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Piano Faunistico Venatorio – Provincia di Rovigo 3 - INQUADRAMENTO TERRITORIALE 27

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Piano Faunistico Venatorio – Provincia di Rovigo

3 - INQUADRAMENTO TERRITORIALE

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Piano Faunistico Venatorio – Provincia di Rovigo

3.1 Aspetti geo-morfologici, climatici e paesaggistici

Inquadramento geograficoLa provincia di Rovigo si estende su una superficie complessiva di circa 1.800 km2 nella

parte meridionale della Regione Veneto; confina a nord con le province di Verona, Padova eVenezia, ad ovest con quella di Mantova e a sud con quella di Ferrara.

Il Polesine si sviluppa principalmente lungo la direttrice est-ovest, presentando unalunghezza di circa 110 km, mentre la larghezza (direzione nord-sud) è inferiore ai 20 km.

Il territorio, caratterizzato dalla presenza di una fitta rete di canali di bonifica, è attraversatodai due principali fiumi italiani, l’ Adige e il Po, che costituiscono di fatto rispettivamente i confininord e sud della provincia.

La provincia è poi attraversata longitudinalmente nella parte centrale dall'asta del Tartaro –Canalbianco – Po di Levante che attualmente rappresenta una importante via navigabile.

La parte orientale del territorio provinciale, ospita un ambiente di rara importanza e pregiopaesaggistico – naturalistico, ovvero il Delta del Po, caratterizzato da pinete, valli da pesca,lagune, sacche, bonelli, scanni, che rappresentano degli habitat unici per molte specie animali evegetali, ed inoltre con gli oltre 180 km2 di superficie valliva e lagunare costituisce la piùimportante zona umida italiana.

Gli aspetti morfologiciIl territorio è interamente pianeggiante, di origine alluvionale, con quote che degradano

lungo la direzione ovest - est con pendenze molto modeste, passando da valori poco superiori ai12 m s.l.m. nel comune di Melara, a valori inferiori ai – 4 m nei territori del Delta del Po.

La pianura è interrotta da limitate zone rilevate, sia di origine naturale, quali dossi fluviali,dune fossili (quello che rimane) e ventagli di esondazione, che di origine antropica, quali gli arginidel Po, dell’Adige e del Fissero-Tartaro-Canalbianco-Po di Levante, nonché antiche arginaturetrasversali.

La provincia di Rovigo, per buona parte è soggiacente il livello medio del mare(indicativamente lo zero passa per i comuni di San Martino di Venezze, Villadose, Ceregnano,Crespino); tale circostanza unitamente alla presenza di corsi d’acqua pensili (l’Adige a nord, iITartaro-Canalbianco-Po di Levante al centro e il Po a sud), origina una situazione idraulica moltoparticolare, nella quale le opere di bonifica (canali, impianti di sollevamento), le strutture di difesa amare e le arginature dei fiumi, proteggono quasi l’intero Polesine dalle acque.

Tale scenario, è anche il risultato della forte subsidenza, provocata dalle estrazioni dimetano, avvenute tra il 1938 e il 1964.

I dossi fluviali, che rappresentano i segni delle frequenti variazione dell’idrografia avvenutenel corso dei secoli, talvolta intercludono delle zone depresse, nelle quali diventa difficoltoso losmaltimento delle acque meteoriche.

Gli aspetti litologiciIl substrato di origine alluvionale, formato per lo più dagli apporti del fiume Po, è

principalmente costituito da materiali a tessitura prevalentemente limo-argillosa (talvolta coninclusioni torbose); materiali più grossolani a tessitura prevalentemente sabbiosa sono presentiinvece lungo i dossi fluviali.

Materiali a maggior granulometria di origine eolica, rinvenibili in corrispondenza delleantiche linee di costa, avevano originato nei comuni Rosolina, Porto Viro, Taglio di Po ed ArianoPolesine dune fossili di notevoli dimensioni, di cui oggi rimangono, a causa principalmentedell’azione antropica, solamente alcuni relitti.

In generale i materiali a tessitura limo-arigillosa presentano una limitata permeabilità, che inparticolari condizioni morfologiche, quali le interclusioni di zone depresse tra dossi, possono dareorigine a fenomeni di ristagno idrico.

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Gli aspetti IdrogeologiciGli acquiferi della provincia di Rovigo, rientranti nella fascia della Bassa Pianura, sono in

generale caratterizzati da una bassa potenzialità ed estensione ridotta.Il sistema è multifalde, caratterizzato da falde freatiche superficiali sovrapposte a falde

confinate più profonde, che vengono alimentate sia direttamente dalle precipitazioni atmosferiche(quelle superficiali), che, principalmente, dalle filtrazioni nel sottosuolo di acque superficiali delreticolo idrografico principale.

La direzione di deflusso delle falde segue grosso modo quello dei corsi d’acqua superficiali,ovvero la direzione ovest – est.

Gli aspetti idrologici e climaticiIl clima abbastanza uniforme in tutta la Provincia, è caratterizzato da inverni relativamente

rigidi e umidi e da estati calde ed afose.L'umidità relativa è molto elevata, con frequenti nebbie nel periodo invernale.Le precipitazioni medie annue sono abbastanza scarse (mediamente 700 - 750 mm annui),

comunque inferiori alla media regionale, e concentrate per lo più nelle stagioni primaverili edautunnali; esse non sono in grado di equilibrare le perdite d’acqua per evapotraspirazione e,pertanto, il bilancio idroclimatico risulta negativo.

Gli aspetti idrografici ed idrauliciIl territorio polesano, compreso tra i tratti terminali dei fiumi Adige e Po, è caratterizzato da

un sistema idrografico estremamente complesso, nel quale lo scolo delle acque è garantito da unafitta rete di canali di bonifica, che hanno uno sviluppo complessivo di quasi 2.000 km.

L’evoluzione del territorio polesanoL’evoluzione del territorio polesano, come in generale quello della Pianura Padana, è stata

condizionata dai mutamenti climatici avvenuti nel corso dei millenni, che hanno determinatocontinue fasi di ritiro ed espansione del mare. Dal Pliocene, 5-2 milioni di anni fa, quando il marelambiva i rilievi alpini ed appenninici, al Wurm, 75.000-10.000 anni fa, l’ultimo periodo glaciale, sivenne formando la pianura Padana. La linea di costa sull’Adriatico si stabilizzò solo 5-6.000 anni faed è da quel periodo che possiamo seguire con buona approssimazione il processo evolutivo delterritorio afferente al fiume Po.

All’Età del Bronzo (5.000 anni fa) il Po si biforcava nei pressi di Guastalla, nella bassapianura reggiana, dando vita a due rami: Il Po di Adria a nord ed il Po di Spina a sud.

In epoca etrusca e romana il corso del Po e il suo apparato deltizio si sviluppava a sud diComacchio e successivamente subì profonde modifiche nel corso dei secoli sia per cause naturaliche antropiche. L’attuale conformazione geo-morfologica del territorio palesano comincia adelinearsi all’inizio del secondo millennio. Una piena storica causò, nell’anno 1152, la rotta diFicarolo, a seguito della quale il corso del fiume si raddrizzò dirigendosi più a nord; anche il Deltanei secoli successivi andò via via estendendosi in quella direzione. I rami verso Nord-est siingrossarono riducendo l’afflusso delle acque verso il Po di Primaro e di Volano.

Tra il 1600 ed il 1604, per timore che l’espansione a nord-est del Delta andasse ad interrarela laguna di Venezia, il Po fu deviato a sud verso La Sacca di Goro con un canale artificiale che è ilsuo letto attuale. Questo intervento detto “Taglio di Porto Viro”, determinò l’inizio della formazionedel Delta moderno. Se prima del 1600 il Delta si espandeva di circa 53 ettari l’anno, dal 1604 al1840 si passò a 135 ettari l’anno. Fu così che l’espansione verso est del Po e delle diramazioniprovocarono il riempimento della Sacca di Goro dando origine al territorio del comune di PortoTolle.

Incerta dunque, marginale e fisicamente sofferta la compenetrazione terra-acqua haimposto nei secoli un rapporto con la natura del tutto particolare. Un tessuto artificiale di canali,idrovore, di innalzamento degli argini fluviali a causa delle costipazioni dei terreni seguiti agliinterventi di bonifica, di terreni che una volta bonificati tornarono ad allagarsi a causa di forti

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fenomeni di subsidenza, che rimane completamente al di sotto del livello del mare, eccezion fattaper argini, scanni e dune fossili.

Questi aspetti molto evidenti nel Delta, scompaiono verso ovest, essendo le terrerelativamente più consolidate. Dal punto di vista litologico, a grandi linee, il territorio del Polesineoccidentale e centrale è caratterizzato da una larga fascia che presenta fenomeni disedimentazione fluviale nella quale sono presenti tutti i tipi litologici.

Suolo e sottosuolo

Inquadramento litologico, geomorfologico e geopedologicoCon il termine litologia si intende dare una descrizione macroscopica e dell'affioramento

con riferimento sia alle rocce che ai sedimenti come caratteristiche generali del territorioprovinciale.

La carta descrivere complessivamente il territorio provinciale per classi litologiche (Fonte: Regionedel Veneto, Museo dei Grandi Fiumi (Rovigo).

Con il termine geomorfologia si intende classificare schematicamente il territorio provincialein unità caratteristiche delle forme del terreno nei loro rapporti con la litologia e le strutturegeologiche, individuazione delle tendenze evolutive in atto nel paesaggio.

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Fonte: Provincia di Rovigo, Ufficio SIT

Aspetti climaticiL’influenza del mare adriatico da una parte e della Pianura Padana dall’altra, determinano

sul territorio palesano nel complesso, un clima temperato freddo ad elevata escursione termicaestiva, con estati calde e inverni rigidi. Il mare Adriatico infatti, per la sua ridotta profondità, non è ingrado di mitigare i rigori invernali.

Si possono demarcare, seppure in maniera non netta, due regioni: una a carattere sub-litoraneo ed una a carattere sub-continentale. La prima fascia si estende lungo la zona costiera epresenta alcuni aspetti di maggior spicco. Per quanto attiene alle precipitazioni, si registra unvalore tra i più bassi a livello regionale, con precipitazioni medie annue inferiori ai 500 mm.Nonostante l’apporto meteorico medio risulti scarso, non mancano le precipitazioni intense acarattere di rovescio temporalesco. Da un punto di vista anemologico, la fascia costiera risultaessere ampiamente ventilata durante tutto l’arco dell’anno: durante la stagione fredda infatti, il

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bacino adriatico è influenzato da correnti orientali e nord-orientali, mentre nella stagione caldasono preponderanti le circolazioni di brezza che hanno origine dall’accentuato contrasto termicomare-terra. Nella seconda fascia gli aspetti di maggior rilievo sono: la mancanza di una attivaventilazione e una maggiore escursione termica giornaliera. A ciò si devono le temperatureestreme più marcate, con condizioni di gelo nei mesi invernali, per la presenza di inversionitermiche al suolo alle quali conseguono alti valori di umidità relativa e persistenti formazioninebbiose, nonché condizioni di intenso riscaldamento ed evaporazione dei suoli nei mesi estivi cheportano condizioni di caldo umido.

Assetto idraulicoIl territorio polesano rappresenta un esempio di delicato equilibrio fra terre ed acque,

sempre laboriosamente inseguito e mai definitivamente raggiunto.La sua superficie è soggetta alla bonifica: le acque vengono raccolte e canalizzate per

mezzo di una fitta rete di opere idrauliche e di numerosi impianti idrovori.Nella Provincia di Rovigo operano i Consorzi di Bonifica, enti deputati al mantenimento

dell'equilibrio idraulico del territorio. Nel corso del tempo tali Consorzi, mutati in denominazione eterritorio di competenza, si sono occupati della costituzione della rete scolante, del suomantenimento in esercizio e della risoluzione di problemi idraulici derivanti dalla subsidenza e dallerotte fluviali.

Aspetti vegetazionali L’assetto territoriale ha subito profonde trasformazioni dalla fine del 1800 ai giorni nostri;

esse si sono pesantemente riflesse sulla composizione floristica e sul quadro vegetazionale cheoggi risultano notevolmente modificai rispetto a quelli conosciuti per il XIX secolo.

Fino alla introduzione della macchina a vapore nell’attività di bonifica, il territorio eradovunque caratterizzato da estese superfici paludose, valli da pesca e terreni bassi sui qualil’agricoltura era scarsamente praticata.

Sul finire del 1800, ambienti umidi erano ancora frequenti sia nel medio che nell’altoPolesine: 855 ha nel Distretto di Rovigo, 2.649 nel Distretto di Polesella, 9.296 in quello diOcchiobello, 6.364 a Castelmassa, 3.328 a Badia Polesine (Morpurgo, 1882). Nel basso Polesinesi contavano ben 12.169 ha di valli salse, 19.060 ha di valli incolte e 30 ha di laghi. Nel Distretto diAdria sulle zone più elevate lungo il Po e il Canal Bianco, le campagne erano suddivise in regolariappezzamenti riquadrati da carreggiate, da fossi, da diritti e paralleli filari di piante sotto le qualierano coltivate le viti. Più a est, nei comuni di Contarina, Taglio di Po, Ariano, Donada, Rosolina ePorto Tolle il paesaggio era “uniformemente melanconico”, con radi filari di alberi, viti e colture dicereali in asciutto (Bisinotto, 1882).

Le conoscenze floristiche riguardanti quel periodo provengono in primo luogo dalle ricerchecondotte dal rodigino Gaetano Grigolato (1843, 1847, 1854), successivamente integrate da DeVisiani e Saccardo (1868-69), da Terracciano (1890-91), De Bonis (1892-93), Bolzon (1900) eBéguinot (1911). La bibliografia prodotta da questi autori ha permesso di compilare un elencofloristico di 1252 entità; di queste, il 38 % con distribuzione eurasiatica, il 18 % tipiche del bacinodel Mediterraneo e il 16 % ad ampia distribuzione (Benetti e Marchiori, 1995).

In quel periodo nel Delta del Po i cordoni dunosi instabili formati dalle correnti marine allebocche dei rami del Po erano colonizzati dalle specie psammofile che evolvevano in unavegetazione arbustiva e arborea di tipo moderatamente termofilo sui litorali più antichi. Nelle zoneumide d’acqua dolce si aveva grande sviluppo delle specie igrofile, mentre la vegetazione alofilacopriva i terreni salsi delle barene. Gli estesi canneti alle foci dell’Adige e del Po si traducevanoverso l’interno in una boscaglia igrofila che si estendeva su 1120 ha di golene e si spingeva nellacampagna attorno ai fontanili, ai “gorghi” e alle bassure umide.

I grandi fiumi polesani ma anche una rete diffusa di canali irrigui e di bonifica permettevanolo sviluppo di svariate entità sommerse oppure legate alle sponde fangose, ai canneti, ai caricetiriparali e ai prati umidi. Nell’ambiente agrario siepi e filari di alberi circondavano le abitazioni e le

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proprietà poderali, mentre macchie arboree e arbustive dovevano conservarsi sulle aree marginalirisparmiate da una agricoltura assai meno produttiva di quella attuale. All’interno di questeformazioni che riproducevano le condizioni microclimatiche dei boschi di pianura, ormai scomparsida secoli, riusciva a sopravvivere un numero considerevole di entità nemorali.

Le aree incolte, che raggiungevano i 1500 ha, erano sia di tipo arido, come argini, dunefossili e dossi naturali, sia di tipo umido nelle depressioni del terreno, attorno agli stagni e inprossimità dei fiumi.

Benché tutti questi ambienti fossero più o meno influenzati dalle attività antropiche, essiavevano preservato una flora diversificata e compatibile con le attività praticate.

La prima metà del ‘900 vede realizzarsi in Polesine l’opera di bonifica di tutti i terreni bassie soprattutto delle valli da pesca che da 50 si riducono a 24; gli ambienti salmastri che costituivanoil 17,2 % del territorio bassopolesano nel 1882, non superavano nel 1981 l’8,9 % (Benetti eMarchiori, 1995). La profonde modificazioni indotte su questi ambienti danno l’idea dellacontrazione cui venivano sottoposte le vegetazioni igrofile e alofile su tutto il territorio.

Le opere idrauliche volte al consolidamento arginale dei fiumi e a migliorare il deflusso delleacque del Po sono stati tutt’altro che ininfluenti per la flora e le vegetazioni fluviali. I boschi idrofiligolenali sono stati spesso sacrificati; al loro posto i terreni sono stati invasi da una vegetazioneerbacea pioniera o investiti a pioppeto.

La meccanizzazione dell’agricoltura, che vede il suo impulso già negli anni ’60 del 1900,cresce esponenzialmente nei decenni successivi trasformando i piccoli appezzamenti in vastesuperfici destinate alla monocoltura, eliminando qualunque area marginale incolta e attuandol’abbattimento sistematico di alberate, macchie e siepi. Il periodico escavo di scoline elimina i relittidi vegetazioni igrofile e ne impedisce una ulteriore affermazione. L’utilizzo spesso massiccio dipresidi chimici riduce fortemente e spesso annulla la diffusione di specie infestanti.

In un contesto ambientale così trasformato, la ricerca floristica compiuta sul campo negliultimi anni ha rilevato la presenza di 938 entità e la scomparsa del 36% delle specie conosciutealla fine del 1800. Mentre si registra un decremento sia delle entità eurasiatiche che di quellemediterranee, è sintomatico l’incremento delle entità ad ampia distribuzione, delle esoticheavventizie e di quelle naturalizzate.

I dati raccolti evidenziano che si è in presenza di un cambiamento dell’assetto floristicodeterminato dalla scomparsa o dalla riduzione di biotopi ad alta naturalità, quali gli ambientisalmastri, i prati torbosi, i fontanili, i boschi riparali dove sopravvivevano le specie più sensibili. Lemodificazioni ambientali tuttora in atto, se da un lato portano a una costante diminuzione delleentità autoctone, legate agli ambienti meno antropizzati, dall’altro favoriscono l’aumento dellespecie legate alle attività antropiche, in gran parte esotiche e ubiquitarie che nell’attuale assettoterritoriale trovano un ambiente ideale per la loro diffusione. E’ pertanto in atto un processo di“banalizzazione” della flora che potrà forse essere rallentato solo attuando una politica di gestioneterritoriale volta a tutelare ciò che rimane dei biotopi ad alta naturalità e ripristinando quellidanneggiati.

Il Polesine, per quasi tutta la sua estensione è oggi una pianura interamente occupatadall’agricoltura e da agglomerati urbani, per fortuna non così estesi come nella rimanente pianuraveneta. Gli ambienti naturali sono pertanto limitati e vanno ricercati quasi esclusivamente nellaporzione estrema del Delta del Po.

I litorali, che generalmente coincidono con gli “scanni” alle foci dei rami del Po, sono lezone più integre dal momento che rimangono indisturbati per buona parte dell’anno. Qui hannomodo di affermarsi le prime forme di vegetazione che, andando dalla battigia verso l’interno, sievolvono in comunità sempre più complesse.

La prima comunità psammofila è il Cachileto, una associazione di specie annuali pionieredominata da Cakile marittima, Salsola kali, Calystegia soldanella e Xanthium italicum.

Retrostante a questa formazione compare l’Agropireto, una comunità vegetale

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caratterizzata da Agropyron junceum che oppone una prima resistenza all’azione eolica sullasabbia. A questo livello sono presenti anche Eryngium maritimum e Echinophora spinosa. Questaassociazione è tuttavia assente su molti tratti litoranei a causa dei fenomeni erosivi; i suoi elementipossono tuttavia ripresentarsi nelle zone più interne.

Sulle dune in corso di formazione, e sostanzialmente sui litorali più stabilizzati, si sviluppauna comunità caratterizzata da Ammophila littoralis che forma una fascia ben visibile parallela allacosta. Qui, accanto a molte specie dell’Agropireto, crescono Medicago marina, Euphorbia paraliase in particolare Trachomitum venetum, specie asiatica, in Italia localizzata solo nell’alto Adriatico.

Sulle dune più basse e prossime ai bordi delle lagune, l’Ammophila viene sostituita daSpartina juncea, ormai molto diffusa sugli scanni, dove l’Ammofileto peraltro è poco sviluppato ocompromesso dai processi erosivi.

La vegetazione delle dune più interne non più soggette all’azione del vento si distingue perl’elevata ricchezza floristica e per la diversificata provenienza delle specie componenti. Elementi diorigine steppica accanto a specie termofile meridionali e di ambienti prealpini vanno a costituire ilTortuleto-scabioseto, un’associazione che richiede periodi molto lunghi per affermarsi e chedunque rar sugli scanni. Endemica dell’alto Adriatico, è visibile sul litorale di Caleri dove è stataspesso compromessa da discutibili rimboschimenti. La flora di questo livello comprendemuschi (Tortula ruralis), licheni (Cladonia sp. pl.), Silene colorata, Scabiosa argentea e l’endemicaCentaurea tommasinii. Abbastanza frequenti sono piccoli suffrutici di Teucrium polium, T.chamaedrys, Helichrysun italicuim e Asparagus acutifolius. Frammenti isolati di questa comunitàsono ancora visibili sulle dune fossili di Porto Viro e Rosolina.

Sui litorali più estesi si rinvengono talvolta fra le dune arretrate, depressioni dove siraccolgono l’acqua piovana e limi sottili che consentono l’affermazione di una vegetazione di tipopalustre. Dove l’acqua di falda conserva un certo grado di salinità, la vegetazione è quella tipicadei bordi lagunari; se invece il dilavamento è stato totale, compare una tipica vegetazione aSchoenus nigricans ed Erianthus ravennae. Esempi di questa comunità si osservano sul litorale diCaleri, a Porto Levante, sulle dune fossili di Porto Viro e a Scano Boa.

Le dune più elevate e più arretrate sono occupate da elementi vegetali provenienti sia dairetroduna, quanto dalle formazioni boschive che concludono la serie delle vegetazioni litoranee. Sitratta di una vegetazione arbustiva (Junipero-Hippophaetum fluviatilis), dove prevalgonoJuniperus communis e Hippophae rhamnoides solitamente accompagnati da elementi mediterraneiquali Phyllirea angustifolia e Lonicera etrusca. Esempi significativi di questa comunità vegetale sihanno unicamente sul litorale di Rosolina Mare e a Porto Levante. Solamente qui sono visibiliinoltre i boschi litoranei, formazioni purtroppo compromesse da errati rimboschimenti e dall’ediliziaresidenziale turistica. A differenza dei boschi planiziari, essi contengono svariati elementi dellavegetazione mediterranea, relitti di antiche vegetazioni termofile. Accanto a numerose speciemedioeuropee padane (Acero campestre, Roverella, Olmo, Pioppo bianco, Biancospino)compaiono così il Leccio e la Fillirea, originando un bosco sempreverde sulle sommità dei cordonidunosi. Su estese superfici la lecceta è sostituita da pinete artificiali a pino domestico e pino nero.

Le lagune e le valli da pesca del Delta sono interessate da vegetazioni alofile che siinsediano su suoli limoso-argillosi dove la concentrazione di cloruro di sodio è più elevata di quellamarina.

I fondali fangosi delle lagune sono talvolta occupati da Zostereti con Zostera noltii, mentrein condizioni di minore salinità compaiono Ruppieti con Ruppia spi. In valle tali praterie difanerogame sommerse raggiungono il massimo sviluppo.

Sulle fanghiglie dei bordi lagunari e sulle barene si stabilisce il Salicornieto, un’associazionepioniera annuale dove prevale Salicornia veneta, endemica alto-adriatica, accompagnata da Astertripolium e Puccinellia palustris.

Lungo i margini lagunari soggetti a maree, ai bordi delle bassure e degli arginelli delle vallida pesca si distingue una vegetazione composta da Spartina maritima, Limonium serotinum, Inulacrithmoides e Aster tripolium. A causa di fenomeni erosivi questa comunità, endemica dell’alto

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Adriatico, è diventata piuttosto fragile e necessita di efficaci interventi di conservazione.

Alle spalle dell’associazione a Spartina maritima si estende di solito la comunità dellesalicornie perenni, una prateria alta e densa formata da Arthrocnemum fruticosum, Inulacrithmoides, Aster tripolium e Halimione portulacoides. Anche questo raggruppamento vegetale èendemico dell’alto Adriatico ed è particolarmente evidente a Porto Caleri.

Allo sbocco dei grandi fiumi polesani (Adige e rami del Po), dove abbondante acqua dolcesi mescola a quella marina, si stabiliscono comunità vegetali in grado di tollerare una modestasalinità. Dove le lagune sono in contatto con il mare aperto si stabiliscono popolamenti puri diBolboschoenus maritimus, mentre sui retrostanti “bonelli”, suoli fangosi che vengono in asciuttodurante la bassa marea, si sviluppano estesissimi Fragmiteti. I migliori esempi di questevegetazioni si hanno alla foce del Po di Pila, del Po di Gnocca e del Po di Goro.

Il Polesine è interessato per tutta la sua estensione da un’ampia rete di fiumi, di canali e difossi dove compaiono le specie legate agli ambienti umidi d’acqua dolce. Le opere di assettoidraulico dei grandi fiumi e i frequenti lavori di escavo eseguiti sugli scoli di bonifica hanno tuttaviaalterato quasi dovunque i paesaggi vegetali legati ai corsi d’acqua. Cancellate dalle bonifiche, leultime “valli” di acqua dolce sono definitivamente scomparse dal paesaggio polesano. Gli uniciambienti relitti sono i “gorghi”, modesti bacini d’acqua dolce formatisi anticamente sull’alveo di unfiume, e le cave dismesse. Su questi relitti si osservano comunità di idrofite, quali i tappeti diLemna minor, L. gibba, Spirodela polirrhyza e di Salvinia natans. Sempre meno frequenti sonoinvece le vegetazioni galleggianti composte da Myriophyllum verticillatum, Nimphaea alba, Nupharluteum e Nymphoides peltata. Nel territorio queste specie, pur avendo grande potenzialità disviluppo, sono molto disturbate dalla continua manomissione di fossi e canali, nonchédall'alloctona Nutria.

Le vegetazioni di idrofite comprendono gli Scirpeti, i Tifeti, i Cariceti e i Canneti, inconseguenza degli interventi sulla rete idrica e delle pratiche agricole sono altrettantocompromessi. Interessanti formazioni di questo genere esternamente al Delta sono tuttavia visibilisui gorghi dell’alto Polesine.

Tra i grandi fiumi polesani, il Po desta un interesse tutto particolare a causa della sa vitalitàin grado di esprimersi anche su aree recentemente manomesse. Sulle spiagge sabbiose esabbioso-limose spesso di ampia estensione si afferma nella stagione estiva una vegetazione dispecie annuali infestanti e nitrofile, quali gli amaranti (Amaranthus sp, pl.), Polygonum persicaria,Eragrostis pectinacea, Portulaca oleracea, Xanthium italicum, Corispermun leptopterum eCycloloma atriplicifolia. Sulle fanghiglie compaiono invece Cyperus glomeratus, C. michelianus,Echinochloa crus-galli e Lindernia anagallidea. Tipiche delle golene allagate del medio e bassocorso del Po sono le praterie galleggianti di Trapa natans. Il paesaggio vegetale più conosciutolungo il Po è tuttavia il bosco ripariale costituito da Salix sp. e da Populus sp. Meritano unasegnalazione in proposito la Golena di Bergantino, l’Isola Tontola a Ficarolo, le golene di Crespino,di Panarella e soprattutto il corso del Po di Maistra e del Po di Pila.

Come già ricordato, l’ambiente agrario domina il paesaggio polesano; gli interventi agricoliestesi su ogni superficie coltivabile hanno portato alla rarefazione non solo delle specie che untempo componevano le vegetazioni boschive, dei prati aridi e degli ambienti umidi, ma anche delleentità infestanti sempre insediate da diserbanti, incendi, sarchiature e canalizzazioni.

Nelle coltivazioni primaverili di cereali sono però ancora comuni il Papavero, la Camomilla elo Stoppione, mentre in quelle estivo-autunnali di mais, soja, barbabietola largamente prevalenti,sono comunissimi Chenopodiun album, Abutilon teophrasti, Polygonum persicaria e Sorghumhalepense.

Le presenze arboree nell’ambiente agrario sono ormai molto rarefatte e concentratesoprattutto nell’alto Polesine e lungoil Canlabianco dove compaiono isolate o in resti di filari aimargini dei campi. La Quercia e il Frassino si trovano occasionalmente nella campagna,specialmente presso Papozze, Crespino, Piano di Rivà. L’Acero campestre e l’Olmo permangonotalvolta all’interno di piccole proprietà. Il Salice bianco e il Pioppo nero, un tempo coltivati in filare ai

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margini dei campi, sono stati quasi del tutto abbattuti. La Robinia è invece ancora molto diffusa e sipresenta in boschetti nelle aree incolte, lungo le linee ferroviarie e presso gli argini di canali efiumi.

3.2 Aspetti caratterizzanti il paesaggio polesano

Il Documento Preliminare al P.T.C.P. della Provincia di Rovigo mette in rilievo le dueprincipali caratterizzazioni dell’ambiente polesano:

un’elevata estensione e una diffusa presenza d’acqua, risorsa che può rappresentare unaricchezza per tutti i comparti economici; sotto quest’ottica i canali fluviali, da un punto divista ambientale, costituiscono la base su cui definire il sistema dei corridoi ecologici ingrado di assicurare una rete di connessione tra tutto il Polesine;

la preponderante matrice agricola del territorio, che rende necessaria la sua connessionenell’ambito del sistema di rete ecologica.Una rete ecologica nasce con l’esigenza di garantire a determinate specie la piena

funzionalità partendo dalla conoscenza sia della biologia delle specie in esame che del mosaicoterritoriale nel suo complesso.

Per questa ragione sarebbe più corretto parlare di “reti ecologiche” specialmente sel’obiettivo della Rete Ecologica è la conservazione della funzionalità e della efficienza degli habitatutili per la conservazione di più specie.

A partire da tali considerazioni, lo studio per la redazione della Carta del SistemaAmbientale Naturale ha valutato nel dettaglio le caratteristiche vegetazionali e faunistiche che siinseriscono in questo contesto ambientale, dal quale sono emerse alcune considerazioni di rilievo.

Il territorio della provincia di Rovigo, infatti, presenta caratteri distintivi molto marcati eparticolari: al di là di una uniformità orografica determinata dall’assenza di rilievo, gli elementinaturali che lo strutturano sono particolarmente forti e caratterizzanti.

I due maggiori fiumi italiani delimitano per lunghi tratti i confini del territorio provinciale erisultano ricchi di tipologie vegetazionali tra le quali è opportuno ricordare:• vegetazione acquatica radicante• vegetazione erbacea annuale• vegetazioni erbacee perenni igrofile• vegetazione legnosa

Per definizione, i fiumi presentano elevata complessità e accentuato dinamismo. La prima èlegata alla fitta rete di relazioni e connessioni che intercorrono fra i diversi comparti dell’ecosistemafiume, la seconda è il risultato della tendenza naturale del fiume a modificare la sua fisionomia;questo grazie a una serie continua di demolizioni e ricostruzioni, grazie ad eventi di asporto erideposizione di materiali, cui si associa l’intervento antropico che, in alcuni casi, tende adapportare ulteriori modifiche all’assetto fluviale, mentre, in altri casi, tende a contrastare il naturaledinamismo cercando di favorire condizioni di stabilità nello spazio e nel tempo, mediante una seriedi interventi che vanno dalle opere di rettificazione dei tracciati e canalizzazione degli alvei alcontrollo delle portate nei diversi periodi.

I fiumi Po ed Adige costituiscono inoltre dei formidabili corridoi ecologici attraverso i qualifauna ittica, ornitica, anfibi, semi e propaguli di piante possono muoversi per centinaia di chilometri.Anche il Fissero-Tartaro-Canalbianco gioca un ruolo preminente: sono ad esempio testimoniatelungo di esso migrazioni di popolazioni di istrice. Lungo l’Adige è giunta a colonizzare le coste(presso Porto Caleri e non solo) una specie arbustiva tipica del tratto montano di alcuni fiumi alpini.

La rilevazione della qualità dell’acqua avviene, infatti, anche attraverso indagini sulla attivitàbiologica, monitorata controllando la presenza di comunità di organismi acquatici e specieindicatori della qualità biologica delle acque stesse.

Rispetto ad altri fiumi della penisola (appenninici), quelli dell’alto Adriatico (alpini) siprestano meglio a fungere da corridoi ecologici: le specie animali e vegetali che fluitano lungo illoro corso si trovano in pratica ad attraversare il confine tra due biomi.

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Nell’alto Adriatico abbiamo l’unico tratto di costa del Mediterraneo che non rientra nellaRegione climatica Mediterranea e questo consente a molte specie con distribuzione montana digiungere fino al settore costiero.

Per questo motivo risulta particolarmente importante anche il ruolo svolto da un altroelemento di spiccata valenza naturalistica: le dune fossili, una intrusione di vegetazioneMediterranea in ambito di regione Temperata.

Il settore costiero del Veneto (provincia di Rovigo inclusa) gode di clima temperato ma suisubstrati sciolti delle dune costiere e delle dune fossili la scarsa disponibilità di acqua nel suoloconsente il permanere di una vegetazione di tipo mediterraneo, con carattere extrazonale: inparticolare leccete ed elementi di gariga a Fumana procumbens e Teucrium polium oppure adOsyris alba.

L’attuale paesaggio vegetale del litorale nord-adriatico esprime una notevole originalitàfitocenotica, è infatti il risultato della concomitanza di molti fattori che vanno dalle attualicaratteristiche fisiche alle passate vicende climatiche che, in particolare tra il III ed il I millennio a.C., hanno determinato ampi movimenti floristici nell’ambito dell’Italia settentrionale, condealpinizzazione di specie vegetali, migrazioni di elementi termofili lungo le coste adriatiche edalmate ed avanzamento verso occidente di specie a distribuzione orientale. Questi grandimovimenti hanno fatto sì che in questo che è il segmento costiero più settentrionale dell’interobacino mediterraneo siano presenti oltre a numerose entità mediterranee anche specie illirico-orientali e, prevalentemente nel tratto settentrionale del litorale, specie montane che arricchiscononotevolmente il pregio floristico di queste aree e contribuiscono a definire comunità e sistemi nonriscontrabili altrove” (Gamper et al 2008).

Le dune fossili di epoca romana risultano essere state, soprattutto nel passato, un corridoioecologico di primaria importanza; va ricordato infatti che nel periodo sopraindicato l’attuale linea dicosta non esisteva affatto. Corridoio ecologico nel quale è pure riscontrabile una dinamicatendente al bosco di leccio (Quercus ilex) e, localmente, al bosco di roverella (Quercus pubescens)ma che presenta stadi dinamici molto stabili e di rilevante interesse floristico e vegetazionale: inparticolare comunità erbacee con muschi e licheni riferibili al Tortulo-Scabiosetum, solo sulla costainvece pseudomacchia a Juniperus communis e Hippophae rhamnoides (Junipero-Hippophaetumfluviatilis) e mantelli arbustivi con una singolare commistione di elementi mediterranei emedioeuropei (Viburno lantanae-Phillyreetum angustifoliae).

Rilevante interesse presenta inoltre la vegetazione igrofila e alofila del Delta, uno dei pochisettori delle coste italiane in avanzamento, nonostante i problemi di subsidenza.

Tra le tipologie vegetazionali più peculiari di questi ambienti ricordiamo alcune dellevegetazioni alofitiche:• la vegetazione perenne a dominanza di Spartina maritima (Limonio-Spartinetum maritimae),

pioniera su argille e sabbie argillose sature d’acqua e ricche di sostanza organica;• il Salicornietum venetae che si insedia in zone permanentemente inondate;• il Suaedo maritimae-Salicornietum patulae su suoli soggetti a disseccamento estivo;

Anche in questo caso, al di là delle peculiarità faunistiche, floristiche e vegetazionali èl’elemento fisico a risultare determinante: il notevole apporto di acque dolci e sedimenti, oltre afavorire la formazione di golene e scanni, determina l’avanzamento della linea di costa e consentela formazione nuovi habitat, in particolare di nuove lagune e sacche: in Italia non abbiamo altriesempi di questo tipo (almeno non di queste dimensioni).

Area del Delta quindi come nodo di primaria importanza per i motivi già detti e per la faunaornitica in particolare.

A fronte dell’enorme rilevanza in termini conservazionistici e biogeografici degli elementisopracitati possiamo notare nel settore centro-occidentale del territorio provinciale unapreoccupante semplificazione del paesaggio vegetale.

Se appare ovvio, e difficilmente evitabile, che aree urbanizzate e infrastrutture viarieabbattano la permeabilità ecologica di un territorio, ciò che più colpisce in tutta l’area ad ovest delledune fossili è la mancanza pressoché assoluta di elementi riconducibili alla vegetazione naturalepotenziale dell’area, quel fantomatico Querco-Carpineto (attualmente inquadrato nell’associazione

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Asparago tenuifolii-Quercetum roboris) di cui parlava Pignatti negli anni ’50, foresta della qualeoggi restano in tutto il Veneto soltanto sporadiche vestigia.

Solo le politiche più lungimiranti di questi ultimi anni ci permettono di vedere esempi di areeforestale, che non vanno però intese come fughe verso un lontano e perduto passato, ma cometentativi moderni e coerenti di riequilibrio del territorio.

Perché va detto anche che non solo mancano boschi ma le stesse aree agricole sonopovere di quegli elementi di discontinuità che pure consentono talvolta agli agroecosistemi dipossedere una valenza di interesse naturalistico: filari, siepi, nuclei di alberi, cespuglieti, praterieumide e non, quella naturalità diffusa difficile da misurare ma facilmente percepibile anche per unosservatore distratto.

In quest’area la Rete Ecologica Provinciale dovrebbe svolgere un ruolo determinante:rendere permeabile ed intaccare l’omogeneità di una matrice agricola eccessivamente uniforme.

In realtà, rispetto ad altre province del Veneto, Rovigo risulta meno compromessa quantoalla capacità di percolazione in virtù di una minore incidenza dell’urbanizzato diffuso; per taleragione il territorio in oggetto presenta ancora possibilità di recupero per condizioni più prossimealla naturalità.

A completamento del quadro conoscitivo generale delle risorse naturali e delle loro criticità,è stato altresì preso in esame il problema della salinità, i cui effetti si evidenziano anche nellaalterazione degli ambienti e della vegetazione naturale.

I maggiori effetti sono riscontrabili negli ambienti litoranei lagunari e nelle zone bagnate daacqua salmastra. In termini di vegetazione in questi ambienti sono presenti comunità di speciealofile (ruppieti, salicornieti) che ospitano anatidi e una avifauna caratteristica (garzette, aironi,ecc.).

La caratterizzazione di queste zone deriva dalla graduale transizione da ambienti di acquerelativamente dolce ad acque salmastre, con passaggi e canali di collegamento con il mare e irami del Po: si passa così attraverso un sistema complesso di serie di vegetazione cheriproducono gli adattamenti ecologici a condizioni di salinità diverse.

La risalita del cuneo salino in questi ambiti di paesaggio seleziona le specie vegetali piùsensibili, altera la composizione floristica, semplifica il paesaggio, riducendo la biodiversità e lacaratterizzazione ambientale.

Le specie vegetali più sensibili alla salinità non resistono a condizioni prolungate di eccessisalini, si modificano così le comunità vegetali frutto di un equilibrio fra substrato pedologico, livelloe qualità dell’acqua, già in parte modificate dalle attività antropiche.

La salvaguardia dell’integrità ecologica degli ecosistemi in queste aree ed il mantenimentodi una serie di vegetazione di transizione, adattata a livelli diversi di salinità, in equilibrio dinamicocon le acque dolci del fiume e salate del mare, è fondamentale per la tutela delle specieacquatiche e per la funzionalità ecologica di questi ambienti come aree di sosta, rifugio eriproduzione.

In termini di tutela degli equilibri vegetazionali e degli ambiti paesaggistici, si indica comefattore strategico il mantenimento e l’integrazione della rete ecologica, attraverso il sistema dellarete idrografica, in continuità con l’asta fluviale dei principali fiumi: la rete ecologica così costruitagarantisce equilibrio nei livelli idrici, funzionalità ecologica dei corpi idrici e capacità diautodepurazione degli ambienti fluviali.

Per quanto riguarda gli ambiti di golena, che si sviluppano su vaste aree lungo l’argine delfiume Po, essi ospitano una flora idrofila spontanea, erbacea, arbustiva ed arborea adatta allevariazioni idriche.

Tradizionalmente, nel territorio del medio e alto Polesine le golene hanno ospitatopiantagioni di pioppo, ma nelle aree che hanno mantenuto una biodiversità, con macchie boscatedi latifoglie, è possibile conservare una funzionalità ecologica come area nucleo, legata allaconservazione della fauna selvatica, con funzioni di collegamento dei corridoi ecologici della areerurali, ma anche in continuità con il sistema delle zone umide che si riconduce all’asta del fiumePo.

Il territorio delle golene è un’area cuscinetto naturale tra il fiume e il territorio agrario, ingradi di esercitare una funzione tampone nel processo di lisciviazione dei nitrati e degli inquinanti

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in generale.Le aree naturali minori, spesso inserite in zone fortemente antropizzate, sono relitti di vasti

biotopi naturali che in passato caratterizzavano il territorio e che, in seguito allo sviluppo urbano,industriale e dell’attività agricola sono drasticamente diminuiti di numero ed estensione.

Le aree così definite sono quindi costituite sia da veri e propri biotopi - intendendo per essiambienti ben delimitati, solitamente di piccola estensione, all’interno dei quali sono presenti piccolecomunità vegetali ed animali di interesse naturalistico – che da aree più complesse,geograficamente delimitabili, che comprendono superfici anche vaste ma in qualche modoomogenee e differenziate dal restante territorio e con particolari caratteristiche; la loro fisionomia,tuttavia, non deriva solo da logiche naturali, ma anche da scelte ed attività più o meno consapevolioperate dall’uomo nel corso dei secoli.

L’importanza degli ambiti fluviali, della rete di canali e dei fiumi, risulta rilevante sia dalpunto di vista della qualità dell’ambiente (risorsa idrica) sia per la funzione di raccordo alla reteecologica che questi ambienti possono svolgere: ambienti tipici sono le golene, ma anche le vasteestensioni di zone arginali costituiscono un potenziale ambiente di transizione e spostamento dellafauna, per ripristinare e mantenere la biodiversità vegetale e animale, di specie anfibie e diinvertebrati di acqua dolce, oltre all’avifauna.

Elemento di criticità è la ridotta naturalità delle aree arginali, in termini di vegetazionespesso residuale, ma anche di eccessivi interventi di impermeabilizzazione degli argini,eliminazione di anse e aree di naturalizzazione, che possono consentire mantenimento della vitaacquatica, della vegetazione riparia autoctona e la restituzione di corridoi ecologici effettivamentefunzionali a spostamento, sosta e rifugio delle specie.

A partire, quindi, dal recepimento degli elementi che costituiscono l’”armatura” della reteecologica, è stato possibile individuare le connotazioni naturalistiche e ambientali di maggiordettaglio, arrivando così a mappare e discretizzare, sotto il profilo della caratterizzazionevegetazionale e della popolazione faunistica, ulteriori elementi areali, lineari e puntuali degni diessere oggetto di integrazione della rete stessa.

Tra questi, si annoverano aree boscate, siepi e filari alberati, aree umide e colture di pregio.In particolare, emerge che le zone umide rappresentano la principale caratteristica del territoriopolesano che, oltre ai corpi idrici di natura fluviale, è massivamente ricco di piccoli corpi idrici, qualii gorghi e i maceri, vale a dire complessi di zone umide collegate alla rete idrografica, localizzati indiversi punti nel territorio fondiario, prevalentemente nell’area di bonifica del Polesine occidentale;essi si sono formati nelle aree degli antichi alvei del fiume Po, in aree di transizione e depressionedella pianura alluvionale di Po e Adige.

I maceri derivano, invece, da invasi utilizzati un tempo per la lavorazione della canapa e sisono poi nel tempo naturalizzati.

Queste zone umide presentano un equilibrio, in termini di rifornimento idrico, con il sistemadella rete idrografica e di bonifica circostante e si caratterizzano per una vegetazione ripariaerbacea ed arbustiva spontanea che costituisce habitat ed elemento di continuità ecologica perspecie anfibie, talvolta con presenza di specie arboree lungo il confine esterno. Si ritrovano ancheforme di flora acquatica.

Queste zone umide si configurano come aree di sosta e rifugio per uccelli migratori e locali,che trovano ambiti ideali per la nidificazione.

I gorghi ed i maceri sono inseriti in un tessuto agrario coltivato in forma intensiva econservano una funzione di continuità ecologica, con corridoi costituiti dai canali e corsi d’acqua erisultano integrati al sistema delle falde sotterranee.

Un’analisi comparativa tra gli elementi naturalistici risultanti e quelli che contribuiscono acreare frammentazione e disturbo dei flussi di scambio all’interno dei corridoi, quali le infrastruttureviarie e ferroviarie, gli insediamenti residenziali e quelli produttivi, permette di verificare la presenzadi elementi di ostruzione e/o barriera nei corridoi, al fine di individuare le misure di compensazione(interventi idonei a ridurre la pressione derivante da attività antropiche di trasformazione e uso delterritorio insistenti sulla Rete Ecologica) e le misure di mitigazione (interventi di ripristinoambientale in una data area volti a bilanciare la perdita di valore ambientale causata dallarealizzazione delle infrastrutture o di insediamenti di qualsiasi natura in un’altra area più o menoprossima) da adottare nel P.T.C.P..

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Il territorio provinciale presenta ambienti con un buon livello di integrità e naturalità, inparticolare nelle aree a protezione speciale, ma anche in virtù della fitta rete di fiumi e corsid’acqua funzionali e con valenza ecologica in un approccio di tipo ecosistemico.

La provincia di Rovigo, pur non presentando un livello di consumo del territorio neppureparagonabile al resto del Veneto, presenta tuttavia uno sviluppo di infrastrutture viarie, talvolta dielevato impatto in termini di traffico, ma che incidono sul territorio in termini di frammentazionedelle aree a maggior valenza ambientale, riducendone di fatto la funzionalità.

Sono inoltre in fase di progettazione e sviluppo alcune aree commerciali e industriali indiverse localizzazioni, che potrebbero costituire ulteriore elemento di criticità, se non sarannopensate in un’ottica di minimo impatto rispetto al mantenimento della continuità e della funzionalitàdelle aree di rilevanza naturalistica e degli ambienti agrari di maggior pregio.

Ancora in riferimento a tali aree di espansione industriale, seppure non raggiungano livellidi occupazione del territorio di preoccupante estensione, possono interferire con un equilibratorapporto nelle aree urbano rurali, fra insediamenti produttivi e abitativi, produzione agraria,elementi di naturalità e di pregio ambientale.

Dall’analisi degli elementi caratterizzanti la naturalità del Polesine e della loro interrelazionecon elementi di frammentazione degli ecosistemi, è possibile valutare quelli che rispondono a uncontributo di supporto e integrazione rispetto a quanto già mappato come “armatura” della reteecologica (ovvero aree nucleo e corridoi ecologici).

Vengono di seguito elencati i macroelementi fondanti del paesaggio polesano.

Le Siepi e i FilariSi tratta di elementi lineari della rete ecologica costituiti da specie arboree autoctone di particolarepregio. Le siepi e i filari che integrano la rete ecologica provinciale non presentano tutti unaspiccata valenza naturalistica quali possono essere ad es. le siepi arbustive plurispecifiche consambuco, mirabolano ed elementi arborei talvolta potati molto bassi come olmo campestre e saliceo i filari di elementi arborei autoctoni di apprezzabili dimensioni. L’avifauna che popola quelle siepimeglio strutturate e gli alberi più grandi annovera ad esempio le seguenti specie: saltinpalo,pigliamosche, cinciallegra, usignolo.

Le Aree BoscateQueste aree, estremamente rare nel territorio provinciale se si escludono le zone di pertinenzadella Rete Natura 2000, sono costituite da piccoli lembi per lo più di origine antropica, cioèrimboschimenti, con struttura artificiale, interessanti per la fauna che ospitano, non per gli aspettifloristici.Tuttavia i rimboschimenti consolidati nel tempo tendono a naturalizzarsi, vi si possono inserireelementi spontanei, per lo più nello strato erbaceo e arbustivo, che ne arricchiscono lacomposizione, come avviene ad esempio per il bosco di Magnolina, ubicato su un paleoalveo delCanalbianco, associato a zone umide con cariceti.

Le Aree Umide e le Cave SeniliSotto questa categoria sono stati individuati gli specchi d’acqua, anche di dimensioni ridotte, diorigine naturale o artificiale, che rappresentano un significativo habitat per le specie animali evegetali. Una recente analisi ha messo in luce come in provincia id Rovigo possano essereclassificati come tali oltre 100 siti (Verza E., in stampa).Sono qui ricompresi i piccoli corpi d’acqua che risultano molto importanti per il miglioramento dellafunzionalità ecologica della rete e per la conservazione di habitat e specie della flora e della fauna,quali i gorghi, i fontanazzi e i laghetti che si sono formati su cave senili di argilla: sono per lamaggior parte specchi d’acqua dolce di discreta profondità.I gorghi, come già detto, rappresentano una pregiata risorsa per la provincia di Rovigo per il lorosignificato di conservazione: rappresentano delle cavità occupate da un tranquillo specchiod’acqua dolce, la cui origine è da ricondursi all’azione della piena di un fiume in presenza di unostacolo, quale un argine, un antico corso fluviale rilevato o una duna.Per effetto dell’onda di piena, l’ostacolo può rompersi dando origine, a causa del movimento

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dell’acqua, a depressioni, in cui successivamente affiora l’acqua sotterranea.Queste forme di erosione sono frequenti lungo il basso corso del fiume Po e offrono, dopol’eliminazione negli ultimi decenni dei moltissimi maceri, rifugio a molte specie animali e vegetali; laloro origine è legata ad alcuni dei principali elementi morfologici quali corsi d’acqua attivi, tracciatifluviali estinti o antiche linee di costa, e quelli più profondi sono collocati su argini di antichi corsifluviali.I gorghi e i laghetti che si sono formati su cave senili di argilla sono per la maggior parte specchid’acqua dolce di discreta profondità.Anche se indicazioni bibliografiche segnalano frequentemente la presenza di idrofite qualiCeratophyllum demersum, Myriophyllum spicatum, Hydrocharis morsus-ranae, Nymphaea alba,negli ultimi anni si è assistito alla riduzione o alla scomparsa della vegetazione acquatica dallamaggior parte dei biotopi; l’impatto degli erbivori (nutria, carpa e altri pesci brucatori) è sicuramenteuna delle cause principali, così come l'inquinamento.Si è invece pressoché conservata la vegetazione spondicola, costituita nella maggior parte dei casida cinture di Phragmites australis e Typha latifolia o T.angustifolia, che talvolta si presentano comestrutture dense e continue, come nel caso del gorgo “Le gorghe”, di Cave di Danà o presso i Bojdella Feriana, mentre in altri casi sono interrotte o frammentarie.Alle elofite sopra citate ripetutamente si associano Iris pseudacorus e Lythrum salicaria.Nei biotopi in cui esiste una maggior articolazione del paesaggio vegetale il fragmiteto non èdirettamente a contatto con le aree agricole, ma seguito da fasce di cariceto a Carex elata o aCarex acutiformis.Nella fascia esterna arbustivo-arborea che circonda gorghi, cave e fontanazzi gli elementi chericorrono con maggior frequenza sono il salice bianco (Salix alba), il sanguinello (Cornussanguinea) e il sambuco comune (Sambucus nigra).Al margine di alcuni biotopi umidi o nella campagna circostante si conservano esemplari di farnia(Cave di Danà, Gorgo “Giare”); da tenere sotto controllo è invece la robinia, che in alcuni casi, fracui Gorgo Dolfin, accompagna le specie forestali igrofile.Fra le piccole zone umide interne, elementi quasi puntiformi incastonati nella vasta campagnacoltivata, spicca per l’elevato valore naturalistico l’area dei Boj della Feriana, presso Concadirame,biotopo costituito da un fontanazzo alimentato dalla falda acquifera collegata al fiume Adige, quasicostantemente allagato, separato da un sistema di arginelli dalla campagna circostante e situato aipiedi dell’argine maestro del fiume. Nonostante le ridotte dimensioni ospita un contingente floristiconotevole: ai margini del lembo di ontaneta ad Alnus glutinosa è segnalata Thelypteris palustris,nello stagno Utricularia australis, nel cariceto a Carex riparia che lo circonda Valeriana dioica,Senecio paludosus e la rarissima Listera ovata. In recenti esplorazioni floristiche è statadocumentata la presenza di un copioso popolamento di Epipactis palustris inserita nelle ListeRosse Regionali (Conti et altri, 1997) come specie minacciata (EN). Purtroppo il biotopo si trova incondizioni precarie: una delle principali minacce è costituita dal naturale processo di interramentocui lo stagno è soggetto, favorito dalla vigoria di Phragmites australis che sta completamenteoccupando l’invaso.

Le Aree di Bonifica con avifauna tipica delle lagune costiereIl vasto e piatto territorio di bonifica manifesta elementi floristici di interesse nei corsi d’acqua irriguiche formano il fitto reticolo che attraversa la pianura, con le già menzionate Trapas natane,Salvinia natane, Lemma sp. Pl; a queste si aggiungono, nelle zone adibite alla coltivazione delriso, l’esotica Heteranthera reniformis e Ulriculaira australis.In alcuni tratti interessati da infiltrazioni di acqua salata trovano il loro habitat le specie alofitetipiche delle aree arenicole del Delta; questo si realizza, ad esempio, nelle bonifiche della SaccaScardovari, dove compaiono praterie di Salicornia veneta, Aster tripolium, Imula crithmoides, checostituiscono anche porzioni dello strato erbaceo dei rimboschimenti di latifoglie che circondano lasacca.I grandi terreni di bonifica del Delta hanno caratteristiche faunistiche proprie; nelle bonificheprospicienti i grandi corpi idrici salmastri e salati alla notevole presenza di rapaci, passeriformidelle zone aperte ed aironi, si aggiungono specie tipiche delle ampie zone umide, quali il Gabbianocorallino, il Piviere dorato e l’Airone rosso; tali settori delle bonifiche vengono utilizzati dall’avifauna

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quali zone prative e steppiche afferenti alle paludi.

Le Aree di Bonifica con avifauna tipica delle zone più internePer quanto riguarda la caratterizzazione vegetazionale e floristica, queste aree non presentanodifferenze sostanziali con quelle precedentemente descritte salvo che per l’assenza degli elementipiù strettamente legati alle sacche e lagune. Anche in termini faunistici, tali aree si differenzianosoprattutto per assenza (o solo sporadica frequentazione) di quelle specie più tipiche delle vastearee umide.Gli ambiti qui descritti, ossia le zone di bonifica più lontane dal mare e dalle valli ospitanocomunque interessanti popolamenti di uccelli, con buona presenza di rapaci, quali Gheppio e laPoiana ed aldeidi, quali la Garzetta e l’Airone guardabuoi.

I Sistemi Agricoli ComplessiSi tratta di ambiti coltivati dove gli elementi del paesaggio rappresentano un importantecomplemento dal punto di vista faunistico e vegetazionale Nelle aree rurali un ruolo naturalistico dirilievo viene assunto dagli elementi del paesaggio che fanno da complemento alle colture: le siepiarbustive plurispecifiche, i filari alberati, gli esemplari arborei isolati di farnia, la vegetazione dellescoline, dei fossi e dei canali. Importanti dal punto di vista faunistico, soprattutto quando ospitanovegetazioni strutturalmente diversificate, comprendenti anche nuclei di rimboschimento, le zoneagricole segnalate non sono del tutto prive di elementi floristici degni di nota.La scomparsa di siepi, filari,elementi lineari, aree boscate, lungo gli appezzamenti, ma anche invicinanza dei corsi d’acqua, ha stravolto, qui forse più che altrove nel Veneto, la funzioneambientale e paesaggistica del territorio rurale, ma soprattutto la capacità della vegetazione disvolgere una azione tampone nei confronti dell’assorbimento dei nutrienti e di salvaguardia dellarisorsa idrica, oltre che di mantenimento della fauna selvatica e di elementi di integrazioneambientale.Sotto il profilo vegetazionale, le superfici dei canali irrigui e dei fossati sono spesso coperte daidrofite; nelle aree rurali di Adria ad esse si associano elementi più rari.Le zone che hanno conservato lineamenti simili a quelli della campagna tradizionale ospitano undiscreto numero di specie animali, in particolare avifaunistiche: tra le più esigenti, e quindisegnalate come bioindicatori, si ricordano la Starna e la Sterpazzola.In tutte le aree rurali, ove ci sia presenza di una discreta rete scolante, è possibile trovare anfibiquali la Rana verde e rettili quali il Biacco.Fossi e canali particolarmente ben conservati sono ancora in grado di ospitare specie itticheesigenti, quali il Ghiozzo padano.

Le attività antropiche rilevanti sotto il profilo ambientaleLa categoria contempla nel suo insieme le discariche non più in esercizio e le cave non attive, inquanto costituiscono elementi di rinaturalizzazione. Su tali ambiti infatti, attualmente privi divalenza naturalistica e detrattori del paesaggio e della qualità ambientale, sono previsti opportuniinterventi di ripristino ambientale che potranno restituire loro funzioni naturalistiche non trascurabili

Le colture legnoseL’interesse naturalistico di questa categoria (che comprende essenzialmente frutteti e vigneti) èdovuto essenzialmente all’articolazione strutturale che offre in una campagna complessivamentepovera di alberi e alla presenza di alcuni uccelli solitamente presente lungo le aste fluviali: rigogoli,tortore e ghiandaie.

Le Dune Fossili e le Dune RecentiIn questa tipologia ambientale, gli aspetti floristico-vegetazionali di interesse sono gli stessi indicatiper le zone analoghe tutelate dalla Direttiva Habitat o come area protetta. nelle porzioni diestensione limitata di dune fossili cartografate gli elementi di pregio comprendono i lembi di boscodi leccio, ascrivibili a Vincetoxico-Quercetum ilicis Gamper, i tratti frammentari di mantello ad essolegati e le piccole estensioni di Tortulo-Scabiosetum.A questi sono stati aggiunti piccolissimi lembi di territorio dunale di formazione più recente che i

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confini dei siti della Rete Natura 2000 non hanno incluso nelle zone soggette a tutela. Per analogiasi può ipotizzare la presenza di aspetti di vegetazione psammofila affini a quelli dei territori limitrofi,ma soltanto un’adeguata esplorazione floristica potrebbe mettere in luce elementi di particolarerilevanza.

3.3 Classificazione delle zone umide in provincia di Rovigo

Al fine di meglio inquadrare il più importante aspetto ambientale della provincia di Rovigo, sipropone di seguito un'analisi relative alle tipologie di zone umide.

Le zone umide vengono definite dalla Convenzione di Ramsar (1971) le “… aree palustri,acquitrinose o torbose, o comunque specchi d’acqua naturali o artificiali, permanenti o temporanei,con acqua ferma o corrente, dolce, salmastra o salata, compresi i tratti di mare la cui profonditànon ecceda i 6 metri con la bassa marea”.

In alcuni dei precedenti paragrafi si è visto come un tempo gran parte del Polesine fossedominato dagli ambienti umidi. L’attività di bonifica e di messa a coltura, perpetuate nei secoli finoagli anni ’70 del Novecento, hanno determinato una riduzione della diversità ambientale.

Nonostante questa azione umana, la provincia di Rovigo conserva una delle più importantizone umide del continente europeo, il Delta del Po. Anche se lo sfruttamento legato allamolluschicoltura (nella sacche e nelle lagune) e all’itticoltura (nella valli) hanno in parte modificatola morfologia e l’assetto idraulico di queste zone, ampi tratti di questi territori hanno mantenutocaratteristiche ambientali di notevole pregio naturalistico.

Un cenno va a quell’insieme di piccole zone umide distribuite su tutto il territoriorappresentate da ambiti fluviali e golenali, maceri o cave abbandonate, che, pur non essendoestremamente importanti per la riproduzione di molte specie legate agli ambienti umidi, sono incerti casi di estrema importanza per la sosta e lo svernamento degli stessi.

Zona litoranea esterna

Va ricordato che tale tipo di ambiente, finora risparmiato dalla cementificazione, risultaormai, tranne poche eccezioni, unico in Italia e rarefatto in Europa, per cui le specie vegetali edanimali che ancora vi sopravvivono rischiano di scomparire.

Lo scanno rappresenta un ambiente unico ed insostituibile per i limicoli costieri protetti, cheutilizzano:

� la fascia scoperta dalla bassa marea per l’alimentazione;� i dossi emergenti con l’alta marea come posatoio-dormitorio;� la duna come area di nidificazione.

Le specie di avifauna presenti sono numerose, ed alcune risultano particolarmente protette(art. 2, comma 1, lett. a, Legge 157/1992); tra di esse si citano il Piovanello pancianera (Calidrisalpina), la Pivieressa (Pluvialis squatarola), la Beccaccia di mare (Haematopus ostralegus), ilFratino (Charadrius alexandrinus) ed il Fraticello (Sterna albifrons).

In situazioni di alta marea si registrano grandi concentrazioni di uccelli nei pochi dossiemergenti, dove qualsiasi azione di disturbo ha effetti moltiplicati. Le circa 100 coppie di Beccacciadi mare che nidificano sugli scanni del Delta veneto rappresentano la principale popolazioneitaliana e del Mediterraneo. Gli scanni del Delta ospitavano inoltre, fino ad una decina di anni fa,una consistente frazione della popolazione di Fraticello (Sterna albifrons) nidificante in Italia, cherappresentava a sua volta circa il 30% di quella del Paleartico Occidentale.

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Sistema dei canneti

Tale tipologia ambientale comprende tutti i relitti di un ambiente ben più esteso che, daglianni 50—60 ha subito nel Delta una drastica contrazione. La causa principale è da attribuire,probabilmente, all’aumento di salinità dell’acqua provocata da subsidenza e dalla diminuzionedell’altezza sul medio mare degli scanni (che rappresentano le barriere naturali fra l’acqua dolce-salmastra dei bonelli, e l’acqua del mare).

Il canneto rappresenta un ecosistema indispensabile per passeriformi quali gliAcrocephalus, il Basettino (Panurus biarmicus) e il Pendolino (Remiz pendolinus) che utilizzanoprimariamente questo habitat. I canneti rappresentano un’area di sosta per anatre di superficie incaso di forti venti che, come la bora, possono continuare per più giorni consecutivamente. Oltre aciò rappresentano una insostituibile area di muta per Germano reale (Anas platyrhynchos) ed altriacquatici (rallidi, svassi) che, perdendo simultaneamente le remiganti, sono inabili al volo per undeterminato periodo: in questa fase, di mobilità limitata al nuoto, dette specie presentano unaridotta capacità di alimentazione, capacità ulteriormente condizionata dal disturbo di vario tipo. Gliardeidi, nidificanti in canneto, sono tra i più importanti consumatori di livello elevato nelle catenetrofiche delle zone umide (Fasola et al., 1982). Essi sono pertanto inclusi tra le specie di uccelliacquatici che concorrono a valutare l’importanza di un’area secondo i principi della Convenzione diRamsar (Spagnesi, 1982). I canneti risultano fondamentali in particolare per l'Airone rosso (Ardeapurpurea). E’ importante sottolineare come l’arretramento dei canneti perilagunari e l’aumentatodisturbo primaverile (natanti), abbiano concorso a compromettere la presenza delle colonie dinidificazione dell’Airone rosso (Pezze, Bacucco, Batteria, Busa del Bastimneto), dove fino ai primianni ’90 si riproducevano tra le 100 e le 200 coppie.

Sistema integrato delle sacche, velme e barene

Tali zone rappresentano una fondamentale area di alimentazione per anatre, limicoli,ardeidi, laridi e sterne.

Se la pressione venatoria può avere effetti limitati nelle lagune aperte e profonde dove gliuccelli transitano, nelle suddette località la stessa porta come inevitabile conseguenzaall’abbandono forzato dell’area e al trasferimento nelle valli dell’avifauna interessata dove, allaminore pressione venatoria, si aggiunge la possibilità dell’alimentazione artificiale (che tuttavia nonsi adatta alle esigenze trofiche di tutte le specie). Va ricordato che questa tipologia ambientale e’frequentata da almeno un’ottantina di specie diverse, ognuna delle quali occupa una nicchia troficaben precisa. In particolare in estate, le lagune si popolano di migliaia di caradriformi in sostamigratoria, tra cui il Gabbiano corallino. Le barene più mature, infine, sono ottimi siti di nidificaizoneper i Limicoli e la Volpoca.

Valli da pesca e da caccia

Le valli del Delta veneto rivestono una notevole rilevanza in quanto, nelle loro diversitàambientali, possono rappresentare quasi tutti i biotopi originari del Delta, o dei biotopi intermedi,che costituiscono delle zone di tranquillità dove gli uccelli acquatici si alimentano, sostano e siriproducono.

L’utilizzazione venatoria delle, attraverso la concessione di azienda faunistico-venatoria,rappresenta una integrazione dell’attività di allevamento ittico. Ciò costituisce indubbiamente unnotevole incentivo, che spinge il vallicoltore ad attuare una serie di interventi, tra i quali:

� la sottrazione di alcune zone della valle all’allevamento delle specie ittiche; in dette zonevengono immesse acque dolci al fine di creare una situazione di permanenza degli acquatici,tanto più indispensabile nel periodo primaverile-estivo (nel quale peraltro vige il periodo diassoluto divieto venatorio):

� l’aratura del fondo nei tratti più importanti della valle;� lo spurgo dei canali di scorrimento delle acque;

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� il prosciugamento delle zone inquinate da eccesso di materiale organico al fine di esporleall’azione dell’aria e del sole;

� la regolazione del livello dell’acqua all’interno della valle, elemento essenziale per la nutrizionedegli acquatici.

Gli interventi di cui sopra vengono, nella norma, attuati da tutte le valli, costituendo unavera e propria “conditio sine qua non” per una gestione valliva finalizzata al mantenimento delbinomio fauna-ambiente intesa anche quale fonte di reddito.

Dal punto di vista vegetazionale nelle valli la copertura, nelle zone emerse, è data daspecie legate ad ambienti salmastri od alofili, soprattutto Salicornia, Salsola, Obione, Aster ecc. Learee interessate dall’acqua dolce e con bassa salinità hanno qualche zona coperta da fragmiteti oda altre piante più legate agli ambienti d’acqua dolce. Le zone di argine e quelle più elevate sonocoperte da Tamarix gallica ecc.

Le valli, in Polesine, sono le zone più importanti per sosta e svernamento di uccelliacquatici. Durante il periodo della nidificazione si rinvengono molte specie, tra cui Falco di palude(Circus aeruginosus), Germano reale (Anas plathyrhynchos), Moriglione (Aythya ferina), Aironerosso (Ardea purpurea), Usignolo di fiume (Cettia cetti), Beccamoschino (Cisticola juncidis),cannaiole (Acrocephalus sp. pl.), Gabbiano reale (Larus michehellis), Sterna comune (Sternahirundo) ecc. Durante il passo l’ambiente è sede di sosta ed alimentazione per numerosi uccelliacquatici, in particolare Anatidi (Anas sp. pl., Aythya sp. pl.), Rallidi (Fulica atra, Gallinulachloropus, Porzana sp. pl., Rallus aquaticus), Albanelle (Circus sp. pl.), Caradriformi (Calidris sp.pl., Vanellus vanellus, Tringa sp. pl. ecc.)

Durante il periodo invernale, le valli divengono sede di svernamento per numerosiAnseriformi per lo più delle seguenti specie: Germano reale (Anas plathyrhynchos), Alzavola (Anascrecca), Fischione (Anas Penelope) Canapiglia (Anas strepera), Mestolone (Anas clypeata),Moriglione (Aythya ferina), nonché per Ardeidi come Garzetta (Egretta garzetta), Airone cenerino(Ardea cinerea) ecc.

Alveo e golene Po di Maistra

Tra i siti a più alta biodiversità dell'intera provincia va ricordato sicuramente il Po di Maistra.È un vecchio alveo del Po, attualmente in fase senile a causa della scarsa officiosità, che si snodadall’abitato di Ca’ Venier sino a Boccasette, per sboccare in mare poco oltre. La componentefloristica e vegetazionale si presenta molto interessante, ed è data in gran parte da specie igrofileed acquatiche come la Cannuccia palustre (Phragmites australis), il Giaggiolo acquatico (Irispseudacorus), le mazze sorde (Typha angustifolia e T. latifolia), la Lisca lacustre (Schoenoplectuslacustris), il Coltellaccio (Sparganium erectum), le carici (Carex elata e C.riparia), la Salcerella(Lythrum salicaria), la Mestolaccia (Alisma plantago-aquatica), la Menta d’acqua (Menthaacquatica), le lenticchie d’acqua (Lemna sp. pl. e Spirodela polyrhiza), la Salvinia natans, laCastagna d’acqua (Trapa natans), la Ninfea (Nymphaea alba), il raro Poligonum amphibium, ed igeneri Myriophyllum e Nuphar raggruppati talvolta nella tipica associazione denominataMyriophyllo-nupharetum.

Durante il passo si rinvengono un po’ tutte le specie frequentanti gli ambienti vallivicircostanti come le anatre di superficie (Anas sp. pl.) quelle tuffatrici (Aythya sp. pl.), la Folaga(Fulica atra), la Gallinella d’acqua (Gallinula chloropus), il Porciglione (Rallus aquaticus). Nelperiodo riproduttivo tale ambiente diventa sede di nidificazione per interessanti e rare specie degliambienti umidi, ed in particolare per Ardeidi ed altri Cinconiformi. Al suo interno ha sede unacolonia di aironi composta da alcune centinaia di coppie di Nitticora (Nycticorax nycticorax),Sgarza ciuffetto (Ardeola ralloides), Garzetta (Egretta garzetta), Airone guardabuoi (Bubulcus ibis),Airone cenerino (Ardea cinerea) e Airone rosso (Ardea purpurea); nidifica qui la rara Spatola(Platalea leucorodia) Tra gli Anatidi particolarmente numerosi sono il Germano reale (Anasplathyrhynchos), l’Alzavola (Anas crecca), ed il Moriglione (Aythya ferina), e qui sverna laprincipale frazione provinciale di alcune specie quali la Moretta tabaccata (Aythya nyroca), laMoretta grigia (Aythya marila), la Pesciaiola (Mergus albellus); si trovano inoltre numerosi piccoliPasseriformi legati alle zone di canneto, come il Basettino (Panurus biarmicus), il Pendolino

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(Remiz pendulinus) le cannaiole ed il Cannareccione (Acrocephalus sp.pl.), il Migliarino di palude(Emberiza schoeniclus) ecc.

3.4 Utilizzo del territorio polesano (uso del suolo)

Uso del suolo Corine Land Cover (Uso del suolo) anno 2006 – classe III

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Uso del suolo Corine Land Cover (Uso del suolo) anno 2006 – classe III. Provincia diRovigo.

La descrizione del territorio, sotto l’aspetto delle sue diverse utilizzazioni, diventaessenziale per un duplice fine:

− Da un lato serve come sfondo sul quale sovrapporre l'attività venatoria attuale evalutare quindi il livello di utilizzazione della risorsa territorio. Escludendo le areeantropizzate (tessuto urbano continuo e discontinuo, aree infrastrutturali ed estrattive,discariche ed aree verdi urbane o destinate ad attività sportive) in cui è vietato cacciareper legge, si è cercato di stimare la quantità di territorio potenzialmente utilizzabile aifini faunistico- venatori, denominato territorio agro-silvo pastorale (TASP).

− Rispetto alla porzione di territorio utilizzabile ai fini faunistico-venatori, la presenza diun territorio di elevato pregio ambientale deve presentare la massima diversificazioneche, nel caso del Polesine, si estende per una superficie di circa 28.000 ettarirappresentati dalle diverse tipologie di zone umide, e per circa 500 ettari da boschettie cespuglietti. La rimanente consistente porzione costituisce la superficie agricolatotale. La situazione della provincia di Rovigo inerente il consumo di suolo, risulta molto particolare.

Infatti, nella seconda metà dell'800 iniziano le opere di bonifica più significative nelle paludi e valli che

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consegnano ai polesani grandi quantità di terre da coltivare. Dunque, abbiamo due momenti, il primonel quale si "produce" suolo e il secondo nel quale si "consuma" suolo ai fini residenziali/produttivi einfrastrutturali. Analizzando le dinamiche insediative dell'ultima metà del secolo scorso, piùprecisamente a partire dal 1960, si può tranquillamente affermare che la provincia di Rovigonon ha subito quello sviluppo esponenziale che ha caratterizzato altre aree, dove le principalicittà si sono ampiamente espanse verso la campagna.

L'attuale situazione d'insediamento, che è diversa dal resto del territorio del Veneto,deriva dallo spopolamento del Polesine durante gli anni in cui il nord-est conosceva invece ilfervore edilizio ed industriale.

Nel territorio polesano è dominante la grande dimensione territoriale, la quale si coniugacon una popolazione concentrata in centri o sparsa in abitazioni che non raggiungononemmeno la densità limite del Veneto centrale; tutto ciò a sostegno della tesi che in questoterritorio un ruolo chiave è svolto dall'assetto agricolo e dalle sue vocazioni naturali le qualirappresentano un modello alternativo di sviluppo territoriale.

Campagna intensamente coltivata.

All’interno della superficie territoriale occupata da aziende agro-zootecniche-forestali siindividuano le superfici investite ed effettivamente utilizzate in coltivazioni propriamente agricole, lacosiddetta superficie agricola utilizzata (SAU). In tutto il territorio polesano, come altrove, lapresenza umana e le attività associate hanno profondamente modificato il paesaggio rurale el’ambiente. L’agricoltura intensiva-estensiva prevede una serie di pratiche colturali tendenti afacilitare ed uniformare le fasi lavorative lasciando scarso spazio per la conservazione, per ilcanale bordato di vegetazione, per la macchia d’alberi o per le siepi.

L'analisi della SAU negli ultimi decenni ne evidenzia una progressiva diminuzione inprovincia di Rovigo, dove attualmente rappresenta l'89% della superficie territoriale.

1999 2004 2007 2010

Belluno 53255,00 47798,00 47173,88 50924,63Padova 141280,00 142985,00 132336,00 131791,53Rovigo 121691,00 135864,00 114001,00 116607,39Treviso 147152,00 139447,00 125266,00 123223,65Venezia 121760,00 120372,00 118801,00 114070,66Verona 184256,00 181711,00 164958,00 169572,67Vicenza 130183,00 113129,00 104936,00 94550,25

Superficie agricola utilizzata (SAU) in ettari delle province del Veneto: Anni 1999, 2004, 2007, 2010.

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Fonte: http://www.arpa.veneto.it/arpavinforma/indicatori-ambientali

Da un confronto con la situazione a livello regionale relativa ai dati del 6°censimentogenerale dell’agricoltura del 2010, si riscontra a Rovigo il massimo valore di SAU, bensuperiore alla media regionale (71%), maggiore anche rispetto alle altre province venete dipianura (Padova 86%, Venezia 83%).

Si conferma il maggior peso economico dell'agricoltura in Polesine e la specificitàproduttiva del settore primario rispetto alle altre realtà del Veneto; in termini economici questo sipuò osservare dall'esame del valore aggiunto prodotto in agricoltura rispetto agli altri settoriproduttivi che nel 2006 risultava del 4,4%, oltre il doppio rispetto alla media regionale e trevolte superiore rispetto alle altre province venete di pianura (Padova e Venezia), che purepresentano valori di SAU non molto inferiori.

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Utilizzazione dei terreni, superfici in ettari Fonte: Elaborazioni Servizio Statistica Provincia di Rovigo su dati Istat

Uno dei dati più realistici per una valutazione dello stato dell’agro-eco-sistema è

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rappresentato dal riparto della SAU, che nel Polesine conferma la presenza, quasi ovunquediffusa, di una agricoltura intensiva che ha stravolto, nel corso dell’ultimo trentennio, praticheagronomiche in uso da secoli che avevano permesso sia la sopravvivenza dell’ambiente che dellapopolazione.

Tra tutte, l’abbandono della rotazione agraria che ha portato al dilagare della monocoltura. IDati riportati in grafico e tabella risultano a tale proposito molto eloquenti.

Utilizzazione deiterreni: distribuzione% della SAU per tipodi coltivazione

Territorio

superficieagricolautilizzata

(sau)

seminativicoltivazioni

legnoseagrarie

orti familiariprati

permanenti epascoli

ATC RO1 100,00 94,65 4,72 0,10 0,53

ATC RO2 100,00 96,39 2,29 0,12 1,20

ATC RO3 100,00 98,21 0,73 0,11 0,95

provincia di Rovigo 100,00 96,56 2,45 0,11 0,88

Veneto 100,00 70,15 13,50 0,25 16,09

Nord-est 100,00 63,48 12,63 0,18 23,71

Italia 100,00 54,52 18,52 0,25 26,71

Fonte: Elaborazioni Servizio Statistica Provincia di Rovigo su dati Istat

In termini percentuali e al livello provinciale si devono evidenziare:

� la grande e costante predominanza dei seminativi (media provinciale 96,56% a fronte di unamedia regionale assestata sul 70% della SAU), che fanno del Polesine un’area aspecializzazione quasi monocolturale;

� la minima incidenza di colture pratensi permanenti (0.88% della SAU provinciale a fonte di unamedia regionale del 16.09%) che si lega anche ai processi di disattivazione della zootecnia cheè andata concentrandosi e specializzandosi nell’ambito di poche aziende;

� la forte diminuzione delle colture arboree permanenti, più che dimezzatesi nel corso deltrentennio (2,45% della SAU provinciale a fonte di una media regionale del 13.50%) connessaall’assenza di una specifica vocazione alla coltura della vite e all’impatto – per quanto riguardala frutticoltura – di fenomeni di concorrenza da parte di aree produttive a forte vocazionalità especializzazione.

Il dato medio provinciale definisce una realtà che si articola in situazioni piuttostodifferenziate a livello delle tre zone omogenee del Polesine occidentale, centrale e del Delta delPo, coincidenti rispettivamente con gli ATC Ro1, RO2 e RO3. Con riferimento alla media dell’ultimodecennio, la predominanza dei seminativi si fa assoluta passando dal Polesine occidentale(94.65% circa), al Polesine centrale (96.39%), e al Delta (98.21%).

Analogo gradiente, ma di segno opposto, evidenziano le colture arboree, che passano sullaSAU dal 4.72% circa del Polesine occidentale, al 2.3% del Polesine centrale e allo 0.73% delPolesine orientale.

Per il Delta si può osservare la presenza contestuale di una maglia aziendale relativamenteampia e di una bassissima incidenza di colture arboree. Questa concomitanza, frutto sia di una

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vocazionalità agronomica che di orientamento imprenditoriale, ha indubbiamente dei risvoltimorfologico-paesaggistici, oltreché agro-ecologici.

Un ultimo dato saliente, che ci consente una lettura del territorio, è rilevabile dalla analisidella serie storica dei dati elaborati nei Censimenti Generali dell’Agricoltura nel periodo 1982-2010:ad un mantenimento pressoché costante della SAU provinciale, si registrano nel citato periodo undimezzamento del numero delle aziende agricole (- 49%) ed un crollo verticale delle giornatelavorative svolte (- 72%) cui corrisponde il raddoppio della SAU media aziendale passata da ettari8.07 (1982) agli attuali ettari 15.72.

Fonte: Elaborazioni Servizio Statistica Provincia di Rovigo su dati Istat

Un ultima considerazione rispetto all’esame degli aspetti legati al territorio agricolo riguardal’esigenza di mantenere, o meglio, tentare di ricreare un minimo di biodiversità nel territorioagricolo da perseguire mediante corrette politiche agricole, incentivi economici ed una ulterioreconsapevolezza da parte degli imprenditori agricoli. La questione ambientale, o in questo caso, piùspecificatamente agroambientale è una delle tematiche che ha percorso la stesura dell’ultimoProgramma di Sviluppo Rurale (PSR 2007-2013) e che troverà ampio spazio anche nel nuovoperiodo di programmazione, quello che va dal 2014 al 2020 e che già in questi mesi si staprogressivamente delineando con l’imminente entrata in vigore della nuova Politica AgricolaComune.

L’impegno dell’ultimo PSR verso gli obiettivi ambientali è stato significativo, come espressodai dati sul volume di risorse destinate alle misure agroambientali. Gli incentivi pubblici messi adisposizione hanno favorito alcune azioni da parte degli imprenditori per investimenti destinati allasalvaguardia ambientale anche all’interno delle loro aziende agricole. I risultati raggiunti attraversole misure agroambientali del PSR 2007-2013 hanno portato a individuare obiettivi che puntanoverso una maggiore attrattività per il prossimo periodo di programmazione poiché è innegabile chela funzione di sostenibilità ambientale e di mantenimento del territorio che svolge l’agricoltura siaancora oggi di fondamentale importanza.

Mentre la descrizione di interventi di riqualificazione ambientale (con esclusivo riferimento aquelli finalizzati all’incremento della fauna selvatica) vengono descritti in altra parte del presentePiano, si riporta di seguito una tabella di riferimento nella quale vengono definite le diverse

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tipologie legate allo svolgimento dell’attività agricola in correlazione alla loro limitata, media oelevata compatibilità ambientale.

Fonte: Parco Reg.le del Fiume Sile. Linee guida per la gestione delle aree agricole e delle zone umide

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4 – LA RETE NATURA 2000 NEL CONTESTO POLESANO

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La descrizione di un territorio non può prescindere da una attenta descrizione eillustrazione delle valenze ambientali e delle aree protette. I parchi, le riserve, le varie oasi dinaturalità sono riconosciuti, ormai diffusamente, come elementi fondamentali nella struttura delcomplesso territoriale. La loro buona gestione, secondo principi di valorizzazione del paesaggiostorico, di integrazione delle attività antropiche e, nel contempo, di conservazione delle risorsenaturali, e un compito imprescindibile per un uso equilibrato del territorio e delle sue risorse.

La nozione di biodiversità, già da tempo, viene comunemente inserita nei criteri orientatividella pianificazione degli interventi connessi alla tutela ambientale ed alla rinaturalizzazione delterritorio.

Le direttive europee 92/43/CEE, relativa alla protezione di habitat e specie, e 79/409/CEE(Uccelli), relativa alla tutela del patrimonio avifaunistico, sono divenuti riferimenti d’obbligo inquesto senso, visto che con esse si e potuta strutturare una prima generale rete ecologica che hacollegato le principali aree protette fra loro.

La provincia di Rovigo, caratterizzata da numerosi piccoli centri e da un diffuso uso agricolointensivo, non sfugge a queste dinamiche. Il cuore del sistema e nel Delta del Po dal quale, tramiteil sistema fluviale, si irradia un sistema ecologico complesso e dinamico che si basa sugli equilibridi terre ed acque.

Fanno parte di questo sistema le golene, i gorghi, le aree naturali minori e piccole areeumide localizzate nel territorio della provincia.

Con la Direttiva Habitat 92/42/CEE e stato dato il via all’istituzione della Rete EcologicaEuropea “Natura 2000” composta da un complesso di siti caratterizzati dalla presenza di habitat especie sia animali che vegetali, di interesse comunitario (indicati negli allegati I e II della Direttiva)la cui funzione e quella di garantire la sopravvivenza a lungo termine della biodiversità presente sulcontinente europeo. L’insieme di tutti i siti definisce un sistema strettamente relazionato da unpunto di vista funzionale.

Fanno parte della rete sia i Siti di Importanza Comunitaria (SIC) previsti dalla DirettivaEuropea 43/92/ CEE per la protezione degli habitat che le aree destinate alla conservazione dellespecie di uccelli denominate Zone di Protezione Speciale (ZPS).

I perimetri degli ambiti di Rete Natura 2000 sono stati approvati con Delibera di GiuntaRegionale n. 4003 del 16 dicembre 2008 e sono pubblicati sul sito internet della Regione Veneto.

Complessivamente in Provincia di Rovigo sono stati individuati otto siti d’importanzacomunitaria per complessivi 25.846 ettari, localizzati quasi esclusivamente nel basso polesine.Rispetto al dato rilevato nel 2000 sono stati raggruppati molti siti di piccole dimensioni ecomplessivamente e aumentata la superficie di oltre 2.000 ettari.

Nell’alto Polesine un sito interessa parzialmente il comune di Badia Polesine; il sito e

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IT3210042 Fiume Adige tra Verona Est e Badia Polesine.

Per quanto riguarda le Zone di Protezione Speciale nella provincia sono presenti quattro sitiche interessano un territorio di 25.402 ettari. L’incremento rispetto al 2002 e molto consistente ed estato necessario al fine di rispondere a precise richieste fatte dalla Commissione Europea. La ZPSdel Delta del Po interessa marginalmente territorio in Provincia di Venezia ed e contigua ai sitilocalizzati nella Regione Emilia Romagna.

L’estensione complessiva (territorio complessivamente interessato da SIC, ZPS o daentrambi) e pari a circa 28.500 ettari pari al 16% del territorio provinciale.

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