3° parte convegno il patto di non concorrenza
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LA CLAUSOLA PENALE
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LA CLAUSOLA PENALE (art. 1382 c.c.)
<< La clausola, con cui si conviene che, in caso di
inadempimento uno dei contraenti è tenuto ad una
determinata prestazione, ha l’effetto di limitare il
risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata
convenuta la risarcibilità del danno ulteriore.
La penale è dovuta indipendentemente dalla prova del
danno >> (art. 1382 c.c.).
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LA RIDUZIONE DELLA PENALE
ART. 1384 c.c.
“La penale può essere diminuita equamente dal giudice, se
l’obbligazione principale è stata eseguita in parte ovvero se
l’ammontare della penale è manifestamente eccessivo, avuto
sempre riguardo all’interesse che il creditore aveva
all’adempimento”
Il criterio cui il giudice deve porre riferimento per esercitare il potere di riduzione della
penale non è la valutazione della prestazione in sé astrattamente considerata, ma
l’interesse che la parte ha, secondo le circostanze, all’adempimento della prestazione
cui ha diritto, tenendosi conto delle ripercussioni dell’inadempimento sull’equilibrio
delle prestazioni e della sua effettiva incidenza sulla situazione contrattuale concreta”
(Cass. n. 7835 del 4 aprile 2006)
“Il potere conferito al giudice ex art. 1384 c.c. di ridurre ad equità la penale (per
manifesta eccessiva o sopravvenuta onerosità) non può essere esercitato d’ufficio,
ma richiede l’istanza della parte interessata” (Cass. n. 5691 del 19 aprile 2002)
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DIVIETO DI CUMULO
<<Il creditore non può domandare insieme la prestazione principale e la
penale, se questa non è stata stipulata per il semplice ritardo >> (art. 1383
c.c.)
tuttavia...
<< L’azione generale di condanna ad adempiere è cumulabile con la azione
di condanna al risarcimento del danno (ovvero pagamento di una penale ex
art. 1382 c.c., se prevista). Infatti, il divieto di cumulo fra esecuzione in forma
specifica delle prestazione e clausola penale previsto dall’art. 1383 c.c.
riguarda le sole prestazioni già maturate e inadempiute e non quelle non
ancora maturate, per le quali permane l’obbligo di adempimento >>
(Cass. n. 6976 del 21 giugno 1995).
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2. LE CLAUSOLE DI FIDELIZZAZIONE:
IL PATTO DI STABILITÀ
La clausola di stabilità - detta anche di “permanenza minima” o di “durata
minima garantita”- si può definire come quella clausola apposta ad un
contratto di lavoro in forza della quale il prestatore di lavoro o il datore di
lavoro - ovvero entrambe le parti contrattuali – si impegnano a non recedere
unilateralmente dal contratto di lavoro per un periodo di tempo prefissato
(solitamente salvo giusta causa o giustificato motivo)
Limitazione alla facoltà di recesso unilaterale di una o di entrambe le
parti contraenti
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LA CLAUSOLA DI STABILITA’
RIFERIMENTI NORMATIVI
Art. 2118 c.c.
Art. 2119 c.c.
Art.1322 c.c.
Art. 1362-1371 c.c.
RECESSO DAL CONTRATTO A TEMPO
INDETERMINATO
RECESSO PER GIUSTA CAUSA
AUTONOMIA CONTRATTUALE
INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO
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Può essere determinata in fase precontrattuale o in costanza di
rapporto di lavoro, mediante modifica delle condizioni originarie.
Non ha ad oggetto diritti indisponibili
Non ha natura transattiva e, quindi, non è assoggettata alla
disciplina di cui all’art. 2113 c.c.
Non rientra tra le clausole vessatorie (art. 1341, co. 2, c.c.)
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LA CLAUSOLA DI STABILITA’
APPOSIZIONE DELLA CLAUSOLA STABILITA’
VANTAGGI
Datore di lavoro
Interesse a preservare, per quanto possibile, la permanenza in azienda delle risorse professionali più meritevoli o per i quali l’azienda ha effettuato degli investimenti e sostenuto dei costi o fa affidamento per un certo periodo
Dipendente
Stabilità del posto di lavoro per
il periodo indicato nella
clausola ovvero eventuali
indennità o altre gratifiche
(in rapporto alle categorie escluse
dalla disciplina limitativa dei
licenziamenti)
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ASSUNZIONE DELL’OBBLIGO DI DURATA MINIMA
IL DATORE DI LAVORO
Clausola di durata minima
Preventiva rinuncia del datore di lavoro alla facoltà di recesso
per una durata predeterminata di tempo
garanzia per il lavoratore alla conservazione del posto
per il medesimo periodo
Utilità per le categorie escluse dalla disciplina limitativa protezionistica dei
licenziamenti e soggette alla normativa codicistica di cui agli artt. 2118 e 2119
c.c.
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ASSUNZIONE DELL’OBBLIGO DI DURATA MINIMA
IL LAVORATORE
Clausola di durata minima
Preventiva rinuncia del lavoratore alla facoltà di recesso per il medesimo
periodo di tempo
Garanzia per il datore di lavoro
di acquisire e conservare per una durata predeterminata risorse con profili
professionali specialistici e per questo investiti di incarichi strategici
di circoscrivere l’impatto negativo della perdita di tali professionalità
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“E’ valida e non contrasta con alcuna norma o principio
dell’ordinamento giuridico la clausola contrattuale con cui il
lavoratore, disponendo liberamente della propria facoltà di
recesso, pattuisce una garanzia di durata minima del contratto di
lavoro e si obbliga a risarcire il danno al datore nell’ipotesi di
dimissioni anticipate” Corte Cass. 19 agosto 2009, n. 18376
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LA CLAUSOLA DI STABILITÀ È LECITA E PERSEGUIBILE?
AUTONOMIA PRIVATA E CLAUSOLA
DI DURATA MINIMA DEL RAPPORTO
Anche nell’ambito del contratto di lavoro subordinato è possibile adattare
uno strumento contrattuale tipico alle particolari esigenze dei contraenti, da
valutare e inquadrare giuridicamente nel concetto di libertà contrattuale
alla stregua delle previsioni di cui all’art. 1322 c.c.
“Le parti possono liberamente
determinare il contenuto del
contratto nei limiti imposti
dalla legge”.
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LA FACOLTÀ DI RECESSO DAL RAPPORTO DI LAVORO È
DISPONIBILE?
“Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo
indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti [dalle
norme corporative], dagli usi o secondo equità” (…)
Le dimissioni si possono dare in ogni momento in quanto appartengono ad
un sistema di libertà assoluta che comprende anche il potere di disporre di
tale libertà.
Recesso dal contratto a tempo indeterminato
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Art. 2118 c.c.
1. RECESSO ANTICIPATO DEL DATORE DI LAVORO:
CONSEGUENZE
In ipotesi di anticipata e ingiustificata risoluzione del rapporto da
parte del datore di lavoro, il lavoratore avrà diritto al risarcimento
del danno pari all'ammontare delle retribuzioni che avrebbe
percepito se la risoluzione non fosse intervenuta, per tutto il
periodo in cui egli, pur usando l'ordinaria diligenza nel ricercarla,
non trovi altra idonea occupazione
Incombe sul datore di lavoro che voglia limitare la misura del
risarcimento dovuto l’onere di provare il difetto di diligenza del
lavoratore nella ricerca di un nuovo lavoro (1227 c.c.) o i proventi
eventualmente ricavati dal lavoratore - aliunde perceptum (Cass. 15
novembre 1996, n. 10043)
76 Materiale prodotto da LABALAW Studio Legale
2. RECESSO ANTICIPATO DEL DIRIGENTE:
CONSEGUENZE
In ipotesi di anticipata e ingiustificata risoluzione del rapporto da parte del dipendente, il datore di lavoro potrà agire per ottenere il risarcimento del danno, che potrebbe essere quantificato in ragione dei costi sostenuti per l’addestramento o per reperire il sostituto
a) obbligo di restituzione delle somme se preventivamente versate al lavoratore quale corrispettivo
ovvero
b) mancato pagamento delle somme promesse alla scadenza di un termine prefissato
Opportunità di prevedere l’inserimento di una clausola penale che predetermini pattiziamente la quantificazione del danno da inadempimento da detrarre dalle competenze di fine rapporto e dal Tfr
77 Materiale prodotto da LABALAW Studio Legale
LA CLAUSOLA DI PROLUNGAMENTO DEL
PREAVVISO DI DIMISSIONI
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Clausola con la quale datore di lavoro e lavoratore
pattuiscono la prosecuzione del periodo di preavviso oltre il
termine previsto dalla contrattazione collettiva.
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Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a
tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi
stabiliti [dalle norme corporative], dagli usi o secondo equità.
In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a
un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe
spettata per il periodo di preavviso.
La stessa indennità è dovuta dal datore di lavoro nel caso di cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro.
Art. 2118 c.c.
RECESSO DAL CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO
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L’art. 2118 c.c. stabilisce l’obbligo del preavviso
rinviando alla contrattazione collettiva il “termine”
ed i “modi”
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Ragioni del lavoratore per l’utilizzo della clausola
di prolungamento del preavviso di dimissioni
1. percorso formativo del lavoratore
2. raggiungimento di una posizione particolarmente qualificata
3. corresponsione di un emolumento retributivo integrativo
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Liceità del patto di prolungamento del preavviso di
dimissioni
• La pattuizione individuale con la quale il datore di lavoro e dipendente
concordano di prolungare il preavviso dovuto nell’ipotesi di dimissioni, con contestuale riconoscimento di benefici per il lavoratore è da ritenersi legittima (Trib. Genova, 7 settembre 2004)
• La clausola di prolungamento del preavviso non urta contro alcuna disposizione inderogabile di legge o di contratto (Cass. 9 giugno 1981, n. 3741 – Corte d’Appello di Brescia, 8 aprile 2005, n 67)
• Il sacrificio posto a carico del lavoratore è quello di un preavviso di durata superiore a quella stabilita dal ccnl, ma è bilanciato dall’acquisizione di professionalità e da un corrispettivo
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Vantaggi del patto di prolungamento di preavviso
di dimissioni
Consente di introdurre uno strumento per dissuadere il
lavoratore ad abbandonare l’azienda
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Svantaggi del patto di prolungamento di preavviso
di dimissioni
Non consente di vincolare il lavoratore a non abban-
donare l’azienda
Non è possibile agire in via d’urgenza in caso di
inadempimento
IL CORRISPETTIVO
Alcuna norma di legge subordina la validità del patto di stabilità
all’erogazione di un corrispettivo
Tuttavia la giurisprudenza si è pronunciata sulla legittimità del vincolo in
relazione a fattispecie in cui il vincolo per il lavoratore rinveniva un
corrispettivo nella natura della prestazione o in particolari
investimenti formativi e/o economici del datore di lavoro (Cass. 11
febbraio 1998, n. 1435; Cass. 7 settembre 2005, n. 17817).
il versamento di un corrispettivo vincola maggiormente il dipendente al
rispetto dell’obbligo in esso previsto (sia come perdita del beneficio sia
come sanzione in caso di violazione dell’impegno)
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