30° avo di mirandola

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VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PASSATO E FUTURO 30 ANNI DI AVO A MIRANDOLA

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Pubblicazione dell'Associazione Volontari Ospedialieri di Mirandola, in occasione del 30° anno di attività, e presentata il 5 maggio 2012, 15 giorni prima della prima scossa del terremoto che ha colpito l'Emilia.

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Page 1: 30° AVO DI MIRANDOLA

VOLONTARIOSPEDALIERITRAPASSATOEFUTURO

30 ANNI DI AVOA MIRANDOLA

Page 2: 30° AVO DI MIRANDOLA

VOLONTARIOSPEDALIERITRAPASSATOEFUTURO

30 ANNI DI AVOA MIRANDOLA

Page 3: 30° AVO DI MIRANDOLA

VOLONTARIOSPEDALIERITRAPASSATOEFUTURO

30 ANNI DI AVOA MIRANDOLA

Page 4: 30° AVO DI MIRANDOLA

Questo libricino è frutto del cuore e della mente di tante persone che lo hanno voluto e

che hanno contribuito alla sua realizzazione. Esso narra in breve la storia dell'AVO di

Mirandola che è nata e si è sviluppata grazie al cuore e alla mente di tanti uomini e

donne di buona volontà. La loro opera è stata volta al sollievo di malati provati nel cuore

e nella mente, oltre che nel fisico. Il loro ricordo non potrà non toccare il cuore e la

mente dei lettori. Perché qualsiasi forma di volontariato ha bisogno e si nutre sia di

sentimenti, emozioni, sensibilità, sia di meditazione, ragionamento e coerenza. Trenta

anni di attività dell'AVO di Mirandola sono dunque una ricchezza che merita di essere

conosciuta per il suo valore intrinseco, per gli effetti positivi che ha prodotto a livello

sociale, sanitario ed educativo, nonché per l'esempio che potrà offrire anche in futuro

per la formazione di “cittadini nuovi, consci delle proprie responsabilità, ma anche

gratificati dal sentirsi partecipi nella costruzione del Bene Comune”.

Introduzione 03

Page 5: 30° AVO DI MIRANDOLA

Questo libricino è frutto del cuore e della mente di tante persone che lo hanno voluto e

che hanno contribuito alla sua realizzazione. Esso narra in breve la storia dell'AVO di

Mirandola che è nata e si è sviluppata grazie al cuore e alla mente di tanti uomini e

donne di buona volontà. La loro opera è stata volta al sollievo di malati provati nel cuore

e nella mente, oltre che nel fisico. Il loro ricordo non potrà non toccare il cuore e la

mente dei lettori. Perché qualsiasi forma di volontariato ha bisogno e si nutre sia di

sentimenti, emozioni, sensibilità, sia di meditazione, ragionamento e coerenza. Trenta

anni di attività dell'AVO di Mirandola sono dunque una ricchezza che merita di essere

conosciuta per il suo valore intrinseco, per gli effetti positivi che ha prodotto a livello

sociale, sanitario ed educativo, nonché per l'esempio che potrà offrire anche in futuro

per la formazione di “cittadini nuovi, consci delle proprie responsabilità, ma anche

gratificati dal sentirsi partecipi nella costruzione del Bene Comune”.

Introduzione 03

Page 6: 30° AVO DI MIRANDOLA

Che cosa è l’ AVO 05

VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

Nel 1975 i primi volontari AVO entrano nell'Ospedale di Sesto San Giovanni, guidati dalla

Dott.ssa Caterina Orrù Longhini: incomincia così la storia della nostra associazione. In

realtà diversi anni erano occorsi perché da un episodio apparentemente banale

scaturisse un'idea tanto feconda e si concretizzasse un progetto ricco e articolato.

Infatti, nel 1969, Erminio Longhini, medico all'Ospedale Niguarda, si era fermato a

richiamare un'inserviente al dovere di porgere un po' d'acqua a un malato che la

chiedeva, anche se quel compito non le spettava.

Proprio negli anni '60-'70 profonde trasformazioni coinvolgevano la società e la sanità: si

stava passando dalla concezione di ospedale sintetizzata nel motto dell'Hotel Dieu di

Parigi “Se sei malato, vieni e ti guarirò; se non potrò guarirti, ti curerò; se non potrò

curarti, ti consolerò” a quella di un'azienda produttrice di diagnosi e cure con

strumentazioni sempre più costose, ma insieme con l'esigenza di risparmio economico.

Ne derivarono, da un lato, l'impoverimento del rapporto umano tra curante e curato a

causa della prevalenza della macchina sull'uomo e, dall'altro, la riduzione del malato a

malattia. Il volontario AVO è nato per combattere la disumanizzazione delle cure,

diventando egli stesso terapia della solitudine del malato e partecipando in modo

costruttivo alla realizzazione dei fini dell'ospedale, come è stato ben recepito nel testo

della Riforma sanitaria del 1999: ”Le istituzioni e gli organismi a scopo non lucrativo

concorrono, con le istituzioni pubbliche e quelle equiparate, alla realizzazione dei doveri

costituzionali di solidarietà, dando attuazione al pluralismo etico-culturale dei servizi alla

persona.” L'essenza del nostro volontariato, ha tante volte ripetuto il nostro fondatore

prof. Longhini, sta nel servizio come dono libero e gratuito di se stessi, del proprio

tempo, per la salvaguardia del Bene Comune.

Esso nasce dall'amore per l'altro che ci sta accanto, prima di tutto malato, ma anche

parente, medico, infermiere e volontario: tutti partecipi della letizia interiore e profonda

che deriva da tale sentimento, pur nella sofferenza.

Il volontario AVO non deve avere l'intenzione di “andare a dare”, ma deve cercare di

stabilire un rapporto umano, uno scambio d'amore con l'altro uomo.

“L'amore non è possesso, ma reciprocità e perciò confidenza e fiducia” (S. Natoli).

Nella reciprocità ciascuno è curante e curato. Non meravigli pertanto se i volontari

dell'AVO ripetono spesso che è molto più grande il bene che ricevono di quello che

donano.

E' indicibile la gioia intima che si prova davanti al sorriso di un malato che risponde al

nostro sorriso, davanti ad un suo ringraziamento sincero per una nostra piccola

Decalogo del volontario AVO04

Page 7: 30° AVO DI MIRANDOLA

Che cosa è l’ AVO 05

VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

Nel 1975 i primi volontari AVO entrano nell'Ospedale di Sesto San Giovanni, guidati dalla

Dott.ssa Caterina Orrù Longhini: incomincia così la storia della nostra associazione. In

realtà diversi anni erano occorsi perché da un episodio apparentemente banale

scaturisse un'idea tanto feconda e si concretizzasse un progetto ricco e articolato.

Infatti, nel 1969, Erminio Longhini, medico all'Ospedale Niguarda, si era fermato a

richiamare un'inserviente al dovere di porgere un po' d'acqua a un malato che la

chiedeva, anche se quel compito non le spettava.

Proprio negli anni '60-'70 profonde trasformazioni coinvolgevano la società e la sanità: si

stava passando dalla concezione di ospedale sintetizzata nel motto dell'Hotel Dieu di

Parigi “Se sei malato, vieni e ti guarirò; se non potrò guarirti, ti curerò; se non potrò

curarti, ti consolerò” a quella di un'azienda produttrice di diagnosi e cure con

strumentazioni sempre più costose, ma insieme con l'esigenza di risparmio economico.

Ne derivarono, da un lato, l'impoverimento del rapporto umano tra curante e curato a

causa della prevalenza della macchina sull'uomo e, dall'altro, la riduzione del malato a

malattia. Il volontario AVO è nato per combattere la disumanizzazione delle cure,

diventando egli stesso terapia della solitudine del malato e partecipando in modo

costruttivo alla realizzazione dei fini dell'ospedale, come è stato ben recepito nel testo

della Riforma sanitaria del 1999: ”Le istituzioni e gli organismi a scopo non lucrativo

concorrono, con le istituzioni pubbliche e quelle equiparate, alla realizzazione dei doveri

costituzionali di solidarietà, dando attuazione al pluralismo etico-culturale dei servizi alla

persona.” L'essenza del nostro volontariato, ha tante volte ripetuto il nostro fondatore

prof. Longhini, sta nel servizio come dono libero e gratuito di se stessi, del proprio

tempo, per la salvaguardia del Bene Comune.

Esso nasce dall'amore per l'altro che ci sta accanto, prima di tutto malato, ma anche

parente, medico, infermiere e volontario: tutti partecipi della letizia interiore e profonda

che deriva da tale sentimento, pur nella sofferenza.

Il volontario AVO non deve avere l'intenzione di “andare a dare”, ma deve cercare di

stabilire un rapporto umano, uno scambio d'amore con l'altro uomo.

“L'amore non è possesso, ma reciprocità e perciò confidenza e fiducia” (S. Natoli).

Nella reciprocità ciascuno è curante e curato. Non meravigli pertanto se i volontari

dell'AVO ripetono spesso che è molto più grande il bene che ricevono di quello che

donano.

E' indicibile la gioia intima che si prova davanti al sorriso di un malato che risponde al

nostro sorriso, davanti ad un suo ringraziamento sincero per una nostra piccola

Decalogo del volontario AVO04

Page 8: 30° AVO DI MIRANDOLA

Il seme dell'AVO venne portato da Milano a

Mirandola dal Prof. Sergio Santambrogio,

fu sparso tra uomini e donne di buona

volontà da Don Carlo Malavasi e fu

coltivato con passione, finché non diede

abbondanti frutti, dalla prof.ssa Maria

Sabattini. Il loro ricordo deve essere

custodito con amore e tenacia non per

alimentare inutili rimpianti o lodi formali, ma

per trarne forza e ispirazione.

I principi dell'AVO, da loro incarnati, troppo

spesso sono dimenticati o mal interpretati;

bisogna invece rimeditarli continuamente, per attualizzarli, anche in funzione delle

prospettive future. Notevoli furono le difficoltà iniziali, ma vennero affrontate con

coraggio. I valori ispiratori dell'associazione potevano apparire irrealizzabili in una

società improntata all'economicismo, alla competizione e all'interesse individuale a

svantaggio di quello dei più deboli e della collettività (ancora oggi questa è la grande

sfida), ma riuscirono a conquistare tante persone. Il prof. Santambrogio, divenuto

primario di Medicina dell'Ospedale di Mirandola nel 1979, aveva conosciuto a Milano il

prof. Longhini e ne aveva condiviso il desiderio di umanizzazione delle cure.

Egli era ben consapevole che il sistema sanitario italiano doveva essere riformato,

soprattutto sul versante etico. Durante una lezione, tenuta il 27 Novembre 1987 per il

Corso di formazione dei volontari AVO, afferma: ”L'assistito non si sente il numero uno,

bensì un numero umiliato nei modi e nei tempi, distaccati i primi e troppo allungati i

secondi.

E' proprio a questo punto che deve

intervenire l'AVO, il cui compito è di attutire

queste alterazioni del sistema.

Vorrei che voi volontari capiste l'importanza

che avete entrando in una corsia

d'ospedale.

Il vostro è un ruolo di notevole rilievo e

quindi bisogna che siate preparati a dare

una assistenza la migliore possibile, per cui

07

VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

Nascita dell’AVO a Mirandola

Prof.ssa Maria Sabattini, 1988.

Prof. Sergio Santambrogio.

06 attenzione. Riportiamo le parole del Prof. Longhini per sintetizzare le caratteristiche del

volontario AVO:

“E' povero: non chiede potere, non esige nulla per sé.

E' umile: non critica, ma migliora.

E' capace di andare controcorrente, resta disposto al sacrificio, ambisce di perseguire

una preparazione sempre più approfondita.

Ha amore alla giustizia.

Vanta il sigillo del gratuito, porta pace, fa crescere e cresce insieme, non scarica la

propria ansia, non strumentalizza il malato”.

Di fronte all'altezza di tali ideali si deve superare il senso d'impotenza o la paura di non

esserne all'altezza nella consapevolezza che “tutti siamo particelle infinitesimali

di una inimmaginabile grandezza cosmica, ma tutti siamo essenziali nella diversità dei

nostri talenti”.

Pertanto dobbiamo far prevalere l'ottimismo, il coraggio del salto “nel buio”, ricordando

che dall'AVO di Sesto San Giovanni ne sono nate, sino a oggi, 243 costituite da quasi

30.000 persone di buona volontà che si sforzano umilmente di fare piccole cose

destinate a grandi risultati spesso nascosti.

Il Prof. Longhini e Anna Maria Ragazzi, Rimini 2011.

Page 9: 30° AVO DI MIRANDOLA

Il seme dell'AVO venne portato da Milano a

Mirandola dal Prof. Sergio Santambrogio,

fu sparso tra uomini e donne di buona

volontà da Don Carlo Malavasi e fu

coltivato con passione, finché non diede

abbondanti frutti, dalla prof.ssa Maria

Sabattini. Il loro ricordo deve essere

custodito con amore e tenacia non per

alimentare inutili rimpianti o lodi formali, ma

per trarne forza e ispirazione.

I principi dell'AVO, da loro incarnati, troppo

spesso sono dimenticati o mal interpretati;

bisogna invece rimeditarli continuamente, per attualizzarli, anche in funzione delle

prospettive future. Notevoli furono le difficoltà iniziali, ma vennero affrontate con

coraggio. I valori ispiratori dell'associazione potevano apparire irrealizzabili in una

società improntata all'economicismo, alla competizione e all'interesse individuale a

svantaggio di quello dei più deboli e della collettività (ancora oggi questa è la grande

sfida), ma riuscirono a conquistare tante persone. Il prof. Santambrogio, divenuto

primario di Medicina dell'Ospedale di Mirandola nel 1979, aveva conosciuto a Milano il

prof. Longhini e ne aveva condiviso il desiderio di umanizzazione delle cure.

Egli era ben consapevole che il sistema sanitario italiano doveva essere riformato,

soprattutto sul versante etico. Durante una lezione, tenuta il 27 Novembre 1987 per il

Corso di formazione dei volontari AVO, afferma: ”L'assistito non si sente il numero uno,

bensì un numero umiliato nei modi e nei tempi, distaccati i primi e troppo allungati i

secondi.

E' proprio a questo punto che deve

intervenire l'AVO, il cui compito è di attutire

queste alterazioni del sistema.

Vorrei che voi volontari capiste l'importanza

che avete entrando in una corsia

d'ospedale.

Il vostro è un ruolo di notevole rilievo e

quindi bisogna che siate preparati a dare

una assistenza la migliore possibile, per cui

07

VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

Nascita dell’AVO a Mirandola

Prof.ssa Maria Sabattini, 1988.

Prof. Sergio Santambrogio.

06 attenzione. Riportiamo le parole del Prof. Longhini per sintetizzare le caratteristiche del

volontario AVO:

“E' povero: non chiede potere, non esige nulla per sé.

E' umile: non critica, ma migliora.

E' capace di andare controcorrente, resta disposto al sacrificio, ambisce di perseguire

una preparazione sempre più approfondita.

Ha amore alla giustizia.

Vanta il sigillo del gratuito, porta pace, fa crescere e cresce insieme, non scarica la

propria ansia, non strumentalizza il malato”.

Di fronte all'altezza di tali ideali si deve superare il senso d'impotenza o la paura di non

esserne all'altezza nella consapevolezza che “tutti siamo particelle infinitesimali

di una inimmaginabile grandezza cosmica, ma tutti siamo essenziali nella diversità dei

nostri talenti”.

Pertanto dobbiamo far prevalere l'ottimismo, il coraggio del salto “nel buio”, ricordando

che dall'AVO di Sesto San Giovanni ne sono nate, sino a oggi, 243 costituite da quasi

30.000 persone di buona volontà che si sforzano umilmente di fare piccole cose

destinate a grandi risultati spesso nascosti.

Il Prof. Longhini e Anna Maria Ragazzi, Rimini 2011.

Page 10: 30° AVO DI MIRANDOLA

inviava alla prof.ssa Sabattini una lettera

ufficiale in cui si dichiarava lieto che si

fosse costituita anche a Mirandola una

associazione con fini di solidarietà e aiuto

ai degenti e ai sofferenti; si dimostrava

inoltre disponibile a concedere l'uso della

sala riunioni dell'Ospedale di Mirandola

per il Corso di preparazione dei volontari e

a concordare con la Presidente i tempi e i

modi del contributo dell 'AVO per

l'assistenza sanitaria nei reparti.

Il 17 Ottobre 1981 iniziava il Primo Corso di

Formazione per i volontari, costituito da

12 lezioni settimanali e aperto da una

relazione della dott.ssa Caterina Orrù

Longhini alla presenza di più di

cinquanta aspiranti volontari; gli interventi

successivi furono attuati da personale

medico e sanitario, tra cui ricordiamo il

prof. Santambrogio, primario di Medicina,

e il prof. Martinelli, primario di Chirurgia.

Proprio in questi reparti fecero ingresso, il 3 Maggio 1982, circa 50 volontari AVO,

organizzati in due turni giornalieri durante tutta la settimana e dotati di uno spogliatoio

all'interno dello stesso nosocomio.

La prof.ssa Sabattini, nel 1982, divenne Presidente e ricoprì tale carica fino al 1989,

quando le subentrò Lara Colombari; nello stesso anno lasciò anche la carica di

rappresentante regionale dell'Emilia-Romagna all'interno del Consiglio nazionale,

carica assunta da un'altra volontaria dell'AVO Mirandola, Maria Bernasconi Cavalli.

In una dispensa per il Corso di preparazione dei volontari del 1982 si legge una sua

interessante testimonianza degli inizi del servizio in ospedale: “Noi del Primo Corso

abbiamo fatto un'esperienza un po' duretta, perché non avevamo vicino nessuno

con esperienza.

L'ambiente non era preparato a riceverci e non poteva rendersi conto di quali fossero i

nostri compiti da svolgere in silenzio, in punta di piedi, ascoltando molto, intervenendo

solo quando fosse opportuno… Noi varcammo la prima soglia timorosi, salutando

sottovoce i malati, e, sorridendo, ci avvicinammo ad ogni letto, chiedendo a ognuno se

gli occorresse qualcosa, spiegandogli brevemente che eravamo lì per lui, che la nostra

opera era gratuita. Dapprima qualcuno ci ricusò, poi, via via, il nostro sorriso e il nostro

09

VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

occorre una buona preparazione di base, non dico scientifica, ma capace di cogliere la

parte umana della scientificità”.

Anche Don Carlo Malavasi, allora cappellano dell’ospedale di Mirandola, ben comprese

la funzione che lo sviluppo dell'associazione poteva avere per il miglioramento delle

condizioni dei malati ospedalizzati e per la maturazione etico-civile della società;

pertanto si adoperò per far conoscere i principi dell'AVO e aiutarne la nascita. Infatti, già

dagli inizi del 1980 convocò delle riunioni a tale scopo e riuscì a riunire una cinquantina di

uomini e donne di buona volontà che mossero i primi passi di un cammino lungo,

faticoso, ma destinato a raggiungere una meta importante.

Egli stesso affermava ne “La Finestra” del 31 Gennaio 1980: “I tempi per arrivare anche

solo alla costituzione giuridica saranno lunghi, perché è necessario fare le cose bene,

ma intanto si è iniziato a lavorare”.

Proprio a lavorare e a lavorare bene provvide senz'altro la professoressa Maria Sabattini

che, dopo decenni dedicati alla scuola come insegnante e poi come preside, orientò a

favore dell'AVO il suo impegno instancabile, la sua forte determinazione e le sue

capacità organizzative. L'associazione, infatti, deve soprattutto a lei sia la nascita a

Mirandola, sia la diffusione negli Ospedali di S.Felice s/P, di Concordia e di Finale Emilia.

Il 6 Marzo 1981 il prof. Longhini venne a

Mirandola per incontrare i promotori

dell'AVO; ad ascoltarlo erano in nove: due

maestre, tre giovani, un operaio, un

commerciante, un sacerdote e una preside

in pensione. Il 26 dello stesso mese ebbe

luogo la prima riunione, presieduta dal prof.

Santambrogio, di quanti intendevano dare

la loro adesione all'associazione. Il 13 Aprile

1981, nello studio del notaio dott.

Francesco Borellini, veniva costituita

legalmente l'AVO di Mirandola, con sede in

piazza Ceretti n. 10, e si stabiliva una

provvisoria Commissione esecutiva

formata, oltre che dalla prof.ssa M.

Sabattini, dai seguenti componenti:

Bruschi Sergio, Caleffi Andrea, Dotti

Alberto, Giliberti Erio, Paolini Marco,

Ragazzi Bianca, Cavicchioli Maria Lara e

Pederzini Arturo. Il 22 Maggio 1981 il Presidente

dell'Unità Sanitaria Locale n. 15, Fausto Luppi,

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Page 11: 30° AVO DI MIRANDOLA

inviava alla prof.ssa Sabattini una lettera

ufficiale in cui si dichiarava lieto che si

fosse costituita anche a Mirandola una

associazione con fini di solidarietà e aiuto

ai degenti e ai sofferenti; si dimostrava

inoltre disponibile a concedere l'uso della

sala riunioni dell'Ospedale di Mirandola

per il Corso di preparazione dei volontari e

a concordare con la Presidente i tempi e i

modi del contributo dell 'AVO per

l'assistenza sanitaria nei reparti.

Il 17 Ottobre 1981 iniziava il Primo Corso di

Formazione per i volontari, costituito da

12 lezioni settimanali e aperto da una

relazione della dott.ssa Caterina Orrù

Longhini alla presenza di più di

cinquanta aspiranti volontari; gli interventi

successivi furono attuati da personale

medico e sanitario, tra cui ricordiamo il

prof. Santambrogio, primario di Medicina,

e il prof. Martinelli, primario di Chirurgia.

Proprio in questi reparti fecero ingresso, il 3 Maggio 1982, circa 50 volontari AVO,

organizzati in due turni giornalieri durante tutta la settimana e dotati di uno spogliatoio

all'interno dello stesso nosocomio.

La prof.ssa Sabattini, nel 1982, divenne Presidente e ricoprì tale carica fino al 1989,

quando le subentrò Lara Colombari; nello stesso anno lasciò anche la carica di

rappresentante regionale dell'Emilia-Romagna all'interno del Consiglio nazionale,

carica assunta da un'altra volontaria dell'AVO Mirandola, Maria Bernasconi Cavalli.

In una dispensa per il Corso di preparazione dei volontari del 1982 si legge una sua

interessante testimonianza degli inizi del servizio in ospedale: “Noi del Primo Corso

abbiamo fatto un'esperienza un po' duretta, perché non avevamo vicino nessuno

con esperienza.

L'ambiente non era preparato a riceverci e non poteva rendersi conto di quali fossero i

nostri compiti da svolgere in silenzio, in punta di piedi, ascoltando molto, intervenendo

solo quando fosse opportuno… Noi varcammo la prima soglia timorosi, salutando

sottovoce i malati, e, sorridendo, ci avvicinammo ad ogni letto, chiedendo a ognuno se

gli occorresse qualcosa, spiegandogli brevemente che eravamo lì per lui, che la nostra

opera era gratuita. Dapprima qualcuno ci ricusò, poi, via via, il nostro sorriso e il nostro

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VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

occorre una buona preparazione di base, non dico scientifica, ma capace di cogliere la

parte umana della scientificità”.

Anche Don Carlo Malavasi, allora cappellano dell’ospedale di Mirandola, ben comprese

la funzione che lo sviluppo dell'associazione poteva avere per il miglioramento delle

condizioni dei malati ospedalizzati e per la maturazione etico-civile della società;

pertanto si adoperò per far conoscere i principi dell'AVO e aiutarne la nascita. Infatti, già

dagli inizi del 1980 convocò delle riunioni a tale scopo e riuscì a riunire una cinquantina di

uomini e donne di buona volontà che mossero i primi passi di un cammino lungo,

faticoso, ma destinato a raggiungere una meta importante.

Egli stesso affermava ne “La Finestra” del 31 Gennaio 1980: “I tempi per arrivare anche

solo alla costituzione giuridica saranno lunghi, perché è necessario fare le cose bene,

ma intanto si è iniziato a lavorare”.

Proprio a lavorare e a lavorare bene provvide senz'altro la professoressa Maria Sabattini

che, dopo decenni dedicati alla scuola come insegnante e poi come preside, orientò a

favore dell'AVO il suo impegno instancabile, la sua forte determinazione e le sue

capacità organizzative. L'associazione, infatti, deve soprattutto a lei sia la nascita a

Mirandola, sia la diffusione negli Ospedali di S.Felice s/P, di Concordia e di Finale Emilia.

Il 6 Marzo 1981 il prof. Longhini venne a

Mirandola per incontrare i promotori

dell'AVO; ad ascoltarlo erano in nove: due

maestre, tre giovani, un operaio, un

commerciante, un sacerdote e una preside

in pensione. Il 26 dello stesso mese ebbe

luogo la prima riunione, presieduta dal prof.

Santambrogio, di quanti intendevano dare

la loro adesione all'associazione. Il 13 Aprile

1981, nello studio del notaio dott.

Francesco Borellini, veniva costituita

legalmente l'AVO di Mirandola, con sede in

piazza Ceretti n. 10, e si stabiliva una

provvisoria Commissione esecutiva

formata, oltre che dalla prof.ssa M.

Sabattini, dai seguenti componenti:

Bruschi Sergio, Caleffi Andrea, Dotti

Alberto, Giliberti Erio, Paolini Marco,

Ragazzi Bianca, Cavicchioli Maria Lara e

Pederzini Arturo. Il 22 Maggio 1981 il Presidente

dell'Unità Sanitaria Locale n. 15, Fausto Luppi,

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Page 12: 30° AVO DI MIRANDOLA

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VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

Prof. Francesco Scarlini

equilibrio fisico e psichico non solo a causa della

sofferenza e dello sradicamento dalla famiglia, dal lavoro,

da tutto un modo di vivere, ma soprattutto a causa della

“spersonalizzazione” connessa al ricovero: egli si sente

“un numero di letto”, subordinato al personale medico e

paramedico, divenuto oggetto e non soggetto.

“Psicologicamente il malato va incontro a una regressione

infantile: vede intorno a sé il personale che è attivo, sta

bene e non dipende da altri; confronta tutto ciò con la

propria condizione di infermo e prova un senso di

comprensibile invidia. Osservatelo, ad esempio, quando a

lui si avvicina una persona che resta in piedi: tenterà istintivamente di alzarsi dal letto,

perché non vuole che ci sia squilibrio, non vuole essere sovrastato da chi è sano”. Qui il

prof. Scarlini colloca l'intervento del volontario che si pone sullo stesso piano del malato,

capace di empatia perché spinto solo dalla buona volontà e dall'amore. “Il volontariato è

il momento di umanizzazione del settore sanitario, in un doppio significato: esso riempie

un vuoto, dando attenzione alla persona in tutta la sua ricchezza, ma è anche modello

per la stessa struttura sanitaria, perché questa diventi più umana, oltre il perfetto

tecnicismo e l'avanzata ricerca scientifica”. Preziosi restano anche i sui consigli in merito

all'atteggiamento da tenere con le persone anziane, che sempre più affollano tutti i

reparti ospedalieri. “Specialmente di fronte agli anziani non bisogna dimostrare fretta.

Ci sono individui, specialmente giovani, nei quali la rapidità è connaturale.

Nell'assistenza alle persone in età, invece, non bisogna dimenticare che il ritmo di vita e

di qualsiasi attività, anche la più semplice, come il parlare o l'ascoltare, è molto più lento.

Quindi, se noi frulliamo intorno al letto del malato, lo confondiamo, mentre bisogna

adattarsi ai suoi ritmi”. Il prof. Scarlini chiarisce, inoltre, che il volontario non deve “mai

aiutare troppo, bensì stimolare” cervello e muscoli del malato, di fronte al quale non si

deve divenire esageratamente protettivi, come la avanzata età potrebbe indurre a fare.

Ancora. “Ricordatevi che gli anziani ci vedono poco, ma soprattutto ci sentono poco.

Molte volte non ce ne accorgiamo, anche perché tale limitazione è spesso tenuta

nascosta. Allora accadono gravi incomprensioni, mentre è fondamentale capirsi. Come

fare? Bisogna parlare lentamente, di fronte al volto dell'anziano e poi cercare di rendersi

conto se ha capito. Inoltre, se il vecchio si mette in silenzio, rispettiamo questo silenzio:

gli si può stare vicino anche senza parlare”.

Tutte le preziose testimonianze sin qui riportate dei fondatori e collaboratori dell'AVO

possono apparire pure utopie, ma forse uno dei più gravi errori degli uomini, sempre più

diffuso nella realtà contemporanea, è proprio smettere di nutrire desideri utopici: solo

alimentandoli, possiamo avvicinarci a mete sempre più alte e migliorare sia noi stessi sia

la comunità di cui facciamo parte. Anche per questo dobbiamo essere riconoscenti all'AVO.

10 saluto vennero ricambiati… Quando ci videro all'opera, tutti ci osservarono molto e noi,

con la nostra inesperienza, ma con il desiderio di donare la nostra opera, ci aprimmo la

via che ci guidava a stare vicino a chi soffriva, ognuno con la nostra personalità, perché

ciascuno è irripetibile”. Il ricordo della iniziale diffidenza da parte di tutto l'ambiente

ospedaliero nei confronti dei volontari è confermato dalle testimonianze di molti che

vissero in prima persona quegli esordi; particolarmente il personale infermieristico, non

a caso il più coinvolto nel rapporto diretto e prolungato con il malato, tendeva a

considerare la presenza dell'AVO un'ingerenza nelle proprie mansioni.

Tuttavia i timori e le ostilità lasciarono, piano piano, il posto alla collaborazione e al

riconoscimento della positività dell'opera dei volontari, che bene erano stati educati, in

tanti interventi dello stesso prof. Longhini e di altri dottori, a distinguere nettamente le

proprie mansioni da quelle dei professionisti medici e paramedici e a instaurare con loro

un rapporto di conoscenza, rispetto e stima. La conclusione dello stesso intervento della

prof.ssa Sabattini del 1982 può essere letto come un breve testamento spirituale: “Vi

raccomando di essere tenaci e convinti di ciò che farete. Auguriamoci che, se non noi,

quelli che verranno e i più giovani di noi raccolgano i frutti del seme che oggi gettiamo sul

terreno della sofferenza, perché noi oggi seminiamo e non sempre il terreno è ingrato.

Albert Schweitzer scriveva: “Quello che tu puoi fare è solo una goccia nell'Oceano, ma è

ciò che dà significato alla tua vita”. La goccia di ognuno di noi che, dimentico di se

stesso, ascolta fino in fondo colui che soffre, ci induce a meditare sui pensieri di chi ha

fiducia in noi e ci apre il suo cuore, ci fa riflettere sui problemi crescenti dell'ospedale, per

arricchirci di nuove esperienze che diventeranno cultura per noi e per i nostri amici che

servono gli stessi ideali. Ascoltate quanto rilevano gli stessi malati, per confrontarlo con

le vostre intime riflessioni, per farne un'esperienza di vita, un arricchimento che domani

potrà diventare motivo di sperimentazioni valide, perché maturate in una comunità che

ha avuto modo di verificare direttamente e di credere veramente in ciò che ha fatto”.

Il 3 Dicembre 1982 il Consiglio della Federazione AVO ratificò l'ammissione al suo

interno dell'AVO di Mirandola, che venne realizzata col pagamento della quota

associativa di £ 30.000 il 21 Febbraio 1983. La fase di preparazione, fondazione e

organizzazione dell'AVO di Mirandola era conclusa. Ora si trattava di far crescere

l'associazione, diffonderla e renderla sempre più salda e radicata nel territorio.

A tale scopo, ogni anno, si susseguivano i corsi di formazione per i volontari, cui

continuavano a dare il loro prezioso contributo i medici dell'Ospedale di Mirandola, tra i

quali non si può certo dimenticare il prof. Francesco Scarlini, che aveva preceduto il prof.

Santambrogio nel primariato di Medicina. Le sue straordinarie qualità umane, oltre a

quelle professionali, e la sua totale dedizione all'impegno in corsia, vissuto come

missione, ancora emergono dalle dispense che ne riportano gli interventi davanti agli

aspiranti volontari. Vivido e più che mai attuale risulta il ritratto che egli traccia del malato

ospedalizzato, che vive la malattia come un totale e improvviso sovvertimento del suo

Page 13: 30° AVO DI MIRANDOLA

11

VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

Prof. Francesco Scarlini

equilibrio fisico e psichico non solo a causa della

sofferenza e dello sradicamento dalla famiglia, dal lavoro,

da tutto un modo di vivere, ma soprattutto a causa della

“spersonalizzazione” connessa al ricovero: egli si sente

“un numero di letto”, subordinato al personale medico e

paramedico, divenuto oggetto e non soggetto.

“Psicologicamente il malato va incontro a una regressione

infantile: vede intorno a sé il personale che è attivo, sta

bene e non dipende da altri; confronta tutto ciò con la

propria condizione di infermo e prova un senso di

comprensibile invidia. Osservatelo, ad esempio, quando a

lui si avvicina una persona che resta in piedi: tenterà istintivamente di alzarsi dal letto,

perché non vuole che ci sia squilibrio, non vuole essere sovrastato da chi è sano”. Qui il

prof. Scarlini colloca l'intervento del volontario che si pone sullo stesso piano del malato,

capace di empatia perché spinto solo dalla buona volontà e dall'amore. “Il volontariato è

il momento di umanizzazione del settore sanitario, in un doppio significato: esso riempie

un vuoto, dando attenzione alla persona in tutta la sua ricchezza, ma è anche modello

per la stessa struttura sanitaria, perché questa diventi più umana, oltre il perfetto

tecnicismo e l'avanzata ricerca scientifica”. Preziosi restano anche i sui consigli in merito

all'atteggiamento da tenere con le persone anziane, che sempre più affollano tutti i

reparti ospedalieri. “Specialmente di fronte agli anziani non bisogna dimostrare fretta.

Ci sono individui, specialmente giovani, nei quali la rapidità è connaturale.

Nell'assistenza alle persone in età, invece, non bisogna dimenticare che il ritmo di vita e

di qualsiasi attività, anche la più semplice, come il parlare o l'ascoltare, è molto più lento.

Quindi, se noi frulliamo intorno al letto del malato, lo confondiamo, mentre bisogna

adattarsi ai suoi ritmi”. Il prof. Scarlini chiarisce, inoltre, che il volontario non deve “mai

aiutare troppo, bensì stimolare” cervello e muscoli del malato, di fronte al quale non si

deve divenire esageratamente protettivi, come la avanzata età potrebbe indurre a fare.

Ancora. “Ricordatevi che gli anziani ci vedono poco, ma soprattutto ci sentono poco.

Molte volte non ce ne accorgiamo, anche perché tale limitazione è spesso tenuta

nascosta. Allora accadono gravi incomprensioni, mentre è fondamentale capirsi. Come

fare? Bisogna parlare lentamente, di fronte al volto dell'anziano e poi cercare di rendersi

conto se ha capito. Inoltre, se il vecchio si mette in silenzio, rispettiamo questo silenzio:

gli si può stare vicino anche senza parlare”.

Tutte le preziose testimonianze sin qui riportate dei fondatori e collaboratori dell'AVO

possono apparire pure utopie, ma forse uno dei più gravi errori degli uomini, sempre più

diffuso nella realtà contemporanea, è proprio smettere di nutrire desideri utopici: solo

alimentandoli, possiamo avvicinarci a mete sempre più alte e migliorare sia noi stessi sia

la comunità di cui facciamo parte. Anche per questo dobbiamo essere riconoscenti all'AVO.

10 saluto vennero ricambiati… Quando ci videro all'opera, tutti ci osservarono molto e noi,

con la nostra inesperienza, ma con il desiderio di donare la nostra opera, ci aprimmo la

via che ci guidava a stare vicino a chi soffriva, ognuno con la nostra personalità, perché

ciascuno è irripetibile”. Il ricordo della iniziale diffidenza da parte di tutto l'ambiente

ospedaliero nei confronti dei volontari è confermato dalle testimonianze di molti che

vissero in prima persona quegli esordi; particolarmente il personale infermieristico, non

a caso il più coinvolto nel rapporto diretto e prolungato con il malato, tendeva a

considerare la presenza dell'AVO un'ingerenza nelle proprie mansioni.

Tuttavia i timori e le ostilità lasciarono, piano piano, il posto alla collaborazione e al

riconoscimento della positività dell'opera dei volontari, che bene erano stati educati, in

tanti interventi dello stesso prof. Longhini e di altri dottori, a distinguere nettamente le

proprie mansioni da quelle dei professionisti medici e paramedici e a instaurare con loro

un rapporto di conoscenza, rispetto e stima. La conclusione dello stesso intervento della

prof.ssa Sabattini del 1982 può essere letto come un breve testamento spirituale: “Vi

raccomando di essere tenaci e convinti di ciò che farete. Auguriamoci che, se non noi,

quelli che verranno e i più giovani di noi raccolgano i frutti del seme che oggi gettiamo sul

terreno della sofferenza, perché noi oggi seminiamo e non sempre il terreno è ingrato.

Albert Schweitzer scriveva: “Quello che tu puoi fare è solo una goccia nell'Oceano, ma è

ciò che dà significato alla tua vita”. La goccia di ognuno di noi che, dimentico di se

stesso, ascolta fino in fondo colui che soffre, ci induce a meditare sui pensieri di chi ha

fiducia in noi e ci apre il suo cuore, ci fa riflettere sui problemi crescenti dell'ospedale, per

arricchirci di nuove esperienze che diventeranno cultura per noi e per i nostri amici che

servono gli stessi ideali. Ascoltate quanto rilevano gli stessi malati, per confrontarlo con

le vostre intime riflessioni, per farne un'esperienza di vita, un arricchimento che domani

potrà diventare motivo di sperimentazioni valide, perché maturate in una comunità che

ha avuto modo di verificare direttamente e di credere veramente in ciò che ha fatto”.

Il 3 Dicembre 1982 il Consiglio della Federazione AVO ratificò l'ammissione al suo

interno dell'AVO di Mirandola, che venne realizzata col pagamento della quota

associativa di £ 30.000 il 21 Febbraio 1983. La fase di preparazione, fondazione e

organizzazione dell'AVO di Mirandola era conclusa. Ora si trattava di far crescere

l'associazione, diffonderla e renderla sempre più salda e radicata nel territorio.

A tale scopo, ogni anno, si susseguivano i corsi di formazione per i volontari, cui

continuavano a dare il loro prezioso contributo i medici dell'Ospedale di Mirandola, tra i

quali non si può certo dimenticare il prof. Francesco Scarlini, che aveva preceduto il prof.

Santambrogio nel primariato di Medicina. Le sue straordinarie qualità umane, oltre a

quelle professionali, e la sua totale dedizione all'impegno in corsia, vissuto come

missione, ancora emergono dalle dispense che ne riportano gli interventi davanti agli

aspiranti volontari. Vivido e più che mai attuale risulta il ritratto che egli traccia del malato

ospedalizzato, che vive la malattia come un totale e improvviso sovvertimento del suo

Page 14: 30° AVO DI MIRANDOLA

Fu assunta anche un'altra iniziativa:

l'allestimento, presso la Parrocchia, di una

stanza per ospitare i famigliari dei degenti

che faticavano a trovare alloggio vicino

all'ospedale.

Nel 1983 la prof.ssa Sabattini riuscì a

costituire anche nell'ospedale di Finale

Emilia un gruppo di volontari AVO che da

poche unità crebbe fino a superare la

decina, operante nei due reparti di

Medicina e Chirurgia con un turno

giornaliero nell'orario dei pasti e, su

specifica richiesta, anche la sera e nelle

festività.

A in iz ia re da l 1989 i vo lontar i

cominciarono il loro servizio anche

presso la Casa protetta sia per dare aiuto

agli anziani non autosufficienti durante i

pasti sia per offrire la loro compagnia

durante il giorno. Nel 1990 questo nucleo,

di circa dieci persone, assunse la

denominazione “AVO-Gruppo Laura”, in memoria della figlia deceduta in giovane età di

una volontaria.

La sezione di San Felice s/P si costituì nella primavera del 1983 con l'iscrizione iniziale di

quasi quaranta soci, saliti a una cinquantina dopo poco tempo, per poi attestarsi a una

trentina circa alla fine del 1991, quando l'Ospedale venne chiuso e l'opera dei volontari si

trasferì nella Casa protetta “A. Modena”.

Gli alti numeri trovano spiegazione anche nella collaborazione assai stretta tra AVO e

UNITALSI: molti volontari di quest'ultima associazione, particolarmente sensibili alle

problematiche dei malati e pronti ad offrire il loro aiuto, risposero entusiasti all'appello

della prof.ssa Sabattini.

Iniziò così un'attività che garantiva circa 2000 ore di assistenza annuali e che fu ben

presto coordinata da Lilia Facchini, ancora oggi attiva come referente del gruppo.

Sabato 4 Giugno 1988 l'AVO di San Felice ebbe la gioia di incontrare Sua Santità

Giovanni Paolo II a Modena: numerosi furono i volontari che, con camice bianco e

distintivo, accolsero il Santo Padre davanti all'ospedale S. Agostino. In seguito una

nutrita rappresentanza di volontari di Mirandola venne ricevuta da Giovanni Paolo II a

Roma, presso la Sala Nervi, il 17 Novembre 1990, insieme alle delegazioni AVO di tutta

Italia. In quella circostanza la FEDERAVO fu presentata ufficialmente a sua Santità

13

VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

L'AVO di Mirandola, dopo le fasi di costituzione, preparazione dei volontari e inizio

dell'attività in corsia, si estese, grazie all'opera instancabile della prof.ssa Sabattini,

all'Ospedale di Concordia, ove era assai sviluppato il reparto di Ortopedia, diretto dal

dott. Settimio Racalbuto, all'Ospedale e alla Casa protetta di Finale Emilia, all'Ospedale

di San Felice s/P.

Il gruppo di Concordia contava inizialmente una trentina di persone, tra cui anche

giovani ventenni, e incominciò a operare nel Giugno 1983 con due turni giornalieri (ore

10.30-12.30 e 16.30-18.30 per un totale di oltre 3000 ore annue), ciascuno di 2-3

volontari che offrivano sia assistenza ai pasti ai molti malati immobilizzati a letto, sia

disponibilità all'ascolto e all'aiuto di tanti degenti provenienti da tutto il territorio nazionale

e quindi spesso privi del sostegno di famigliari o amici.

Per sorreggere moralmente i ricoverati fu anche assunta l'iniziativa di predisporre un

telefono a gettoni montato su un carrello e quindi trasportabile accanto ai letti: al mattino

venivano prese le prenotazioni dai malati che, al pomeriggio, potevano parlare con i

propri cari lontani.

Verso il primo decennale12

Page 15: 30° AVO DI MIRANDOLA

Fu assunta anche un'altra iniziativa:

l'allestimento, presso la Parrocchia, di una

stanza per ospitare i famigliari dei degenti

che faticavano a trovare alloggio vicino

all'ospedale.

Nel 1983 la prof.ssa Sabattini riuscì a

costituire anche nell'ospedale di Finale

Emilia un gruppo di volontari AVO che da

poche unità crebbe fino a superare la

decina, operante nei due reparti di

Medicina e Chirurgia con un turno

giornaliero nell'orario dei pasti e, su

specifica richiesta, anche la sera e nelle

festività.

A in iz ia re da l 1989 i vo lontar i

cominciarono il loro servizio anche

presso la Casa protetta sia per dare aiuto

agli anziani non autosufficienti durante i

pasti sia per offrire la loro compagnia

durante il giorno. Nel 1990 questo nucleo,

di circa dieci persone, assunse la

denominazione “AVO-Gruppo Laura”, in memoria della figlia deceduta in giovane età di

una volontaria.

La sezione di San Felice s/P si costituì nella primavera del 1983 con l'iscrizione iniziale di

quasi quaranta soci, saliti a una cinquantina dopo poco tempo, per poi attestarsi a una

trentina circa alla fine del 1991, quando l'Ospedale venne chiuso e l'opera dei volontari si

trasferì nella Casa protetta “A. Modena”.

Gli alti numeri trovano spiegazione anche nella collaborazione assai stretta tra AVO e

UNITALSI: molti volontari di quest'ultima associazione, particolarmente sensibili alle

problematiche dei malati e pronti ad offrire il loro aiuto, risposero entusiasti all'appello

della prof.ssa Sabattini.

Iniziò così un'attività che garantiva circa 2000 ore di assistenza annuali e che fu ben

presto coordinata da Lilia Facchini, ancora oggi attiva come referente del gruppo.

Sabato 4 Giugno 1988 l'AVO di San Felice ebbe la gioia di incontrare Sua Santità

Giovanni Paolo II a Modena: numerosi furono i volontari che, con camice bianco e

distintivo, accolsero il Santo Padre davanti all'ospedale S. Agostino. In seguito una

nutrita rappresentanza di volontari di Mirandola venne ricevuta da Giovanni Paolo II a

Roma, presso la Sala Nervi, il 17 Novembre 1990, insieme alle delegazioni AVO di tutta

Italia. In quella circostanza la FEDERAVO fu presentata ufficialmente a sua Santità

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VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

L'AVO di Mirandola, dopo le fasi di costituzione, preparazione dei volontari e inizio

dell'attività in corsia, si estese, grazie all'opera instancabile della prof.ssa Sabattini,

all'Ospedale di Concordia, ove era assai sviluppato il reparto di Ortopedia, diretto dal

dott. Settimio Racalbuto, all'Ospedale e alla Casa protetta di Finale Emilia, all'Ospedale

di San Felice s/P.

Il gruppo di Concordia contava inizialmente una trentina di persone, tra cui anche

giovani ventenni, e incominciò a operare nel Giugno 1983 con due turni giornalieri (ore

10.30-12.30 e 16.30-18.30 per un totale di oltre 3000 ore annue), ciascuno di 2-3

volontari che offrivano sia assistenza ai pasti ai molti malati immobilizzati a letto, sia

disponibilità all'ascolto e all'aiuto di tanti degenti provenienti da tutto il territorio nazionale

e quindi spesso privi del sostegno di famigliari o amici.

Per sorreggere moralmente i ricoverati fu anche assunta l'iniziativa di predisporre un

telefono a gettoni montato su un carrello e quindi trasportabile accanto ai letti: al mattino

venivano prese le prenotazioni dai malati che, al pomeriggio, potevano parlare con i

propri cari lontani.

Verso il primo decennale12

Page 16: 30° AVO DI MIRANDOLA

Gli anni '90 vedono diverse trasformazioni di carattere strutturale e sanitario.

Nel 1991 venne chiuso, come già ricordato, l'Ospedale di San Felice e l'AVO cominciò a

operare nella Casa protetta “A. Modena”; a Mirandola, nel 1994, venne inaugurato il

nuovo padiglione dell'ospedale, ora dedicato al prof. Scarlini, con la conseguente

ristrutturazione di quasi tutto il nosocomio; il reparto di Ortopedia fu ritrasferito da

Concordia a Mirandola, mentre a Finale Emilia fu chiusa la Casa protetta e venne

riorganizzato l'ospedale. Tuttavia il cambiamento che forse più incise sull'attività dei

volontari riguardò modi e tempi di degenza dei malati.

La permanenza in ospedale divenne, infatti, sempre più breve, in sintonia con il

progredire della ricerca medica, l'innovazione delle terapie, lo sviluppo degli strumenti

diagnostici e le esigenze del sistema sanitario. I volontari, negli anni '80, avevano avuto

la possibilità di instaurare rapporti approfonditi con i degenti, di conoscerne carattere,

desideri, esigenze attraverso un'assistenza che si protraeva anche per molte settimane

e si estendeva talora oltre i turni prefissati, nelle ore notturne e durante le festività, con un

conseguente forte coinvolgimento emotivo e impegno di tempo. Nel corso degli anni '90

il contatto tra volontario e malato divenne progressivamente sempre più breve e limitato

spesso ad un solo incontro. Alla disponibilità ad operare in qualsiasi momento e

prolungatamente si sostituiva così un'altra difficoltà: riuscire a instaurare un rapporto

empatico in un tempo brevissimo, a cogliere immediatamente da atteggiamenti, gesti,

sguardi le esigenze profonde del malato per

potergli offrire aiuto adeguato. Questa capacità di

capire dai segnali esterni, espressi dal corpo della

persona che si ha di fronte, che cosa accade dentro

di lei, quello che le parole non sanno o non vogliono

dire, è una delle attitudini che il volontario ha dovuto

affinare, per evitare errori che compromettano una

buona intesa, ma che sono sempre dietro l'angolo.

I volontari AVO di San Felice s/P, davanti alle nuove

esigenze degli ospiti della Casa protetta in cui si

trovavano ad operare, risposero con entusiasmo e

iniziativa, come è testimoniato anche dalla

pubblicazione, con frequenza biennale, a partire dal

Natale '94, del periodico “Am viin in ment”, in cui

venivano raccolti ricordi, usanze, ricette, modi di

Verso il ventennale 15

VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

ufficialmente a Sua Santità dal Vescovo Mons. Antonio Riboldi e ricevette dal Papa la

a conferma della bontà della sua missione, nonché l'apprezzamento per l'opera svolta

con le seguenti parole: “Abbiate occhi e cuore attenti alla grande lezione della

sofferenza. Dai luoghi di cura e di dolore viene un messaggio per la vita di tutti, quale

nessuna altra cattedra può impartire. L'uomo che soffre comprende di più il bisogno e il

valore del dono divino della redenzione e della fede… La vostra presenza nei luoghi di

ricovero e cure garantisce un'assistenza amichevole, calore umano, dialogo fraterno,

aiuti concreti per lottare contro il dolore e soprattutto contro la sofferenza morale

dell'abbandono e dell'isolamento”.

Nell'Ospedale di Mirandola quotidianamente, anche nelle festività, si attuavano due

turni, ciascuno svolto da due volontari (ore 10.30-13; 16.30-19) nei reparti di Chirurgia e

Medicina.

Il 24 Maggio 1992, l'AVO di Mirandola festeggiò i suoi primi dieci anni di attività.

La Santa Messa fu celebrata alle ore 10, presso la Chiesa di San Francesco, dal Vicario

generale della Diocesi, Don Luigi Benetti; alle ore 11, la Sala Granda del Municipio

ospitò autorità, volontari e cittadinanza per i ringraziamenti delle istituzioni, per una

breve cronistoria dell'associazione, tracciata dalla Presidente Lara Mantovani, e per la

relazione del Presidente nazionale, prof. Longhini, che riconobbe all'AVO di Mirandola la

maturità raggiunta per espletare tutte le sue energie.

Durante la cerimonia furono più volte ricordati il compianto prof. Santambrogio e la

grande animatrice prof.ssa Sabattini, impossibilitata a intervenire di persona, ma

presente spiritualmente.

1424.05.1992: primo decennale AVO

Page 17: 30° AVO DI MIRANDOLA

Gli anni '90 vedono diverse trasformazioni di carattere strutturale e sanitario.

Nel 1991 venne chiuso, come già ricordato, l'Ospedale di San Felice e l'AVO cominciò a

operare nella Casa protetta “A. Modena”; a Mirandola, nel 1994, venne inaugurato il

nuovo padiglione dell'ospedale, ora dedicato al prof. Scarlini, con la conseguente

ristrutturazione di quasi tutto il nosocomio; il reparto di Ortopedia fu ritrasferito da

Concordia a Mirandola, mentre a Finale Emilia fu chiusa la Casa protetta e venne

riorganizzato l'ospedale. Tuttavia il cambiamento che forse più incise sull'attività dei

volontari riguardò modi e tempi di degenza dei malati.

La permanenza in ospedale divenne, infatti, sempre più breve, in sintonia con il

progredire della ricerca medica, l'innovazione delle terapie, lo sviluppo degli strumenti

diagnostici e le esigenze del sistema sanitario. I volontari, negli anni '80, avevano avuto

la possibilità di instaurare rapporti approfonditi con i degenti, di conoscerne carattere,

desideri, esigenze attraverso un'assistenza che si protraeva anche per molte settimane

e si estendeva talora oltre i turni prefissati, nelle ore notturne e durante le festività, con un

conseguente forte coinvolgimento emotivo e impegno di tempo. Nel corso degli anni '90

il contatto tra volontario e malato divenne progressivamente sempre più breve e limitato

spesso ad un solo incontro. Alla disponibilità ad operare in qualsiasi momento e

prolungatamente si sostituiva così un'altra difficoltà: riuscire a instaurare un rapporto

empatico in un tempo brevissimo, a cogliere immediatamente da atteggiamenti, gesti,

sguardi le esigenze profonde del malato per

potergli offrire aiuto adeguato. Questa capacità di

capire dai segnali esterni, espressi dal corpo della

persona che si ha di fronte, che cosa accade dentro

di lei, quello che le parole non sanno o non vogliono

dire, è una delle attitudini che il volontario ha dovuto

affinare, per evitare errori che compromettano una

buona intesa, ma che sono sempre dietro l'angolo.

I volontari AVO di San Felice s/P, davanti alle nuove

esigenze degli ospiti della Casa protetta in cui si

trovavano ad operare, risposero con entusiasmo e

iniziativa, come è testimoniato anche dalla

pubblicazione, con frequenza biennale, a partire dal

Natale '94, del periodico “Am viin in ment”, in cui

venivano raccolti ricordi, usanze, ricette, modi di

Verso il ventennale 15

VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

ufficialmente a Sua Santità dal Vescovo Mons. Antonio Riboldi e ricevette dal Papa la

a conferma della bontà della sua missione, nonché l'apprezzamento per l'opera svolta

con le seguenti parole: “Abbiate occhi e cuore attenti alla grande lezione della

sofferenza. Dai luoghi di cura e di dolore viene un messaggio per la vita di tutti, quale

nessuna altra cattedra può impartire. L'uomo che soffre comprende di più il bisogno e il

valore del dono divino della redenzione e della fede… La vostra presenza nei luoghi di

ricovero e cure garantisce un'assistenza amichevole, calore umano, dialogo fraterno,

aiuti concreti per lottare contro il dolore e soprattutto contro la sofferenza morale

dell'abbandono e dell'isolamento”.

Nell'Ospedale di Mirandola quotidianamente, anche nelle festività, si attuavano due

turni, ciascuno svolto da due volontari (ore 10.30-13; 16.30-19) nei reparti di Chirurgia e

Medicina.

Il 24 Maggio 1992, l'AVO di Mirandola festeggiò i suoi primi dieci anni di attività.

La Santa Messa fu celebrata alle ore 10, presso la Chiesa di San Francesco, dal Vicario

generale della Diocesi, Don Luigi Benetti; alle ore 11, la Sala Granda del Municipio

ospitò autorità, volontari e cittadinanza per i ringraziamenti delle istituzioni, per una

breve cronistoria dell'associazione, tracciata dalla Presidente Lara Mantovani, e per la

relazione del Presidente nazionale, prof. Longhini, che riconobbe all'AVO di Mirandola la

maturità raggiunta per espletare tutte le sue energie.

Durante la cerimonia furono più volte ricordati il compianto prof. Santambrogio e la

grande animatrice prof.ssa Sabattini, impossibilitata a intervenire di persona, ma

presente spiritualmente.

1424.05.1992: primo decennale AVO

Page 18: 30° AVO DI MIRANDOLA

dire degli anziani assistiti. L'iniziativa si protrasse fino al Natale 2001, a testimonianza

dell'attività di animazione e dell'impegno da parte dei volontari di far sentire gli ospiti della

Casa protetta ancora protagonisti attivi, non spettatori inerti della società, cui potevano

proporre insegnamenti e storie vissute in prima persona.

Un'analoga iniziativa venne realizzata anche dal gruppo AVO operante presso la Casa

protetta di Finale Emilia con la pubblicazione di un giornalino, “Il Ruglet”, che

raccoglieva ricordi e testimonianze degli ospiti della struttura, ove i volontari si

dedicavano ormai esclusivamente ad attività di animazione (laboratori di pittura e

uncinetto) e di supporto fisico-psicologico agli anziani. Verso la fine degli anni '90, il

gruppo, dopo progressive defezioni, cessò la sua attività e l'AVO continuò a operare,

con una decina di volontari, solo nell'ospedale, dove nel frattempo era stato chiuso il

reparto di Chirurgia e rimaneva attivo quello di Medicina.

Proprio sul finire degli anni '90 inizia purtroppo a evidenziarsi sempre più una tendenza

che poi diverrà problematica nel decennio successivo e che coinvolge gran parte del

mondo del volontariato: la diminuzione dei nuovi volontari e l'uscita dei vecchi per vari

motivi personali e famigliari. A San Felice il numero, dalla trentina abbondante di inizio

decennio, si attesta poco oltre la ventina; a Mirandola, nel cui ospedale è confluito il

gruppo di Concordia, scende progressivamente da oltre l'ottantina ad una settantina; a

Finale Emilia si dimezza, riducendosi a poco più di una decina: il calo complessivo, alla

fine del decennio, è di oltre le 40 unità. Tuttavia l'impegno e la disponibilità di ciascuno

aumentano e riescono, in parte, a sopperire alla diminuzione numerica, come

dimostrato dal fatto che, presso l'ospedale di Mirandola, il servizio dell'AVO viene

esteso, dai reparti iniziali di Medicina, Chirurgia e Ortopedia, a quelli di Pneumologia e

Lungodegenza, con tre turni giornalieri, in concomitanza con la somministrazione della

colazione e dei pasti. Al conseguimento di tali risultati concorse anche quello spirito di

amicizia tra i volontari che è sempre stato uno dei caratteri fondanti dell'AVO e che fu

mantenuto vivo dall'organizzazione di vari momenti di incontro e convivialità, come

l'annuale Festa nell'imminenza del Santo Natale, i ritrovi serali in pizzeria e, all'inizio di

Giugno, la gita in località di interesse artistico o naturalistico.

Sabato 27 Aprile 2002, presso la Sala Granda del Municipio, iniziano le celebrazioni del

ventennale dell'AVO di Mirandola con un concerto lirico-vocale, organizzato in

collaborazione col Circolo culturale “Amici della musica”.

La Domenica successiva, nella Chiesa del Gesù, viene celebrata la Santa Messa da

parte di Sua Eccellenza Mons. Vescovo, con la partecipazione della Corale “S. Cecilia”

di Concordia s/S; quindi, presso la Sala Granda, seguono il saluto delle autorità e la

relazione del Presidente Federavo, dott. Pierluigi Crenna.

A testimonianza dell'opera ventennale dell'Associazione, viene realizzata una

pubblicazione che riporta memorie personali e interventi di vari volontari e che viene

distribuita ai volontari stessi e agli intervenuti ai festeggiamenti.

16

27.04.2002: Ventennale AVO (a fianco)

Page 19: 30° AVO DI MIRANDOLA

dire degli anziani assistiti. L'iniziativa si protrasse fino al Natale 2001, a testimonianza

dell'attività di animazione e dell'impegno da parte dei volontari di far sentire gli ospiti della

Casa protetta ancora protagonisti attivi, non spettatori inerti della società, cui potevano

proporre insegnamenti e storie vissute in prima persona.

Un'analoga iniziativa venne realizzata anche dal gruppo AVO operante presso la Casa

protetta di Finale Emilia con la pubblicazione di un giornalino, “Il Ruglet”, che

raccoglieva ricordi e testimonianze degli ospiti della struttura, ove i volontari si

dedicavano ormai esclusivamente ad attività di animazione (laboratori di pittura e

uncinetto) e di supporto fisico-psicologico agli anziani. Verso la fine degli anni '90, il

gruppo, dopo progressive defezioni, cessò la sua attività e l'AVO continuò a operare,

con una decina di volontari, solo nell'ospedale, dove nel frattempo era stato chiuso il

reparto di Chirurgia e rimaneva attivo quello di Medicina.

Proprio sul finire degli anni '90 inizia purtroppo a evidenziarsi sempre più una tendenza

che poi diverrà problematica nel decennio successivo e che coinvolge gran parte del

mondo del volontariato: la diminuzione dei nuovi volontari e l'uscita dei vecchi per vari

motivi personali e famigliari. A San Felice il numero, dalla trentina abbondante di inizio

decennio, si attesta poco oltre la ventina; a Mirandola, nel cui ospedale è confluito il

gruppo di Concordia, scende progressivamente da oltre l'ottantina ad una settantina; a

Finale Emilia si dimezza, riducendosi a poco più di una decina: il calo complessivo, alla

fine del decennio, è di oltre le 40 unità. Tuttavia l'impegno e la disponibilità di ciascuno

aumentano e riescono, in parte, a sopperire alla diminuzione numerica, come

dimostrato dal fatto che, presso l'ospedale di Mirandola, il servizio dell'AVO viene

esteso, dai reparti iniziali di Medicina, Chirurgia e Ortopedia, a quelli di Pneumologia e

Lungodegenza, con tre turni giornalieri, in concomitanza con la somministrazione della

colazione e dei pasti. Al conseguimento di tali risultati concorse anche quello spirito di

amicizia tra i volontari che è sempre stato uno dei caratteri fondanti dell'AVO e che fu

mantenuto vivo dall'organizzazione di vari momenti di incontro e convivialità, come

l'annuale Festa nell'imminenza del Santo Natale, i ritrovi serali in pizzeria e, all'inizio di

Giugno, la gita in località di interesse artistico o naturalistico.

Sabato 27 Aprile 2002, presso la Sala Granda del Municipio, iniziano le celebrazioni del

ventennale dell'AVO di Mirandola con un concerto lirico-vocale, organizzato in

collaborazione col Circolo culturale “Amici della musica”.

La Domenica successiva, nella Chiesa del Gesù, viene celebrata la Santa Messa da

parte di Sua Eccellenza Mons. Vescovo, con la partecipazione della Corale “S. Cecilia”

di Concordia s/S; quindi, presso la Sala Granda, seguono il saluto delle autorità e la

relazione del Presidente Federavo, dott. Pierluigi Crenna.

A testimonianza dell'opera ventennale dell'Associazione, viene realizzata una

pubblicazione che riporta memorie personali e interventi di vari volontari e che viene

distribuita ai volontari stessi e agli intervenuti ai festeggiamenti.

16

27.04.2002: Ventennale AVO (a fianco)

Page 20: 30° AVO DI MIRANDOLA

Nell'ultimo decennio, si conferma il calo lento, ma costante del numero dei volontari che

ormai si attesta complessivamente sulla novantina; a ciò si deve aggiungere l'aumento

dell'età media, a causa del limitato ingresso di nuove forze. E' così accaduto che, prima

nell'Ospedale di Finale Emilia e, da questo anno, nella Casa protetta di San Felice s/P, i

turni si sono ridotti ad uno solo giornaliero, essendo i volontari poco più di una decina

per ogni sede. Tuttavia tali difficoltà hanno spronato molti a dare il massimo, nella ferma

volontà di non lasciare senza aiuto malati e anziani che, nell'attuale contesto sociale,

lottano sempre più contro la solitudine. Nell'Ospedale di Mirandola si è riusciti, infatti, a

mantenere i tre turni giornalieri in tutti i reparti, che, dagli inizi del 2000, comprendono

anche Cardiologia e Astanteria per un totale di oltre 10000 ore annuali.

Le difficoltà stesse hanno inoltre indotto l'AVO di Mirandola a perseguire con tenacia

alcune finalità: intensificare i rapporti con le altre associazioni di volontariato, specie del

settore socio-sanitario, per realizzare progetti e manifestazioni rivolte alla cittadinanza;

entrare a far parte della Consulta del Volontariato e del Comitato Consultivo Misto, per

migliorare la qualità dei servizi sulla base di necessità e richieste rilevate nell’operato

quotidiano; collaborare con il Centro Servizi di Volontariato, partecipando a numerosi

corsi di formazione e aggiornamento, nonché a diversi progetti. Tra tutte le iniziative,

ampiamente pubblicizzate sulla stampa locale, merita di essere ricordata l'annuale

“Festa del Volontariato”, che si svolge la prima Domenica di Settembre in Piazza

Marconi e che è stata sempre animata da un numeroso gruppo di volontari e giovani

AVO, felici di far partecipare tutta la cittadinanza, ma soprattutto i bambini a questa

occasione di spensieratezza oltre che di riflessione. Rilevanti si sono anche dimostrati il

progetto “Tutti su da terra”, volto alla prevenzione delle cadute degli anziani, e la

campagna d'informazione “Teleprenota”. In sintonia con le direttive dell'AVO Regionale e

della Federavo, al fine di realizzare quanto il nostro fondatore, prof. Longhini, esortava a

fare già nel lontano 1983: “E' indispensabile che i volontari AVO conservino un rapporto

con la comunità fuori dall'ospedale attraverso manifestazioni promozionali, culturali e di

festa”, il 1° Ottobre 2006 è stata organizzata la “Giornata regionale dell'AVO” con varie

iniziative: interventi di autorità e personale dell'Ospedale di Mirandola, un torneo di

minibasket, in collaborazione con la Polisportiva “G. PICO”, cui erano state donate

magliette col logo della manifestazione, l'esibizione del gruppo teatrale “Le Roncole” e

balletti di gruppi locali di volontariato.

Dall'Ottobre 2009, inoltre, è stata realizzata la “Giornata nazionale AVO”, al fine di dare

Verso il trentennale

Prima giornata regionale Avo (a fianco)

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Page 21: 30° AVO DI MIRANDOLA

Nell'ultimo decennio, si conferma il calo lento, ma costante del numero dei volontari che

ormai si attesta complessivamente sulla novantina; a ciò si deve aggiungere l'aumento

dell'età media, a causa del limitato ingresso di nuove forze. E' così accaduto che, prima

nell'Ospedale di Finale Emilia e, da questo anno, nella Casa protetta di San Felice s/P, i

turni si sono ridotti ad uno solo giornaliero, essendo i volontari poco più di una decina

per ogni sede. Tuttavia tali difficoltà hanno spronato molti a dare il massimo, nella ferma

volontà di non lasciare senza aiuto malati e anziani che, nell'attuale contesto sociale,

lottano sempre più contro la solitudine. Nell'Ospedale di Mirandola si è riusciti, infatti, a

mantenere i tre turni giornalieri in tutti i reparti, che, dagli inizi del 2000, comprendono

anche Cardiologia e Astanteria per un totale di oltre 10000 ore annuali.

Le difficoltà stesse hanno inoltre indotto l'AVO di Mirandola a perseguire con tenacia

alcune finalità: intensificare i rapporti con le altre associazioni di volontariato, specie del

settore socio-sanitario, per realizzare progetti e manifestazioni rivolte alla cittadinanza;

entrare a far parte della Consulta del Volontariato e del Comitato Consultivo Misto, per

migliorare la qualità dei servizi sulla base di necessità e richieste rilevate nell’operato

quotidiano; collaborare con il Centro Servizi di Volontariato, partecipando a numerosi

corsi di formazione e aggiornamento, nonché a diversi progetti. Tra tutte le iniziative,

ampiamente pubblicizzate sulla stampa locale, merita di essere ricordata l'annuale

“Festa del Volontariato”, che si svolge la prima Domenica di Settembre in Piazza

Marconi e che è stata sempre animata da un numeroso gruppo di volontari e giovani

AVO, felici di far partecipare tutta la cittadinanza, ma soprattutto i bambini a questa

occasione di spensieratezza oltre che di riflessione. Rilevanti si sono anche dimostrati il

progetto “Tutti su da terra”, volto alla prevenzione delle cadute degli anziani, e la

campagna d'informazione “Teleprenota”. In sintonia con le direttive dell'AVO Regionale e

della Federavo, al fine di realizzare quanto il nostro fondatore, prof. Longhini, esortava a

fare già nel lontano 1983: “E' indispensabile che i volontari AVO conservino un rapporto

con la comunità fuori dall'ospedale attraverso manifestazioni promozionali, culturali e di

festa”, il 1° Ottobre 2006 è stata organizzata la “Giornata regionale dell'AVO” con varie

iniziative: interventi di autorità e personale dell'Ospedale di Mirandola, un torneo di

minibasket, in collaborazione con la Polisportiva “G. PICO”, cui erano state donate

magliette col logo della manifestazione, l'esibizione del gruppo teatrale “Le Roncole” e

balletti di gruppi locali di volontariato.

Dall'Ottobre 2009, inoltre, è stata realizzata la “Giornata nazionale AVO”, al fine di dare

Verso il trentennale

Prima giornata regionale Avo (a fianco)

18

Page 22: 30° AVO DI MIRANDOLA

Proprio in una società come quella attuale, in cui prevalgono gli interessi individualisti e

sono in crisi i valori morali, non meraviglia che tanti giovani appaiano demotivati nel loro

agire e manchino di prospettiva futura. L'AVO e il volontariato, tutto, possono aiutarli a

ritrovare il senso della vita, a comprendere la rilevanza degli interessi della collettività, ad

assumere la consapevolezza della continuità tra le generazioni attraverso la cultura della

solidarietà e il profondo rispetto della dignità di ogni singola persona. Da molti anni,

pertanto, l'AVO di Mirandola collabora col Centro Servizi per il Volontariato per realizzare

il progetto “Giovani all'arrembaggio”, indirizzato agli studenti del triennio delle Scuole

medie superiori, ai quali viene offerta l'opportunità di conoscere le associazioni di

volontariato del territorio e di attuare stage presso le stesse, con conseguente

riconoscimento di Credito formativo da parte degli Istituti frequentati.

Numerosi sono stati i giovani coinvolti (in media, una decina all'anno) per periodi più o

meno lunghi, nel servizio a malati e anziani; molti si sono distinti per entusiasmo,

dedizione, consapevolezza della delicatezza del loro operato e hanno riconosciuto a

tale esperienza una valenza personale e sociale, abbandonandola loro malgrado e con

dispiacere per motivi di lavoro o studio.

La valenza formativa dell'AVO ha spinto anche l'AGESCI di Mirandola e Medolla a

indirizzare alcuni suoi iscritti al servizio in ospedale, sotto la guida di volontari esperti, e la

collaborazione si è rivelata sempre proficua

e positiva.

Grazie all'iniziativa e alla disponibilità delle

maestre delle Scuole Elementari di

Mirandola, da alcuni anni si è anche

realizzato un progetto che ha coinvolto gli

alunni delle classi quarte e quinte e si è

tradotto in incontri sempre assai partecipati

con i volontari, nella entusiastica

preparazione di biglietti di auguri natalizi e

pasquali per i degenti, nonché di cartelloni

e addobbi per diverse occasioni e festività.

La collaborazione di giovani e bambini è

sempre stata apprezzata dalla dirigenza

ospedaliera, ma soprattutto accolta con

calore da malati e anziani, per non parlare

dello stimolo e delle motivazioni offerte agli

stessi volontari.

Si è insomma cercato, attraverso queste

iniziative, di realizzare quanto auspicato dal

nostro fondatore, prof. Longhini, durante un

21

VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

visibilità all'associazione, trovare nuovi volontari e migliorare la collaborazione con le

istituzioni. In tali occasioni l'AVO di Mirandola ha organizzato, oltre alla celebrazione

della Santa Messa e all'allestimento di gazebo, resi accoglienti anche con i cartelloni

pubblicitari elaborati dagli alunni delle Scuole Elementari, ove informare la cittadinanza

sulla associazione e distribuire gadget, momenti di intrattenimento come il concerto del

coro “Città della Mirandola” e l'esecuzione di brani musicali da parte di giovani volontari.

Un ulteriore settore di intervento, seguito con particolari impegno e costanza, è stato

quello rivolto ai giovani e persino ai bambini delle Scuole elementari.

Già nel 1983 il prof. Francesco Scarlini, durante una lezione del Corso di preparazione

dei volontari, affermava: “Prendere diretto contatto con la sofferenza è sicuramente un

grande insegnamento, un vero arricchimento, un superiore incentivo ad agire con

carità”, sottolineando in tal modo la finalità formativa del nostro volontariato.

Fin dalle origini, dunque, l'AVO di Mirandola è stata consapevole di tale valore e si è

mostrata aperta ai giovani che comunque sono stati costantemente coinvolti soprattutto

in questo ultimo decennio, anche su sollecitazione della Federavo. Ricordiamo le parole

dell'attuale Presidente, dott. Lodoli: “Ci si deve occupare seriamente dell'AVO giovani…

Questi ragazzi sono tutti virtualmente figli nostri e di loro dobbiamo prenderci cura,

aiutarli e sostenerli per contribuire alla loro formazione in parallelo alla famiglia e alla

scuola. Dobbiamo testimoniare loro come l'AVO sia una organizzazione votata

all'impegno civile e alla creazione di capitale umano da donare alla società”.

20

30.10.2009: prima giornata nazionale AVO

Page 23: 30° AVO DI MIRANDOLA

Proprio in una società come quella attuale, in cui prevalgono gli interessi individualisti e

sono in crisi i valori morali, non meraviglia che tanti giovani appaiano demotivati nel loro

agire e manchino di prospettiva futura. L'AVO e il volontariato, tutto, possono aiutarli a

ritrovare il senso della vita, a comprendere la rilevanza degli interessi della collettività, ad

assumere la consapevolezza della continuità tra le generazioni attraverso la cultura della

solidarietà e il profondo rispetto della dignità di ogni singola persona. Da molti anni,

pertanto, l'AVO di Mirandola collabora col Centro Servizi per il Volontariato per realizzare

il progetto “Giovani all'arrembaggio”, indirizzato agli studenti del triennio delle Scuole

medie superiori, ai quali viene offerta l'opportunità di conoscere le associazioni di

volontariato del territorio e di attuare stage presso le stesse, con conseguente

riconoscimento di Credito formativo da parte degli Istituti frequentati.

Numerosi sono stati i giovani coinvolti (in media, una decina all'anno) per periodi più o

meno lunghi, nel servizio a malati e anziani; molti si sono distinti per entusiasmo,

dedizione, consapevolezza della delicatezza del loro operato e hanno riconosciuto a

tale esperienza una valenza personale e sociale, abbandonandola loro malgrado e con

dispiacere per motivi di lavoro o studio.

La valenza formativa dell'AVO ha spinto anche l'AGESCI di Mirandola e Medolla a

indirizzare alcuni suoi iscritti al servizio in ospedale, sotto la guida di volontari esperti, e la

collaborazione si è rivelata sempre proficua

e positiva.

Grazie all'iniziativa e alla disponibilità delle

maestre delle Scuole Elementari di

Mirandola, da alcuni anni si è anche

realizzato un progetto che ha coinvolto gli

alunni delle classi quarte e quinte e si è

tradotto in incontri sempre assai partecipati

con i volontari, nella entusiastica

preparazione di biglietti di auguri natalizi e

pasquali per i degenti, nonché di cartelloni

e addobbi per diverse occasioni e festività.

La collaborazione di giovani e bambini è

sempre stata apprezzata dalla dirigenza

ospedaliera, ma soprattutto accolta con

calore da malati e anziani, per non parlare

dello stimolo e delle motivazioni offerte agli

stessi volontari.

Si è insomma cercato, attraverso queste

iniziative, di realizzare quanto auspicato dal

nostro fondatore, prof. Longhini, durante un

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VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

visibilità all'associazione, trovare nuovi volontari e migliorare la collaborazione con le

istituzioni. In tali occasioni l'AVO di Mirandola ha organizzato, oltre alla celebrazione

della Santa Messa e all'allestimento di gazebo, resi accoglienti anche con i cartelloni

pubblicitari elaborati dagli alunni delle Scuole Elementari, ove informare la cittadinanza

sulla associazione e distribuire gadget, momenti di intrattenimento come il concerto del

coro “Città della Mirandola” e l'esecuzione di brani musicali da parte di giovani volontari.

Un ulteriore settore di intervento, seguito con particolari impegno e costanza, è stato

quello rivolto ai giovani e persino ai bambini delle Scuole elementari.

Già nel 1983 il prof. Francesco Scarlini, durante una lezione del Corso di preparazione

dei volontari, affermava: “Prendere diretto contatto con la sofferenza è sicuramente un

grande insegnamento, un vero arricchimento, un superiore incentivo ad agire con

carità”, sottolineando in tal modo la finalità formativa del nostro volontariato.

Fin dalle origini, dunque, l'AVO di Mirandola è stata consapevole di tale valore e si è

mostrata aperta ai giovani che comunque sono stati costantemente coinvolti soprattutto

in questo ultimo decennio, anche su sollecitazione della Federavo. Ricordiamo le parole

dell'attuale Presidente, dott. Lodoli: “Ci si deve occupare seriamente dell'AVO giovani…

Questi ragazzi sono tutti virtualmente figli nostri e di loro dobbiamo prenderci cura,

aiutarli e sostenerli per contribuire alla loro formazione in parallelo alla famiglia e alla

scuola. Dobbiamo testimoniare loro come l'AVO sia una organizzazione votata

all'impegno civile e alla creazione di capitale umano da donare alla società”.

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30.10.2009: prima giornata nazionale AVO

Page 24: 30° AVO DI MIRANDOLA

intervento al Corso di preparazione all'AVO di Mirandola del 1983: “Il volontario AVO è

espressione, nella struttura in cui opera, della sua comunità.”

Il seme dell'AVO, sparso con frutto a Milano, portato a Mirandola e raccolto qui da decine

di persone di buona volontà, si spera che possa così continuare a germogliare nel cuore

e nella mente di molti adulti, giovani e bambini perché sia coltivato con amore e

passione e trasmesso alle generazioni future.

Questo è l'augurio che tutti i volontari che si sono succeduti da quel lontano 1982

vorrebbero esprimere, pieni di gratitudine per chi ha fatto loro scoprire tanta ricchezza

interiore e tanta profonda letizia. Certo si deve essere disposti ad andare controcorrente

rispetto ai modelli proposti da media e pubblicità, a entrare in ambienti, quali ospedali e

case di riposo, che incutono timore o, addirittura, si vogliono dimenticare, perché si

tende a rimuovere la realtà della malattia e della vecchiaia. Si tratta di mondi che invece

hanno tanto da insegnare, in quanto capaci di migliorare la qualità della nostra

esistenza. Discrezione, lentezza, riflessione, profondità di relazioni interpersonali,

arricchimento emotivo, disponibilità all'ascolto, riscoperta del valore del silenzio,

gratuità dell'impegno, capacità di autocritica sono in profondo contrasto con i ritmi

frenetici, la superficialità, l'arroganza, l'egocentrismo, la grettezza, il rumore dominanti

spesso nell'attuale società.

Sarebbe ipocrita negare che il volontariato nell'AVO sia facile, ma è altrettanto vero che è

un dono e che, una volta compreso, accettato e sperimentato, diviene irrinunciabile; chi,

per serie ragioni, è costretto ad abbandonare il servizio, rimane volontario AVO nel suo

profondo, come spesso ho sentito ripetere.

Difficile davvero rimanere insensibili a tali sfide e sollecitazioni.

Solo dall'impegno nascono, da un lato, una sincera e duratura soddisfazione, dall'altro,

un costante miglioramento di sé e della Comunità di cui si fa parte per la costruzione del

“Bene Comune”, come tanto spesso ricorda il nostro fondatore, prof. Longhini.

22

Iniziative dell’AVO con i giovani (a fianco e pagina seguente).

Page 25: 30° AVO DI MIRANDOLA

intervento al Corso di preparazione all'AVO di Mirandola del 1983: “Il volontario AVO è

espressione, nella struttura in cui opera, della sua comunità.”

Il seme dell'AVO, sparso con frutto a Milano, portato a Mirandola e raccolto qui da decine

di persone di buona volontà, si spera che possa così continuare a germogliare nel cuore

e nella mente di molti adulti, giovani e bambini perché sia coltivato con amore e

passione e trasmesso alle generazioni future.

Questo è l'augurio che tutti i volontari che si sono succeduti da quel lontano 1982

vorrebbero esprimere, pieni di gratitudine per chi ha fatto loro scoprire tanta ricchezza

interiore e tanta profonda letizia. Certo si deve essere disposti ad andare controcorrente

rispetto ai modelli proposti da media e pubblicità, a entrare in ambienti, quali ospedali e

case di riposo, che incutono timore o, addirittura, si vogliono dimenticare, perché si

tende a rimuovere la realtà della malattia e della vecchiaia. Si tratta di mondi che invece

hanno tanto da insegnare, in quanto capaci di migliorare la qualità della nostra

esistenza. Discrezione, lentezza, riflessione, profondità di relazioni interpersonali,

arricchimento emotivo, disponibilità all'ascolto, riscoperta del valore del silenzio,

gratuità dell'impegno, capacità di autocritica sono in profondo contrasto con i ritmi

frenetici, la superficialità, l'arroganza, l'egocentrismo, la grettezza, il rumore dominanti

spesso nell'attuale società.

Sarebbe ipocrita negare che il volontariato nell'AVO sia facile, ma è altrettanto vero che è

un dono e che, una volta compreso, accettato e sperimentato, diviene irrinunciabile; chi,

per serie ragioni, è costretto ad abbandonare il servizio, rimane volontario AVO nel suo

profondo, come spesso ho sentito ripetere.

Difficile davvero rimanere insensibili a tali sfide e sollecitazioni.

Solo dall'impegno nascono, da un lato, una sincera e duratura soddisfazione, dall'altro,

un costante miglioramento di sé e della Comunità di cui si fa parte per la costruzione del

“Bene Comune”, come tanto spesso ricorda il nostro fondatore, prof. Longhini.

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Iniziative dell’AVO con i giovani (a fianco e pagina seguente).

Page 26: 30° AVO DI MIRANDOLA

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VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

Page 27: 30° AVO DI MIRANDOLA

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VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

Page 28: 30° AVO DI MIRANDOLA

Il prof. S. Santambrogio ha condiviso con me lunghi periodi di vita ospitaliera: dapprima

in sede universitaria presso l'Istituto di Patologia medica, successivamente in sede

ospitaliera presso l'Ospedale Maggiore di Milano e infine come mio aiuto, quando

divenni primario all'Ospedale Città di Sesto San Giovanni.

Persona di convinzioni laiche, di onestà, trasparenza e altruismo esemplari.

Abbiamo condiviso anche una fruttuosa attività di ricerca in campo pneumologico dove

ricordo la sua precisione, la sua dedizione e l'amore per la ricerca finalizzata al bene del

malato.

Sergio Santambrogio divenne poi meritatamente Primario medico all'Ospedale di

Mirandola. Con lui mantenni contatti e reciproche visite.

Quando gli comunicai le mie intuizioni sul volontariato ospitaliero, trovai una entusiasta

condivisione, che culminò nella fondazione dell'AVO Mirandola.

Fui presente con Nuccia, mia moglie, alla nascita di quell'AVO fra le prime, dopo Milano,

e ne apprezzai l'entusiasmo e la dedizione.

Sergio Santambrogio curò l'esordio e lo sviluppo dell'attività, come guida e collaboratore

della prima Presidente professoressa Maria Sabattini di cara memoria.

Ho un ricordo di un uomo vero, di grandi capacità cliniche e di grande dedizione, che

amo definire uomo di buona volontà.

Lo ricordo spesso nelle mie preghiere e lo ringrazio, in cuor mio, anche a nome dell'AVO.

Erminio Longhini

Ricordo del prof. Sergio Santambrogio 27

VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

Poesia della Preside Maria SabattiniPrima Giornata AVO

8 Dicembre 1982

Passasti come un fioredal robusto stelo,

colpito a più ripreseda possente falce.

Dilaniata dal dolore,lo sopportasti con forza

che, in certi momentiper chi non ti conosceva,sembrava indifferenza.

Ti ho seguita nei momentidella più grande pena e sofferenza

e a te vicini ho visto i figli tuoistretti al tuo corpo

con il padre accanto, come a formar con teuna persona sola,in un gruppo fuso

dal grande amore e dall'affettoche tu portavi loro.

Col cuore chiuso dall'angosciavi ho contemplati stando sulla soglia

della piccola stanza d'ospedaleche pur era capace di contenere

tanto doloree tanto amore.

26

Page 29: 30° AVO DI MIRANDOLA

Il prof. S. Santambrogio ha condiviso con me lunghi periodi di vita ospitaliera: dapprima

in sede universitaria presso l'Istituto di Patologia medica, successivamente in sede

ospitaliera presso l'Ospedale Maggiore di Milano e infine come mio aiuto, quando

divenni primario all'Ospedale Città di Sesto San Giovanni.

Persona di convinzioni laiche, di onestà, trasparenza e altruismo esemplari.

Abbiamo condiviso anche una fruttuosa attività di ricerca in campo pneumologico dove

ricordo la sua precisione, la sua dedizione e l'amore per la ricerca finalizzata al bene del

malato.

Sergio Santambrogio divenne poi meritatamente Primario medico all'Ospedale di

Mirandola. Con lui mantenni contatti e reciproche visite.

Quando gli comunicai le mie intuizioni sul volontariato ospitaliero, trovai una entusiasta

condivisione, che culminò nella fondazione dell'AVO Mirandola.

Fui presente con Nuccia, mia moglie, alla nascita di quell'AVO fra le prime, dopo Milano,

e ne apprezzai l'entusiasmo e la dedizione.

Sergio Santambrogio curò l'esordio e lo sviluppo dell'attività, come guida e collaboratore

della prima Presidente professoressa Maria Sabattini di cara memoria.

Ho un ricordo di un uomo vero, di grandi capacità cliniche e di grande dedizione, che

amo definire uomo di buona volontà.

Lo ricordo spesso nelle mie preghiere e lo ringrazio, in cuor mio, anche a nome dell'AVO.

Erminio Longhini

Ricordo del prof. Sergio Santambrogio 27

VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

Poesia della Preside Maria SabattiniPrima Giornata AVO

8 Dicembre 1982

Passasti come un fioredal robusto stelo,

colpito a più ripreseda possente falce.

Dilaniata dal dolore,lo sopportasti con forza

che, in certi momentiper chi non ti conosceva,sembrava indifferenza.

Ti ho seguita nei momentidella più grande pena e sofferenza

e a te vicini ho visto i figli tuoistretti al tuo corpo

con il padre accanto, come a formar con teuna persona sola,in un gruppo fuso

dal grande amore e dall'affettoche tu portavi loro.

Col cuore chiuso dall'angosciavi ho contemplati stando sulla soglia

della piccola stanza d'ospedaleche pur era capace di contenere

tanto doloree tanto amore.

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Page 30: 30° AVO DI MIRANDOLA

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VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

28 Il notaio dott. Francesco Borellini ci accoglie con entusiasmo nel suo studio di via

Curtatone per redigere l'atto costitutivo dell'associazione.

Ricordo la figlia Grazia che insieme al papà ci incoraggia continuamente: è il 13 Aprile

1981. In pochissimo tempo la nostra associazione diventa conosciuta e apprezzata.

Dopo qualche mese - è l'Agosto dello stesso anno - Mons. Prati mi chiama a Carpi.

Per mia scelta non mantengo legami operativi con le iniziative avviate e le persone

conosciute, ma l'AVO gode già di una buona, buonissima salute propria ed è sostenuta

da persone intelligenti e generose.

Se per me rimane un breve, prezioso capitolo di storia, non lo è certamente per tutto

l'amore dato.

Ricordo che un sacerdote, Don Dario Porta di Parma, del quale si prepara il processo di

beatificazione, diceva: “Alla fine della mia vita vorrei poter dire: ho sempre amato, ho

sempre amato”. Che altro si può dire dell'AVO nel suo insieme e di ciascuno dei suoi

volontari?

1955: S. E. Mons. Artemio Prati Vescovo della Diocesi di Carpi con i medici dell’ospedale di Mirandola

Quando gli avvenimenti li ricorda il cuore, solo allora essi

diventano indelebili.

Ecco perché la nascita dell'AVO di Mirandola resta in me

come una pagina di stampa, una fotografia che posso

togliere dal cassetto dei ricordi e rileggere con la stessa

emozione della prima volta.

Siamo alla fine dell'anno 1980. Io alterno le mie giornate di

sacerdote fra parrocchia e ospedale.

Ambedue le esperienze mi appassionano: aiuta

certamente lo slancio della giovane età, le energie in

abbondanza. Vorrei dare tutto. Mi sarà facile aggregare

attorno altre persone che vogliono dare qualcosa di

proprio, come il tempo. Constato le difficoltà dei malati in

ospedale: a volte è difficile anche solo raggiungere il bicchiere d'acqua collocato sul

comodino, consumare il pasto… Quelle mille situazioni mi interpellano: cosa fare?

Leggo su “Città nuova” del prof. Longhini che in un ospedale di Milano ha dato vita ad

un'associazione di volontari che, debitamente preparati, possono entrare nelle corsie e

offrire quell'assistenza “spicciola, ma indispensabile” che purtroppo già allora (ed oggi

ancor più) non si poteva chiedere al personale infermieristico.

In ospedale, nel reparto di Medicina, opera il prof. Sergio Santambrogio, che apprezzo

per la sua umanità e che viene appunto da Milano.

Sì, lui il prof. Longhini lo conosce, può contattarlo facilmente ed anche farlo venire a

Mirandola. Insieme prepariamo il terreno all'incontro: non è difficile mettere insieme una

dozzina di persone che entrano subito in sintonia di intenti.

Nei nomi che riscrivo intendo dire un grazie a tutti i volontari dell'AVO, di allora e di

adesso. Al primo posto, per la sua delicata sensibilità, la preside Maria Sabattini; poi la

maestra elementare Lara Cavicchioli, sempre pronta ad avventure di valore, la stimata

Maria Bianca Ragazzi, che ha visto nell'AVO un ampliarsi del prezioso lavoro della San

Vincenzo in un settore delicato e bisognoso come quello della malattia.

Mi sostengono con decisione i sacerdoti coi quali vivo: Mons. Ruggero Golinelli, che mi

è padre e amico agli inizi della mia esperienza sacerdotale, e Don Aleardo Mantovani,

con il quale divido i compiti della parrocchia.

Ora mi vengono alla mente altri nomi, solo nomi: Sergio, Arturo. Questi amici e tanti altri,

se restano nell'ombra alla mia memoria, non lo sono certo davanti a Dio.

Testimonianza di Don Carlo Malavasi

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VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

28 Il notaio dott. Francesco Borellini ci accoglie con entusiasmo nel suo studio di via

Curtatone per redigere l'atto costitutivo dell'associazione.

Ricordo la figlia Grazia che insieme al papà ci incoraggia continuamente: è il 13 Aprile

1981. In pochissimo tempo la nostra associazione diventa conosciuta e apprezzata.

Dopo qualche mese - è l'Agosto dello stesso anno - Mons. Prati mi chiama a Carpi.

Per mia scelta non mantengo legami operativi con le iniziative avviate e le persone

conosciute, ma l'AVO gode già di una buona, buonissima salute propria ed è sostenuta

da persone intelligenti e generose.

Se per me rimane un breve, prezioso capitolo di storia, non lo è certamente per tutto

l'amore dato.

Ricordo che un sacerdote, Don Dario Porta di Parma, del quale si prepara il processo di

beatificazione, diceva: “Alla fine della mia vita vorrei poter dire: ho sempre amato, ho

sempre amato”. Che altro si può dire dell'AVO nel suo insieme e di ciascuno dei suoi

volontari?

1955: S. E. Mons. Artemio Prati Vescovo della Diocesi di Carpi con i medici dell’ospedale di Mirandola

Quando gli avvenimenti li ricorda il cuore, solo allora essi

diventano indelebili.

Ecco perché la nascita dell'AVO di Mirandola resta in me

come una pagina di stampa, una fotografia che posso

togliere dal cassetto dei ricordi e rileggere con la stessa

emozione della prima volta.

Siamo alla fine dell'anno 1980. Io alterno le mie giornate di

sacerdote fra parrocchia e ospedale.

Ambedue le esperienze mi appassionano: aiuta

certamente lo slancio della giovane età, le energie in

abbondanza. Vorrei dare tutto. Mi sarà facile aggregare

attorno altre persone che vogliono dare qualcosa di

proprio, come il tempo. Constato le difficoltà dei malati in

ospedale: a volte è difficile anche solo raggiungere il bicchiere d'acqua collocato sul

comodino, consumare il pasto… Quelle mille situazioni mi interpellano: cosa fare?

Leggo su “Città nuova” del prof. Longhini che in un ospedale di Milano ha dato vita ad

un'associazione di volontari che, debitamente preparati, possono entrare nelle corsie e

offrire quell'assistenza “spicciola, ma indispensabile” che purtroppo già allora (ed oggi

ancor più) non si poteva chiedere al personale infermieristico.

In ospedale, nel reparto di Medicina, opera il prof. Sergio Santambrogio, che apprezzo

per la sua umanità e che viene appunto da Milano.

Sì, lui il prof. Longhini lo conosce, può contattarlo facilmente ed anche farlo venire a

Mirandola. Insieme prepariamo il terreno all'incontro: non è difficile mettere insieme una

dozzina di persone che entrano subito in sintonia di intenti.

Nei nomi che riscrivo intendo dire un grazie a tutti i volontari dell'AVO, di allora e di

adesso. Al primo posto, per la sua delicata sensibilità, la preside Maria Sabattini; poi la

maestra elementare Lara Cavicchioli, sempre pronta ad avventure di valore, la stimata

Maria Bianca Ragazzi, che ha visto nell'AVO un ampliarsi del prezioso lavoro della San

Vincenzo in un settore delicato e bisognoso come quello della malattia.

Mi sostengono con decisione i sacerdoti coi quali vivo: Mons. Ruggero Golinelli, che mi

è padre e amico agli inizi della mia esperienza sacerdotale, e Don Aleardo Mantovani,

con il quale divido i compiti della parrocchia.

Ora mi vengono alla mente altri nomi, solo nomi: Sergio, Arturo. Questi amici e tanti altri,

se restano nell'ombra alla mia memoria, non lo sono certo davanti a Dio.

Testimonianza di Don Carlo Malavasi

Page 32: 30° AVO DI MIRANDOLA

31

VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

30 sue figlie, anzi di più. Finita la tempesta, mi alzo in piedi e dico amareggiato: ”Io non ho

detto questo, ho parlato in generale, stimo tutte le Signore e credo di essere buon

sacerdote con tutte”.

Sappiate che Maria Sabattini venne a scusarsi dopo qualche giorno, pentita di aver

dato credito a delle voci riportate, e il nostro rapporto continuò ottimamente come prima.

La mia conclusione fu ed è questa: con una fondatrice e presidente così

l'AVO non potrà andare male, sarà difesa e amata sempre più anche dai medici,

paramedici e da tutto il personale ospedaliero.

Crescerà e sarà un fiore all'occhiello per l'Ospedale e la città di Mirandola.

Don Luciano

Ospedale di Mirandola

Il mio primo incontro con i volontari dell'associazione avvenne nel lontano

Novembre 1982.

Il Vescovo Mons. Prati, quando mi chiamò a prestare servizio all'Ospedale di Mirandola,

tra le altre raccomandazioni mi chiese di collaborare con i fratelli e le sorelle dell'AVO.

La prima persona che mi catechizzò sull'associazione fu la prof.ssa Maria Sabattini.

Mi ricordo bene l'amore che aveva per tutti i volontari, indipendentemente da cultura,

ceto o età.

Quante raccomandazioni! Naturalmente come Cappellano stimavo gli Avini, vedevo in

loro dei collaboratori preziosi non solo perché li conoscevo tutti, ma perché ammiravo

quanto bene facevano al letto degli ammalati.

Come cappellano in parrocchia, assistente spirituale nell'Ospedale, abituale visitatore

degli ammalati di Vallalta, oltre alla stima e all'affetto, ho sempre dato il mio povero

contributo per la crescita spirituale e morale degli associati.

Con il Prof. Santambrogio, il Dott. Andrea Caleffi, la Presidente Novella Artioli la

collaborazione fu sempre ottima. Incontri, corsi annuali, anniversari, Messe in particolari

occasioni mi hanno sempre trovato disponibile.

Voglio narrare uno spiacevole, ma significativo equivoco con la Presidente Sabattini,

credo nel Dicembre 1983. In un incontro avevo richiamato all'umiltà, alla cordialità,

alla pazienza al letto dei degenti: gli anelli vistosi, i braccialetti tintinnanti, le collane

dorate non servivano a nulla, anzi indisponevano gli ammalati.

Questo però senza alcun riferimento personale.

L'osservazione venne all'orecchio della Professoressa che, trattenuta a scuola, non era

presente al mio intervento. Dopo due giorni, nel pomeriggio, una volontaria venne a

cercarmi, mentre mi trovavo in Chirurgia, perché la Presidente desiderava parlarmi.

Tranquillo, dopo aver salutato gli ospiti della camera, mi reco nella sede AVO, adiacente

alla sala operatoria del piano terra. Entro, saluto cordialmente e mi trovo la Presidente

seduta alla scrivania, con il cappello in testa, rotolando la matita tra le mani come fosse

bollente, il volto scuro. Mi saluta bruscamente e poi inizia una di quelle sgridate che solo

lei poteva fare ai monellacci della sua scuola, quando li trovava cacciati in corridoio o li

beccava per strada a marinare.

Si era sentita ferita personalmente dalle mie parole, tanto aveva nel cuore tutti i volontari.

“Come si permette di accusare, di giudicare ecc… Le mie associate sono tutte

rispettabili ecc… Non si profumano, non hanno gioielli quando sono in servizio”.

Continuò a lungo a difendere e lodare tutte le Signore e Signorine dell'AVO come fossero

L'AVO di Mirandola nei ricordi di Don Luciano

Page 33: 30° AVO DI MIRANDOLA

31

VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

30 sue figlie, anzi di più. Finita la tempesta, mi alzo in piedi e dico amareggiato: ”Io non ho

detto questo, ho parlato in generale, stimo tutte le Signore e credo di essere buon

sacerdote con tutte”.

Sappiate che Maria Sabattini venne a scusarsi dopo qualche giorno, pentita di aver

dato credito a delle voci riportate, e il nostro rapporto continuò ottimamente come prima.

La mia conclusione fu ed è questa: con una fondatrice e presidente così

l'AVO non potrà andare male, sarà difesa e amata sempre più anche dai medici,

paramedici e da tutto il personale ospedaliero.

Crescerà e sarà un fiore all'occhiello per l'Ospedale e la città di Mirandola.

Don Luciano

Ospedale di Mirandola

Il mio primo incontro con i volontari dell'associazione avvenne nel lontano

Novembre 1982.

Il Vescovo Mons. Prati, quando mi chiamò a prestare servizio all'Ospedale di Mirandola,

tra le altre raccomandazioni mi chiese di collaborare con i fratelli e le sorelle dell'AVO.

La prima persona che mi catechizzò sull'associazione fu la prof.ssa Maria Sabattini.

Mi ricordo bene l'amore che aveva per tutti i volontari, indipendentemente da cultura,

ceto o età.

Quante raccomandazioni! Naturalmente come Cappellano stimavo gli Avini, vedevo in

loro dei collaboratori preziosi non solo perché li conoscevo tutti, ma perché ammiravo

quanto bene facevano al letto degli ammalati.

Come cappellano in parrocchia, assistente spirituale nell'Ospedale, abituale visitatore

degli ammalati di Vallalta, oltre alla stima e all'affetto, ho sempre dato il mio povero

contributo per la crescita spirituale e morale degli associati.

Con il Prof. Santambrogio, il Dott. Andrea Caleffi, la Presidente Novella Artioli la

collaborazione fu sempre ottima. Incontri, corsi annuali, anniversari, Messe in particolari

occasioni mi hanno sempre trovato disponibile.

Voglio narrare uno spiacevole, ma significativo equivoco con la Presidente Sabattini,

credo nel Dicembre 1983. In un incontro avevo richiamato all'umiltà, alla cordialità,

alla pazienza al letto dei degenti: gli anelli vistosi, i braccialetti tintinnanti, le collane

dorate non servivano a nulla, anzi indisponevano gli ammalati.

Questo però senza alcun riferimento personale.

L'osservazione venne all'orecchio della Professoressa che, trattenuta a scuola, non era

presente al mio intervento. Dopo due giorni, nel pomeriggio, una volontaria venne a

cercarmi, mentre mi trovavo in Chirurgia, perché la Presidente desiderava parlarmi.

Tranquillo, dopo aver salutato gli ospiti della camera, mi reco nella sede AVO, adiacente

alla sala operatoria del piano terra. Entro, saluto cordialmente e mi trovo la Presidente

seduta alla scrivania, con il cappello in testa, rotolando la matita tra le mani come fosse

bollente, il volto scuro. Mi saluta bruscamente e poi inizia una di quelle sgridate che solo

lei poteva fare ai monellacci della sua scuola, quando li trovava cacciati in corridoio o li

beccava per strada a marinare.

Si era sentita ferita personalmente dalle mie parole, tanto aveva nel cuore tutti i volontari.

“Come si permette di accusare, di giudicare ecc… Le mie associate sono tutte

rispettabili ecc… Non si profumano, non hanno gioielli quando sono in servizio”.

Continuò a lungo a difendere e lodare tutte le Signore e Signorine dell'AVO come fossero

L'AVO di Mirandola nei ricordi di Don Luciano

Page 34: 30° AVO DI MIRANDOLA

32 Dal 1992 al 1995 fui anche Presidente dell'AVO di Mirandola, carica eccesiva per me,

che potei portare a termine solo con l'aiuto di qualcuno che ben incarna lo spirito e i valori

dell'associazione. Devo qui fare il nome di Novella Artioli Dalcò.

Le cariche non sono onorificenze, sono un servizio al servizio di chi con umiltà serve.

Posso dire di aver dato con entusiasmo tutto quello che ero in grado di dare affinché i

begli ideali che stanno alla base dell'AVO, l'amicizia fra i volontari e dei volontari verso i

malati fossero capiti e portati a conoscenza di molti.

Non ho mai smesso il servizio in corsia durante quegli anni di molto impegno.

So di aver dato il massimo delle mie possibilità. Non so valutarne l'effetto.

Altri saranno giudici.

Fu leggendo un articolo del giornalista Giorgio Torelli che conobbi

l'AVO. Era un'intervista al prof. Erminio Longhini, fondatore

dell'associazione, sul “Giornale” di Montanelli (15 Marzo 1982).

L'idea di questo volontariato mi conquistò subito e seppi che a

Mirandola solo l'anno prima l'AVO era stata fondata ad opera del

prof. Santambrogio, amico del prof. Longhini, e affidata alla

presidenza della prof.ssa Maria Sabattini, allora comunemente

conosciuta come la “Signorina Preside”.

Frequentai il secondo Corso di formazione insieme a molti

concordiesi; guidati e sostenuti dalla prof.ssa Sabattini, nel 1983,

iniziammo il servizio nell'Ospedale di Concordia, dove all'epoca

erano in funzione i reparti di Ortopedia e di Rieducazione

funzionale. L'Avo incontrò il favore di tanti. L'ideale di un servizio

umile e nascosto, gratuito in ogni possibile accezione faceva presa su chi ne veniva a

conoscenza. Un sorriso a uno sconosciuto sofferente! In poco tempo il numero dei

volontari operanti a Concordia arrivò a superare la quarantina.

Di quegli anni ricordo la mole di lavoro (solo Ortopedia aveva sessanta letti) e

l'incredulità dei ricoverati: non era possibile che un servizio tanto gradito e utile, in un

ambito così delicato, fosse gratuito. Ricordo l'insistenza con cui molti desideravano

contribuire almeno finanziariamente lasciando, al momento delle dimissioni, piccole

somme di denaro che noi volontari esitavamo sempre a ricevere e di cui rilasciavamo

ricevuta, per evitare che la nostra gratuità apparisse una favola!

Intanto l'AVO si andava strutturando. Ogni regione doveva avere un rappresentante

presso il Consiglio Nazionale, in modo che ci fosse coordinazione e reciproca

conoscenza fra il centro propulsore e la periferia, cioè, nel nostro caso, tra le AVO

dell'Emilia-Romagna e di Milano. Così, quando la Preside Sabattini, nel 1989, fu stanca

di avere due cariche che le pesavano troppo, pensò di dividerne il peso fra due

volontarie: Presidente di Mirandola fu eletta Lara Mantovani, mentre la responsabilità

regionale cadde su di me. La portai per ben sette anni, non perché io fossi

particolarmente dotata, ma perché nessuno voleva quell'onere.

Sentivo forte il vincolo con tutte le persone che avevo conosciuto, la volontà comune di

fare e fare bene ed era stimolante rendersi conto di quanta fantasia, di quanta

personalità ciascuno metteva nel compiere il medesimo servizio.

Portavo al Consiglio Nazionale le soddisfazioni, le gioie e i problemi che vivevo.

Memorie di una volontaria “anziana” 33

VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

Page 35: 30° AVO DI MIRANDOLA

32 Dal 1992 al 1995 fui anche Presidente dell'AVO di Mirandola, carica eccesiva per me,

che potei portare a termine solo con l'aiuto di qualcuno che ben incarna lo spirito e i valori

dell'associazione. Devo qui fare il nome di Novella Artioli Dalcò.

Le cariche non sono onorificenze, sono un servizio al servizio di chi con umiltà serve.

Posso dire di aver dato con entusiasmo tutto quello che ero in grado di dare affinché i

begli ideali che stanno alla base dell'AVO, l'amicizia fra i volontari e dei volontari verso i

malati fossero capiti e portati a conoscenza di molti.

Non ho mai smesso il servizio in corsia durante quegli anni di molto impegno.

So di aver dato il massimo delle mie possibilità. Non so valutarne l'effetto.

Altri saranno giudici.

Fu leggendo un articolo del giornalista Giorgio Torelli che conobbi

l'AVO. Era un'intervista al prof. Erminio Longhini, fondatore

dell'associazione, sul “Giornale” di Montanelli (15 Marzo 1982).

L'idea di questo volontariato mi conquistò subito e seppi che a

Mirandola solo l'anno prima l'AVO era stata fondata ad opera del

prof. Santambrogio, amico del prof. Longhini, e affidata alla

presidenza della prof.ssa Maria Sabattini, allora comunemente

conosciuta come la “Signorina Preside”.

Frequentai il secondo Corso di formazione insieme a molti

concordiesi; guidati e sostenuti dalla prof.ssa Sabattini, nel 1983,

iniziammo il servizio nell'Ospedale di Concordia, dove all'epoca

erano in funzione i reparti di Ortopedia e di Rieducazione

funzionale. L'Avo incontrò il favore di tanti. L'ideale di un servizio

umile e nascosto, gratuito in ogni possibile accezione faceva presa su chi ne veniva a

conoscenza. Un sorriso a uno sconosciuto sofferente! In poco tempo il numero dei

volontari operanti a Concordia arrivò a superare la quarantina.

Di quegli anni ricordo la mole di lavoro (solo Ortopedia aveva sessanta letti) e

l'incredulità dei ricoverati: non era possibile che un servizio tanto gradito e utile, in un

ambito così delicato, fosse gratuito. Ricordo l'insistenza con cui molti desideravano

contribuire almeno finanziariamente lasciando, al momento delle dimissioni, piccole

somme di denaro che noi volontari esitavamo sempre a ricevere e di cui rilasciavamo

ricevuta, per evitare che la nostra gratuità apparisse una favola!

Intanto l'AVO si andava strutturando. Ogni regione doveva avere un rappresentante

presso il Consiglio Nazionale, in modo che ci fosse coordinazione e reciproca

conoscenza fra il centro propulsore e la periferia, cioè, nel nostro caso, tra le AVO

dell'Emilia-Romagna e di Milano. Così, quando la Preside Sabattini, nel 1989, fu stanca

di avere due cariche che le pesavano troppo, pensò di dividerne il peso fra due

volontarie: Presidente di Mirandola fu eletta Lara Mantovani, mentre la responsabilità

regionale cadde su di me. La portai per ben sette anni, non perché io fossi

particolarmente dotata, ma perché nessuno voleva quell'onere.

Sentivo forte il vincolo con tutte le persone che avevo conosciuto, la volontà comune di

fare e fare bene ed era stimolante rendersi conto di quanta fantasia, di quanta

personalità ciascuno metteva nel compiere il medesimo servizio.

Portavo al Consiglio Nazionale le soddisfazioni, le gioie e i problemi che vivevo.

Memorie di una volontaria “anziana” 33

VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

Page 36: 30° AVO DI MIRANDOLA

35

VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

34

L'incontro con l'AVO avvenne nel 1980, nel salone dell'Oratorio di Mirandola

particolarmente gremito di persone invitate da don Carlo Malavasi per ascoltare il prof.

Santambrogio che riportava l'esperienza milanese dei volontari ospedalieri.

Al termine dell'incontro, assai motivante, si costituì un gruppo di lavoro per promuovere

anche nella nostra cittadina un'esperienza simile a quella lombarda.

Mi resi disponibile e così feci parte dei fondatori dell'AVO locale.

Per quel che mi riguarda, l'adesione e la condivisione degli obiettivi nacquero non da

un'esigenza interiore né da un'esperienza diretta in ospedale e nemmeno dalla

constatazione di carenze del sistema sanitario, ma dal desiderio e dall'opportunità di

riprodurre in corsia la pratica del buon vicinato stando accanto a un ammalato nei lunghi

giorni di degenza (a quell'epoca la permanenza presso la struttura era abbastanza lunga

in qualsiasi reparto). Non so le motivazioni degli altri aderenti, ma posso affermare che,

già all'inizio, eravamo abbastanza numerosi. Non bastava però essere volonterosi e

bendisposti. Accostarsi a un paziente comportava una certa preparazione non solo per

“saper fare”, ma soprattutto per “non sbagliare”.

Per questo istituimmo corsi annuali di preparazione sia medica, sia psicologica.

I turni furono organizzati nel reparto di Medicina e, in seguito, di Chirurgia.

Sperimentammo anche qualche presenza nel reparto di Pediatria e per alcuni bambini,

ricoverati per lunghi periodi, organizzammo momenti di recupero scolastico,

compatibilmente con le condizioni di salute. Il contatto con il malato in ospedale, specie

se in condizioni gravi, senza dubbio rende tutti molto scoperti. Nel mio caso le

esperienze, a volte molto pesanti e senza soluzione, hanno contribuito a dare un certo

equilibrio a quella che potrei definire “la sana esuberanza giovanile”, che può essere

indipendente dall'età, ma che distorce la realtà. Questa esperienza in AVO, anche in

seguito mi ha avvantaggiata nelle mie scelte personali, nella visione oggettiva degli

eventi, senza togliermi il gusto del vivere in tutte le sue evoluzioni, gusto che ho ereditato

dai miei genitori e che non posso disconoscere. Come amministratore, quale ora sono,

in coerenza con la validissima esperienza in AVO, tengo in alta considerazione le

associazioni e i volontari che si rivolgono alla persona in difficoltà. Le stimo per due

ragioni: la prima, perché si inseriscono nel tessuto sociale più fragile per recarvi benefici;

la seconda, perché apportano, con il loro agire improntato a disponibilità e condivisione,

tanta serenità, fiducia e consapevolezza che, nelle difficoltà, nessuno è mai solo.

Lara Cavicchioli

Esperienza di una volontaria “della prima ora”

Alcune delle storiche volontarie dell’AVO

Page 37: 30° AVO DI MIRANDOLA

35

VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

34

L'incontro con l'AVO avvenne nel 1980, nel salone dell'Oratorio di Mirandola

particolarmente gremito di persone invitate da don Carlo Malavasi per ascoltare il prof.

Santambrogio che riportava l'esperienza milanese dei volontari ospedalieri.

Al termine dell'incontro, assai motivante, si costituì un gruppo di lavoro per promuovere

anche nella nostra cittadina un'esperienza simile a quella lombarda.

Mi resi disponibile e così feci parte dei fondatori dell'AVO locale.

Per quel che mi riguarda, l'adesione e la condivisione degli obiettivi nacquero non da

un'esigenza interiore né da un'esperienza diretta in ospedale e nemmeno dalla

constatazione di carenze del sistema sanitario, ma dal desiderio e dall'opportunità di

riprodurre in corsia la pratica del buon vicinato stando accanto a un ammalato nei lunghi

giorni di degenza (a quell'epoca la permanenza presso la struttura era abbastanza lunga

in qualsiasi reparto). Non so le motivazioni degli altri aderenti, ma posso affermare che,

già all'inizio, eravamo abbastanza numerosi. Non bastava però essere volonterosi e

bendisposti. Accostarsi a un paziente comportava una certa preparazione non solo per

“saper fare”, ma soprattutto per “non sbagliare”.

Per questo istituimmo corsi annuali di preparazione sia medica, sia psicologica.

I turni furono organizzati nel reparto di Medicina e, in seguito, di Chirurgia.

Sperimentammo anche qualche presenza nel reparto di Pediatria e per alcuni bambini,

ricoverati per lunghi periodi, organizzammo momenti di recupero scolastico,

compatibilmente con le condizioni di salute. Il contatto con il malato in ospedale, specie

se in condizioni gravi, senza dubbio rende tutti molto scoperti. Nel mio caso le

esperienze, a volte molto pesanti e senza soluzione, hanno contribuito a dare un certo

equilibrio a quella che potrei definire “la sana esuberanza giovanile”, che può essere

indipendente dall'età, ma che distorce la realtà. Questa esperienza in AVO, anche in

seguito mi ha avvantaggiata nelle mie scelte personali, nella visione oggettiva degli

eventi, senza togliermi il gusto del vivere in tutte le sue evoluzioni, gusto che ho ereditato

dai miei genitori e che non posso disconoscere. Come amministratore, quale ora sono,

in coerenza con la validissima esperienza in AVO, tengo in alta considerazione le

associazioni e i volontari che si rivolgono alla persona in difficoltà. Le stimo per due

ragioni: la prima, perché si inseriscono nel tessuto sociale più fragile per recarvi benefici;

la seconda, perché apportano, con il loro agire improntato a disponibilità e condivisione,

tanta serenità, fiducia e consapevolezza che, nelle difficoltà, nessuno è mai solo.

Lara Cavicchioli

Esperienza di una volontaria “della prima ora”

Alcune delle storiche volontarie dell’AVO

Page 38: 30° AVO DI MIRANDOLA

Ero un giovane medico specializzando in Pediatria quando, nel 1982, il prof. Sergio

Santambrogio mi contattò per farmi partecipe di un suo progetto.

Quando egli lavorava presso il Policlinico di Milano, era iniziata un’attività di assistenza ai

malati in corsia da parte di volontari. Nella sua sensibilità alla sofferenza umana, non gli

sfuggiva che molti degenti, soprattutto anziani, vivevano il ricovero ospedaliero come un

momento di isolamento e solitudine. Anche coloro che avevano parenti disponibili alla

visita o all’assistenza necessitavano di un supplemento di solidarietà umana. Si fece

quindi promotore fra noi medici, giovani e meno giovani, di uno stimolo alla nascita di

una esperienza di questo tipo.

Ricordo con precisione un pomeriggio dell’inizio del 1982, quando convocò

un’assemblea con medici, personale infermieristico e operatori del volontariato: un suo

collega di Milano raccontò come era nata l’AVO presso la sua struttura e il prof.

Santambrogio, alla fine della relazione, chiese immediatamente la disponibilità alla

formazione di un Consiglio Direttivo Provvisorio per far partire subito l’iniziativa. Venni

chiamato a farne parte insieme ad altre persone tra cui ricordo Primo Luppi, il dott.

Andrea Caleffi e la preside della scuola media, prof.ssa Maria Sabattini. Ho citato queste

persone perché sono purtroppo scomparse e mi sembra giusto riconoscere,se pur in

modo postumo, il loro impegno.

Le prime riunioni si tennero presso l’abitazione della prof.ssa Sabattini, in piazza Ceretti,

e proseguirono per diversi mesi prima dell’inizio dell’attività vera e propria, che coinvolse

un numero inaspettato di persone. Inaspettato, perché questo tipo di servizio si

prospettava come molto delicato e difficile, anche per la possibile resistenza o

diffidenza da parte dei pazienti e del personale ospedaliero.

Dopo un periodo di necessario rodaggio e conoscenza, il progetto decollò e tuttora

continua grazie alla sensibilità e all’impegno di tante persone.

Il mio apporto è stato molto limitato e legato alla parte organizzativa iniziale, ma

conservo un dolce ricordo di quegli incontri e la soddisfazione di aver fatto parte, se pure

per un breve periodo, di un’iniziativa così importante e lodevole.

Marco Paolini

Ricordi di un fondatore dell’AVO di Mirandola 37

VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

36

Partendo dalla nostra esperienza come cappellano ospedaliero e chiamato in causa per

dare la nostra testimonianza sull’AVO di Mirandola, che si appresta a celebrare il suo 30°

anniversario di servizio accanto al fratello ammalato, ci è sembrato opportuno

richiamare alla memoria la parabola evangelica del “buon samaritano” che, a nostro

parere, presenta la chiave di comprensione dell’associazione e mette a fuoco, mutatis

mutandis, la sua identità. Nel percorso della sua vita pubblica, Gesù, interrogato da un

dottore della legge circa le condizioni per ottenere la vita eterna, lo esortò a rispettare il

precetto “Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la

tua forza, con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso”.

Di fronte all’ulteriore domanda su chi fosse questo “prossimo”, narrò la parabola del

buon samaritano, l’unico che si avvicinò allo sconosciuto caduto preda dei briganti,

l’unico che si occupò di lui, dedicandogli tempo e cure adeguate, a differenza di un

sacerdote e di un levita, che ignorarono il poveretto. Siamo di fronte a una profonda

espressione d’umanità e di fratellanza in un ambiente in cui diffidenze e scrupoli religiosi

condizionavano i rapporti interpersonali.

Gli esegeti sono tutti concordi nel vedere nel samaritano la figura di Dio che in Gesù

Cristo si candida nostro prossimo, vuol restarci vicino nel nostro male. “Fa il contrario del

sacerdote e del levita… il farsi vicino è una decisione del cuore buono” (S. Fausti).

Il dialogo tra Gesù e il dottore della legge si conclude con una raccomandazione molto

importante: “Va’ e fa’ anche tu la stessa cosa”(Lc 10,37). Senza minimamente forzare le

conclusioni ed evitando un’affermazione azzardata che potrebbe ferire la sensibilità

“laica”, in considerazione del contesto multireligioso che caratterizza la nostra epoca, si

potrebbe comunque dire che l’AVO ha accolto, a modo suo, l’esortazione di Gesù. Infatti

il servizio che l’associazione svolge accanto ai fratelli sofferenti si presenta –questo è il

nostro parere- come un antidoto contro il morso dell’indifferenza, dell’arroganza e della

prepotenza che a volte viziano i rapporti umani e porta con sé tutto il calore che i volontari

intendono trasmettere agli assistiti, quasi a dire: Vi siamo vicini…

Padre Emmanuel Mukenge Sdp

Il buon samaritano:figura dell’Avo

Page 39: 30° AVO DI MIRANDOLA

Ero un giovane medico specializzando in Pediatria quando, nel 1982, il prof. Sergio

Santambrogio mi contattò per farmi partecipe di un suo progetto.

Quando egli lavorava presso il Policlinico di Milano, era iniziata un’attività di assistenza ai

malati in corsia da parte di volontari. Nella sua sensibilità alla sofferenza umana, non gli

sfuggiva che molti degenti, soprattutto anziani, vivevano il ricovero ospedaliero come un

momento di isolamento e solitudine. Anche coloro che avevano parenti disponibili alla

visita o all’assistenza necessitavano di un supplemento di solidarietà umana. Si fece

quindi promotore fra noi medici, giovani e meno giovani, di uno stimolo alla nascita di

una esperienza di questo tipo.

Ricordo con precisione un pomeriggio dell’inizio del 1982, quando convocò

un’assemblea con medici, personale infermieristico e operatori del volontariato: un suo

collega di Milano raccontò come era nata l’AVO presso la sua struttura e il prof.

Santambrogio, alla fine della relazione, chiese immediatamente la disponibilità alla

formazione di un Consiglio Direttivo Provvisorio per far partire subito l’iniziativa. Venni

chiamato a farne parte insieme ad altre persone tra cui ricordo Primo Luppi, il dott.

Andrea Caleffi e la preside della scuola media, prof.ssa Maria Sabattini. Ho citato queste

persone perché sono purtroppo scomparse e mi sembra giusto riconoscere,se pur in

modo postumo, il loro impegno.

Le prime riunioni si tennero presso l’abitazione della prof.ssa Sabattini, in piazza Ceretti,

e proseguirono per diversi mesi prima dell’inizio dell’attività vera e propria, che coinvolse

un numero inaspettato di persone. Inaspettato, perché questo tipo di servizio si

prospettava come molto delicato e difficile, anche per la possibile resistenza o

diffidenza da parte dei pazienti e del personale ospedaliero.

Dopo un periodo di necessario rodaggio e conoscenza, il progetto decollò e tuttora

continua grazie alla sensibilità e all’impegno di tante persone.

Il mio apporto è stato molto limitato e legato alla parte organizzativa iniziale, ma

conservo un dolce ricordo di quegli incontri e la soddisfazione di aver fatto parte, se pure

per un breve periodo, di un’iniziativa così importante e lodevole.

Marco Paolini

Ricordi di un fondatore dell’AVO di Mirandola 37

VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

36

Partendo dalla nostra esperienza come cappellano ospedaliero e chiamato in causa per

dare la nostra testimonianza sull’AVO di Mirandola, che si appresta a celebrare il suo 30°

anniversario di servizio accanto al fratello ammalato, ci è sembrato opportuno

richiamare alla memoria la parabola evangelica del “buon samaritano” che, a nostro

parere, presenta la chiave di comprensione dell’associazione e mette a fuoco, mutatis

mutandis, la sua identità. Nel percorso della sua vita pubblica, Gesù, interrogato da un

dottore della legge circa le condizioni per ottenere la vita eterna, lo esortò a rispettare il

precetto “Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la

tua forza, con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso”.

Di fronte all’ulteriore domanda su chi fosse questo “prossimo”, narrò la parabola del

buon samaritano, l’unico che si avvicinò allo sconosciuto caduto preda dei briganti,

l’unico che si occupò di lui, dedicandogli tempo e cure adeguate, a differenza di un

sacerdote e di un levita, che ignorarono il poveretto. Siamo di fronte a una profonda

espressione d’umanità e di fratellanza in un ambiente in cui diffidenze e scrupoli religiosi

condizionavano i rapporti interpersonali.

Gli esegeti sono tutti concordi nel vedere nel samaritano la figura di Dio che in Gesù

Cristo si candida nostro prossimo, vuol restarci vicino nel nostro male. “Fa il contrario del

sacerdote e del levita… il farsi vicino è una decisione del cuore buono” (S. Fausti).

Il dialogo tra Gesù e il dottore della legge si conclude con una raccomandazione molto

importante: “Va’ e fa’ anche tu la stessa cosa”(Lc 10,37). Senza minimamente forzare le

conclusioni ed evitando un’affermazione azzardata che potrebbe ferire la sensibilità

“laica”, in considerazione del contesto multireligioso che caratterizza la nostra epoca, si

potrebbe comunque dire che l’AVO ha accolto, a modo suo, l’esortazione di Gesù. Infatti

il servizio che l’associazione svolge accanto ai fratelli sofferenti si presenta –questo è il

nostro parere- come un antidoto contro il morso dell’indifferenza, dell’arroganza e della

prepotenza che a volte viziano i rapporti umani e porta con sé tutto il calore che i volontari

intendono trasmettere agli assistiti, quasi a dire: Vi siamo vicini…

Padre Emmanuel Mukenge Sdp

Il buon samaritano:figura dell’Avo

Page 40: 30° AVO DI MIRANDOLA

Sono passati poco più di quattro anni da quando aderii

all’AVO di Mirandola, seguendo il progetto “Giovani

all’arrembaggio”, e cominciai a recarmi, due volte alla

settimana, nei reparti di Medicina e di Chirurgia. Avevo

diciassette anni ed ero una studentessa del Liceo

scientifico.

Assieme ad altri volontari esperti, aiutavo le persone

che si trovavano in difficoltà, cercando di garantire loro

una presenza sicura nel caso di bisogno: un bisogno

che non necessariamente era concreto, come aprire

una bottiglia d’acqua o essere imboccati, ma che spesso era quello di una parola di

conforto o di un ascolto attento in un momento di dolore.

Ogni volta sapevo di dovere andare in ospedale senza pretese, sapevo che non tutti

quelli che incontravo mi avrebbero ringraziato, sapevo che non sarebbe stato sempre

facile rapportarmi con loro, ma sapevo anche che, ogni volta, sarei tornata a casa con il

sorriso, consapevole che la mia presenza non era stata inutile così come poteva

sembrare.

Alcuni malati mi scambiavano per personale medico e mi chiedevano quando

sarebbero stati meglio; altri mi chiedevano che cosa, alla mia giovane età, mi spingesse

a fare un servizio tanto impegnativo. Non riuscivo mai a dare una risposta, perché forse

neanche io ero pienamente cosciente delle motivazioni più profonde, ma nello stesso

tempo sapevo che ero lì per un motivo ben più che valido.

E’ stata un’esperienza durata due anni che mi ha aperto orizzonti nuovi, mettendomi a

contatto con svariate personalità, sempre ricche di esperienze e sentimenti.

Ho imparato molto da tutti loro e ho potuto conoscere una realtà come quella della

malattia che mi aveva sempre spaventato, perché molto lontana dalla mia quotidianità.

Mi sono ritrovata immersa in un mondo dove domina il bisogno di aiuto, ma dove certo

non mancano la speranza e la voglia di rialzarsi.

Credo di aver vinto tante mie paure e di aver ricevuto molto più di quel che ho dato. Se

potessi, ringrazierei ad una ad una tutte le persone che ho incontrato.

Cecilia Bresciani

Ricordo di una giovane AVO 39

VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

38

Cara Associazione, che ai pazienti regali la quasi guarigione,

tu regali tempo preziosoe ogni viso diventa gioioso;

nei loro cuori voi siete presentie li farete sorridenti.

I volontarisaran leggiadri:

loro si devono ogni volta adattareper evitare di litigare.

Questa è una cosa davvero specialeche richiede pazienza, conforto e amore.

Voi li ascoltate con pazienza, adessoe non vi importa cosa gli sia successo.

Siete la cosa più preziosa al mondoe questo rimarrà in ogni cuore con amore

profondo.

Poesia di Martina Rotondoclasse V C, Scuola Elementare di Mirandola

Natale 2010

Page 41: 30° AVO DI MIRANDOLA

Sono passati poco più di quattro anni da quando aderii

all’AVO di Mirandola, seguendo il progetto “Giovani

all’arrembaggio”, e cominciai a recarmi, due volte alla

settimana, nei reparti di Medicina e di Chirurgia. Avevo

diciassette anni ed ero una studentessa del Liceo

scientifico.

Assieme ad altri volontari esperti, aiutavo le persone

che si trovavano in difficoltà, cercando di garantire loro

una presenza sicura nel caso di bisogno: un bisogno

che non necessariamente era concreto, come aprire

una bottiglia d’acqua o essere imboccati, ma che spesso era quello di una parola di

conforto o di un ascolto attento in un momento di dolore.

Ogni volta sapevo di dovere andare in ospedale senza pretese, sapevo che non tutti

quelli che incontravo mi avrebbero ringraziato, sapevo che non sarebbe stato sempre

facile rapportarmi con loro, ma sapevo anche che, ogni volta, sarei tornata a casa con il

sorriso, consapevole che la mia presenza non era stata inutile così come poteva

sembrare.

Alcuni malati mi scambiavano per personale medico e mi chiedevano quando

sarebbero stati meglio; altri mi chiedevano che cosa, alla mia giovane età, mi spingesse

a fare un servizio tanto impegnativo. Non riuscivo mai a dare una risposta, perché forse

neanche io ero pienamente cosciente delle motivazioni più profonde, ma nello stesso

tempo sapevo che ero lì per un motivo ben più che valido.

E’ stata un’esperienza durata due anni che mi ha aperto orizzonti nuovi, mettendomi a

contatto con svariate personalità, sempre ricche di esperienze e sentimenti.

Ho imparato molto da tutti loro e ho potuto conoscere una realtà come quella della

malattia che mi aveva sempre spaventato, perché molto lontana dalla mia quotidianità.

Mi sono ritrovata immersa in un mondo dove domina il bisogno di aiuto, ma dove certo

non mancano la speranza e la voglia di rialzarsi.

Credo di aver vinto tante mie paure e di aver ricevuto molto più di quel che ho dato. Se

potessi, ringrazierei ad una ad una tutte le persone che ho incontrato.

Cecilia Bresciani

Ricordo di una giovane AVO 39

VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

38

Cara Associazione, che ai pazienti regali la quasi guarigione,

tu regali tempo preziosoe ogni viso diventa gioioso;

nei loro cuori voi siete presentie li farete sorridenti.

I volontarisaran leggiadri:

loro si devono ogni volta adattareper evitare di litigare.

Questa è una cosa davvero specialeche richiede pazienza, conforto e amore.

Voi li ascoltate con pazienza, adessoe non vi importa cosa gli sia successo.

Siete la cosa più preziosa al mondoe questo rimarrà in ogni cuore con amore

profondo.

Poesia di Martina Rotondoclasse V C, Scuola Elementare di Mirandola

Natale 2010

Page 42: 30° AVO DI MIRANDOLA

Non bastava e non è bastato: alla soglia dei cinquant'anni con il viatico di quattro o

cinque donazioni, la mia esistenza fu travolta dal ciclone AVO; quella piccola, caparbia

donna che mi accompagnava dai tempi della giovinezza l'aveva avuta vinta. Il resto della

storia è sotto gli occhi di tutti gli amici, i colleghi dell'AVO e non solo: dopo diciotto anni, la

presidenza di Federavo ha sancito l'epilogo, segno dell'obbedienza, fondamento della

nostra associazione. Un'obbedienza niente affatto passiva che, al contrario, prevede

un forte coinvolgimento emotivo, una partecipazione totale, un'offerta quotidiana da

porgere con serenità anche quando le circostanze sono avverse e le forze sembrano

scemare. Un'esperienza irripetibile ma per me tanto, troppo breve rispetto agli anni della

mia vita. Tutto questo ho pensato nei pochi secondi necessari allo scatto di una foto,

mentre ero pervaso da un rimpianto: quanto tempo ho lasciato trascorrere prima di

accorgermi che il mio sguardo sulle ragioni dell'esistere era stato per mezzo secolo a

due dimensioni. Avevo perduto la più importante, la profondità.

Così quelle venticinque donazioni che per i limiti dell'età non sarebbero mai potute

diventare ventisei, questi diciotto anni di AVO vissuti tanto intensamente, con un ritmo

accelerato, quasi a voler inseguire il tempo perduto, mi sono apparsi improvvisamente

come il confine ormai prossimo e invalicabile di un percorso straordinario. Il lampo del

flash e l'applauso riservato a tutti i premiati mi hanno distolto dai pensieri e riportato nella

sala gremita di volti noti, di persone amiche.

In quel momento la parabola degli operai nella vigna (Mt. 20, 1 - 16) mi è venuta in

soccorso, restituendomi la pace con me stesso: “Fattosi sera, il padrone della vigna

disse al suo fattore: «Chiama i lavoratori e dà loro la paga, cominciando dagli ultimi fino

ai primi». Allora vennero quelli dell'undicesima ora e ricevettero un denaro ciascuno.

Venuti i primi, pensavano di ricever di più; ma ebbero anch'essi un denaro per ciascuno.

Perciò, nel riceverlo, mormoravano contro il padrone di casa dicendo: «Questi ultimi

hanno fatto un'ora sola e tu li hai trattati come noi che abbiamo sopportato il peso della

giornata e sofferto il caldo». Ma egli, rispondendo a uno di loro, disse: «Amico, non ti

faccio alcun torto; non ti sei accordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma

io voglio dare a quest'ultimo quanto a te. Non mi è lecito fare del mio ciò che voglio?

O vedi tu di mal occhio che io sia buono? »”

In conclusione, cari amici di Mirandola, godete tutti insieme del trentesimo compleanno

della vostra AVO, Soci fondatori, volontari e tirocinanti, con lo stesso spirito di letizia e

con pari intensità. Coloro che oggi si affacciano nell'Associazione siano i benvenuti,

perché toccherà a loro onorare nel tempo che verrà il patto siglato dalle persone che con

tanto sacrificio le hanno dato la vita, e rinnovato negli anni da quanti si sono impegnati

perché questa AVO diventasse adulta.

Toccherà a loro raccogliere il testimone e condurla nel cammino di una storia che è

ancora tutta da scrivere.

Nella condivisione del comune ideale, ciascuno darà ciò di cui sarà capace, per il tempo

41

VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

Qualche giorno fa mi è stato conferito un premio dalla Fratres: una medaglietta

d'argento con il logo dell'associazione e l'incisione del mio gruppo sanguigno, applicata

sull'attestato delle venticinque donazioni di sangue effettuate. Un'ombra di tristezza ha

appannato per un istante il mio sguardo, mentre posavo per la rituale foto ricordo con il

collega che mi aveva consegnato il riconoscimento.

D'un tratto, infatti, la mente mi aveva sospinto indietro nel tempo, facendo riemergere

dagli abissi dei ricordi alcuni frammenti fondamentali della mia esistenza. Ho ripercorso

così le lunghe ore dedicate allo studio, intrecciate con le esperienze di una professione

tanto impegnativa quanto fascinosa che, insieme alla cura della famiglia, avevano

occupato per quasi un quarto di secolo la mia vita.

Istintivamente schivo e riservato, avevo condiviso con mia moglie la passione per le arti

figurative, la musica, il cinema, il teatro, con il favore della ricca offerta di una città come

Roma e del lavoro che per entrambi aveva a che fare con quegli ambienti.

Avevo superato abbondantemente i quaranta anni quando mi trovai di fronte al punto di

svolta: il trasferimento in Puglia chiamato ad un incarico prestigioso nella Casa editrice

Laterza, una malattia muscolare che colpì mia moglie e la costrinse ad una lunghissima

degenza al Policlinico Gemelli.

Proprio in quell'enorme, straniante ospedale romano, il suo incontro con due volontarie

dell'AVO: una vera folgorazione che non si spense dopo il ritorno a casa. Ebbi timore di

questa nuova realtà – il volontariato – che da quel momento in poi cominciava ad

aggirarsi in casa mia, ma capii che non potevo ignorarla.

Non potevo rimuovere d'un colpo la durissima esperienza di mia moglie al "Gemelli”, le

sue pesanti sofferenze che pure apparivano ben poca cosa rispetto alle tragedie di

alcune vicine di letto, il suo mettersi al servizio di persone che erano in condizioni

peggiori delle sue. Inoltre non potevo ignorare la sua promessa fatta alle volontarie

dell'AVO: “Se guarisco, porto la vostra Associazione nella cittadina dove ora vivo”.

La Fratres in quel tempo stava riorganizzando le fila ad Acquaviva delle Fonti; era il

gennaio del '93 e lanciava spesso campagne promozionali che in un paese di ventimila

abitanti sono quanto mai efficaci: si fa presto a tappezzare il centro storico di manifesti, a

riempire di volantini i negozi, i circoli, le parrocchie.

Nessuno può fare finta di non aver visto, nemmeno io. Anzi, colsi l'occasione per dare

una risposta alla domanda di impegno che ormai mi cingeva d'assedio. Offrire il braccio

per donare mezzo litro di sangue mi parve un modo discreto ed efficace per testimoniare

il cambiamento, e mi sentii subito più sereno.

40 Claudio Lodoli*“Pensieri e parabole”Dedicato all'AVO di Mirandola in occasione dei suoi trenta anni.

Page 43: 30° AVO DI MIRANDOLA

Non bastava e non è bastato: alla soglia dei cinquant'anni con il viatico di quattro o

cinque donazioni, la mia esistenza fu travolta dal ciclone AVO; quella piccola, caparbia

donna che mi accompagnava dai tempi della giovinezza l'aveva avuta vinta. Il resto della

storia è sotto gli occhi di tutti gli amici, i colleghi dell'AVO e non solo: dopo diciotto anni, la

presidenza di Federavo ha sancito l'epilogo, segno dell'obbedienza, fondamento della

nostra associazione. Un'obbedienza niente affatto passiva che, al contrario, prevede

un forte coinvolgimento emotivo, una partecipazione totale, un'offerta quotidiana da

porgere con serenità anche quando le circostanze sono avverse e le forze sembrano

scemare. Un'esperienza irripetibile ma per me tanto, troppo breve rispetto agli anni della

mia vita. Tutto questo ho pensato nei pochi secondi necessari allo scatto di una foto,

mentre ero pervaso da un rimpianto: quanto tempo ho lasciato trascorrere prima di

accorgermi che il mio sguardo sulle ragioni dell'esistere era stato per mezzo secolo a

due dimensioni. Avevo perduto la più importante, la profondità.

Così quelle venticinque donazioni che per i limiti dell'età non sarebbero mai potute

diventare ventisei, questi diciotto anni di AVO vissuti tanto intensamente, con un ritmo

accelerato, quasi a voler inseguire il tempo perduto, mi sono apparsi improvvisamente

come il confine ormai prossimo e invalicabile di un percorso straordinario. Il lampo del

flash e l'applauso riservato a tutti i premiati mi hanno distolto dai pensieri e riportato nella

sala gremita di volti noti, di persone amiche.

In quel momento la parabola degli operai nella vigna (Mt. 20, 1 - 16) mi è venuta in

soccorso, restituendomi la pace con me stesso: “Fattosi sera, il padrone della vigna

disse al suo fattore: «Chiama i lavoratori e dà loro la paga, cominciando dagli ultimi fino

ai primi». Allora vennero quelli dell'undicesima ora e ricevettero un denaro ciascuno.

Venuti i primi, pensavano di ricever di più; ma ebbero anch'essi un denaro per ciascuno.

Perciò, nel riceverlo, mormoravano contro il padrone di casa dicendo: «Questi ultimi

hanno fatto un'ora sola e tu li hai trattati come noi che abbiamo sopportato il peso della

giornata e sofferto il caldo». Ma egli, rispondendo a uno di loro, disse: «Amico, non ti

faccio alcun torto; non ti sei accordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma

io voglio dare a quest'ultimo quanto a te. Non mi è lecito fare del mio ciò che voglio?

O vedi tu di mal occhio che io sia buono? »”

In conclusione, cari amici di Mirandola, godete tutti insieme del trentesimo compleanno

della vostra AVO, Soci fondatori, volontari e tirocinanti, con lo stesso spirito di letizia e

con pari intensità. Coloro che oggi si affacciano nell'Associazione siano i benvenuti,

perché toccherà a loro onorare nel tempo che verrà il patto siglato dalle persone che con

tanto sacrificio le hanno dato la vita, e rinnovato negli anni da quanti si sono impegnati

perché questa AVO diventasse adulta.

Toccherà a loro raccogliere il testimone e condurla nel cammino di una storia che è

ancora tutta da scrivere.

Nella condivisione del comune ideale, ciascuno darà ciò di cui sarà capace, per il tempo

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VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

Qualche giorno fa mi è stato conferito un premio dalla Fratres: una medaglietta

d'argento con il logo dell'associazione e l'incisione del mio gruppo sanguigno, applicata

sull'attestato delle venticinque donazioni di sangue effettuate. Un'ombra di tristezza ha

appannato per un istante il mio sguardo, mentre posavo per la rituale foto ricordo con il

collega che mi aveva consegnato il riconoscimento.

D'un tratto, infatti, la mente mi aveva sospinto indietro nel tempo, facendo riemergere

dagli abissi dei ricordi alcuni frammenti fondamentali della mia esistenza. Ho ripercorso

così le lunghe ore dedicate allo studio, intrecciate con le esperienze di una professione

tanto impegnativa quanto fascinosa che, insieme alla cura della famiglia, avevano

occupato per quasi un quarto di secolo la mia vita.

Istintivamente schivo e riservato, avevo condiviso con mia moglie la passione per le arti

figurative, la musica, il cinema, il teatro, con il favore della ricca offerta di una città come

Roma e del lavoro che per entrambi aveva a che fare con quegli ambienti.

Avevo superato abbondantemente i quaranta anni quando mi trovai di fronte al punto di

svolta: il trasferimento in Puglia chiamato ad un incarico prestigioso nella Casa editrice

Laterza, una malattia muscolare che colpì mia moglie e la costrinse ad una lunghissima

degenza al Policlinico Gemelli.

Proprio in quell'enorme, straniante ospedale romano, il suo incontro con due volontarie

dell'AVO: una vera folgorazione che non si spense dopo il ritorno a casa. Ebbi timore di

questa nuova realtà – il volontariato – che da quel momento in poi cominciava ad

aggirarsi in casa mia, ma capii che non potevo ignorarla.

Non potevo rimuovere d'un colpo la durissima esperienza di mia moglie al "Gemelli”, le

sue pesanti sofferenze che pure apparivano ben poca cosa rispetto alle tragedie di

alcune vicine di letto, il suo mettersi al servizio di persone che erano in condizioni

peggiori delle sue. Inoltre non potevo ignorare la sua promessa fatta alle volontarie

dell'AVO: “Se guarisco, porto la vostra Associazione nella cittadina dove ora vivo”.

La Fratres in quel tempo stava riorganizzando le fila ad Acquaviva delle Fonti; era il

gennaio del '93 e lanciava spesso campagne promozionali che in un paese di ventimila

abitanti sono quanto mai efficaci: si fa presto a tappezzare il centro storico di manifesti, a

riempire di volantini i negozi, i circoli, le parrocchie.

Nessuno può fare finta di non aver visto, nemmeno io. Anzi, colsi l'occasione per dare

una risposta alla domanda di impegno che ormai mi cingeva d'assedio. Offrire il braccio

per donare mezzo litro di sangue mi parve un modo discreto ed efficace per testimoniare

il cambiamento, e mi sentii subito più sereno.

40 Claudio Lodoli*“Pensieri e parabole”Dedicato all'AVO di Mirandola in occasione dei suoi trenta anni.

Page 44: 30° AVO DI MIRANDOLA

Tu ci hai insegnato che l'amore più grande è

dare la vita per i propri amici.

Aiutaci a scoprire nel volontariato l'opportunità

di incontrare non solo la sofferenza umana,

ma di vivere l'amore.

Apri le nostre menti a valorizzare

l'unicità di ogni persona,

con la sua storia e cultura.

Apri i nostri orecchi ad accogliere con gentilezza

le voci che chiedono ascolto.

Apri i nostri cuori a offrire speranza dove c'è paura,

solidarietà dove c'è solitudine,

conforto dove c'è tristezza.

Aiutaci, o Signore, a testimoniare il Vangelo

con un sorriso, una parola, un gesto di affetto.

Donaci l'umiltà di riconoscere che noi

non siamo la luce,

ma strumenti della Tua luce,

non siamo l'amore,

ma espressioni del Tuo amore.

Preghiera del volontario 43

VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

che potrà o che gli sarà concesso, sapendo in cuor suo – anche se nessuno glielo dirà –

che quel tempo, breve o lungo che sia, è un dono prezioso per le persone che

nell'immediato ne beneficiano, per la Comunità, per la Società, ma anche per chi

generosamente decide di offrirlo.

* Presidente Nazionale FEDERAVO

42

Page 45: 30° AVO DI MIRANDOLA

Tu ci hai insegnato che l'amore più grande è

dare la vita per i propri amici.

Aiutaci a scoprire nel volontariato l'opportunità

di incontrare non solo la sofferenza umana,

ma di vivere l'amore.

Apri le nostre menti a valorizzare

l'unicità di ogni persona,

con la sua storia e cultura.

Apri i nostri orecchi ad accogliere con gentilezza

le voci che chiedono ascolto.

Apri i nostri cuori a offrire speranza dove c'è paura,

solidarietà dove c'è solitudine,

conforto dove c'è tristezza.

Aiutaci, o Signore, a testimoniare il Vangelo

con un sorriso, una parola, un gesto di affetto.

Donaci l'umiltà di riconoscere che noi

non siamo la luce,

ma strumenti della Tua luce,

non siamo l'amore,

ma espressioni del Tuo amore.

Preghiera del volontario 43

VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

che potrà o che gli sarà concesso, sapendo in cuor suo – anche se nessuno glielo dirà –

che quel tempo, breve o lungo che sia, è un dono prezioso per le persone che

nell'immediato ne beneficiano, per la Comunità, per la Società, ma anche per chi

generosamente decide di offrirlo.

* Presidente Nazionale FEDERAVO

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Page 46: 30° AVO DI MIRANDOLA

Indice

Introduzione

Decalogo del volontario AVO

Che cosa è l’AVO

Nascita dell’AVO a Mirandola

Verso il primo decennale

Verso il ventennale

Verso il trentennale

Ricordo del prof. Sergio Santambrogio

L'AVO di Mirandola nei ricordi di Don Luciano

Memorie di una volontaria “anziana”

Esperienza di una volontaria “della prima ora”

Testimonianza di Don Carlo Malavasi

Successione dei Presidenti dell’AVO di Mirandola

Preghiera del volontario

Ricordi di un fondatore dell’AVO di Mirandola

Il buon samaritano, figura dell’AVO

Ricordo di un giovane AVO

Pensieri e parabole (Claudio Lodoli)

Poesia di Martina Rotondo (classe V C, Scuola Elementare di Mirandola Natale 2010)

Poesia della Preside Maria Sabattini (Prima Giornata AVO - 8 Dicembre 1982)

p.

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VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

45Successione dei Presidenti dell’AVO di Mirandola

1982 - 1989

1989 - 1992

1992 - 1995

1995 - 2002

2002 - 2005

2005 - 2011

2012

Maria Sabattini

Lara Colombari

Maria Bernasconi

Novella Artioli

Carla Morselli

Annamaria Ragazzi

Carla Molinari

44

p. 27

p. 39

Page 47: 30° AVO DI MIRANDOLA

Indice

Introduzione

Decalogo del volontario AVO

Che cosa è l’AVO

Nascita dell’AVO a Mirandola

Verso il primo decennale

Verso il ventennale

Verso il trentennale

Ricordo del prof. Sergio Santambrogio

L'AVO di Mirandola nei ricordi di Don Luciano

Memorie di una volontaria “anziana”

Esperienza di una volontaria “della prima ora”

Testimonianza di Don Carlo Malavasi

Successione dei Presidenti dell’AVO di Mirandola

Preghiera del volontario

Ricordi di un fondatore dell’AVO di Mirandola

Il buon samaritano, figura dell’AVO

Ricordo di un giovane AVO

Pensieri e parabole (Claudio Lodoli)

Poesia di Martina Rotondo (classe V C, Scuola Elementare di Mirandola Natale 2010)

Poesia della Preside Maria Sabattini (Prima Giornata AVO - 8 Dicembre 1982)

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VOLONTARI OSPEDALIERI TRA PRESENTE E FUTURO / 30 ANNI DI AVO MIRANDOLA

45Successione dei Presidenti dell’AVO di Mirandola

1982 - 1989

1989 - 1992

1992 - 1995

1995 - 2002

2002 - 2005

2005 - 2011

2012

Maria Sabattini

Lara Colombari

Maria Bernasconi

Novella Artioli

Carla Morselli

Annamaria Ragazzi

Carla Molinari

44

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AVO Mirandola

Tel: 0535/20022

mail: [email protected]

Con il contributo

Pubblicato nel mese di aprile 2012

Pro manoscritto

Impaginazione:

Negrini e Varetto

Stampa:

Compuservice

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AVO Mirandola

Tel: 0535/20022

mail: [email protected]

Con il contributo

Pubblicato nel mese di aprile 2012

Pro manoscritto

Impaginazione:

Negrini e Varetto

Stampa:

Compuservice

Page 52: 30° AVO DI MIRANDOLA

Dormivo e sognavo

che la vita era gioia;

mi svegliai e vidi

che la vita era servizio;

volli servire e vidi

che servire era gioia.

(Tagore)