2011-09-18 autoscatto d'italia

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  • 8/3/2019 2011-09-18 Autoscatto d'Italia

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    DOMENICA18SETTEMBRE2011 /Numero 344

    DomenicaLadiRepubblica

    spettacoli

    Ron Galella, il re dei paparazziANGELO AQUARO

    cultura

    In viaggio con Virginia WoolfVIRGINIA WOOLF

    le tendenze

    Viva gli anni QuarantaLAURA LAURENZI eSIMONE MARCHETTI

    lincontro

    Antonia S. Byatt, Le mie possessioniSEBASTIANO TRIULZI

    la memoria

    La prima danza dei nostri amici MaoriMASSIMO CALANDRI

    FOTOT

    RICOLOREORIZZONTALE,

    PORDENONE10:22-STEFANOC

    ONSOLARO

    MICHELE SMARGIASSI

    Non facile dare un volto allItalia. Tanto meno agliitaliani. Fissarli in una immagine, un ritratto. Lodimostrano le foto scattate lo scorso 17 marzo in oc-casione della prima (e speriamo non ultima) Festadellunit nazionale. Per iniziativa della Fiaf, che leha raccolte e selezionate. Fra decine di migliaia. Ne

    esce non un autoritratto, ma, come scrive Michele Smargiassi,uno smisurato mosaico di ritratti, un caleidoscopio. E non po-trebbe essere altrimenti. Perch raffigurare lItaliano Medio una

    riduzione arbitraria, perfino dal punto di vista statistico. Certo, (co-me mostrano i sondaggi di Demos) nove italiani su dieci, circa, si di-cono orgogliosi di essere tali. Cio: Italiani. E altrettanti considera-no lunit nazionale una conquista positiva.

    (segue nelle pagine successive)

    ILVO DIAMANTI

    AUTOSCATTO

    ITALIAMigliaia di foto-amatori il 17 marzo 2011 hanno festeggiato a modo loroil centocinquantesimo dellUnit.Il risultato di quel clic simultaneo,ora in mostra, un gigantesco ritratto di un Paese dalle mille facce

    D

    Che cosa avranno cantato i garibaldini dello sguardo,svegliandosi allalba del 17 marzo scorso, baciando lamorosa addormentata,Addio mia bella addio / il fo-tografo se ne va / e se non scattassi anchio / sarebbe unavilt?La sacca sullmero, non camicia rossa mafou-lardtricolore, a bandoliera non un fucile Chassepot

    bens una Nikon digitale superaccessoriata, ma nel cuore la stessapassione: fare lItalia. O almeno, farla vedere: che nella civilt delleimmagini pi o meno la stessa cosa.

    Di questa nuova spedizione dei Mille, che stavolta erano quattrovolte di pi, non si sono accorti in tanti; eppure s tata unimpresadi dimensioni inusitate, una giornata davvero particolare, a suomodo epica, entusiasmante, impensabile.

    (segue nelle pagine successive)

    Repubblica Nazionale

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    la copertina38 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA18SETTEMBRE 2011

    Autoscatto dItalia17 marzo 2011, un allegro esercito di foto-amatori immortala la vitaquotidiana della nazione che compie i suoi primi centocinquantanniNe viene fuori non un ritratto unificante, ma un gigantescocaleidoscopio di volti, gesti e luoghi.Che espostiin duecento mostre raccontano che cosa siamo diventati

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    Una giornata particolareMICHELE SMARGIASSI

    (segue dalla copertina)

    Quel giorno, mentre lItalia festeg-giava i 150 anni della sua unit dinazione indipendente, prendevaforma il pi imponente autori-tratto collettivo simultaneo cheun paese si sia mai regalato nella

    storia della fotografia. Bastano un po di cifre adare lidea. Forse un milione di foto scattate nel-larco di ventiquattrore, pi di dieci al secondo,dalle Alpi al Lilibeo, da oltre 4500 foto-amatori;34.789 immagini scelte trasmesse al quartier ge-nerale, schedate per luogo, minuto e secondo

    della ripresa, poi ripartite in oltre 200 mostre lo-cali e una nazionale (al Centro italian o della fo-tografia dautore di Bibbiena, Arezzo) che sa-ranno aperte tutte assieme sabato 24 settembre.

    Quando i dirigenti della Fiaf, storica asso-ciazione tra i circoli fotografici italiani, comin-ciarono a carezzarla come contributo alle cele-brazioni, lidea non pareva troppo originale.Negli anni Settanta due americani, il fotografoRick Smolan e leditore David Elliot Cohen, se-rano gi inventati la formulaA Day in the Lifeof..., una serie di libri fotografici realizzati daqualche decina di fotografi professionisti spar-si nello stesso giorno in una singola nazione(c anche il volume sullItalia, del 90), ed eb-bero poi molti imitatori. Ma il livello di ambi-zione del nuovo progetto cambiava tutto. Unreportage di massa, unimpresa iconograficacorale, popolare: migliaia di fotografi in mis-sione per conto del popolo italiano. In pocheparole, una follia.

    Ma sono i progetti spericolati che hannosuccesso, come le imprese garibaldine. Dueanni di preparazione meticolosa e spontanei-sta insieme. Volontari reclutati uno per uno, la-sciati liberi di scegliere il proprio soggetto dauna griglia molto ampia: le celebrazioni, i luo-ghi del Risorgimento, ovvio, ma soprattutto lavita comune, il lavoro, la socialit, il paesaggio,i volti degli italiani in quel preciso giorno. Qua-si un censimento visuale, che precede di pochimesi quello demografico, e ha quasi la stessaambizione di capillarit. Sponsor per coprire lespese, kit del volontario: distintivo, magliet-ta, accrediti e permessi, fazzoletto tricolore collogo, e un pacco liberatorie per affrontare latremenda ossessione per la privacy. Una provagenerale, il 2 giugno 2010, a scala ridotta, tre-cento fotografi, dimostr che si poteva fare. Lascelta del D-day era inevitabile: il 17 marzo,giorno anniversario. Con parziale deroga al 16per chi aveva scelto di fotografare luoghi di la-voro, scuole e negozi, dopo che un governo ti-

    tubante ebbe deciso in extremis che il 17 dove-va essere festivo. Strappo necessario alla mae-stosa unit di tempo: dallimpresa doveva usci-re il ritratto di unItalia quotidiana, non uno diquegli album di vacanza al mare dove semprefesta col sole che splende.

    Non splendeva, infatti. Alla mezzanotte del16, quando il direttore del progetto, RobertoRossi, eroicamente fradicio sotto una pioggiascrosciante, diede il via alloperazione Passio-ne Italia con un solenne alzabandiera nel cor-tile del museo di Bibbiena, nessuno sapeva co-me sarebbe andata a finire. Porcamiseria e go-vernoladro, a Torino piove!, messaggi tra iprimi, alle 7.47 di mattina, il disperato fotoga-ribaldino Marco. Ma gi qualche ora dopo, sulblog creato apposta per coordinare la campa-gna, piovevano invece rapporti rassicurantidal fronte, perfino entusiasti. Ladrenalinafunziona, bilancio positivo, scriveva Cinzia daFalconara. Chiara ha preso un giorno di ferieper fotografare i suoi alunni a scuola, Domeni-co crede di essere in un telefilm americano gi-

    rando con la polizia stradale,Walter al centro commercia-

    le di Faenza in cerca di non luo-ghi, Valentina ha fotografato i

    suoi nonni... , riferiva la disloca-zione delle truppe il luogotenente

    Andrea da Forl. E verso sera gi si sci-volava dal militaresco al romantico-

    patriottico, Antonino dallAlto Adige:Cos la Patria se non un progetto che ci

    raccoglie?. Marco da Recanati: statocome essere convocato in Nazionale. Lu-

    ciano da Cormons: Sar un ritratto dellaNazione e potr dire cero anchio.

    E com venuto, dunque, lautoritratto? Be,non proprio un ritratto. uno smisurato mo-saico di ritratti, alcuni somiglianti, alcuni im-maginari. E questo il suo valore. Una singolaicona pu sintetizzar e il carattere di una nazio-ne, e probabilmente sar uno stereotipo; deci-ne di migliaia no, possono solo restituire il vol-to degli italiani come dentro un caleidoscopio:dipende da come lo giri, e leffetto cambia. Mi-gliaia di gesti, di volti, di luoghi non si lascianoridurre a uno, sono refrattari al calcolo dellamedia matematica, alle categorie dellento-mologo, alla retorica dellItaliano con la Imaiuscola. Nel mercatino di frutta, nella fab-brica di lavatrici, nella stazione allora di pun-ta, tra i banchi multietnici di una scuola, in mol-te di queste immagini possiamo riconoscerci,in tutte no.

    Non hanno fotografato litalianit, i fotoga-ribaldini: hanno fotografato lunica cosa possi-bile, un bel po di italiani. Alla fine dellimpre-sa, lunica possibile immagine dellItalia sono

    le fotografie delle molte Italie, spessoritoccate dal desiderio, volentieri

    condizionate dallorgoglio del-lautoscatto. Perch non dobbia-

    mo essere ingenui, la fotografia nondice mai tutta la verit. Le mille immagini

    selezionate (le Mille: anche loro partite dallo

    scoglio di Quarto, che la prima foto del cata-logo), come tutte le altre, dichiarano con since-rit la loro appartenenza alla cultura fotoama-toriale, a quellarte media fatta di colori saturi,composizioni equilibrate, soggetti rassicuran-ti da cui i lati oscuri, il malaffare, la sofferenzasono esclusi o attenuati, la Grande Crisi invi-sibile, le arroganze dei poteri legali e illegali pu-re: ma non sono facili da fotografare . S, ci sonoi rifiuti per strada, ci sono le periferie degrada-te: un certo sforzo di sincerit visibile. Malimpeto del desiderio, altrettanto. Il peccatooriginale del fotoamatore che ama quel chevede, e lo abbellisce, li difende con affetto ilpresidente Fiaf, Claudio Pastrone, ma in que-sto voler vedere il meglio c anche una ribel-lione civile di fronte al peggio che ci circonda.Gigantesco e utile documento, allora, non del-lItalia, ma di una visione dellItalia, n del tut-to veritiera n del tutto irreale: di una speranzadi Italia, dolce, problematica ma non dramma-tica, che trasuda voglia di normalit. Ripose-ranno nel museo di Bibbiena, tutte e trentacin-quemila, queste immagini volontarie e volon-

    terose. E ai posteri, un giorno, racconterannolutopia generosa dei garibaldini dello sguardoin due parole: Noi vedevamo. Noi volevamovederci cos.

    LA RASSEGNA

    Il 24 settembre la rassegna,Passione Italia17 marzo 2011Una giornata italiana ,sar inaugurata pressoil Centro Italianodella fotografia dautoredi Bibbiena (Arezzo)e in oltre 200 sedi localidislocate su tuttoil territorio nazionaleLesposizione presenteroltre mille immagini,scattate il 16 e 17 marzo 2011in tutta Italia da oltre 4.500foto-amatori(www.fiaf-net.it/passioneitalia)

    ROMA 13:47

    Una delle bandieresventolanti al Vittoriano

    di Giuseppe Farcomeni

    Chiara fotografa la suaclasse, Walter il centrocommerciale di Faenza,Valentina i suoi nonniMarco da Recanatiscrive nel blog:Cero anchio

    Repubblica Nazionale

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    LADOMENICADI REPUBBLICA 39DOMENICA18SETTEMBRE 2011

    (segue dalla copertina)

    Tuttavia, quando si tratta di definire cosa significhi essere ita-liani, il quadro si complica. Diventa, appunto, un caleido-scopio. Oppure un collage. Perch gli italiani non ricono-

    scono istituzioni comuni e unificanti. Solo il presidente della

    Repubblica da pochi anni, peraltro. Ma si sentono lontani dal-lo Stato. Ammettono, loro per primi, di avere scarso sentimentocivico. Mentre si sentono profondamente divisi, dal punto di vi-sta territoriale e culturale. I nordisti considerano quelli del suduna palla al piede per lo sviluppo del Paese. I sudisti li ricambia-no, definendoli egoisti e aridi. Mentre quelli che vivono nelle re-gioni del centro, per non far torto a nessuno, considerano i sudi-sti un peso e i nordisti avidi, oltre che aridi. Insomma, tutti con-tro tutti. Come in politica, daltra parte.

    Difficile trovare in Europa un Paese altrettanto diviso. Basta os-servare quel che avviene in politica. Da una parte: lanticomuni-smo senza il comunismo. Dallaltra, lantiberlusconismo. Dal-tronde, il tentativo di Berlusconi di unire il Paese offrendogliuno specchio in cui riconoscersi, appare una riduzione per co-s dire maggioritaria. Quando Berlusconi parla a nome delpopolo che lha eletto, fa riferimento a una quota di italiani am-pia. Ma ampiamente minoritaria. Nel 2008, infatti, ha vinto le ele-zioni a capo di una coalizione che ha ottenuto circa il 47 per cen-to dei voti validi (cio, meno del 35 per cento degli elettori). Com-presa la Lega e gli altri alleati. Ma oggi, a leggere i dati dei sondag-gi, il suo partito raggiungerebbe a stento il 25, la sua coalizione il35. Mentre la fiducia personale nei suoi confronti espressa da po-co pi di due elettori su dieci. Difficile per Berlusconi proporsi co-me specchio dei desideri dellitaliano medio.

    Anche perch i riferimenti che gli italiani stessi utilizzano perdistinguersi dagli altri popoli (lo ricaviamo, ancora, dai son-daggi di Demos) li differenziano, prima ancora, tra di loro. Lat-taccamento alla famiglia e alla comunit locale. Larte di arran-giarsi. Laspirazione a fare da s, nel lavo ro e nella vita. Riflet-tono un Paese di paesi. Di campanili e di municipi. Che ha vin-to la miseria e conquistato il benessere, nel corso del dopoguer-ra, grazie al lavoro autonomo, alle piccole imprese, alla fatica eal risparmio delle famiglie. Daltro nde, gli italiani indicano, tra iprincipali motivi di orgoglio: il patrimonio artistico, il paesaggio,la cucina locale. Quanto di pi lontano dalla mediet informe,incolore e insapore. Noi italiani: cosi vicini e cos lontani. Cosuniti e cos diversi.

    Carlo Azeglio Ciampi, che da presidente della Repubblica re-stitu dignit alla festa della Repubblica e al Tricolore, era solitoripeterlo. LItalia unita dalle sue differenze locali e regionali.Dalle sue mille e mille citt. Ognuna distinta dalle talora op-posta alle altre. Cos, questo collage di immagini che raffigu-rano tante Italie e tanti italiani, in fondo , ci restituisce lunico au-toritratto possibile del nostro P aese. Dove tutti o quasi si di-cono orgogliosi di essere italiani. Ma s tentano a spiegarne le ra-gioni. Perch ciascuno si sente italiano a modo suo e, per que-sto, diverso dagli altri. Un popolo di italiani nonostante, per ci-tare un italiano nonostante indimenticato come EddyBerselli. Un Paese dove diversamente da quanto sentenziava

    DAzeglio gli Italiani ci sono. Hanno volti e identit differenti.Ora basta (ri)fare lItalia.

    Il paese dei paesiUniti nonostante

    ILVO DIAMANTI

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    ROMA 10:30Fratellanza nel tricolore di Alberto Placidoli

    BASSANO DEL GRAPPA (VI) 13:41Ponte vecchio di Stefano Martin

    FERRARA 11:38Senza titolo di Marco Merighi

    BIELLA 12:17Su Nuraghe, alla comunit sarda di M. Ferraro

    CASERTA12:07Festeggiamenti 150 anni di Unit di Barbara Cantiello

    RAVENNA 12:43Festeggiamenti a scuola di Oscar Zaganelli

    MILANO 12:59Basilica S. Lorenzo. Immigrati filippini di Cesare Colombo

    PISA 09:07Tricoloredi Giovanni Morbidelli

    LIVORNO 11:3643 minuti al mercato: borsone rosso di Vito Lo Piccolo

    PESARO 11:34Alzabandiera di Antonio Floriani

    NAPOLI 11:40Frecce tricolori di Michele Angelillo

    TERRASINI (PA) 09:18Piccoli ma grandi di Salvatore Trupiano

    Repubblica Nazionale

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    la memoriaKa mate, Ka ora

    I nativi neozelandesi nella Seconda guerra mondiale furono al fiancodegli Alleati su pi fronti. Un libro ne racconta la leggendae il passaggio in Italia.Storcevano il volto in espressioniindemoniate, quasi in stato di trance, proprio come gli All Blacks,i guerrieri dellovale padroni di casa alla Rugby World Cup 2011

    40 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA18SETTEMBRE 2011

    Quella mattina di pioggia iguerrieri maori si sono di-sposti in semicerchio, se-condo la tradizione. Hannocominciato a gonfiare leguance come rospi, a stra-

    buzzare gli occhi. A sbuffare, emettendodei gemiti inquietanti. A contorcere il vi-so in un delirio di espressioni indemo-niate, mostrando la lingua ed entrando inuna sorta di trance. E tutto cominciato.Un urlo: Ka mate, ka ora ( la morte, la vita). Allunisono si sono battuti il pet-to, hanno piegato le gambe e picchiato ipiedi per terra, stretto i pugni, contratto imuscoli. Hanno alzato le braccia verso ilcielo, invocando i loro idoli prima diunaltra battaglia. Era lahaka, la danza diguerra resa celebre in tutto il mondo da-gli All Blacks, i giocatori di rugby neoze-landesi. Era la prima volta che veniva ese-guita in Italia. Ed era la primavera del1944. Terminato il rito, i guerrieri hannoimbracciato i fucili con le baionette e ri-salito il colle, sulle macerie di Cassino. In-curanti delle cannonate dei tankdellaDecima armata tedesca.

    Datemi il Battaglione Maori, e vincerla guerra, confessava Erwin Rommel, la

    Volpe del deserto, il generale comandan-te dellAfrika Korps nazista. Sbalordito eaffascinato dal coraggio, dallorgoglio edalla straordinaria attitudine alla lotta diquesti uomini. Nati per combattere, comesanno bene gli appassionati di sport e inparticolare di palla ovale. Indomabili e av-venturosi. Giunti per primi dalla Polinesiaalle isole della Nuova Zelanda, lultimaterra emersa, meno di un migliaio dannifa. Sbarcati dopo una traversata infinita,settimane in mare a bordo di canoe con lesole stelle a tracciare la rotta. Viaggio e bat-taglia. Pronti gi a scendere in campo inEuropa nella Prima guerra mondiale co-me cittadini britannici a fianco deipakeha, i neozelandesi bianchi, quelli chenellOttocento si stabilirono nelle loro ter-

    re e con cui latavica diffidenza dicono non sia mai stata risolta. Nel secondoconflitto furono i capi trib a spingere p er-ch il governo di Wellington istituisse uncorpo speciale di fanteria composto soloda nativi: il Ventottesimo Battaglione, ri-battezzato il Battaglione Maori, aggregatoalla Seconda divisione neozelandese eschierato per sei anni con le forze alleatesu diversi fronti, dallInghilterra alla Gre-cia, dalla Tunisia allEgitto. AllItalia. Dal1940 al 1946, tremilaseicento uomini pro-venienti da regioni e centri dai nomi evo-cativi come Tairawhiti, Waikato, Rotorua,Maniapoto.

    La leggenda del Battaglione Maori raccontata in maniera esemplare da un li-bro,Nga Tama Toa: The Prize of Citizen-ship(I guerrieri: il prezzo della cittadinan-za)che raccoglie fotografie e testimonian-ze dei protagonisti di allora e in Nuova Ze-landa ha un eccezionale e comprensibilesuccesso, perch questo un pezzo di sto-ria di una delle pi giovani nazioni del

    mondo. Anche un pezzo della nostra sto-ria, se vero che due lunghi capitoli sonodedicati alla campagna dItalia. Comin-ciata il 22 ottobre del 1943 con lo sbarco aTaranto, dopo i primi anni passati prima

    Il battaglione entra di nuovo in citt2-3Il battaglione abbandonadefinitivamente la cittadina

    5-6

    FEBBRAIO

    Si forma il Corpo dei neozelandesiche d il cambio alle truppe americaneuscite da Cassino

    4

    Il Battaglione Maori si muove versoil fiume Rapido

    5/6

    Ha inizio la seconda battaglia di Cassinocon il bombardamento del monastero

    15

    Le Compagnie A e B dannolassalto alla stazione ferroviaria

    Il Battaglione Maoriabbandona il fronte di Cassino

    17/18

    19

    MARZO

    Inizia la terza battaglia di Cassinocon il bombardamento della citt

    15

    I kiwi entrano nelle rovine di Cassino16Il Battaglione Maori si gettaa capofitto nella battaglia

    19

    La terza battaglia di Cassino in un punto di stallo

    23

    Il Battaglione Maori abbandona la citt26-27

    1944

    MASSIMO CALANDRI

    Il battaglione che danzsul campo di Cassino

    GENNAIO

    Inizia la prima battaglia di Cassino12

    Ventottesimo Maori

    APRILE

    Repubblica Nazionale

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    LADOMENICADI REPUBBLICA 41DOMENICA18SETTEMBRE 2011

    LE IMMAGINI

    Nella foto grande, soldati maori durante unahaka,la danza rituale che precede la battaglia. In altoa sinistra, cerchiato, il luogotenente Nepia Mahuikacon il Battaglione Platoon in Italia. In alto a destra,alcuni soldati e ufficiali del Battaglione Maor i di stanzain Italia: da sinistra verso destra Rauaroha Tureri;Mai Tutu Wi Repa; Hone Te Hauru Kaa; Pekama Hunia;Brownie Ngata; Harold Kirk; James Richardson;Te Kooti Reihana; Jack Reedy; John Waititi;Sam Painora; Te Rauwhiro Tibble; Nepia Mahuika;Hape Paringatai; Kaiaho Rehu; James ReedyIn basso: il men realizzato dalla compagnia Cdel Battaglione Maori alla fine della campagna italiana

    ad addestrarsi tra Folkestone e Dover, poiin Grecia, dalle Termopili a Creta, in Egit-to ad El Alamein e Marsa Matrouth (247italiani fatti prigionieri), e ancora Takrou-na in Tunisia. I guerrieri maori risalgono lapenisola con gli Alleati, quattrocento chi-lometri per raggiungere lOttava armata esfondare la linea Gustav. Prima con igurkha indiani sotto la pioggia battenteoltre il fiume Sangro, in prima linea a di-cembre nelle battaglie per conquistare lestrade e la linea ferroviaria nei pressi di Or-sogna e Ortona (11 morti, 222 feriti), poiuna sosta a SantAngelo dAlife e di nuovoin marcia verso la valle del Liri.

    Montecassino, la seconda battaglia del17 febbraio per conquistare la stazioneferroviaria. Il capitano Matarehua Wiki-riwhi, quello che dicono guidasse la hakae che alla fine avr unagamba

    amputata (quando tutto sar finitotorner a casa dal capo trib, Takarua Ta-marau, per dirgli che suo figlio Hori gli ave-va salvato la vita proteggendolo col corpodal fuoco nemico), che chiede ai suoi uo-mini di tornare indietro Non possiamocombattere i carrarmati con le baionette ma quelli non vogliono sentire ragioni.La terza e la quarta battaglia. La vittoria fi-nale, a un prezzo altissimo: 340 uomini delbattaglione muoiono, altri milleduecentorimangono feriti. Il sacrificio e la prova dicoraggio dei maori, la loro determinazio-ne nei combattimenti corpo a corpo, ri-sultano decisive. I militari dopo tanti me-si si concedono il primo hangi, il pranzotradizionale, carne e tuberi stufati.

    Riprendono lavanzata e i racconti, macon il passare dei giorni alla febbre della

    battaglia si sostituisce quella del viaggio:Firenze, Camerino, il secondo inverno sulfiume Senio e il Santerno. Mio nonno,che era di Granarolo, li vide giocare arugby sotto la neve, a Faenza, ricorda Lu- RIPRODUZIONE RISERVATA

    ciano Ravagnani, storica firma del giorna-lismo ovale. Poi Udine e Trieste, dove sfio-rano lo scontro con gli uomini del mare-sciallo Tito e poi vengono inviati a Prosec-co, pronti se necessario ad affronta-re gli jugoslavi con le armi. Ed in questepagine che i maori confessano tutta la lo-ro empatia con gli italiani. Che parlanouna lingua dai suoni per certi versi simili,niente a che vedere con linglese. Allamaggior parte degli italiani, specialmentenel sud, non importa la differenza nel co-lore della pelle scrive un giornalistaneozelandese dellepoca Anche nelnord sono sempre benvoluti, ipakeha so-no invidiosi del loro successo. Sono gene-rosi, ma non comprano lamicizia. Ledonne italiane di tutte le et amano i mao-ri, e non una questione di sesso. La verit che si assomigliano, sembrano pensarenello stesso modo. I maori hanno un ap-proccio diretto che piace agli italiani. E laloro indipendenza, la loro fisicit, fannouna grande impressione.

    Massimo Valli un ragazzino di Faenza,e ricorda di fronte a palazzo Pancrazi unabattaglia a palle di neve con quei signoridalla pelle scura, che erano generosi eavevano delle chitarre, amavano la mu-sica e imparavano presto le nostre can-zoni. Nepia Mahuika racconta che aCamerino uno dei suoi commilitoni,Wharehinga, si innamora di una ragaz-za. Si fa accompagnare nella casa delpadre di lei da un altro maori che parlaitaliano, ma anche quello finisce perinnamorarsi della stessa giovane. Equando Wharehinga danza unahakadi benvenuto per il futuro suocero equesto si lamenta (Mi rovina il tap-peto), linterprete traduce appostavoglio che danzi sul mio tavolo.Wharehinga salta sul tavolo e vienecacciato di casa, lasciando campolibero al rivale in amore.

    Allinizio dellestate del 1945, ilBattaglione Maori lascia Triestesu di un treno senza sedili. Ci so-

    no tante ragazze alla partenza,ma il comandante Awatere ir-removibile: Perch volete por-

    tarle con voi? Molte wahine (ragazze) viaspettano in patria. Tornate a casa e spo-satevi. Alcuni vengono trasferiti nei pres-si del Trasimeno. Ma la maggior partevuole continuare a combattere e chiede diandare sullultimo fronte ancora attivo,quello asiatico, perch il Giappone non si arreso. Non ancora.

    Dal 9 settembre la Nuova Zelanda staospitando i campionati mondiali dirugby. Jim Love, che stato giocatore divalore e buon allenatore in Italia prima ditornare nella sua Rotorua dove dirigelAccademia giovanile ha scommessosulla vittoria degli All Blacks. la tradizio-ne marziale dei maori ha detto, aggrot-tando un po la fronte a proposito dellabi-lit tattica dei connazionalipakeha La-sciateci combattere e vedrete come finir.Non ci saranno prigionieri. Giuro. A gui-dare lahakache precede ogni battaglia in

    campo Piri Weepu. Un maori. Un anticoguerriero che contorce il viso, strabuzzagli occhi, tira fuori la lingua. Come set-tantanni fa, a Cassino.

    Repubblica Nazionale

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    Il Partenone che si infiamma al tramonto, le collinedi Epidauro, la costa che ricorda le scoglieredella Cornovaglia:mentre visita le meraviglie

    della Grecia, allinizio del Novecento, la scrittrice ripensa con nostalgia alla sua InghilterraE intanto impara il mestiere. Come racconta nei diari di viaggio che escono adesso in Italia

    CULTURA*

    42 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA18SETTEMBRE 2011

    Q

    uando leggo questo tac-cuino, come faccio a voltea Londra nelle calde seratedomenicali, vengo colpita dallasommariet delle affermazioni che visono contenute la trascuratezza

    delle descrizioni la ripetizione degli aggettivi e in poche parole lo considero un lavoro molto pre-cipitoso, ma mi giustifico ricordando in quali cir-costanze stato scritto. Dopo unescursione di ungiorno, o quando avevo una mezzora libera, o co-me diversivo a qualche tragedia greca statoscritto in momenti diversi, e in stati danimo diffe-renti, e sono certa che se mi fossi imposta qualun-que altra condizione il diario non avrebbe mai vistola luce. Non lho forse portato in Cornovaglia a Pa-squa, e non ho forse deciso di verificare se vi fossequalcosa di utilizzabile e non vi ho forse scrittopersino il mio indirizzo?

    Perci, ancora una volta, torno al vecchio metodo,affermando semplicemente di essere consapevoledei suoi difetti la protesta della vanit.

    Ma era tutto cos nitido e ordinato e greco; si notauna certa austerit nel paesaggio, nonostante tuttala sua grazia. Non riesco a trovare altre parole se nonquelle che stasera mi occupano i pensieri, ed parti-colarmente inutile ostinarsi su unimmagine cosperfetta con aggettivi poco appropriati. Potrei dire di

    aver scritto questo a Corinto, e c una comitiva didonne lamentose che cantano sotto la mia finestra.Piangono forse la rovina del paese, o qualche doloreprivato, oppure stanno semplicemente festeggian-do il nuovo ristorante inaugurato stasera con i fuo-chi dartificio? [...]

    C cos tanto da cogliere ad Atene che non occor-re tentarne alcuna descrizione. Camminando placi-damente, dando unocchiata qua e l con comodo,lentamente si compone un quadro compatto. Noncercher di riprodurlo qui per intero; ma come unalibera donna inglese affronter senza fretta le avven-ture quotidiane, significative o irrilevanti che siano.E dopotutto, ogni passo si posa su una terra sacra.

    Si arriva ad Atene lungo la riva del mare, cos chedal finestrino del treno si vedono in basso piccolebaie dove si infrangono le onde chiare; e questa an-sa tranquilla Salamina, e l, sulla cima di quella sco-gliera di fronte, sedeva Serse (cos si dice) duemilaanni fa, in un pomeriggio di settembre come questo.

    Avrebbe potuto essere un tratto di costa della Cor-novaglia, perch lacqua era tersa e lucente come lA-tlantico nel pieno dellestate, ma le colline eranomontagne, e il luogo sembrava cesellato come una

    statua. [...]

    LAcropoliQuando spuntato il giorno, siamo andati ciascu-no alla propria finestra e abbiamo visto che dallo-

    scurit emergeva un enorme sperone roccioso, bru-no e solcato dalle ombre, sul quale sorgevano duegruppi di colonne, uno bruno come la roccia, laltrobianco e delicato. In verit, sul precipizio cerano al-tre colonne, ma sapevamo che quelle scure erano ilfior fiore del luogo, il Partenone.

    Quando ti avvicini, vedi che il Partenone di granlunga il pi imponente di tutti i templi; e vedi ancheche la superficie delle colonne scheggiata e graf-fiata. I danni sono terribili, ma ciononostante il Par-tenone ancora giovane e splendente. Le sue co-lonne si ergono come belle membra rotonde, arros-sate per il vigore. Tuttavia, quando labbiamo vistoper la prima volta, la luce era cos violenta che siamoriusciti a stento a sollevare lo sguardo verso il fregio:anche a causa di tutto quel marmo disseminato ainostri piedi lastre di marmo, rocchi di marmo,

    schegge di marmo sembravano inviarci lampi di lu-ce dal basso. [...] Abbiamo inoltre visitato lAcropolial tramonto. E quando si parla del colore del Par-tenone, ci si piega semplicemente alle esigenze del-la lingua; un pittore che usasse la propria arte per de-

    scriverlo confesserebbe di avere gli stessi limiti. IlTempio si accende di rosso; lintero frontone occi-dentale pare infiammarsi, come per la prima volta,nel tramonto che gli sta di fronte: irradia luce e calo-re, mentre gli altri templi bruciano di un fulgorebianco. Nessun luogo appare pi energico e vivo diquesto palco di antiche pietre morte. [...]

    EpidauroCi troviamo adesso nella terra delle rovine e dei re-sti preistorici; non vi sono statue n templi, perci dobbligo un altro tipo di interesse. Oggi ad esempioabbiamo viaggiato per venti miglia (e io scrivo, stu-pidamente, affacciata su una strada in pieno schia-mazzo serale) verso Epidauro. Il paese, quando pe-netri allinterno della spoglia linea costiera, stranoe bello. Ci sono lunghe strade rosse che attraversa-

    no campi rossi accidentati per via delle pietre, e col-tivati a ulivi contorti, o a vigne nane; ci sono collineininterrotte, ma nellinterno sono coperte da picco-li cespugli verdi, e gli avvallamenti tra cui oggi ab-biamo viaggiato ci hanno ricordato ancora una vol-

    ta la Cornovaglia. Inaspettatamente le strade stret-te di Atene ci hanno fatto venire in mente St Ives. Treronzini tristi hanno tirato la nostra carrozza per tut-te le venti miglia; abbiamo superato molti greggi dicapre, molti muli da soma, molti carretti stracarichidi otri di vino. Ma cerano solo due paesini, e nessunsegno delle comodit della civilt inglese.

    MiceneLe parole che ho affibbiato a Epidauro in modo af-frettato e brutale sono particolarmente inadeguate,e quando penso a Micene, la mia prossima prova,potrei anche lasciare la pagina in bianco. Dove co-mincia questo posto dove finisce che cosa nonraccoglie lungo il percorso? Non c mai stato un si-to, credo, meno facile da trattare; viaggia attraversotutte le cavit del cervello, risveglia strani ricordi efantasie; preannuncia un futuro remoto; raccontanuovamente un passato remoto. [...]

    Limmaginazione ti fa continuamente credere,mentre cammini, che il posto sia affollato e raccol-to; vero invece che c poco da vedere e niente daascoltare. Ma le pietre immense non devono essereignorate, e i due leoni che sorvegliano lingresso tiammettono ancora consapevolmente in qualcosadi augusto che si trova al di l. Tremo al pensiero discrivere dei classici greci, perch potrebbe ricorda-re laccenno superficiale di una guida turistica, maavevo il gusto di Omero in bocca. In realt, questo il vantaggio di vedere le cose sul posto; le parole dei

    poeti cominciano a cantare e a incarnarsi. [...]Quando ripensi alla campagna inglese trovi mol-

    to di cui sorprenderti in quella greca. Dovremmochiamare le colline di qui luoghi dinteresse e per-correre miglia e miglia per visitare ci che vi di pit-toresco, poich se da un lato abbiamo le nostre bel-lezze, dallaltro abbiamo anche vasti spazi unifor-mi. Ora, la Grecia sempre in uno stato di fermentoed effervescenza; ogni viaggio che intraprendi parecondurti per luoghi di campagna belli, o maestosi oromantici. Non vi quiete, ma un continuo curvaree fluire, come se la terra scorresse liquida e vivacecome il mare. [...] Penso in particolare alla baia di Sa-lamina come labbiamo vista questa sera dai fine-strini del treno. Adesso la ferrovia corre su una spor-genza rocciosa lungo la scogliera, e si pu guardaredallalto una strada che costeggia la baia, e poi di-rettamente lacqua. E questa sera la luna sorta pri-ma che il sole tramontasse, cos si avuto un insoli-to sposalizio tra due luci; il tenue argento della luna,e il colorito rubicondo del sole; e mentre la luna gia-ceva delicata e bianca sul mare, le acque scintilla-vano letteralmente, azzurre, pure e tenere, e vivesotto di lei. Cos che lintera baia era luminosa, e cal-

    da, come se fosse piena fino allorlo di un qualche li-quido vivo, proprio nel momento in cui diventavaunombra. [...]

    Alle cinque del mattino ci siamo ritrovati davantialla Locanda di Calcide in attesa della nostra carroz-

    Woolf

    Virginia

    Un t sullAcropoli

    VIRGINIA WOOLF

    Repubblica Nazionale

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    Tremo a scrivere dei classiciperch potrebbe sembrare

    una guida turistica,ma avevo

    il gusto di Omero in bocca

    In un pomeriggio frivoloqui ad Atene pensi alle lande

    dello Yorkshire,profumi

    che soffiano dalla brughiera

    LADOMENICADI REPUBBLICA 43DOMENICA18SETTEMBRE 2011

    za, mentre la pioggia cadeva a dirotto. Persino cossiamo riusciti a vedere le barche, trasportate dallacorrente, e i grandi piroscafi che vi scivolavano ac-canto. Con il sole sarebbe stato bello; in mezzo allafanghiglia era tutto indefinito e poco accogliente co-me un sogno. [...] Cera una nebbiolina scozzese ab-bastanza cupa. Abbiamo rifocillato i cavalli in unalocanda lungo la strada, che abbiamo quindi potu-to esaminare con interesse. Era un fienile, con unmuro che lo divideva in due stanze. Una era la stal-la, laltra la camera da letto sala da pranzo salottoecc. di marito e moglie e figli. Abbiamo sbirciato at-traverso linferriata, e abbiamo visto la donna in unangolo, intenta a filare la rocca; era seduta su unastuoia. Accanto a lei, i bambini g iocavano; cera unbuco nel camino, e un mucchietto di cenere sul pa-vimento, e su alcune assi pane e cipolle. Ecco lIn-ghilterra del XIV secolo; era buio e probabilmentecera puzza: negli angoli baluginavano pentole distagno e piatti. Un uomo che pareva un servo ci haportato pane e acqua.

    Ma abbiamo proseguito oltre, e alle due in puntoci siamo ritrovati allingresso di un paese forse ilprimo che abbiamo incontrato. Cerano delle cata-pecchie ammassate in una vallata, e in mezzo si er-geva una casa bianca squadrata. La presenza di per-siane e terrazze indicava che eravamo giunti allameta; cos siamo scesi e ci siamo ritrovati in un sa-lotto inglese. I salotti inglesi, vero, in genere sonoarredati in modo pi sontuoso; ci sono tappeti sui

    pavimenti, e molte sedie. Questa stanza faceva pen-sare che le finestre fossero perennemente aperte, edato che i suoi proprietari vivevano allaria aperta,non cera bisogno di tanti orpelli, ma solo che la ca-sa fosse fresca e semplice. Eppure, per quanto aper-to e sgangherato, il posto aveva leffetto di farti sen-tire come se fossi finalmente arrivato nel luogo in cuisi svolgeva la vita, dopo aver lambito per lungo tem-po un esterno fittizio. Qui la gente viveva, non si li-mitava a stare. E questa impressione rimane; per laprima volta la Grecia diventa davvero un luogoumano articolato, casalingo e familiare, invece diuna splendida superficie. Abbiamo camminatolungo un viottolo che avrebbe potuto trovarsi in In-ghilterra perch aveva una siepe, ed era fangoso,per andare a vedere un accampamento di pastorivalacchi. [...]

    Ci siamo diretti verso la costa, a circa cinque mi-glia di distanza. I contadini stavano lavorando paci-fici nei campi, e mentre passavamo ci hanno augu-rato buona giornata. La costa molto ripida, e gri-

    gia, come le scogliere della Cornovaglia; le rocce gri-gie macchiate di licheni gialli spiccano nellacquaassolutamente cristallina. E allorizzonte si vedonoi delicati profili delle isole. [...]

    Non sorprende, se dovessi mettere per iscrittotutte le circostanze del caso; di certo non colpa del-la Grecia il fatto che esclamiamo tutti: Ah, se fos-simo in Inghilterra!.

    un po strano come la nostalgia aumenti e checosa desideri; si nutre di nomi, e la semplice parolaDevon diventa pi bella di una poesia; da unumidastrada londinese, trae immagini migliori di qualun-que visione della Grecia, con la luce dei lampionideformata sul marciapiede. E sei righe di descrizio-ne Era una notte dinverno e le stelle si levavanosoprai campi spogli susciteranno lacrime,lo giu-ro.

    Eppure non siamo patriottici; in verit diver-tente leggere i giornali e scoprire quanto poco ci sipossa interessare a tutto ci che continua a friggeree ribollire nella nostra isola. [...] Il Timesperde la sua

    imponenza: il giornalino privato di una piccola co-lonia di isolani, il cui schiamazzo efficacementeconfinato nella loro prigione.

    Ma non la gente che bramiamo; il luogo. Con-serva la sua magia, con tale forza che pare inviarescosse attraverso lacqua.

    In un pomeriggio frivolo, qui ad Atene poichla strada tagliata in colori netti e lavata nellaria lu-minosa ha una certa leggerezza pensi alle lan-de desolate dello Yorkshire; profumi freschi che sof-fiano dalla brughiera, case di pietra, una luce o duenella valle. O pensi a una grande piazza londinese,dove sono state appena accese le lampade, e tutte lefinestre si stagliano rosse, pronte per una serata vir-tuosa. Oppure pensi ai chiari mattini dautunno,con il sentiero di foglie bruciate nel vento, una pagi-na nuova sulla scrivania, e un fuoco vivace nel ca-minetto. Ci sono molte immagini; emergono, unadopo laltra, finch devi smettere di pensare, perchprima devi percorrere molte leghe di questo orien-te inospitale.

    LInghilterra ha un riverbero di tutto ci che pu-lito e sano, e serio; inoltre, un luogo semplice, pie-no di bellezze nuove. Ah, s, torneremo a casa e lescopriremo tutte; non esistono bellezze simili danessunaltra parte.

    Traduzione Francesca Cosi e Alessandra Repossi 2011 Mattioli 1885 Spa

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    IL MANOSCRITTO

    A sinistra, il manoscrittodi alcuni diari di VirginiaWoolf. Nella paginaaccanto, al centro,la scrittrice in un disegnodi Richard Kennedy

    IL LIBRO

    Diari di viaggio. In Italia,Grecia e Turchia di VirginiaWoolf (Mattioli 1885,118 pagine, 17,90 euro)esce per la prima voltain Italia il 5 ottobreI diari sono stati scrittidurante il tourche la scrittrice feceallinizio del Novecentonel Mediterraneo, con i suoifratelli. Poco dopo pubblicil suo romanzo desordio

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    Marlon Brando gli ha buttato gi i denti,Jackie Kennedy lo ha quasi spedito in galera,Andy Warhol lo adorava e lo seguiva ovunqueA ottantanni e con una serie di mostre in tuttaEuropa Ron Galella, il fotografo pi amato

    e odiato dalle star, si racconta a Repubblica

    SPETTACOLI

    ANGELO AQUARO

    MONTVILLE (New Jersey)

    M arlon Brando gli ha rotto il mu-so, Jackie Kennedy voleva spe-dirlo in galera e Frank Sinatraprima gli grid guappo! e poilo ringrazi con un biglietto: Viva lItalia!. Sotto ilfuoco della sua Nikon F2 obiettivo Ascor 1600 passata tutta la dolce vita dAmerica. Ma Ron Ga-lella, il paparazzo pi famoso del mondo, ha unrammarico solo: aver mancato il suo maestro.Henri Cartier-Bresson: da lui ho imparato tutto.Lo inseguii alluscita di un museo. Dovevo assolu-tamente conoscerlo. Certo, con la macchina foto-grafica in mano. Mi appostai allingresso: cera unabella limousine. Invano. Usc dallaltra parte. Eh EhEh.

    A ottantanni Galella non ha perso quella risati-na che faceva indiavolare le sue prede: eh eh eh. Masotto lintercalare nevrotico anche i paparazzipiangono. Per il suo compleanno la moglie Betty gliha organizzato a luglio una festa a sorpresa: e comesegnaposto i dolcetti a forma dItalia con lo zuc-chero colorato di bianco rosso e verde. Pap par-lava broken English, linglese sporco degli immi-grati. Era arrivato da un paese che si chiama MuroLucano e in fondo tutta la mia vita ha avuto davve-ro un obiettivo solo: scavalcare quel muro. La po-vert mi ha aiutato. Non avevo soldi per aprirmiuno studio. Mio padre faceva il falegname. Specia-lit: le bare. Abitavamo nel Bronx: 12 miglia daManhattan. Cos scendevo in citt per trovare il la-voro dovera: mostre, party, Broadway, cinema. Poitornavo a casa a sviluppare. stata la mia fortuna.Fossi stato ricco mi sarei fatto lo studio in citt. In-vece di cercare la verit per strada.

    Oggi il Bronx lontano due ore. Il fotografo cele-brato da una caterva di mostre due in Spagnaquesta primavera e questautunno un tour tra Lon-dra, Parigi e Montecarlo vive nascosto in questoangolo di campagna del New Jersey. Una villona atre piani che ha disegnato lui stesso allinsegna diuno dei suoi idoli italiani, Palladio. LItalia mi hadato tutto. Michelangelo, Raffaello. Eh eh eh. Lacasa per la verit cos gioiosamente pacchiana chei produttori de I Soprano volevano usarla nei tele-film. Eh eh eh. Qui c tutta la mita. Alle pareti appeso il secolo di celluloide. Tutti gli scatti di Ga-lella. Liz Taylor. Madonna e Sean Penn. John e Yoko.Sinatra. Bruce Springsteen. Lo impari dai grandipittori: la composizione tutto. Vedi quella? DavidBowie e John Lennon. Bowie la moglie e Lennonil marito. Scusi? Non puoi avere due sguardi nel-lobiettivo. la tecnica delle foto di nozze: lo sposoche guarda la moglie che guarda in camera. E inquesto caso la moglie sarebbe Bowie? Eh eh eh.

    La foto che vale di pi naturalmente quella diJackie davanti a Central Park: cinquemila dollari lacopia firmata. La seconda? Robert Redford alla fon-tanina del Village. La terza? Boh: so benissimo qual la mia preferita. Vedete Sophia Loren? Era lunadel mattino in quel locale di Hollywood. Aveva ap-pena incrociato lo sguardo di Omar Sharif: Dico-no che gli italiani hanno gli occhi pi belli del mon-do: nessuno s mai soffermato su quelli degli egi-ziani.

    Paparazzo la parola che Galella rub a Felliniper descrivere il suo stile: Ma di quel film meravi-glioso non mi piaceva proprio quel personaggio:troppo cinico. Io non sono cos. Mi riempirono disoldi per volare nel Principato di Monaco al fune-

    Mio padre faceva il falegnameSpecialit: le bare. Abitavamonel Bronx. Scendevo in citt

    per trovare il lavoro: mostre, party,Broadway. Poi tornavo a sviluppare stata una fortuna. Fossi stato ricconon avrei cercato la verit per strada

    Ilpigrande

    del mondo

    WINDBLOWDOWN

    In alto, il re dei paparazzinel suo archivio mostra la sua fotopi famosa: Windblowdown JackieLa foto dellex first lady cost a Galellauna citazione in tribunalee una diffida ad avvicinarsi ancoraalla famiglia Kennedy

    Del film di Fellini non mi piacevaproprio quel personaggio:troppo cinico. Io non sono cos

    Mi riempirono di soldi per volarenel Principato di Monaco al funeraledi Grace Kelly.No grazie, dissi,

    preferivo ricordarla bellissima

    44 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA18SETTEMBRE 2011

    FOTOJAMESLEYNSE/CORBIS

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    Paparazzo

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    rale di Grace Kelly. No grazie. Preferivo ricordarlabellissima. Non che mi vergognassi di saltar fuori aifunerali. A quello di Jimmy Durante beccai MarlonBrando fuori dalla chiesa. Con lui cera stato quelcontenzioso.... Contenzioso? La celebrit di Galel-la bollata da due cause: quella persa con Jackie equella vinta con Marlon. Mi fece saltare due denti.Per carit: boxing con le star in questo mestiere normale e ci ho fatto anche uno dei miei dieci libri.Ma quella volta non so che gli prese. Spesso tra noila lite una finzione: un gioco per farsi pubblicit.

    Vedi l Mick Jagger che in auto mi fa il dito medio?

    Lo scatto successivo sarebbe stato: ciao Ron! Maquella volta Marlon.... Un anno dopo Ron lo inse-gu provocatoriamente col casco. Ebbi questa ideae chiamai dietro un mio amico. Mi presentai con uncasco da football e cominciai a scattare. Della serie:e adesso colpiscimi. la foto di me che ha fatto il g i-ro del mondo.

    Il paparazzo col casco? Oggi diverso. Ancheperch non ci sono pi i divi di una volta. Soprat-tutto le dive. Guarda questa foto: Nicole Kidman una delle mie ultime. Alta, snella. Ma le altre? Ma-donna piccolina. Mariah Carey piccolina. AncheLiz Taylor era piccolina: ma due tettone.. . Eh eh eh.Lady Gaga? Mai incontrata, ma s che mi piace-rebbe. E poi italiana: e si vede. Una che ha fegato,il coraggio dellesibizionismo. Del trucco. Del tra-vestimento. Quello il divismo vero. Cos si fa. Checos il divismo glielha insegnato il suo amico pigrande: Andy Warhol. Avevamo la stessa malattia:io la chiamo malattia sociale. Se cera un party,una festa, un evento noi ceravamo.

    Ma la storia di Ron Galella la storia della donnache gli ha cambiato la vita: Jackie. Smash his ca-mera!: rompigli la macchina! Lordine dellex first

    lady agli uomini del servizio segreto diventatoperfino il titolo di un film di Stuart Schlesinger. E lafoto di Jackie capelli al vento unicona indimenti-cabile. Io la chiamo la mia Monna Lisa. In studionon avresti mai ottenuto un sorriso simile. Quanto

    tempo ho passato sotto casa? 1400 Fifth Avenue.Angolo 85esima. Praticamente lavoravo l. Ricordoancora quel giorno: 7 ottobre 1971. Arrivo e lei escedalla porta di servizio. La seguo? Non lavrei maibeccata. Prendo un taxi al volo. Quello le arriva sot-to sotto e quasi non ci crede che Jackie. Fa tutto lui:strombazza pow pow! Jackie si gira e... zac!. Lasventurata sorrise.

    La storia di quel tormento finisce a processo unanno dopo. Ma non per colpa di quello scatto. Leinon tollerava che lavessi beccata con John John.Capisco. Ma allora erano altri tempi. La causa di-

    venta una copertina di Life: Jackie contro il caccia-tore di Jackie. 31 marzo 1972. Per Ron il trionfo.Ma anche la condanna: Mai pi un suo scatto. Mifossi avvicinato ancora a lei o John o Caroline ri-schiavo ventimila dollari. E sette anni di carcere.Lultima volta che si avventura sotto quellindiriz-zo mitico proprio lultima. 19 maggio 1994. Ilgiorno della morte. Fu quasi un pellegrinaggio, undovere. E senza macchina fotografica, ci manche-rebbe. Hanno detto che era il mio amore segreto,ma va. Unossessione s: di bellezza. Ricordo anco-ra quella sera alluscita di un ristorante. Mi in-chiod con lo sguardo, la sigaretta in mano: Sonotre anni che mi tormenti. Per in casa aveva il libroche realizzai con i suoi ritratti . E le foto ora sono al-la Kennedy Library di Boston.

    Altri tempi. Oggi i paparazzi sono tutti uguali:soldi soldi soldi. La morte di Lady Diana ha cam-biato tutto? Forse. Ma la colpa non loro: quellau-tista era ubriaco. A Lady D i paparazzi piacevano.Lho vista farlo anche con me: ragazzi non ora. E do-po era lei stessa a presentarsi. Magari quella sera seglielo avessero chiesto lei avrebbe risposto come alsolito: ragazzi non ora. Certo che lavrebbero inse-

    guita comunque, ma non a duecento allora in queltunnel della morte. La principessa sembra annui-re con un sorriso, incorniciata sul muro di fronte.Poi Ron Galella spegne la luce anche su di lei.

    SCATTI CELEBRI1. Brooke Shields, Michael Jacksoned Emmanuel Lewis ai Grammy Award del 1984;2. John Travolta acclamato dai fan, 1976;3. Jean-Michel Basquiat e Andy Wharolin un party di beneficenza, 1984;4. Sophia Loren alla prima del Dottor Zivago,New York 1965;5. Mick Jagger e John Lennon, 1974;6. Marlon Brando seguito da Ron Galellacon un casco da football come provocazione, 19747. Salvator Dal, Guy Burgos e Naty Abscal , 1969

    RIPRODUZIONE RISERVATAFOTOG

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    LAURA LAURENZI

    I

    ndietrotutta: tornano gli anni Quaranta, anni dalla doppia anima, contraddittori. Ci fu la guerra ma poi laricostruzione. Ci fu la crisi pi nera ma poi la pace, il sogno del lusso e dellabbondanza. La donna in unifor-

    me conviveva con la pin-up, lesigenza di nascondersi con la voglia di mostrarsi. Ed proprio a una decadecos traboccante di icone femminili che la moda di oggi, nelleterno gioco dei corsi e dei ricorsi, vuole attin-gere, mixando tutto: la guerra e la pace, il tailleur militare cucito con poca stoffa e labito sfarzoso e opulentoispirato al New Look di Dior, le materie prime povere e autarchiche, le zeppe di sughero, i gioielli di rafia o di

    legno e lo scintillio dei brillanti, veri o falsi, nelle clip che trattenevano le scollature quadrate dei vestiti da sera.Lispirazione arriva come sempre da Hollywood. Laustero e impeccabile tailleur di foggia maschile indossato

    da Ingrid Bergman in Casablanca , anno 1942, il capo di vestiario pi venduto nella storia delleconomia tessileamericana. Certamente il pi imitato, copiato, clonato, allora come oggi, a reinventare le linee rigorose dellab-bigliamento in divisa. Ma anche labito nero, scollato a maniche lunghe, semplicissimo tranne per la cinta gioiel-lo che la Bergman, elegantissima, sfoggia nella scena della festa in Notorius, anno 1946, divent rapidamente unarchetipo, che mantiene oggi tutta la sua contemporaneit.

    Due anime, dunque: i tailleur da giorno improntati al razionamento gonne dritte, giacche corte, borse a cartel-la e la femminilit fatale del tutto nero, le stampe dantan, le cascate di pois, le spalle importanti, i l ritorno di ac-cessori come il manicotto, gli occhiali a gatto, i cappelli a falde larghe ma anche i turbanti stile Carmen Miranda, lepettinature a onde morbide alla Veronica Lake, il rossetto scarlatto come quello di Ava Gardner, la stola di volpe ar-gentata da diva. Oggi come allora la moda vuole dare laddio al minimalismo e ai suoi limiti cupi e punitivi. Il rilanciodel vintage ci consente di razziare nel guardaroba delle nostre nonne ma soprattutto di lasciare che siano gli stilisti afarlo, riproponendo e reinterpretando nostalgicamente tutti gli stilemi di un decennio tanto ricco di suggestioni.

    il decennio delle dive in bianco e nero, alcune delle quali elegantissime, come Lauren Bacall, che non a casonasceva indossatrice, o come lineguagliata Katharine Hepburn, icona assoluta di uno stile semplificato nel dise-gno, basta vedere la classe con cui indossa il nero trench maschile strizzato in vita sopra un abito lungo in Prigio-niera di un segreto, film del 1942. Ma anche Alida Valli con le sue scollature stilizzate e severe; anche Rita Hayworthdai femminili guanti lunghi che le donne torneranno a indossare la sera; e anche Silvana Mangano, chic oltre chesupersexy anche nei panni di una mondina pull aderente e shorts attualissimi in Riso amaro, 1949.

    Gi da due anni a Parigi Christian Dior, in mezzo a molte polemiche, era riuscito nellimpresa di rivoluzionarela moda di un decennio tanto complicato, introducendo uno stile del tutto nuovo, appunto il New Look: spalle ar-rotondate e non pi imbottite, gonna lunga, ondeggiante, molto ricca che arrivava a venti centimetri da terra, bu-sto e crinoline ma soprattutto metri e metri di tessuti costosi e raffinati che sostituirono il panno utilizzato neglianni bellici e decretarono la ripresa dellindustria tessile non solo francese.

    POCHETTEPelle verde smeraldocon inserti in coccodrilloverde scuro e tracollain metallo la pochetteNight Soho di Borbonese

    PREZIOSA

    in orocon zaffiri,smeraldie diamantila spilladi Bulgari

    BRILLANTEIn oro con cinturinoin satin e quadrante

    in madreperla brillante lorologio

    Harry Winston

    BLU CHINA in suede blu Cinacon chiusura metallicae nappina lateralela borsetta Harperdi Diane von Furstenberg

    CHICMetallo pi strassper il collier chicfirmato Azzaro

    CLOCHEEcco la cloche in feltrorasato con fiocco piattolaterale. la propostadella maison Borsalinoper linverno

    BICOLORESoprabito antracitein crpe su cui spiccail collo bianco. Miu Miu

    GESSATAAlla giacca gessata in lanaRalph Lauren abbinagonna a tubo e sandali

    le tendenzeNew Old Look

    46 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA18SETTEMBRE 2011

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    FRANCESINAFrancesina in suedenero con applicazionidi foglie coloratecon cucituraa contrastoDi Ferragamo

    Il rigoroso tailleur che la Bergman indossain Casablanca, ma anche liper-femminile

    abito nero che sfogger poco dopoin Notorius. Sono i due volti di uno stesso

    decennio, fatto di guerra e di pace,di fame e paillettes.Oggi la moda

    ne decreta il ritorno, reinventandosi

    ampie scollature e manichelunghe, gonne dritte

    e giacche corte

    Austere ma fatali

    il carattere conta

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    Ho trovato ispirazionenellarmadio di mia madre

    SIMONE MARCHETTI

    Ci sonoargomenti per cui la moda non sente ragioni. Unodi questi il look anni Quaranta, decennio terribile per ilmondo, ma periodo doro per lo stile. Ne parliamo con

    Antonio Marras, lo stilista sardo che a questa decade ha dedi-

    cato unintera collezione per il prossimo autunno.Da dove viene la fascinazione per gli anni Quaranta?Lo spunto stato unoccasione affettiva per me molto im-

    portante: gli ottantanni di mia madre. Per celebrarla, ho deci-so di ripensare da capo il suo guardaroba, di rispolverarne lestampe, i tagli, le silhouette. La fine degli anni Quaranta, poi, fuun periodo magico: nellaria cera voglia di rinnovamento e diricostruzione. E questa forza, questo desiderio di nuovo si no-tava anche nellabbigliamento.

    Cosa le piace, nello specifico, di questestetica?La moderazione e lattenzione ai dettagli. Penso che in que-

    sti anni leleganza femminile abbia raggiunto i vertici del gla-mour. Forse solo gli anni Venti competono con i Quaranta in fat-to di perfezione del look. Le donne, in questi periodi, avevanochiaro cosa significasse abbigliarsi, ovvero completare lapropria figura e il proprio carattere con abiti e accessori. Non acaso, il pezzo cardine di questa estetica proprio il tailleur,completo che veste alla perfezione. Fu anche il periodo del mi-tico New Look di Christian Dior, con le giacche strizzate e le gon-ne a ruota. Nel guardaroba di ogni donna, poi, non mancavanoguanti, cappelli e stole. Tutto, per, senza mai esagerare, senzauscire dalle righe. Lequilibrio, infatti, la cosa pi sorpren-dente di questo periodo.

    Quali sono gli interventi fatti sulle creazioni originali?

    Ho iniziato recuperando vecchie giacche da uomo che poiho scomposto e ricostruito sul busto femminile. Questi pezzi so-no stati quindi arricchiti di jais, di ricami, di piume per renderlipi preziosi. In realt, la tendenza a costruire abiti dai tessuti discarto era una consuetudine in quegli anni di rinascita a causadel razionamento delle materie prime. Era un modo mirabile dicreare bellezza dal nulla, di arrangiarsi con grande stile.

    Perch il look anni Quaranta ancora molto apprezzatodalle donne oggi?

    Non ho una risposta. Dal canto mio, ho scelto di ripropor-re questestetica per il potere che continua ad avere su di me.Da una parte c il mio interesse per il passato e per la risco-perta di un mondo che ha molto da insegnare a quello di oggi.Dallaltra, forse, c la mia passione per il cinema che, in queldecennio, produsse risultati incredibili. Se penso al neoreali-smo italiano, a Visconti, a De Sica, a Rossellini. Ma anche algrande cinema internazionale, come quello del primo Hitch-cock o gli esiti sublimi di John Huston... beh, allora capisco che impossibile sottrarsi allattrazione di quellestetica cos raf-finata e perfetta. La mia moda, poi, ragiona pi con il cuore checon il pensiero freddo. E gli anni Quaranta restano una pas-sione intramontabile, una di quelle suggestioni che non co-noscono ragione.

    SEVERA

    Austero abito matelassin lana e lurex, collettoin pelle. Louis Vuitton

    RIGOROSA

    Lana purissima per gonnae maglia di Antonio MarrasCon cintura. Vince il rigore

    LADOMENICADI REPUBBLICA 47DOMENICA18SETTEMBRE 2011

    AUDACE

    Abito di Gucci con dettagliin satin: audace colorciliegia, collo in pelliccia

    FASHION

    Coprispalle in lapine casacca in setasulla gonna. Blugirl

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    GIOIELLO

    In cuoio lavoratoal laser le scarpeFendi con taccorosso fuoco: gioielloda giorno

    VERTIGINETacco vertiginosoper le scarpe stringateproposte da Gaultierin suede e lana grossaspigata

    FIOCCO

    Dcollet apertain pelle verde petroliocon zeppae fiocco applicatoTwin-Set

    Lintervista /Antonio Marras

    Repubblica Nazionale

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    i saporiIn bianco

    Fritto in pastella, soffiato, rivestito di cioccolatoIl cereale delle mondine da simbolo di fatica e povert diventato col tempo sfizio gustoso per grandie piccini.E se la sua farina una salvezza per i celiacigolosi, il suo latte perfetto per chi trova indigestoquello vaccino. Di qui linizio di una sua terza vita

    48 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA18SETTEMBRE 2011

    Compagniroditori, fatico a pedalare, bisogna sgra-nocchiare il dolce Ciocor. Pi goloso che ideo-logico, il castorino protagonista della pubblicittelevisiva ideata nel 1978 stato il primo testimo-nial delle proto-barrette per lalimentazionesportiva. Perch altro non era il Ciocor, mix di ri-

    so soffiato e cioccolato, originariamente incartato nella stagnola e lim-magine di un bambino col cappellino di carta di giornale come etichet-ta. Fino a quel momento met degli anni Cinquanta il riso in ver-sione dolce si limitava a poche ricette dal nord al sud: cotto nel latte, frit-to in pastella, assemblato in torta. Preparazioni figlie di unItalia pove-ra ma molto pi attenta di oggi nella gestione della dispensa.

    Grazie alla bellezza sfrontata e dolente della mondina Silvana Man-gano inRiso amaro, il riso era diventato un simbolo della quotidiana fa-

    tica di guadagnarsi il cibo, tanto da essere cooptato (gli arancini!) ancheal sud, dove le risaie non esistevano. Primo fra tutti i piatti in bilico tradolce e salato c il riso e latte, considerato quasi come un pasto com-pleto, grazie ai carboidrati, grassi, proteine e vitamine. Le torte e le frit-telle invece, hanno avuto il compito di sanare lincompatibilit tra ciboavanzato e budget mensile. Del resto, rispetto alla pasta, che ammette

    una sola cottura e regge al massimo la trasformazione in frittata il gior-no seguente, il riso pretende s nevr otiche cotture al secondo per i risotti,ma sa anche rilassarsi, fino a diventare crema in ricette altrettanto sfi-ziose. A cominciare dai dolci.

    Il Ciocor custodito nella tasca esterna della cartella (per non finirespiaccicato tra quaderni e sussidiari) con il suo riso etereo, impalpabilesupporto al cioccolato, ha segnato lo spartiacque tra indigenza e godi-mento, necessit e piacere, fame e sfizio, mentre laltro riso, dalle mine-stre in gi precipitava nelloblio dei cibi legati a tempi da dimenticare.

    A riscoprirlo in tutta la sua possibile dolcezza altra impossibilitper la pasta lavvento della dietetica, con la sua scia di intolleranze,allergie e comandamenti light. Priva com del minaccioso glutine, lafarina di riso diventata la chiave alimentare per i celiaci golosi, perchrende loro accessibili gallette e biscotti, creme e tortini, budini e crosta-te. Discorso analogo per il latte, completamente estraneo a colesterolo,grassi animali, glutine e lattosio, e dotato di un tocco zuccherino, che lorende perfetto per chi trova indigesto quello vaccino ma non vuol ri-nunciare a bevande e gelati. Per supplire alla mancanza di calcio e Vita-mina D2, lindustria alimentare la addiziona ai preparati confezionati(pur senza trascurare le differenze con le fonti nutrizionali naturali). Seamate il riso, allonda o imprigionato nelle zeppole, non fatevi sfuggiregli eventi che punteggiano la stagione della raccolta, tra settembre e ot-

    tobre, come la Fiera del Riso nel centro di Isola della Scala, alle porte diVerona. Il riso nasce nellacqua e muore nel vino, recita un detto po-polare. In caso di frittelle, regalatevi un bicchiere di Recioto di Soave ebrindate allinizio dellautunno.

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    GelatoVaniglia e scorza di limonenel latte dove bollireil riso a bagnomariaTolte scorze e steccasi frulla il compostocon zucchero,poi in gelatiera

    LattePer la preparazionecasalinga, riso bianco

    (o integrale) cottolentamente e a lungoin acqua. Colare e filtrareprima che si raffreddiZuccherare a piacere

    BavareseLatte con vaniglia,un pizzico di sale e risoper mezzora. Dentrogelatina ammollata, acquadarancia e zuccheroA freddo, panna montatae riposo in frigo

    BudinoRiso cotto lentamentenel latte, coperto e senzamescolare finch asciugaPoi, tuorli montaticon lo zuccheroe bianchi a neveCottura a bagnomaria

    CiocorPari dosaggio di risoo farro soffiato e cioccolato(bianco, al latte, fondente)

    sciolto a bagnomaria,ben mescolatiRaffreddare in frigoin teglia bassa

    Quando il chicco

    diventa merenda

    Risodolce

    LICIA GRANELLO

    LA RASSEGNA

    Appuntamentogoloso oggial Castello Sforzescodi Vigevano, Pavia,con la secondaedizione di Rice,i sapori del risoIn programma,degustazioni,laboratori didattici,mercato contadinoe cene a tema,che vedrannocoinvolti alcunitra i migliori cuochidelle terre del riso,ovvero lareache si estendetra Piemontee Emilia Romagna

    *Repubblica Nazionale

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    LADOMENICADI REPUBBLICA 49DOMENICA18SETTEMBRE 2011

    BiscottiBurro morbido, zuccheroe uova da mescolarecon la farina di risoDopo una pausa in frigo,met impasto si addizionacon chips di cioccolatoo canditi

    FrittelleRiso lessato con uova,zucchero, uvetta, scorzadi limone, poca farina,un pizzico di saleA cucchiaiatenellextravergine bollentePoi zucchero a velo

    ZeppoleRiso cotto in acquae latte, poi raffreddatoDentro poca farina,lievito, scorza daranciaRiposo in frigoe frittura in bastonciniRifinitura con miele

    Riso&latteRiso sbollentato in acqua,poi cotto nel lattegi bollente, con zuccheroe vaniglia. Variantegolosa con cioccolatobianco aggiuntoprima di fine cottura

    TortaSecondo lArtusi, riso cottosodo nel latte,e poi mandorle pestate,zucchero, uova e canditiRiposo dopo il fornoe zucchero a veloal momento di servire

    Figliadi un piatto il riso al latte caro ai deboli di stomac o, la torta di riso puconsiderarsi unestrema propaggine del biancomangiare medioevale. Estre-ma, si detto, perch lungo il cammino ai due elementi fondanti (un litro di

    latte, 200 grammi di riso) molte appendici si sono aggiunte: lo zucchero, tante uo-va con sovrappi di tuorli, una scorzetta di limone, qualc he pezzetto di cedro e mol-te mandorle dei due tipi. I loro frammenti devono evocare, in punta di lingua, quel-li del cereale, ancora ben visibili ma non pi palpabili nellimpasto comune.

    Torta sociologica, o quantomeno sociale. A Bologna costituiva leccellenza ga-stronomica degli Addobbi, ossia delle feste per la decennale eucaristica organizza-te a rotazione parrocchia per parrocchia un anno dopo laltro. I proprietari delle ca-se provvedevano a ridipingerne le facciate, assicurando lavoro a muratori e im-bianchini. Le strade erano pavesate di striscioni e in cucina si preparavano torte ilcui contenitore era tondo ma il contenuto veniva tagliato a losanghe. Si prelevava-no dal piatto grazie a uno stecchino, col risultato di lasciare sui bordi qualche rima-suglio non squadrabile, ma molto utile al gioco dei complimenti tra la padrona dicasa, incalzante perch lospite si servisse anc ora, e costui che se ne schermiva. Queiritagli erano cos il compromesso fra una nuova losanga e il ri fiuto totale.

    Concepire un Addobbo senza una torta di riso sarebbe stato impossibile. Eracome lasciamo la parola ai cronisti di fine Ottocento ipotizzare un banchet-to politico senza il discorso conclusivo del deputato di turno. E del resto, per tor-

    nare allispirazione medievale del biancomangiare, non era proprio dettaadou-berla cerimonia con cui i neocavalieri venivano vestiti e investiti delle loro re-sponsabilit? Unaria di buona volont, di serena apertura al mondo circolava magari con qualche sopportazione nelle vie delle parrocchie festeggianti. I por-toni e le porte delle case interessate alla vicenda rimanevano aperti perch ognipassante potesse, stando sul limitare o salendo una rampa di scale, ricevere la pre-ziosa losanghetta. Una straordinaria civilt, un esemplare costume urbano.

    Purtroppo questi rivoli di umanit non esondavano da qualche domenica edalle mura cittadine. Con ogni probabilit i chicchi necessari a confezionare letorte provenivano dalle risaie della vicina Molinella, data la precariet dei tra-sporti che imponeva quel chilometro zero degli alimenti oggi postulato dalle nuo-ve strategie di sviluppo. A Molinella, per, imperversava la lotta di classe. Tra unproletariato agricolo indigeno deciso a mantenere il monopolio dei posti di lavo-ro anche durante gli scioperi e una folla di disoccupati forestieri che vedevano,con lappoggio degli agrari, una occasione per soppiantare i nativi. In questi con-flitti ogni tanto ci scappava un morto. In localit Guarda nel 1913 se ne contaro-no ben sei. Difficile, in queste guerre tra poveri, misurare col bilancino le ragioni

    delle due parti. Il dolce della gastronomia si mescolava cos con lamaro della sto-ria. Quanti torti per una torta

    Quel profumo parrocchia e tinellodella torta della festa

    CORRADO BARBERIS

    le tonnellate di risoprodotte in Italia nel 2010

    1,56 mln

    le calorie ogni 100 grammidi frittelle di riso

    410

    il consumo pro capitedi riso in Italia

    5,5 kg

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    DOVE DORMIRE

    IL GIARDINETTOVia Luigi Sereno 3Tel. 0161-257230Camera doppia da 90 eurocolazione inclusa

    DOVE MANGIARE

    CINZIA (con camere)Corso Magenta 71Tel. 0161-253585Chiuso luned,men da 40 euro

    DOVE COMPRARE

    PASTICCERIA TAVERNA& TARNUZZERPiazza Cavour 27Tel. 0161-253139

    Vercelli

    DOVE DORMIRE

    HOTEL AURORAViale Vittorio Emanuele 25Tel. 0382-23664Camera doppia 105 eurocolazione inclusa

    DOVE MANGIARE

    OSTERIA DELLA MALORAVia Milazzo 79Tel. 0382-34302Chiuso luned,men da 30 euro

    DOVE COMPRARE

    AZIENDA BIO AGRICOLACASCINE ORSINE

    Via Cascina OrsineLocalit BereguardoTel. 0382-920283

    Pavia

    DOVE DORMIRE

    RESIDENZASAN FAUSTINOCorticella San Faustino 7Tel. 045-9690400

    Camera doppia da 80 eurocolazione inclusa

    DOVE MANGIARE

    AL BERSAGLIEREVia Dietro Pallone 1Tel. 045-8004824Chiuso domenica e lunedmen da 35 euro

    DOVE COMPRARE

    STORICARISERIA FERRON

    Via Torre Scaligera 9Localit Isola Della ScalaTel. 045-7301022

    Verona

    itinerari

    LA

    RICETTAOmar Allievi il giovane chef

    del ristorantemilanese BiancaLa sua rivisitazionedel riso e lattesar presentataa Taste of Milano,la manifestazionedi cucina in corsoquesto finesettimanaallIppodromodel Galoppodi San Siro

    Ingredienti per 4 persone

    CREMA

    70 grammi di riso Basmati litro latte litro panna100 grammi di zuccheroSORBETTO

    250 grammi di succo di lime100 grammi di glucosio litro acqua200 grammi di zucchero

    GELATINA

    200 grammi di carote200 grammi di zucchero350 decilitri dacqua15 grammi di gelatina9 grammi di agar agar

    Cuocere mezzora il riso con latte, panna e zuccheroFrullare e raffreddare. Bollire succo, glucosio, acquae zucchero. Raffreddare in freezer girando spesso. Cucinarele carote a pezzetti con zucchero e acqua. Frullare,aggiungere gelatina e agar agar, portare a bollore, spianareCaramellare dello zucchero di canna con granella di nocciolee riso soffiato. Servire la crema con gelatina a tocchetti,cucchiaini di sorbetto e granella caramellata

    Crema di riso, gelatina di carotee ghiacciato di lime

    Repubblica Nazionale

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    50 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA18SETTEMBRE 2011

    lincontroLady di ferro Linfanzia segnata dallincubo

    della Seconda guerra mondiale,leducazione protestante, un padregiudice e una madre insegnante

    perennemente arrabbiata. Lautricedi Possessione,ora che a settantacinqueanni una tra le vocipi importantidella letteratura inglese,confessa:Non mi piaceva

    affatto essere una bambinaSapevo fin dallinizio che da adulta sareistata molto meglio. E avevo ragione

    Non sopporto chi diceche lessere umanola pi importantetra le forme di vitaTra mezzo secolo

    avremo distruttotutto, e meno maleche io probabilmentesar gi morta

    Era tutto piuttosto faticoso, aggiungeironica, ridendo solo con i suoi occhi az-zurri. Assicura di non essere mai statauna seguace del movimento fondato daGeorge Fox nella met del Seicento,mentre mio padre lo divent dopo chevenni iscritta nellistituto quacchero incui insegnava mia madre. Era un giudi-ce, ma questi due forti principi moralinon configgevano. I quaccheri non giu-rano sulla Bibbia e quando doveva faregiuramento diceva semplicemente:Prometto che far bene il mio lavoro.Questo per lui era sufficiente.

    Il padre, che si chiamava John Frede-rick Drabble, apparteneva alla classeborghese, la madre, Kathleen MarieBloor, a quella operaia. Di questa don-na nervosa e nevrotica, costretta a ri-nunciare alla carriera accademica, ste-se un ritratto assai severo la sorella mi-nore della Byatt, Margaret Drabble,scrittrice e biografa assai popolare inInghilterra, in un romanzo uscito nel2001, The Peppered Moth. La rivedo,sempre arrabbiata, mentre porta dellecose fuori dalla cucina: pentole, padel-le, piatti. Io bisbiglia la Byatt in italia-no ho paura della cucina. Forse pen-sando a quando soffriva dasma o si na-scondeva negli armadi per non fare gin-nastica, confida, a sorpresa, che non lepiaceva neppure essere una bambina.Lo sapevo fin dallinizio che da adultasarei stata molto meglio, e avevo ragio-ne. Ora sto scrivendo un libro sui miti,una parte dedicata al ciclo del Ra-

    gnark. Sono riuscita ad andare avantisolo mettendo al centro una bambinamolto magra che vive la guerra attra-verso la saga nordica, e questo lunicomodo in cui lei pu accettare quella tra-gica realt. Al tempo in cui era profes-soressa a Cambridge mia madre studia-va la letteratura islandese e i miti delNord, io scelsi litaliano e Dante. C unsuo bellissimo racconto, inserito nellaraccolta La cosa nella foresta, in cui unadonna si tramuta lentamente in pietra,esempio inusuale se guardiamo alla suanarrativa in cui il fantastico sopravanzail reale: InUna donna di pietra laspet-to reale mi sembra ancora pi impor-tante che in tutti i racconti o romanziche abbia mai scritto. Perch era unastoria sul dolore, su una donna che sitrasforma in bellissime pietre. Solo at-traverso la fantasia, in maniera indiret-ta, potevo affrontare questo argomentocos personale. Lattenzione al mul-tiforme femminile non comunque

    preminente nelle sue opere anche se,precisa, la parola metamorfosi nellasua radice imparentata con la parolametafora. E la mia mente funziona permetafore. Preponderante invece lu-

    so enciclopedico delle discipline lette-rarie e scientifiche, inclusa lattenzioneper la vita delle formiche o lo studio del-le chiocciole: afferma che la forma ditutti i suoi romanzi, anche della pi rea-listica quadrilogia fondata sullalter egoFederica Potter, nasce da una metaforadominante: le lumache ne La torre diBabele, i burattini ne Il libro dei bambi-ni,forse i sogni dettagliatissimi dei sur-realisti nel prossimo romanzo: Ciche si cercava al tempo della Torre diBabele, cio un linguaggio universale,oggi lo abbiamo: il dna, che ha la for-ma di una doppia elica. Una delle paro-le latine per lumaca per lappunto he-lix. Ecco a me piace fare delle idee qual-cosa di solido, di concreto. Per lultimoromanzo, Il libro deibambini, rivela diaver razziato la biblioteca sulla Primaguerra mondiale del marito Peter incerca di qualcosa che mi potesse servi-re come metafora. Gli inglesi costruiro-no dei burattini di soldati bidimensio-nali che comandavano con dei fili. I te-deschi li scambiavano per soldati veri , e

    quando gli sparavano addosso si sco-privano al fuoco nemico. A questo tipodi marionette ne sono collegate altre, equesto un esempio di come un ro-manzo pu venir fuori dalla storia. I ro-manzi, scrive in uno dei saggi presentiin On Histories and Stories, nasconodalle mancanze, dalle carenze della sto-ria: Perch lo scrittore osserva cose di-verse dallo storico. Sto leggendo pro-segue la Byatt, lisciando con la mano ilcopritavolo di stoffa le biografie disurrealisti e psicoanalisti, ma i dettagliche metto nei miei appunti sarebberodaltro tipo se dovessi prepararmi peruna conferenza. Sia i surrealisti che glipsicoanalisti formavano dei gruppimolto chiusi, con al centro una figuradominante, Breton per gli uni, Freudper gli altri. Di volta in volta, secondouno schema che si ripeteva, qualcunoveniva escluso. Un giorno Freud era aun convegno di psicoanalisti a Monaco,ne venne espulso uno ma quando usci-rono tutti dallalbergo il borsello diFreud si incastr nella maniglia dellaporta e il poveretto che era stato caccia-to dovette ritornare per liberare il mae-stro. Questo particolare, che pu appa-rire secondario, in un romanzo diventaessenziale.

    Quando era pi giovane non posse-deva il senso della forma, dice, dovevoriscrivere i libri venti o trenta volte, poiho capito che devo trovarlo prima diiniziare perch lunico modo per con-trollare la scrittura. Comincio a lavora-

    re alla struttura di un romanzo moltoprima di pensare a personaggi, detta-gli, eventi o relazioni fra le cose. In que-sto modo posso rendermi conto in unamaniera quasi matematica se c qual-cosa che non funziona. Fin dagli esor-di continuano a comparire nei suoi ro-manzi due figure, il naturalista e luma-nista accademico, questultimo ritrat-to con non poca cattiveria: Per il primola ragione principale che bisognereb-be guardare al mondo esterno a noi in-vece che al mondo interno a noi. Cole-ridge dice che siamo tutti ununica vi-ta. Prima di distinguere tra Dio e il mon-do dovremmo essere capaci di rico-struire ununit di cui faccia parte an-che lambiente. La parola umanista,chiarisce, significa in Gran Bretagnaqualcosa di completamente diversoche da voi. Gli umanisti rappresentanouna setta, sono per lo pi autoreferen-ziali. Pensano che lessere umano sia lamigliore e la pi importante forma di

    vita sulla Terra. Guarda cosa succede almare per colpa dellintervento delluo-mo. Forse in meno di sessantanni di-struggeremo tutte le forme vitali intor-no a noi. Ma per allora con ogni proba-

    bilit io sar morta.Al romanzo realista preferisce il ro-

    mance, un genere che ha le sue origininella mitologia, nella fiaba, nelle novel-le popolari: Credo nella verit ma pen-so daltra parte che gli esseri umani ab-biano bisogno di storie. Fiaba e reali-smo possono contaminarsi. Il sottoti-tolo diPossessione - A romance vieneda Hawthorne, e lui la usava per defini-re il suo capolavoro, La lettera scarlat-ta. Questo gli dava, diceva, una latitu-dine per inventare. Anche lui scrivevafiabe e racconti fantastici. Un altrorapporto conflittuale quello che si in-staura tra pittura e scrittura: nel ro-manzo che lha consacrata, Possessio-ne, vengono descritti una serie di ritrat-ti del suo poeta immaginario, il vitto-riano Henry Ash (dietro cui si cela, al-meno in parte, Robert Browning), sen-za che se ne colga bene la figura: Per luimi sono ispirata anche al ritratto cheManet fa di Zola. Credo di amare la pit-tura perch silenziosa e perch d li-dea che non ci sia il tempo spiega. Ipittori guardano al mondo in una ma-niera completamente diversa, per me iquadri sono immagini provenienti daun altrove che non ci appartiene. unpo come le chiocciole, di nuovo ritor-na qualcosa il cui centro non sei tu maci che sta fuori di te. Al tentativo dirintracciare una verit ontologica unita anche lidea di fondo della suanarrativa: raccontare come funziona lamente umana, nellipotesi suggestiva

    di tracciarne una grammatica: vero.Siamo proprio allinizio del metodocon il quale possiamo guardare con laneuroscienza alla grammatica dellamente. Quando ero una bambina pen-savo che cera qualcosa dentro la testa,qui dietro, che ti guardava. Oggi, picorrettamente, limmagine con la qua-le si comincia a guardare alla gramma-tica della mente un albero, con diver-se radici e ramificazioni, e una struttu-ra matematica molto precisa.

    SEBASTIANO TRIULZI

    FOTOD

    IGRAZIANO

    ARICI/BLACKARCHIVES

    VENEZIA

    Attorno ad Antonia S.Byatt, seduta al tavolinodi un bar in campo San-to Stefano, a Venezia, si

    stringe un piccolo gruppo di amici ita-liani. Le gote arrossate, il leggero affan-no tradiscono una camminata che de-ve essere stata rapida. Non lontano clappartamento con affaccio sul CanalGrande che le stato messo a disposi-zione dalla Fondazione Musei Civici eda Incroci di civilt, manifestazioneculturale organizzata dalla Ca Foscari;in cambio dovr scrivere un testo ispi-rato al suo soggiorno veneziano. Origi-naria del South Yorkshire, pi precisa-mente di Sheffield, la citt dellacciaio,dove nata nellagosto del 1936, la Byatt considerata una delle pi importantiscrittrici e critiche inglesi. Due mestieriche nei suoi romanzi si compenetranosenza sosta.

    Refrattaria a parlare di s, confessadaver accettato recentemente di farealcune interviste con la British Librarysulla sua vita, con lunico scopo che co-s, finch campo, nessuno potr scrive-re una mia biografia. Un modo, forse,per non soffermarsi su episodi dolorosicome lincidente stradale in cui mor ilfiglio undicenne Charles. E allora prefe-risce parlare di s stessa. La sua infan-zia, racconta, stata segnata dallincu-

    bo della Seconda guerra mondiale e in-sieme da una educazione fortementeprotestante: I quaccheri hanno unsenso morale molto profondo oltre cheun altissimo rispetto per la verit. Nelleriunioni spiega si tutti seduti echiunque voglia dire qualcosa ha il di-ritto di alzarsi e parlare. Non credonomolto nellarte. Ci che ricordo per limportanza data al silenzio. E il fattoche non esiste la punizione. allinter-no di ciascun individuo che si realizza diessere stati colpevoli e ci si autopunisce.

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    Antonia S. Byatt