11 novembre approfondimento b
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COMPONENTI TOSSICI NEL VINO
APPROFONDIMENTO
TRATTO DA:“TESI SUL VINO”
ALTERAZIONI DEI VINI
Le alterazioni dei vini possono derivare da una difettosa procedura nelle varie operazioni eseguite
nella produzione oppure dall’attecchimento di microrganismi.
I difetti di odore e sapore possono dipendere da cattiva manutenzione dei recipienti vinari (sapore
di secco, di muffa, di calce, etc…), oppure da incuria nelle operazioni di vinificazione (sapore di
raspo, di feccia, odore di zolfo, etc…).
Difetti che alterano la composizione del vino consistono di solito in un intorbidamento più o
meno marcato ed in una modificazione di colore.
Intorbidamento dovuto a sostanze inerti in sospensione può essere eliminato per sedimentazione
o, più rapidamente per centrifugazione; se necessario si ricorre alla chiarificazione e successiva
filtrazione.
Nei vini che contengono notevoli quantità di ferro si verificano alterazioni di particolare natura: la
cosiddetta “casse o rottura bianca”. Si presenta sotto forma di precipitato biancastro dovuto alla
formazione del fosfato ferrico, in seguito all’ossidazione dei sali ferrosi a ferrici.
Per i vini poco acidi e ricchi di tannino, invece, può verificarsi “la casse o rottura blu” provocata
dalla precipitazione del tannato ferrico.
Questi difetti si possono eliminare sottoponendo il vino ad abbondante aerazione in modo da
trasformare il ferro ferroso in ferrico, poi, si procede a filtrazione. Si può anche aggiungere acido
citrico o acido ascorbico che complessano il metallo.
Un intorbidamento giallo, cioè “la casse o rottura rameosa”, si può verificare nei vini bianchi che
contengono sali rameici e anidride solforosa; l’intorbidamento si elimina per agitazione all’aria.
L’intorbidamento è seguito da una colorazione anormale, nera per i vini rossi e bruna per quelli
bianchi, ciò dipende dalla “casse o rottura ossidasica” che consiste nella ossidazione enzimatica
della sostanza colorante operata dalla ossidasi che si verifica soprattutto nei vini ricavati da uve
alterate. Questo difetto può essere eliminato mediante trattamento con anidride solforosa o mediante
pastorizzazione.
ALTERAZIONI CHIMICHE E FISICHE
DIFETTI DA COMPOSTI SOLFOROSI Successivamente a trattamenti antioidici o al trattamento di sanitizzazione mediante combustione di micce di zolfo (parte del quale cade sul fondo o
sublima sulle pareti) si possono avere vini inquinati da zolfo allo stato colloidale, che manifestano un aspetto velato; ma ciò che più preoccupa è la possibilità dello zolfo di reagire, dando composti solforati, come la stessa anidride solforosa (odore di solfanello, sapore caratteristico acidulo e
amaro), l’idrogeno solforato (sapore e odore di uova marce) e i mercaptani (sapore e odore agliaceo).
Può poi avvenire che, durante la riproduzione, i lieviti in difetto d’ossigeno utilizzano lo zolfo
quale agente ossidante, prelevando sia quello combinato nell’anidride solforosa, sia quello derivato
dalla riduzione degli amminoacidi solforati
ODORE DI MUFFA E ODORE DI MARCIO Sono dovuti allo sviluppo di attinomiceti (genere degli schizomiceti) che colpiscono i legni delle
botti. L’attacco degli attinomiceti è susseguente a quello delle muffe.
Talvolta sono gli stessi tappi di sughero provenienti da partite di sughero non adeguatamente
solfitato, o magari provenienti da querce già attaccate all’origine. Ben poco si può fare per questi
difetti una volta verificatisi.
MADERIZZAZIONE E’ il difetto tipico dei vini bianchi ossidati , che presentano un sapore che ricorda quello del Madera e del Marsala , ma in un quadro organolettico completamente diverso da questi vini, per cui non solo il vino risulta completamente spogliato di tutte le caratteristiche di profumo e di sapore, che al
contrario sono tipiche dei vini bianchi, ma hanno un gusto sgradevole attribuibile ai prodotti d’ossidazione, alla formazione di acetaldeide e di
prodotti di degradazione dei tannini ossidati. Il colore è bruno e inconfondibile. Il problema di evitare prevenire questo difetto è di mantenersi sempre in ambiente rigorosamente riducente in tutte le fasi del ciclo di produzione dei bianchi.
SAPORE METALLICO Di solito è dovuto ad un eccesso di ferro, di rame, o di zinco, gli ultimi due sono presenti in seguito a trattamenti antiparassitari cuprici (a base di
rame) o acrupici.
È il risultato di un mancato trattamento demetallizzante con ferrocianuro potassico.
ALTERAZIONI DI NATURA MICROBICA
Le alterazioni di natura microbica, sono causate dalla presenza indesiderata di specie
batteriche o di lieviti che trasformano alcuni composti chimici dei vini, quali il l’alcool, gli
zuccheri gli acidi, le sostanze azotate, il glicerolo.
I batteri possono essere acetici o lattici; le contaminazioni per taluni germi possono essere
avvenute prima e durante la vendemmia o durante il trasporto, ma per la maggior parte prendono
piede in cantina. Anche la Drosophila (moscerino del vino) è un vettore importante.
A parte l’esigenza di lavorare nelle migliori condizioni igieniche, è necessario condurre le
fermentazioni controllando i limiti di temperatura di fermentazione, esaminare sia l’acidità fissa che
l’acidità volatile, correggendo eventualmente la prima.
Il mosto e il vino dovranno essere tenuti il più possibile lontano dall’aria; le solfitazioni dovranno
essere sempre monitorate con il test di laboratorio.
FIORE O FIORETTA E’ l’unica alterazione non causata da Schisomyceti si verifica per mezzo dei seguenti agenti:
AGENTI: lieviti appartenenti ai generi Candida, e spesso conviventi con batteri acetici del genere
Acetobacter.
Con il conseguente sviluppo di anidride carbonica più acqua. Vi è anche un aumento dei composti
aldeidici, che aiutano a far apparire il vino piuttosto piatto, e una certa diminuzione dell’acidità.
La fioretta è facilmente riconoscibile perché si forma in superficie un velo biancastro
rugoso che arriva fin sulle pareti della bottiglia, che tende poi nel tempo a ridursi in piccoli
frammenti che ricordano i petali dei fiori, da cui prende il nome. Al di sotto di questo velo,
il vino resta limpido e non presenta odori o sapori particolari, almeno inizialmente.
I vini più soggetti sono i rossi, quelli a bassa gradazione alcolica, provenienti da uve
immature e annacquate, e tutti quelli contenuti in recipienti scolmi, poiché la fioretta è
causata da microrganismi aerobi.
CAUSE: la contaminazione ha spesso luogo sulle superfici dei locali della cantina, specie in quelli
che non sono adeguatamente mantenuti secondo le norme igieniche.
PREVENZIONI: la prevenzione si basa sull’igiene dei locali, quindi disinfettare adeguatamente
pareti, materiale, superfici in genere. Condurre la fermentazione in condizioni aerobiche, eseguire
dovutamente le colmature.
CURE: l’uso di olio enologico sulla superficie del liquido o meglio sull’uso di dischetti paraffinati
contenenti essenza di senape, cioè isotiocianato di allile, galleggianti sul vino, inibiscono la crescita
degli agenti della fioretta.
SPUNTO ACETICO E’ la fase iniziale di una grave malattia che viene poi detta acescenza, nello stadio avanzato.
L’alterazione parte dalla superficie del liquido per poi propagarsi a tutta la massa. Si riconosce
facilmente dall’odore e dal sapore di aceto che il vino presenta in maniera più o meno marcata.
AGENTI: i batteri aerobici del genere acetobacter e di diverse specie, peroxydans, oxidans,
mesoxidans e suboxidans; ossidano l’alcool etilico con formazione acido acetico.
MANIFESTAZIONI: il vino che presenta questa alterazione è ricco di acido acetico (oltre
il limite di legge, 18 meq/l per i bianchi e rosati e 20 meq/l per i rossi salvo eccezioni).
Le colonie batteriche si presentano sotto forma di un velo superficiale biancastro, differente a
seconda della specie, per tonalità e spessore. Queste si formano in ambiente ossidante dove, per
mezzo dell’ O2 , i batteri trasformano l’alcol etilico in acido acetico e acqua, con un evidente
aumento dell’acidità volatile, essi agiscono anche a carico del glucosio, del glicerolo e degli acidi
fissi, facendo aumentare il contenuto di acetato di etile, che già in quantità di 180-200 mg/l,
impartisce al vino un aroma piccante. (reazione)
La presenza di acetato d’etile è riscontrato anche nell’olfatto proprio per il suo aroma piccante.
I vini acescenti presentano un velo superficiale che col tempo si ispessisce e cade in fondo
al recipiente formando un ammasso gelatinoso caratteristico che costituisce la cosiddetta
CH2OH
CH3
NAD+
NADH + H+
alcol deidrogenasi
C O
CH3
H
alcol etilico acetaldeide
C O
H
CH3
acetaldeide
+ H2O C
OHOH
CH3
H
NAD+ NADH + H
+
COOH
CH3 deidrogenasi
aldeide idrata acido acetico
madre dell’aceto.
CAUSE: i fattori che agevolano la produzione dei batteri acetici sono: la presenza di ossigeno;
la temperatura al di sopra dei 20°C;
il pH superiore a 3.3-3.5;
il basso grado alcolico;
bassa acidità fissa;
la presenza inusitata di alcune vitamine, quali la nicotinammide e l’acido pantotenico.
i vini delle zone calde;
eccessiva aerazione.
TEST: Si può sapere precedentemente se il vino darà questa alterazione, lasciando il vino a 28°C per qualche giorno in una beuta tappata con un cotone.
PREVENZIONI: non utilizzare vini ottenuti da uve con acini rotti e schiacciati e che sono andati incontro, in fase di trsporto a
fermentazione alcolica e acetica;
acetificazione del “cappello” di vinacce quando questo è galleggiante;
utilizzare contenitori ermetici tenendo sotto controllo il pH, temperatura e solfitando. Quindi
creando condizioni difficili allo sviluppo dei batteri, vinificando uve sane curando le vinacce e
le colmature e utilizzando contenitori non inquinati.
Quando l’alterazione progredisce oltre certo limite (prevale largamente l’acido acetico
sull’acetato di etile), l’alterazione si chiama acescenza.
SPUNTO LATTICO Si tratta di un’alterazione che può colpire vini delle regioni meridionali, ed avviene durante la
fermentazione del mosto quando l’acidità è bassa e la temperatura è piuttosto elevata. Questa
particolare fermentazione avviene a carico del fruttosio con formazione di mannitolo, in quantità
riscontrata per i vini colpiti fino ad un 30 per mille. Viene anche detta agrodolce o fermentazione
mannitica, poiché il prodotto di questa malattia è la mannite, cioè un alcol esavalente con un sapore
dolciastro, a cui si affianca l’agro dell’acido acetico.
TEST: quando l’alterazione è piuttosto avanzata, un facile riconoscimento consiste nel porre poche
gocce di vino malato, in un vetrino a orologio; dopo l’evaporazione si potranno vedere i cristalli
aghiformi di mannite posti a raggiera.
Quando la fermentazione inizia a rallentare a causa dell’innalzamento incontrollato della
temperatura oppure con mosti che hanno bassa acidità, è facile che si avvii tale fermentazione, che è
causata da batteri eterolattici.
FATTORI FAVOREVOLI: se la fermentazione sale eccessivamente di temperatura, l’ambiente è
ottimale per la crescita di questi batteri. Altro fattore favorevole, quasi sempre in concomitanza con
le alte temperature di fermentazione, è l’alto grado zuccherino, specialmente nei mosti ricchi di
fruttosio. Anche i batteri, il pH superiore a 3.3, ed in fine la bassa acidità fissa, favoriscono lo
spunto lattico.
MANIFESTAZIONI: i vini agrodolci sono torbidi e ridiventano tali anche dopo chiarificazione e
filtrazione, l’odore è sgradevole, il sapore dolciastro, nauseante ed agro.
PREVENZIONI: per evitare la fermentazione mannitica occorre:
a. aumentare l’acidità del mosto con l’aggiunta di acido tartarico o citrico;
b. moderare la temperatura di fermentazione ove essa superi i 35° C ed aggiungere anidride
solforosa;
c. arieggiare moderatamente il mosto a fermentazione avviata;
d. sfecciare appena possibile, poiché i batteri si annidino nelle fecce del mosto.
IL GIRATO o INCERCONIMENTO Una malattia grave, che colpisce soprattutto i vini a bassa gradazione alcolica, è il girato, detta
anche fermentazione tartarica.
L’alterazione non avviene solo a spese dell’acido tartarico, ma anche del bitartrato
di potassio e della glicerina, che vengono attaccati per formare acido lattico e acetico.
Anche in questo caso si tratta di batteri lattici: Lactobacillus plantarum e il L. brevis, da cui
prende il nome, a causa della velatura che appare evidente se si imprime al liquido un leggero
movimento vorticoso.
C
COOH
C
COOH
OH
OHH
H
2 H2O
C
CH2
COOH
COOH
O22
AcidoTartarico Acido
Ossalacetico
2 CO2
2 C
COOH
CH3
O
NADH+H+ NAD
+
CHOH
COOH
CH3
AcidoPiruvico
Acido Lattico
MANIFESTAZIONI: il vino diventa torbido, spesso presenta una schiuma biancastra con bollicine
di anidride carbonica, il colore tende al bruno, l’odore ed il sapore sono sgradevoli. Il vino ha un
intenso gusto acido per acido acetico, ma soprattutto rancido a causa della formazione di acido
propionico e butirrico.
FATTORI: fattori predisponenti sono:
valori di pH elevati al di sopra di 3.5;
gradazioni alcoliche modeste;
uve colpite da Botrytis.
AMARO E’ una malattia poco frequente, colpisce di più i vini rossi, ricchi di sostanze proteiche e con bassi
valori alcolici e di acidità, soprattutto se ottenuti da uve ammuffite, oppure invecchiati troppo a
lungo in bottiglia. Nei vini bianchi e rosati è un’alterazione piuttosto rara ma verificabile.
L’agente è un bacillo, il Bacillus amaracrylus, che utilizza come substrato il glicerolo,
trasformandolo in acroleina:
Si formano anche altri prodotti ,soprattutto acido lattico, formico, acetico, succinico. Il
caratteristico sapore amaro è più evidente nei vini rossi, perché l’acroleina reagisce con i polifenoli,
dando composti dal sapore amarognolo. Per condensazione e riduzione l’acroleina può formare il
divinilglicol che contribuisce a dare sapore amaro al vino.
Oltre ad essere rara come malattia, l’alterazione si sviluppa tardivamente, molti mesi dopo
l’imbottigliamento.
PREVENZIONI: impiego di SO2, pastorizzazione, imbottigliamento sterile, pulizia dei recipienti,
frequenti travasi.
RIMEDI: praticamente nessuno, trattandosi di una malattia che compare molto tempo dopo
l’imbottigliamento.
IL FILANTE o GRASSO E’ un’alterazione che difficilmente si riscontra nei vini rossi, mentre è più comune nei vini
bianchi e nei rosati.
Prende il nome dalla caratteristica vischiosità del vino all’atto della mescita, esce infatti dalla
bottiglia filando come fosse un olio spesso e vischioso.
La vischiosità è dovuta alla presenza di sostanze mucillaginose quali galattosio, mannosio,
arabinosio e acido galatturonico prodotti dalle diverse specie batteriche, tra cui Leuconostoc.
Questi batteri lattici possono far avvenire la fermentazione malonattica. Questa malattia è più
frequente nei vini conservati in bottiglia e se questa viene sbattuta l’aspetto filante può scomparire
poiché si rompe il gel mucillaginoso.
I batteri proliferano sintetizzando i destrani, che sono i responsabili dell’aspetto vischioso. La
malattia è favorita dalla presenza di basse acidità e basse gradazioni alcoliche, ma altro residuo
zuccherino.
Il filante di per se, non è influente sulla composizione del vino, e neanche sui caratteri
organolettici, a parte lo sgradevole effetto della vischiosità (che si può far scomparire sbattendo il
vino).
Tuttavia prelude alla malattia del girato, ben più grave.
PREVENZIONI E CURE: non trattandosi di una malattia molto grave si dovranno comunque usare
prevenzioni e cure per evitare questa malattia soprattutto nei vini scarsamente acidi e poveri di
alcool, con una temperatura idonea alla fermentazione, un ’ambiente non completamente privo di
O2, data l’anaerobiosi dei batteri, la solfitazione, la chiarificazione con terre attive; tutto ciò per
ridare al prodotto la consistenza normale.
MICROBIOLOGIA DEL VINO
La microbiologia enologica si occupa dei microrganismi che partecipano alla vinificazione o che
si rendono responsabili di malattie del vino. Si tratta di lieviti e di batteri (acetici e lattici) che
sviluppano bene a bassi valori di pH. Per i lieviti il pH ottimale varia da 3,5 a 4,5, mentre i batteri
acetici e lattici sviluppano al di sopra di pH 3,2. Muffe, batteri e lieviti sono presenti sulle bucce e
su i graspi d’uva, in parte ostacolati dal velo di pruina degli acini. Con la pigiatura, le cellule di
lievito iniziano la fermentazione del mosto.
I LIEVITI
I lieviti sono miceti (funghi) unicellulari che si moltiplicano per gemmazione. Possono moltiplicarsi sia in condizioni aerobie, in presenza di ossigeno, sia in anaerobiosi. La presenza di ossigeno condiziona quindi il diverso comportamento sugli zuccheri. In presenza di aria prevale la respirazione, in assenza è dominante l’attività fermentativa, con la trasformazione del glucosio in alcol etilico. Ad alte concentrazioni di zuccheri, la fermentazione prevale sulla respirazione (effetto Pasteur). Il mosto d’uva è un mezzo nutritivo ideale. Il pH varia da 2,8-3,2, per le uve delle zone settentrionali, a 3-3,5 per quelle delle zone meridionali. Gran parte dei lieviti conosciuti vi hanno la possibilità di moltiplicarsi, fermentando circa il 60% circa degli zuccheri del mosto, trasformandoli in alcool. Tra i tanti lieviti, rilevante è il Saccharomyces cerevisiae per le sue caratteristiche di vigore fermentativo, di potere alcoligeno, di resistenza agli antisettici, di adattabilità. Oltre al Saccharomyces, un’altra specie rappresentativa dei mosti è Kloeckera apiculata dominante all’inizio della fermentazione e la cui attività è rallentata con l’aumento del grado alcolico per la ridotta alcol-resistenza. A 4 gradi alcolici l’attività di K. Apiculata è pressoché nulla. In relazione alle caratteristiche morfologiche, i lieviti di importanza enologica si suddividono in:
Ellittici, cioè a forma di ellisse (Saccharomyces cerevisiae);
Apiculati, a forma di limone (Kloeckera apiculata);
Cocchi o torule, di forma tondeggiante (Torulaspora).
Per garantire un processo fermentativo costante, è preferibile sostituire i lieviti selvaggi della
fermentazione spontanea con i lieviti selezionati di Saccharomyces.
L’impiego di lieviti selezionati in enologia è disciplinato da D.M. del 10 ottobre 1977. I requisiti
richiesti sono:
a. essere di specie alcoligine idonee e vive;
b. non risultare inquinati da germi patogeni e loro tossine;
c. essere posti in commercio in qualsiasi forma che ne conservi la vitalità e le proprietà
enologiche.
Alcuni lieviti a metabolismo ossidativo sono responsabili di malattie nel vino: Candida, Muffa
grigia, Peronospora, Oidio e Aspergillus e Pinicillium.
BATTERI ACETICI Sono responsabili della fermentazione acetica attraverso l’ossidazione dell’alcol etilico ad acido
acetico; l’acetato e il lattato sono ossidati da anidride carbonica e acqua, i generi più comuni sono
Acetobacter e Gluconobacter. Gli Acetobacter sono batteri molto diffusi sulla frutta, sui fiori, negli
aceti, nelle bevande alcoliche. I Glucono-bacter sono batteri molto diffusi in natura sulla frutta, nei
terreni dei giardini, etc… ossidano l’etanolo ad acido acetico; non ossidano acetati e lattati ad
anidride carbonica e acqua. I batteri acetici, per la possibilità di ossidare l’alcol etilico ad acido
acetico sono considerati tra i più pericolosi nemici dei vini. La malattia è conosciuta col nome di
Spunto o Acescenza. Il mezzo di lotta più efficace è l’anidride solforosa.
BATTERI LATTICI Comprendono i batteri che producono prevalentemente acido lattico dalla fermentazione degli
zuccheri. Un batterio lattico interessante è Leuconostoc Oenos, responsabile delle fermentazioni
malo-lattiche spontanee, che possono provocare un miglioramento e affinamento della qualità del
vino, oppure modificazioni peggiorative della qualità stessa del vino. La fermentazione malo-lattica
è favorita da valori di pH fra 3 e 4 e da basse dosi di anidride solforosa che non dovrebbe superare i
50 mg/l.
I processi fermentativi dipendenti dall’attività di una coltura batterica possono interrompersi o
rallentare a causa di un’infezione fagica (i fagi o batteriofagi sono virus che infettano i batteri).
CONTROLLO MICROBIOLOGICO DEL VINO
Il regolamento CEE n. 3220/90 della Commissione del 7/11/1990, determina le condizioni di
applicazione di talune pratiche enologiche previste dal regolamento CEE n. 822/87 del Consiglio. I
batteri lattici impiegati devono appartenere ai generi Leuconostoc, Lactobacillus e/o Pediococcus.
Essi devono trasformare l’acido malico del mosto o del vino in acido lattico e non alterare il gusto.
Devono essere stati isolati dalle uve, dai mosti, dai vini o da prodotti elaborati partendo da uva.
Vengono utilizzati sotto forma liquida o congelata, oppure sotto forma di polvere ottenuta mediante
liofilizzazione, in coltura pura o associata.
I principali controlli microbiologici richiesti sono:
il tenore di batteri lattici rivivificabili deve essere ≥ 108
g oppure ≥107
ml;
il tenore di batteri lattici di una specie diversa del ceppo indicato deve essere < 0.01 % dei
batteri lattici totali rivivificabili;
il tenore di batteri aerobi deve essere < 103 per grammo di polvere o per millilitro;
il tenore in lieviti totale deve essere < 103 per grammo di polvere o per millilitro;
il tenore di muffe deve essere < 103 per grammo di polvere o per millilitro.
DETERMINAZIONE DELLA CARICA MICROBICA
L’analisi microbiologica prima dell’imbottigliamento è fondamentale per accertare il grado di
equilibrio biologico raggiunto dal vino, al fine di prevenire possibili inaccettabili alterazioni per
rifermentazioni o fermentazione malo-lattica. Tra i diversi metodi ricordiamo:
la filtrazione su membrana;
il conteggio nella camera di Bunker;
la colorazione con Blu di metilene.
Filtrazione su membrana
Le membrane filtranti sono costituite da derivati della cellulosa e di altre sostanze polimere; si
differenziano da altri mezzi filtranti per le loro proprietà particolari e per l’uniformità della loro
struttura. Le membrane filtranti vengono fabbricate con una grandezza definita dei loro pori, la
separazione delle sostanze viene così ad effettuarsi soltanto in base al rapporto delle dimensioni dei
pori e di quelle delle particelle. Il principio del procedimento di analisi microbiologici si basa
sull’arricchimento, in cellule di microrganismi, alla superficie della membrana filtrante mediante la
filtrazione di un volume conveniente di vino.
La membrana filtrante viene poi posta su di un mezzo di coltura adatto e incubata in condizioni
note. Le sostanze nutritive diffondono a partire dal mezzo di coltura attraverso la struttura porosa
del filtro per arrivare ai microrganismi che possono così svilupparsi in colonie. Queste colonie
possono venire successivamente contate e esaminate; il risultato viene espresso in numero di
colonie.
Conteggio nella camera di Burker La camera contaglobuli del Burker è formata da una robusta lastra di vetro rettangolare con al
centro un rilievo sul quale è disegnato un fine reticolo di conta, delimitato da due solchi. Sulla
camera si applica un vetrino coprioggetti tenuto aderente da due morsetti metallici. Ciascuna rete di
conteggio è suddivisa in nove quadrati grandi, ognuno della superficie di 1 mm2, delimitati da tre
linee ravvicinate.
Ciascun quadrato è a sua volta suddiviso da tre coppie di linee verticali e da tre coppie di linee
orizzontali in:
16 quadrati medi di 1/25 di mm2 di superficie;
quadratini piccoli di superficie di 1/400 di mm2;
rettangoli di 1/100 di mm2 di superficie.
Per il conteggio, si contano le cellule contenute in non meno di 20 rettangoli. Si fa la media
dividendo il numero ottenuto per il numero di rettangoli.
Colorazione con Blu di metilene La tecnica consiste nel mescolare un volume di sospensione cellulare (se le cellule sono sospese
nel vino occorre disacidificare con NaOH ad un pH prossimo a 4.6) con un volume di Blu di
metilene tamponato a 4.6 secondo Fink e Kuhless. Dopo qualche minuto si contano separatamente
al microscopio le cellule colorate in blu (morte) e quelle incolori (vive). La colorazione con Blu di
metilene è selettiva solo per le cellule vive e morte di lievito, e non è efficace sui batteri.
MICRORGANISMI DEL MOSTO
GENERALITÀ SUI MICRORGANISMI
Sul grappolo d’uva si trovano una grande quantità di microrganismi (lieviti, batteri, muffe) che
svolgono parte del ciclo vegetativo. Sulle uve si possono trovare fino a 100.000 cellule di lieviti per
ogni ml di mosto. In piena fermentazione ,tale numero aumenterà enormemente .
In condizioni di aerobiosi, i lieviti respirano completamente i materiali glucidi (glucosio, fruttosio,
saccarosio, maltosio) ossidandoli completamente ad acqua e anidride carbonica e ricavando in tal
modo, l’energia che è loro necessaria per i processi metabolici.
In anaerobiosi , invece, attraverso un processo biochimico ossidoriduttivo fermentano gli zuccheri
producendo, insieme alla CO2, alcol etilico.
La fermentazione è il processo biochimico che permette la trasformazione del mosto in vino, e
così bisogna fare in modo di esaltare le caratteristiche alcoligene dei lieviti, riducendo invece la loro
attività respiratoria, senza compromettere troppo la vitalità.
Nei confronti del processo fermentativo le varie specie e i vari ceppi, possono comportarsi in
modo molto differente.
CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE E FISIOLOGICHE DI ALCUNE
SPECIE Saccharomyces cerevisiae : è il lievito per eccellenza, resiste all’alcol etilico fino a 16.8% e
all’anidride solforosa;
Saccharomyces rosei : è presente solo nella prima parte della fermentazione, non resiste molto
all’alcol e alla SO2;
Saccharomyces bayanus : è il più resistente all’alcol e viene utilizzato per la produzione di vini
spumanti;
Saccharomyces acidifaciens : è molto resistente allaSO2, si sviluppa nei vini con gradazione
alcolica modesta;
Schizosaccharomyces pombe : non partecipa attivamente al processo fermentativo ma è in grado
di abbassare l’acidità del mosto e quindi del vino;
Candida mycoderma : produce un velo più o meno spesso e bianco che si inscurisce e che si
trova sulla superficie dei vini, dove svolge un metabolismo ossidativi;
Kloechera apiculata : non resiste allaSO2 e risulta notevolmente inibito da tenori minimi di
alcol.
FATTORI INFLUENZANTI LO SVILUPPO E L’ATTIVITÀ FERMENTATIVA DEI LIEVITI Non appena i lieviti entrano in contatto con il mosto, cioè alla pigiatura, iniziano subito a
moltiplicarsi e ad accrescersi, utilizzando tutto l’ossigeno a loro disposizione e creando ben presto
l’ambiente anaerobico che li obbliga a fermentare, bloccando l’ossidazione del glucosio al solo
processo glicolico.
Tutto questo avviene ad una adeguata temperatura, che deve essere compresa fra i 13°-34°C,
perché non avvengono avviamenti stentati o arresti.
In caso di temperature molto elevate, è opportuno ossigenare per “rinvigorire” i lieviti.
L’acidità che si viene a formare, data l’elevata presenza di acidi nel mosto, non favorisce l’attività
dei lieviti, soprattutto se scende sotto il valore di pH = 2.50, ma sicuramente permette un immediato
controllo dei batteri, che restano così inibiti e bloccati.
E’ possibile effettuare delle fermentazioni così dette in purezza operando in modo da eliminare o
comunque inattivare la flora microbica naturalmente presente, per poi immettere una coltura
selezionata e attiva, in questo modo si riesce a far partire speditamente la fermentazione.
I principali fattori inibenti risultano:
esaurimento di O2;
diminuzione dei fattori di crescita;
produzione di alcol.
L’alcol arresta l’assimilazione azotata e la sua azione inibente lo sviluppo dei lieviti è tanto più
evidente, quanto più elevata la temperatura.
Così fin dalle prime fasi del processo fermentativo, l’alcol rallenta tutto il processo.
TRASFORMAZIONI DEL MOSTO IN VINO
IL PROCESSO FERMENTATIVO
Dopo alcune ore dalla pigiatura, il mosto inizia spontaneamente a trasformarsi, produce anidride
carbonica e passa da soluzione zuccherina a soluzione alcolica.
Questo processo prende il nome di fermentazione alcolica ed è un fenomeno strettamente legato
alla presenza e all’attività dei lieviti nel mosto.
La microflora, presente in numero elevato è costituita da funghi unicellulari. Quando questi si
trovano dispersi nel mosto iniziano a utilizzare il glucosio presente per ricavare l’energia necessaria
alla loro crescita.
Durante questa fase iniziale che avviene, in ambiente ossigenato, si ha la seguente reazione:
C6H12O6 6CO2 + 6H2O + 673.4 Kcal
Quando si hanno condizioni ambientali ideali per i lieviti, questi trasformano completamente il
glucosio in CO2 e H2O e si moltiplicano con straordinaria velocità, grazie all’ambiente fortemente
ossidante.
Invece nel caso del mosto l’ambiente non è mai in condizioni altamente ossidanti, quindi la
reazione si arresta ad un livello intermedio con la formazione di alcol etilico.
L’O2 scarseggiando nella reazione i lieviti si adattano molto facilmente a vivere in anaerobiosi
compiendo una reazione, studiata da Gay- Lussac nel IX° secolo:
C6H12O6 2 C2H5OH + 2CO2 + calore
Nel mosto i due processi vengono a sovrapporsi (non si ha mai assenza totale di aria) così
accanto alla CO2 e all’alcol , si formano numerosi prodotti secondari: come glicerina, acido
tartarico, acido acetico, acido succinico, acetil-metil-carbinolo e altri ancora.
Il reale fenomeno fermentativo comprende quindi non, solo l’ossidazione del glucosio, ma anche
molti stadi biochimici intermedi, catalizzati da specifici enzimi.
PRODOTTI SECONDARI
La glicerina (o glicerolo) è il primo ed il più importante prodotto secondario. Si forma all’inizio
della fermentazione e in particolare nelle fermentazioni lente quando il NADH+H+ non avendo a
disposizione acetaldeide da ridurre, riduce il DOAP.
FERMENTAZIONE MALOLATTICA Durante la fermentazione alcolica a volte nei vinificatori in continuo e nelle zone con clima molto
caldo, cioè quando la temperatura comincia ad aumentare avviene nel vino un nuovo processo
biochimico.
Questo nuovo processo non è facile da osservare se avviene contemporaneamente alla
fermentazione alcolica ma è visibile in primavera perché sembra che il vino rifermenti. Tale
trasformazione è data dai schizomiceti chiamati malolattici (perché metabolizzano l’acido malico in
acido lattico e CO2).
Questa fermentazione può dunque essere controllata anticipando (per inibire) o ritardando (per
favorire) i travasi e con un opportuno dosaggio di SO2.Tutto ciò porta a una diminuzione
dell’acidità, quindi con un modesto aumento del pH, i batteri si trovano in un ambiente più idoneo a
favorire un’attività batterica che interessa gli acidi salificati. Pertanto il potassio che viene liberato
può salificare l’acido tartarico libero formando il bitartrato che trovandosi in concentrazione limite
tenderà a precipitare.
Un vino risulterà stabile, nei confronti di tale precipitazione solo dopo che sarà avvenuta questa
ulteriore fermentazione, al termine della quale risulterà più maturo e armonico. Se questo è
consigliato per un vino rosso, soprattutto delle zone fredde, non lo è di solito per il bianco, dove
bisogna sempre cercare di mantenere una certa acidità per assicurare la stabilità delle caratteristiche
organolettiche relative al colore e alla freschezza e fragranza di sapore.
In casi eccezionali, può essere auspicabile anche per un vino bianco, poiché l’acido lattico porta
un gusto più morbido e rotondo, al contrario dell’acido malico che ha un gusto aspro (tipico della
frutta acerba).
Il vino matura il proprio gusto, ma si espone anche a possibili alterazioni.
BIOCHIMISMO DELLA FERMENTAZIONE MALOLATTICA Il biochimismo di questa fermentazione parte dall’acido L-malico che viene trasformato secondo
due diverse ipotesi:
I fattori che possono sensibilmente influenzare questa fermentazione sono:
1) l’anidride solforosa che è in grado di bloccare l’attività batterica se presente in certe quantità
come SO2 libera (circa 30 mg/l)
2) la temperatura che deve essere compresa tra 20 e 25°C
3) l’acidità che non deve essere elevata, cioè inferiore a pH = 3
4) la presenza o meno di fecce che, come si è già detto, costituiscono il veicolo dei batteri stessi
Il vino è il prodotto ottenuto dalla fermentazione del mosto d’uva che è ricco di zuccheri (glucosio
e fruttosio) e rappresenta un ottimo substrato per i lieviti.
La fermentazione alcolica del mosto avviene solitamente in modo discontinuo (a lotti), ma alcune
grandi aziende sono dotate di vinificatori continui per la produzione di grandi quantità di vino dalle
caratteristiche omogenee.
Man mano che l’ossigeno nel mosto viene consumato, l’ambiente diventa anaerobico e i lieviti
iniziano a fermentare. I lieviti apiculati sono i primi ad iniziare la fermentazione ma sono poco
resistenti all’alcol in quanto vengono inibiti quando si trovano in presenza del 4-5% di alcol. A
questo punto i lieviti ellittici Saccharomyces iniziano a prendere il sopravvento e portano a termine
la fermentazione, esaurendo tutti gli zuccheri presenti nel mosto. Anche i lieviti ellittici sono inibiti
dall’alcol a partire dai 7-8 gradi alcolici fino al 14-15% di alcol.
Terminata la fermentazione, il lievito si deposita sul fondo del recipiente insieme all’altro
materiale solido (fecce) e sarà poi separato dal vino mediante un travaso.
Per quanto riguarda l’attività dei lieviti nella fermentazione si possono distinguere quattro fasi:
Fase vegetante: veloce riproduzione dei lieviti grazie all’abbondanza dell’ossigeno a
disposizione.
Fase fermentativa iniziale: i lieviti apiculati avviano la fermentazione mentre, a seconda della
percentuale di alcol nel mosto, sono inibite le muffe (2-2.5%) e quasi tutti i lieviti apiculati e i
batteri(4%).
Fase fermentativa tumultuosa : i lieviti ellittici sono ormai prevalenti e fermentano attivamente
finche il mosto contiene 7-8% di alcol, poi la fermentazione rallenta ma continua fino
all’esaurimento quasi totale dello zucchero.
Fase di quiete : il lievito è inibito dall’alcol e dalla CO2 e passa alla stadio di riposo.
A volte è utile intervenire per modificare l’andamento spontaneo della fermentazione. Per
esempio, un mosto proveniente da uve ammuffite o poco zuccherine originerebbe un vino debole;
in tal caso è utile eliminare i lieviti apiculati sia per la loro scarsa resa nella trasformazione dello
zucchero in alcol e perché producono molto acido acetico.
Un altro caso che richiede l’intervento dell’uomo è quello delle uve aventi concentrazioni
zuccherine elevate in quanto non tutti i lieviti allittici riescono a portare a termine la fermentazione.
In questi casi si ricorre ai lieviti selezionati.
Lo studi delle selezioni dei lieviti è indirizzato a varie finalità : rifermentazione, eliminazione
dell’acido malico, scarsa produzione di biossido di zolfo, fermentazione con deposito compatto,
spumantizzazione, vinificazione di grandi quantità di mosto, facilitazioni della fermentazione di
mosti in annate con decorso climatico sfavorevole, facilitazione della fermentazione nei mosti in cui
la carica dei lieviti è scarsa a causa di eventuali trattamenti imposti al mosto stesso (riscaldamento,
defecazione) fermentazione regolare, maggior resa in alcol, minor produzione di acido acetico.
Per ottenere lieviti selezionati si sterilizza una piccola quantità di mosto mediante il calore e vi si
immette una quantità di 5-10 milioni per ml di lieviti. Questa piccola massa di mosto innestato,
detto lievito di avviamento, viene utilizzata nella misura del 3-4% rispetto alla grande massa da
fermentare.
La fermentazione provocata e guidata consiste in semine associate e scalari di lieviti con
caratteristiche differenti. All’inizio si aggiunge un’abbondante quantità di Saccharomyces rosei,un
veloce iniziatore della fermentazione. Si aggiunge poi il Saccharomyces cerevisiae che aumenta
l’alcol dal 7-9 % all’11-13%, verso la fine della fermentazione si aggiunge il Saccharomyces
bayanus che è in grado di produrre molto alcol (fino al 18%), esaurendo tutti gli zuccheri. Questa
pratica è detta levuraggio specifico.
Nella fermentazione in purezza si pastorizza e si chiarifica tutta la massa del mosto, si
aggiungono i lieviti ritenuti adatti. La fermentazione in purezza si esegue facilmente innestando
lievito secco (contenente 30 miliardi di cellule attive per grammo) in quantità di 15-20 g/hl.
Per inibirei lieviti apiculati, che producono grandi quantit di acido acetico, è opportuno
addizionare al mosto SO2 che inibisce fortemente questi lieviti e poco quelli ellittici, regolando la
fermentazione alcolica in modo che venga attuata solo da questi ultimi, che hanno maggior resa
zucchero/alcol.
La resa teorica, in alcol etilico, della fermentazione alcolica è del 64% in volume.
Il grado alcolico è la percentuale di etanolo in volume determinata a 20°C. Per legge il grado
alcolico deve essere almeno il 9% per i vini da tavola, il 6% per i vini spumanti aromatici, il 7% per
i vini frizzanti, il 9.5% per i vini spumanti secchi non DOC, il 10% per i vini spumanti DOC, il 15%
per i vini liquorosi.
Nel vino avvengono altre fermentazioni e sono:
Fermentazione glicero piruvica ,con formazione di glicerina, acido piruvica e altri prodotti
secondari tra i quali l’acido acetico.
Fermentazione alcolica degli amminoacidi, i lieviti trasformano gli amminoacidi in alcol
superiori che contribuiscono al profumo del vino.
Fermentazione malolattica, processo attuato dai batteri lattici che trasformano l’acido malico
con una diminuizione dell’acidità del vino.
Il vino non sottoposto a pastorizzazione contiene ancora numerosi microrganismi (lieviti e batteri)
che lo rendono instabile. A causa di attacchi microbici si possono verificare numerose malattie.