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1244 5.1.1. I caratteri morfologico – strutturali La lettura del paesaggio nei suoi caratteri morfologico – strutturali richiede un’analisi accurata degli elementi naturali e antropizzati che lo caratterizzano, delle reciproche relazioni, dell’appartenenza a uno o più sistemi che strutturano l’organizzazione del territorio. La Dgr 8 novembre 2002, n. 7/11045 specifica che “normalmente qualunque sito partecipa a sistemi territo- riali di interesse geo – morfologico, naturalistico e storico – insediativo”, e tuttavia una valutazione di tipo morfologico strutturale “dovrà considerare se quel sito appartenga a un ambito la cui qualità paesistica è prioritariamente definita dalla leggibilità e riconoscibilità di uno o più di questi «sistemi» e se, all’interno di quell’ambito, il sito stesso si collochi in posizione strategica per la conservazione di queste caratteristiche di leggibilità e riconoscibilità1 . L’appartenenza a un sistema può inoltre essere valutata nei diversi caratteri strutturale e/o linguistico – culturale, e può prevedere una lettura a livello locale e/o sovralocale. L’analisi di tali caratteri presuppone pertanto la ricerca di “regole organizzatrici, naturali e antropiche, di cui gli stessi paesaggi sono testimonianza2 mediante la scomposizione del paesaggio stesso in elementi costitu- tivi e l’utilizzo di diverse categorie e chiavi di lettura. Vengono di seguito indagate le strutture morfologiche e idrografiche di particolare rilevanza nella configura- zione dei contesti paesaggistici di Como, le aree e gli elementi naturalistico – ambientali significativi, le componenti della struttura insediativa storica e del paesaggio agrario, il sistema infrastrutturale. 5.1.1.1. L’orografia e l’idrografia Carta Tecnica Regionale anno 1994 1 Dgr 8 Novembre 2002, n. 7/11045 recante “Approvazione Linee guida per l’esame paesistico dei progetti ”, in Burl, 2° suppl. stra- ordinario al n. 47 del 21 novembre 2002 2 D. Pandakovic, A. Dal Sasso, Saper vedere il paesaggio, Città Studi Edizioni, Novara 2009.

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1244 5.1.1. I caratteri morfologico – strutturali La lettura del paesaggio nei suoi caratteri morfologico – strutturali richiede un’analisi accurata degli elementi naturali e antropizzati che lo caratterizzano, delle reciproche relazioni, dell’appartenenza a uno o più sistemi che strutturano l’organizzazione del territorio. La Dgr 8 novembre 2002, n. 7/11045 specifica che “normalmente qualunque sito partecipa a sistemi territo-riali di interesse geo – morfologico, naturalistico e storico – insediativo”, e tuttavia una valutazione di tipo morfologico strutturale “dovrà considerare se quel sito appartenga a un ambito la cui qualità paesistica è prioritariamente definita dalla leggibilità e riconoscibilità di uno o più di questi «sistemi» e se, all’interno di quell’ambito, il sito stesso si collochi in posizione strategica per la conservazione di queste caratteristiche di leggibilità e riconoscibilità”1. L’appartenenza a un sistema può inoltre essere valutata nei diversi caratteri strutturale e/o linguistico – culturale, e può prevedere una lettura a livello locale e/o sovralocale. L’analisi di tali caratteri presuppone pertanto la ricerca di “regole organizzatrici, naturali e antropiche, di cui gli stessi paesaggi sono testimonianza”2 mediante la scomposizione del paesaggio stesso in elementi costitu-tivi e l’utilizzo di diverse categorie e chiavi di lettura. Vengono di seguito indagate le strutture morfologiche e idrografiche di particolare rilevanza nella configura-zione dei contesti paesaggistici di Como, le aree e gli elementi naturalistico – ambientali significativi, le componenti della struttura insediativa storica e del paesaggio agrario, il sistema infrastrutturale. 5.1.1.1. L’orografia e l’idrografia

Carta Tecnica Regionale anno 1994

1 Dgr 8 Novembre 2002, n. 7/11045 recante “Approvazione Linee guida per l’esame paesistico dei progetti”, in Burl, 2° suppl. stra-ordinario al n. 47 del 21 novembre 2002 2 D. Pandakovic, A. Dal Sasso, Saper vedere il paesaggio, Città Studi Edizioni, Novara 2009.

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“Nell’osservazione di un paesaggio l’orografia è caratteristica prevalente”. Sono le “strutture orografiche che rendono specifico e unico ciascuno di questi paesaggi: la percezione della tridimensionalità misurata con lo sguardo è la chiave di lettura principale del luogo” 3. Le tessiture morfologiche, le altimetrie e gli agenti morfologici hanno modificato il paesaggio nel tempo e la stessa orografia ha condizionato e continua a condizionare e caratterizzare l’esposizione al sole, gli affacci, le viste, gli orizzonti, generando nuovi paesaggi e nuove immagini di riferimento. Dal punto di vista morfologico il territorio comasco presenta un carattere composito ed eterogeneo dovuto principalmente alle particolari condizioni oro – idrografiche del territorio: la città s’estende su un bacino per lo più pianeggiante, una “convalle”, una sorta di anfiteatro naturale aperto sul bacino del Lario, segnato dal corso dei fiumi principali, circondato da ripide pendici boscate e da un’ampia fascia collinare estesa a corona fino ai comuni limitrofi, tutti riferimenti visivi che caratterizzano e danno riconoscibilità ai luoghi.

3 D.Pandakovic, A. Dal Sasso, Saper vedere il paesaggio, Città Studi Edizioni, Novara 2009.

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1246 Viene nel seguito analizzata una serie di elementi che si configurano come “invarianti” del paesaggio fisico e che possono risultare d’aiuto nella sua lettura.

Individuazione degli elementi morfologici

,-----, l l SETTORI MORFOLOGICI L----J

COMPLESSI ACQUIFERI

SISTEMI IDROGRAFICI

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1247 Lo studio geologico4 del territorio comunale suddivide il territorio in diversi settori in relazione agli elementi morfologici presenti: Settore calcareo prealpino. In questo settore rientrano le pendici del Monte Uccellera, che delimitano ad oriente la convalle e, a nord – ovest, il dosso collinare di Sagnino, che s’interpone tra la sella di Monte Olimpino e la Valle del Breggia. Le morfologie che caratterizzano la zona appaiono chiaramente condizionate dall’azione erosiva esercitata in età pleistocenica dalle masse glaciali e dai motivi geologico – strutturali sopra descritti. L’azione di erosione e deposito delle masse glaciali quaternarie ha fornito un contributo determinante alla formazione degli aspri versanti che sovrastano la porzione orientale della città e delimitano la valle del Cosia, così come delle morfologie arrotondate che contraddistinguono la dorsale di Sagnino. Evidente anche l’azione esercitata dalle acque correnti del Breggia, Cosia e Valduce. Settore gonfolitico Questo settore comprende la dorsale collinare che si estende dal confine italo – svizzero al Monte Tre Croci. L’azione dei ghiacciai lungo le dorsali ha determinato la morfologia tondeggiante delle culminazioni, la dif-fusa presenza di massi erratici e la diversa conformazione morfologica dei due versanti (aspra e scoscesa quella rivolta verso la convalle, blanda e moderatamente acclive quella esposta a meridione). Le incisioni principali che solcano i versanti in questo settore sono il risultato dell’azione combinata delle masse glaciali e delle acque correnti (ad un’origine analoga può essere attribuito il solco della Val Mulini), mentre le incisioni minori debbono il loro approfondimento alla sola azione erosiva delle acque correnti. Settore dei depositi glaciali Comprende una vasta zona estesa da Lazzago a Trecallo, che comprende al suo interno Breccia, Camerlata ed Albate, oltre a una propaggine verso nord – est, in direzione di Lora. Tale area viene comunemente definita come anfiteatro morenico del Lario, ove le strutture morfologiche più significative sono rappresentate dagli allineamenti collinari della cerchia di Rebbio – Acquanegra – Albate. Racchiuse tra gli allineamenti morenici s’individuano infine delle aree pianeggianti, dovute all’azione erosi-va dei corsi d’acqua intramorenici, dalla tipica superficie ondulata, a volte disposta su terrazzi. • Settore delle piane alluvionali Comprende la conca urbanizzata costituita dalla piana estesa dal lago sino alla stretta di Camerlata. Il proces-so di sedimentazione ha avuto inizio con il ritiro del ghiacciaio che ha permesso il progressivo interramento dei sedimenti trasportati dai Torrenti Cosia e Valduce. L’assetto geomorfologico che ne è derivato è caratterizzato, in superficie, da una conca subpianeggiante rac-cordata verso la periferia secondo linee di pendenza mai troppo accentuate. Le unità geologiche sopra descritte rivestono un ruolo differente nei confronti della circolazione idrica sotter-ranea. Proprio in considerazione del differente comportamento idrogeologico, è stato possibile identificare nel territorio di Como la presenza di cinque diversi complessi, sede di acquiferi a differente potenzialità5. Complesso alluvionale di Tavernola Identifica la struttura idrogeologica localizzata nel tratto terminale della valle del torrente Breggia, tra l’abitato di Chiasso e la sponda occidentale del Lago di Como. Complesso fluvioglaciale di Lazzago. È l’area compresa tra Lazzago, Grandate e Villa Guardia, caratterizzata dalla presenza di una falda acquifera molto ricca.

4 Variante al piano geologico comunale ex Dcc. 17 settembre 2007, n. 18 – Relazione. 5 Ibidem.

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Complesso alluvionale della convalle Identifica l’area occupata dalla città con il suo centro storico, ovvero la valle scavata dall’azione glaciale e colmata da sedimenti lacustri ed alluvionali.

Complesso morenico di Lora – Lipomo Identifica l’area occupata dai depositi morenici di Lora e Lipomo, dove la natura dei terreni morenici non consente di trattenere falde acquifere vere e proprie. Tuttavia, in questo complesso vi si incontrano piccole riserve idriche.

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Complesso del Bassone Identifica l’area occupata dalla depressione del Bassone e dai terreni limitrofi sino al piede dei rilievi collinari circostanti. L’acquifero individuato non è molto potente e mantiene un livello piezometrico attestato attorno a 20÷30 metri di profondità, tendente a risalire in direzione dei rilievi.

Vengono inoltre riconosciuti tre importanti sistemi idrografici6, che vanno a costituire il reticolo idrico prin-cipale:

6 Variante al piano geologico comunale ex Dcc. 17 settembre 2007, n. 18 – Relazione.

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Individuazione del reticolo idrico principale

Sistema del torrente Breggia Il bacino idrografico del torrente Breggia è sicuramente il più esteso ed importante dell’area indagata. L’asta principale nasce nella Valle d’Intelvi e si getta nel Lario a Tavernola. Il regime idraulico risulta fortemente condizionato dalle precipitazioni meteoriche, con massimi stagionali in primavera ed in autunno, e minimi nelle stagioni più fredde e più calde. Sistema del torrente Cosia È alimentato da alcune piccole sorgenti poste ai piedi dei detriti del Monte Bolettone e, dopo aver attraversa-to la città di Como, sfocia a lago; l’asta torrentizia principale ha una lunghezza di circa 14,5 km e, lungo il suo percorso, il Cosia riceve i seguenti affluenti:

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1251 a) dalla sponda destra: i torrenti Rondina e dei Valloni nonché le acque incanalate dalle valli di Tavernerio,

di Ponzate, di Civiglio e dalla vallaccia di Brunate; b) dalla sponda sinistra l’unico affluente è il Fiume Aperto, che raccoglie le acque di una serie di rogge

minori. Complessivamente il bacino imbrifero ha una superficie pari a circa 33,5 kmq, e si presenta in modo netta-mente asimmetrico dal punto di vista morfologico: in destra idrografica si sviluppa la fascia prealpina, carat-terizzata da rilievi sino a 1300 metri s.l.m., pendenze medie dei versanti sui 35° e sottobacini piuttosto estesi; al contrario, in sinistra idrografica compaiono modesti rilievi collinari con idrografia superficiale estrema-mente ridotta; tra Lipomo e Tavernerio il Cosia scorre incassato in una vera e propria gola con versanti ripidi e scarsissimi slarghi di fondovalle, e l’attraversamento della città di Como è ovviamente più aperto e ampio, poiché in questo caso entra in gioco il ruolo dell’escavazione glaciale e della successiva invasione lacustre, in un contesto morfogenetico, quindi completamente diverso dal resto della valle del torrente Cosia. Sistema del torrente Seveso Il torrente Seveso nasce sul versante meridionale del Sasso di Cavallasca nel territorio comunale di San Fer-mo della Battaglia ed ha termine nel Naviglio della Martesana entro la cerchia urbana della città di Milano. L’asta del torrente ha una lunghezza di circa 52 km. Lungo il suo percorso il Seveso riceve numerosi affluen-ti tra cui il Rio Acquanegra (alimentato a sua volta dalla Roggia Desio e dalla Roggia Segrada). Complessivamente il bacino imbrifero ha una superficie pari a circa 231 kmq, presentando diversi caratteri geologici, litologici, geotecnici e idrogeologici (nel tratto montano, che comprende anche la porzione interna al comune di Como, le valli risultano profondamente incise a seguito all’azione dei ghiacciai e il fiume as-sume carattere torrentizio, scorrendo incassato fra pareti rocciose). Il reticolo idrografico comunale comprende, oltre a quello principale, il reticolo idrico minore7, che com-prende i seguenti bacini imbriferi: Roggia Canturina Torrente Seliga Roggia Cardano Torrente Terramara Roggia Desio Torrente Valle Bollini Roggia Fiume Aperto Torrente Valduce Roggia Folcino Torrente Valle del Ponte Roggia Molinara di Camnago Volta Torrente Valle dei Ronchi Roggia Molinara del Fiume Aperto Torrente Valle Pianazza Roggia Molinello Torrente Valle Scott Roggia Molinara di Ponte Chiasso Valletto di Confine Roggia Mirabello Valletto Cantinera Roggia Molinara di San Martino Valletto Carrotta Roggia S. Euticchio Valletto di Lora Roggia S. Giuseppe Valletto Fornace Roggia S. Marta Valletto Libertà Roggia S. Vitale Valletto Nosetta Roggia Torchio Valletto Navedano Roggia Vaj Valletto Pannilani Roggia Vignascia Valletto Rovascio Roggia Valleggio Valletto S. Agostino Roggia Val Mora Valletto Sassel Roggia di Viale Varese Valletto Valle del Nino Torrente Respaù Valletto Villa Maria Torrente Segrada Valletto Valle Scura

7 Variante concernente l’adeguamento dello strumento urbanistico vigente allo studio per la definizione del Reticolo Idrico minore di competenza comunale Dcc. 21 luglio 2008, n. 43

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Individuazione del reticolo idrico minore

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1253 Direttamente connesso alla morfogenesi glaciale e fluviale, il Lago di Como è situato in una depressione val-liva trasversale alla catena alpina delle Prealpi Lombarde e deve il suo complesso sviluppo all’intensa azione modellatrice dei grandi ghiacciai pleistocenici. 8 Dopo l’ultima glaciazione, il Lario non soltanto era più lungo sia a monte (il lago relitto di Mezzola, la piana di Chiavenna, il Pian di Spagna e la bassa Valtellina sino oltre Morbegno) sia a valle (i laghetti di Olginate e di Garlate), ma raggiunse anche quote diverse.

Piano Paesaggistico Regionale – TavolaD1

Oggi il bacino lacustre occupa una superficie di 145 kmq con un livello idrico attestato attorno a quota 198 m s.l.m.; ben più ampia è la superficie del bacino imbrifero (4.552 kmq) con un rapporto quindi di 30 volte su-periore.

8 Variante del piano geologico comunale ex Dcc. 17 settembre 2007, n. 18 – Relazione.

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Il rapporto tra Como e il lago e la funzione di cerniera della città con il territorio lombardo costituisce i moti-vi della sua esistenza e del suo governo dell’ambiente circostante: il lago ebbe sempre un ruolo determinante per il trasporto, per gli scambi e le attività produttive allo stesso legate, per il turismo e la villeggiatura.

L. Righini, Nuovo panorama di Como dedicato agli amatori delle amene sponde del Lario, 1950/60 Inoltre la tradizione delle fiere e dei mercati, già consolidata a Como alla fine del XIII secolo, sottolinea il ruolo avuto dalla città quale punto di interscambio delle merci lungo importanti vie di traffico. È interessante rilevare come nel tempo questi mercati si siano sviluppati prevalentemente in corrispondenza della parte nord della città, nella zona più prossima al lago, importantissima via d’acqua che dalla città arri-vava a Samolaco e che serviva tutti i paesi rivieraschi.

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Antico porto di Como – cartolina

Villa Geno – cartolina

5.1.1.2. Gli elementi naturalistico – ambientali La presenza di insiemi di valore naturalistico, nonché di boschi e aree verdi, contribuisce a ricomporre l’immagine paesaggistica e la struttura territoriale del luogo, soprattutto in un’area collinare quale quella co-masca: si tratta di ampie zone ricche di vegetazione che, sebbene talvolta risulti di tipo residuo, in parte frammentata nella sua continuità morfologica e degradata nelle caratteristiche botaniche specifiche, costitui-

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1256 sce un elemento determinante nella percezione delle regole organizzatrici del paesaggio secondo una lettura storico – morfologica9. Da sottolineare inoltre come tali insiemi di valore naturalistico ambientale si esprimono secondo le proprie leggi di crescita e i diversi cicli stagionali, divenendo elemento di continua evoluzione e mutamento, di co-stante rinascita e rinnovamento, di continua riscoperta del paesaggio vissuto o contemplato. Il Parco regionale della Spina Verde Il territorio del Parco della Spina Verde è compreso nei Comuni di Como, San Fermo, della Battaglia, Caval-lasca, Parè, Drezzo, si estende per una superficie di 1.179 ettari e presenta la naturale vocazione di polmone verde della città, data la sua particolare configurazione che s’insinua fra la città di Como e le espansioni su-burbane in direzione sud – ovest. Significativi all’interno dell’area sono i rilievi del Sasso di Cavallasca (618 m), la cima più alta, oltre al Mon-te Croce (550 m), al Monte Caprino (487 m) e al Monte Baradello (432 m), sul cui culmine si trova la torre dell’omonimo castello.

9 D. Pandakovic, A. Dal Sasso, Saper vedere il paesaggio, Città Studi Edizioni, Novara 2009.

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Carta geologica – tavola 6, “Parco territoriale di Como” ,

Rapporto relativo alla prima fase dello studio sul parco territoriale di Como, Como, 1976.

Il Parco della Spina Verde è costituito dalla roccia particolare della Gonfolite: materiale sedimentario, in pre-valenza conglomerati alternati ad arenarie e marne che derivano dai materiali accumulati dall’antico fiume Adda che, durante il Terziario, scorreva lungo l’attuale ramo di Como del Lario per sfociare con ampio delta nel mare padano; si tratta di un territorio modellato dai ghiacciai che scendendo dalle Alpi, durante il Quater-nario, trasportavano a valle materiali rocciosi provenienti da processi di abrasione ed escavazione i cui detriti, abbandonati al ritiro dei ghiacciai, hanno dato origine a depositi morenici e massi erratici. All’interno del Parco sono presenti sorgenti in grande quantità, hanno generalmente una portata variabile e si presentano a regime stagionale; tra queste, localizzate nella parte sud occidentale della Spina Verde, trovia-mo le sorgenti del Seveso e degli affluenti dei torrenti Faloppia e Lura. La vegetazione della Spina Verde non risulta omogenea in quanto l’ambito presenta diversi caratteri geogra-fici ed ecologici per il tipo di rocce presenti, il grado di pendenza e la diversa esposizione dei versanti; nel corso dei secoli la vegetazione originaria è stata modificata dall’uomo che, a partire dal periodo romano, ha trasformato le originarie aree a bosco con l’introduzione di nuove specie, gli incendi, il diboscamento, il ter-razzamento dei versanti per ottenere aree all’agricoltura, all’allevamento e all’edilizia. La Spina Verde, soprattutto nella parte occidentale, risulta ricca di boschi di castagno, introdotti dall’uomo per il valore economico dei suoi frutti e del legno. Sono presenti anche specie originarie come la farnia, la be-tulla e il pino silvestre. Le parti di bosco situate nella parte orientale risultano prevalentemente costituite da robinia, essenza invasiva originaria dell’America settentrionale.

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1258 Formazioni forestali di alcune aree sono state sostituite da vegetazioni arbustive quali cespuglieti e brughiere caratterizzate da nocciolo e buddleja oppure da brugo, ginestra dei carbonai e ginestra spinosa. Le trasformazione del territorio da parte dell’uomo ha portato alla formazione di praterie tenute a pascolo per il bestiame o come prati da sfalcio, tagliati e concimati regolarmente; tale utilizzo è oggi assai limitato e le praterie risultano abbandonate e coperte da una vegetazione sottile e fragile, portata verso un progressivo im-poverimento dovuto anche all’erosione. Grazie all’azione mitigatrice del Lago di Como, il clima risulta in genere mite con abbondanti precipitazioni.

Carta della vegetazione – tavola 7, “Parco territoriale di Como” ,

Rapporto relativo alla prima fase dello studio sul parco territoriale di Como, Como, 1976.

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Carta fisionomico – strutturale – tav. 8 “Parco territoriale di Como” , Rapporto relativo alla prima fase dello studio sul parco territoriale di Como, Como, 1976.

Il Parco della Spina Verde, oltre a essere attraversato da numerosi sentieri, è interessato per la parte del terri-torio compresa tra Cardina e il Comune San Fermo dal passaggio di infrastrutture (autostrada) e da viabilità di collegamento tra le aree urbane, ed è inoltre affiancato per alcuni tratti dalla ferrovia. L’ambito del parco ha mantenuto elevati valori di naturalità ,così come è possibile evincere dall’esame delle componenti di uso del suolo specificatamente insistenti sull’area tutelata, che vede la netta prevalenza degli utilizzi a bosco. Tale naturalità è riconosciuta da più livelli amministrativi: le tutele paesaggistiche d’insieme, ossia le bellezze naturali (ex L. 1497/1939), quelle della rete ecologica definita dal Piano territoriale di coordinamento pro-vinciale di Como, la tutela dei valori ambientali riconosciuti del Parco naturale (Lr. 2 maggio 2006, n. 10) e la salvaguardia del Sito d’importanza comunitaria. La significativa presenza degli elettrodotti costituisce elemento di interferenza antropica e di potenziale de-grado nonché “taglio” della continuità territoriale dell’area naturale.

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Viabilità di accesso e di penetrazione nel parco classificazione funzionale – tav. 12 “Parco territoriale di

Como” , Rapporto relativo alla prima fase dello studio sul parco territoriale di Como, Como, 1976.

Estensione delle categorie di uso del suolo all’interno dell’ambito della Spina Verde

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Estensione delle tipologie di vincolo insistenti sugli spazi della Spina Verde

Si riscontra infine una sostanziale alta integrità fisico – strutturale con l’eccezione della fascia di territorio re-lativa all’interferenza della grande arteria autostradale A9 e del localizzato fenomeno di diffusione insediati-va che interrompe la continuità dello sviluppo del Parco. L’oasi del Bassone – Il Sic Palude di Albate Il territorio del Sito d’importanza comunitaria “Palude di Albate” è situato a sud dell’area metropolitana della città di Como, da cui risulta morfologicamente slegato per l’interposizione del Parco Spina Verde. Il territorio del Sic interessa una superficie complessiva di 67,681 ha ed è compreso entro i confini dei comu-ni di Como, Casnate con Bernate e una piccola parte nel comune di Senna Comasco. Il Sic ricade nell’area denominata Oasi Wwf del Bassone “Torbiere di Albate”, con superficie di 90 ettari, istituita dalla Regione Lombardia a seguito di un accordo con Wwf, nel 1976, come “oasi di protezione e ri-fugio”. “Il Sic Palude di Albate, occupa pressoché integralmente ed esclusivamente la conca alluvionale posta tra le incisioni vallive di Grandate – Acquanegra Superiore a ovest e di Cascina Bassone – Trecallo a est. Si tratta di un basso morfologico compreso tra i terrazzi fluvioglaciali, impostati su depositi di contatto glaciale, a nord e lo sperone morenico, compreso tra Cascina Baraggia e Cascina Baraggiola, a sud. Ampliando leg-germente il contesto d’indagine il Sic si colloca all’interno del cosiddetto Anfiteatro Morenico del Lario, co-stituitosi durante il quaternario per effetto dell’attività di erosione, trasporto e deposito esercitata dai ghiac-ciai”10.

10 Piano di gestione del Sic “Palude di Albate” (IT2020003), comuni di Casnate con Bernate, Como, Senna Comasco, approvato con Dcp. 27 ottobre 2008, n. 69, p. 26.

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Elaborazione grafica relativa agli aspetti geologico e morfologico,

tratta dalla relazione del Piano di gestione del Sic “Palude di Albate”, p. 28. La palude che s’è formata nella conca del Bassone ha portato alla formazione di consistenti depositi di torba la cui estrazione, avvenuta in tempi recenti, veniva effettuata per utilizzarla come combustibile; col trascorre-re del tempo l’abbandono di tale attività ha comportato la trasformazione delle cave in stagni e laghetti, che rappresentano attualmente l’elemento che caratterizza le Torbiere. All’interno del Sic sono presenti specchi acquei, stagni, bolle e risorgive, alcuni alimentati dalle rogge Desio e Prada, altri dovuti alla struttura idrogeologica della zona connessa alle emergenze e venute d’acqua e corri-spondenti probabilmente ad aree di escavazione della torba. Rilevanti sono il “lago Grande”, di circa 15.000 mq, che occupa la parte centrale dell’Oasi, collegato a valle a una serie di piccoli stagni alimentati dalla roggia Desio e da risorgive adiacenti, e il ”lago Piccolo” alimen-tato unicamente dalla roggia Prada, localizzato nella parte nord – est del Sic. Il sistema idrico risulta influenzato dalla configurazione geologica, morfologica e litologica caratterizzante il complesso dell’area. Nella porzione occidentale, una discreta permeabilità del suolo dovuta alla presenza di depositi fluvioglaciali wurmiani sabbiosi – ghiaiosi, sovrapposti a depositi sabbiosi di contatto glaciale, determina una discreta ca-pacità di ricarica della falda; pertanto, gli apporti idrici sotterranei presenti in questa zona del Sic molto pro-babilmente contribuiscono all’alimentazione degli stagni. Nella parte più orientale, la presenza di una falda sospesa – che porta ad avere emergenze idriche di falda nella porzione di palude tra il lago Piccolo e l’area di cascina Bassone – è dovuta alla presenza rilevante di depositi argillosi, di probabile derivazione lacustre tardo glaciale quasi a diretto contatto con i depositi more-nici di Albate.

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Dettaglio della Carta del reticolo idrografico – tav. n. 2 del Piano di Gestione del Sic “Palude di Albate” Il diverso grado d’interramento delle zone umide e palustri che caratterizza il territorio porta a un notevole dinamismo vegetazionale e le diverse specie vegetali, infatti, si susseguono sia temporalmente sia spazial-mente. La vegetazione si compone di prati, coltivi, essenze quali farnie, carpini, ontani neri, salici di diverse specie, olmi, betulle e robinie oltre che di canneti a Cannuccia palustre e Tifa. Nello specifico, si rileva che nella fascia più settentrionale del Sic insistono prati permanenti da sfalcio, men-tre nella porzione meridionale sono localizzati boschi mesofili che occupano soprattutto la scarpata verso il confine sud del sito. Nell’area protetta la vegetazione maggiormente evoluta è rappresentata dai querco – carpineti. L’habitat d’interesse comunitario è costituito anche da formazioni secondarie di Robinia pseudoacacia e di Prunus serotina, da formazioni di foreste igrofile dominate da ontano nero accompagnato da salice bianco, insediati rispettivamente su suoli molto umidi o saturi d’acqua e su suoli sabbiosi drenanti con falda più o meno affiorante, oltre alle comunità idrofite, alle formazioni igrofile a salici pionieri, alla vegetazione erba-cea a grandi carichi che necessitano di acque poco profonde; altri habitat d’interesse sono costituiti da tifeti e fragmiteti. La distribuzione degli usi dei suoli agroforestali determina un’articolazione tra ambiti boschivi, prati e ambiti a conduzione agricola, a testimonianza dell’articolazione e dell’eterogeneità del paesaggio proprio di questo contesto. Il pregio ambientale di questa parte di territorio è riconosciuto da diverse forme di tutela: il vincolo paesaggi-stico ai sensi della L. 431/1985 (Galasso), la rete ecologica definita dal Piano territoriale di coordinamento provinciale di Como, il Sito d’importanza comunitaria, l’Oasi faunistica Wwf del Bassone “Torbiere di Al-bate”.

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Estensione delle categorie di uso del suolo all’interno dell’oasi Torbiere di Albate

Estensione delle tipologie di vincolo insistenti sugli spazi dell’oasi Torbiere di Albate

I parchi urbani Oltre al Parco regionale della Spina Verde e all’Oasi di protezione faunistica della Torbiera di Albate, il Pia-no regolatore generale approvato con Dgr. 4 maggio 2001, n. 4503 individua altri parchi urbani quali l’area corrispondente alla sommità del rilievo di Cardina, la valle del torrente Cosia e le pendici di Brunate. I parchi urbani – oltre a rappresentare ambiti naturali di rilevante interesse ambientale e paesaggistico a scala territoriale sovra comunale, nonché parte importante della rete ecologica comunale – costituiscono le princi-

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1265 pali porzioni di territorio non insediato fruibili dalla collettività, e ciò anche a fronte di un’elevata densità del-la maglia dei percorsi ciclo – pedonali. Si tratta di ambiti nel complesso scarsamente insediati e poco antropizzati, prevalentemente a bosco o in mi-sura più ridotta a prati e vegetazione naturale, rappresentativi di contesti di pregio paesaggistico e vedutistico e di rilevanza fisico – morfologica, come testimoniano la presenza diffusa del vincolo paesaggistico ex L. 1497/39, del vincolo idrogeologico e dei caratteri geomorfologici e naturalistici legati ai processi di forma-zione fluvio – glaciale del territorio (si pensi alla Valle del Cosia, al Monte Tre Croci e alla collina Cardina).

Nel complesso tali ambiti presentano una medio – alta integrità fisico – strutturale degli assetti, con scarsa contaminazione da fattori di disturbo antropico; tuttavia si rilevano in alcuni casi delle condizioni di contorno in grado di destabilizzare gli attuali equilibri esistenti, dovute alle interferenze (in corrispondenza dei confini) con l’armatura urbana consolidata, prevalentemente di carattere dispersivo. Pertanto, il loro mantenimento ad ambiti naturali non insediabili risulta essere una efficace forma di tutela per evitare il progressivo decadimento rispetto all’originaria condizione d’integrità.

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Estensione delle categorie di uso del suolo all’interno dei Parchi urbani

Estensione delle tipologie di vincolo insistenti sugli spazi vincolati a Parco urbano.

La collina di Cardina «Il “Poggio Cardina”, “con Brunate e col Baradello è uno dei colli più famigliari che attorniano la nostra Como, anzi, ancorché poco frequentato, diremo ch’è uno dei più sottomano, dei più vicino a noi, quello ver-so cui par incamminata più volentieri la marcia delle nostre case, nel rapido espandersi della città»11.

11 Linati C., Passeggiate lariane, Bologna, 1999, p. 88.

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Collina di Cardina

La collina di Cardina, situata nella zona nord di Como fra i quartieri di Monte Olimpino, Tavernola e Sagni-no, dai quali è accessibile con sentieri pedonali, è raggiungibile anche dalla strada che si imbocca sulla via Bellinzona (che collega Como a Chiasso), e costituisce un’importante area verde all’interno di tali quartieri. S’estende di fronte a Como; salendo, è stupenda la visione del primo bacino del lago, s’incontra poi la Villa Dossi e s’arriva in alto, su un pianoro con una piccola chiesa, alcune cascine (in parte restaurate), il Crotto del Lupo, la villa Ravasi e qualche altra abitazione recente; i confini risultano definiti dalla viabilità, tracciata da Como a Monteolimpino e Ponte Chiasso, da Ponte Chiasso a Maslianico, Cernobbio e la riva del lago, e dal-la strada statale Como – Cernobbio – Menaggio. Il notevole sviluppo edilizio degli ultimi decenni, da cui è stata coinvolta la collina, è concentrato principal-mente nella parte nord – occidentale (l’antico nucleo di Sagnino) e lungo il versante sud – est, da dove si ha una eccezionale vista sul lago e sulla città di Como.

Mappa degli itinerari

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Villa Pisani Dossi

La collina di Cardina è costituita da un rilievo delimitato da incisioni vallive scavate dai ghiacciai pleistoce-nici, il crollo della volte di ampie cavità sotterranee ha portato alla formazione di una dolina, un bacino che riempiendosi d’acqua ha dato origine al “laghetto” di Cardina, sul cui fondo si sono accumulati sedimenti ar-gillosi che permettono una buona impermeabilità. Nei periodi di abbondanti piogge viene a formarsi per una tempo limitato un nuovo lago più grande che si svuota lentamente lasciando l’acqua solo nel bacino princi-pale e in uno stagno temporaneo, abitualmente il livello dell’acqua si abbassa per evaporazione fino al raro fenomeno dell’essiccazione completa; per tutta l’estensione della conca sono presenti graminacee determina-te dall’abbandono dei prati a sfalcio; sono inoltre presenti piante infestanti (piccole cespugliose, ortiche e graminacee) che permettono la conservazione dell’ ecosistema. Le essenze arboree presenti sulla collina di Cardina costituiscono una classica struttura geobotanica, caratte-rizzata dai boschi ad alto fusto (latifoglie naturali), dalle boscaglie a cedui bassi di latifoglie (il tipo più este-so), dai cespuglieti e dalle praterie. Le zone boschive sul versante che guarda a nord sono del tipo mesofilo (che non sopporta un clima troppo caldo e secco). Nelle zone boschive esposte al clima più temperato si tro-vano varietà di specie di fiori, mentre nel bosco composto principalmente da Robinia i fiori sono quasi assen-ti; i prati presenti, tendendo sempre più all’impoverimento, favoriscono la presenza di felci (anche in conse-guenza di incendi) e rovi. Sono inoltre presenti, introdotti dall’uomo, il Castagno, la Roverella, il Carpino ne-ro e la Robinia, che ha portato alla quasi totale assenza del sottobosco arbustivo ed erbaceo. Il valore ambientale della zona collinare di Cardina è riconosciuto dalle tutele paesaggistiche ai sensi della L. 1497/193912 (bellezze naturali) e della L. 431/1985 (Galasso), oltre che dalla rete ecologica definita dal Pia-no territoriale di coordinamento provinciale di Como. La Valle del Cosia Il territorio della Valle del Cosia, localizzato nella parte meridionale del bacino del Triangolo Lariano, inte-ressa l’area del bacino idrografico del medesimo fiume e nasce da numerose piccole sorgenti, poste sul Mon-te Bollettone tra le quote 1100 e 1500 m s.l.m., che confluiscono in un unico corso d’acqua principale che attraversa il territorio di Albavilla e Tavernerio, raggiungendo e attraversando la città di Como per poi sfocia-re nel Lario. Numerosi sono i suoi affluenti, e il Cosia raccoglie le loro acque provenienti dalle Valli di Tavernerio, Piat-tellina, di Ponzate, del Frassino e dal versante orientale del Monte Uccellera.

12 Il Dm. 10 settembre 1973 dichiara di notevole interesse pubblico la zona collinare di Cardina, Bignanico, Tavernola e Sagnino.

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In epoca preromana, le paludi del Gerbetto e del Rondineto erano formate dalle acque del torrente Cosia che occupavano la convalle. In seguito, per poter costruire le fondazioni del Novum Comum, i Romani ne effet-tuarono la bonifica incanalando il torrente e direzionandolo verso i due lati delle mura: il Cosia ha, così, con-seguito importanza per l’economia dei luoghi favorendo, lungo il percorso tra Tavernerio e San Martino, la coltivazione dei campi, l’insediamento di mulini per la macina del grano e, successivamente, la costruzione delle prime fabbriche tra cui, principalmente, tintorie e stamperie che ne utilizzavano, per la loro attività, la copiosa acqua corrente. Il paesaggio ha pertanto cambiato, nel tempo, radicalmente aspetto sostituendo parte dei boschi e dei campi coltivati con insediamenti industriali e con un tessuto urbano sempre più infittito attorno al corso del Cosia. Lungo il percorso del torrente, è da ritenere di pregio naturalistico la presenza di forre e delle cosiddette Marmitte dei Giganti: le forre, presenti a Tavernerio, rappresentano tracce lasciate dal torrente che, scorrendo in passato a quote più alte delle attuali, ha portato alla formazione di questi canaloni caratterizzati da una no-tevole profondità fino a 20 metri; inoltre, l’erosione dovuta al passaggio del torrente ha portato, anche grazie alla presenza di calcarei compatti, alla formazione di solchi di morfologia sferoidale detti marmitte, o bottini, tra cui le Marmitte dei Giganti. L’azione combinata del clima, della geologia e dell’azione dell’uomo ha altresì generato lo sviluppo di diver-si tipi di vegetazione lungo il bacino fluviale del torrente Cosia: la presenza di suoli profondi e freschi, favori-ti dall’ombrosità dei versanti vallivi che spesso terminano in profonde forre, le condizioni di elevata umidità dovute alla presenza del corso d’acqua, e la presenza di un substrato geologica abbastanza impermeabile fa-voriscono lo sviluppo di boschi mesofili a carpino bianco e frassino, con la presenza della farnia e di un ricco sottobosco erbaceo caratterizzato anche da spettacolari fioriture. Nelle zone esposte a temperature più eleva-te, caratterizzate dall’aridità del suolo, sono presenti boschi termofili a carpino nero, orniello e rare rovelle. Nelle zone pianeggianti più vicine al corso d’acqua si sviluppano boschi di salice bianco, ontano nero e, di tanto in tanto, pioppo nero, con un sottobosco limitato a poche specie ma molto rigoglioso. Sulle pendici me-ridionali l’azione dell’uomo ha portato all’attuale diffusione di boschi acidofili di castagno e pino silvestre con, nei boschi mantenuti puliti e decespugliati, un sottobosco di agrifoglio, acero di monte, arbusti di rovere, sorbo degli uccellatori e castagno in rinnovamento, insieme ad abbondanti mirtilli e felci aquiline, mentre ri-sulta molto più povero, e caratterizzato da mirtillo e molti rovi, il sottobosco delle zone abbandonate. La ve-getazione legata ai profondi solchi vallivi è costituita da boschi freschi di tiglio e acero di monte, con la fre-

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1270 quente presenza di frassino maggiore, cespugli di agrifoglio e un ricco sottobosco erbaceo. Nelle fasce di alti-tudine compresa tra gli 800 e i 1000 metri di quota si trovano faggete con presenza anche di castagno, acero di monte, rare betulle, sporadici cespugli di agrifoglio e un ridotto strato erbaceo, che aumenta anche qualita-tivamente in corrispondenza d’impluvi dove, oltre al faggio, si trovano tigli e aceri. Sono inoltre presenti bo-scaglie pioniere costituite da betulle e noccioli, con abbondanza di felce aquilina, che rappresentano una fase di transizione per i futuri boschi di faggio. Si rileva infine la presenza di prati da sfalcio e vegetazioni erbacee impostate dall’uomo, soprattutto in passato, quale scorta di cibo invernale per il bestiame, e che oggi si pre-senta con una varietà numerosa di fiori che ricoprono i prati durante le stagioni13.

13 Eleonora Spreafico, tesi di laurea in Architettura: Dalla campagna alla città seguendo il corso del Cosia. Studio per la realizzazio-ne di un parco locale ad interesse sovracomunale lungo il bacino idrografico del torrente Cosia nel territorio comasco, relatore prof. Darko Pandakovic, Politecnico di Milano, A.A. 2004/2005.

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Tav. n. 4 – Analisi del territorio: vegetazione e uso del suolo, Tesi di laurea in Architettura di Eleonora Spreafico, Dalla campagna alla città seguendo il corso del

Cosia, relatore prof. Darko Pandakovic, Politecnico di Milano, A.A. 2004/2005 Il pregio ambientale della Valle del Cosia è riconosciuto dalle tutele paesaggistiche ex L. 431/1985 (Galasso) e, in parte, ex L. 1497/1939 (bellezze naturali), oltre che dalla rete ecologica definita dal Piano territoriale di coordinamento provinciale di Como. Le pendici di Brunate Il bacino corrispondente alle pendici di Brunate risulta di notevole interesse paesaggistico – ambientale “in quanto forma un continuo e vario quadro naturale e panoramico godibile dalle strade e dagli spazi pubblici compresi nella parte stessa del territorio soprattutto dalla via Torno, dalla Funicolare e dalla strada che sa-le a Brunate, nonché dal punto di vista del Lungolario Trento di Como” e “comprende le ripide pendici bo-scate che da Brunate scendono al lago e alla città, caratterizzate nella parte alta da ricca vegetazione e nel-la fascia a lago dalla presenza di numerose villa e giardini che, insieme con i gruppi sparsi di vecchie case, costituiscono complessi di cose immobili avente valore estetico e tradizionale”14.

14 Dprg. 6 febbraio 1985, recante Dichiarazione di notevole interesse pubblico di alcune zone in provincia di Como.

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1272 L’area si trova nella parte sud – ovest del cosiddetto Triangolo Lariano. Il suolo di questo territorio, di natura calcarea, risulta molto fertile grazie alla presenza di depositi glaciali morenici. La vegetazione risulta preva-lentemente costituita da boschi con prevalenza di specie arboree quali carpini, noccioli, aceri, frassini, pini, betulle, robinie, querce, castagni e faggi, essenze arboree spontanee tipiche della zona fitogeografica compre-sa tra i 500 e gli 800 metri s.l.m. e del piano montano inferiore, compreso tra 800 e 1000 metri s.l.m.. Su tali versanti i corsi d’acqua sono ridotti a rigagnoli che non raggiungono una grossa portata nemmeno nei periodi di pioggia; sono inoltre presenti numerose sorgenti, con un clima mitigato dalla presenza lacuale. Il valore ambientale della pendici di Brunate è riconosciuto dalle tutele paesaggistiche ex L. 1497/1939 (bel-lezze naturali) ed ex L. 431/1985 (Galasso), oltre che dalla rete ecologica definita dal Piano territoriale di co-ordinamento provinciale di Como. Giardini Pubblici In corrispondenza della città murata e dei borghi storici si rileva la presenza dei giardini di maggior estensio-ne e rilievo che valorizzano il contesto di pregio entro cui s’inseriscono, estendendosi lungo le mura della cit-tà romana, sul lungolago nell’area del tempio voltiano, nel parco di Villa Olmo e verso Villa Geno; per il re-sto della città, in ogni circoscrizione insistono giardinetti di quartiere di ridotte dimensione (tranne il giardino di Breccia).

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5.1.1.3. Le componenti della struttura insediativa storica Gli insediamenti L’analisi degli insediamenti e delle corrispondenti trasformazioni è elemento fondamentale nella lettura del territorio e dei suoi elementi costitutivi.

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1274 Dal punto di vista morfologico la Città presenta un carattere composito ed eterogeneo, dovuto principalmen-te alle particolari condizioni oro – idrografiche del territorio, che hanno fortemente condizionato anche lo sviluppo della struttura insediativa in ogni fase della sua evoluzione. Lo studio di tali caratteri insediativi ne-cessita di un’analisi secondo diverse soglie temporali e diverse scale che, partendo dal nucleo della città mu-rata, giunga a considerare il sistema policentrico lombardo di cui Como è uno dei poli vitali. La Città murata e i Borghi La “matrice genetica” di Como è espressa dalla forma urbis che, rimasta sostanzialmente inalterata per due millenni, appare come risultato della collocazione del castrum nella convalle e dell’evidente ruolo di cerniera che la città ha assunto storicamente rispetto al territorio lombardo e al lago.

Città di Como, Carta militare,

da Disegni de tutto il stato di Milano e parte di Piemonte et Monferrato di G.S. Cantoni, 1660

Novum Comum fu città romana di nuova fondazione, funzionale al sistema geografico, militare e socioeco-nomico della Lombardia in quanto elemento di congiunzione tra la strada proveniente da Milano e il lago, navigabile sino all’estremità nord15; l’impianto, tuttora ravvisabile in quello dell’attuale città murata, secondo la tradizione romana era diviso in quattro parti dal Decumanus e dal Cardo Maximus; al centro era localizza-to il foro e vicino ad esso il tempio dedicato a Giove.

15 V. Vercelloni, “Como e il suo territorio nella città policentrica della Lombardia”, in Como e il suo territorio, a cura di G. Rumi, V. Vercelloni, A. Cova, Cariplo, Milano 1995.

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Como: I fase dell’impianto romano. Castrum di Marcello (II sec. a.C.), Gianfranco Caniggia.

Como: II fase dell’impianto romano. Castrum di Pompeo (89. a.C.), Gianfranco Caniggia.

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Como: III fase dell’impianto romano. Municipio di Cesare – Novum Comum (51 a.C.), Gianfranco Caniggia.

Como: IV fase dell’impianto romano. Espansioni imperiali: polarizzazione verso il lago (I – III sec. d.C.), Gianfranco Caniggia

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1277 Intorno alle mura cittadine, per un raggio di circa mille passi, s’estendeva una zona che faceva giuridicamente come da cuscinetto tra la città e il resto del territorio, comprendendo una fascia interessata dalla presenza di edifici riservati agli abitanti non cittadini (accolae) e aree per servizi specialistici quali il brolium, l’arena, le terme e il mercato, poli intorno ai quali gravitava molta parte della vita cittadina. La fascia a ridosso delle mura, secondo la tradizione romana, venne probabilmente predisposta in sincroni-smo con l’impianto stesso della città e sulla base degli stessi suoi moduli. Adiacenti al nucleo della città mura-ta i due borghi di Vico e Coloniola, crescendo nel tempo e saldandosi al corpo quadrato della città, le hanno conferito la forma tipica del granchio e l’appellativo di “urbs cancrina”16; il termine Vico, che si ritrova nelle vicinanze di antiche colonie romane, indicherebbe il luogo di stanziamento delle popolazioni indigene roma-nizzate e potrebbe risalire alla prima colonizzazione romana per opera di Strobone nell’89 a.C.; Coloniola in-vece, corrispondente all’attuale borgo di S. Agostino, ricorderebbe la piccola colonia romana fondata da C. Scipione nel 77 a.C.; entrambi i borghi risultano cinti da mura fino al XII secolo17. Attorno all’anno Mille si sviluppò rapidamente lungo la via per Milano il nuovo borgo detto di Porta Torre, di Milano o di S. Bartolomeo: tale appendice, prolungata sino alle falde del Baradello, mutò la forma della città da quella di “granchio” in quella di “gambero”18.

Veduta di Como da est, da Noveau Théatre d’Italie di Pierre Mortier, Amsterdam, 1704 È di grande interesse osservare la situazione urbana nella seconda metà del XII secolo in quanto la ricostru-zione della città, distrutta dai milanesi, ricalca sostanzialmente quella precedente. L’esigenza di ampliare le mura, in particolare a sud, ove gli insediamenti erano già consistenti, non s’attuò concretamente e la città mu-rata rimase tale nei secoli successivi, nell’assetto che era rimasto sostanzialmente immutato per oltre un mil-lennio19: il polo, costituitosi nel Medioevo nella parte tra Cattedrale, Vescovado, Broletto, Pretorio e Castello con la concentrazione delle funzioni pubbliche, inizia a modificarsi solo a partire dalla seconda metà del Set-tecento, con una graduale dispersione degli uffici, ma sino a quella data permane una specializzazione per zo-ne e una gerarchia delle valenze dei percorsi, condizione in parte determinata dall’antichità del tessuto urbano e dal forte condizionamento imposto dalla cerchia delle mura e dalla presenza del lago.

16 Cfr. Venosto Lucati, Lo sviluppo della città di Como dalle origini ai nostri giorni, in Economia Lariana, n. 4, aprile 1964. 17 Cfr. Matteo Gianoncelli, Como e la sua convalle, Comune di Como, Como 1975. 18 Cfr. Venosto Lucati, Lo sviluppo della città di Como…. 19 V. Vercelloni, Como e il suo territorio nella città policentrica della Lombardia, in Como e il suo territorio, a cura di G. Rumi, V. Vercelloni, A. Cova, Cariplo, Milano 1995.

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Veduta della città di Como da levante, da Città, fortezze, isole e porti principali dell’Europa…, Vincenzo Coronelli, Venezia, 1689

Tra la fine del Cinquecento e la fine del Settecento la struttura urbana di Como risulta coinvolta in una sorta di consumo (o parziale ridefinizione) dell’assetto medievale, a sua volta sovrapposto a un impianto romano fortemente condizionante.20 I principali percorsi di attraversamento della città, lungo i quali si trova distribuita la funzione commerciale, restano invece ancor oggi quelli selezionati nel Medioevo, e si leggono perfettamente nella classificazione ti-pologica degli edifici ad essi prospicienti: lungo tali percorsi s’operava infatti una tendenza al frazionamento del particellare, con l’insediamento di tipi edilizi atti a sfruttare al massimo un ridotto affaccio sulla strada mentre, per contro, in tutte le altre parti urbane si constata una forte tendenza alla rifusione particellare21. La struttura urbana di questa porzione di città, consolidata nelle sue specializzazioni, non subì pertanto ulte-riori radicali modifiche salvo in corrispondenza della fascia a lago, per la quale s’è assistito al progressivo consolidamento della sponda lacuale.

20 M. Gianoncelli, S. Della Torre, Microanalisi di una città. Proprietà e uso delle case della città murata di Como dal Cinquecento all’Ottocento, New Press, Como, 1984. 21 Ibidem.

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Fascia a lago – A.S.Co., U.T.E., Catasto Teresiano, mappe, Borghi di Como, 1722

L’analisi della conformazione morfologica del tessuto urbano alle spalle dell’attuale fronte lago ripropone il lento e secolare processo di avanzamento della città verso il lago stesso, in un rapporto quasi di compenetra-zione tra città e acqua, espresso anche nella presenza, fino alla metà del secolo scorso, delle attrezzature por-tuali medioevali e delle darsene22.

Prospetto del fronte a lago della città di Como, sec. XVIII – XIX – A.S.Co., Intendenza di Finanza (è indicato in colore rosa l’avvenuto riempimento di alcune darsene).

22 Comune di Como, Studio preliminare per un progetto di sistemazione delle rive lacuali, Relazione e Relazione storico – urbanisti-ca, 1984 – Archh.Saibene e Franchini

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L’area di Borgo Vico e Pra Pasquè prima del progetto di bonifica e di riconquista dei terreni paludosi – A.S.Co., U.T.E., Catasto Teresiano, mappe, Como Borghi, 1722

Prospetto della città di Como da parte del lago, 2a metà XVIII sec., A.S.Co., Intendenza di Finanza

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1281 Interramento del porto di Como finalizzato alla realizzazione dell’attuale Piazza Cavour:

A.S.Co., U.T.E., Catasto Cessato, Mappe, Como città, 1858

A.S.Co., U.T.E., Catasto aggiornamenti, Mappe, Como città, 1898

A.S.Co., U.T.E., Catasto Cessato, Mappe, Como città, 1900

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Alla fine del Cinquecento l’intera sponda era occupata da tintorie, mentre nella zona retrostante si concentra-vano le altre attività tessili. Questo assetto venne messo in crisi dapprima dalla stasi della produzione laniera nel Seicento; successivamente le tintorie, specializzatesi diversamente, vennero progressivamente trasferite fuori città, lasciando il posto a nuove residenze, volte a sfruttare del lago la sola amenità.23

Aa. Vv., Larius. La città e il lago di Como nelle descrizioni e nelle immagini dall’antichità classica all’età romantica, a cura di Miglio G. et al., Milano, 1959

La situazione attuale è passata attraverso un processo di lungo periodo, che in fasi successive ha condotto a interrare parte del lago in favore di una corrispondente dilatazione della struttura urbana24. Il recente intervento di riqualificazione del lungoLario ha riportato l’attenzione sul delicatissimo rapporto città – lago, evidenziando come sia venuta meno nel tempo l’osmosi tra i due elementi: il lago è progressivamente divenuto mero elemento da guardare e contemplare e, al contempo, da cui difendersi, e la sfida è ora quella di superare la “barriera” fisica e psicologica per ricercare e ritrovare l’unicità di un rapporto che ha profonda-mente caratterizzato l’identità della città. 23 M. Gianoncelli, S. Della Torre, Microanalisi di una città. Proprietà e uso delle case della città murata di Como dal Cinquecento all’Ottocento, New Press, Como, 1984. 24 Le fasi salienti di questo processo sono state: a) 1827: progetto di bonifica del Prato Pasquè, primo grosso intervento pubblico di riconquista dei terreni paludosi; b) 1827/1877: interramento del porto con la realizzazione dell’attuale piazza Cavour , la realizzazione della diga foranea, l’inizio del-

la creazione del Lungo Lario di Ponente e dello scalo ferroviario; c) 1877/1902: sistemazione del lungo lago cittadino come si presenta oggi, col molo di Sant’Agostino, il Lungo Lario Trieste, la sta-

zione delle Ferrovie Nord Milano; d) 1902/1957: completamento delle sponde con la realizzazione delle passeggiate a lago (villa Geno e villa Olmo) e dei complessi

sportivi (Lido di villa Olmo, Hangar, Canottieri Lario, Circolo della vela, Stadio e giardini pubblici, Lido di villa Geno).

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Inondazione del 1901 – cartolina

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Immagine del lago – cartolina

Ritornando all’analisi del tessuto della citta murata e dei borghi, nei primi decenni del XVIII secolo gli inse-diamenti extramurali medievali vennero confermati, consolidati ed espansi senza modificarne però i rapporti gerarchici, le localizzazioni e le direzionalità, con un’espansione in particolare nei tratti a ovest ed est della città murata.

Alfred Guesdon, Veduta generale della città di Como dalle falde del Monte Croce e Baradello, da L’Italie a vol d’oiseau, post 1851.

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Pietro Paolo Banfi, Mappa della città di Como e del suo territorio, 1722.

La Convalle Passando all’analisi dell’evoluzione urbanistica dell’area corrispondente all’intera convalle, è necessario os-servare come il suo sviluppo e la formazione della circoscrizione dei cosiddetti Corpi Santi fu legata a nume-rose e diversificate spinte di tipo politico, religioso, economico e sociale. Già nel IV secolo la formazione di nuove comunità religiose generò altrettanti poli attorno ai quali si svilupparono gli insediamenti del suburbio; nei successivi periodi feudale e comunale le pievi assunsero maggiore autonomia economica istituendo i ca-pitoli e le canoniche plebane per la residenza e la vita in comune del clero. All’inizio dell’età moderna l’ambito della convalle, già suddiviso in parrocchie, venne ulteriormente distinto in due nuove comunità censuarie: Borghi e Corpi Santi. La comunità dei Borghi comprendeva gli insedia-

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1286 menti più vicini alla città, all’incirca in corrispondenza dell’area dei “mille passus”; la comunità dei Corpi Santi corrispondeva invece a una fascia più periferica del pago suburbano. Con la riforma territoriale di Maria Teresa del 1756, ai Corpi Santi vennero aggiunte le parrocchie di S. Car-poforo (Camerlata e Muggiò) e S. Zenone ( Monte Olimpino, Bignanico, Polano, Folcino, Interlegno, Carna-sino, Quarcino, Sagnino e Mognano), e la convalle fu distinta catastalmente in Città, Borghi e Corpi Santi. L’analisi del Gianoncelli sulla situazione delle case tra il 1631 e il 175125 evidenzia come, nel periodo, lo svi-luppo urbanistico della Convalle rimanesse sostanzialmente stazionario: le mappe teresiane evidenziano la presenza di vecchie case polarizzate attorno a chiese e conventi e lungo le strade d’accesso alle porte urbane.

Pietro Paolo Banfi, Mappa della città di Como con parte dei suoi Borghi e Corpi Santi sotto le parochie di S. Martino, S. Bartolomeo e S. Pietro Celestino…, 1722

A partire dalla prima metà del XVIII secolo s’assiste ad una graduale incremento demografico, rapportato alla ripresa dell’industria e del commercio nel territorio comasco. Durante il XIX secolo si verificò uno sviluppo dell’agricoltura, del lanificio e delle industrie minori, mentre col successivo ritorno della dominazione au-striaca e la riapertura dei mercati del nord (in particolare di Vienna), anche il setificio riprese un lento e gra-duale sviluppo: nel 1867 operavano a Como 34 case manifatturiere, e nel 1873 il loro numero era salito a 66, senza contare lo sviluppo delle industrie accessorie (funzionali alla trattura, torcitura e tintoria) e dell’industria ferriera per la fabbricazione di telai e attrezzi vari; nel 1887, in “Su le rive del Lario”, Carlo Magnifico scrive-va: “Co’l fragor dè telai da’l colle a’l piano / oggi del Lario la gentil reina / canta la gloria del lavoro uma-no”, e lo sviluppo dell’industria serica e dell’economia in generale s’accompagnò al notevole incremento demografico, in particolare nei sobborghi, dove maggiore era la possibilità d’espansione rispetto alla città mu-rata; qui, in compenso, s’assistette al sopralzo delle case esistenti, mentre nel resto della convalle sorsero nuo-ve fabbriche e nuove abitazioni: ove prima erano prati e orti s’elevarono numerosi edifici lungo una nuova e più ampia rete stradale, che ricopriva quasi tutto il fondo della Convalle (in particolare la parte sud – est della

25 M. Gianoncelli, Como e la sua convalle, New Press, Como, 1975

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1287 città tra i borghi di S. Giuliano, S. Vitale, S. Martino e Porta Torre, nonché a ovest lungo le antiche mura e il torrente Cosia).

Veduta della tintoria Frontini, Gaetano Fasotti, seconda metà dell’Ottocento da Como città di mestiere, Aa. Vv, Museo didattico della seta, Como, 2000

Lo sviluppo economico e il concentramento degli opifici spostò così il tradizionale lavoro a domicilio nelle nuove fabbriche extraurbane, che divennero altrettanti poli catalizzatori di nuovi interventi.

Veduta complessiva della Tintoria Comense nei primi anni del Novecento, da Como città di mestiere, Aa. Vv, Museo didattico della seta, Como, 2000

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Veduta della ditta Cairoli Fontana Lanfranconi, poi Meccanotessile Srl, da Como città di mestiere, cit.

Veduta della Tintoria Pessina, da Como città di mestiere, cit.

La città riuscì comunque a conservare nelle linee fondamentali le originarie strutture del suo impianto roma-no, e a mantenere il tradizionale volto di città cancrina26.

26 M. Gianoncelli, Como e la sua convalle, New Press, Como, 1975.

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Gianfranco Caniggia, Como: ricostruzione della mappa catastale rilevata nel 1858

Alla fine del XIX secolo la fisionomia dell’edificazione in convalle può dirsi definita: al centro il nucleo più antico d’impianto romano, la Città murata, cui sono annessi i borghi storici di Vico, Sant’Agostino e San Bartolomeo; a est l’edificato spinto fino alle pendici di Brunate coi villini borghesi e i complessi abitativi o-perai; lungo le sponde lacuali il sistema delle ville; a sud – ovest l’area storicamente produttiva a ridosso del torrente Cosia.

Vista della città, cartolina

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1290 All’inizio del XX secolo Como presenta un’estensione urbana continua tra la città murata e i rilievi morenici, essendo stata progressivamente saturata con interventi estensivi: gli insediamenti, già da tempo riversatisi ol-tre le antiche mura, s’estendono come la morfologia consente, in base alle esigenze socioeconomiche insor-genti, costituendo un’eloquente espressione della geografia spontanea27; s’inizia progressivamente a perdere il rispetto della regolarità dell’impianto e la ricerca di specifiche qualità di luogo urbano fino a giungere, in tempi recenti, alla completa aggressione dei rilievi che costituiscono il naturale scenario della città. Intanto, tra 1861 al 1931 la popolazione di Como è poco più che raddoppiata e, fino alla seconda guerra mondiale, la storia urbana non è stata stravolta da nuove ingenti quantità, come invece è accaduto a molte al-tre città lombarde: solo a partire dalla prima metà degli anni trenta s’assiste alla crescita, e la mancanza di i-dee/forza per il suo sviluppo ha spesso trasformato le espansioni in agglomerati informi, che hanno comple-tamente saturato la convalle28. I Comuni annessi L’attuale assetto amministrativo comasco è venuto configurandosi tra la fine dell’ottocento e la prima metà del novecento quando alla Città storica, cresciuta nella convalle e stretta tra i rilievi e il lago, sono stati annes-si i limitrofi nuclei d’antico impianto dei soppressi comuni di Monte Olimpino e Camerlata (1884), Rebbio (1937) e, infine, Albate, Breccia, Camnago Volta, Civiglio e Brunate (1943), quest’ultimo poi ricostituito nel 1947.

Delimitazione dei Comuni annessi alla città di Como,

da L. Marazzi, F. Ricci, Como strade e contrade, Como, 1981 27 V. Vercelloni, “Como e il suo territorio nella città policentrica della Lombardia”, in Como e il suo territorio, a cura di G. Rumi, V. Vercelloni, A. Cova, Cariplo, Milano 1995. 28 Cfr. Vercelloni, cit.

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1291 Fuori della convalle la Città è progressivamente cresciuta attorno agli antichi nuclei periferici e lungo le prin-cipali direttrici di comunicazione: a nord – ovest l’edificazione s’è sviluppata lungo l’asse verso la Svizzera e lungo il Fiume Breggia, a confine col Comune di Cernobbio e di Maslianico, presentandosi come conurba-zione a ridosso del confine di Stato; a est gli insediamenti d’antico impianto di Civiglio e Camnago Volta hanno mantenuto a lungo la propria fisionomia e identità in virtù della loro localizzazione defilata, e solo in anni recenti Camnago ha assistito a un rilevante sviluppo con un’aggressione residenziale diffusa all’intera collina; l’abitato di Lora s’è progressivamente saldato al tessuto del comune di Lipomo dando luogo a una edificazione continua molto densa, di tipo lineare. Il settore sud/sud – ovest ha acquisito invece nel tempo il carattere di una conurbazione spontanea, con pre-valenza di tessuto produttivo, e forte sviluppo insediativo a ridosso dei sedimi ferroviari e degli assi stradali.

Panorama di Ponte Chiasso – cartolina Con la perdita di riconoscibilità della matrice insediativa storica, basata sulla separazione tra centro storico, borghi ed ex comuni periferici, lo sviluppo degli ultimi decenni s’è mosso in direzione diffusiva, priva di e-splicita fisionomia, bisognosa di un nuovo disegno territoriale che trovi nel riassetto infrastrutturale, nella va-lorizzazione ambientale e nel recupero e rinnovo del patrimonio storico i propri elementi ordinatori29; a parti-re dagli anni ‘90 la dismissione di vaste aree del tessuto produttivo e delle infrastrutture ferroviarie annesse, unitamente alla ricollocazione sul territorio di servizi di importanza sovracomunale, hanno così offerto non poche occasioni di rinnovare parti consistenti della città, e s’è assistito in particolare alla riconversione del tessuto produttivo in edilizia prevalentemente residenziale: la crisi del settore serico, cardine dell’economia comasca fin dal XVII secolo, ha determinato non solo la necessità della ristrutturazione urbanistica di tutti quegli ambiti dove erano venuti a concentrarsi gli insediamenti produttivi, ma anche una decisa rielaborazio-ne del senso che lega la comunità comasca al proprio territorio.

29 V. Vercelloni, Como e il suo territorio nella città policentrica della Lombardia, in Como e il suo territorio, a cura di G. Rumi, V. Vercelloni, A. Cova, Cariplo, Milano 1995.

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Camerlata – cartolina

Salita di via Bellinzona – cartolina

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La Città policentrica L’ultimo, ma non meno rilevante, aspetto che caratterizza la città di Como è il suo essere parte di un territorio esteso, che va ben oltre i limiti dei confini comunali. L’indiscutibile romanità della genesi di Como pone in-fatti la città all’interno di un organico policentrismo lombardo30, come per altro dimostrato dalle relazioni produttive, commerciali, politiche, religiose e socioeconomiche del tempo tra i centri urbani dell’area lom-barda e dalle interdipendenze fra i poli urbani: Como aveva un rapporto di dipendenza diretta non solo da Milano, capitale dell’Impero nel III secolo ma, più in generale, dal sistema policentrico lombardo nel suo in-sieme31, e anche tutto il fronte lago e l’insieme del territorio al suo interno potrebbe essere rapportato alla “maglia larga dell’impianto urbano di Como”32.

Regione Lombardia, Istituto Rilievi Terrestri Aerei, Carta tematica Regionale, 1980

30 Da un punto di vista storico il documento principale sul policentrismo lombardo è il De Magnalibus Mediolani, scritto nel 1288 da Bonvesin de la Riva. Successivamente Carlo Cattaneo, nel saggio “Sulla densità della popolazione in Lombardia e sulla sua relazione alle opere pubbliche”, apparso sul primo numero della rivista Il Politecnico nel 1839, ripropone la stessa interpretazione della Lom-bardia come insieme urbano policentrico. 31 Cfr. Vercelloni, cit. 32 Ibidem.

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Edificazioni al 1960 Edificazioni al 1950

Edificazioni al 1966 Edificazioni al 1970

L. Vermi, Dinamica di sviluppo delle aree costruite del sistema urbano policentrico milanese,

da Centro Lombardo di studi e iniziative per lo sviluppo economico, Milano, 1970

Tale policentrismo si è costituito e consolidato nel tempo come un’alternarsi di città nel territorio agricolo, lungo le principali direttrici della mobilità; poi, nel XX secolo la continuità edilizia tra i poli ha generato una unica, grande, città regionale fondata proprio sull’antico policentrismo lombardo. I percorsi Lo studio dei percorsi, della fitta trama che essi disegnano e dei loro legami con gli insediamenti esistenti consente d’individuare uno dei principali elementi di continuità fisica all’interno del territorio33; inoltre, le analisi sulla stratificazione storica dei caratteri di tali percorsi mostra le trasformazioni dei modi di utilizzare

33 D.Pandakovic, A. Dal Sasso, Saper vedere il paesaggio, Città Studi Edizioni, Novara 2009

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1295 e attraversare il territorio, e la modifica nel tempo dei punti di vista privilegiati; così, i tracciati storici eviden-ziano spesso i caratteri fisici del paesaggio su cui sono modellati e restituiscono una complessa quantità di valenze, motivazioni, legami; infine, la velocità di percorrenza diviene ulteriore elemento di differenziazione nella lettura e percezione dei paesaggi, nonché nel sentirsi parte degli stessi.

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1296 Salita verso S. Donato

La toponomastica Lo studio dei caratteri fisici del territorio può trovare spunti di approfondimento nell’analisi dei toponimi, che restituiscono spesso indicazioni sugli aspetti naturali dei luoghi e sulla presenza di elementi dell’orografia e idrografia (Fontanile, Moja, Pradell…), sulle funzioni esercitate in specifici luoghi (Mercato del grano, Con-trada dei tre prestini…), sulla presenza di prevalenti essenze vegetali o sui legami a nomi e soprannomi delle famiglie residenti o dei Santi protettori.

Esempi di Toponimi, Catasto Cessato Il paesaggio agrario Lo studio del paesaggio e dei segni che lo caratterizzano non può prescindere da un’analisi delle colture e delle forme che le stesse imprimono al territorio, elementi rivelatori di sottaciute motivazioni e trasformazio-ni storiche, economiche e sociali34; pertanto, la maglia di linee, geometrie e partizioni che leggiamo ancora oggi, pur a volte residuale e legata a territori agricoli compromessi, è espressione di una lunga evoluzione storica e può rivelarsi elemento importante per la pianificazione e il recupero paesaggistico o ambientale; la

34 Ibidem.

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1297 lettura delle mappe del catasto teresiano, nato quale sistema di descrizione e misura dei soli terreni a fini fi-scali, può comunque divenire importante contributo nella lettura del tipo e qualità delle colture.

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1298 Esempi di colture, Catasto Teresiano

Il sistema infrastrutturale L’evoluzione graduale della rete stradale e delle infrastrutture viabilistiche evidenzia lo stretto legame con lo sviluppo degli insediamenti. La situazione oro – geografica della Convalle ha da sempre condizionato il tracciato e lo sviluppo delle prin-cipali vie di penetrazione verso la città. Fin dai primi secoli dopo Cristo Como è stata “caposaldo” di un tracciato stradale di importanza fondamen-tale per le comunicazioni tra l’Italia peninsulare e le pianure europee al di là delle Alpi: situata all’incrocio tra la fascia urbana pedemontana est/ovest e il millenario asse di collegamento tra Milano e Coira in direzione nord/sud, la città si è storicamente fatta carico di gestire i rapporti tra l’Italia e l’Europa settentrionale, acqui-sendo un ruolo di crescente importanza quale crocevia per i traffici commerciali e culturali lungo la strada consolare “Regina” (per la Rezia) che, giungendo da Milano, lambiva la città e fiancheggiava la sponda oc-cidentale del Lario proseguendo verso nord.

Tabula Pentingeriana, Codex Vindobonensis 324, probabilmente del IV sec. Nei secoli successivi la città non fa che aumentare il suo ruolo di “caposaldo” per le comunicazioni e gli scambi. All’inizio del quattrocento Como espande i propri commerci lacuali e terrestri, specialmente favorendo la e-spansione dei pannilani; particolare richiamo commerciale rivestono inoltre l’antica fiera di Sant’Abbondio e i numerosi mercati cittadini35.

35 G. Corda, Como strade e contrade. I percorsi cittadini fra cronaca e storia, Como, 1981.

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Gerardo Mercatore, Lombardiae Alpestris pars occidentalis cum Valesia, da Atlas sive Cosmographicae meditationes…, Amsterdam, 1606

Trasporto delle merci sul lago – cartolina

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1300 Nel XVIII sec., causa la perdita di controllo sui valichi alpini e la successiva diversificazione di traffici, Co-mo non mantiene più la centralità antica nel sistema delle fiere lombarde e lungo la fascia pedemontana alpi-na; s’assiste tuttavia a un periodo fiorente per la produzione tessile e in particolare per quella serica.

Disegno della città e Borghi di Como del 1670, Biblioteca civica di Como,

ricopiata a cura dell’arch. Di Salvo Tra i tracciati più antichi di penetrazione della città si riconoscono la via Regina, maggior via di comunica-zione tra la pianura lombarda e la Rezia Inferiore, la Rienza, percorso più antico per la penetrazione della cit-tà da sud – est e, infine, Zezio, prolungamento della stessa Rienza, cui era connesso attraverso il ponte di Ze-zio, importante crocevia della città. Su di essi si sovrappone nel corso dei secoli una fitta trama di strade, al-

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1301 cune delle quali hanno avuto nel corso dei secoli uno sviluppo particolare, al contrario di altre che hanno, in-vece, visto diminuire la loro importanza36. Tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800 si consolida il sistema viario che, salvo minime modifiche, permane a tutt’oggi (Napoleona, Borgovico, Cappelletta, S. Croce – Brunate)37; le relazioni consolidate tra Milano e Como sono invece garantite dalla “Comasina”, mentre la “Varesina” collega la città con Varese, la “Valassi-na” con Erba e Asso; verso metà Ottocento si completa infine la spinta a dotarsi di un’articolata ed efficiente rete stradale e si sviluppano nuove strade che, partendo da Milano, definiscono le relazioni intrecciate tra i diversi poli della “Città Lombarda”38.

G. Monticelli, D. Manzoni, Carta topografica della provincia di Como, Milano, 1924

36 L. Marazzi, F. Ricci, Como strade e contrade. I percorsi cittadini fra cronaca e storia, Como, 1981. 37 L. Marazzi, F. Ricci, cit. 38 G. Corda, Como strade e contrade. I percorsi cittadini fra cronaca e storia, Como, 1981.

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1302 Oltre alle strade esaminate occorre ricordare la fondamentale importanza della via d’acqua che, per lungo tempo, ha rappresentato la principale comunicazione tra la nostra città e Samolaco, nonché via di scambio di persone e merci con i paesi rivieraschi: nei primi decenni del XIX sec. ha inizio il servizio di navigazione sul lago di Como, e l’incremento del traffico lacuale per l’apertura del valico dello Spluga genera un ripensa-mento del sistema degli approdi portuali del Lario; tra gli interventi previsti vi è la riorganizzazione e poten-ziamento del porto di Como, avvenuti tra il 1866 e il 1872 ma, negli anni a seguire, la navigazione lacuale subirà un calo, conseguenza dello sviluppo delle altre modalità di trasporto che risultano più concorrenziali rispetto alle mutate esigenze economiche del paese39.

Domenico Bonatti, Battello Lario, Como, 1840 ca.

39 G. Corda, Como strade e contrade. I percorsi cittadini fra cronaca e storia, Como, 1981

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1303

Navigazione sul lago, cartolina

Navigazione sul lago, cartolina

La necessità d’incentivare i collegamenti con Milano porta all’inaugurazione, nel dicembre del 1849, della linea ferroviaria di collegamento tra Milano Porta Nuova, Monza e il capolinea di Camerlata: Como è così il

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1304 primo capoluogo provinciale a essere connesso a Milano mediante la ferrovia che, come scriveva Cesare Cantù, avrebbe potuto portare “tanti comodi e vantaggi alla città di Milano, della quale diventerebbero qua-si un sobborgo le deliziose spiagge del Lario”40; ma le condizioni di nuova accessibilità tra il capoluogo e le sponde del lago sono legate non solo e non tanto al turismo di massa domenicale e festivo, quanto piuttosto alla percorrenza del “popolo minuto e del ceto campagnolo”.

Carta della strada ferrata da Milano a Como, disegno di F. Naymiller, incisione di G. Demczynski, Milano, 1845

Nel frattempo avanza la necessità di un collegamento ferroviario transalpino e nel 1874 iniziano i lavori della linea Camerlata Chiasso, occasione per gli interessi comaschi d’inserire il capoluogo sulla direttrice ferrovia-ria internazionale e farne sede della dogana; nel 1881 è già possibile raggiungere Lugano, nell’anno succes-sivo i paesi del centro Europa attraverso la galleria del Gottardo, nel 1880 viene inaugurato il collegamento tra la stazione di Como e il lago per il traffico merci41; si lavora inoltre ai collegamenti ferroviari con i poli di Bergamo, Lecco , Varese e Novara, così da costruire una rete di efficaci connessioni e tutelare i reciproci in-teressi; tra la fine dell’ottocento e i primi anni del novecento s’assiste anche all’apertura di alcuni tratti di una rete privata che forma un circuito fra i tre grandi laghi della Regione Insubrica, il Lario, il Ceresio e il Verba-no, allo scopo di favorire la circolazione turistica tra i tre bacini e attrarre i lontani eredi del Gran Tour. L’incremento della rete ferroviaria ebbe un ulteriore sviluppo: attorno al 1870 nell’area compresa tra Milane-se, Comasco e Varesotto s’assisteva a una serie di iniziative private finalizzate alla creazione di una rete fer-

40 G. Corda, Como strade e contrade. I percorsi cittadini fra cronaca e storia, Como, 1981 41 G. Corda, Como strade e contrade. I percorsi cittadini fra cronaca e storia, Como, 1981

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1305 roviaria moderna, capace di incrementare lo sviluppo produttivo e sociale della regione: nacque la Società Anonima Ferrovie Milano – Saronno e Milano – Erba che, entro il 1900, completava la realizzazione della rete ferroviaria all’incirca secondo l’attuale conformazione delle Ferrovie Nord Milano. Ancor oggi, tale rete risulta elemento di straordinario interesse per il trasporto ferroviario da e verso il capo-luogo lombardo.

Nel 1894 s’inaugurava inoltre la funicolare Como – Brunate, i cui lavori iniziarono il 4 gennaio 2003 a se-guito di un concorso progettuale promosso dalla Società Anonima “La Funicolare” e vinto dai fratelli Villo-resi. Il sistema era (ed è) caratterizzato da un’unica rotaia con uno scambio a metà tragitto per l’incrocio del vago-ne in salita con quello in discesa, e ha una pendenza media del 46% con punte massime del 55%. Nel 1911 viene sostituita la trazione a vapore con quella elettrica, che riduce conseguentemente i tempi di percorrenza del tragitto. Negli anni successivi la funicolare conosce un successo sempre crescente, legato in parte allo sviluppo turi-stico della località collinare di Brunate, e viene pertanto sottoposta a un insieme successivo di migliorie.

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Funicolare Como Brunate – Cartolina

- I'UNICOLARE: COMD-BFIIUNATE .

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1307

Funicolare Como Brunate – Cartolina

Infine un breve cenno alla rete tramviaria elettrica, nata come integrazione del sistema ferroviario e oggi completamente scomparsa: ebbe la massima estensione nell’area comasca attorno agli anni venti del secolo scorso, con oltre cento chilometri di linee, di cui circa 12 suburbane e 96 extraurbane.

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Tranvia in Piazza Cavour, Cartolina

Tranvia in via Milano, Cartolina

Attorno agli anni ‘60 è databile l’incremento del trasporto individuale, tramite la diffusione dell’automobile e delle autolinee, nonché il recente sviluppo della rete autostradale, che mettono in crisi il trasporto pubblico così come era andato configurandosi nella seconda metà del XX secolo. L’autostrada Milano – Laghi, primo esempio di autostrada italiana e mondiale, veniva realizzata a partire dal 1923 dalla Società Anonima Puricelli Strade e Cave e, nel giugno 1925, era già percorribile il tratto Lainate –

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1309 Como, mentre attorno agli anni ‘60 prendono avvio i lavori del tronco terminale tra Como e il confine sviz-zero e una serie di opere di ammodernamento della rete esistente42.

Autostrade Milano Laghi – Manifesto di Marcello Nizzoli, 1930 Il sistema infrastrutturale fin qui descritto, per lo meno nella consistenza e nei tracciati, è ancor oggi leggibile e contribuisce a caratterizzare l’aspetto morfologico della città. Da non dimenticare la recente approvazione da parte del Cipe del nuovo collegamento autostradale Dalmine – Como – Varese – valico del Gaggiolo (con le opere connesse), che modificherà ulteriormente la percezione e l’assetto di una rilevante porzione urbana. La città è quindi fortemente segnata dalle principali arterie di traffico (Napoleona, Borgovico, le vie di pene-trazione P. Paoli, Scalabrini e Varesina, la Canturina, l’Oltrecolle, la strada per Brunate, la S. Fermo, la

42 G. Corda, Como strade e contrade. I percorsi cittadini fra cronaca e storia, Como, 1981

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1310 D’Annunzio, la via per Muggiò, la Bellinzona, la via Asiago, …) nonché dalle infrastrutture ferroviarie e au-tostradali; esse risultano spesso al limite di importanti sistemi paesaggistici, in altri casi invece li tagliano, ge-nerandone modifiche e alterazioni.

Autostrade Milano Laghi – Cartolina 5.1.1.4. La carta dei valori morfologico – strutturali del paesaggio All’interno della carta del valore morfologico – strutturale del paesaggio (n. 3.4.) trovano collocazione i nu-merosi elementi costitutivi della matrice morfo – culturale primigenia, testimonianza dei processi storici evo-lutivi che hanno generato la configurazione degli attuali assetti fisici e antropici; tale carta rende conto dei molteplici aspetti: i) della geomorfologia, quale testimonianza dei processi della morfogenesi sul modellamento fluvio – gla-

ciale del territorio (carta 3.1. della morfologia del territorio); ii) delle rilevanze della componente naturalistico ambientale per il mantenimento della biodiversità ed ete-

rogeneità dei biotopi presenti sul territorio, oltre che degli ambiti di conservazione e preservamento delle continuità e delle integrità paesaggistiche (carta 3.2. dei valori naturalistico ambientali);

iii) degli elementi costitutivi della struttura insediativa storica e della rete infrastrutturale su cui il tessuto ur-bano primigenio s’è attestato (carta 3.3. della struttura insediativa storica e sistema infrastrutturale).

L’obiettivo ultimo di tale gruppo di elaborati è quello di far emergere nella matrice territoriale di maggior ri-levanza gli spazi per la caratterizzazione storico – paesaggistica e fisico – ambientale dei luoghi, testimo-nianza dell’interagire tra la componente antropica e la matrice fisica su cui essa s’è insediata, rispetto alla densità dei segni storici ancora rinvenibili sul territorio (carta 3.5).

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1311 La morfologia del territorio (carta 3.1 del Documento di piano) La ricerca delle invarianti morfo–paesaggistiche e dei processi che le hanno originate, contribuendo alla loro evoluzione nel tempo, ha portato all’individuazione di tutte le forme strutturali del territorio che più testimo-niano i principali processi della morfogenesi sul modellamento fluvio – glaciale del territorio, insieme alle principali rilevanze fisico – ambientali d’interesse geologico, geomorfologico e naturalistico che, per espres-sione, attività e riconoscibilità, sono rappresentative del sistema delle permanenze dei caratteri territoriali ori-ginari e della loro articolazione spaziale peculiare. Le componenti della morfologia del territorio sono state tratte: A) dalla Variante al piano geologico comunale, approvata con Dcc. 17 settembre 2007, n. 18: i) orli di

scarpata in contropendenza con influenza strutturale (ambiti interessati da dinamismo di tipo gravitati-vo); ii) orli di scarpata di degradazione o di frana; iii) orli di scarpata d’erosione torrentizia; iv) aree a drenaggio lento o impedito; v) aree di conoide attivo non protette (ca), aree di conoide non recentemente attivatosi (cn); vi) aste torrentizie con evidenti fenomeni di erosione lineare e/o laterale; vii) doline; viii) cordoni morenici; ix) aree allagate da esondazione lacustre; x) orli di scarpata artificiale; xi) accumuli di materiale di riporto; xii) aree estrattive; xiii) orli di scarpata modellata da più processi morfogenetici; xiv) superficie lacustre;

B) dallo studio per la definizione del reticolo idrico minore, approvato con Dcc. 21 luglio 2008, n. 43, che definisce gli elementi costitutivi del reticolo idrico e le aree soggette a maggior rischio idraulico: a) corsi d’acqua, reticolo principale; b) corsi d’acqua, reticolo minore; c) aree alluvionabili; d) tratti di corso d’acqua intubati;

C) dallo strumento urbanistico generale vigente, approvato con Dgr. 4 maggio 2001, n. 4503, per indivi-duare i pozzi di captazione delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano.

Il reticolo idrografico del territorio comense è altamente strutturato, come testimonia la complessa articola-zione geologica del territorio: la ricca struttura idrologica vede tra i principali recipienti i torrenti Cosia e Breggia, che hanno determinato forme vallive di valore identitario sulla memoria collettiva comasca, e lungo le quali si sono attestate tra le prime forme insediative esterne alla convalle. I valori naturalistico/ambientali (carta 3.2 del Documento di piano) La carta dei valori naturalistico/ambientali identifica, in funzione dei vincoli in atto e del corrispondente li-vello di cogenza, i principali ambiti di rilevanza della componente naturalistico – ambientale che rappresen-tano i luoghi principali della salvaguardia e tutela della persistenza dei paesaggi naturali originari, oltre che della valorizzazione dei valori di continuità, stabilità e integrità dei valori paesaggistico–vegetali e delle con-nettività e continuità ambientali definite dalla rete ecologica provinciale. S’individuano in specifico: i) il Parco regionale della Spina verde (ex Lr. 10/1993 e Dgr. 20 luglio 2005, n. 8/374); ii) l’Oasi di protezione faunistica delle Torbiere di Albate (ex Dgr. 13 aprile 1976, n. 3120); iii) i Par-chi urbani (ex Prg approvato con Dgr. 4 maggio 2001, n. 4503); iv) i giardini pubblici (ex Prg approvato con Dgr. 4 maggio 2001, n. 4503). L’uso dei suoli agricoli e forestali Il territorio comense è caratterizzato, in corrispondenza dei rilievi e dei versanti morenici che costituiscono lo scenario lacuale, da una copertura vegetazionale continua e densa, rappresentata specialmente da boschi fitti e ad alto fusto, spesso con sottobosco. Ne risulta la percezione di un paesaggio compatto, omogeneo e in alcune porzioni integro.

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Carta dei valori naturalistico ambientali (ex Dusaf) Tale dotazione vegetazionale è inoltre un elemento imprescindibile per la difesa del suolo e il mantenimento della stabilità dell’assetto idrogeologico caratterizzante del territorio comunale, oltre che fattore naturale di pregio ecosistemico e naturalistico con valore di continuità e connettività ambientale; caratteri che vengono riconosciuti anche a livello normativo e istituzionale con l’istituzione a Parco, i vincoli paesaggistico – am-bientali e il riconoscimento della presenza di Siti d’interesse comunitario.

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L’uso dei suoli agricoli e forestali sul territorio comense

Il patrimonio boschivo del territorio di Como si localizza prevalentemente sui rilievi morenici con un manto, prevalente rispetto agli altri usi del suolo, distinto per un alto grado di compattezza e costituito in prevalenza da boschi di latifoglie e, in minor misura, di conifere; ne deriva una riconoscibile continuità dal punto di vista sia della naturalità sia della fruibilità percettiva, mentre i coltivi a seminativo esprimono un minor grado di compattezza rispetto agli ambiti boscati, sono di minore estensione e maggiormente frammentati e, tranne radi episodi entro i confini del Parco regionale della Spina Verde e di Civiglio, trovano la maggior concen-trazione nelle porzioni meridionali del territorio. Le aree a prato si concentrano principalmente ai margini o in transizione tra gli ambiti boschivi e agricoli; in tale forma si concentrano nell’ambito della Spina Verde e nella Valle del Cosia mentre, in forma estensiva, si riscontrano invece soprattutto nel parco di Villa Giulini e nell’ambito meridionale di Albate, in corrispon-denza della torbiera: sono spazi presenti quindi come ambiti residuali di testimonianza della vocazione agri-cola dei luoghi, minacciati dalla crescita urbana e caratterizzati da valori medio – bassi di integrità del territo-rio, con medio – alti valori di insularizzazione. Il paesaggio di Albate è costituito dall’alternanza di aree boschive rade a basso fusto o a cespuglieto, di note-vole importanza per la connettività ambientale, che interrompono le distese a prato e i coltivi residuali. L’oasi sorge al centro di tale sistema, la cui omogeneità è interrotta da fenomeni di frangia suburbana. Ne deriva un mosaico paesaggistico articolato, con ampi spazi per la fruizione vedutistica, seppure interrotti dai filamenti di tessuto urbano.

Elementi naturalistico – ambientali: l’oasi delle torbiere di Albate

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1314 Le coltre boschive prevalentemente a latifoglie della Spina Verde e di Monte Tre Croci offrono invece un valore aggiunto dal punto di vista della fruizione percettiva da punti di vista esterni; le rare interruzioni della continuità vegetazionale sono spesso deputati a spazi di belvedere e punti panoramici da cui, data la medio – alta quota del rilievo, è possibile abbracciare la quasi interezza del territorio comunale e soprattutto la conval-le, per cui la presenza arborea costituisce un valore aggiunto di “cornice” della fruizione delle bellezze di in-sieme, naturali e antropiche.

Elementi naturalistico – ambientali: il Parco regionale della Spina Verde

La convalle è invece caratterizzata da una superficie quasi completamente urbanizzata, tranne la presenza di giardini pubblici nella città storica e il cuneo verde che s’inserisce da sud – est e che trova il punto di contatto con la città in corrispondenza dell’ambito di San Martino.

Elementi naturalistico – ambientali: la Convalle

La struttura insediativa storica e il sistema infrastrutturale (carta 3.3.)

Il grado di rilevanza dei beni storico – paesaggistici di carattere antropico, in uno spazio notevole come quel-lo comasco, è funzione soprattutto del valore storico – testimoniale espresso dai beni rispetto all’epoca di rea-lizzazione, alla storia tramandata e al loro radicamento nella tradizione culturale locale. La struttura insediati-va storica è determinata da tutte le forme e segni caratteristici che ancor oggi rappresentano valori identitari e

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1315 testimonianze assai rilevanti del radicamento della memoria storica sul territorio; per evidenziarla sono state esaminate le permanenze della realtà comasca, facendo emergere: i) i tessuti urbani di valore storico, i nuclei e le trame viarie d’antica formazione, ii) gli elementi di rilevanza storico – artistica e i beni storico – culturali d’interesse artistico e architettonico (ville, edifici religiosi, castelli), iii) gli opifici, testimonianza dello svilup-po dei sistemi e dei distretti produttivi locali, iv) le grandi proprietà pubbliche/private, v) i cimiteri, vi) i per-corsi storici, vii) i principali luoghi identitari nel quadro delle bellezze paesaggistiche ex art. 136 del D.Lgs 22 gennaio 2004, n. 42 e i vincoli monumentali. Nel complesso tali descrittori concorrono a determinare il valore dell’integrità insediativa e il divenire dell’interazione tra le attività umane e il quadro paesaggistico – ambientale in cui la componente antropica si è insediata.

L’individuazione delle principali direttrici storiche di comunicazione tra la convalle comasca e i territori esterni

Il sistema infrastrutturale risultava già fortemente strutturato alla fine dell’Ottocento; l’intero sistema si è poi infittito nel tempo attraverso una capillarizzazione che ha seguito lo sviluppo della maglia urbana.

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Le trame viarie di antica formazione: la valle del Cosia

Le trame viarie di antica formazione: Camerlata, Albate e Breccia

Le trame viarie di antica formazione: la Convalle

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Nel Novecento le infrastrutture hanno richiesto una sempre maggiore specializzazione, facendo assistere alla stratificazione dei quattro sistemi: i) della rete stradale locale, ii) della rete stradale di connessione, iii) delle ferrovie, iv) delle vie d’acqua. Già nel 1888 il territorio risultava fortemente infrastrutturato, specialmente in corrispondenza del nucleo con-solidato della città murata e dei borghi; quindi, nel tempo la rete s’è infittita soprattutto nei quartieri periferici di Albate, Monte Olimpino, Rebbio e Camerlata, coerentemente con l’espansione insediativa; ma in genere la crescita insediativa di Como, almeno fino agli anni ’70, è stata supportata da una matrice infrastrutturale ben strutturata e consolidata, ad alto grado di stabilità; nuovi interventi di modifica e accrescimento del network storico esistente si riscontrano solo negli anni ‘70 e ’80, e riguardano gli ambiti più periferici; in anni recenti emergono le maggiori modificazioni della maglia stradale in corrispondenza delle connessioni col si-stema d’accesso autostradale e del viadotto Oltrecolle – Canturina.

Carta del sistema infrastrutturale moderno con indicate le nuove direttrici dell’assetto insediativo

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1318 La prevista tangenziale di Como, suddivisa in due lotti d’intervento, si sviluppa per circa 9 km di cui gran parte in galleria naturale, attraversando un territorio in cui zone collinari e boscose si alternano a piane in par-te urbanizzate.

Progetto pedemontana: sviluppo della tangenziale di Como