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123 TITOLO I - GIUDICE Art. 33 CAPO VI CAPACITÀ E COMPOSIZIONE DEL GIUDICE ( 1 ) ( 1 Questa intitolazione è stata così sostituita dall’art. 169 del D.L.vo 19 febbraio 1998, n. 51, recante l’istituzione del giudice uni- co, a decorrere dal 2 giugno 1999. Il precedente titolo del capo era: «CAPACITÀ DEL GIUDICE». 33. ( 1 ) Capacità del giudice. – 1. Le condizioni di ca- pacità del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi sono stabiliti dalle leggi di ordi- namento giudiziario (178, 179). 2. Non si considerano attinenti alla capacità del giudice le disposizioni sulla destinazione del giudice agli uffici giudiziari e alle sezioni, sulla formazione dei collegi e sulla assegnazione dei processi a sezioni, col- legi e giudici. 3. Non si considerano altresì attinenti alla capaci- tà del giudice né al numero dei giudici necessario per costituire l’organo giudicante le disposizioni sull’attri- buzione degli affari penali al tribunale collegiale o mo- nocratico (33 bis ss.). ( 1 Questo articolo è stato così sostituito dall’art. 169 del D.L.vo 19 febbraio 1998, n. 51, recante l’istituzione del giudice uni- co, a decorrere dal 2 giugno 1999. l L’assegnazione dei processi in violazione delle tabelle di organizzazione dell’ufficio può in- cidere sulla costituzione e sulle condizioni di ca- pacità del giudice, determinando la nullità di cui all’art. 33, comma primo, cod. proc. pen., non in caso di semplice inosservanza delle disposizioni amministrative, ma solo quando si determini uno stravolgimento dei principi e dei canoni essenzia- li dell’ordinamento giudiziario, per la violazione di norme quali quelle riguardanti la titolarità del potere di assegnazione degli affari in capo ai di- rigenti degli uffici e l’obbligo di motivazione dei provvedimenti. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso la configurabilità di ipotesi di nullità con riferimento ad ordinanza cautelare personale emessa da g.i.p. incaricato della tratta- zione del procedimento in forza di "rassegnazio- ne" disposta dal Presidente di sezione sulla base del criterio della connessione, a seguito del tra- sferimento del magistrato originariamente asse- gnatario del fascicolo ad altro ufficio giudiziario). * Cass. pen., sez. VI, 31 marzo 2015, n. 13833 (c.c. 12 marzo 2015), Valle. [RV263079] l In tema di capacità del giudice, la trattazio- ne in dibattimento, da parte del giudice onora- rio, di un procedimento penale diverso da quelli relativi ai reati previsti dall’art. 550 c.p.p., non è causa di nullità, in quanto la disposizione ordina- mentale di cui all’art. 43 bis, comma terzo, lett. b), ord. giud. introduce un mero criterio organiz- zativo dell’assegnazione del lavoro tra i giudici ordinari e quelli onorari. * Cass. pen., sez. III, 15 gennaio 2015, n. 1735 (c.c. 21 ottobre 2014), Cinque e altro. [RV262019] l Contro i provvedimenti emessi dal magi- strato di sorveglianza in tema di misure di sicu- rezza non è immediatamente esperibile il ricor- so per cassazione, essendo detti provvedimenti appellabili davanti al tribunale di sorveglianza e, solo dopo l’esaurimento di tale grado di giudi- zio, ricorribili per cassazione, restando esclusa la possibilità di ricorso per saltum a norma dell’art. 569, comma primo, c.p.p. (Fattispecie nella qua- le, qualificato il ricorso come appello, la S.C. ha disposto la trasmissione degli atti al competente tribunale di sorveglianza). * Cass. pen., sez. I, 10 febbraio 2009, n. 5636 (c.c. 20 gennaio 2009), Mandrean. [RV242450] l La assegnazione di un affare ad una sezione piuttosto che ad altra non attiene alla giurisdizio- ne, ma piuttosto alla competenza interna, e, per- tanto, non si considera afferente alla capacità del giudice, ai sensi dell’art. 33 c.p.p., salva l’ipotesi che si versi in ipotesi di assegnazione effettuata al di fuori di ogni criterio tabellare e che possa es- sere definita extra ordinem. (Nel caso di specie la S.C. ha ritenuto che non integri alcuna violazio- ne processualmente rilevante la circostanza che la sezione assegnataria di un processo trasmetta direttamente gli atti ad altra sezione in applica- zione dei nuovi ed oggettivi criteri di assegnazio- ne contenuti nel sopravvenuto provvedimento tabellare del Presidente del Tribunale). * Cass. pen., sez. III, 21 novembre 2006, n. 38112 (ud. 3 ottobre 2006), Magni ed altro. [RV235030] l L’inosservanza delle disposizioni relative alla destinazione interna dei giudici ed alla di- stribuzione degli affari incide sulla costituzione e sulle condizioni di capacità del giudice, determi- nando la nullità ex art. 33, comma primo, e 178, comma primo, lett. a) c.p.p., solo in caso di stra- volgimento dei principi e canoni essenziali dell’or- dinamento giudiziario, mentre resta priva di ri- lievo processuale la semplice inosservanza delle disposizioni amministrative richiamate dall’art. 7 ter R.D. n. 12 del 1941 (ord. giud.). (Fattispecie in cui il Tribunale, disposta la separazione della po- sizione processuale dell’imputato che aveva avan- zato richiesta di giudizio abbreviato ex art. 4 ter L. n. 144 del 2000, ha assegnato il procedimento, per la prosecuzione del giudizio nelle forme del rito abbreviato, ad altro collegio della stessa sezione). * Cass. pen., sez. VI, 5 ottobre 2006, n. 33519 (ud. 4 maggio 2006), Acampora e altro. [RV234397] l Le irregolarità in tema di formazione dei collegi e di destinazione dei giudici agli uffici giu- diziari incidono sulla capacità del giudice, con conseguente nullità ex art. 178, lett. a) c.p.p., solo quando hanno per scopo l’elusione o la violazio- ne del principio del giudice naturale precostituito per legge. (Nel caso di specie la Suprema Corte ha ritenuto una mera irregolarità il provvedimento di applicazione del presidente e del giudice a late- COM_914_CodiceProceduraPenale_Commentato_2018_1.indb 123 28/08/18 11:25

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123 TITOLO I - GIUDICE Art. 33

CAPO VICAPACITÀ E COMPOSIZIONE

DEL GIUDICE (1)(1) Questa intitolazione è stata così sostituita dall’art. 169 del

D.L.vo 19 febbraio 1998, n. 51, recante l’istituzione del giudice uni-co, a decorrere dal 2 giugno 1999. Il precedente titolo del capo era: «CAPACITÀ DEL GIUDICE».

33. (1) Capacità del giudice. – 1. Le condizioni di ca-pacità del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi sono stabiliti dalle leggi di ordi-namento giudiziario (178, 179).

2.  Non si considerano attinenti alla capacità del giudice le disposizioni sulla destinazione del giudice agli uffici giudiziari e alle sezioni, sulla formazione dei collegi e sulla assegnazione dei processi a sezioni, col-legi e giudici.

3. Non si considerano altresì attinenti alla capaci-tà del giudice né al numero dei giudici necessario per costituire l’organo giudicante le disposizioni sull’attri-buzione degli affari penali al tribunale collegiale o mo-nocratico (33 bis ss.).

(1)  Questo articolo è stato così sostituito dall’art. 169 del D.L.vo 19 febbraio 1998, n. 51, recante l’istituzione del giudice uni-co, a decorrere dal 2 giugno 1999.

l L’assegnazione dei processi in violazione delle tabelle di organizzazione dell’ufficio può in-cidere sulla costituzione e sulle condizioni di ca-pacità del giudice, determinando la nullità di cui all’art. 33, comma primo, cod. proc. pen., non in caso di semplice inosservanza delle disposizioni amministrative, ma solo quando si determini uno stravolgimento dei principi e dei canoni essenzia-li dell’ordinamento giudiziario, per la violazione di norme quali quelle riguardanti la titolarità del potere di assegnazione degli affari in capo ai di-rigenti degli uffici e l’obbligo di motivazione dei provvedimenti. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso la configurabilità di ipotesi di nullità con riferimento ad ordinanza cautelare personale emessa da g.i.p. incaricato della tratta-zione del procedimento in forza di "rassegnazio-ne" disposta dal Presidente di sezione sulla base del criterio della connessione, a seguito del tra-sferimento del magistrato originariamente asse-gnatario del fascicolo ad altro ufficio giudiziario). * Cass. pen., sez. VI, 31 marzo 2015, n. 13833 (c.c. 12 marzo 2015), Valle. [RV263079]

l In tema di capacità del giudice, la trattazio-ne in dibattimento, da parte del giudice onora-rio, di un procedimento penale diverso da quelli relativi ai reati previsti dall’art. 550 c.p.p., non è causa di nullità, in quanto la disposizione ordina-mentale di cui all’art. 43 bis, comma terzo, lett. b), ord. giud. introduce un mero criterio organiz-zativo dell’assegnazione del lavoro tra i giudici ordinari e quelli onorari. * Cass. pen., sez. III,

15 gennaio 2015, n. 1735 (c.c. 21 ottobre 2014), Cinque e altro. [RV262019]

l Contro i provvedimenti emessi dal magi-strato di sorveglianza in tema di misure di sicu-rezza non è immediatamente esperibile il ricor-so per cassazione, essendo detti provvedimenti appellabili davanti al tribunale di sorveglianza e, solo dopo l’esaurimento di tale grado di giudi-zio, ricorribili per cassazione, restando esclusa la possibilità di ricorso per saltum a norma dell’art. 569, comma primo, c.p.p. (Fattispecie nella qua-le, qualificato il ricorso come appello, la S.C. ha disposto la trasmissione degli atti al competente tribunale di sorveglianza). * Cass. pen., sez. I, 10 febbraio 2009, n. 5636 (c.c. 20 gennaio 2009), Mandrean. [RV242450]

l La assegnazione di un affare ad una sezione piuttosto che ad altra non attiene alla giurisdizio-ne, ma piuttosto alla competenza interna, e, per-tanto, non si considera afferente alla capacità del giudice, ai sensi dell’art. 33 c.p.p., salva l’ipotesi che si versi in ipotesi di assegnazione effettuata al di fuori di ogni criterio tabellare e che possa es-sere definita extra ordinem. (Nel caso di specie la S.C. ha ritenuto che non integri alcuna violazio-ne processualmente rilevante la circostanza che la sezione assegnataria di un processo trasmetta direttamente gli atti ad altra sezione in applica-zione dei nuovi ed oggettivi criteri di assegnazio-ne contenuti nel sopravvenuto provvedimento tabellare del Presidente del Tribunale). * Cass. pen., sez. III, 21 novembre 2006, n. 38112 (ud. 3 ottobre 2006), Magni ed altro. [RV235030]

l L’inosservanza delle disposizioni relative alla destinazione interna dei giudici ed alla di-stribuzione degli affari incide sulla costituzione e sulle condizioni di capacità del giudice, determi-nando la nullità ex art. 33, comma primo, e 178, comma primo, lett. a) c.p.p., solo in caso di stra-volgimento dei principi e canoni essenziali dell’or-dinamento giudiziario, mentre resta priva di ri-lievo processuale la semplice inosservanza delle disposizioni amministrative richiamate dall’art. 7 ter R.D. n. 12 del 1941 (ord. giud.). (Fattispecie in cui il Tribunale, disposta la separazione della po-sizione processuale dell’imputato che aveva avan-zato richiesta di giudizio abbreviato ex art. 4 ter L. n. 144 del 2000, ha assegnato il procedimento, per la prosecuzione del giudizio nelle forme del rito abbreviato, ad altro collegio della stessa sezione). * Cass. pen., sez. VI, 5 ottobre 2006, n. 33519 (ud. 4 maggio 2006), Acampora e altro. [RV234397]

l Le irregolarità in tema di formazione dei collegi e di destinazione dei giudici agli uffici giu-diziari incidono sulla capacità del giudice, con conseguente nullità ex art. 178, lett. a) c.p.p., solo quando hanno per scopo l’elusione o la violazio-ne del principio del giudice naturale precostituito per legge. (Nel caso di specie la Suprema Corte ha ritenuto una mera irregolarità il provvedimento di applicazione del presidente e del giudice a late-

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124LIBRO I - SOGGETTIArt. 33 bis

re di una Corte d’assise, già trasferiti ad altro uffi-cio, per consentire la definizione del processo da parte del collegio che aveva in corso da tempo la celebrazione del dibattimento). * Cass. pen., sez. I, 11 maggio 2006, n. 16214 (ud. 5 aprile 2006), P.G. in proc. Moccia e altri. [RV234216]

l In tema di intercettazioni telefoniche, la circostanza che nell’ambito di un’unica opera-zione di intercettazione si avvicendino diversi magistrati dell’ufficio del Gip nell’emanazione dei decreti di autorizzazione e di proroga non viola il principio del giudice naturale (art. 25 Cost.), il quale si riferisce all’ufficio precostituito per legge e non al singolo magistrato, né attiene alla capa-cità del giudice – che ove si configuri come difetto di capacità generica all’esercizio del potere giuri-sdizionale integra, ex art. 178 lett. a), c.p.p., una nullità di ordine generale assoluta ed insanabile – in quanto su di essa non incidono le disposizioni sulla destinazione del giudice agli uffici e alle se-zioni nonché quelle inerenti all’assegnazione dei processi, come espressamente statuito dall’art. 33, comma 2, c.p.p. * Cass. pen., sez. II, 5 marzo 2003, n. 10255 (ud. 13 dicembre 2001), Borgia ed altri. [RV223916]

l Nel procedimento in camera di consiglio le condizioni di capacità del giudice devono persi-stere fino al momento della deliberazione della decisione, onde il successivo venir meno delle stesse, occorso nel periodo compreso tra questa e il deposito del provvedimento in cancelleria (nel-la specie, per collocamento in stato di quiescenza del presidente del collegio deliberante), non costi-tuisce causa di nullità del provvedimento mede-simo. (Fattispecie concernente l’applicazione di una misura di prevenzione). * Cass. pen., sez. I, 17 febbraio 2003, n. 7604 (c.c. 24 gennaio 2003), Manfredi, in Arch. nuova proc. pen. 2003, 468.

l La destinazione a funzioni monocratiche di-battimentali di magistrato che non abbia esercita-to – come prescritto dall’art. 7 bis R.D. 30 gennaio 1941 n. 12, inserito dall’art. 57, comma 1, della legge 16 dicembre 1999 n. 479 – per almeno tre anni funzioni collegiali non integra un vizio at-tinente alla capacità del giudice e, pertanto, non dà luogo alla nullità prevista dall’art. 178 lett. a) c.p.p., atteso che la violazione di disposizioni ri-guardanti l’assegnazione di giudici a determina-te funzioni o uffici, ricade nella disciplina di cui all’art. 33, comma 2, dello stesso codice, per il quale non si considerano attinenti alla capacità le disposizioni sulla destinazione del giudice agli uf-fici giudiziari ed alle sezioni, sulla formazione dei collegi e sulla assegnazione dei processi a sezioni, collegi e giudici, la cui inosservanza, da assimila-re a quella delle disposizioni in materia tabellare, comporta mera irregolarità. * Cass. pen., sez. VI, 11 luglio 2001, n. 27862 (ud. 23 maggio 2001), Cristaldi. [RV220709]

l Nel caso in cui il tribunale in composizione collegiale ha disposto in più occasioni il rinvio

della prima udienza per impedimento legittimo del difensore di uno o più degli imputati, non può dirsi perfezionata la costituzione delle parti ai sensi dell’art. 484 c.p.p.; ne consegue che, in ap-plicazione del regime transitorio disciplinato da-gli artt. 219 e 222 del D.L.vo 19 febbraio 1998, n. 51 (che prevede la prosecuzione avanti il giudice collegiale solo per i procedimenti per i quali il di-battimento si è incardinato mediante la regolare costituzione delle parti), dev’essere dichiarata la competenza del tribunale in composizione mono-cratica per i reati ad esso attribuiti dalla riforma normativa, così definendosi il conflitto negativo insorto fra i due giudici. * Cass. pen., sez. I, 19 giugno 2001, n. 24830 (c.c. 24 aprile 2001), confl. comp. in proc. Straianese M. ed altri. [RV219444]

33 bis. (1) Attribuzioni del tribunale in composi-zione collegiale. – 1.  Sono attribuiti al tribunale in composizione collegiale (33 ter) i seguenti reati, con-sumati o tentati:

a) delitti indicati nell’articolo 407, comma 2, lettera a), numeri 3), 4) e 5), sempre che per essi non sia stabi-lita la competenza della corte di assise (5);

b) delitti previsti dal capo I del titolo II del libro II del codice penale, esclusi quelli indicati dagli articoli 329, 331, primo comma, 332, 334 e 335;

c) delitti previsti dagli articoli 416, 416 bis, 416 ter, 420, terzo comma, 429, secondo comma, 431, secondo comma, 432, terzo comma, 433, terzo comma, 433 bis, secondo comma (2), 440, 449, secondo comma, 452, primo comma, numero 2, 513 bis, 564, da 600 bis a 600 sexies puniti con reclusione non inferiore nel massi-mo a cinque anni, 609 bis, 609 quater e 644 del codice penale;

d) reati previsti dal Titolo XI del libro V del codice civile, nonché dalle disposizioni che ne estendono l’ap-plicazione a soggetti diversi da quelli in essi indicati (3);

e) delitti previsti dall’articolo 1136 del codice della navigazione;

f) delitti previsti dagli articoli 6 e 11 della legge co-stituzionale 16 gennaio 1989, n. 1;

g) delitti previsti dagli articoli 216, 223, 228 e 234 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, in materia fallimentare, nonché dalle disposizioni che ne estendono l’applica-zione a soggetti diversi da quelli in essi indicati;

h) delitti previsti dall’articolo 1 del decreto legisla-tivo 14 febbraio 1948, n. 43, ratificato dalla L. 17 apri-le 1956, n. 561, in materia di associazioni di carattere militare;

i) delitti previsti dalla legge 20 giugno 1952, n. 645, attuativa della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione;

i bis) delitti previsti dall’articolo 291 quater del te-sto unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 (4);

l) delitto previsto dall’articolo 593 ter del codice penale (5);

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125 TITOLO I - GIUDICE Art. 33 bis

m) delitto previsto dall’articolo 2 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, in materia di associazioni segrete;

n) delitto previsto dall’articolo 29, secondo comma, della legge 13 settembre 1982, n. 646, in ma-teria di misure di prevenzione;

o) delitto previsto dall’articolo 512 bis del codice penale (6);

p) delitti previsti dall’articolo 6, commi 3 e 4 del D.L. 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, in materia di discri-minazione razziale, etnica e religiosa;

q) delitti previsti dall’articolo 10 della legge 18 no-vembre 1995, n. 496, in materia di produzione e uso di armi chimiche.

2.  Sono attribuiti altresì al tribunale in composi-zione collegiale, salva la disposizione dell’art. 33 ter, comma 1, i delitti puniti con la pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni, anche nell’ipotesi del tentativo (7). Per la determinazione della pena si os-servano le disposizioni dell’art. 4.

(1) Questo articolo è stato introdotto dall’art. 169 del D.L.vo 19 febbraio 1998, n. 51, recante l’istituzione del giudice unico e poi così sostituito dall’art. 10 della L. 16 dicembre 1999, n. 479.

(2) Le parole: «433 bis, secondo comma,» sono state inserite dall’art. 8, comma 2, della L. 28 aprile 2015, n. 58.

(3) Questa lettera è stata così sostituita dall’art. 6 del D.L.vo 11 aprile 2002, n. 61.

(4) Questa lettera è stata inserita dall’art. 5, comma 1, della L. 19 marzo 2001, n. 92, sulla repressione del contrabbando di tabacchi lavorati.

(5) Questa lettera è stata così sostituita dall’art. 2, comma 2, del D.L.vo 1 marzo 2018, n. 21.

(6) Questa lettera è stata così sostituita dall’art. 4, comma 2, del D.L.vo 1 marzo 2018, n. 21.

(7)  Le parole: «, anche nell’ipotesi del tentativo» sono state inserite dall’art. 2 bis del D.L. 7 aprile 2000, n. 82, convertito, con modificazioni, nella L. 5 giugno 2000, n. 144.

l In applicazione del combinato disposto de-gli artt. 4 e 33 bis, comma secondo, c.p.p., rientra tra i reati attribuiti alla cognizione del tribunale in composizione collegiale il delitto di resisten-za a pubblico ufficiale, circostanziato ai sensi dell’art. 339, comma secondo, c.p., da considerar-si come circostanza aggravante ad effetto specia-le. * Cass. pen., sez. I, 14 gennaio 2013, n. 1656 (c.c. 28 novembre 2012), Conf. comp. in proc. Capitanio. [RV254210]

l La partecipazione di un giudice onorario alla composizione di un collegio giudicante del Tribunale non è causa di nullità assoluta, ai sen-si del combinato disposto degli artt. 178, comma primo, lett. a), e 179, comma primo, c.p.p., non in-cidendo sulle condizioni di capacità del giudice. * Cass. pen., sez. III, 31 maggio 2011, n. 21772 (ud. 16 febbraio 2011), M. [RV250373]

l Pur dopo l’entrata in vigore del D.L. 12 feb-braio 2010 n. 10 (Disposizioni urgenti in ordine alla competenza per procedimenti penali a carico

di autori di reati di grave allarme sociale), conver-tito nella L. 6 aprile 2010 n. 52, che ha attribuito al tribunale la competenza per l’associazione di tipo mafioso pluriaggravata, già rientrante, per effetto della L. n. 251 del 2005, in quella della Corte d’as-sise, a quest’ultima continua ad appartenere la competenza per detto reato in ordine a quei pro-cedimenti nei quali non sia stato ancora dichiara-to aperto il dibattimento, ma sui quali eserciti "vis attractiva" per connessione altro procedimento per lo stesso fatto pendente in fase dibattimentale dinanzi alla Corte medesima. (Nella specie, rela-tiva a conflitto negativo, il procedimento non an-cora in fase dibattimentale, iniziato nei confronti di promotore di un’associazione mafiosa, era sta-to separato dal troncone principale, ma non era approdato ancora al dibattimento, come quello principale, in corso di celebrazione dinanzi alla Corte d’assise, designata come giudice competen-te dalla Corte di cassazione in sede di risoluzione di precedente conflitto). * Cass. pen., sez. I, 14 lu-glio 2010, n. 27254 (c.c. 24 giugno 2010), Confl. comp. in proc. Brunetto. [RV247809]

l Nel caso di omicidio colposo plurimo, pre-visto dall’art. 589, comma terzo, c.p., dando luogo tale previsione alla configurabilità non di un uni-co reato, ma di un concorso formale tra più reati con distinti eventi derivanti da un’unica condot-ta ed unificati solo ai fini del calcolo della pena complessiva, secondo criteri di favore per il reo, la competenza a giudicare appartiene, come per l’omicidio colposo singolo, al tribunale in compo-sizione monocratica. * Cass. pen., sez. I, 14 aprile 2004, n. 17328 (c.c. 6 aprile 2004), Confl. comp. in proc. Fedele.

l Il disposto di cui all’art. 33 bis, comma 1, lett. n), c.p.p., per il quale è attribuita al tribuna-le in composizione collegiale la competenza per il «delitto previsto dall’art. 29, secondo comma, della legge 13 settembre 1982 n. 646 in materia di misure di prevenzione», trova applicazione sol-tanto con riguardo a reati che abbiano natura fi-nanziaria, valutaria o societaria e siano stati com-messi da soggetti sottoposti con provvedimento definitivo a misura di prevenzione in quanto in-diziati di appartenenza ad associazione mafiosa ovvero siano stati condannati con sentenza defini-tiva per il delitto di associazione per delinquere di tipo mafioso. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte, risolvendo un conflitto, ha af-fermato la competenza del tribunale monocratico a conoscere del reato – ritenuto non finanziario – di omessa comunicazione delle variazioni patri-moniali, previsto dall’art. 31 della citata legge n. 646/1982). * Cass. pen., sez. I, 20 dicembre 2001, n. 45798 (c.c. 22 novembre 2001), Confl. comp. in proc. Messino ed altro, in Arch. nuova proc. pen. 2002, 164. [RV220376]

l L’art. 589, comma 3, c.p. (morte e lesioni colpose in danno di più persone) non prevede un’autonoma figura di reato complesso, ma inte-

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126LIBRO I - SOGGETTIArt. 33 ter

gra un’ipotesi di concorso formale di reati, nella quale l’unificazione è sancita unicamente quoad poenam, con la conseguenza che ciascun reato resta autonomo e distinto ai fini della determi-nazione del giudice competente per materia. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto la competenza del tribunale in composizione mono-cratica, sul rilievo che l’art. 33 bis c.p.p. richiama espressamente l’art. 4 dello stesso codice, a nor-ma del quale, per determinare la competenza si ha riguardo alla pena stabilita per legge per cia-scun reato consumato o tentato, e non a quella ri-sultante dall’applicazione delle norme sulla conti-nuazione e sul concorso formale di reati). * Cass. pen., sez. I, 4 luglio 2001, n. 27019 (c.c. 24 maggio 2001), confl. comp. in proc. Borrelli. [RV219909]

33 ter. (1) Attribuzioni del tribunale in composi-zione monocratica. – 1. Sono attribuiti al tribunale in composizione monocratica i delitti previsti dall’artico-lo 73 del testo unico approvato con decreto del Presi-dente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sempre che non siano contestate le aggravanti di cui all’art. 80, [commi 1, 3 e 4,] (2) del medesimo testo unico.

2. Il tribunale giudica in composizione monocrati-ca, altresì, in tutti i casi non previsti dall’articolo 33 bis o da altre disposizioni di legge (3).

(1) Questo articolo è stato introdotto dall’art. 169 del D.L.vo 19 febbraio 1998, n. 51, recante l’istituzione del giudice unico e poi così sostituito dall’art. 10 della L. 16 dicembre 1999, n. 479.

(2)  Le parole tra parentesi quadre sono state soppresse dall’art. 2 ter del D.L. 7 aprile 2000, n. 82, convertito, con modifica-zioni, nella L. 5 giugno 2000, n. 144.

(3)  La competenza a giudicare della guida in stato di alte-razione da stupefacenti è attribuita al tribunale monocratico dall’art. 187 c.s.

l In tema di riparto delle «attribuzioni» in re-lazione alla composizione del giudice, il reato di diffamazione commesso col mezzo della stampa è attribuito alla cognizione del giudice in com-posizione monocratica, giacché la disposizione dell’art. 21 L. 8 febbraio 1948, n. 47 – che indi-cava il «tribunale» quale organo pluripersonale competente a giudicare il reato in questione – ri-sulta ormai superata dalle nuove norme di ordi-namento giudiziario e da quelle processuali che enunciano la regola generale della composizione monocratica del tribunale salvo tassative deroghe espressamente stabilite dalla legge e non è con-sentita una interpretazione estensiva che prefi-guri ulteriori riserve di collegialità per fattispecie di reato, in origine attribuite da leggi speciali al tribunale o al pretore, in relazione alla partico-lare rilevanza della materia o del bene giuridico tutelato. (Nella specie, la Corte ha osservato che l’art. 48 ord. giud., nel testo sostituito dall’art. 14 D.L.vo 19 febbraio 1998, n. 51 prescrive che il tribunale giudica in composizione monocratica salvo che sia diversamente stabilito dalla legge e

l’art. 33 bis c.p.p., nel testo sostituito dall’art. 10 della L. 16 febbraio 1999, n. 479, prevede che il tribunale giudica in composizione monocratica in tutti le ipotesi non previste dall’art. 33 bis c.p.p. e da altre disposizioni di legge che indichino la composizione del giudice in relazione alla spe-cifica funzione da svolgere ovvero alla specifica figura di reato alla sua cognizione attribuita). * Cass. pen., sez. I, 23 aprile 2001, n. 16668 (c.c. 21 marzo 2001), De Rosa. [RV219501]

33 quater. (1) Effetti della connessione sulla com-posizione del giudice. – 1. Se alcuni dei procedimenti connessi (12) appartengono alla cognizione del tribu-nale in composizione collegiale (33 bis) ed altri a quella del tribunale in composizione monocratica (33 ter), si applicano le disposizioni relative al procedimento da-vanti al giudice collegiale, al quale sono attribuiti tutti i procedimenti connessi.

(1) Questo articolo è stato introdotto dall’art. 169 del D.L.vo 19 febbraio 1998, n. 51, recante l’istituzione del giudice unico, a decorrere dal 2 giugno 1999.

CAPO VI bis PROVVEDIMENTI

SULLA COMPOSIZIONE COLLEGIALE O MONOCRATICA

DEL TRIBUNALE (1)(1) Questo capo è stato inserito dall’art. 170 del D.L.vo 19 feb-

braio 1998, n. 51, recante l’istituzione del giudice unico, a decorre-re dal 2 giugno 1999.

33 quinquies. Inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale. – 1.  L’inosservanza delle disposizioni rela-tive all’attribuzione dei reati alla cognizione del tribu-nale in composizione collegiale (33 bis) o monocrati-ca (33 ter) e delle disposizioni processuali collegate (33 quater) è rilevata o eccepita, a pena di decadenza (173), prima della conclusione dell’udienza prelimina-re (421) o, se questa manca, entro il termine previsto dall’articolo 491 comma 1. Entro quest’ultimo termine deve essere riproposta l’eccezione respinta nell’udien-za preliminare.

l La parte che intenda rilevare l’incompeten-za del giudice monocratico, a cui erano stati tra-smessi gli atti da quello collegiale, deve sollevare la relativa eccezione, a pena di decadenza, entro il termine previsto dall’art. 33 quinques c.p.p., non essendo sufficiente, per evitare la preclusio-ne, l’impugnazione con l’atto di appello dell’ordi-nanza trasmissiva degli atti. * Cass. pen., sez. I, 23 febbraio 2012, n. 7090 (ud. 17 gennaio 2012), Speranza. [RV252419]

l È ammissibile, in caso di contrasto, il con-flitto tra tribunale in composizione monocratica ed il tribunale in composizione collegiale. Infat-ti, e come emerge dalla relazione al D.L.vo n. 51

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127 TITOLO I - GIUDICE Art. 33 sexies

del 1998, l’inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribu-nale (art. 33 quinquies, c.p.p.) non è considerata dalla legge “una questione di mera distribuzione degli affari interna all’ufficio”, ma dà luogo ad un vizio che può essere rilevato d’ufficio o eccepito dalle parti e comportare, persino, l’annullamento della sentenza e la regressione del procedimento (art. 33 octies, c.p.p.). Deve pertanto concludersi che la situazione di contrasto che può verificar-si all’interno dello stesso tribunale tra gli organi che lo compongono, non potendo essere risolta con provvedimenti di natura ordinatoria emanati dal capo dell’ufficio, dia luogo ad una situazione di “crisi” processuale, che configura uno dei casi analoghi di conflitto previsti dall’art. 28, comma 2, c.p.p., la cui risoluzione è rimessa alla Corte regolatrice. * Cass. pen., sez. I, 29 maggio 2000, n. 3115 (c.c. 20 aprile 2000), confl. comp. in proc. Giammillari. [RV216386]

33 sexies. (1) Inosservanza dichiarata nell’udien-za preliminare. – 1.  Se nell’udienza preliminare il giudice ritiene che per il reato deve procedersi con ci-tazione diretta a giudizio pronuncia, nei casi previsti dall’articolo 550, ordinanza di trasmissione degli atti al pubblico ministero per l’emissione del decreto di cita-zione a giudizio a norma dell’articolo 552.

2. Si applicano le disposizioni previste dagli articoli 424, commi 2 e 3, 553 e 554.

(1) Questo articolo è stato così sostituito dall’art. 47, comma 1, della L. 16 dicembre 1999, n. 479.

l È abnorme, in quanto determina una in-debita regressione del processo, il provvedimen-to del giudice dell’udienza preliminare il quale, investito della richiesta di rinvio a giudizio per un reato che prevede la celebrazione dell’udien-za preliminare, disponga, previa riqualificazio-ne giuridica del fatto, la restituzione degli atti al pubblico ministero, ai sensi dell’art. 33-sexies cod.proc.pen., affinché si proceda con citazione diretta. (In motivazione, la Corte ha evidenziato che ove si ammettesse tale possibilità, si preclude-rebbe al pubblico ministero di insistere sull’origi-naria imputazione, in quanto il rifiuto del giudice di celebrare l’udienza impedirebbe anche il suc-cessivo ricorso a contestazioni suppletive, come disciplinate dall’art. 521-bis cod. proc. pen.). * Cass. pen., sez. V, 8 marzo 2018, n. 10531 (c.c. 20 febbraio 2018), P.M. in proc. L. [RV272593]

l È abnorme, in quanto determina una inde-bita regressione del procedimento, l’ordinanza del Gup che, investito di richiesta di rinvio a giu-dizio, disponga la restituzione degli atti al P.M. sull’erroneo presupposto che debba procedersi con citazione diretta a giudizio. * Cass. pen., sez. V, 19 agosto 2016, n. 35153 (c.c. 19 aprile 2016), P.M. in proc Branca. [RV267766]

33 septies. (1) Inosservanza dichiarata nel dibatti-mento di primo grado. – 1. Nel dibattimento di primo grado instaurato a seguito dell’udienza preliminare, il giudice, se ritiene che il reato appartiene alla cognizio-ne del tribunale in composizione diversa, trasmette gli atti, con ordinanza, al giudice competente a decidere sul reato contestato.

2. Fuori dai casi previsti dal comma 1, se il giudice monocratico ritiene che il reato appartiene alla cogni-zione del collegio, dispone con ordinanza la trasmissio-ne degli atti al pubblico ministero.

3.  Si applica la disposizione dell’articolo 420 ter, comma 4.

(1) Questo articolo è stato così sostituito dall’art. 47, comma 2, della L. 16 dicembre 1999, n. 479.

l E abnorme il provvedimento con cui il tri-bunale in composizione collegiale, rilevando che la competenza per il reato sottoposto alla sua cognizione (nella specie, estorsione continuata) appartiene al giudice monocratico, dispone la re-stituzione degli atti al P.M., determinando in tal modo una indebita regressione del procedimento. * Cass. pen., sez. II, 29 marzo 2017, n. 15828 (c.c. 23 dicembre 2016), P.M. in proc. Grecchi. [RV269854]

l Nel giudizio immediato, l’inosservanza delle disposizioni che regolano l’attribuzione dei reati al tribunale in composizione monocratica ovvero in composizione collegiale, comporta, secondo quanto previsto dall’art. 33-septies cod. proc. pen., la trasmissione degli atti al giudice ritenuto competente senza regressione di fase e, quindi, senza restituzione degli atti al pubblico ministero, con esclusione del caso in cui, pro-cedendosi per un reato per il quale è prevista la celebrazione dell’udienza preliminare, sia stato arbitrariamente negato all’imputato il passaggio attraverso tale fase. * Cass. pen., sez. VI, 16 feb-braio 2017, n. 7482 (c.c. 26 gennaio 2017), P.M. in proc. Burrasca. [RV269376]

l L’annullamento senza rinvio, per abnormi-tà, dell’ordinanza con cui il tribunale monocra-tico, oltre i termini previsti dall’art. 33 quinquies, comma primo, c.p.p., abbia, nel dibattimento, per reato la cui cognizione appartenga al tribunale in composizione collegiale, restituito gli atti al P. M. anziché al tribunale stesso, comporta la tra-smissione degli atti al tribunale collegiale laddove la decadenza, per inosservanza dei termini, del giudice monocratico dal potere di rilevare la vio-lazione, non abbia formato oggetto di ricorso. * Cass. pen., sez. I, 8 novembre 2012, n. 43193 (c.c. 12 giugno 2012), P.M. in proc. Dedi. [RV253749]

l Non è abnorme il provvedimento con cui, a seguito dell’opposizione a decreto penale emesso per un reato di competenza del tribunale colle-giale, per il quale sia necessaria l’udienza preli-minare, il giudice, revocato il decreto, rimetta

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128LIBRO I - SOGGETTIArt. 33 octies

gli atti al P.M. perché proceda con richiesta di rinvio a giudizio. (Principio affermato all’esito di dichiarazione di insussistenza di conflitto ne-gativo di competenza fra il giudice dell’udienza preliminare, dinanzi al quale era stato richiesto il rinvio a giudizio da parte del P.M. a seguito di revoca del decreto penale, ed il tribunale in com-posizione monocratica, dinanzi al quale era stato disposto il giudizio immediato ex art. 464 c.p.p.). * Cass. pen., sez. I, 7 febbraio 2012, n. 4778 (c.c. 15 novembre 2011), Confl. comp. in proc. Olivieri. [RV251850]

l Il giudice monocratico il quale rilevi che il reato appartiene alla competenza del collegio deve disporre la trasmissione degli atti al pubbli-co ministero solo quando l’imputato sia rimasto privo dell’udienza preliminare, a causa di una erronea valutazione addebitabile allo stesso pub-blico ministero e al fine di assicurare la garanzia della detta udienza, dovendo altrimenti trovare applicazione la regola generale secondo cui l’ac-certata inosservanza delle disposizioni che rego-lano l’attribuzione della competenza al giudice collegiale o a quello monocratico comporta la mera trasmissione degli atti a quello di essi ri-tenuto competente, con diretta fissazione dell’u-dienza, ai sensi dell’art. 420 ter, comma quarto, c.p.p., richiamato dal terzo comma dell’art. 33 septies, stesso codice. (Nella specie, in applica-zione di tale principio, la Corte, in accoglimento di ricorso avanzato dal pubblico ministero, ha ritenuto abnorme, annullandolo senza rinvio, il provvedimento con il quale il giudice monocra-tico, investito di opposizione a decreto penale di condanna per un reato di competenza del colle-gio, aveva disposto la trasmissione degli atti al pubblico ministero, anziché direttamente al tri-bunale in composizione collegiale). * Cass. pen., sez. I, 24 maggio 2010, n. 19512 (ud. 15 aprile 2010), Carella. [RV247204]

l La rilevazione dibattimentale ad opera del tribunale in composizione monocratica della co-gnizione del giudice collegiale, come conseguen-za di una contestazione suppletiva, comporta la trasmissione degli atti, «per via orizzontale» al giudice collegiale, sempre che sia stata celebrata l’udienza preliminare, e non è dunque abnorme il provvedimento che non disponga la trasmissione degli atti al P.M., evitando la regressione del pro-cedimento. * Cass. pen., sez. II, 12 ottobre 2006, n. 34183 (c.c. 6 ottobre 2006), Manis. [RV234973]

l Il giudice monocratico, qualora rilevi che il reato appartiene alla competenza del collegio, deve disporre la trasmissione degli atti al pubbli-co ministero, ai sensi dell’art. 33 septies, comma secondo, c.p.p., solo qualora ciò risponda alla finalità propria di tale disposizione, che è quella di assicurare la garanzia dell’udienza preliminare all’imputato che ne sia rimasto privo a causa di una erronea valutazione addebitabile allo stesso pubblico ministero, dovendo altrimenti trovare

applicazione la regola generale secondo cui l’ac-certata inosservanza delle disposizioni che regola-no l’attribuzione della competenza al giudice col-legiale o a quello monocratico comporta la mera trasmissione degli atti a quello di essi ritenuto competente, con diretta fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 420 ter, comma quarto, c.p.p., richiamato dal terzo comma del citato art. 33 sep-ties. (Nella specie, in applicazione di tale princi-pio, la Corte, in accoglimento di ricorso avanzato dal pubblico ministero, ha ritenuto abnorme, an-nullandolo quindi senza rinvio, il provvedimento con il quale il giudice monocratico, investito del giudizio per un reato di competenza del collegio con decreto di citazione emesso dal giudice per le indagini preliminari a seguito di opposizione a decreto penale, aveva disposto la trasmissione degli atti al pubblico ministero). * Cass. pen., sez. VI, 27 settembre 2006, n. 31758 (c.c. 15 giugno 2006), P.M. in proc. Carta. [RV234864]

l La perdita di efficacia della misura cau-telare (nella specie, personale) nel caso di vano decorso del termine di venti giorni dalla dichia-razione di incompetenza del giudice che l’ha di-sposta non ha luogo nel caso in cui il tribunale monocratico, erroneamente investito del giudizio direttissimo in ordine a reati attribuiti alla cogni-zione del giudice collegiale, abbia trasmesso gli atti al pubblico ministero a norma dell’art. 33 septies, comma 2, c.p.p., in quanto la questione relativa rientra tra quelle attinenti al rito e non alla competenza, posto che il tribunale è un uf-ficio unitario, nell’ambito del quale non possono configurarsi casi di conflitto. * Cass. pen., sez. I, 6 febbraio 2003, n. 5725 (c.c. 28 gennaio 2003), Aiello, in Arch. nuova proc. pen. 2003, 358.

33 octies. Inosservanza dichiarata dal giudice di appello o dalla corte di cassazione. – 1. Il giudice di appello o la corte di cassazione pronuncia sentenza di annullamento (604, 620) e ordina la trasmissione de-gli atti al pubblico ministero presso il giudice di primo grado quando ritiene l’inosservanza delle disposizioni sull’attribuzione dei reati alla cognizione del tribunale in composizione collegiale (33 bis) o monocratica (33 ter), purché la stessa sia stata tempestivamente ecce-pita e l’eccezione sia stata riproposta nei motivi di im-pugnazione.

2. Il giudice di appello pronuncia tuttavia nel meri-to se ritiene che il reato appartiene alla cognizione del tribunale in composizione monocratica (33 ter).

l Il giudice di appello che conferisca al fatto una qualificazione giuridica più grave, in rela-zione alla quale sia prevista (a differenza che per quella contestata) la cognizione del tribunale in composizione collegiale e non monocratica, non deve annullare la sentenza, dato che la prescri-zione in tal senso (posta nell’art. 33-octies c.p.p.)

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129 TITOLO I - GIUDICE Art. 33 nonies

riguarda il caso di diretta violazione delle regole sul riparto di attribuzione e non nel caso in cui il giudice monocratico si sia pronunciato su una fattispecie effettivamente rimessa alla sua valu-tazione. * Cass. pen., sez. II, 17 maggio 2010, n. 18607 (ud. 16 aprile 2010), Torre. [RV247541]

33 nonies. Validità delle prove acquisite. – 1.  L’i-nosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica (33 bis ss.) del tribunale non determina l’invalidità degli atti del procedimento, né l’inutilizzabilità delle prove già acquisite (26).

CAPO VIIINCOMPATIBILITÀ, ASTENSIONE

E RICUSAZIONE DEL GIUDICE (1) (2)(1) Per i procedimenti davanti al giudice di pace si veda l’art.

10 del D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274.(2)  Per i giudici popolari, si veda l’art. 31 della L. 10 aprile

1951, n. 287, recante norme sui giudizi di assise. Per i giudici (or-dinari e aggregati) della Corte costituzionale, si veda l’art. 25 della L. 25 gennaio 1962, n. 20.

34. Incompatibilità determinata da atti compiuti nel procedimento. – 1. Il giudice che ha pronunciato o ha concorso a pronunciare sentenza in un grado del procedimento non può esercitare funzioni di giudice negli altri gradi, né partecipare al giudizio di rinvio do-po l’annullamento (627) o al giudizio per revisione (636 ss.) (1) (2).

2.  Non può partecipare al giudizio il giudice che ha emesso il provvedimento conclusivo dell’udienza preliminare (424) o ha disposto il giudizio immediato (455) o ha emesso decreto penale di condanna (460) o ha deciso sull’impugnazione avverso la sentenza di non luogo a procedere (428) (3) (4) (5) (6) (7) (8) (9) (10) (11) (12) (13) (14) (15) (16) (17) (18) (19) (20) (21).

2 bis.  Il giudice che nel medesimo procedimento ha esercitato funzioni di giudice per le indagini prelimi-nari non può emettere il decreto penale di condanna, né tenere l’udienza preliminare; inoltre, anche fuori dei casi previsti dal comma 2, non può partecipare al giudizio (22).

2 ter. Le disposizioni del comma 2 bis non si appli-cano al giudice che nel medesimo procedimento abbia adottato uno dei seguenti provvedimenti:

a) le autorizzazioni sanitarie previste dall’articolo 11 della legge 26 luglio 1975, n. 354;

b) i provvedimenti relativi ai permessi di colloquio, alla corrispondenza telefonica e al visto di controllo sulla corrispondenza, previsti dagli articoli 18 e 18 ter (23) della legge 26 luglio 1975, n. 354;

c) i provvedimenti relativi ai permessi previsti dal-l’articolo 30 della legge 26 luglio 1975, n. 354;

d) il provvedimento di restituzione nel termine di cui all’articolo 175;

e) il provvedimento che dichiara la latitanza a nor-ma dell’articolo 296 (24).

2 quater.  Le disposizioni del comma 2 bis non si applicano inoltre al giudice che abbia provveduto all’assunzione dell’incidente probatorio o comunque adottato uno dei provvedimenti previsti dal titolo VII del libro quinto (25).

3. Chi ha esercitato funzioni di pubblico ministero (51) o ha svolto atti di polizia giudiziaria (55) o ha pre-stato ufficio di difensore (96 ss.), di procuratore specia-le, di curatore di una parte ovvero di testimone (196), perito (221), consulente tecnico (225) o ha proposto denuncia (333), querela (336), istanza (341) o richiesta (342) o ha deliberato o ha concorso a deliberare l’au-torizzazione a procedere (343) non può esercitare nel medesimo procedimento l’ufficio di giudice.

(1)  La Corte costituzionale, con sentenza n. 224 del 6 luglio 2001, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, nella parte in cui non prevede l’incompatibilità alla funzione di giudice dell’udienza preliminare del giudice che abbia pronuncia-to o concorso a pronunciare sentenza, poi annullata nei confronti del medesimo imputato e per lo stesso fatto.

(2)  La Corte costituzionale, con sentenza n. 183 del 3 luglio 2013, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma e dell’art. 623, comma 1, lettera a), c.p.p., nella parte in cui non prevedono che non possa partecipare al giudizio di rinvio dopo l’annullamento il giudice che ha pronunciato o concorso a pro-nunciare ordinanza di accoglimento o rigetto della richiesta di applicazione in sede esecutiva della disciplina del reato continua-to, ai sensi dell’art. 671 del medesimo codice.

La medesima Corte ha altresì dichiarato l’illegittimità co-stituzionale di questo comma e dell’art. 623, comma 1, lettera a), c.p.p., nella parte in cui non prevedono che non possa partecipare al giudizio di rinvio dopo l’annullamento il giudice che ha pro-nunciato o concorso a pronunciare ordinanza di accoglimento o rigetto della richiesta di applicazione in sede esecutiva della disciplina del concorso formale, ai sensi dell’art. 671 dello stesso codice.

(3) La Corte costituzionale, con sentenza n. 496 del 26 ottobre 1990, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al suc-cessivo giudizio abbreviato il giudice per le indagini preliminari presso la pretura che abbia emesso l’ordinanza di cui all’art. 554, comma 2.

(4)  La Corte costituzionale, con sentenza n. 401 del 12 no-vembre 1991, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al successivo giudizio abbreviato il giudice per le indagini prelimi-nari presso il tribunale che abbia emesso l’ordinanza di cui all’art. 409, quinto comma, di questo codice.

(5) La Corte costituzionale, con sentenza n. 502 del 30 dicem-bre 1991, ha dichiarato:

a) l’illegittimità costituzionale di questo comma, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibatti-mentale il giudice per le indagini preliminari presso la pretura che abbia emesso l’ordinanza di cui all’art. 554, secondo comma, dello stesso codice;

b) in via conseguenziale, l’illegittimità costituzionale del medesimo comma, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale che abbia emesso l’ordinanza di cui all’art. 409, quinto comma, dello stesso codice;

c) l’illegittimità costituzionale dello stesso comma, nella par-te in cui non prevede l’incompatibilità a partecipare al giudizio del

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130LIBRO I - SOGGETTIArt. 34

giudice per le indagini preliminari che ha rigettato la richiesta di decreto di condanna.

(6) La Corte costituzionale, con sentenza n. 124 del 25 marzo 1992, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, nella parte in cui non prevede l’incompatibilità a partecipare all’udienza dibattimentale del giudice per le indagini preliminari presso la Pretura che abbia respinto la richiesta di applicazione di pena concordata per la ritenuta non concedibilità di circostanze attenuanti.

(7) La Corte costituzionale, con sentenza n. 186 del 22 aprile 1992, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, nella parte in cui non prevede l’incompatibilità del giudice del dibattimento che abbia rigettato la richiesta di applicazione di pena concordata di cui all’art. 444 dello stesso codice a parteci-pare al giudizio.

(8) La Corte costituzionale, con sentenza n. 399 del 26 ottobre 1992, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, nella parte in cui non prevede l’incompatibilità a procedere al di-battimento del pretore che, prima dell’apertura di questo, abbia respinto la richiesta di applicazione di pena concordata per il ri-tenuto non ricorrere di un’ipotesi attenuata del reato contestato.

(9)  La Corte costituzionale, con sentenza n. 439 del 16 di-cembre 1993, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, nella parte in cui non prevede l’incompatibilità a parteci-pare al giudizio abbreviato del giudice per le indagini preliminari che abbia rigettato la richiesta di applicazione di pena concorda-ta di cui all’art. 444 dello stesso codice.

(10)  La Corte costituzionale, con sentenza n. 453 del 30 di-cembre 1994, ha dichiarato l’illegittimità di questo comma, nella parte in cui non prevede l’incompatibilità alla funzione di giudizio del giudice per le indagini preliminari il quale, per la ritenuta di-versità del fatto, sulla base di una valutazione del complesso delle indagini preliminari, abbia rigettato la domanda di oblazione.

(11)  La Corte costituzionale, con sentenza n. 455 del 30 di-cembre 1994, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di que-sto comma, nella parte in cui non prevede l’incompatibilità alla funzione di giudizio del giudice che abbia, all’esito del precedente dibattimento, riguardante il medesimo fatto storico a carico del medesimo imputato, ordinato la trasmissione degli atti al pubbli-co ministero a norma dell’art. 521, comma 2, c.p.p.

(12)  La Corte costituzionale, con sentenza n. 432 del 15 set-tembre 1995, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice per le indagini preliminari che abbia applicato una misura cautelare personale nei confronti dell’imputato.

(13) La Corte costituzionale, con sentenza n. 131 del 24 aprile 1996, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, nella parte in cui non prevede l’incompatibilità alla funzione di giudizio del giudice che come componente del tribunale del riesame (art. 309 c.p.p.) si sia pronunciato sull’ordinanza che di-spone una misura cautelare personale nei confronti dell’indagato o dell’imputato; la medesima sentenza ha altresì dichiarato l’ille-gittimità costituzionale dello stesso comma nella parte in cui non prevede l’incompatibilità della funzione di giudizio del giudice che come componente del tribunale dell’appello avverso l’ordi-nanza che provvede in ordine a una misura cautelare personale nei confronti dell’indagato o dell’imputato (art. 310 c.p.p.) si sia pronunciato su aspetti non esclusivamente formali dell’ordinanza anzidetta.

(14) La Corte costituzionale, con sentenza n. 155 del 20 mag-gio 1996, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, nella parte in cui: a) non prevede che non possa parteci-pare al giudizio abbreviato e disporre l’applicazione della pena su

richiesta delle parti il giudice per le indagini preliminari che abbia disposto una misura cautelare personale; b) non prevede che non possa partecipare al giudizio abbreviato e disporre l’applicazione della pena su richiesta delle parti il giudice per le indagini prelimi-nari che abbia disposto la modifica, la sostituzione o la revoca di una misura cautelare personale ovvero che abbia rigettato una richiesta di applicazione, modifica, sostituzione o revoca di una misura cautelare personale; c) non prevede che non possa par-tecipare al giudizio dibattimentale il giudice per le indagini preli-minari che abbia disposto la modifica, la sostituzione o la revoca di una misura cautelare personale ovvero che abbia rigettato una richiesta di applicazione, modifica, sostituzione o revoca di una misura cautelare personale; d) non prevede che non possa disporre l’applicazione della pena su richiesta delle parti il giudice che, come componente del tribunale del riesame, si sia pronun-ciato sull’ordinanza che dispone una misura cautelare personale nei confronti dell’indagato o dell’imputato nonché il giudice che, come componente del tribunale dell’appello avverso l’ordinanza che provvede in ordine a una misura cautelare personale nei con-fronti dell’indagato o dell’imputato, si sia pronunciato su aspetti non esclusivamente formali dell’ordinanza anzidetta.

(15)  La Corte costituzionale, con sentenza n. 371 del 2 no-vembre 1996, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pro-nunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità penale sia già stata comunque valutata.

(16)  La Corte costituzionale, con sentenza n. 311 del 22 ot-tobre 1997, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, nella parte in cui non prevede l’incompatibilità alla fun-zione di giudice dell’udienza preliminare nel processo penale a ca-rico di imputati minorenni del giudice per le indagini preliminari che si sia pronunciato in ordine a una misura cautelare personale nei confronti dell’imputato.

(17)  La Corte costituzionale, con sentenza n. 346 del 21 no-vembre 1997, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma nella parte in cui non prevede che non possa pronunciarsi sulla richiesta di emissione del decreto penale di condanna il giudice per le indagini preliminari che abbia emesso l’ordinanza di cui agli artt. 409, comma 5, e 554, comma 2, c.p.p.

(18) La Corte costituzionale, con sentenza n. 290 del 18 luglio 1998, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, nella parte in cui non prevede, nel processo penale a carico di imputati minorenni, l’incompatibilità alla funzione di giudice dell’udienza preliminare del giudice che come componente del tribunale del riesame si sia pronunciato sull’ordinanza che dispo-ne una misura cautelare personale nei confronti dell’indagato o dell’imputato.

(19) La Corte costituzionale, con sentenza n. 290 del 18 luglio 1998, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, nella parte in cui non prevede, nel processo penale a carico di imputati minorenni, l’incompatibilità alla funzione di giudice dell’udienza preliminare del giudice che come componente del tribunale dell’appello avverso l’ordinanza che provvede in ordine a una misura cautelare personale nei confronti dell’indagato o dell’imputato si sia pronunciato su aspetti non esclusivamente formali dell’ordinanza anzidetta.

(20) La Corte costituzionale, con sentenza n. 241 del 17 giugno 1999, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudi-zio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato

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131 TITOLO I - GIUDICE Art. 34

o concorso a pronunciare sentenza nei confronti di quello stesso imputato per il medesimo fatto.

(21) La Corte costituzionale, con sentenza n. 400 del 5 dicem-bre 2008, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, nella parte in cui non prevede l’incompatibilità alla trat-tazione dell’udienza preliminare del giudice che abbia ordinato, all’esito di precedente dibattimento, riguardante il medesimo fat-to storico, a carico del medesimo imputato, la trasmissione degli atti al pubblico ministero, a norma dell’art. 521, comma 2, c.p.p.

(22) Questo comma è stato inserito dall’art. 171 del D.L.vo 19 febbraio 1998, n. 51, recante l’istituzione del giudice unico, a de-correre dal 2 giugno 1999. Ai sensi dell’art. 3 bis del D.L. 24 maggio 1999, n. 145, convertito, con modificazioni, nella L. 22 luglio 1999, n. 234, fino alla data del 2 gennaio 2000, l’articolo 34, comma 2 bis, del codice di procedura penale, inserito dall’articolo 171 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, non si applica ai pro-cedimenti nei quali l’udienza preliminare è in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del predetto decreto. Restano comunque salvi gli atti e le attività compiuti dal giudice.

(23)  Le parole: «previsti dall’articolo 18» sono state così so-stituite dalle attuali: «previsti dagli articoli 18 e 18 ter» dall’art. 3, comma 4, della L. 8 aprile 2004, n. 95.

(24)  Questo comma è stato aggiunto dall’art. 11 della L. 16 dicembre 1999, n. 479.

(25)  Questo comma è stato aggiunto dall’art. 2 quater del D.L. 7 aprile 2000, n. 82, convertito, con modificazioni, nella L. 5 giugno 2000, n. 144.

SOMMARIO:a) Effetti della violazione della norma – Motivo di ricusazione;b) Applicazione in materia cautelare;c) Casistica; c-1) Reati ministeriali; c-2) Concor-so di persone; c-3) Patteggiamento; c-4) Giudizio di rinvio; c-5) Giudizio per reati diversi; c-6) Con-corso di reati; c-7) Disciplina transitoria ex art. 3 bis D.L. 24 maggio 1999, n. 145; c-8) Affidamento in prova; c-9) Giudizio direttissimo; c-10) Revisio-ne; c-11) Misure di prevenzione; c-12) Redazione della sentenza; c-13) Udienza preliminare.

a) Effetti della violazione della norma – Motivo di ricusazione.

l L’esistenza di una causa d’ incompatibilità, non incidendo sulla capacità del giudice, non de-termina la nullità del provvedimento adottato, ma costituisce esclusivamente motivo di astensione e ricusazione, da far valutare tempestivamente con la procedura di cui all’art. 37 cod. proc. pen. (Fat-tispecie relativa a magistrato di sorveglianza che, dopo aver rigettato l’istanza di rinvio della esecu-zione della pena e di ammissione alla detenzione domiciliare in via di urgenza, aveva poi concorso a comporre il tribunale collegiale competente a decidere sulla medesima domanda in via ordina-ria). * Cass. pen., sez. I, 10 marzo 2015, n. 10075 (c.c. 25 giugno 2014), Condorelli. [RV262870]

l L’istituto dell’incompatibilità opera solo nell’ambito del giudizio di cognizione, sicchè non è ipotizzabile la ricusazione del giudice dell’ese-cuzione, posto che la competenza di quest’ultimo deriva inderogabilmente dalla sua identificazione

con il giudice della fase cognitiva e che, nell’ambi-to di detta competenza, non può sussistere alcuna divaricazione fra l’intervenuto giudicato e l’ogget-to della deliberazione da adottarsi in "executivis". * Cass. pen., sez. I, 23 luglio 2014, n. 32843 (c.c. 4 giugno 2014), Colafigli. [RV261194]

l L’esistenza di cause di incompatibilità ex art. 34 cod. proc. pen., non incidendo sulla ca-pacità del giudice, non determina la nullità del provvedimento adottato, ma costituisce esclusi-vamente motivo di astensione e di ricusazione, che deve essere fatto valere tempestivamente con la procedura di cui all’art. 37 cod. proc. pen. (Fat-tispecie in cui la Corte ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso con il quale era stata dedotta la nullità della sentenza impugnata per la manca-ta astensione del giudice). * Cass. pen., sez. I, 12 giugno 2014, n. 24919 (ud. 23 aprile 2014), Atta-nasio. [RV262302]

l Qualora il giudice delle indagini prelimi-nari si ritenga incompatibile a tenere, a norma dell’art. 34, comma secondo bis c.p.p., l’udienza preliminare, legittimamente la rinvia, in quanto l’incompatibilità opera in relazione ad attività e provvedimenti di natura giurisdizionale deciso-ria e non già con riguardo a provvedimenti me-ramente ordinatori che non incidono sul merito delle questioni oggetto del giudizio, e il provvedi-mento di fissazione della nuova udienza è efficace indipendentemente dalla circostanza che non sia ancora intervenuta la decisione del presidente del tribunale in ordine alla dichiarazione di asten-sione determinata dalla causa di incompatibi-lità, atteso che esso non può considerarsi "atto del procedimento" ai sensi dell’art. 42, comma primo, stesso codice. (Nella specie la Corte ha ritenuto non viziato da nullità il provvedimento con il quale il Presidente del Tribunale, investito altro giudice dopo l’accoglimento dell’istanza di astensione, confermava per la successiva udienza la stessa data già nota al difensore dell’imputato senza darne avviso a quest’ultimo). * Cass. pen., sez. II, 2 febbraio 2012, n. 4478 (ud. 25 novembre 2011), Lusha e altro. [RV251817]

l In tema di ricusazione, la pronuncia sul me-rito dell’istanza deve essere adottata nelle forme della procedura camerale prevista dall’art. 127 c.p.p. * Cass. pen., sez. V, 21 novembre 2008, n. 43761 (c.c. 6 novembre 2008), Brandimarte. [RV241677]

l In tema di incompatibilità del giudice ex art. 34 c.p.p., nel giudizio di cassazione non ricorrono le situazioni di incompatibilità o le altre ragio-ni di convenienza per l’astensione di cui all’art. 36 c.p.p., se non nel caso in cui un giudice della Corte abbia precedentemente ricoperto il ruolo di giudice o di P.M. nelle fasi di merito relative alla stessa regiudicanda, atteso che come attività pregiudicante ai fini della incompatibilità va in-tesa quella che implica una valutazione in me-rito sull’accusa e come sede pregiudicata quella

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132LIBRO I - SOGGETTIArt. 34

giurisdizionale volta a decidere sul merito stesso dell’accusa o di una misura de libertate, mentre il giudizio di legittimità è destinato al controllo di legalità e non a valutazioni di merito. * Cass. pen., sez. III, 8 luglio 2005, n. 24961 (c.c. 20 aprile 2005), Fanale. [RV231935]

l L’incompatibilità ex art. 34, secondo comma, c.p.p. non attiene alla capacità del giu-dice, intesa quale capacità ad esercitare la funzio-ne giudiziaria, in difetto della quale e soltanto per tale causa, opera utilmente la nullità assoluta di cui all’art. 178 lett. a) c.p.p. Ed invero il difetto di capacità del giudice va inteso come mancanza dei requisiti occorrenti per l’esercizio delle fun-zioni giurisdizionali e non anche in relazione al difetto delle condizioni specifiche per l’esercizio di tale funzione in un determinato procedimento. Ne consegue che, non incidendo sui requisiti della capacità, la incompatibilità ex art. 34 c.p.p. non determina, comunque la nullità del provve-dimento ex artt. 178 e 179 c.p.p., ma costituisce soltanto motivo di possibile astensione, ovvero di ricusazione dello stesso giudice, da far tempesti-vamente valere con la procedura di rito ex art. 37 ss. c.p.p. * Cass. pen., sez. II, 21 luglio 2003, n. 30448 (c.c. 26 giugno 2003), Bova. [RV226572]

l Non costituisce indebita anticipata mani-festazione del proprio convincimento sui fatti oggetto dell’imputazione, e non può quindi dar luogo a ricusazione del giudice ai sensi dell’art. 37, comma 2 c.p.p., la pronuncia di ordinanza con la quale venga respinta una richiesta di rinvio del procedimento in attesa della pubblicazione di una sentenza della Corte costituzionale di cui si affermi, da parte della difesa, l’incidenza sulla posizione processuale dell’imputato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che l’ordinanza emes-sa nel processo non possa costituire espressione “indebita” del convincimento del giudice, ed ha affermato che il giudizio sui “fatti oggetto dell’im-putazione” è rappresentato solo dalle valutazio-ni di merito circa la colpevolezza o l’innocenza dell’imputato o circa le condizioni di applicabi-lità dell’art. 129 c.p.p.). * Cass. pen., sez. III, 13 febbraio 2002, n. 5658 (c.c. 13 dicembre 2001), Acampora G. [RV221109]

l In tema di incompatibilità del giudice ai sensi dell’art. 34 c.p.p., allorché uno o più dei componenti del collegio chiamato a decidere sull’istanza di ricusazione abbiano anteriormen-te deciso nel procedimento incidentale aperto su una simile richiesta del coimputato, non si versa in caso d’incompatibilità, il cui presupposto è che il giudice abbia assunto in precedenza una deci-sione avente riflesso diretto sul giudizio di merito riguardante la contestazione mossa all’imputato che ha presentato l’istanza. * Cass. pen., sez. III, 14 novembre 2001, n. 40511 (c.c. 4 ottobre 2001), Martinenghi I. [RV220304]

l In tema di incompatibilità, la mera cono-scenza da parte del giudice del dibattimento degli

atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero senza che vi sia poi alcuna valutazione di merito, non rende lo stesso giudice incompatibile a par-tecipare al giudizio. (Fattispecie in cui la corte di assise aveva preso cognizione degli atti di indagi-ne perché l’imputato aveva presentato la richie-sta di giudizio abbreviato, senza poi esprimere alcuna valutazione in proposito, avendo lo stesso imputato revocato l’istanza). * Cass. pen., sez. VI, 9 novembre 2001, n. 39944 (c.c. 30 ottobre 2001), Calabrò. [RV220275]

l L’eventuale incompatibilità del giudice co-stituisce motivo di ricusazione, ma non vizio comportante la nullità del giudizio. (Fattispecie relativa a pretesa situazione di incompatibilità del componente di un organo giudicante collegia-le). * Cass. pen., Sezioni Unite, 1 febbraio 2000, n. 23 (ud. 24 novembre 1999), Scrudato ed altri, in Riv. pen. 2000, 133. [RV215097]

l In tema di incompatibilità del giudice, poi-ché le cause di incompatibilità devono essere eccepite con dichiarazione di ricusazione, ove il giudice di primo grado, in mancanza di tale di-chiarazione, abbia dichiarato manifestamente in-fondata una questione di costituzionalità dell’art. 34 c.p.p., e ove detta questione sia stata succes-sivamente accolta (nelle more tra la pronuncia di primo grado e il giudizio di appello), la parte non può far valere con i motivi di appello come causa sopravvenuta di nullità della sentenza di primo grado il nuovo caso di incompatibilità affermato dalla Corte costituzionale, essendo-si ormai esaurito il grado di giudizio al quale la situazione di incompatibilità si riferiva, e non incidendo la incompatibilità sulla capacità del giudice. (Fattispecie nella quale dopo la senten-za di primo grado era intervenuta la sentenza n. 131 del 1996 della Corte costituzionale, sulla base della quale il ricorrente, che non aveva proposto dichiarazione di ricusazione del giudice di primo grado, limitandosi ad eccepire la incostituziona-lità della norma, aveva dedotto con un motivo di appello la nullità della sentenza di primo grado, riproponendo poi tale motivo in sede di ricorso per cassazione). * Cass. pen., sez. VI, 14 gennaio 2000, n. 313 (ud. 29 settembre 1999), Petralia ed altri. [RV216403]

l Qualora una parte che sostenga la presenza di una situazione di incompatibilità del giudice ai sensi dell’art. 34 c.p.p., e non abbia proposto tale questione con lo strumento della richiesta di ricu-sazione del giudice stesso nel relativo grado del procedimento in cui la incompatibilità si sareb-be verificata, proponga o riproponga dinanzi alla Corte di cassazione una eccezione di legittimità costituzionale del citato art. 34 nella parte in cui non prevede una determinata causa di incompati-bilità, la questione di costituzionalità deve essere dichiarata irrilevante, in quanto una eventuale sentenza di accoglimento da parte della Corte costituzionale non potrebbe spiegare alcuna in-

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fluenza sulla risoluzione della questione relativa alla incompatibilità, che dovrebbe essere in ogni caso respinta per la ragione pregiudiziale di non essere stata tempestivamente proposta per mezzo della ricusazione. * Cass. pen., sez. III, 13 gennaio 2000, n. 285 (ud. 26 novembre 1999), D’Angeli A. [RV215352]

l Poiché tutte le situazioni che possano con-figurarsi come remore, giuridiche o morali, all’a-dempimento dei compiti del difensore generano una difesa non effettiva ed in sostanza inesisten-te, integra la nullità assoluta di cui agli artt. 178, lett. c), e 179 c.p.p. la partecipazione agli atti per i quali è previsto l’intervento obbligatorio della difesa di un difensore che abbia in precedenza esercitato, nello stesso processo, la funzione di giudice e si sia in tale veste pronunciato nel senso della colpevolezza dell’imputato assistito. (In ap-plicazione di tale principio la Corte, configuran-do nel personale convincimento di colpevolezza precedentemente espresso nella sentenza di con-danna un’incompatibilità oggettiva con l’ufficio di difensore, ha annullato la sentenza d’appello emessa a seguito di dibattimento nel corso del quale, assente il difensore di fiducia, era stato no-minato, in sostituzione di questo ex art. 97 c.p.p., un difensore d’ufficio che, in qualità di pretore onorario, aveva emesso la decisione impugnata). * Cass. pen., sez. II, 11 novembre 1999, n. 12924 (ud. 25 ottobre 1999), Gargiulo, in Arch. nuova proc. pen. 2000, 43. [RV214581]

l L’incompatibilità ex articolo 34, secondo comma, c.p.p. non attiene alla capacità del giu-dice, intesa quale capacità ad esercitare la fun-zione giudiziaria, in difetto della quale e soltanto per tale causa, opera utilmente la nullità assolu-ta di cui all’articolo 178 lett. a) c.p.p.. Ed invero il difetto di capacità del giudice va inteso come mancanza dei requisiti occorrenti per l’esercizio delle funzioni giurisdizionali e non anche in re-lazione al difetto delle condizioni specifiche per l’esercizio di tale funzione in un determinato pro-cedimento. Ne consegue che, non incidendo sui requisiti della capacità, la incompatibilità ex arti-colo 34 c.p.p., non determina, comunque, la nul-lità del provvedimento ex articoli 178 e 179 c.p.p., ma costituisce soltanto motivo di possibile asten-sione ovvero di ricusazione dello stesso giudice, da far tempestivamente valere con la procedura di rito ex articolo 37 e seguenti c.p.p.. (Nella spe-cie, peraltro, la Corte ha ritenuto che non potesse neppure invocarsi il principio espresso nella sen-tenza della Corte costituzionale n. 371 del 1996, volto ad impedire che uno stesso giudice valuti più volte – in sentenza – in successivi processi la responsabilità penale di una persona in relazione al medesimo reato, in quanto l’incompatibilità del giudice non può essere estesa a tutte le ipote-si in cui si proceda separatamente nei confronti dei concorrenti nel reato, ma deve essere circo-scritta solo a quei casi in cui, con la sentenza che

definisce il procedimento a carico di uno o più imputati, siano state apprezzabilmente operate valutazioni, anche se in via incidentale, purché di contenuto univoco e rilevante, in ordine alla responsabilità penale di un terzo concorrente nel medesimo reato). * Cass. pen., sez. VI, 13 maggio 1999, n. 6044 (ud. 22 aprile 1999), Baldini ed altri. [RV214065]

l La causa di incompatibilità di cui all’art. 34 c.p.p., come risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 371 del 17 ottobre 1996 – che ne ha dichiarato l’illegittimità nella parte in cui non prevede che non possa parteci-pare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pro-nunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabili-tà sia stata comunque valutata – sussiste anche quando la sentenza in cui è stata incidentalmente vagliata la posizione dell’imputato sia stata emes-sa a seguito di patteggiamento; ed invero anche se in tali ipotesi il giudice recepisce l’accordo in-tercorso fra le parti, è pur sempre necessaria una sua delibazione circa la sussistenza di alcuna tra le ipotesi previste dall’art. 129 c.p.p., la quale co-stituisce giudizio incidentale sulla posizione dei concorrenti necessari ovvero di quei correi la cui posizione è strettamente collegata a quella di chi ha patteggiato la pena. * Cass. pen., sez. II, 18 feb-braio 1999, n. 106 (c.c. 13 gennaio 1999), Compa-gno. [RV212785]

l Le cause di incompatibilità del giudice deb-bono essere eccepite con dichiarazione di ricusa-zione la quale ha la valenza di instaurazione di giudizio incidentale. Pertanto, la proposizione diretta di una questione di legittimità costituzio-nale in ordine alla normativa sulla incompatibi-lità è irrilevante se non preceduta da dichiara-zione di ricusazione. Consegue che la pronuncia di illegittimità costituzionale di una norma sulla incompatibilità intervenuta successivamente alla risoluzione della questione stessa non può essere invocata con effetto ex tunc in quanto la sua re-troattività non si estende a situazioni processuali esaurite: ed invero, può definirsi esaurita la situa-zione processuale quando la causa di incompati-bilità sia insorta, sulla base di una sentenza della Corte costituzionale, in epoca successiva alla chiusura del grado di procedimento cui l’incom-patibilità, non eccepita in quella sede con espres-sa dichiarazione di ricusazione, si riferisce. (Nella fattispecie, nel giudizio di primo grado la difesa dell’imputato aveva eccepito, in limine litis, l’il-legittimità costituzionale dell’art. 34 c.p.p. nella parte in cui non prevedeva alcuna incompatibilità a giudicare il processo di merito per coloro che avevano già preso decisioni in materia cautelare, osservando in proposito che i due componenti togati della corte d’assise avevano già fatto par-te del tribunale del riesame che aveva respinto le

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134LIBRO I - SOGGETTIArt. 34

istanze in tema di libertà avanzate dall’imputato: detta eccezione era stata però dichiarata manife-stamente infondata. Successivamente alla senten-za di primo grado la Corte costituzionale, con de-cisione n. 131 del 17 aprile 1996, aveva dichiarato la sussistenza di detta incompatibilità. In sede di appello la difesa aveva lamentato la nullità della sentenza di condanna emessa dalla corte d’assise, assumendo che la modifica costituzionale era da ritenere applicabile ex tunc e quindi al procedi-mento in esame, ancora in corso e nel quale era stata dedotta tempestivamente detta eccezione. Tale assunto, disatteso dai giudici di appello, era stato riproposto con il ricorso per cassazione e la Suprema Corte, enunciando il principio di cui in massima, ha condiviso la decisione adottata sul punto dai giudici di merito osservando che l’ec-cezione di illegittimità costituzionale, sollevata dalla difesa nel giudizio di primo grado, avrebbe dovuto essere necessariamente preceduta da una formale richiesta di ricusazione o astensione, e solo nel procedimento incidentale così instaurato sarebbe stato possibile eccepire l’illegittimità co-stituzionale della norma; la Corte di cassazione ha quindi affermato la inapplicabilità al procedi-mento in oggetto della sentenza della Corte co-stituzionale, successivamente intervenuta, perché in mancanza di una denuncia formale di ricusa-zione, effettuata con le corrette modalità proce-durali, la situazione di incompatibilità doveva considerarsi ormai esaurita). * Cass. pen., sez. I, 16 aprile 1998, n. 4521 (ud. 16 marzo 1998), Ferrari. Conforme, Cass. pen., sez. VI, 29 gennaio 1998, n. 1168, (ud. 20 novembre 1997), Angeli ed altri. [RV210471]

l La declaratoria di incostituzionalità di una norma deve trovare immediata applicazione, per incidere su situazione processuale pur esaurita, nella ipotesi in cui la medesima questione – già dichiarata manifestamente infondata dal giudice di primo grado, che non aveva neppure accolto la richiesta di astensione per gravi ragioni di con-venienza – sia stata indicata come motivo di ap-pello dalla parte interessata e la dichiarazione di incostituzionalità sia intervenuta nelle more del giudizio di appello. (Fattispecie relativa all’art. 34 c.p.p. dichiarato incostituzionale, con sentenza n. 155 del 1996 della Corte Costituzionale, tra l’altro, nella parte in cui non prevedeva l’incompatibilità del Gup, che abbia emesso provvedimento caute-lare personale nei confronti dell’imputato, a giu-dicarlo con il rito abbreviato in sede di udienza preliminare). * Cass. pen., sez. I, 18 febbraio 1998, n. 1997 (ud. 15 gennaio 1998), Romeo ed altri. [RV209840]

l In tema di incompatibilità, nel caso in cui, nelle more tra la sentenza di primo grado e la pro-posizione dell’appello, sia intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 155 del 1996, che – conformemente a quanto sostenuto dalla difesa dell’imputato con apposita eccezione di illegitti-

mità, disattesa dal giudice di primo grado – ha di-chiarato la illegittimità dell’art. 34 c.p.p., tra l’al-tro, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio abbreviato il giudice per le indagini preliminari che abbia statuito de libertate relativamente al medesimo imputato, il difensore appellante, non potendo impugnare la ordinanza di rigetto dell’eccezione a causa della sopravvenu-ta decisione della Corte costituzionale, non può fare altro, per impedire il consolidamento della statuizione del primo giudice sul punto, che in-vocare l’applicazione retroattiva della sentenza della Corte costituzionale; applicazione retroatti-va certamente non impedita dall’esaurimento del precedente grado di giudizio, posto che l’interes-sato – non potendo presentare istanza di ricusa-zione, non integrando la situazione predetta, allo stato della normativa vigente ed in relazione alle sentenze fino a quel momento pronunciate dalla Corte costituzionale, alcuna delle cause di incom-patibilità tassativamente contemplate dall’art. 34 c.p.p. – dopo aver coltivato con tutti i mezzi a sua disposizione la questione relativa alla possibilità della partecipazione al giudizio abbreviato di quel medesimo giudice che aveva precedentemente emesso misura cautelare nei suoi confronti, ha vi-sto poi la propria tesi, mai abbandonata, accolta dal giudice delle leggi. Né può essere d’ostacolo, all’efficacia retroattiva della declaratoria di illegit-timità costituzionale, il fatto di aver impostato, in sede di appello, la questione in termini di nullità, della sentenza di primo grado alla stregua della sopravvenuta pronuncia di incostituzionalità, spettando comunque al giudice di secondo gra-do interpretare l’atto di gravame, in tal caso ine-quivocabilmente teso ad ottenere – per analogia a quanto disposto dall’art. 604, comma quarto, c.p.p. (accertamento da parte del giudice d’appel-lo di una nullità da cui sia derivata la nullità del provvedimento che dispone il giudizio o della sen-tenza) – la caducazione della sentenza di primo grado in conseguenza dell’estensione retroattiva, degli effetti della predetta declaratoria di incosti-tuzionalità, a situazione giuridica che, per i sue-sposti motivi, non può considerarsi ancora esau-rita. * Cass. pen., sez. I, 10 gennaio 1998, n. 164 (ud. 25 settembre 1997), Todesco. [RV209437]

l Poiché la dichiarazione di illegittimità costi-tuzionale, che presuppone l’esistenza di un vizio che inficia ab origine la norma in contrasto con il precetto costituzionale, ha efficacia invalidante, e non abrogativa, producendo conseguenze simili all’annullamento, il giudice ha l’obbligo di non applicare la norma dichiarata incostituzionale non soltanto nel procedimento in cui è stata sol-levata la questione di illegittimità costituzionale ma anche, per l’efficacia erga omnes della senten-za della Corte costituzionale, in ogni altro giudi-zio in cui la norma stessa debba o possa essere assunta a canone di valutazione di qualsivoglia fatto o rapporto, pure se venuto in essere ante-

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135 TITOLO I - GIUDICE Art. 34

riormente alla pubblicazione sulla Gazzetta Uffi-ciale della suddetta sentenza, perché ancora in via di scioglimento o, comunque, non produttivo di effetti giuridici definitivi, purché cioè vi siano le condizioni processuali per la sua applicazione. La sentenza della Corte costituzionale, quindi, non spiega i suoi effetti in quei processi in corso in cui il problema portato all’attenzione del giudice non sia stato sollevato e, per ragioni di rito, non sia più possibile. (Nella fattispecie, l’imputato aveva eccepito davanti alla Corte di cassazione l’incompatibilità di uno dei giudici del collegio che aveva affermato la sua responsabilità per avere il predetto concorso a pronunciare, in sede di riesame l’ordinanza confermativa della misu-ra coercitiva. La Suprema Corte nell’affermare il principio sopra massimato, ha precisato che la questione relativa alla partecipazione al collegio di primo grado o di appello di un giudice che si sia già pronunciato nei confronti dell’imputato doveva essere sollevata, a pena d’inammissibili-tà, nel giudizio di merito prima del compimento delle formalità di apertura del dibattimento). * Cass. pen., sez. IV, 13 agosto 1996, n. 7895 (ud. 15 luglio 1996), Tesser ed altro. [RV206794]

l L’esistenza di cause di incompatibilità, non incidendo sui requisiti di capacità del giudice, non determina la nullità del provvedimento adot-tato dal giudice ritenuto incompatibile, ma costi-tuisce esclusivamente motivo di ricusazione, da far valere con la specifica procedura prevista dal codice di rito; né ha incidenza sulla capacità del giudice la violazione del dovere di astensione, che non è causa, pertanto, di nullità generale ed as-soluta ai sensi dell’art. 178, lett. a), c.p.p., ma co-stituisce anch’essa esclusivamente motivo, per la parte, di ricusazione del giudice non astenutosi. (Nell’affermare detto principio la Corte ha preci-sato che il difetto di capacità del giudice di cui all’art. 178, lett. a), c.p.p., deve essere inteso quale mancanza dei requisiti occorrenti per l’esercizio delle funzioni giurisdizionali e non anche come difetto delle condizioni specifiche per l’esercizio di tali funzioni in un determinato procedimento). * Cass. pen., Sezioni Unite, 8 maggio 1996, n. 5 (c.c. 17 aprile 1996), D’Avino.

b) Applicazione in materia cautelare.l Non si configura alcuna ipotesi di incompa-

tibilità ai sensi dell’art. 34 cod. proc. pen. in capo al magistrato, già componente del tribunale del riesame chiamato a giudicare della legittimità di una misura coercitiva, che abbia, poi, fatto par-te del medesimo tribunale, in qualità di giudice dell’appello avverso il rigetto di istanza di revo-ca o sostituzione della medesima misura. * Cass. pen., sez. III, 11 marzo 2015, n. 10231 (c.c. 11 feb-braio 2015), Sartori. [RV262958]

l Il giudice che ha emesso un provvedimento cautelare personale non è incompatibile a prov-vedere in ordine alla richiesta di giudizio imme-

diato nei confronti dello stesso imputato e per lo stesso fatto, dato che si tratta di valutazione che non definisce né una fase del procedimento né un grado di giudizio. * Cass. pen., sez. III, 14 febbraio 2011, n. 5349 (ud. 18 gennaio 2011), P. [RV249571]

l Nella ipotesi di annullamento per vizi for-mali di un’ordinanza cautelare da parte del tri-bunale del riesame, rispetto all’adozione del nuo-vo provvedimento de liberate non sussiste per il giudice delle indagini preliminari che ha emesso il provvedimento annullato alcuna delle incompa-tibilità previste dall’art. 34 c.p.p. (così come risul-tante dalle plurime decisioni assunte dalla Corte costituzionale). Ne consegue che per l’ordinanza cautelare emessa nuovamente dal giudice delle indagini preliminari non può ravvisarsi alcuna delle ipotesi di nullità disciplinate dagli artt. 178 e 179 c.p.p., mentre può sussistere motivo di ricu-sazione del giudice, che deve essere fatto valere nei termini e nelle forme previsti dall’art. 38 c.p.p. * Cass. pen., sez. I, 19 giugno 2001, n. 24810 (c.c. 10 aprile 2001), D’Avino G. [RV219543]

l Non si configura alcuna ipotesi di incompa-tibilità ai sensi dell’art. 34 c.p.p. in capo al ma-gistrato, già componente del tribunale del riesa-me chiamato a giudicare della legittimità di una misura coercitiva, che abbia, poi, fatto parte del medesimo tribunale, in qualità di giudice dell’ap-pello avverso il rigetto di istanza di revoca della medesima misura. (Nella specie, enunciando il principio di cui in massima, la S.C. non ha man-cato di chiarire l’erroneità dell’assunto difensivo, secondo il quale dall’asserita incompatibilità sa-rebbe derivata una nullità del provvedimento as-sunto dal tribunale). * Cass. pen., sez. I, 6 marzo 2000, n. 742 (c.c. 31 gennaio 2000), Tanzarella. [RV215499]

l Atteso che, come ripetutamente affermato dalla Corte costituzionale, l’udienza prelimina-re, per la sua natura essenzialmente processuale, non è pregiudicata, in termini di incompatibilità, dalla circostanza che a celebrarla sia lo stesso giu-dice che ha preso un provvedimento sulla libertà dell’imputato, deve affermarsi che la scelta del le-gislatore, operata con la legge 19 febbraio 1998, n. 51, art. 171, di prevedere una causa generale di incompatibilità tra il giudice per le indagini preliminari e il giudice dell’udienza preliminare è espressione di una scelta discrezionale di mag-gior garanzia, non imposta dalla Costituzione ma solo determinata da una opzione di politica giudiziaria verso la configurazione del Gup come giudice assolutamente privo della conoscenza di atti in precedenza compiuti; è pertanto manife-stamente infondata l’eccezione di incostituziona-lità dell’art. 1 legge 16 giugno 1998, n. 188 che ha prorogato l’entrata in vigore della riforma, pro-spettata sotto il profilo della violazione degli artt. 25 (per sottrazione al giudice naturale previsto dal novellato art. 34 c.p.p.) e 24 (ingiusto proces-

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136LIBRO I - SOGGETTIArt. 34

so). (Fattispecie di istanza di ricusazione presen-tata in relazione ad una udienza preliminare che si sarebbe dovuta celebrare sotto il vigore della norma dell’art. 34, comma 2 bis, c.p.p., introdotta con l’art. 171 cit., ove non prorogata con la anzi-detta L. n. 88 del 1998). * Cass. pen., sez. IV, 13 ottobre 1999, n. 1003 (c.c. 31 marzo 1999), Sette S. [RV214771]

l Poiché le pronunce sulle istanze di revoca o modifica della misura cautelare applicata all’e-stradando fanno parte del procedimento fina-lizzato all’estradizione e sono espressione della «competenza accessoria» del giudice che su que-sta deve pronunciarsi, non dà luogo all’incompa-tibilità di cui all’art. 34 c.p.p. la circostanza che gli stessi giudici che hanno provveduto de libertate siano chiamati a pronunciarsi anche sull’estradi-zione. * Cass. pen., sez. III, 27 agosto 1999, n. 2482 (c.c. 7 luglio 1999), Senes. [RV214272]

l In tema di incompatibilità, questa non sussi-ste tra il Gip che ha applicato la misura cautelare in carcere, confermata da collegio diversamente composto in sede di riesame con la concessione degli arresti domiciliari, ed il tribunale del riesa-me, presieduto dallo stesso giudice, chiamato a decidere della revoca della misura coercitiva (sotto il profilo della cessazione delle esigenze cautelari e, in subordine, dell’applicazione di una misura meno afflittiva o del permesso di allontanarsi dal proprio domicilio per svolgere attività lavorativa). L’incompatibilità non sussiste non solo per assen-za di previsione formale, ma altresì per difetto di interferenza funzionale tra i giudizi espressi, che sono complementari, in quanto riguardano statui-zioni successive rese nel medesimo procedimento, ma con oggetto diverso, e, quindi, compatibili in quanto non comportano revisione delle valuta-zioni svolte in precedenza. * Cass. pen., sez. III, 7 luglio 1999, n. 1526 (c.c. 26 aprile 1999), Turlione C. [RV214281]

l L’incompatibilità del giudice per le indagini preliminari, che abbia provveduto in ordine ad una misura cautelare, a partecipare al giudizio abbreviato, dichiarata dalla Corte costituzionale con sentenza n. 155 del 1996, non è deducibile allorché la situazione giuridica alla quale si riferi-sca si sia esaurita prima che sia insorta la incom-patibilità stessa per effetto della pronuncia di il-legittimità costituzionale ovvero dopo la chiusura del grado del procedimento cui l’incompatibilità si riferisca. * Cass. pen., sez. V, 25 febbraio 1999, n. 44 (c.c. 12 gennaio 1999), Poggi V. [RV213077]

l Poiché la previsione codicistica delle incom-patibilità del giudice è finalizzata ad evitare che possa essere o apparire pregiudicata la tipica at-tività di «giudizio», non può ravvisarsi tale situa-zione nella partecipazione all’udienza prelimina-re del giudice che abbia in precedenza applicato all’imputato una misura cautelare; e ciò in quanto in detta udienza il giudicante non è chiamato ad esprimere valutazioni sul merito dell’accusa ben-

sì ha il compito istituzionale di verificare, attra-verso una delibazione meramente processuale, la legittimità della richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero, così svolgendo un’attività meramente strumentale che non risul-ta preordinata a quella attinente alla decisione del merito della causa. * Cass. pen., sez. II, 13 febbra-io 1997, n. 112 (c.c. 21 gennaio 1997), Tornese ed altri. [RV207127]

l Poiché, alla luce di quanto affermato nelle varie decisioni della Corte costituzionale in ma-teria di incompatibilità del giudice, in tanto può prospettarsi detta situazione in quanto si verta in tema di giudizio di merito, in coerenza alla pre-messa che debbasi evitare che la valutazione sulla responsabilità sia o possa apparire condizionata dalla naturale tendenza a mantenere fermo un giudizio già espresso in altri momenti decisiona-li dello stesso procedimento, deve escludersi che sussista incompatibilità qualora uno dei membri del collegio chiamato a definire il giudizio davanti alla Corte di cassazione abbia già contribuito ad una precedente pronuncia di legittimità assunta nel medesimo procedimento, ma non riguardan-te il merito dell’imputazione. (In applicazione di tale principio la Corte ha respinto la richiesta di rinvio dell’udienza, avanzata dalla difesa sul pre-supposto che uno dei membri del collegio giudi-cante avesse fatto parte di quello che in passato aveva respinto il ricorso proposto dal medesimo imputato nel procedimento incidentale de liberta-te, osservando, tra l’altro, che la precedente pro-nuncia aveva riguardato solo la questione della sussistenza o meno delle esigenze cautelari, che costituiscono esclusivamente un presupposto relativo alle sole misure restrittive e nulla hanno a che vedere con il giudizio sulla sussistenza del fatto-reato e sulla responsabilità dell’imputato). * Cass. pen., sez. II, 13 febbraio 1997, n. 1310 (ud. 4 giugno 1996), Girardi. [RV207121]

c) Casistica.

c-1) Reati ministeriali.l In considerazione della particolare natura

del giudizio di legittimità, istituzionalmente de-stinato al controllo di legalità e non alla valuta-zione di merito del provvedimento impugnato, nei giudizi davanti alla corte di cassazione non ricorrono le condizioni di incompatibilità c.d. orizzontale previste dall’art. 34 o le altre gravi ragioni di convenienza previste dall’art. 36, lett. h), c.p.p., salva invece la possibilità che ricorra una situazione di incompatibilità cd. verticale, ai sensi dell’art. 34, commi 1 e 3, c.p.p., nel caso in cui un giudice della corte abbia precedentemente ricoperto un ruolo di giudice o di pubblico mi-nistero nelle fasi di merito relative alla stessa res iudicanda. (Mass. redaz.). * Cass. pen., sez. III, 8 luglio 2005, n. 24961 (c.c. 20 aprile 2005), Fanale, in Arch. nuova proc. pen. 2005.

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137 TITOLO I - GIUDICE Art. 34

l In tema di procedimento per i reati ministe-riali, è manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell’art. 34, comma terzo, c.p.p., sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non prevede la incompatibilità a svolgere la funzione di giudici dell’udienza pre-liminare dei componenti del collegio per i reati ministeriali che hanno in precedenza compiuto attività di indagine, richiesto l’autorizzazione a procedere e quindi sostanzialmente svolto, secon-do la prospettazione della questione, funzioni di pubblico ministero. Infatti, lo stesso legislatore costituzionale, nell’istituire, con la L.C. 16 genna-io 1989, n. 1, il collegio per i reati ministeriali e nell’attribuirgli funzioni tanto inquirenti quanto giurisdizionali, ha preventivamente escluso l’i-potizzabilità di una causa di incompatibilità nei confronti dei componenti del collegio che, dopo avere esaurito la fase delle indagini preliminari, richiesta e ottenuta l’autorizzazione a procedere proceda all’udienza preliminare. * Cass. pen., sez. VI, 28 luglio 1998, n. 2151 (c.c. 15 giugno 1998), Buda ed altri. [RV212230]

l I giudici componenti il collegio per i reati ministeriali che, nello stesso processo, abbiano redatto la relazione motivata di richiesta di auto-rizzazione a procedere di cui all’art. 8, comma 1, L. costituzionale 16 gennaio 1989 n. 1 o abbiano sollecitato il P.M. a riformulare il capo di impu-tazione ovvero, in altro procedimento, abbiano pronunciato sentenza di applicazione della pena su richiesta nei confronti di un coimputato, non si trovano in situazione di incompatibilità, ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.p., a celebrare l’udienza preliminare, allorché nella medesima non siano chiamati ad esprimere valutazioni sul merito dell’accusa. (In motivazione la Cassazione ha posto in rilievo: 1) la natura ibrida dei poteri, sia d’indagine che di conoscenza e valutazione del relativo esito, conferita al Tribunale dei Mi-nistri dalla legge costituzionale; 2) la circostanza che la richiesta di autorizzazione a procedere si pone esclusivamente come alternativa procedu-rale alla richiesta di archiviazione; 3) il carattere meramente processuale dell’udienza preliminare; 4) l’esclusione di ogni interferenza di giudizio in relazione ad una precedente sentenza di patteg-giamento resa nei confronti di un concorrente non necessario). * Cass. pen., sez. VI, 2 dicembre 1997, n. 3895 (c.c. 10 ottobre 1997), Prandini G. [RV209212]

l Il giudice membro del collegio per i reati ministeriali che ha partecipato alla deliberazione e redazione della relazione, anche da lui sotto-scritta, con la quale il tribunale, ai sensi dell’art. 8 della legge costituzionale 16 gennaio 1989 n. 1, ha investito il Parlamento con la richiesta di autoriz-zazione a procedere nei confronti di un ministro, non si trova in una situazione di incompatibilità analoga a quelle disciplinate dall’art. 34 c.p.p. ai fini della partecipazione all’udienza preliminare

successiva al rilascio dell’autorizzazione. In pri-mo luogo infatti il legislatore ha consapevolmente attribuito al tribunale per i reati ministeriali una natura ibrida assegnandogli sia compiti di inda-gini che di giudizio, e di tale consapevole discre-zionalità il giudice di legittimità delle leggi do-vrebbe tenere sempre conto; in secondo luogo la richiesta di autorizzazione e a procedere si pone esclusivamente come alternativa procedurale alla decisione di archiviazione, alla quale il tribunale può ricorrere esclusivamente, a fronte di notizie palesemente prive di fondamento, e non implica perciò una valutazione nel merito delle accuse. È quindi manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale volta a far rilevare l’omessa indicazione dell’ipotesi in esame tra le cause di incompatibilità previste dal codice. * Cass. pen., sez. VI, 15 maggio 1997, n. 706 (c.c. 19 febbraio 1997), Grafini A. [RV208124]

c-2) Concorso di persone.l Deve ritenersi sussistente la causa di incom-

patibilità di cui all’art, 34 c.p.p., come risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 371 del 17 ottobre 1996 – che ne ha dichiarato l’il-legittimità nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice il quale abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, in cui la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsa-bilità sia stata comunque valutata – tutte le volte in cui il capo di accusa sia congegnato in maniera tale che la responsabilità penale di un imputato sia strettamente collegata a quella di un concorrente, senza la cui azione, così come in concreto prevista, il reato non si sarebbe realizzato; in tali ipotesi, in-fatti, appare evidente che la pronuncia su uno dei prevenuti comporta, anche se non si fa menzione alcuna del correo, un giudizio incidentale sull’ope-rato di quest’ultimo. (In applicazione di tale prin-cipio la Corte ha ritenuto sussistente la predetta causa di incompatibilità nel processo avente ad oggetto la posizione del concorrente-esecutore di una serie di reati, avendo già il concorrente-man-dante patteggiato la pena avanti agli stessi giudici). * Cass. pen., sez. II, 18 febbraio 1999, n. 106 (c.c. 13 gennaio 1999), Compagno. [RV212784]

l La pronuncia di precedente sentenza di ap-plicazione della pena su richiesta a carico di un coimputato è idonea a dar luogo a incompatibi-lità del giudice che tale sentenza ha pronunciato o concorso a pronunciare, nel separato giudizio nei confronti di altro concorrente nel medesimo reato, solo quando essa abbia compiuto una valu-tazione, sia pure incidentale, della responsabilità di quest’ultimo. * Cass. pen., sez. VI, 18 settem-bre 1998, n. 2485 (c.c. 9 luglio 1998), Coglitore A. [RV212120]

l Può verificarsi l’ipotesi di incompatibilità del giudice che abbia pronunciato o concorso a

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138LIBRO I - SOGGETTIArt. 34

pronunciare una precedente sentenza nei con-fronti di altri soggetti concorrenti nello stesso reato in giudizio separato – introdotta a seguito della sentenza additiva della Corte costituzionale del 2 novembre 1996, n. 371, modificativa dell’art. 34, comma 2, c.p.p. – nel caso in cui nel prece-dente giudizio siano state valutate prove (anche, eventualmente, con riferimento alla attendibilità di persone), solo se tale valutazione sia stata ef-fettuata con specifico riferimento anche alla po-sizione del concorrente estraneo in quel procedi-mento, dimodoché si sia affermato, con riguardo sia ai profili oggettivi sia soggettivi della sua con-dotta, esplicitamente o implicitamente, che quelle medesime prove erano idonee a far ritenere la re-sponsabilità anche di tale concorrente estraneo. Tale situazione non può, comunque, verificarsi se la valutazione delle prove non sia stata fatta nell’ambito dei fatti descritti nel medesimo capo di imputazione. (Nella fattispecie oggetto del giu-dizio, i giudici di merito avevano espresso una valutazione sul comportamento tenuto dall’ex-traneus giudicando su un episodio di corruzione di cui costui non doveva rispondere, anche se era stato accusato di un diverso episodio di corruzio-ne nel procedimento a suo carico in cui era stata proposta l’istanza di ricusazione). * Cass. pen., sez. VI, 11 giugno 1998, n. 1752 (c.c. 14 maggio 1998), Cerciello G. [RV211076]

l In tema di astensione e ricusazione del giudice, l’incompatibilità determinata da atti già compiuti nel procedimento deve essere circoscrit-ta ai casi di duplicità del giudizio di merito sullo stesso oggetto, e cioè di valutazione non «forma-le» ma «contenutistica» sulla medesima regiudi-canda; ne deriva che l’identità dell’oggetto del giu-dizio non è ravvisabile nell’ipotesi in cui il giudice si sia precedentemente pronunciato nei confronti dei concorrenti nello stesso reato ascritto al giudi-cabile, e ciò in quanto alla comunanza dell’impu-tazione fa necessariamente riscontro una pluralità di condotte, distintamente imputabili a ciascuno dei concorrenti, le quali, ai fini del giudizio di re-sponsabilità, devono formale oggetto di autonome valutazioni sotto il profilo tanto materiale che psi-cologico. * Cass. pen., sez. VI, 1 marzo 1995, n. 4746 (c.c. 2 dicembre 1994), De Masi.

c-3) Patteggiamento.l L’ipotesi di incompatibilità del giudice deri-

vante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 371 del 1996 - che ha dichiarato la incostituziona-lità dell’art. 34, comma secondo, cod. proc. pen., "nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un impu-tato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei con-fronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua respon-sabilità penale sia già stata comunque valutata" - sussiste anche con riferimento alla ipotesi in cui

il giudice del dibattimento abbia, in separato pro-cedimento, pronunciato sentenza di applicazione della pena su richiesta nei confronti di un concor-rente necessario nello stesso reato. * Cass. pen., Sezioni Unite, 3 settembre 2014, n. 36847 (c.c. 26 giugno 2014), Della Gatta e altro. [RV260093]

l Il rigetto della richiesta di "patteggiamento" in applicazione di una norma processuale ed in assenza di valutazioni sul merito dell’imputazio-ne, non comporta l’incompatibilità del giudice ad esaminare una nuova richiesta di "patteggia-mento". (Fattispecie nella quale la Corte ha esclu-so che fosse nullo o abnorme il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che, nell’am-bito di un procedimento per guida in stato di eb-brezza, dopo aver rigettato una prima richiesta di patteggiamento ravvisando l’erronea qualifica-zione del fatto, trattandosi di imputato infraven-tunenne e non essendovi menzione di tale circo-stanza nell’imputazione, aveva successivamente esaminato una nuova richiesta di patteggiamento avanzata dalle parti, accogliendola). * Cass. pen., sez. IV, 26 aprile 2013, n. 18669 (c.c. 31 genna-io 2013), Pacitto, in Arch. giur. circ. n. 12/2013. [RV255926]

l Non sussiste una situazione di incompatibi-lità del giudice che abbia pronunciato una sen-tenza di applicazione della pena su richiesta di un coimputato nel medesimo processo, in relazione agli stessi reati, a meno che la sentenza non con-tenga valutazioni di merito, tali da rappresenta-re un’anticipazione di giudizio nei confronti del coimputato che non abbia patteggiato la pena. * Cass. pen., sez. VI, 1 marzo 2011, n. 7908 (c.c. 14 dicembre 2010), Serra. [RV249632]

l Non sussiste alcuna causa di incompatibili-tà al giudizio nei confronti del giudice di appello che rigetti la richiesta di pena patteggiata ai sensi dell’art. 599, comma 4, c.p.p., formulata congiun-tamente dall’imputato e dal pubblico ministero. (Nell’occasione la Corte ha anche ritenuto mani-festamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 34 e 36 c.p.p., nella parte in cui non prevedono una causa di incompati-bilità del giudice che abbia comunque espresso una valutazione discrezionale nell’ambito di uno stesso procedimento, operante a prescindere da iniziative di parte). * Cass. pen., sez. I, 23 ottobre 2003, n. 40320 (ud. 10 ottobre 2003), Mazzuca. [RV225992]

c-4) Giudizio di rinvio.l Non sussiste incompatibilità, ai sensi

dell’art. 34 cod. proc. pen., del giudice per l’u-dienza preliminare che ha disposto il rinvio a giudizio dell’imputato rispetto alla successiva celebrazione dell’incidente probatorio, posto che in quest’ultimo il giudice non compie alcuna at-tività decisoria di merito, ma esclusivamente di direzione dello stesso; né la relativa questione è, comunque, ammissibile in sede di legittimità ove

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non sia stata preceduta da istanza di ricusazione. * Cass. pen., sez. III, 9 ottobre 2017, n. 46368 (c.c. 15 novembre 2016), T. [RV271786]

l Non costituisce per il giudice dell’udien-za preliminare causa di incompatibilità ai sensi dell’art. 34 c.p.p. l’aver disposto contestualmente decreto di rinvio a giudizio nei confronti di alcuni coimputati e sentenza di condanna in sede di giu-dizio abbreviato nei confronti di altri coimputati per i medesimi fatti. * Cass. pen., sez. IV, 3 giu-gno 2014, n. 22965 (ud. 13 marzo 2014), Censini. [RV259226]

l La dichiarazione di illegittimità costituzio-nale di una norma astrattamente incidente sulla individuazione del giudice - persona fisica non è fatto idoneo a determinare la modifica della de-cisione assunta, in sede di annullamento con rin-vio, dalla Corte di cassazione circa la competenza. (Nella specie è stata ritenuta legittima la decisione adottata dal Magistrato di sorveglianza, investito in sede di rinvio della decisione di un reclamo av-verso sanzione disciplinare inflitta a detenuto, pri-ma dell’intervento additivo operato dalla sentenza n. 183 del 2 luglio 2013 della Corte Costituzionale sulla portata degli articoli 34, comma primo e 623, comma primo lettera a cod. proc. pen.). * Cass. pen., sez. I, 15 ottobre 2013, n. 42426 (c.c. 16 set-tembre 2013), Mancuso. [RV256983]

l Il giudice che abbia in precedenza emes-so decreto di rinvio a giudizio, successivamente annullato dal giudice del dibattimento con resti-tuzione degli atti al pubblico ministero, non può celebrare la nuova udienza preliminare, sussi-stendo, alla luce della mutata struttura e funzio-ne dell’udienza in questione, una delle cause di incompatibilità stabilite dall’art. 34 c.p.p. * Cass. pen., sez. V, 19 febbraio 2003, n. 8137 (c.c. 6 no-vembre 2002), Cragnotti S. [RV224860]

l L’espletamento del giudizio di rinvio da par-te della medesima sezione del tribunale, purché in diversa composizione, invece che da una sezio-ne diversa, pur contrastando con quanto espres-samente previsto dagli artt. 604 comma 8 e 623 lett. c), non integra una ipotesi di incompatibilità ai sensi dell’art. 34 c.p.p. e non determina nullità. * Cass. pen., sez. VI, 24 luglio 1997, n. 2226 (c.c. 3 giugno 1997), Magliulo V. [RV209113]

l Nessuna norma processuale, in particolare né l’art. 34 c.p.p., né l’art. 604, c.p.p., prescrive che il giudice il quale ha pronunciato sentenza di annullamento per motivi processuali non possa più esercitare successivamente attività giurisdi-zionale nello stesso procedimento o nello stesso grado. Ed infatti, l’art. 604 c.p.p., stabilendo che il giudizio di rinvio si deve svolgere a seconda dell’organo che ha emesso la sentenza annullata davanti ad altra sezione dello stesso ufficio giu-diziario o davanti ad altro Gip o pretore pone un divieto al suddetto giudice, e non a quello che ha pronunciato l’annullamento il quale, non avendo espresso alcuna valutazione di merito in ordine

alla responsabilità, non può sentire alcuna preclu-sione (Nella fattispecie, vi era stato l’annullamen-to in grado di appello della sentenza del tribunale per mancata correlazione tra il fatto contestato e quello posto a base della decisione impugnata e successivamente, vi era stata la conferma da par-te della stessa sezione della corte di appello della nuova sentenza emessa dal tribunale. Di entram-bi i collegi giudicanti in grado di appello aveva fatto parte il medesimo giudice. La Corte di cas-sazione ha escluso che si fosse verificata la viola-zione del principio dell’imparzialità del giudice). * Cass. pen., sez. IV, 12 febbraio 1997, n. 1271 (ud. 23 gennaio 1997), Scarici. [RV207870]

l La sentenza pronunciata in sede di rinvio alla cui deliberazione partecipi un magistrato che già abbia preso parte a quella della sentenza an-nullata non è viziata da incapacità del giudice né è ravvisabile violazione delle garanzie difensive, potendo la parte interessata ricusare quel magi-strato. * Cass. pen., sez. IV, 26 marzo 1995, n. 3329 (ud. 1 marzo 1995), Cappelli ed altri. [RV201862]

c-5) Giudizio per reati diversi.l Non sussiste incompatibilità del giudice, ai

sensi dell’articolo 34 c.p.p. anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 371 del 1996, qualora lo stesso giudice si trovi a dovere giudicare il medesimo soggetto in due processi distinti relativi a reati diversi. Ed invero la «po-sizione di quello stesso imputato» cui si riferisce la Corte costituzionale, è quella che concerne il medesimo reato per il quale si procede. (Nella specie la Corte Suprema di Cassazione ha esami-nato un caso nel quale le stesse persone avevano subito due processi diversi presieduti dallo stesso magistrato, uno per associazione per delinquere di tipo mafioso e l’altro per singoli fatti criminosi ed il reato associativo non entrava in considera-zione, nel secondo processo, neppure a titolo di aggravante ex articolo 7 D.L. n. 152 del 1991). * Cass. pen., sez. I, 23 luglio 1999, n. 9539 (ud. 12 maggio 1999), Commisso ed altri. [RV215133]

c-6) Concorso di reati.l Non sussiste incompatibilità determinata

da atti compiuti nel procedimento (art. 34 c.p.p.) nel caso in cui il giudice abbia pronunciato o ab-bia concorso a pronunciare, nei confronti del me-desimo imputato, sentenza di applicazione della pena su richiesta relativamente a reato da consi-derare in concorso materiale con quello da giu-dicare. (Nella specie la sentenza di applicazione della pena era stata pronunciata per il reato di false annotazioni in scritture contabili, previsto dall’art. 1 del D.L. 10 luglio 1982 n. 429, conv. con modif. in legge 7 agosto 1982 n. 516, ed il reato da giudicare era quello di false comunicazioni so-ciali di cui all’art. 2621 c.c.). * Cass. pen., sez. I, 20 gennaio 2000, n. 7269 (c.c. 20 dicembre 1999), Tomasi ed altri. [RV214991]

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