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Se vuoi collaborare, spedisci un tuo pezzo (un articolo, un saggio, una recensione, un racconto, qualche poesia) a [email protected]. Allega due righe su di te, così sappiamo da chi dobbiamo guardarci. Se vuoi essere pubblicato sul pdf, cerca di non superare di troppo la cartella editoriale standard (1800 battute: siamo proprio vecchio stile). Per il web facciamo 8000 circa, e morta lì. Scrivi a [email protected] per qualsiasi informazione. Il presente opuscolo è diffuso sotto la disciplina della licenza CREATIVE COMMONS Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia. La licenza integrale è disponibile a questo url: http://tinyurl.com/8g7sw5. ispettore coliandro:editoriale Occhio bambina perché questo non è un editoriale qualsiasi. Stamattina la Longhi mi ha fatto un’altra delle sue tirate e mi ha detto che si vede che non ho mai aperto un libro in vita mia. Quanto è stronza... Adesso scrivo ‘sto pezzo qui, per questi quattro froci e vediamo domani che faccia fa. Non solo non leggo, mia cara Longhi, ma scrivo pure. Minchia. Ora, bambina, ascoltami bene. Io non ci capisco un cazzo di riviste. Vedo che c’è robba lunga e robba corta. C’è una tizia con un nome strano (poi vedi se non mi faccio mostrare il permesso di soggiorno...), uno che c’ha quattordici nomi (FrancescoFonteMichele, Filippo- FonteFilippo, ma checcazzo...), uno con un nome americano che ha scritto una cosa cortissima, due righe, magari lo pagano pure ‘sto stronzo, poi c’è ‘na robba che c’entra con le polaroid (ma non ci stanno foto), e questo che scrive delle cose riguardo un libro e io mi chiedo ma che cazzo c’è da scrivere su un libro se c’è il libro. Boh. ‘Sti froci laureati io non li capisco (laureati poi... tre anni). So solo che non voglio marcire in un magazzino a contare gli yogurt assieme a Gargiulo e se non mi infiocchetto un po’ la Longhi mi scordo di ritornare in serie A. Ehi, ma che è? È pure dùblefas sta roba... dietro c’è un disegno di un certa Christina Gransow, sentirò se Borro mi sa dire qualcosa. Nell’attesa una cosa ve la dico io: “se fosse un giorno qualunque vi prenderei a schiaffi... E sapete che giorno è oggi? Un giorno qualunque”. Mel Gibson. Arma letale 3. Minchia. INUTILE opuscolo letterario dicembre 2009, numero 28 supplemento al #1300 di PressItalia.net, registrazione presso il Tribunale di Perugia #33 del 5 maggio 2006. pubblicazione mensile a cura di INUTILE » ASSOCIAZIONE CULTURALE. la redazione viviana capurso {ufficio stampa} arturo fabra ferdinando guadalupi marco montanaro {ufficio stampa} gabriele naia virginia paparozzi daniele pirozzi alessandro romeo {responsabile editoriale} matteo scandolin {grafica e impaginazione} wild wild web rivistainutile.it, myspace.com/rivistainutile, il nostro facebook, associazioneinutile.org, polaroid: un blog alla radio, christina gransow michele filippo fontefrancesco:giancarlo La mia vita è fatta di piccole cose. Soprattutto al mattino, quando la giornata non è ancora iniziata e i mille impegni e pensieri non m’hanno ancora rapito. Sono piccoli gesti con cui addomestico i minuti del risveglio: il guardare il colore del cielo per capire che ore siano; rimettere l’abat-jour al suo posto sul comodino, farmi una doccia bollente, prepararmi il caffè e tostarmi quattro fette di pane, mangiarmi una mela, accendere il computer, guardare chi mi ha scritto, preparare lo zaino ed uscire. Piccole cose che nel loro continuo ritorno, mi rassicurano, mi svuotano da mattutine agitazioni e mi conducono nel mondo. Le mattine si aprono tutte così, un po’ tutte uguali. Oggi, però, no. Il ciclo si è interrotto, leggendo una email, scoprendo che un dialogo si è rotto e che un pezzo di quello che ho lasciato a casa alla partenza non lo troverò più al mio ritorno. Dopo quella email il giorno è trascorso tra tanti pensieri e l’imbarazzo di esser qui, quando forse dovrei esser là. La pioggia non ha smesso di cadere. È da ieri notte che il ticchettio continua, quasi rincuorante nella sua ostinata perseveranza. È buio. La giornata sta volgendo al termine. inut ile OPUSCOL OLETTERA RIO numero dicembre 2009 re:playlist/a cura di Enzo e la Fagotta POTETE ASCOLTARE LE VOCI IN DIRETTA DI ENZO E LA FAGOTTA SU Polaroid - un blog alla radio: IL MERCOLEDÌ SERA, DALLE 21 ALLE 22.30, SU CITTÀ DEL CAPO RADIO METROPOLITANA (WWW.RCDC.IT). SCARICATE E ASCOLTATE QUESTA PLAYLIST DA WWW.POLAROID.BLOGSPOT.COM. Tap Tap, Half Moon Street Non abbiamo niente in comune tranne questa notte, questa luna a metà e quello che succederà dopo questa corsa in taxi. Lascia perdere tutti i tuoi discorsi, non farmi sentire stupido, so farlo benissimo da solo. The Leisure Society, Save It for Someone Who Cares “We get by swilling with the taste of the now and then”. Ha quasi del miracoloso come certe canzoni, ancora oggi, riescano a farti sentire come se fossero da sempre state con te. Afternoon Naps, The Day We Started E mi chiedi anche se mi ricordo come è cominciata. “It was a glorious day”: sì, glorioso e memorabile come tutte le generazioni di melodie tweepop racchiuse dentro questo ritornello. Pants Yell!, Someone Loves You Tutto sembra ordinario e ragionevole nelle canzone dei Pants Yell!, ma niente va come dovrebbe andare, e rimane solo una tristezza così sconfinata e così educata che non si sa più cosa dire: "I’ll be ok, If you miss me, I’ll promise I’ll miss you.” Clare And The Reasons, Ooh You Hurt Me So Ooh, mi fai così male. Ooh, sì, tanto male. Ooh, sì, ancora così. Mmh, quanto mi fai male. Senti i campanelli. Fanno un po’ Natale. È quasi Natale, non dovresti farmi male. Ooh, mi fai così male. Mmh… ilaria vajngerl:mare A Marco M. Ci sono quattro bambini sulla spiaggia. Uno urla all'altro, vai a prendere la palla! E corre verso il mare. Il più piccolo porta solo il pannolone, non sa con chi stare. Del mare non si fida, bagna un piedino e scappa indietro. Arriva fino al mio sdraio poi si volta per esser sicuro che un'onda non l'abbia inseguito. Le onde vanno vengono, come se il mare si preparasse a spiccare un salto e inghiottire tutta la sabbia. Il piccolo mi guarda, io lo vedo, fingo di leggere il giornale. L'aria sa di settembre anche se è ancora agosto e ci rimangono ancora altri sei giorni di ferie. La bambina col costume rosa si butta in acqua, è l'unica a saper nuotare. Ha la frangia appiccicata alla fronte dall'acqua salata, presto si immerge e rispunta con le mani piene di alghe e qualche conchiglia bianca. Gli altri giocano con la palla sul bagnasciuga. Tutti e due fanno la Juve. Il più gracile è Del Piero, l'altro vuole essere Kaká, anche se non è della Juve non mi interessa, io sono Kaká e sono della Juve! Il piccolo gattona verso i due. Si siede e tende le manine verso Del Piero, suo fratello. Quando è nato Pietro faceva freddo e non avevo ancora un lavoro fisso. Quando è nato il piccolo, abbiamo potuto comprare l'appartamento in cui prima stavamo in affitto, abbiamo tinto lo studio di giallo e ci abbiamo messo la culla. Sulla porta abbiamo appeso la targhetta azzurra con i disegni fatti da mia zia Assunta. I libri li abbiamo spostati in salotto, nella libreria sulla parete vicino al divano. Da lontano vedo arrivare Nina, cammina tranquilla con la borsa di paglia sotto braccio e un cappello grande, come quello che portava mia madre. Pietro urla contro il piccolo, gli dice va via, non sei capace! Il piccolo stringe il pallone, cerca di morderlo, ma è troppo salato. Così allenta la presa, Pietro si avvicina e calcia la palla lontano, verso la bambina e le onde. Il piccolo si dispera, c'è vento, i capelli di Pietro son aggrovigliati, come le nuvole prima di piovere. Intanto è arrivata Nina, si leva gli occhiali da sole e me li porge, mi guarda fisso, forse vuole ricordarmi che i suoi occhi sono blu, quasi avessero bevuto il mare e tutto il cielo, quando Nina è triste nei suoi occhi si vede il temporale. Lei invece ora mi sorride e mi dice, vado io? e fa lo stesso sorriso di Pietro, appena sveglio. La guardo, senza aver ben chiaro di cosa stia parlando e già la vedo dirigersi verso il piccolo, tendendo le braccia, come i raggi di sole verso la terra, a settembre. Pietro recupera svelto il pallone e lo nasconde sotto il mio sdraio. Mi leva la Gazzetta dalle ginocchia e mi dice, papà, vieni a giocare tu! Faccio finta di non sentirlo, Nina stringe il piccolo che cerca di scoprirle il seno per succhiare il latte. Prima che nascessero i bambini Nina metteva il profumo prima di uscire. Ha smesso improvvisamente, un giorno qualsiasi. Quando i bambini la respirano, chiudono gli occhi e dicono, sai di mamma!, e lei è felice. Pietro va da sua madre, le bisbiglia all'orecchio, dì al papà che venga a giocare con me, non mi ascolta! Il piccolo lo guarda, forse cercando di capire se il fratello stia inventando un nuovo gioco o se piuttosto si tratti di un complotto per allontanarlo da Nina e prendere il suo posto. Nell'incertezza comincia a piangere, calcia l'aria. In un attimo i due si mettono a urlare. Nina mi passa il piccolo e cerca di calmare il più grande che ha preso la paletta e il secchiello e li ha lanciati contro il fratello, colpendo me sulla tempia, vicino all'occhio destro. Non mi sono fatto male, ma l'occhio non smette di lacrimare, presto Nina si accorge di essere l'unica donna lucida in mezzo a un gruppo di uomini in lacrime. Tutta la famiglia è raccolta sullo sdraio, e sembriamo una di quelle famiglie del Mulino Bianco, solo che al contrario, facciamo la pubblicità dei fazzoletti di carta Tempo con il doppio velo, quelli che non si sfaldano neanche con la disperazione. Il sole sta calando, Nina è tranquilla, ci guarda divertita accarezzando a turno la testa di ciascuno. Presto si blocca, e tutti ci sorprendiamo un po' ridicoli immersi nel nostro piccolo dramma, lei invece fissa pensierosa un punto davanti a sé e poi esclama, guardate! C'è un cane della Juve! Pietro scatta in piedi, il piccolo guarda il fratello e io guardo Nina, mi fa l'occhiolino. Sul bagnasciuga un setter bianco e nero scodinzola accanto al padrone. Fiuta la sabbia e l'odore di estate, che col passare dei giorni sbiadisce un po' alla volta e cola sotto la spiaggia. Pietro tira su col naso, e chiede, mamma, ma è veramente un cane della Juve? Rispondo io al posto suo, certo, non li vedi i colori? Pietro si volta e ha gli occhi che sanno di luce, come i miei quando sono entrato nel negozio di musica e ho detto, vorrei comprare una batteria. Nina si alza, mi dice, vai con lui, qui faccio io. Pietro mi afferra due dita, d'inverno quando mi chiede di scaldargli le mani gliele stringo insieme, tra le mie, lui si sorprende tutte le volte, papà ha le mani più grandi del mondo!, esclama. Andiamo verso il cane, Nina mette tutto nella borsa di paglia, chiude l'ombrellone. Adesso nei suoi occhi c'è il riflesso, color del mare, di un uomo e un bambino. Fa qualche passo verso di noi, poi sorridendo si volta e guarda il piccolo che trotterella più indietro. Zeno, andiamo? Dai che se no, fra poco, Del Piero passa a prendersi il cane! Quando siamo casa, Pietro mi spiega che il tramonto è quando il sole si spegne dentro le acque. E io, a mio figlio, voglio credere. 28 matteo scandolin:come l’insalata sotto la neve C’è davvero di tutto, in questo libro. C’è musica a non finire. Ci sono gli amici veri. Ci sono gli amici falsi. C’è la mediaborghesia di tutto il mondo che prende paura di fronte a chi non segue bene i dettami tradizionali. C’è la fede possente nell’amore vero, che a tredici anni è indelebile e irrinunciabile. C’è la storia di un bambino dal nome strano, che si rifiuta di lasciarsi andare agli anglicismi imperanti e quindi via “cd”, si dice “disco compatto”. C’è la storia di un padre che insegue un sogno di promozione lavorativa e sociale impossibile e cieco. C’è Gambier che insegue il significato delle parole sui vecchi dizionari, coltiva amicizia col compagno di banco, scopre la musica un po’ per caso un po’ per imitazione, e s’innamora perdutamente dell’unica persona che dimostra un po’ di carattere in un mondo scolorito, e cerca di resistere a una situazione famigliare da paura. Resistere comunque, perché c’è poco altro da fare: resistere come l’insalata sotto la neve, per la primavera. Luca Gallo, COME LINSALATA SOTTO LA NEVE, Intermezzi editore, 14,90 terry boligol:autodefinizione Sono un poeta corpuscolare. Quattroruote. hanno collaborato terry boligol, enzo e la fagotta di Polaroid, michele filippo fontefrancesco, christina gransow, ilaria vajngerl, l’ispettore coliandro poster christina gransow per abbonamenti www.rivistainutile.it/shop/shop.html

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ispettore coliandro, vajngerl, fontefrancesco, scandolin che recensisce luca gallo, boligol, polaroid. Illustrazione di Christina Gransow

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Se vuoi collaborare, spedisci un tuo pezzo (un articolo, un saggio, una recensione, un racconto, qualche poesia) a [email protected]. Allega due righe su di te, così sappiamo da chi dobbiamo guardarci.Se vuoi essere pubblicato sul pdf, cerca di non superare di troppo la cartella editoriale standard (1800 battute: siamo proprio vecchio stile). Per il web facciamo 8000 circa, e morta lì.Scrivi a [email protected] per qualsiasi informazione.

Il presente opuscolo è diffuso sotto la disciplina d e l l a l i c e n z a C R E AT I V E C O M M O N S Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia. La licenza integrale è disponibile a questo url:http://tinyurl.com/8g7sw5.

ispettore coliandro:editorialeOcchio bambina perché questo non è un editoriale qualsiasi. Stamattina la Longhi mi ha fatto un’altra delle sue tirate e mi ha detto che si vede che non ho mai aperto un libro in vita mia. Quanto è stronza... Adesso scrivo ‘sto pezzo qui, per questi quattro froci e vediamo domani che faccia fa. Non solo non leggo, mia cara Longhi, ma scrivo pure. Minchia.Ora, bambina, ascoltami bene. Io non ci capisco un cazzo di riviste. Vedo che c’è robba lunga e robba corta. C’è una tizia con un nome strano (poi vedi se non mi facc io most ra re i l pe rmesso d i soggiorno...), uno che c’ha quattordici nomi (FrancescoFonteMichele, Filippo-FonteFilippo, ma checcazzo...), uno con un nome americano che ha scritto una cosa cortissima, due righe, magari lo pagano pure ‘sto stronzo, poi c’è ‘na robba che c’entra con le polaroid (ma non ci stanno foto), e questo che scrive delle cose riguardo un libro e io mi chiedo ma che cazzo c’è da scrivere su un libro se c’è il libro. Boh. ‘Sti froci laureati io non li capisco (laureati poi... tre anni). So solo che non voglio marcire in un magazzino a contare gli yogurt assieme a Gargiulo e se non mi infiocchetto un po’ la Longhi mi scordo di ritornare in serie A. Ehi, ma che è? È pure dùblefas sta roba... dietro c’è un disegno di un certa Christina Gransow, sentirò se Borro mi sa dire qualcosa. Nell’attesa una cosa ve la dico io: “se fosse un giorno qualunque vi prenderei a schiaffi... E sapete che giorno è oggi? Un giorno qualunque”. Mel Gibson. Arma letale 3. Minchia.

INUTILE opuscolo letterariodicembre 2009, numero 28supplemento al #1300 di PressItalia.net, registrazione presso il Tribunale di Perugia #33 del 5 maggio 2006.pubblicazione mensile a cura di INUTILE » ASSOCIAZIONE CULTURALE.

la redazioneviviana capurso {ufficio stampa}arturo fabraferdinando guadalupimarco montanaro {ufficio stampa}gabriele naiavirginia paparozzidaniele pirozzialessandro romeo {responsabile editoriale}matteo scandolin {grafica e impaginazione}

wild wild webrivistainutile.it, myspace.com/rivistainutile, il nostro facebook, associazioneinutile.org, polaroid: un blog alla radio, christina gransow

michele filippo fontefrancesco:giancarloLa mia vita è fatta di piccole cose. Soprattutto al mattino, quando la giornata non è ancora iniziata e i mille impegni e pensieri non m’hanno ancora rapito. Sono piccoli gesti con cui addomestico i minuti del risveglio: il guardare il colore del cielo per capire che ore siano; rimettere l’abat-jour al suo posto sul comodino, farmi una doccia bollente, prepararmi il caffè e tostarmi quattro fette di pane, mangiarmi una mela, accendere il computer, guardare chi mi ha scritto, preparare lo zaino ed uscire. Piccole cose che nel loro continuo ritorno, mi rassicurano, mi svuotano da mattutine agitazioni e mi conducono nel mondo.Le mattine si aprono tutte così, un po’ tutte uguali. Oggi, però, no. Il ciclo si è interrotto, leggendo una email, scoprendo che un dialogo si è rotto e che un pezzo di quello che ho lasciato a  casa alla partenza non lo troverò più al mio ritorno. Dopo quella email il giorno è trascorso tra tanti pensieri e l’imbarazzo di esser qui, quando forse dovrei esser là.  La pioggia non ha smesso di cadere. È da ieri notte che il ticchettio continua, quasi rincuorante nella sua ostinata perseveranza. È buio. La giornata sta volgendo al termine.

inutileOPUSCOL

OLETTERARIO numero

dicembre 2009

re:playlist/a cura di Enzo e la FagottaPOTETE ASCOLTARE LE VOCI IN DIRETTA DI ENZO E LA FAGOTTA SU Polaroid - un blog alla radio: IL MERCOLEDÌ SERA, DALLE 21 ALLE 22.30, SU CITTÀ DEL CAPO RADIO METROPOLITANA (WWW.RCDC.IT).SCARICATE E ASCOLTATE QUESTA PLAYLIST DA WWW.POLAROID.BLOGSPOT.COM.

Tap Tap, Half Moon StreetNon abbiamo niente in comune tranne questa notte, questa luna a metà e quello che succederà dopo questa corsa in taxi. Lascia perdere tutti i tuoi discorsi, non farmi sentire stupido, so farlo benissimo da solo. The Leisure Society, Save It for Someone Who Cares“We get by swilling with the taste of the now and then”. Ha quasi del miracoloso come certe canzoni, ancora oggi, riescano a farti sentire come se fossero da sempre state con te. Afternoon Naps, The Day We StartedE mi chiedi anche se mi ricordo come è cominciata. “It was a glorious day”: sì, glorioso e memorabile come tutte le generazioni di melodie tweepop racchiuse dentro questo ritornello. Pants Yell!, Someone Loves YouTutto sembra ordinario e ragionevole nelle canzone dei Pants Yell!, ma niente va come dovrebbe andare, e rimane solo una tristezza così sconfinata e così educata che non si sa più cosa dire: "I’ll be ok, If you miss me, I’ll promise I’ll miss you.” Clare And The Reasons, Ooh You Hurt Me SoOoh, mi fai così male. Ooh, sì, tanto male. Ooh, sì, ancora così. Mmh, quanto mi fai male. Senti i campanelli. Fanno un po’ Natale. È quasi Natale, non dovresti farmi male. Ooh, mi fai così male. Mmh…

ilaria vajngerl:mareA Marco M.

Ci sono quattro bambini sulla spiaggia. Uno urla all'altro, vai a prendere la palla! E corre verso il mare. Il più piccolo porta solo il pannolone, non sa con chi stare. Del mare non si fida, bagna un piedino e scappa indietro. Arriva fino al mio sdraio poi si volta per esser sicuro che un'onda non l'abbia inseguito. Le onde vanno vengono, come se il mare si preparasse a spiccare un salto e inghiottire tutta la sabbia. Il piccolo mi guarda, io lo vedo, fingo di leggere il giornale. L'aria sa di settembre anche se è ancora agosto e ci rimangono ancora altri sei giorni di ferie. La bambina col costume rosa si butta in acqua, è l'unica a saper nuotare. Ha la frangia appiccicata alla fronte dall'acqua salata, presto si immerge e rispunta con le mani piene di alghe e qualche conchiglia bianca. Gli altri giocano con la palla sul bagnasciuga. Tutti e due fanno la Juve. Il più gracile è Del Piero, l'altro vuole essere Kaká, anche se non è della Juve non mi interessa, io sono Kaká e sono della Juve! Il piccolo gattona verso i due. Si siede e tende le manine verso Del Piero, suo fratello. Quando è nato Pietro faceva freddo e non avevo ancora un lavoro fisso. Quando è nato il piccolo, abbiamo potuto comprare l'appartamento in cui prima stavamo in affitto, abbiamo tinto lo studio di giallo e ci abbiamo messo la culla. Sulla porta abbiamo appeso la targhetta azzurra con i disegni fatti da mia zia Assunta. I libri li abbiamo spostati in salotto, nella libreria sulla parete vicino al divano.Da lontano vedo arrivare Nina, cammina tranquilla con la borsa di paglia sotto braccio e un cappello grande, come quello che portava mia madre. Pietro urla contro il piccolo, gli dice va via, non sei capace! Il piccolo stringe il pallone, cerca di morderlo, ma è troppo salato. Così allenta la presa, Pietro si avvicina e calcia la palla lontano, verso la bambina e le onde. Il piccolo si dispera, c'è vento, i capelli di Pietro son aggrovigliati, come le nuvole prima di piovere. Intanto è arrivata Nina, si leva gli occhiali da sole e me li porge, mi guarda fisso, forse vuole ricordarmi che i suoi occhi sono blu, quasi avessero bevuto il mare e tutto il cielo, quando Nina è triste nei suoi occhi si vede il temporale. Lei invece ora mi sorride e mi dice, vado io? e fa lo stesso sorriso di Pietro, appena sveglio. La guardo, senza aver ben chiaro di cosa stia parlando e già la vedo dirigersi verso il piccolo, tendendo le braccia, come i raggi di sole verso la terra, a settembre.Pietro recupera svelto il pallone e lo nasconde sotto il mio sdraio. Mi leva la Gazzetta dalle ginocchia e mi dice, papà, vieni a giocare tu! Faccio finta di non sentirlo, Nina stringe il piccolo che cerca di scoprirle il seno per succhiare il latte. Prima che nascessero i bambini Nina metteva il profumo prima di uscire. Ha smesso improvvisamente, un giorno qualsiasi. Quando i bambini la respirano, chiudono gli occhi e dicono, sai di mamma!, e lei è felice.Pietro va da sua madre, le bisbiglia all'orecchio, dì al papà che venga a giocare con me, non mi ascolta! Il piccolo lo guarda, forse cercando di capire se il fratello stia inventando un nuovo gioco o se piuttosto si tratti di un complotto per allontanarlo da Nina e prendere il suo posto. Nell'incertezza comincia a piangere, calcia l'aria. In un attimo i due si mettono a urlare. Nina mi passa il piccolo e cerca di calmare il più grande che ha preso la paletta e il secchiello e li ha lanciati contro il fratello, colpendo me sulla tempia, vicino all'occhio destro. Non mi sono fatto male, ma l'occhio non smette di lacrimare, presto Nina si accorge di essere l'unica donna lucida in mezzo a un gruppo di uomini in lacrime. Tutta la famiglia è raccolta sullo sdraio, e sembriamo una di quelle famiglie del Mulino Bianco, solo che al contrario, facciamo la pubblicità dei fazzoletti di carta Tempo con il doppio velo, quelli che non si sfaldano neanche con la disperazione.Il sole sta calando, Nina è tranquilla, ci guarda divertita accarezzando a turno la testa di ciascuno. Presto si blocca, e tutti ci sorprendiamo un po' ridicoli immersi nel nostro piccolo dramma, lei invece fissa pensierosa un punto davanti a sé e poi esclama, guardate! C'è un cane della Juve! Pietro scatta in piedi, il piccolo guarda il fratello e io guardo Nina, mi fa l'occhiolino. Sul bagnasciuga un setter bianco e nero scodinzola accanto al padrone. Fiuta la sabbia e l'odore di estate, che col passare dei giorni sbiadisce un po' alla volta e cola sotto la spiaggia. Pietro tira su col naso, e chiede, mamma, ma è veramente un cane della Juve? Rispondo io al posto suo, certo, non li vedi i colori? Pietro si volta e ha gli occhi che sanno di luce, come i miei quando sono entrato nel negozio di musica e ho detto, vorrei comprare una batteria.Nina si alza, mi dice, vai con lui, qui faccio io. Pietro mi afferra due dita, d'inverno quando mi chiede di scaldargli le mani gliele stringo insieme, tra le mie, lui si sorprende tutte le volte, papà ha le mani più grandi del mondo!, esclama. Andiamo verso il cane, Nina mette tutto nella borsa di paglia, chiude l'ombrellone. Adesso nei suoi occhi c'è il riflesso, color del mare, di un uomo e un bambino. Fa qualche passo verso di noi, poi sorridendo si volta e guarda il piccolo che trotterella più indietro. Zeno, andiamo? Dai che se no, fra poco, Del Piero passa a prendersi il cane!Quando siamo casa, Pietro mi spiega che il tramonto è quando il sole si spegne dentro le acque. E io, a mio figlio, voglio credere.

28matteo scandolin:come l’insalata sotto la neveC’è davvero di tutto, in questo libro. C’è musica a non finire. Ci sono gli amici veri. C i s o n o g l i a m i c i f a l s i . C ’ è l a mediaborghesia di tutto il mondo che prende paura di fronte a chi non segue bene i dettami tradizionali. C’è la fede possente nell’amore vero, che a tredici anni è indelebile e irrinunciabile. C’è la storia di un bambino dal nome strano, che si rifiuta di lasciarsi andare agli anglicismi imperanti e quindi via “cd”, si dice “disco compatto”. C’è la storia di un

padre che insegue un sogno di promozione lavorativa e sociale impossibile e cieco. C’è Gambier che insegue il significato delle parole sui vecchi dizionari, coltiva amicizia col compagno di banco, scopre la musica un po’ per caso un po’ per imitazione, e s’innamora perdutamente dell’unica persona che dimostra un po’ di carattere in un mondo scolorito, e cerca di resistere a una situazione famigliare da paura. Resistere comunque, perché c’è poco altro da fare: resistere come l’insalata sotto la neve, per la primavera.

Luca Gallo, COME L’INSALATA SOTTO LA NEVE, Intermezzi editore, €14,90

terry boligol:autodefinizioneSono un poeta corpuscolare.Quattroruote.

hanno collaboratoterry boligol, enzo e la fagotta di Polaroid, michele filippo fontefrancesco, christina gransow, ilaria vajngerl, l’ispettore coliandro

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