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4 Spunti per lavorare come
Psicologo libero professionista
Autrice: Stella Di Giorgio
© 2015 - Tutti i Diritti Riservati – www.psicologialavoro.it by Liquid Plan s.r.l.
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Autrice: Dott.ssa Stella di Giorgio
© 2014 - Tutti i Diritti Riservati – Liquid Plan srl
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Sommario
Non è facile impostare il proprio avvio, è una fase delicata del proprio lavoro,
che richiede oggi una serie di conoscenze basilari, non solo di tipo
psicologico/tecnico, ma anche di marketing.
Questo piccolo E-book è una raccolta di Articoli della Dott.ssa Di Giorgio, che vi
aiuteranno a trarre spunti e riflessioni.
Buona Lettura
Introduzione
1. Pubblicizzarsi come Psicologo su facebook
2. Lavorare psicologo "smart"
3. Tecnica dell’ "Avversione alla Perdita"
4. Lavorare come Psicologo del benessere
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L'autrice: Dott.ssa Stella Di Giorgio
La Dott.ssa Stella Di Giorgio si occupo di Marketing della professione di psicologo dal 2006. Ha condotto i primi corsi per l’avvio della libera professione, realizzato guide digitali sulle strategie di marketing della professione, e distribuite tramite Amazon, tenuto seminari sia on-line che in studio a Roma che all’Università Europea di Roma.
Gestisce il blog di Psicomarketing e la corrispondente pagina Facebook con consigli per lavorare come psicologo e svolgo consulenze individuali per il lancio e rilancio della professione.
Specializzata nel marketing on-line (landing page, lead generation, blogging), soprattutto per gli psicologi che operano in ambito benessere. Si occupo, infatti, di Psicologia del Benessere, creando brand in alcune nicchie non cliniche, soprattutto riguardanti le relazioni affettive, attraverso la gestione di blog, guide digitali e servizi on-line.
Psicologa e tutor specializzata nell’apprendimento e nell’orientamento universitario e professionale. Gestisce lo Studio Didattico 110eLode.Net, seguendo gli studenti di psicologia nei momenti più complessi del loro percorso
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Lavorare come Psicologo su facebook: 3
debolezze e 2 strategie
Come pubblicizzarsi come psicologo su Facebook, in un contesto di intrattenimento,
dove gli utenti postano compulsivamente foto di gatti, di sushi e di selfie? Come
mantenere il decoro professionale, tra gli utenti che condividono aforismi retorici e si
divertono con giochini elettronici?
Già molti psicologi hanno provato a pubblicizzarsi su Facebook, considerando che
molti utenti trascorrono diverse ore al giorno su questo social, lo controllano più volte
anche dal cellulare e lo usano anche come motore di ricerca al posto di Google.
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Spesso, tuttavia, gli psicologi che hanno provato a pubblicizzarsi su Facebook
hanno lamentato di aver avuto pochi risultati e non hanno trovato molti nuovi clienti, anzi
spesso hanno ricevuto solo richieste di consulenze gratis. Perché?
In alcuni di questi casi, l’inefficacia può essere dovuta ad alcune debolezze che a
volte vengono commesse, come ad esempio queste 3:
1) Debolezza 1: Aprire un profilo privato con nome “Dott.ssa Margherita Pizza
Psicologa” invece di una pagina-fan. Oltre ad essere vietato dal regolamento, il profilo
rispetto alla pagina-fan presenta diverse limitazioni, ad esempio non consente di
analizzare gli “insight”, cioè le statistiche che servono a capire quando è meglio postare
un contenuto, chi è il visitatore medio e quali contenuti apprezza di più. È opportuno
quindi preferire una pagina-fan piuttosto che un profilo privato.
2) Debolezza 1: Aprire una pagina fan e intitolarla “Dott.ssa Margherita Pizza
Psicologa”. Utilizzare nome e cognome, preceduto da “Dott.ssa” e seguito da “Psicologa”,
spesso non risulta efficace, a meno che non sei già conosciutissimo a livello nazionale e
quindi numerosissime persone cercano direttamente il tuo nome e cognome. Altrimenti,
una pagina “nominale” rischia paradossalmente di risultare anonima, oltre che uguale a
migliaia di altre. È preferibile creare prima un brand, cioè un “marchio”, con un nome
facilmente memorizzabile, che ti renda riconoscibile e possa essere associato ad una
specificità attività rivolta ad una specifica categoria di persone, ad esempio “Sonno
Bambini”, “Niente Ansia”, ecc. e non genericamente al titolo di psicologo.
3) Postare contenuti troppo eterogenei. Spesso quando si apre una pagina,
generalmente intitolata “Dott.ssa Margherita Pizza Psicologa”, oppure “Studio di
Psicologia Taldeitali”, si postano svariati argomenti, aforismi, articoli totalmente diversi,
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invece di focalizzare un tema specifico. La varietà crea confusione, mentre la presenza di
un focus è ormai, a livello di marketing, essenziale per l’attuale mercato che non è
generalista, ma basato su nicchie. Questo significa pianificare, a monte, una più ampia
strategia di marketing, di cui Facebook può essere uno dei canali, ma mai l’unico. Per
questo il modulo di Social Media Marketing è inserito nel corso più ampio on-line su
come Lavorare come Psicologo del Benessere.
Hai già una pagina fan e hai adottato queste soluzioni un po’ deboli? Se sì,
potrebbero aiutare a capire perché spesso si ottengono meno risultati di quelli che
potenzialmente questo canale potrebbe offrire allo psicologo.
Per potenziare la tua presenza su Facebook, ecco 2 brevi strategie, estratte da quelle
che metteremo in atto insieme durante il corso online come Lavorare come Psicologo del
Benessere.
Strategia 1: creare engagement con le “grafic-question”. Visto che il social è un
contesto di intrattenimento e non di vendita diretta, è strategico postare contenuti non
descrittivi dei propri servizi e non esplicitamente pubblicitari, perché verrebbero ignorati
o scansati con fastidio. Un esempio di contenuto che può creare engagement, cioè
coinvolgimento e partecipazione attiva è una domanda aperta, da scrivere tuttavia non in
formato testo, bensì all’interno di un’immagine (chiamiamola graphic-question), anche
solo un’immagine con uno sfondo colorato o qualche piccolo simbolo.
Le immagini aumentano l’interazione, tanto che lo stesso contenuto, breve e
conciso, inserito dentro un’immagine invece che scritto in formato testo, dà risultati
molto più elevati. Più sono le interazioni e le conversazioni che si creano sulla tua pagina,
più il tuo marchio viene associato ad uno specifico servizio e più aumenta la probabilità
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che quando una persona abbia uno specifico bisogno che può soddisfare grazie al tuo
specifico servizio, si rivolga proprio a te.
Strategia 2: creare autorevolezza. È possibile, dalle pagine-fan, creare eventi
virtuali, ad esempio una sessione di domande & risposte. Puoi stabilire il giorno e l’ora,
ad esempio venerdì 11 di un certo mese dalle 15 alle 16, e in quello spazio temporale
lanci una conversazione sulla tua pagina, attraverso una graphic-question, sotto cui
ciascuno può fare una domanda, ricevendo da te una breve risposta in diretta, fino all’ora
di chiusura della sessione stessa.
In questo modo ottieni 3 risultati: ti collochi come esperto di una tematica. In più,
crei sulla tua pagina una ricca conversazione di domande & risposte, che rimarrà visibile
anche nei giorni successivi e per i visitatori successivi. Infine, ottieni una micro-analisi di
mercato che ti fa capire quali siano i principali problemi dei tuoi potenziali clienti, per
progettare servizi che rispondano esattamente ai loro bisogni e quindi abbiano più
probabilità di essere “acquistati”.
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Lavorare come Psicologo: 2 strategie
inefficaci e un metodo "smart"
Come iniziare a lavorare dopo l’Esame di Stato e l’iscrizione all’Albo degli
Psicologi? Se ti sei appena abilitato e stai avviando la tua attività come psicologo, può
essere utile tenere in considerazione due dati, che derivano dalle recenti indagini
statistiche e di marketing:
1) lo psicologo oggi lavora soprattutto come libero-professionista, in
un mercato saturo e ipercompetitivo
2) i servizi più richiesti dal mercato non riguardano più la cura del
malessere, ma soprattutto la promozione del benessere
Purtroppo non è facile lavorare come psicologi in presenza di queste due condizioni.
Proviamo a confrontare alcune strategie di avvio convenzionali, con altre più sintonizzate
con il funzionamento attuale del lavoro come psicologo.
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1) strategia convenzionale passiva: si prepara un curriculum, magari
compilando modelli prestampati, si invia via e-mail o si distribuisce di persona a
centinaia di cooperative e strutture cliniche…ma non si riceve risposta, oppure si
ricevono pochissime risposte, generalmente con una retribuzione scarsa o con una
proposta di volontariato, e si finisce con accettare, con la speranza di fare esperienza
e di essere prima o poi apprezzati per la propria bravura e infine assunti in modo
regolare. Evenienza che si verifica raramente. La strategia rischia di rivelarsi
dispendiosa e inefficiente.
2) strategia convenzionale semi-passiva: si preparano biglietti da visita, si fa
il giro dei medici chiedendo loro di inviare pazienti in caso di necessità, si crea un
sito-vetrina statico, intitolato con il proprio nome e cognome, con le sezioni “chi
sono, cosa faccio, dove ricevo” e un elenco di disturbi per cui si offre
consulenza…ma i pazienti non arrivano, né dai medici, né dal sito, o ne arrivano
pochi, non sufficienti per vivere con continuità di questa professione. La strategia,
pur indicando un approccio attivo, rischia di rivelarsi dispendiosa e inefficiente.
Quali sono le strategie alternative, più attive, efficienti e sintonizzate con l’attuale
modalità di avvio dello psicologo, visto come un libero professionista che lavora in un
mercato saturo, in tempi di crisi e di continui cambiamenti? Vediamo, in sintesi, una
metodologia “smart”, semplificandola in 3 step (che però sono tutt’altro che semplici)
Step 1: evitare di immettersi sul mercato come psicologi “generici”, qualificandosi
semplicemente con il titolo, ad esempio: “Margherita Pizza – Psicologa”. Purtroppo, la
figura stereotipata dello psicologo-tuttologo non ha molte probabilità di sopravvivere sul
mercato attuale, basato su nicchie. E’ più strategico, dunque, individuare un settore
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preciso, ad esempio un problema specifico o un bisogno specifico, offrendo un servizio
mirato, diverso da quelli già presenti sul mercato, ad un target di persone disposte a
spendere per quel servizio. Ad esempio: insegnare tecniche di gestione del tempo per
manager; delineare un profilo psicoattitudinale di studenti all’ultimo anno delle superiori
che stanno scegliendo la facoltà universitaria; organizzare un gruppo di crescita personale
per donne che vogliono aumentare la loro autostima; gestire un gruppo per sviluppare
l’autonomia di donne con dipendenza affettiva; offrire alle mamme con bambini iperattivi
strategie pratiche per aiutare i figli a regolare i loro comportamenti inefficaci; ecc. Le
nicchie sono infinite, poiché infiniti sono i bisogni, i problemi e gli obiettivi per i quali si
può predisporre un servizio.
Step 2: dopo aver individuato il problema, il target, il servizio, la specificità del
proprio servizio rispetto a quelli già esistenti…non è ancora il momento di “venderlo”!
Infatti, anche se si ha un’idea forte, creativa e che risponde ad un bisogno, per il quale il
target è disposto a pagare, è ugualmente difficile che le persone acquistino “a freddo”. È
opportuno prima “creare la committenza”, cioè, dal punto di vista del marketing della
professione, creare un archivio di contatti di persone che potrebbero essere interessate al
proprio servizio.
La generazione di contatti di potenziali “clienti”, definita “lead generation”, è una
fase importantissima, perché più è ampia la propria lista di contatti, più si lavora come
psicologi. Data l’importanza della lead generation e della lista, nei paesi anglosassoni si
dice “the money is in the list”. Quando infatti si lavora poco, si hanno pochi
clienti/pazienti, si hanno poche adesioni ai propri corsi, gruppi o iniziative…il primo
obiettivo è ampliare la propria lista di contatti. Ci sono tante tecniche, sia on-line, che
territoriali, per aumentare la propria lista. Sono tecniche impegnative, da adottare con
costanza.
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Step 3: non basta avere una lista corposa di persone potenzialmente interessate al
proprio specifico servizio. La creazione di una lista implica che ci sia stata una primo
contatto diretto tra lo psicologo e il potenziale cliente, sia on-line, che sul territorio, ma
un unico contatto…non basta. A volte non ne bastano neanche 6: alcune teorie di
marketing calcolano, infatti, che prima di contattarti, il cliente ha bisogno di interagire
ben 7 volte con te. Il che significa, ad esempio, che dovrà prima vederti su un sito, poi su
un forum, poi ad un seminario, poi leggere un tuo articolo, ecc…solo dopo varie volte
inizia a conoscerti, a fidarsi e quindi a capire che il tuo servizio fa per lui.
È opportuno quindi, dopo aver creato una propria lista, “coccolarla” con altre
iniziative, continuare a dare opportunità a chi ti ha lasciato il suo contatto, di conoscerti e
capire cosa gli offri. Queste operazioni sono definite “lead nurturing”, consistono,
appunto, nel continuare a interagire con i contatti, segnalando altre risorse utili per il loro
problema, altri tuoi articoli, facendo sondaggi, ecc. Le operazioni cambiano in base al
servizio e al target, quindi non ci sono operazioni prestabilite, ma occorre di volta in volta
valutare quali siano più funzionali.
Soltanto dopo un’analisi di mercato (nicchia, target, servizio, specificità), una
consistente lead generation e una efficace lead nurturing, iniziano ad arrivare richieste.
Per tenere alto il numero di richieste, riuscendo a mantenere costante il proprio reddito,
occorrono revisioni periodiche di questi 3 aspetti centrali: una eventuale risintonizzazione
con il mercato, la continuazione della lead generation, la diversificazione della lead
nurturing. Infatti, attuare questi 3 step in modo incostante, inadeguato o errato, può
renderli altrettanto inefficaci delle strategie convenzionali passive.
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Lavorare di più con la tecnica
dell'Avversione alla Perdita"
In un mercato saturo, ipercompetitivo e in crisi come quello attuale, non basta dire
“faccio lo psicologo”, per ricevere richieste di colloqui da potenziali clienti o pazienti.
Non abbastanza da ottenere una continuità di lavoro e di reddito. È opportuno, quindi,
trovare nuovi format per descrivere i propri servizi. Nuove strategie utili agli psicologi
per spiegare efficacemente i loro servizi ai potenziali clienti.La comunicazione dovrà
essere efficace, ma non ingannevole, perché fare marketing della propria attività non
significa forzare un potenziale cliente ad acquistare un servizio, ma far conoscere i propri
servizi alle persone che possono beneficiarne.
A questo proposito, lo psicologo israeliano Kahneman, premio nobel per
l’Economia nel 2002. ha compiuto ricerche sperimentali sui processi decisionali, che
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consentono di comprendere anche le motivazioni all’acquisto di beni e servizi, inclusi
quelli psicologici (interventi psicodiagnostica, di sostegno, di psicoterapia, ecc) . Tra le
motivazioni più potenti vi è l’avversione alla perdita, secondo cui la propensione per un
servizio non dipende dai vantaggi che il servizio consente di ottenere, ma dalle perdite
che consente di evitare.
Come applicare questa tecnica al marketing dei servizi psicologici che offri?
Il requisito è circoscrivere un problema, poiché l’attuale mercato non premia i
servizi generalisti, che si rivolgono a tutti, ma quelli di nicchia, che intervengono su un
problema o un tema specifico. Un esempio di problema specifico di cui abbiamo discusso
nel corso su come Lavorare come Psicologo del Benessere è stato l’insonnia, cioè la
difficoltà di addormentarsi, di dormire tutta la notte o di riaddormentarsi dopo i risvegli
notturni. È un problema diffuso, sentito e per il quale le persone che ne soffrono sono
disposte a investire per risolverlo.
Se ti occupassi di insonnia, come presenteresti il tuo servizio? Può essere utile
individuare, in modo concreto, ciò che la persona sta perdendo o che perde se non
affronta il problema o se si limita a tamponarlo con palliativi.
Ad esempio, chi è insonne perde notti di sonno in avrebbe potuto riposare bene,
svegliarsi di buon umore la mattina, essere concentrato più a lungo sul lavoro durante la
giornata, evitando errori dovuti alla stanchezza. Chi non riposa bene, rischia di essere
meno produttivo sul lavoro, troppo stanco per dedicarsi al suo hobby preferito dopo il
lavoro, per uscire con gli amici e per giocare con i figli. Questo rischia di far diminuire la
stima dei colleghi, di peggiorare il rapporto di coppia, di non poter seguire i propri figli
nella loro crescita.
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Si tratta di situazioni che persona che ha il problema vuole evitare. Infatti, secondo
la teoria dell’avversione alla perdita, è motivato alla ricerca di una soluzione non solo per
rimuovere il sintomo in sé, ma anche per evitare le conseguenze penalizzanti che il
sintomo comporta…ma che spesso non vengono abbastanza evidenziate, approfondite e
prospettate nella presentazione dei servizi psicologi.
Spesso non si vuole acquisire qualcosa in più, che anzi destabilizza, perché rimette
in discussione i propri equilibri, ma preservarli, rimuovendo le cause che interferiscono
con la propria tranquillità, che impediscono di gestire il tempo come si vuole e che fanno
perdere ciò a cui si tiene.
Non si tratta di delineare scenari spaventosi, ma di immedesimarsi nel cliente,
descrivendo concretamente le situazioni di vita reali che il sintomo gli impedisce di
vivere pienamente. È opportuno rinnovare quindi il modo in cui si è abituati a descrivere
un servizio psicologico, evitando l’esposizione manualistica del problema, oppure le
espressioni suggestive, quanto vaghe, dell’intervento come il classico “lo psicologo aiuta
a valorizzare le risorse”: è vero, ma non a tutti risulta concretamente ancorabile ed è
ormai una retorica a cui i potenziali clienti sono assuefatti.
Ciò a cui tiene un cliente con uno specifico problema non è solo, appunto,
“risolvere il problema”, come nel caso dell’insonnia, ma anche e soprattutto per svegliarsi
riposato, produrre di più sul lavoro, non sentirsi stanco già di primo mattino, poter
giocare con i figli quando rientra a casa, poter uscire la sera invece di tormentarsi
nervosamente nel letto.
Puoi provare a verificare se anche per i servizi che offri è efficace questo format:
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1) Individuare un problema specifico
2) Descrivere concretamente ciò che si perde se non viene affrontato
3) Delineare un servizio che consente di evitare le perdite
Questa sequenza può aiutarti a comunicare efficacemente il tuo servizio, a patto
ovviamente che sia davvero efficace per quel problema e che si distingua dalle soluzioni
già presenti sul mercato.
Questo format non è ovviamente miracoloso, occorre adattarlo flessibilmente al tuo
specifico servizio, alla categoria di persone a cui ti rivolgi, al problema specifico su cui
intervieni e alle altre soluzioni già disponibili, poiché non è facile delineare un servizio
alternativo ed efficace.
È possibile che nel tuo caso questo format non sia adatto e che invece si prestino di
più altre strategie.
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Lavorare come Psicologo del Benessere
Nelle consulenze di marketing sull’avvio della professione, incontro spesso
psicologi e psicoterapeuti che non riescono a lavorare in ambito clinico. Pur essendo
competenti in questo settore, hanno pochi pazienti e non riescono a vivere di
psicoterapie individuali. Spesso non manca loro la costanza nell’applicare strategie di
marketing, perché le hanno “provate tutte”, ma senza risultato.
Oppure, mi succede di incontrare giovani psicologi appena abilitati, che si
affrettano ad iscriversi a una scuola di specializzazione, perché temono di non “poter
fare nulla” senza essere psicoterapeuti e di non “saper fare nulla” a causa di una
preparazione universitaria troppo teorica e di un tirocinio durante il quale non hanno
potuto imparare la pratica.
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Ti riconosci in una di queste due categorie? Come hai risolto il problema della
mancanza di lavoro in ambito clinico?
Una soluzione che, nelle consulenze di marketing, è risultata efficace anche in
tempi di crisi è stato il riposizionamento sul mercato: da un paniere di servizi orientati
al malessere, come l’offerta di diagnosi, sostegno e psicoterapia, rivolti a categorie con
disagi o disturbi, a un paniere orientato alla promozione del benessere, rivolto a persone
sane che vogliono migliorarsi. Si tratta di una vera “Rivoluzione Copernicana”, come la
definirebbe Kant, che pone al centro la salute, piuttosto che la malattia.
Ma in che consiste, concretamente, l’offerta di servizi psicologici orientati al
Benessere? Tralasciando le definizioni accademiche o teoriche, con questo termine si fa
riferimento a quel grande calderone definito anche “crescita personale” o “sviluppo
personale”, in cui rientrano numerosi servizi.
Alcuni di questi riguardano, ad esempio, la gestione del peso corporeo, lo
sviluppo di abilità personali e interpersonali come la comunicazione e l’empatia,
l’accrescimento dell’assertività e dell’autostima, il miglioramento delle relazioni di
coppia o delle relazioni genitori-figli, la gestione dello stress anche attraverso tecniche
di respirazione e rilassamento, l’incremento delle performance in ambito accademico o
professionale, il mental training per sportivi e ballerini, i gruppi per mamme
sull’educazione dei bambini, la psicosomatica e altre piccole nicchie. Questi sono solo
alcuni spunti, ma è impossibile non trovare un settore che rientri nei propri interessi .
I servizi sul benessere possono essere “pacchettizzati” in diversi modi, alcuni
vincenti e altri perdenti. Infatti, non basta proporre un servizio, per vederlo subito
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apprezzato dal mercato, ma occorrono appositi “format”, sia per avviarlo che per
svolgerlo.
Questo perché l’opportunità di lavoro nell’ambito del benessere è esclusivamente di
tipo libero-professionale: lo Psicologo del Benessere non è un lavoratore dipendente,
assunto da una struttura, magari a tempo indeterminato, dopo aver inviato il curriculum.
Non si tratta di un “posto di lavoro”, dove si timbra il cartellino e si riceve lo stipendio
a fine mese. Si tratta di un’opportunità da crearsi in autonomia o attraverso
partnership, da attivare seguendo determinate procedure.
Ecco 3 caratteristiche che rendono l’ambito del benessere ricco di potenzialità:
- è presidiabile anche da psicologi, quindi consente di immettersi sul mercato
dopo l’abilitazione, senza doversi necessariamente specializzare in psicoterapia e senza
dover investire in costosi master. La formazione di base richiesta è quella
universitaria, opportunamente valorizzata e approfondita, anche attraverso
l’autoformazione;
- non è un ambito saturo come quello clinico, dove la domanda, già scarsa, è
soddisfatta prevalentemente dal Servizio Pubblico, mentre in ambito privato è presente
una sovrabbondanza di offerta che spinge spesso gli psicoterapeuti a contendersi il
“nevrotico del quartiere”, a cercare di “procacciarsi” pazienti e a farsi guerra sulle tariffe,
finendo per lavorare in perdita;
- è un settore in crescita, anche in questo periodo di crisi. Lo hanno capito
counselor, coach, filosofi e quanti altri “vantano” di lavorare sul benessere. Queste figure
4 Spunti per lavorare come
Psicologo libero professionista
Autrice: Stella Di Giorgio
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hanno intercettato questo bisogno del mercato e stanno offrendo servizi che lo soddisfino,
pur non avendo gli stessi strumenti che potrebbe avere uno psicologo.
Questo ambito è quindi un'opportunità, specie in questo periodo di crisi, dove tutto
il comparto del benessere (centri estetici, spa, terme, ecc) è in controtendenza e registra
una crescita.
E' un'opportunità che però non deve essere “bruciata” a causa di strategie di
avvio inappropriate o improvvisate. Essendo un lavoro da liberi-professionisti, sono
molto complesse la fase di avvio, la fase di sviluppo dell’attività e la stabilizzazione dei
guadagni. Si rischia di perdere tempo, commettere errori e disperdere energie.
Per rendere più strutturato l'avvio, a Febbraio partirà un corso on-line, su una
piattaforma e-learning (senza web-cam), così da concentrare in un mese le strategie più
efficaci. Non bastano a garantire il successo, ma serviranno a rendere più veloce ed
efficiente l'avvio di chi vuole essere tra i pionieri di questa Psico-Rivoluzione
Copernicana.
Corso online Lavorare come Psicologo del Benessere, che è una sorta di incubatore
d’impresa per chi vuole lavorare, oggi, come psicologo, individuando una nicchia non
clinica e ottimizzando le strategie per avviarsi.