2.3 rinnovabili: la geotermia
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2.3 Rinnovabili: la geotermia
2.3.1 I sistemi geotermici e la loro classificazione
L’energia geotermica è quella forma di energia rinnovabile prodotta sfruttando il calore
terrestre, in parte originatosi durante la formazione del pianeta e in parte prodotto dal
decadimento di isotopi radioattivi presenti all’ interno delle rocce che compongono le parti più
profonde del globo terrestre. Il termine “Geotermia” deriva dal greco e significa proprio “Calore
della Terra”. Il calore interno si dissipa con regolarità verso la superficie della terra, la quale emana calore
nello spazio quantificabile in una corrente termica media di 0,065 W/m2. Le temperature del
globo sono crescenti man mano che si scende in profondità, in media ogni 100 metri la
temperatura delle rocce aumenta di 3 °C (quindi 30 °C al Km e 300 °C ogni 10 Km). Questo è
valido però solo per quanto riguarda la crosta terrestre, nel resto del globo l' aumento di
temperatura con la profondità (detto gradiente geotermico) è sensibilmente minore. In
particolare nel mantello e nel nucleo esterno il gradiente geotermico segue un andamento di
tipo adiabatico, e si attesta su valori medi rispettivamente di 0,3 °C/km e 0,8 °C/km.
In alcune particolari zone si possono presentare condizioni in cui i gradienti geotermici sono
anomali (9-12°C ogni 100 metri), la temperatura del sottosuolo è leggermente più alta della
media e il flusso di calore è maggiore. Ciò è dovuto a fenomeni vulcanici e tettonici che hanno
portato alla presenza, non lontano dalla superficie (5-10 km), di masse magmatiche fluide o già
solidificate in via di raffreddamento. In superficie, in corrispondenza di queste zone, si possono
vedere vulcani, geyser, fumarole, hot spot ed altri fenomeni.
Lo sfruttamento dell’ energia geotermica consiste come detto nel recupero e nell’ utilizzazione
del calore contenuto nelle rocce del nostro pianeta piuttosto vicine alla superficie, dove arriva
propagandosi dalle zone più profonde della Terra. Alla base del meccanismo dei sistemi
geotermici vi sono le leggi che regolano la convezione dei fluidi (Fig.2.3.1.1). L' energia termica
accumulata in queste zone viene resa disponibile a profondità accessibili da vettori termici
presenti nella crosta terrestre: i fluidi geotermici. I fluidi geotermici sono essenzialmente
composti da acqua meteorica che infiltrandosi in profondità, circola nel sottosuolo attraverso
rocce calde porose, fratturate e permeabili, e viene riscaldata, a volte fino a temperature
elevate (oltre 300°C), in certe condizioni diventa addirittura vapore. Il fluido geotermico
scaldato, a minore densità, si muove così verso l’ alto innescando una circolazione convettiva
con richiamo di acqua più fredda, a maggiore densità, verso il basso. L’ acqua calda (o il vapore),
risalendo attraverso faglie e fratture, può così raggiungere la superficie e formare sorgenti
calde, soffioni, fumarole e geyser; ma la maggior parte rimane invece nel sottosuolo,
intrappolata nelle fratture e negli strati porosi di roccia, compresi tra superfici impermeabili: in
questi casi le rocce formano degli acquiferi caldi, ossia i serbatoi geotermici, che a loro volta
sono protetti da rocce impermeabili (copertura) che impediscono o limitano la dispersione dei
fluidi o del calore.
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In tal caso possono essere estratti tramite pozzi, profondi fino a qualche chilometro, mettendo
in comunicazione diretta la risorsa geotermica con la superficie, per un successivo uso del
calore contenuto nel fluido.
Fig.2.3.1.1 Rappresentazione schematica di un sistema geotermico.
I sistemi geotermici possono formarsi in regioni con gradiente geotermico normale o poco più
alto e, soprattutto, nelle regioni prossime ai margini delle zolle crostali, dove il valore del
gradiente geotermico può essere anche notevolmente superiore a quello medio. Nel primo
caso, questi sistemi hanno temperature basse, di solito non più di 100°C a profondità
economicamente utili, mentre nel secondo caso, si può avere una vasta gamma di temperature,
da basse sino ad oltre 400°C.
I sistemi geotermici sono classificati in cinque gruppi:
- I sistemi idrotermali
Attualmente i sistemi idrotermali sono gli unici ad essere sfruttati a livello industriale,
sia nella produzione di energia elettrica che negli impieghi diretti. Sono costituiti dai
serbatoi geotermici che contengono acqua sia in fase liquida che di vapore (a seconda
delle condizioni di pressione e temperatura), ricoperti da rocce impermeabili. Tra i
sistemi idrotermali si possono distinguere a loro volta i sistemi "acqua dominante" e i
sistemi "vapore dominante".
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Sistemi acqua dominante o a vapore umido
Questi sistemi geotermici producono acqua in fase liquida o miscele acqua-vapore. I
campi di questo tipo sono i più diffusi nel mondo. Quelli “ad acqua calda” contengono
acqua in fase liquida che, quando estratta, ha alla superficie temperature variabili tra 30
e 100°C. Generalmente il serbatoio non ha una copertura di rocce impermeabili, ed è
situato a bassa profondità; in superficie questi sistemi sono spesso associati a
manifestazioni termali, a temperature moderate. Quando invece il campo geotermico è
racchiuso da una copertura impermeabile, l’acqua ad elevata pressione è in grado di
raggiungere temperature maggiori di 100°C, compresa tra 180 e 370° C, pur restando
ancora in fase liquida. Quando un pozzo raggiunge un serbatoio di questo tipo, l’acqua
pressurizzata risale rapidamente verso la superficie, e comincia a bollire, a causa della
rapida diminuzione della pressione (fenomeno noto come “boiling for depth”),
producendo una miscela di acqua e vapore. Per la produzione di energia elettrica viene
utilizzato solamente il vapore, mentre l’acqua viene allontanata con appositi separatori
e reimmessa nel sottosuolo. Manifestazione superficiali caratteristiche di questo tipo di
campi sono sorgenti bollenti e, talvolta, geyser o soffioni. Si ritiene che il 90% dei
serbatoi idrotermali al mondo sia di questo tipo.
Sistemi vapore dominante o a vapore secco
In alcuni serbatoi geotermici, geologicamente simili ai precedenti, la temperatura è così
elevata che il fluido geotermico è presente sotto forma di vapore secco (accompagnato
da altri gas o sostanze solubili: CO2, H2S, B, NH3) ad alto valore energetico: questo può
essere inviato direttamente alla turbina dell’impianto. Nel mondo sono noti pochi
sistemi di questo tipo; il più grande serbatoio di questo tipo, sfruttato fin dagli anni ’60,
è “The Geysers”, situato in California (USA); questo impianto ha una potenzialità di 1400
MW sufficiente a soddisfare il fabbisogno energetico dell’area metropolitana di S.
Francisco. Il primo campo utilizzato al mondo è stato invece quello di Larderello in
Toscana, dove nel 1904 l'imprenditore fiorentino Pietro Ginori Conti per primo produsse
energia elettrica mediante una dinamo trascinata da un motore azionato dal vapore
endogeno; con il calore geotermico negli anni '40, in Italia, venivano già prodotti 132
MWe. Altri campi di questo tipo si trovano in Giappone, Nuovo Messico ed in Indonesia.
- I sistemi ad acqua calda
Contengono acqua a temperatura inferiore ai 100° C (50-82° C) utilizzabile soprattutto
per usi diretti (riscaldamento delle abitazioni, delle serre, impianti industriali).
- I sistemi geopressurizzati
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I sistemi geopressurizzati sono sistemi che contengono acqua a temperature maggiori
rispetto a quelli idrotermali e con pressioni superiori di quella idrostatica che gli
competerebbe a causa della loro profondità; sono quindi sistemi ad elevata
temperatura e pressione. Possono produrre energia geotermica, meccanica, chimica.
Ancora non si è provveduto ad uno sfruttamento di tali sistemi.
- Le rocce calde secche (Hot Dry Rock)
Le rocce calde secche, abbastanza comuni a varie profondità della crosta terrestre, sono
rocce in cui non è presente la circolazione di fluidi in quanto impermeabili e che essendo
caratterizzate da elevata termalità (temperature comprese fra i 200°C e i 350°C), è
possibile sfruttare tramite la fatturazione artificiale e la circolazione forzata del fluido.
Attraverso un pozzo appositamente perforato, acqua ad alta pressione viene pompata
in una formazione di roccia calda compatta, provocando la sua fratturazione idraulica e
rendendola così permeabile. Nel serbatoio artificiale così realizzato viene pompata
acqua fredda che circolando nelle rocce calde si riscalderà e per mezzo di un secondo
pozzo, perforato anch’ esso fino alla zona fratturata, raggiungerà la superficie come
acqua liquida o vapore, per essere infine immessa in uno scambiatore di calore o
direttamente in turbina, in superficie, per produrre energia elettrica. In questi casi si
parla anche di “Enhanced (Engineered) Geothermal Systems” o “EGS”.
- I sistemi magmatici
Sono sistemi artificiali che mirano a sfruttare il calore diretto di un magma con
temperature dai 600°C ai 1400°C per riscaldare un fluido di lavoro. Sono al primo stadio
di sperimentazione in quanto per poter sfruttare il calore diretto di questi sistemi si
dovrà prima risolvere i complessi problemi tecnici relativi al loro utilizzo. Attualmente si
sta sperimentando tramite prototipi la tecnologia Power Tube, che prevede la
produzione di energia elettrica tramite particolari turbine poste a elevata profondità
(anche superiore ai 5.000m) all’interno di pozzi e alimentate da una miscela di
isopentano e isobutano, che si riscalda con il calore diretto di una massa magmatica.
E’ evidente che, per gli elevati costi della ricerca, delle perforazioni dei pozzi di produzione e
reiniezione (che possono rappresentare fino ai 2/3 dei costi totali), dell’installazione delle
condutture di vapore, della costruzione delle centrali, sono possibili condizioni di economicità
(indipendentemente da incentivazioni e/o contribuzioni) solo in situazioni di gradiente
geotermico anomalo, con la disponibilità di grandi portate di fluidi a temperature molto
elevate.
L’individuazione di un serbatoio geotermico è un’attività complessa che si articola su diverse
fasi, a partire dall’esplorazione in superficie di una data area. Essa consiste nel censimento
preliminare delle manifestazioni geotermiche presenti, cui seguono indagini geologiche,
geochimiche, geofisiche e la perforazione di pozzetti esplorativi (di qualche centinaio di metri)
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per misure di temperatura e di flusso di calore terrestre. L’interpretazione dei dati raccolti
suggerirà dove procedere con l’esplorazione profonda, mediante la perforazione di pozzi (i
limiti di profondità che attualmente è possibile ed economicamente conveniente raggiungere
con la perforazione sono di circa 5000 metri), per accertare l’esistenza di fluidi geotermici. In
caso di esito positivo il campo geotermico così individuato sarà utilizzato con la perforazione di
un numero di pozzi sufficiente per la produzione di fluido geotermico (acqua calda o vapore).
Va ricordato che, concettualmente, la geotermia è una risorsa energetica rinnovabile in quanto,
anche nel caso di utilizzo diretto del fluido endogeno, si può ritenere che il fluido sottratto
venga sostituito, in un’area di alimentazione esterna, dall’acqua meteorica, mentre, in caso di
serbatoi “confinati”, la ricarica si può effettuare artificialmente con la reiniezione tramite
appositi pozzi; questa tecnica permette inoltre di mantenere la pressione del serbatoio e di
evitare l’inquinamento di falde o corsi d’acqua in superficie, riducendo drasticamente l’impatto
ambientale degli impianti geotermici.
2.3.2 Classificazione e utilizzazione delle risorse geotermiche
I settori di impiego dell’energia geotermica sono funzione del potenziale termico del particolare
serbatoio considerato (Fig.2.3.2.2). Ove possibile l’energia termica del vapore o dell’acqua calda
in pressione può essere usata per la produzione di energia elettrica, che può essere trasportata
a notevoli distanze, o impiegata per usi non elettrici come per il riscaldamento degli edifici, di
serre, in processi industriali, che possono avere significato economico rilevante soprattutto se
la risorsa è relativamente vicina agli impianti di utilizzazione (qualche chilometro). Tutto ciò
permettendo di risparmiare energia che sarebbe altrimenti prodotta con metodi convenzionali.
Il più comune criterio di classificazione delle risorse geotermiche si basa sull’entalpia dei fluidi,
che trasferiscono il calore dalle rocce calde profonde alla superficie.
Le risorse geotermiche si distinguono quindi in:
- risorse geotermiche ad alta entalpia (T > 150°C), impiegate negli usi indiretti del calore
tramite impiego di fluidi geotermici nei cicli di produzione di energia elettrica;
- risorse geotermiche a media entalpia (90°C°C<T<150°C), per cui si hanno sia impieghi
diretti che indiretti, quest’ ultimi tramite sistemi a ciclo binario atti a produrre energia
elettrica, dove il fluido geotermico viene utilizzato per vaporizzare un fluido di lavoro,
solitamente organico (es. isopentano), con basso punto di ebollizione ed elevata
pressione di vapore a bassa temperatura;
- risorse geotermiche a bassa entalpia (T<90°C), impiegate negli usi diretti del calore sia
per i comuni usi terapeutici, termali e balneari, che per agricoltura, itticoltura, processi
industriali, riscaldamento e raffrescamento di ambienti tramite pompe di calore.
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Fig.2.3.2.2 Diagramma dei diversi usi della risorsa geotermica in funzione della temperatura e della tipologia
(Lindal 1973, modificato).
Il diagramma di Lindal mette in evidenza due aspetti importanti dell’utilizzazione delle risorse
geotermiche (Gudmundsson, 1988): (a) con progetti a cascata o combinati è possibile
estendere lo sfruttamento delle risorse e (b) la temperatura dei fluidi costituisce il principale
fattore limitante la possibile utilizzazione.
Seguendo la nomenclatura proposta da Muffler e Cataldi (1978), con il termine risorsa
geotermica si identificano i fluidi geotermici utili ed accessibili (sia identificati che non), mentre
per riserva geotermica si intende quella parte della risorsa che è identificata (mediante
perforazioni e/o in base a evidenze geologiche, geochimiche e geofisiche) ed estraibile a costi
competitivi con quelli di altre fonti energetiche. Ne segue che sono considerate riserve
geotermiche per generazione diretta di energia elettrica i fluidi localizzati a profondità inferiori
a 3 km e di temperatura ≥200°C, corrispondente a una pressione di saturazione di 15,5 bar.
L’uso di fluidi con temperatura compresa tra 100°C e 200°C è economicamente vantaggioso per
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usi diretti e produzione di energia elettrica mediante cicli binari se si trovano a una profondità
limite di 1500m sotto il piano campagna. I fluidi geotermici con temperatura nell’intervallo 100-
30°C sono economicamente sfruttabili mediante utilizzo diretto solo se sono localizzati a
moderata profondità, cioè entro i 1000m.
2.3.2.1 La produzione di energia elettrica: impianti convenzionali, cicli binari, sistemi EGS e
geomagmatica
Come descritto in precedenza l’uso indiretto fondamentale di una risorsa geotermica è
rappresentato dalla produzione di energia elettrica (o geotermoelettrica). Una centrale
geotermoelettrica differisce da quella tradizionale termoelettrica per gli apparati necessari al
trattamento del fluido naturale proveniente dal sottosuolo e per la presenza di un
compressore, di dimensioni cospicue, con la funzione di estrarre i gas incondensabili
(soprattutto CO2) sempre presenti nel vapore. Tali gas possono raggiungere percentuali molto
elevate rispetto al vapore, fino al 20-30%, rispetto ai più diffusi valori del 3-5%.
Possiamo dire che generalmente un impianto geotermoelettrico è costituito dai seguenti
componenti:
- sistema di raccolta, trattamento e convogliamento del fluido geotermico fino
all’impianto di produzione dell’ energia elettrica (pozzi, sistemi di sicurezza e sfioro a
bocca pozzo, tubazioni di trasporto, sistemi di separazione acqua-vapore);
- sistema di produzione dell’energia elettrica (condotto di ammissione in turbina, turbina-
generatore, trasformatore elevatore e connessione alla rete elettrica);
- sistema di trattamento del vapore esausto (condensatore e relativa pompa di estrazione
condensato, torre di raffreddamento ad aria, sistema di estrazione dei gas
incondensabili);
- sistema di reiniezione dell’acqua nel serbatoio geotermico.
Un esempio ne è dato dalla figura 2.3.2.3 che segue.
Fig.2.3.2.3 Esempio di centrale geotermoelettrica e sue componenti principali.
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Nel caso in cui la centrale sia installata in un campo “a vapore secco” (come quello di
Larderello), il vapore è inviato direttamente alla turbina, all’uscita da questa, il vapore esausto
viene condensato e depurato dei gas incondensabili, mentre l’acqua di condensa può venir
dispersa in superficie o reiniettata nel sottosuolo. Quando invece, si tratta di campi “ad acqua
dominante”, la miscela acqua/vapore che fuoriesce dal pozzo geotermico, è sottoposta ad un
processo di separazione (a singolo o doppio flash) dal quale si ottiene il vapore che sarà inviato
alla turbina ed un’alta percentuale di acqua (30-80% del totale) che verrà dispersa o reiniettata.
Il problema della reiniezione dei fluidi geotermici nelle formazioni profonde è piuttosto
modesto nel caso del vapore. Si può ritenere infatti che con le normali torri refrigeranti, in
condizioni climatiche medie, il fluido da reiniettare sia intorno al 20-30% del vapore
condensato. Pertanto in campi a vapore dominante è mediamente sufficiente un pozzo
reiniettivo ogni 6-7 pozzi produttivi.
Nel caso di campi ad acqua dominante la reiniezione assume notevole rilevanza. Infatti, la quasi
totalità del fluido estratto deve essere reiniettato e le quantità di fluido per unità di energia
elettrica prodotta sono 8-15 volte superiori a quelle del vapore. Il numero dei pozzi reiniettivi è
quindi praticamente uguale a quello dei pozzi produttivi; il sistema di pompaggio e gli
acquedotti assumono di conseguenza dimensioni rilevanti.
E’ da notare inoltre che, contrariamente a quanto si verifica nelle centrali termoelettriche
tradizionali, dove la pressione del vapore è portata a più di 150 atm, quella del vapore di un
pozzo geotermico raramente supera le 30 atm.
L’energia elettrica è prodotta in impianti convenzionali o a ciclo binario, secondo le
caratteristiche delle risorse geotermiche disponibili.
Gli impianti convenzionali richiedono fluidi con una temperatura di almeno 150°C e sono
disponibili nel tipo a contropressione (con scarico diretto nell’atmosfera) e a condensazione.
Gli impianti a contropressione sono più semplici e meno costosi, ma presentano un alto
consumo specifico e un impatto ambientale talvolta non trascurabile. Il vapore, proveniente
direttamente dai pozzi, se questi producono vapore secco, oppure dopo la separazione della
parte liquida, se i pozzi producono vapore umido, passa attraverso la turbina ed è poi scaricato
nell’atmosfera o reiniettato (Fig.2.3.2.4). Con questo tipo di impianto il consumo di vapore (alla
stessa pressione di ingresso) per kilowattora prodotto è circa il doppio di quello di un impianto
a condensazione. Gli impianti a contropressione, tuttavia, sono molto utili come impianti pilota,
come impianti temporanei collegati a pozzi isolati di portata modesta, e per produrre elettricità
da pozzi sperimentali durante lo sviluppo di un campo geotermico. Essi sono utilizzati anche
quando il vapore ha un contenuto elevato di gas incondensabili (>12% in peso). Questi impianti
sono generalmente di piccole dimensioni (2,5-5 MWe).
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Fig.2.3.2.4 Schema di impianto a contropressione.
Le unità a condensazione (Fig.2.3.2.5), che richiedono più impiantistica ausiliaria, sono più
complesse di quelle a contropressione. In ogni caso l’impatto ambientale è minimo e può
essere ulteriormente ridotto depurando i reflui gassosi prima dell’immissione in atmosfera. Il
vapore esausto che esce dalla turbina, viene inviato ad una “camera di
condensazione/depressione” raffreddata da acqua derivante da una torre di raffreddamento o
da acque correnti.
Fig.2.3.2.5 Rappresentazione schematica di un impianto a condensazione per generazione di elettricità. In rosso il circuito del fluido geotermico, in blu il circuito di raffreddamento.
I gas incondensabili vengono estratti meccanicamente e scaricati all’esterno, mentre i reflui dei
condensatori o dei separatori sono incanalati in pozzi di reiniezione o dispersi in superficie.
Anche le centrali a flash singolo, centrali a doppio flash, centrali a flusso totale possono essere a
condensazione. Attualmente sono molto diffusi impianti a condensazione della potenza di 55-
60 MWe, ma recentemente sono state costruite ed installate anche unità da 110 MWe.
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I notevoli progressi, realizzati negli ultimi decenni, nella tecnologia dei cicli binari hanno reso
possibile produrre elettricità, sfruttando fluidi geotermici a temperatura medio-bassa (tra i 85°C
e i 180°C) ed acque calde di scarico emesse dai separatori nei campi geotermici ad acqua
dominante. Gli impianti binari utilizzano un fluido secondario di lavoro, di solito un fluido
organico (come n-pentano), che ha un basso punto di ebollizione ed un’elevata pressione di
vapore a bassa temperatura rispetto al vapore acqueo. Il fluido secondario lavora in un ciclo
Rankine convenzionale: il fluido geotermico cede calore al fluido secondario attraverso uno
scambiatore di calore, nel quale questo fluido si riscalda e poi vaporizza; il vapore prodotto
aziona una normale turbina a flusso assiale collegata ad un generatore, è poi raffreddato,
passando allo stato liquido, ed il ciclo comincia di nuovo, mentre i reflui geotermici vengono
reiniettati nell’acquifero. Nel caso di alimentazione con acqua l’emissione di gas in atmosfera è
praticamente nulla.
Scegliendo opportunamente il fluido secondario, è possibile costruire impianti binari, che
sfruttano fluidi geotermici con temperature comprese tra 85° e 170°C.
Gli impianti binari operano in circuiti chiusi: né i fluidi di lavoro, né i fluidi geotermici vengono a
contatto con l’esterno. Oltre che con i fluidi geotermici a temperatura medio-bassa e con quelli
di scarico, gli impianti binari possono essere impiegati quando si vuole impedire che il fluido
geotermico passi, con la diminuzione di pressione, dalla fase liquida a quella di vapore
(flashing), ad esempio per evitare fenomeni di incrostazione. In questo caso, il fluido
geotermico è mantenuto pressurizzato mediante pompe in pozzo, e l’energia è estratta
dall’impianto binario.
Fig.2.3.2.6 Rappresentazione schematica di un impianto a ciclo binario per generazione di elettricità. In rosso il
circuito del fluido geotermico, in verde il circuito del fluido secondario, in blu il circuito di raffreddamento.
Gli impianti binari sono di solito costruiti in unità modulari di potenza compresa tra poche
centinaia di kWe ed alcuni MWe; queste unità possono essere collegate l’una con l’altra in modo
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da formare impianti della potenza di qualche diecina di megawatt. Anche se esistono impianti a
ciclo binario di taglia piuttosto grossa, ad esempio negli Stati Uniti, tuttavia l’uso di tale ciclo per
produrre energia elettrica da fluido a bassa entalpia, raramente riesce ad essere competitivo
con le fonti tradizionali. Nel caso invece di zone particolarmente difficili da approvvigionare con
combustibili tradizionali, questi impianti costituiscono una possibilità strategica per la
produzione di energia elettrica accompagnata da recupero termico per usi industriali.
La tecnologia degli impianti binari è stata largamente sperimentata e questi impianti hanno
dimostrato di essere un mezzo economico e tecnicamente affidabile per trasformare in
elettricità l’energia contenuta nei campi geotermici ad acqua dominante.
Degni di nota sono anche i piccoli impianti mobili, convenzionali o binari, che non soltanto
possono ridurre il rischio derivante dalla perforazione di nuovi pozzi, ma, cosa ancor più
importante, possono contribuire a soddisfare le necessità energetiche di aree isolate,
agevolando molte attività, apparentemente banali, ma molto importanti come il pompaggio di
acqua d’ irrigazione, la refrigerazione di commestibili per la conservazione, etc. La convenienza
economica dei piccoli impianti mobili è soprattutto evidente nelle aree che non hanno facile
accesso ai combustibili convenzionali, e nel caso delle comunità che sarebbe troppo costoso
connettere alla rete elettrica nazionale, anche in presenza di linee di trasmissione ad alta
tensione nelle vicinanze.
Si sottolinea che la distribuzione percentuale della potenza installata in base al tipo di fluido che
alimenta i rispettivi impianti è la seguente: 29% a vapore secco, 37% a flash singolo, 25% a
doppio flash, 8% a ciclo binario o combinato o ibrido, ed 1% a contropressione (Bertani, 2005).
Infine si fa un accenno ai più recenti sistemi Hot Dry Rock (figura 2.3.2.7). Nei primi anni ’70 fu
avviato negli Stati Uniti il Progetto Rocce Calde Secche (HDR Project); questo interessante
progetto, dopo qualche anno di esperimenti, è stato però sospeso a causa del suo elevato costo
e di alcune difficoltà tecniche non superate completamente.
Alcuni progetti dimostrativi hanno in seguito rivelato che è tecnologicamente possibile, a prezzi
che potrebbero diventare presto competitivi, estrarre energia geotermica dalle rocce calde
secche (UGI, 2007). Il progetto HDR di Los Alamos ha aperto la strada ad altri progetti basati su
concetti simili, che sono stati sviluppati in Australia, Francia, Germania, Giappone e Gran
Bretagna. Dopo un periodo di relativo abbandono quindi, questi progetti hanno avuto nuovo
impulso a seguito del riconoscimento che le rocce profonde posseggono un certo grado di
fratturazione naturale e che le metodologie e le tecnologie che, di volta in volta, vengono
applicate sono strettamente dipendenti dalle condizioni geologiche locali. Ad oggi le ricerche
più avanzate sono state svolte in Giappone ed in Alsazia (Francia) nell’ambito del Progetto
Europeo. I vari progetti iniziati in Giappone negli anni ’80 (a Hijiori, Ogachi e Yunomori),
largamente finanziati dal governo giapponese e dalle industrie, hanno dato risultati molto
interessanti sia dal punto di vista scientifico che industriale. In Europa è in corso di
sperimentazione a Soultz sous Forêts, in Francia (al confine con la Germania), grazie ad un
progetto finanziato dalla Comunità Europea, con la partecipazione di Francia e Germania. Qui
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l’immissione di acqua in profondità avviene attraverso un pozzo centrale, per fuoriuscire infine
da due pozzi laterali, tutti ubicati ad una profondità di 5000 m. La produzione di energia
elettrica, in un impianto di potenza installata pari a 1,5 MW, ha avuto inizio il 13 Giugno 2008.
E’ previsto che l’impianto avrà a regime una potenza totale installata di 6 MW e che potrà
iniziare la produzione in tale configurazione tra 2-3 anni. Dalla prospezione geofisica e dalle
prove idrauliche sono stati ottenuti risultati molto incoraggianti, ed il progetto europeo sembra
essere quello più promettente.
Le esperienze svolte sinora dimostrano tuttavia che esistono alcune significative difficoltà nella
produzione di energia con il sistema HDR. La fratturazione idraulica, una tecnica ben nota e
sviluppata nel campo petrolifero, comporta la necessità di applicare alte pressioni per aprire le
discontinuità preesistenti e crearne di nuove, con l’aggravante che si possono però indurre
microsismi (veri e propri piccoli terremoti) che si propagano in superficie. Altri vincoli sono
rappresentati dalla possibile perdita del fluido di circolazione, dalla possibilità che le vie di
flusso nel sottosuolo vadano progressivamente ostruendosi, dalla limitata capacità termica del
“deposito artificiale” creato, nonché dalla conseguente modesta potenza dell’impianto (Barla
G., 2009).
Fig.2.3.2.7 Rappresentazione schematica di un sistema geotermico artificiale HDR.
In anni più recenti, una notevole attività di ricerca e sperimentazione è stata dedicata alla
stimolazione del serbatoio, che utilizza alcune delle tecnologie del Progetto Rocce Calde Secche.
La stimolazione del serbatoio può essere efficace nel caso, abbastanza frequente, in cui
formazioni rocciose, contenenti fluidi caldi, abbiano una permeabilità troppo bassa,
insufficiente a consentire la circolazione dei fluidi e a mantenere un sistema geotermico.
Questa situazione può dipendere semplicemente dalla natura della formazione rocciosa, ma
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potrebbe anche essere l’effetto dell’occlusione parziale delle fratture preesistenti, all’interno o
ai margini di un campo geotermico, a causa della deposizione di minerali durante lo
sfruttamento. In condizioni favorevoli, la permeabilità delle rocce può essere migliorata o può
essere ripristinata quella originaria con tecniche derivate dall’industria petrolifera, che
prevedono l’iniezione di soluzioni acide nel sottosuolo. Gli esperimenti fatti sinora sembrano
tuttavia indicare che il metodo più efficace di stimolazione sia la fratturazione idraulica.
2.3.2.2 Utilizzazione diretta del calore: il riscaldamento urbano e di ambienti, gli usi agricoli,
l’acquacoltura e gli impieghi industriali
Oltre che per generare elettricità, il calore geotermico può essere impiegato in applicazioni
dirette, che assicurano un risparmio d’energia, sfruttando acqua a temperature comprese tra i
20 e i 150°C. L’utilizzazione diretta del calore è la forma di sfruttamento dell’energia geotermica
più antica, più diversificata, versatile e più comune. Tra le utilizzazioni meglio conosciute vi
sono la balneologia, il riscaldamento urbano e di ambienti, gli usi agricoli, le serre,
l’acquacoltura ed alcuni impieghi industriali, ma quella del riscaldamento, in particolare tramite
l’uso di pompe di calore, è la forma più diffusa tra gli usi diretti dell’ energia geotermica.
I sistemi geotermici a bassa entalpia, ovvero quelli che operano con temperature del terreno
comprese circa tra i 30°C ed i 5°C, traggono le loro origini storiche dai primi studi condotti negli
Stati Uniti ed in Canada a partire dal secondo dopoguerra. Rispetto ai sistemi ad alta entalpia,
questi prevedono il raggiungimento di minori profondità nel terreno, quindi minori
complicazioni nella fase di perforazione; l’utilizzo di un diverso fluido termovettore, ed un
diverso livello termico elaborato. Tutto ciò fa si che la geotermia a bassa entalpia possa essere
ben impiegata anche per applicazioni residenziali di taglia media e piccola, con costi non
eccessivi se confrontati con i notevoli risparmi economici ottenibili.
Per questa grande varietà di usi possibili si possono individuare quattro diversi tipi di risorsa
geotermica e cioè:
a) serbatoi di acqua in pressione in aree di anomalia termica più o meno accentuata, a
profondità comprese tra 200-300m e qualche migliaio di metri, con temperature da
50°C in su;
b) falde acquifere in pressione e a pelo libero, a piccola profondità (fino a 300m), con
temperature massime di alcune decine di gradi;
c) complessi geologici impermeabili in aree con flusso di calore più o meno elevato, oppure
anche in aree prive di anomalia termica nelle quali la temperatura, entro i primi 2-3 km,
presenta un gradiente costante di 30 o più °C/km;
d) acquiferi sub-superficiali ed acque superficiali (fiumi, laghi etc.) con temperature
superiori a 5-10°C. A stretto rigore queste acque non fanno parte delle risorse
riconducibili al flusso di calore terrestre, però possono migliorare i cicli termodinamici
CAPITOLO 2
USO DEL SOTTOSUOLO PER UN APPROPRIATO MIX ENERGETICO 96
con cui le suddette risorse vengono utilizzate, oppure costituire esse stesse una fonte di
calore a bassa temperatura.
Riscaldamento e raffrescamento di ambienti
Tutti e quattro i diversi tipi di risorsa indicati, tra l’altro largamente diffusi in Italia, possono
essere ottimamente utilizzati come fonte primaria per la climatizzazione degli ambienti.
Solitamente per il riscaldamento degli ambienti le temperature dei fluidi devono essere
dell’ordine di 50-80°C per gli impianti a termosifone, 35-50°C per i pannelli radianti; qualora i
fluidi geotermici non raggiungessero le temperature richieste, si possono adottare dei sistemi
integrativi quali una caldaia o una pompa di calore. Nei casi b, c e d è infatti prevista
l’estrazione dell’energia geotermica tramite l’uso di pompe di calore allo scopo di elevare la
temperatura del fluido ai livelli necessari per alimentare impianti di riscaldamento urbano.
Abbastanza diffuso è il riscaldamento di edifici, sia privati che pubblici, o di interi quartieri. Lo
schema è simile a quello delle centrali a ciclo binario, ma in questo caso il liquido secondario è
acqua pulita di città che scorre in tubazioni che si diramano fino agli edifici da riscaldare. Il
primo esempio di questo riscaldamento geotermico fu avviato a Boise in Idaho, USA, ma
l'impianto più grande è quello di Reykjavik in Islanda, che copre i fabbisogni di 160.000 persone,
pari al 99% degli abitanti della capitale. Analoga situazione si ha anche in Francia, Austria,
Svizzera, Germania, Turchia, Cina e Giappone.
In Italia le realizzazioni più importanti sono quelle di Ferrara, Vicenza, Castelnuovo Val di
Cecina, Acqui, Bagno di Romagna e Grosseto.
Fig.2.3.2.8 Schema semplificato del sistema di riscaldamento geotermico di un complesso di edifici a Reykjavik,
Islanda (da Gudmundsson, 1988).
CAPITOLO 2
USO DEL SOTTOSUOLO PER UN APPROPRIATO MIX ENERGETICO 97
Un impianto di teleriscaldamento può provvedere anche alla fornitura di acqua calda sanitaria;
se le acque geotermiche sono dolci possono essere distribuite direttamente agli utenti, se
invece sono salate, si provvede immettendo nella rete sanitaria una parte dell’ acqua di
acquedotto circolante nello scambiatore di calore.
Il riscaldamento geotermico di quartieri abitativi richiede un investimento di capitali ingente. I
costi maggiori sono quelli iniziali per i pozzi di produzione e di reiniezione, i costi delle pompe in
pozzo e di distribuzione, delle condutture e della rete di distribuzione, delle strumentazioni di
sorveglianza e di controllo, degli impianti integrativi per i periodi di punta e dei serbatoi-
polmone (serbatoi di riserva). In confronto ai sistemi convenzionali, però, i costi operativi sono
più bassi e derivano dall’energia per il pompaggio, dalla manutenzione, dal sistema di controllo
e dalla direzione tecnica e commerciale. Un fattore critico nel valutare il costo di un sistema di
riscaldamento geotermico è la densità del carico termico, cioè la domanda di calore divisa per
la superficie dell’area servita dal sistema. Un’elevata densità del carico termico favorisce la
fattibilità economica di un progetto di riscaldamento, perché la rete di distribuzione è costosa.
In regioni dove il clima lo permette, si possono avere vantaggi economici combinando i sistemi
di riscaldamento e raffreddamento degli ambienti. Il fattore di carico di un sistema combinato
riscaldamento/raffreddamento è più alto del fattore di carico di un sistema di solo
riscaldamento e, di conseguenza, il prezzo unitario dell’energia diminuisce (Gudmundsson,
1988).
Il raffreddamento di ambienti è realizzabile quando impianti ad assorbimento possono essere
adattati al funzionamento con i fluidi geotermici disponibili. Questi impianti dispongono di una
tecnologia ben conosciuta e sono reperibili sul mercato senza difficoltà. Essi funzionano
seguendo un ciclo che utilizza il calore invece dell’elettricità come sorgente di energia. Il
raffreddamento è ottenuto utilizzando due fluidi: un refrigerante, che circola, evapora
(assorbendo calore) e condensa (cedendo calore), e un fluido secondario o assorbente. Per usi
sopra 0°C (soprattutto condizionamento di ambienti e processi industriali), il ciclo usa bromuro
di litio come assorbente ed acqua come refrigerante. Per usi sotto 0°C, si adotta un ciclo
ammoniaca/acqua, con l’ammoniaca come refrigerante e l’acqua come assorbente. I fluidi
geotermici possono fornire l’energia termica necessaria al funzionamento di questi impianti, il
cui rendimento, però, diminuisce con temperature dei fluidi sotto 105°C.
Molto diffusa è poi l’utilizzazione di acque geotermiche con temperature che vanno da 25°C a
40°C e oltre, solitamente proveniente da acquiferi poco profondi, a scopi termali e balneo
terapeutici.
Nel quadro volto allo sfruttamento razionale dell’energia geotermica, un settore in forte
espansione è quello relativo alle pompe di calore, che permettono di estrarre e impiegare
economicamente il calore contenuto in corpi a bassa temperatura come terreno, acquiferi poco
profondi e masse d’acqua superficiali (10°C nel caso di fiumi e laghi), per la climatizzazione e la
produzione di acqua calda sanitaria. Molte pompe di calore sono reversibili ed il loro
funzionamento può essere invertito, potendo operare alternativamente come unità riscaldanti
o raffreddanti.
I sistemi con pompe di calore geotermiche (GSHP ground-source heat pump) hanno tre
CAPITOLO 2
USO DEL SOTTOSUOLO PER UN APPROPRIATO MIX ENERGETICO 98
principali componenti come mostrato in figura 2.3.2.9:
1. pompa di calore;
2. connessione a terra;
3. impianto interno di distribuzione del calore o del freddo.
1) pompa di calore
2) connessione a terra
3) sistema di distribuzione interno
Fig.2.3.2.9 Sistema con pompa di calore geotermica
Le pompe di calore (così come gli impianti frigoriferi) fanno parte della categoria degli impianti
operatori termici, nei quali il ciclo viene percorso dal fluido in senso antiorario (ciclo inverso),
realizzando un trasferimento di energia termica da ambienti a temperature inferiori a quel li con
temperature superiori. D’inverno, la pompa assorbe calore ad una temperatura che può essere
fino a circa 12–15°C (temperatura costante nel sottosuolo) per riscaldare acqua fino a 35–50°C
ed oltre (riscaldamento/acqua sanitaria). D’estate, invertendo il ciclo, assorbe calore
dall'abitazione e lo trasferisce al terreno, al fine di affrescare gli ambienti interni. Per far questo
è necessario fornire energia elettrica esterna. Il bilancio energetico è comunque a favore del
sistema, poiché è in grado di fornire più energia, sotto forma di calore, di quella elettrica
utilizzata per il suo funzionamento, scambiando una quota preponderante di calore con il
sottosuolo.
L’efficienza di una pompa di calore è misurata dal coefficiente di prestazione, che è il rapporto
tra energia fornita (calore ceduto al mezzo da riscaldare) ed energia elettrica consumata.
CAPITOLO 2
USO DEL SOTTOSUOLO PER UN APPROPRIATO MIX ENERGETICO 99
Fig.2.3.2.10 Rappresentazione nel piano T-s di un ciclo inverso a compressione di vapore e schema elementare di
un impianto operatore
Indicando con Q2 la quantità di calore sottratta all’evaporatore, L il lavoro di compressione
fornito dall’ esterno, Q1 il calore versato all’ambiente lungo la trasformazione 2-4 (effetto utile
della pompa di calore), il coefficiente di prestazione, più noto come Coefficient Of Performance,
è definito come segue:
COP Q1
L
Q1
Q1 Q2
COPCARNOT T1
T1 T2
E’ intuitivo notare che la prestazione della pompa di calore sarà tanto più elevata quanto
minore sarà il lavoro, e quindi l’energia primaria, necessario per riversare Q1 dalla fonte fredda
all’ambiente da riscaldare. La prestazione è influenzata in modo significativo dalle temperature
di esercizio, più precisamente aumenta col diminuire del salto di temperatura che la pompa di
calore deve superare. Il C.O.P. sarà tanto maggiore quanto più bassa è la temperatura a cui il
calore viene ceduto (nel condensatore) e quanto più alta quella della sorgente da cui viene
assorbito (nell’evaporatore). Utilizzando un sistema con pompe di calore è quindi opportuno
individuare una sorgente fredda a temperatura non eccessivamente bassa (il terreno è ideale) e
scegliere un sistema di riscaldamento che operi a bassa temperatura (ad esempio sistema ad
aria o, meglio ancora, sistema radiante).
Il C.O.P. è variabile a seconda del tipo di pompa di calore e delle condizioni di funzionamento ed
ha, in genere, valori prossimi a 3,5 nel caso di scambio termico con il terreno, e di 4 se la pompa
è accoppiata ad un pozzo con scambio termico con acqua di falda. Questo vuol dire che per 1
kWh di energia elettrica consumato, fornirà 3,5-4 kWh di calore al mezzo da riscaldare.
CAPITOLO 2
USO DEL SOTTOSUOLO PER UN APPROPRIATO MIX ENERGETICO 100
La pompa di calore, nel caso in cui sia reversibile, può essere utilizzata anche per il
raffrescamento. In questo caso il coefficiente di prestazione energetica, noto come Energy
Efficiency Ratio, risulta:
EER Q2
L
Q2
Q2 Q1
EERCARNOT T2
T2 T1
Il mezzo esterno da cui il fluido frigorigeno assorbe calore tramite l’evaporatore è detto
sorgente fredda, e le principali tra queste sono l’aria, l’acqua e il terreno.
Aria
L’aria esterna è la più comune sorgente termica per le pompe di calore (contrariamente
all’acqua calda); i comuni sistemi di condizionamento, infatti, utilizzano da anni questa
soluzione, ma la variabilità della temperatura e dell’umidità dell’aria riducono il rendimento
medio delle pompe. È termodinamicamente poco efficiente perché il carico termico da
soddisfare cresce quando la temperatura esterna diminuisce facendo calare sia il COP sia la
potenzialità termica erogabile dalla macchina.
Acqua
L’acqua rappresenta la sorgente calda ideale, purtroppo non sempre è facilmente reperibile
nelle quantità richieste.
L’acqua alla quale ci si riferisce è quella che sfrutta come fonte di calore l’energia geotermica
che dal nucleo terrestre si irradia verso la superficie, ed è proprio per questo che tale tipologia
di sorgente viene utilizzata dagli scambiatori di calore a terreno. In funzione delle modalità con
cui avviene lo scambio termico con il sottosuolo, si distinguono:
- gli impianti che utilizzano l’acqua di falde (poste a profondità limitate, entro i 30m)
come fluido termovettore, con o senza reimmissione nella falda stessa dopo l’uso.
L’acqua di falda, pompata dal sottosuolo ed utilizzata come sorgente di calore, viene poi
reiniettata nello stesso acquifero o rilasciata in superficie dopo l’uso (Fig.2.3.2.11 ). I
pozzi di reiniezione devono essere disposti nella direzione del flusso a valle dei pozzi di
prelievo e ad una distanza sufficiente per evitare interferenze termiche.
CAPITOLO 2
USO DEL SOTTOSUOLO PER UN APPROPRIATO MIX ENERGETICO 101
Fig.2.3.2.11 Esempio di sistema di riscaldamento domestico con impianto direttamente collegato
all’acqua di falda attraverso un pozzo di prelievo.
- gli impianti che sfruttano il calore di acque superficiali (laghi, fiumi, canali,mare e bacini
idrici) come sorgente termica attraverso un circuito che può essere sia aperto che
chiuso. Le risorse idriche superficiali hanno il vantaggio di non richiedere lavori di
perforazione (costi e rischio minerario azzerati) e di consentire una facile misurazione
dei parametri fisici di progetto (temperatura, portata).
Fig.2.3.2.12 Esempio di sistema di riscaldamento domestico con impianto che utilizza il calore delle acque
superficiali.
Questi due tipi di impianto richiedono delle situazioni ambientali particolari legate oltre che alla
già citata disponibilità idrica, soprattutto all’adeguamento dei vincoli legislativi
sull’inquinamento termico delle acque.
Terreno
Un’efficace alternativa all’uso delle due sorgenti sopra citate è l’impiego di impianti accoppiati
direttamente con il terreno, attraverso un sistema di tubazioni a circuito chiuso al cui interno
scorre un fluido termovettore. È il sistema più adattabile alle diverse condizioni, anche per
quanto riguarda la disposizione stessa che le tubazioni possono assumere nel terreno, che
CAPITOLO 2
USO DEL SOTTOSUOLO PER UN APPROPRIATO MIX ENERGETICO 102
possono essere a sviluppo orizzontale o verticale (Fig.2.3.2.13), e invisibili dopo la perforazione.
La caratteristica principale a vantaggio del terreno come sorgente termica, trascurando la
minore rumorosità e il minor impatto estetico (rispetto a quelli ad aria), è la sua elevata inerzia
termica (o capacità di accumulo). Questo consente di avere una temperatura media costante
durante tutto l’anno, consentendo di raggiungere buoni valori del coefficiente di effetto utile.
Fig.2.3.2.13 Esempi di sistema di riscaldamento domestico con impianto direttamente collegato al terreno
attraverso sonde geotermiche orizzontali e verticali.
Usi agricoli e allevamento
Gli usi agricoli dei fluidi geotermici comprendono le coltivazioni a cielo aperto ed il
riscaldamento di serre.
L’acqua calda può essere usata nelle coltivazioni a cielo aperto per irrigare e/o riscaldare il
terreno. L’utilizzazione più comune dell’energia geotermica in agricoltura è comunque il
riscaldamento di serre, che è stato sviluppato su larga scala in molti paesi. L’uso dell’energia
geotermica per il riscaldamento delle serre può ridurre significativamente i costi operativi, che
in alcuni casi rappresentano il 35% del costo dei prodotti (Fanelli&Dickson, 2004).
L’acquacoltura, vale a dire l’allevamento controllato di forme di vita acquatiche, che richiede
temperature tra i 20 e i 30°C, in questi ultimi tempi si è diffuso notevolmente in campo
mondiale, a seguito dell’ampliamento del mercato.
Usi industriali
Tutto l’intervallo di temperatura dei fluidi geotermici, vapore o acqua, può essere sfruttato in
usi industriali per fornire il “calore di processo” utilizzato nel ciclo di produzione. Le diverse
possibili forme di utilizzazione comprendono processi a caldo, evaporazione, essiccamento,
distillazione, sterilizzazione, lavaggio, decongelamento, estrazione di sostanze chimiche e di
sostanze minerali. Il calore geotermico ha applicazioni industriali in moltissimi paesi e
l’utilizzazione tende ad estendersi.
CAPITOLO 2
USO DEL SOTTOSUOLO PER UN APPROPRIATO MIX ENERGETICO 103
Un uso razionale che permette di ottenere la massima efficienza dai fluidi geotermici, è
rappresentata dagli usi integrati dello stesso fluido per impianti ed utenti diversi, con un
sistema in serie “a cascata” (Fig.2.3.2.14): le acque reflue a bassa temperatura di una centrale
geotermica, possono essere usate, per esempio, per il riscaldamento, per la serricoltura, per l
acquacoltura e per l’irrigazione.
Fig.2.3.2.14 Esempio di utilizzazione a cascata dei fluidi geotermici (Geo-Heat Center, Klamath Falls, Oregon, USA)
2.3.2.3 L’impatto ambientale
Nonostante l’energia geotermica venga inclusa nella categoria delle fonti rinnovabili, la sua
utilizzazione comporta un impatto sull’ambiente che, seppur modesto, è essenzialmente
attribuibile agli effluenti gassosi, ai reflui liquidi degli impianti e all’ impatto sul territorio.
Il vapore dei maggiori campi geotermici convenzionali del mondo ha un contenuto di gas tra i
quali l’anidride carbonica, l’idrogeno solforato, l’ammoniaca e il metano. Il componente
presente in maggiore quantità è la CO2 con il 98% circa; ma va considerato che il quantitativo di
questo gas rilasciato in atmosfera da una centrale geotermica per kWhe prodotto è ben
inferiore ai valori prodotti dalle centrali a combustibili fossili (in media 170 g/kWhe contro i 453
del gas naturale, i 906 del petrolio e i 1042 del carbone, Fridleifsson 2001), e comprende quella
parte che sarebbe comunque emessa dalle manifestazioni naturali esistenti in alcuni campi
geotermici del mondo. La produzione di elettricità con impianti a ciclo binario ed il
riscaldamento urbano sono anch’essi potenziali cause di problemi minori, che possono essere
superati semplicemente adottando sistemi a circuito chiuso, che impediscono ogni emissione
gassosa (Willard et al., 1979).
CAPITOLO 2
USO DEL SOTTOSUOLO PER UN APPROPRIATO MIX ENERGETICO 104
Tra i principali inquinanti vi è anche l’idrogeno solforato, ma si possono adottare, comunque,
diversi sistemi per ridurre l’emissione di questo gas.
Sia l’acqua che il vapore condensato delle centrali contengono anche diversi elementi chimici
tra i quali l’arsenico, il mercurio, il piombo, il boro e lo zolfo, la cui tossicità è evidentemente
subordinata alla loro concentrazione. La maggior parte di tali elementi rimane in soluzione
nell’acqua, che viene reiniettata nel sottosuolo, sia ai fini del loro smaltimento che per una
parziale ricarica del campo, e dunque non costituiscono un problema per l’ambiente.
Il primo effetto avvertibile sull’ambiente è comunque quello prodotto dalla perforazione, sia
dei pozzi poco profondi eseguiti per misure di gradiente geotermico, sia dei pozzi
d’esplorazione o di produzione. L’installazione di un impianto di perforazione e degli
equipaggiamenti accessori comporta la costruzione di strade d’accesso e di una piazzola di
perforazione. Quest’ultima copre una superficie che va da 200-500 m2 per un piccolo impianto
automontato, in grado di raggiungere una profondità di 300-700 m, a 1200-1500 m2 per un
impianto medio-piccolo, in grado di raggiungere i 2000 m. Queste operazioni modificano la
morfologia dell’area e possono danneggiare l’ecosistema. Gli effetti sull’ambiente dovuti alla
perforazione scompaiono quasi totalmente una volta che la perforazione è terminata.
L’installazione delle tubazioni per il trasporto dei fluidi geotermici e la costruzione degli impianti
di utilizzazione, che costituiscono la fase dello sviluppo successiva alla perforazione, sono
anch’esse operazioni che hanno un impatto sulla vita animale e vegetale e sulla morfologia
superficiale.
L’energia geotermica ha però la prerogativa assai positiva, rispetto alle fonti che impiegano
combustibili fossili o nucleari, di aver un ciclo di produzione ed uso estremamente circoscritto
nello spazio; l’impiego del fluido geotermico infatti, avviene nelle immediate vicinanze del
luogo di estrazione. Inoltre le strutture e le apparecchiature hanno in genere goduto di una
discreta compatibilità con il territorio e il paesaggio circostante, e sempre più accorgimenti
vengono adottati per il contenimento dei possibili effetti ambientali causati dalle strutture delle
centrali di produzione.
2.3.3 L’utilizzazione dell’energia geotermica nel mondo
Come visto in precedenza la generazione di elettricità da vapore geotermico è iniziata a livello
commerciale nel 1913 a Larderello, in Toscana, con una potenza installata di 250 kWe. Dal 1950
diversi altri Paesi hanno seguito l’esempio italiano (tra questi i paesi guida risultano USA,
Filippine, Messico, Indonesia, Italia, Giappone, Nuova Zelanda, Islanda, Kenya, El Salvador e
Costa Rica), e ancora oggi il numero dei paesi produttori di energia geotermica e la capacità
totale di energia geotermica in tutto il mondo stanno aumentando in maniera significativa.
Nel 2005 erano presenti 8.933 MW di potenza installata in 24 nazioni, con una produzione di
56,7 TWh/anno di energia, secondo l'International Geothermal Association (IGA). Nel 2010
questi numeri sono saliti a 10.715 MW per la potenza installata e 67 TWh per l’energia totale
prodotta, che rappresenta un aumento del 20% tra il 2005 e il 2010. Le previsioni sono che
CAPITOLO 2
USO DEL SOTTOSUOLO PER UN APPROPRIATO MIX ENERGETICO 105
queste quantità cresceranno in maniera più consistente da qui al 2015 quando si prevede che la
capacità installata crescerà fino a 18.500 MW, secondo quanto affermato dal rapporto Global
Geothermal Power and Heat Pump Market Outlook 2010-2015, realizzato da M&M (Markets
and Markets). I paesi con il maggior incremento di potenza installata tra il 2005 e il 2010 sono
stati: Stati Uniti (530 MW), Indonesia (400 MW), Islanda (373 MW), Nuova Zelanda (193 MW) e
Turchia 62 MW. I dati relativi alle capacità installate e alle produzioni di energia elettrica nel
mondo per gli anni 2005 e 2010, e le relative previsioni al 2015 sono riportate in tabella 2.3.2.1.
Tuttavia l’energia elettrica geotermica rappresenta solo lo 0,5% circa della produzione elettrica
mondiale. Se la crescita di potenza installata non è stata trascendentale in questi ultimi 10 anni,
le prospettive per il prossimo futuro sono molto più interessanti in quanto il 2010 ha visto
numerosi progetti in fase di sviluppo in 70 paesi. Fra le nazioni più attive ci sono i paesi in via di
sviluppo anche grazie a progetti di sviluppo a livello mondiale promossi da nazioni storicamente
avanzate in questa materia (Australia, Cina, Germania, Islanda, Italia, Giappone e Stati Uniti),
forme di finanziamento, condivisione delle tecnologie e formazione. Fra i progetti più
interessanti ci sono quello del Kenya che prevede di produrre 490 MW di energia geotermica
entro il 2012 e più di 4.000 MW entro 20 anni e quello della Turchia che vuole passare dagli
attuali 82 MW ai 550 MW nel 2013.
I futuri programmi di sviluppo daranno inoltre maggiore attenzione agli impianti che producono
in cascata energia elettrica e calore (specialmente quelli che usano fluidi a medio-bassa
temperatura), permettendo di migliorare il rendimento economico e l’efficienza dei relativi
impianti.
Il maggiore produttore mondiale ad oggi sono gli Stati Uniti che da soli coprono i l 30% del
mercato mondiale con 3086 MW di potenza installata e 16,5 TWh prodotti nel 2009. A ruota
seguono le Filippine con 1904 MW, con cui si copre il 18% circa della produzione di elettricità
del Paese. L’Italia è quinta in questa speciale classifica con i suoi 810 MW di potenza installata
(tutta in Toscana), ma terza per produzione di energia geotermoelettrica con i suoi 5,4 TWh
prodotti sempre nel 2009. Nel bacino dell’Unione Europea a 15 la produzione
geotermoelettrica è stata pari a 5.545 GWh nel 2009 grazie a soli quattro paesi: tra questi
l’Italia è al primo posto (con i suoi 5.4 TWh), mentre nell’ordine Portogallo, Germania e Austria
hanno produzioni di entità limitata.
CAPITOLO 2
USO DEL SOTTOSUOLO PER UN APPROPRIATO MIX ENERGETICO 106
Tab.2.3.2.1 Potenza installata e produzione geotermoelettrica mondiale al 2005, 2010 e previsioni al 2015
(Bertani, 2010).
CAPITOLO 2
USO DEL SOTTOSUOLO PER UN APPROPRIATO MIX ENERGETICO 107
Altro dato interessante è l’incidenza della produzione geotermoelettrica nel mondo rispetto alla
produzione lorda totale (fig.2.3.2.15). Nell’istogramma che segue è riportato questo dato per
alcuni tra i principali paesi coinvolti nel settore.
In Italia la produzione geotermoelettrica rappresenta l’1,8% della produzione lorda totale. Il
primato spetta all’Islanda dove la percentuale è pari al 27%. Nell’isola praticamente tutta la
produzione del paese è da fonte rinnovabile.
Fig.2.3.2.15 Rapporto tra la produzione geotermoelettrica e la produzione lorda totale (Elaborazioni statistiche del
GSE su dati di fonte IEA).
Premesso che fare un censimento sicuro e completo degli usi geotermici diretti mondiali è
molto complicato, la potenza termica e la quantità di calore geotermico usata nel mondo
possono essere solo stimate. Questi, al contrario degli usi indiretti di energia geotermica, sono
stati caratterizzati da un tasso di crescita più o meno stabile nell’ultimo trentennio, intorno al
10% all’anno, grazie soprattutto al contributo delle pompe di calore. Il recente studio di M&M
prevede a oggi una crescita del 14,9% l' anno, con una capacità globale in aumento dagli attuali
50.500 MW a 101.100 MW alla fine del 2015. Ricordiamo che nel 2005 erano installati appena
28.269 MWt distribuiti in 72 paesi e la produzione è stata di 273.372 GWh (Lund et Al., 2005).
La crescita della capacità installata e dell’energia termica prodotta relativi agli usi diretti del
calore geotermico divisi per settore è rappresentata nelle tabelle 2.3.2.2.a e 2.3.2.2.b.
Si può affermare con certezza che il potenziale energetico delle acque calde è assai ampio in
Europa, in Asia, America Centrale e Meridionale; ma nel geotermico a uso diretto il primato nel
2010 è spettato agli Usa, seguiti da Cina e Svezia.
Oggi circa il 70% del mercato degli usi diretti è costituito dalle pompe geotermiche di calore
contribuendo al 50% della produzione di energia in questo settore (nel 2005 ricoprivano
rispettivamente il 56,5% del totale di potenza installata per gli usi diretti e il 33,2% della
produzione di energia in questo settore), le cui installazioni sono attese in crescita soprattutto
CAPITOLO 2
USO DEL SOTTOSUOLO PER UN APPROPRIATO MIX ENERGETICO 108
in Germania, Olanda, Norvegia, Svezia, Stati Uniti. Se si posta l’attenzione sull’Europa a 27,
l'Italia con 867 MW si colloca tra i primi posti per potenza geotermica installata destinata agli
usi diretti. Ma le cose cambiano radicalmente se si va ad analizzare lo sfruttamento dell' energia
geotermica per la climatizzazione in ambito civile. In questo settore il mercato italiano è
cresciuto poco negli ultimi anni rispetto a quanto avvenuto in altri Paesi europei. Basti pensare
che nel 2005 in Italia c'erano 120 MW installati mentre nel 2008 erano 150 MW. Nello stesso
lasso temporale la Germania è salita da 681 MW a 1.652 MW, mentre la Francia da 702 a 1.366
MW. Si tratta di incrementi tripli rispetto a quelli nazionali che dimostrano una certa
arretratezza del Paese nell' adozione di queste rinnovabili termiche seppur in presenza di un
industria nazionale leader a livello mondiale.
(a)
(b)
Tab.2.3.2.2 Usi diretti del calore geotermico per settore dal 1995 al 2010: potenze installate (a) e
energia prodotta (b) (Lund et Al., 2010)
Nel contesto europeo, risulta quindi che le risorse geotermiche utilizzabili per la produzione di
energia elettrica sono piuttosto limitate ed irregolarmente distribuite, mentre per gli usi diretti
le condizioni di sfruttamento sono molto più favorevoli.
Nel breve termine non sono quindi da prevedersi significativi incrementi nella generazione di
energia elettrica, soprattutto per limitazioni di tipo decisionale e finanziario, e le applicazioni
finora descritte continueranno ad essere le uniche commercialmente utilizzabili. Per gli usi
CAPITOLO 2
USO DEL SOTTOSUOLO PER UN APPROPRIATO MIX ENERGETICO 109
diretti del calore geotermico si deve invece prevedere un ulteriore sviluppo degli impianti a
pompe di calore in quei paesi che non usano ancora, se non marginalmente, questa tecnologia
(come la Spagna), nonché lo sviluppo di impianti combinati di riscaldamento/raffrescamento.
È un dato di fatto che l' energia geotermica potrebbe fornire un contributo eccezionale al mix
energetico europeo e potrebbe arrivare a fornire il 20% della domanda di energia primaria in
Europa al 2030 nel rispetto dei parametri dettati dal protocollo di Kyoto.
È stato stimato che l’insieme degli usi mondiali della geotermia nel 2005, energia
geotermoelettrica e usi diretti, hanno consentito di risparmiare 270 milioni di barili di petrolio
(41 milioni di tonnellate), supponendo un coefficiente di rendimento del 35%. Ciò ha consentito
di evitare l’immissione in atmosfera di 8 milioni di tonnellate all’ anno di carbonio se la fonte
sostituita è il gas naturale, di 37 milioni se si tratta di petrolio e 42 milioni se si tratta di
carbone, evitando così l’immissione rispettivamente di 28, 118 e 137 milioni di tonnellate di
CO2. Minori emissioni di gas emessi nell’atmosfera con l’uso dell’energia geotermica rispetto al
gas naturale, al petrolio ed al carbone si hanno anche per gli ossidi di zolfo SOx (si sono evitati 0,
0,8 e 0,8 milioni di tonnellate rispettivamente) e gli ossidi di azoto NOx (con 6,6, 22 e 22 milioni
di tonnellate rispettivamente).
A fronte di queste potenzialità la geotermia non gode, però, di particolari attenzioni nelle
strategie europee: né all'interno dei Piani di azione nazionali per le rinnovabili che i 27 Paesi
membri hanno presentato alla UE, e nemmeno nelle ultime comunicazioni fornite dalla
Commissione Europea sulla strategia energetica e sulle priorità infrastrutturali dell’ Unione.
Un’accusa, questa, che è emersa dalla conferenza Geopower Europe 2010 che si è tenuta a
Parigi lo scorso anno. L’opinione abbastanza diffusa, che è emersa dalla Conferenza di Parigi, è
il fatto che l’utilizzo della geotermia per la produzione di energia elettrica sia stato fino ad ora
limitato alla disponibilità della risorsa, reperibile per la generazione elettrica solo in poche aree.
Il futuro della geotermia per quanto riguarda il settore di produzione di energia elettrica sarà
allora affidato ai nuovi sistemi avanzati (EGS), per mezzo dei quali potrebbe essere generata
energia elettrica in aree prive di anomalie geotermiche e di acquiferi con acque calde,
soprattutto in regioni adatte al teleriscaldamento urbano, rendendo così attuabili impianti di
cogenerazione esenti da emissioni di CO2 ed economicamente sostenibili, e sarà affidato anche
allo sfruttamento della bassa entalpia, tramite pompe geotermiche, per il riscaldamento e il
raffreddamento degli edifici.
2.3.3.1 La situazione in Italia
E’ noto che l’Italia è ricca di situazioni di gradiente geotermico anomalo: i valori di flusso
oscillano tra 30 e 100 mW/m2, con picchi nel settore tirrenico fino a 450 mW/m2 e, poiché ha
iniziato da molto tempo ad utilizzare questa fonte energetica per produrre energia elettrica con
grandi impianti, è uno dei Paesi che detiene in questo campo un grande know-how tecnologico.
Da un primo esame della Classificazione geotermica del territorio italiano (Calore, Cataldi et Al.
1994, cfr. paragrafo 3.2.3.2) segue che circa l’85% dell’entroterra italiano ha basse e molto
basse, se non inesistenti, potenzialità geotermiche, il 10-12% ha medie potenzialità
CAPITOLO 2
USO DEL SOTTOSUOLO PER UN APPROPRIATO MIX ENERGETICO 110
geotermiche) e il 3-5% ha buone e ottime potenzialità geotermiche. Quest’ultima rappresenta
un’area di circa 2.500-3.000 km2, che corrisponde all’1% del territorio italiano. Secondo la
suddetta classificazione le aree interessanti da un punto di vista geotermico risultano così
distribuite:
a) le aree geotermiche di
maggior interesse per la produzione di energia elettrica si trovano nella fascia pre-
Appenninica della Toscana centro-meridionale e del Lazio settentrionale, mentre le Isole
Eolie e l’Isola di Pantelleria risultano interessanti solo a scala locale.
a) le aree di maggiore
interesse per le applicazioni dirette sono:
- la zona di transizione
tra la Catena Alpina e la pianura veneta e del Po;
- una zona vicino la città
di Ferrara e una vicino la laguna di Grado
- gran parte della
Toscana e del Lazio, tra Firenze e Roma;
- l’ area B2 di
Roccamonfina a nord di Napoli;
- i Campi Flegrei;
- le zone B1 e B2 a est di
Napoli, tra Campobasso e Potenza;
- la parte più interna
della fossa di Campidano a nord-ovest di Cagliari;
- l’ area B2 nella Sicilia
occidentale e in particolare la zona B1 di Sciacca;
- l’ area B2 nella
piattaforma Iblea, Sicilia sud-orientale.
Come è noto, in Italia le applicazioni importanti e storiche dell’energia geotermica sono ubicate
in Toscana, in particolare nella provincia di Pisa, Siena e Grosseto. Esistono due principali aree
geotermiche in sfruttamento: Larderello-Travale/Radicondoli e Monte Amiata. A causa di
problemi ambientali e tecnici, la centrale geotermoelettrica da 40 MW installata a Latera, nel
Lazio settentrionale, è stata dismessa e questo campo geotermico attualmente non è utilizzato.
Dopo il primo esperimento di sfruttamento geotermico portato avanti a Larderello nel 1904, il
primo impianto per la produzione di energia elettrica (250 kW) fu messo in opera nel 1913, e la
produzione elettrica da fonte geotermica è da allora aumentata continuamente fino al valore
attuale di 810 MW di potenza installata (737 MW di potenza efficiente). Con i suoi 32 impianti
(di cui il 79,2% hanno taglie comprese tra 10 e 20 MW) la Toscana ha prodotto 5.342 GWh di
energia elettrica nel 2009, che hanno rappresentato circa un quarto dell’energia elettrica
CAPITOLO 2
USO DEL SOTTOSUOLO PER UN APPROPRIATO MIX ENERGETICO 111
consumata nella regione stessa, e quasi il 2% del fabbisogno nazionale (Fig.2.3.2.16). Nel 2009
si è registrato un incremento di un’unità nel numero degli impianti e di 26 MW di potenza.
Nella tabella 2.3.2.3 sono annoverate numerosità, potenza efficiente lorda, produzione e ore di
utilizzazione degli impianti geotermoelettrici in Italia tra il 1999 e il 2009. Come si vede, la
variabilità negli anni è estremamente limitata. Si ricorda che i dati di produzione, potenza e
numero degli impianti geotermoelettrici qui riportati derivano dalle elaborazioni statistiche
effettuate dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) su dati di fonte Terna e pubblicate nel
rapporto “Geotermoelettrico-Rapporto Statistico 2009”.
La geotermia, fonte rinnovabile seconda in Italia, nel 2009, solo a quella riferibile all’energia
idroelettrica (con il 2,8% della potenza totale degli impianti alimentati da fonti energetiche
rinnovabili, e il 7,7% della produzione lorda da fonti energetiche rinnovabili), ha un grande
potenziale di sviluppo e si prevede che, con gli strumenti legislativi posti in essere, possa
raddoppiare entro breve tempo. Questo obiettivo risulta di estrema importanza se si pensa che,
con l’aumento della produzione di energia derivante dall’utilizzo di risorse geotermiche, si
contribuirà a ridurre la dipendenza energetica nazionale dall’estero e si concorrerà, inoltre, a
contenere le emissioni di gas serra (CO2).
CAPITOLO 2
USO DEL SOTTOSUOLO PER UN APPROPRIATO MIX ENERGETICO 112
Fig.2.3.2.16 Distribuzione provinciale numerosità, potenza efficiente lorda e produzione degli impianti
geotermoelettrici nel 2009 (fonte GSE)
Tab.2.3.2.3 Numerosità, potenza e produzione degli impianti geotermoelettrici in Italia (fonte GSE)
Tuttavia, essendo le risorse ad alta temperatura adatte per la generazione di energia elettrica
concentrate, come visto, in poche aree della fascia pre-appenninica tosco-laziale-campana, le
prospettive di aumento della produzione di energia geotermoelettrica in Italia dai tradizionali
sistemi idrotermali, e con le attuali tecnologie, sono limitate. Vale quindi lo stesso discorso
fatto in precedenza per il contesto europeo, ovvero che esiste la necessità di promuovere e
sviluppare nuove tecnologie, non impiegate fino ad oggi in Italia, quali l’EGS, i cicli binari e
piccoli impianti locali, applicabili in aree dove possono essere reperiti fluidi geotermici con
buone caratteristiche termodinamiche a profondità non proibitive, e in grado di poter dare un
contributo non indifferente nel quadro di sviluppo geotermico.
Al contrario, le risorse di media e bassa temperatura adatte per usi diretti del calore naturale si
trovano in Italia quasi dappertutto; ma il loro sviluppo per scopi civili e industriali è rimasto,
purtroppo, fino ad ora modesto; fanno eccezione l’impiego delle acque calde per scopi termali
e nella serricoltura. Va ricordato inoltre, che in tempi recenti si è registrato anche l’avvio di
progetti nell’ambito del teleriscaldamento urbano con impianti a pompe di calore, mediante
l’utilizzo di acque di falda a bassa temperatura o di acque superficiali; impianti di tale tipo sono
già entrati in esercizio a Milano e Ferrara.
Al 2009 in Italia era installata una potenza termica totale di circa 850 MWt, con un utilizzo
complessivo di energia termica di 10.000 TJ circa, suddivisi come mostrato nella seguente
figura.
CAPITOLO 2
USO DEL SOTTOSUOLO PER UN APPROPRIATO MIX ENERGETICO 113
Fig.2.3.2.17 Principali applicazioni del calore terrestre per usi diretti in Italia al 2009 (Buonasorte et al., 2010)
Le pompe di calore sono in evidenza (10 % dell’energia totale) per sottolineare gli ampi margini
di crescita che dovranno avere in futuro per lo sviluppo degli usi geotermici totali in Italia.
Riguardo l’utilizzazione del calore geotermico per il riscaldamento e raffrescamento di
ambienti, va notato che nonostante esso ricopra il 27% delle utilizzazioni dirette totali,
contribuisce in modo veramente esiguo al fabbisogno globale per tale scopo con solo lo 0,1%.
Questo valore è ancora più insoddisfacente se lo si considera rispetto al prevalente uso delle
fonti fossili in questo settore, e soprattutto del gas naturale che copre il 75% circa del consumo.
Si capisce come sia assolutamente urgente attuare ogni provvedimento idoneo a spostare i
consumi verso le fonti rinnovabili, e promuovere il ricorso all’uso del calore geotermico come
fonte primaria non solo per la climatizzazione degli ambienti, ma anche per gli altri usi diretti,
giocando un ruolo significativo nel risparmio di energia prodotta da combustibili fossili.
L’etichettatura dell’energia geotermica come “rinnovabile” non deve però far dimenticare i suoi
aspetti di “risorsa mineraria”. Per l’importanza da sempre annessa all’energia geotermica, nel
sistema giuridico italiano, questa risorsa non appartiene infatti al proprietario dei suoli, ma è
patrimonio indisponibile dello Stato, come le altre risorse minerarie. Il ritrovamento di bacini
geotermici ad alta entalpia economicamente sfruttabili è un’operazione di ricerca mineraria
molto costosa ed aleatoria. Al ritrovamento di un giacimento geotermico di questo tipo deve
corrispondere poi lo sviluppo di un impianto utilizzatore, ben difficilmente delocalizzabile, come
nel caso di una miniera. Conseguentemente la relativa disciplina normativa (sino ad ora dettata
dalla legge 9 dicembre 1986, n. 896) è, infatti, di tipo minerario, con previsione della fase di
“ricerca” e della fase di “coltivazione”, entrambe disposte in regime di concessione. E’ prevista
cioè:
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USO DEL SOTTOSUOLO PER UN APPROPRIATO MIX ENERGETICO 114
- l’assegnazione, dopo una valutazione di merito, eventualmente in concorrenza, di un
permesso di ricerca su una vasta area (fino a 1.000 Km2) per una durata massima di
quattro anni prorogabile per un biennio;
- a seguito di un eventuale esito positivo della ricerca e dell’approvazione di un
programma di sviluppo adeguato, l’assegnazione di una concessione di coltivazione (che
è esclusiva ed ha la durata di trenta anni) sull’area necessaria allo sviluppo del progetto
industriale relativo alle risorse ritrovate.
In questo contesto, la durata dei titoli e le regole di proroga degli stessi servono ad evitare che
il ricercatore sia costretto ad abbandonare ricerche promettenti (e che hanno già comportato
notevoli costi) davanti a difficoltà oggettive di individuazione/valutazione del giacimento che
possono rallentare la sua attività, o che il coltivatore debba lasciare parte del giacimento non
coltivata. È importante sottolineare, quindi, come il meccanismo minerario preveda di
compensare, attraverso il rilascio di una concessione, il rischio che il ricercatore minerario
assume.
Gli operatori che non si impegnano adeguatamente alle operazioni di ricerca e coltivazione
subiscono invece i provvedimenti di decadenza, che consentono il subentro di altri operatori.
L’istituto della concessione per l’utilizzo sia di fluidi ad alta entalpia per produrre energia
elettrica, che di fluidi a medio-bassa entalpia con uso diretto del calore o anche idrotermale, di
grandi dimensioni energetiche, appare ancora valido in quanto si tratta infatti di risorse
pubbliche il cui sfruttamento economico è logico che avvenga tenendo conto dell’interesse
pubblico.
Si ricorda che sia il permesso di ricerca che la concessione di coltivazione sono, dal punto di vista
del diritto amministrativo, delle “concessioni” e non delle “autorizzazioni”, in quanto le attività
legate alla risorse geotermiche, anche quelle rivolte alla sola individuazione e valutazione della
risorsa, non sono esercitabili nell’interesse del privato ma in quello pubblico. In sostanza, la
pubblica amministrazione “concede” al privato di poter esercitare tale attività solo
assicurandosi che l’interesse pubblico sia adeguatamente perseguito e per questo impone al
“concessionario” specifiche condizioni e modalità di controllo per lo sfruttamento del
giacimento.
Con il varo del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, vengono in particolare semplificate le
regole per ottenere le autorizzazioni necessarie all’attuazione di progetti di valorizzazione delle
risorse geotermiche a fini energetici. In tal modo questa fonte di energia, di cui l’Italia è ricca,
potrà essere utilizzata maggiormente, non solo per la produzione di elettricità ma anche come
fonte diretta di calore. Infatti, nel decreto legislativo di riforma della materia, è stato dato
particolare risalto alla produzione di energia geotermica per usi non elettrici e, fra l’altro, è
stata anche introdotta un’apposita ed innovativa disciplina relativamente alle pompe di calore
geotermiche. È evidente che per queste, ed in generale per le applicazioni di geotermia
“minore”, normalmente utilizzate da privati cittadini, per il riscaldamento o il raffrescamento di
edifici, serre ed impianti sportivi, l’istituto della concessione è una complicazione eccessiva;
sono previste quindi forme semplificate di autorizzazione, coerentemente con gli incentivi
CAPITOLO 2
USO DEL SOTTOSUOLO PER UN APPROPRIATO MIX ENERGETICO 115
previsti per le fonti energetiche rinnovabili e per l’efficienza energetica, favorendo
ulteriormente, in questo modo, lo sviluppo del settore.
Attualmente, con il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (cd. Bassanini), le funzioni di rilascio e
controllo relative a permessi di ricerca e concessioni di coltivazione di risorse geotermiche in
terraferma, sono delegate alle Regioni. Sono state delegate alle Regioni anche le funzioni di
polizia mineraria, la concessione e l'erogazione di aiuti finanziari previsti da leggi statali a favore
dei titolari di permessi di ricerca o di concessioni di coltivazione di risorse geotermiche o per
aree interessate a processi di riconversione delle attività minerarie. Restano allo Stato l'
inventario delle risorse geotermiche, la gestione di eventuali titoli in mare (finora comunque
non vi sono applicazioni industriali di geotermia in mare ma solo un recente permesso di ricerca
nel basso Tirreno) e il potere legislativo di indirizzo.
Anche i canoni dovuti dai titolari dei permessi e delle concessioni, nonché i contributi per la
produzione di energia elettrica, sono devoluti alle Regioni; i quali enti possono provvedere a
determinare gli stessi entro i limiti fissati dallo Stato. Le risorse geotermiche ad alta entalpia
restano, pertanto, patrimonio indisponibile dello Stato, ma la loro gestione, in terraferma, è
delegata alle singole Regioni.
Ad oggi sul territorio italiano risultano presenti 3 permessi di ricerca in terraferma, 1 permesso
di ricerca nel sottofondo marino, 15 concessioni di coltivazione in terraferma, più 35 istanze di
permesso di ricerca in terraferma e 2 istanze di concessione di coltivazione in mare.
La legge 896/1986 (previgente legge quadro sulla geotermia) fornì pertanto a suo tempo una
disciplina compiuta del settore, individuando i principi generali, il regime autorizzativo, gli
obblighi e le procedure amministrative. In seguito con il decreto legislativo dell’ 11 febbraio
2010, n. 22, al fine di non disperdere le norme sulla materia, è stata operata una revisione
innovativa di tale legge quadro, adeguandola con le modifiche ed integrazioni necessarie in
relazione:
- all’ entità dimensionale dei diversi progetti geotermici, prevedendo nuove definizioni (e
conseguentemente diverse norme di gestione) per geotermia ad alta, media, bassa
entalpia e geotermia superficiale sfruttata attraverso pompe di calore;
- agli attuali principi europei di liberalizzazione del mercato elettrico (per i grandi impianti
geotermoelettrici un nuovo assetto della durata delle concessioni ed una nuova
disciplina dei canoni) e di abolizione dei monopoli;
- alle caratteristiche di rinnovabilità e di risorsa mineraria della geotermia ed, in generale,
alle politiche di sostegno e promozione delle energie rinnovabili e dell’ efficienza
energetica (in coerenza con le quali è decisivo lo sforzo di semplificazione delle
procedure autorizzative e di controllo);
- al nuovo assetto istituzionale del Paese (competenze statali, regionali e locali);
- alla disponibilità di adeguate garanzie finanziarie soprattutto nei riguardi dell’effettiva
esecuzione dei grandi progetti geotermici e di possibili danni ambientali;
- agli sviluppi tecnologici delle pompe di calore geotermiche e che consentono riduzioni
degli impatti ambientali;
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USO DEL SOTTOSUOLO PER UN APPROPRIATO MIX ENERGETICO 116
- al rilancio del ruolo del Ministero dello Sviluppo economico in materia di promozione
della geotermia, prevedendo altresì che le Regioni possano coinvolgere, per
problematiche di particolare rilievo o tecniche, specifici organi dello Stato quali l’ Ufficio
Nazionale Minerario per gli Idrocarburi e le Georisorse (UNMIG), o la specifica
Commissione della Direzione Generale delle Risorse Minerarie ed Energetiche (CIRM)
del Ministero dello sviluppo economico;
- attività del Ministero dello Sviluppo Economico che rende disponibile l' inventario delle
risorse geotermiche e ne cura l' aggiornamento.