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TRENTINO SVILUPPO
218 MILA POST: GLI OCCHI DEL MONDO SULL’ITALIA ANALISI SEMANTICA DELLE DESTINAZIONI TURISTICHE
ANTONIO PREITI SOCIOMETRICA
TECNOLOGIA SEMANTICA COGITO © EXPERT SYSTEM FEBBRAIO 2014
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INDICE:
1. TURISMO E SEMANTICA 4
1.1 Le parole (e gli occhi) degli “alieni” 4
1.2 Nuove tecnologie e big data 7
2. L’ITALIA SCRITTA IN INGLESE 11
2.2 Di cosa parlano i turisti 11
2.3 L’Italia turistica migliore dell’Italia 16
3. IL SENSO DEI TURISTI PER L’ITALIA 24
3.1 I bar, storia e stile di vita 26
3.2 I musei, quando contenuti e contenitore stridono 28
3.3 Gli aeroporti, il deficit di accoglienza 29
3.4 I treni, il dualismo alta velocità vs. trasporto locale 30
3.5 I taxi, soddisfatti ma con i buchi neri 31
3.6 Le piazze, bellezza e libertà insieme 32
4. EFFETTO COCOONING E RANKING DESTINAZIONI 33
5. I POST-‐IT: LE PAROLE PER DIRLO 42
CONCLUSIONI: L’ALGORITMO DEL SUCCESSO 47
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Il presente lavoro è stato realizzato da un gruppo di lavoro congiunto Sociometrica e Expert System, diretto da Antonio Preiti e Filippo Nardelli. Committente della ricerca è Trentino Sviluppo.
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1. TURISMO E SEMANTICA
1.1 Le parole (e gli occhi) degli “alieni”
Siamo abituati a parlare noi residenti, noi in Italia, dei desideri dei turisti. Sono
osservati quasi come alieni, il cui pensiero ci è precluso, abitanti di un pianeta lontano,
capitati chissà perché da noi, magari per un fraintendimento, perché amano cose che
forse dovremmo amare anche noi, ma amiamo poco. Siamo abituati a pensare il loro
pensiero, a sovrapporre la nostra mente alla loro. Ma il loro pensiero è loro, e vale la
pena conoscerlo attingendo alla fonte diretta, senza filtri e senza interferenze. Quante
volte abbiamo prefigurato, magari proiettando i nostri desideri, i nostri “wishfull
thinking”, quali siano le preferenze dei “turisti”, quel che sarebbe per loro perfetto,
magari a loro insaputa?
Il passaggio fondamentale della cultura turistica, alla fine, è proprio in questo
capovolgimento del punto d’osservazione: dal nostro al loro. Finora gli strumenti a
disposizione erano sostanzialmente le indagini autoreferenti del settore turistico che
parlavano in tondo, girando su sé stesse (o peggio, accontentandoci della pallida e inutile
lista di arrivi e presenze o delle funamboliche “previsioni” del WTO) ma è difficile
cogliere la reale percezione di un tipo di consumatore, che per definizione cambia
continuamente ed è frammentato in tantissimi rivoli. Forse è utile fotografare una
persona nell’attimo in cui è in vacanza, di cui non conosciamo il film della vita, ma siamo
qui a capire da quella foto un mondo di non facile accesso. Come cogliere tutta questa
varietà, questi umori, quando l’oggetto della ricerca è sfuggente, mutevole, molecolare?
La rivoluzione digitale, di cui uno dei pilastri è proprio il commento su internet delle
impressioni di viaggio, permette oggi un’osservazione molto diretta dell’esperienza del
viaggio e della vacanza. La difficoltà sta nel mettere insieme le migliaia e migliaia di post,
commenti, messaggi che ogni minuto sono inviati dai luoghi più disparati e sui mezzi più
impensati. La tecnologia oggi permette di raccogliere queste voci, per tentare di darne
conto, di tracciare un profilo, un’identità collettiva. È qui che l’analisi semantica diventa
fondamentale. È con questa tecnologia che una mole impressionante di testi può essere
analizzata, sintetizzata e poi riportata in maniera compatta, plausibile, efficace. È il
mondo dei big data, che riesce a indicizzare, cioè a mettere ordine in un’infinita
successione di testi, di comportamenti, di suggestioni, che altrimenti darebbe la
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sensazione del pulviscolo, di qualcosa difficile da afferrare. Sebbene sia pulviscolo, nel
suo sedimentarsi crea percezione, perché oramai chiunque si accinga a fare una vacanza
si rivolge a internet, proprio per trovare quelle impressioni, quei giudizi, senza i quali oggi
sembra diventato difficile scegliere dove andare.
La tecnologia semantica analizza ogni post, lo riduce ai suoi concetti chiave e poi
misura, quando vi siano gli elementi, il sentiment o mood che lì vi si esprime. Non ci sono
categorie “a priori”. Non ci sono i turisti (culturali, sportivi, balneari, ecc.) divisi come noi
li vorremmo, per poterli schematizzare al meglio e poi interpretarli. Lì ci sono solo
persone con le loro esperienze e il messaggio che ne trasmettono. L’analisi semantica
permette una meta-‐lettura delle impressioni, perché ci dice di cosa parlano, come ne
parlano e quale sentimento se ne può estrarre dalla lettura.
È un altro mondo, rispetto alla ricerca tradizionale. Non serve obiettare che una
località venga classificata in una regione o nell’altra, che un’opera d’arte sia identificata
maldestramente, o che un periodo storico venga scambiato con un altro. Chi se ne
importa: quello che conta è l’emozione, negativa o positiva, che si ricava dal viaggio; la
percezione delle cose e come queste entrano dentro la propria cultura e la personale
gerarchia di interessi; i valori che si ricevono e che si rinviano dopo averli filtrati
attraverso i propri.
È una cosa preziosa, perché è la premessa di ogni empatia, che è la vera guida per
chi davvero vuole avere successo nell’industria dell’ospitalità, e si basa sulla conoscenza
e lo studio delle sensazioni altrui. Il turismo è un’attività totalmente soggettiva: nessuno
è costretto a entusiasmarsi per qualcosa che dovrebbe teoricamente entusiasmarlo;
nessuno è costretto a plasmare i propri sentimenti, secondo quello che vuole la
promozione turistica pubblica; nessuno è costretto a gioire o a patire secondo criteri
altrui, ma solo secondo i propri. Per questo conoscere il vero pensiero dei turisti è
decisivo. Perché conta quello che vedono loro, che percepiscono loro, non quello che
dovrebbero percepire e vedere e interpretare, secondo la nostra volontà e il nostro
distorto (perché siamo residenti, noi) punto d’osservazione.
È la prima volta che l’analisi semantica viene impiegata in maniera così massiccia su
un intero paese. Ci restituisce un quadro dei turisti così come sono, non come vorremmo
che fossero. È un punto di partenza, perché da questa comprensione può nascere una
“politica turistica” davvero adeguata. Chiunque lavori nel campo del largo consumo (e i
viaggi lo sono) sa che un prodotto va bene quando incontra i desideri dei consumatori;
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nel turismo sembra invece che debba incontrare i desideri di chi lo propone. È questa
distorsione che bisogna correggere. Sempre se vogliamo avere ospiti felici.
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1.2 Nuove tecnologie e big data
L’analisi semantica è uno strumento formidabile per capire qual è la percezione di
una destinazione turistica. La capacità tecnologica di raccogliere ed elaborare
un’immensa quantità di dati, di testi nel nostro caso, è impressionante.
Com’è noto, in ogni istante sulla rete compare una moltitudine di espressioni
testuali riferite a ogni argomento, e perciò anche ai viaggi, alle vacanze, e in generale, al
turismo. Ci sono i social media, come facebook, dove sono pubblicate opinioni di ogni
tipo; ci sono i forum specialistici; i blog dedicati al viaggiare; naturalmente i siti dei media
(giornali, tv, ecc.); e, semplicemente, c’è la circostanza che di un paese, soprattutto se si
tratta dell’Italia, arrivino citazioni, per i più svariati motivi, in ogni momento.
In questo report sono presentati i risultati più importanti dell’analisi di 218 mila
recensioni, giudizi, valutazioni espressi in lingua inglese sui siti più importanti di viaggi e
vacanze. La potenza dell’analisi semantica si esprime per due aspetti particolari: la
capacità – come detto – di analizzare una grandissima quantità di testi (sarebbe, ad
esempio, impossibile anche solo organizzare i 218 mila testi del nostro caso) e la capacità
di stabilire connessioni tra le parole, producendo concetti. La differenza, rispetto alla
ricerca Google style è notevole; in quest’ultimo caso la tecnica seguita è quella delle
keyword, mentre l’analisi semantica procede per concetti, cioè per gruppi di parole. Per
fare un esempio, quando nell’analisi sarà citato il concetto di ‘cheap’, povero, scarso,
conveniente, a buon mercato, non significa che siano state trovate solo centinaia o
migliaia di volte in cui il termine è stato usato, magari in contesti diversi e ambigui
(rispetto al suo effettivo significato), ma che viene considerato in quanto concetto, cioè
avendo verificato il contesto in cui viene impiegato (nel nostro caso sia in senso positivo,
nell’accezione di buono, risparmioso, di alto rapporto qualità/prezzo e nel senso
negativo, nell’accezione di scarso, deludente, non gratificante) e secondo le connessioni
che porta con sé (giudizi di valore, riferimenti specifici a questo o quell’oggetto) e non
come termine isolato.
Rispetto all’analisi tradizionale, che si svolge attraverso analisi campionarie,
interviste, o analisi dei dati statistici ufficiali, l’analisi semantica ha possibilità nuove, e
impensabili prima dell’avvento della digitalizzazione dell’economia. Quel che viene
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catturato è l’autentico pensiero degli utenti, prodotto non in un contesto definito “a
priori”, come l’intervista, ma in maniera libera, perché il fine è quello di comunicare agli
altri le proprie impressioni, il proprio sentimento, le proprie valutazioni, non di
rispondere a domande su un questionario preconfezionato e in una cornice definita dalla
presenza di un intervistatore e di un intervistato. Si tratta di linguaggio comune, perciò si
possono trovare errori di riconoscimento, ad esempio nell’attribuzione del periodo
storico di un’opera pittorica o di un monumento, ma hanno la capacità formidabile di
rappresentare il pensiero dei turisti senza intermediazioni, interpretazioni e pregiudizi di
ogni tipo rispetto al loro pensiero.
L’analisi semantica è dentro l’universo complessivo del fenomeno big data, cioè la
raccolta di un’enorme quantità di dati non strutturata, che viene sintetizzata attraverso
la sintesi del significato del loro pensiero. Immaginiamo di avere un microfono aperto
davanti al Colosseo, che possa registrare in contemporanea tutti i commenti che si
affollano intorno al monumento: ognuno farà le sue valutazioni, esporrà le sue
sensazioni liberamente in presa diretta. Naturalmente si tratta d’informazioni
destrutturate, l’analisi semantica serve appunto a cercare una sintesi, non anteponendo
proprie metodologie o interpretazioni, ma semplicemente condensando il significato del
dire (o meglio dello scrivere) di una grande moltitudine di persone.
L’altro grande pregio dell’analisi semantica è che tiene tutto insieme, e già questo
permette gerarchizzazioni che prima erano impossibili. Quali sono gli elementi che
colpiscono o interessano di più i nostri ospiti? A prescindere se si tratta di opere d’arte o
del funzionamento della metropolitana? L’analisi semantica non scopre i nessi causali
(quelli vengono lasciati alla libera interpretazione di chi legge e interpreta i dati) ma le
occorrenze, le connessioni. Se nessuno parla di un argomento, o di un oggetto, vuol dire
che non entra nel suo universo, o vi entra in maniera marginale. E questo non lo si decide
prima, non lo decide l’osservatore, ma viene in automatico dall’analisi dei testi scritti dai
protagonisti, in questo caso dai turisti. L’analisi semantica supera la capacità di
interpretazioni di qualunque singolo esperto. Di fronte all’opinione di 218 mila testi,
quale altra capacità intuitiva si può contrapporre? Naturalmente questa sarà sempre più
necessaria, ma sulla base delle evidenze che arrivano dall’analisi, non a prescindere da
loro.
Il mondo dei big data, e perciò anche dell’analisi semantica, cambia l’impianto
scientifico con cui si ha l’approccio ai problemi. Quando non c’era modo di avere dati in
grande quantità e digitalizzati, si prospettava una teoria, un’ipotesi, e poi si cercavano i
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dati campionari che confermassero o meno la teoria. Adesso su un fenomeno si ha una
grande mole di dati disponibili e analizzabili, allora si cerca di capire quali siano le
correlazioni, perciò l’ipotesi nasce dai dati stessi. Con enormi vantaggi di comprensione
della sua effettiva realtà. Naturalmente non a tutte le domande può rispondere l’analisi
semantica, ma ad alcuni, qui per noi fondamentali, può rispondere in maniera migliore
rispetto ad altri strumenti. Ad esempio, per prevedere e stimare la mobilità turistica si
possono fare molti studi, e finora ne sono stati fatti, cercando di ipotizzare i percorsi, le
alternative e così via. Adesso basterebbe analizzare i tag, cioè i meta-‐dati delle foto
postate su facebook o su flickr, per capire quali siano effettivamente i luoghi più
frequentati dai turisti e prevederne con maggiore cognizione di causa percorsi ed
esigenze. La potenza dei dati disponibili in grandi quantità e totalmente analizzabili con
metodologie statistiche automatiche permette di stabilire connessioni anche tra
elementi impensati. Il focus non è sul perché succede un fenomeno, ma è l’esattezza
della descrizione del fenomeno. Le interpretazioni vengono dopo.
L’analisi semantica, rispetto al mondo generale dei big data, permette una cosa
fondamentale in più al mondo turistico, la possibilità di stabilire l’autentico sentimento
delle persone, cioè degli ospiti, rispetto all’esperienza della loro vacanza e del loro
viaggio. La novità è fondamentale: non è importante dare i voti all’aeroporto o ai musei
in generale, in astratto, ma vale quello che emerge spontaneamente dall’esperienza di
chi li ha in qualche modo vissuti. È l’esperienza soggettiva del viaggiatore che conta, non
il valore in sé delle cose viste. La singola esperienza da sé vale quel che vale, ma
sommata, ad esempio, a quella di altre migliaia di ospiti, contribuisce a costruire una
pietra miliare del giudizio sulla cosa analizzata.
In un tempo che oggi sembra remoto, ma è solo passato prossimo, tutta la
tecnologia di internet nel turismo si condensava nell’avere un sito di promozione. Era
una sorta di dépliant digitale, in cui erano sintetizzate le informazioni più importanti,
corredate da foto e poco più. Non si poteva prenotare on line (quale errore non averlo
fatto, quando tecnicamente si poteva, e ancora i grandi server delle agenzie di viaggio
virtuali o non esistevano, o non erano ancora completi e diffusi), spesso non c’era
neppure il numero di telefono (quale altro errore pensare che il mondo di internet fosse
autoreferente, e perciò non dovesse avere rapporti con il mondo “reale”) e non c’era
alcun legame del sito stesso con altri siti.
L’evoluzione successiva è stata quella dei portali, siti di raccolta di più fonti di
informazione, ma sono presto scoppiati per ipertrofia (troppe informazioni, di difficile
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ordinamento e di difficile ricerca, almeno fino a quando non sono nati i siti dinamici con
motore di ricerca interno) e per una (incredibile) preferenza verso i testi, a discapito,
ancora una volta, della possibilità di prenotare.
Google, con la sua straordinaria capacità di essere insieme semplicissimo e ricco di
informazioni puntuali, ha stracciato ogni velleità dei portali autosufficienti. Velleità che
comunque resiste ancora in qualche sacca regionale, per mancanza di capacità di seguire
l’evoluzione delle tecnologie.
Il terzo passo, più recente, è stata l’esplosione dei social media, che hanno permesso
l’ingresso in campo degli utenti, tanto che la ‘formula magica’ delle società di successo su
internet è oramai quella di creare canali aperti, i cui contenuti sono forniti
(gratuitamente) dagli utenti, piuttosto che di distribuire contenuti. La conseguenza più
importante di questo nuovo assetto delle tecnologie nel turismo è stata di creare le
recensioni, cioè le valutazioni dei singoli utenti sul singolo albergo, o sulla singola
attrazione turistica.
Accanto allo sviluppo delle recensioni, o meglio insieme a esso, è cresciuta la
possibilità delle prenotazioni on line praticamente di tutto (o meglio di tutto quel che
concerne il viaggio e il soggiorno, quasi nulla delle attrazioni, in particolare di quelle
culturali), sicché il combinato disposto di questi due fenomeni appare oggi inestricabile,
potentissimo e, apparentemente, invincibile. L’utente arriva su internet, magari
attraverso Google, a cercare un’informazione su una destinazione e immediatamente
trova le recensioni e la possibilità di prenotare in tempo reale. E’ difficile sottrarsi a
questo combinato disposto.
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2. L’ITALIA SCRITTA IN INGLESE
2.1 Di cosa parlano i turisti
Non ci si è mai posti la questione, nell’ambito dell’autoreferenza del mondo
turistico, di capire di cosa parlano i turisti. Insomma, qual è la loro gerarchia di
argomenti. Talvolta, scorrendo i dépliant delle aziende di promozione, o ascoltando i
discorsi convegnistici, sembra che il loro tempo sia occupato da disquisizioni sulla storia
dell’arte o sulla matrice etnica delle popolazioni primigenie di un territorio, ma non è
così, naturalmente.
Analizzando i dati che emergono dall’esame delle valutazioni espresse dagli ospiti
del nostro Paese1, un primo punto è proprio la gerarchia degli argomenti oggetto dei
commenti. La maggioranza (48,4%) delle persone si occupa soprattutto di offrire e
domandare informazioni sui trasporti, su come muoversi (Graf. 1).
Forse non ci si sofferma mai abbastanza su questo elemento, ma è del tutto naturale
che in viaggio si abbia bisogno di molte informazioni proprio sui mezzi di trasporto. Le
informazioni sulla mobilità non sono semplicemente gli orari, i servizi previsti, cose per
nulla scontate per chi non conosce la città, ma coinvolge la questione di come
raggiungere un luogo, come evitare le trappole dell’assenza di indicazioni, che è
essenziale per un viaggiatore e ne determina, spesso, l’intera qualità della visita. Si tratti
dell’aeroporto, o dei trasporti locali, o della metropolitana o dei taxi, questo insieme di
elementi ha un’incidenza notevole sul vissuto della vacanza. Storicamente i trasporti e il
turismo sono, dal punto di vista istituzionale, mondi separati, nell’esperienza dei turisti
sono invece connessi al massimo grado.
1 La rilevazione è stata compiuta nel gennaio 2014 a valere sui 12 mesi precedenti. La tecnologia impiegata per l’analisi semantica è di COGITO SEE, proprietà di Expert System, le elaborazioni sono di Sociometrica.
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Graf. 1 – Categoria degli argomenti trattati
Non si tratta solo d’informazioni di servizio, quelle che emergono dallo scandaglio
dei commenti, ma di come i mezzi di trasporto, la loro qualità, la loro puntualità e la loro
congruità, influisca sul tenore del viaggio. È difficile pensare che un viaggio andato
storto, per una qualunque ragione, non si riverberi poi nel distorcere le sensazioni
altrimenti diverse, e poi nel bilancio complessivo della vacanza. I turisti sono un tutt’uno
nelle loro persone -‐ è ovvio -‐ e perciò tutta la loro esperienza entra nel bilancio della
vacanza. La crucialità del trasporto, della mobilità, così come avviene nei fatti, è molto
trascurata quando si parla, dal lato della promozione pubblica e delle politiche turistiche,
della qualità attesa di una vacanza.
Dopo la questione della mobilità, il secondo argomento d’interesse è rappresentato
dalla cultura, dall’arte e dall’entertainment, con il 12,0 %. Rientrano perciò in questa
categoria i musei, le attrazioni culturali in genere e gli spettacoli.
Al terzo posto ci sono le questioni legate al lavoro e al commercio, allo shopping, con
il 5,6 %. Sono le informazioni relative all’acquisto dei prodotti, alla ricerca di opportunità
d’acquisto o anche dove trovare qualcuno che faccia un certo lavoro, una riparazione, un
intervento di qualsivoglia genere. Insomma questioni eminentemente pratiche. Al quarto
posto, con il 5,4 % vi è, con qualche sorpresa, ma a leggere queste pagine la sorpresa
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dovrebbe essere minore, il mondo di internet (la disponibilità di applicazioni, quali usare,
dove trovare i punti di wi-‐fi, le guide digitali, insomma il mondo di internet).
Dato il rapido processo di digitalizzazione di tutto il settore dell’industria
dell’ospitalità, questo settore di offerta e domanda di informazioni appare crescente
nella sua importanza. Ci si aspetta non solo di trovare il collegamento on line
dappertutto, ma anche di poter prenotare un ingresso al museo, cambiare una
prenotazione, avere informazioni in tempo reale sui trasporti, ottenere guide digitali e
così via.
Al quinto posto con il 4,3 % arriva la prima nota critica e si riferisce alla criminalità, ai
furti, al pericolo di subire aggressioni, insomma la questione della sicurezza. La soglia
riscontrata per questo genere di comenti non è elevata, ma non è neppure
confortevolmente bassa. Probabilmente, se si facesse la stessa indagine fra Italiani che
s’apprestano ad andare o sono tornati da Stati Uniti e Inghilterra probabilmente la quota
sarebbe inferiore. L’attenzione verso la sicurezza è una spia molto importante, perché
oltre una certa soglia la sua influenza è nefasta. Nel mondo del turismo la sensazione di
insicurezza personale è asimmetrica, nel senso che superato un dato livello, la
destinazione viene cancellata e non serve che sia bilanciata dalle qualità culturali o di
altra natura che quel paese potrebbe vantare.
Al quinto posto c’è la politica in senso ampio, commentata dal 3,7 %. Anche
quest’aspetto è forse inatteso, ma del tutto comprensibile: una volta che si stia visitando
un paese, si è naturalmente colpiti da tanti aspetti, molti dei quali hanno a che fare con
le sue caratteristiche generali, perciò è naturale che poi trovino spazio nei commenti. È
un’ulteriore dimostrazione che il “turista” non è un uomo a una dimensione, insomma
che si occupi solo delle cose turistiche, non è “l’idiota del viaggio”, ma vive pienamente il
Paese che decide di visitare, anche solo per pochi giorni. Seguono gli argomenti relativi
alle caratteristiche di alcuni prodotti di consumo e poi i temi religiosi.
Gli argomenti possono essere osservati non solo in maniera sintetica e “verticale”,
come si è fatto adesso, ma possono essere anche dislocati in orizzontale su una “nuvola”
(Graf. 2) per vederne le vicinanze di senso e le connessioni. Se ad esempio mettiamo
Roma (“Rome”, trattandosi di post in lingua inglese) al centro della “nuvola”, più grandi
sono i termini, più quel nome è citato nei post; più vicino è al centro, più vi è connesso.
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La cosa che colpisce di più in questo grafico è la presenza di Firenze (“Florence”) e di
Venezia (“Venice”). Questo significa che sul piano delle destinazioni turistiche Roma è
considerata un tutt’uno con le altre due grandi città d’arte.
Agli occhi dei nostri ospiti le tre città sono pari e stanno dentro lo stesso bouquet.
Almeno per gli Americani e per chi arriva da un altro continente. Tra l’altro nella nuvola
fa capolino anche Parigi, il che aggiunge un altro elemento, che delinea l’esistenza di due
“cluster” turistici: il primo mette insieme Roma, Firenze e Venezia e il secondo Roma,
Parigi, e anche Londra e Berlino. Insomma la consistenza delle destinazioni turistiche
dipende sempre meno dalla geografia politica e amministrativa, ma da quella
dell’immaginario, e dei conseguenti comportamenti dei turisti.
Graf. 2 – Nuvola delle connessioni semantiche
È facile da comprendere il perché: il viaggio in Italia non si fa tutti gli anni, perciò si
cerca di concentrare nella settimana (periodo di vacanza standard) la visita delle tre città
d’arte più celebri del Paese. Prova ne sia che la permanenza media nelle tre città è
sempre leggermente sotto le due notti e perciò i conti tornano.
Qualche anno fa l’Agenzia del Turismo di Firenze ha commissionato al MIT di Boston
uno studio sui meta-‐dati delle foto che avevano per oggetto Firenze, pubblicate sui social
media. Nello studio era compresa anche l’analisi della geolocalizzazione delle foto
postate dalle stesse persone tre giorni prima e tre giorni dopo la loro visita a Firenze. La
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scoperta è stata formidabile, perché le città maggiormente fotografate dai turisti
fiorentini, prima e dopo la visita al capoluogo toscano, erano proprio Roma e Venezia.
Perciò il loro circuito non è la Toscana, ma l’insieme delle tre capitali dell’arte.
Il rapidissimo ammodernamento dei collegamenti ferroviari, quasi da metropolitana,
tra Roma, Firenze e Venezia ha completato l’opera. Nel senso che oggi è quasi
indifferente dormire in una delle tre città e visitare le altre, o soggiornare oggi a Roma e
aver bisogno di sapere cosa succede a Firenze per la sera o per l’indomani. Insomma
l’integrazione turistica delle tre città, prima ancora del sistema turistico d’offerta,
l’hanno fatta i turisti, con i loro comportamenti di fatto.
Questo vale meno per i turisti italiani, e in parte anche per quelli europei, ma sul
turismo internazionale questa integrazione è decisiva. Per altro, l’Inghilterra non ha la
stessa possibilità, perché è Londra-‐centrica; Parigi è collegata con Disney Paris, ma si
ferma lì, perché la Francia è anch’essa Parigi-‐centrica. Potrebbe la Spagna, avendo due
capitali, Madrid e Barcellona, ma sono troppo diverse e troppo distanti, e poco
conciliabili per essere davvero una cosa sola. Noi abbiamo tre capitali ottimamente
collegate, fungibili, vicine per tipologia di turismo, che perciò rappresentano uno
strumento straordinario, con la loro integrazione, per vincere sul piano del turismo
internazionale.
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2.2 L’Italia turistica migliore dell’Italia
Si è detto prima che l’analisi semantica serve a stabilire il “mood”, cioè lo stato
d’animo, il sentimento prevalente degli ospiti rispetto agli elementi importanti
dell’esperienza di visita. Il software analizza tutte le frasi, trova quali aggettivi, o altri
elementi lessicali implichino una sensazione positiva o negativa, o neutra. Li bilancia in
automatico, a seconda della frequenza delle une e delle altre e li colloca in una scala da 0
a 100, dove il primo termine indica che niente della visita ha avuto un impatto positivo, e
100 che, all’opposto, indica che tutta l’esperienza è stata impeccabile e soddisfacente al
massimo.
Occorre fare una digressione sul valore e sull’interpretazione da dare alla scala
considerata. Tutto ciò che sta oltre gli 80 punti è da considerarsi eccellente, forse
straordinario quando si arriva a 90. Ovviamente sotto la soglia dei 50 punti la valutazione
è del tutto negativa. L’ambiguità d’interpretazione si trova tra i 60 e i 70 punti. Dato che
si tratta di persone che hanno deciso di visitare l’Italia come loro libera scelta, e come
atto di consumo auto-‐referente, non si aspettano di avere esperienze inferiori alle loro
aspettative, e meno che mai negative. È come essere davanti a una scala spostata in
avanti, in alto, perché dietro c’è un investimento emotivo: scelgo un paese perché sono
sicuro di avere un’ottima esperienza. In sostanza sotto i 75 punti si ha l’impressione che
qualcosa non vada molto bene, perché si tratta di giudizi di persone, se così si può dire,
“pregiudizialmente” favorevoli al Paese.
Il primo grafico di questa sezione (Graf. 3) si riferisce all’Italia turistica nel suo
complesso. La valutazione del sentimento medio degli ospiti è di 78 punti su 100. Non c’è
qui la possibilità di fare paragoni con analoghe indagini in altre nazioni (questa
metodologia è impiegata per la prima volta in questa ricerca, e non ci sono altre con la
medesima metodologia realizzate per realtà comparabili con l’Italia), ma il giudizio è
nettamente positivo.
Traducendo in termini grossolani, ma efficaci, si tratta di una vacanza per i tre/quarti
molto soddisfacente. I concetti che contribuiscono maggiormente a costruire i giudizi
positivi sono ripresi naturalmente dal linguaggio comune: “good”, perché si tratta di una
visita buona, appagante, bella; “great”, grande, importante, molto sodisfacente;
“thankfully”, amabile, gentile, compiacente; “enjoy”, divertente, felice; “nice”, carina,
attraente. Si ricorda che l’ordine delle parole, e la loro dimensione dei caratteri, sono in
diretta correlazione con la quantità di volte che il concetto viene espresso.
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Graf. 3 – Percezione generale dell’Italia turistica
I concetti sintetici che contribuiscono a formare il lato negativo della bilancia sono:
“cheap”, cioè povera, deludente; “expensive”, costosa, con prezzi elevati; “wait”, che
mette in luce come ci siano troppe code da affrontare e in genere una situazione di
organizzazione dell’offerta non veloce o comoda abbastanza, come sarebbe d’attendere;
“problem”, che indica la circostanza di incontrare talvolta (o spesso, a seconda di chi li
valuta in maniera più critica) problemi nel corso della visita; “crowded”, affollata, confusa
e “miss”, mancante di qualcosa, deludente rispetto alle attese; “difficult”, nel senso che
si incontrano spesso delle difficoltà da superare nel portare a termine il programma di
visita.
Ci sono alcuni termini da considerare con attenzione, perché indicano degli aspetti
critici e specifici, magari inattesi, come quelli legati alla ricorrenza del termine di
“turisty”. La “y” finale da un senso negativo a quel che si definirebbe, con termine
neutro, “touristic”. Insomma, indica quella valutazione che noi Italiani diamo quando ci
riferiamo a qualcosa che ci sembra artefatto o non autentico, o peggio mediocre, di cui è
tipica l’espressione comune: “è un posto per turisti”, così volendo significare che si tratta
di qualcosa di scarso valore, dozzinale, senza connotazioni particolari. Se il termine viene
usato dagli Italiani, va male, ma fino a un certo punto, perché si potrebbe intendere
come qualcosa che non ha valore particolare per noi, ma è espressamente indirizzato
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verso i “turisti”, quasi si trattasse di un prodotto specifico, per “alieni”; ma se la stessa
accusa arriva dai turisti, vuol dire che c’è qualcosa che non va, che la sua dozzinalità è
intesa anche da loro, e non solo da noi. Perciò diventa un corto circuito negativo: se
coloro ai quali un servizio-‐prodotto è rivolto, indicano che si tratta di qualcosa di
mediocre e di “turistico” in senso dispregiativo, pur essendo i turisti il loro il “target”
specifico, allora vuol dire che quella modalità non funziona. Ecco un aspetto da cambiare
e che attiene all’offerta turistica in sé e per sé.
Come si vede, sono concetti di linguaggio comune, espressioni che si incontrano
spesso, non sono categorie astratte, ma danno il senso esatto del vissuto, in questo caso
negativo, dell’esperienza di un viaggio in Italia. Non è un giudizio “oggettivo” sulle cose,
ma quello che si ricava dall’esperienza della singola persona con la circostanza in
oggetto.
Se la percezione generale dell’Italia turistica è a 78 punti, quando viene considerato
il Paese nella sua interezza, espunto dai suoi aspetti turistici, allora il giudizio dei nostri
ospiti è molto meno positivo, fermandosi l’indicatore al valore di 62 punti, di ben 16
punti inferiore (Graf. 4).
Graf. 4 – Percezione generale dell’Italia nel suo complesso
Quando si analizzano i giudizi che si riferiscono all’interezza del Paese, i termini
negativi crescono. Anzi, il termine prevalente è quello di “problem”, nel senso che c’è la
percezione di essere in un paese con grandi problemi. Ma forse il termine ancora
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peggiore è quello secondo in graduatoria, di “lose”, del fatto che stia perdendo
attrattività, forza, affidabilità, essendo forse smarrito. Questo concetto va di concerto
con il termine di “fall”, inteso come caduta, declino, discesa nella scala del valore. Sono
presenti anche termini che magari nella nostra percezione di residenti sembrano forse
meno gravi, ma che ai nostri ospiti appaiono ben più pesanti: si tratta dei termini che si
riferiscono alla sensazione di mancanza di sicurezza, come “victim”, “violence”, injury”,
“damage” e addirittura “kill”.
Nel lato positivo della bilancia, che per fortuna è ancora prevalente, abbondano,
invece, i termini che abbiamo già visto riferiti all’Italia turistica, come la bellezza, la
piacevolezza, il valore, il senso (ancora) di felicità che emana l’Italia, il fatto che si tratti di
un paese speciale e ricco di opportunità.
Come si vede, sia quelli positivi che quelli negativi riprendono il linguaggio comune,
com’è ovvio. Sono desunti dai testi che ognuno scrive senza che abbia in mente di dare
direttamente un giudizio sul paese, sono sensazioni comunicate ad altri, impressioni,
percezioni. Il loro valore, oltre che per l’autenticità, sta proprio in questa immediatezza,
in questa riduzione sintetica del proprio pensiero e della propria emozione.
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3. IL SENSO DELL’ITALIA
Tornando alle questioni turistiche specifiche, si tratta di sottolineare ancora che i
termini si riferiscono non ai luoghi, o ai servizi, in quanto tali, oggettivi, ma sono riferiti
alla propria esperienza di viaggio. Non pensano di fare, ad esempio, un’analisi del
sistema dei trasporti, dettagliata e proporzionata, ma semplicemente prendono la loro
esperienza di uso dei mezzi di trasporto e comunicano come eventualmente
quell’aspetto abbia inciso, in negativo o in positivo sulla loro esperienza. Fare una
vacanza, infatti, è sempre meno un’attività di ‘sightseeing’, un vedere le cose, lo scattare
foto, il dire “ci sono stato”; è sempre più una domanda di ‘experience’, di coinvolgimento
emotivo, di investimento nella crescita personale.
Adesso è importante verificare le sensazioni dei nostri ospiti su alcuni degli elementi
principali che costituiscono l’esperienza della visita al nostro Paese. La cosa che si
apprezza di più del nostro Paese è la ristorazione e in particolare le pasticcerie. L’offerta
di alimentazione è nel complesso la cosa che sembra offrire le maggiori soddisfazioni. Per
questi due elementi, della ristorazione e delle pasticcerie, il voto è massimo, con 82 punti
sui 100 disponibili (Tab. 1).
TAB. 1 – IL MEGLIO DELL’ITALIA SECONDO I TURISTI
ELEMENTO VALUTAZIONE
RISTORANTI 82
PASTICCERIE 82
SPIAGGE 81
SHOPPING 80
HOTEL 80
Fonte: Elaborazione Sociometrica su tecnologia Cogito© Expert System
Sui ristoranti (Graf. 5) si rincorrono i concetti positivi: “good”, “great”, “nice”,
“enjoy”, “beautiful” e così via, tanto che sembra di leggere il dizionario dei sinonimi di
bontà, bellezza e stile. Con anche alcuni concetti che fanno ancora di più apprezzare
l’offerta ristorativa, come “cheap”, “reasonable” e “available”, che indicano come
l’offerta sia abbordabile, abbia prezzi moderati, sia insomma popolare.
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Infatti, quando si prendono i termini negativi, ce n’è uno che prevale di gran lunga sugli
altri e che forma a comporre la maggior parte delle valutazioni critiche, il fatto che i
ristoranti siano “expensive”. Ma, se ci si pensa, è solo il rovescio della medaglia di
qualcosa a cui si attribuisce comunque grande valore e apprezzamento.
Graf. 5 – Percezione generale dei ristoranti
Per le pasticcerie (Graf. 6) si dovrebbe ripetere quanto già espresso nel caso dei
ristoranti. L’unico problema che si riscontra è che siano qualche volta care, costose, ma
per il resto c’è una stima generale. Da notare, tra i concetti positivi, più ancora che nei
ristoranti, si ritrovano nelle pasticcerie, come l’asserzione di unicità, di specialità, e
qualcuno arriva a dire “spectacular” e altri aggiungono “clean”, a ulteriore suggello della
qualità.
Graf. 6 – Percezione generale delle pasticcerie
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Al terzo posto ci sono le spiagge (Graf. 7), per le quali si impiegano i migliori
aggettivi, come “nice”, “great”, “beautiful” e così via. Per la prima volta s’incontra
l’aggettivo “stunning”, sbalorditivo, fantastico e si apprezza che, in molti casi, si tratta di
spiagge senza pagamento, perciò libere, o comunque poco costose. Tra le cose negative,
l’affollamento e, soprattutto, il costo, quando sono a pagamento.
Graf. 7 – Percezione generale delle spiagge
Un livello alto di soddisfazione da parte dei nostri ospiti riguarda lo shopping (Graf.
8). In questo caso il livello di gradimento arriva a 80 punti. Anche qui siamo in presenza
di aggettivi molto positivi, come ottimo, grande, meraviglioso, ecc. Si aggiunge di
specifico, che nel loro genere sono il meglio che c’è nel mondo, ci si riferisce
all’universo del “fashion” e alla circostanza che il tutto possa rendere felici le persone,
che trovano modo di soddisfare il loro lato di auto-‐stima e compiacimento.
Graf. 8 – Percezione generale dello shopping
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Fra i pochi giudizi critici si nota il costo giudicato talvolta molto elevato dei prodotti,
la non elevata soddisfazione per il rapporto qualità/prezzo, il fatto che talvolta i negozi
siano troppo affollati e non si riceve una sufficiente attenzione, e una certa
insoddisfazione per la lentezza delle operazioni di acquisto.
Dopo lo shopping, è la volta degli alberghi (Graf. 9) a completare la top five. Su di
loro il giudizio è del tutto soddisfacente: l’indice generale di soddisfazione è di 80 punti,
come per il commercio e lo shopping.
Graf. 9 – Percezione generale degli alberghi
I termini che pesano sul lato positivo della bilancia sono quelli usuali di piena
soddisfazione, come buoni, grandi (nel senso di eccellenti), raccomandabili, e via di
seguito. Ci sono inoltre delle aggettivazioni molto particolari, addirittura di entusiasmo,
come “wonderful”, “beautiful”, “love”, che indicano anche la presenza di giudizi positivi
che vanno oltre il consueto. Insomma negli alberghi italiani si è ben accolti.
La parte critica è fondata prevalentemente sul prezzo, nel senso che sono giudicati
costosi e sulla sensazione che diano meno di quel indicherebbe il loro costo o la loro
categoria d’appartenenza. Si segnalano anche occasionalmente dei problemi e si indica
anche, talvolta, l’eccesso di affollamento. Ci sono anche alcuni giudizi estremi, molto
critici, come “hassle”, “tired”, “impossible”, ma si riferiscono a una quota del tutto
minoritaria di valutazioni.
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Tab. 2 – GIUDIZIO DEI TURISTI SU ALCUNI ELEMENTI DELL’OFFERTA
ELEMENTI VALUTAZIONE
BAR 80
MUSEI 75
AEROPORTI 71
TRENI 70
TAXI 70
Fonte: Elaborazione Sociometrica su tecnologia Cogito© Expert System
Sul resto dell’offerta turistica, o comunque dell’organizzazione dell’ospitalità del
Paese, i giudizi sono un po’ più bassi. È ancora elevato il giudizio sui bar, che si collocano
al livello di 80 punti (Tab. 2), proprio a conferma che tutta questa parte dell’accoglienza,
legata alla ristorazione, sia in senso generale che in nei suoi aspetti particolari, è
largamente la più gradita dagli ospiti stranieri. Sotto la media nazionale ci sono i musei,
cui si imputano parecchi elementi critici. Non benissimo gli aeroporti. Non benissimo i
treni, ma qui c’è da fare una differenza sostanziale, perché è molto positivo il giudizio
sull’alta velocità delle due imprese che la esercitano, mentre è del tutto negativo il
giudizio sui collegamenti locali. Lo si vede dal legame tra giudizio negativo sul treno e
tipo di località a cui si riferisce, in genere quelle medie e medio-‐piccole. Non bene i taxi.
Ma vediamo gli argomenti con maggiore ordine e dettaglio.
3.1 I bar, storia e stile di vita
I bar sono uno degli aspetti dell’Italia più amato dagli ospiti del nostro paese. Sarà
perché sono un nostro elemento distintivo, sarà perché sono funzionali, sarà perché si
presentano bene, sarà perché raccontano spesso una storia, fatto è che il loro
gradimento è molto elevato. Sono tanti i post che ne parlano, talvolta perché comodi,
perché offrono una ristorazione veloce, un buon caffè, un posto dove sedersi (è
incredibile come si segnali l’assenza di posti dove sedersi… come un problema
dell’ospitalità del Paese) o per la loro tipicità, o semplicemente perché ci si passa un po’
di tempo bene, godendo delle cose di cui si intende godere.
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Ma dove si ritrova maggiormente la cultura dei bar? Sono molte le città che
possono vantare di averne di interessanti e che garantiscono una buona esperienza di
visita. Al primo posto c’è Firenze, ma Roma è quasi appaiata; segue a qualche distanza
Venezia e poi si snocciolano tutte le altre città (tab.3).
Tab. 3 – CITAZIONI DEI BAR PER CITTA’
CITTA’ MENZIONI
FIRENZE 335
ROMA 328
VENEZIA 272
TAORMINA 126
CAGLIARI 118
SIENA 94
SORRENTO 79
BOLOGNA 72
NAPOLI 53
ALGHERO 43
MILANO 41
TORINO 33
Fonte: Elaborazione Sociometrica su tecnologia Cogito© Expert System
Cos’è che si apprezza di più dei bar italiani? La possibilità di poter mangiare e,
naturalmente, i dolci, dove i bar affiancano anche una sezione pasticceria. Piacciono i bar
degli alberghi e piacciono molto i bar sulla spiaggia. Piace molto quando i bar danno il
senso della storia della città, quando sono mantenuti in maniera da non alterare il loro
“vissuto”, il loro stile. Piace spesso la loro localizzazione strategica in punti di grande
bellezza. Piace la vista e piace il caffè. E piace molto anche il vino, di cui si apprezza molto
berne un bicchiere appunto in un bar, anche lontano dai pasti. Una cosa che piace molto
è anche fare il “breakfast” nei bar, tradizione tipica italiana, poco presente in altri paesi.
E piace anche il loro versante tecnologico, essendo oramai un comportamento preferito
quello di sedersi con l’iPad e prendere un caffè, del vino o un té.
Quando si studia la frequenza delle menzioni dei bar con la categoria di
classificazione dei post, si scopre qualcosa di davvero interessante: chi parla di bar parla
soprattutto di trasporti (questo è ovvio perché magari nel post si raccomanda il bar e poi
si indica dove trovarlo, come arrivarci), ma al secondo posto non c’è il cibo, o il caffè, o il
vino, che sono al terzo posto, ma l’arte e la cultura. Insomma si citano i bar per la loro
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componente storico-‐culturale prim’ancora che per i prodotti venduti o i servizi offerti. Al
quarto posto, e oramai non dovrebbe più sorprendere, c’è la tecnologia, insomma il
collegamento wi-‐fi, per farla breve, nel senso che si indica quasi sempre la presenza o
meno del collegamento on line quando si indica un bar. E si è visto come uno “sport”
prediletto sia proprio quello di spendere del tempo al tavolino con il proprio tablet.
3.2 I musei, quando contenuto e contenitore stridono
L’indice che si registra in particolare per i musei (75 punti), è inferiore alla media
generale, ed è in qualche modo preoccupante. Si dovrebbe pensare che, essendo l’Italia
un paese fondamentalmente della cultura, abbia proprio nei musei una delle componenti
di maggior valore percepito, ma non è così. Se si analizzano i concetti che alimentano la
parte negativa della bilancia, si osserva che al primo posto ci sia il termine “crowded”,
cioè affollati, disorganizzati (visto che l’affollamento è spesso riferito non tanto
all’interno del museo, ma quello che si sperimenta per entrarvi, per fare il biglietto). Si
lamenta di conseguenza che ci sia molto d’aspettare (infatti il secondo termine negativo
è “wait”). Al terzo posto c’è la considerazione che siano costosi (“expensive”). Poi ci sono
due concetti che riguardano il contenuto dei musei stessi: il fatto che siano “poveri”, cioè
che procurino un’esperienza povera della visita, per essere più esatti, e che abbiano dei
limiti, dovuti proprio al display, al modo in cui sono presentate le opere. Quando si
procede nell’analisi, il che significa quando i termini negativi citati sono meno frequenti,
si arriva anche a concetti molto negativi, come “shame” (vergogna), “disappointing”, cioè
deludenti, sempre riferiti alla qualità dell’esperienza della visita, non certo alle opere in
sé, che invece non raccolgono nessuna critica. Altri termini negativi sono: “impossible”,
nel senso che è praticamente impossibile visitarli (qui il riferimento è alcune volte ai
Musei Vaticani) e “trouble”, nel senso che la loro visita crea problemi.
In buona sostanza quasi tutto il negativo dei musei si concentra sulla loro
organizzazione, sul modo in cui sono presentate le opere e sull’esperienza complessiva,
per alcuni non soddisfacente. Questo disappunto si può misurare nella proporzione di un
visitatore su cinque. Tra l’altro, quando si esaminino i lemmi principali (cioè gli argomenti
intorno a cui ruota l’interesse) al primo posto c’è il termine “ticket”, e poi “time”.
Insomma il biglietto sembra uno dei principali problemi dei musei. E la correlazione
statistica con il tempo spiega più di tante parole il senso complessivo di queste opinioni.
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La parte positiva della bilancia è concentrata tutta sul loro contenuto. La loro grande
qualità storica, pittorica, artistica è messa in luce tutte le volte. Si rincorrono termini
come “great”, “enjoy”, perché goderne dell’arte è una delle motivazioni principali del
viaggio. Si sottolinea il valore delle opere (“worth”) e la meraviglia che la loro vista
suscita. Spesso si sottolinea il fatto che molti beni culturali siano gratis. Ci si riferisce ai
monumenti, alle piazze, alle chiese. E anche se a noi Italiani appare del tutto ovvio che
non si debba pagare per questo genere di visite, talvolta sono sorpresi che capolavori di
grandissimo valore (ad esempio, i dipinti di Caravaggio in due chiese di Roma, fra cui
molto citata è quella di San Luigi dei Francesi) siano visibili senza pagare un biglietto. Si
vedrà più avanti come le piazze monumentali siano grandemente apprezzate dai turisti.
Si è colpiti particolarmente dalle tante possibilità offerte dal semplice passeggiare nei
centri storici, da quello che si può vedere senza necessariamente entrare in un museo.
TAB. 4 – CITAZIONI DEI MUSEI PER CITTA’
CITTA’ MENZIONI
FIRENZE 1.548
ROMA 1.540
CITTA’ DEL VATICANO 1.325
VENEZIA 609
SIENA 296
PISA 227
TORINO 179
POMPEI 163
BOLOGNA 162
NAPOLI 137
LUCCA 100
MILANO 76
Fonte: Elaborazione Sociometrica su tecnologia Cogito© Expert System
Una delle possibilità offerte dalla tecnologia semantica è quella di misurare dov’è
concentrato l’interesse quando si affronta un argomento. Nel caso dei musei le tre
grandi città d’arte sembrano avere un quasi monopolio della cultura: Roma senza i Musei
Vaticani è al secondo posto, perché i suoi musei sono menzionati meno di quelli di
Firenze, aggiungendoli si colloca decisamente in prima posizione (Tab. 4). Segue Venezia
e poi il resto del paese che però raccoglie davvero poco (fanno eccezione relativa le
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medie città d’arte come Siena, Pisa, Torino – che non è proprio media – e Pompei. Uno
sguardo alla graduatoria delle citazioni porta alla conclusione che quando si parla di arte,
alla fine si parla delle tre grandi città, un po’ di quelle intermedie e poi non resta quasi
niente.
3.3 Gli aeroporti, il deficit dell’accoglienza
Gli aeroporti non sono valutati al massimo. Il loro voto è sotto la media di quello
complessivo di tutta l’industria dell’ospitalità del Paese. Per l’aeroporto di Fiumicino si
scende addirittura sotto la media degli aeroporti. Non siamo ancora nel lato negativo
della bilancia come media delle valutazioni, ma insomma non si può dire che questo
elemento rappresenti un vantaggio comparativo del Paese. Quello che colpisce non è
tanto e non solo il voto medio, ma una forte concentrazione, sia pure ancora minoritaria,
di giudizi negativi, anzi estremamente critici. Quando si è visto il “mood” verso i musei si
sono segnalate molte opinioni critiche, ma raramente erano furiose, o del tutto negative,
e senza appello. Nel caso degli aeroporti c’è una maggioranza soddisfatta, cui fa da
contrappunto una solida minoranza appunto molto critica. Naturalmente, come già
detto, qui non si tratta, né si chiedeva a nessuno di valutare un’infrastruttura come
quella aeroportuale, ma semplicemente si registra quanto l’esperienza del viaggio, e
perciò dell’arrivo, della partenza o del transito in aeroporto, abbia connotato in qualche
modo la visita.
L’elemento critico maggiore si condensa su due concetti: uno riguarda la povertà o
scarsità dei servizi disponibili e il secondo sui costi dell’aeroporto, qui ci si riferisce al
parcheggio, al pagamento dei carrelli (irritantissimo per molti), qualche volta dei bar e
altro ancora. Il terzo problema indicato è nei tempi d’attesa e del danno arrecato ai
bagagli. Ma arrivano termini e concetti ancora più pesanti, come “hassle”, seccante,
irritante, “narrow”, scarso e qualcuno persino “nightmare”, incubo.
La parte positiva della bilancia si riferisce al fatto che si tratti di buone
infrastrutture, che creino un’atmosfera rilassante, gradevole, “nice” e che se possa
godere abbastanza. Molto apprezzato è il lato shopping, di cui si sottolinea in qualche
caso la convenienza e la possibilità di fare buoni acquisti e l’atmosfera quieta e distinta
che si può trovare.
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Quando si osservano le valutazioni per i principali aeroporti menzionati nei post, la
situazione generale non è molto soddisfacente. In particolare per gli aeroporti di Roma e
di Milano che non brillano. L’aeroporto di Fiumicino è abbondantemente sotto la soglia
dei 70 punti (Tab. 5) e addirittura l’aeroporto di Ciampino è appena sopra la soglia dei 60
punti. Insomma ne emerge un panorama abbastanza omogeno su un livello non molto
soddisfacente.
TAB. 5 – CITAZIONI DEI MAGGIORI AEROPORTI
CITTA’ VALUTAZIONE
VENEZIA 72
VERONA 71
NAPOLI 70
BOLOGNA 70
FIRENZE 69
TORINO 69
MILANO MALPENSA 68
ROMA FIUMICINO 64
MILANO LINATE 62
ROMA CIAMPINO 61
Fonte: Elaborazione Sociometrica su tecnologia Cogito© Expert System
3.4 I treni, il dualismo alta velocità vs. trasporto locale
I treni, se si affiancano le opinioni, sembrano poveri e cari, costosi e affollati,
insomma un misto contraddittorio di difficile unificazione. Invece è molto chiaro che
siamo davanti a due universi completamente diversi: quello dell’alta velocità e il
trasporto locale. Nel primo caso l’esperienza è di grande soddisfazione e il principale
elemento negativo è il loro costo. Tutto sommato, si tratta di un’accoppiata che ha,
come in altre situazioni, una sua ratio. Nel secondo caso ci sono molti giudizi negativi. Tra
l’altro la questione dell’obliterazione, di cui la gran parte degli stranieri non ha modo di
averne notizia, si segnala come uno dei fattori più irritanti di tutta la vicenda. Tra l’altro
nel capitolo “post-‐it” c’è un testo che si riferisce esplicitamente a questo problema. Sui
treni locali vi è affollamento e s’impiegano parole pesanti, come “hassle”, “bad”,
“impossible”, “worry”, “unfortunately” e “nightmare”. Termini molto gravi cui si
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accompagna persino, talvolta, il termine “expensive” come corollario tutt’altro che
gratificante dell’insieme.
I termini positivi della bilancia sono in gran parte sul versante dei treni ad alta
velocità. Qualcuno sottolinea l’efficienza, la gradevolezza degli ambienti, e l’importanza
di fare un “upgrade” rispetto ai treni normali. È curioso che nel caso dell’alta velocità, al
posto del concetto di “expensive”, si sostituisca spesso, nel lato critico della bilancia, il
termine di “not cheap”, che è un po’ la stessa cosa, ma il contenuto semantico forse è
leggermente differente, perché nel primo caso sembra quasi di mettere in discussione il
contro-‐valore del servizio rispetto al prezzo, mentre nel secondo è più una
constatazione, un dato di fatto.
Nettamente positiva è invece l’esperienza nelle stazioni ferroviarie. In questo caso vi
è un generale apprezzamento, se ne sottolinea la funzionalità, la possibilità di fare
acquisti e il trovarsi in una situazione confortevole.
3.5 I taxi, soddisfatti ma con i buchi neri
Sui taxi si registra come e più che per gli aeroporti e per i treni, una concentrazione
di valutazioni, di “feeling” negativi. La maggioranza è ancora soddisfatta del servizio in
generale, ma si registra un grumo di esperienze nettamente negative.
La critica maggiore è che si tratta di un servizio costoso, “expensive” appunto. Si
segnala poi l’inconveniente di dover aspettare in molte occasioni più di quanto s’intende
normale e accettabile. Ma sono altri aggettivi e concetti, particolarmente negativi, che
colpiscono: “hassle”, “bad”, “tired”, “trouble”, “wrong” che lasciano capire molto
chiaramente che ci sono state più di una esperienza molto negativa dei nostri ospiti con i
taxi. Giova ripetere qui ancora una volta, che non siamo davanti a una domanda sulla
qualità del servizio in generale e in astratto, ma davanti a una collezione di giudizi,
valutazioni della propria esperienza di vacanza in cui, per un motivo o per l’altro, i taxi
hanno giocato un qualche ruolo, o sono stati semplicemente citati per qualsivoglia
ragione.
Il lato positivo della bilancia si concentra sul termine “good”, con anche dei “great”
e dei “recommend”. Non emergono concetti peculiari della categoria, se non quello di
“reasonable”, ragionevole, nel senso che è un servizio che costa in maniera equa, non
alta, non eccessiva. L’elemento prevalente è quello del taxi come mezzo preferibile nel
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trasporto urbano. La maggioranza delle persone comunque pensa che si tratti di un buon
servizio. Colpisce solo che vi sia la concentrazione di una minoranza non semplicemente
non abbastanza soddisfatta, ma critica se non arrabbiata. In questi casi la media
aritmetica non è un buon criterio di valutazione, perché finisce per rendere un quadro
della realtà fuorviante. Siamo davanti a un servizio svolto nella gran parte dei casi, in
maniera eccellente. C’è poi una parte che non contesta la qualità del servizio, ma ne
evidenzia il costo giudicato alto. E fin qui niente di particolare. Quel che preoccupa è che
una parte, statisticamente non del tutto esigua, ha avuto cattive esperienze con i taxi,
insomma usa il segno meno in senso assoluto. Non ci si attende, in un’esperienza
turistica, comunque valutata, che ci siano dei “buchi neri”, cioè la possibilità che ci si
trovi davanti a esperienze non immaginabili in un Paese europeo.
3.6 Le piazze, bellezza e libertà insieme
Difficili da classificare (beni culturali? luoghi urbani? Infrastrutture? shopping?) sono
le piazze, ma creano un grande entusiasmo. Le piazze italiane sono uno dei must del
nostro paese e raggiungono la media di 81 punti. In particolare è straordinaria la
valutazione per Piazza delle Erbe a Verona, che arriva a 90 punti (Tab. 6), di Piazza del
Duomo a Parma e di Piazza Castello a Torino. Seguono altre grandi e famose piazze,
come Piazza del Popolo a Roma, Piazza del Duomo a Milano e Piazza del Duomo a
Firenze.
TAB. 6 – L’ESPERIENZA DELLE PIAZZE SECONDO I TURISTI
NOME DELLA PIAZZA VALUTAZIONE
PIAZZA DELLE ERBE, VERONA 90
PIAZZA DEL DUOMO, PARMA 87
PIAZZA CASTELLO, TORINO 86
PIAZZA DEL POPOLO, ROMA 85
PIAZZA DEL DUOMO, MILANO 83
PIAZZA DUOMO, FIRENZE 82
PIAZZA DI SPAGNA, ROMA 81
PIAZZA DEL CAMPO, SIENA 81
PIAZZA NAVONA, ROMA 79
Fonte: Elaborazione Sociometrica su tecnologia Cogito© Expert System
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Le piazze sono uno dei rari casi in cui la fama va in parallelo con la qualità
dell’esperienza. Non sempre è così, e spesso -‐ si è visto -‐ alla notorietà non è associata
una corrispondente qualità dell’esperienza della visita. Ma non succede per le piazze. Le
piazze più belle d’Italia sono anche quelle che riservano le esperienze migliori. Le ragioni
che si intuiscono sono tante: innanzitutto la bellezza, la loro qualità monumentale, o
prospettica, o per la socialità che vi raccoglie e vi si dispiega . La gente entra liberamente,
le utilizza come meglio crede, per una fugace vista o per sedersi per un momento di
relax, o semplicemente perché si sta bene. Bellezza e libertà sembrano i due elementi
che costituiscono il loro mix vincente. È probabile (e lo si evince in qualche post) che
essendo la piazza la sintesi, in qualche modo, del vivere italiano, è proprio lì che gli ospiti
traggono la maggiore ammirazione per il nostro stile di vita, o semplicemente per il
nostro particolare modo di vivere. Vivere la piazza come un Italiano, sembra uno dei
fattori più affascinanti della vacanza.
È forse nelle piazze che l’esperienza del viaggio in Italia sembra trovare il suo
massimo equilibrio e il più grande compimento dell’esperienza italiana. È indicativo che
talvolta ne venga sottolineato l’elemento sociale, il fatto di trovarci la vetrina del vivere
italiano e talaltra il pregio artistico. La piazza è vista in qualche modo come la “casa degli
Italiani”, dove si possono trovare gli ingredienti che dall’insieme della ricerca sembrano
emergere come fattori distintivi e gratificanti: i bar, i palazzi di pregio, i ristoranti, le
pasticcerie, i negozi del fashion, ma anche le botteghe che, in alcuni casi, danno quel
sapore di radici, di grumo originario di quanto poi nei negozi alla moda si trova come
contemporaneità. Sembrano scampoli di storia del Paese riassunti in un piccolo spazio e
molto visibili.
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4. EFFETTO COCOONING E RANKING DESTINAZIONI
Sulla base del “mood” che, attraverso l’analisi semantica è possibile ricavare dalla
moltitudine di giudizi espressi, parte dei quali, ovviamente, possono anche essere
variamente connotati (non mancano post in cui esprimono al contempo entusiasmo e
delusione, ammirazione e critiche) è possibile stilare una graduatoria, una sorta di
ranking delle destinazioni turistiche secondo quanto si deduce dal valore delle
esperienze espresse nei post.
Naturalmente occorre ben definire il senso di questa graduatoria. Qui non sono
valutate le destinazioni secondo la loro bellezza considerata in generale, o del loro
patrimonio artistico o paesaggistico, quanto dell’esperienza che loro riservano, o almeno
hanno riservato a coloro che vi hanno voluto dedicare un post, un’opinione, un’idea. Non
è un giudizio oggettivo, semmai ce ne potesse essere uno sull’estetica, ma è la
sommatoria di giudizi soggettivi. D’altro canto i turisti, gli ospiti di una località, sono dei
soggetti, hanno un’esperienza e su questa base si fanno un’idea e poi la esprimono.
Questo dato è preziosissimo, perché ogni valutazione, che vorrebbe essere oggettiva, si
scontra con la scelta dei criteri da adottare e sulla titolarità di chi li esprime. Ma il
turismo non è valutazione paesaggistica, non è storia dell’arte, non è un esame
dell’organizzazione logistica di un luogo, ma esperienza soggettiva e come tale è da
considerare.
Si tratta di rimettere il turismo, l’esperienza turistica, sui suoi piedi, che sono
esattamente quelli dei turisti. È un dato prezioso, perché si ascolta la voce dei
protagonisti, di quelli che acquistano i servizi e che poi effettivamente li utilizzano.
Questo colma una grande asimmetria, perché chi fa politica turistica è un residente, così
come chi vota alle elezioni e chi ne organizza i servizi. Ma gli utenti sono sempre, per
definizione, non residenti, perciò la loro voce è effimera, a meno che non si sedimenti,
come accade, nel cumulo delle recensioni che, se si vuole, costituiscono il “capitale
sociale” di ogni destinazione. Di questo capitale sociale con l’analisi semantica, che si
affianca ad altri strumenti, si può cogliere finalmente la dimensione e descriverne meglio
le inclinazioni. Insomma si condensa il pensiero del popolo dei turisti pensato, non da
altri, ma direttamente dai protagonisti.
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34 218 mila post: Gli occhi del mondo sull’Italia
febbraio 2014
L’altro elemento di grande preziosità è che attraverso questi giudizi si scopre qual è il
mix vincente delle destinazioni. Qualche volta è la facilità di raggiungerla, altre volte è
perché suscita meraviglia e altre volte ancora, semplicemente, perché gli ospiti vi si
trovano bene, sono felici del loro soggiorno. Qual è la chimica di questo star bene è
qualcosa che in parte viene espressa da loro stessi e in parte rimane a noi osservatori
come esercizio di intuito, di empatia e di cultura turistica.
Fatte queste premesse, la graduatoria presenta ai primi posti località famose, ma non
le più grandi in assoluto, e vede in testa Taormina e Lucca (Tab. 7).
TAB. 7 – Ranking delle destinazioni turistiche
DESTINAZIONE VALUTAZIONE
TAORMINA 82
LUCCA 82
SIENA 81
ASSISI 81
RIVA DEL GARDA 80
MANTOVA 80
COSTA SMERALDA 80
ALTO ADIGE 80
PORTOFINO 79
AMALFI 78
TRENTINO 78
SARDEGNA 78
TORINO 78
FIRENZE 77
CAPRI 77
ISCHIA 77
VIAREGGIO 77
VENEZIA 76
TROPEA-‐CAPO VATICANO 76
ROMA 75
Fonte: Elaborazione Sociometrica su tecnologia Cogito© Expert System
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35 218 mila post: Gli occhi del mondo sull’Italia
febbraio 2014
Anche semplicemente scorrendo la liste delle prime venti destinazioni si vede che
prevalgono le località medie (piccola digressione: come detto quello che conta è la
percezione soggettiva dei turisti, perciò anche la geografia cambia di conseguenza. C’è
chi percepisce Alto Adige come un insieme omogeneo e ne parla usando questo nome,
senza citare la singola località, o talvolta limitandosi al nome della valle e in questo lo sci
“aiuta” a eliminare distinzioni… c’è, invece, chi distingue fra località e il resto, come per
esempio avviene per Riva del Garda, che è considerata come mondo a sé, staccato anche
dal Trentino, che è visto come un tutt’uno, come avviene per l’Alto Adige. Anzi c’è la
netta sensazione che i turisti non facciano grande distinzione fra le due province. Non la
fanno certamente gli Italiani (com’è possibile dedurre da altre ricerche), non la fanno i
turisti di lingua inglese, ma probabilmente la fanno gli ospiti di lingua tedesca, che però
non sono computati in questo lavoro. C’è chi considera la Sardegna come una
destinazione omogenea, staccando solo la Costa Smeralda come territorio distinto. In
verità queste scelte linguistiche sono molto significative e l’obiezione che questa
geografia non sia “corretta” appartiene a chi fa l’anagrafe delle appartenenze
geografiche o amministrative, non ai turisti che hanno le loro mappe molto speciali.
Il concetto fondamentale che si evince da questo tipo di analisi è la centralità
dell’esperienza del turista. Le cose e i luoghi non sono giudicati in sé, com’è ovvio, ma
sulla base dell’esperienza che regalano e che ciascuno può registrare sulla sua pelle e
vedere con i suoi occhi. E i confini di ogni destinazione turistica li stabilisce chi viaggia,
non chi ci vive.
Le grandi città turistiche scontano uno svantaggio che si potrebbe definire quasi
oggettivo, e per varie ragioni. Una prima ha natura prevalentemente organizzativa, in
quanto città molto grandi hanno flussi di turisti che si mescolano con quelli dei residenti,
con conseguenti affollamenti “random”, che rendono particolarmente difficile
“razionalizzare” la città per l’uno o l’altro uso. Una seconda ragione è la difficoltà a
essere meticolosi nella cura degli ospiti, quando il loro numero cresce oltre certe
dimensioni. Una terza motivazione attiene all’estrema frammentazione degli operatori
turistici, che rende complicato adottare standard comunque definiti, impliciti o espliciti,
della località. Una delle caratteristiche dell’Alto Adige, cui è prossimo anche il Trentino, è
esattamente la capacità di offrire nella stessa destinazione una sorta di standard medio,
anche nel carattere dell’ospitalità, che viene mantenuto da ogni operatore (o dalla
maggioranza) a prescindere dal settore specifico in cui opera (pernottamento,
ristorazione, commercio).
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36 218 mila post: Gli occhi del mondo sull’Italia
febbraio 2014
L’elemento che fa indietreggiare di qualche punto i giudizi nelle grandi città
turistiche è fondamentalmente la logistica. Uno dei problemi più avvertiti è quello
dell’uso dell’automobile, l’atto stesso di guidare. In molte situazioni si lamenta la
difficoltà di trovare parcheggi, la difficile comprensione del sistema di chiusure dei centri
storici, non sempre immediato e non del tutto visibile, il cambiamento repentino delle
regole di ingresso, e poi il modo stesso di guidare degli Italiani che talvolta viene
segnalato come “pericoloso”. Qualche altra volta, al proposito dei musei più grandi e
importanti, si segnala la difficoltà di ingresso, o a causa delle file, o a causa della difficoltà
di prenotare in tempo reale. Ancora la logistica arriva ad abbassare le valutazioni quando
si tratta di aeroporti e dei loro collegamenti con le città, i taxi per il loro prezzo e
disponibilità e talvolta per qualche patologia di comportamento rispetto alla lealtà del
servizio. In sostanza le grandi destinazioni turistiche soffrono di questi elementi che si
potrebbero definire di contesto logistico della visita.
A loro volta città come Taormina, Lucca, Siena, Assisi, Riva del Garda, Mantova, oltre
alle loro qualità culturali, turistiche, urbanistiche sembrano trarre vantaggio da una
logistica semplificata, oltre che per il minore impatto dei turisti sulla struttura urbana.
Certo, avessero gli stessi flussi di Roma, Firenze e Venezia, potrebbero addirittura trovare
molto più problematica la loro gestione. Tuttavia le cose sono quelle che si rendono
evidenti, perciò l’esperienza di visita in queste città medie sembra beneficiare proprio
dalla logistica più facile. Una digressione al proposito: ancora una volta la valutazione
non è in astratto, ma nel vissuto dei turisti. Importa poco che in una città il centro storico
sia chiuso, quando i parcheggi sono efficienti e disponibili nelle loro vicinanze; importa
poco che le strade siano strette, quando quel che conta è la loro percorribilità effettiva e
la sensazione di agevolezza e tranquillità che trasmettono.
Allo scopo di capire meglio il mix di ingredienti che porta una destinazione in cima
alla classifica e comprendere quale sia la connotazione ideale di una destinazione
turistica italiana, almeno secondo i viaggiatori di lingua inglese, è utile fare qualche
approfondimento proprio su Taormina e su Lucca (Graf. 10/11), esattamente sui concetti
che pesano maggiormente sul lato positivo della bilancia delle valutazioni.
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37 218 mila post: Gli occhi del mondo sull’Italia
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Graf. 10 – Percezione di Taormina come destinazione turistica
Il primato di Taormina è fondato sulla concentrazione in uno spazio relativamente
piccolo di alcuni elementi valutati di grande valore e di particolare pregio. Il primo è
legato alla possibilità di evitare di usare l’auto; è un posto dove tutto appare facile. Il
secondo elemento riguarda la grande concentrazione di alberghi a 5 stelle e comunque
di qualità eccellente in uno spazio molto ristretto. Il fatto che siano tanti e siano vicini
costituisce un “humus” molto particolare, che crea la sensazione di trovarsi dentro una
piccola comunità di grande preziosità. L’altra grande suggestione è data dalla vicinanza
dell’Etna. Il fatto che si possa arrivare fin sul cratere rende la visita speciale e
psicologicamente crea una sorta di doppio dell’eccellenza: la serenità e il confort nella
cittadina e poi, a poca distanza, lo spettacolo “challenging”, grandioso e imperioso
dell’Etna. C’è poi la suggestione della Sicilia come “background” che connota tutto il
viaggio e va oltre le caratteristiche di Taormina. Anzi il “mix” tra l’identità siciliana e la
presenza delle eccellenze alberghiere (e del golf) la rende in qualche modo unica. La
vicinanza al mare, anzi la disponibilità di grandi piscine negli hotel aggiunge la
componente balneare a una visita che si presenta anche molto connotata dal punto di
vista culturale e dell’attenzione verso il cibo e la cucina. Perciò questo convergere di
balneare e culturale aggiunge altre specificità, cui contribuisce anche la vicinanza delle
isole Eolie, altro “mito” citato più volte nei post. Inoltre, poiché dell’Italia in generale si
apprezzano molto le pasticcierie, probabilmente anche questo tocco la rende
ulteriormente “appealing”.
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38 218 mila post: Gli occhi del mondo sull’Italia
febbraio 2014
Spigolando tra i post si può anche arrischiare qualche interpretazione un po’ più
sottile. La Sicilia è un universo affascinante anche per i popoli di lingua inglese. Un
mondo a sé che attrae e inibisce. Un mondo visto anche con un filo di paura. Non sembra
vero, a molti, poter guardare a questo universo insieme dall’alto (Taormina ha questa
caratteristica paesaggistica) e dall’interno, in una situazione che genera insieme
sicurezza, con una confortevolezza di standard internazionale e l’ “azzardo” di trovarsi
pienamente immersi nel macrocosmo siciliano.
Per quanto riguarda Lucca, ci sono alcune similitudini con Taormina. Anche qui c’è un
centro storico completamente chiuso al traffico delle auto. Anche in questo caso vince la
semplicità, perché tutto è a portata di mano, si può vedere tutto a piedi, e le mura di
cinta danno la sensazione di trovarsi in un microcosmo chiuso e prezioso. C’è una sorta di
effetto “cocooning” che accomuna Taormina a Lucca e ad altre località menzionate in
cima alla graduatoria, come Assisi, Amalfi, ma anche Riva del Garda, Portofino, Tropea e
tante altre ancora, naturalmente con intensità maggiore o minore a seconda dei casi.
Se si volesse trovare un “unicum”, almeno quello dettato dalla lettura dei post, di
Lucca rispetto a Taormina, questo si ritrova nel largo uso delle biciclette, che sembra
quasi un must, una connotazione peculiare della città, o meglio sembra essere la
destinazione turistica dove le biciclette hanno il maggiore potere connotativo. Qualcuno
indica il silenzio come altra caratteristica della città, oltre che alle sue qualità culturali
derivanti dal patrimonio storico-‐artistico. In alcuni casi si indica Lucca per la comodità di
fare base nella città per vedere le campagne e i piccoli borghi che sono d’intorno. Altri
ancora sottolineano la convenienza a “ribaltare” un po’ l’organizzazione del viaggio (nel
senso che spesso si arriva nel centro più grande e poi di lì ci si sposta nei dintorni)
soggiornando nella città più piccola e facendo escursioni in quelle più grandi (Firenze e
Pisa). Altro elemento che contribuisce al mix di Lucca è la vicinanza al mare e alla Cinque
Terre, oltre che per le escursioni in montagna. Insomma un microcosmo che è
imperniato sulla cultura, ma che trova poi il suo reale vantaggio competitivo
nell’equilibrio logistico e nel soggiorno semplice, agevole, senza troppi stress legati
all’uso dell’automobile. L’essere coccolati, che poi viene più naturale nei centri meno
grandi, contribuisce poi a dare quel “premio” che si fa molto avvertire sul piano
dell’esperienza personale della visita.
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Graf. 11 – Percezione di Lucca come destinazione turistica
Per le altre destinazioni si possono fare osservazioni non dissimili da quelle fatte per
Taormina e per Lucca. Volendo schematizzare si può dire che le migliori esperienze le
riservano le destinazioni particolarmente curate, che riescono a fornire l’“effetto
cocooning”, di cui si è detto. Effetto che trova il suo alveo naturale nella dimensione
spaziale contenuta e nella valenza culturale: piccolo, semplice, ricco e curato sembrano
gli elementi essenziali del mix; la seconda tipologia potrebbe essere definita quella dei
“territori identitari”, che riescono a focalizzare l’attenzione non sulla singola
destinazione, ma su un insieme più grande, tanto che il nome dell’area sopravanza
sempre rispetto al nome della località. In questo caso alla dimensione da “grande
borgo”, che connota la prima tipologia, si sostituisce quella definita da un universo
omogeneo, di standard elevato, più grande e tuttavia molto attento alla cura delle
persone, attento alle “piccole virtù” dell’ospitalità e fortemente connotato nelle sue
caratteristiche territoriali. È il caso delle due province di Trento e di Bolzano, le uniche,
insieme alla Sardegna, per le quali il nome dell’area corrisponde al perimetro della
destinazione turistica, mentre nel resto dell’Italia non esistono destinazioni regionali (se
non marginalmente per la Toscana, l’Umbria e le Marche), ma solo destinazioni che
coincidono con le località più note.
La terza tipologia vincente è quella delle grandi città d’arte: Roma, Venezia e Firenze.
In questo caso è tutta un’altra storia. La cultura qui più che l’effetto borghigiano ha una
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dimensione molto urbana, quasi “pop”. Nelle tre città c’è l’universalità del mondo
turistico, con la sua varietà di ristorazione, spazi urbani connotanti, articolazione degli
interessi, l’imponenza dell’offerta culturale, lo shopping; è insomma la “grande festa”, il
grande ritrovarsi, tanto che talvolta i luoghi d’arte sono interessanti più che per il loro
valore artistico per quello di riconoscimento sociale, di ritrovo delle persone che hanno o
cercano un riconoscimento “glamour”. È l’avventura della città, con le sue infinite
possibilità relazionali e la lunga tassonomia delle situazioni possibili. È la festa della
socialità, della folla, della contemporaneità. Il loro lato debole è sostanzialmente la
logistica.
Ci sarebbero poi da fare altre osservazioni rispetto al tipo di vacanza (week end,
vacanza lunga), al soggetto della vacanza (famiglia, coppia, gruppi, ecc.), al periodo e
altre variabili ancora. Ma qui non c’è l’occasione, né la metodologia semantica è
pertinente a questo tipo di scandaglio. Tuttavia si può dire che le grandi città d’arte,
rispetto alle variabili prima indicate, sembrano essere preferite in ogni periodo dell’anno
(la novità è che lo siano anche in agosto e anche in febbraio); hanno il loro picco nella
tipologia week end e raccolgono ogni tipo di “nucleo” turistico, con qualche difficoltà
però rispetto alla famiglia, a quello che nel gergo del marketing si definiscono come “nidi
pieni”.
Solo Torino tra le altre città di grandi dimensioni sembra regalare un’esperienza
all’altezza delle prime tre. Il resto delle grandi città non sembra avere né l’effetto “pop”
delle prime tre, né quello di “cocooning” delle piccole. Ci sono però le vistose eccezioni
delle “città-‐stato”, si potrebbero definire, di dimensioni medie, come Siena, Mantova,
Trento e poche altre.
Per quanto riguarda il Trentino, la visione che si evince dai commenti è di un’area
omogenea, compatta, con la sola identità di Riva del Garda che si distingue dal resto, pur
avendo molti fattori in comune. Il mix vincente del Trentino è fondato sulla bellezza
paesaggistica (le Dolomiti raggiungono il punteggio record di 86 punti, con aggettivazioni
del tipo “stunning”, “spectacular” “gorgeous”, “charming”), la sua accessibilità
economica, quello che con il gergo del marketing si definisce come ottimo rapporto
qualità/prezzo e una certa cura dei dettagli, del particolare, di quello stesso “effetto
cocooning” già osservato per le destinazioni “borghigiane”.
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Graf. 12 – Percezione del Trentino (Dolomiti) come destinazione turistica
Di Riva del Garda emerge, a parte il suo clima particolare, la grande vocazione
sportiva e allo stesso tempo che sia “quiet”, serena, tranquilla. Una nota eccellente arriva
per due musei del Trentino, il MART (Museo di arte moderna e contemporanea) di
Rovereto e il MUSE (Museo delle Scienze) di Trento. In questi due casi, oltre ad
apprezzarne il contenuto, si ammira anche il contenitore e l’organizzazione della visita,
insomma il display delle opere. Per i due musei si usano anche concetti che mai si sono
trovati nel caso dei musei italiani, come “vital”, “magical”, “marvellous”, “gorgeous” (per
il MART) e “beautiful”, “fresh”, “worth”, “elegant”, “comfortable” (per il MUSE). Il tratto
della cultura che non è mai stato, comparativamente ad altre destinazioni italiane, un
punto di forza del Trentino, sedimentato invece nella natura, con i due musei si colloca
oggi come la migliore esperienza museale del paese.
In generale, rispetto al Paese, dall’insieme dei commenti si evince che la destinazione
ideale deve essere, per le sue caratteristiche distintive, un unicum, una rarità, con una
qualità eccellente dei servizi e una logistica adeguata. Il punto è che l’ospite non può
essere colpito dalla meraviglia di un dipinto in un museo e poi irritato dall’impossibilità di
parcheggiare. Questi aspetti legati alla logistica rappresentano una sorta di condizione
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necessaria, ma non sufficiente. Non si va nei posti solo perché la sua logistica è perfetta e
agevole. Ma, allo stesso tempo, è difficile godere di una destinazione, delle sue
promesse, se la qualità (e l’umore) sono inficiati da costrizioni che distraggono dalla
bellezza e non consentono una piena immersione nell’ambiente della vacanza.
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3. POST IT: LE PAROLE PER DIRLO
In questa parte del lavoro si vuole dare qualche traccia del tipo di commenti che si
possono trovare, in senso letterale. Naturalmente la scelta non è esaustiva (e come lo
potrebbe essere per 218 mila post?), e neppure vi è un criterio di selezione molto
stringente. L’analisi semantica serve appunto per evitare di leggere migliaia e migliaia di
testi; ma la stessa tecnologia permette, attraverso alcuni incroci, di arrivare anche alla
fonte, cioè al singolo post che ha determinato l’una o l’altra inclinazione delle opinioni.
Così in qualche caso è parso interessante, o forse appena curioso, riportare testualmente
alcuni post.
Si sono scelti alcuni termini chiave, alcuni negativi e altri positivi, e per ciascuno di
essi si sono riportati uno o più post. È una lettura che serve soprattutto a capire quale sia
la fonte di tutte le osservazioni precedenti e di come sia il linguaggio da cui trae origine
l’analisi semantica. Come si può vedere, spesso si tratta di consigli che qualcuno offre a
qualcun altro, rispetto a una singola destinazione o all’organizzazione di un viaggio.
Niente di sistematico perciò, ma si tratta di considerazioni molto vere, del tutto
autentiche e colte, se si può dire, in presa diretta.
NIGHTMARE
Guidare a Roma e Napoli
Anche un eccellente guidatore…
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44 218 mila post: Gli occhi del mondo sull’Italia
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Non fidarsi degli autobus a Sorrento
E funzionano tutte…
HATE
Obliterare come si traduce in inglese?
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45 218 mila post: Gli occhi del mondo sull’Italia
febbraio 2014
Grottescamente caro
Musei non per i bambini
Quando la card non è conveniente
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46 218 mila post: Gli occhi del mondo sull’Italia
febbraio 2014
PAINFULL
Sebbene nessuno sia nei Top 100… Fiumicino
WONDERFUL
Dietro gli angoli di Venezia
La “dolce vita” di… Pizzo
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47 218 mila post: Gli occhi del mondo sull’Italia
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Gli occhi dei Greci per la bellezza
AMAZING
Una bottiglia di vino a Piazzale Michelangelo
MAGIC
Nessun messaggio dal mondo
Great little charming town
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48 218 mila post: Gli occhi del mondo sull’Italia
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4. CONCLUSIONI: L’ALGORITMO DEL SUCCESSO
Quali sono le considerazioni da fare alla fine di questa lunga carrellata di opinioni, di
commenti sui commenti, e d’indicazioni anche di grande dettaglio? La prima è nel valore
in sé di un tale tipo d’approccio: quello di far parlare i protagonisti, cioè gli ospiti, i turisti.
Non è una considerazione di poca importanza, perché raramente, quando si tratta di fare
politica turistica, si parte proprio dai “desiderata” dei turisti. Sentire dalla loro viva voce
(o meglio dalla loro viva scrittura) qual è la reale esperienza che si vive, visitando il nostro
Paese, è un bene prezioso, la base di qualunque ragionamento da fare sul piano
dell’offerta.
La seconda considerazione non può che mettere in evidenza l’unitarietà della figura
del turista, che non è un alieno, o una persona a una sola dimensione: nella sua
esperienza entrano allo stesso modo la meraviglia per le opere d’arte, ma anche
l’irritazione per quando, per fortuna non molte volte, si incontra un deficit di
comunicazione, del servizio, o peggio si vedono atteggiamenti anti-‐turistici.
La forza dell’Italia, dove questa si esprime al massimo livello, è in un mix di grande
fascino: la cultura intesa più come contesto urbano (il borgo) che semplicemente come
numero di opere d’arte presenti; la qualità della cucina e del cibo; lo stile di vita che
trova nella piazza il suo luogo esemplare; i prodotti emozionali del “made in Italy”; il
paesaggio e la varietà di situazioni che si possono incontrare. Non è un mix facile da
riprodurre, ma è anche un mix che fa presto a smontarsi quando, ad esempio, la logistica
e altri fattori ne minano alle fondamenta il vissuto reale dei nostri ospiti. Se è vero che
un visitatore sembra vivere in una bolla alimentata dalle suggestioni del luogo e delle
emozioni che lo motivano alla visita, basta però poco a rovinarla.
Ne deriva perciò dall’indagine una sottolineatura, spesso sottaciuta o trascurata,
dell’importanza del servizio, della cura con cui gli ospiti sono trattati e considerati. Si
mettono spesso in evidenza, nella pubblicistica non solo turistica, i valori in astratto, ad
esempio del patrimonio storico-‐artistico, ma si sorvola sulla reale esperienza che quei
tesori procurano a chi li visita. Si sarebbe tentati di dire che, en passant, la grande
ammirazione verso le piazze, oltre che per le ragioni già espresse, sia anche perché sono
semplici, non ci sono organizzazioni di sorta a “complicarne” la visita, e sono lasciate alla
libera e fluida presenza della gente, nei modi e nelle forme che di volta in volta ritengono
migliore e più soddisfacente. Sembra che le regole, talvolta, più che a regolare servano a
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complicare, sotto il peso della burocrazia, dei divieti e quant’altro. Fare le cose semplici
sembra talvolta molto difficile.
Quello che l’indagine ci dice sul piano metodologico e anche sul merito, è il potere
della folla, il potere delle esperienze singole che sommandosi diventano “luogo
comune”, quello che poi tutti seguiranno. La lettura dei post va dentro il cuore
dell’esperienza della visita, coglie il movimento, non solo quello che non cambia mai. Il
valore di un museo rimane nel tempo, mentre l’esperienza della visita varia a seconda
delle circostanze legate al momento. La logica di Google (più sei collegato, più sei
importante e questo vale tanto per i siti quanto per le singole persone) riporta tutto su
un terreno comune: siamo tutti dentro la stessa arena e nessuno sta in alto. E poi c’è la
velocità: un cattivo commento cambia in un attimo anche convinzioni sedimentate, o
quanto meno rende necessarie sue ulteriori verifiche. È come essere passati da un film
in “slow motion” (“è sempre stato così”, “le cose saranno sempre così”) all’avanti veloce,
dove ogni destinazione viene riconsiderata a misura in cui si susseguono i commenti, e
poi i commenti sui commenti e così via.
Alla fine ogni destinazione appare come una traiettoria di esperienze cristallizzate
nei suoi componenti, ma veloci nel loro cambiamento e, soprattutto, nella percezione
che inducono. E quando si parla di percezione, il meccanismo di riferimento è quello dei
“brand” che regnano sovrani sui mercati del largo consumo.
Ogni destinazione può essere considerata come un “brand”, come avviene nel
mondo del fashion. Qual è la percezione di marchi come Armani, Gucci, Zegna, Chanel,
Ralph Laurent, Gap? Quali sono le differenziazioni interne? Come la gente si riconosce
nell’una o nell’altra? Come ne esclude alcuni e come sia disposta a spendere molto di più
per averne altri? Un discorso analogo può essere fatto per le destinazioni turistiche (non
si chiamino però “prodotti turistici”, perché questi non esistono in natura, ma esistono
solo le destinazioni) per la loro capacità di raggrumare sensazioni, valori, appunto
percezioni.
Ecco perciò che la “politica turistica” è qualcosa di ben più complicato e sottile di
quello che può arrivare dalla sola informazione sulla storia di un luogo, ma attraversa la
sua vita vera, il modo come sono organizzati i servizi per gli ospiti, in un continuo
alternarsi dell’alto (la cultura, il paesaggio, il gusto) e del basso (l’informazione sui
trasporti, i cartelli, la prenotazione in tempo reale). Possiamo immaginare l’esperienza di
un viaggio come un algoritmo, una successione senza soluzione di continuità di
un’alternanza di fattori, moltiplicati per la loro valenza emotiva e ciascuno di essi porta
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con sé un segno, come una somma di emozioni, di percezioni, o semplicemente di
sensazioni dello star bene o star male. Lavorare sull’offerta non è mai stato un vero
obiettivo, ad esempio della parte pubblica, che preferisce promozione, comunicazione,
eventi, insomma occuparsi della domanda, perché è anche più semplice e non crea
complicazioni. Ma queste ultime si ritrovano poi nell’esperienza concreta di chi
soggiorna.
Assorbire questa consapevolezza, che la meraviglia di un luogo non esime dal
lavorarci sopra; che gli ospiti non sono tagliati con l’accetta, ma hanno una ricchezza
d’esperienza che coinvolge ogni aspetto del loro viaggio; che l’organizzazione non è un
residuo di cui non si occupa nessuno, ma rende testimonianza di un luogo allo stesso
modo delle componenti “alte”, è una grande conquista. Quello che serve per far tornare
grande l’ospitalità italiana.