24 15 rassegna stampa fisac dal 8 giu al 12 giu
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Rassegna stampa settimanale n. 24/2015 ____________________________
Dal 8 giugno 2015 Al 12 giugno 2015
A cura del Dipartimento Comunicazione (C.Hoffmann V.Vitale)
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BANCHE
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MF
Numero 111, pag. 12 del 09/06/2015
MERCATI
Inviata una lettera d'intenti per entrare nel capitale della banca del friuli
Iccrea stringe su Mediocredito FvgIl gruppo in attesa di una risposta dalla Regione per formulare l'offerta. Allo studio c' l'ingresso con una quota intorno al 15% tramite un aumento di capitale di Claudia Cervini
L'alleanza tra il Mediocredito del Friuli-Venezia Giulia e Iccrea Holding sempre pi vicina. Il gruppo Iccrea,
banca di secondo livello che offre prodotti e servizi alle banche di credito cooperativo (bcc) di tutta Italia, ha
formalizzato tramite una lettera d'intenti l'interesse a entrare nel capitale dello storico istituto di credito
controllato dalla Regione Friuli-Venezia Giulia e specializzato in finanziamenti alle imprese. Mediocredito ha
una struttura importante sul territorio e Iccrea, attraverso le numerose bcc presenti in Regione (16, ndr), pu
offrire un supporto industriale di peso, ha commentato a MF-Milano Finanza Roberto Mazzotti, direttore
generale di Iccrea Holding. Ora il gruppo rimane in attesa di un riscontro da parte degli azionisti di
Mediocredito per presentare un'eventuale offerta definitiva.
La trattativa dunque non ancora chiusa (in corsa ci sarebbe anche Volksbank), ma si possono gi indicare i
contorni dell'operazione. L'alleanza si concretizzerebbe attraverso un aumento di capitale con il conferimento
in Mediocredito di un'azienda del gruppo Iccrea Bancaimpresa. Si stima che l'operazione, cos concepita,
porter Iccrea a detenere una partecipazione non inferiore al 15%, mentre la Regione Friuli-Venezia Giulia
dovrebbe rimanere nel capitale come socio di maggioranza relativa.
L'obiettivo primario della Regione risanare Mediocredito Fvg: nel 2014 il bilancio dell'istituto di credito
stato gravato da 600 milioni di crediti deteriorati lordi (le sofferenze ammontano a 327 milioni). L'altra
ambizione ridare smalto alla vocazione un po' sbiadita di banca del territorio. In entrambi i casi la
partnership industriale con un soggetto come Iccrea Holding potrebbe rivelarsi decisiva.
Francesco Peroni, assessore regionale alle Finanze, al Patrimonio e alla Programmazione, presente
all'assemblea della Federazione delle bcc del Friuli-Venezia Giulia, ha commentato positivamente la mossa
di Iccrea Holding, specificando che la lettera d'intenti rappresenta una tappa di ulteriore maturazione degli
obiettivi strategici che la Regione si data per Mediocredito.
Iccrea Holding sta attraversando una fase delicata. Il gruppo sta procedendo alla riorganizzazione di Banca
Sviluppo, l'istituto che interviene nei salvataggi bancari, cui sono stati conferiti recentemente sportelli in
Veneto e Calabria. Iccrea Holding potrebbe poi essere presto indicata come unica capogruppo nazionale
delle bcc nell'ambito dell'autoriforma che sta interessando il sistema del credito cooperativo italiano. Qualche
dettaglio sul ruolo che Iccrea sar chiamata a sostenere potrebbe gi emergere gioved, quando la banca
incontrer gli stakeholder, o venerd nel corso dell'assemblea degli azionisti della banca di secondo livello in
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cui verr fatto il punto sulle strategie della banca a sostegno del credito cooperativo e approvato il bilancio
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MF
Numero 111, pag. 12 del 09/06/2015
MERCATI
Riforma bcc, la capogruppo sar unica
Federcasse verso il licenziamento dell'autoriforma del credito cooperativo. Nella nota emessa ieri al termine
del consiglio nazionale della federazione si fa riferimento all'integrazione a gruppo al fine di rafforzare il
ruolo delle bcc e di tutelare la loro identit mutualistica. Nel comunicato si parla esplicitamente di gruppo, al
singolare, segno che la decisione su questo punto ormai univoca (c'era infatti l'ipotesi di pi capogruppo).
Secondo Federcasse quanto pi gli indicatori di rischio di ogni singola bcc saranno bassi, tanto pi ampia
sar l'autonomia imprenditoriale delle stesse. La federazione individuer anche modalit appropriate per
irrobustire le dotazioni patrimoniali del sistema.
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PRIMA PAGINA 09 GIUGNO 2015Il Sole 24 Ore
Regole. Gioved in Cdm i provvedimenti su cooperative e sofferenze
Bcc, il Governo verso la riforma
ROMA
Una cornice normativa adatta a favorire il processo di autoriforma delle banche di
credito cooperative. E una strategia a due stadi per accelerare al risoluzione del
problema dei crediti deteriorati nei bilanci delle banche italiane. In campo creditizio, il
governo accelera sul terreno delle riforme che possono sostenere la ripresa economica
e con ogni probabilit se ne parler gi nel prossimo consiglio dei ministri al rientro
del presidente del Consiglio Renzi e del ministro dellEconomia Padoan dai rispettivi
tour internazionali.
Per le banche di credito cooperativo sin dal mese di gennaio scorso si era costituito un
tavolo di confronto informale con Palazzo Chigi e con via XX settembre per
sviluppare il processo di autoriforma delle 376 banche di credito cooperativo e casse
rurali che garantiscono il 7,3 per cento del mercato degli impieghi, con 135 miliardi di
impieghi erogati. Una razionalizzazione e un ammodernamento del sistema stato del
resto a pi riprese chiesto dal governatore della Banca dItalia Ignazio Visco. Il quale
non pi tardi di una settimana fa a Trento, in occasione del suo intervento al festival
delleconomia aveva dichiarato:Mi attendo in tempi brevi una riforma delle Bcc che
mantenga i valori fondamentali della cooperazione e del legame col territorio ma,
attraverso laggregazione, consenta laccesso al mercato dei capitali e aveva
aggiunto che avere un gruppo o pi gruppi, che siano in grado per struttura societaria
di intervenire per compensare gli squilibri e mettere fondi in modo agevole anzich
liquidare gli istituti importante. Quanto alla questione dei crediti deteriorati e a
come garantire un pi rapido smobilizzo dei 200 miliardi di sofferenze e degli altri
150 miliardi di non performing loans, gioved dovrebbe andare in discussione al cdm
il primo stadio dellintervento di governo: la presentazione di un provvedimento che
accorci in modo deciso i tempi attualmente molto lunghi del recupero crediti. Il
secondo stadio, invece, passa per il fitto dialogo intrattenuto dai tecnici del Tesoro e
della Banca dItalia con lUnione europea. E potrebbe dare frutti in tempi rapidi
soprattutto per quel che riguarda lanomalia della parziale indeducibilit fiscale delle
rettifiche su crediti. Il governo ha infatti scritto una lettera alla Commissione europea
per consultarla in anticipo sullipotesi di modificare il trattamento fiscale degli
accantonamenti sui crediti deteriorati, garantendo la deducibilit fiscale delle perdite
su crediti entro lanno. Come si sa, fino a due anni fa le perdite su crediti di una banca
potevano essere dedotte in quote annuali solo in un arco temporale lunghissimo e pari
a diciotto anni.
Dal 2013 la norma stata modificata e il periodo di deducibilit sceso dai 18 ai
cinque anni. Il problema di natura fiscale per stato ridotto ma non annullato: infatti
dal punto di vista fiscale negli altri paesi europei le svalutazioni su crediti vengono
fiscalmente dedotte nello stesso anno in cui vengono effettuate. Lanomalia italiana ha
peraltro prodotto un livello particolarmente elevato di imposte differite attive per il
sistema creditizio e proprio questo aveva attirato qualche mese fa lattenzione della
Commissione Ue che vi aveva ravvisato un fumusdi aiuti di stato. Il Tesoro ha
dapprima chiarito che non c nessun aiuto di stato (neanche sotto forma di aiutino sui
ratios patrimoniali, perch il problema invece quello di allineare al pi presto la
legge fiscale italiana a quella europea) e poi ha consultato la Commissione Ue.
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Rossella Bocciarelli
Pagina 1 di 1Il Sole 24 Ore
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FINANZA & MERCATI 09 GIUGNO 2015Il Sole 24 Ore
PERDITE SU CREDITI
Le rettifiche del Monte dei Paschi di Siena sono triplicate rispetto al 2013 e quelle del Banco Popolare sono pi che raddoppiate
I finanziamenti alle piccole e medie imprese continuano a diminuire nonostante i prestiti profusi a
piene mani dalla Bce a tassi vicini allo zero
Gli impieghi delle banche scendono del 4%Chiude in rosso il bilancio dellagregato bancario al 31 dicembre 2014. I primi nove
gruppi del credito, compresi nel Top Banche, registrano in totale una perdita netta di 4
miliardi: una cifra in forte recupero rispetto ai -20 miliardi dellanno precedente,
anche se di segno ancora negativo.
Il miglioramento deriva da una catena di eventi favorevoli. Anzitutto dallaumento dei
ricavi: +1,4 per cento. In secondo luogo dalla diminuzione dei costi (-1,3%) ed in
modo particolare delle perdite su crediti (-17%), che rappresentano la voce pi critica
dei bilanci bancari. In terzo luogo dalle operazioni straordinarie, che hanno avuto un
saldo positivo di circa 800 milioni contro i -12,5 miliardi del 2013: un progresso di
oltre 13 miliardi per il venir meno delle svalutazioni degli avviamenti e degli altri
attivi immateriali. Ciononostante, il Roe (la redditivit del patrimonio netto)
negativo. Segno che la strada per il ritorno al profitto tuttora in salita.
La raccolta, quella indiretta, derivante dalla sottoscrizione di fondi, sale del 15%, e
sale del 3% anche il patrimonio netto complessivo. Nello stesso tempo non smettono
di crescere i crediti deteriorati, che aumentano del 5,5% ripetto al 2013. La somma
degli incagli, delle sofferenze, dei crediti ristrutturati e dei crediti scaduti supera in
totale i 133 miliardi, 30 dei quali non coperti da alcuna garanzia. Le sole sofferenze,
ovvero i crediti inesigibili, che dovranno essere molto probabilmente svalutati nei
bilanci futuri, ammontano a 57 miliardi. Lincognita maggiore per costituita dagli
incagli, cio i 58 miliardi di crediti congelati per temporanee difficolt finanziarie dei
creditori. Il problema sar il modo in cui questi creditori usciranno dalla crisi: in che
misura gli incagli si trasformeranno in sofferenze. Non questione di poco conto,
perch un aumento dei crediti inesigibili avrebbe inevitabili ripercussioni sulle perdite
su crediti; di conseguenza, sul risultato desercizio dellaggregato.
Lanalisi dei singoli casi evidenzia situazioni molto differenziate. Dei nove gruppi del
Top Banche, solo tre registrano un incremento delle perdite su crediti: Monte dei
Paschi (Mps), Banco Popolare e Mediobanca. Con una differenza: per Mediobanca
lincremento del 17,5% (pari a 100 milioni) ed dovuto alle sole attivit di credito al
consumo; per le altre due lincremento supera il 100 per cento. In particolare, le
perdite su crediti di Mps sono quasi il triplo di quelle del 2013 (+188%, pari a quasi 8
miliardi), quelle di Banco Popolare poco pi del doppio (+108%, pari a 3,6 miliardi), e
in entrambi i casi del costo del rischio aumenta di molto. Pi di due terzi delle
rettifiche di Mps e circa il 40% di quelle di Banco Popolare sono peraltro il risultato di
una diversa metodologia di classificazione e valutazione del portafoglio crediti,
conseguente agli stess test della Bce.
Riducono sensibilmente le perdite su crediti UniCredit (-68% pari a 4,3 miliardi),
Intesa Sanpaolo (-38,5% pari a 4,1 miliardi) e Banca Popolare di Milano (-27% pari a
423 milioni.
La situazione complessiva del Top Banche appare in risalita, ma il bilancio di questi
sei anni impressionante. Leredit della grande crisi economica e finanziaria pesa
ancora oggi come un macigno. Dal 2008 al 2014 Unicredit ha accumulato quasi 52
miliardi di euro di perdite su crediti e altri 17 miliardi di oneri straordinari, per un
totale di 69 miliardi. Le perdite su crediti di Intesa Sanpaolo, nello stesso periodo,
hanno sfiorato i 28 miliardi, ai quali bisogna aggiungerne altri 12 miliardi di oneri non
ricorrenti, per un totale di 40 miliardi. Aggiungiamo a questi numeri i 18 miliardi di
perdite su crediti e i 6 miliardi di oneri straordinari, per un totale di 24 miliardi,
accumulati, sempre nello stesso arco di tempo, dal Monte dei Paschi.
Sono cifre imponenti che hanno richiesto colossali aumenti di capitale e che danno la
misura dei problemi che il sistema bancario deve ancora risolvere.
C poi la questione degli impieghi alla clientela che continuano a scendere. Nel 2014
sono diminuiti di un altro 4%, passando da 1.277 a 1.231 miliardi nonostante i prestiti
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Banche, utile corrente dimezzato
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della Bce profusi a piene mani alle banche italiane a tassi vicini allo zero. A pagarne
lo scotto il sistema della piccola e media impresa. Soltanto nel 2014 la Banca
centrale europea ha avviato nuovi finanziamenti a lungo termine (scadenza 2018) per
le famiglie e le societ non finanziarie.
La verit che i principii definiti e adottati dal Comitato di Basilea per rendere pi
solido il sistema bancario europeo penalizzano il sistema-Italia, perch attribuiscono ai
finanziamenti alle piccole e medie imprese un livello di rischio superiore a quello dei
prestiti interbancari.
Il risultato sotto gli occhi di tutti: le piccole aziende, che sono la spina dorsale del
nostro sistema produttivo, continuano a stringere la cinghia e a boccheggiare; i
finanziamenti banca-a-banca, pur accrescendo il rischio sistemico, continuano a
prosperare.
.@giuseppeoddo24
G. O.
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MF
Numero 112, pag. 9 del 10/06/2015
DENARO & POLITICA
Le banche di maggiori dimensioni chiedono una norma ad hoc per trasformarsi
Le bcc giocano la carta popolareUna mossa non gradita a Federcasse, che intende conservare l'unit del sistema e i suoi fiori all'occhiello. Ma gli istituti pi importanti vogliono preservare il patrimonio oltre all'autonomia
di Claudia Cervini
Quel che certo che sar una settimana decisiva per le banche di credito cooperativo, alle prese con un
complicato processo di autoriforma. Da un lato Federcasse accelera sul licenziamento del documento per
anticipare il Governo, che potrebbe affrontare l'argomento gi nel Consiglio dei ministri di domani. Dall'altro,
secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, alcune delle principali banche di credito
cooperativo stanno spingendo affinch l'eventuale decreto preveda la trasformazione
di queste bcc in banche popolari (o in spa, laddove gli attivi siano superiori a 8
miliardi di euro). Gli istituti di maggiori dimensioni non intendono infatti rinunciare alla
propria autonomia ma, soprattutto, non vogliono aderire a un gruppo unico nazionale
in cui, per le logiche che legano la capogruppo alle bcc sottostanti (patto di dominio),
sarebbero costrette a impiegare parte del patrimonio per garantire la solidit del
gruppo unico rimediando alle carenze delle banche patrimonialmente pi deboli.
Quello che alcuni istituti starebbero chiedendo che il governo consenta la
trasformazione da bcc in popolari o addirittura in spa liberando le riserve, sulle quali
sarebbero disposte a pagare una tassa una tantum. Il passaggio per non affatto semplice e servirebbe
una norma ad hoc. Le bcc, infatti, godono dell'esenzione fiscale sugli utili e hanno l'obbligo di riservare il 70%
degli utili a riserva. Queste riserve sono indivisibili e servono a svolgere attivit bancaria e mutualistica. Nel
momento in cui venisse a cessare l'attivit mutualistica la banca non potrebbe pi disporre delle proprie
riserve, che tornerebbero in possesso del ministero, il quale le destinerebbe a sua volta ad altra attivit
mutualistica e cooperativa. Il pressing per poter compiere un'operazione del genere partito e resta da
vedere come proseguir la partita. La mossa non sarebbe infatti gradita a Federcasse, che vuole invece
preservare l'unit del sistema.
Se le bcc di maggiori dimensioni, riferisce una fonte, dovranno aderire alla linea Federcasse (cio una
capogruppo nazionale per l'intero sistema) e non sar consentita la possibilit di trasformarsi, allora i soci
minacciano ricorsi agli organi competenti.
Dal canto suo Federcasse pare aver raggiunto l'accordo con Raiffeisen. Cassa Centrale potrebbe fare da
capogruppo alle casse altoatesine, mantenendo quindi una posizione autonoma su base provinciale. Non
stato invece raggiunto l'accordo con i trentini, che vorrebbero costituire un gruppo autonomo ma su base
nazionale. Questo l'elemento pi ostico, sul quale le diverse componenti del credito cooperativo sembra
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non riescano a trovare l'accordo.
La riforma per urgente. Lo stesso governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, al Festival dell'Economia
di Trento aveva detto: Mi attendo in tempi brevi una riforma che consenta alle bcc l'accesso al mercato dei
capitali. (riproduzione riservata)
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MF
Numero 112, pag. 9 del 10/06/2015
DENARO & POLITICA
L'autoriforma sta andando avanti, niente interventi diautorit
di Angelo De Mattia
Domani il Consiglio dei ministri dovrebbe decidere l'avvio della modifica delle norme del Testo unico bancario
per rendere possibile l'autoriforma delle banche di credito cooperativo. Contemporaneamente si avvierebbe
l'esame o si assumerebbero decisioni su quella che viene pomposamente definita come riforma del credito,
riguardante lo snellimento e l'accelerazione delle procedure per il recupero dei crediti bancari e la deduzione
fiscale delle perdite da parte delle banche. Questa innovazione normativa si collega a quella per
l'introduzione della bad bank, per la quale continuerebbe il confronto con la Commissione Ue per superarne
le infondate obiezioni: un confronto che dura da mesi e del quale viene ripetutamente annunciata la
conclusione a brevissimo termine. Quanto al primo punto, importante che venga confermata la via
dell'autoriforma e che l'intervento normativo, se sar effettivamente deliberato dall'esecutivo, si mantenga nei
limiti necessari per rendere possibile l'autonoma opzione riformatrice, la cui validit passer poi al vaglio
dell'organo di vigilanza. Poich, in questi giorni, si attribuiscono ad ambienti governativi orientamenti per
un'accelerazione dell'iter riformatore che, in qualche modo, mimi quello delle Popolari, sarebbe grave se
risultasse che effettivamente questa sar l'operazione che si promuover domani, semprech sia confermata
all'odg della seduta del Consiglio. vero che, come il Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, ha
detto nelle recenti Considerazioni Finali, il cambiamento non pu essere procrastinato. L'associazione di
categoria sta mettendo a punto il progetto di autorevisione. Pur esistendo differenziazioni con il mondo delle
Bcc trentine e altoatesine immaginabile che la progettazione in corso sar ultimata in tempi non biblici ma
coerenti con l'esigenza di non temporeggiare e non procrastinare, perch se vi fosse un effettivo intento
dilatorio e non invece il bisogno di un lasso di tempo lievemente pi ampio per una migliore sintesi degli
orientamenti dei circa 380 intermediari della specie, allora effettivamente l'autoriforma perderebbe larga parte
delle motivazioni che giustamente la sorreggono. Ma cos non sar. E, allora, sarebbe bene stare lontano da
scelte autoritative, che recano i problemi gi noti per la riforma delle banche popolari. Operare un
bilanciamento adeguato tra la conferma e il rinvigorimento dello spirito mutualistico e solidaristico delle
banche in questione e le ineludibili necessit di patrimonializzazione non facile, anche per i non eliminabili
confronti sul territorio, al quale le Bcc sono naturalmente vocate. Occorre, quindi, fare presto, ma anche
bene.
Quanto, poi, alle procedure che si vogliono snellire e alla deduzione fiscale delle perdite, l'argomento, a forza
di trattarlo, sta ormai diventando stantio. Si tratta, finalmente, di procedere. Sulla deduzione bisognerebbe
adottare l'unica misura che pu avere una sua indiscutibile validit: abbassare da cinque a un anno, anche
per una par condicio con istituti di altre giurisdizioni, l'ammissibilit della deducibilit da parte delle banche.
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Pure in questo caso, dal punto di vista tecnico l'operazione non sar facile, anche per i maggiori oneri che
inizialmente comporter per l'Erario. La ricerca di misure compensative, quale quella di cui si parla, mirata a
maggiorare ancora l'anticipo dell'acconto Ires, ben oltre il 100%, ridimensionerebbe nettamente la portata di
un'operazione dovuta. Ma queste misure, di volta in volta, sono state viste come aggiuntive della bad bank o
da questa autonome. Occorre, dunque, un chiarimento, anche perch di recente la Federazione delle
banche, delle assicurazioni e degli altri intermediari ha dichiarato di non essere interessata alla banca
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MF
Numero 112, pag. 12 del 10/06/2015
MERCATI
La popolare ha scelto gli advisor finanziari per trasformazione in spa e m&a
Bpm, Citi e Lazard per il risikoLa scelta fatta in pieno accordo dai due consigli. Confermata cos la volont del ceo Castagna di procederespeditamente verso l'aggregazione. Per il mercato l'ipotesi numero uno resta Verona
di Luca Gualtieri
La Banca Popolare di Milano suona la sveglia per il settore degli istituti cooperativi dopo la pausa riflessiva di
maggio. Ieri l'istituto di Piazza Meda ha nominato gli advisor finanziari che lo seguiranno nel delicato
processo di trasformazione in spa e di aggregazione. Smentendo le indiscrezioni circolate negli ultime
settimane, i due nomi sono quelli di Citi e Lazard che, come riportato da una nota, sono stati nominati dal
consiglio di gestione alla presenza del comitato per il controllo interno e del presidente del consiglio di
sorveglianza Piero Giarda. Si insomma trattato di una scelta collegiale, espressione delle diverse anime
dell'istituto e banco di prova per le decisioni future. Attesa gi da qualche settimana, la
nomina degli advisor non cade in un momento casuale per Piazza Meda. Come
riportato da MF-Milano Finanza, entro la prossima settimana la Banca d'Italia
dovrebbe emanare l'atteso regolamento attuativo della riforma Renzi-Padoan. Il
ritardo rispetto alle previsioni iniziali (la normativa era inizialmente attesa per i primi
giorni di maggio) sarebbe dovuto alla complessit della materia e alla delicatezza di
alcuni aspetti specifici, quale soprattutto quello dei limiti al diritto di recesso. Con la
pubblicazione del regolamento, le dieci banche interessate dalla legge Renzi-Padoan
potranno insomma disporre di un quadro normativo completo per intraprendere il percorso di trasformazione
in spa. I vertici di diversi istituti, affiancati dai consulenti legali e finanziari, sarebbero gi pronti a mettere in
moto la macchina che porter, nel giro di qualche mese, al
cambio di governance. L'intenzione sarebbe convocare le
assemblee straordinarie per modificare lo statuto subito dopo
la pausa estiva, quindi presumibilmente tra settembre e
ottobre. Ai soci potrebbe essere presentato un pacchetto
completo, comprensivo di eventuali operazioni straordinarie.
noto che molti istituti pensano ad aggregarsi per aumentare
la massa critica e mettere in atto quelle economie di scala
che oggi potrebbero spingere la redditivit.
La Bpm dovrebbe essere una delle prime banche a muoversi in questa direzione, come ha confermato in
diverse occasioni il consigliere delegato Giuseppe Castagna. Immagino che mettendo insieme due o pi
banche popolari si possano fare consistenti sinergie, ha dichiarato il banchiere gi all'inizio di febbraio.
L'ipotesi caldeggiata dal mercato una fusione con il Banco Popolare, su cui si specula ormai da oltre un
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anno. Anche perch, da un punto di vista industriale, un'aggregazione sull'asse Milano-Verona avrebbe
senso. Non manca, comunque, qualche sostenitore di un'aggregazione tra Piazza Meda e la Popolare
dell'Emilia Romagna oppure di operazioni di taglia pi contenuta che coinvolgano una delle due popolari
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Numero 112, pag. 12 del 10/06/2015
MERCATI
Spinelli e gavio pronti a sottoscrivere l'aumento
Soci in manovra su Carige
di Claudia Cervini
Nel secondo giorno di aumento di capitale sono scattate le vendite sul titolo di Banca Carige. L'azione, dopo
aver aperto in rosso (-4,8%) a 1,67 euro, ha chiuso con un ribasso importante (-5,01%) a 1,667 euro.
Interessante anche la performance dei diritti, che hanno archiviato la seduta con una perdita del 2,17% a
3,16 euro. La caduta molto meno evidente di quella di luned (-11%), segno che i diritti e le azioni (che
invece luned erano salite dell'1,8%) si stanno via via allineando. Se l'avvio
dell'aumento di capitale da 850 milioni di euro stato da copione, gli occhi ora
sono puntati sulle mosse degli azionisti francesi e liguri di Carige. Francesi perch
la banca transalpina Bpce, che detiene il 5,1%, non si ancora espressa sulla
partecipazione all'aumento (bench alcuni diritti potrebbero gi essere passati di
mano); liguri perch, oltre alla famiglia Malacalza (titolare del 10,5%) e a Gabriele
Volpi, imprenditore attivo nella logistica petrolifera (titolare del 5%), altri
imprenditori del territorio sarebbero in manovra, tanto che potrebbe comporsi un
azionariato a satelliti intorno al soggetto pi forte (e liquido), ovvero Malacalaza.
Tra questi c' Aldo Spinelli, a capo di uno dei principali gruppi logistici italiani. In
tempi non sospetti l'imprenditore aveva lanciato un appello agli industriali liguri nell'intento di supportare la
banca nel suo momento di difficolt. Spinelli, dunque, sembra si sia ora avvicinato al 2% in Carige, restando
al di sotto della soglia che impone l'obbligo di comunicazione al mercato. A investire in Carige lo avrebbe
spinto anche la fiducia nel nuovo top management e probabilmente l'assetto azionario, ormai pi stabile. Un
altro nome importante dell'imprenditoria del Nordovest quello del gruppo piemontese Gavio, che nel corso
dell'ultimo aumento di capitale non aveva fatto mancare il suo apporto e ora sono in molti a scommettere su
una possibile mossa a supporto della banca ligure. Sulle eventuali mosse dei Garrone (gruppo Erg) resta
invece un punto interrogativi, ma un apporto importante sembra improbabile. Con Carige per varie ragioni e
per esigenze del nostro business non abbiamo mai lavorato molto, aveva detto Alessandro Garrone in un
incontro a Vienna a alcuni mesi fa. Se pensiamo a interventi che la famiglia pu fare sul territorio, oggi
siamo concentrati su attivit di tipo pi culturale e sociale. E, come attitudine della famiglia, quando facciamo
investimenti, lo facciamo per avere un ruolo predominante.
Sar importante capire infine per chi Ubs Group gestisce l'importante partecipazione del 4,4%, quota che
potrebbe modificare gli equilibri dell'assetto azionario di Carige. Mentre la Fondazione Carige, titolari ormai
solo del 2%, domani in occasione del board dovrebbe decidere come comportarsi in merito all'aumento di
capitale dell'istituto di credito. (riproduzione riservata)
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MF
Numero 112, pag. 13 del 10/06/2015
MERCATI
Veneto Banca accelera verso la spa
Veneto Banca accelera nel processo di trasformazione in spa e in quello di aggregazione. Ieri il cda della
popolare di Montebelluna ha incontrato l'advisor Rothschild per definire le strategie future. Restano aperte le
quattro strade gi delineate nei mesi scorsi: fusione con una quotata (probabilmente la Banca Popolare
dell'Emilia Romagna), con una non quotata (si parla della Popolare di Vicenza), opzione stand alone oppure
eventuali soluzioni alternative. In aggiunta, dopo l'emanazione dei regolamenti attuativi di Banca d'Italia
Montebelluna avvier speditamente la trasformazione in spa. L'obiettivo sarebbe far partire l'iter per la
modifica dello statuto subito dopo l'arrivo delle disposizioni di Via Nazionale. A quel punto l'assemblea
straordinaria potrebbe essere convocata tra giugno e luglio o al pi tardi immediatamente dopo la pausa
estiva.
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MF
Numero 112, pag. 22 del 10/06/2015
MF NON PERFORMING LOAN
Accordo Creval-Cerved sul recupero delle garanzieimmobiliari
Creval e Cerved hanno avviato un progetto comune per rafforzare le attivit di recupero e valorizzazione
delle garanzie immobiliari. Il progetto, sinergico all'accordo di collaborazione per la gestione dei crediti
immobiliari distressed siglato con Yard, coerente con gli obiettivi del Piano strategico Creval in materia di
crediti problematici. Cerved assister Creval nello studio dei casi oggetto di ripossesso, fornendo la
valutazione degli immobili e un business plan di investimento, e supporter la banca nell'acquisto in asta dei
singoli beni e nel processo di ricollocazione sul mercato. Creval assistito nell'operazione da Deloitte e dallo
studio legale Bonelli Erede Pappalardo. Cerved assistita da Kpmg e dallo studio legale Gattai, Minoli,
Agostinelli & Partners.
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FINANZA & MERCATI 10 GIUGNO 2015Il Sole 24 Ore
IL QUARTIER
GENERALE Resta sospesa la decisione se spostare la sede da Londra a Hong Kong: allesame del management undici criteri per la scelta
Credito/1. Nel piano strategico previste riduzione dellinvestment banking, semplificazione della
struttura e focalizzazione sulla Cina
Hsbc-shock: taglia 50mila posti
Il colosso britannico licenzia 25mila dipendenti ed esce da Turchia e Brasile
LONDRA
Il mercato non crede pi alla forbice di Hsbc e mentre bruciano altri cinquantamila
posti di lavoro, il titolo scivola dell1 per cento. Pollice verso, per ora almeno, nel
giorno in cui il colosso del banking euro-asiatico lancia la sua strategic review che lo
spinger a ridurre linvestment banking, a semplificare la complessa struttura di banca
globale, a focalizzarsi ancor di pi sulla Cina.
Resta sospeso, per ora, il verdetto sul quartier generale che da Londra minaccia di
muovere verso Hong Kong. La banca guidata da Stuart Gulliver ha confermato che la
revisione in corso e che undici criteri sono allesame del management per stabilire
dove sia pi conveniente e utile avere lheadquarter. La bilancia rischia di pendere
verso lex colonia britannica visto che il primo test riguarda la crescita economica e
suggerisce una progressione in Asia di 15mila miliardi di dollari nel decennio 2014
-2025. In quello stesso periodo, secondo le stime di Hsbc, le economie europee
aggiungeranno al Pil consolidato non pi di 5 mila miliardi. I criteri sono diversificati
inclusa la stabilit di lungo periodo minacciata da Brexit ma indicano fra i punti-
chiave la fiscalit. Hsbc ha gi avvertito Londra che il crescente balzello sulle banche
imposto dal governo conservatore e corretto otto volte allins non pu continuare ad
aumentare, pena laddio dalla City. Questa sera il governatore George Osborne nel
discorso di Mansion House rivolto alla comunit finanziaria annuncer,
probabilmente, che la stretta su banche e banchieri finita. Vedremo se baster a
convincere Hsbc a svuotare i bagagli che molti credono abbia gi fatto, almeno per
met.
In attesa di una decisione sulla sede attesa per fine 2015, listituto anglo-cinese ha
deciso di ridurre di 25mila unit il personale di cui almeno un terzo in Gran Bretagna.
Altri 25 mila posti saranno eliminati in seguito alla liquidazione delle attivit in
Turchia e Brasile. Di fatto in poco pi di cinque anni Hsbc potrebbe aver tagliato un
terzo dei dipendenti dal picco di quasi 300mila del passato. Una dinamica che ha
spinto Stuart Gulliver a precisare che molti ne saranno creati dallo sviluppo del
business. Hsbc conferma di volere insistere con la politica dell'alto dividendo che
persegue da anni, ma anche di voler correggere la performance del roe, tagliato nei
mesi scorsi dal target 12-15% al 10%.
La risposta del mercato stata glaciale con un meno 1% che poi stato marginalmente
corretto a meno 0,7 per cento. Decimare il personale non necessariamente la
soluzione migliore ha commentato l'analista James Antos di Mizuho securities Asia
almeno fino a quando il management non semplifica la banca. Hsbc cresciuta
attorno allo slogan the worlds local bank in effetti una realt piuttosto complessa
con operazioni ramificate in tutti i continenti. La scelta di Stuart Gulliver stata di
tagliare, risparmiare e concentrare. Ovviamente in Asia che vedr salire la quota di
risk weighted asset dal 33 al 40% del totale. In assoluto le attivit ponderate al rischio
saranno ridotte di un quarto considerando anche l'effetto prodotto dalla chiusura di
Turchia e Brasile. I costi saranno compressi di almeno 5 miliardi di dollari. La
maggior parte delle operazioni nel Regno Unito la piazza maggiore di Hsbc -
saranno concentrate entro un istituto che avr un nuovo brand e rispetter la volont
dei regolatori britannici decisi a tenere separate le attivit di investimento da quelle
commerciali e retail. Un riassetto radicale che mira a mantenere il capillare network di
Hsbc nel mondo, ma guarda con rinnovata attenzione all'Asia. Un segno,
probabilmente, del destino finale.
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Leonardo Maisano
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aumento del 30%
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FINANZA & MERCATI 10 GIUGNO 2015Il Sole 24 Ore
Credito/2. Rivelazione del Guardian: Hsbc accende un faro sul country manager per loperazione
Palladio-Generali - Il gruppo non conferma e non smentisce
Indagine interna sulla filiale italianaDa Londra Hsbc non conferma e non smentisce ma, secondo quanto riferito dal
Guardian, listituto avrebbe avviato unindagine interna sulloperato del proprio ceo
in Italia, Marzio Perrelli. Le verifiche si sarebbero rese necessarie dopo che a febbraio
dello scorso anno la Guardia di Finanza sarebbe entrata negli uffici milanesi della
banca a caccia di documenti legati a una vecchia operazione, datata 2007, che ha visto
coinvolti Hsbc, Palladio e Generali e riemersa in occasione delle verifiche che il
nuovo ceo del Leone, Mario Greco, ha condotto sullattivit svolta dal precedente
management e sulle rispettive connessioni, si tratta in particolare di Giovanni
Perissinotto, con alcuni azionisti di Trieste. La storia piuttosto complessa ma gi in
passato ha trovato spazio tra le cronache. Di fatto il pool di avvocati dellistituto
starebbe valutando il ruolo avuto da Hsbc nella ricapitalizzazione di PFH1, veicolo
che controlla Palladio, avvenuta nel 2007. Allepoca la cassaforte, che aveva in
predicato lacquisto di Hopa, aveva lanciato una ripatrimonializzazione complessiva
da 300 milioni per tentare di chiudere il deal poi tramontato. Di questi, 100 milioni
vennero iniettati direttamente dai soci storici del veicolo mentre altri 200 milioni
vennero incassati grazie allemissione di strumenti finanziari che furono subito
sottoscritti da Hsbc e che valevano e valgono complessivamente il 49% di PFH1. La
somma particolarmente rilevante, normalmente non nelle deleghe di un country ceo,
il che fa supporre che prima di essere deliberata venne valutata a pi livelli. Hsbc
costru su quegli strumenti un total return swap con controparti Ggf e Wgo, due
veicoli riconducibili al gruppo Generali. Nel 2009 il total return swap venne chiuso,
trasformato in notes e parzialmente svalutato. Nel 2011 Ggf e Wgo chiesero a Hsbc di
convertire una parte di quegli strumenti in titoli PFH1. A quel punto, per, subentr
PFH1 che decise di acquistarne circa la met mentre la quota restante fin in tre fondi
esteri sempre riconducibili alle Generali (Leo, Ggp e Tenax, questultimo partecipato
al 49% dal Leone). Il passaggio avvenne a un prezzo pari al 75% del nominale, ossia
per una cifra complessiva di 150 milioni. Oggi la situazione la stessa del 2011 e gli
strumenti finanziari potranno essere convertiti in azioni PFH1 nel 2017.
Lindagine avviata dai legali dellistituto servirebbe dunque a verificare la correttezza
delloperato del ceo italiano rispetto a unoperazione che non ha dato i frutti sperati.
Complice anche la fase economica particolare in cui si inserita la transazione. In
aggiunta va detto che, dopo i numerosi scandali che hanno riguardato Hsbc, non
ultima linchiesta per riciclaggio aggravato nei confronti della filiale di Ginevra, la
banca ha avviato uninversione di marcia volta a rilanciare limmagine del brand.
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L.G.
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FINANZA & MERCATI 10 GIUGNO 2015Il Sole 24 Ore
IL MINISTRO PADOAN
Oggi molto pi difficile creare una bad bank del tipo spagnolo, anzi sarebbe impossibile, in totale contrasto con gli aiuti di Stato
Banche. In consiglio il taglio dei tempi per il recupero crediti e la riduzione da 5 anni a uno della
deducibilit fiscale delle sofferenze
Bcc, arriva la capogruppo unica
Domani in Cdm il progetto per porre una sola spa a capo degli istituti cooperativi
Si stringe il cerchio attorno allautoriforma delle banche di credito cooperativo che
potrebbe arrivare gi domani sul tavolo del Consiglio dei ministri. Il condizionale
dobbligo, ma il governo punta a chiudere una prima ricognizione attorno a questo
tassello e agli altri due provvedimenti attesi dal sistema bancario: il taglio dei tempi
per il recupero dei crediti e la riduzione, da 5 anni a 1, della deducibilit fiscale dei
crediti deteriorati. Ieri, da New York, dove volato per incontrare alcuni tra i
principali investitori americani, il ministro dellEconomia, Pier Carlo Padoan, ha
spiegato le prossime mosse dellesecutivo in una intervista a Class Cnbc. Oggi
molto pi difficile creare una bad bank del tipo spagnolo, anzi sarebbe impossibile, in
totale contrasto con gli aiuti di stato, ha spiegato il titolare di Via XX?Settembre.
LItalia - ha ammesso - si mossa un po pi tardi, cerchiamo di fare il possibile nei
limiti della legislazione europea. Nellimmediato, ha aggiunto Padoan, stiamo
lavorando su due fronti: uno interno che riguarda unaccelerazione delle procedure
concorsuali, in sostanza sui crediti in sofferenza, in modo da semplificare e rendere
pi efficienti le procedure. Poi ci sono altre misure e stiamo valutando con la
Commissione europea per un intervento pubblico, pi o meno indiretto nel pieno del
rispetto della discipliba degli aiuti di Stato.
Nello specifico, il Tesoro, in stretta sinergia con il ministero della Giustizia, starebbe
lavorando a un accorciamento di almeno due anni nel recupero dei crediti
problematici. In Italia, attualmente, una procedura fallimentare dura 7 anni e 3 anni
lescussione di una garanzia immobiliare con tempi molto dilazionati rispetto agli altri
paesi dellUnione europea, come ha ricordato di recente, in unaudizione al Senato,
anche il dg di UniCredit, Roberto Nicastro. Lobiettivo, quindi, sarebbe quello di
imprimere una netta sforbiciata per migliorare la gestione delle sofferenze bancarie. A
questo, poi, potrebbe essere affiancata anche la modifica del trattamento fiscale degli
accantonamenti sui crediti deteriorati, per superare lanomalia italiana e allineare la
tempistica della deducibilit delle perdite a quella degli altri paesi Ue, portandola da
cinque anni a un anno con un meccanismo che eviti aggravi per le casse pubbliche.
Queste due misure potrebbero finire in un unico provvedimento che incorporerebbe
anche lattesa autoriforma delle banche di credito cooperativo. Una scelta definitiva
non stata ancora fatta, ma lobiettivo del governo arrivare gi domani a una prima
ricognizione sul nuovo decreto banche. Il fatto che si tratti di unautoriforma
molto importante - ha spiegato Padoan - perch il sistema bancario ha deciso che alla
luce del nuovo ambiente internazionale anche queste piccole banche, che sono un
elemento vitale allinterno del sistema italiano, vanno rafforzate. Secondo le ultime
ipotesi che circolano in queste ore, il settore dovrebbe essere riformato ponendo a
capo dei 376 istituti di credito cooperativo una sola spa, probabilmente lattuale
Iccrea, che fornirebbe servizi e potrebbe reperire capitali sui mercati. Ununica
capogruppo avrebbe il vantaggio di consentire al settore di poter reperire provvista sui
mercati, possibilit attualmente preclusa, e fungerebbe anche da vigilante sul
panorama degli istituti. Questa strada permetterebbe cos alle Bcc di superare le
difficolt pi volte segnalate dalla Banca dItalia che ha documentato in diverse
occasioni i segnali di debolezza patrimoniale e di peggioramento della qualit del
credito di questo segmento del mondo bancario.
Tra i punti qualificanti della proposta di riforma, a cui sta lavorando Federcasse, ci
sarebbe poi la previsione di ancorare lintensit delle funzioni di pianificazione
strategica a un approccio risk based (quanto pi gli indicatori di rischio della singola
Bcc saranno bassi, tanto pi ampia sar lautonomia imprenditoriale della stessa) e
lindividuazione di modalit appropriate per irrobustire ulteriormente le dotazioni
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patrimoniali del sistema (il Tier 1 medio delle Bcc a livello nazionale comunque
oggi del 16,1 per cento).
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Monica DAscenzo
Celestina Dominelli
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MF
Numero 113, pag. 2 del 11/06/2015
PRIMO PIANO
Tanto coster la misura per portare da 5 a un anno la deducibilit delle perdite
La bad bank parte da 3 miliardiPer il 2015 per il conto sar pi basso e dal 2018 l'intervento non peser pi sulle casse statali. La norma inserita nel dl banche assieme al recupero crediti e riforma delle Bcc. Ancora stallo con la Ue sulle garanzie
di Luisa Leone
Il governo rompe gli indugi sulla bad bank all'italiana. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, sono
state finalmente trovate le coperture necessarie a garantire la deducibilit delle perdite sui crediti in
sofferenza in un solo anno anzich in cinque. Un intervento fortemente richiesto dal sistema bancario per
affrontare il problema dei non performing loan ma costoso per le casse Stato, che in tempi di magra come
quelli attuali non era scontato riuscire a finanziare. Invece la quadra stata trovata e ora la norma dovrebbe
costituire uno dei tre pilastri del decreto banche, insieme alle
misure sul recupero crediti e a quelle sulle bcc. Queste ultime
dovrebbero mettere nero su bianco l'autoriforma del sistema
cooperativo, dando 18 mesi di tempo per la sua applicazione.
L'obiettivo sarebbe quello di portare il provvedimento in
Consiglio dei ministri gi oggi, anche se l'ordine del giorno
della riunione gi piuttosto corposo, con il decreto enti
locali, quello sul Giubileo, quello sulle Agenzie Fiscali e
probabilmente quello sulla banda larga. A ogni modo per tirare le somme si attender il ritorno del ministro
Pier Carlo Padoan, ieri ancora in viaggio di lavoro negli Stati Uniti.
Come anticipato da MF-Milano Finanza dello scorso 9 aprile, la bad bank all'italiana, con il progetto garanzie
statali in ostaggio della Ue, si concentrer sostanzialmente su due punti: la deducibilit delle perdite in un
solo anno e la velocizzazione del recupero crediti. L'intervento pi importante probabilmente il primo in
quanto l'esecutivo spera che possa indurre le banche a
svalutare, e quindi rendere pi appetibili, gli npl. Il costo per
le casse dello Stato stato calcolato in circa 3 miliardi l'anno
per tre anni, in quanto poi il meccanismo entrer a regime e
non ci saranno pi aggravi per il bilancio pubblico. Per il
2015, visto che l'anno gi a met, il conto dovrebbe
risultare decisamente meno salato. Per quanto riguarda il
secondo punto, invece, si agir su una riforma delle
procedure esecutive, del concordato preventivo e di altre
procedure di ristrutturazione del debito, che dovrebbero poi essere assorbite nella pi complessiva riforma
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della legge fallimentare sulla quale al lavoro il ministero della Giustizia.
Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, il provvedimento dovrebbe consentire di accorciare di due-tre
anni il processo di recupero dei crediti (per tutti i creditori e non solo per le banche), portandolo dagli attuali
sette-otto a meno di cinque anni, praticamente in linea con il resto d'Europa. Per farlo si punter su una
standardizzazione delle procedure utilizzate dai tribunali, che dovrebbe portare anche a un accorciamento
dei tempi. In particolare si dovrebbe introdurre un limite massimo alle aste che i tribunali possono decidere di
bandire, ponendo fine alla sequela di procedimenti che finiscono per andare deserti uno dopo l'altro, e
fissando in massimo due i tentativi possibili. Il tutto con l'indicazione di tempi standard da rispettare nella loro
esecuzione. Ancora, in ballo c' anche l'ipotesi di inserire una modifica dell'articolo 182-bis della Legge
fallimentare che consenta la presentazione di piani di ristrutturazione non solo al debitore ma anche ai
creditori. I piani sarebbero poi votati a maggioranza e il tribunale avrebbe l'ultima parola sulla ratifica del
progetto scelto. Un'altra misura che potrebbe essere introdotta quella di rendere le aste un meccanismo di
routine per la vendita dei beni, qualora la cessione sia prevista come punto d'arrivo di un piano di concordato,
in modo da massimizzare il ritorno per i creditori. Gi oggi in alcuni casi lo strumento viene utilizzato dai
tribunali ma ora l'opportunit di farvi ricorso dovrebbe essere esplicitata dalle nuove norme. La carne al fuoco
per questa sezione del decreto veramente molta, e bisogner capire quali delle proposte troveranno posto
nel provvedimento definitivo. In ogni caso con il decreto banche l'esecutivo far quanto in suo potere per il
rilancio del credito attraverso la smobilizzazione dei non performing loan. L'ultimo tassello del piano, ovvero
la garanzia statale sui crediti, infatti ancora oggetto di negoziazione con la Ue. Nonostante il fatto che l'Italia
proponga una garanzia non gratuita, i tecnici di Bruxelles sarebbero fermi sull'idea che si tratterebbe
comunque di aiuti di Stato. Il risultato che la trattativa, in corso da mesi, avrebbe dovuto concludersi entro
la fine di maggio mentre, al momento, le discussioni sono ancora in corso. (riproduzione riservata)
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MF
Numero 113, pag. 2 del 11/06/2015
PRIMO PIANO
Abi, il ddl Concorrenza rischia di colpire i mutui
di Anna Messia
Non si pu prescindere dalle scelte gi fatto dal legislatore europeo quando si decide di regolamentare il
settore bancario italiano. Dopo l'avvio del progetto di Unione Bancaria, il 4 novembre scorso, il rischio infatti
di creare disparit e inefficienze, che si potrebbero ripercuotere sulla capacit degli istituti di supportare
l'economia. stata questa la premessa dell'intervento del direttore generale dell'Abi, Giovanni Sabatini,
chiamato ieri dalla commissione Finanze della Camera a esprimere il suo giudizio sul disegno di legge sulla
concorrenza. Qualsiasi normativa che impatta sul settore bancario deve tener conto di questo fatto nuovo,
ha dichiarato Sabatini, e in tale contesto anche le norme che disciplinano i servizi di pagamento e la
comparabilit dei prezzi dei servizi bancari in generale non possono sfuggire a una logica totalmente
europea, ha aggiunto, puntando l'attenzione sul fatto che il permanere di regole nazionali si porrebbe in
netta contraddizione con i principi fondanti dell'Unione Bancaria e dell'integrazione del mercato finanziario dei
paesi Ue.
Nel caso dell'articolo 24 del ddl concorrenza, che riguarda la comparabilit delle spese dei conti di
pagamento, il trasferimento dei conti stessi e l'accesso ai conti di base, l'Abi ha puntato per esempio
l'attenzione sui rischi di un anticipo temporale rispetto ai processi di armonizzazione a livello europeo
previsti dalla direttiva Pad. Il pericolo, pi in particolare, di creare siti internet di confronto che poi si
rivelino non completamente coerenti rispetto alle previsioni delle direttiva. Anche l'articolo 25 del ddl, che
regolamenta le polizze abbinate ai mutui, presenta pi di qualche criticit. Perch la proposta in esame
appare in contraddizione con l'orientamento del legislatore comunitario, ha osservato Sabatini, e soprattutto
perch le nuove regole potrebbero provocare una maggiore prudenza da parte dei finanziatori nella
valutazione del merito creditizio. In altri termini, per i clienti potrebbe essere pi difficile accedere a un
mutuo. (riproduzione riservata)
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MF
Numero 113, pag. 3 del 11/06/2015
PRIMO PIANO
Dal 2009 persi 27 mila posti. quasi 20 mila altri esuberi in agenda da qui al 2020
Banche, task force per il lavoroLa Fabi propone all'Abi la creazione di una commissione paritetica per valutare gli impatti delle nuovetecnologie nel settore bancario e riqualificare i lavoratori. Lombardia e Piemonte capofila per i tagli
di Claudia Cervini
Una task force per salvare l'occupazione nel mondo del credito. La proposta arriva dalla Fabi, il principale
sindacato dei bancari, che tende la mano all'Associazione bancari italiani (Abi) con l'obiettivo di creare una
commissione paritetica, composta da rappresentanti dell'Abi e dei sindacati di categoria, per valutare gli
impatti delle nuove tecnologie sul settore bancario. La misura stata studiata per rispondere al quinquennio
nero dell'occupazione: dal 2009 a
oggi secondo i dati diffusi da Lando
Sileoni, segretario generale Fabi,
sono usciti dal mondo del credito
quasi 27 mila lavoratori. Quasi 16
mila lavoratori bancari provenienti da
attivit esternalizzate sono usciti
attraverso pensionamenti,
prepensionamenti o sono stati
ricollocati in altre attivit bancarie E in
agenda ci sono altri 19.700 esuberi
previsti fino al 2020. A pagare lo
scotto pi alto sono le regioni
cosiddette ricche, quelle con la
maggior concentrazione di banche e
di addetti come la Lombardia, il
Piemonte e la Toscana, dove in sei
anni sono stati bruciati
rispettivamente 7 mila, 3.400 e quasi
4 mila posti di lavoro nelle banche.
La proposta stata avanzata nel corso della tavola rotonda Sviluppo e occupazione - la ricerca di nuovi
equilibri, svoltasi ieri a Roma alla presenza del presidente del Comitato affari sindacali e del lavoro di Abi,
Alessandro Profumo, e organizzata dall'Abi nell'ambito del Forum Hr 2015. Compito della commissione sar
quello di individuare percorsi di riqualificazione e riconversione professionale dei lavoratori del credito, per
evitare che lo sviluppo dei canali online comporti una nuova ondata di esuberi, ha fatto sapere la Fabi.
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Chiaro il pensiero di Profumo: Non possiamo pensare che il processo di riorganizzazione bancario
innescato dall'uso delle nuove tecnologie sia a impatto zero, ha spiegato il presidente di Mps,
fondamentale avere ulteriori processi di aggregazione, di riduzione dei costi e di nuove opportunit di
business, ha proseguito. Il pensiero di Profumo andato anche alle banche di credito cooperativo alle prese
con un processo di riforma che dovrebbe essere affrontato oggi nel consiglio dei ministri. La riforma delle
banche di credito cooperativo deve puntare alla stabilit e allo sviluppo del sistema, ha detto.
Sileoni, sempre dal palco romano, ha tirato la giacchetta anche al mondo della politica. necessario un
nuovo patto di sistema per impedire che le prossime fusioni creino l'ennesima emorragia di posti di lavoro,
mettendo in discussione anche il modello della banca online. Serve una decisione politica comune e
condivisa per garantire stabilit al settore creditizio, mantenendo i livelli occupazionali e assicurando che gli
attuali 309 mila addetti restino nel perimetro del credito. Il modello della banca online deve essere condiviso
dalle parti sociali, ha concluso Sileoni. (riproduzione riservata)
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MF
Numero 113, pag. 3 del 11/06/2015
PRIMO PIANO
Riforma gli avvocati di alcuni istituti coinvolti stanno gi studiando il problema
Rischi legali per i recessi nelle popolari spa
di Luca Gualtieri
attesa a giorni l'emanazione dei regolamenti attuativi per la riforma delle banche popolari. Si tratta di un
passaggio decisivo per il settore, che avvier subito dopo il percorso per arrivare alla trasformazione in spa.
Sulla tempistica e sulle dinamiche del processo ormai ci sono pochi dubbi, ma gli uffici legali di alcuni istituti
coinvolti dalla riforma sono gi al lavoro su una materia che nei prossimi mesi potrebbe rivelarsi assai
spinosa: il diritto di recesso. La riforma Renzi-Padoan prevede infatti che la Vigilanza possa limitare il
rimborso dei soci, in deroga (circostanza abbastanza clamorosa) a quanto previsto
dal codice civile (articolo 2437). Nello specifico, il decreto convertito nel marzo
scorso stabilisce che l'istituto di credito possa dire no agli azionisti laddove ci sia
necessario ad assicurare la computabilit delle azioni nel patrimonio di vigilanza di
qualit primaria della banca. Nel documento dato in consultazione nell'aprile
scorso via Nazionale cita esplicitamente i requisiti di capitale previsti dal
regolamento Crr, che hanno introdotto gli standard di Basilea negli Stati membri
della Ue. Bankitalia potrebbe insomma contrapporre alle richieste dei soci i paletti
fissati dalla normativa europea.
Su questo punto comunque la situazione ancora nebulosa e i regolamenti attuativi saranno decisivi per fare
piena chiarezza. Anche perch per gli istituti che non rimborsassero i propri azionisti il rischio di vertenze
legali concreto. E qui sorge una domanda decisiva: contro chi potrebbero rivalersi gli azionisti cui la banca
avesse rifiutato il recesso? Contro la legge, contro il regulator o contro gli amministratori dell'istituto? Siamo
in presenza di un regime eccezionale in cui andr chiarita la ripartizione delle responsabilit tra il consiglio di
amministrazione della banca, la Banca d'Italia e il legislatore, anche in vista di possibili rischi legali, spiega
ad esempio Andrea Resti, docente della Bocconi e vicepresidente del Banking Stakeholder Group dell'Eba.
Il rischio di grane c', confida il ceo di una popolare quotata, ricordando che al momento non abbiamo
idea di quanti soci decideranno di esercitare il recesso; potrebbero essere una pattuglia sparuta o molti.
Parole sufficienti per descrivere l'incertezza che si respira ai vertici delle dieci banche interessate dalla
riforma. Le risposte dovr darle Bankitalia e non solo su questo punto. Da chiarire saranno infatti anche le
modalit di calcolo della soglia di 8 miliardi di euro oltre la quale le popolari devono trasformarsi in spa. Il
documento messo in consultazione ha precisato che l'attivo cui si fa riferimento quello segnalato per
l'informativa di vigilanza di fine anno (31 dicembre 2014 per la prima volta) e include le garanzie e gli impegni
fuori bilancio. A giorni insomma le banche interessate dalla legge Renzi-Padoan dovrebbero disporre di un
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quadro normativo completo per intraprendere il percorso di trasformazione. I vertici di diversi istituti
sarebbero gi pronti a mettere in moto la macchina che porter del giro di qualche mese al cambio di
governance. L'intenzione sarebbe convocare le assemblee straordinarie per modificare lo statuto subito dopo
la pausa estiva, quindi presumibilmente tra settembre e ottobre. Ai soci potrebbe essere presentato un
pacchetto completo, comprensivo di eventuali operazioni straordinarie. Si sa che molti istituti pensano ad
aggregarsi per aumentare la massa critica e mettere in atto quelle economie di scala che oggi potrebbero
spingere la redditivit. (riproduzione riservata)
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MF
Numero 113, pag. 9 del 11/06/2015
DENARO & POLITICA
Guzzetti dovr verificare con Padoan se si vuole cambiare la missione di Cdp
Fondazioni-Tesoro ai ferri corti
Gli Enti fanno quadrato sul rispetto dei criteri di sana e prudente gestione e non vogliono che la Cassa si trasformi in una nuova Gepi. Confermata la fiducia a Bassanini. Sullo sfondo anche il nodo dividendi
di Antonio Satta
Il tam tam di Palazzo Chigi dice che il pacchetto nomine ormai pronto e che la prossima settimana
dovrebbe essere quella buona. E si tratterebbe di un pacchetto decisamente consistente, perch al rinnovo
dei vertici in scadenza di societ come Consip, Equitalia, Sogei, Enav e Gse si vorrebbe aggiungere anche il
ricambio di cda non ancora arrivati a fine mandato, come Cassa Depositi e Prestiti, Rai e Ferrovie dello Stato.
Ma proprio da Cdp stanno arrivando resistenze che potrebbero frenare o pi
probabilmente far slittare il progetto. Ieri, come anticipato anche da MF-Milano
Finanza, l'Acri ha dato mandato al suo presidente, Giuseppe Guzzetti, di affrontare
con il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, la questione della Cassa, nel cui
capitale le fondazioni bancarie hanno una quota del 18,4% e soprattutto esprimono il
presidente. Da quel che si apprende i toni nella riunione di ieri non sono stati sereni.
La fondazioni sono convinte che il ricambio sia dovuto ai no che l'attuale vertice di
Cdp ha detto alla richiesta di partecipare al salvataggio di Ilva e alle resistenze a
trasformare i fondi per le imprese in una sorta di nuova Gepi. Non sono stati perci
pochi i partecipanti alla riunione che hanno detto chiaramente che se il governo vuole
mutare la missione di Cdp, allora si deve anche ricomprare le quote delle fondazioni azioniste.
Il comunicato diffuso al termine dell'incontro riassume in modo pi diplomatico il senso di queste critiche. Si
chiarisce che il mandato affidato a Guzzetti quello di verificare quale ruolo si intende attribuire a Cdp in
termini di conferme o di eventuali modifiche della sua missione, valutando opportunamente l'impatto degli
eventuali cambiamenti sulla sana e prudente gestione di Cdp, soprattutto in termini di modifica del profilo di
rischio che ne potrebbe derivare. Infine si ribadisce la fiducia nel presidente di Cdp, Franco Bassanini, (che
Palazzo Chigi vorrebbe sostituire con Claudio Costamagna, mentre per il ruolo di amministratore delegato,
ora affidato a Giovanni Gorno Tempini, si pensa a Fabio Gallia) e si ricorda al Tesoro che lo statuto di Cdp
prevede l'attribuzione all'azionista di minoranza (le 64 Fondazioni di origine bancaria) dell'indicazione del
nome del Presidente. Non citata nel comunicato, ma ben presente nel dibattito, c' anche la preoccupazione
per i dividendi che la Cdp che gi quest'anno potrebbero risultare molto pi magri del solito. (riproduzione
riservata)
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IMPRESA & TERRITORI 11 GIUGNO 2015Il Sole 24 Ore
Credito. Profumo (presidente Casl): C un cambiamento di segno e dobbiamo capire come
sfruttarlo
La ripresa passa dal contratto
Sileoni (Fabi): 27mila posti in meno dal 2009, serve commissione paritetica
Ripresa , ripresa sia. Anche, anzi soprattutto, per le banche che sul versante del lavoro hanno un quadro certo, dato
dal nuovo contratto firmato da Abi e dai sindacati il primo aprile. Alla tavola rotonda che ieri ha chiuso il forum Hr
di Abi, tutti gli interlocutori, dal presidente del Casl, Alessandro Profumo, al capo della segreteria tecnica del
ministero del Lavoro, Bruno Busacca, al segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, fino
allamministratore delegato di Poste italiane, Francesco Caio, si sono trovati allineati sui segnali chiari di ripresa,
per quanto non consolidati. E in questo clima positivo che aiuta, secondo Profumo, le banche sono agevolate dal
fatto di avere un contratto e una cornice certa in cui muoversi fino al 2018. Se non avessimo fatto il contratto non
riusciremmo a cogliere le opportunit che la ripresa ci d - spiega Profumo -. Oggi c un cambiamento di segno e
dobbiamo tutti capire come sfruttarlo.
I punti di vista sono per diversi e la distanza maggiore forse quella che si misura con la controparte sindacale
rappresentata da quasi tutti i segretari generali: tra gli altri cerano Agostino Megale (Fisac), Giulio Romani (First),
Massimo Masi (Uilca), Emilio Contrasto (Unisin). Le assemblee dei lavoratori stanno promuovendo con
percentuali bulgare il contratto: finiranno la prossima settimana e in media i s sono oltre il 96%. Sileoni, e il voto
delle assemblee lo certifica, riconosce che non si discute lutilit e lefficacia politica di avere un contratto. Senza,
la categoria sarebbe allo sbando. Ma nel settore c molto da lavorare per evitare che le perdite di posti di lavoro
del passato possano verficarsi anche in futuro. Secondo unindagine della Fabi dal 2009 a oggi sono stati quasi
27mila i posti di lavoro persi e le regioni pi ricche, quelle del nord, sono anche quelle ad aver pagato di pi. La
sola Lombardia ha perso 8mila posti, spiega. Due spettri inquietano oggi i sindacati. La tecnologia e le fusioni che
si prospettano per lautunno. Il titolo che lancia Sileoni esuberi zero, ma Profumo lo frena subito: Non
possiamo pensare che il processo di riorganizzazione sia a impatto zero.
Sileoni per rilancia e propone listituzione di una commissione paritetica Abi-sindacati sulle nuove tecnologie per
gestire linnovazione e mantenere posti di lavoro. Il compito sarebbe individuare percorsi di riqualificazione
professionale, per evitare che lo sviluppo dei canali online comporti una nuova ondata di esuberi. Profumo non si
sbilancia: Il cambiamento non si pu gestire in modo unilaterale a patto per che si voglia gestire il
cambiamento. Certamente nel credito sono sparite una serie di professionalit che Sileoni racconta in un lungo
elenco: la guardiania, il trasporto valori, i servizi di spedizione, il recupero crediti. Per Profumo per incaponirsi
sulle professionalit che sono finite o esternalizzate una strategia perdente. Semmai serve focalizzarsi sul vero
lavoro a valore aggiunto alla clientela in cui le banche possono differenziarsi ed essere differenti. Caio ne fa una
questione di sfida che deve essere anche cognitiva e dal suo osservatorio suggerisce di seguire tre direttrici.
Rafforzare il triangolo tra capitale, universit e impresa, avere una consapevolezza politica pi alta e infine farsene
una ragione: siamo abituati a un progresso lineare dei percorsi di vita, che prevede studio, lavoro, pensione. Non
pi cos, dice Caio. Sileoni per non ci sta e ribatte che serve una politica equilibrata perch non possiamo buttare
fuori a migliaia i meno giovani. Questa dirigenza sindacale del credito non lo permetter.
RIPRODUZIONE RISERVATA
Cristina Casadei
Pagina 1 di 1Il Sole 24 Ore
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COMMENTI E INCHIESTE 11 GIUGNO 2015Il Sole 24 Ore
LAMBIZIONE LUnione dei mercati dei capitali la chiave di volta dellintero programma di rilancio dellUnione nei prossimi cinque anni
Unione dei Mercati dei Capitali
Verso una vera integrazione
Umc presupposto per la crescita in presenza di sostenibilit finanziaria
Sono oltre 700 le risposte pervenute alla Commissione Europea che, allindomani della pubblicazione del Libro Verde sullUnione dei Mercati dei Capitali (Umc), ha lanciato una consultazione pubblica, scaduta il 13 maggio scorso per ascoltare le voci dei soggetti interessati. Lo ha comunicato luned il Commissario ai Servizi Finanziari, Jonathan Hill. Sono tanti gli attori del mercato europeo che si ritengono stakeholder della Commissione sulla Umc. Tra questi, diversi sono italiani. Una risposta, solo una, per, da parte dellindustria finanziaria italiana intesa nel suo complesso e nelle sue componenti associative. Un limite? Al contrario! Un segnale di coordinamento, volont e capacit di fare sistema da parte della nostra comunit finanziaria, che ha partecipato alla consultazione unendo le posizioni delle sue principali associazioni. Lo ha fatto sotto l'egida della Federazione Banche Assicurazioni e Finanza-FeBAF, chiamata ad intervenire nel dibattito europeo in rappresentanza anche delle sue aderenti. Abi, Ania, Assogestioni, Aifi, Assofiduciaria, Assoimmobiliare, Assoprevidenza e Assosim le otto associate alla FeBAF hanno infatti messo a fattor comune in questa consultazione ci che le unisce rispetto ad un tema centrale per tutte.LUnione dei Mercati dei Capitali infatti il pi ampio programma di riforma strutturale della Commissione e del Parlamento Europeo. Essa spinge in avanti i processi di integrazione economico-finanziari ed istituzionali, interagisce strettamente con i processi analoghi nel settore bancario (Unione Bancaria), nel Mercato Unico dei Servizi, nelle architetture istituzionali di regolamentazione e di supervisione dei mercati, nella governance economica delle politiche e degli interventi. Soprattutto, rappresenta un presupposto fondamentale, anche in rapporto alla crisi degli ultimi anni e alle sue conseguenze, per rilanciare investimenti, crescita e occupazione in condizioni di sostenibilit e di stabilit della finanza pubblica. L'ambizione grande, la Umc riguarda tutti i 28 Stati della Ue, si affianca e integra la Banking Union che interessa la Euro-area e si collega e sostiene gli obiettivi dello Juncker Plan sugli investimenti strategici. la chiave di volta quindi dell'intero programma di rilancio della crescita e di sviluppo dell'Unione nei prossimi 5 anni. L'approccio pragmatico. Il progetto indica alcune priorit concrete e immediate di riforma come il rilancio delle cartolarizzazioni, che sembrano finalmente sdoganate dopo la loro damnatio memoriae, lo sviluppo del Private Placement e le modalit di utilizzo degli Eltif (European Long-Term Investment Funds). E le indica, grazie alla consultazione, aprendosi agli stakeholder. Solo luci, allora? No, anche diverse ombre. Tra i punti da approfondire meglio, le modalit e I tempi con i quali si possa arrivare al 2019 data del kick off dell'Unione con un quadro di regole unico nei 28 Paesi. La sola armonizzazione intergovernativa non basta, n servirebbe un ennesimo livello regolatorio aggiuntivo calato dallalto. Riteniamo preferibile, sul modello del big bang Usa e inglese, una forma di armonizzazione prodotta dal mercato, sulla falsariga dei processi di deregolamentazione competitiva che hanno avuto luogo in molti Paesi negli anni ottanta. Su queste armonizzazioni dal basso chiediamo alla Commissione di formulare proposte. Se si fissasse una data, es. il 1 gennaio 2019, a partire dalla quale tutti i risparmiatori, investitori, imprese finanziarie e operatori potessero utilizzare i regimi disponibili a loro scelta, per le normative regolamentari, fiscali, fallimentari, etc., si darebbe luogo ad una transizione sostenuta dalla competizione dei diversi regimi, che spingerebbe ad una reale armonizzazione e semplificazione delle regole e dei meccanismi di sorveglianza. Da chiarire anche i rapporti con lUnione Bancaria e lo Juncker Plan: si tratta di processi paralleli e complementari, i cui effetti positivi possono essere sistematizzati
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ed amplificati grazie ad uno stretto coordinamento. Nel suo iter atteso per settembre laction plan della Commissione - andr anche approfondito il ruolo del settore pubblico per promuovere gli investimenti nella formazione professionale degli operatori e nell'educazione finanziaria anche del grande pubblico. Perplessit, infine, per il fatto che il Libro Verde non tiene in adeguata considerazione una serie di variabili che impattano sui mercati finanziari e sullo stesso Mercato Unico dei Capitali. Ci riferiamo al continuo inasprirsi dei vincoli di capitale e al moltiplicarsi ed accentuarsi dellonerosit delle regole sulle banche e sugli altri intermediari finanziari, cos come ad altre riforme in corso, come la Mifid2, la proposta di riforma strutturale del sistema bancario, la Financial Transaction Tax. Tutti progetti da valutare con attenzione e che se non calibrati rispetto alla Umc rischierebbero nel migliore dei casi di vanificarne gli effetti e nel peggiore di aggravare la situazione attuale delle imprese, a cominciare dalle Pmi che sono, nelle intenzioni del legislatore europeo, tra le dirette beneficiarie finali dei progetti di riforma. LEuropa pu tornare ad essere protagonista degli scenari economici globali nei primi decenni del terzo millennio, grazie alla declinazione di un unico progetto di integrazione. I bambini nati oggi a Roma, Berlino, Madrid, Londra, Parigi e Riga rileggeranno cos questi anni sui libri universitari del 2035? Anni legati cio da un unico filo rosso che ha cucito strategicamente riforme come Unione Bancaria, Autorit di Supervisione dei Mercati (Esa), Piano Juncker e Umc? O li studieranno invece come tentativi slegati, incoerenti e infruttuosi di uscire dalle secche di una recessione e di una crescita asfittica da parte di unEuropa incerta nei suoi equilibri e nei suoi programmi, angosciata dai suoi handicap strutturali e inconsapevole dei suoi tanti, e notevoli, punti di forza? Noi puntiamo alla prima delle due riletture. L'alternativa sarebbe esiziale. E collaboriamo con i policy maker convinti che lUnione dei Mercati dei Capitali possa rappresentare una grande occasione di rilancio dellEuropa. Da come essa si tradurr in pratiche e atti concreti dei mercati e noi faremo la nostra parte - dipender una buona percentuale dello sviluppo sostenibile europeo dei prossimi anni. Con significativi benefici per imprese, investitori, famiglie. Luigi Abete presidente FeBAF RIPRODUZIONE RISERVATALuigi Abete
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FINANZA & MERCATI 11 GIUGNO 2015Il Sole 24 Ore
CREDITO. ?AL CONSIGLIO DEI MINISTRI LE MISURE MESSE A PUNTO DA VIA XX
SETTEMBRE PER FAVORIRE LO SMALTIMENTO RAPIDO DEI CREDITI DETERIORATI
Banche, al governo il piano sulle sofferenzeROMA
Dovrebbero approdare gi questoggi in consiglio dei ministri le misure messe a punto
da via XX settembre per favorire lo smaltimento rapido dei crediti deteriorati. Per
contro sembra ancora in via di definizione il modello organizzativo pi adatto a
potenziare il sistema delle banche di credito cooperativo e dunque non certo che la
cornice legislativa per lautoriforma del sistema bcc arrivi oggi allesame del governo.
La strategia del ministro dellEconomia Pier Carlo Padoan prevede, in effetti, tre tipi
dintervento in campo bancario. I primi due riguardano il problema dei non
performing loans, giunti nel loro insieme a sfiorare il 18 per cento del totale (si tratta
di ben 350 miliardi dei quali pi di 190 sono sofferenze vere e proprie).
In particolare un provvedimento studiato insieme al ministero della Giustizia dovrebbe
puntare ad accelerare i tempi di recupero dei crediti attraverso modifiche delle
procedure di insolvenza in modo da accorciare di almeno due anni la riscossione dei
crediti problematici (in Italia attualmente lescussione di una garanzia immobiliare
dura 7 anni e tre mesi). Anche il Fondo monetario internazionale nelle sue recenti
raccomandazioni al governo italiano aveva sostenuto lesigenza di migliorare e
razionalizzare le procedure dinsolvenza. Il secondo intervento, per il quale il
ministero dellEconomia ha chiesto anche il via libera della Commissione Ue, riguarda
invece il regime fiscale degli accantonamenti a fronte di perdite su crediti, che per le
banche italiane oggi sono deducibili solo nell'arco di cinque anni e fino al 2013 erano
deducibili nell'arco di ben 18 anni. Una vera e propria anomalia nel consteto euroepo
che ha generato un volume altrettanto anomalo di imposte differite attive (le
cosiddette Dta)tale da attirare qualche mese lattenzione della Commissione Ue, che
aveva sospettato si trattasse di aiuti di stato. Il Tesoro ha dapprima chiarito a Bruxelles
che non c nessun aiuto di stato e poi ha messo in cantiere una modifica che dovrebbe
permettere di livellare il campo da gioco con gli altri partners europei. Almeno, in una
certa misura: il provvedimento allo studio prevede infatti che si passi alla deducibilit
entro l'anno solo per le nuove sofferenze mentre per lo stock di crediti deteriorati,
accumulato in anni precedenti, il passaggio ad una maggiore deducibilit previsto da
via XX settembre sarebbe molto graduale , per non avere una perdita di gettito fiscale
eccessiva.
Il terzo provvedimento nella pipeline del governo la cornice normativa adatta a
favorire il processo di autoriforma delle banche di credito cooperative : si tratta di 376
banche per le quali nel dibattito in corso all'interno del sistema non ancora del tutto
definita la scelta organizzativa pi adatta per il rafforzamento( una sola holding
capofila o pi holding); tant che ieri,ad esempio, Cassa Padana ha annunciato
luscita dalla Federazione lombarda dellle bcc perch in disaccordo con il progetto di
costruire un gruppo unico con al vertice una spa. Non detto quindi che lintervento
legislativo venga discusso nel cdm di oggi.
RIPRODUZIONE RISERVATA
Rossella Bocciarelli
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Banche, quasi 27mila posti persi dal 2009
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Numero 114, pag. 2 del 12/06/2015
PRIMO PIANO
Il ritorno allo statuto unico modo per superare lo stallogoverno-fondazioni
di Angelo De Mattia