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Se vuoi collaborare, spedisci un tuo pezzo (un articolo, un saggio, una recensione, un racconto, qualche poesia) a [email protected]. Allega due righe su di te, così sappiamo da chi dobbiamo guardarci. Se vuoi essere pubblicato sul pdf, cerca di non superare di troppo la cartella editoriale standard (1800 battute: siamo proprio vecchio stile). Per il web facciamo 8000 circa, e morta lì. Scrivi a [email protected] per qualsiasi informazione. Il presente opuscolo è diffuso sotto la disciplina della licenza CREATIVE COMMONS Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia. La licenza integrale è disponibile a questo url: http://tinyurl.com/8g7sw5. matteo scandolin:editoriale Rubo lo spazio che è di Ale per dirvi che questo mese (18 numeri dopo il mio ultimo editoriale) pubblichiamo un esperimento di Marco Montanaro: 169 racconti, 3mila battute al massimo, pubblicati su malesangue.tumblr.com. Qui trovate il 126esimo, gli altri online un po’ alla volta. Alessandro Milanese porta su inutile una mia vecchia fantascientifica passione, neanche a farlo apposta. Il nostro inviato Oltremanica mischia la tradizione britannica del 5 novembre colla novità statunitense del 5 novembre. Ai ragazzi di Polaroid abbiamo concesso un altro mese di libertà. Arturo ci porta nel suo universo demistificante, e Terry Boligol nel suo inconscio esteterme(neu) tico. Lilli Gärtner ci dà un’illustrazione che mi fa esclamare “vaccamignotta!”, perch’è bella vera. 18 numeri fa non c’era, Lilli Gärtner. 18 mesi fa era tutta un’altra cosa, e che bello poterlo dire, esserci ancora, vaccamignotta. INUTILE opuscolo letterario novembre 2009, numero 27 supplemento al #1270 di PressItalia.net, registrazione presso il Tribunale di Perugia #33 del 5 maggio 2006. pubblicazione mensile a cura di INUTILE » ASSOCIAZIONE CULTURALE. la redazione viviana capurso {ufficio stampa} arturo fabra ferdinando guadalupi marco montanaro {ufficio stampa} gabriele naia virginia paparozzi daniele pirozzi alessandro romeo {responsabile editoriale} matteo scandolin {grafica e impaginazione} hanno collaborato terry boligol, michele filippo fontefrancesco, alessandro milanese poster lilli gärtner per abbonamenti www.rivistainutile.it/shop/shop.html wild wild web rivistainutile.it, myspace.com/rivistainutile, il nostro facebook, associazioneinutile.org, polaroid: un blog alla radio, Lilli Gärtner michele filippo fontefrancesco:5 novembre Mercoledì 5 novembre: cielo grigio, pioggia ad intervalli e previsioni del tempo che offrono un quadro altrettanto grigio per il resto della settimana. A questo quadretto idilliaco si aggiungeva il dover affrontare urgentemente la pila infinita di libri più o meno astrusi che campeggiava in fondo alla strada. Mi si prospettava una giornatina allegra e spensierata. Così appariva all’inizio del giorno, così fu dopo ore ed ore passate, con la fatica di un arrampicatore tra pareti, corde, chiodi e bestemmie, affrontando articoli che probabilmente dovevano esser letti alla rovescia per aver una parvenza di senso logico. A farmi compagnia una vocina che a più riprese tentò di domandarsi chi me l’avesse fatto fare e che prontamente era zittita da brontolio stizzito: «Te stesso». Alle quattro era fondamentalmente già buio ed uscendo di casa per andare in banca intercettai un dialogo tra due vicini. «Bella giornata!», «Si, non fa affatto freddo». Quando si dice che basta poco per esser allegri. Dopo un po’, tornato a casa sapendo che non era il modulo R85 che dovevo portare, ma l’I105, ripresi il libro e cercai di continuare il lavoro. Il tempo fuori raccontava perfettamente l’umore: umido, nuvolo e scarnebbia. Meraviglia delle meraviglie! Accesi il potente bolide, alias il computer, e scopro un’email. Oggetto: “Stasera fuochi artificiali al distretto di polizia”. Subitaneo pensiero: «Assalto al fortino? Figo!» Continuava il testo: fuochi d’artificio e falò per la “Bonfire Night”. «Niente assalto... uffa!» Accettai l’invito e alle 7.00 eccomi in strada a chiacchierare e a farmi raccontare un po' della storia di questa festa commemorativa della fallita “Congiura delle Polveri” durante la quale Guy Fawkes tentò di far saltare in aria il parlamento inglese nel 1605. Arrivammo al parco e davanti a noi qualche migliaio di persone davanti ad una pira alta 9 metri e a 45 minuti di fuochi d’artificio. Uno spettacolo per grandi e piccini, tutti a testa in aria a guardare i giochi luminosi. Tra me pensavo: tutto questo per il tentativo di un cattolico di metter in scena una performance post-moderna in pieno Seicento! Dopo i botti, tutti in coda a cercare d’uscire. Da bravo italiano guardavo attonito e incuriosito le persone tutte in fila ordinate e solo in pochi a tentar di scorciar per alberi, dossi e prati: uno di quei momenti in cui ti rendi conto di esser ben lontano da casa. Racconto questo agli amici e un signore in coda davanti a me commenta gigione: «Si fa coda per socializzare. E poi, sai noi stiamo in coda anche in macchina perché quando uno accelera, sorpassa e si schianta è un divertimento. Anche quando uno corre via e si accendono da dietro le luci blu è un divertimento. Ed è soprattutto un divertimento allo stadio perché sappiamo che la coda è la parte migliore del pomeriggio, poiché una volta entrati dentro c’è sempre tanto disappunto.» Saggezza. Tra scherzi e battute, mezz’ora di coda passò. A casa quattro parole di commento all'elezione di Obama, un piatto di lenticchie e poi a nanna. Ma sì non è stata una così terribile giornata. inut ile OPUSCOL OLETTERA RIO numero novembre 2009 marco montanaro:126 nell’appartamento il riscaldamento è al massimo. sul tavolino ci sono una penna a sfera e un domino impolverato. il grassone sulla poltrona gronda sudore e guarda il padrone di casa, seduto sul divano, intabardato in un lungo cappotto sportivo grigio. allora, dice il grassone, andiamo a fare un giro? silenzio. l’uomo nel cappotto tira fuori il naso da sotto il bavero. poi porta le mani, coperte da guanti in pelle, sul grembo. no, dice, ti ho fatto venire apposta. quant’è che sei sparito dalla circolazione?, chiede il grassone asciugandosi il sudore sull'ampia fronte bianchiccia. un paio di mesi, giusto? vuoi dirmi cosa ti è saltato in mente? cos’è, ti ha preso qualche strano tipo di influenza? nemmeno a messa ti fai vedere. silenzio. l’uomo nel cappotto torna a nascondere il mento sotto il bavero, trema, socchiude gli occhi. quando l’uomo si raddrizza di scatto, il grassone spalanca la bocca. osserva il padrone di casa mettersi dritto nel centro del divano e tentare nervosamente di sfilarsi i guanti. è come se li avesse incollati alle mani. riesce a sfilarne uno. lo getta sul tavolino accanto al domino. mostra il palmo di una mano al grassone. guarda, dice senza sollevare gli occhi, inizialmente sembravano come dei punti interrogativi, poi... ecco. le mani sono entrambe libere, c’è del sangue asciugato sopra, ma sono ben visibili i segni di due svastiche incise nella carne. mi sono spuntate dal nulla, è cominciato in agosto, dice l’uomo nel cappotto. di che diavolo si tratta? il grassone suda freddo, adesso, si allarga il colletto con la fascetta bianca. uhm, dice, è un bel casino. non posso uscire in queste condizioni, dice l’uomo con le stimmate. nel silenzio, i due uomini si guardano con sospetto. tu... balbetta poi il grassone, tu sei l’ebbrezza della nostra razza, amico. alessandro milanese:-10° L’ultima volta che abbiamo avuto qualcosa da dirci era la sera del tipo col soprabito. Si, giusto quella sera. Ti ricordi? Entrati al bar, hai fatto finta di scrollarti, come quel cane enorme di quei film per bambini. Mi hai afferrato per un braccio, dicendomi una cosa tipo: «Pensavo di morire, ci saranno 10 gradi sottozero». No, non sei morta. Non siamo morti, semplicemente ci siam accomodati al Bar Moderno, col suo arredamento minimale e il suo contorno di palloni gonfiati palestrati (amici miei) e aspiranti fidanzate di calciatori (amiche tue). Noi, seduti, uno di fronte all’altro, immersi fino alle ginocchia nelle sabbie mobili del nostro silenzio. Poi? Poi lo spiffero ci ha colpito in piena faccia, e con lo spiffero è entrato quello che sarebbe diventato il salvatore della serata. Il suo soprabito beige, chiazzato di vetuste medaglie scure, e i suoi capelli, spartanamente tutti da una parte, come se ci fosse un comando dall'alto, dal supremo in persona. Gli occhi nocciola, affogati nel liquido, su noi due, su gli altri tavoli, sul mondo intero. Ha chiesto una grappa bianca, ma non Nardini ha specificato. Si è arrampicato sullo sgabello, poi girandosi, per non darci le spalle, ha cominciato il suo show. Ci ha studiati, in maniera teatrale, fissandoci per pochi secondi, poi senza distogliere lo sguardo è partito: «Ragazzi, voi che siete giovani dovete prepararvi al meglio quando i poli si invertiranno, il giorno che diventeremo tutti cenere, uno ad uno.» Lentamente la mia mano sui coglioni e lui, indomito, che finita la grappa in una sola golata si prepara ad ingurgitare un bicchiere di dozzinale rosso da tavola. Tu che ridi, come tuo solito, non capendo che non c’è nulla da ridere. Mi dai calci negli stinchi nei passaggi più pittoreschi, ti esalti addirittura, quando l’uomo col soprabito prende due bicchieri, la saliera, ed altri oggetti sul bancone e li ordina, accuratamente, per altezza. Dal più basso al più alto. E al nostro sguardo interrogativo, riparte: «Quando sarà la fine di tutto, sul nostro pianeta arriveranno i Vulcaniani, e bisogna fare in modo che trovino tutto in ordine, perché per loro l’ordine è l’unica religione.» Il barista, continuando a lavare tazzine di caffè, lo chiama per nome, dimostrando come lo spettacolo si ripeta spesso nel locale. Gli dice di smetterla. Usa: «Falla finita di rompere i coglioni». L’uomo col soprabito, lo indica, non parla. Immagino la sua collera, il suo odio, il disprezzo. La sua idea di punizione, magari ordinando ai Vulcaniani, con le loro orecchie a punta, di bruciarlo vivo all'interno del suo stupido bar in pieno centro. Scende dallo sgabello, veloce, deciso. Butta una manciata di monete sul bancone, facendone cadere alcune dentro al lavandino colmo di bicchieri. Esce, sbattendo la porta. Dopo. Fuori, io e te, al gelo. Salti all’impazzata, banfando nuvole di vapore dalla bocca. Ridi a crepapelle, tirandoti le orecchie, allungandole, nel ridicolo tentativo di imitare Spock. Con le lacrime agli occhi, mi abbracci, baciandomi, e dici: «Wow, dobbiamo combattere i Vulcaniani.» E poi, continui a fendere colpi nel freddo. 27 terry boligol:tu Se le stelle hanno un viso ha il tuo sorriso. Se il mare ha un odore è il tuo amore. Se la terra piange una tua falange, posandosi su essa, la rende indefessa. Il mio amore per te sta dentro un bidè; quel pelo là è la tua unicità. Nati che sanno già amare, morti che sanno curare ferite di ortiche a mare. Mondo cane. arturo fabra:parole inutili Bestseller. Sappiamo com’è un libro del genere: rilegato, ponderoso, sparso in centinaia di copie nella libreria supermercato, recensito ovunque, accompagnato da una bombardante campagna mediatica, con i diritti cinematografici già venduti. Tutti lo leggono, se ne innamorano, pretendono che i protagonisti non finiscano la loro naturale funzione letteraria in un solo volume, discutono su chi li interpreterà al cinema. Finché qualcuno non si permette di dissentire dal coro di approvazione, non sbattendo la propria opinione nelle arene mediatiche ma semplicemente parlandone con persone che vede leggere quel libro. E, guarda un po’, alla fine viene fuori che “sì, effettivamente non è poi questa gran cosa” che “sembra scritto un tanto a parola” “si poteva ridurre tutto in un solo libro invece che in tre”. E allora? Vogliamo forse fargliene una colpa allo scrittore? Io no. Se ti riesce di imbroccare la strada giusta, la storia intrigante, lo stile che cattura, perché non dovresti poi sfruttare tutto questo per pagarti i mutui? È lavoro anche questo (per davvero): mettersi a scrivere tutti i santi giorni per alcune settimane e poi rivedere, editare, superare la crisi da foglio bianco, oltrepassare la palude della mancanza di idee, stare nei tempi del contratto insomma trasformare in denaro parole altrimenti... inutili. POLAROID torna nel numero di dicembre, non cagatevi sotto

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Milanese, Fontefrancesco, Montanaro, Boligol, Fabra. Disegno di Lilli Gartner

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Page 1: #27

Se vuoi collaborare, spedisci un tuo pezzo (un articolo, un saggio, una recensione, un racconto, qualche poesia) a [email protected]. Allega due righe su di te, così sappiamo da chi dobbiamo guardarci.Se vuoi essere pubblicato sul pdf, cerca di non superare di troppo la cartella editoriale standard (1800 battute: siamo proprio vecchio stile). Per il web facciamo 8000 circa, e morta lì.Scrivi a [email protected] per qualsiasi informazione.

Il presente opuscolo è diffuso sotto la disciplina d e l l a l i c e n z a C R E AT I V E C O M M O N S Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia. La licenza integrale è disponibile a questo url:http://tinyurl.com/8g7sw5.

matteo scandolin:editorialeRubo lo spazio che è di Ale per dirvi che questo mese (18 numeri dopo il mio ultimo editoriale) pubblichiamo un esperimento di Marco Montanaro: 169 racconti, 3mila battute al massimo, pubblicati su malesangue.tumblr.com. Qui trovate il 126esimo, gli altri online un po’ alla volta. Alessandro Milanese porta su inutile una mia vecchia fantascientifica passione, neanche a farlo apposta. Il nostro inviato Oltremanica mischia la tradizione britannica del 5 novembre colla novità statunitense del 5 novembre. Ai ragazzi di Polaroid abbiamo concesso un altro mese di libertà. Arturo ci porta nel suo universo demistificante, e Terry Boligol nel suo inconscio esteterme(neu)tico. Lilli Gärtner ci dà un’illustrazione che mi fa esclamare “vaccamignotta!”, perch’è bella vera. 18 numeri fa non c’era, Lilli Gärtner. 18 mesi fa era tutta un’altra cosa, e che bello poterlo dire, esserci ancora, vaccamignotta.

INUTILE opuscolo letterarionovembre 2009, numero 27supplemento al #1270 di PressItalia.net, registrazione presso il Tribunale di Perugia #33 del 5 maggio 2006.pubblicazione mensile a cura di INUTILE » ASSOCIAZIONE CULTURALE.

la redazioneviviana capurso {ufficio stampa}arturo fabraferdinando guadalupimarco montanaro {ufficio stampa}gabriele naiavirginia paparozzidaniele pirozzialessandro romeo {responsabile editoriale}matteo scandolin {grafica e impaginazione}

hanno collaboratoterry boligol, michele filippo fontefrancesco, alessandro milanese

posterlilli gärtner

per abbonamentiwww.rivistainutile.it/shop/shop.html

wild wild webrivistainutile.it, myspace.com/rivistainutile, il nostro facebook, associazioneinutile.org, polaroid: un blog alla radio, Lilli Gärtner

michele filippo fontefrancesco:5 novembreMercoledì 5 novembre: cielo grigio, pioggia ad intervalli e previsioni del tempo che offrono un quadro altrettanto grigio per il resto della settimana. A questo quadretto idilliaco si aggiungeva il dover affrontare urgentemente la pila infinita di libri più o meno astrusi che campeggiava in fondo alla strada. Mi si prospettava una giornatina allegra e spensierata. Così appariva all’inizio del giorno, così fu dopo ore ed ore passate, con la fatica di un arrampicatore tra pareti, corde, chiodi e bestemmie, affrontando articoli che probabilmente dovevano esser letti alla rovescia per aver una parvenza di senso logico. A farmi compagnia una vocina che a più riprese tentò di domandarsi chi me l’avesse fatto fare e che prontamente era zittita da brontolio stizzito: «Te stesso».Alle quattro era fondamentalmente già buio ed uscendo di casa per andare in banca intercettai un dialogo tra due vicini. «Bella giornata!», «Si, non fa affatto freddo». Quando si dice che basta poco per esser allegri.Dopo un po’, tornato a casa sapendo che non era il modulo R85 che dovevo portare, ma l’I105, ripresi il libro e cercai di continuare il lavoro. Il tempo fuori raccontava perfettamente l’umore: umido, nuvolo e scarnebbia. Meraviglia delle meraviglie!Accesi il potente bolide, alias il computer, e scopro un’email. Oggetto: “Stasera fuochi artificiali al distretto di polizia”. Subitaneo pensiero: «Assalto al fortino? Figo!» Continuava il testo: fuochi d’artificio e falò per la “Bonfire Night”. «Niente assalto... uffa!»

Accettai l’invito e alle 7.00 eccomi in strada a chiacchierare e a farmi raccontare un po' della storia di questa festa commemorativa della fallita “Congiura delle Polveri” durante la quale Guy Fawkes tentò di far saltare in aria il parlamento inglese nel 1605.Arrivammo al parco e davanti a noi qualche migliaio di persone davanti ad una pira alta 9 metri e a 45 minuti di fuochi d’artificio. Uno spettacolo per grandi e piccini, tutti a testa in aria a guardare i giochi luminosi. Tra me pensavo: tutto questo per il tentativo di un cattolico di metter in scena una performance post-moderna in pieno Seicento!Dopo i botti, tutti in coda a cercare d’uscire. Da bravo italiano guardavo attonito e incuriosito le persone tutte in fila ordinate e solo in pochi a tentar di scorciar per alberi, dossi e prati: uno di quei momenti in cui ti rendi conto di esser ben lontano da casa.Racconto questo agli amici e un signore in coda davanti a me commenta gigione: «Si fa coda per socializzare. E poi, sai noi stiamo in coda anche in macchina perché quando uno accelera, sorpassa e si schianta è un divertimento. Anche quando uno corre via e si accendono da dietro le luci blu è un divertimento. Ed è soprattutto un divertimento allo stadio perché sappiamo che la coda è la parte migliore del pomeriggio, poiché una volta entrati dentro c’è sempre tanto disappunto.» Saggezza.Tra scherzi e battute, mezz’ora di coda passò. A casa quattro parole di commento all'elezione di Obama, un piatto di lenticchie e poi a nanna. Ma sì non è stata una così terribile giornata.

inutileOPUSCOL

OLETTERARIO numero

novembre 2009

marco montanaro:126nell’appartamento il riscaldamento è al massimo. sul tavolino ci sono una penna a sfera e un domino impolverato. il grassone sulla poltrona gronda sudore e guarda il padrone di casa, seduto sul divano, intabardato in un lungo cappotto sportivo grigio. allora, dice il grassone, andiamo a fare un giro? silenzio. l’uomo nel cappotto tira fuori il naso da sotto il bavero. poi porta le mani, coperte da guanti in pelle, sul grembo. no, dice, ti ho fatto venire apposta.quant’è che sei sparito dalla circolazione?, chiede il grassone asciugandosi il sudore sull'ampia fronte bianchiccia. un paio di mesi, giusto? vuoi dirmi cosa ti è saltato in mente? cos’è, ti ha preso qualche strano tipo di influenza? nemmeno a messa ti fai vedere. silenzio. l’uomo nel cappotto torna a nascondere il mento sotto il bavero, trema, socchiude gli occhi.quando l’uomo si raddrizza di scatto, il grassone spalanca la bocca. osserva il padrone di casa mettersi dritto nel centro del divano e tentare nervosamente di sfilarsi i guanti. è come se li avesse incollati alle mani. riesce a sfilarne uno. lo getta sul tavolino accanto al domino. mostra il palmo di una mano al grassone. guarda, dice senza sollevare gli occhi, inizialmente sembravano come dei punti interrogativi, poi... ecco. le mani sono entrambe libere, c’è del sangue asciugato sopra, ma sono ben visibili i segni di due svastiche incise nella carne.mi sono spuntate dal nulla, è cominciato in agosto, dice l’uomo nel cappotto. di che diavolo si tratta? il grassone suda freddo, adesso, si allarga il colletto con la fascetta bianca. uhm, dice, è un bel casino. non posso uscire in queste condizioni, dice l’uomo con le stimmate. nel silenzio, i due uomini si guardano con sospetto. tu... balbetta poi il grassone, tu sei l’ebbrezza della nostra razza, amico.

alessandro milanese:-10°L’ultima volta che abbiamo avuto qualcosa da dirci era la sera del tipo col soprabito.Si, giusto quella sera. Ti ricordi?Entrati al bar, hai fatto finta di scrollarti, come quel cane enorme di quei film per bambini.Mi hai afferrato per un braccio, dicendomi una cosa tipo: «Pensavo di morire, ci saranno 10 gradi sottozero».No, non sei morta.Non siamo morti, semplicemente ci siam accomodati al Bar Moderno, col suo arredamento minimale e il suo contorno di palloni gonfiati palestrati (amici miei) e aspiranti fidanzate di calciatori (amiche tue). Noi, seduti, uno di fronte all’altro, immersi fino alle ginocchia nelle sabbie mobili del nostro silenzio.Poi?Poi lo spiffero ci ha colpito in piena faccia, e con lo spiffero è entrato quello che sarebbe diventato il salvatore della serata.Il suo soprabito beige, chiazzato di vetuste medag l i e scu re , e i suo i cape l l i , spartanamente tutti da una parte, come se ci fosse un comando dall'alto, dal supremo

in persona. Gli occhi nocciola, affogati nel liquido, su noi due, su gli altri tavoli, sul mondo intero. Ha chiesto una grappa bianca, ma non Nardini ha specificato. Si è arrampicato sullo sgabello, poi girandosi, per non darci le spalle, ha cominciato il suo show. Ci ha studiati, in maniera teatrale, fissandoci per pochi secondi, poi senza distogliere lo sguardo è partito: «Ragazzi, voi che siete giovani dovete prepararvi al meglio quando i poli si invertiranno, il giorno che diventeremo tutti cenere, uno ad uno.»Lentamente la mia mano sui coglioni e lui, indomito, che finita la grappa in una sola golata si prepara ad ingurgitare un bicchiere di dozzinale rosso da tavola.Tu che ridi, come tuo solito, non capendo che non c’è nulla da ridere. Mi dai calci negli stinchi nei passaggi più pittoreschi, ti esalti addirittura, quando l’uomo col soprabito prende due bicchieri, la saliera, ed altri o g g e t t i s u l b a n c o n e e l i o rd i n a , accuratamente, per altezza. Dal più basso al più alto.E al nostro sguardo interrogativo, riparte: «Quando sarà la fine di tutto, sul nostro pianeta arriveranno i Vulcaniani, e bisogna

fare in modo che trovino tutto in ordine, perché per loro l’ordine è l’unica religione.»Il barista, continuando a lavare tazzine di caffè, lo chiama per nome, dimostrando come lo spettacolo si ripeta spesso nel locale. Gli dice di smetterla. Usa: «Falla finita di rompere i coglioni».L’uomo col soprabito, lo indica, non parla.Immagino la sua collera, il suo odio, il disprezzo. La sua idea di punizione, magari ordinando ai Vulcaniani, con le loro orecchie a punta, di bruciarlo vivo all'interno del suo stupido bar in pieno centro.Scende dallo sgabello, veloce, deciso. Butta una manciata di monete sul bancone, facendone cadere alcune dentro al lavandino colmo di bicchieri. Esce, sbattendo la porta.Dopo.Fuori, io e te, al gelo.Salti all’impazzata, banfando nuvole di vapore dalla bocca. Ridi a crepapelle, tirandoti le orecchie, allungandole, nel ridicolo tentativo di imitare Spock.Con le lacrime agli occhi, mi abbracci, baciandomi, e dici: «Wow, dobbiamo combattere i Vulcaniani.»E poi, continui a fendere colpi nel freddo.

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terry boligol:tuSe le stelle hanno un visoha il tuo sorriso.

Se il mare ha un odoreè il tuo amore.

Se la terra piangeuna tua falange,posandosi su essa,la rende indefessa.

Il mio amore per testa dentro un bidè;quel pelo làè la tua unicità.

Nati che sanno già amare,morti che sanno curareferite di ortiche a mare.

Mondo cane.

arturo fabra:parole inutiliBestseller.Sappiamo com’è un libro del genere: rilegato, ponderoso, sparso in centinaia di copie nella libreria supermercato, recensito o v u n q u e , a c c o m p a g n a t o d a u n a bombardante campagna mediatica, con i diritti cinematografici già venduti.Tutti lo leggono, se ne innamorano, pretendono che i protagonisti non finiscano la loro naturale funzione letteraria in un solo volume, discutono su chi li interpreterà al cinema.Finché qualcuno non si permette di dissentire dal coro di approvazione, non sbattendo la propria opinione nelle arene mediatiche ma semplicemente parlandone con persone che vede leggere quel libro.E, guarda un po’, alla fine viene fuori che “sì, effettivamente non è poi questa gran cosa” che “sembra scritto un tanto a parola” “si poteva ridurre tutto in un solo libro invece che in tre”.E allora? Vogliamo forse fargliene una colpa allo scrittore? Io no.Se ti riesce di imbroccare la strada giusta, la storia intrigante, lo stile che cattura, perché non dovresti poi sfruttare tutto questo per pagarti i mutui?È lavoro anche questo (per davvero): mettersi a scrivere tutti i santi giorni per alcune settimane e poi rivedere, editare, superare la cr is i da fogl io b ianco, oltrepassare la palude della mancanza di idee, stare nei tempi del contratto insomma trasformare in denaro parole altrimenti... inutili.

POLAROID t o r n a n e l n u m e r o d i dicembre, non cagatevi sotto

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