare il proprio voto in cambio diverse concessioni
politiche verso la popolazione curda.
Le ragioni dell’instabilità del governo 3.4
Nonostante il mastodontico palazzo presidenziale, inaugurato il 29 ottobre
2014 e la momentanea debolezza dell’opposizione, il governo del primo
ministro non è più così solido. I motivi fondamentali di questa debolezza
sta essenzialmente nell’economia del paese e nella politica. Partendo dalla
crescita economica, uno dei pilastri portanti del potere di Erdogan, sembra
oggi subire un forte rallentamento tanto da essere inserita dal New York
Times nella lista delle “Fragile Five”, vale a dire le cinque economie
emergenti che celano profonde debolezze strutturali28.
L’economia turca ha beneficiato per lungo tempo di una grandissima
quantità di liquidità da parte di aziende internazionali, dovuto alla politica
di espansione monetaria attuata dalla Federal Reserve. La politica di
28
Landon T, Fragile Five is the latest club of Emerging Nations in Turmoil in New York Times. 2014
59
stimoli economici, conclusasi nell’ottobre del 2014 è stata creata in modo
da tamponare la crisi finanziari globale iniziata nel 2008.
Punti fondamentali di questa politica finanziaria sono stati investimenti a
basso tasso di interesse, però con il loro termine potrebbe costringere la
Turchia a doversi sostenere solamente sulla propria politica monetaria del
tentativo di compensare questa perdita.. Questi problemi, come riporta il
“New York Times”, sono tipici dei mercati emergenti, nei quali gli
investimenti da parte di forze straniere permette di indebitarsi con una
valuta straniera, per poi ritrovarsi con moneta senza valore quando i
capitali stranieri vengono meno.
Il secondo punto che rende instabile il governo di Erdogan è dato proprio
dalla politica: la guerra al confine con la Siria, vede gli americani sostenere
le popolazioni curde contro i terroristi dello Stato Islamico (ISIS). Le
popolazione curde, uno dei primi baluardi a opporsi ai terroristi dell’ISIS
hanno già chiesto a gran voce l’intervento dello stato turco.
Tuttavia la situazione non è semplice per la Turchia che si trova divisa su
due fronti: come cita la giornalista italiana Marta Ottaviani in un articolo
su “La Stampa”29. La complicità taciuta con i jihadisti e la resistenza ad
aiutare i curdi al fronte hanno compromesso i rapporti con gli alleati
occidentali. Quello che sembrava uno spazio di manovra per un grande
ritorno della Turchia come potenza regionale sembra sgonfiarsi
inesorabilmente”.
Per molti anni la Turchia di Erdogan si è sentita al centro di un grande
gioco, che poteva essere comodo e rischioso al tempo stesso. La linea di
politica estera ha fatto in modo che il paese si trovasse materialmente in
29
Ottaviani M. Liberi dopo centro giorni i turchi presi in ostaggio a Mosul. 2014.
60
mezzo fra le forze della Nato, degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, da
una parte e dall’altra una regione gettata totalmente nel caos, vista come
terreno fertile per le proprie ambizioni di potere regionale. Come ora
sappiamo ogni tentativo da parte della Turchia di entrare nell’Unione
Europea sembra definitivamente destinato a fallire dopo le violenze
emerse da Gezi Park. Dall’altra parte ogni tentativo di porre la propria
influenza nei territori del Medio Oriente sembra essere fallito.
Angela Merkel, commentando l’integrazione della Turchia nell’Unione
Europea, definì il governo di Ankara “un ponte fra due mondi”,
particolarità che porta il paese turco a trovarsi nel mezzo fra due mondi
ben distinti senza tuttavia poterli avvicinare. Sembra proprio questo uno
dei problemi principali della politica estera turca: il volersi posizionare
“come via di mezzo” fra la due culture totalmente diverse, senza mai
riuscire a spostare il proprio baricentro da nessuna delle due parti.
Fethullah Gulen: una concreta minaccia al governo di Erdogan 3.5
Sicuramente una delle più concrete minacce al potere del presidente
Erdogan è senz’altro Fethullah Gulen. Egli è stato un Imam presso la città
di Smirne fino al 1981, quando si è ritirato per dedicarsi ad attività
politiche, fondando il proprio movimento islamico-moderato degli Hizmet
(“La comunità”). Viene inoltre definito come una delle personalità più
influenti della religione islamica.
Hakan Yavuz, autore della sua biografia, lo ha descritto come un
musulmano le cui idee sono molto vicine a quelle calviniste, questo grazie
all’adozione di idee neoliberali e capitalistiche. Gulen fino ad ora è riuscito
a reclutare più di tre milioni di aderenti al suo movimento in tutto il
61
mondo, le sue idee comprendono inoltre la diffusione dell’educazione
media nelle classi medio-basse in tutta la Turchia, andando ad arricchire e
modernizzare i valori morali dell’Islam con la scienza, in particolare la
matematica, la chimica e la fisica, permettendo così la formazione di una
nuova classe dirigente turca in grado di sradicare il secolarismo impiantato
dalle idee di Ataturk. Una volta superati i valori del Kemalismo, secondo la
filosofia di Gulen, essi andrebbero rimpiazzati con i nuovi valori dell’Islam.
Nonostante non vi fossero reali accuse formulate contro la sua persona,
Gulen decise di abbandonare il paese e fuggire negli Stati Uniti nel 1999,
imponendosi una sorta di esilio volontario. Per 15 anni Gulen è stato in
grado di costruire e guidare il proprio impero fondato sull’educazione
elementare ed accademica, e compagnie operanti nel mercato finanziario
e mediatico. Tuttavia dopo il suo esilio è stato accusato di aver ordito un
colpo di stato per imporre un regime islamico in Turchia, tuttavia viene
dichiarato innocente e le accuse contro di lui sono cadute. Nonostante la
sua innocenza Gulen non è più ritornato nel suo paese natio.
Egli potrebbe essere definito come leader di un movimento islamico
moderato e aperto al dialogo interreligioso, la sua interpretazione
dell’Islam è più aperta alla modernizzazione e al dialogo con l’Occidente, a
causa di tutti i vantaggi che questo potrebbe comportare. Questa nuova
interpretazione dell’Islam ha avuto parecchia fortuna nelle popolazioni
musulmane dell’Asia Centrale e nelle comunità emigrate in Europa,
America e Australia, oltre che in Turchia.
Durante l’ascesa politica di Erdogan, Gulen ha consigliato agli aderenti al
proprio movimento di dare il proprio supporto all’AKP. Gli Hizmet hanno
62
però avuto un certo attrito con l’AKP, sostenendo idee più liberali e un
modello per lo sviluppo dell’economica più moderno ed efficace.
Questo è stato un argomento sul quale inizialmente i due gruppi non
hanno trovato punti di rottura, ma che, con il protrarsi del successo del
partito e dell’aumento del suo potere, è diventato un punto di disaccordo
fra i due gruppi. Gli Hizmet sono stati, inoltre in grado di infiltrarsi ad alti
livelli in diverse istituzioni statali tra le quali: la polizia, i servizi segreti,
l’amministrazione giuridica e pubblica. E’ quindi plausibile che le voci su un
tentativo di rovesciare il governo di Erdogan con un colpo di stato siano
fondate, abbiano un fondo di verità.
In fine si potrebbe sostenere che Gulen e il suo movimento sono diventati
attori di massima importanza per destabilizzare, la già critica situazione
politica turca. Infatti il miracolo economico ha introdotto un forte bisogno
di riforme e di diritti, soprattutto presso le culture emancipate, le forti
influenze di Gulen potrebbero portare a una divisione all’interno dello
stesso partito dell’AKP. Tuttavia le idee dell’imam, hanno un lato negativo:
le sue azioni per modificare la linea di potere all’interno del paese, non si
posso definire assolutamente lecite.
Nonostante Gulen abbia sostenuto più volte che la missione del suo
movimento non è politica ma educazionale, recenti avvenimenti
all’interno del paese dimostrano che le sue ambizioni erano
effettivamente quelle di stabilire il proprio dominio sulle istituzioni dello
stato turco, senza servirsi della trasparenza della legalità fornita da
un’attiva partecipazione politica. Egli ha quindi preferito pianificare la sua
infiltrazione nell’organismo statale attraverso lo spionaggio e il
sotterfugio. Alcuni indizi dell’uso di questi metodi non esattamente
63
convenzionali posso essere ritrovati in uno dei suoi discorsi nel quale
affermava:
“Invitiamo i nostri amici che hanno cariche legislative elevate all’interno
del governo e delle istituzioni statali di usare le proprie abilità
amministrative, allo scopo di riformare lo stato turco e renderlo più ricco
in tutte le sue parti nel nome dell’Islam.”30
Questo tipo di infiltrazioni negli organismi statali ha danneggiato la
Turchia e la sua reputazione all’estero, infatti l’uso di questi metodi non
convenzionali ha portato in alcuni casi agli arresti di numerosi innocenti,
perpetrati dai sostenitori di Gulen nella polizia e negli organi giuridici.
Nuove minacce ai social network 3.6
Nel dicembre del 2014 si è verifica una nuova fuga di notizie riguardanti
dei nuovi illeciti governativi. Questa nuova crisi mediatica, ha nuovamente
messo alla prova il settore dei media. La documentazione presente su
internet afferma che nel 2 gennaio del 2014 due camion, sotto copertura,
appartenenti ai servizi segreti turchi sono stati fermati al confine con la
Siria. Una successiva perquisizione dei due mezzi ha rinvenuto un carico di
armi: le voci che le armi rinvenute fossero destinate ai jihadisti in Siria non
si sono fatte attendere, nonostante ciò tutte le notizie riguardanti il fatto
sono state censurate, rendendo chiaro che ormai l’AKP ha quasi
completamente assoggettato il controllo mediatico.
30
Softic O. What is Fethullah Gulen’s real mission?. Open Democracy. “2014”.
64
In modo da estendere la propria influenza anche sul web, le autorità
hanno avvisato tutti siti che la pubblicazione di video ed altro relativo allo
spostamento di mezzi appartenenti alle autorità turche fra il confine
turco-siriano potrebbe scaturire una nuova censura nelle piattaforme di
Twitter, Youtube e Facebook.
Infatti il 14 gennaio la RTUK, ha messo in atto la legge 6112, datata il
marzo del 2014. In essa viene affermato che il primo ministro o il suo
gabinetto ha il potere di censurare qualsiasi media “nel caso sia
assolutamente richiesto per la sicurezza del paese o quando l’ordine
pubblico potrebbe essere compromesso”
Gli ufficiali turchi, ora hanno quindi il potere di bloccare siti web sospetti
senza nessuna sentenza della corte di giustizia a causa di questo numerosi
siti web si sono piegati alle autorità per non andare incontro a ulteriori
sanzioni, tra questi bisogna citare anche Facebook e Twitter.
Il nuovo arresto di giornalisti 3.7
Erdogan ha mostrato nuovamente il pugno di ferro contro alcuni
giornalisti del quotidiano “Zaman”, sostenitori di Gulen. Durante la retata,
avvenuta nel mese di Febbraio del 2015, alla redazione del giornale sono
stati arrestate più di 24 persone compreso il direttore stesso, gli arresti
erano stati inizialmente impediti dalla folla che si era radunata davanti al
giornale.
Come si è già descritto in precedenza i mandati d’arresto si basano su
accuse di terrorismo e di aver costituito un’organizzazione segreta per
attentare alla sovranità dello stato, oltre ai dipendente dello “Zaman”
65
sono stati arrestati il direttore, gli operatori e i conduttori di una rete
televisiva troppo simpatizzante alle idee di Gulen e dell’Hizmet.
Erdogan prima della retata aveva dichiarato: “Non ci troviamo ad
affrontare una semplice organizzazione, bensì un pilastro delle forze del
male nel Paese e all’estero. Chiunque siano coloro che stanno al loro
fianco o dietro di loro, distruggeremo questa rete e li costringeremo a
pagare il conto31”.
Prima dei fatti, un account anonimo di Twitter aveva avvisato il web di una
possibile retata, facendo addirittura i nomi di alcuni persone che poi
effettivamente sono state fermate dalla polizia. Ovviamente le critiche da
parte dell’estero non sono tardate ad arrivare, tra le quali anche quelle di
Federica Mogherini, Alto rappresentante della politica estera dell’Ue.
Questo evento è da interpretarsi come un tentativo, da parte del
presidente, di cercare di bloccare il lavoro di persone che presentano idee
troppo vicine a quelle dell’avversario politico. Erdogan sta quindi cercando
di evitare che il rivale Gulen, grazie all’uso della propria influenza nei
media, possa sollevare l’opinione pubblica contro il suo governo,
elemento che aprirebbe le porte ad un possibile cambio di potere
all’interno del paese.
Il futuro della Turchia 3.8
Presa coscienza di quanto è stato esaminato fino ad ora, siamo in grado di
poter asserire che le nuove politiche adottate dal primo ministro si stanno
traducendo in un notevole passo indietro per il paese. Infatti Erdogan
31
Turchia, retata di Erdogan contro la stampa e l’opposizione: 23 arresti.In Huffington Post Italia
66
coltiva il sogno di far ritornare la Turchia al vecchio splendore che aveva
durante l’impero Ottomano, all’interno del quale la popolazione Sunnita
prevale su tutte le altre minoranze. Le manie di grandezza e i sogni di
gloria del presidente si sono tramutati anche in opere ambiziose come il
faraonico palazzo presidenziale costruito ad Ankara, per un costo totale di
più di 615 milioni di dollari. Questo amore romantico per il passato ha
riportato l’insegnamento dell’antica lingua e scrittura Ottomana nelle
scuole, oltre che all’apertura di numerosissime scuole per la formazione
delle cariche clericali dell’Islam, il numero di queste scuole è addirittura
quadruplicato da quando l’AKP è al potere.
Tuttavia questo aumento del potere autocratico del presidente, che si
nota soprattutto con la crescente richiesta di poteri esecutivi deve
incontrare diversi ostacoli nell’anno corrente. Una delle priorità del primo
ministro è sicuramente quella di mantenere il proprio controllo sul suo
partito, questo sta avvenendo mantenendosi in ottimi rapporti con il
primo ministro da lui scelto Davutoglu, nonostante questo vi sono già
alcune crepe all’interno dello stesso soprattutto a causa di personalità
troppo vicine all’orientamento di pensiero di Gulen.
Altro grave problema dell’immediato futuro è la corruzione, infatti un
piccolo gruppo sta iniziando a sospettare che le accuse di corruzione
presentate contro Erdogan e alcuni suoi compagni possano essere
effettivamente fondate. Inoltre sono finiti sotto accusa i metodi con cui
vengono perseguitati tutti coloro che mettono in dubbio la credibilità del
governo.
Tuttavia vi sono anche segnali positivi per il governo di Erdogan
nell’immediato futuro, soprattutto dalle relazioni tra l’AKP e il partito
67
curdo HDP, che già nelle ultime elezioni aveva ottenuto un discreto
successo. Nel caso in cui il neonato partito fallisse a raggiungere la quota
minima del 10% per avere accesso al parlamento, l’AKP sarebbe in
possesso di due terzi dei parlamentari, consentendo la modifica della
costituzione senza un possibile referendum. L’ago della bilancia quindi
pesa ironicamente sul partito curdo.
Conclusioni
Riepilogando quanto emerso dallo studio possiamo sostenere che: la
censura dei media si è sviluppata di pari passo con l’aumento del potere
autocratico del primo ministro.
Usufruendo delle informazioni ricavate dal primo capitolo, siamo ora in
grado di comprendere che la storia del paese, travagliato da una forte
instabilità di quasi ogni governo e dalle ingerenze da parte dell’esercito,
abbia prodotto un clima politico caratterizzato da una forte tensione e da
una crescente paura di improvvisi colpi di stato. Anche il retaggio degli
insegnamenti di Ataturk, di grande importanza per la modernizzazioni
delle istituzioni nel ‘900, hanno giocato un ruolo negativo per
l’integrazione e la coesione dei diversi gruppi etnici. Gli ideali hanno infatti
portato a far credere a gran parte della popolazione che, coloro che sono
originari del paese, ma non condividono la stessa cultura, sono dei
separatisti: questo ha contribuito a una depenalizzazione della repressione
dello stato nei confronti della situazione curda. Ulteriore prova che gli
68
insegnamenti di Ataturk sono stati idealizzati e resi intoccabili, è fornita
dal totale negazionismo vigente nel paese sul genocidio degli Armeni,
evento che tutt’ora non viene riconosciuto dalla maggioranza della
popolazione locale.
Ora che si ha un quadro generale del mercato dei media nei diversi settori,
si può affermare che lo stesso è caratterizzato da una forte
concentrazione di diversi mezzi di comunicazione nelle mani di pochi e
potenti gruppi. Inoltre essi sono stati costretti a svilupparsi in un clima
ostile e dedito all’uso della censura, infatti già prima di Erdogan, negli anni
’90 a causa di un colpo di stato hanno subito un’ingerenza da parte delle
forze politiche.
Con l’ascesa politica dell’AKP, i media hanno vissuto una forte
polarizzazione delle opinioni, dividendo la popolazione turca in due
schieramenti: uno favorevole al governo e ovviamente uno totalmente
contrario. Questa ha provocato una crescente intolleranza di coloro che
hanno idee diverse dalla propria. Inoltre la maggior parte dei gruppi media
ha interessi in diversi settori che si basano su appalti e opere pubbliche
per ottenere profitti, questo ha reso possibile al governo scambiarli con un
aumento della propria influenza nell’informazione. Grazie a questi
elementi Erdogan ha avuto terreno fertile per attuare un nuovo clima di
censura.
L’AKP ha quindi proseguito a sfruttare l’influenza guadagnata per mettere
a tacere le opinioni di intellettuali e giornalisti che presentavano idee a lui
ostili. Questo espediente è stato usato per la prima volta contro coloro
69
che hanno criticato apertamente le misure messe in atto per contenere la
riapertura delle ostilità contro il PKK. Sfruttando la legge sul terrorismo,
che fornisce un ampio margine di azione, sono stati messi a tacere. Loro
malgrado i giornalisti di origine curda che hanno cercato di esporre
un’opinione più moderata sull’argomento si sono trovati presi nel mezzo:
da una parte l’AKP e dall’altra il PKK.
L’uso della censura è stato nuovamente impiegato per cercare di limitare
le proteste di Gezi Park, che si temeva avrebbero condotto a un colpo di
stato simile a quelli avvenuti durante la Primavera Araba. Alcuni dei
media, non potendo più ignorare la situazione si sono schiarati
apertamente schierati a favore dell’AKP, altri hanno preso posizioni
totalmente contrarie. Questo ha portato a una sempre maggiore e
marcata opposizione fra le diverse idee presenti nel paese. Una volta
terminate le proteste il presidente Erdogan ha voluto dimostrare ai gruppi
mediatici le conseguenze di presentare opinioni troppo critiche nei
confronti della sua linea politica, ha fatto imponendo e perseguitando tutti
i canali d’informazione che hanno trattato l’argomento in maniera troppo
critica. A causa delle proteste di Gezi Park, il governo si è accorto che era
necessario prendere delle contromisure per evitare la fuga di notizie
anche sul web. Questo ha portato alla chiusura di diversi piattaforme
multimediali per la diffusione di notizie, nei momenti di maggiore
vulnerabilità da parte dell’AKP.
Negli ultimi due anni si è registrato quindi un crescente sviluppo di potere
autoritario e di una sempre maggiore d intransigente organismo di
censura. Questo ha permesso al governo di Erdogan di mantenere il
potere nonostante le successive fughe di notizie che mettevano a
repentaglio la sua reputazione. Il potere autocratico del presidente è stato
70
inoltre in grado di passare, nuovamente, indenne attraverso una nuova
crisi mediatica. Infatti ci si aspettava che l’incidente minerario di Soma
potesse finalmente obbligare l’AKP a lasciare definitivamente il potere.
Questo tuttavia non si è verificato grazie a una maggiore efficacia
nell’opprimere le opinioni troppo negative sul proprio operato,
portandolo successivamente in trionfo con la vittoria delle successive
elezioni presidenziali.
Per concludere l’ormai affermato potere autoritario di Erdogan non è
completamente al sicuro, nonostante abbia pubblicamente espresso il
volere di trasformare la Turchia in una repubblica presidenziale,
governandola come presidente in una situazione politica simile a quella
russa. I fattori economici non sono più così positivi come lo erano quando
era primo ministro, stanno emergendo nuove forze politiche che
potrebbero effettivamente contrastare il trasferimento di poteri esecutivi
nelle mani di presidente, in più il suo acerrimo rivale Gulen, con i suoi
mezzi non sempre leciti, potrebbe riuscire a destabilizzare il governo.
La Turchia negli ultimi 20 anni di storia ha visto quindi lo svilupparsi di una
relazione fra i media e la vita politica, talmente stretta che ha portato allo
sviluppo di un governo autoritario, tramite l’uso diretto ed indiretto della
censura. In questo caso, la Turchia, dovrebbe essere un esempio negativo
di come la politica sia in grado di manipolare e di censurare qualsiasi
opposizione o pensiero contrario al proprio tramite il diretto controllo dei
mezzi mediatici. Questo atteggiamento ha quindi portato il paese ad una
situazione politica molto simile a quella cinese, dove vengono applicate
manovre di controllo dei mezzi mediatici in un maniera parallela a quelle
riscontrate nel caso di studio.
71
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