30° avo di mirandola
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Pubblicazione dell'Associazione Volontari Ospedialieri di Mirandola, in occasione del 30° anno di attività, e presentata il 5 maggio 2012, 15 giorni prima della prima scossa del terremoto che ha colpito l'Emilia.TRANSCRIPT
VOLONTARIOSPEDALIERITRAPASSATOEFUTURO
30 ANNI DI AVOA MIRANDOLA
VOLONTARIOSPEDALIERITRAPASSATOEFUTURO
30 ANNI DI AVOA MIRANDOLA
VOLONTARIOSPEDALIERITRAPASSATOEFUTURO
30 ANNI DI AVOA MIRANDOLA
Questo libricino è frutto del cuore e della mente di tante persone che lo hanno voluto e
che hanno contribuito alla sua realizzazione. Esso narra in breve la storia dell'AVO di
Mirandola che è nata e si è sviluppata grazie al cuore e alla mente di tanti uomini e
donne di buona volontà. La loro opera è stata volta al sollievo di malati provati nel cuore
e nella mente, oltre che nel fisico. Il loro ricordo non potrà non toccare il cuore e la
mente dei lettori. Perché qualsiasi forma di volontariato ha bisogno e si nutre sia di
sentimenti, emozioni, sensibilità, sia di meditazione, ragionamento e coerenza. Trenta
anni di attività dell'AVO di Mirandola sono dunque una ricchezza che merita di essere
conosciuta per il suo valore intrinseco, per gli effetti positivi che ha prodotto a livello
sociale, sanitario ed educativo, nonché per l'esempio che potrà offrire anche in futuro
per la formazione di “cittadini nuovi, consci delle proprie responsabilità, ma anche
gratificati dal sentirsi partecipi nella costruzione del Bene Comune”.
Introduzione 03
Questo libricino è frutto del cuore e della mente di tante persone che lo hanno voluto e
che hanno contribuito alla sua realizzazione. Esso narra in breve la storia dell'AVO di
Mirandola che è nata e si è sviluppata grazie al cuore e alla mente di tanti uomini e
donne di buona volontà. La loro opera è stata volta al sollievo di malati provati nel cuore
e nella mente, oltre che nel fisico. Il loro ricordo non potrà non toccare il cuore e la
mente dei lettori. Perché qualsiasi forma di volontariato ha bisogno e si nutre sia di
sentimenti, emozioni, sensibilità, sia di meditazione, ragionamento e coerenza. Trenta
anni di attività dell'AVO di Mirandola sono dunque una ricchezza che merita di essere
conosciuta per il suo valore intrinseco, per gli effetti positivi che ha prodotto a livello
sociale, sanitario ed educativo, nonché per l'esempio che potrà offrire anche in futuro
per la formazione di “cittadini nuovi, consci delle proprie responsabilità, ma anche
gratificati dal sentirsi partecipi nella costruzione del Bene Comune”.
Introduzione 03
Che cosa è l’ AVO 05
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
Nel 1975 i primi volontari AVO entrano nell'Ospedale di Sesto San Giovanni, guidati dalla
Dott.ssa Caterina Orrù Longhini: incomincia così la storia della nostra associazione. In
realtà diversi anni erano occorsi perché da un episodio apparentemente banale
scaturisse un'idea tanto feconda e si concretizzasse un progetto ricco e articolato.
Infatti, nel 1969, Erminio Longhini, medico all'Ospedale Niguarda, si era fermato a
richiamare un'inserviente al dovere di porgere un po' d'acqua a un malato che la
chiedeva, anche se quel compito non le spettava.
Proprio negli anni '60-'70 profonde trasformazioni coinvolgevano la società e la sanità: si
stava passando dalla concezione di ospedale sintetizzata nel motto dell'Hotel Dieu di
Parigi “Se sei malato, vieni e ti guarirò; se non potrò guarirti, ti curerò; se non potrò
curarti, ti consolerò” a quella di un'azienda produttrice di diagnosi e cure con
strumentazioni sempre più costose, ma insieme con l'esigenza di risparmio economico.
Ne derivarono, da un lato, l'impoverimento del rapporto umano tra curante e curato a
causa della prevalenza della macchina sull'uomo e, dall'altro, la riduzione del malato a
malattia. Il volontario AVO è nato per combattere la disumanizzazione delle cure,
diventando egli stesso terapia della solitudine del malato e partecipando in modo
costruttivo alla realizzazione dei fini dell'ospedale, come è stato ben recepito nel testo
della Riforma sanitaria del 1999: ”Le istituzioni e gli organismi a scopo non lucrativo
concorrono, con le istituzioni pubbliche e quelle equiparate, alla realizzazione dei doveri
costituzionali di solidarietà, dando attuazione al pluralismo etico-culturale dei servizi alla
persona.” L'essenza del nostro volontariato, ha tante volte ripetuto il nostro fondatore
prof. Longhini, sta nel servizio come dono libero e gratuito di se stessi, del proprio
tempo, per la salvaguardia del Bene Comune.
Esso nasce dall'amore per l'altro che ci sta accanto, prima di tutto malato, ma anche
parente, medico, infermiere e volontario: tutti partecipi della letizia interiore e profonda
che deriva da tale sentimento, pur nella sofferenza.
Il volontario AVO non deve avere l'intenzione di “andare a dare”, ma deve cercare di
stabilire un rapporto umano, uno scambio d'amore con l'altro uomo.
“L'amore non è possesso, ma reciprocità e perciò confidenza e fiducia” (S. Natoli).
Nella reciprocità ciascuno è curante e curato. Non meravigli pertanto se i volontari
dell'AVO ripetono spesso che è molto più grande il bene che ricevono di quello che
donano.
E' indicibile la gioia intima che si prova davanti al sorriso di un malato che risponde al
nostro sorriso, davanti ad un suo ringraziamento sincero per una nostra piccola
Decalogo del volontario AVO04
Che cosa è l’ AVO 05
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
Nel 1975 i primi volontari AVO entrano nell'Ospedale di Sesto San Giovanni, guidati dalla
Dott.ssa Caterina Orrù Longhini: incomincia così la storia della nostra associazione. In
realtà diversi anni erano occorsi perché da un episodio apparentemente banale
scaturisse un'idea tanto feconda e si concretizzasse un progetto ricco e articolato.
Infatti, nel 1969, Erminio Longhini, medico all'Ospedale Niguarda, si era fermato a
richiamare un'inserviente al dovere di porgere un po' d'acqua a un malato che la
chiedeva, anche se quel compito non le spettava.
Proprio negli anni '60-'70 profonde trasformazioni coinvolgevano la società e la sanità: si
stava passando dalla concezione di ospedale sintetizzata nel motto dell'Hotel Dieu di
Parigi “Se sei malato, vieni e ti guarirò; se non potrò guarirti, ti curerò; se non potrò
curarti, ti consolerò” a quella di un'azienda produttrice di diagnosi e cure con
strumentazioni sempre più costose, ma insieme con l'esigenza di risparmio economico.
Ne derivarono, da un lato, l'impoverimento del rapporto umano tra curante e curato a
causa della prevalenza della macchina sull'uomo e, dall'altro, la riduzione del malato a
malattia. Il volontario AVO è nato per combattere la disumanizzazione delle cure,
diventando egli stesso terapia della solitudine del malato e partecipando in modo
costruttivo alla realizzazione dei fini dell'ospedale, come è stato ben recepito nel testo
della Riforma sanitaria del 1999: ”Le istituzioni e gli organismi a scopo non lucrativo
concorrono, con le istituzioni pubbliche e quelle equiparate, alla realizzazione dei doveri
costituzionali di solidarietà, dando attuazione al pluralismo etico-culturale dei servizi alla
persona.” L'essenza del nostro volontariato, ha tante volte ripetuto il nostro fondatore
prof. Longhini, sta nel servizio come dono libero e gratuito di se stessi, del proprio
tempo, per la salvaguardia del Bene Comune.
Esso nasce dall'amore per l'altro che ci sta accanto, prima di tutto malato, ma anche
parente, medico, infermiere e volontario: tutti partecipi della letizia interiore e profonda
che deriva da tale sentimento, pur nella sofferenza.
Il volontario AVO non deve avere l'intenzione di “andare a dare”, ma deve cercare di
stabilire un rapporto umano, uno scambio d'amore con l'altro uomo.
“L'amore non è possesso, ma reciprocità e perciò confidenza e fiducia” (S. Natoli).
Nella reciprocità ciascuno è curante e curato. Non meravigli pertanto se i volontari
dell'AVO ripetono spesso che è molto più grande il bene che ricevono di quello che
donano.
E' indicibile la gioia intima che si prova davanti al sorriso di un malato che risponde al
nostro sorriso, davanti ad un suo ringraziamento sincero per una nostra piccola
Decalogo del volontario AVO04
Il seme dell'AVO venne portato da Milano a
Mirandola dal Prof. Sergio Santambrogio,
fu sparso tra uomini e donne di buona
volontà da Don Carlo Malavasi e fu
coltivato con passione, finché non diede
abbondanti frutti, dalla prof.ssa Maria
Sabattini. Il loro ricordo deve essere
custodito con amore e tenacia non per
alimentare inutili rimpianti o lodi formali, ma
per trarne forza e ispirazione.
I principi dell'AVO, da loro incarnati, troppo
spesso sono dimenticati o mal interpretati;
bisogna invece rimeditarli continuamente, per attualizzarli, anche in funzione delle
prospettive future. Notevoli furono le difficoltà iniziali, ma vennero affrontate con
coraggio. I valori ispiratori dell'associazione potevano apparire irrealizzabili in una
società improntata all'economicismo, alla competizione e all'interesse individuale a
svantaggio di quello dei più deboli e della collettività (ancora oggi questa è la grande
sfida), ma riuscirono a conquistare tante persone. Il prof. Santambrogio, divenuto
primario di Medicina dell'Ospedale di Mirandola nel 1979, aveva conosciuto a Milano il
prof. Longhini e ne aveva condiviso il desiderio di umanizzazione delle cure.
Egli era ben consapevole che il sistema sanitario italiano doveva essere riformato,
soprattutto sul versante etico. Durante una lezione, tenuta il 27 Novembre 1987 per il
Corso di formazione dei volontari AVO, afferma: ”L'assistito non si sente il numero uno,
bensì un numero umiliato nei modi e nei tempi, distaccati i primi e troppo allungati i
secondi.
E' proprio a questo punto che deve
intervenire l'AVO, il cui compito è di attutire
queste alterazioni del sistema.
Vorrei che voi volontari capiste l'importanza
che avete entrando in una corsia
d'ospedale.
Il vostro è un ruolo di notevole rilievo e
quindi bisogna che siate preparati a dare
una assistenza la migliore possibile, per cui
07
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
Nascita dell’AVO a Mirandola
Prof.ssa Maria Sabattini, 1988.
Prof. Sergio Santambrogio.
06 attenzione. Riportiamo le parole del Prof. Longhini per sintetizzare le caratteristiche del
volontario AVO:
“E' povero: non chiede potere, non esige nulla per sé.
E' umile: non critica, ma migliora.
E' capace di andare controcorrente, resta disposto al sacrificio, ambisce di perseguire
una preparazione sempre più approfondita.
Ha amore alla giustizia.
Vanta il sigillo del gratuito, porta pace, fa crescere e cresce insieme, non scarica la
propria ansia, non strumentalizza il malato”.
Di fronte all'altezza di tali ideali si deve superare il senso d'impotenza o la paura di non
esserne all'altezza nella consapevolezza che “tutti siamo particelle infinitesimali
di una inimmaginabile grandezza cosmica, ma tutti siamo essenziali nella diversità dei
nostri talenti”.
Pertanto dobbiamo far prevalere l'ottimismo, il coraggio del salto “nel buio”, ricordando
che dall'AVO di Sesto San Giovanni ne sono nate, sino a oggi, 243 costituite da quasi
30.000 persone di buona volontà che si sforzano umilmente di fare piccole cose
destinate a grandi risultati spesso nascosti.
Il Prof. Longhini e Anna Maria Ragazzi, Rimini 2011.
Il seme dell'AVO venne portato da Milano a
Mirandola dal Prof. Sergio Santambrogio,
fu sparso tra uomini e donne di buona
volontà da Don Carlo Malavasi e fu
coltivato con passione, finché non diede
abbondanti frutti, dalla prof.ssa Maria
Sabattini. Il loro ricordo deve essere
custodito con amore e tenacia non per
alimentare inutili rimpianti o lodi formali, ma
per trarne forza e ispirazione.
I principi dell'AVO, da loro incarnati, troppo
spesso sono dimenticati o mal interpretati;
bisogna invece rimeditarli continuamente, per attualizzarli, anche in funzione delle
prospettive future. Notevoli furono le difficoltà iniziali, ma vennero affrontate con
coraggio. I valori ispiratori dell'associazione potevano apparire irrealizzabili in una
società improntata all'economicismo, alla competizione e all'interesse individuale a
svantaggio di quello dei più deboli e della collettività (ancora oggi questa è la grande
sfida), ma riuscirono a conquistare tante persone. Il prof. Santambrogio, divenuto
primario di Medicina dell'Ospedale di Mirandola nel 1979, aveva conosciuto a Milano il
prof. Longhini e ne aveva condiviso il desiderio di umanizzazione delle cure.
Egli era ben consapevole che il sistema sanitario italiano doveva essere riformato,
soprattutto sul versante etico. Durante una lezione, tenuta il 27 Novembre 1987 per il
Corso di formazione dei volontari AVO, afferma: ”L'assistito non si sente il numero uno,
bensì un numero umiliato nei modi e nei tempi, distaccati i primi e troppo allungati i
secondi.
E' proprio a questo punto che deve
intervenire l'AVO, il cui compito è di attutire
queste alterazioni del sistema.
Vorrei che voi volontari capiste l'importanza
che avete entrando in una corsia
d'ospedale.
Il vostro è un ruolo di notevole rilievo e
quindi bisogna che siate preparati a dare
una assistenza la migliore possibile, per cui
07
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
Nascita dell’AVO a Mirandola
Prof.ssa Maria Sabattini, 1988.
Prof. Sergio Santambrogio.
06 attenzione. Riportiamo le parole del Prof. Longhini per sintetizzare le caratteristiche del
volontario AVO:
“E' povero: non chiede potere, non esige nulla per sé.
E' umile: non critica, ma migliora.
E' capace di andare controcorrente, resta disposto al sacrificio, ambisce di perseguire
una preparazione sempre più approfondita.
Ha amore alla giustizia.
Vanta il sigillo del gratuito, porta pace, fa crescere e cresce insieme, non scarica la
propria ansia, non strumentalizza il malato”.
Di fronte all'altezza di tali ideali si deve superare il senso d'impotenza o la paura di non
esserne all'altezza nella consapevolezza che “tutti siamo particelle infinitesimali
di una inimmaginabile grandezza cosmica, ma tutti siamo essenziali nella diversità dei
nostri talenti”.
Pertanto dobbiamo far prevalere l'ottimismo, il coraggio del salto “nel buio”, ricordando
che dall'AVO di Sesto San Giovanni ne sono nate, sino a oggi, 243 costituite da quasi
30.000 persone di buona volontà che si sforzano umilmente di fare piccole cose
destinate a grandi risultati spesso nascosti.
Il Prof. Longhini e Anna Maria Ragazzi, Rimini 2011.
inviava alla prof.ssa Sabattini una lettera
ufficiale in cui si dichiarava lieto che si
fosse costituita anche a Mirandola una
associazione con fini di solidarietà e aiuto
ai degenti e ai sofferenti; si dimostrava
inoltre disponibile a concedere l'uso della
sala riunioni dell'Ospedale di Mirandola
per il Corso di preparazione dei volontari e
a concordare con la Presidente i tempi e i
modi del contributo dell 'AVO per
l'assistenza sanitaria nei reparti.
Il 17 Ottobre 1981 iniziava il Primo Corso di
Formazione per i volontari, costituito da
12 lezioni settimanali e aperto da una
relazione della dott.ssa Caterina Orrù
Longhini alla presenza di più di
cinquanta aspiranti volontari; gli interventi
successivi furono attuati da personale
medico e sanitario, tra cui ricordiamo il
prof. Santambrogio, primario di Medicina,
e il prof. Martinelli, primario di Chirurgia.
Proprio in questi reparti fecero ingresso, il 3 Maggio 1982, circa 50 volontari AVO,
organizzati in due turni giornalieri durante tutta la settimana e dotati di uno spogliatoio
all'interno dello stesso nosocomio.
La prof.ssa Sabattini, nel 1982, divenne Presidente e ricoprì tale carica fino al 1989,
quando le subentrò Lara Colombari; nello stesso anno lasciò anche la carica di
rappresentante regionale dell'Emilia-Romagna all'interno del Consiglio nazionale,
carica assunta da un'altra volontaria dell'AVO Mirandola, Maria Bernasconi Cavalli.
In una dispensa per il Corso di preparazione dei volontari del 1982 si legge una sua
interessante testimonianza degli inizi del servizio in ospedale: “Noi del Primo Corso
abbiamo fatto un'esperienza un po' duretta, perché non avevamo vicino nessuno
con esperienza.
L'ambiente non era preparato a riceverci e non poteva rendersi conto di quali fossero i
nostri compiti da svolgere in silenzio, in punta di piedi, ascoltando molto, intervenendo
solo quando fosse opportuno… Noi varcammo la prima soglia timorosi, salutando
sottovoce i malati, e, sorridendo, ci avvicinammo ad ogni letto, chiedendo a ognuno se
gli occorresse qualcosa, spiegandogli brevemente che eravamo lì per lui, che la nostra
opera era gratuita. Dapprima qualcuno ci ricusò, poi, via via, il nostro sorriso e il nostro
09
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
occorre una buona preparazione di base, non dico scientifica, ma capace di cogliere la
parte umana della scientificità”.
Anche Don Carlo Malavasi, allora cappellano dell’ospedale di Mirandola, ben comprese
la funzione che lo sviluppo dell'associazione poteva avere per il miglioramento delle
condizioni dei malati ospedalizzati e per la maturazione etico-civile della società;
pertanto si adoperò per far conoscere i principi dell'AVO e aiutarne la nascita. Infatti, già
dagli inizi del 1980 convocò delle riunioni a tale scopo e riuscì a riunire una cinquantina di
uomini e donne di buona volontà che mossero i primi passi di un cammino lungo,
faticoso, ma destinato a raggiungere una meta importante.
Egli stesso affermava ne “La Finestra” del 31 Gennaio 1980: “I tempi per arrivare anche
solo alla costituzione giuridica saranno lunghi, perché è necessario fare le cose bene,
ma intanto si è iniziato a lavorare”.
Proprio a lavorare e a lavorare bene provvide senz'altro la professoressa Maria Sabattini
che, dopo decenni dedicati alla scuola come insegnante e poi come preside, orientò a
favore dell'AVO il suo impegno instancabile, la sua forte determinazione e le sue
capacità organizzative. L'associazione, infatti, deve soprattutto a lei sia la nascita a
Mirandola, sia la diffusione negli Ospedali di S.Felice s/P, di Concordia e di Finale Emilia.
Il 6 Marzo 1981 il prof. Longhini venne a
Mirandola per incontrare i promotori
dell'AVO; ad ascoltarlo erano in nove: due
maestre, tre giovani, un operaio, un
commerciante, un sacerdote e una preside
in pensione. Il 26 dello stesso mese ebbe
luogo la prima riunione, presieduta dal prof.
Santambrogio, di quanti intendevano dare
la loro adesione all'associazione. Il 13 Aprile
1981, nello studio del notaio dott.
Francesco Borellini, veniva costituita
legalmente l'AVO di Mirandola, con sede in
piazza Ceretti n. 10, e si stabiliva una
provvisoria Commissione esecutiva
formata, oltre che dalla prof.ssa M.
Sabattini, dai seguenti componenti:
Bruschi Sergio, Caleffi Andrea, Dotti
Alberto, Giliberti Erio, Paolini Marco,
Ragazzi Bianca, Cavicchioli Maria Lara e
Pederzini Arturo. Il 22 Maggio 1981 il Presidente
dell'Unità Sanitaria Locale n. 15, Fausto Luppi,
08
inviava alla prof.ssa Sabattini una lettera
ufficiale in cui si dichiarava lieto che si
fosse costituita anche a Mirandola una
associazione con fini di solidarietà e aiuto
ai degenti e ai sofferenti; si dimostrava
inoltre disponibile a concedere l'uso della
sala riunioni dell'Ospedale di Mirandola
per il Corso di preparazione dei volontari e
a concordare con la Presidente i tempi e i
modi del contributo dell 'AVO per
l'assistenza sanitaria nei reparti.
Il 17 Ottobre 1981 iniziava il Primo Corso di
Formazione per i volontari, costituito da
12 lezioni settimanali e aperto da una
relazione della dott.ssa Caterina Orrù
Longhini alla presenza di più di
cinquanta aspiranti volontari; gli interventi
successivi furono attuati da personale
medico e sanitario, tra cui ricordiamo il
prof. Santambrogio, primario di Medicina,
e il prof. Martinelli, primario di Chirurgia.
Proprio in questi reparti fecero ingresso, il 3 Maggio 1982, circa 50 volontari AVO,
organizzati in due turni giornalieri durante tutta la settimana e dotati di uno spogliatoio
all'interno dello stesso nosocomio.
La prof.ssa Sabattini, nel 1982, divenne Presidente e ricoprì tale carica fino al 1989,
quando le subentrò Lara Colombari; nello stesso anno lasciò anche la carica di
rappresentante regionale dell'Emilia-Romagna all'interno del Consiglio nazionale,
carica assunta da un'altra volontaria dell'AVO Mirandola, Maria Bernasconi Cavalli.
In una dispensa per il Corso di preparazione dei volontari del 1982 si legge una sua
interessante testimonianza degli inizi del servizio in ospedale: “Noi del Primo Corso
abbiamo fatto un'esperienza un po' duretta, perché non avevamo vicino nessuno
con esperienza.
L'ambiente non era preparato a riceverci e non poteva rendersi conto di quali fossero i
nostri compiti da svolgere in silenzio, in punta di piedi, ascoltando molto, intervenendo
solo quando fosse opportuno… Noi varcammo la prima soglia timorosi, salutando
sottovoce i malati, e, sorridendo, ci avvicinammo ad ogni letto, chiedendo a ognuno se
gli occorresse qualcosa, spiegandogli brevemente che eravamo lì per lui, che la nostra
opera era gratuita. Dapprima qualcuno ci ricusò, poi, via via, il nostro sorriso e il nostro
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VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
occorre una buona preparazione di base, non dico scientifica, ma capace di cogliere la
parte umana della scientificità”.
Anche Don Carlo Malavasi, allora cappellano dell’ospedale di Mirandola, ben comprese
la funzione che lo sviluppo dell'associazione poteva avere per il miglioramento delle
condizioni dei malati ospedalizzati e per la maturazione etico-civile della società;
pertanto si adoperò per far conoscere i principi dell'AVO e aiutarne la nascita. Infatti, già
dagli inizi del 1980 convocò delle riunioni a tale scopo e riuscì a riunire una cinquantina di
uomini e donne di buona volontà che mossero i primi passi di un cammino lungo,
faticoso, ma destinato a raggiungere una meta importante.
Egli stesso affermava ne “La Finestra” del 31 Gennaio 1980: “I tempi per arrivare anche
solo alla costituzione giuridica saranno lunghi, perché è necessario fare le cose bene,
ma intanto si è iniziato a lavorare”.
Proprio a lavorare e a lavorare bene provvide senz'altro la professoressa Maria Sabattini
che, dopo decenni dedicati alla scuola come insegnante e poi come preside, orientò a
favore dell'AVO il suo impegno instancabile, la sua forte determinazione e le sue
capacità organizzative. L'associazione, infatti, deve soprattutto a lei sia la nascita a
Mirandola, sia la diffusione negli Ospedali di S.Felice s/P, di Concordia e di Finale Emilia.
Il 6 Marzo 1981 il prof. Longhini venne a
Mirandola per incontrare i promotori
dell'AVO; ad ascoltarlo erano in nove: due
maestre, tre giovani, un operaio, un
commerciante, un sacerdote e una preside
in pensione. Il 26 dello stesso mese ebbe
luogo la prima riunione, presieduta dal prof.
Santambrogio, di quanti intendevano dare
la loro adesione all'associazione. Il 13 Aprile
1981, nello studio del notaio dott.
Francesco Borellini, veniva costituita
legalmente l'AVO di Mirandola, con sede in
piazza Ceretti n. 10, e si stabiliva una
provvisoria Commissione esecutiva
formata, oltre che dalla prof.ssa M.
Sabattini, dai seguenti componenti:
Bruschi Sergio, Caleffi Andrea, Dotti
Alberto, Giliberti Erio, Paolini Marco,
Ragazzi Bianca, Cavicchioli Maria Lara e
Pederzini Arturo. Il 22 Maggio 1981 il Presidente
dell'Unità Sanitaria Locale n. 15, Fausto Luppi,
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VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
Prof. Francesco Scarlini
equilibrio fisico e psichico non solo a causa della
sofferenza e dello sradicamento dalla famiglia, dal lavoro,
da tutto un modo di vivere, ma soprattutto a causa della
“spersonalizzazione” connessa al ricovero: egli si sente
“un numero di letto”, subordinato al personale medico e
paramedico, divenuto oggetto e non soggetto.
“Psicologicamente il malato va incontro a una regressione
infantile: vede intorno a sé il personale che è attivo, sta
bene e non dipende da altri; confronta tutto ciò con la
propria condizione di infermo e prova un senso di
comprensibile invidia. Osservatelo, ad esempio, quando a
lui si avvicina una persona che resta in piedi: tenterà istintivamente di alzarsi dal letto,
perché non vuole che ci sia squilibrio, non vuole essere sovrastato da chi è sano”. Qui il
prof. Scarlini colloca l'intervento del volontario che si pone sullo stesso piano del malato,
capace di empatia perché spinto solo dalla buona volontà e dall'amore. “Il volontariato è
il momento di umanizzazione del settore sanitario, in un doppio significato: esso riempie
un vuoto, dando attenzione alla persona in tutta la sua ricchezza, ma è anche modello
per la stessa struttura sanitaria, perché questa diventi più umana, oltre il perfetto
tecnicismo e l'avanzata ricerca scientifica”. Preziosi restano anche i sui consigli in merito
all'atteggiamento da tenere con le persone anziane, che sempre più affollano tutti i
reparti ospedalieri. “Specialmente di fronte agli anziani non bisogna dimostrare fretta.
Ci sono individui, specialmente giovani, nei quali la rapidità è connaturale.
Nell'assistenza alle persone in età, invece, non bisogna dimenticare che il ritmo di vita e
di qualsiasi attività, anche la più semplice, come il parlare o l'ascoltare, è molto più lento.
Quindi, se noi frulliamo intorno al letto del malato, lo confondiamo, mentre bisogna
adattarsi ai suoi ritmi”. Il prof. Scarlini chiarisce, inoltre, che il volontario non deve “mai
aiutare troppo, bensì stimolare” cervello e muscoli del malato, di fronte al quale non si
deve divenire esageratamente protettivi, come la avanzata età potrebbe indurre a fare.
Ancora. “Ricordatevi che gli anziani ci vedono poco, ma soprattutto ci sentono poco.
Molte volte non ce ne accorgiamo, anche perché tale limitazione è spesso tenuta
nascosta. Allora accadono gravi incomprensioni, mentre è fondamentale capirsi. Come
fare? Bisogna parlare lentamente, di fronte al volto dell'anziano e poi cercare di rendersi
conto se ha capito. Inoltre, se il vecchio si mette in silenzio, rispettiamo questo silenzio:
gli si può stare vicino anche senza parlare”.
Tutte le preziose testimonianze sin qui riportate dei fondatori e collaboratori dell'AVO
possono apparire pure utopie, ma forse uno dei più gravi errori degli uomini, sempre più
diffuso nella realtà contemporanea, è proprio smettere di nutrire desideri utopici: solo
alimentandoli, possiamo avvicinarci a mete sempre più alte e migliorare sia noi stessi sia
la comunità di cui facciamo parte. Anche per questo dobbiamo essere riconoscenti all'AVO.
10 saluto vennero ricambiati… Quando ci videro all'opera, tutti ci osservarono molto e noi,
con la nostra inesperienza, ma con il desiderio di donare la nostra opera, ci aprimmo la
via che ci guidava a stare vicino a chi soffriva, ognuno con la nostra personalità, perché
ciascuno è irripetibile”. Il ricordo della iniziale diffidenza da parte di tutto l'ambiente
ospedaliero nei confronti dei volontari è confermato dalle testimonianze di molti che
vissero in prima persona quegli esordi; particolarmente il personale infermieristico, non
a caso il più coinvolto nel rapporto diretto e prolungato con il malato, tendeva a
considerare la presenza dell'AVO un'ingerenza nelle proprie mansioni.
Tuttavia i timori e le ostilità lasciarono, piano piano, il posto alla collaborazione e al
riconoscimento della positività dell'opera dei volontari, che bene erano stati educati, in
tanti interventi dello stesso prof. Longhini e di altri dottori, a distinguere nettamente le
proprie mansioni da quelle dei professionisti medici e paramedici e a instaurare con loro
un rapporto di conoscenza, rispetto e stima. La conclusione dello stesso intervento della
prof.ssa Sabattini del 1982 può essere letto come un breve testamento spirituale: “Vi
raccomando di essere tenaci e convinti di ciò che farete. Auguriamoci che, se non noi,
quelli che verranno e i più giovani di noi raccolgano i frutti del seme che oggi gettiamo sul
terreno della sofferenza, perché noi oggi seminiamo e non sempre il terreno è ingrato.
Albert Schweitzer scriveva: “Quello che tu puoi fare è solo una goccia nell'Oceano, ma è
ciò che dà significato alla tua vita”. La goccia di ognuno di noi che, dimentico di se
stesso, ascolta fino in fondo colui che soffre, ci induce a meditare sui pensieri di chi ha
fiducia in noi e ci apre il suo cuore, ci fa riflettere sui problemi crescenti dell'ospedale, per
arricchirci di nuove esperienze che diventeranno cultura per noi e per i nostri amici che
servono gli stessi ideali. Ascoltate quanto rilevano gli stessi malati, per confrontarlo con
le vostre intime riflessioni, per farne un'esperienza di vita, un arricchimento che domani
potrà diventare motivo di sperimentazioni valide, perché maturate in una comunità che
ha avuto modo di verificare direttamente e di credere veramente in ciò che ha fatto”.
Il 3 Dicembre 1982 il Consiglio della Federazione AVO ratificò l'ammissione al suo
interno dell'AVO di Mirandola, che venne realizzata col pagamento della quota
associativa di £ 30.000 il 21 Febbraio 1983. La fase di preparazione, fondazione e
organizzazione dell'AVO di Mirandola era conclusa. Ora si trattava di far crescere
l'associazione, diffonderla e renderla sempre più salda e radicata nel territorio.
A tale scopo, ogni anno, si susseguivano i corsi di formazione per i volontari, cui
continuavano a dare il loro prezioso contributo i medici dell'Ospedale di Mirandola, tra i
quali non si può certo dimenticare il prof. Francesco Scarlini, che aveva preceduto il prof.
Santambrogio nel primariato di Medicina. Le sue straordinarie qualità umane, oltre a
quelle professionali, e la sua totale dedizione all'impegno in corsia, vissuto come
missione, ancora emergono dalle dispense che ne riportano gli interventi davanti agli
aspiranti volontari. Vivido e più che mai attuale risulta il ritratto che egli traccia del malato
ospedalizzato, che vive la malattia come un totale e improvviso sovvertimento del suo
11
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
Prof. Francesco Scarlini
equilibrio fisico e psichico non solo a causa della
sofferenza e dello sradicamento dalla famiglia, dal lavoro,
da tutto un modo di vivere, ma soprattutto a causa della
“spersonalizzazione” connessa al ricovero: egli si sente
“un numero di letto”, subordinato al personale medico e
paramedico, divenuto oggetto e non soggetto.
“Psicologicamente il malato va incontro a una regressione
infantile: vede intorno a sé il personale che è attivo, sta
bene e non dipende da altri; confronta tutto ciò con la
propria condizione di infermo e prova un senso di
comprensibile invidia. Osservatelo, ad esempio, quando a
lui si avvicina una persona che resta in piedi: tenterà istintivamente di alzarsi dal letto,
perché non vuole che ci sia squilibrio, non vuole essere sovrastato da chi è sano”. Qui il
prof. Scarlini colloca l'intervento del volontario che si pone sullo stesso piano del malato,
capace di empatia perché spinto solo dalla buona volontà e dall'amore. “Il volontariato è
il momento di umanizzazione del settore sanitario, in un doppio significato: esso riempie
un vuoto, dando attenzione alla persona in tutta la sua ricchezza, ma è anche modello
per la stessa struttura sanitaria, perché questa diventi più umana, oltre il perfetto
tecnicismo e l'avanzata ricerca scientifica”. Preziosi restano anche i sui consigli in merito
all'atteggiamento da tenere con le persone anziane, che sempre più affollano tutti i
reparti ospedalieri. “Specialmente di fronte agli anziani non bisogna dimostrare fretta.
Ci sono individui, specialmente giovani, nei quali la rapidità è connaturale.
Nell'assistenza alle persone in età, invece, non bisogna dimenticare che il ritmo di vita e
di qualsiasi attività, anche la più semplice, come il parlare o l'ascoltare, è molto più lento.
Quindi, se noi frulliamo intorno al letto del malato, lo confondiamo, mentre bisogna
adattarsi ai suoi ritmi”. Il prof. Scarlini chiarisce, inoltre, che il volontario non deve “mai
aiutare troppo, bensì stimolare” cervello e muscoli del malato, di fronte al quale non si
deve divenire esageratamente protettivi, come la avanzata età potrebbe indurre a fare.
Ancora. “Ricordatevi che gli anziani ci vedono poco, ma soprattutto ci sentono poco.
Molte volte non ce ne accorgiamo, anche perché tale limitazione è spesso tenuta
nascosta. Allora accadono gravi incomprensioni, mentre è fondamentale capirsi. Come
fare? Bisogna parlare lentamente, di fronte al volto dell'anziano e poi cercare di rendersi
conto se ha capito. Inoltre, se il vecchio si mette in silenzio, rispettiamo questo silenzio:
gli si può stare vicino anche senza parlare”.
Tutte le preziose testimonianze sin qui riportate dei fondatori e collaboratori dell'AVO
possono apparire pure utopie, ma forse uno dei più gravi errori degli uomini, sempre più
diffuso nella realtà contemporanea, è proprio smettere di nutrire desideri utopici: solo
alimentandoli, possiamo avvicinarci a mete sempre più alte e migliorare sia noi stessi sia
la comunità di cui facciamo parte. Anche per questo dobbiamo essere riconoscenti all'AVO.
10 saluto vennero ricambiati… Quando ci videro all'opera, tutti ci osservarono molto e noi,
con la nostra inesperienza, ma con il desiderio di donare la nostra opera, ci aprimmo la
via che ci guidava a stare vicino a chi soffriva, ognuno con la nostra personalità, perché
ciascuno è irripetibile”. Il ricordo della iniziale diffidenza da parte di tutto l'ambiente
ospedaliero nei confronti dei volontari è confermato dalle testimonianze di molti che
vissero in prima persona quegli esordi; particolarmente il personale infermieristico, non
a caso il più coinvolto nel rapporto diretto e prolungato con il malato, tendeva a
considerare la presenza dell'AVO un'ingerenza nelle proprie mansioni.
Tuttavia i timori e le ostilità lasciarono, piano piano, il posto alla collaborazione e al
riconoscimento della positività dell'opera dei volontari, che bene erano stati educati, in
tanti interventi dello stesso prof. Longhini e di altri dottori, a distinguere nettamente le
proprie mansioni da quelle dei professionisti medici e paramedici e a instaurare con loro
un rapporto di conoscenza, rispetto e stima. La conclusione dello stesso intervento della
prof.ssa Sabattini del 1982 può essere letto come un breve testamento spirituale: “Vi
raccomando di essere tenaci e convinti di ciò che farete. Auguriamoci che, se non noi,
quelli che verranno e i più giovani di noi raccolgano i frutti del seme che oggi gettiamo sul
terreno della sofferenza, perché noi oggi seminiamo e non sempre il terreno è ingrato.
Albert Schweitzer scriveva: “Quello che tu puoi fare è solo una goccia nell'Oceano, ma è
ciò che dà significato alla tua vita”. La goccia di ognuno di noi che, dimentico di se
stesso, ascolta fino in fondo colui che soffre, ci induce a meditare sui pensieri di chi ha
fiducia in noi e ci apre il suo cuore, ci fa riflettere sui problemi crescenti dell'ospedale, per
arricchirci di nuove esperienze che diventeranno cultura per noi e per i nostri amici che
servono gli stessi ideali. Ascoltate quanto rilevano gli stessi malati, per confrontarlo con
le vostre intime riflessioni, per farne un'esperienza di vita, un arricchimento che domani
potrà diventare motivo di sperimentazioni valide, perché maturate in una comunità che
ha avuto modo di verificare direttamente e di credere veramente in ciò che ha fatto”.
Il 3 Dicembre 1982 il Consiglio della Federazione AVO ratificò l'ammissione al suo
interno dell'AVO di Mirandola, che venne realizzata col pagamento della quota
associativa di £ 30.000 il 21 Febbraio 1983. La fase di preparazione, fondazione e
organizzazione dell'AVO di Mirandola era conclusa. Ora si trattava di far crescere
l'associazione, diffonderla e renderla sempre più salda e radicata nel territorio.
A tale scopo, ogni anno, si susseguivano i corsi di formazione per i volontari, cui
continuavano a dare il loro prezioso contributo i medici dell'Ospedale di Mirandola, tra i
quali non si può certo dimenticare il prof. Francesco Scarlini, che aveva preceduto il prof.
Santambrogio nel primariato di Medicina. Le sue straordinarie qualità umane, oltre a
quelle professionali, e la sua totale dedizione all'impegno in corsia, vissuto come
missione, ancora emergono dalle dispense che ne riportano gli interventi davanti agli
aspiranti volontari. Vivido e più che mai attuale risulta il ritratto che egli traccia del malato
ospedalizzato, che vive la malattia come un totale e improvviso sovvertimento del suo
Fu assunta anche un'altra iniziativa:
l'allestimento, presso la Parrocchia, di una
stanza per ospitare i famigliari dei degenti
che faticavano a trovare alloggio vicino
all'ospedale.
Nel 1983 la prof.ssa Sabattini riuscì a
costituire anche nell'ospedale di Finale
Emilia un gruppo di volontari AVO che da
poche unità crebbe fino a superare la
decina, operante nei due reparti di
Medicina e Chirurgia con un turno
giornaliero nell'orario dei pasti e, su
specifica richiesta, anche la sera e nelle
festività.
A in iz ia re da l 1989 i vo lontar i
cominciarono il loro servizio anche
presso la Casa protetta sia per dare aiuto
agli anziani non autosufficienti durante i
pasti sia per offrire la loro compagnia
durante il giorno. Nel 1990 questo nucleo,
di circa dieci persone, assunse la
denominazione “AVO-Gruppo Laura”, in memoria della figlia deceduta in giovane età di
una volontaria.
La sezione di San Felice s/P si costituì nella primavera del 1983 con l'iscrizione iniziale di
quasi quaranta soci, saliti a una cinquantina dopo poco tempo, per poi attestarsi a una
trentina circa alla fine del 1991, quando l'Ospedale venne chiuso e l'opera dei volontari si
trasferì nella Casa protetta “A. Modena”.
Gli alti numeri trovano spiegazione anche nella collaborazione assai stretta tra AVO e
UNITALSI: molti volontari di quest'ultima associazione, particolarmente sensibili alle
problematiche dei malati e pronti ad offrire il loro aiuto, risposero entusiasti all'appello
della prof.ssa Sabattini.
Iniziò così un'attività che garantiva circa 2000 ore di assistenza annuali e che fu ben
presto coordinata da Lilia Facchini, ancora oggi attiva come referente del gruppo.
Sabato 4 Giugno 1988 l'AVO di San Felice ebbe la gioia di incontrare Sua Santità
Giovanni Paolo II a Modena: numerosi furono i volontari che, con camice bianco e
distintivo, accolsero il Santo Padre davanti all'ospedale S. Agostino. In seguito una
nutrita rappresentanza di volontari di Mirandola venne ricevuta da Giovanni Paolo II a
Roma, presso la Sala Nervi, il 17 Novembre 1990, insieme alle delegazioni AVO di tutta
Italia. In quella circostanza la FEDERAVO fu presentata ufficialmente a sua Santità
13
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
L'AVO di Mirandola, dopo le fasi di costituzione, preparazione dei volontari e inizio
dell'attività in corsia, si estese, grazie all'opera instancabile della prof.ssa Sabattini,
all'Ospedale di Concordia, ove era assai sviluppato il reparto di Ortopedia, diretto dal
dott. Settimio Racalbuto, all'Ospedale e alla Casa protetta di Finale Emilia, all'Ospedale
di San Felice s/P.
Il gruppo di Concordia contava inizialmente una trentina di persone, tra cui anche
giovani ventenni, e incominciò a operare nel Giugno 1983 con due turni giornalieri (ore
10.30-12.30 e 16.30-18.30 per un totale di oltre 3000 ore annue), ciascuno di 2-3
volontari che offrivano sia assistenza ai pasti ai molti malati immobilizzati a letto, sia
disponibilità all'ascolto e all'aiuto di tanti degenti provenienti da tutto il territorio nazionale
e quindi spesso privi del sostegno di famigliari o amici.
Per sorreggere moralmente i ricoverati fu anche assunta l'iniziativa di predisporre un
telefono a gettoni montato su un carrello e quindi trasportabile accanto ai letti: al mattino
venivano prese le prenotazioni dai malati che, al pomeriggio, potevano parlare con i
propri cari lontani.
Verso il primo decennale12
Fu assunta anche un'altra iniziativa:
l'allestimento, presso la Parrocchia, di una
stanza per ospitare i famigliari dei degenti
che faticavano a trovare alloggio vicino
all'ospedale.
Nel 1983 la prof.ssa Sabattini riuscì a
costituire anche nell'ospedale di Finale
Emilia un gruppo di volontari AVO che da
poche unità crebbe fino a superare la
decina, operante nei due reparti di
Medicina e Chirurgia con un turno
giornaliero nell'orario dei pasti e, su
specifica richiesta, anche la sera e nelle
festività.
A in iz ia re da l 1989 i vo lontar i
cominciarono il loro servizio anche
presso la Casa protetta sia per dare aiuto
agli anziani non autosufficienti durante i
pasti sia per offrire la loro compagnia
durante il giorno. Nel 1990 questo nucleo,
di circa dieci persone, assunse la
denominazione “AVO-Gruppo Laura”, in memoria della figlia deceduta in giovane età di
una volontaria.
La sezione di San Felice s/P si costituì nella primavera del 1983 con l'iscrizione iniziale di
quasi quaranta soci, saliti a una cinquantina dopo poco tempo, per poi attestarsi a una
trentina circa alla fine del 1991, quando l'Ospedale venne chiuso e l'opera dei volontari si
trasferì nella Casa protetta “A. Modena”.
Gli alti numeri trovano spiegazione anche nella collaborazione assai stretta tra AVO e
UNITALSI: molti volontari di quest'ultima associazione, particolarmente sensibili alle
problematiche dei malati e pronti ad offrire il loro aiuto, risposero entusiasti all'appello
della prof.ssa Sabattini.
Iniziò così un'attività che garantiva circa 2000 ore di assistenza annuali e che fu ben
presto coordinata da Lilia Facchini, ancora oggi attiva come referente del gruppo.
Sabato 4 Giugno 1988 l'AVO di San Felice ebbe la gioia di incontrare Sua Santità
Giovanni Paolo II a Modena: numerosi furono i volontari che, con camice bianco e
distintivo, accolsero il Santo Padre davanti all'ospedale S. Agostino. In seguito una
nutrita rappresentanza di volontari di Mirandola venne ricevuta da Giovanni Paolo II a
Roma, presso la Sala Nervi, il 17 Novembre 1990, insieme alle delegazioni AVO di tutta
Italia. In quella circostanza la FEDERAVO fu presentata ufficialmente a sua Santità
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VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
L'AVO di Mirandola, dopo le fasi di costituzione, preparazione dei volontari e inizio
dell'attività in corsia, si estese, grazie all'opera instancabile della prof.ssa Sabattini,
all'Ospedale di Concordia, ove era assai sviluppato il reparto di Ortopedia, diretto dal
dott. Settimio Racalbuto, all'Ospedale e alla Casa protetta di Finale Emilia, all'Ospedale
di San Felice s/P.
Il gruppo di Concordia contava inizialmente una trentina di persone, tra cui anche
giovani ventenni, e incominciò a operare nel Giugno 1983 con due turni giornalieri (ore
10.30-12.30 e 16.30-18.30 per un totale di oltre 3000 ore annue), ciascuno di 2-3
volontari che offrivano sia assistenza ai pasti ai molti malati immobilizzati a letto, sia
disponibilità all'ascolto e all'aiuto di tanti degenti provenienti da tutto il territorio nazionale
e quindi spesso privi del sostegno di famigliari o amici.
Per sorreggere moralmente i ricoverati fu anche assunta l'iniziativa di predisporre un
telefono a gettoni montato su un carrello e quindi trasportabile accanto ai letti: al mattino
venivano prese le prenotazioni dai malati che, al pomeriggio, potevano parlare con i
propri cari lontani.
Verso il primo decennale12
Gli anni '90 vedono diverse trasformazioni di carattere strutturale e sanitario.
Nel 1991 venne chiuso, come già ricordato, l'Ospedale di San Felice e l'AVO cominciò a
operare nella Casa protetta “A. Modena”; a Mirandola, nel 1994, venne inaugurato il
nuovo padiglione dell'ospedale, ora dedicato al prof. Scarlini, con la conseguente
ristrutturazione di quasi tutto il nosocomio; il reparto di Ortopedia fu ritrasferito da
Concordia a Mirandola, mentre a Finale Emilia fu chiusa la Casa protetta e venne
riorganizzato l'ospedale. Tuttavia il cambiamento che forse più incise sull'attività dei
volontari riguardò modi e tempi di degenza dei malati.
La permanenza in ospedale divenne, infatti, sempre più breve, in sintonia con il
progredire della ricerca medica, l'innovazione delle terapie, lo sviluppo degli strumenti
diagnostici e le esigenze del sistema sanitario. I volontari, negli anni '80, avevano avuto
la possibilità di instaurare rapporti approfonditi con i degenti, di conoscerne carattere,
desideri, esigenze attraverso un'assistenza che si protraeva anche per molte settimane
e si estendeva talora oltre i turni prefissati, nelle ore notturne e durante le festività, con un
conseguente forte coinvolgimento emotivo e impegno di tempo. Nel corso degli anni '90
il contatto tra volontario e malato divenne progressivamente sempre più breve e limitato
spesso ad un solo incontro. Alla disponibilità ad operare in qualsiasi momento e
prolungatamente si sostituiva così un'altra difficoltà: riuscire a instaurare un rapporto
empatico in un tempo brevissimo, a cogliere immediatamente da atteggiamenti, gesti,
sguardi le esigenze profonde del malato per
potergli offrire aiuto adeguato. Questa capacità di
capire dai segnali esterni, espressi dal corpo della
persona che si ha di fronte, che cosa accade dentro
di lei, quello che le parole non sanno o non vogliono
dire, è una delle attitudini che il volontario ha dovuto
affinare, per evitare errori che compromettano una
buona intesa, ma che sono sempre dietro l'angolo.
I volontari AVO di San Felice s/P, davanti alle nuove
esigenze degli ospiti della Casa protetta in cui si
trovavano ad operare, risposero con entusiasmo e
iniziativa, come è testimoniato anche dalla
pubblicazione, con frequenza biennale, a partire dal
Natale '94, del periodico “Am viin in ment”, in cui
venivano raccolti ricordi, usanze, ricette, modi di
Verso il ventennale 15
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
ufficialmente a Sua Santità dal Vescovo Mons. Antonio Riboldi e ricevette dal Papa la
a conferma della bontà della sua missione, nonché l'apprezzamento per l'opera svolta
con le seguenti parole: “Abbiate occhi e cuore attenti alla grande lezione della
sofferenza. Dai luoghi di cura e di dolore viene un messaggio per la vita di tutti, quale
nessuna altra cattedra può impartire. L'uomo che soffre comprende di più il bisogno e il
valore del dono divino della redenzione e della fede… La vostra presenza nei luoghi di
ricovero e cure garantisce un'assistenza amichevole, calore umano, dialogo fraterno,
aiuti concreti per lottare contro il dolore e soprattutto contro la sofferenza morale
dell'abbandono e dell'isolamento”.
Nell'Ospedale di Mirandola quotidianamente, anche nelle festività, si attuavano due
turni, ciascuno svolto da due volontari (ore 10.30-13; 16.30-19) nei reparti di Chirurgia e
Medicina.
Il 24 Maggio 1992, l'AVO di Mirandola festeggiò i suoi primi dieci anni di attività.
La Santa Messa fu celebrata alle ore 10, presso la Chiesa di San Francesco, dal Vicario
generale della Diocesi, Don Luigi Benetti; alle ore 11, la Sala Granda del Municipio
ospitò autorità, volontari e cittadinanza per i ringraziamenti delle istituzioni, per una
breve cronistoria dell'associazione, tracciata dalla Presidente Lara Mantovani, e per la
relazione del Presidente nazionale, prof. Longhini, che riconobbe all'AVO di Mirandola la
maturità raggiunta per espletare tutte le sue energie.
Durante la cerimonia furono più volte ricordati il compianto prof. Santambrogio e la
grande animatrice prof.ssa Sabattini, impossibilitata a intervenire di persona, ma
presente spiritualmente.
1424.05.1992: primo decennale AVO
Gli anni '90 vedono diverse trasformazioni di carattere strutturale e sanitario.
Nel 1991 venne chiuso, come già ricordato, l'Ospedale di San Felice e l'AVO cominciò a
operare nella Casa protetta “A. Modena”; a Mirandola, nel 1994, venne inaugurato il
nuovo padiglione dell'ospedale, ora dedicato al prof. Scarlini, con la conseguente
ristrutturazione di quasi tutto il nosocomio; il reparto di Ortopedia fu ritrasferito da
Concordia a Mirandola, mentre a Finale Emilia fu chiusa la Casa protetta e venne
riorganizzato l'ospedale. Tuttavia il cambiamento che forse più incise sull'attività dei
volontari riguardò modi e tempi di degenza dei malati.
La permanenza in ospedale divenne, infatti, sempre più breve, in sintonia con il
progredire della ricerca medica, l'innovazione delle terapie, lo sviluppo degli strumenti
diagnostici e le esigenze del sistema sanitario. I volontari, negli anni '80, avevano avuto
la possibilità di instaurare rapporti approfonditi con i degenti, di conoscerne carattere,
desideri, esigenze attraverso un'assistenza che si protraeva anche per molte settimane
e si estendeva talora oltre i turni prefissati, nelle ore notturne e durante le festività, con un
conseguente forte coinvolgimento emotivo e impegno di tempo. Nel corso degli anni '90
il contatto tra volontario e malato divenne progressivamente sempre più breve e limitato
spesso ad un solo incontro. Alla disponibilità ad operare in qualsiasi momento e
prolungatamente si sostituiva così un'altra difficoltà: riuscire a instaurare un rapporto
empatico in un tempo brevissimo, a cogliere immediatamente da atteggiamenti, gesti,
sguardi le esigenze profonde del malato per
potergli offrire aiuto adeguato. Questa capacità di
capire dai segnali esterni, espressi dal corpo della
persona che si ha di fronte, che cosa accade dentro
di lei, quello che le parole non sanno o non vogliono
dire, è una delle attitudini che il volontario ha dovuto
affinare, per evitare errori che compromettano una
buona intesa, ma che sono sempre dietro l'angolo.
I volontari AVO di San Felice s/P, davanti alle nuove
esigenze degli ospiti della Casa protetta in cui si
trovavano ad operare, risposero con entusiasmo e
iniziativa, come è testimoniato anche dalla
pubblicazione, con frequenza biennale, a partire dal
Natale '94, del periodico “Am viin in ment”, in cui
venivano raccolti ricordi, usanze, ricette, modi di
Verso il ventennale 15
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
ufficialmente a Sua Santità dal Vescovo Mons. Antonio Riboldi e ricevette dal Papa la
a conferma della bontà della sua missione, nonché l'apprezzamento per l'opera svolta
con le seguenti parole: “Abbiate occhi e cuore attenti alla grande lezione della
sofferenza. Dai luoghi di cura e di dolore viene un messaggio per la vita di tutti, quale
nessuna altra cattedra può impartire. L'uomo che soffre comprende di più il bisogno e il
valore del dono divino della redenzione e della fede… La vostra presenza nei luoghi di
ricovero e cure garantisce un'assistenza amichevole, calore umano, dialogo fraterno,
aiuti concreti per lottare contro il dolore e soprattutto contro la sofferenza morale
dell'abbandono e dell'isolamento”.
Nell'Ospedale di Mirandola quotidianamente, anche nelle festività, si attuavano due
turni, ciascuno svolto da due volontari (ore 10.30-13; 16.30-19) nei reparti di Chirurgia e
Medicina.
Il 24 Maggio 1992, l'AVO di Mirandola festeggiò i suoi primi dieci anni di attività.
La Santa Messa fu celebrata alle ore 10, presso la Chiesa di San Francesco, dal Vicario
generale della Diocesi, Don Luigi Benetti; alle ore 11, la Sala Granda del Municipio
ospitò autorità, volontari e cittadinanza per i ringraziamenti delle istituzioni, per una
breve cronistoria dell'associazione, tracciata dalla Presidente Lara Mantovani, e per la
relazione del Presidente nazionale, prof. Longhini, che riconobbe all'AVO di Mirandola la
maturità raggiunta per espletare tutte le sue energie.
Durante la cerimonia furono più volte ricordati il compianto prof. Santambrogio e la
grande animatrice prof.ssa Sabattini, impossibilitata a intervenire di persona, ma
presente spiritualmente.
1424.05.1992: primo decennale AVO
dire degli anziani assistiti. L'iniziativa si protrasse fino al Natale 2001, a testimonianza
dell'attività di animazione e dell'impegno da parte dei volontari di far sentire gli ospiti della
Casa protetta ancora protagonisti attivi, non spettatori inerti della società, cui potevano
proporre insegnamenti e storie vissute in prima persona.
Un'analoga iniziativa venne realizzata anche dal gruppo AVO operante presso la Casa
protetta di Finale Emilia con la pubblicazione di un giornalino, “Il Ruglet”, che
raccoglieva ricordi e testimonianze degli ospiti della struttura, ove i volontari si
dedicavano ormai esclusivamente ad attività di animazione (laboratori di pittura e
uncinetto) e di supporto fisico-psicologico agli anziani. Verso la fine degli anni '90, il
gruppo, dopo progressive defezioni, cessò la sua attività e l'AVO continuò a operare,
con una decina di volontari, solo nell'ospedale, dove nel frattempo era stato chiuso il
reparto di Chirurgia e rimaneva attivo quello di Medicina.
Proprio sul finire degli anni '90 inizia purtroppo a evidenziarsi sempre più una tendenza
che poi diverrà problematica nel decennio successivo e che coinvolge gran parte del
mondo del volontariato: la diminuzione dei nuovi volontari e l'uscita dei vecchi per vari
motivi personali e famigliari. A San Felice il numero, dalla trentina abbondante di inizio
decennio, si attesta poco oltre la ventina; a Mirandola, nel cui ospedale è confluito il
gruppo di Concordia, scende progressivamente da oltre l'ottantina ad una settantina; a
Finale Emilia si dimezza, riducendosi a poco più di una decina: il calo complessivo, alla
fine del decennio, è di oltre le 40 unità. Tuttavia l'impegno e la disponibilità di ciascuno
aumentano e riescono, in parte, a sopperire alla diminuzione numerica, come
dimostrato dal fatto che, presso l'ospedale di Mirandola, il servizio dell'AVO viene
esteso, dai reparti iniziali di Medicina, Chirurgia e Ortopedia, a quelli di Pneumologia e
Lungodegenza, con tre turni giornalieri, in concomitanza con la somministrazione della
colazione e dei pasti. Al conseguimento di tali risultati concorse anche quello spirito di
amicizia tra i volontari che è sempre stato uno dei caratteri fondanti dell'AVO e che fu
mantenuto vivo dall'organizzazione di vari momenti di incontro e convivialità, come
l'annuale Festa nell'imminenza del Santo Natale, i ritrovi serali in pizzeria e, all'inizio di
Giugno, la gita in località di interesse artistico o naturalistico.
Sabato 27 Aprile 2002, presso la Sala Granda del Municipio, iniziano le celebrazioni del
ventennale dell'AVO di Mirandola con un concerto lirico-vocale, organizzato in
collaborazione col Circolo culturale “Amici della musica”.
La Domenica successiva, nella Chiesa del Gesù, viene celebrata la Santa Messa da
parte di Sua Eccellenza Mons. Vescovo, con la partecipazione della Corale “S. Cecilia”
di Concordia s/S; quindi, presso la Sala Granda, seguono il saluto delle autorità e la
relazione del Presidente Federavo, dott. Pierluigi Crenna.
A testimonianza dell'opera ventennale dell'Associazione, viene realizzata una
pubblicazione che riporta memorie personali e interventi di vari volontari e che viene
distribuita ai volontari stessi e agli intervenuti ai festeggiamenti.
16
27.04.2002: Ventennale AVO (a fianco)
dire degli anziani assistiti. L'iniziativa si protrasse fino al Natale 2001, a testimonianza
dell'attività di animazione e dell'impegno da parte dei volontari di far sentire gli ospiti della
Casa protetta ancora protagonisti attivi, non spettatori inerti della società, cui potevano
proporre insegnamenti e storie vissute in prima persona.
Un'analoga iniziativa venne realizzata anche dal gruppo AVO operante presso la Casa
protetta di Finale Emilia con la pubblicazione di un giornalino, “Il Ruglet”, che
raccoglieva ricordi e testimonianze degli ospiti della struttura, ove i volontari si
dedicavano ormai esclusivamente ad attività di animazione (laboratori di pittura e
uncinetto) e di supporto fisico-psicologico agli anziani. Verso la fine degli anni '90, il
gruppo, dopo progressive defezioni, cessò la sua attività e l'AVO continuò a operare,
con una decina di volontari, solo nell'ospedale, dove nel frattempo era stato chiuso il
reparto di Chirurgia e rimaneva attivo quello di Medicina.
Proprio sul finire degli anni '90 inizia purtroppo a evidenziarsi sempre più una tendenza
che poi diverrà problematica nel decennio successivo e che coinvolge gran parte del
mondo del volontariato: la diminuzione dei nuovi volontari e l'uscita dei vecchi per vari
motivi personali e famigliari. A San Felice il numero, dalla trentina abbondante di inizio
decennio, si attesta poco oltre la ventina; a Mirandola, nel cui ospedale è confluito il
gruppo di Concordia, scende progressivamente da oltre l'ottantina ad una settantina; a
Finale Emilia si dimezza, riducendosi a poco più di una decina: il calo complessivo, alla
fine del decennio, è di oltre le 40 unità. Tuttavia l'impegno e la disponibilità di ciascuno
aumentano e riescono, in parte, a sopperire alla diminuzione numerica, come
dimostrato dal fatto che, presso l'ospedale di Mirandola, il servizio dell'AVO viene
esteso, dai reparti iniziali di Medicina, Chirurgia e Ortopedia, a quelli di Pneumologia e
Lungodegenza, con tre turni giornalieri, in concomitanza con la somministrazione della
colazione e dei pasti. Al conseguimento di tali risultati concorse anche quello spirito di
amicizia tra i volontari che è sempre stato uno dei caratteri fondanti dell'AVO e che fu
mantenuto vivo dall'organizzazione di vari momenti di incontro e convivialità, come
l'annuale Festa nell'imminenza del Santo Natale, i ritrovi serali in pizzeria e, all'inizio di
Giugno, la gita in località di interesse artistico o naturalistico.
Sabato 27 Aprile 2002, presso la Sala Granda del Municipio, iniziano le celebrazioni del
ventennale dell'AVO di Mirandola con un concerto lirico-vocale, organizzato in
collaborazione col Circolo culturale “Amici della musica”.
La Domenica successiva, nella Chiesa del Gesù, viene celebrata la Santa Messa da
parte di Sua Eccellenza Mons. Vescovo, con la partecipazione della Corale “S. Cecilia”
di Concordia s/S; quindi, presso la Sala Granda, seguono il saluto delle autorità e la
relazione del Presidente Federavo, dott. Pierluigi Crenna.
A testimonianza dell'opera ventennale dell'Associazione, viene realizzata una
pubblicazione che riporta memorie personali e interventi di vari volontari e che viene
distribuita ai volontari stessi e agli intervenuti ai festeggiamenti.
16
27.04.2002: Ventennale AVO (a fianco)
Nell'ultimo decennio, si conferma il calo lento, ma costante del numero dei volontari che
ormai si attesta complessivamente sulla novantina; a ciò si deve aggiungere l'aumento
dell'età media, a causa del limitato ingresso di nuove forze. E' così accaduto che, prima
nell'Ospedale di Finale Emilia e, da questo anno, nella Casa protetta di San Felice s/P, i
turni si sono ridotti ad uno solo giornaliero, essendo i volontari poco più di una decina
per ogni sede. Tuttavia tali difficoltà hanno spronato molti a dare il massimo, nella ferma
volontà di non lasciare senza aiuto malati e anziani che, nell'attuale contesto sociale,
lottano sempre più contro la solitudine. Nell'Ospedale di Mirandola si è riusciti, infatti, a
mantenere i tre turni giornalieri in tutti i reparti, che, dagli inizi del 2000, comprendono
anche Cardiologia e Astanteria per un totale di oltre 10000 ore annuali.
Le difficoltà stesse hanno inoltre indotto l'AVO di Mirandola a perseguire con tenacia
alcune finalità: intensificare i rapporti con le altre associazioni di volontariato, specie del
settore socio-sanitario, per realizzare progetti e manifestazioni rivolte alla cittadinanza;
entrare a far parte della Consulta del Volontariato e del Comitato Consultivo Misto, per
migliorare la qualità dei servizi sulla base di necessità e richieste rilevate nell’operato
quotidiano; collaborare con il Centro Servizi di Volontariato, partecipando a numerosi
corsi di formazione e aggiornamento, nonché a diversi progetti. Tra tutte le iniziative,
ampiamente pubblicizzate sulla stampa locale, merita di essere ricordata l'annuale
“Festa del Volontariato”, che si svolge la prima Domenica di Settembre in Piazza
Marconi e che è stata sempre animata da un numeroso gruppo di volontari e giovani
AVO, felici di far partecipare tutta la cittadinanza, ma soprattutto i bambini a questa
occasione di spensieratezza oltre che di riflessione. Rilevanti si sono anche dimostrati il
progetto “Tutti su da terra”, volto alla prevenzione delle cadute degli anziani, e la
campagna d'informazione “Teleprenota”. In sintonia con le direttive dell'AVO Regionale e
della Federavo, al fine di realizzare quanto il nostro fondatore, prof. Longhini, esortava a
fare già nel lontano 1983: “E' indispensabile che i volontari AVO conservino un rapporto
con la comunità fuori dall'ospedale attraverso manifestazioni promozionali, culturali e di
festa”, il 1° Ottobre 2006 è stata organizzata la “Giornata regionale dell'AVO” con varie
iniziative: interventi di autorità e personale dell'Ospedale di Mirandola, un torneo di
minibasket, in collaborazione con la Polisportiva “G. PICO”, cui erano state donate
magliette col logo della manifestazione, l'esibizione del gruppo teatrale “Le Roncole” e
balletti di gruppi locali di volontariato.
Dall'Ottobre 2009, inoltre, è stata realizzata la “Giornata nazionale AVO”, al fine di dare
Verso il trentennale
Prima giornata regionale Avo (a fianco)
18
Nell'ultimo decennio, si conferma il calo lento, ma costante del numero dei volontari che
ormai si attesta complessivamente sulla novantina; a ciò si deve aggiungere l'aumento
dell'età media, a causa del limitato ingresso di nuove forze. E' così accaduto che, prima
nell'Ospedale di Finale Emilia e, da questo anno, nella Casa protetta di San Felice s/P, i
turni si sono ridotti ad uno solo giornaliero, essendo i volontari poco più di una decina
per ogni sede. Tuttavia tali difficoltà hanno spronato molti a dare il massimo, nella ferma
volontà di non lasciare senza aiuto malati e anziani che, nell'attuale contesto sociale,
lottano sempre più contro la solitudine. Nell'Ospedale di Mirandola si è riusciti, infatti, a
mantenere i tre turni giornalieri in tutti i reparti, che, dagli inizi del 2000, comprendono
anche Cardiologia e Astanteria per un totale di oltre 10000 ore annuali.
Le difficoltà stesse hanno inoltre indotto l'AVO di Mirandola a perseguire con tenacia
alcune finalità: intensificare i rapporti con le altre associazioni di volontariato, specie del
settore socio-sanitario, per realizzare progetti e manifestazioni rivolte alla cittadinanza;
entrare a far parte della Consulta del Volontariato e del Comitato Consultivo Misto, per
migliorare la qualità dei servizi sulla base di necessità e richieste rilevate nell’operato
quotidiano; collaborare con il Centro Servizi di Volontariato, partecipando a numerosi
corsi di formazione e aggiornamento, nonché a diversi progetti. Tra tutte le iniziative,
ampiamente pubblicizzate sulla stampa locale, merita di essere ricordata l'annuale
“Festa del Volontariato”, che si svolge la prima Domenica di Settembre in Piazza
Marconi e che è stata sempre animata da un numeroso gruppo di volontari e giovani
AVO, felici di far partecipare tutta la cittadinanza, ma soprattutto i bambini a questa
occasione di spensieratezza oltre che di riflessione. Rilevanti si sono anche dimostrati il
progetto “Tutti su da terra”, volto alla prevenzione delle cadute degli anziani, e la
campagna d'informazione “Teleprenota”. In sintonia con le direttive dell'AVO Regionale e
della Federavo, al fine di realizzare quanto il nostro fondatore, prof. Longhini, esortava a
fare già nel lontano 1983: “E' indispensabile che i volontari AVO conservino un rapporto
con la comunità fuori dall'ospedale attraverso manifestazioni promozionali, culturali e di
festa”, il 1° Ottobre 2006 è stata organizzata la “Giornata regionale dell'AVO” con varie
iniziative: interventi di autorità e personale dell'Ospedale di Mirandola, un torneo di
minibasket, in collaborazione con la Polisportiva “G. PICO”, cui erano state donate
magliette col logo della manifestazione, l'esibizione del gruppo teatrale “Le Roncole” e
balletti di gruppi locali di volontariato.
Dall'Ottobre 2009, inoltre, è stata realizzata la “Giornata nazionale AVO”, al fine di dare
Verso il trentennale
Prima giornata regionale Avo (a fianco)
18
Proprio in una società come quella attuale, in cui prevalgono gli interessi individualisti e
sono in crisi i valori morali, non meraviglia che tanti giovani appaiano demotivati nel loro
agire e manchino di prospettiva futura. L'AVO e il volontariato, tutto, possono aiutarli a
ritrovare il senso della vita, a comprendere la rilevanza degli interessi della collettività, ad
assumere la consapevolezza della continuità tra le generazioni attraverso la cultura della
solidarietà e il profondo rispetto della dignità di ogni singola persona. Da molti anni,
pertanto, l'AVO di Mirandola collabora col Centro Servizi per il Volontariato per realizzare
il progetto “Giovani all'arrembaggio”, indirizzato agli studenti del triennio delle Scuole
medie superiori, ai quali viene offerta l'opportunità di conoscere le associazioni di
volontariato del territorio e di attuare stage presso le stesse, con conseguente
riconoscimento di Credito formativo da parte degli Istituti frequentati.
Numerosi sono stati i giovani coinvolti (in media, una decina all'anno) per periodi più o
meno lunghi, nel servizio a malati e anziani; molti si sono distinti per entusiasmo,
dedizione, consapevolezza della delicatezza del loro operato e hanno riconosciuto a
tale esperienza una valenza personale e sociale, abbandonandola loro malgrado e con
dispiacere per motivi di lavoro o studio.
La valenza formativa dell'AVO ha spinto anche l'AGESCI di Mirandola e Medolla a
indirizzare alcuni suoi iscritti al servizio in ospedale, sotto la guida di volontari esperti, e la
collaborazione si è rivelata sempre proficua
e positiva.
Grazie all'iniziativa e alla disponibilità delle
maestre delle Scuole Elementari di
Mirandola, da alcuni anni si è anche
realizzato un progetto che ha coinvolto gli
alunni delle classi quarte e quinte e si è
tradotto in incontri sempre assai partecipati
con i volontari, nella entusiastica
preparazione di biglietti di auguri natalizi e
pasquali per i degenti, nonché di cartelloni
e addobbi per diverse occasioni e festività.
La collaborazione di giovani e bambini è
sempre stata apprezzata dalla dirigenza
ospedaliera, ma soprattutto accolta con
calore da malati e anziani, per non parlare
dello stimolo e delle motivazioni offerte agli
stessi volontari.
Si è insomma cercato, attraverso queste
iniziative, di realizzare quanto auspicato dal
nostro fondatore, prof. Longhini, durante un
21
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
visibilità all'associazione, trovare nuovi volontari e migliorare la collaborazione con le
istituzioni. In tali occasioni l'AVO di Mirandola ha organizzato, oltre alla celebrazione
della Santa Messa e all'allestimento di gazebo, resi accoglienti anche con i cartelloni
pubblicitari elaborati dagli alunni delle Scuole Elementari, ove informare la cittadinanza
sulla associazione e distribuire gadget, momenti di intrattenimento come il concerto del
coro “Città della Mirandola” e l'esecuzione di brani musicali da parte di giovani volontari.
Un ulteriore settore di intervento, seguito con particolari impegno e costanza, è stato
quello rivolto ai giovani e persino ai bambini delle Scuole elementari.
Già nel 1983 il prof. Francesco Scarlini, durante una lezione del Corso di preparazione
dei volontari, affermava: “Prendere diretto contatto con la sofferenza è sicuramente un
grande insegnamento, un vero arricchimento, un superiore incentivo ad agire con
carità”, sottolineando in tal modo la finalità formativa del nostro volontariato.
Fin dalle origini, dunque, l'AVO di Mirandola è stata consapevole di tale valore e si è
mostrata aperta ai giovani che comunque sono stati costantemente coinvolti soprattutto
in questo ultimo decennio, anche su sollecitazione della Federavo. Ricordiamo le parole
dell'attuale Presidente, dott. Lodoli: “Ci si deve occupare seriamente dell'AVO giovani…
Questi ragazzi sono tutti virtualmente figli nostri e di loro dobbiamo prenderci cura,
aiutarli e sostenerli per contribuire alla loro formazione in parallelo alla famiglia e alla
scuola. Dobbiamo testimoniare loro come l'AVO sia una organizzazione votata
all'impegno civile e alla creazione di capitale umano da donare alla società”.
20
30.10.2009: prima giornata nazionale AVO
Proprio in una società come quella attuale, in cui prevalgono gli interessi individualisti e
sono in crisi i valori morali, non meraviglia che tanti giovani appaiano demotivati nel loro
agire e manchino di prospettiva futura. L'AVO e il volontariato, tutto, possono aiutarli a
ritrovare il senso della vita, a comprendere la rilevanza degli interessi della collettività, ad
assumere la consapevolezza della continuità tra le generazioni attraverso la cultura della
solidarietà e il profondo rispetto della dignità di ogni singola persona. Da molti anni,
pertanto, l'AVO di Mirandola collabora col Centro Servizi per il Volontariato per realizzare
il progetto “Giovani all'arrembaggio”, indirizzato agli studenti del triennio delle Scuole
medie superiori, ai quali viene offerta l'opportunità di conoscere le associazioni di
volontariato del territorio e di attuare stage presso le stesse, con conseguente
riconoscimento di Credito formativo da parte degli Istituti frequentati.
Numerosi sono stati i giovani coinvolti (in media, una decina all'anno) per periodi più o
meno lunghi, nel servizio a malati e anziani; molti si sono distinti per entusiasmo,
dedizione, consapevolezza della delicatezza del loro operato e hanno riconosciuto a
tale esperienza una valenza personale e sociale, abbandonandola loro malgrado e con
dispiacere per motivi di lavoro o studio.
La valenza formativa dell'AVO ha spinto anche l'AGESCI di Mirandola e Medolla a
indirizzare alcuni suoi iscritti al servizio in ospedale, sotto la guida di volontari esperti, e la
collaborazione si è rivelata sempre proficua
e positiva.
Grazie all'iniziativa e alla disponibilità delle
maestre delle Scuole Elementari di
Mirandola, da alcuni anni si è anche
realizzato un progetto che ha coinvolto gli
alunni delle classi quarte e quinte e si è
tradotto in incontri sempre assai partecipati
con i volontari, nella entusiastica
preparazione di biglietti di auguri natalizi e
pasquali per i degenti, nonché di cartelloni
e addobbi per diverse occasioni e festività.
La collaborazione di giovani e bambini è
sempre stata apprezzata dalla dirigenza
ospedaliera, ma soprattutto accolta con
calore da malati e anziani, per non parlare
dello stimolo e delle motivazioni offerte agli
stessi volontari.
Si è insomma cercato, attraverso queste
iniziative, di realizzare quanto auspicato dal
nostro fondatore, prof. Longhini, durante un
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VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
visibilità all'associazione, trovare nuovi volontari e migliorare la collaborazione con le
istituzioni. In tali occasioni l'AVO di Mirandola ha organizzato, oltre alla celebrazione
della Santa Messa e all'allestimento di gazebo, resi accoglienti anche con i cartelloni
pubblicitari elaborati dagli alunni delle Scuole Elementari, ove informare la cittadinanza
sulla associazione e distribuire gadget, momenti di intrattenimento come il concerto del
coro “Città della Mirandola” e l'esecuzione di brani musicali da parte di giovani volontari.
Un ulteriore settore di intervento, seguito con particolari impegno e costanza, è stato
quello rivolto ai giovani e persino ai bambini delle Scuole elementari.
Già nel 1983 il prof. Francesco Scarlini, durante una lezione del Corso di preparazione
dei volontari, affermava: “Prendere diretto contatto con la sofferenza è sicuramente un
grande insegnamento, un vero arricchimento, un superiore incentivo ad agire con
carità”, sottolineando in tal modo la finalità formativa del nostro volontariato.
Fin dalle origini, dunque, l'AVO di Mirandola è stata consapevole di tale valore e si è
mostrata aperta ai giovani che comunque sono stati costantemente coinvolti soprattutto
in questo ultimo decennio, anche su sollecitazione della Federavo. Ricordiamo le parole
dell'attuale Presidente, dott. Lodoli: “Ci si deve occupare seriamente dell'AVO giovani…
Questi ragazzi sono tutti virtualmente figli nostri e di loro dobbiamo prenderci cura,
aiutarli e sostenerli per contribuire alla loro formazione in parallelo alla famiglia e alla
scuola. Dobbiamo testimoniare loro come l'AVO sia una organizzazione votata
all'impegno civile e alla creazione di capitale umano da donare alla società”.
20
30.10.2009: prima giornata nazionale AVO
intervento al Corso di preparazione all'AVO di Mirandola del 1983: “Il volontario AVO è
espressione, nella struttura in cui opera, della sua comunità.”
Il seme dell'AVO, sparso con frutto a Milano, portato a Mirandola e raccolto qui da decine
di persone di buona volontà, si spera che possa così continuare a germogliare nel cuore
e nella mente di molti adulti, giovani e bambini perché sia coltivato con amore e
passione e trasmesso alle generazioni future.
Questo è l'augurio che tutti i volontari che si sono succeduti da quel lontano 1982
vorrebbero esprimere, pieni di gratitudine per chi ha fatto loro scoprire tanta ricchezza
interiore e tanta profonda letizia. Certo si deve essere disposti ad andare controcorrente
rispetto ai modelli proposti da media e pubblicità, a entrare in ambienti, quali ospedali e
case di riposo, che incutono timore o, addirittura, si vogliono dimenticare, perché si
tende a rimuovere la realtà della malattia e della vecchiaia. Si tratta di mondi che invece
hanno tanto da insegnare, in quanto capaci di migliorare la qualità della nostra
esistenza. Discrezione, lentezza, riflessione, profondità di relazioni interpersonali,
arricchimento emotivo, disponibilità all'ascolto, riscoperta del valore del silenzio,
gratuità dell'impegno, capacità di autocritica sono in profondo contrasto con i ritmi
frenetici, la superficialità, l'arroganza, l'egocentrismo, la grettezza, il rumore dominanti
spesso nell'attuale società.
Sarebbe ipocrita negare che il volontariato nell'AVO sia facile, ma è altrettanto vero che è
un dono e che, una volta compreso, accettato e sperimentato, diviene irrinunciabile; chi,
per serie ragioni, è costretto ad abbandonare il servizio, rimane volontario AVO nel suo
profondo, come spesso ho sentito ripetere.
Difficile davvero rimanere insensibili a tali sfide e sollecitazioni.
Solo dall'impegno nascono, da un lato, una sincera e duratura soddisfazione, dall'altro,
un costante miglioramento di sé e della Comunità di cui si fa parte per la costruzione del
“Bene Comune”, come tanto spesso ricorda il nostro fondatore, prof. Longhini.
22
Iniziative dell’AVO con i giovani (a fianco e pagina seguente).
intervento al Corso di preparazione all'AVO di Mirandola del 1983: “Il volontario AVO è
espressione, nella struttura in cui opera, della sua comunità.”
Il seme dell'AVO, sparso con frutto a Milano, portato a Mirandola e raccolto qui da decine
di persone di buona volontà, si spera che possa così continuare a germogliare nel cuore
e nella mente di molti adulti, giovani e bambini perché sia coltivato con amore e
passione e trasmesso alle generazioni future.
Questo è l'augurio che tutti i volontari che si sono succeduti da quel lontano 1982
vorrebbero esprimere, pieni di gratitudine per chi ha fatto loro scoprire tanta ricchezza
interiore e tanta profonda letizia. Certo si deve essere disposti ad andare controcorrente
rispetto ai modelli proposti da media e pubblicità, a entrare in ambienti, quali ospedali e
case di riposo, che incutono timore o, addirittura, si vogliono dimenticare, perché si
tende a rimuovere la realtà della malattia e della vecchiaia. Si tratta di mondi che invece
hanno tanto da insegnare, in quanto capaci di migliorare la qualità della nostra
esistenza. Discrezione, lentezza, riflessione, profondità di relazioni interpersonali,
arricchimento emotivo, disponibilità all'ascolto, riscoperta del valore del silenzio,
gratuità dell'impegno, capacità di autocritica sono in profondo contrasto con i ritmi
frenetici, la superficialità, l'arroganza, l'egocentrismo, la grettezza, il rumore dominanti
spesso nell'attuale società.
Sarebbe ipocrita negare che il volontariato nell'AVO sia facile, ma è altrettanto vero che è
un dono e che, una volta compreso, accettato e sperimentato, diviene irrinunciabile; chi,
per serie ragioni, è costretto ad abbandonare il servizio, rimane volontario AVO nel suo
profondo, come spesso ho sentito ripetere.
Difficile davvero rimanere insensibili a tali sfide e sollecitazioni.
Solo dall'impegno nascono, da un lato, una sincera e duratura soddisfazione, dall'altro,
un costante miglioramento di sé e della Comunità di cui si fa parte per la costruzione del
“Bene Comune”, come tanto spesso ricorda il nostro fondatore, prof. Longhini.
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Iniziative dell’AVO con i giovani (a fianco e pagina seguente).
25
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
25
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
Il prof. S. Santambrogio ha condiviso con me lunghi periodi di vita ospitaliera: dapprima
in sede universitaria presso l'Istituto di Patologia medica, successivamente in sede
ospitaliera presso l'Ospedale Maggiore di Milano e infine come mio aiuto, quando
divenni primario all'Ospedale Città di Sesto San Giovanni.
Persona di convinzioni laiche, di onestà, trasparenza e altruismo esemplari.
Abbiamo condiviso anche una fruttuosa attività di ricerca in campo pneumologico dove
ricordo la sua precisione, la sua dedizione e l'amore per la ricerca finalizzata al bene del
malato.
Sergio Santambrogio divenne poi meritatamente Primario medico all'Ospedale di
Mirandola. Con lui mantenni contatti e reciproche visite.
Quando gli comunicai le mie intuizioni sul volontariato ospitaliero, trovai una entusiasta
condivisione, che culminò nella fondazione dell'AVO Mirandola.
Fui presente con Nuccia, mia moglie, alla nascita di quell'AVO fra le prime, dopo Milano,
e ne apprezzai l'entusiasmo e la dedizione.
Sergio Santambrogio curò l'esordio e lo sviluppo dell'attività, come guida e collaboratore
della prima Presidente professoressa Maria Sabattini di cara memoria.
Ho un ricordo di un uomo vero, di grandi capacità cliniche e di grande dedizione, che
amo definire uomo di buona volontà.
Lo ricordo spesso nelle mie preghiere e lo ringrazio, in cuor mio, anche a nome dell'AVO.
Erminio Longhini
Ricordo del prof. Sergio Santambrogio 27
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
Poesia della Preside Maria SabattiniPrima Giornata AVO
8 Dicembre 1982
Passasti come un fioredal robusto stelo,
colpito a più ripreseda possente falce.
Dilaniata dal dolore,lo sopportasti con forza
che, in certi momentiper chi non ti conosceva,sembrava indifferenza.
Ti ho seguita nei momentidella più grande pena e sofferenza
e a te vicini ho visto i figli tuoistretti al tuo corpo
con il padre accanto, come a formar con teuna persona sola,in un gruppo fuso
dal grande amore e dall'affettoche tu portavi loro.
Col cuore chiuso dall'angosciavi ho contemplati stando sulla soglia
della piccola stanza d'ospedaleche pur era capace di contenere
tanto doloree tanto amore.
26
Il prof. S. Santambrogio ha condiviso con me lunghi periodi di vita ospitaliera: dapprima
in sede universitaria presso l'Istituto di Patologia medica, successivamente in sede
ospitaliera presso l'Ospedale Maggiore di Milano e infine come mio aiuto, quando
divenni primario all'Ospedale Città di Sesto San Giovanni.
Persona di convinzioni laiche, di onestà, trasparenza e altruismo esemplari.
Abbiamo condiviso anche una fruttuosa attività di ricerca in campo pneumologico dove
ricordo la sua precisione, la sua dedizione e l'amore per la ricerca finalizzata al bene del
malato.
Sergio Santambrogio divenne poi meritatamente Primario medico all'Ospedale di
Mirandola. Con lui mantenni contatti e reciproche visite.
Quando gli comunicai le mie intuizioni sul volontariato ospitaliero, trovai una entusiasta
condivisione, che culminò nella fondazione dell'AVO Mirandola.
Fui presente con Nuccia, mia moglie, alla nascita di quell'AVO fra le prime, dopo Milano,
e ne apprezzai l'entusiasmo e la dedizione.
Sergio Santambrogio curò l'esordio e lo sviluppo dell'attività, come guida e collaboratore
della prima Presidente professoressa Maria Sabattini di cara memoria.
Ho un ricordo di un uomo vero, di grandi capacità cliniche e di grande dedizione, che
amo definire uomo di buona volontà.
Lo ricordo spesso nelle mie preghiere e lo ringrazio, in cuor mio, anche a nome dell'AVO.
Erminio Longhini
Ricordo del prof. Sergio Santambrogio 27
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
Poesia della Preside Maria SabattiniPrima Giornata AVO
8 Dicembre 1982
Passasti come un fioredal robusto stelo,
colpito a più ripreseda possente falce.
Dilaniata dal dolore,lo sopportasti con forza
che, in certi momentiper chi non ti conosceva,sembrava indifferenza.
Ti ho seguita nei momentidella più grande pena e sofferenza
e a te vicini ho visto i figli tuoistretti al tuo corpo
con il padre accanto, come a formar con teuna persona sola,in un gruppo fuso
dal grande amore e dall'affettoche tu portavi loro.
Col cuore chiuso dall'angosciavi ho contemplati stando sulla soglia
della piccola stanza d'ospedaleche pur era capace di contenere
tanto doloree tanto amore.
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29
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
28 Il notaio dott. Francesco Borellini ci accoglie con entusiasmo nel suo studio di via
Curtatone per redigere l'atto costitutivo dell'associazione.
Ricordo la figlia Grazia che insieme al papà ci incoraggia continuamente: è il 13 Aprile
1981. In pochissimo tempo la nostra associazione diventa conosciuta e apprezzata.
Dopo qualche mese - è l'Agosto dello stesso anno - Mons. Prati mi chiama a Carpi.
Per mia scelta non mantengo legami operativi con le iniziative avviate e le persone
conosciute, ma l'AVO gode già di una buona, buonissima salute propria ed è sostenuta
da persone intelligenti e generose.
Se per me rimane un breve, prezioso capitolo di storia, non lo è certamente per tutto
l'amore dato.
Ricordo che un sacerdote, Don Dario Porta di Parma, del quale si prepara il processo di
beatificazione, diceva: “Alla fine della mia vita vorrei poter dire: ho sempre amato, ho
sempre amato”. Che altro si può dire dell'AVO nel suo insieme e di ciascuno dei suoi
volontari?
1955: S. E. Mons. Artemio Prati Vescovo della Diocesi di Carpi con i medici dell’ospedale di Mirandola
Quando gli avvenimenti li ricorda il cuore, solo allora essi
diventano indelebili.
Ecco perché la nascita dell'AVO di Mirandola resta in me
come una pagina di stampa, una fotografia che posso
togliere dal cassetto dei ricordi e rileggere con la stessa
emozione della prima volta.
Siamo alla fine dell'anno 1980. Io alterno le mie giornate di
sacerdote fra parrocchia e ospedale.
Ambedue le esperienze mi appassionano: aiuta
certamente lo slancio della giovane età, le energie in
abbondanza. Vorrei dare tutto. Mi sarà facile aggregare
attorno altre persone che vogliono dare qualcosa di
proprio, come il tempo. Constato le difficoltà dei malati in
ospedale: a volte è difficile anche solo raggiungere il bicchiere d'acqua collocato sul
comodino, consumare il pasto… Quelle mille situazioni mi interpellano: cosa fare?
Leggo su “Città nuova” del prof. Longhini che in un ospedale di Milano ha dato vita ad
un'associazione di volontari che, debitamente preparati, possono entrare nelle corsie e
offrire quell'assistenza “spicciola, ma indispensabile” che purtroppo già allora (ed oggi
ancor più) non si poteva chiedere al personale infermieristico.
In ospedale, nel reparto di Medicina, opera il prof. Sergio Santambrogio, che apprezzo
per la sua umanità e che viene appunto da Milano.
Sì, lui il prof. Longhini lo conosce, può contattarlo facilmente ed anche farlo venire a
Mirandola. Insieme prepariamo il terreno all'incontro: non è difficile mettere insieme una
dozzina di persone che entrano subito in sintonia di intenti.
Nei nomi che riscrivo intendo dire un grazie a tutti i volontari dell'AVO, di allora e di
adesso. Al primo posto, per la sua delicata sensibilità, la preside Maria Sabattini; poi la
maestra elementare Lara Cavicchioli, sempre pronta ad avventure di valore, la stimata
Maria Bianca Ragazzi, che ha visto nell'AVO un ampliarsi del prezioso lavoro della San
Vincenzo in un settore delicato e bisognoso come quello della malattia.
Mi sostengono con decisione i sacerdoti coi quali vivo: Mons. Ruggero Golinelli, che mi
è padre e amico agli inizi della mia esperienza sacerdotale, e Don Aleardo Mantovani,
con il quale divido i compiti della parrocchia.
Ora mi vengono alla mente altri nomi, solo nomi: Sergio, Arturo. Questi amici e tanti altri,
se restano nell'ombra alla mia memoria, non lo sono certo davanti a Dio.
Testimonianza di Don Carlo Malavasi
29
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
28 Il notaio dott. Francesco Borellini ci accoglie con entusiasmo nel suo studio di via
Curtatone per redigere l'atto costitutivo dell'associazione.
Ricordo la figlia Grazia che insieme al papà ci incoraggia continuamente: è il 13 Aprile
1981. In pochissimo tempo la nostra associazione diventa conosciuta e apprezzata.
Dopo qualche mese - è l'Agosto dello stesso anno - Mons. Prati mi chiama a Carpi.
Per mia scelta non mantengo legami operativi con le iniziative avviate e le persone
conosciute, ma l'AVO gode già di una buona, buonissima salute propria ed è sostenuta
da persone intelligenti e generose.
Se per me rimane un breve, prezioso capitolo di storia, non lo è certamente per tutto
l'amore dato.
Ricordo che un sacerdote, Don Dario Porta di Parma, del quale si prepara il processo di
beatificazione, diceva: “Alla fine della mia vita vorrei poter dire: ho sempre amato, ho
sempre amato”. Che altro si può dire dell'AVO nel suo insieme e di ciascuno dei suoi
volontari?
1955: S. E. Mons. Artemio Prati Vescovo della Diocesi di Carpi con i medici dell’ospedale di Mirandola
Quando gli avvenimenti li ricorda il cuore, solo allora essi
diventano indelebili.
Ecco perché la nascita dell'AVO di Mirandola resta in me
come una pagina di stampa, una fotografia che posso
togliere dal cassetto dei ricordi e rileggere con la stessa
emozione della prima volta.
Siamo alla fine dell'anno 1980. Io alterno le mie giornate di
sacerdote fra parrocchia e ospedale.
Ambedue le esperienze mi appassionano: aiuta
certamente lo slancio della giovane età, le energie in
abbondanza. Vorrei dare tutto. Mi sarà facile aggregare
attorno altre persone che vogliono dare qualcosa di
proprio, come il tempo. Constato le difficoltà dei malati in
ospedale: a volte è difficile anche solo raggiungere il bicchiere d'acqua collocato sul
comodino, consumare il pasto… Quelle mille situazioni mi interpellano: cosa fare?
Leggo su “Città nuova” del prof. Longhini che in un ospedale di Milano ha dato vita ad
un'associazione di volontari che, debitamente preparati, possono entrare nelle corsie e
offrire quell'assistenza “spicciola, ma indispensabile” che purtroppo già allora (ed oggi
ancor più) non si poteva chiedere al personale infermieristico.
In ospedale, nel reparto di Medicina, opera il prof. Sergio Santambrogio, che apprezzo
per la sua umanità e che viene appunto da Milano.
Sì, lui il prof. Longhini lo conosce, può contattarlo facilmente ed anche farlo venire a
Mirandola. Insieme prepariamo il terreno all'incontro: non è difficile mettere insieme una
dozzina di persone che entrano subito in sintonia di intenti.
Nei nomi che riscrivo intendo dire un grazie a tutti i volontari dell'AVO, di allora e di
adesso. Al primo posto, per la sua delicata sensibilità, la preside Maria Sabattini; poi la
maestra elementare Lara Cavicchioli, sempre pronta ad avventure di valore, la stimata
Maria Bianca Ragazzi, che ha visto nell'AVO un ampliarsi del prezioso lavoro della San
Vincenzo in un settore delicato e bisognoso come quello della malattia.
Mi sostengono con decisione i sacerdoti coi quali vivo: Mons. Ruggero Golinelli, che mi
è padre e amico agli inizi della mia esperienza sacerdotale, e Don Aleardo Mantovani,
con il quale divido i compiti della parrocchia.
Ora mi vengono alla mente altri nomi, solo nomi: Sergio, Arturo. Questi amici e tanti altri,
se restano nell'ombra alla mia memoria, non lo sono certo davanti a Dio.
Testimonianza di Don Carlo Malavasi
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VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
30 sue figlie, anzi di più. Finita la tempesta, mi alzo in piedi e dico amareggiato: ”Io non ho
detto questo, ho parlato in generale, stimo tutte le Signore e credo di essere buon
sacerdote con tutte”.
Sappiate che Maria Sabattini venne a scusarsi dopo qualche giorno, pentita di aver
dato credito a delle voci riportate, e il nostro rapporto continuò ottimamente come prima.
La mia conclusione fu ed è questa: con una fondatrice e presidente così
l'AVO non potrà andare male, sarà difesa e amata sempre più anche dai medici,
paramedici e da tutto il personale ospedaliero.
Crescerà e sarà un fiore all'occhiello per l'Ospedale e la città di Mirandola.
Don Luciano
Ospedale di Mirandola
Il mio primo incontro con i volontari dell'associazione avvenne nel lontano
Novembre 1982.
Il Vescovo Mons. Prati, quando mi chiamò a prestare servizio all'Ospedale di Mirandola,
tra le altre raccomandazioni mi chiese di collaborare con i fratelli e le sorelle dell'AVO.
La prima persona che mi catechizzò sull'associazione fu la prof.ssa Maria Sabattini.
Mi ricordo bene l'amore che aveva per tutti i volontari, indipendentemente da cultura,
ceto o età.
Quante raccomandazioni! Naturalmente come Cappellano stimavo gli Avini, vedevo in
loro dei collaboratori preziosi non solo perché li conoscevo tutti, ma perché ammiravo
quanto bene facevano al letto degli ammalati.
Come cappellano in parrocchia, assistente spirituale nell'Ospedale, abituale visitatore
degli ammalati di Vallalta, oltre alla stima e all'affetto, ho sempre dato il mio povero
contributo per la crescita spirituale e morale degli associati.
Con il Prof. Santambrogio, il Dott. Andrea Caleffi, la Presidente Novella Artioli la
collaborazione fu sempre ottima. Incontri, corsi annuali, anniversari, Messe in particolari
occasioni mi hanno sempre trovato disponibile.
Voglio narrare uno spiacevole, ma significativo equivoco con la Presidente Sabattini,
credo nel Dicembre 1983. In un incontro avevo richiamato all'umiltà, alla cordialità,
alla pazienza al letto dei degenti: gli anelli vistosi, i braccialetti tintinnanti, le collane
dorate non servivano a nulla, anzi indisponevano gli ammalati.
Questo però senza alcun riferimento personale.
L'osservazione venne all'orecchio della Professoressa che, trattenuta a scuola, non era
presente al mio intervento. Dopo due giorni, nel pomeriggio, una volontaria venne a
cercarmi, mentre mi trovavo in Chirurgia, perché la Presidente desiderava parlarmi.
Tranquillo, dopo aver salutato gli ospiti della camera, mi reco nella sede AVO, adiacente
alla sala operatoria del piano terra. Entro, saluto cordialmente e mi trovo la Presidente
seduta alla scrivania, con il cappello in testa, rotolando la matita tra le mani come fosse
bollente, il volto scuro. Mi saluta bruscamente e poi inizia una di quelle sgridate che solo
lei poteva fare ai monellacci della sua scuola, quando li trovava cacciati in corridoio o li
beccava per strada a marinare.
Si era sentita ferita personalmente dalle mie parole, tanto aveva nel cuore tutti i volontari.
“Come si permette di accusare, di giudicare ecc… Le mie associate sono tutte
rispettabili ecc… Non si profumano, non hanno gioielli quando sono in servizio”.
Continuò a lungo a difendere e lodare tutte le Signore e Signorine dell'AVO come fossero
L'AVO di Mirandola nei ricordi di Don Luciano
31
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
30 sue figlie, anzi di più. Finita la tempesta, mi alzo in piedi e dico amareggiato: ”Io non ho
detto questo, ho parlato in generale, stimo tutte le Signore e credo di essere buon
sacerdote con tutte”.
Sappiate che Maria Sabattini venne a scusarsi dopo qualche giorno, pentita di aver
dato credito a delle voci riportate, e il nostro rapporto continuò ottimamente come prima.
La mia conclusione fu ed è questa: con una fondatrice e presidente così
l'AVO non potrà andare male, sarà difesa e amata sempre più anche dai medici,
paramedici e da tutto il personale ospedaliero.
Crescerà e sarà un fiore all'occhiello per l'Ospedale e la città di Mirandola.
Don Luciano
Ospedale di Mirandola
Il mio primo incontro con i volontari dell'associazione avvenne nel lontano
Novembre 1982.
Il Vescovo Mons. Prati, quando mi chiamò a prestare servizio all'Ospedale di Mirandola,
tra le altre raccomandazioni mi chiese di collaborare con i fratelli e le sorelle dell'AVO.
La prima persona che mi catechizzò sull'associazione fu la prof.ssa Maria Sabattini.
Mi ricordo bene l'amore che aveva per tutti i volontari, indipendentemente da cultura,
ceto o età.
Quante raccomandazioni! Naturalmente come Cappellano stimavo gli Avini, vedevo in
loro dei collaboratori preziosi non solo perché li conoscevo tutti, ma perché ammiravo
quanto bene facevano al letto degli ammalati.
Come cappellano in parrocchia, assistente spirituale nell'Ospedale, abituale visitatore
degli ammalati di Vallalta, oltre alla stima e all'affetto, ho sempre dato il mio povero
contributo per la crescita spirituale e morale degli associati.
Con il Prof. Santambrogio, il Dott. Andrea Caleffi, la Presidente Novella Artioli la
collaborazione fu sempre ottima. Incontri, corsi annuali, anniversari, Messe in particolari
occasioni mi hanno sempre trovato disponibile.
Voglio narrare uno spiacevole, ma significativo equivoco con la Presidente Sabattini,
credo nel Dicembre 1983. In un incontro avevo richiamato all'umiltà, alla cordialità,
alla pazienza al letto dei degenti: gli anelli vistosi, i braccialetti tintinnanti, le collane
dorate non servivano a nulla, anzi indisponevano gli ammalati.
Questo però senza alcun riferimento personale.
L'osservazione venne all'orecchio della Professoressa che, trattenuta a scuola, non era
presente al mio intervento. Dopo due giorni, nel pomeriggio, una volontaria venne a
cercarmi, mentre mi trovavo in Chirurgia, perché la Presidente desiderava parlarmi.
Tranquillo, dopo aver salutato gli ospiti della camera, mi reco nella sede AVO, adiacente
alla sala operatoria del piano terra. Entro, saluto cordialmente e mi trovo la Presidente
seduta alla scrivania, con il cappello in testa, rotolando la matita tra le mani come fosse
bollente, il volto scuro. Mi saluta bruscamente e poi inizia una di quelle sgridate che solo
lei poteva fare ai monellacci della sua scuola, quando li trovava cacciati in corridoio o li
beccava per strada a marinare.
Si era sentita ferita personalmente dalle mie parole, tanto aveva nel cuore tutti i volontari.
“Come si permette di accusare, di giudicare ecc… Le mie associate sono tutte
rispettabili ecc… Non si profumano, non hanno gioielli quando sono in servizio”.
Continuò a lungo a difendere e lodare tutte le Signore e Signorine dell'AVO come fossero
L'AVO di Mirandola nei ricordi di Don Luciano
32 Dal 1992 al 1995 fui anche Presidente dell'AVO di Mirandola, carica eccesiva per me,
che potei portare a termine solo con l'aiuto di qualcuno che ben incarna lo spirito e i valori
dell'associazione. Devo qui fare il nome di Novella Artioli Dalcò.
Le cariche non sono onorificenze, sono un servizio al servizio di chi con umiltà serve.
Posso dire di aver dato con entusiasmo tutto quello che ero in grado di dare affinché i
begli ideali che stanno alla base dell'AVO, l'amicizia fra i volontari e dei volontari verso i
malati fossero capiti e portati a conoscenza di molti.
Non ho mai smesso il servizio in corsia durante quegli anni di molto impegno.
So di aver dato il massimo delle mie possibilità. Non so valutarne l'effetto.
Altri saranno giudici.
Fu leggendo un articolo del giornalista Giorgio Torelli che conobbi
l'AVO. Era un'intervista al prof. Erminio Longhini, fondatore
dell'associazione, sul “Giornale” di Montanelli (15 Marzo 1982).
L'idea di questo volontariato mi conquistò subito e seppi che a
Mirandola solo l'anno prima l'AVO era stata fondata ad opera del
prof. Santambrogio, amico del prof. Longhini, e affidata alla
presidenza della prof.ssa Maria Sabattini, allora comunemente
conosciuta come la “Signorina Preside”.
Frequentai il secondo Corso di formazione insieme a molti
concordiesi; guidati e sostenuti dalla prof.ssa Sabattini, nel 1983,
iniziammo il servizio nell'Ospedale di Concordia, dove all'epoca
erano in funzione i reparti di Ortopedia e di Rieducazione
funzionale. L'Avo incontrò il favore di tanti. L'ideale di un servizio
umile e nascosto, gratuito in ogni possibile accezione faceva presa su chi ne veniva a
conoscenza. Un sorriso a uno sconosciuto sofferente! In poco tempo il numero dei
volontari operanti a Concordia arrivò a superare la quarantina.
Di quegli anni ricordo la mole di lavoro (solo Ortopedia aveva sessanta letti) e
l'incredulità dei ricoverati: non era possibile che un servizio tanto gradito e utile, in un
ambito così delicato, fosse gratuito. Ricordo l'insistenza con cui molti desideravano
contribuire almeno finanziariamente lasciando, al momento delle dimissioni, piccole
somme di denaro che noi volontari esitavamo sempre a ricevere e di cui rilasciavamo
ricevuta, per evitare che la nostra gratuità apparisse una favola!
Intanto l'AVO si andava strutturando. Ogni regione doveva avere un rappresentante
presso il Consiglio Nazionale, in modo che ci fosse coordinazione e reciproca
conoscenza fra il centro propulsore e la periferia, cioè, nel nostro caso, tra le AVO
dell'Emilia-Romagna e di Milano. Così, quando la Preside Sabattini, nel 1989, fu stanca
di avere due cariche che le pesavano troppo, pensò di dividerne il peso fra due
volontarie: Presidente di Mirandola fu eletta Lara Mantovani, mentre la responsabilità
regionale cadde su di me. La portai per ben sette anni, non perché io fossi
particolarmente dotata, ma perché nessuno voleva quell'onere.
Sentivo forte il vincolo con tutte le persone che avevo conosciuto, la volontà comune di
fare e fare bene ed era stimolante rendersi conto di quanta fantasia, di quanta
personalità ciascuno metteva nel compiere il medesimo servizio.
Portavo al Consiglio Nazionale le soddisfazioni, le gioie e i problemi che vivevo.
Memorie di una volontaria “anziana” 33
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
32 Dal 1992 al 1995 fui anche Presidente dell'AVO di Mirandola, carica eccesiva per me,
che potei portare a termine solo con l'aiuto di qualcuno che ben incarna lo spirito e i valori
dell'associazione. Devo qui fare il nome di Novella Artioli Dalcò.
Le cariche non sono onorificenze, sono un servizio al servizio di chi con umiltà serve.
Posso dire di aver dato con entusiasmo tutto quello che ero in grado di dare affinché i
begli ideali che stanno alla base dell'AVO, l'amicizia fra i volontari e dei volontari verso i
malati fossero capiti e portati a conoscenza di molti.
Non ho mai smesso il servizio in corsia durante quegli anni di molto impegno.
So di aver dato il massimo delle mie possibilità. Non so valutarne l'effetto.
Altri saranno giudici.
Fu leggendo un articolo del giornalista Giorgio Torelli che conobbi
l'AVO. Era un'intervista al prof. Erminio Longhini, fondatore
dell'associazione, sul “Giornale” di Montanelli (15 Marzo 1982).
L'idea di questo volontariato mi conquistò subito e seppi che a
Mirandola solo l'anno prima l'AVO era stata fondata ad opera del
prof. Santambrogio, amico del prof. Longhini, e affidata alla
presidenza della prof.ssa Maria Sabattini, allora comunemente
conosciuta come la “Signorina Preside”.
Frequentai il secondo Corso di formazione insieme a molti
concordiesi; guidati e sostenuti dalla prof.ssa Sabattini, nel 1983,
iniziammo il servizio nell'Ospedale di Concordia, dove all'epoca
erano in funzione i reparti di Ortopedia e di Rieducazione
funzionale. L'Avo incontrò il favore di tanti. L'ideale di un servizio
umile e nascosto, gratuito in ogni possibile accezione faceva presa su chi ne veniva a
conoscenza. Un sorriso a uno sconosciuto sofferente! In poco tempo il numero dei
volontari operanti a Concordia arrivò a superare la quarantina.
Di quegli anni ricordo la mole di lavoro (solo Ortopedia aveva sessanta letti) e
l'incredulità dei ricoverati: non era possibile che un servizio tanto gradito e utile, in un
ambito così delicato, fosse gratuito. Ricordo l'insistenza con cui molti desideravano
contribuire almeno finanziariamente lasciando, al momento delle dimissioni, piccole
somme di denaro che noi volontari esitavamo sempre a ricevere e di cui rilasciavamo
ricevuta, per evitare che la nostra gratuità apparisse una favola!
Intanto l'AVO si andava strutturando. Ogni regione doveva avere un rappresentante
presso il Consiglio Nazionale, in modo che ci fosse coordinazione e reciproca
conoscenza fra il centro propulsore e la periferia, cioè, nel nostro caso, tra le AVO
dell'Emilia-Romagna e di Milano. Così, quando la Preside Sabattini, nel 1989, fu stanca
di avere due cariche che le pesavano troppo, pensò di dividerne il peso fra due
volontarie: Presidente di Mirandola fu eletta Lara Mantovani, mentre la responsabilità
regionale cadde su di me. La portai per ben sette anni, non perché io fossi
particolarmente dotata, ma perché nessuno voleva quell'onere.
Sentivo forte il vincolo con tutte le persone che avevo conosciuto, la volontà comune di
fare e fare bene ed era stimolante rendersi conto di quanta fantasia, di quanta
personalità ciascuno metteva nel compiere il medesimo servizio.
Portavo al Consiglio Nazionale le soddisfazioni, le gioie e i problemi che vivevo.
Memorie di una volontaria “anziana” 33
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
35
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
34
L'incontro con l'AVO avvenne nel 1980, nel salone dell'Oratorio di Mirandola
particolarmente gremito di persone invitate da don Carlo Malavasi per ascoltare il prof.
Santambrogio che riportava l'esperienza milanese dei volontari ospedalieri.
Al termine dell'incontro, assai motivante, si costituì un gruppo di lavoro per promuovere
anche nella nostra cittadina un'esperienza simile a quella lombarda.
Mi resi disponibile e così feci parte dei fondatori dell'AVO locale.
Per quel che mi riguarda, l'adesione e la condivisione degli obiettivi nacquero non da
un'esigenza interiore né da un'esperienza diretta in ospedale e nemmeno dalla
constatazione di carenze del sistema sanitario, ma dal desiderio e dall'opportunità di
riprodurre in corsia la pratica del buon vicinato stando accanto a un ammalato nei lunghi
giorni di degenza (a quell'epoca la permanenza presso la struttura era abbastanza lunga
in qualsiasi reparto). Non so le motivazioni degli altri aderenti, ma posso affermare che,
già all'inizio, eravamo abbastanza numerosi. Non bastava però essere volonterosi e
bendisposti. Accostarsi a un paziente comportava una certa preparazione non solo per
“saper fare”, ma soprattutto per “non sbagliare”.
Per questo istituimmo corsi annuali di preparazione sia medica, sia psicologica.
I turni furono organizzati nel reparto di Medicina e, in seguito, di Chirurgia.
Sperimentammo anche qualche presenza nel reparto di Pediatria e per alcuni bambini,
ricoverati per lunghi periodi, organizzammo momenti di recupero scolastico,
compatibilmente con le condizioni di salute. Il contatto con il malato in ospedale, specie
se in condizioni gravi, senza dubbio rende tutti molto scoperti. Nel mio caso le
esperienze, a volte molto pesanti e senza soluzione, hanno contribuito a dare un certo
equilibrio a quella che potrei definire “la sana esuberanza giovanile”, che può essere
indipendente dall'età, ma che distorce la realtà. Questa esperienza in AVO, anche in
seguito mi ha avvantaggiata nelle mie scelte personali, nella visione oggettiva degli
eventi, senza togliermi il gusto del vivere in tutte le sue evoluzioni, gusto che ho ereditato
dai miei genitori e che non posso disconoscere. Come amministratore, quale ora sono,
in coerenza con la validissima esperienza in AVO, tengo in alta considerazione le
associazioni e i volontari che si rivolgono alla persona in difficoltà. Le stimo per due
ragioni: la prima, perché si inseriscono nel tessuto sociale più fragile per recarvi benefici;
la seconda, perché apportano, con il loro agire improntato a disponibilità e condivisione,
tanta serenità, fiducia e consapevolezza che, nelle difficoltà, nessuno è mai solo.
Lara Cavicchioli
Esperienza di una volontaria “della prima ora”
Alcune delle storiche volontarie dell’AVO
35
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
34
L'incontro con l'AVO avvenne nel 1980, nel salone dell'Oratorio di Mirandola
particolarmente gremito di persone invitate da don Carlo Malavasi per ascoltare il prof.
Santambrogio che riportava l'esperienza milanese dei volontari ospedalieri.
Al termine dell'incontro, assai motivante, si costituì un gruppo di lavoro per promuovere
anche nella nostra cittadina un'esperienza simile a quella lombarda.
Mi resi disponibile e così feci parte dei fondatori dell'AVO locale.
Per quel che mi riguarda, l'adesione e la condivisione degli obiettivi nacquero non da
un'esigenza interiore né da un'esperienza diretta in ospedale e nemmeno dalla
constatazione di carenze del sistema sanitario, ma dal desiderio e dall'opportunità di
riprodurre in corsia la pratica del buon vicinato stando accanto a un ammalato nei lunghi
giorni di degenza (a quell'epoca la permanenza presso la struttura era abbastanza lunga
in qualsiasi reparto). Non so le motivazioni degli altri aderenti, ma posso affermare che,
già all'inizio, eravamo abbastanza numerosi. Non bastava però essere volonterosi e
bendisposti. Accostarsi a un paziente comportava una certa preparazione non solo per
“saper fare”, ma soprattutto per “non sbagliare”.
Per questo istituimmo corsi annuali di preparazione sia medica, sia psicologica.
I turni furono organizzati nel reparto di Medicina e, in seguito, di Chirurgia.
Sperimentammo anche qualche presenza nel reparto di Pediatria e per alcuni bambini,
ricoverati per lunghi periodi, organizzammo momenti di recupero scolastico,
compatibilmente con le condizioni di salute. Il contatto con il malato in ospedale, specie
se in condizioni gravi, senza dubbio rende tutti molto scoperti. Nel mio caso le
esperienze, a volte molto pesanti e senza soluzione, hanno contribuito a dare un certo
equilibrio a quella che potrei definire “la sana esuberanza giovanile”, che può essere
indipendente dall'età, ma che distorce la realtà. Questa esperienza in AVO, anche in
seguito mi ha avvantaggiata nelle mie scelte personali, nella visione oggettiva degli
eventi, senza togliermi il gusto del vivere in tutte le sue evoluzioni, gusto che ho ereditato
dai miei genitori e che non posso disconoscere. Come amministratore, quale ora sono,
in coerenza con la validissima esperienza in AVO, tengo in alta considerazione le
associazioni e i volontari che si rivolgono alla persona in difficoltà. Le stimo per due
ragioni: la prima, perché si inseriscono nel tessuto sociale più fragile per recarvi benefici;
la seconda, perché apportano, con il loro agire improntato a disponibilità e condivisione,
tanta serenità, fiducia e consapevolezza che, nelle difficoltà, nessuno è mai solo.
Lara Cavicchioli
Esperienza di una volontaria “della prima ora”
Alcune delle storiche volontarie dell’AVO
Ero un giovane medico specializzando in Pediatria quando, nel 1982, il prof. Sergio
Santambrogio mi contattò per farmi partecipe di un suo progetto.
Quando egli lavorava presso il Policlinico di Milano, era iniziata un’attività di assistenza ai
malati in corsia da parte di volontari. Nella sua sensibilità alla sofferenza umana, non gli
sfuggiva che molti degenti, soprattutto anziani, vivevano il ricovero ospedaliero come un
momento di isolamento e solitudine. Anche coloro che avevano parenti disponibili alla
visita o all’assistenza necessitavano di un supplemento di solidarietà umana. Si fece
quindi promotore fra noi medici, giovani e meno giovani, di uno stimolo alla nascita di
una esperienza di questo tipo.
Ricordo con precisione un pomeriggio dell’inizio del 1982, quando convocò
un’assemblea con medici, personale infermieristico e operatori del volontariato: un suo
collega di Milano raccontò come era nata l’AVO presso la sua struttura e il prof.
Santambrogio, alla fine della relazione, chiese immediatamente la disponibilità alla
formazione di un Consiglio Direttivo Provvisorio per far partire subito l’iniziativa. Venni
chiamato a farne parte insieme ad altre persone tra cui ricordo Primo Luppi, il dott.
Andrea Caleffi e la preside della scuola media, prof.ssa Maria Sabattini. Ho citato queste
persone perché sono purtroppo scomparse e mi sembra giusto riconoscere,se pur in
modo postumo, il loro impegno.
Le prime riunioni si tennero presso l’abitazione della prof.ssa Sabattini, in piazza Ceretti,
e proseguirono per diversi mesi prima dell’inizio dell’attività vera e propria, che coinvolse
un numero inaspettato di persone. Inaspettato, perché questo tipo di servizio si
prospettava come molto delicato e difficile, anche per la possibile resistenza o
diffidenza da parte dei pazienti e del personale ospedaliero.
Dopo un periodo di necessario rodaggio e conoscenza, il progetto decollò e tuttora
continua grazie alla sensibilità e all’impegno di tante persone.
Il mio apporto è stato molto limitato e legato alla parte organizzativa iniziale, ma
conservo un dolce ricordo di quegli incontri e la soddisfazione di aver fatto parte, se pure
per un breve periodo, di un’iniziativa così importante e lodevole.
Marco Paolini
Ricordi di un fondatore dell’AVO di Mirandola 37
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
36
Partendo dalla nostra esperienza come cappellano ospedaliero e chiamato in causa per
dare la nostra testimonianza sull’AVO di Mirandola, che si appresta a celebrare il suo 30°
anniversario di servizio accanto al fratello ammalato, ci è sembrato opportuno
richiamare alla memoria la parabola evangelica del “buon samaritano” che, a nostro
parere, presenta la chiave di comprensione dell’associazione e mette a fuoco, mutatis
mutandis, la sua identità. Nel percorso della sua vita pubblica, Gesù, interrogato da un
dottore della legge circa le condizioni per ottenere la vita eterna, lo esortò a rispettare il
precetto “Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la
tua forza, con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso”.
Di fronte all’ulteriore domanda su chi fosse questo “prossimo”, narrò la parabola del
buon samaritano, l’unico che si avvicinò allo sconosciuto caduto preda dei briganti,
l’unico che si occupò di lui, dedicandogli tempo e cure adeguate, a differenza di un
sacerdote e di un levita, che ignorarono il poveretto. Siamo di fronte a una profonda
espressione d’umanità e di fratellanza in un ambiente in cui diffidenze e scrupoli religiosi
condizionavano i rapporti interpersonali.
Gli esegeti sono tutti concordi nel vedere nel samaritano la figura di Dio che in Gesù
Cristo si candida nostro prossimo, vuol restarci vicino nel nostro male. “Fa il contrario del
sacerdote e del levita… il farsi vicino è una decisione del cuore buono” (S. Fausti).
Il dialogo tra Gesù e il dottore della legge si conclude con una raccomandazione molto
importante: “Va’ e fa’ anche tu la stessa cosa”(Lc 10,37). Senza minimamente forzare le
conclusioni ed evitando un’affermazione azzardata che potrebbe ferire la sensibilità
“laica”, in considerazione del contesto multireligioso che caratterizza la nostra epoca, si
potrebbe comunque dire che l’AVO ha accolto, a modo suo, l’esortazione di Gesù. Infatti
il servizio che l’associazione svolge accanto ai fratelli sofferenti si presenta –questo è il
nostro parere- come un antidoto contro il morso dell’indifferenza, dell’arroganza e della
prepotenza che a volte viziano i rapporti umani e porta con sé tutto il calore che i volontari
intendono trasmettere agli assistiti, quasi a dire: Vi siamo vicini…
Padre Emmanuel Mukenge Sdp
Il buon samaritano:figura dell’Avo
Ero un giovane medico specializzando in Pediatria quando, nel 1982, il prof. Sergio
Santambrogio mi contattò per farmi partecipe di un suo progetto.
Quando egli lavorava presso il Policlinico di Milano, era iniziata un’attività di assistenza ai
malati in corsia da parte di volontari. Nella sua sensibilità alla sofferenza umana, non gli
sfuggiva che molti degenti, soprattutto anziani, vivevano il ricovero ospedaliero come un
momento di isolamento e solitudine. Anche coloro che avevano parenti disponibili alla
visita o all’assistenza necessitavano di un supplemento di solidarietà umana. Si fece
quindi promotore fra noi medici, giovani e meno giovani, di uno stimolo alla nascita di
una esperienza di questo tipo.
Ricordo con precisione un pomeriggio dell’inizio del 1982, quando convocò
un’assemblea con medici, personale infermieristico e operatori del volontariato: un suo
collega di Milano raccontò come era nata l’AVO presso la sua struttura e il prof.
Santambrogio, alla fine della relazione, chiese immediatamente la disponibilità alla
formazione di un Consiglio Direttivo Provvisorio per far partire subito l’iniziativa. Venni
chiamato a farne parte insieme ad altre persone tra cui ricordo Primo Luppi, il dott.
Andrea Caleffi e la preside della scuola media, prof.ssa Maria Sabattini. Ho citato queste
persone perché sono purtroppo scomparse e mi sembra giusto riconoscere,se pur in
modo postumo, il loro impegno.
Le prime riunioni si tennero presso l’abitazione della prof.ssa Sabattini, in piazza Ceretti,
e proseguirono per diversi mesi prima dell’inizio dell’attività vera e propria, che coinvolse
un numero inaspettato di persone. Inaspettato, perché questo tipo di servizio si
prospettava come molto delicato e difficile, anche per la possibile resistenza o
diffidenza da parte dei pazienti e del personale ospedaliero.
Dopo un periodo di necessario rodaggio e conoscenza, il progetto decollò e tuttora
continua grazie alla sensibilità e all’impegno di tante persone.
Il mio apporto è stato molto limitato e legato alla parte organizzativa iniziale, ma
conservo un dolce ricordo di quegli incontri e la soddisfazione di aver fatto parte, se pure
per un breve periodo, di un’iniziativa così importante e lodevole.
Marco Paolini
Ricordi di un fondatore dell’AVO di Mirandola 37
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
36
Partendo dalla nostra esperienza come cappellano ospedaliero e chiamato in causa per
dare la nostra testimonianza sull’AVO di Mirandola, che si appresta a celebrare il suo 30°
anniversario di servizio accanto al fratello ammalato, ci è sembrato opportuno
richiamare alla memoria la parabola evangelica del “buon samaritano” che, a nostro
parere, presenta la chiave di comprensione dell’associazione e mette a fuoco, mutatis
mutandis, la sua identità. Nel percorso della sua vita pubblica, Gesù, interrogato da un
dottore della legge circa le condizioni per ottenere la vita eterna, lo esortò a rispettare il
precetto “Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la
tua forza, con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso”.
Di fronte all’ulteriore domanda su chi fosse questo “prossimo”, narrò la parabola del
buon samaritano, l’unico che si avvicinò allo sconosciuto caduto preda dei briganti,
l’unico che si occupò di lui, dedicandogli tempo e cure adeguate, a differenza di un
sacerdote e di un levita, che ignorarono il poveretto. Siamo di fronte a una profonda
espressione d’umanità e di fratellanza in un ambiente in cui diffidenze e scrupoli religiosi
condizionavano i rapporti interpersonali.
Gli esegeti sono tutti concordi nel vedere nel samaritano la figura di Dio che in Gesù
Cristo si candida nostro prossimo, vuol restarci vicino nel nostro male. “Fa il contrario del
sacerdote e del levita… il farsi vicino è una decisione del cuore buono” (S. Fausti).
Il dialogo tra Gesù e il dottore della legge si conclude con una raccomandazione molto
importante: “Va’ e fa’ anche tu la stessa cosa”(Lc 10,37). Senza minimamente forzare le
conclusioni ed evitando un’affermazione azzardata che potrebbe ferire la sensibilità
“laica”, in considerazione del contesto multireligioso che caratterizza la nostra epoca, si
potrebbe comunque dire che l’AVO ha accolto, a modo suo, l’esortazione di Gesù. Infatti
il servizio che l’associazione svolge accanto ai fratelli sofferenti si presenta –questo è il
nostro parere- come un antidoto contro il morso dell’indifferenza, dell’arroganza e della
prepotenza che a volte viziano i rapporti umani e porta con sé tutto il calore che i volontari
intendono trasmettere agli assistiti, quasi a dire: Vi siamo vicini…
Padre Emmanuel Mukenge Sdp
Il buon samaritano:figura dell’Avo
Sono passati poco più di quattro anni da quando aderii
all’AVO di Mirandola, seguendo il progetto “Giovani
all’arrembaggio”, e cominciai a recarmi, due volte alla
settimana, nei reparti di Medicina e di Chirurgia. Avevo
diciassette anni ed ero una studentessa del Liceo
scientifico.
Assieme ad altri volontari esperti, aiutavo le persone
che si trovavano in difficoltà, cercando di garantire loro
una presenza sicura nel caso di bisogno: un bisogno
che non necessariamente era concreto, come aprire
una bottiglia d’acqua o essere imboccati, ma che spesso era quello di una parola di
conforto o di un ascolto attento in un momento di dolore.
Ogni volta sapevo di dovere andare in ospedale senza pretese, sapevo che non tutti
quelli che incontravo mi avrebbero ringraziato, sapevo che non sarebbe stato sempre
facile rapportarmi con loro, ma sapevo anche che, ogni volta, sarei tornata a casa con il
sorriso, consapevole che la mia presenza non era stata inutile così come poteva
sembrare.
Alcuni malati mi scambiavano per personale medico e mi chiedevano quando
sarebbero stati meglio; altri mi chiedevano che cosa, alla mia giovane età, mi spingesse
a fare un servizio tanto impegnativo. Non riuscivo mai a dare una risposta, perché forse
neanche io ero pienamente cosciente delle motivazioni più profonde, ma nello stesso
tempo sapevo che ero lì per un motivo ben più che valido.
E’ stata un’esperienza durata due anni che mi ha aperto orizzonti nuovi, mettendomi a
contatto con svariate personalità, sempre ricche di esperienze e sentimenti.
Ho imparato molto da tutti loro e ho potuto conoscere una realtà come quella della
malattia che mi aveva sempre spaventato, perché molto lontana dalla mia quotidianità.
Mi sono ritrovata immersa in un mondo dove domina il bisogno di aiuto, ma dove certo
non mancano la speranza e la voglia di rialzarsi.
Credo di aver vinto tante mie paure e di aver ricevuto molto più di quel che ho dato. Se
potessi, ringrazierei ad una ad una tutte le persone che ho incontrato.
Cecilia Bresciani
Ricordo di una giovane AVO 39
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
38
Cara Associazione, che ai pazienti regali la quasi guarigione,
tu regali tempo preziosoe ogni viso diventa gioioso;
nei loro cuori voi siete presentie li farete sorridenti.
I volontarisaran leggiadri:
loro si devono ogni volta adattareper evitare di litigare.
Questa è una cosa davvero specialeche richiede pazienza, conforto e amore.
Voi li ascoltate con pazienza, adessoe non vi importa cosa gli sia successo.
Siete la cosa più preziosa al mondoe questo rimarrà in ogni cuore con amore
profondo.
Poesia di Martina Rotondoclasse V C, Scuola Elementare di Mirandola
Natale 2010
Sono passati poco più di quattro anni da quando aderii
all’AVO di Mirandola, seguendo il progetto “Giovani
all’arrembaggio”, e cominciai a recarmi, due volte alla
settimana, nei reparti di Medicina e di Chirurgia. Avevo
diciassette anni ed ero una studentessa del Liceo
scientifico.
Assieme ad altri volontari esperti, aiutavo le persone
che si trovavano in difficoltà, cercando di garantire loro
una presenza sicura nel caso di bisogno: un bisogno
che non necessariamente era concreto, come aprire
una bottiglia d’acqua o essere imboccati, ma che spesso era quello di una parola di
conforto o di un ascolto attento in un momento di dolore.
Ogni volta sapevo di dovere andare in ospedale senza pretese, sapevo che non tutti
quelli che incontravo mi avrebbero ringraziato, sapevo che non sarebbe stato sempre
facile rapportarmi con loro, ma sapevo anche che, ogni volta, sarei tornata a casa con il
sorriso, consapevole che la mia presenza non era stata inutile così come poteva
sembrare.
Alcuni malati mi scambiavano per personale medico e mi chiedevano quando
sarebbero stati meglio; altri mi chiedevano che cosa, alla mia giovane età, mi spingesse
a fare un servizio tanto impegnativo. Non riuscivo mai a dare una risposta, perché forse
neanche io ero pienamente cosciente delle motivazioni più profonde, ma nello stesso
tempo sapevo che ero lì per un motivo ben più che valido.
E’ stata un’esperienza durata due anni che mi ha aperto orizzonti nuovi, mettendomi a
contatto con svariate personalità, sempre ricche di esperienze e sentimenti.
Ho imparato molto da tutti loro e ho potuto conoscere una realtà come quella della
malattia che mi aveva sempre spaventato, perché molto lontana dalla mia quotidianità.
Mi sono ritrovata immersa in un mondo dove domina il bisogno di aiuto, ma dove certo
non mancano la speranza e la voglia di rialzarsi.
Credo di aver vinto tante mie paure e di aver ricevuto molto più di quel che ho dato. Se
potessi, ringrazierei ad una ad una tutte le persone che ho incontrato.
Cecilia Bresciani
Ricordo di una giovane AVO 39
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
38
Cara Associazione, che ai pazienti regali la quasi guarigione,
tu regali tempo preziosoe ogni viso diventa gioioso;
nei loro cuori voi siete presentie li farete sorridenti.
I volontarisaran leggiadri:
loro si devono ogni volta adattareper evitare di litigare.
Questa è una cosa davvero specialeche richiede pazienza, conforto e amore.
Voi li ascoltate con pazienza, adessoe non vi importa cosa gli sia successo.
Siete la cosa più preziosa al mondoe questo rimarrà in ogni cuore con amore
profondo.
Poesia di Martina Rotondoclasse V C, Scuola Elementare di Mirandola
Natale 2010
Non bastava e non è bastato: alla soglia dei cinquant'anni con il viatico di quattro o
cinque donazioni, la mia esistenza fu travolta dal ciclone AVO; quella piccola, caparbia
donna che mi accompagnava dai tempi della giovinezza l'aveva avuta vinta. Il resto della
storia è sotto gli occhi di tutti gli amici, i colleghi dell'AVO e non solo: dopo diciotto anni, la
presidenza di Federavo ha sancito l'epilogo, segno dell'obbedienza, fondamento della
nostra associazione. Un'obbedienza niente affatto passiva che, al contrario, prevede
un forte coinvolgimento emotivo, una partecipazione totale, un'offerta quotidiana da
porgere con serenità anche quando le circostanze sono avverse e le forze sembrano
scemare. Un'esperienza irripetibile ma per me tanto, troppo breve rispetto agli anni della
mia vita. Tutto questo ho pensato nei pochi secondi necessari allo scatto di una foto,
mentre ero pervaso da un rimpianto: quanto tempo ho lasciato trascorrere prima di
accorgermi che il mio sguardo sulle ragioni dell'esistere era stato per mezzo secolo a
due dimensioni. Avevo perduto la più importante, la profondità.
Così quelle venticinque donazioni che per i limiti dell'età non sarebbero mai potute
diventare ventisei, questi diciotto anni di AVO vissuti tanto intensamente, con un ritmo
accelerato, quasi a voler inseguire il tempo perduto, mi sono apparsi improvvisamente
come il confine ormai prossimo e invalicabile di un percorso straordinario. Il lampo del
flash e l'applauso riservato a tutti i premiati mi hanno distolto dai pensieri e riportato nella
sala gremita di volti noti, di persone amiche.
In quel momento la parabola degli operai nella vigna (Mt. 20, 1 - 16) mi è venuta in
soccorso, restituendomi la pace con me stesso: “Fattosi sera, il padrone della vigna
disse al suo fattore: «Chiama i lavoratori e dà loro la paga, cominciando dagli ultimi fino
ai primi». Allora vennero quelli dell'undicesima ora e ricevettero un denaro ciascuno.
Venuti i primi, pensavano di ricever di più; ma ebbero anch'essi un denaro per ciascuno.
Perciò, nel riceverlo, mormoravano contro il padrone di casa dicendo: «Questi ultimi
hanno fatto un'ora sola e tu li hai trattati come noi che abbiamo sopportato il peso della
giornata e sofferto il caldo». Ma egli, rispondendo a uno di loro, disse: «Amico, non ti
faccio alcun torto; non ti sei accordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma
io voglio dare a quest'ultimo quanto a te. Non mi è lecito fare del mio ciò che voglio?
O vedi tu di mal occhio che io sia buono? »”
In conclusione, cari amici di Mirandola, godete tutti insieme del trentesimo compleanno
della vostra AVO, Soci fondatori, volontari e tirocinanti, con lo stesso spirito di letizia e
con pari intensità. Coloro che oggi si affacciano nell'Associazione siano i benvenuti,
perché toccherà a loro onorare nel tempo che verrà il patto siglato dalle persone che con
tanto sacrificio le hanno dato la vita, e rinnovato negli anni da quanti si sono impegnati
perché questa AVO diventasse adulta.
Toccherà a loro raccogliere il testimone e condurla nel cammino di una storia che è
ancora tutta da scrivere.
Nella condivisione del comune ideale, ciascuno darà ciò di cui sarà capace, per il tempo
41
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
Qualche giorno fa mi è stato conferito un premio dalla Fratres: una medaglietta
d'argento con il logo dell'associazione e l'incisione del mio gruppo sanguigno, applicata
sull'attestato delle venticinque donazioni di sangue effettuate. Un'ombra di tristezza ha
appannato per un istante il mio sguardo, mentre posavo per la rituale foto ricordo con il
collega che mi aveva consegnato il riconoscimento.
D'un tratto, infatti, la mente mi aveva sospinto indietro nel tempo, facendo riemergere
dagli abissi dei ricordi alcuni frammenti fondamentali della mia esistenza. Ho ripercorso
così le lunghe ore dedicate allo studio, intrecciate con le esperienze di una professione
tanto impegnativa quanto fascinosa che, insieme alla cura della famiglia, avevano
occupato per quasi un quarto di secolo la mia vita.
Istintivamente schivo e riservato, avevo condiviso con mia moglie la passione per le arti
figurative, la musica, il cinema, il teatro, con il favore della ricca offerta di una città come
Roma e del lavoro che per entrambi aveva a che fare con quegli ambienti.
Avevo superato abbondantemente i quaranta anni quando mi trovai di fronte al punto di
svolta: il trasferimento in Puglia chiamato ad un incarico prestigioso nella Casa editrice
Laterza, una malattia muscolare che colpì mia moglie e la costrinse ad una lunghissima
degenza al Policlinico Gemelli.
Proprio in quell'enorme, straniante ospedale romano, il suo incontro con due volontarie
dell'AVO: una vera folgorazione che non si spense dopo il ritorno a casa. Ebbi timore di
questa nuova realtà – il volontariato – che da quel momento in poi cominciava ad
aggirarsi in casa mia, ma capii che non potevo ignorarla.
Non potevo rimuovere d'un colpo la durissima esperienza di mia moglie al "Gemelli”, le
sue pesanti sofferenze che pure apparivano ben poca cosa rispetto alle tragedie di
alcune vicine di letto, il suo mettersi al servizio di persone che erano in condizioni
peggiori delle sue. Inoltre non potevo ignorare la sua promessa fatta alle volontarie
dell'AVO: “Se guarisco, porto la vostra Associazione nella cittadina dove ora vivo”.
La Fratres in quel tempo stava riorganizzando le fila ad Acquaviva delle Fonti; era il
gennaio del '93 e lanciava spesso campagne promozionali che in un paese di ventimila
abitanti sono quanto mai efficaci: si fa presto a tappezzare il centro storico di manifesti, a
riempire di volantini i negozi, i circoli, le parrocchie.
Nessuno può fare finta di non aver visto, nemmeno io. Anzi, colsi l'occasione per dare
una risposta alla domanda di impegno che ormai mi cingeva d'assedio. Offrire il braccio
per donare mezzo litro di sangue mi parve un modo discreto ed efficace per testimoniare
il cambiamento, e mi sentii subito più sereno.
40 Claudio Lodoli*“Pensieri e parabole”Dedicato all'AVO di Mirandola in occasione dei suoi trenta anni.
Non bastava e non è bastato: alla soglia dei cinquant'anni con il viatico di quattro o
cinque donazioni, la mia esistenza fu travolta dal ciclone AVO; quella piccola, caparbia
donna che mi accompagnava dai tempi della giovinezza l'aveva avuta vinta. Il resto della
storia è sotto gli occhi di tutti gli amici, i colleghi dell'AVO e non solo: dopo diciotto anni, la
presidenza di Federavo ha sancito l'epilogo, segno dell'obbedienza, fondamento della
nostra associazione. Un'obbedienza niente affatto passiva che, al contrario, prevede
un forte coinvolgimento emotivo, una partecipazione totale, un'offerta quotidiana da
porgere con serenità anche quando le circostanze sono avverse e le forze sembrano
scemare. Un'esperienza irripetibile ma per me tanto, troppo breve rispetto agli anni della
mia vita. Tutto questo ho pensato nei pochi secondi necessari allo scatto di una foto,
mentre ero pervaso da un rimpianto: quanto tempo ho lasciato trascorrere prima di
accorgermi che il mio sguardo sulle ragioni dell'esistere era stato per mezzo secolo a
due dimensioni. Avevo perduto la più importante, la profondità.
Così quelle venticinque donazioni che per i limiti dell'età non sarebbero mai potute
diventare ventisei, questi diciotto anni di AVO vissuti tanto intensamente, con un ritmo
accelerato, quasi a voler inseguire il tempo perduto, mi sono apparsi improvvisamente
come il confine ormai prossimo e invalicabile di un percorso straordinario. Il lampo del
flash e l'applauso riservato a tutti i premiati mi hanno distolto dai pensieri e riportato nella
sala gremita di volti noti, di persone amiche.
In quel momento la parabola degli operai nella vigna (Mt. 20, 1 - 16) mi è venuta in
soccorso, restituendomi la pace con me stesso: “Fattosi sera, il padrone della vigna
disse al suo fattore: «Chiama i lavoratori e dà loro la paga, cominciando dagli ultimi fino
ai primi». Allora vennero quelli dell'undicesima ora e ricevettero un denaro ciascuno.
Venuti i primi, pensavano di ricever di più; ma ebbero anch'essi un denaro per ciascuno.
Perciò, nel riceverlo, mormoravano contro il padrone di casa dicendo: «Questi ultimi
hanno fatto un'ora sola e tu li hai trattati come noi che abbiamo sopportato il peso della
giornata e sofferto il caldo». Ma egli, rispondendo a uno di loro, disse: «Amico, non ti
faccio alcun torto; non ti sei accordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma
io voglio dare a quest'ultimo quanto a te. Non mi è lecito fare del mio ciò che voglio?
O vedi tu di mal occhio che io sia buono? »”
In conclusione, cari amici di Mirandola, godete tutti insieme del trentesimo compleanno
della vostra AVO, Soci fondatori, volontari e tirocinanti, con lo stesso spirito di letizia e
con pari intensità. Coloro che oggi si affacciano nell'Associazione siano i benvenuti,
perché toccherà a loro onorare nel tempo che verrà il patto siglato dalle persone che con
tanto sacrificio le hanno dato la vita, e rinnovato negli anni da quanti si sono impegnati
perché questa AVO diventasse adulta.
Toccherà a loro raccogliere il testimone e condurla nel cammino di una storia che è
ancora tutta da scrivere.
Nella condivisione del comune ideale, ciascuno darà ciò di cui sarà capace, per il tempo
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VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
Qualche giorno fa mi è stato conferito un premio dalla Fratres: una medaglietta
d'argento con il logo dell'associazione e l'incisione del mio gruppo sanguigno, applicata
sull'attestato delle venticinque donazioni di sangue effettuate. Un'ombra di tristezza ha
appannato per un istante il mio sguardo, mentre posavo per la rituale foto ricordo con il
collega che mi aveva consegnato il riconoscimento.
D'un tratto, infatti, la mente mi aveva sospinto indietro nel tempo, facendo riemergere
dagli abissi dei ricordi alcuni frammenti fondamentali della mia esistenza. Ho ripercorso
così le lunghe ore dedicate allo studio, intrecciate con le esperienze di una professione
tanto impegnativa quanto fascinosa che, insieme alla cura della famiglia, avevano
occupato per quasi un quarto di secolo la mia vita.
Istintivamente schivo e riservato, avevo condiviso con mia moglie la passione per le arti
figurative, la musica, il cinema, il teatro, con il favore della ricca offerta di una città come
Roma e del lavoro che per entrambi aveva a che fare con quegli ambienti.
Avevo superato abbondantemente i quaranta anni quando mi trovai di fronte al punto di
svolta: il trasferimento in Puglia chiamato ad un incarico prestigioso nella Casa editrice
Laterza, una malattia muscolare che colpì mia moglie e la costrinse ad una lunghissima
degenza al Policlinico Gemelli.
Proprio in quell'enorme, straniante ospedale romano, il suo incontro con due volontarie
dell'AVO: una vera folgorazione che non si spense dopo il ritorno a casa. Ebbi timore di
questa nuova realtà – il volontariato – che da quel momento in poi cominciava ad
aggirarsi in casa mia, ma capii che non potevo ignorarla.
Non potevo rimuovere d'un colpo la durissima esperienza di mia moglie al "Gemelli”, le
sue pesanti sofferenze che pure apparivano ben poca cosa rispetto alle tragedie di
alcune vicine di letto, il suo mettersi al servizio di persone che erano in condizioni
peggiori delle sue. Inoltre non potevo ignorare la sua promessa fatta alle volontarie
dell'AVO: “Se guarisco, porto la vostra Associazione nella cittadina dove ora vivo”.
La Fratres in quel tempo stava riorganizzando le fila ad Acquaviva delle Fonti; era il
gennaio del '93 e lanciava spesso campagne promozionali che in un paese di ventimila
abitanti sono quanto mai efficaci: si fa presto a tappezzare il centro storico di manifesti, a
riempire di volantini i negozi, i circoli, le parrocchie.
Nessuno può fare finta di non aver visto, nemmeno io. Anzi, colsi l'occasione per dare
una risposta alla domanda di impegno che ormai mi cingeva d'assedio. Offrire il braccio
per donare mezzo litro di sangue mi parve un modo discreto ed efficace per testimoniare
il cambiamento, e mi sentii subito più sereno.
40 Claudio Lodoli*“Pensieri e parabole”Dedicato all'AVO di Mirandola in occasione dei suoi trenta anni.
Tu ci hai insegnato che l'amore più grande è
dare la vita per i propri amici.
Aiutaci a scoprire nel volontariato l'opportunità
di incontrare non solo la sofferenza umana,
ma di vivere l'amore.
Apri le nostre menti a valorizzare
l'unicità di ogni persona,
con la sua storia e cultura.
Apri i nostri orecchi ad accogliere con gentilezza
le voci che chiedono ascolto.
Apri i nostri cuori a offrire speranza dove c'è paura,
solidarietà dove c'è solitudine,
conforto dove c'è tristezza.
Aiutaci, o Signore, a testimoniare il Vangelo
con un sorriso, una parola, un gesto di affetto.
Donaci l'umiltà di riconoscere che noi
non siamo la luce,
ma strumenti della Tua luce,
non siamo l'amore,
ma espressioni del Tuo amore.
Preghiera del volontario 43
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
che potrà o che gli sarà concesso, sapendo in cuor suo – anche se nessuno glielo dirà –
che quel tempo, breve o lungo che sia, è un dono prezioso per le persone che
nell'immediato ne beneficiano, per la Comunità, per la Società, ma anche per chi
generosamente decide di offrirlo.
* Presidente Nazionale FEDERAVO
42
Tu ci hai insegnato che l'amore più grande è
dare la vita per i propri amici.
Aiutaci a scoprire nel volontariato l'opportunità
di incontrare non solo la sofferenza umana,
ma di vivere l'amore.
Apri le nostre menti a valorizzare
l'unicità di ogni persona,
con la sua storia e cultura.
Apri i nostri orecchi ad accogliere con gentilezza
le voci che chiedono ascolto.
Apri i nostri cuori a offrire speranza dove c'è paura,
solidarietà dove c'è solitudine,
conforto dove c'è tristezza.
Aiutaci, o Signore, a testimoniare il Vangelo
con un sorriso, una parola, un gesto di affetto.
Donaci l'umiltà di riconoscere che noi
non siamo la luce,
ma strumenti della Tua luce,
non siamo l'amore,
ma espressioni del Tuo amore.
Preghiera del volontario 43
VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
che potrà o che gli sarà concesso, sapendo in cuor suo – anche se nessuno glielo dirà –
che quel tempo, breve o lungo che sia, è un dono prezioso per le persone che
nell'immediato ne beneficiano, per la Comunità, per la Società, ma anche per chi
generosamente decide di offrirlo.
* Presidente Nazionale FEDERAVO
42
Indice
Introduzione
Decalogo del volontario AVO
Che cosa è l’AVO
Nascita dell’AVO a Mirandola
Verso il primo decennale
Verso il ventennale
Verso il trentennale
Ricordo del prof. Sergio Santambrogio
L'AVO di Mirandola nei ricordi di Don Luciano
Memorie di una volontaria “anziana”
Esperienza di una volontaria “della prima ora”
Testimonianza di Don Carlo Malavasi
Successione dei Presidenti dell’AVO di Mirandola
Preghiera del volontario
Ricordi di un fondatore dell’AVO di Mirandola
Il buon samaritano, figura dell’AVO
Ricordo di un giovane AVO
Pensieri e parabole (Claudio Lodoli)
Poesia di Martina Rotondo (classe V C, Scuola Elementare di Mirandola Natale 2010)
Poesia della Preside Maria Sabattini (Prima Giornata AVO - 8 Dicembre 1982)
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VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
45Successione dei Presidenti dell’AVO di Mirandola
1982 - 1989
1989 - 1992
1992 - 1995
1995 - 2002
2002 - 2005
2005 - 2011
2012
Maria Sabattini
Lara Colombari
Maria Bernasconi
Novella Artioli
Carla Morselli
Annamaria Ragazzi
Carla Molinari
44
p. 27
p. 39
Indice
Introduzione
Decalogo del volontario AVO
Che cosa è l’AVO
Nascita dell’AVO a Mirandola
Verso il primo decennale
Verso il ventennale
Verso il trentennale
Ricordo del prof. Sergio Santambrogio
L'AVO di Mirandola nei ricordi di Don Luciano
Memorie di una volontaria “anziana”
Esperienza di una volontaria “della prima ora”
Testimonianza di Don Carlo Malavasi
Successione dei Presidenti dell’AVO di Mirandola
Preghiera del volontario
Ricordi di un fondatore dell’AVO di Mirandola
Il buon samaritano, figura dell’AVO
Ricordo di un giovane AVO
Pensieri e parabole (Claudio Lodoli)
Poesia di Martina Rotondo (classe V C, Scuola Elementare di Mirandola Natale 2010)
Poesia della Preside Maria Sabattini (Prima Giornata AVO - 8 Dicembre 1982)
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VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA
45Successione dei Presidenti dell’AVO di Mirandola
1982 - 1989
1989 - 1992
1992 - 1995
1995 - 2002
2002 - 2005
2005 - 2011
2012
Maria Sabattini
Lara Colombari
Maria Bernasconi
Novella Artioli
Carla Morselli
Annamaria Ragazzi
Carla Molinari
44
p. 27
p. 39
AVO Mirandola
Tel: 0535/20022
mail: [email protected]
Con il contributo
Pubblicato nel mese di aprile 2012
Pro manoscritto
Impaginazione:
Negrini e Varetto
Stampa:
Compuservice
AVO Mirandola
Tel: 0535/20022
mail: [email protected]
Con il contributo
Pubblicato nel mese di aprile 2012
Pro manoscritto
Impaginazione:
Negrini e Varetto
Stampa:
Compuservice
Dormivo e sognavo
che la vita era gioia;
mi svegliai e vidi
che la vita era servizio;
volli servire e vidi
che servire era gioia.
(Tagore)