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1. Il Comparto Prodotto distribuito gratuitamente per diffondere la cultura della sicurezza all’interno delle imprese. 1 | EBER | EBAM | INAIL | Reg. EMILIA ROMAGNA | Reg. MARCHE | 1 1.1 L’ABBIGLIAMENTO: CONFEZIONE E MAGLIERIA Il settore tessile-abbigliamento, che rappresenta uno dei settori di eccellenza del Made in Italy, è composto da una filiera particolarmente articolata che parte da aziende che si occupano della produzione di filati e tessuti e arriva fino a quelle operanti nella confezione di intimo, abbigliamento e biancheria per la casa. Nei prossimi capitoli verranno approfondite le tematiche di salute e sicurezza legate alla produzione di capi di confezione e maglieria. Il comparto è rappresentato in prevalenza da imprese di piccole e medie dimen- sioni, spesso specializzate in una singola fase lavorativa (taglio, cucito, ecc.). L’evoluzione dell’organizzazione del comparto produttivo degli ultimi decenni ha visto, soprattutto ad ope- ra delle aziende di dimensioni rilevanti, lo spostamento della maggior parte delle lavorazioni in serie dei capi in aziende estere, mantenendo in Italia lo svolgimento delle fasi di progettazione dei modelli e realizza- zione dei campioni, di controllo dei capi prodotti all’estero, di immagazzinaggio, distribuzione e le funzioni commerciali. Figura 1: un elegante negozio di abbigliamento al dettaglio.

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1. Il Comparto

Prodotto distribuito gratuitamente per diffondere la cultura della sicurezza all’interno delle imprese. 1

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1.1 L’ABBIGLIAMENTO: CONFEZIONE E MAGLIERIA

Il settore tessile-abbigliamento, che rappresenta uno dei settori di eccellenza del Made in Italy, è composto da una filiera particolarmente articolata che parte da aziende che si occupano della produzione di filati e tessuti e arriva fino a quelle operanti nella confezione di intimo, abbigliamento e biancheria per la casa. Nei prossimi capitoli verranno approfondite le tematiche di salute e sicurezza legate alla produzione di capi di confezione e maglieria. Il comparto è rappresentato in prevalenza da imprese di piccole e medie dimen-sioni, spesso specializzate in una singola fase lavorativa (taglio, cucito, ecc.).L’evoluzione dell’organizzazione del comparto produttivo degli ultimi decenni ha visto, soprattutto ad ope-ra delle aziende di dimensioni rilevanti, lo spostamento della maggior parte delle lavorazioni in serie dei capi in aziende estere, mantenendo in Italia lo svolgimento delle fasi di progettazione dei modelli e realizza-zione dei campioni, di controllo dei capi prodotti all’estero, di immagazzinaggio, distribuzione e le funzioni commerciali.

Figura 1: un elegante negozio di abbigliamento al dettaglio.

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1. Il Comparto1. L’Abbigliamento: Confezione e Maglieria

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Il ciclo produttivo può essere riassunto nelle seguenti fasi: CONFEZIONE

• Creazione stilistica del modello (vedi 2.3.1 “Fase di creazione stilistica del modello”) (vedi 2.3.2 “Esecuzio-ne del piazzamento o piano di stesura delle sagome”);

• Ricevimento, controllo, preparazione del tessuto (vedi 2.3.3 “Ricevimento, controllo, preparazione del tessuto”) (vedi 2.3.7 “Applicazione termoadesivo”) (vedi 2.3.8 “Accoppiamento tessuto-fodera”);

• Taglio del tessuto (vedi 2.3.4 “Taglio del tessuto”) (vedi 2.3.5 “Marcatura del tessuto”) (vedi 2.3.6 “Nume-razione elementi”) (vedi 2.3.9 “Stoccaggio semilavorati”);

• Confezione del capo (vedi 2.3.10 “Confezione del capo”);

• Stiro del capo (vedi 2.3.11 “Stiro del capo”);

• Controllo stoccaggio e spedizione capo finito (vedi 2.3.12 “Controllo e spedizione”). MAGLIERIA

• Materie prime (filati) (vedi 3.2 “Materie prime”);

• Finissaggio e tintura (vedi 3.2.3 “Finissaggio e tintura”);

• Tessitura (vedi 3.3.1 “Reparto tessitura”);

• Taglio tessuti (vedi 3.3.2 “Reparto taglio”);

• Confezionamento (vedi 3.3.3 “Reparto confezione”);

• Stiro e controllo (vedi 3.3.5 “Reparto stiro e controllo qualità”);

• Stoccaggio spedizione (vedi 3.3.6 “Imbusto, stoccaggio e spedizione”). Il rischio infortunistico è legato essenzialmente all’utilizzo di macchine quali taglierine, seghe a nastro, per quanto riguarda le ferite alle mani, alle presse-stiro, per il rischio di contusioni e ustioni alle punture con aghi nelle fasi di cucito. A seconda delle fasi lavorative si possono avere i seguenti rischi di esposizione a:

• polveri (vedi 5.3 “Rischio chimico e cancerogeno”)

• posture incogrue, fisse e movimenti ripetitivi (vedi 9.1 “Sovraccarico biomeccanico del rachide da MMC”) (vedi 9.2 “Sovraccarico biomeccanico degli arti superiori”)

• movimentazione manuale dei carichi (vedi 9.1 “Sovraccarico biomeccanico del rachide da MMC”)

• solventi e altre sostanza chimiche (vedi 5.3 “Rischio chimico e cancerogeno”)

• rumore (vedi 5.1 “Rumore”)

• vibrazioni meccaniche (che interessano il segmento mano-braccio, come nell’uso di utensili portatili, sia il corpo intero, per l’uso di carrelli elevatori) (vedi 5.2 “Vibrazioni”).

La diffusione dei fattori di rischio è legata all’utilizzo di macchine per le quali non vengono utilizzati (o ven-gono bypassati) i dispositivi antinfortunistici, e all’assenza o non adeguatezza delle misure di prevenzione.

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1.2 PRINCIPALI RISCHI INFORTUNISTICI

Il settore produttivo tessile-abbigliamento presenta indici infortunistici abbastanza contenuti, sia per quan-to riguarda la gravità degli infortuni che in relazione alla frequenza. Il rischio infortunistico è legato essenzialmente allo svolgimento di attività lavorative in prossimità di organi in movimento quali rulli per lo scorrimento dei tessuti (macchine avvolgipezza, rollatrici, specchio, ecc.), all’utilizzo di macchine e attrezzature da taglio (taglierine, seghe a nastro, trance), all’utilizzo di macchine da cucire che possono provocare punture alle mani da parte dell’ago in rapido movimento, alle lavorazioni con presse-stiro che possono provocare danni agli arti superiori sia per la pressione della macchina che per la presenza di flusso di vapore ad alta temperatura (vedi 4.2 “Sicurezza generale delle macchine”). Da non sottovalutare il rischio infortunistico legato alle fasi di stoccaggio delle materie prime e semilavorati legato all’eventuale presenza di carrelli e/o attrezzature per i trasporto e/o a una non corretta organizzazio-ne dei luoghi di lavoro.

1.2.1 Patologie che possono instaurarsi nella fase di creazione stilistica del modelloLa progettazione stilistica del modello viene oggi effettuata progettando il capo di abbigliamento e svi-luppando il progetto fino ad ottenere il modello su carta. L’attività di progettazione viene oggi svolta quasi esclusivamente con mezzi informatici utilizzando appositi software che, oltre a permettere la progettazio-ne del capo effettuano anche il disegno del modello per mezzo di plottter.Quest’ultima modalità di creazione del modello sta via via sostituendo la riproduzione tradizionale dei di-segni su carta con macchine eliografiche.I lavoratori addetti alla creazione del modello possono essere esposti ai rischi legati al lavoro al videotermi-nale (impegno visivo protratto, fissilità della postazione seduta) oppure alla disergonomia della postazione di lavoro (vedi Capitolo 9 “Ergonomia”).

1.2.2 Patologie che possono instaurarsi nelle fasi di ricevimento, controllo, preparazione del tessutoDalle industrie tessili provengono i tessuti sotto forma di bobine (pezze), arrotolati su se stessi attorno ad un’anima di cartone. Le stoffe vengono sottoposte a controllo visivo con l’utilizzo di un’apposita macchina, denominata specchio, e ai necessari trattamenti preliminari quali il vaporizzo (per dare al tessuto la morbi-dezza naturale) e il decatizzo (finalizzato a mantenere la stabilità dimensionale del tessuto).Ove necessario la preparazione delle pezze può comprendere anche l’accoppiamento con fodera e/o l’ap-plicazione di termoadesivo per dare maggiore consistenza al tessuto. Possibili danni per la salute

- Disturbi muscolo scheletrici a carico del rachide e degli arti legati all’assunzione di posture incongrue o scorrette, in postazione fissa in piedi alle macchine che possono richiedere, talvolta, anche l’uso di pedali di comando azionati ripetutamente dall’operatore.

- Irritazioni delle prime vie aree e degli occhi per esposizione a polveri che possono svilupparsi durante lo srotolamento delle pezze. Tali polveri, costituite dalle fibre che formano il tessuto, possono contenere sostanze chimiche utilizzate nelle precedenti fasi di finissaggio (antipiega, colore, ecc.).

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Il vapore utilizzato per trattare i tessuti durante le fasi di vaporizzo e decatizzo può favorire la dispersione di fibre e/o di sostanze di vaio tipo dai tessuti trattati. Gli effetti irritativi possono essere legati anche ai collanti di cui sono impregnati i termoadesivi che, du-rante la fase di applicazione a caldo possono disperdere vapori nell’ambiente di lavoro (vedi 5.3 “Rischio chimico e cancerogeno”).

- Discomfort termico legato alla presenza di microclima caldo-umido a causa dell’utilizzo di vapore ad alte temperature (vedi 6.3 “Microclima”).

- Disturbi muscolo scheletrici del rachide a causa della movimentazione manuale dei carichi per lo sposta-mento e/o sollevamento dei rotoli di tessuto (vedi 9.1 “Sovraccarico biomeccanico del rachide da MMC”) (vedi 9.2 “Sovraccarico biomeccanico degli arti superiori”).

1.2.3 Patologie che possono instaurarsi nelle fasi di taglio del tessutoI tessuti vengono tagliati nelle forme necessarie al confezionamento seguendo il modello precedentemen-te preparato allo scopo. In caso di produzione di capi in serie si procede dapprima a stendere la pezza sul tavolo da taglio in vari strati a costituire il “materasso” sul quale si posiziona il modello, di solito realizzato in carta termo-aderente. Si procede quindi al taglio con taglierina manuale elettrica, sega a nastro e/o trancia a seconda del tipo di stoffa, del tipo di taglio da effettuare e dello spessore del “materasso”oppure con taglierina computerizzata (taglio automatico). Nei casi di produzione non in serie si utilizzano forbici manuali per il taglio delle pezze.Una volta tagliati gli elementi che serviranno per la confezione del capo vengono “marcati” e “numerati” al fine di agevolare le successive operazioni di cucitura e confezione del capo. Possibili danni per la salute

- Irritazioni delle prime vie aree e degli occhi e della pelle per esposizione a polveri che possono sviluppar-si durante la stesura e il taglio delle pezze. Tali polveri, costituite dalle fibre che formano il tessuto, possono contenere sostanze chimiche utilizzate nelle precedenti fasi di finissaggio (antipiega, colore, ecc.) (vedi 5.3 “Rischio chimico e cancerogeno”).

- L’esposizione continua al rumore prodotto dalle macchine utilizzate per il taglio, pur non raggiungen-do, di solito, i livelli per i quali la legge obbliga a mettere in atto particolari misure di prevenzione, può provocare l’insorgenza di disturbi extrauditivi (effetti cardiovascolari, psichici, a carico dell’apparato di-gerente) (vedi 5.1 “Rumore”).

- Patologie da sovraccarico biomeccanico all’arto superiore (in particolare Sindrome di Raynaud) possono essere provocate da prolungato utilizzo di attrezzature manuali (taglierine) che trasmettono vibrazioni al sistema mano-braccio (vedi 5.2 “Vibrazioni”).

- Disturbi muscolo scheletrici del rachide e agli arti a causa della movimentazione manuale dei carichi per lo spostamento e/o sollevamento dei rotoli di tessuto (vedi 9.1 “Sovraccarico biomeccanico del rachide da MMC”) (vedi 9.2 “Sovraccarico biomeccanico degli arti superiori”), dello svolgimento di at-tività lavorativa in posture incongrue e dell’effettuazione di compiti comportanti movimenti ripetuti (taglio con forbici).

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1.2.4 Patologie che possono instaurarsi nelle fasi di confezione del capoLa confezione del capo di abbigliamento consiste essenzialmente nella cucitura delle varie parti tagliate precedentemente, nell’effettuazione di eventuali cuciture di finitura, realizzazione delle asole, applicazione di elementi di finitura quali bottoni. Possibili danni per la salute

- I danni all’apparato muscolo scheletrico, arti superiori e rachide, sono le principale patologie legate a questa fase lavorativa. Sono causati dall’assunzione di posture incongrue e/o all’effettuazione di mo-vimenti ripetuti durante le fasi di cucitura che si svolgono esclusivamente seduti e che possono essere aggravati da una scorretta progettazione della postazione di lavoro oltre che dall’imposizione di ritmi di lavoro troppo serrati che non prevedano adeguate pause e tempi di recupero (vedi Capitolo 9 “Ergo-nomia”).

- Il compito visivo fisso e prolungato, proprio dell’addetto alla cucitura a macchina, è causa di numerosi disturbi all’origine di manifestazioni patologiche non solo legate alla vista. Il lavoro della cucitura a mac-china richiede un compito visivo elevato e protratto che sollecita i muscoli della messa a fuoco dell’im-magine e della motilità oculare. Al fine di garantire il benessere dell’operatore occorre che il sistema di illuminazione sia adeguato e realizzato tenendo in considerazione la tipologia di lavoro (vedi 6.2.7.2 “Illuminazione nel comparto confezioni”).

- Irritazioni delle prime vie aree e degli occhi e della pelle per esposizione a polveri che possono svilup-parsi durante la cucitura in particolare durante l’utilizzo della taglia-cuci. Tali polveri, costituite dalle fibre che formano il tessuto, possono contenere sostanze chimiche utilizzate nelle precedenti fasi di finissag-gio del tessuto (antipiega, colore, ecc.) (vedi 5.3 “Rischio chimico e cancerogeno”).

- Il rumore in questa fase lavorativa è legato sia all’utilizzo di macchine da cucire ma soprattutto da mac-chine attaccabottoni e taglia-cuci. I livelli di rumore sono solitamente inferiori agli 85 dB(A) è comunque compito del datore di lavoro valutare il livello di esposizione al rumore e nell’eventualità che venga su-perato il livello di azione, mettere in atto misure tecnico-organizzative di controllo (vedi 5.1 “Rumore”).

1.2.5 Patologie che possono instaurarsi nella fase di stiro del capo finitoLa stiratura, che può essere fatta in diversi momenti del ciclo lavorativo, sia su parti da assemblare che sul capo finito, è l’operazione con la quale si modella la superficie del tessuto. Si realizza attraverso l’azione combinata di pressione, alta temperatura ed umidità. La stiratura può essere effettuata con ferro da stiro (elettrico, a vapore, ad alta pressione), pressa da stiro, manichino a vapore, Possibili danni per la salute

- Discomfort termico legato alla presenza di microclima caldo–umido a causa dell’utilizzo di vapore ad alte temperature (vedi 6.3 “Microclima”).

- I danni all’apparato muscolo scheletrico, arti e rachide, sono legati, in questa fase lavorativa, essenzialmen-te alla necessità di mantenere per tempi molto prolungati posture in piedi e dal sovraccarico biomeccanico per movimenti ripetitivi dell’arto superiore durante l’attività di stiratura (vedi Capitolo 9 “Ergonomia”).

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- Il compito visivo fisso e prolungato, proprio dell’addetto alla stiratura, è causa di numerosi disturbi all’o-rigine di manifestazioni patologiche non solo legate alla vista. Il lavoro della stiratura richiede un compito visivo elevato e protratto che sollecita i muscoli della messa a fuoco dell’immagine e della motilità oculare. Al fine di garantire il benessere dell’operatore occorre che il sistema di illuminazione sia adeguato e realizzato tenendo in considerazione la tipologia di lavoro (vedi 6.2.7.2 “Illuminazione nel comparto con-fezioni”).

- Irritazioni delle prime vie aree e degli occhi e della pelle per esposizione a polveri che possono svilup-parsi durante la stiratura, favorite dall’utilizzo di vapore, costituite dalle fibre che formano il tessuto, che possono contenere sostanze chimiche utilizzate nelle precedenti fasi di finissaggio e vapori dei collanti utilizzati per l’accoppiamento di tessuti termoadesivi (vedi 5.3 “Rischio chimico e cancerogeno”).

- Nell’attività di stiro il livello di esposizione al rumore è di solito basso; nella valutazione del livello di esposizione al rumore il datore di lavoro dovrà considerare anche la componente legata ad altre attività lavorative svolte nelle zone adiacenti alla postazione. Se fosse presente un valore di esposizione superiore ai valori di azione dovrà programmare e attuare misure tecniche organizzative di controllo (vedi 5.1 “Rumore”).

1.2.6 Patologie che possono instaurarsi nelle fasi di controllo, stoccaggio e spedizione del capo finitoSi tratta delle fasi finali del ciclo lavorativo che prevedono il controllo qualità dei capi di abbigliamento pro-venienti dalla produzione, eventuali smacchiature e/o piccole correzioni di difetti, applicazioni di etichette, imballo e spedizione ai clienti. Nella maggior parte delle aziende di grandi dimensioni quest’ultima lavorazione, insieme alla progettazio-ne del capo e alla realizzazione die modelli, sono le uniche due fasi che si realizzano all’interno dell’azienda esternalizzando, invece, le restanti parti del ciclo lavorativo. Possibili danni per la salute

- Dermatiti, irritazioni agli occhi e delle prime vie aeree, possono essere legate ad inalazione e/o contatto cutaneo con i prodotti utilizzati per la smacchiatura (vedi 5.3 “Rischio chimico e cancerogeno”).

- Il compito visivo fisso e prolungato, proprio dell’addetto al controllo qualità del capo finito, è causa di numerosi disturbi all’origine di manifestazioni patologiche non solo legate alla vista. Tale lavoro richiede un compito visivo elevato e protratto che sollecita i muscoli della messa a fuoco dell’immagine e della motilità oculare. Al fine di garantire il benessere dell’operatore occorre che il sistema di illuminazione sia adeguato e realizzato tenendo in considerazione la tipologia di lavoro (vedi 6.2.7.2 “Illuminazione nel comparto con-fezioni”).

- Il rumore nei magazzini di controllo, stoccaggio e spedizione dei capi è generalmente legato all’eventua-le presenza di macchine imbustatrici, termosaldatrici e dell’impianto di movimentazione dei capi. Il datore di lavoro dovrà valutare il livello di esposizione al rumore e, nell’eventualità che venga superato il livello di azione, mettere in atto misure tecnico-organizzative di controllo al fine di ridurre la possibilità di insorgenza nel tempo di patologie uditive ed extrauditive (vedi 5.1 “Rumore”).

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1.2.7 Patologie che possono instaurarsi nelle fasi di tessitura della MaglieriaLa tessitura a maglia è una particolare fase lavorativa del ciclo produttivo “Maglieria” che consiste nella realizzazione di un tessuto ottenuto intrecciando in vari modi un filo continuo, avanzando trasversalmente rispetto alla lunghezza della pezza. Tale lavorazione viene eseguita utilizzando macchine da maglieria, rettilinee o circolari. In passato si trattava per lo più di macchine meccaniche oggi sono utilizzate quasi esclusivamente macchine elettroniche che permettono il controllo della lavorazione ad ogni corsa garantendo uniformità qualitativa della produzione. Le macchine elettroniche sono munite di sistemi computerizzati di programmazione e controllo della produzione. Il filo utilizzato per la tessitura a maglia viene lubrificato al fine di ridurre l’attrito durante la lavorazione (paraffinatura). Possibili danni per la salute

- Irritazioni delle prime vie aree e degli occhi e della pelle per esposizione a polveri che possono svilupparsi durante la tessitura a maglia e vapori prodotti da lubrificanti (vedi 5.4 “Rischio chimico e cancerogeno”).

- L’esposizione continua al rumore prodotto dalle macchine da maglieria, in particolare quelle elettroni-che, pur non raggiungendo, di solito, livelli molto elevati potrebbe nel tempo provocare danni uditivi ed extrauditivi. Il datore di lavoro dovrà valutare il livello di esposizione al rumore e, nell’eventualità che venga superato il livello di azione, mettere in atto misure tecnico-organizzative di controllo al fine di ridurre la possibilità di insorgenza di tali patologie (vedi 5.1 “Rumore”).

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1.3 PRINCIPALI SITUAZIONI DA VALUTARE IN AZIENDANegli ambienti di lavoro delle aziende che producono abbigliamento, confezione e maglieria, esistono nu-merose situazioni di pericolo che, in particolari casi, possono dar luogo a veri e propri RISCHI con conse-guenze anche gravi per la salute:

- lesioni traumatiche come ferite, contusioni, fratture, ecc. (infortuni sul lavoro);

- disturbi e malattie causati e aggravati dal lavoro (malattie professionali e malattie correlate al lavoro).

Per una completa e corretta valutazione dei rischi aziendali devono essere presi in considerazione:

RISCHI LEGATI ALLA SICUREZZAdi macchine, attrezzature, ambienti e locali di lavoro. RISCHI DI NATURA IGIENICO-AMBIENTALElegati alla presenza di fattori fisici (rumore, vibrazioni, ecc.),chimici (polveri, vapori e sostanze chimiche in genere sia utilizzate come materie prime che prodotte dalle lavorazioni). RISCHI DI NATURA ORGANIZZATIVAritmi usuranti, turni di lavoro stressanti. RISCHI DI NATURA ERGONOMICAlegati alle postazioni di lavoro (movimentazione manuale di carichi, posture incongrue, movimenti ripetiti-vi, uso eccessivo di forza).

A seguito della valutazione dei rischi possono essere adottate misure di prevenzione di tipo:

• Tecnico (ad esempio impianti),

• Organizzativo (ad esempio organigramma aziendale, mansionari, ecc.),

• Procedurale (procedure e istruzioni operative di lavoro),

• Formazione, informazione e addestramento dei lavoratori (riguardo ai rischi connessi alle lavorazioni e alla gestione dei casi di emergenza),

• Sorveglianza sanitaria. Le misure ORGANIZZATIVE e PROCEDURALI di prevenzione e protezione sono costituite da:

- organizzazione aziendale: organigramma con le figure chiamate a dirigere la produzione e l’applica-zione delle misure di prevenzione aziendale. Ciascun dirigente o preposto o lavoratore avrà un proprio mansionario che ne fissa i compiti.

- procedure di lavoro stabilite nell’azienda: nella produzione dovranno essere previste e rispettate pro-cedure di lavoro “in sicurezza” per ogni fase lavorativa. In particolare dovranno essere messe in atto modalità di lavoro che riducano al minimo l’emissione di inquinanti negli ambienti di lavoro.

Rimane comunque fondamentale la corretta periodica manutenzione degli impianti di aspirazione (filtri, condotte, serrande).Il datore di lavoro deve sempre individuare il personale addetto alla verifica e al controllo della corretta esecuzione delle lavorazioni con utilizzo degli impianti e dei DPI predisposti e l’adozione delle misure di prevenzione organizzative e procedurali definite nell’azienda.

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1. Il Comparto3. Principali situazioni da valutare in azienda

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1.3.1 Impiego delle attrezzature di lavoroOrgani lavoratori, organi di trasmissione del moto, altri elementi mobili pericolosiDevono essere provvisti di ripari, dispositivi di sicurezza o segregati in modo da impedire contatti accidentali. Movimentazione carichi con carrelli elevatoriGarantire la stabilità del carico, prevedere percorsi o aree riservate ai mezzi di sollevamento e trasporto, assicurare la perfetta visibilità durante le operazioni. Transito veicoliGarantire la larghezza sufficiente per il passaggio di veicoli e pedoni, segnalare le zone di transito, limitare la velocità, mantenere i pavimenti con superficie regolare e uniforme, assicurare adeguata visibilità.

1.3.2 Metodi di lavoro e disposizione degli impiantiPosti di lavoro con limitata disponibilità di spazioGarantire lo spazio necessario ai movimenti dei lavoratori tenendo conto delle modalità di lavorazione, dell’uso di macchine e delle aree di stoccaggio. Pavimenti sconnessi o scivolosiRendere uniforme la superficie dei pavimenti, usare scarpe con suola anti-sdrucciolevole, mantenere pulito il pavimento da materiali scivolosi. Pedane di lavoro Garantire la sicurezza dell’appoggio del piede e mantenere la pedana in buono stato di conservazione. Uso di Dispositivi Individuali di Protezione (DPI) I DPI messi a disposizione e utilizzati, oltre ad essere funzionali e confortevoli, non devono costituire un pericolo ulteriore (ad esempio: cuffie che possono impedire la ricezione di segnali di avvertimenti, guanti sfilacciati, ecc.). Procedure e metodologie di lavoroControllare che l’utilizzo delle attrezzature sia appropriato alle finalità per cui sono state progettate e co-struite, seguendo le indicazioni contenute nel “Manuale d’uso e manutenzione”.

1.3.3 Impiego dell’elettricitàPericoli dovuti a folgorazioni e incendiInstallazione a monte dell’impianto di dispositivi di interruzione contro sovraccarichi, cortocircuiti e guasti verso massa (terra). Pericoli dovuti a contatto con elementi in tensione Le parti attive (elementi in tensione) devono essere racchiuse in contenitori provvisti di interuttore con in-terblocco, chiudibili con chiave o ricoperti con isolamenti la cui rimozione comporta la distruzione. Pericoli dovuti a contatti con parti metalliche normalmente non in tensione

Installazione di dispositivi d’interruzione automatici coordinati con l’impianto di protezione oppure me-diante separazione elettrica dei circuiti oppure utilizzo di attrezzature con isolamento supplementare.

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Pericoli derivanti da equipaggiamenti di macchine e impianti strutturalmente non conformi

Il grado di protezione degli involucri contenenti apparecchiature, degli apparecchi e del materiale elettrico deve essere adeguato rispetto ai pericoli presenti nell’ambiente (corpi solidi, urti, ecc.). Pericoli dovuti alla scelta e all’uso improprio dei cavi elettriciI cavi volanti utilizzati come prolunghe devono essere protetti contro le abrasioni. Se alimentano utenze fisse vanno riposti in apposite canalizzazioni al riparo da danneggiamenti di natura meccanica. Pericoli riguardanti impianti con rischio incendio o esplosioneGli impianti elettrici negli ambienti a maggior rischio in caso di incendio e nei luoghi con pericolo di esplo-sione devono essere adeguati al luogo di installazione in base alla norma CEI di riferimento. Il grado di sicu-rezza dei componenti deve essere scelto in funzione della classe di pericolo del luogo considerato.

1.3.4 Esposizione a sostanze o preparati pericolosi per la sicurezza e saluteInalazione polveriAspirazione localizzata, pulizia dei locali con aspirapolvere, uso di DPI adeguati per le vie respiratorie. Inalazione di vapori e assorbimento cutaneo di sostanze presenti nei prodotti per il trattamento dei capi e dei tessutiScegliere prodotti a bassa tossicità, aspirare localmente vapori e nebbie, uso di DPI adeguati.

1.3.5 Esposizione ad agenti fisiciEsposizione a RumoreValutare la possibilità di diminuire le emissioni intervenendo sulla fonte del rumore o sulla sua propagazio-ne. Ridurre i tempi di esposizione ruotando il personale. Dotare i lavoratori di idonei DPI. Esposizione a vibrazioniMunire di sistemi smorzanti le macchine e le impugnature; eseguire periodica manutenzione degli organi meccanici in movimento, usare idonei DPI.

1.3.6 Fattori ambientali e di lavoroIlluminazioneGarantire idonea illuminazione naturale (con numero sufficiente e distribuzione uniforme delle superfici ve-trate che vanno mantenute pulite). L’illuminazione artificiale (generale e localizzata) deve essere adeguata all’utilizzo dei locali e ai lavori che vi si svolgono. Temperatura, umidità, ventilazione

La struttura edilizia (superfici finestrate, tamponamenti e copertura) e gli impianti tecnologici (di condiziona-mento, riscaldamento, ventilazione) devono garantire condizioni microclimatiche adeguate alle attività svolte.

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1. Il Comparto3. Principali situazioni da valutare in azienda

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Agenti inquinanti

Gli agenti inquinanti derivanti dalla lavorazione devono essere captati il più possibile vicino al punto di emissione e convogliati all’esterno dei locali di lavoro. Nella fase di captazione evitare che l’operatore sia posizionato tra la fonte inquinante e la cappa aspirante e verificare l’adeguatezza del flusso di aspirazione in relazione alla natura della sostanza.

1.3.7 Interazioni tra posto di lavoro e fattori umaniMansioni che richiedono conoscenze particolari sui materiali, gli strumenti e le macchine utilizzate (sia per lo svolgimento del lavoro sia per la sicurezza dell’operatore e dei suoi colleghi)Adibire personale qualificato e specializzato alle operazioni che prevedono l’uso di macchine complesse, lavori di manutenzione e l’utilizzo di sostanze pericolose. Lavori e procedure che richiedono precise norme di comportamentoStilare protocolli di lavoro e verificarne periodicamente l’osservanza. Variazione delle normali condizioni o procedure di lavoroInformare sui comportamenti da tenere in caso di condizioni anomale di lavoro (arresto improvviso di mac-chine, guasti, necessità di azionare allarmi, ecc.). Utilizzo di Dispositivi Individuali di Protezione adeguatiVerificare il grado di protezione dei DPI e le possibilità di utilizzo nelle mansioni che espongono a rischio. Scarsa motivazione alla prevenzione e alla sicurezzaInformare il personale sui principali fattori di rischio del comparto lavorativo e in particolare di quelli legati alla mansione specifica (anche analizzando infortuni già accaduti o malattie professionali manifestatesi). Posizioni di lavoro non ergonomicheAnalizzare la disposizione del posto di lavoro e riprogettarla secondo principi di ergonomia.

1.3.8 Fattori psicologiciLavori con esecuzione di compiti brevi e ripetitivi (intensità, monotonia)Informare sul processo produttivo, dare la possibilità di variare le mansioni ed eventualmente ampliare i compiti affidati. Spiegazioni non chiare sui compiti affidati e sulle funzioni rivestiteDefinire i compiti e le funzioni di ciascun lavoratore portandole a conoscenza di tutti. Impossibilità di organizzare il proprio lavoro e di controllarne il risultatoDare la possibilità di organizzare il proprio lavoro e controllare i risultati dello stesso. Scarso grado di preparazione e autonomia per interventi urgenti in caso di rischi immediati e pos-sibili incidentiMettere in grado e permettere di prendere iniziative per risolvere situazioni di rischio immediato.

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1. Il Comparto3. Principali situazioni da valutare in azienda

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1.3.9 Organizzazione del lavoroTurni-lavoro notturnoRidurre al minimo il numero di notti consecutive per lo stesso soggetto. Collocare il cambio dei turni in orari che permettano il rispetto dei ritmi biologici (sonno, pasti, ecc.). Organizzazione e controllo degli aspetti riguardanti salute e sicurezzaPredisporre un sistema di controllo e verifica dell’organizzazione della prevenzione in ciascun posto di lavo-ro. Pianificare incontri periodici di verifica e aggiornamento. Manutenzione delle strutture, degli impianti, delle macchine e dei relativi apprestamenti di sicurezzaOrganizzare la manutenzione e la verifica periodica ordinaria e straordinaria delle strutture e degli impianti, delle macchine e dei relativi apprestamenti di sicurezza. Organizzazione e comportamenti da tenere a fronte di incidenti ed emergenzeOrganizzazione di servizi di intervento con mezzi adeguati per eventuali emergenze derivanti da incidenti (ad esempio: innesco di incendio, scoppio, necessità di evacuazione, ecc.).

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1.4 LAVORAZIONI A DOMICILIO

1.4.1 IntroduzioneIn Italia quasi la metà dei lavoratori dell’industria sono concentrati in soli quattro comparti, tra cui quello tessile (8%), che consiste in un insieme di settori che vanno dalla produzione dei materiali, alla lavorazione, al finissaggio, alla colorazione e al confezionamento, ciascuno dei quali con una serie di fasi lavorative com-portanti particolari rischi per i lavoratori.Nell’ambito delle imprese manifatturiere, il settore delle confezioni di capi di abbigliamento ricopre un ruo-lo di grande importanza, sia dal punto di vista economico, sia occupazionale: la forza lavoro è caratterizzata da una manodopera prevalentemente femminile, con diffusione da secoli del lavoro a domicilio, in cui la prestazione lavorativa è resa al domicilio del lavoratore, ovvero in locali di cui lo stesso ha disponibilità a qualsiasi titolo, anche con l’aiuto accessorio di membri della famiglia conviventi e a carico, ma con esclusio-ne di manodopera salariata e apprendisti. Gli strumenti adoperati sono proprietà dei lavoranti a domicilio, oppure concessi loro in affitto dallo stesso imprenditore che ne utilizza l’opera. Ai lavoratori a domicilio è esteso il regime delle assicurazioni sociali obbligatorie contro invalidità e vecchia-ia, malattia, maternità, disoccupazione, infortuni e assegni per il nucleo familiare.

1.4.2 Cenni storiciDal tardo Medioevo alla rivoluzione industriale, il lavoro a domicilio fu largamente diffuso nel settore tes-sile. Nella storia delle manifatture tessili in Europa, già nel XV secolo si venne configurando tale sistema di produzione, destinato ad avere un grande sviluppo futuro: infatti nelle Fiandre, nei Paesi Bassi e anche in Inghilterra la produzione dei panni a buon mercato con il lavoro a domicilio restò lontana dalle grandi città e si trasferì nei centri urbani minori e nei villaggi agricoli.

Figura2.

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1. Il Comparto4. Lavorazioni a domicilio

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Le manifatture medievali nel settore tessile erano concentrate nelle città maggiori e incentrate sulle bot-teghe artigiane. L’industria a domicilio si affiancò all’artigianato urbano e in gran parte lo sostituì in molte regioni europee già dal XIV-XV secolo, differenziandosi sia dalla bottega sia dalla fabbrica: questa forma di produzione è chiamata in inglese “putting-out-system”, o “industria disseminata”, o “dispersa”, per mettere in rilievo il carattere decentrato ed extraurbano della produzione ed il fatto che la materia prima o semilavora-ta è spostata o “portata fuori” fino all’abitazione dei lavoranti, che diviene luogo di produzione.

Il lavoro a domicilio era molto diffuso già nel XIII secolo, limitata-mente alla fase della filatura della lana, affidata alla popolazione rurale femminile, successivamente coinvolse altre fasi come la car-datura e la tessitura e non era soggetto ai vincoli corporativi, con l’effetto sia di allargare il campo di iniziativa imprenditoriale, sia di produrre manufatti di bassa qualità a costi e prezzi più contenuti, in quanto la manodopera rurale accettava salari più bassi ed era retri-buita solitamente a cottimo. La storia del lavoro a domicilio nelle campagne accompagna lo svi-luppo del settore tessile sino alle soglie della rivoluzione industriale; il settore laniero fu quello in cui ebbe la massima diffusione. Figura 3.

Anche in Italia nella seconda metà dell’Ottocento si verificò una notevole espansione industriale nel settore tessile, che produsse una grande diffusione del lavoro a domicilio, una parte importante del sistema pro-duttivo che poteva all’occorrenza estendersi ad altri componenti della famiglia, tra cui i minori.Infatti per molto tempo le donne furono obbligate ad abbandonare il lavoro in coincidenza con il matrimonio o con la prima maternità, o perché licenziate o costrette ad occuparsi della casa e dei congiunti, trasformando-si per necessità in lavoranti a domicilio, alle quali le imprese decentravano volentieri parte della produzione.L’attrazione esercitata dall’attività del cucito su un numero sempre maggiore di donne era legata sia all’incre-mento della domanda per l’espansione dei consumi, sia al processo di industrializzazione, grazie alla macchina da cucire da poco inventata, che fu diffusa dagli industriali per dare maggiore impulso proprio al lavoro svolto tra le mura domestiche: essi non solo fornivano i pezzi da confezionare, ma acquistavano direttamente i mac-chinari alle operaie, rateizzandone l’importo sul lavoro ultimato. Lo stretto rapporto tra abitazione e fabbrica era quindi legato ad una precisa strategia imprenditoriale che mirava ad una riduzione generale dei costi, grazie al risparmio negli impianti ed al ricorso a maestranze dal basso potere contrattuale.

Figura 4.

Figura 5.

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1. Il Comparto4. Lavorazioni a domicilio

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Anche nel Novecento, a seguito della drastica riduzione del tasso di attività che interessò la forza lavoro femminile nel ventennio del dopoguerra (1951-1971), molte donne furono impiegate nel lavoro a domicilio, soprattutto nel comparto dell’industria tessile, del vestiario e dell’abbigliamento, tradizionalmente ad alto tasso di occupazione femminile. Oltre che nel mondo europeo, l’industria a domicilio fu presente anche nelle civiltà asiatiche come India e Cina.

Figura 6.

1.4.3 Il lavoro a domicilio nei distretti tessili emiliani e marchigianiIn Emilia-Romagna è presente uno tra i più importanti distretti dell’intero sistema moda internazionale, il distretto del tessile di Carpi, che comprende cinque comuni della Provincia di Modena (Carpi, Cavezzo, Con-cordia, Novi e San Possidonio): è specializzato nella produzione di abbigliamento, confezione e maglieria, destinati prevalentemente al consumatore donna, con un’alta percentuale di export. La produzione nel distretto costituisce il 4% del fatturato nazionale del settore e si avvale di un articolato sistema di piccole e piccolissime imprese indipendenti, con un intreccio tra aziende produttrici di capi finiti e fornitori di lavorazioni conto terzi. Il distretto industriale di Carpi ha una fiorente storia manifatturiera nella produzione di diversi prodotti che risale alla fine dal XVI secolo e che entrò in crisi prima della seconda guerra mondiale per la riduzione della domanda dovuta ai cambiamenti di costume. Le imprese dell’area allora si concentrarono verso la produzione di abbigliamento, confezione e maglieria, e anche le lavoranti a domicilio ben presto acquistarono le macchine necessarie e continuarono a lavorare a casa propria.

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L’organizzazione della produzione, basata sulla divisione del lavoro fra imprese, offrì e offre la possibilità di raggiungere livelli di flessibilità ed efficienza molto elevati. Nella regione Marche è l’alto pesarese a costituire una delle aree a più alta densità di imprese di abbiglia-mento: il distretto di Urbania, che si estende per circa 140 kmq tra i comuni di Urbania, Fermignano e Peglio, è costituito da imprese di piccole dimensioni e flessibilità del lavoro, con un’organizzazione a ciclo breve che va dalla innovazione e ricerca, al design e confezione del capo finito. È chiamata anche la Valle dei jeans, dove una trentina di stabilimenti ogni anno producono, lavano, stirano e commercializzano milioni di jeans per i marchi più famosi. Si tratta in prevalenza di imprenditori terzisti che lavorano su commessa.Il tratto caratteristico del comparto confezioni anche in questo distretto è rappresentato dal fatto che il tessuto produttivo vive prevalentemente di attività di contoterzismo, con frammentazione di fasi e processi in una miriade di piccoli soggetti, tra cui numerosi lavoranti a domicilio.

1.4.4 Aspetti giuridici e di sicurezza socialeGià nel 1940 fu emanato il CCNL per la disciplina del lavoro a domicilio nell’industria tessile serica, che preve-deva la retribuzione dei lavoranti a domicilio con tariffe di cottimo, con pagamento all’atto della riconsegna del lavoro e con rimborso, anche forfettario, delle spese di affitto, energia elettrica, illuminazione dei locali ove si svolgeva il lavoro a domicilio.Nell’ordinamento italiano, l’istituto del lavoro a domicilio, già considerato nell’art. 2128 del codice civile, è stato regolato dalla legge n. 877 del 1973 “Nuove norme per la tutela del lavoro a domicilio”, secondo cui il la-voratore a domicilio è a tutti gli effetti un lavoratore subordinato, che svolge cioè la prestazione con lavoro proprio e di familiari senza l’ausilio di manodopera salariata. Lo stesso deve custodire il segreto sul modello di lavoro affidatogli, attenersi alle istruzioni dell’imprenditore riguardo l’esecuzione del lavoro e astenersi dall’eseguire lavori in proprio o per conto terzi in concorrenza col datore di lavoro. La Corte di Cassazione ha chiarito che la subordinazione non è esclusa dall’eventuale esecuzione di com-messe in favore di più datori di lavoro, né dall’iscrizione del prestatore nell’albo delle imprese artigiane.

L’art. 2 della legge n. 877 del 1973 prevede tre ipotesi in cui è vietato ricorrere al lavoro a domicilio:

- lavorazioni che comportino l’impiego di sostanze o materiali nocivi o pericolosi per la salute o per l’inco-lumità del lavoratore e dei suoi familiari;

- azienda interessata a programmi di ristrutturazione, riconversione o riorganizzazione che abbiano com-portato licenziamenti o sospensioni dal lavoro;

- azienda che, dopo aver ceduto a terzi macchinari e attrezzature, continui la medesima lavorazione affi-dandola a lavoratori a domicilio.

La legge prevede che i lavoratori a domicilio siano iscritti in un apposito registro tenuto a cura dei Centri per l’impiego, mentre i datori di lavoro che intendono avvalersi di lavoratori a domicilio sono tenuti ad iscriversi in un apposito “registro dei committenti”, tenuto dalla Direzione Territoriale del lavoro. La retribuzione è effettuata in base alle tariffe del cottimo pieno, fissate dai contratti collettivi di lavoro della categoria. In generale non trovano applicazione la disciplina sul licenziamento, quella relativa alle ferie, permessi e fe-stività, sull’orario di lavoro, dei riposi, del lavoro notturno, sui contratti di solidarietà, sulla cassa integrazione guadagni, si applica invece l’istituto della mobilità. Negli ultimi anni è stata inoltre prevista un’estensione del ricorso ai trattamenti di integrazione salariale

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in deroga anche ai lavoratori a domicilio, per far fronte alla crescente crisi produttiva e occupazionale che interessa il territorio nazionale. Le norme relative alla sicurezza sul lavoro in generale non sono applicabili ai lavoranti a domicilio, con l’eccezione dell’obbligo datoriale di informazione in ordine ai rischi per la salute connessi all’attività lavorativa, alle misure di prevenzione, ai rischi specifici cui il lavoratore a domicilio è esposto.

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1.5 FORMAZIONE E INFORMAZIONE

FORMAZIONE: con la formazione si intende trasmettere ai lavoratori, con un processo educativo, le cono-scenze e competenze per ciò che riguarda la sicurezza e l’igiene del lavoro al fine di conseguire le capacità che consentano al lavoratore di svolgere la propria attività in condizioni di sicurezza per sè e per gli altri. INFORMAZIONE: è l’insieme di comunicazioni, materiali informativi, notizie che, costantemente mettono a conoscenza il lavoratore delle novità, interne ed esterne all’Azienda, riguardanti la Salute e Sicurezza sul lavoro. ADDESTRAMENTO: con l’addestramento si trasferiscono ai lavoratori le conoscenze riguardanti il corretto uso in sicurezza delle attrezzature, macchine, impianti aziendali, sostanze e dispositivi, anche di protezione individuale.

La durata, i contenuti minimi e le modalità di erogazione della formazione per i lavoratori sono espli-citati dall’Accordo stipulato in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano adottato, previa consultazione delle parti sociali, il 21 dicembre 2011.

Secondo quanto previsto dal D. Lgs. 81/08 e da tale Accordo la formazione e l’addestramento, quando previsto, devono avvenire in occasione:

• della costituzione del rapporto di lavoro o dell’inizio dell’utilizzazione qualora si tratti di somministrazio-ne di lavoro;

• del trasferimento o cambiamento di mansioni;

• della introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.

I contenuti generali della formazione per i lavoratori sono disciplinati dall’art. 37 del D. Lgs. 81/08 secondo il quale: “Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in mate-ria di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a:

a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e dove-ri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza;

b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezio-ne caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda”.

L’Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011 prevede, più specificatamente, un percorso formativo in due moduli:

• uno generale di durata di 4 ore, per tutti i settori Ateco (classificazione delle attività economiche), che tratta i concetti generali in tema di prevenzione e sicurezza;

• e uno specifico con trattazione dei rischi presenti nel settore di appartenenza dell’azienda e quelli pre-senti nel luogo di lavoro.

La durata del modulo specifico è differenziata per codice Ateco:

• almeno 4 ore per attività a rischio basso (come uffici, servizi, commercio, turismo, ecc.);

• almeno 8 ore per attività a rischio medio (agricoltura, pesca, scuola e istruzione, trasporti, ecc.);

• almeno 12 ore per attività a rischio elevato (edilizia e costruzioni, industria alimentare, manifatturiero, ecc.).

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1. Il Comparto5. Formazione e Informazione

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Quindi la durata minima complessiva dei corsi di formazione per i lavoratori, in base alla classificazione dei settori (dettagliati nell’Allegato 2 dell’Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011) :

• 4 ore di Formazione Generale + 4 ore di Formazione Specifica per i settori della classe di rischio basso: TOTALE 8 ore;

• 4 ore di Formazione Generale + 8 ore di Formazione Specifica per i settori della classe di rischio medio: TOTALE 12 ore;

• 4 ore di Formazione Generale + 12 ore di Formazione Specifica per i settori della classe di rischio alto: TOTALE 16 ore.

Le 4 ore di formazione generale possono essere svolte anche in modalità e-learning purché siano rispet-tate le condizioni previste nell’allegato 1 dell’Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011, in merito a sede, strumentazione, programma e i materiali didattici, presenza di un tutor, sistema di valutazione e di traccia-mento. La formazione generale costituisce un credito permanente e viene effettuata una volta sola. Per la formazione specifica, invece, (che va da 4 ore per attività a rischio basso, fino alle 12 ore per attività a rischio elevato) è necessario effettuare un aggiornamento di 6 ore ogni 5 anni. Le ore di formazione elencate in precedenza non comprendono l’addestramento. Secondo quanto preve-de il Decreto Legislativo n. 81 del 2008 l’addestramento è obbligatorio nei seguenti casi:

• utilizzo di attrezzature che richiedono per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in re-lazione ai loro rischi specifici;

• utilizzo dei DPI di 3° categoria e i dispositivi di protezione dell’udito;

• impiego di sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi;

• manovre e procedure da adottare nella movimentazione manuale dei carichi (art. 169 comma 2);

• le mansioni che espongano i lavoratori al rischio chimico, ove la valutazione ne evidenzi la necessità (art. 227 comma 2, lettera a);

• lavori di revisione, integrazione e apposizione della segnaletica stradale destinata alle attività lavorative che si svolgono in presenza di traffico veicolare;

• lavori in ambienti confinati. L’accordo Stato-Regioni impone anche che sia garantita la maggiore omogeneità possibile tra i partecipanti ad ogni singolo corso, con particolare riferimento al settore di appartenenza. L’accordo del 21 dicembre 2011 prevede un percorso formativo obbligatorio anche per dirigenti e preposti.In particolare i dirigenti devono frequentare un corso della durata minima di 16 ore formato da 4 moduli didattici, mentre i preposti devono completare la formazione prevista per i lavoratori alla quale si aggiunge un modulo specifico di 8 ore.Sia per dirigenti che per preposti è previsto un aggiornamento quinquennale minimo di 6 ore in relazione ai compiti specifici della figura stessa in materia di salute e sicurezza del lavoro.L’Accordo disciplina anche i contenuti e le modalità di svolgimento dei corsi.At eumqui conseces molupta-tatur sundaes erumque volorro beaqui dolecae nam eum eiuntem rernatq uiatem adis alitaep udigendit aut liquaer speditatem fuga. Et laut dem alitiusant elesciis comniminimus doluptat ulloria nduscil es aliqui blani accae. Caecti volland isquam, que aditi ommoluptur atectur autempo sapeligendem qui te nusandae