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A cura di Bruno Carli, Giuseppe Cavarretta, Michele Colacino, Sandro Fuzzi

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Clima e Cambiamenti Climaticile attività di ricerca del CNR

B. CARLI, G. CAVARRETTA, M. COLACINO, S. FUZZI

A cura di

Consiglio Nazionale delle Ricerche

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

A cura di Bruno Carli, Giuseppe Cavarretta, Michele Colacino, Sandro FuzziCNR - Dipartimento Terra e AmbienteDirettore Giuseppe Cavarretta

Impaginazione e grafica Fortunato Antonelli, Elisabetta Gallo, Luigi Mazari VillanovaPubblicazione su web Daniela Beatrici (www.dta.cnr.it)Stampa Istituto Salesiano Pio XI - RomaEditore Consiglio Nazionale delle Ricerche - Roma

Copyright © 2007, Consiglio Nazionale delle Ricerche

Tutti i diritti riservati

ISBN 978-88-8080-075-0

In copertina: il Colosseo; emissioni di un'acciaieria; acqua alta a piazza San Marco, Venezia. Sul retro: il Sole (elaborazione di una immagine del satellite SOHO, collaborazione ESA-NASA); la

Terra (immagine NASA) e la Luna; Strombus bubonius e ricostruzione di Mammuthusprimigenius, rispettivamente “ospiti” caldo e freddo nell'area Mediterranea durante le ultimeoscillazioni climatiche.

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Presentazione

Cambiamenti climatici, emissioni in atmosfera, modificazioni antropi-che del territorio, sviluppo sostenibile e, più in generale, qualità ambienta-le: sono concetti e problematiche di interesse generale su cui i media sen-sibilizzano l'opinione pubblica con una comunicazione quotidiana e unaprofondità crescente. Le agende dei Governi dei Paesi industrializzati e invia di sviluppo sono dense di impegni relativi a incontri multilaterali fina-lizzati a concordare strategie comuni di mitigazione e di adattamento allepossibili condizioni climatiche di metà e fine secolo. L'ONU, laCommissione Europea e i Governi nazionali promuovono, programmano efinanziano studi sempre più approfonditi su questi argomenti. Malgradociò, molti problemi sono ancora in attesa di soluzione ed è lecito porsi alcu-ne domande:Quale è il contributo dei fattori naturali e di quelli antropici sui cambia-menti climatici?Quale è il livello di certezza delle previsioni su cui fondare le decisioni?Quali i cambiamenti e i relativi impatti a scala regionale e locale?Quali le limitazioni da far accettare al sistema produttivo e alle popolazioni?

Solo la ricerca scientifica può fornire risposte che possano essere condi-vise dal sistema-Paese che dovrà sostenere i costi e gli effetti delle possi-bili azioni di mitigazione e adattamento. Tutta la comunità scientifica inter-nazionale sta quindi lavorando alacremente per fornire ai responsabili dellescelte le migliori basi di conoscenza, con investimenti molto consistenti intermini di risorse umane e finanziarie.

Nel CNR il clima e i cambiamenti climatici sono oggetto di studio giàda diversi decenni, con un approccio multidisciplinare, il coinvolgimentodi diversi Istituti e la collaborazione a progetti internazionali e nazionali.In termini di risorse umane sono impegnati in queste ricerche circa 500ricercatori e tecnici, tra cui molti giovani e associati delle Università, perun importo full cost di circa 44 milioni di Euro/anno di cui 9 finanziatidalla Commissione Europea, Ministeri, Enti locali e Aziende.

I

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Il Dipartimento Terra e Ambiente ha chiamato i ricercatori di tutti gliIstituti del CNR che si occupano di clima a presentare in forma sintetica irisultati degli studi realizzati negli ultimi anni, pubblicati in questo volu-me, per fornire ai fruitori istituzionali delle ricerche una panoramica dellediverse attività realizzate dall'Ente. Questi sono essenzialmente volti aincrementare la conoscenza necessaria a prevedere l'evoluzione del climain risposta alle forzanti naturali e antropiche. Si segnalano in particolare:la ricostruzione dei climi del passato, lo studio dei processi di interazionetra le componenti ambientali che costituiscono il complesso sistema-clima,la valutazione degli impatti del cambiamento climatico tra cui sono in evi-denza quelli riguardanti i sistemi agro-forestali, la realizzazione di model-li numerici predittivi, lo sviluppo e la messa a punto di nuovi metodi diosservazione e misura.

È con soddisfazione che presento quindi quest'opera, nella certezza del-l'elevata qualità dei contributi scientifici e nella fiducia che il CNR possaaccrescere ulteriormente la consistenza del proprio apporto allo sviluppoeconomico ed al benessere sociale del Paese.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

II

Federico RossiVice Presidente del CNR

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Prefazione

Il CNR ha nel settore degli studi sul clima una lunga tradizione che risale aglianni ’30 dello scorso secolo quando, sotto la Presidenza di Guglielmo Marconi,venne avviato il progetto Ricerche storiche sulle variazioni climatiche in Italia.L’Ente ha continuamente incrementato il proprio impegno in questo settore conuna ricerca fortemente multidisciplinare maturata all’interno dei suoi Istitutiche ha prodotto significative competenze, riconosciute a livello internazionale,sulla modellistica ed i processi chimico-fisici del clima, la ricostruzione deiclimi del passato, le ricerche polari, gli impatti sugli ecosistemi terrestri edacquatici ed i rischi socio-economici dei cambiamenti climatici. Il CNR haanche sviluppato ampie competenze ed importanti infrastrutture per le osserva-zioni della Terra dal suolo e da satellite e gestisce o collabora a programmiosservativi a livello nazionale ed internazionale che forniscono basi-dati di pri-maria importanza per l’inizializzazione e la validazione dei modelli climatici.

Dai risultati ottenuti analizzando alcuni indicatori climatici, quali l’aumentodella temperatura media, la variazione nel regime delle precipitazioni con l’in-cremento degli eventi molto intensi, la riduzione della estensione dei ghiacciaialpini, l’innalzamento del livello del mare, emerge in modo inequivocabile cheun cambiamento climatico è in atto e rappresenta un fenomeno globale, checoinvolge tutto il pianeta.

Un maggior grado d’incertezza riguarda, invece, l’individuazione dellecause del cambiamento e la previsione delle future evoluzioni del clima.Secondo alcuni studiosi i cambiamenti potrebbero essere spiegati dalla natura-le variabilità del clima e dalle variazioni della forzante esterna costituita dallaradiazione solare; tuttavia, l’interpretazione giudicata più probabile dalla mag-gioranza della comunità scientifica è che accanto alla variabilità naturale stiadiventando significativa una variazione indotta dalle forzanti interne al sistemaclima dovute alle attività antropiche.

L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), che fa capo alleNazioni Unite, ha reso pubblico a maggio 2007 il Quarto Rapporto sul Climaed i Cambiamenti Climatici, al quale hanno contribuito anche ricercatori del

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CNR. Nel Rapporto si afferma che il riscaldamento globale è un fatto reale eche l’aumento della temperatura media globale osservato a partire dalla metàdel XX secolo è molto probabilmente (probabilità superiore al 90%) dovuto ingran parte all’aumento della concentrazione dei gas serra causato dalle attivitàumane.

Una valutazione più certa della situazione attuale e della futura evoluzionedel clima a scala globale e regionale, richiede la disponibilità di modelli mate-matici in grado di fornire un’accurata descrizione dei processi fisici, chimici ebiologici che hanno luogo all’interno del sistema climatico. Tale descrizione èancora frammentaria, data l’estrema complessità del sistema. Le eruzioni vul-caniche, la presenza in atmosfera di aerosol e polveri, il ruolo delle nubi, levariazioni della composizione chimica dell’atmosfera, della radiazione solare,delle correnti atmosferiche ed oceaniche, del ciclo idrologico e del bilanciodelle precipitazioni, i processi di deforestazione e, in generale, le modificazio-ni nell’uso del territorio sono alcune degli attori presenti sulla scena climatica.La sfida della ricerca è dunque comprendere i processi che operano all’internodel sistema clima e valutare correttamente il loro ruolo nel contesto della varia-bilità climatica globale.

Modelli sempre più perfezionati sono infatti necessari per prevedere comeevolverà il clima a scala globale e regionale in risposta a diversi scenari di inter-vento (o non intervento) e contemporaneamente a predisporre misure di adatta-mento a condizioni climatiche diverse da quelle del passato.

Sono questi i temi di ricerca sul clima sui quali si concentra l’attività degliIstituti del CNR, i cui risultati, con riferimento agli ultimi anni, sono raccolti inquesto volume.

Il patrimonio di competenze, strutture e dati, che qui viene presentato, è statocostruito dal CNR al servizio del Paese, anche in collaborazione con gli altriEnti di Ricerca attivi nel settore, soprattutto per fornire ai decisori politici leconoscenze necessarie al fine di predisporre opportune misure di contrasto,mitigazione ed adattamento ai cambiamenti in atto e previsti per il futuro.

Modellistica e processi chimici e fisici del clima

Negli ultimi anni si è verificato un notevole progresso nei modelli climaticie nell’interpretazione dei risultati da essi ottenuti, anche se l’affidabilità delleprevisioni climatiche è ancora oggetto di valutazione e discussione.Fondamentale è in questo campo la comprensione dei processi chimico-fisiciche caratterizzano il sistema clima e lo studio dei cicli di retroazione (feedback)che determinano non linearità nei meccanismi causa-effetto del sistema. Varie

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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ed ampie sono le attività del CNR nel campo della modellistica del clima: daimodelli a scala globale a quelli a scala regionale, dai modelli climatici a com-plessità intermedia a quelli a rete neurale. Le tematiche di ricerca affrontatecomprendono le anomalie climatiche nelle regioni tropicali e le teleconnessio-ni con la regione Mediterranea, la variabilità e predicibilità climatica dei regi-mi di circolazione atmosferica, la descrizione degli ecosistemi marini e terrestri.Importanti ricerche riguardano inoltre lo sviluppo di parametrizzazioni dei pro-cessi che coinvolgono l’aerosol atmosferico e le nubi e la validazione deimodelli con dati sperimentali, mentre gli studi sui processi chimico-fisici delclima coprono tematiche molto ampie che includono le variazioni della compo-sizione chimica dell’atmosfera ed i conseguenti effetti radiativi, i sistemi nuvo-losi precipitanti e gli eventi estremi, la variabilità del monsone africano e la cir-colazione termoalina.

Ricostruzione dei climi del passato

La ricostruzione dei climi del passato è di grande interesse al fine di valuta-re la variabilità naturale del clima. Le ricerche sono condotte con metodologiediverse: carotaggi, analisi dei sedimenti, dendrocronologia, analisi dei pollini,rapporti isotopici per gli studi paleoclimatici, documenti storici e serie di datistrumentali per le variazioni climatiche recenti. Gli studi del CNR riguardano laricostruzione paleoclimatica attraverso l’analisi di lunghe registrazioni sedi-mentarie di aree continentali e bacini lacustri. Un altro indirizzo di ricerca èfinalizzato alla ricostruzione, con particolare attenzione alle temperature e alleprecipitazioni, degli andamenti climatici dell’Italia negli ultimi 200 anni.Queste indagini sono effettuate utilizzando serie storiche di dati meteorologici,che sono state raccolte, omogenizzate ed esaminate criticamente, andando acostituire banche dati che rappresentano un patrimonio unico nel loro genere.Vengono anche analizzati altri indicatori del cambiamento climatico come illivello del mare, le piogge molto intense e le onde di calore.

Le ricerche polari ed i cambiamenti climatici

Le aree geografiche utilizzate dall’attività umana non esauriscono la variabi-lità terrestre e lo studio degli ambienti estremi è fondamentale per completarela conoscenza dei processi fisici, chimici e biologici che determinano il climaglobale. Il CNR contribuisce allo studio degli ambienti estremi polari con unasignificativa partecipazione al Programma Nazionale di Ricerche in Antartide e

Prefazione

V

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con la gestione della stazione Dirigibile Italia nelle isole Svalbard. Le aree pola-ri sono sede ideale per lo studio delle interazioni idrosfera-criosfera-atmosferae l’Antartide in particolare per le indagini sul paleoclima con l’analisi dei ghiac-ci continentali e dei sedimenti marini. Inoltre gli ambienti estremi, per la lorocollocazione remota rispetto alle sorgenti antropiche, forniscono un banco diprova privilegiato per l’identificazione precoce delle perturbazione globali(riduzione dell’estensione dei ghiacciai, cambiamento delle specie dominanti,perdita di biodiversità). Gli studi del CNR analizzano infine i processi di tiporadiativo, dinamico e biologico con cui i mari e le aree polari interagiscono conle variabili climatiche (interazione aerosol-radiazione, segregazione marina delcarbonio, teleconnessioni fra processi remoti).

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

Il CNR è molto attivo nel campo dello sviluppo ed implementazione dinuova strumentazione scientifica, metodi di misura, reti di osservazione, comedimostra la realizzazione di boe marine di vario tipo, strumenti per la caratte-rizzazione degli aerosol atmosferici, torri per la determinazione dei flussi diCO2, misure di CO2 lungo rotte marine ed osservazioni di indicatori climatici.Importanti sono anche i risultati ottenuti grazie ad infrastrutture come le piatta-forme aeree a bassa quota per la misura dei flussi superficiali, la camera clima-tica per lo studio degli effetti delle alterazioni ambientali sulle piante ed i siste-mi informativi geografici. Numerose sono le partecipazioni del CNR a retiosservative a livello nazionale ed internazionale. Significativa è l’iniziativa Ev-K2-CNR che gestisce il Laboratorio Piramide collocato a 5050 metri inHimalaya. I problemi climatici richiedono osservazioni di tipo globale che sonoefficacemente ottenute con telerilevamento da satellite. Accanto alle misure tra-dizionali da terra, è pertanto aumentato il numero dei progetti in cui il CNR uti-lizza i dati satellitari per ricavare campi di precipitazione operativi, temperatu-ra superficiale del mare, proprietà delle nubi, copertura vegetale e risposta dellavegetazione alle variazioni dell’irraggiamento e delle precipitazioni.

Impatti dei cambiamenti climatici

L’analisi dell’impatto dei cambiamenti climatici sull’ambiente ha particola-re importanza, nell’attuale panorama delle ricerche sul clima. L’aumento della

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Prefazione

temperatura, oltre a determinare lo scioglimento dei ghiacci e l’innalzamentodel livello del mare, influisce in modo diretto sugli ecosistemi, che sono anchesollecitati dal cambiamento della composizione dell’atmosfera e del regimepluviometrico. Le ricerche del CNR sono molteplici e diversificate: dalla modi-fica del ciclo idrologico all’erosione delle coste, dalla perdita di biodiversitàalla presenza di specie ittiche aliene, dalle comunità fitoplanctoniche alle popo-lazione di piccoli pelagici con attenzione ai problemi della pesca. L’impatto deicambiamenti climatici sui laghi viene studiato relativamente agli aspetti fisici,chimici, e biologici sia per i corpi idrici italiani sia per quelli himalayani, per iquali è in corso di realizzazione una banca dati unica nel suo genere. Un ulte-riore ambito di studio è rappresentato dalla valutazione dell’impatto dei cam-biamenti sul suolo, la vegetazione e la produzione agricola: le ricerche riguar-dano da un lato l’erosione, i nutrienti, la siccità, la desertificazione e dall’altrole colture mediterranee, gli ecosistemi forestali, la diffusione di insetti e paras-siti delle piante. Una rilevante attività concerne lo studio delle risposte degliecosistemi all’aumento della concentrazione di CO2 ed alla capacità di seque-stro da parte della vegetazione, anche con esperimenti di arricchimento inambienti non confinati.

Mitigazione dei cambiamenti climatici ed adattamento

Anche nel settore di prevenzione del rischio e di adattamento ai cambiamen-ti climatici il CNR è presente con numerose iniziative. Le ricerche riguardanoargomenti diversi, dall’ambito socio-economico alla pianificazione degli inter-venti di salvaguardia e mitigazione. In primis vanno ricordati gli studi sull’im-patto dei cambiamenti sull’agricoltura con indagini finalizzate alla valutazionedella quantità e qualità dei prodotti e del degrado del suolo, alla classificazionedelle aree agricole ed alle infestazioni di parassiti ed insetti. Altre ricerche sonodedicate all’analisi delle modificazioni ambientali, alla pianificazione e gestio-ne delle risorse idriche, ai problemi degli incendi boschivi ed all’evoluzione delpaesaggio. Passando dall’ambiente naturale a quello antropizzato, vanno ricor-dati gli studi sviluppati per esprimere in termini quantitativi il disagio climati-co e per valutare l’impatto del clima sul patrimonio culturale ed anche sultempo libero. Sul piano tecnologico le ricerche riguardano lavori finalizzati allariduzione delle emissioni con studi concernenti sia il confinamento dei gasserra, che lo sviluppo di tecnologie per la riduzione dei consumi energetici.Vanno infine citati, ultimi ma non per importanza, i lavori di natura socio-eco-nomica aventi come obiettivo l’analisi e la valutazione degli strumenti finoraadottati, anche in campo internazionale, per mitigare i rischi.

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Indice

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INDICE Presentazione I Prefazione III Indice IX

Modellistica del clima 1

PlaSim-LSG: un modello climatico a complessità intermedia 3J. von Hardenberg, A. Provenzale, K. Fraedrich, E. Kirk, F. LunkeitScenari climatici e predicibilità: indizi di uno stretto rapporto da un’analisi dinamica e neurale del toy-model di Lorenz 7

A. Pasini Analisi climatiche di attribution a scala globale e di influenze a scala regionale e locale mediante un modello a rete neurale 11

A. Pasini Anomalie climatiche ed onde planetarie 15G. Dalu, M. Baldi, G. Maroscia, M. Gaetani Predicibilità climatica dei regimi di circolazione atmosferica alle medie latitudini e ai tropici 17

S. Corti Connessioni tra il clima della regione Mediterranea e l’Africa Occidentale attraverso la circolazione meridiana di Hadley 23

M. Gaetani, M. Baldi, G.A. Dalu, G. Maracchi BOLCHEM: uno strumento numerico per la simulazione della composizione dell'atmosfera 27

A. Maurizi, M. D'Isidoro, M. Mircea, F. Tampieri Il vortice stratosferico: indice di teleconnessione per previsioni a lungo periodo 31

G. Messeri, D. Grifoni, B. Gozzini, G. Maracchi, C. Tei, F. Piani Caratterizzazione della variabilità spazio-temporale del vapor d’acqua come diagnostico per un modello di clima 35

G. L. Liberti, F. Congeduti, D. Dionisi, C. Transerici, L. Velea, F. Cheruy Valutazione delle nubi simulate da un modello di clima (LMDZOR) in Area Mediterranea tramite dati da satellite 39

G. L. Liberti, F. Cheruy

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Diagnostici basati su disaggregazione spazio-temporale per la valutazione delle nubi in un modello di clima. 43

F. Cheruy, F. Aires, G. L. Liberti Riduzione dinamica degli scenari climatici a scala di bacino tramite modellistica numerica regionale 47

M. Pasqui, M. Ceseri, G. Maracchi, F. Meneguzzo, F. Piani Risultati preliminari di downscaling statistico delle precipitazioni invernali nella Regione Puglia 51

L. Palatella, P. Paradisi, M.M. Miglietta, P. Lionello L’igroscopicità e l’attivazione dell’aerosol nei modelli climatici 55M. Mircea, M.C. Facchini, S. Decesari, S. Fuzzi Produttività primaria dell’ecosistema marino, turbolenza oceanica e cicli biogeochimici globali 59

A. Bracco, I. Koszalka, C. Pasquero, A. Provenzale Sviluppo di una funzione sorgente di spray marino per predire la componente organica dell’aerosol marino 63

M. C. Facchini, S. Fuzzi, M. Mircea

Processi chimico-fisici del clima 67

Caratterizzazione dello spettro di emissione atmosferica con misure a larga banda nell'infrarosso termico 69

L. Palchetti, G. Bianchini, B. Carli, U. Cortesi, S. Del Bianco Modificazione dell’aerosol marino dovuta alle attività antropiche ed effetti sul clima 73

M. C. Facchini, S. Fuzzi, S. Decesari, M. Mircea, M. Rinaldi, C. Carbone Caratteristiche del particolato atmosferico da emissioni di combustione di biomasse 77

S. Decesari, M. C. Facchini, M. Mircea, S. Fuzzi Studio dei composti organici solforati volatili di origine marina e loro relazione con i cambiamenti climatici. 81

A. Gambaro, P. Cescon, C. Turetta, R. Piazza, I. Moret Misura dei flussi di gas traccia da piattaforma oceanografica: il progetto OOMPH 85

S. Taddei, P. Toscano, B. Gioli, A. Matese, F. Miglietta, F. P. Vaccari, A. Zaldei, G. Maracchi

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Indice

XI

Dinamica delle emissioni di mercurio da incendi forestali nell’area Mediterranea: implicazioni del climate change 89

S. Cinnirella, N. Pirrone ECHMERIT – Un modello atmosferico a scala globale per studiare le dinamiche del mercurio con i cambiamenti climatici. 93

G. Jung, I. M. Hedgecock, N. Pirrone Forcing radiativo diretto degli aerosol al TOA per modelli di riflettanza superficiale anisotropa 97

C. Lanconelli, A. Lupi, M. Mazzola, C. Tomasi, V. Vitale Influenza delle forze foretiche nel processo di scavenging e negli effetti indiretti dell’aerosol sul clima 101

F. Prodi, G. Santachiara, L. Di Matteo, A. Vedernikov Un nuovo indicatore climatico per il Mediterraneo: la densità di vapore alla superficie del mare 105

M. E. Schiano, S. Sparnocchia, R. Bozzano, S. Pensieri Formazione di nuove particelle, nuclei di condensazione di nubi ed effetti sul clima 109

M. C. Facchini, S. Fuzzi, S. Decesari, M. Mircea Climatologia di nubi precipitanti nella stagione calda: Primi risultati sull’Europa ed il Mediterraneo 113

V. Levizzani, R. Ginnetti, M. Masotti, S. Melani, M. Pasqui, A. G. Laing, R. E. Carbone Alla ricerca di similarità nelle configurazioni della pressione al livello del mare associate a eventi di precipitazione intensa sull’Italia

117

N. Tartaglione, A. Speranza, T. Nanni, M. Brunetti, M. Maugeri, F. DalanCaratterizzazione sinottica del clima estivo e della sua variabilità interannuale, sul Mediterraneo e l’Europa 121

F. Piani, A.Crisci, G. De Chiara, G. Maracchi, F. Meneguzzo, M. Pasqui Effetto delle variazioni dell’uso e copertura del suolo sul clima a scala regionale. 125

G. Dalu, M. Baldi Confronto fra metodi di stima dell’EI30 ai fini del calcolo dell’erosione 129

R. Ferrari, L. Bottai, R. Costantini, L. Angeli, L. Innocenti, G. Maracchi

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

XII

L’impatto della circolazione termoalina sulle scarpate del Mediterraneo 133

G. Verdicchio, F. Trincardi L’influenza dei cambiamenti climatici sul ciclo del mercurio su scala regionale e globale 137

F. Sprovieri, I. M. Hedgecock, N. Pirrone

Ricostruzione dei climi del passato 145

I travertini quaternari dell’Italia centro-meridionale quali indicatori climatici 147

E. Anzalone, B. D’Argenio, V. Ferreri, M. Sprovieri Variazioni nel flusso di ferro tra periodi glaciali ed interglaciali nel corso degli ultimi 780.000 anni. Implicazioni climatiche 153

C. Barbante, V. Gaspari, P. Gabrielli, C. Turetta, P. Cescon La registrazione dei cicli glaciali quaternari sui margini del Mediterraneo 157

A. Asioli, A. Piva, F. Trincardi Il record paleoclimatico Plio-Quaternario del Salento (Puglia meridionale) 161

M. Delle Rose Le variazioni eustatiche e le influenze climatiche sull’evoluzione della Piana di Sibari nel tardo Quaternario 165

R. Pagliarulo Gli ultimi cinque cicli climatici nella successione sedimentaria della pianura friulana 169

R. Pini, C. Ravazzi, M. Donegana Controllo climatico sull’accumulo di sedimenti di margine Olocenici e Pleistocenici del Mar Tirreno Orientale 173

M. Iorio, L. Sagnotti, F. Budillon, J. C. Liddicoat, R. S. Coe, E. Marsella L’evoluzione del clima nell’area mediterranea durante l’intervallo 20.000-70.000 anni 177

M. Sprovieri, N. Pelosi, R. Sprovieri, A. Incarbona, M. Ribera d'Alcalà L’impatto dell’evento combinato Ignimbrite Campana-Heinrich Event 4 sugli ecosistemi umani europei di 40 ka BP 181

B. Giaccio, F. G. Fedele, R. Isaia

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Indice

XIII

L’ultima transizione glaciale-interglaciale sul versante meridionale delle Alpi e in Pianura Padana 185

C. Ravazzi, R. Pini, E. Vescovi, W. Tinner, L. Wick,Variazioni climatiche ed evoluzione della zona costiera 189 F. Marabini La ricostruzione di paleoclimi e paleoambienti mediante l’uso degli isotopi radiogenici e stabili nei reperti fossili 193

M. Pellegrini, A. Longinelli, P. Iacumin Paleoclimatologia e sedimenti lacustri 197 P. Guilizzoni, A. Lami, A. Marchetto, M. Manca, S. Musazzi, S. Gerli Clima e tassi di sedimentazione nell’area veneziana 201 S. Donnici, R. Serandrei-Barbero, G. Canali Possibili cause delle variazioni dei tassi di sedimentazione della Laguna di Venezia nella cronozona subatlantica 205

S. Donnici, A. D. Albani, A. Bergamasco, L. Carbognin, S. Carniel, M. Sclavo, R. Serandrei-Barbero Periodicità submillenarie registrate nei sedimenti marini degli ultimi 2000 anni (Tirreno orientale) 209

F. Lirer, M. Sprovieri, N. Pelosi, L. Ferraro Cascate sottomarine nel Mediterraneo 213 G. Verdicchio, F. Trincardi Considerazioni sulle modificazioni climatiche e ambientali nel periodo storico e nel prossimo futuro 217

S. Pagliuca, F. Ortolani Variabilità climatica in Italia nord-occidentale nella seconda metà del XX secolo 221

J. von Hardenberg, N. Ciccarelli, A. Provenzale, C. Ronchi, A. Vargiu, R. PelosiniVariabilità e cambiamenti climatici in Italia nel corso degli ultimi due secoli 225

T. Nanni, M. Brunetti, M. Maugeri Variazioni nella frequenza e nell’intensità delle precipitazioni giornaliere in Italia negli ultimi 120 anni 229

T. Nanni, M. Brunetti, M. Maugeri

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

XIV

Climatologia delle temperature ed eventi estremi estivi a scala nazionale e regionale 233

G. Bartolini, M. Morabito, T. Torrigiani, M. Petralli, L. Cecchi, S. Orlandini, M. Baldi, D. Grifoni, G. Dalu, M. Pasqui, G. Maracchi Valutazione dei trend pluviometrici in Calabria 237 G. Buttafuoco, T. Caloiero, R. Coscarelli Dalla scala locale alla scala regionale: la pluviometria del bacino del fiume Arno come segnale del cambiamento climatico del Mediterraneo.

241

Gozzini B., M. Baldi, G. Maracchi, F. Meneguzzo, M. Pasqui, F. Piani, A. Crisci, R. Magno, F. Guarnieri, L. Genesio, G. De Chiara, L. Fibbi, F. Marrese, B. Mazzanti, G. Menduni Analisi climatologica degli eventi estremi di Libeccio a Livorno 245 A. Scartazza, G. Brugnoni, B. Doronzo, B. Gozzini, L. Pellegrino, G. Rossini, S. Taddei, F. P. Vaccari, G. Maracchi Evoluzione secolare del livello marino dalle osservazioni mareografiche di Trieste (Adriatico Settentrionale) 249

F. Raicich Anomalie nello stato della copertura vegetale in Africa da serie storiche di dati satellitari 253

P. A. Brivio, M. Boschetti, P. Carrara, D. Stroppiana, G. Bordogna

Le ricerche polari ed i cambiamenti climatici 257

La ventilazione profonda nel mare di Ross 259 A. Bergamasco, W. P. Budgell, S. Carniel, J. Chiggiato, M. Sclavo, R. PuriniLa convezione “shelf-slope” a Baia Terra Nova: un approccio modellistico numerico 263

A. Bergamasco , S. Aliani , R. Purini Incidenza dei cambiamenti climatici sull’ecosistema pelagico del Mare di Ross (Antartide) 267

M. La Mesa, M. Azzali, I. Leonori La pompa biologica del carbonio nel mare di Ross (Antartide). 271 G. Catalano, M. Ravaioli, F. Giglio, L. Langone, G. Budillon, A. Accornero, V. Saggiomo, M. Modigh, P. Povero, C. Misic, O.Mangoni, G. C. Carrada, R. La Ferla, M. Azzaro

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Indice

XV

Cambiamenti climatici e vita negli ambienti estremi. Struttura, funzione ed evoluzione delle emoglobine dei pesci polari 277

C. Verde, G. di Prisco Evoluzione adattativa delle molecole anticorpali dei teleostei polari 283 U. Oreste, M. R. Coscia Ricerche climatiche e paleoclimatiche in Antartide: un tuffo nel passato presente e futuro del clima globale. 287

F. Giglio, L. Capotondi, M. Frignani, L. Langone, M. Ravaioli I cambiamenti della temperatura degli stati superficiali del mare nella polynya di Baia Terra Nova (Mare di Ross, Antartide) negli ultimi dieci anni

291

S. Aliani , A. Bergamasco , R. Meloni Ricostruzioni paleoambientali e paleoclimatiche in ambienti estremi: l’esempio di un lago artico 295

S. Musazzi, A. Marchetto, A. Lami, M. Manca, L. Langone, A. Brauer, F. Lucchini, N. Calanchi, E. Dinelli e P. Guilizzoni, A. Mordenti Influenza sul ciclo del carbonio della variabilità spazio-temporale della biomassa e della attività microbica nel Mare di Ross (Antartide)

299

R. La Ferla, F. Azzaro , M. Azzaro , G. Maimone , L.S. Monticelli Periodicità orbitali ed influenza eustatica nelle oscillazioni degli ultimi 2,6 Ma della calotta glaciale Antartica 303

M. Iorio Monitoraggio delle coperture nevose con tecniche satellitari per lo studio dei cambiamenti climatici in aree polari 307

R. Salvatori Il ruolo del clima nel controllo del flusso di iridio e platino di origine cosmica 311

C. Barbante, P. Gabrielli, G. Cozzi, C. Turetta, P. Cescon Determinazione delle specie gassose e particellari nella troposfera polare mediante i denuders di diffusione 315

A. Ianniello, I. Allegrini Risposta diretta del contenuto colonnare di NO2 e O3 al ciclo solare di 27 giorni nell'ottica dei problemi climatici 319

I. Kostadinov, G. Giovanelli, A. Petritoli, E. Palazzi, D. Bortoli, F. Ravegnani, R. Werner, D. Valev, At. Atanassov, T. Markova, A. Hempelmann

Page 19: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

XVI

I valori di fondo della CO2 atmosferica a Jubany e le interazioni con il fenomeno de El Niño 323

C. Rafanelli, L. Ciattaglia, S. Carnazza Effetti radiativi diretti indotti dagli aerosol presso le stazioni MZS e Dome C in Antartide 327

A. Lupi, C. Lanconelli , M. Mazzola, V.Vitale, C. Tomasi

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici 331

Temperatura Superficiale del Mare da dati satellitari 333 S. Melani, A. Orlandi, C. Brandini, A. Ortolani La Boa meteo-oceanografica ODAS-Italia1: un laboratorio marino d’altura 337

R. Bozzano, S. Pensieri, M.E. Schiano, S. Sparnocchia, M. Borghini, P. PiccoVariabilità dell’oceano globale da dati di boe flottanti: distribuzione e ruolo di cicloni e anticicloni 341

A. Griffa, M. Veneziani La temperatura superficiale del Mar Mediterraneo negli ultimi 21 anni: analisi delle misure satellitari 345

B. Buongiorno Nardelli, R. Santoleri, S. Marullo, M. Guarracino SuMaRad: strumento per la misura della trasmittanza dell'acqua marina 349

G. Fasano, A. Materassi, F. Benincasa Il Pianosa LAB: un laboratorio naturale per lo studio delle interazioni fra atmosfera e biosfera terrestre 353

F. P. Vaccari, F. Miglietta, G. Maracchi Mappe di flussi di calore ad alta risoluzione con dati multispettrali da piattaforma aerea: l’approccio MSSEBS 357

M. Esposito, V. Magliulo, J. Colin, M. Menenti Risposta della vegetazione alla radiazione netta ed alle precipitazioni: serie temporali di dati da satellite 361

M. Menenti, L. Jia , W. Verhoef

Page 20: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

Indice

XVII

I sistemi CNR-FACE (Free Air CO2 Enrichment) per lo studio dell’impatto dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi terrestri: tecnologie e risultati

365

F. Miglietta, S. Baronti, M. G. Lanini, A.Raschi, A. Zaldei, F. P. Vaccari, G. Maracchi, F. Selvi, R. Tognetti Camera climatica per studi sulle relazioni piante-ambiente 369 A. Materassi, G. Fasano, F. Benincasa Analisi delle dinamiche della vegetazione nella regione Saheliana (Africa dell’ovest) mediante uso d’immagini telerilevate. 373

P. Vignaroli, L.Genesio, F. Maselli, C.Vallebona, B. Canessa, V. Capecchi, A. Di Vecchia, G. Maracchi Osservazione e previsione del Monsone dell’Africa Occidentale 377 S. Melani, M. Gaetani, M. Pasqui, G.A. Dalu, A. Ortolani, M. Baldi, G. MaracchiStime di precipitazione mediante dati da piattaforme satellitari 381 A. Antonini, S. Melani, A. Ortolani, A. Orlandi, G. Maracchi Individuazione dei segnali di cambiamento climatico a scala locale e regionale 385

V. Capecchi, A. Crisci, L. Fibbi , B. Gozzini, D. Grifoni, F. Pasi, M. Rossi, C. Tei, F. Piani Monitoraggio a scala globale della superficie terrestre con radiometri a microonde da satellite 389

S. Paloscia, G. Macelloni, P. Pampaloni, E. Santi Misure radiometriche al suolo per lo studio delle proprietà ottiche degli aerosol e del vapor d’acqua 393

G. Pavese, F. Esposito, G. Masiello, C. Serio, V. Cuomo Osservazione della composizione chimica dell'atmosfera e delle sue evoluzioni con i cambiamenti climatici: l’importanza strategica delle stazioni CNR in Calabria

397

N. Pirrone, F. Sprovieri Otto anni di osservazioni a Mt. Cimone: analisi climatologica del biossido di azoto in stratosfera 401

A. Petritoli, E. Palazzi, F. Ravegnani, I. Kostadinov, D. Bortoli, S. Masieri, G. Giovanelli Valutazione e definizione degli standard per la spazializzazione dei parametri meteo-climatici 405

R. Ferrari, L. Bottai, F. Maselli, R. Costantini, A. Crisci, R. Magno, G. Maracchi

Page 21: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

XVIII

Realizzazione per l’Italia di una banca dati climatologia di serie storiche strumentali utrasecolari 409

T. Nanni, M. Brunetti, M. Maugeri Sviluppo di tecnologie WebGIS Open Source per il monitoraggio dell’impatto dei cambiamenti climatici nell’Africa sub-sahariana. 413

T. De Filippis, L. Rocchi, P. Vignaroli, B. Canessa, A. Di Vecchia, G. MaracchiRicerche ecologiche di lungo termine (LTER) e cambiamenti climatici: il ruolo del CNR 417

G. Matteucci, F. Bianchi, R. Bertoni, A. Pugnetti, M. Ravaioli Velocità di crescita della CO2 atmosferica lungo rotte emisferiche dall’Italia all’Antartide 421

L. Langone, F. Giglio, C. Ori, R. Lenaz, A. Longinelli, E. Selmo Nuove tecnologie per la misura di emissioni e assorbimenti di gas serra a scala regionale 425

B. Gioli, A. Matese, F. Miglietta, P. Toscano, A. Zaldei, G. Maracchi Misura delle emissioni di gas ad effetto serra di un sistema urbano 429 A. Matese, B. Gioli, F. Miglietta, P. Toscano, F.P. Vaccari, A. Zaldei, G. MaracchiMonitoraggio pollinico per lo studio dell’effetto dei cambiamenti climatici in ambiente mediterraneo 433

G. Pellizzaro, B. Arca, A. Canu, C. Cesaraccio Un approccio Bayesiano per la stima del flusso superficiale di CO2a partire da misure rilevate da piattaforma aerea 437

A. Riccio, G. Giunta, S.M. Alfieri, M. Esposito, V. Magliulo Caratterizzazione delle proprietà radiative degli aerosol nella pianura padana da misure delle stazioni AERONET 441

C. Di Carmine, C. Tomasi Caratterizzazione dell’aerosol urbano ed extraurbano mediante misure di telerilevamento passivo da terra e da satellite. 447

M. Campanelli, G. P. Gobbi, C. Tomasi, T. Nakajima Analisi di dati da satellite per lo studio della forzatura radiativa diretta degli aerosol su scala regionale 451

M. Mazzola, C. Lanconelli, A. Lupi, V. Vitale, C. Tomasi La rete lidar europea “EARLINET” per lo studio degli aerosol a scala continentale 455

G. Pappalardo e il team di EARLINET

Page 22: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

Indice

XIX

Misura dell’indice di rifrazione di particelle di aerosol mediante nefelometro polare 459

F. Prodi, L. Di Matteo, G. Santachiara, F. Belosi Climatologia dell’aerosol atmosferico: tTelerilevamento di variabili con impatto climatico e ambientale 463

G. P. Gobbi, F. Angelini, F. Barnaba, T. C. Landi Microfisica delle nubi e loro impatto sul clima 467 F. Romano, E. Di Tomaso, T. Montesano, E. Ricciardelli, V. Cuomo, E. GeraldiLo studio dell'atmosfera e del clima presso la Stazione WMO-GAW “O. Vittori” di Monte Cimone (2165 m slm) 471

P. Cristofanelli, J. Arduini, U. Bonafè, F. Calzolari, A. Marinoni, M. Maione, F. Roccato, P. Bonasoni L’osservatorio ABC-Pyramid a 5079 m slm in Himalaya. Una stazione per la misura di aerosol, ozono e gas serra alogenati 475

A. Marinoni, P. Cristofanelli, U. Bonafé, F. Calzolari, F. Roccato, F. Angelini, S. Decesari, MC. Facchini, S. Fuzzi, G. P. Gobbi e P. Bonasoni, P. Laj, K. Sellegri, H. Venzac, P. Villani, M. Maione, J. Arduini, E. Vuillermoz, G. P. Verza Monitoraggio dei cambiamenti globali in Himalaya e Karakorum 479 G. Tartari, E. Vuillermoz, L. Bertolani Studio delle variazioni di NO2 nella stratosfera antartica a diverse scale temporali 483

D. Bortoli, G. Giovanelli, F. Ravegnani, I. Kostadinov, S. Masieri, E. Palazzi, A. Petritoli, F. Calzolari, G. Trivellane La concentrazione di O3 e dei gas serra nell’atmosfera polare 487 C. Rafanelli, A. Damiani, E. Benedetti, M. Di Menno, A. Anav, I. Di Menno

Impatti dei cambiamenti climatici 493

Ciclo del carbonio in mare e cambiamenti climatici 495 C. Santinelli, L. Nannicini, A. Seritti Analisi di parametri meteomarini per studi energetici e morfodinamici di lungo periodo 501

C. Brandini, A. Orlandi, A. Ortolani, G. Giuliani, B. Gozzini

Page 23: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

XX

Accelerati tassi di sequestro di anidride carbonica nelle acque profonde del Mediterraneo Orientale durante il transiente 505

M. Azzaro, R. La Ferla Simulazione dei trasporti allo Stretto di Sicilia come indicatore della variabilità della circolazione termoalina mediterranea 509

R. Sorgente, A. Olita, A. Ribotti, A. Perilli, S. Natale, S. Mazzola, G. Basilone, A. Cuttitta Presenze di specie ittiche esotiche come possibili indicatori di cambiamenti climatici: il caso dello Stretto di Sicilia 513

M. L. Bianchini, S. Ragonese Effetti dell'anomalia termica dell'estate 2003 sull'idrodinamica del Canale di Sicilia 517

A. Olita, R. Sorgente, A. Ribotti, A. Perilli, S. Natale, A. Bonanno, B. Patti, G. Buscaino Canali e stretti quali punti di osservazione privilegiata per lo studio della variabilità interannuale nel bacino Mediterraneo 521

G. P. Gasparini, K. Schröder, A. Vetrano e M. Astraldi Variabilità interannuale della produzione primaria nel Mar Mediterraneo: 8 anni di osservazioni SeaWiFS 525

S. Colella, R. Santoleri Effetti della temperatura (SST) sulla biomassa dei riproduttori di acciughe (Engraulis encrasicolus) 529

G. Basilone, A. Bonanno, B. Patti, A. Cuttitta, G. Buscaino, G. Buffa, A. Bellante, G. Giacalone, e S. Mazzola, A. Ribotti, A. Perilli Influenza delle variabili ambientali sulle fluttuazioni della biomassa di sardine (Sardina pilchardus) nello Stretto di Sicilia 533

A. Bonanno, S. Mazzola, G. Basilone, B. Patti, A. Cuttitta, G. Buscaino, S. Aronica, I. Fontana, S. Genovese, S. Goncharov, S.Popov, R. Sorgente, A. Olita, S. Natale Fluttuazioni interannuali nell’abbondanza degli stadi larvali di Engraulis encrasicolus e di Sardinella aurita in relazione al riscaldamento delle acque superficiali nello Stretto di Sicilia

537

A. Cuttitta, B. Patti, G. Basilone, A. Bonanno, L. Caruana, A. Di Nieri, C. Patti, C. Cavalcante, G. Buscaino, G. Tranchida, F. Placenti e S. Mazzola, L. Saporito, G.M. Armeri, V. Maltese, R. Grammauta, M. Zora Analisi di variabili climatiche in funzione della comprensione della variabilità planctonica (caso di studio: Golfo di Trieste) 541

A. Conversi, F. Crisciani, S. Corti, T. Peluso

Page 24: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

Indice

XXI

Fluttuazioni spazio-temporali della biomassa dei piccoli pelagici nel Mare Adriatico in relazione ai cambiamenti climatici 547

M. Azzali, I. Leonori, A. De Felice Comunità fitoplanctoniche e climatologia nell’Adriatico Settentrionale 551

A. Pugnetti, M. Bastianini, F. Acri, F. Bernardi Aubry, F. Bianchi, A. Boldrin, G. Socal Risposta dei sistemi costieri alle variazioni climatiche globali 557 G. De Falco, A. Cucco, P. Magni, A. Perilli, M. Baroli, S. Como, I. Guala, S. Simeone, F. Santoro, S. De Muro Ricostruzione della variabilità biogeochimica nel Mediterraneo: risposta microbica ai cambiamenti globali. 561

R. La Ferla , M. Azzaro , G. Caruso, G. Maimone , L.S. Monticelli, R. ZacconeStudio degli effetti dei cambiamenti climatici sulla biodiversità e sul funzionamento degli ecosistemi marini lungo le coste europee 565

P. Magni, A. Cucco, G. De Falco, A. Perilli, S. Como, G.A. Fenzi, S. Rajagopal, G. van der Velde Il ruolo dei cambiamenti climatici nella dinamica dei nutrienti nel continuum bacino del Po - nord Adriatico 569

S. Cinnirella, G. Trombino, N. Pirrone Impatto dei cambiamenti climatici sui sistemi fluviali a regime temporaneo: modellizzazione idrologica e dinamica dei processi di trasformazione del sedimento

573

A. Puddu, A. Lo Porto, A. Zoppini, A. Barra Caracciolo, S. Fazi, P. Grenni, A. M. De Girolamo, S. Amalfitano, F. De Luca Influenza dei cambiamenti climatici sul regime idrologico di due bacini idrografici in ambiente mediterraneo 577

A. Lo Porto, A. M. De Girolamo, A. Abouabdillah, D. De Luca, G. SanteseImpatto del cambiamento climatico su erosione e perdita di nutrienti dal suolo agricolo nel bacino dell’Enza. 581

M. Garnier, G. Passarella, A. Lo Porto Trend termopluviometrico, siccità e disponibilità di acque sotterranee in Italia meridionale 585

M. Polemio, D. Casarano, V. Dragone

Page 25: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

XXII

Fattori climatici che influenzano la struttura termica e la qualità delle acque lacustri. Prospettive di ricerca nell’ambito delle risposte ai cambiamenti globali

589

D. Copetti, G. Tartari, Jörg ImbergerGli effetti del riscaldamento climatico sulla chimica delle acque in ambiente alpino 593

M. Rogora, P. Guilizzoni, A. Lami, A. Marchetto, R. Mosello Influenze climatiche sui corpi lacustri del Sagarmatha National Park, Mount Everest, Nepal 597

A. Lami, A. Marchetto, G. Morabito, M. Manca, R. Mosello, G. A. Tartari, R. Piscia, G. Tartari, F. Salerno Riscaldamento delle acque profonde nei laghi italiani: un indicatore di cambiamenti climatici 601

W. Ambrosetti, L. Barbanti, E. A. Carrara Indagini paleolimnologiche in laghi himalayani: ricostruzioni del clima del passato ed effetti delle variazioni climatiche sulle biocenosi.

605

A. Lami, S. Musazzi, M. Manca, A. Marchetto e P. Guilizzoni, L. Guzzella Cambiamenti climatici: quali effetti sulle piogge e sui livelli del lago 609

M. Ciampittiello, A.Rolla Cambiamenti climatici e fioriture di cianobatteri potenzialmente tossici nel Lago Maggiore 613

R. Bertoni, C. Callieri, E.Caravati, G. Corno, M. Contesini, G. Morabito, P. Panzani, C.Giardino Variazioni climatiche interannuali e dinamica stagionale del fitoplancton nel Lago Maggiore 617

G. Morabito Impatto del riscaldamento globale sullo zooplancton e sull’efficienza della catena trofica pelagica 621

M. Manca, A. Visconti, R. de Bernardi Metodologia di bilancio di massa per la stima degli scambi gassosi superficiali a scala territoriale 625

U. Amato, M. F. Carfora, S. M. Alfieri, M. Esposito, V. Magliulo Analisi multiscala del rischio desertificazione per gli agroecositemi 629 R. Magno, L. Genesio, A. Crisci, G. Maracchi

Page 26: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

Indice

XXIII

Stima dei tempi di correlazione caratteristici dell’attività fotosintetica terrestre su scale climatiche 633

M. Lanfredi, T. Simoniello, V. Cuomo, M. Macchiato I composti organici volatili di origine biogenica (BVOC) nell’atmosfera e loro ruolo nei cambiamenti climatici 637

P. Ciccioli, F. Loreto Impatto dell’aumento della CO2 atmosferica sull’emissione biogenica di composti organici volatili (VOC) 641

R. Baraldi, F. Rapparini, F. Miglietta, G. Maracchi Sequestro del C del suolo: la mappatura del C del suolo in ecosistemi mediterranei 645

L . P. D’Acqui, F. Maselli, C. A. Santi Studio delle interazioni clima-vegetazione mediante applicazione degli isotopi stabili 13C e 18O 649

E. Brugnoli, M. Lauteri, M. Pellegrini, G. Scarascia Mugnozza, L. Spaccino, M. Manieri Le sorgenti naturali di CO2: quindici anni d’attività di ricerca scientifica 653

S. Baronti, F. Miglietta, A. Raschi, R. Tognetti, F. P. Vaccari, G. MaracchiI modelli di simulazione nello studio dell’impatto dei cambiamenti climatici sulle colture mediterranee 657

C. Cesaraccio, P. Duce, A. Motroni, M. Dettori Valutazione della vulnerabilità degli ecosistemi arbustivi ai cambiamenti climatici: esperienze di manipolazione climatica in pieno campo

661

P. Duce, G. Pellizzaro, C. Cesaraccio, A. Ventura, D. Spano, C. Sirca, P. De Angelis, G. de Dato

Il contributo degli impianti da frutto all’assorbimento della CO2atmosferica

665

O. Facini, T. Georgiadis, M. Nardino, F. Rossi, G. Maracchi, A.Motisi La diffusione di Aedes Albopictus (Skuse) (Zanzara Tigre) in relazione ai cambiamenti climatici 669

R. Vallorani, A. Crisci, G. Messeri, B. Gozzini Gilia: 4 anni di monitoraggio della migrazione primaverile delle rondini (Hirundo rustica L.) 673

L. Massetti, G. Brandani, A. Crisci, G. Maracchi

Page 27: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

XXIV

Impatto della variabilità climatica sugli ecosistemi alpini: esempi dal Parco Nazionale Gran Paradiso 677

B. Bassano, A. von Hardenberg, R. Viterbi, A. Provenzale Bilancio dei flussi di tre gas serra (CO2, CH4, N2O) in un prato-pascolo alpino: confronto tra 2003 e 2004 681

F. Berretti, S. Baronti, M. Lanini, G. Maracchi, A. Raschi, P. Stefani Caratterizzazione meteo-climatica degli eventi pluviometrici in ambiente alpino: metodologia e primi risultati 685

G. Nigrelli Verso un modello per l’analisi non lineare delle influenze climatiche sulle densità di popolazione di roditori in Appennino 689

A. Pasini, G. Szpunar, M. Cristaldi, R. Langone, G. Amori Cambiamenti globali e complessità della conservazione delle risorse geniche – Il modello della specie polifunzionale Castaneasativa Mill

693

F. Villani, C. Mattioni, M. Cherubini e M. Lauteri Impatto del cambiamento climatico sulle interazioni ospite-parassita in specie coltivate: il caso della dorifora della patata (Leptinotarsa decemlineata Say)

697

F. P. Vaccari, F. Miglietta, A. Raschi, G. Maracchi Uso di serie temporali NDVI per stimare l’effetto dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi forestali 701

F. Maselli, M. Chiesi, A. Rodolfi, G. Maracchi Produttività primaria e assorbimento di carbonio in ecosistemi agro-forestali: l’impatto dei cambiamenti atmosferici previsti a metà del secolo XXI

705

G. Scarascia-Mugnozza e C. Calfapietra, P. De Angelis, F. Miglietta Ecosistemi forestali e mitigazione dei cambiamenti ambientali: sequestro di carbonio in foreste italiane 709

G. Matteucci, G. Scarascia-Mugnozza Modellizzazione dell’accumulo di carbonio in ecosistemi forestali tramite elaborazione di dati telerilevati ed ausiliari 713

L. Fibbi, M. Chiesi, F. Maselli, M. Moriondo, M. Bindi, G. Maracchi Impatto dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi agro-forestali mediterranei 717

M. Centritto

Page 28: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

Indice

XXV

Effetto dei cambiamenti climatici sul rischio di incendi boschivi in area mediterranea 721

B. Arca, G. Pellizzaro, P. Duce, A. Ventura, P. Zara, D. Spano, C. Sirca, M. Salis, R. L. Snyder, K. T. Paw U Variazioni climatiche e cambiamenti faunistici: l’evoluzione delle faune a mammiferi del Mediterraneo occidentale durante gli ultimi 3 milioni di anni

725

M. R. Palombo

Mitigazione dei cambiamenti climatici ed adattamento 733

Stima della sensibilità all’erosione del suolo attraverso l’analisi di scenari climatici 735

L. Angeli, L. Bottai, R. Costantini, R. Ferrari, L. Innocenti, G. Maracchi Valutazione ed analisi dei fenomeni di degrado del suolo 739 R. Coscarelli, I. Minervino, M. Sorriso-Valvo, B. Ceccanti, G. Masciandaro Erosione del suolo, stabilità degli aggregati e clima 743 M. P. Salvador Sanchis , M. S. Yañez, P. Cassi, D. Bartolini, L. Borselli, F. Ungaro, D. Torri Ricorrenza degli eventi alluvionali, dissesto idrogeologico e trend climatico nella Locride (Calabria SE) 747

O. Petrucci, M. Polemio Ricorrenti variazioni del clima ed eventi alluvionali nel nord Italia 751 D. Tropeano, L. Turconi Modificazioni nell’ambiente fisico d’alta montagna e rischi naturali in relazione ai cambiamenti climatici 757

M. Chiarle, G. Mortara Cambiamenti climatici, processi di abbandono, conservazione e sviluppo sostenibile in paesaggi marginali mediterranei 761

M. Lauteri, M. Alimonti, A. Oriani, A. Pisanelli Metodologie per la classificazione delle aree agricole e naturali in relazione al rischio climatico 765

P. Duce, C. Cesaraccio, D. Spano, A. Motroni Effetto dei cambiamenti climatici in atto sulla qualità dei vini 769 D. Grifoni, G. Zipoli, G. Maracchi, S. Orlandini, M. Mancini

Page 29: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

XXVI

Adattamento alla siccità e utilizzazione di risorse idriche differenziate nelle specie delle dune costiere 773

M. Lauteri, E. Brugnoli Monitoraggio delle condizioni meteorologiche nella prevenzione delle infestazioni da Locusta del deserto 777

C. Vallebona, L. Genesio, A. Crisci, M. Pasqui, A. Di Vecchia, G. Maracchi Ruolo fotoprotettivo degli antociani in piante di mais esposte a episodi di gelo improvviso durante la fase vegetativa 781

F. Pietrini, A. Massacci Tendenze e prospettive climatiche della frequenza di grandine in Toscana e nel centro Italia 785

F. Piani, A. Crisci, G. De Chiara, G. Maracchi, F. Meneguzzo, M. Pasqui Ondata di calore 2006 in Toscana: il circolo vizioso dell’effetto serra 789

L. Genesio, F. P. Vaccari, F. Miglietta, R. Magno, P. Toscano Un modello di riscaldamento del Mediterraneo: le sorgenti idrotermali sono oasi termofile per insediamento di specie lessepsiane

793

S. Aliani, A. M. De Biasi Microclimatologia dell’involucro urbano 797 T. Georgiadis, F. Rossi, G. Maracchi Cambiamenti climatici: comfort e turismo in Italia centrale 801 M. Morabito, S. Orlandini, A. Crisci, G. Maracchi Cambiamenti climatici e patrimonio culturale. Contributi sugli effetti dei cambiamenti climatici sul patrimonio costruito e sul paesaggio culturale

805

C. Sabbioni, A. Bonazza, P. Messina Variazioni climatiche, comfort termico e tipologia di abbigliamento in Italia (1950-2000). 809

A. Crisci, M. Morabito, L. Bacci , G. Maracchi La scarsità idrica in agricoltura: strumenti di supporto per l’analisi economica e la definizione di politiche sostenibili 813

G. M. Bazzani Processi decisionali partecipativi per la definizione di strategie di mitigazione dello stress idrico 819

R. Giordano, V. F. Uricchio

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Indice

XXVII

La costituzione di una banca dati agrometeorologica e socio-economica per l’analisi dei cambiamenti climatici nella regione saheliana.

823

M. Bacci, T. De Filippis, A. Di Vecchia, P. Vignaroli, V. Tarchiani, G.MaracchiUno strumento di pianificazione delle risorse idriche sotterranee sotto l’influenza dei cambiamenti climatici 827

I. Portoghese, M. Vurro, G. Giuliano Possibili metodi di sequestro di gas serra in Italia 831 L. Dallai, C. Boschi, A. Dini, G. Ruggieri, F. Gherardi, S. Biagi, C. Geloni, G. Gianelli, M. Guidi Confronto tra climatologia del vento nel Mediterraneo simulata con modello di clima e osservazioni da satellite 835

A. M. Sempreviva, F. Cheruy, B. Furevick, C. Transerici Refrigerazione magnetica: un’alternativa alla tradizionale tecnologia basata sulla compressione dei gas. 839

L. Pareti, F. Albertini, A. Paoluzi, S. Fabbrici, F. Casoli, M. Solzi Minimizzazione dei consumi energetici negli impianti di depurazione e riduzione dell’impatto sul clima 843

G. Mininni, M. C. Tomei, D. Marani, C. M. Braguglia Sviluppo di Strumenti di Supporto alle Decisioni per la mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici sull’ambiente. 847

G. Trombino, S. Cinnirella, N. Pirrone Utilizzo di modelli comprehensive per l’individuazione di strategie di mitigazione dei cambiamenti climatici 851

C. Cosmi, S. Di Leo, S. Loperte, F. Pietrapertosa, M. Salvia, V. Cuomo Struttura produttiva territoriale ed efficienza di emissioni attraverso la NAMEA regionale 855

M. Mazzanti, A. Montini, R. Zoboli Emission trading europeo e processi di eco-innovazione industriale 859 S. Pontoglio, R. Zoboli

Indice degli Autori 865

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Osservazioni da satellite, reti di misura e basi dati sui cambiamenti climatici

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1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

Oltre il 70% della superficie terrestre è copertada oceano, la variabilità del quale, in termini ditemperatura superficiale, ha un significativoimpatto socio-economico. El Niño è forse l’esempio più conosciuto dicome il cambiamento della temperatura superfi-ciale del mare (SST) incida direttamente sulclima e sulle attività economiche legate all’am-biente (ad esempio nei cicli biologici). Ma laSST è anche il più importante indicatore delriscaldamento globale e dei cambiamenti che neconseguono. Infatti il trasferimento del calore èil motore delle dinamiche atmosferiche e ocea-niche e quindi dei cambiamenti climatici a livel-lo globale, e l’oceano è un’immensa riserva dicalore. L’osservazione precisa della SST comevariabile su lunghi periodi di tempo è critica perlo sviluppo di modelli climatici; su base operati-va, lo è anche per migliorare le previsionimeteorologiche a varie scale.Le osservazioni satellitari rispondono in manie-ra soddisfacente a questa necessità, essendo lemisure in situ (da boe o navi) poche e disomo-genee, più adatte quindi a calibrare le osserva-zioni remote.I sensori a bordo di satelliti polari, come

l'AVHRR sulla serie NOAA, sono stati utilizza-ti per più di 17 anni e attualmente fornisconomisure globali nell'infrarosso termico di SST adalta risoluzione spaziale (1,1km al nadir) e pre-cisione (0,3-0,6K RMS), approssimativamentedue volte al giorno. L'ultima generazione di satelliti geostazionariMSG (METEOSAT Second Generation) ha por-tato nuove opportunità nella stima della SST,dovute ai nuovi canali spettrali, insieme all’altocampionamento temporale (15 minuti), e spa-ziale (3km al nadir), rispetto alla precedentegenerazione.L’alta frequenza temporale permette la risolu-zione del ciclo diurno e un grande numero diosservazioni libere da nubi. In questo contesto,il laboratorio per la Meteorologia e laModellistica Ambientale (LaMMA), gestito daIBIMET-CNR, ha implementato un algoritmooperativo per il calcolo della SST focalizzatoall’area Mediterranea, utilizzando i canali nel-l’infrarosso termico (IR) di MSG.I campi di SST prodotti sono realizzati nella pro-spettiva di essere integrati in un sistema accop-piato di modellistica meteomarina, che possarisolvere scale di interesse per la meteorologiaoperativa a scala limitata e le previsioni a piùsettimane. In questo senso sono misure calibra-

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Temperatura superficiale del mare da dati satellitari

S. Melani, A. Orlandi, C. Brandini, A. OrtolaniIstituto di Biometeorologia, CNR, Firenze, ItaliaLaboratorio per la Meteorologia e Modellistica Ambientale (LaMMA)[email protected]

SOMMARIO: La Temperatura Superficiale del Mare (SST) è una variabile di rilevante interesse scientifico,poiché è parametro chiave nella determinazione dei flussi di calore fra mare e atmosfera, responsabili deiprincipali fenomeni meteorologici e climatici a varie scale. Ben nota è l’importanza della SST nel deter-minare gli scenari climatici a lungo termine o nelle previsioni dei cicli di El Niño-La Niña. Il laboratorioper la Meteorologia e la Modellistica Ambientale (LaMMA), gestito da IBIMET-CNR, ha implementatoun algoritmo per il calcolo operativo della SST, utilizzando i dati del satellite geostazionario MSG(METEOSAT Second Generation), con l’obiettivo di avere un prodotto flessibile e calibrato sulMediterraneo, utilizzabile per indagare l’importanza delle dinamiche della SST nel determinare la meteo-rologia e la climatologia stagionale, anche a scale inferiori a quelle solitamente considerate.

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te specificatamente sull’area di interesse, nonsono necessariamente mediate su molte ore(come i prodotti standard) e il problema dei datimancanti (ad esempio la copertura nuvolosa)può essere trattato in maniera specifica a secon-da dell’applicazione in esame.

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

2.1 Definizione di SSTI satelliti usualmente misurano la temperaturadel mare riferita ai primi micron di profondità(skin temperature, Tskin). Le boe ondametriche sono gli strumenti di riferi-mento per le misure dirette (in situ) di tempera-tura marina ed effettuano “misure di superficie”tramite sensori termometrici posti ad una profon-dità che varia generalmente tra 0,5 ed 1 metro,dando la cosiddetta bulk temperature (Tbulk).La differenza Tskin-Tbulk è circa 0,2K durantele ore notturne (Tskin minore di Tbulk), ma puòarrivare ad alcuni gradi centigradi durante ilgiorno in condizioni di intenso irraggiamentosolare (Tskin maggiore di Tbulk).Tale differenza è dovuta alla concomitanza deidue fenomeni rappresentati schematicamente inFigura 1 (Fairall et al., 1996): il raffreddamentosuperficiale (profili A e B), ed il riscaldamentodiurno (profilo B).Il primo fenomeno, dovuto agli scambi di calo-re attraverso l’interfaccia aria-acqua, causausualmente differenze modeste (comprese tra0,1 e 0,5°C): la temperatura dei primi millimetri

del mare è minore di quella di qualche millime-tro più profonda. Questo fenomeno è presentedurante tutto l’arco della giornata. Il secondo fenomeno, oltre ad originare varia-zioni maggiori (può arrivare fino a 3°C), è moltopiù complesso da modellizzare. In questo caso,gli strati più superficiali del mare si riscaldanomaggiormente a causa dell’irraggiamento solare(ovviamente solo nelle ore diurne). L’entità delriscaldamento indotto da tale fenomeno e la pro-fondità dello strato da esso interessato, dipendenon solo dall’irraggiamento solare, ma anchedai meccanismi di rimescolamento indotti dallaturbolenza che caratterizza lo strato limite mari-no, e di conseguenza presenta una forte variabi-lità, molto difficile da modellizzare.Dal momento che gli algoritmi di stima dellaSST vengono generalmente calibrati medianteconfronto con boe oceanografiche, i valori daessi forniti (Tskin) vengono corretti mediante untermine pari a 0,2K, che consente di eliminareapprossimativamente il fenomeno del raffredda-mento superficiale. I valori delle stime di SSTcosì corretti (Tsubskin) possono essere diretta-mente confrontati con quelli misurati dalle boe(Tbulk) durante le ore notturne. Data la difficoltà a modellizzare i fenomeni chedanno luogo al riscaldamento superficiale nelleore diurne, le stime di SST nelle ore diurne nonsono direttamente confrontabili con le boe ocea-nografiche.

2.2 Tecnica di stima della SST nell’IR da dati MSGPer ottenere misure con continuità, è stata realiz-zata una procedura automatica in tempo realeper la stima di SST, utilizzando la stazione diricezione dei dati MSG disponibile presso ilLaMMA.L'algoritmo utilizzato per il calcolo della SST ènon-lineare "split-window", basato sulla proce-dura EUMETSAT O&SI SAF (Brisson et al.2002), applicato sia per il giorno che per lanotte. La tecnica "split-window" (che utilizzasemplicemente le temperature di due diversicanali spettrali nell’infrarosso termico) permettedi correggere gli effetti dovuti all'atmosfera,principalmente al vapor d'acqua. L’algoritmo implementato ha la seguente forma:

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Figura 1: Rappresentazione schematica dei profili di tem-peratura del mare in funzione della profondità degli stra-ti superficiali.

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SST = A0 . T11 + (B1 + B2 . Tguess ) . (T11 - T12) ++ C0, (Eq. 1)

dove T11 e T12 sono le temperature di brillanzacalcolate rispettivamente a 11 e 12 µm; Tguess è ilvalore climatologico di temperatura; S = sec(θ) -1 dove θ è l’angolo zenitale satellitare. I valori climatologici di temperatura vengonoestratti dall’archivio Pathfinder della NOAA,che contiene SST su base pentadale alla risolu-zione di circa 9km (dati AVHRR dal 1985 al1997; Casey & Cornillon 1999).I corrispondenti coefficienti A,…,C, sono statideterminati da un database di simulazioni ditemperature di brillanza tramite una tecnica diregressione multilineare. Il database è statocostruito applicando il modello di trasferimentoradiativo MODTRAN 3.5 ai profili dei radio-sondaggi SAFREE, come descritto in Francoiset al. (2002).Le mappe primarie di SST vengono prodotteogni 15 minuti, utilizzando le temperature dibrillanza nei canali IR centrati a 11 e 12µm,come mostrato nella Figura 2.L’identificazione dei pixel liberi da nube su cuieffettuare il calcolo della SST, viene effettuatatramite l’applicazione di un filtro (Cloud Mask),fornito da EUMETSAT come prodotto MPEFogni 15 minuti, ad ogni pixel dell’immagine.Dopo aver eseguito un primo calcolo della SSTtramite l’algoritmo non lineare di Equazione 1,vengono applicati ulteriori raffinamenti allaCloud Mask, che comprendono la stabilità tem-porale della SST e l’utilizzo dei valori climato-

logici della stessa. Il calcolo della SST vienecosì ripetuto applicando uno “smoothing” sultermine di correzione atmosferica, per diminui-re i rumori radiometrici dei canali termici. LeSST così calcolate vengono quindi mediate sulle3h, 24h, 5gg, e proiettate sulla rappresentazionegeografica desiderata. Un esempio di mappamediata su 5 giorni è mostrato in Figura 3(http://www.lamma.rete.toscana.it/previ/ita/sst_msg.html).

3 RISULTATI RILEVANTI

Per validare le mappe di SST stimate da satelli-te, sono stati utilizzati i dati delle boe della ReteOndametrica Nazionale (RON). I dati sono staticonfrontati direttamente, ma nell’interpretazio-ne occorre ricordare che si riferiscono a profon-dità diverse (per il satellite Tsubskin a qualchemm, per la boa Tbulk a 1m), che, come eviden-ziato, li rende comunque confrontabili durantele ore notturne, ma molto meno nelle ore diurne,dove si possono avere differenze anche di qual-che grado, a seconda dell’irraggiamento, delvento superficiale e del rimescolamento neiprimi strati.Sono stati analizzati vari intervalli temporali pervarie stagioni dell’anno, in modo tale da potervalutare il comportamento dell'algoritmo sottodiverse condizioni di riscaldamento diurno econdizioni meteorologiche.Oltre all’analisi dell’entità delle discrepanze fravalori in situ e satellitari (tramite parametri stati-stici come MAE, RMSE, SDs) si è valutata

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Figura 2: Schema riassuntivo del processo di calcolodella SST per il satellite geostazionario MSG-1.

Figura 3: Mappa di temperatura superficiale del mare, media-ta su 5 giorni, per il periodo 26 aprile – 01 maggio 2007.

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anche la corrispondenza nella ricostruzione delciclo giornaliero, cercando di interpretare i risul-tati anche alla luce delle condizioni meteorolo-giche e marine in atto (tramite le carte meteo e idati di altezza d’onda significativa, intensità delvento e radiazione solare).Come esempio, la Figura 4 mostra i valori diSST per la boa di Mazara del Vallo, in funzionedel tempo (in ore) trascorso dalla mezzanotte del17 luglio 2004. In basso viene riportato il corri-spondente andamento temporale dell’altezzad’onda significativa.I dati mostrano globalmente un buon accordo fradati satellitari e in situ e la capacità di ricostruireil ciclo giornaliero di SST con buon dettaglio. Ledifferenze maggiori sono nelle ore centrali delgiorno, in accordo col picco del riscaldamentosolare. In regimi di vento importanti, quando ilrimescolamento superficiale è maggiore, i datisatellitari si riportano ai valori in situ.Dalla validazione fin qui operata risulta circa 1Kla precisione della SST satellitare.

4 PROSPETTIVE FUTURE

Fra le prospettive future la prima è quella diestendere periodo e punti di validazione, anchein una procedura operativa. Lo sviluppo poi di

un algoritmo che leghi la Tbulk alla Tsubskin tra-mite le condizioni locali, permetterebbe unavalutazione più consapevole delle differenzediurne rilevate. Si sta studiando anche l’impiegodi profili verticali ad alto dettaglio da modelload area limitata (RAMS) per migliorare l’algo-ritmo di inversione, insieme all’utilizzo di altricanali spettrali MSG (ad es. 8.7µm). Dal puntodi vista dell’integrazione di tali dati nei modellimeteomarini è in corso un lavoro per l’assimila-zione dinamica di SST nei modelli meteorologi-co (WRF) e idrodinamico (ROMS). Questo tipodi attività potrà avere impatto sia sulle previsio-ni meteorologiche operative, che nello studiodella rilevanza delle dinamiche di SST così rico-struite nelle simulazioni meteoclimatiche.

5 RINGRAZIAMENTI

Si ringrazia l’Archivio EUMETSAT, l’archivioSAAdella NOAAe la RON per la fornitura di dati.

6 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Brisson A., Le Borgne P., Marsouin A., 2002.Results of one year of preoperational pro-duction of sea surface temperatures fromGOES-8. J. of Atmos. and Oceanic Tech.,19: 1638-1652.

Casey K.S., Cornillon P., 1999. A comparisonof satellite and in situ based sea surfacetemperature climatologies. J. Climate,6: 1848-1863.

Fairall C.W., Bradley E.F., Godfrey J.S., WickG.A., Edson J.B., Yung G.S, 1996. Cool skinand warm layer effects on sea surface temper-ature. J. Geophys. Res., 101: 1295-1308.

Francois C., Brisson A., Le Borgne P.,Marsouin A., 2002. Definition of a radio-sounding database for sea surface bright-ness temperatures simulations: applicationto sea surface temperature retrieval algo-rithm determination. Remote Sens.Environ., 81: 309-326.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Figura 4: a) Grafico relativo alla boa di Mazara del Vallo,che rappresenta la SST (misurata, stimata e climatologia) infunzione delle ore trascorse dalle 00:00 a.m. del 17 luglio2004. b): Corrispondente andamento temporale dell’altez-za d’onda significativa per lo stesso periodo di tempo.

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1 INTRODUZIONE

La raccolta di lunghe serie temporali di datimeteo-oceanografici in mare aperto costituisceda sempre un’esigenza per gli studiosi interessa-ti a chiarire i meccanismi degli scambi tra il maree l’atmosfera e la loro influenza nel comporta-mento dei due mezzi. Questa esigenza è soddi-sfatta solo in parte dalle osservazioni satellitari,le quali, pur consentendo misure sinottiche conelevato grado di ripetitività, non sono in grado dimisurare tutti i parametri di interesse e necessita-no, comunque, di osservazioni in situ per la vali-dazione dei dati estratti dal segnale telerilevato.Analogamente per le simulazioni numeriche, lequali, ancor più dei satelliti, necessitano di dati insitu sia come parametri in ingresso che per lavalidazione dei risultati.Le boe strumentate rappresentano quindi l’unicosistema in grado di fornire elementi diretti per lacomprensione dei processi meteo-oceanograficiin mare aperto. Integrate con altre metodologie,esse costituiscono un riferimento essenziale pergli studi climatici e per quelli previsionali legatisia all’ambiente atmosferico che marino.Mentre esistono reti osservazionali per le previ-

sioni meteorologiche e per il controllo sismolo-gico ed idrologico del territorio, il monitoraggiodelle proprietà fisiche, chimiche e biologiche deimari italiani è assolutamente carente. Ad ecce-zione dei dati superficiali telerilevati da satellitee di una rete costiera ondametrica e mareografi-ca, vi è una quasi totale mancanza di osservazio-ni sistematiche. Per un paese come l’Italia, cir-condato dal mare, questa mancanza rende pro-blematiche le previsioni su breve periodo e quasiimpossibile lo sviluppo di modelli predittivi perscale più lunghe. In questo triste panorama la boaODAS-Italia1 del Consiglio Nazionale delleRicerche rappresenta un’eccezione.

2 LA BOA ODAS-ITALIA1

2.1 La strutturaLa boa (Fig. 1) è costituita da un corpo a palo,realizzato con tubo di acciaio, suddiviso in quat-tro tronchi, accoppiati tra loro da flange. I tre ele-menti superiori sono stagni e riempiti con unaschiuma densa e compatta per limitare, in caso diallagamento della sezione, la riduzione del volu-me e lo sprofondamento della boa a pochi metri.Quello intermedio è inoltre dotato di un ringros-

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La Boa meteo-oceanografica ODAS-Italia1: un laboratorio marino d’altura

R. Bozzano1, S. Pensieri1, M.E. Schiano2, S. Sparnocchia2, M. Borghini2,P. Picco3

1Istituto di Studi sui Sistemi Intelligenti per l’Automazione, CNR, Genova, Italia2Istituto di Scienze Marine, CNR, Genova, Italia3Centro Ricerche Ambiente Mediterraneo, ENEA, [email protected]

SOMMARIO: La piattaforma ODAS-Italia 1 costituisce un tipico esempio di valorizzazione di una strutturamediante la quale sono sviluppate ricerche multidisciplinari nel settore dell’ambiente, delle tecnologiemarine e del clima. La boa è un punto di raccolta di lunghe serie temporali di parametri meteo-marini ebio-chimici di interesse per la conoscenza dell’ecosistema e della sua evoluzione. Peculiarità di questa boasono la sua tipologia strutturale e la sua posizione geografica. La prima le conferisce una notevole stabi-lità alle azioni del moto ondoso, rendendola una piattaforma ideale per gli studi di interazione aria-mare,la seconda la pone in una zona di estremo interesse per l’oceanografia, sia biologica che fisica. NelMediterraneo, questa struttura è una delle rare piattaforme in mare aperto.

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so che favorisce il galleggiamento e stabilizza laboa. Il quarto elemento è allagato e termina conun grosso piatto che smorza i movimenti vertica-li. Al di sotto è appesa la zavorra di 1300 Kg. Incima al palo vi è la testa della boa, realizzata inte-ramente in lega d’alluminio. È costituita da unsegmento pari a quello del corpo inferiore, flan-giato e utilizzato come vano batterie, sul quale sitrova un piccolo laboratorio che ospita il sistemad’acquisizione. Il vano di circa 3 m3 di volume ea circa 6 m slm, può ospitare fino a 2 persone.Sopra il laboratorio si trova il traliccio, con albe-retto terminale, che arriva sino a 15 m slm e sulquale sono montati i sensori meteorologici ed ilfanale. La struttura è lunga complessivamente51,22 m, di cui 36,4 immersi ed ha un peso aterra di circa 11,9 tonnellate.Di particolare rilevanza è il sistema di ormeg-gio, progettato e realizzato per ottenere unaparte superiore “elastica” ed una parte inferio-re, sorretta da boe di spinta, quasi rigidamen-te verticale. La lunghezza totale dell’ormeg-gio, 1900 m, consente alla boa di ruotareattorno all’ancora con un raggio di circa 0,5miglia, evitando che, sotto forti spinte trasver-sali, la boa tenda ad immergersi.

2.2 Il sitoLa boa è ormeggiata al centro del Mar Ligure inposizione 43°47.36’N e 09°09.80’E, a circa 73km da Genova e su di un fondale a 1377 m diprofondità (Fig. 1).Il Mar Ligure forma con il Golfo del Leone ilbacino Ligure-Provenzale, una delle regionidinamicamente più attive e tra le più produttivedell'intero Mediterraneo. Insieme al Golfo delLeone, esso costituisce la parte settentrionale delMediterraneo Occidentale, di cui è il principale“pozzo” di acqua e calore ed è quindi componen-te essenziale del suo bilancio energetico. Il calo-re e l’acqua sottratti a questo bacino in invernonon sono reintegrati durante le altre stagioni e ciòdetermina il suo ruolo nella dinamica atmosferi-ca e in quella marina. Nella prima, contribuiscealla formazione della ciclogenesi. In questa areasi formano più del 50% delle depressioni del MarMediterraneo, i cui effetti possono provocareconseguenze dannose nelle regioni adiacenti,

come alluvioni nella fascia costiera ligure etoscana. Nella seconda, il suo ruolo è simile aquello sostenuto dal M. Adriatico nei riguardi delMediterraneo Orientale. La regione, infatti, èsede, durante l’inverno, di processi di formazio-ne d’acqua densa, dalla cui variabilità dipende ilgrado d’ossigenazione della parte profonda delMediterraneo Occidentale. Per quanto concernel'aspetto biologico, l'abbondanza della popola-zione dei cetacei presente stabilmente nell’area,ha portato nel 1999 a includere questo bacino nelTrattato Internazionale che istituisce una vastaarea di conservazione e di studio chiamata"Santuario dei Cetacei".

2.3 La strumentazione a bordoLa strumentazione ospitata a bordo può esseresuddivisa in tre categorie: sensori per misureatmosferiche, sensori per misure marine e senso-ri di servizio. Sul traliccio, a 14,5 m di altezzaslm, sono montati: una stazione meteorologicaintegrata Vaisala, che fornisce misure di intensi-tà e direzione del vento, temperatura dell’aria,umidità relativa, pressione atmosferica e quanti-tà di pioggia. A 14,6 m slm si trovano un pirano-metro e un pirgeometro per la misura, rispettiva-mente, della radiazione solare globale e dellaradiazione atmosferica. Poco più in basso sonomontati un anemometro sonico (a 14,4 m slm),un termoigrometro (a 13,7 m slm) ed un barome-tro (a 7,8 m slm). L’uso di doppia strumentazio-ne garantisce l’osservazione anche in caso dimalfunzionamento di un sensore.I sensori marini sono montati lungo il corpo boa

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Figura 1: Il sito e la boa ODAS-Italia1.

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alla superficie ed alle profondità -6, -12, -20, -28e -36 m. A tutte le profondità sono presenti sondeper la temperatura. A -6, -20 e -36 m sono pre-senti anche sensori di conducibilità e all’ultimaquota sensori di pressione, ossigeno, fluorescen-za, torbidità. A-10 m, su tre supporti a 120°, sonomontati tre altimetri acustici rovesciati che,misurando la distanza dalla superficie sovrastan-te e la pressione idrostatica, permettono la stimadell’altezza dell’onda e della sua direzione.I sensori di servizio comprendono un GPS per ilrilevamento della posizione, una bussola e unacoppia di inclinometri, per misurare il rollio e ilbeccheggio.L’alimentazione è fornita da 8 pannelli solari,disposti circolarmente attorno al laboratorio, eda un generatore eolico, montato sul traliccio(Fig. 1).Tutti i dati, sia geofisici che di servizio, sonocontrollati, acquisiti e pre-processati da un con-troller intelligente di prestazioni industriali, con-figurato, usualmente, per acquisire un set com-pleto di dati ogni ora. I sensori GPS e quelli mari-ni sono interrogati e registrati nei 5 minuti intor-no all’ora. I sensori meteorologici sono acquisitia più bassa frequenza (0.1 Hz). Tutti i dati cosìraccolti sono memorizzati localmente e quinditrasferiti alla stazione di terra presso l’ISSIA-CNR di Genova. La trasmissione avviene trami-te telefono cellulare con una comunicazione adue vie che utilizza il sistema satellitareGlobalstar. Presso la stazione a terra i dati sono processati intempo quasi-reale, secondo un protocollo inter-nazionale per il controllo qualità, archiviati emessi a disposizione della comunità scientificasul web (http://www.odas.ge.issia.cnr.it).Giornalmente sono convertiti in formatoMEDATLAS e Buoy-FM18, e inviati ai maggio-ri centri di raccolta internazionali. In particolare,sono trasmessi su GTS facendo di ODAS-Italia1la prima e unica boa italiana che contribuisce aquesta rete.

3 ARCHIVIO DATI

La collezione sistematica dei dati è iniziata a fine1999, sebbene fin dal 1995 siano stati acquisiti e

archiviati una notevole mole di dati, campionatiperò solo per limitati periodi di tempo nel corsodi specifiche ricerche. Nel gennaio 2001 la boa siè disormeggiata ed è stata recuperata integra sottole coste francesi. Dopo la manutenzione a terra, èstata riposizionata nel giugno 2002 con una dota-zione strumentale rinnovata e più completa. Daallora, ha operato in modo continuo, salvo breviperiodi di fermo. Tali periodi, in alcuni casi, sisono protratti per più giorni a causa di condizionimeteo-marine avverse che non permettevano diraggiungere la piattaforma per effettuare lenecessarie operazioni di manutenzione. Ciò rap-presenta la maggior difficoltà, per garantire ilflusso continuo dei dati. Nonostante ciò, negliultimi 5 anni, la percentuale di mesi interamentecoperti dalle misure è stata superiore al 60% esolo 5 mesi risultano privi di osservazioni .

4 RISULTATI RILEVANTI

I dati registrati dalla boa ODAS-Italia 1 hannotrovato applicazione in numerosi studi effettuatinon solo dal gruppo di ricerca che cura il sistema,ma anche da colleghi italiani e stranieri. In particolare, i dati meteorologici raccoltidalla boa nel periodo febbraio-dicembre 2000sono stati impiegati per una validazione diparametri analoghi ricavati dal modello delcentro previsionale dell’ECMWF (EuropeanCentre for Medium Range Weather Forecast),(Bozzano et al., 2004). Il confronto ha evidenziato le difficoltà delmodello nel riprodurre alcuni dei campi misura-ti. Infatti, mentre vi è un eccellente accordo suivalori della pressione, si riscontrano notevolidiscrepanze sia sulla temperatura dell’aria chesul campo del vento. La stima della temperaturaottenuta dal modello rivela un ciclo inadeguato,sia giornaliero che stagionale, più caratteristicodi dati a terra che sul mare. Ciò comporta unasovrastima in estate e una sottostima in inverno(Fig. 2). Tali differenze sono ascrivibili alla bassarisoluzione spaziale del modello. Per quantoriguarda il vento, il modello sovrastima le situa-zioni di calma e sottostima gli eventi più intensi. Come per i modelli numerici, anche i dati teleri-levati necessitano di una verifica a terra. I dati

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registrati da ODAS- Italia1 nel periodo febbraio-dicembre 2000 sono stati impiegati per un con-fronto preliminare con i parametri atmosfericisuperficiali ricavati dall’uso congiunto di satelli-ti a microonde passivi (SSM/I) e termici(AVHRR) (Bignami et al., 2002). I risultatimostrano significative discrepanze, che, a causadella limitatezza del periodo considerato, non siè in grado di spiegare. Sono in corso confronti superiodi più lunghi con il vento alla superficieottenuto dallo scatterometro QuikScat e i datiregistrati dalla boa nel periodo febbraio 2000-aprile 2007. L’acquisizione continuata di parametri meteo-marini negli ultimi anni si è rivelata particolar-mente utile nello studio di fenomeni particolariquali il riscaldamento anomalo del mare verifica-tosi nell’estate 2003 (Sparnocchia et al., 2006).Dal confronto con gli anni precedenti si è infattiverificato che questo riscaldamento era confina-to solo nello strato più superficiale, trovando giàa -12 m di profondità temperature addirittura piùbasse di quelle registrate nelle estati precedenti.La stratificazione anomala era in questo caso daimputare all’assenza di vento nei mesi interessa-ti dal fenomeno.

5 CONCLUSIONI

La boa ODAS-Italia1 è uno strumento completoper garantire l’osservazione dell’ecosistema eseguirne la sua evoluzione nel tempo.Dal progetto iniziale del 1969 ad oggi, ha segui-to i progressi della tecnologia, raggiungendo una

funzionalità che le permette di essere uno deipunti di riferimento internazionali dell’oceano-grafia operazionale nel Mediterraneo. La boanon è quindi solo un utile strumento per la ricer-ca, ma un patrimonio per l’Ente e per il Paese.L’impegno per il futuro è quello di proseguire nelprocesso di innovazione della boa sia per la partestrumentale, sia per quella di analisi, garantendola continuità dei dati utili a fornire importantirisposte alle problematiche dei cambiamenti cli-matici e ambientali, nella speranza di avere adisposizione le risorse umane ed economichesufficienti.

6 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Bignami F., Marullo S., Lionello P., Bozzano R.,2002. Comparison of SSM/I-derived meteo-rological surface fields to ship/buoy observa-tions and model results in the MediterraneanSea In Remote Sensing of the Ocean and SeaIce 2001. Bostater C.R., Santoleri R. (eds.).Atti del convegno SPIE, 4544: 123-133.

Bozzano R., Siccardi A., Schiano M.E., BorghiniM., Castellari S., 2004. Comparison ofECMWF surface meteorology and buoyobservations in the Ligurian Sea. AnnalesGeophysicae, 22: 317-330.

Sparnocchia S., Schiano M.E, Bozzano R., PiccoP., Cappelletti A., 2006. The anomalous war-ming of summer 2003 in the Ligurian Sea(Western Mediterranean). AnnalesGeophysicae, 24: 443-452.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Figura 2: Differenze mensili tra la temperatura dell’ariamisurata su ODAS e ottenuta dal modello ECMWF.

Figura 3: Temperatura del mare tra o e -35m negli anni2000, 2002 e 2003.

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1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

La variabilità oceanica gioca un ruolo impor-tante nel clima globale attraverso vari processia diversa scala spazio temporale. In particolare,in questo articolo noi ci focalizziamo sullavariabiltà vorticosa “turbolenta”, che include igrandi vortici oceanici (con raggi dell’ordineR~100 km), i vortici a mesoscala (R~ 60-30km), e le strutture a sub-mesoscala (R~5-20km). È noto che i grandi vortici oceanici, gene-rati dall’instabilità delle principali correnti,sono particolarmente rilevanti dal punto divista climatico perché contribuiscono al tra-sporto del calore e delle masse d’acqua sugrandi distanze. Studi recenti (Chelton et al.,2007) suggeriscono che anche i vortici più pic-coli e meno energetici a mesoscala e le onde diRossby non lineari possono contribuire signifi-cativamente a questo trasporto. Infine, numero-se investigazioni sono in corso sul ruolo delladinamica a submesoscala (Boccaletti et al.,2007). Nell’oceano superficiale, essa apparefondamentale nei processi di ristratificazionedello strato limite omogeneo e nella formazio-ne di acque sottosuperficiali, con conseguenze

climatiche in termini di interazione aria-mare edi scambio con la parte interna fortemente stra-tificata dell’oceano. Negli ultimi dieci anni, la crescita dei data setglobali sia da satellite che in-situ ha permessodi ottenere informazioni nuove e molto piùestese su tutti questi fenomeni. In particolare idata set altimetrici e quelli Lagrangiani da boeflottanti, hanno un potenziale significativo perlo studio della turbolenza oceanica. I dati alti-metrici (Chelton et al., 2007) hanno il vantag-gio di fornire una copertura spazio-temporalemolto estesa, ma sono limitati in termini dirisoluzione spaziale (R~30-40 km) e delsegnale di altezza del mare (h~4 cm). I datiLagrangiani, d’altra parte, hanno una copertu-ra più ristretta ma una risoluzione molto piùalta. Essi sono forniti da boe flottanti cheseguono il moto delle masse d’acqua, fornen-do informazioni sulla loro posizione via satel-lite o attraverso sistemi acustici. Le posizionipermettono di ricostruire le traiettorie delleboe (Fig. 1) e di calcolare la loro velocitàusando le differenze finite. In questo modoinformazioni dirette sul campo di trasporto edi velocità sono ottenute.

341

Variabilità dell’Oceano globale da dati di boeflottanti: distribuzione e ruolo di cicloni e anticicloni

A. Griffa1, M. Veneziani2

1Instituto di Scienze Marine, CNR, La Spezia, Italia2Dipartimento di Scienze Marine, Università della California, Santa Cruz, [email protected]

SOMMARIO: La variabilità oceanica turbolenta, che include moti dai grandi vortici (100 km) alla subme-soscala (5-20 km), gioca un ruolo importante nel clima globale sia attraverso processi di trasporto latera-le di calore e massa che attraverso processi di formazione di masse d’acqua e interazione con l’atmosfe-ra. Le proprietà di questa variabilità sono investigate usando dati Lagrangiani da boe flottanti, identifican-do la distribuzione e le proprietà di strutture cicloniche e anticicloniche. Un nuovo metodo, basato sulparametro Lagrangiano di “spin”, è stato sviluppato e applicato sia a data set di misure in-situ che a dataset numerici. Risultati in due zone di particolare importanza climatica, la regione della Corrente del Golfoe la regione di scambio tra Oceano Indiano e Atlantico, sono riportati. Applicazioni a data set globali sonoattualmente in corso.

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In questo articolo, noi riportiamo i risultati diuno studio basata su dati Lagrangiani. Unanuova metodologia è stata sviluppata per l’ana-lisi di questi dati, e testata in studi regionalianche con l’aiuto di risultati da modelli ad altarisoluzione. La metodologia è poi stata appli-cata ad alcune zone chiave dell’Oceano. Illavoro è stato svolto nel quadro di una collabo-razione internazionale con scienziatidell’Università di Miami (US), Silsoe Institute(UK) e CNRS-Università di Brest (Fr).

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

2.1 Metodologia: il parametro di spinIl metodo usato è basato su un parametrodetto di “spin”, introdotto per la prima voltanel quadro di modelli Lagrangiani Stocastici(LS) Sawford, 1999. I modelli LS descrivonoil moto di particelle in fluidi turbolenti usan-do equazioni stocastiche differenziali ordina-rie in cui il contributo del campo turbolento èparametrizzato in modo semplificato. In parti-colare, per un modello a una particella delprimo ordine, un semplice LS lineare puo’essere scritto come:

du’ = -u’ TLu-1dt - Ω v’dt + (2 σu

2/ TLu )1/2 dξu(1)

dv’ = -v’ TLv-1dt + Ω u’dt + (2 σv

2/ TLv )1/2 dξv,

dove u’, v’ sono le due componenti della velo-cità turbolenta seguendo una partcella, TL è lascala temporale Lagrangiana, σ2 è la varianzadella velocità e i sottoscritti u e v si riferisco-no alle componenti zonali e meridionalirispettivamente. L’incremento random dξ è unrumore bianco con componenti indipendenti,media zero e varianza uguale all’incrementodt. Il parametro di spin Ω è dato da:

Ω = <u’dv’ – v’du’>/(2 dt EKE), (2)

dove EKE è l’energia cinetica turbolenta.Lo spin appresenta la rotazione media dellaparticella durante l’incremento dt ed è diversoda zero solo quando la crosscovarianza dellavelocità è nulla. Particelle con spin non nullo sono associatecon traiettorie con ricircoli e spirali, caratte-rizzate da autocovarianze e crosscovarianzeoscillatorie. Particelle con zero spin, invece,hanno autocovarianze che decadono esponen-zialmente e zero crosscovarianze. Dal puntodi vista fisico, questi due tipi di traiettorie sipossono interpretare come appartenenti a duediversi tipi di regimi presenti in un campo tur-bolento (Elmheidi et al., 1993). Le particellea zero spin sono associate con il “back-ground” turbolento diffusivo, mentre quellecon spin definito, caratterizzate da moto rota-torio, sono caratteristiche di particelle intrap-polate in strutture coerenti come i vortici(Richardson, 1993). Il segno dello spin per-mette di identificare il senso di rotazione, conspin positivo (negativo) associato con motociclonico (anticiclonico) nell’emisfero Nord(e viceversa nell’emisfero Sud).Il parametro di spin Ω può essere facilmentecalcolato da (2) seguendo le traiettorie, e puòessere usato in due capacità: a) per testare ilmodello LS (1), usato per stimare le proprietàdi dispersione; e b) come base per un sempli-ce metodo automatico per identificare traiet-torie con moto rotatorio definito. Questo per-mette di calcolare la distribuzione e le pro-prietà delle strutture cicloniche e anticicloni-che nelle regioni di interesse.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

342

Figura 1: Traiettorie delle boe flottanti sottosuperficialiseguite acusticamente nella zona dell’Atlantico NordOvest a 700 m.

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2.2 Data sets usatiIl calcolo del parametro di spin è stato usatonell’analisi di dati da boe sottosuperficiali(700 m) dal Subsurface Float Data AssemblyCenter, e dati da boe superficiali del SurfaceVelocità Program. Oltre a questi dati in-situ,anche dati numerici ottenuti da modelli di cir-colazione ad alta risoluzione sono stati usatiper testare e validare il metodo.

3 RISULTATI RILEVANTI

3.1 Applicazione nell’Atlantico Nord-Ovest:la Corrente del GolfoI dati da boe sottosuperficiali sono stati ana-lizzati nella zona dell’estensione e ricircola-zione della Corrente del Golfo (Fig. 1) e lavalidità del semplice modello LS (1) è statatestata (Veneziani et al., 2004). In questa zonala variabilità è dominata da grandi vorticiciclonici e anticiclonici dovuti alle instabilitàdella Corrente del Golfo, anche se sono pre-senti anche alcuni vortici piu’ piccoli ma ener-getici, probabilmente legati a processi di for-mazione di mase d’acqua. Il modello (1) èrisultato essere molto effettivo nel riprodurrele proprietà statistiche dei dati come si puo’vedere in Figura 2, dove l’autocovarianza deidati (pannelli superiori) e del modello LS(pannelli inferiori) sono confrontati nellazona di ricircolazione della Corrente delGolfo. L’autocovarianza calcolata dal data settotale delle traiettorie (pannelli a sinistra)risulta essere la sovrapposizione dei due regi-mi, il background diffusivo (pannelli centrali)e i vortici coerenti (pannelli a destra).I risultati sono stati ulteriormente testati usan-do dati numerici (Veneziani et al., 2005 a,b)ottenuti calcolando le traiettorie in un model-lo ad alta risoluzione del Nord Atlantico(Fig. 3). Si è visto che quando le traiettoriesono intrappolate nella parte interna di un vor-tice, il parametro di spin Ω da una buonastima della vorticità anche in termini di anda-mento temporale. Il parametro Lagrangiano èquindi direttamente connesso con la strutturaEuleriana e può essere usato come un proxyper la vorticità di un vortice coerente.

3.2 Applicazione allo scambio tra OceanoIndiano e Sud Atlantico: la corrente diAgulhasDati numerici da un modello regionale sonostati analizzati (Doglioli et al., 2006) per cal-colare il contributo dei vortici, prevalente-mente a grande scala e mesoscala, nello scam-bio tra Oceano Indiano e Atlantico nella zonaintorno al Sud Africa. Ogni traiettoria è statacaratterizzata dal suo valore medio di spin Ωusando (2). Le traiettorie rotanti, considerateindicative dei vortici coerenti, sono state iden-tificate considerando un valore di soglia Ωc,bassato sulle proprietà globali dell’insieme ditraiettorie (autocovarianze, crosscovarianze edistribuzione di Ω). I risultati mostrano chenella zona intorno al Capo circa il 30% deltrasporto è dovuto a vortici coerenti, con unrapporto tra trasporto di cicloni e anticiclonidi circa 1.3. I risultati conocordono con recen-ti risultati sperimentali, che suggerisconol’importanza dei cicloni in questa zona, prece-dentemente sottostimati rispetto ai vorticianticiclonici

4 PROSPETTIVE FUTURE

Il metodo basato sullo spin sarà applicato aidata set globali per ottenere un quadro com-pleto della distribuzione e polarità delle strut-ture turbolente nell’oceano. Risultati prelimi-nari ottenuti per il data set delle boe superfi-

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

343

Figura 2: Funzioni di autocovarianza delle velocità zona-le (linee solide) e meridionale (linee tratteggiate) calcola-te da dati di boe flottanti (pannelli superiori) e dalmodello LS (1) (pannelli inferiori). L’autocovarianza cal-colata dal data set totale delle traiettorie (pannelli a sini-stra) risulta essere la sovrapposizione dei due regimi, ilbackground diffusivo (pannelli centrali) e i vorticicoerenti (pannelli a destra).

Page 44: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

ciali SVP mostra un’interessante distribuzio-ne di strutture che vanno dai vortici a grandescala (R~100 km) alla submesoscala (R~10-20 km). Zone di polarità definita, anche ina-spettate, emergono e dovranno essere ulterior-mente studiate per capire la loro origine e leloro conseguenze per la dinamica climatica.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Chelton D.B., Schlax M.G., 2007. Globalobservations of large oceanic eddies.Nature, presentato.

Doglioli A.M., Veneziani M., Blande B., SpeichS., Griffa A., 2006. Lagrangian analysis ofIndian-Atlantic interocean exchange in argional model. Geophys. Res. Lett., 33:L14611, doi: 10.1029/2006GL026498

Boccaletti G., Ferrari R., Fox-Kemper B.,2007. Mixed Layer instabilities and restra-tification. J. Phys. Oceanogr, in stampa.

Elhmeidi D., Provenzale A., Babiano A.,1993. Elementare topology of two-dimen-sional turbulence from a Lagrangian view-point and single particle dispersion. J.Fluid Mech., 257: 533-558.

Richardson P.L., 1993. A census of eddies inthe North Atlantic SOFAR float data.Progress in Oceanogr., 31: 1-50.

Sawford B.L., 1999. Rotation of trajectoriesin Lagrangian stochastic models of turbu-lent dispersion. Bound. Layer Meteor., 93:411-424.

Veneziani M., Griffa A., Reynolds A.M.,Mariano A.J., 2004. Oceanic turbulenceand stochastic models from subsurfaceLagrangian data in the NorthwesternAtlantic Ocean. J. Phys. Oceanogr., 14:1884-1906.

Veneziani M., Griffa A., Garraffo Z.,Chassignet E., 2005. Lagrangian spinparameter and coherent structures fromtrajectories released in a high-resolutionocean model. J. Mar. Res., 63: 753-788.

Veneziani M., Griffa A., Reynolds A.,Garraffo Z., Chassignet E., 2005.Parameterization of Lagrangian spin sta-tistics and particle dispersion in the pres-ence of coherent vortices. J. Mar. Res., 63:1057-1084.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

344

Figura 3: Campo di vorticità relativa dal modelloMICOM a risoluzione di 1/12 di grado.

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1 INTRODUZIONE

La circolazione atmosferica nell’area mediter-ranea è dominata in inverno dal regime deglialisei, e in estate dalla circolazione tropicaleafricana, che può dare origine a fenomeni disubsidenza che influenzano tutto il bacinoorientale mediterraneo. Queste condizioni cli-matiche determinano ampie escursioni termi-che alla superficie del mare tra estate e inver-no, e una significativa risposta locale allavariabilità interannuale dei forzanti atmosferi-ci a larga scala. D’altro canto, si ritiene che lapredicibilità stagionale del Mediterraneo siastrettamente collegata alle variazioni di SST,che a loro volta possono indurre meccanismidi feedback attraverso gli scambi e il traspor-to di calore, nonché attraverso le alterazioninell’ uptake di CO2, con importanti conse-guenze sia sullo sviluppo delle previsionimeteorologiche a corto/medio raggio, sia perquanto riguarda le ricerca sul clima. La variabilità osservata non può essere piena-mente compresa nè tantomeno gestita senzaun sistema avanzato di nowcast-forecast. A talfine, il programma Mediterranean Forecasting

System (MFS) ha sviluppato un sistema ope-razionale per la previsione delle correnti e deiflussi biogeochimici nel mar Mediterraneo elungo le sue coste. Nell’ambito di MFS, lo sviluppo e l’analisi dimappe interpolate di temperatura superficiale(OISST, Optimally Interpolated Sea Surface

345

La temperatura superficiale del Mar Mediterraneonegli ultimi 21 anni: analisi delle misure satellitari

B. Buongiorno Nardelli1, R. Santoleri1, S. Marullo2, M. Guarracino2

1Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, CNR, Roma, Italia2Ente Nazionale per l’Energia e l’Ambiente, Frascati (Rm), [email protected]

SOMMARIO: Le immagini nell’infrarosso termico, ottenute dal sensore AVHRR, sono state utilizzate per pro-durre una serie giornaliera di mappe interpolate di temperatura superficiale del mare (SST) nell’areaMediterranea per il periodo dal 1985 al 2005. I dati sono stati riportati sulla griglia spaziale del modellonumerico di circolazione del Mediterraneo MFSTEP attraverso un algoritmo di interpolazione ottimale (OI).La serie temporale di OISST è stata confrontata con le misure in situ disponibili per escludere la presenza ditrend spuri da ascrivere a errori strumentali o malfunzionamenti locali degli algoritmi di retrieval dell’SST odell’ interpolazione. La validazione ha dimostrato che le mappe di OISST sono in grado di riprodurre le misu-re in situ, con un mean bias inferiore a 0.1°K e un RMSE di circa 0.5°K. L’analisi non ha evidenziato alcuntipo di deriva temporale negli errori nè problemi legati all’algoritmo di interpolazione. L’analisi preliminaredella serie temporale ha permesso di stimare il trend nell’SST del Mediterraneo, pari a circa 0.04°K/anno.

Figura 1: Differenza tra la temperatura T alla profonditàz e la corrispondente PFSST.

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Temperature) da satellite, da utilizzare ancheper l’assimilazione nei modelli numerici di cir-colazione, è stato immediatamente identificatocome uno dei punti fondamentali non solo perl’oceanografia operativa, ma anche per il moni-toraggio e lo studio del clima mediterraneo(http://gos.ifa.rm.cnr.it/index.php?id=407). Diconseguenza, durante l’ultima fase del progettoMFS, è stata fatta una completa ri-analisi subase giornaliera delle misure ottenute nell’in-frarosso termico dal sensore AVHRR(Advanced Very High Resolution Radiometer)dal 1985 al 2005, utilizzando i dati PathfinderV5 (di seguito PFSST, Kilpatrick et al, 2001) einterpolando i dati mancanti (per esempio a

causa delle nubi) attraversoun algoritmo spazio-tempo-rale di interpolazione ottima-le (Marullo et al., 2007). Idati utilizzati sono solo quel-li acquisiti di notte, in mododa ridurre la contaminazionedella misura degli effetti diriscaldamento diurno osser-vati in condizioni di assenzadi vento ed elevata insolazio-ne. In questo articolo verran-no presentati i risultati prin-cipali della validazione diquesti dati, nonché un’anali-si preliminare dei trend chesi osservano nella temperatu-ra superficiale del marMediterraneo da satellite.

2 VALIDAZIONE DELLE MAPPEDI OISST

Le mappe di OISST sonostate confrontate con lemisure in situ disponibili(Tsitu). Tenendo conto delledifferenze tra i vari strumen-ti in situ, la validazione èstata ripetuta separatementeper ciascun tipo di sensore.Più precisamente, sono staticreati tre database di match-

up tra i dati di OISST e i dati dei batitermogra-fi a perdere (XBT) presenti nelle banche datiMEDATLAS/MEDAR e MFS-VOS XBT, idati dei termosalinografi CTD di MEDAT-LAS/MEDAR e delle boe MEDARGO. Il criterio per co-locare le misure in situ e ildato OISST è stato stabilito in una distanzamassima di 3.5 km tra il punto di misura e ilcentro del pixel della griglia a 1/16°x1/16° eun intervallo massimo di 12 ore tra l’acquisi-zione satellitare e la misura in situ. Per limitare l’effetto del ciclo diurno sullatemperatura superficiale e per coerenza con ledefinizioni di SST ‘bulk’ che si trovano in let-teratura (Donlon e il GHRSST science team,

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

346

Figura 2: Confronto tra PFSST (a) e OISST (b) e osservazioni in situ: scatterplot Tsitu vs PFSST (1), andamento mensile medio (2), andamento interannua-le (3). Le barre verticali rappresentano la deviazione standard delle differenze epresentano in alto il numero di matchup utilizzati per ciascuna stima.

Page 47: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

2004) nel costruire i matchup si sono utilizza-te le misure più vicine ai 3 m di profondità(nel range tra 2 m e 6 m). L’analisi delle dif-ferenze tra PFSST e profili di temperatura insitu ha confermato la validità di questa scelta,come mostrato in Figura 1, con il mean biasminore (circa 0.1°K) osservato tra 2 e 6 metrie il minimo di RMSE (~0.5°K) intorno ai 3 m.Con i criteri stabiliti, è stato possibile selezio-nare oltre 21000 matchups. In Tabella 1 sono dunque riassunti i parametristatistici relativi alla validazione dell’ OISST.L’andamento delle differenze tra misure insitu e stime satellitari (sia PFSST, sia OISST)su base mensile ed interannuale è presentatoin Figura 2 insieme allo scatter plot dei relati-vi matchup.Ai fini degli studi climatici, è importante sotto-lineare che la differenza tra le due stime nonpresenta alcun significativo trend, mostrandouna pendenza di 0.00±0.02 °K/anno. Inoltre ilmean bias error è affetto soltanto da un lievesegnale stagionale, variando tra -0.14°K in giu-gno a +0.20°K in dicembre con un rmse com-preso tra 0.36°K in marzo e 0.96 °K in luglio.

3 ANALISI DEI TREND DI SST NEL MARMEDITERRANEO

Una volta verificata la consistenza della serietemporale di OISST è stato possibile valutare itrend climatologici della temperatura superficiale. In Figura 3a è mostrata l’evoluzione delle tempe-rature medie annuali dal 1985 al 2005, da cui èstato stimato un trend di 0.037±0.007 °K/anno.

Come si vede dalle figure successive (Fig. 3b e3c) questo trend è molto più pronunciato se siconsiderano solo le medie dei mesi estivi (giu-gno-luglio-agosto), rispetto ai mesi invernali(gennaio-febbraio-marzo), con valori di circa

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

347

OISSTvs. MBE RMSE matchups

XBT +0.10 0.45 2347

CTD +0.07 0.52 2469

ARGO -0.16 0.74 748

ALL +0.054 0.54 5564

Tabella 1: Validazione statistica dell’OISSTvs Tinsitu

Figura 3. Medie annuali (a), e stagionali (inverno-b; esta-te-c) di OISST e fit lineari corrispondenti osservati nelperiodo 1985-2005.

Figura 4. Distribuzione spaziale del trend lineare calco-lato dalle OISST del Mediterraneo (1985-2005).

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0.06°K/anno e 0.02°K/anno, rispettivamente.La distribuzione spaziale di questi andamentipresenta ugualmente alcune caratteristichelocali piuttosto pronunciate, con valori moltopiù elevate nel mar Adriatico ma specialmen-te nel bacino levantino (figura 4).

4 PROSPETTIVE FUTURE

La serie temporale di OISST sul Mediterraneoverrà analizzata in combinazione con altriparametri atmosferici/radiativi ma anche eco-logici, per comprendere l’origine delle varia-zioni e dei trend osservati e il loro impatto sulclima e sull’ecosistema Mediterraneo.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Donlon C.J. e il GHRSST-PP Science Team,2004. The Recommended GHRSST-PPData Processing Specification GDS.GHRSST-PP Report Number 17.International GHRSST-PP Project Office;UK Met Office, United Kingdom, 235 pp.

Marullo S., Buongiorno Nardelli B., Guarracino

M., Santoleri R., 2007. Observing TheMediterranean Sea from space: 21 years ofPathfinder-AVHRR Sea Surface Temperatures(1985 to 2005). Re-analysis and validation.Ocean Sci, 3: 299-310.

Kilpatrick K.A., Podesta G.P., Evans R., 2001.Overview of the NOAA/NASA AdvancedVery High Resolution RadiometerPathfinder algorithm for sea surface tem-perature and associated matchup database,J. Geophys. Res., 106(C5): 9179-9197.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

348

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1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

Uno degli indicatori dello stato delle coste è laqualità fisico-chimica dell'acqua marina e diconseguenza lo stato vegetativo delle pianteacquatiche. In relazione al mare le variazioniclimatiche, di breve o lungo periodo, portanoa due effetti principali: modificazioni dellecondizioni idrodinamiche generali, con altera-zioni delle linee di costa, variazioni (attual-mente aumenti) della temperatura dell'acqua.Il primo effetto provoca una variazione quan-titativa del materiale eroso, il secondo il pro-liferare di alghe e mucillaggini.L'alterazione della quantità del materiale insospensione, provoca alterazioni qualitativedell'acqua che vanno a interferire con la pos-sibilità di vita della Posidonia oceanica, il piùefficiente indicatore biologico dello stato del-l'acqua marina (Pergent et al., 1995; Pergent-Martini et al., 1999). L'acqua limpida favori-sce lo sviluppo della prateria verso il largo,mentre con acqua poco trasparente si ha unaregressione della prateria. La possibilità divita animale e vegetale, marina, è legata alla

capacità che ha la radiazione solare di pene-trare nell'acqua in quantità e qualità tali dagarantire l'attività fotosintetica degli organi-smi autotrofi. Da qui l'importanza di disporredi strumenti per la misura quali-quantitativadella radiazione solare che riesce a penetrarenell'acqua marina.Viene qui descritto uno strumento da noi rea-lizzato e progettato con questa finalità(Fasano et al., 2003).

2 LO STRUMENTO

Il sistema, a cui è stato dato il nome diSuMaRad (Sub Marine Radiometer), è costi-tuito da due radiometri identici che differisco-no solo per la forma del contenitore (Fig. 1):quello che opera in aria, più piccolo, ha il siste-ma di acquisizione esterno; quello che opera inacqua ha il sistema di acquisizione interno.Col SuMaRad non si misura il valore assolu-to (espresso in watt a metro quadro) dellaradiazione nelle diverse bande, ma si misura,alle diverse profondità, la radiazione subac-quea in rapporto alla radiazione esterna

349

SuMaRad: strumento per la misura della trasmittanza dell'acqua marina

G. Fasano, A. Materassi, F. BenincasaIstituto di Biometeorologia, CNR, Sassari, ItaliaLaboratorio di Elettronica, Sassari, [email protected]

SOMMARIO: I cambiamenti climatici in atto, fra le altre cose, stanno influenzando direttamente e indiretta-mente le caratteristiche fisico-chimiche dell'acqua marina. La possibilità di vita di animali e piante, chehanno come habitat l'ambiente acquatico costiero, è legata alla possibilità che ha la radiazione solare dipenetrare nell'acqua, in quantità e qualità tali da garantire l'attività fotosintetica degli organismi autotrofiche, anche nel mare, costituiscono una delle basi delle catene alimentari. Da qui l'importanza di disporredi strumenti per la misura quanti-qualitativa della radiazione che riesce a penetrare nell'acqua marina. Inquesto lavoro si presenta uno strumento di basso costo che fornisce la misura della radiazione subacqueain quattro bande, non in valore assoluto ma in rapporto alla radiazione, nelle stesse bande, fuori dall'ac-qua. Le gamme spettrali prese in considerazione sono: la radiazione globale, il rosso e il blu che attivanola clorofilla e il verde che risulta assorbito da certi carotenoidi attivi.

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(numero puro compreso fra 0 e 1). In altri ter-mini lo strumento dà indicazioni sulla trasmit-tanza dell’acqua fornendo, in riferimentoall’energia radiativa che raggiunge le diverseprofondità, dati comparativi rispetto all'ener-gia esterna all'acqua. Per avere indicazioni sulvalore di potenza radiativa nelle diversebande analizzate, è sufficiente calibrare ilradiometro in aria in termini assoluti.Gli elementi sensibili dei due radiometri sonocostituiti da quattro fotodiodi (Fasano et al.,1999): uno con risposta spettrale su tutta lagamma del visibile e IR vicino (400÷1100 nm),gli altri tre con risposta spettrale rispettivamen-te nel blu (400÷540 nm), nel rosso (590÷720nm) e nel verde (480÷600 nm). La scelta deifotodiodi è stata fatta tenendo conto dei picchidi assorbimento nel rosso e nel blu delle cloro-fille a e b, e nel verde di certi carotenoidi attivi.Molta cura è stata posta nella scelta, nella imple-mentazione circuitale e nella calibrazione dellefotocelle, per far sì che fotocelle con la stessagamma spettrale fornissero la stessa indicazionenelle stesse condizioni di irraggiamento.La copertura è stata realizzata in Teflon® perla sua inattaccabilità dagli agenti chimici ebiologici, la sua indeformabilità con la tempe-ratura, la sua resistenza meccanica e le sueproprietà ottiche. L'acquisitore del radiometro in aria è costitui-to da un vero e proprio data logger, che dispo-

ne di altri canali che possono essere utilizzatiper l'acquisizione di segnali provenienti daaltri sensori (ad esempio: meteorologici, dianalisi delle acque, ecc). Ovviamente laddoveuna tale versatilità non è necessaria il radio-metro in aria può essere strutturalmente iden-tico a quello subacqueo.L'acquisitore del radiometro subacqueo, oltreai quattro fotodiodi, gestisce anche un senso-re di temperatura e uno di pressione, ciò con-sente la misura di queste grandezze alla stes-sa profondità a cui vengono eseguite le misu-re di radiazione. Il sensore di temperatura èdel tipo a semiconduttore (Fasano et al.,1999) e fornisce una risoluzione di 0,1 °Cnella gamma 5÷50 °C. Il sensore di pressio-ne, di tipo piezoresistivo compensato in tem-peratura (Fasano et al., 1999), consente unamisura della profondità, da 0 a 50 m, conrisoluzione 0,1 m.I due sistemi di acquisizione devono essere pro-grammati con uno stesso computer, ciò serve agarantire la sincronizzazione delle due basi deitempi. L'acquisizione e la memorizzazione deidati, può avvenire con tre temporizzazioni, 10,30, 60 secondi; oppure ogni 5, 10, 15, 30, 60minuti può avvenire la memorizzazione deivalori medi dei dati acquisiti ogni 60 secondi.In funzione della temporizzazione dell'acquisi-zione dei dati, cambia l'autonomia della memo-ria la quale può registrare fino a un massimo di1472 letture. Per quanto riguarda il radiometrosubacqueo, al fine di non dover aprire il conte-nitore a tenuta ermetica, la programmazione elo scarico dei dati avviene tramite interfacciaottica, attraverso una finestra in plexiglas ripor-tata sull'involucro del radiometro.Il sistema di misura è stato progettato per fun-zionare nella zona fotica da 0 a 50 m di pro-fondità e la tenuta del radiometro subacqueo èstata verificata con una camera iperbaricaappositamente progettata e realizzata. Il siste-ma di posizionamento in acqua del radiome-tro, da noi progettato e realizzato, permette latraslazione verticale di un singolo radiometroo la possibilità di alloggiare più radiometri,posti a diverse profondità, così da registrare iprofili della radiazione subacquea.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

350

Figura 1: I componenti del sistema di misura SuMaRad;a sinistra il radiometro in aria a destra quello subacqueo.

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3 RISULTATI

Per verificare la funzionalità dello strumento,dopo le prove di laboratorio, il SuMaRad èstato ampiamente sperimentato in mare. NellaRada di Alghero (Sassari), su un fondale sab-bioso di circa 40 m, è stato rilevato il profilodell'estinzione della radiazione dalla superfi-cie a 35 m di profondità, ogni 5 metri circa.Le misure in aria sono state eseguite sullacosta a una distanza di qualche centinaio dimetri dai punti di misura in mare.In figura 2, come esempio, è riportato l'anda-mento dell'intensità della radiazione solareglobale in aria, espressa in watt per metroquadrato, di una giornata di misure (8/6/2002dalle ore 11:00 alle 13:40), con copertura delcielo variabile e in presenza di mare mosso.In figura 3, per la stessa giornata di misure, èriportata, in funzione della profondità, la tra-smittanza t dell'acqua valutata come rapportofra la radiazione solare misurata in acqua (Iz),a una certa profondità z, e quella misurata inaria (Ia), nello stesso momento e nelle stessebande spettrali, equazione 1.

In alto, nel grafico della figura 3, è indicatol'intervallo di tempo (hh:mm) durante il qualesono state eseguite, a ogni profondità prescel-ta, cinque misure di radiazione, di cui è ripor-tato il valor medio. Le curve interpolano i

punti sperimentali con andamenti esponenzia-li secondo la legge dell'assorbimento di Beer-Lambert, equazione 2:

τ = e-ηz

(2)

con: η, coefficiente di estinzione in una deter-minata banda spettrale per quelle datecondizioni dell'acqua;

z, profondità a cui si eseguono le misu-re.

Le equazioni delle curve interpolanti i puntisperimentali, nelle quattro gamme spettrali,hanno presentato tutte un ottimo coefficientedi correlazione: R

2superiore a 0,98.

4 PROSPETTIVE

Vogliamo sottolineare che le applicazionidello strumento possono andare ben oltre l'e-sempio riportato.In certe applicazioni (ad esempio nella misu-ra dell'erosione costiera) può essere utile piùche la trasmittanza dell'acqua la sua torbidità.A tale proposito possiamo suggerire l'utilizza-zione dell'-indice di Linke, equazione 3, chegià costituisce uno standard nelle misure ditorbidità atmosferica (Benincasa et al., 1991):

dove: Ia, radiazione esterna all'acqua (in unacerta banda spettrale);

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

351

Figura 2: Andamento temporale dell'intensità dellaradiazione solare globale in aria (Alghero 8/6/2002).

Figura 3: Alghero 08/06/2002, misure di trasmittanzadell'acqua in funzione della profondità, nelle condizionidi radiazione solare della figura 2.

z0a

za

Iln -Iln Iln - Iln =T

(1)

(3)

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Iz0, radiazione (nella stessa banda) allaprofondità z prescelta, in una zonapresa come riferimento di "acqualimpida";

Iz, radiazione (nella stessa banda) nellazona in esame alla profondità z pre-scelta.

Anche in questo caso può essere utilizzato ilSuMaRad per fornire indicazioni sulla torbidi-tà dell'acqua, nelle sue quattro bande spettrali.Molte altre misure possono essere finalizzateall'attività biologica delle piante e delle algheacquatiche, in relazione alla quantità e qualitàdella luce. È proprio su uno di questi temi chestiamo lavorando col SuMaRad, per valutare,lungo predeterminati transetti che partendodalla costa vanno a profondità sempre mag-giori, la densità fogliare della Posidonia ocea-nica in funzione della quantità e qualità dellaradiazione, al culmine e all'interno della vege-tazione (Fig. 4).Il costo relativamente basso del SuMaRad, seconfrontato con quello dei radiometri subac-quei del commercio, rende questo strumento

particolarmente idoneo per quelle applicazio-ni in cui sono necessari diversi strumenti, perpoter attuare il monitoraggio in più punti con-temporaneamente.Ovviamente laddove i sensori subacquei nonsono molto distanti fra loro (massimo qualchecentinaio di metri) è sufficiente installare unsolo radiometro fuori dall'acqua; installazioneche può essere fatta sulla costa o su una barca.L'impiego del SuMaRad, qui riferito a studi dibiologia marina, può riguardare anche la acquelacustri o fluviali, che spesso presentano glistessi problemi di eutrofizzazione o di erosionecostiera presentata dal mare (Wetzel, 2001).

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Benincasa F., Maracchi G., Rossi P., 1991.Agrometeorologia. Bologna: Patron editore.

Fasano G., Materassi A., 2003. Progetto e rea-lizzazione di uno strumento per la misuradell’assorbimento radiativo dell’acquamarina: SuMaRad. Riv. Ing. Agr., 4: 1-7.

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Pergent G., Pergent-Martini C., BoudouresqueC.F., 1995. Utilisation de l’herbier àPosidonia oceanica comme indicateur bio-logique de la qualité du milieu littoral enMéditerranée: état de conneissances.Mésogée, 54: 3-29.

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Wetzel R.G., 2001. Limnology Lake and RiverEcosystem. San Diego, California:Academic Press.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

352

Figura 4: Il SuMaRad può essere utilizzato nello studiodell'attività biologica di piante e di alghe acquatiche, inrelazione alla quantità e qualità della luce.

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1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

La comprensione e la quantificazione delloscambio gassoso tra atmosfera e biosfera ter-restre è una priorità delle ricerche scientifichesui Cambiamenti Climatici, infatti nessunpiano per la riduzione delle emissioni di gasad effetto serra potrebbe avere successo senon si conoscesse con esattezza gli scambigassosi e le retroazioni tra atmosfera e biosfe-ra ed un’esatta quantificazione dei carbon

sink e source (serbatoi e fonti di emissioni).Gli ecosistemi terrestri scambiano annual-mente con l’atmosfera circa 120 Pg di carbo-nio attraverso i processi della fotosintesi edella respirazione (Schlesinger, 1997). Leattività antropogeniche hanno alterato questoequilibrio contribuendo ad una emissionenetta annuale nell’atmosfera di 6.3 ± 0.6 PgC, principalmente dovuta all’uso dei combu-stibili fossili e di 1.6 ± 0.8 Pg C per anno,dovuta alla diversa utilizzazione del suolo

353

Il Pianosa LAB: un laboratorio naturale per lo studio delle interazioni fra atmosfera e biosfera terrestre

F. Vaccari, F. Miglietta, G. MaracchiIstituto di Biometeorologia, CNR, Firenze, [email protected]

SOMMARIO: La regione Mediterranea sarà severamente colpita dai Cambiamenti Climatici: entro il 2020raddoppieranno le estati con temperature sopra la media, diminuirà la disponibilità di acqua, aumenteran-no desertificazione ed incendi forestali. Il bilancio globale del carbonio (C) è un determinante deiCambiamenti Climatici, così come il clima controlla i flussi naturali di carbonio. Lo studio e la compren-sione dei meccanismi che regolano lo scambio di gas tra biosfera terrestre ed atmosfera hanno avuto ungrande impulso nell’ultimo decennio sospinti dalla raggiunta consapevolezza del crescente impatto chel’attività umana sta avendo sul bilancio dei gas ad effetto serra presenti nell’atmosfera. Si stima oggi chela vegetazione terrestre scambi con l’atmosfera circa 120 Gton (1Gton = un miliardo di tonnnellate) di car-bonio l’anno in un flusso che comprende un termine negativo ovvero l’assimilazione del Carbonio da partedelle piante (fotosintesi) ed un termine positivo ovvero il suo successivo ritorno nell’atmosfera in seguitoa fenomeni respiratori autotrofi ed eterotrofi. E’ facilmente intuibile che una pur minima variazione di que-sto flusso, pari ad esempio al 5%, potrebbe avere lo stesso ordine di grandezza di tutte le emissioni antro-pogeniche di carbonio che sono stimate in circa 6 Gton anno-1. E da qui l’attenzione a tutti i processi ealle dinamiche che riguardano l’uso del suolo e la sua destinazione, gli interventi di riforestazione o diriconversione agricola. Questo crescente interesse sulle relazioni biosfera-atmosfera ha recentementefavorito il sorgere di numerose iniziative a livello nazionale ed internazionale. Ed è proprio in questo con-testo che nasce anche il Pianosa-LAB, un progetto che coinvolge quattro Università italiane e nove Istitutidi ricerca del Consiglio Nazionale delle Ricerche e che è stato reso possibile dal Parco Nazionaledell’Arcipelago Toscano che ne ha approvato gli obiettivi e favorito le attività. L’obiettivo del PianosaLAB è di stimare e verificare, utilizzando approcci avanzati, lo scambio gassoso che avviene fra la vege-tazione dell’isola e l’atmosfera. Le misure servono a capire sempre meglio le interazioni e le retroazioniche esistono fra clima ed ambiente terrestre, offrendo al mondo scientifico la possibilità, pressoché unica,di verificare sperimentalmente i flussi di gas e la loro dinamica in un contesto ambientale rappresentativodi una buona parte della regione Mediterranea. I dati acquisiti servono, infine, a validare quei modellimatematici in grado di simulare i processi biologici che sono alla base dello scambio gassoso.

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(IPCC, 2001, 2007). Il carbonio di naturaantropogenica emesso annualmente è ilresponsabile dell’aumento della concentrazio-ne atmosferica di CO2 che annualmente è di3.3 ± 0.2 Pg.C. Questo incremento è soltantoil 40% di tutte le emissioni di natura antropo-genica, il rimanente 60% è assorbito annual-mente dagli oceani, circa 2.3 ± 0.8 Pg C edalla biosfera terrestre che annualmenteassorbe circa 3.0 ± 2.3 Pg C. E’ soltanto lacapacità della biosfera ed in particolare delsuolo e della componente legnosa che posso-no funzionare da serbatoi di carbonio ed èquindi demandata a loro la capacità di mitiga-zione di ulteriori aumenti della concentrazio-ne atmosferica di CO2. Lo studio degli scam-bi gassosi tra biosfera e atmosfera è ormai l’o-biettivo di numerose iniziative di ricercanazionali ed internazionali (Valentini et al.,2000), ma soltanto poche di queste sono spe-cificatamente indirizzate agli ecosistemiMediterranei (Reichstein et al., 2000).Gli ecosistemi mediterranei sono diffusi incinque aree del Pianeta: Nord America, nelBacino del Mediterraneo, in Cile, in Australiaed in Sud Africa e vista la loro complessità,saranno uno degli ecosistemi che maggior-mente risentiranno degli impatti del cambia-mento climatico in atto e previsto.Il Pianosa LAB è un progetto nato nel 2000 for-mato da 4 Dipartimenti dell’Università Italianee da 9 Istituti del CNR che si è dato come obiet-tivo il monitoraggio di lungo termine delloscambio di gas ad effetto serra tra la biosfera,l’intera isola di Pianosa, e l’atmosfera.

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

L’ isola di Pianosa ha una superficie di circa10 km2 ed è composta da un complessomosaico fatto di ecosistemi naturali in evolu-zione principalmente macchia mediterranea edi ampie aree di abbandono di un territorioche è stato coltivato dai detenuti della coloniapenale, da oltre un secolo.La scelta dell’Isola di Pianosa, come luogoper questa iniziativa di ricerca, è stata deter-minata dalla contemporanea presenza di quat-

tro elementi principali che la rendono pratica-mente unica, nell’area Mediterranea: Pianosaè un’isola e, quindi, un ambiente confinatodove è possibile quantificare lo scambio gas-soso con l’atmosfera arrivando a costruire unbilancio a scala completa.Il secondo elemento è che l’isola è totalmentepriva di fonti di perturbazione e d’inquina-mento, non ci sono motori, auto o centrali ter-moelettriche e le emissioni di gas da impiantidomestici sono praticamente inesistenti. Ilterzo elemento è rappresentato dalla topogra-fia dell’isola che si presenta come una tavolaperfettamente piatta posata sulla superficiedel mare, consentendo l’applicazione di meto-diche di ricerche come la tecnica micrometeo-rologica della correlazione turbolenta. Il quar-to elemento, infine, è il fatto che l’Isola rap-presenta, nella sua attuale situazione ambien-tale, un vero e proprio modello di un sistemamediterraneo, dove la vegetazione naturalesta lentamente ricolonizzando le aree diabbandono agricolo in un complesso e delica-to processo che e’ diventato assai comune inmolte parti del bacino del Mediterraneo.Dal 2000 ad oggi sono state organizzate più di30 missioni scientifiche sull’isola, con inmedia una decina di ricercatori per missionecon task di attività diversi e complementari.Infatti, il progetto ha installato recentementedue sistemi di monitoraggio in continuo delloscambio gassoso dell’ecosistema secondo latecnica della correlazione turbolenta e ed ese-gue costanti monitoraggio del suolo e dellafisiologia della vegetazione non solo perquantificare il flusso di carbonio che l’isolascambia con l’atmosfera annualmente, macerca di comprendere anche le dinamiche e leinterazioni delle diverse componenti dell’eco-sistema isola.

3 RISULTATI RILEVANTI

Numerosi articoli scientifici e partecipazionia convegni internazionali sono stati possibili,grazie all’impegno dei ricercatori in questisette anni di lavoro. Oltre all’obiettivo princi-pale del progetto, i ricercatori del Pianosa

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

354

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LAB, hanno effettivamente concepito l’isolacome un vero e proprio laboratorio naturale acielo aperto, dove applicare metodiche diricerca innovative, sono stati utilizzati, pallo-ni sonda, aquiloni e recentemente la piattafor-ma aerea Sky Arrow ERA (EnvironmentalResearch Aircraft) dell’Ibimet. L’isola di Pianosa può essere considerata subase annuale come un sink, ovvero accumulapiù anidride carbonica rispetto a quella cherilascia in atmosfera. La quantità su baseannuale è molto variabile ma l’NEE (NetEcosystem Exchange) è nell’ordine di di circa2.64 t C ha-1. La maggiore attività la troviamoin primavera, seguita da una classica stasivegetativa durante il periodo estivo, legatoalle poche precipitazioni ed alle alte tempera-ture. In autunno si registra una ripresa dell’at-tività fotosintentica che contribuisce in modosignificativo al dato annuale, per poi ritornaread una stasi invernale dove il fattore limitantee la bassa temperature. Le prime osservazioni sulla NEE di Pianosa,hanno dimostrato una grande capacità dell’i-sola di scambiare CO2 con l’atmosfera, in par-ticolare se paragonata con altri valori di NEEdi ecosistemi simili. Infatti la NEE di Pianosaè solamente inferiore a quella della Pineta diSan Rossore del 37% o della lecceta diCastelporziano (Euroflux dataset) e il 10% inpiù della NEE della macchia mediterranea delNord della Sardegna (Reichstein et al., 2002;Reichstein et al., 2003) che ha una composi-

zione simile a quella di Pianosa.La ragione di questa particolarità è da ricer-carsi proprio nella distribuzione e composi-zione degli ecosistemi dell’isola di Pianosa.Infatti sull’isola, grazie alla presenza di unaconsistente vegetazione erbacea derivantedall’abbandono della coltivazione agraria, èuna vegetazione che si riesce ad avvantaggia-re del verificarsi di condizioni ambientalifavorevoli anche nel breve periodo. In autun-no negli ecosistemi come la Pineta di SanRossore o la Lecceta di Castelporziano, domi-nate da vegetazione arborea, le dinamiche e laripresa vegetativa avviene molto più lenta-mente che a Pianosa.

4 PROSPETTIVE FUTURE

Il progetto è una iniziativa di lungo termine,che si prefigge lo scopo di mantenere le sta-zioni in efficienza per raccogliere dati edinformazioni che possono chiarire la dinami-ca degli ecosistemi mediterranei nel ciclo delcarbonio.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

IPCC, 2001. Climate Change 2001: IPCCThird Assessment Report: Cambridge,UK: Cambridge University Press.

IPCC, 2007. Climate Change 2007: IPCCFourth Assessment Report: Cambridge,UK: Cambridge University Press.

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

355

Figura 1: Uso del suolo dell’Isola di Pianosa. Figura 2: La Torre di eddy covariance dell’Isola diPianosa.

Page 56: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

Reichstein M., Tenhunen J.D., Roupsard O.,Ourcival J.M., Rambal S., Miglietta F.,Peressotti A., Pecchiari M., Tirone G.,Valentini R., 2002. Severe drought effectson ecosystem CO2 and H2O fluxes at threeMediterranean evergreen sites: revision ofcurrent hypotheses? Global ChangeBiology, 8: 999.

Reichstein M., Tenhunen J., Roupsard O.,Ourcival J.M., Rambal S., Miglietta F.,Peressotti A., Pecchiari M., Tirone G.,Valentini R., 2003. Inverse modeling of sea-sonal drought effects on canopy CO2/H2Oexchange in three Mediterranean ecosys-tems. Journal of Geophysical Research,108(D23): 4726.

Schlesinger W.H., 1997. Biogeochemistry. Ananalysis of global change. AcademicPress, San Diego, USA.

Valentini R., Matteucci G., Dolmann A.J.,Schulze E.D., Rebmann C., Moors E.J.,Granier A., Gross P., Jensen N.O., PilegaardK., Lindroth A., Grelle A., Bernhofer C.,Grunwald T., Aubinet M., Ceulemans R.,Kowalski A.S., Morgenstern C.R., MoncrieffJ., Montagnani L., Minerbi S., Jarvis P.,2000. Respiration as the main determinant ofcarbon balance in European forests. Nature,404: 861-865.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

356

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1 INTRODUZIONE

La frazione di evaporazione è un indicatoremolto interessante per la gestione dell’irriga-zione e per la valutazione del fabbisogno idri-co delle colture. La frazione di evaporazione(ET) misura la frazione di energia radianteall’interfaccia tra terreno ed atmosfera “spesa”per il passagio di fase liquido – vapore nelsuolo e nella vegetazione (calore latente dievaporazione). Questo parametro è importanteper la valutazione delle sorgenti idriche, moni-toraggio della siccità e per la simulazione dellaproduzione delle colture. Al momento diversesono le metodologie utilizzate per il calcolo ela misura dell’ET. Molti degli approcci segui-ti contemplano l’utilizzo di misure puntualiche sono rappresentative della scala locale enon possono essere estese ad aree maggiori acausa della etereogeneità delle superfici edella natura dinamica del processo di trasmis-sione del calore. Il telerilevamento è probabil-mente una delle poche tecniche che possonofornire misure rappresentative di parametrifisici su aree di estensione crescente. I metodi

che utilizzano misure telerilevate per la valu-tazione dello scambio termico fra la superficiee l'atmosfera della terra possono suddivisi indue categorie: calcolando in primo luogo ilcalore sensibile e quindi ottenendo il calorelatente come residuo dell'equazione del bilan-cio energetico, o valutare l'evaporazione rela-tiva per mezzo di un indice utilizzando unacombinazione di equazioni (Menenti, 1984;Bastiaanssen, 1995; Su, 2001). In questo stu-dio viene presentata l’applicazione a dati tele-rilevati da piattaforma aerea Sky Arrow delMulti Scale Surface Energy Balance System(MSSEBS), metodologia basata sull’approc-cio di Menenti e Choudhurry (1993) e propo-sta da Colin (2005).

2 METODOLOGIA

Esistono diversi modelli di bilancio dell’ener-gia superficiale che contemplano l’utilizzo diimmagini multispettrali telerilevate nel visibi-le e nell’infrarosso termico, generalmentebasati su derivazioni dell’equazione diPenman-Monteith e relazioni tra il gradiente

357

Mappe di flussi di calore ad alta risoluzionecon dati multispettrali da piattaforma aerea:l’approccio MSSEBS

M. Esposito1, V. Magliulo1, J. Colin2, M. Menenti2

1Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo, CNR, Napoli, Italia2Università Louis Pasteur, Strasburgo, [email protected]

SOMMARIO: Conoscere il fabbisogno idrico delle colture è un fattore essenziale per l’ottimizzazione dellagestione dell’irrigazione in particolare considerando i sempre più evidenti cambiamenti climatici a cui èsottoposto il nostro pianeta. In questo lavoro vengono presentati risultati preliminari che permettono divalutare la potenzialità dell’applicazione di modelli di bilancio energetico applicati a dati telerilevati, con-sentendo di risalire al fabbisogno idrico su superfici eterogenee e di estensione crescente. In particolareviene presentata l’applicazione del modello MSSEBS basato sull’approccio SEBI a immagini telerilevateda piattaforma aerea su territori Europei differenti tra loro, quali sono il sud-est della Francia e l’entroter-ra Spagnolo ai confini con il Portogallo. In località Cap Sud l’applicazione del modello MSSEBS intornoalla stazione eddy covariance, restituisce valori di flusso di LE variabili tra 96 e 195 W m-2. I flussi di LEcalcolati in Las Majadas del Tietar confermano le caratteristiche di eterogeneità del sito.

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termico tra suolo e atmosfera ed evapotraspi-razione. Alcuni modelli sono basati sul con-cetto SEBI (Surface Energy Bilance Index)espresso come:

Dove Λ è la frazione di evaporazione, θ0 è latemperatura potenziale superficiale, θax è latemperatura potenziale dell’aria ad un livellodi riferimento ed rex è la resistenza esterna conx=a,w,d rispettivamente per condizione“reale”, “umida” e “secca”, assumendo che lecondizioni atmosferiche siano omogenee sul-l’area considerata. Questo indice è considera-to in diverse implementazioni tra cui l’S-SEBI o il SEBS. Quest’ultimo proposto da Su(2001) permette di calcolare la frazione dievaporazione utilizzando l’albedo, la tempe-ratura superficiale ed il NormalizedDifference Vegetation Index (NDVI) in con-giunzione con variabili meteorologiche aduna data altezza di riferimento. Considerandole due condizioni estreme, secco e umido, l’e-quazione di Penman-Monteith è riscritta con-siderando la resistenza interna che tende ainfinito o a zero rispettivamente. Le corri-spondenti resistenze esterne per il secco e perl’umido sono ottenute utilizzando il modelloproposto da Massman (1999). In questo stu-dio il livello di riferimento utilizzato per cal-colare il gradiente di temperatura viene sceltoal top dello strato limite atmosferico. Levariabili relative allo strato limite sono rap-presentative di una larga area al suolo, assun-ta essere circa dieci volte l’altezza dello stra-to limite. Il Multi-Scale Surface EnergyBilance Index (MSSEBS) proposto da Colin(2005) ed utilizzato in questo studio, combinaimmagini dal visibile al vicino infrarosso, enell’infrarosso termico per il calcolo delbilancio radiativo alla superficie con una riso-luzione spaziale dettata dal sensore utilizzato,fornendo flussi di calore latente e valori difrazione di evaporazione.

L’algoritmo MSSEBS utilizza la risoluzionepiù alta fra le immagini per la stima dellevariabili relative alla superficie vegetata. Ilbilancio radiativo combina le immagini adalta risoluzione nella banda del visibile e vici-no infrarosso (VIS-NIR) e quelle a bassa riso-luzione nell’infrarosso termico (TIR).

2 CASI STUDIO

La metodologia è stata applicata a due diffe-renti set di dati, acquisiti durante due progettidi ricerca del quinto e sesto programma qua-dro della commissione europea di seguito bre-vemente descritti:

2.1 CERESCarboEurope Regional Experiment Strategy(CERES), campagna intensiva volta allastima aggregata del bilancio del carbonio alivello regionale che può essere confrontatacon le misure atmosferiche effettuate a scalalocale e con le stime di modelli di inversionea scala continentale. La campagna è stataeffettuata nei mesi di Maggio/Giugno 2005 inLes Landes, regione locata nella parte sudoccidentale della Francia. Nel corso dellacampagna uno dei velivoli Sky Arrow ERA,operati del CNR ISAFoM, ha effettuato ripe-tutamente due transetti pianificati sulle duedifferenti tipologie di uso del suolo presentinella regione, zona forestale e agricola, for-nendo l’andamento di indici vegetativi e dimappe di evapotraspirazione.

2.2 MINDMediterranean Terrestrial Ecosystems andIncreasing Drought (MIND), il progetto hadue obbiettivi a lungo termine: studiare glieffetti potenziali dell’aumento della siccitàsugli ecosistemi terrestri mediterranei a livel-lo di processo, di ecosistema ed a scala regio-nale e valutare la vulnerabilità degli ecosiste-mi in risposta ai cambiamenti nei modelli dipioggia. Il velivolo Sky Arrow ERA ha effet-tuato campagne di misura su due dei quattrositi di interesse del progetto: Las Majadas delTietar, Extremadura, Spagna e sul sito di

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

358

SEBI

rr

rr

ew

aw

ed

ad

ew

aw

ea

aa

−=−−−

−−−

−=Λ 1100

00

ϑϑϑϑ

ϑϑϑϑ

(1)

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Tolfa, Lazio, Italia, al fine di fornire mappe dievapotraspirazione.

3 RISULTATI RILEVANTI

In questo lavoro vengono mostrati i risultatirelativi ai siti di Les Landes e Las Majadas delTietar. Entrambe le missioni sono state effet-tuate ad una quota di 7000 piedi (2200 metri)in modo da ottenere i valori di risoluzione ecopertura riportati in Tabella 1.

3.2 Cape Sud, Les LandesIn questa sezione sono presentati risultati rela-tivi ad una coppia di immagini rilevate in data27 Maggio 2005 alle 11:00 UTC, sul sito diCap Sud (Les Landes, Francia). Su Cap Sudsono presenti due stazioni “eddy covariance”per il calcolo di flussi turbolenti di anidridecarbonica, calore sensibile (H) e calore laten-te (LE). In Figura 1 è riportata la mappa di fra-zione di evaporazione calcolata con l’algorit-mo MSSEBS, mentre in Figura 2 è riportata lamappa di flussi di LE calcolata con lo stessoalgoritmo. Il confronto con la stazione di terraè stato effettuato considerando il flusso di LEmisurato alla torre LE= 75.1 W m-2, mentrel’aereo misurava flussi di LE che variavanonell’area osservata da 96 a 195 W m-2.

3.3 Las Majadas del Tietar, ExtremaduraIn questa sezione si riportano i risultati relati-vi dell’applicazione del modello ad una secon-da coppia di immagini rilevate in data 29 giu-gno alle 10:35 UTC sul sito di Majadas delTietar (Extremadura, Spagna). Le Figure 3 e 4riportano rispettivamente mappe di frazione dievaporazione e di flussi di LE corrispondential sito di Majadas dalle quali si notano valori

elevati di LE in corrispondenza delle chiomedegli alberi evidenziando l’eterogeneità delsito. Inoltre si notano valori di frazione di eva-potraspirazione maggiori dell’unità dovuti allapresenza di flussi orizzontali di calore.

4 PROSPETTIVE FUTURE

L’applicazione del modello proposto permettedi ricavare un indicatore ad alta risoluzione del

NIR TIRm M

Risoluzione 1.3 5.6Copertura 2440 1820

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

359

Figura 2: Mappa dei flussi di calore latente (W m-2) sulsito di La Cap Sud in Les Landes, Francia.

Figura 1: Mappa della frazione di evaporazione (-) sulsito di Cape Sud in Les Landes, Francia.

Tabella 1: risoluzioni e copertura a terra dellecamere aviotrasportate alla quota di 7000piedi.

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

360

fabbisogno idrico delle colture da dati telerile-vati. In questo lavoro sono stati presentati risul-tati relativi a due sole coppie di immagini chepossono essere estesi all’intero set di dati rac-colti durante un mese e mezzo di campagnaintensiva in Les Landes, oltre ad una secondacampagna prevista nei mesi di settembre/otto-bre 2007 sullo stesso territorio. Applicazionispecifiche in aree irrigue sono in via di realiz-zazione nella piana del Sele (Salerno).

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Bastiaanssen W.G.M., 1995. Regionalizationof surface flux densities and moistureindicators incomposite terrain: a remotesensing approach under clear skies inMediterranean climates. PhD thesis,Landbouwuniversiteit.

Colin J., Menenti M., Rubio E., Jochum A.,2005. A Multi-Scale Surface EnergyBalance System for operational monito-ring of surface actual evapotranspiration.Earth Observation for vegetation monito-ring and water management, edited by G.D'Urso, AIP Conference Proceedings.

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Figura 3:Mappa dellafrazione dievaporazione(-) sul sito diLas Majadasdel Tietar inExtremadura,Spagna.

Figura 4: Mappadei flussi dicalore latente(W m-2) sul sitodi Las Majadasdel Tietar inExt remadura ,Spagna.

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1 INTRODUZIONE

La variabilità del clima ha un impatto moltosignificativo sulla dinamica della vegetazione.Questa relazione può essere analizzata in ter-mini di fattori climatici forzanti e misure dellarisposta, ove sia i fattori forzanti che la rispostavengono caratterizzati usando serie temporalidi dati globali, in particolare i dati di re-analisigenerati con modelli atmosferici e dati da satel-lite. I dati di re-analisi coprono un periodo ditempo superiore ai 40 anni ed i dati da satellitesuperiore ai 25 anni, permettendo quindi deglistudi di rilevanza climatologica. I primi esem-pi di analisi di serie temporali di dati da satelli-te per lo studio della vegetazione terrestre edella sua risposta al clima risalgono alla finedegli anni 80’ (Menenti et al., 1991 e 1993). Lanovità di questo metodo è la caratterizzazionecontemporanea di tre aspetti: la variabilità spa-ziale e temporale della vegetazione e la suarisposta dinamica ai fattori forzanti. Questorisultato è reso possibile dall’analisi delle serie

temporali per ogni elemento di ogni immagine.Analisi della relazione tra variabilità climaticaed attività fotosintetica sono stati realizzati inAfrica (Azzali e Menenti, 1999 e 2000),America Meridionale (Azzali e Menenti, 1999;Gonzalez-Loyarte et al., 2007), Europa(Verhoef et al., 1996; Roerink et al., 2000) eCina (Jia e Menenti, 2006). I fattori climatici forzanti presi in considerazionesono stati la radiazione netta e le precipitazioni,più precisamente il loro rapporto (indice diBudyko) che esprime l’eccesso di energia radian-te disponibile alla superficie terrestre rispettoall’acqua disponibile e che quindi fornisce unamisura di siccità. La risposta della vegetazione intermini di attività fotosintetica è fornita da stimedella frazione di energia radiante nella regionespettrale utile per la fotosintesi assorbita dallavegetazione (fAPAR). Queste stime sono ottenu-te con i dati radiometrici multi-spettrali raccolticon una famiglia di strumenti installati su satellitidal 1979 in avanti. I risultati presentati in questasintesi sono stati ottenuti con dati rilevati

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Risposta della vegetazione alla radiazione netta e alle precipitazioni: serie temporali di dati da satellite

M.Menenti1, L.Jia2, W.Verhoef3

1Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo, CNR, Napoli, Italia 2Istituto di Ricerca, Alterra, Università di Wageningen, Olanda3Istituto internazionale di scienza per le Geo-informazioni e per l'osservazione della terra, Enschede,[email protected]

SOMMARIO: Le osservazioni da satellite della biosfera terrestre si estendono ormai su periodi di tempo suf-ficientemente lunghi da permettere lo studio della risposta della vegetazione terrestre alla variabilità delclima. Questo lavoro riassume risultati ottenuti con l’applicazione di tecniche per l’analisi di serie tempo-rali (Fast Fourier Transform ed Analisi Armonica) e dati rilevati con gli strumenti AVHRR e MODIS indiverse zone della Terra. Le applicazioni principali e dimostrate dai risultati presentati sono: a) identifica-zione e cartografie di zone omogenee nella risposta della vegetazione; b) risposta media della vegetazio-ne alla variabilità del clima per il periodo di tempo coperto dalle osservazioni; c) allerta tempestiva di ano-malie nell’evoluzione dell’attività fotosintetica.

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dall’Advanced Very High Resolution Radiometer(AVHRR) e dal Moderate Resolution ImagingSpectroradiometer (MODIS).

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

I dati di re-analisi generati con modelli atmo-sferici hanno risoluzione spaziale (40 kmECMWF, 200 km NCEP) molto inferiore aidati da satellite (1 – 4 km). I dati giornalierirelativi alla radiazione netta ed alle precipita-zioni sono stati integrati per ottenere valoricon la stessa risoluzione temporale dei dati dasatellite: dagli 8 giorni dei dati generati conMODIS ai 30 giorni dei dati generati conAVHRR nei primi studi realizzati. Il rapporto(radiazione netta / precipitazione) misura ilgrado di siccità e la fAPAR l’attività fotosin-tetica. Tenendo conto della differente risolu-zione spaziale, il fattore forzante è noto perun’area estesa, all’interno della quale la varia-bilità spaziale della risposta della vegetazioneè caratterizzata con i dati da satellite. Nelleprime analisi (Menenti et al., 1993) è stato uti-lizzato l’indice spettrale NDVI come surroga-to della fAPAR. La risposta della vegetazionealla siccità è analizzata utilizzando serie diFourier per scomporre le serie temporali delrapporto di Budyko e della fAPAR nelle com-ponenti periodiche dominanti.Nel corso degli anni abbiamo usato inizial-mente un algoritmo Fast Fourier Transform esuccessivamente un algoritmo per l’analisiarmonica di serie temporali (HANTS).L’algoritmo più recente approssima iterativa-mente la serie temporale delle osservazioni

con una serie di Fourier: le osservazioni pos-sono essere spaziate ad intervalli irregolari el’algoritmo permette di identificare ed elimi-nare osservazioni anomale (Roernk et al.,2000), dovute per esempio alla presenza dinuvole nel pixel considerato (Fig.1). Le zonepiù chiare corrispondono a nuvole che vengo-no individuate come valori di NDVI netta-mente al di sotto dell’andamento stagionale.L’algoritmo stima i parametri della serie diFourier sulle osservazioni rimanenti e stima ivalori da sostituire a quelli eliminati sullabase della serie di Fourier. Il numero massimodi osservazioni anomale viene stabilito dall’u-tente ed è limitato per non degradare l’accura-tezza della serie generata.Queste analisi sono state effettuate per l’AfricaMeridionale (Agosto 1981 - Dicembre 1992),America Meridionale (Gennaio 1982 - Giugno1992), Europa (1991 - 1996) e Cina (2000 - 2006).Le applicazioni possono essere raggruppate intre categorie:- identificazione e cartografie di zone omo-

genee nella risposta della vegetazione;- risposta media della vegetazione alla varia-

bilità del clima per il periodo di tempocoperto dalle osservazioni;

- allerta tempestiva di anomalie nell’evolu-zione dell’attività fotosintetica;

3 RISULTATI RILEVANTI

3.1 Zone omogenee nella risposta della vege-tazioneLa tecnica descritta è stata applicata per identifi-care e delimitare zone omogenee nella risposta

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Figura 1: Immagine NDVIdell’Europa e Nord Africa:immagine originale (sinistra) edopo la rimozione delle nuvoleed interpolazione con HANTS(destra).

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dinamica della vegetazione al clima nell’Africaed America Meridionale. Gli attributi utilizzatiper caratterizzare le zone omogenee sono i para-metri della serie di Fourier ottenuta nella rico-struzione della serie temporale. Sia le ampiezzeche i valori della fase hanno un significato feno-logico immediato, nel caso la grandezza osserva-ta sia legata allo sviluppo della vegetazione,come nel nostro caso. Il clima, il suolo e le moda-lità d’uso della vegetazione determinano il pesodel ciclo annuale e di componenti periodiche diminore ma significativa ampiezza, come il ciclosemestrale legato all’andamento delle precipita-zioni in molte zone temperate. Il valore della faseesprime il momento di massimo sviluppo vege-tativo. Tali attributi fenologici quantitativi posso-no essere usati con algoritmi numerici di classi-ficazione per delimitare zone omogenee “iso-fenologiche” (Fig. 2).La presenza di zone con peso diverso delvalore medio e delle ampiezze delle compo-nenti con periodo di 12 e 6 mesi appare evi-dente nelle variazioni di intensità e tono inquesta immagine (più evidenti nell’immagineoriginale a colori). Usando questi parametricome attributo in una procedura numerica diclassificazione si arriva ad identificare dellezone la cui fenologia risponde al clima inmodo omogeneo (Azzali e Menenti, 2000).

3.2 Risposta della vegetazione alla variabili-tà del climaI valori assoluti e relativi dell’ampiezza dellacomponente a 12 e 6 mesi determinano anchela risposta della vegetazione alla variabilitàclimatica (Fig. 2). I toni più scuri corrispon-dono a zone dove il valore medio e l’ampiez-za del ciclo annuale sono ridotte e domina il

ciclo semestrale, indicazione di anomaliefenologiche legate alla siccità.Questa relazione è evidenziata dalla correla-zione sia del valore medio che dell’ampiezzaannuale con l’indicatore dei fattori forzanticlimatici definito in precedenza (Fig. 3).I segmenti di questa relazione con pendenzamaggiore (derivata prima rispetto all’indice disiccità identificano le zone maggiormentesensibili a variazioni del clima ed alla siccità.

3.3 Allerta tempestiva di anomalie nell’attivi-tà fotosintetica.Il metodo proposto può essere usato anche perl’allerta di periodi di siccità (Jia e Menenti,2006). Nell’anno 2006 si sono verificati indiverse zone della Cina dei periodi di siccitàmolto intensi. L’analisi delle osservazioniMODIS fAPAR (Fig. 4) permette di identifica-re tempestivamente l’insorgere di anomalienegative nello sviluppo della vegetazione. Nelcaso specifico, la gravità della siccità in Sichuanè apparsa solo nel mese di Agosto, mentre l’ano-malia era già osservabile in Maggio.

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

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Figura 2: Immagine in falsocolore di zone iso-fenologiche:a) 1995 and b) 1995; dati NDVIdecadici, risoluzione 1 km; rosso= valore medio NDVI, verde =ampiezza della componente 12mesi, blu = ampiezza 5 mesi.

Figura 3: Valore medio ed ampiezza della componenteannuale del NDVI vs. l’inverso del rapporto di Budyko.

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4 PROSPETTIVE FUTURE

I risultati riassunti aprono due direttrici diulteriore sviluppo: a) la lunghezza delle serietemporali di osservazioni da satellite delleterre emerse supera ormai i 25 anni, quindicon una rilevanza climatologica superiore aquanto riassunto qui; il passo successivo deveconsistere nell’approfondimento della rispo-sta osservata della biosfera terrestre alla varia-bilità climatica, con maggiore attenzione allavariabilità interannuale; b) la disponibilità siadel metodo che dei dati necessari consente diprocedere speditamente verso un sistema diallerta di eventi siccitosi secondo quantodescritto brevemente in queste pagine.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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Gonzalez - Loyarte M.M., Menenti M., 2007.Impact of rainfall anomalies on Fourier param-eters of NDVI time series of NorthwesternArgentina. Int. J. Rem. Sens., in stampa.

Jia L., Menenti M., 2006, Response of vegeta-tion photosynthetic activity to net radiationand rainfall: a case study on the TibetanPlateau by means of Fourier analysis ofMODIS fAPAR time series. Advances inEarth Sciences, 21(21): 1254-1259.

Menenti M., Bastiaanssen W.G.M., Hefny K.,Abd El Karim M.H., 1991. Mapping ofgroundwater losses by evaporation in theWestern Desert of Egypt. Report 43. DLOWinand Staring Centre, Wageningen, TheNetherlands. 116 p.

Menenti M., Azzali S., Verhoef W., van Swol R.,1993. Mapping agroecological zones andtime lag in vegetation growth by means ofFourier analysis of time series of NDVI ima-ges. Adv. Space Res., 13(5): 233-237.

Roerink G.J., Menenti M., Verhoef W., 2000.Reconstructing cloud-free NDVI composi-tes using Fourier analysis of time series. Int.J. Rem. Sens., 21(9): 1911-1917.

Verhoef W., Menenti M., Azzali S., 1996. Acolour composite of NOAA-AVHRR-NDVIbased on time series analysis 1981-1992.Intern. J. of Remote Sensing, 17: 231-235.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

364

Figura 4: Osservazione della fAPAR ottenute con dati MODIS: a) mappa dell’intensità dell’anomalia (sinistra); b) serietemporale media ricostruita con HANTS ed osservazioni del 2006 (destra). (after Roerink et al., 2000).

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1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

È noto che l’effetto serra ed il riscaldamentoglobale possono influenzare un gran numerodi fenomeni che, interagendo, alterano perico-losamente gli equilibri omeostatici del piane-ta. A tali effetti legati al clima si aggiungonogli effetti diretti che alte concentrazioni diCO2 possono avere sui vegetali. Negli ultimianni sono stati utilizzati metodi per aumenta-re la concentrazione atmosferica di CO2 suaree sperimentali. FACE (Free Air CO2

Enrichment) (Hendrey et al., 1993) e mini-FACE (Miglietta et al., 2001) si propongonodi superare i limiti microclimatici impostidalle camere a cielo aperto e rappresentanol’unica tecnologia in grado di simulare, inmodo realistico, gli effetti di future concentra-zioni di CO2 atmosferico su ecosistemi sianaturali che agrari. Gli esperimenti FACE ten-tano di rispondere ad una serie di domande

fondamentali: quale sarà la risposta dellepiante all’atteso aumento della concentrazio-ne atmosferica di CO2? Quali meccanismi diinterazione positiva o negativa interesserannoil rapporto fra ecosistemi ed atmosfera? Cheimpatti si avranno sulla produzione di beni ematerie prime alimentari?Negli ultimi due decenni la possibilità dirispondere a queste domande è cresciuta dipari passo alla crescita della tecnologia FACEche si è evoluta dai primi rudimentali sistemiche esistevano negli anni ’80, questo anchegrazie al fondamentale contributo dato dalCNR in questo campo.

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

2.1 I sistemi FACE del CNRIl successo della tecnologia FACE si deveall’avvento dei micro-computers di basso costoche furono introdotti nella seconda metà degli

365

I sistemi CNR-FACE (Free Air CO2 Enrichment)per lo studio dell’impatto dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi terrestri: tecnologie e risultati

F. Miglietta1, S. Baronti1, M.G. Lanini1, A.Raschi1, A. Zaldei1, F.P.Vaccari1,G. Maracchi1, F. Selvi2, R.Tognetti3

1Istituto di Biometeorologia, CNR, Firenze, Italia2Dipartimento di Biologia Vegetale, Università di Firenze, Italia

3Dipartimento di Scienze e Tecnologie per l'Ambiente e il Territorio, Università del [email protected]

SOMMARIO: L’idea di aumentare la concentrazione atmosferica di CO2 in un ambiente “non-confinato”risale alla fine dell’800 (Braune 1884 citato da Jäger et al, 2003). Il CNR ha svolto insieme al BrookhavenNational Laboratory (BNL) del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, un ruolo di leadership a livel-lo internazionale nello sviluppo dei sistemi FACE. Partendo degli anni ’90, sono stati progettati e realiz-zati oltre venti impianti sperimentali in diverse parti del mondo, in quattro continenti. Il concetto stesso diFACE si è evoluto: sistemi FACE sviluppati nel nostro paese hanno dimensioni diverse che vanno dalmetro di diametro sviluppato per studi su piante di piccola taglia (Mini-FACE) fino agli oltre venti metridi diametro nel caso dei sistemi usati per arricchire in CO2 l’atmosfera intorno a coltivazioni forestali.L’esperimento presentato, si è svolto in un prato semi-naturale ed ha investigato gli effetti delle elevateconcentrazioni di biossido di carbonio sull’ecosistema.

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anni ’80. L’obiettivo di un sistema FACE èquello di assicurare che la concentrazione diCO2 mediata sul minuto intorno alla vegetazio-ne studiata sia per almeno l’80% del tempoentro una deviazione inferiore al 20% da undeterminato target prefissato. Per fare questo,un sistema FACE ha bisogno di un sistema dicontrollo direzionale in grado di operare il rila-scio del gas sopravvento alla parcella sperimen-tale ed un sistema di modulazione per variare ilrilascio del gas in funzione delle condizioniambientali di vento, temperatura ed irraggia-mento solare. A partire dalla fine degli anni ’90il CNR ha abbandonato il disegno originale chericalcava l’impostazione classica del BNL-FACE passando ad un sistema detto a “CO2pura” che è stato dettagliatamente descritto inletteratura (Miglietta et al., 2001) e che è statoanche sviluppato indipendentemente inGiappone (Okada et al., 2001). Questo disegnocomporta il rilascio di CO2 attraverso un grannumero di fori (jets) di piccole dimensioni anzi-ché la pre-diluizione del gas di fumigazione permezzo di ventilatori che mescolano aria e CO2.Il primo prototipo di “FACE italiano” fu realiz-zato dall’allora Istituto di Agrometeorologia delCNR (IATA, oggi diventato IBIMET, Istituto diBiometeorologia) nei primissimi anni ’90. Sitrattava di un sistema Mini-FACE replicato diforma quadrata. Nell’estate del 1995, fu poi rea-lizzato un sistema FACE di 8m di diametro concui furono studiati gli effetti di elevate concen-trazioni di CO2 su una coltura di patata(Solanum tuberosum). A partire dal 1996 i ricer-catori del CNR furono chiamati a far parte diimportanti progetti di ricerca UE. Prima nelprogetto BERI (Bog Ecosystem ResearchIniziative) nell’ambito del quale realizzaronosistemi Mini-FACE in Svizzera, Olanda,Svezia, Finlandia ed Inghilterra e poi nelProgetto UE-MEGARICH dove costruironosistemi MiniFACE in Irlanda, Germania,Francia, Ungheria ed Italia. Dal 1999 sono statirealizzati numerosi sistemi di FACE, solo percitarne alcuni: Il sistema FACE del ProgettoEuropeo POPFACE che ha continuato ad ope-rare fino all’estate del 2005 (Fig. 1); L’impiantosperimentale FACE realizzato negli USA

(Illinois University, Urbana Champaign, IL,USA) nell’ambito del progetto SoyFACE(2003); nel 2004 ha preso avvio una collabora-zione con l’Università di Hobart (Tasmania,Australia) dove è stato realizzato un impiantosperimentale Mini-FACE finalizzato allo studiodegli effetti dell’alta CO2 sulla vegetazionespontanea; dal 2006 il CNR sta curando un altroesperimento negli USA, nella zona delle short-grass prairies nelle pianure centrali dello statodel Colorado (USDA-ARS RangelandResearch Unit, Ft.Collins, CO, USA) ed unaltro esperimento Mini-FACE sulle Alpi svizze-re (Furka Pass m 2650) che è l’esperimentoFACE più “alto” del mondo (in collaborazionecon l’Università di Basilea). L’insieme di questiesperimenti rappresenta ed ha rappresentatouna risorsa straordinaria per la ricerca ambien-tale ed agraria a livello globale.

3 RISULTATI RILEVANTI

Dai numerosi esperimenti svolti negli ultimidecenni, abbiamo scelto di presentare i risul-tati dell'esperimento condotto nell'ambito delProgetto UE-MEGARICH (Rapolano Terme,Siena) nel quale è stato studiato l'effetto dielevate concentrazioni di biossido di carboniosu un prato polifita. Per la fumigazione è statoutilizzato un mini-FACE. La concentrazionedi CO2 impiegata per l’arricchimento era dicirca 560 µ mol-1. La fumigazione è comin-ciata nel 1998 ed è terminata nel 2001. Sullaparte epigea della vegetazione sono stati ana-lizzati il comportamento fotosintetico e tra-spirativo delle diverse specie (con porometro

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Figura 1: Il sistema FACE del CNR utilizzato fra il 1999ed il 2005 nell’ambito dei Progetti Europei PopFACE edEuroFACE, finanziati dall’Unione Europea.

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e camera di assimilazione), la produzione inbiomassa (tramite campionamenti distruttivi)la variazione nella composizione floristica ela fenologia delle specie più rilevanti (tramitevalutazioni a occhio nudo). Sono state inoltrerilevate le impronte stomatiche, per la valuta-zione degli adattamenti anatomici.Per l’analisi della rizosfera è stato studiato ilcomportamento della respirazione del suoloattraverso una camera per la respirazione delsuolo connessa ad un analizzatore di gas(SRC-1 e EGM-2, PPSystems, Hitchin, UK),la produzione ed il turnover delle radici attra-verso il minirizotrone (Bartz TechnologyCompany, California, U.S.A.). Infine in que-sta ricerca abbiamo cercato di analizzare glieffetti che le elevate concentrazioni di CO2possono provocare sulla lettiera attraverso lelitter-bags. Le variazioni nel numero medio dispecie nel fumigato e nel controllo è mostra-ta in Figura 2.Da aprile ’99 fino a giugno ’99 il numerodelle specie è diminuito sia nel fumigato (FR)sia nel controllo (CR). Per quanto riguarda laground cover sia delle specie perenni sia delleannuali si è visto che la fumigazione ha sti-molato la biomassa delle specie perenni, manon si sono visti sensibili modifiche nellespecie annuali; al contrario, le specie annualihanno visto una riduzione della durata delciclo vegetativo, raggiungendo la maturazio-ne e la senescenza in tempi più brevi (dati nonriportati in figura); tuttavia le differenze evi-denziate nelle diverse specie non permettonodi attribuire tale comportamento a diversi

gruppi funzionali. La produzione di biomassaè stata stimolata dall’alta concentrazione diCO2 solo in assenza di stress idrico. La foto-sintesi è stata in genere stimolata, mentre latraspirazione è stata ridotta in quasi tutte lespecie, senza che tuttavia si evidenziasseroadattamenti anatomici. Dall’andamento sta-gionale della respirazione del suolo è statoosservato che tendenzialmente il valore èsempre più elevato nel fumigato rispetto alcontrollo, in accordo a quanto osservato inaltre ricerche (Edward et al., 1999) (Fig.3).Osservando, per 6 mesi, la durata della vitadelle radici, si è evidenziato un turnover leg-germente maggiore per le parcelle fumigate.I nostri risultati mostrano, come visto da altriautori, (Arnone III et al., 2000), che ci sonosolo poche variazioni nella produzione e mor-talità delle radici fini. La vitalità delle radicinon risulta dai nostri dati essere influenzatadalle elevate concentrazioni di CO2. Alcuniautori (Van Ginkel et al., 1998) hanno riscon-trato in materiale vegetale prodotto in altaCO2, tassi di decomposizione più bassi eaumento della lettiera sul suolo, sia per l’au-mentata biomassa vegetale accumulata siaper la presenza di residui più ricchi di lignina.Analisi della lettiera accumulata sulle nostreparcelle fumigate hanno mostrato un leggeroe non significativo decremento di azoto, enello stesso tempo un aumento, ma anche inquesto caso non significativo del rapportoC/N, rispetto alle parcelle non fumigate;anche il tasso di decomposizione non è risul-tato apprezzabilmente diverso dato che tutti i

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Figura 2: Variazione nella diversità floristica nel fumiga-to e nel controllo.

Figura 3: Andamento stagionale della respirazione delsuolo. Le barre di errore sono: ± errore standard. N.S.=Non significativo (P>0.05).

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campioni, alla fine dell’anno di incubazionehanno raggiunto il 57% del peso iniziale,indipendentemente dalla fumigazione, inaccordo con quanto evidenziato da altriAutori (Norby et al., 2001).

4 PROSPETTIVE FUTURE

Da alcuni anni l’interesse dei ricercatoridell’IBIMET si è andato orientando versonuovi sistemi FACE capaci di aumentare lepotenzialità tecniche della ricerca. In particola-re l’attenzione è stata incentrata su due tipolo-gie di sistemi tecnologici: il primo è un nuovosistema chiamato Grad-FACE che dovrebbeessere in grado di creare veri e propri gradien-ti di concentrazione di CO2 in situazioni dipieno campo sfruttando diverse geometrie dirilascio ed un sistema più evoluto di controllodirezionale e volumetrico del gas.Il secondo è un sistema “a rete” definitogenericamente HotFACE che dovrebbe esse-re in grado di accoppiare il rilascio di CO2con il rilascio di aria calda ed umidificata ingrado di simulare una situazione ambientalecaratterizzata da un’elevata concentrazione dianidride carbonica ed un significativo aumen-to della temperatura dell’aria. Il concetto èquello di riuscire a superare tutti i limiti spe-rimentali messi in evidenza dall’uso di siste-mi passivi di riscaldamento.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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Hendrey G.R., Miglietta F., 2006. FACE tech-nology: Past, Present, and Future. In:Managed Ecosystems and CO2 (eds J.Nösberger, S.P. Long, R.J. Norby, M.Stitt, G.R. Hendrey, H. Blum), pp.15-43.Springer, Berlin Heidelberg New York.

Miglietta F., Peressotti A., Vaccari F.P. et al.,2001. Free-air CO2 enrichment (FACE) of apoplar plantation: the POPFACE fumigationsystem. New Phytologist, 150: 465-476.

Norby R.J., Cotrufo M.F., Ineson P., O’NeillE.G., Canadell J.G., 2001. Elevated CO2,litter chemistry, and decomposition: a syn-thesis. Oecologia, 127: 153-165.

Pregitzer K.S., Zak D.R., Maziaasz J.,DeForest J., Curtis P.S., Lussenhop J.,2000. Interactive effects of atmosphericCO2 and soil-N availability on fine rootsof Populus tremuloides. EcologicalApplications, 10: 18-33.

Van Ginkel J.H., Gorissen A., 1998. In situdecomposition of grass root s as affectedby elevated atmospheric carbon dioxide.Soil Science Society of America Journal,62: 951-958.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

I cambiamenti climatici in atto stanno forte-mente influenzando il rapporto piante-ambiente, rendendo idonee per certi ambientispecie che non lo erano e viceversa. Compitodella Fisiologia Ambientale è studiare su cosai cambiamenti climatici influiscono, mentre ècompito del Miglioramento Genetico agiresulle diverse specie vegetali per renderle com-patibili con le nuove condizioni ambientali.Per affrontare questi studi le due disciplinedevono poter "pilotare" i cambiamenti clima-tici, da qui la necessità di fitotroni e camereclimatiche. La costruzione di questi costosistrumenti richiede una complessa tecnologia.La temperatura è controllabile abbastanzafacilmente, mentre il controllo dell'umiditàdell'aria presenta delle difficoltà. Regolare ladurata del fotoperiodo è banale, mentre èassai difficile produrre luce artificiale corri-spondente a quella solare.I progressi della tecnologia elettronica con-sentono, oggi, di utilizzare più efficacementeattuatori e trasduttori del commercio, senzapregiudizio per la qualità del controllo, pur-ché il sistema sia supportato da un software dialta qualità. In questo modo i costi di realizza-zione di una camera climatica possono essere

assai ridotti rispetto a un recente passatoquando, con le camere, venivano progettati erealizzati anche specifici attuatori, per megliointegrarli nell'hardware, che erano, di solito,governati da software di bassa capacitàgestionale. L'ambiente controllato, che qui proponiamo, èstato da noi progettato e realizzato sia perstudi generali di fisiologia-ambientale sia perstudi particolari (Materassi et al., 2005;Materassi et al., 2006). Nello specifico sonostati condotti studi su piante di Populus Alba,sottoposte ad elevati livelli sia di CO2 sia diradiazione ultravioletta, parametri il cui attua-le aumento è riconducibile alle attuali varia-zioni climatiche.

2 LA STRUTTURA E L’HARDWARE

Per gli studi specifici su indicati, è stato pro-gettato e realizzato un sistema costituito dadue camere climatiche di tipo chiuso, ovverosenza scambi d'aria con l'esterno, interamentegestite da computer (Fig.1). Le due cameredifferiscono fra loro solo per il fatto che inuna le piante possono essere sottoposte anchea radiazione ultravioletta. Le dimensioni dellecamere sono 2,25 x 1,80 m per un'altezza di2,30 m.

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Camera climatica per studi sulle relazioni piante-ambiente

A. Materassi, G. Fasano, F. BenincasaIstituto di Biometeorologia, CNR, Sassari, [email protected]

SOMMARIO: Compito della Fisiologia Ambientale è studiare su cosa i cambiamenti climatici influiscono,mentre è compito del Miglioramento Genetico agire sulle diverse specie vegetali per renderle compatibi-li con le nuove condizioni ambientali, determinate dagli attuali cambiamenti climatici. Viene qui descrit-to un nuovo tipo di camera climatica che associa attuatori e trasduttori del commercio, di basso costo, aun software di alto livello. I parametri ambientali controllati e misurati sono: radiazione nella gamma sola-re, radiazione UV B, umidità e temperatura dell’aria, concentrazione della CO2, movimento dell’aria. Irisultati ottenuti sono un incremento dell’affidabilità dell’apparato e un forte abbattimento dei costi di rea-lizzazione, senza alcun pregiudizio sulla qualità dei dati rilevati.

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2.1 Il parco lampadeAll'interno di ciascuna camera sono montatisia quattro fari a vapori di alogenuri da 400 Welettrici sia nove plafoniere doppie, contenen-ti ognuna un tubo fluorescente a luce diurna eun tubo che emette prevalentemente nellegamme blu e rossa, entrambi da 36 W elettri-ci. La miscelazione della radiazione dei diver-si tipi di lampade, consente di ottenere, nellegamme della fotosintesi, una potenza radiati-va equivalente a quella ottenibile con unaradiazione solare di circa 130 W m-2, suffi-ciente all'attività biologica delle piante(Salisbury et al., 1978). In una delle duecamere sono presenti anche sette tubi fluore-scenti, da 36 W elettrici, che emettono radia-zione ultravioletta nella gamma B (280÷315nm). La radiazione UV disponibile nellecamere può arrivare a valori di cinque voltesuperiori a quelli della radiazione UV natura-le. L'uniformità della distribuzione dellaradiazione sul pavimento delle camere è statastimata mediante misure radiometriche nellegamme 380÷780 nm e 280÷315 nm. Oppor-tuni accorgimenti hanno permesso di conte-nerne lo scarto quadratico medio percentualeentro il 5 %. L'uso di reattori elettronici hareso possibile la regolazione dell'intensitàradiativa di tutte le lampade fluorescenti finoal 3 % del valor massimo, senza alterazionisignificative dello spettro, consentendo anchedi produrre l'effetto crepuscolare all'inizio ealla fine del fotoperiodo impostato.

2.2 La misura e l'abbattimento dell'ozonoNella camera con lampade UV, in tempi lun-ghi, si possono concentrare quantità di ozono,O3, superiori a 0,1 ppm che, per il forte pote-re ossidante di questo gas, viene considerato illivello massimo compatibile con l'attività bio-logica. Per mantenere la quantità di ozono aun valore prestabilito, al di sotto di 0,1 ppm, èstato inserito nella camera un misuratore diO3 il quale, quando il livello raggiunge ilvalore impostato, fa intervenire un abbattitoredi ozono.

2.3 La misura e il controllo dell'umidità dell'ariaL'umidità relativa dell'aria, in ciascuna came-ra, può essere regolata fra 30 % e 80 % conuna precisione di ± 5 %. Ciò è ottenuto trami-te un umidificatore e un deumidificatore, ubi-cati all'interno della camera, comandati dalcomputer. Il sensore di umidità, di tipo capa-citivo (Fasano et al., 1999), è posizionato,come il sensore di temperatura, all'interno delventilconvettore, sulla bocca di aspirazione.Quando il valore dell'umidità dell'aria siallontana del 5 % dal valore prestabilito, ilcomputer fa intervenire, a seconda dellenecessità, uno dei due attuatori fino al ripristi-no delle condizioni desiderate.

2.4 La misura e il controllo della CO2Per questo parametro ambientale, ovviamente,è previsto solo il reintegro. Per la misura dellaCO2 è stato utilizzato un sensore all'infrarosso.L'attuatore è costituito da un'elettrovalvola,che immette nella camera la CO2 contenuta inuna bombola. L'elettrovalvola è comandata dalcomputer con dei cicli on-off, la cui temporiz-

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Figura 1: Vista della zona all'esterno della camera chealloggia il computer di controllo di entrambe le camere.Sono visibili: A), computer; B), pompa del liquido refri-gerante; C), servovalvola; D), misuratore di CO2; E),abbattitore di ozono.

Page 71: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

zazione è funzione dello scarto fra il valoremisurato e il valore impostato. Un regolatoredi pressione, posto a monte dell'elettrovalvola,provvede ad abbassare la pressione del gas aun valore poco superiore alla pressioneambiente. All'interno delle camere si può otte-nere una concentrazione di CO2 compresa frail valore dell'ambiente e 3000 ppm, con unaprecisione migliore del 5 %.

2.5 La misura e il controllo della temperaturadell'ariaIl controllo di temperatura è reso necessarionon solo per portare la temperatura dell'aria,all'interno della camera, a un livello prefissa-to, ma anche per abbattere l'input termico pro-dotto dagli attuatori già descritti. A questoscopo il sistema di condizionamento termicoè stato adeguatamente sovradimensionato. Inogni camera è presente un ventilconvettore alcui interno c'è, oltre a un ventilatore, una ser-pentina di raffreddamento e una resistenza diriscaldamento. Una pompa provvede a far cir-colare, all'interno della serpentina, del liquidorefrigerante. Tramite una servovalvola a trevie, comandata dal computer, è possibilevariare con continuità la portata del fluidorefrigerante e quindi il raffreddamento opera-to dal ventilconvettore. Il computer agiscealtresì sull'alimentazione della resistenza elet-trica permettendo di variare con continuità lapotenza riscaldante. Un gruppo frigorifero da13 kW, unico per le due camere, provvede amantenere il liquido refrigerante alla tempera-tura di circa 2,5 °C. Il sensore della tempera-tura dell'aria, di tipo Pt 100 (Fasano et al.,1999) è posto sulla bocca di aspirazione delventilatore. La gamma termica impostabile ècompresa fra 5 °C e 40 °C e il sistema riescea mantenere la temperatura con una precisio-ne di ± 0,2 °C.

2.6 Il movimento dell'ariaIl movimento dell'aria all'interno della came-ra, indispensabile per evitare stratificazioni eper rendere omogenee le sue caratteristichechimiche e termodinamiche, è assicurato dalventilatore presente all'interno del ventilcon-

vettore. La portata del ventilatore è seleziona-bile fra 480, 600, e 780 m3h-1.

2.7 Sistemi di sicurezzaUn allarme viene attivato nel caso in cui ivalori misurati si discostino dai valori pro-grammati, oltre un limite impostato. È statoimplementato un algoritmo per evitare ilrischio di falsi allarmi, che potrebbero avveni-re durante i transitori. La camera viene total-mente disattivata se: la temperatura al suointerno supera 40 °C, la temperatura del flui-do refrigerante supera 15 °C, il sensore ditemperatura o la pompa di circolazione delfluido refrigerante si guastano. Per garantirela sicurezza degli operatori le lampade UVvengono spente all'apertura della porta dellacamera, il ripristino è manuale dopo la chiu-sura della porta. In caso di superamento dellivello prefissato di O3, le lampade UV ven-gono spente.

3 LA GESTIONE DEL SISTEMA E IL SOFTWARE

Per la gestione di tutto il sistema è stato svi-luppato, con linguaggio LabVIEW, un apposi-to software di alto livello che permette lagestione indipendente delle due camere. Dettosoftware è installato su un computer dotato diuna scheda per l'interfacciamento con sensorie attuatori. La temperatura dell'aria è controllata conlogica PID e i parametri del controllo sonoottimizzati automaticamente, in funzionedella potenza dissipata dagli attuatori del con-trollo di umidità e dalle lampade, prendendocome riferimenti i valori ottenuti in sede dimessa a punto. Nel caso della radiazione, siavisibile sia UV, il computer pilota le lampade,regolandone l'intensità, senza feedback.Il software consente inoltre di programmarecicli giornalieri di temperatura e di radiazio-ne. Per entrambe le grandezze le variazionipossono essere intervallate di 15 minuti; inentrambi i casi si tratta di variazioni a rampa(Fasano et al., 1999).L'attuazione dei controlli e l'acquisizione deidati avvengono con un intervallo di 10 s e, di

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Page 72: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

questi ultimi, ogni 15 minuti ne viene memo-rizzato il valore medio. In un file di log ven-gono memorizzati gli eventi di allarme conindicazione della causa. In figura 2 è riportatala schermata durante il normale funzionamen-to delle camere; in essa sono indicati i valoriattuali e i set-point di tutte le grandezze edeventuali indicazioni di allarme. Una routinedi setup permette un'agevole programmazio-ne, da parte dell'utente, sia dei cicli di tempe-ratura e di illuminazione sia dei set-point diumidità e di CO2.

4 RISULTATI E PROSPETTIVE

Nello studio condotto, sull'effetto dell'incre-mento della radiazione UV B e della CO2 supiante di Populus Alba, non sono stati previsti

né cicli di concentrazione di CO2 né cicli diumidità relativa, ma solo l'impostazione divalori prestabiliti. Ovviamente laddove lasperimentazione biologica richiedesse anchel'esecuzione dei cicli indicati, il software svi-luppato consente un'immediata implementa-zione di queste funzioni. I fisiologi e i genetisti che hanno utilizzato lecamere hanno potuto verificare le buone pre-stazioni da esse fornite e la loro ottima affida-bilità. La sperimentazione ha pienamentemostrato l'assunto che sta alla base del proget-to: un software di alto livello può gestireattuatori commerciali di costo medio basso,

abbattendo così, fortemente, i costi di realiz-zazione senza nuocere alla qualità dei risulta-ti. Le ricerche, tramite camere climatiche,permettono di studiare l'effetto dei mutamentidei singoli parametri ambientali sulla fisiolo-gia vegetale: si mantengono costanti tutti iparametri ad eccezione di uno, la cui variazio-ne può essere considerata responsabile dellerisposte rilevate sulle piante. Ovviamente nonè sempre così semplice poiché, in molti casi,la risposta di una pianta è determinata nontanto dall'intensità di un singolo parametroquanto dall'interazione fra due o più parame-tri ambientali (Downs et al., 1976). Da qui lanecessità di poter controllare contemporanea-mente più parametri, come appunto è possibi-le con la tipologia di camere proposte.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Downs R.J., Hellmers H., 1976. Controlledclimate and plant research Technical Noten° 148. Ginevra: WMO.

Fasano G., Materassi A., Zara P., 1999. Sensorie strumenti elettronici per la meteorologia.Quaderno n° 8 Collana IBIMET. Firenze,CNR.

Materassi A., Fasano G., Arca. A., 2005.Camere climatiche per fisiologia vegetale:una nuova concezione progettuale. Riv.Ing. Agr., 4: 79-87.

Materassi A., Fasano G., De Vincenzi M.,2006. Criteri di scelta nella progettazionedel parco lampade a radiazione solare incamere climatiche per fisiologia vegetale.Riv. Ing. Agr., 1: 67-72.

Salisbury F.B., Ross C.W., 1978. Plant physio-logy. Belmont: Wdsworth PublishingCompany, Inc.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Figura 2: Schermata durante il normale funzionamentodelle camere, in essa sono indicati i valori attuali, i set-point e le eventuali indicazioni di allarme.

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1 CONTESTO E OBIETTIVI DELLA RICERCA

Il monitoraggio della vegetazione su lunghiperiodi di tempo attravarso i tradizionalimetodi di campionamento e raccolta dei datidi terrenno risulta particolarmente problema-tico nelle regioni a clima arido o semi-arido inconsiderazione sia dell’ampiezza delle zoneoggetto di osservazione che delle difficili con-dizioni di accesso. Per questo motivo l’usodi tecniche di osservazione remota (telerileva-mento) si sono rivelate particolarmente utiliper acquisire informazioni in continuo sullostato della vegetazione ad una risoluzionespaziale e temporale comunque interessanteper analisi a scala regionale e sub-regionaleNumerosi studi hanno dimostrato che l’usod’immagini a bassa risoluzione dell’IndiceNormalizzato di Differenza della Vegetazione(NDVI) sono in grado di fornire rilevanti indi-cazioni circa lo stato e la qualità della coper-tura vegetale (Hutchinson, 1991; Los, 1998;

Prince, 1991). I valori di NDVI sono, infatti,significativamente correlati ad alcuni caratte-ri della vegetazione, come ad esempio l’indi-ce fogliare (LAI), la frazione della radiazionefotosinteticamente attiva assorbita (fAPAR),la produttività primaria (GPP). Tali indici divegetazione trovano numerose applicazioninel settore agricolo, forestale ed ambientaleper la previsione dei rendimenti delle colturee per il monitoraggio dell’impatto delle attivi-tà umane e dei cambiamenti climatici sugliecosistemi. Partendo da tali elementi il pre-sente lavoro si propone di verificare la presen-za di variazioni significative delle condizionidella vegetazione nella regione Sahelianadell’Africa dell’ovest mediante una analisiinterannuale dei principali indici ad essa cor-relati (fAPAR e GPP), analizzati lungo unarco temporale relativamente ampio (1986 ÷2001). Il presente lavoro è stato svolto nelquadro del programma di ricerca EuropeoAMMA (African Moonson Multidisciplinary

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Analisi delle dinamiche della vegetazione nella regione Saheliana (Africa dell’Ovest)mediante uso d’immagini telerilevate

P. Vignaroli, L. Genesio, F. Maselli, C. Vallebona, B. Canessa, V. Capecchi,A. Di Vecchia, G. Maracchi Istituto di Biometeorologia, CNR, Firenze, [email protected]

SOMMARIO: La desertificazione, come riduzione del potenziale produttivo di un territorio, è un fenomenoche sta interessando un numero sempre maggiore di paesi, ancorché caratterizzati da contesti ambientali esocioeconomici differenti. Le cause di tale situazione sono senza dubbio molteplici, sebbene i fattori dinatura climatica ed antropica rappresentino le principali determinanti in grado di influenzarne sia le dina-miche che l’intensità. Nella regione dell'Africa Saheliana gli agroecosistemi costituiscono una componen-te strutturale del territorio particolarmente sensibile all'evoluzione degli aspetti climatici, legati in parti-colar modo alla distribuzione spazio-temporale delle piogge che si manifesta in primo luogo attraverso unamodifica delle dinamiche della vegetazione e quindi della produttività agricola. In tale contesto i dati tele-rilevati rappresentano un'importante fonte d'informazione nelle attività di monitoraggio dei processi didegradazione delle risorse ambientale e nella definizione d’interventi mirati ad una efficace gestione delrischio climatico.

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Analysys) con l’obiettivo di contribuire allaquantificazione degli impatti della variabilitàclimatica sulla produttività delle terre neisistemi di produzione agricoli e pastorali dellaregione saheliana.

2 AREA DI STUDIO

Sul piano geografico il Sahel (in lingua araba“Sponda del deserto”) rappresenta la fascia diterritorio a sud del deserto del Sahara, com-presa nei confini amministrativi di Senegal,Gambia, Mauritania, Mali, Burkina Faso,Niger, Ciad. Dal punto di vista climatico, questa regione ècaratterizzata da due stagioni: una secca daOttobre ad Aprile ed una piovosa tra Maggioe Settembre. La pluviometria media annuavaria principalmente in funzione della latitu-dine dai 100 mm della zona a contatto con ilSahara ai 900 mm della zona più meridionale. I periodi umidi sono caratterizzati da pioggeintense e di breve durata la cui aleatorietà crescein maniera lineare in funzione della latitudine.Il Sahel è una regione ecologicamente fragilee povera in risorse dove gli effetti della deser-tificazione sono più evidenti e tradizional-mente riconosciuti come il limite principaleallo sviluppo.

3 MATERIALI E METODI

3.1 Stima dell’indice fAPARPer l’estrazione dell’indice fAPAR è stato utiliz-zato il dataset decadale di immagini NDVI for-nite da Famine Early Warning Systems Network(FEWS NET) e disponibili alla pagina:http://igskmncnwb015.cr.usgs.gov/adds/inde

x.php. Tali immagini, raccolte dal sensoreAVHRR/NOAA ed elaborate presso la NASAdal Global Inventory Monitoring andModeling Studies (GIMMS), hanno una riso-luzione spaziale di 8 Km. Nonostante esseabbiano una buona qualità geometrica e radio-metrica, si è reso necessario applicare unaprocedura di correzione per mascherare ivalori di NDVI non realistici (maggiori di 1)o poco realistici (sulla base di statistiche spa-ziali su finestre mobili di 5x5 pixel). I valorimascherati sono stati sostituiti quindi con lemedie locali calcolate su finestre mobili di3x3 pixel per preservare quanto possibile l’al-ta frequenza dell’informazione. Per rimuovere la contaminazione dovuta allapresenza di nuvole ed altre interferenze atmo-sferiche è stato applicato un algoritmo propo-sto da White et al. (1997) e leggermentemodificato per adattarlo allo studio (Maselli,2004). L’algoritmo è basato sul concetto percui veloci abbassamenti del valore di NDVIseguiti da bruschi innalzamenti sono verosi-milmente dovuti all’effetto delle nuvole; que-sti abbassamenti possono quindi esser rimossie la serie ricostruita con una media mobile. Si è ritenuta necessaria, infine, una intercali-brazione tra il dataset AVHRR GIMMS e undataset calibrato e corretto per la trasmittanzaatmosferica, in particolare il dataset SPOTVEGETATION (http://free.vgt.vito.be/), alloscopo di verificare che i valori di NDVI utiliz-zati non fossero affetti da rumore dovuto aglieffetti atmosferici. La stabilità dei datiGIMMS è stata già dimostrata (http://early-warning.usgs.gov/adds/GIMMSdocumentation_NDVIg_8km_10day.doc).Le immagini per l’indice fAPAR sono statequindi calcolate a partire dalle immaginidecadali di NDVI, utilizzando la relazionelineare tra NDVI ed fAPAR proposta daMyneni & Williams (1994).

3.2 Stima dell’indice GPPIl GPP di un ecosistema rappresenta la veloci-tà con cui esso accumula biomassa, includen-do l’energia utilizzata per la respirazione, ed èespresso in KgC/m2/anno. La scelta è ricadu-

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Figura 1: L’area di studio

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ta sul GPP, anziché sulla produttività primarianetta, perchè nella zona in esame dedurre ilcontributo della respirazione autotroficasarebbe stato molto complesso. Per calcolareil GPP è stata applicata la procedura C-Fixproposta da Veroustraete et al. (1994) utiliz-zando le immagini di fAPAR ed il dataset diradiazione solare fornito dal progetto ERA-40dell’European Centre for Medium-RangeWeather Forecasts (ECMWF).

3.3 Dataset di stime di pioggiaIl dataset di stime di pioggia ad una risoluzio-ne spaziale di 5 Km è stato elaborato su basedecadale per il periodo Maggio - Settembredal Centro Regionale AGRHYMET diNiamey (Niger) a partire dai dati inviati dalsatellite METEOSAT 7.

3.4 Calcolo dei trend I trend lineari per pioggia, fAPAR e GPP sonostati calcolati sull’intervallo temporale 1986 ÷2001, individuato dall’estensione dei datasetdi NDVI, pioggia e radiazione solare, appli-cando il metodo dei minimi quadrati. Lasignificatività della relazione lineare è statastabilita, ad un livello di confidenza del 95%,attraverso l’indice di Pearson. I trend nonsignificativi sono stati quindi mascherati,indipendentemente dal valore della pendenzadella retta di regressione. In Figura 2 è ripor-tato un esempio di trend calcolato per l’indicefAPAR per il mese di agosto.

4 DISCUSSIONE DEI RISULTATI

L’analisi comparativa dei trend mensili degliindici fAPAR e GPP permette di identificaretre zone ben distinte all’interno dell’area distudio. La prima si situa nella parte settentrio-nale della regione saheliana e comprende ilNord del Senegal, il sud della Mauritaniaspingendosi fino al Chad attraverso il Mali, ilnord del Burkina, ad il Niger. Si tratta di unafascia di territorio coincidente con la zonapastorale del Sahel, caratterizzata da un regi-me di piogge relativamente modesto(100–300 mm/anno), dove prevalgono le atti-

vità di allevamento basate sulla pratica dellatransumanza.

I trend degli indici di vegetazione, ed in parti-colare del fAPAR, assumono valori negativiall’apice del periodo secco (Marzo – Aprile)divenendo quindi positivi nel corso della sta-gione delle piogge con un picco di significati-vità nel mese di Agosto in corrispondenza delmassimo valore di biomassa della coperturavegetale (Fig. 2). Tale dinamica è particolar-mente evidente in alcune aree situate nellaparte sud della Mauritania e nella parte setten-trionale della regione del Gourma saheliano,compresa tra il nord del Burkina Faso, il Malied il Niger. La seconda zona copre la parte centrale del-l’area di studio; dal punto di vista agroecolo-gico essa è compresa tra le isoiete 300 – 600mm di pluviometria annua cumulata che iden-tificano, rispettivamente, il limite nord dellacoltura del miglio e l’inizio dell’areale di col-tivazione del mais. Si tratta di una fascia ditransizione che non presenta tuttavia signifi-cative tendenze degli indici di vegetazione eche si caratterizza per la presenza di sistemi diproduzione agro-pastorali estensivi con unaforte dominanza delle colture cerealicole.

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Figura 2: Trend positivi e negativi dell’indice fAPAR nelmese di Agosto (1986 ÷ 2001)

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La terza zona, infine, occupa la parte piùmeridionale dell’area di studio e si contraddi-stingue per la presenza di trend negativi degliindici fAPAR e GPP nei mesi di Agosto eSettembre che si localizzano in particolarmodo nella regione del Futa-Jallon (Guinea),lungo il confine tra Mali, Burkina Faso eCosta d’Avorio e nella parte sud del Ciad.Dal punto di vista ecogeografico queste areepresentano sistemi vegetali naturali anchedensi (foresta), con sistemi di produzioneagricoli di tipo misto a forte dominanzacerealicola e di colture da reddito (cotone). I trend ottenuti dall’analisi delle immagini distima di pioggia evidenziano, in particolareper il mese di Luglio, la presenza di tendenzenegative nella parte sud dell’area di studio cheavvalorano le dinamiche osservate a caricodegli indici di vegetazione. Per quanto riguar-da la zona pastorale, al contrario, non sisegnalano tendenze significative del regimedi pioggia, tali da poter in qualche modo spie-gare il comportamento della vegetazione inparticolare nelle zone a sud della Mauritania enel Gourma Saheliano. Questo fatto autorizzaa ritenere che i trend degli indici GPP e in par-ticolare fAPAR, non siano da imputare ad unamodifica degli assetti climatici, ma piuttostoad altri fattori. Una ipotesi potrebbe essere quella della modi-fica dell’efficienza di utilizzo dell’acqua(Hein, 2006), conseguente ad un cambiamen-to nel corso degli anni della copertura vegeta-le con aumento della presenza di specie erba-cee e la contemporanea riduzione/sostituzionedi quelle arboree ed arbustive. Le specie erba-cee si avvantaggiano maggiormente delledisponibilità idriche rispetto alle legnose pro-ducendo, a parità di apporti, un maggior quan-titativo di biomassa. Questo fatto giustifiche-rebbe i trend positivi degli indici fAPAR eGPP osservati nel corso della stagione dellepiogge. Al contrario, tali specie manifestanouna maggiore sensibilità ai deficit idrici, spie-gando quindi le tendenze negative della vege-tazione osservate durante il periodo secco.

5 CONCLUSIONI

Le analisi effettuate sugli indici di vegetazio-ne e sui dati di pioggia stimati tramite datitelerilevati hanno permesso di evidenziarenell’area Saeliana significative variazionidelle dinamiche della vegetazione nel periodo1986 – 2001, permettendo inoltre l’identifi-cazione di zone in cui tali processi si manife-stano in maniera particolarmente intensa (HotSpot). Tali acquisizioni, pur non rappresen-tando un risultato definitivo, costituiscono unrilevante apporto alle attività di analisi con-dotte nel quadro del programma di ricercaEuropeo AMMA, al fine di valutare gliimpatti determinati dalle modifiche degliassetti climatici sulle attività umane e sugliecosistemi.

6 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

White M.A., Thornton P.E., Running S.W.,1997. A continental phenology model formonitoring vegetation responses to inter-annual climatic variability. Global biogeo-chemical cycles, 11: 217-234.

Veroustraete F., Patyn J., Myneni R.B., 1994.Forcing of a simple ecosystem model withfAPAR and climatic data to estimateregional scale photosynthetic assimilation.In: Vegetation, Modelling and ClimateChange Effects, eds. Academic Publishing,The Hague, the Netherlands, 151-177.

Maselli F., 2004. Monitoring forest conditions ina protected Mediterranean coastal area by theanalysis of multiyear NDVI data. RemoteSensing of Environment, 89: 423-433.

Myneni R.B., Williams D.L., 1994. On the rela-tionship between FAPAR and NDVI. RemoteSensing of Environment, 49: 200-211.

Hutchinson C.F., 1991. Use of satellite datafor famine early warning in Sub-SaharaAfrica. International Journal of RemoteSensing, 12: 1405-1421.

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1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

Il regime di precipitazione associato alMonsone dell’Africa Occidentale (WestAfrican Monsoon, WAM) mostra tendenze abreve, medio e lungo termine, con spiccatavariabilità intrastagionale, oltre a quella inte-rannuale e interdecadale. Su scala intrastagio-nale, l’analisi delle frequenze caratteristichedella precipitazione ha mostrato delle quasi-periodicità a 5, 15 e 45 giorni (Janicot eSultan, 2001).La complessa fenomenologia del WAM rendeil compito di realizzare previsioni affidabili unasfida molto interessante, sia dal punto di vistascientifico, che socio-economico. L’obiettivodi questa ricerca è quello di studiare ed analiz-zare la complessità delle dinamiche monsoni-che, sia con strumenti satellitari che modellisti-ci, e di realizzare un sistema di diagnosi e pre-visione del monsone, strumento fondamentaledal punto di vista operativo per un’adeguatapianificazione delle attività agricole.

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

2.1 Osservazione e simulazione del WAMLe dinamiche e la fenomenologia associate alregime monsonico africano, in termini dellavariabilità intrastagionale, delle caratteristichedi propagazione (zonali e meridionali), nonchédel ciclo giornaliero degli episodi di precipita-zione, sono state studiate ed analizzate tramitei campi di precipitazione stimata forniti da unatecnica multispettrale satellitare (Turk et al.,2000), implementata in maniera operativapresso il Laboratorio per la Meteorologia eModellistica Ambientale (LaMMA), gestitodall’istituto di Biometeorologia (IBIMET)(http://www.lamma.rete.toscana.it/previ/ita/rain_msg.html). I dati satellitari utilizzati sonodell'ultima generazione di satelliti geostazio-nari (METEOSAT Second Generation, MSG),la quale ha portato nuove opportunità nell’ana-lisi e nell’identificazione di sistemi precipitan-ti, dovute ai nuovi canali spettrali, insiemeall’alto campionamento temporale (15 minu-ti), e spaziale (3km al nadir), rispetto alla pre-cedente generazione.

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Osservazione e previsione del Monsone dell’Africa Occidentale

S. Melani1,2, M. Gaetani3, M. Pasqui1,2, G.A. Dalu3, A. Ortolani1,2, M. Baldi3

G. Maracchi1,2

1Istituto di Biometeorologia, CNR, Firenze, Italia2Laboratorio per la Meteorologia e Modellistica Ambientale, Firenze, Italia3Istituto di Biometeorologia, CNR, Roma, [email protected]

SOMMARIO: La variabilità del monsone dell’Africa Occidentale è regolata, localmente, dal contenuto dienergia degli strati bassi dell’atmosfera e, su scala globale, dalla temperatura superficiale degli oceani.Utilizzando il trasporto di calore latente negli strati bassi dell’atmosfera e la temperatura superficiale dellafascia tropicale degli oceani Atlantico e Indiano, è stato sviluppato un sistema di diagnosi e previsione perl’inizio, la fine e l’intensità della stagione monsonica. Inoltre, l’approccio combinato delle osservazionisatellitari e della modellistica numerica a scala limitata, basato sull’analisi di stime sistematiche di campidi pioggia da satellite alla risoluzione di pochi km e di simulazioni a scala regionale, è risultato crucialenella comprensione e nella ricostruzione delle dinamiche monsoniche.

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L’analisi della periodicità e fase degli eventidi convezione organizzata, è stata condotta,inoltre, anche tramite un modello numericoatmosferico regionale RAMS, forzato dallerianalisi NCEP/NCAR. La migliore descrizio-ne fisica del modello RAMS, rispetto al data-set delle rianalisi, unita alla migliore risolu-zione spaziale (50km), forniscono un datasetatmosferico coerente ed affidabile, special-mente per quanto concerne le interazionisuperficie-atmosfera, che governano la dina-mica del monsone.

2.2 Diagnosi e previsione del WAMLa dinamica del WAM è regolata dal gradien-te meridionale dell’energia (moist staticenergy, MSE, Eltahir e Gong, 1996) contenu-ta nel Planetary Boundary Layer, PBL, com-binazione lineare dell’energia potenziale, del-l’entropia e del calore latente. La componentedella MSE meglio correlata all’andamentostagionale della precipitazione è il calorelatente, direttamente proporzionale all’umidi-tà specifica, q.Utilizzando i dati delle rianalisi NCEP/DOE eseguendo la metodologia sviluppata daFasullo e Webster (2003) è stato costruito unindice basato sul trasporto orizzontale dell’u-midità, integrato verticalmente nel PBL (ver-tically integrated moisture transport, VIMT),in grado di individuare l’inizio e la fine dellastagione monsonica.

Durante la fase iniziale del WAM, la penetra-zione del monsone nel continente è associataad un’intensa variazione del VIMT, con il vet-tore orientato verso il continente, nella dire-zione nord-est. Durante la fase finale delWAM, la variazione del VIMT accompagna ilritiro della fascia di precipitazione e il vettoreè orientato verso l’oceano, nella direzionesud-ovest. Selezionando le zone dove lavariazione del VIMT è più intensa quando ilmonsone è ormai formato e quando è comple-

tamente ritirato, mediando il VIMT su questezone, si definisce l’indice idrologico per l’ini-zio e il ritiro del monsone (hydrological onsetand withdrawal index, HOWI):

ove l’operatore < > indica la media su undominio orizzontale e la barra orizzontale lamedia climatologica. La normalizzazione delVIMT tra -1 e 1 consente di identificare ilmomento dell’inizio del monsone con il pas-saggio dell’HOWI da valori negativi a valoripositivi e, viceversa, il momento del ritiro delmonsone con il passaggio da valori positivi avalori negativi.La variabilità interannuale del WAM è regola-ta dalle SST oceaniche (Giannini et al., 2003).Per la previsione dell’intensità della precipita-zione del monsone africano, è stato realizza-to un metodo statistico che utilizza come pre-dittori le SST stimate dal satellite NOAA inalcune regioni scelte nella fascia tropicaledegli oceani Atlantico e Indiano.L’insieme dei predittori utilizzato viene rea-lizzato selezionando le aree ed i trimestri neiquali risulta maggiore il valore del coefficien-te di correlazione, ottenuto tra la precipitazio-ne cumulata durante la stagione monsonica(luglio-settembre) e le anomalie di SSTmediate nei trimestri precedenti il monsone. Ipredittori selezionati risultano così essere laSSTA nell’Atlantico Equatoriale nel trimestreottobre-dicembre, nel sud Atlantico nel trime-stre novembre-gennaio, nel nord Indiano neltrimestre gennaio-marzo.La variabilità interannuale della pioggia mon-sonica viene quindi ricostruita utilizzandouna regressione multilineare (multilinearregression, MLR). La correlazione tra l’anda-mento interannuale della pioggia osservata el’andamento della pioggia prevista è risultatoessere uguale a r = 0,69, valore significativoal 99%.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

378

.∫==PBL g

dpvqVIMTVIMT

,1minmax

min2 −

−=

=

VIMTVIMT

VIMTVIMT

HOWI

Page 79: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

3 RISULTATI RILEVANTI

3.1 Ciclo diurno degli eventi di convezioneCome esempi di eventi di convezione coeren-ti, vengono mostrati i diagrammi diHovmöller del ciclo giornaliero della precipi-tazione stimata da satellite (Fig. 1) e dellavelocità verticale del vento modellata a300hPa da simulazioni RAMS, questa ultimacome marcatore della convezione profonda(Fig. 2). I valori rappresentati nella scala cor-rispondono al numero di giorni nei quali èpresente la precipitazione a quella coordinata(longitudine, ora UTC).Le osservazioni satellitari, in termini di campidi precipitazione stimati tramite una tecnicamultispettrale, hanno mostrato chiarissima

evidenza di alcuni pattern coerenti di precipi-tazione, associati con lo sviluppo del regimemonsonico. La metodica ha correttamenterilevato e seguito l'evoluzione delle intensedinamiche di convezione, sottoforma di even-ti organizzati con propagazione coerente nellospazio longitudine-tempo (latitudine-tempo),caratteristiche di quelle aree tropicali (Melaniet al., 2006).A tal proposito, la caratteristica di coerenzaemersa dalle analisi svolte, ha consentito distudiare la variabilità intrastagionale del regi-me monsonico, il ciclo giornaliero e la com-ponente zonale e meridionale di propagazio-ne. Questi risultati acquisiscono una rilevan-za significativa nella comprensione globaledelle dinamiche di genesi ed evoluzione dellaprecipitazione e di come questa impatti nelleprevisioni a lungo termine e sui cambiamenticlimatici. La ricostruzione delle dinamiche monsonichecon un modello ad area limitata ha mostratobuoni risultati nella rilevazione di alcuni com-portamenti “phase-locked” tipici dei quei pat-tern di precipitazione, nell’ottica di unamigliore comprensione e possibile previsionedella fenomenologia considerata.

3.2 Inizio, fine e intensità del WAMClimatologicamente, per il periodo 1979-2004, l’HOWI segnala l’inizio del WAM il 27giugno e il ritiro il 20 settembre (Tab. 1).

Dalle date di inizio e fine del monsone si cal-colano i valori climatologici della durata dellastagione e della pioggia cumulata. Risultainoltre un’evidente anticorrelazione tra la datadi inizio e la durata del monsone (r = -0,84,significativo al 99%) e una evidente correla-zione tra la durata del monsone e la pioggiacumulata (r = 0,82, significativo al 99%).Il metodo MLR risponde in maniera soddisfa-cente alla richiesta di prevedere una classe di

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

379

Figura 1: Ciclo medio giornaliero della precipitazione sti-mata da satellite, per il mese di agosto 2005. La scala cor-risponde al numero di giorni nei quali è presente la precipi-tazione ad una data coordinata longitudine-tempo (UTC).

Figura 2: Ciclo medio giornaliero della velocità verticalesimulata a 300hPa, per il mese di agosto 2005.

Tabella 1: Climatologia del WAM.

Fine 20 Settembre (12 gg.)Durata 86 giorni (23 gg.)Pioggia Cumulata 451 mm (107 mm)

Page 80: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

eventi. In Tabella 2 sono riportati i risultatiottenuti dal metodo MLR nella previsione dieventi umidi e secchi.

4 PROSPETTIVE FUTURE

Le dinamiche associate al regime di precipita-zione monsonico verranno ulteriormente inda-gate utilizzando strumenti di analisi quantitati-va, che possano completare la climatologia deipattern coerenti di precipitazione, già eviden-ziati chiaramente dalle osservazioni satellitari.Dal punto di vista della modellistica numerica,si intende indagare le varie componenti delmonsone attraverso test di sensibilità ai varifattori (aerosol, SST, ecc.) che ne possonoinfluenzare le dinamiche. Infine, si sta attualmente affinando il sistema diprevisione del monsone qui presentato ed uti-lizzato operativamente dall’IBIMET(http://web.fi.ibimet.cnr.it/seasonal/), tramitedati a maggior risoluzione spaziale e tempora-le, più idonei a descrivere l’area dell’AfricaOccidentale nella quale, entro poche centinaiadi km, si passa dalla foresta pluviale al deserto.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Eltahir E.A.B., Gong C., 1996. Dynamics ofwet and dry years in West Africa. J.Climate, 9: 1030-1042.

Fasullo J., Webster P.J., 2003. A hydro-logicaldefinition of Indian monsoon onset andwithdrawal. J. Climate, 16: 3200-3211.

Giannini A. et al., 2003. Ocean forcing ofSahel rainfall on interannual to interdeca-dal time scales. Science, 302: 1027-1030.

Janicot S., Sultan B., 2001. Intraseasonalmodualtion of the convection in the WestAfrican monsoon. Geophys. Res. Lett., 28:523-526.

Melani S., Pasqui M., Antonini A., GozziniB., Guarnirei F., Ortolani A., 2006.Quantitative analysis of convective MSGrainfall estimates in the Sahelian area. 2nd

Int. Symp. on quant. Precip. forecastingand hydrology, 4-8 giugno, Boulder, CO.

Turk F.J. et al., 2000. Combining SSM/I,TRMM and infrared geostationary satel-lite data in a near-realtime fashion forrapid precipitation updates: advantagesand limitations. Proc. 2000 EUMETSATMeteorological Satellite Data Users'Conf., 452-459.

Tabella 2: Prestazioni del metodo MLR.Correlazione osservato-previsto 0,69Eventi umidiSuccessi 1,00Falsi allarmi 0,17Accuratezza del metodo 0,95

Successi 0,80Falsi allarmi 0,43Accuratezza del metodo 0,82

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

380

Page 81: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

1 PROBLEMA SCIENTIFICO

L’attività di ricerca nell’ambito delle stime dipioggia da piattaforme satellitari è motivatadalla necessità di misurare la precipitazione inmaniera omogenea su larga scala, anche suimari, dove misure di pluviometri e radarmeteorologici sono quasi assenti. Campiomogenei e su larghi domini sono infatti indi-spensabili per analisi climatiche, per processidi assimilazione nei modelli, ma anche perattività di nowcasting.Varie tecniche sono state sviluppate per stima-re la pioggia da osservazioni satellitari, inrelazione ai diversi sensori utilizzati. L’ampiadisponibilità di misure satellitari non diretta-mente legate alla precipitazione, ma ad esem-pio alle caratteristiche della nube (si pensi aidati VIS/IR da satelliti geostazionari), ha sti-molato lo sviluppo di metodi per l’elaborazio-ne integrata di dati eterogenei (sia esclusiva-mente osservati sia parzialmente ricavati dasimulazioni atmosferiche) per acquisire leinformazioni aggiuntive necessarie a stimarela precipitazione.

La tecnica che descriveremo si basa sullacombinazione statistica di dati infrarossi (IR)e nelle microonde (MW). I dati IR sono quel-li dal sensore SEVIRI sul satellite geostazio-nario MSG (Meteosat Second Generation):sono dati ad elevato dettaglio spaziale (3km alnadir, circa 5 alle latitudini mediterranee) etemporale (15 minuti), che però misurano“solo” la temperatura del top delle nubi. I datiMW utilizzati sono quelli delle varie bandespettrali misurati dal sensore SSM/I (SpecialSensor Microwave/Imager) a bordo dei satel-liti polari DMSP (Defense MeteorologicalSatellite Program): questi dati dipendonodalla precipitazione in atto, ma le risoluzionispaziali e temporali sono circa un ordine digrandezza peggiori di quelli geostazionarie(zone polari escluse), quindi insufficienti asoddisfare i requisiti attuali di molte applica-zioni. Una stazione di ricezione HRUS (HighRate User Station) attiva presso il LaMMAfornisce i dati MSG, mentre quelli SSM/Isono scaricati in tempo quasi reale dall’archi-vio CLASS (Comprehensive Large Array-data Stewardship System) della NOAA.

381

Stime di precipitazione mediante dati da piattaforme satellitari

A. Antonini2,3

, S. Melani1,2

, A. Ortolani1,2

, A. Orlandi1,2

, G. Maracchi1,2

1Istituto di Biometeorologia, CNR, Firenze, Italia2Laboratorio per la Meteorologia e la Modellistica Ambientale, Firenze, Italia3Servizio Idrologico Regionale, Firenze, [email protected]

SOMMARIO: La precipitazione in termini di quantità e distribuzione è parametro cruciale in meteorologia,climatologia, idrologia e nelle scienze agrarie e ambientali in genere. Le osservazioni satellitari permettonooggi di avere campi di precipitazione omogenei ad elevata risoluzione e frequenza temporale su domini con-tinentali fino a globali. Le applicazioni di questo tipo di prodotto spaziano dallo studio dei fenomeni meteo-rologici intensi a quello delle aree a rischio di desertificazione e si propongono come strumento di suppor-to all’analisi e gestione delle risorse idriche. Il Laboratorio per la Meteorologia e la Modellistica Ambientale(LaMMA) gestito dal CNR IBIMET ha implementato e mantiene una catena operativa per la stima di piog-gia da satellite in tempo quasi reale, basata su dati geostazionari nell’infrarosso e polari nelle microonde. Sene descrivono le caratteristiche e le applicazioni, anche in prospettiva, realizzate in diverse aree.

Page 82: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

Semplificando, vedremo come la tecnica svi-luppata possa combinare le proprietà dientrambi i sensori, utilizzando le osservazioniIR per operare un downscaling spaziale eun’interpolazione temporale delle precipita-zioni misurate con i dati MW. Vedremo anchecome la struttura modulare dell’algoritmo nepermette in prospettiva l’estensione ad ulte-riori dati o a campi di pioggia misurati consensori o metodi (anche localmente) diversi.

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

2.1 Algoritmo di stima della precipitazionedai dati a microondeL'algoritmo che calcola la precipitazione daidati SSM/I (Ferraro e Marks, 1995; Ferraro,1997) trasforma i valori di temperatura di bril-lanza rilevati dai radiometri, in intensità diprecipitazione. I canali utilizzati sono sette,alle frequenze di 19,35; 22,235; 37,0; 85,5GHz, tutti in doppia polarizzazione (verticalee orizzontale), tranne quello a 22,235 GHz cheha solo la polarizzazione verticale.Si usano due differenti algoritmi a seconda cheil pixel osservato sia su terra o su mare. Suterra si ha un approccio basato sulla diffusionedella radiazione ad opera della precipitazione,che normalmente è costituita da una mistura diparticelle di acqua e di ghiaccio (quando soprail livello di congelamento), di dimensionivariabili a seconda della microfisica e dellecaratteristiche dinamiche della nube.Sul mare, dove il rumore del background èmolto minore, l’algoritmo analizza sia la dif-fusione sia l’emissione. L’utilizzo di variebande e di canali a diversa polarizzazione per-mette anche di calcolare il contributo atmo-sferico (soprattutto del vapor d’acqua) e quel-lo minore dovuto alla rugosità superficiale.Gli algoritmi hanno una struttura a test conrelazioni calibrate empiricamente attraversouna serie di misure effettuate in presenza di retiradar e reti di pluviometri. La precipitazioneviene così prima identificata e poi misurata.Nella figura seguente è riportato un esempiodi mappa di precipitazione prodotta dall’algo-ritmo descritto.

2.2 Combinazione dei dati IR e MWLa presenza di sistemi precipitanti viene rileva-ta dividendo la terra in box di 2,5° x 2,5°, conuna griglia innestata di risoluzione pari a 0,25°x 0,25° (ossia la risoluzione spaziale mediadell'SSM/I) tra 60°N e 60°S di latitudine.L’algoritmo è costituito da due procedureparallele: la prima attivata dalla presenza diuna osservazione MW, per determinare larelazione statistica tra i tassi di pioggia (RR)calcolati da tali dati, e le temperature di bril-lanza (Tb) calcolate dai dati IR per ogni box;la seconda per produrre campi di pioggiaistantanea ad ogni osservazione IR geostazio-naria (calibrata e georeferenziata) utilizzandola relazione Tb-RR più aggiornata calcolatadalla prima procedura.La relazione fra Tb e RR viene calcolata allarisoluzione di 30km (quella SSM/I) con unatolleranza di 7,5 minuti per la coincidenzatemporale e di 15km per quella spaziale. Talerelazione viene calcolata costruendo due isto-grammi, uno per Tb con dominio 173K -333K e passo di 1K, l’altro per RR, condominio tra 0 e 40 mm/h, e passo pari a0,5 mm. I dati degli istogrammi vengonocombinati col metodo statistico “ProbabilityMatching Method'' (Crosson et al., 1996).Normalmente per la relazione Tb-RR si hannopiù aggiornamenti al giorno (a seconda dellalatitudine): se per problemi di varia natura

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

382

Figura 1: Mappa di precipitazione istantanea ricavata dadati SSM/I relativa al giorno 25/07/2004 ore 06:18.

Page 83: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

non si ha un aggiornamento più recente di24h, la stima di pioggia non viene prodotta.L’archivio però è completato anche con recu-peri successivi.Oltre al campo istantaneo vengono prodotteanche mappe cumulate semplicemente inte-grando i valori fino a 3, 6, 12 e 24h, 5gg e 10gg.

3 RISULTATI RILEVANTI

3.1 Validazione sui bacini della regione toscanaUna prima attività di validazione è stata realiz-zata confrontando le stime satellitari con i datidella rete pluviometrica della RegioneToscana, costituita da circa 310 stazioni distri-buite in maniera uniforme sul territorio. Il con-fronto fra i valori di pioggia puntuali fornitidai pluviometri ed i tassi istantanei di pioggiamedi relativi ai pixel di osservazione satellita-re, è avvenuto integrando nel tempo le stime diprecipitazione satellitare su intervalli con-gruenti a quelli dei pluviometri ed associandoad ogni pluviometro il valore satellitare geo-graficamente primo vicino. Successivamente èstato realizzato anche un confronto a scala dibacino, confrontando valori medi per l’area inesame sia satellitari che pluviometrici. Il con-fronto è stato effettuato in diversi periodi del-l’anno, caratterizzati quindi da diverse feno-menologie meteorologiche.

3.2 RisultatiLa validazione ha messo in luce che la preci-sione dell’algoritmo dipende fortemente dallecaratteristiche fenomenologiche degli eventimeteorologici in atto. Vi sono quindi dellesistematicità che non permettono di associareun errore in senso statistico ai campi di piog-gia satellitari (motivo per cui si parla più distime che di misure). In generale si è trovatoun miglior accordo quantitativo per precipita-zioni riconosciute come convettive (dall’ana-lisi della situazione meteorologica) rispetto aquelle a forte caratterizzazione stratiforme.Alcune differenze nei confronti puntuali nonemergono nei grafici cumulati, mostrandoforse un’ origine dovuta in maggior parte alladiversità di dati al confronto. In molti casi stu-dio si ha comunque una buona ricostruzionedella fase temporale dell’evento.

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

383

Figura 2: Mappa di pioggia istantanea relativa al giorno25/07/2004 ore 06:45.

Figura 3: Confronto tra le precipitazioni orarie stimate equelle misurate per il Bacino del Casentino (10 stazioni)relative ai giorni 24-25 Luglio 2004.

Figura 4: Confronto tra le precipitazioni cumulate stima-te e quelle misurate per il Bacino del Casentino (10 sta-zioni) relative ai giorni 24-25 Luglio 2004.

Page 84: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

4 PROSPETTIVE FUTURE

Una validazione più ampia ed estesa anche aterritori con caratteristiche diverse dovrebbepermettere una miglior caratterizzazione del-l’origine degli errori più rilevanti nella stimadi pioggia. Questo dovrebbe poter suggerireulteriori evoluzioni nel metodo di stima. Giàattualmente stiamo comunque operando perutilizzare dati da altri canali VIS/IR per unacaratterizzazione delle nubi e delle relativecaratteristiche di precipitazione più dettaglia-ta. Al contempo per la precipitazione stiamogià integrando altre osservazioni MW e ana-lizzando le potenzialità di dati di originediversa per migliorare il campionamento delleprecipitazioni e inserire l’informazione sualtri parametri atmosferici.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Crosson, W.L., Duchon C.E., Raghavan R.,Goodman S.J., 1996. Assessment of rainfallestimates using a standard Z-R relationshipand the probability matching method appliedto composite radar data in central Florida.J. Appl. Met., 35: 1203-1219.

Ferraro R.R., Marks G.F., 1995. The develop-ment of SSM/I rain-rate retrieval algorithmsusing ground-based radar mea-surements.J. Atmos. Oceanic Technol., 12: 755-770.

Ferraro R.R., 1997. Special sensor microwaveimager derived global rainfall estimates forclimatological applications. J. Geophys.Res., 102: 16715-16735.

Turk J.F., Rohaly G., Hawkins J., Smith E.A.,Marzano F.S., Mugnai A., Levizzani V.,2000a. Meteorological applications of pre-cipitation estimation from combined SSM/I,TRMM and geostationary satellite data. In:Microwave Radiometry and RemoteSensing of the Earth’s Surface andAtmosphere, P. Pampaloni and S. PalosciaEds., VSP Int. Sci. Publisher, Utrecht (TheNetherlands), 353-363.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

384

Page 85: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

Il cambiamento climatico è un soggetto abba-stanza complesso ed i suoi effetti sono ogget-to di numerosi studi di estrema importanzasoprattutto nelle fasi di programmazione epianificazione come dimostrato anche dallarecente emergenza idrica verificatisi nell’ulti-mo inverno/primavera su tutto il territorionazionale.L’ultimo report dell’IPCC ha dichiarato comeinequivocabile l’apporto delle attività umaneall’aumento della concentrazione dei gasserra. A livello globale i segnali del cambia-mento climatico in atto sono abbastanza evi-denti, a livello locale questi sono più influen-zati dalle caratteristiche del luogo come peresempio l’orografia, la distanza dal mare,l’andamento delle valli, ecc.

La modellistica meteo-climatologia regionalerappresenta un metodo di studio per poterscendere di scala (anche sotto i 50 km) e rico-struire il clima attuale e i futuri scenari perperiodi (circa 20 anni) ed aree limitate. Sulla base di queste considerazioni è facil-mente comprensibile l’importanza di costrui-re uno strumento informatico che permetta divalutare l’insorgenza e l’ampiezza dei segnalidi cambiamento climatico a livello regionale.Basandosi sull’esperienza di quanto sviluppa-to dal Climate Prediction Center della NOAAe nell’ambito delle attività del LaMMA, incollaborazione con la Regione Toscana, èstato sviluppato il cosiddetto “cruscotto” ingrado di fornire, attraverso l’elaborazione deidati quasi in tempo reale, informazioni utilisull’evolversi del clima a livello regionale,sub-regionale e locale.

385

Individuazione dei segnali di cambiamentoclimatico a scala locale e regionale

V. Capecchi1,2, A. Crisci1,2, L. Fibbi1,2, B. Gozzini1,2, D. Grifoni1,2, F. Pasi1,2,M. Rossi1,2, C. Tei1,2, F. Piani1,2,3

1Istituto di Biometeorologia, Firenze, Italia 2Laboratorio per la Meteorologia e la Modellistica Ambientale, Firenze, Italia3Servizio Idrologico Regionale, Centro Funzionale Regione [email protected]

SOMMARIO: Una delle sfide principali nello studio del cambiamento climatico è la valutazione del suoeffetto a scala locale e regionale dove interferiscono numerosi fattori legati all’orografia locale. Questi fat-tori possono interagire con le condizioni a scala sinottica nascondendo oppure esaltando le forzanti deter-minate dal cambiamento della concentrazione dei gas clima-alteranti. Sulla base di queste considerazioninell’ambito del progetto LaMMA in collaborazione con la Regione Toscana è stata valutata la necessità dipredisporre alcuni strumenti che permettano di poter seguire l‘evolversi del clima a livello locale eviden-ziando i segnali di cambiamento presenti nei dati osservati. In tale ambito è stato sviluppato un databaseper la gestione dei dati della rete di stazioni della Regione Toscana sparse su tutto il territorio toscano eduna serie di procedure automatiche per una visualizzazione del dato sotto forma di grafico per un suo rapi-do confronto col valore medio giornaliero e mensile. Inoltre sulla base delle situazioni sinottiche vieneredatto una volta al mese un report meteorologico e climatologico per una analisi di quello che è avvenu-to nel corso degli ultimi 30 giorni e sull’andamento climatico generale. Tali prodotti, oltre a rappresenta-re uno strumento per il livello istituzionale regionale (denominato dalla regione “Cruscotto di governo”),vengono utilizzati per analisi più dettagliate e confronti nell’ambito delle attività svolte in alcune linee diricerca dell’Istituto fra cui le previsioni stagionali.

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2 ATTIVITÀ DI RICERCA

Vista la quantità e la varietà di dati ed infor-mazioni che questa attività di ricerca deve uti-lizzare, è sembrato indispensabile costruire unarchivio omogeneo che potesse facilitare illavoro. In questa ottica, a partire dal 1998, èstata realizzata una banca dati capace di rice-vere e rendere disponibili in tempo reale i datimeteorologici reperiti dai vari enti che possie-dono stazioni di misura rendendoli uniformiper quanto riguarda il formato e le unità dimisura. Tale banca dati si contraddistingueper essere consultabile in maniera semplice daparte di qualsiasi utente (utilizzando un’op-portuna interfaccia web) e per essere utilizza-bile da tutte le procedure (come quelle chesono state messe a punto per realizzare il "cru-scotto") che richiedono dati meteorologici perprodurre specifiche elaborazioni. Attualmentela banca dati contiene oltre 900 milioni di datimeteorologici ed è in continua crescita.Una seconda parte dello studio ha poi riguar-dato l’identificazione di una serie di indicato-ri climatologici e la valutazione della lorovisualizzazione in modo che potessero fornireuna informazione di immediata e facile com-prensione.A valle di questo studio sono state sviluppateuna serie di procedure automatiche cheestraggono i dati dal database, li elaborano ecreano il supporto grafico di visualizzazioneprescelto. Tali procedure vanno ad alimentareuna serie di pagine web attualmente sotto pas-sword essendo la loro visione riservata aidecisori regionali.Attualmente le procedure riguardano unaserie di stazioni che sono state scelte comecampione (quelle dei capoluoghi di provinciatoscani) ma sono state sviluppate in modo dapoter essere utilizzate per qualsiasi stazionemeteo di cui si possa reperire i dati.Per una migliore descrizione e comprensionedelle situazioni meteorologiche e dell’anda-mento climatico sono stati realizzati dei reportmensili.Per analizzare in modo più dettagliato l’an-damento dei parametri meteorologici è stato

deciso di descrivere separatamente le tredecadi del mese. Per ogni decade vienedescritta la situazione sinottica sull’areaeuropea, anche con l’ausilio di mappe damodello meteorologico che riportano ladistribuzione della pressione al suolo, delgeopotenziale e della temperatura alle quotesuperiori dell’atmosfera. Inoltre viene utiliz-zata la temperatura potenziale per individua-re la distribuzione dei fronti al suolo, moltoutili per descrivere lo stato del tempo.Per meglio individuare e descrivere il percor-so delle perturbazioni vengono ovviamenteutilizzate anche immagini da satellite, in par-ticolare quelle del Meteosat 9. A tal fine sonostate messe a punto delle particolari elabora-zioni dei diversi canali forniti da Meteosat:immagini composite nei canali del visibile,dell’infrarosso, del vapore acqueo e del visi-bile ad alta risoluzione.La seconda sezione è dedicata alla descrizio-ne dettagliata delle precipitazioni registratesul territorio regionale nella decade conside-rata. Particolare attenzione è dedicata al tipodi precipitazione: queste possono esseredeboli o forti, diffuse oppure sparse, a carat-tere nevoso, temporalesco, ecc. Allo scopo diindividuare le precipitazioni più intenseviene allegata una mappa relativa alle fulmi-nazioni registrate sulla Toscana. Per facilita-re la comprensione di quanto descritto ven-gono riportati inoltre i grafici delle precipita-zioni sotto forma di istogramma relativi alleprincipali città. I valori vengono inoltre con-frontati con quelli climatologici mettendo inevidenza le differenze più o meno marcate. Nella terza sezione vengono analizzate letemperature registrate nelle principali cittàtoscane. In particolare vengono forniti i gra-fici con l’andamento delle massime e mini-me, confrontate con i valori medi della deca-de. Particolare attenzione è rivolta alle situa-zioni più estreme: occorrenza delle gelate ininverno e ondate di calore in estate.Nella quarta ed ultima sezione viene espostol’andamento del vento con l’ausilio di grafici(“rose dei venti”) che mostrano la direzioneprevalente e l’intensità per alcune stazioni

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

386

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della regione. Anche in questo caso vengonoanalizzati con particolare attenzione gli epi-sodi di vento intenso.Alla fine di ogni rapporto è presente unadescrizione riassuntiva dell’andamentometeorologico dell’intero mese corredata digrafici relativi a precipitazioni, temperature evento, confrontati con i valori medi climato-logici mensili.In futuro, per rendere più completo il con-

fronto con le medie climatologiche e quindimettere in evidenza eventuali cambiamenti etendenze nel clima regionale, nell’arco delmese analizzato verranno individuati i tipi ditempo prevalente (configurazioni bariche alsuolo e in quota e posizione dei centri di altae bassa pressione) che potranno così essereconfrontati con quelli normalmente presentiin quel periodo dell’anno. Un ulteriore sforzo verrà compiuto nella indi-

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

387

Figura 1: Andamento dell’anomalia di temperatura mas-sima di Livorno dal 1 gennaio al 30 aprile 2007.

Figura 2: Andamento dell’anomalia di precipitazione diLivorno dal 1 gennaio al 30 aprile 2007.

Figura 3: Termopluviogramma dell’anno 2007 per Firenze.

Page 88: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

viduazione degli eventi estremi (precipitazio-ni molto intense e abbondanti, venti moltoforti, ondate di calore o di gelo), possibilmen-te confrontandoli con quelli che normalmentesi verificano nel territorio regionale.

3 RISULTATI RILEVANTI

In questa sezione vengono presentati alcuniesempi dei prodotti che vengono realizzati eche contengono le informazioni necessarie.In particolare le stazioni scelte come riferi-mento sono quelle presenti nei capoluoghi diprovincia della Toscana e per ciascuna stazio-

ne vengono prodotti dei grafici per ciascunparametro considerato.Oltre al grafico per ciascun parametro vengo-no realizzati anche i termopluviogrammi cheriassumono le variabili temperatura e pioggiaregistrate nell’ultimo mese e confrontate con ivalori medi climatologici.Nei report mensili vengono riportate diverseinformazioni utili a verificare i principalieventi del mese fra cui la mappa dei fulminicaduti per decade.Per le stazioni oltre ai diagrammi relativi allatemperatura ed alle precipitazioni vengonorealizzate anche le rose dei venti che eviden-ziano il flusso medio verificatosi decade perdecade sul territorio regionale.

4 PROSPETTIVE FUTURE

Le procedure automatiche realizzate per ilpresente lavoro sono state sviluppate in mododa poter essere integrate da qualsiasi altroindicatore che si ritenga utile nell’identifica-zione dei segnali di cambiamento climatico. I prodotti descritti possono essere realizzatiper qualsiasi stazione meteorologica a livellonazionale ed internazionale dopo aver identi-ficato il clima medio della stessa.Inoltre queste elaborazioni dei dati possonoessere utilizzate per analisi ancora più appro-fondite degli effetti del cambiamento climati-co a livello locale.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Figura 4: Rosa dei venti della stazione di Firenze per ilmese di marzo 2007.

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1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

Il clima del nostro pianeta sta cambiandomolto velocemente, le foreste si stanno degra-dando per deforestazioni e desertificazioni,spesso di origine antropica, e le nostre risorseidriche si stanno depauperando. In questocontesto, la possibilità di ottenere da satelliteun flusso di informazioni regolare e continuo,in tempo quasi reale, su aree estese e pocoraggiungibili (dove le informazioni tradizio-nali disponibili sono scarse) è di grande inte-resse per tutte quelle applicazioni collegateall’agro-idrologia, alla meteorologia e alla cli-matologia.I recenti sviluppi del telerilevamento amicroonde hanno messo in evidenza le poten-zialità di questa tecnica per l’osservazione ascala globale del nostro pianeta. La caratteri-stica principale delle microonde è l’elevatasensibilità all’acqua, a causa della forte varia-zione della costante dielettrica in questo inter-vallo spettrale fra acqua e materia secca.Questa proprietà fa sì che con sensori amicroonde si possano ottenere informazionisul contenuto in acqua dei corpi osservati eperciò stimare in modo abbastanza accuratoalcuni dei parametri-chiave del ciclo idrologi-

co su scala globale (Jackson e Schmugge,1989). La conoscenza approfondita a scalaregionale di tali parametri, quali l’umidità delterreno, l’equivalente in acqua e l’umidità delmanto nevoso e la biomassa vegetale, puòdare un contributo significativo ai modelliidrologici e climatologici e anche a quelli diprevisione dei disastri naturali (alluvioni,frane, incendi, ecc.)Di tutti i parametri coinvolti nel ciclo idrolo-gico, l’umidità del terreno è il responsabiledella ripartizione dell’acqua nei diversi flussidi evaporazione ed evapotraspirazione, discorrimento superficiale e di infiltrazione.Anche la neve svolge un ruolo importante inquesto quadro, rappresentando un serbatoiofondamentale per le risorse idriche, special-mente in estate, e una fonte non trascurabiledi energia.Utilizzando immagini satellitari a microondedel radiometro multicanale AMSR-E a bordodel satellite AQUA, sono state ricavate mappea scala globale di questi parametri.A causa del poco spazio disponibile, sipotranno dare solo brevi cenni sull’argomen-to e presentare solo alcuni esempi relativi allemappe ottenute da satellite di umidità del ter-reno e di copertura nevosa.

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Monitoraggio a scala globale della superficie terrestre con radiometri a microonde da satellite

S. Paloscia, G. Macelloni, P. Pampaloni, E. SantiIstituto di Fisica Applicata, CNR, Firenze, [email protected]

SOMMARIO: In questo articolo verranno presentati alcuni esempi di applicazioni della radiometria a microon-de da satellite per il monitoraggio a scala globale del nostro pianeta. Questa tecnica permette di migliorarela conoscenza delle condizioni della superficie terrestre con osservazioni ripetute nel tempo. L’elevata sen-sibilità delle microonde all’acqua presente nei corpi osservati rende possibile, infatti, di controllare l’evolu-zione temporale di alcuni processi quali la desertificazione, la deforestazione e di alcuni parametri fonda-mentali del ciclo idrologico quali la copertura nevosa, l’umidità del terreno e della neve e la biomassa vege-tale, che sono degli indici importanti per gli studi climatologici e relativi ai cambiamenti globali.

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2 ATTIVITÀ DI RICERCA

2.1 Sensori a microondeI sensori a microonde possono essere sia pas-sivi (radiometri) che attivi (radar). In questoarticolo ci occuperemo soltanto dei radiometrida satellite ed in particolare dell’ AMSR-E,che è un radiometro multi-frequenza a 6.9,10.6, 18.7, 23.8, 36.5 e 89 GHz (Tabella 1). Ilsensore, che è stato sviluppato per la NASAdall’Agenzia Spaziale Giapponese (JAXA), èstato lanciato nel 2002 a bordo del satelliteAQUA, con l’intento preciso di raccogliereosservazioni su diversi parametri geofisici diinteresse per l’idrologia, l’ecologia e il clima(Kawanishi et al., 2003).Il limite principale di questo tipo di sensore èla scarsa risoluzione a terra, che è di diversichilometri e oscilla fra i circa 4 km a 85 GHze 45 km a 6.9 GHz, come si può vedere inTabella 1. Questo problema riduce il campo diapplicazione e rende possibile la creazione dimappe soltanto a scala globale.

2.2 Aree di testPer questo tipo di ricerca sono state prese inconsiderazione alcune aree: una zona agricolanello Iowa (USA), per indagare le possibilitàdella radiometria a microonde nella stima del-l’umidità del terreno, e le regioni alpine escandinave per identificare le aree innevate.Per mettere in evidenza le caratteristiche diogni regione e l’evoluzione nel tempo dellacopertura nevosa e della vegetazione, i datiAMSR-E sono stati raccolti in diverse stagionie per alcuni anni. Gli andamenti dell’emissionea microonde sono stati confrontati con le infor-mazioni disponibili su queste aree (Macelloniet al., 2003). I dati meteorologici sono statiottenuti da www.wunderground.com.

3 RISULTATI RILEVANTI

3.1 Umidità del terrenoL’area di test per lo studio dell’umidità delterreno è stata quella di Walnut Creek nelloIowa (USA), un bacino ben equipaggiato peri campionamenti in loco dei parametri idrolo-gici. Su questa area si è svolto SMEX (SoilMoisture EXperiment), un progetto dedicatoespressamente allo sviluppo di algoritmi perla stima da satellite dell’umidità del terreno edella biomassa vegetale. Il tipo di coperturavegetale della zona era prevalentemente maise soia. Durante il periodo di osservazione, fral’inizio di Giugno e la fine di Agosto 2002, lasoia si è sviluppata fino a raggiungere un con-tenuto in acqua di circa 1–1.5 kg/m2, mentre ilmais è cresciuto da 2-3 kg/m2 fino a 4-5kg/m2 (Jackson et al., 2003; Bolten et al.,2004). Il Goddard Earth Science (GES) ofData and Information Service Center (DISC)(Distributed Active Archive Center-DAAC)ha messo a disposizione i dati SMEX02, conun consistente set di misure a terra (tempera-tura e umidità del terreno a diverse profondi-tà, precipitazioni ed altri dati meteo) insiemecon i dati AMSR-E (http://nsidc.org/data/daac.html).La frequenza AMSR-E utilizzata per la misu-ra dell’umidità del terreno è stata quella a 6.9GHz. Il confronto diretto fra emissione amicroonde a questa frequenza ed umidità delterreno misurata a terra ha dato buoni risulta-ti, mostrando una discreta correlazione, non-ostante i problemi causati dalla scala spazialemolto ampia. Tuttavia, anche se l’inversione diretta dellaregressione per ricavare il parametro può sem-brare attraente per un uso applicativo, occorretener presente che queste relazioni sonoinfluenzate fortemente dalle situazioni locali.Inoltre, bisogna anche considerare l’effettodella vegetazione, che influenza in modosignificativo il segnale a 6.9 GHz. Per questoè stato studiato un algoritmo in grado di stima-re l’umidità del terreno da dati AMSR-E indiverse condizioni di vegetazione. L’algoritmopresuppone, come già verificato in esperimen-

F*(GHz)

6.9 10.6 18.7 23.8 36.5 89.0

RS**(km)

43 29 16 18 8.2 3.5

* Frequenza** Risoluzione Spaziale

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

390

Tabella 1: Caratteristiche dell’AMSR-E

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ti precedenti, che l’emissione a 6.9 GHz siasensibile all’umidità del terreno e che l’indicedi polarizzazione (ovvero la differenza fra ledue emissioni in polarizzazione verticale eorizzontale) a 10 GHz sia correlata con lo svi-luppo della biomassa vegetale (Paloscia ePampaloni, 1988; Paloscia et al., 2006). L’algoritmo è stato sviluppato sulla base di unapproccio semplificato della Teoria delTrasporto Radiativo, che prende in considera-zione solo due componenti dell’emissione:l’emissione diretta dalla vegetazione e l’emis-sione del terreno, attenuata dalla vegetazionestessa (Mo et al., 1982). Per invertire ilmodello è stata utilizzata una rete neurale ditipo “feed-forward”, allenata con la regola diapprendimento di tipo “Back Propagation”. Ilconfronto diretto fra umidità del terreno sti-mata (SMCst) con questo algoritmo e quellamisurata a terra (SMCmis) è riportato inFigura 1. L’equazione della retta è: SMCst =1.0 SMCmis – 1.1 con un coefficiente dideterminazione, R2=0.64 e uno ErroreStandard di Stima, SEE = 5.2.

3.2 Copertura nevosaLa copertura nevosa è un fattore importantenel bilancio globale delle risorse idriche e lasua misura riveste un ruolo importante ai finidella determinazione dell’acqua e dell’energia

disponibili. I sensori ottici forniscono unabuona stima di questo parametro, ma purtrop-po di solito la copertura nuvolosa, che nelleregioni montuose può essere molto frequente,riduce l’uso di questa banda spettrale. I radio-metri a microonde, anche se danno informa-zioni a scale dell’ordine dei chilometri, sonoperò scarsamente sensibili alla coperturanuvolosa e perciò in grado di fornire risultatiestremamente interessanti.Un indice utilizzato in questo caso è l’Indicedi Frequenza (FI) che è la differenza fra l’e-missione a microonde a due frequenze: 19GHz e 37 GHz. Un esempio di mappe dicopertura nevosa ottenuto da FI dell’AMSR-E in diverse stagioni per l’Europa è presenta-to in Figura 2 a, b e c. In bianco sono eviden-ziate le aree coperte da neve. Si vede benecome in inverno (Fig. 2a) le zone di nevesiano molto estese sia sulle Alpi che inScandinavia. Confrontando i dati dell’inverno

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

391

Figura 1: Confronto fra umidità del terreno stimata dadati AMSR-E, con l'algoritmo descritto nel testo, e quel-la misurata a terra nell'area SMEX02.

Figura 2: Mappe di copertura nevosa ottenute con FI (19GHz-37GHz). In bianco sono evidenziate le zone coper-te da neve e in grigio quelle libere. a) Gennaio 2004, b)Febbraio 2007, c) Giugno 2002.

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scorso (febbraio 2007, in Fig. 2b) si nota chele zone bianche sono molto ridotte rispettoall’inverno 2004, in accordo con le scarse pre-cipitazioni nevose del 2007. In estate (Fig. 2c)le zone bianche sono molto poche e limitate aighiacciai.

4 CONCLUSIONI E PROSPETTIVE

La possibilità di ottenere da satellite informa-zioni in tempo quasi reale e in modo continuosu aree estese e di stimare i parametri collega-ti al ciclo idrologico è veramente attraente pertutte quelle discipline che si occupano di cam-biamenti climatici globali.Il radiometro multi-canale AMSR-E ha dellecaratteristiche più avanzate rispetto ai vecchisensori, ma ancora migliori saranno i satellitidi nuova generazione, che avranno una risolu-zione spaziale più spinta. In particolare, frabreve sarà lanciato SMOS che è un satelliteESA con a bordo un radiometro a microondea 1.4 GHz, frequenza ottimale per la stimadell’umidità del terreno e della biomassa fore-stale. Sarà possibile perciò ottenere misureancora più precise e a scala locale dei parame-tri geofisici. In questo articolo si è proposto un metodo perprodurre mappe regionali di umidità del terre-no e copertura nevosa a partire dai dati amicroonde dell’AMSR-E. L’algoritmo per lastima dell’umidità del terreno è stato provatosu un’area di test negli USA ed è basato sul-l’inversione con reti neurali di un modello ditrasporto radiativo. Un altro algoritmo, basa-to su un indice di frequenza, è stato utilizzatoinvece per ottenere mappe di copertura nevo-sa. I risultati, seppure ottenuti su scale spazia-li molto estese, sono da ritenersi interessanti ein buon accordo sia con i parametri misurati aterra che con le condizioni meteorologiche eclimatologiche delle aree esaminate.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Bolten J., Narayan U., Guijarro L., LakshmiV., 2004. Passive-Active MicrowaveRemote Sensing of Soil Moisture at Both

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Macelloni G., Paloscia S., Pampaloni P., SantiE., 2003. Global scale monitoring of soiland vegetation using active and passivesensors. Int. Journal of Remote Sensing,24(12): 2409-2425.

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

La mancanza di una conoscenza dettagliatadelle proprietà ottiche e fisiche dell’ aerosolatmosferico costituisce una delle maggioriindeterminazioni sulla stima del forcingradiativo come dimostrato in Tegen et al.(1996) e Hansen et al. (2000). Infatti, la distri-buzione dell’aerosol è altamente disomoge-nea e variabile, se confrontata con quella deigas atmosferici. Quindi, l’indeterminazionesul forcing radiativo dovuto al particolato èlegato all’indeterminazione sul carico aeroso-lico e relativo contributo antropogenico edall’indeterminazione sui parametri ottici.Infatti, contribuiscono alla variabilità fattoriquali emissione, trasporto convettivo o pro-cessi di deposizione, che si traducono in unaindeterminazione sia sulle distribuzionidimensionali che sulla composizione chimica.Reti di radiometri che misurano su 6-8 lun-ghezze d’onda (risoluzione 10-12 nm), qualiAERONET o SKYNET, sono sorte per ilmonitoraggio di tali proprietà, anche se laradiometria ad ampio spettro e ad alta risolu-

zione può fornire informazioni più dettagliatesulla spettroscopia dell’aerosol.D’altro canto, anche la banda rotazionale delvapor d’acqua, compresa tra 17 e 50 µm,gioca un ruolo determinante nel bilancioradiativo terrestre ed una conoscenza lacuno-sa, quale è quella attuale, delle sue caratteri-stiche in relazione all'assorbimento ed emis-sione della radiazione di onda lunga limitafortemente la comprensione dei meccanismiche regolano lo scambio di energia nel siste-ma Terra- atmosfera e, quindi, delle eventualivariazioni climatiche.

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

2.1 Stima delle proprietà ottiche e fisichedegli aerosolPer misurare i principali parametri (spessoreottico, parametri di Angstrom e distribuzionidimensionali) descrittivi delle proprietà otti-che e fisiche degli aerosol si fa uso di radio-metri ad ampio spettro (400 nm – 900 nm) ead alta risoluzione (ca. 1,5 nm ) mediante iquali si misura l’intensità della radiazione

393

Misure radiometriche al suolo per lo studio delleproprietà ottiche degli aerosol e del vapor d’acqua

G. Pavese1,2

, F. Esposito2,1

, G. Masiello2,1

, C. Serio2,1

, V. Cuomo2,1

1Istituto di Metodologie per l’Analisi Ambientale, CNR, Tito Scalo (Pz), Italia2Dip. di Ingegneria e Fisica dell’Ambiente, Università della Basilicata, Potenza, [email protected]

SOMMARIO: Nell’ambito del problema relativo ai cambiamenti climatici che investe tanto la comunitàscientifica, quanto la società in generale, lo studio delle proprietà fisiche ed ottiche dei componenti atmo-sferici riveste un ruolo fondamentale. Infatti, maggiore è l’accuratezza con cui si conoscono i loro contri-buti al trasferimento radiativo, maggiore sarà l’accuratezza dei modelli che descrivono gli scenari futurinell’evoluzione del clima. In questo contesto, tanto l’aerosol atmosferico per la parte visibile della radia-zione atmosferica, quanto il vapor d’acqua per la parte IR, giocano ruoli fondamentali nel bilancio radia-tivo globale. La realizzazione di campagne di misura mediante l’uso di radiometri ad alta risoluzione perl’applicazione di tecniche passive, tanto nel visibile (risoluzione 1,5 nm) che nell’IR (risoluzione 0,5 cm-1), consente di stimare sia i parametri maggiormente descrittivi dell’aerosol atmosferico quali spessoreottico, parametri di Angstrom e distribuzioni dimensionali, sia di verificare la bontà dei modelli di trasfe-rimento radiativo nella parametrizzazione delle bande del vapor d’acqua.

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solare diretta che giunge al suolo, comedescritto nell’equazione seguente:

Iλ = I0λ eτλmr (1)

dove I0λ è la radiazione monocromatica sola-re extra-atmosferica, Iλ è la corrispondenteradiazione solare giunta al suolo, dopo averattraversato l’atmosfera terrestre e τλ è lospessore ottico totale, che tiene conto dei con-tributi dei vari componenti atmosferici all’at-tenuazione della radiazione. L’applicazionedella nota tecnica di calibrazione di Langleyalle parti dello spettro solare non affette dabande intense di assorbimenti gassosi consen-te di isolare il contributo relativo agli aerosol.Inoltre, con un best-fit su tutto l’intervallospettrale di misura, applicato alla formulasemi-empirica di Angstrom che lega τλ allalunghezza d’onda λ,

τλ = βλ -α (2)

è possibile stimare i parametri α e β, legati,rispettivamente, alle dimensioni dell’aerosoled alla sua concentrazione.Infine, da una misura di spessore ottico aero-solico, è possibile ricostruire la relativa distri-buzione dimensionale, risolvendo l’equazioneintegrale di Fredholm seguente, mediantel’applicazione di una tecnica di inversionenon parametrica con regolarizzazione sulladerivata seconda:

(3)

Per questo tipo di misure sono stati usati unradiometro Monolight 6000 (400 nm -900 nm, risoluzione 3 nm) ed un radiometroAvantes USB 2000 (400 nm – 900 nm, risolu-zione 1,5 nm). In entrambi i casi l’insegui-mento solare è manuale e la radiazione è foca-lizzata da un opportuno sistema ottico, conapertura inferiore a 1,5°, in modo da poter tra-scurare il contributo della radiazione diffusaal segnale misurato. Sono state effettuatecampagne di misura di diversa durata (setti-mane e/o mesi) e in diverse località (Italia,

Spagna, Namibia), a seconda della finalitàscientifica.

2.2 Misure IR di radianza atmosferica Analogamente a quanto accade per l’irradian-za solare diretta, anche la radianza IR emessadagli strati dell’atmosfera e misurata al suolocontiene informazioni sui suoi componenti esulle loro proprietà spettroscopiche. Lo stru-mento utilizzato per questo tipo di misure èuno spettrometro a Trasformata di FourierABB Bomem MR 100 che opera sull’inter-vallo spettrale 100 cm-1 – 5000 cm-1 (2 –100 µm) e risoluzione pari a 0,39 cm-1.Anche in questo caso, l’applicazione diun’opportuna tecnica di inversione, consentela ricostruzione del profilo di vapor d’acqua.Va puntualizzato, inoltre, che le misure IRsono state corredate da lanci di radiosonde perla misura diretta dei profili di temperatura edumidità relativa. Questo ha consentito, sia diverificare la bontà della tecnica di inversioneche di confrontare gli spettri IR misurati conquelli calcolati mediante modelli di trasferi-mento radiativo quali LBLRTM.

3 RISULTATI RILEVANTI

Nel corso degli anni il laboratorio diRadiometria ed Interferometria si è consolida-to anche grazie alla progettazione e realizza-zione di un Laboratorio Mobile su cui si èinstallato, oltre ai radiometri già descritti, unacentralina per la misura di parametri atmosfe-rici, compresa di piranometro per la misuradella radiazione globale (diretta e diffusa) nel-l’intervallo spettrale 200 nm – 2800 nm ed unsistema di radiosondaggio VAISALA per lamisura di profili di temperatura ed umiditàrelativa, come da Figura 1. Questo consente di effettuare campagne dimisura complesse nei siti di maggiore interes-se scientifico, come è accaduto nel Marzo2007 con COBRA (Campagna di Osservazionidella Banda Rotazionale del vapor d’Acqua)nell’ambito del P.R.I.N. “Osservazioni spet-tralmente risolte dello spettro di emissionedella Terra nella banda rotazionale del vapor

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

394

( ) ( ) ( )∫∞

=0

2 ,, drrnmrQr extae λπλτ

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d’acqua (17-50 µm) per testare modelli di tra-sferimento radiativo atmosferico” (MIUR pro-getto # 2005025202). Questa campagna havisto partecipare molti gruppi di ricerca italia-ni, ognuno con strumentazione differente.Tra le varie campagne di misura dedicate allostudio delle proprietà dell’aerosol atmosferi-co, vanno menzionate quella tenutasi a Leccenel Luglio 2005 nell’ambito del P.R.I.N.“Caratterizzazione delle proprieta' ottiche emicrofisiche degli aerosol mediante differentitecniche sperimentali e calcolo degli effetti

radiativi indotti dagli aerosol: uno strumentochiave per definire una climatologia degliaerosol” (MIUR progetto #2004023854) equella denominata Tito 2001 che è duratacirca 5 mesi (giugno 2001-ottobre 2001).Quest’ultima ha consentito di studiare il parti-colato di background e le variazioni delle sueproprietà ottiche e fisiche sotto l’influsso dimasse d’aria di varia provenienza, comedescritto in Esposito et al. (2004).In Figura 2 è mostrato l’andamento spettraledello spessore ottico aerosolico, misurato allastessa ora (9:20 GMT), in condizioni di cielolimpido, ma in mesi differenti. La variazionedel corrispondente valore di α riportato sulgrafico (1,87 in Giugno, 0,90 in Ottobre),indica che la diversa provenienza delle massed’aria in transito sul sito di misura, cambia ilrapporto di mescolamento fra particelle gran-di e piccole. Infatti le backtrajectories ottenu-te con il modello HYSPLIT ne rivelano origi-ni diverse (in Giugno provengono dal NordEuropa, in Ottobre dal bacino delMediterraneo e dal Nord Africa). Un’ulterioreverifica è stata fatta analizzando la variazionedelle distribuzioni dimensionali nel corso dei

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

395

Figura 1: Laboratorio mobile di Radiometria edInterferometria in misura all’osservatorio astronomico diToppo di Castelgrande.

Figura 2: Andamento spettrale dello spessore ottico aerosolico misurato alla stessa ora, in condizioni di cielo libero, main mesi diversi.

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mesi, come in Figura 3. In questo grafico èevidente come la marcata bimodalità delladistribuzione media giornaliera relativa almese di Giugno, vada progressivamente per-dendosi, proprio in virtù della diversa originedelle masse d’aria osservate.In Figura 4 è mostrato il dettaglio della regio-ne spettrale 520-620 cm-1 relativo alla diffe-renza tra lo spettro di radianza atmosfericamisurato ed il corrispondente spettro calcola-to inserendo i profili misurati di temperaturaed umidità. I tre grafici corrispondono adiversi database spettrali in cui si evidenzianole discrepanze tra le misure ed i modelli. In particolare il database HITRAN2004 pre-senta i residui più alti negli intervalli 525-545cm-1 e 596-604 cm-1. Una discussione appro-fondita al riguardo è riportata in Esposito etal. (2007).

4 PROSPETTIVE FUTURE

La complessità del sistema Terra-Atmosferasuggerisce di muoversi verso una maggioreintegrazione di strumenti per l’osservazionedei parametri atmosferici di interesse climato-logico. Pertanto in futuro si integrerannomisure di estinzione in orizzontale con quelleottenute sulla colonna per stimare la distribu-zione aerosolica al suolo e la corrispondentealtezza di scala.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Esposito F., Leone L., Pavese G., Restieri R.,Serio C., 2004. Seasonal variations ofaerosol properties in South Italy: a studyon aerosol optical depths, Angstrom tur-bidity parameters and aerosol size distri-butions. Atm. Env., 38: 1605-1614.

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Hansen J., Sato M., Ruedy R., 1997.Radiative forcing and climate response. J.Geophys. Res., 102: 6831-6864.

Tegen I., Lacis A.A., 1996. Modeling of parti-cle size distribution and its influence on theradiative properties of mineral dust aerosol.J. Geophys. Res., 101: 19237-19244.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

396

Figura 4: Residui relativi al confronto tra spettro misura-to a Tito Scalo (EAQUATE 2004) e calcolato con trediversi database spettrali.

Figura 3: Distribuzioni dimensionali medie giornaliererelative ai singoli mesi di misura.

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1 INTRODUZIONE

Il tema del miglioramento della qualità dell’a-ria si interseca con altri problemi riguardantile variazioni climatiche, l’acidificazione el’eutrofizzazione, riduzione dell'ozono strato-sferico e troposferico, qualità dell’ambienteurbano e pianificazione territoriale. Ladomanda di dati e informazioni sulla qualitàdell'aria è espressa in via prioritaria dalla nor-mativa nazionale e internazionale, e da quan-to previsto da trattati o convenzioni interna-zionali (ad es. Protocollo di Kyoto,Convenzione UNECE sull’inquinamentotransfrontaliero), Decisioni, Direttive eRegolamenti dell’Unione Europea, circolari,decreti e testi di legge dello Stato italiano. Daciò deriva l’esigenza di definire un sistemaarmonizzato di produzione, raccolta e diffu-sione delle informazioni, con la finalità pri-maria di garantire la prevenzione, l’elimina-zione e/o abbattimento degli agenti inquinan-ti nell’ambito di una valutazione integratadello stato dell’ambiente. La Direttiva Quadro

sulla Qualità dell’Aria della UE, quindi, indi-vidua attraverso una serie di Direttive Figlie(già approvate e/o in corso di approvazione) ilivelli di riferimento per le concentrazioni diSO2, PM, Piombo, CO, Benzene, NO2,Ozono, IPA, Cadmio, Arsenico, Nickel eMercurio, impone la caratterizzazione preli-minare della qualità dell’aria negli agglome-rati urbani o in altre zone particolari del terri-torio nazionale e per tempi stabiliti per ripor-tare a valori accettabili eventuali eccedenze,prevedendo in un prossimo futuro sanzionieconomiche che si abbatteranno su quei Paesiche non saranno in grado di garantire il rispet-to delle norme. La consapevolezza di unamutata prospettiva sta emergendo anche nellanormativa nazionale ove si punterà su unsistema di “conoscenze/azioni conseguenti”basato sul monitoraggio efficiente e strumen-ti di valutazione e qualità del dato, modelliinterpretativi dei fenomeni, analisi di scenarioemissivi, analisi costi-benefici e provvedi-menti di riduzione delle emissioni.Sottolineando, inoltre, l’importanza della

397

Osservazione della composizione chimica dell'atmosferae delle sue evoluzioni con i cambiamenti climatici:l’importanza strategica delle stazioni CNR in Calabria

N. Pirrone, F. SprovieriIstituto sull’Inquinamento Atmosferico, CNR, Rende (CS), [email protected]

SOMMARIO: L’ obiettivo della Direttiva quadro 96/62/CE, recepita con il D. lgs. n. 351 del 4/08/1999, èperseguito mediante l’adozione di strumenti conoscitivi integrati quali il monitoraggio dell’aria, banchedati delle emissioni e la modellistica di trasporto, dispersione e trasformazione chimica. Per quanto riguar-da l’aspetto del Global Change, lo sviluppo industriale avvenuto negli ultimi decenni ha provocato unavariazione della composizione dell’atmosfera su scala continentale e planetaria. Per valutare le condizio-ni di fondo dell’atmosfera terrestre e tenere sotto controllo i cambiamenti cui essa è soggetta, gli studinecessitano di misure eseguite in aree remote e cioè non soggette a fenomeni di inquinamento locale. Atale scopo, stazioni di monitoraggio localizzate in alta montagna costituiscono piattaforme ideali per stu-diare lo stato dell’atmosfera fornendo dati molto importanti nel rilevare cambiamenti significativi nellacomposizione chimica dell’atmosfera indotti dal trasporto di masse d’aria da aree molto distanti dal puntodi osservazione.

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qualità come fattore fondamentale per l’utiliz-zo e la trattazione dei dati, è stato emanato ilDM 20 Settembre 2002 che individua ai sensidel decreto legislativo n. 351/1999, “ gli orga-nismi incaricati a svolgere le funzioni tecni-che finalizzate a garantire la qualità del siste-ma delle misure di inquinamento atmosfericoin materia di valutazione e di gestione dellaqualità dell’aria”. Da più parti, dunque, emer-ge la necessità di definire ed adottare omoge-nei programmi di garanzia di qualità per lagestione delle reti di monitoraggio della qua-lità dell’aria; in particolare, gli input piùsignificativi, in tal senso, provengono oltreche dalla normativa nazionale di recente ema-nazione come sopra specificato, anche dalcontesto europeo, le cui linee guida finalizza-te alla creazione di una rete europea di moni-toraggio della qualità dell’aria (EUROAIR-NET) pongono vincoli in termini di perfor-mance e di certificazione, finalizzati alla con-frontabilità dei dati. Il progredire delle cono-scenze scientifiche sull’inquinamento atmo-sferico e sui suoi effetti, ha avuto riflessisostanziali sulla Legislazione Comunitaria esull’impostazione dei Protocolli collegati allaConvenzione sull’inquinamento transfronta-liero: sono aumentati gli inquinanti normati, èstata riconosciuta l’utilità dei modelli di simu-lazione della dispersione come strumenti dianalisi, ed è stata assunta l’interdipendenzadei fenomeni precedentemente trattati singo-larmente (acidificazione, eutrofizzazione,ozono troposferico, effetti clima alteranti).

2 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

Per quanto riguarda l’aspetto del GlobalChange, il grande sviluppo industriale avvenu-to negli ultimi decenni ha provocato una varia-zione rilevante della composizione dell’atmo-sfera su scala continentale e planetaria. Pervalutare le condizioni di fondo dell’atmosferaterrestre e tenere sotto controllo adeguatamen-te i cambiamenti cui essa è soggetta, gli studinecessitano di misure eseguite in aree remote,cioè aree non soggette a fenomeni di inquina-mento locale. A tale scopo, stazioni di monito-

raggio localizzate in alta montagna costituisco-no piattaforme ideali per studiare lo stato del-l’atmosfera in condizioni non influenzate daattività emissive locali; esse forniscono datimolto importanti nel rilevare cambiamentisignificativi nella composizione chimica del-l’atmosfera indotti dal trasporto di masse d’ariada aree molto distanti dal punto di osservazio-ne. Lo studio delle variazioni spaziali e tempo-rali della composizione chimica dell’atmosferaè oggetto di forte interesse da parte di moltigruppi di ricerca e programmi internazionali(i.e., IGBP, UNEP, UNECE). Tutte le aree dialta montagna sono regioni particolarmentesensibili dal punto di vista ambientale e si com-prende quindi come in queste zone è fonda-mentale disporre di punti di monitoraggio delclima e della composizione chimica dell’atmo-sfera. I dati da esse forniti, unitamente all’im-piego di modelli globali di trasporto e chimicadell’atmosfera, permettono di investigare edescrivere i meccanismi di trasporto, di trasfor-mazione e di ricaduta degli inquinanti rilascia-ti da sorgenti antropiche e naturali nelPlanetary Boundary Layer. Molti di questiinquinanti atmosferici sono caratterizzati datempi di residenza in atmosfera sufficiente-mente lunghi da consentire il loro trasporto perlunghe distanze e quindi determinare un loroimpatto sia sugli ecosistemi acquatici e terrestriche sulla salute pubblica. Infine è da sottolinea-re come il sistema-montagna, altamente sensi-bile ai cambiamenti climatici in corso debbaessere esaurientemente monitorato con tecni-che innovative e studiato al fine di acquisire ilbagaglio di conoscenze necessario ai GoverniNazionali e alle Organizzazioni Internazionali,al fine di sviluppare strategie di contenimentodegli effetti antropici sull’ambiente e d’incre-mentare la qualità dell’ambiente. Nel corsodegli ultimi secoli, con l’avvento dello svilup-po industriale, le concentrazioni di fondo dimolti costituenti dell’atmosfera hanno visto ungraduale incremento nel tempo mettendo arischio ecosistemi situati in aree molto remotecome le regioni dell’Artico e dell’Antartide.Per comprendere correttamente le dinamichedell’inquinamento atmosferico su scala regio-

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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nale (es. Mediterranea) e continentale è statoimportante comprendere i contributi prove-nienti da regioni che si trovano in altri conti-nenti, economicamente emergenti (i.e., Cina,India) e quindi le modalità di trasporto atmo-sferico su lunga distanza al fine di valutare idanni che le emissioni in un Paese possonoarrecare ad altri Paesi, anche situati a distanzemolto significative dal punto di emissione. Lostudio dell’inquinamento di fondo e delle suedinamiche al variare delle condizioni meteoro-logiche e dello sviluppo socio-economico è,dunque, di notevole importanze in quanto for-nisce informazioni molto utili sui livelli mini-mi di inquinamento atmosferico rilevabili inaree remote, i quali sono strettamente legatialla storia ambientale del nostro pianeta. A talfine, la Sezione di Rende dell’Istitutosull’Inquinamento Atmosferico del CNR haavviato, nel 2006, un programma di monito-raggio atmosferico in continuo presso le duestazioni sperimentali di tipo EMEP – Livello 2situate una ad alta quota e una a livello delmare (Fig. 1 e 2). Questo ha consentito lo svi-luppo di un’attività di ricerca di rilevanzanazionale, europea e internazionale, e nel con-tempo, di fornire supporto a Enti pubblici e pri-vati. Le stazioni di monitoraggio sono inseritenella rete europea EMEP di monitoraggio atmo-sferico (European Monitoring EnvironmentProgramme-EMEP) che è parte della conven-zione UNECE-LRTAP. Il programma di misure

condotto riguarda sia parametri specifici diqualità dell’aria che parametri rilevanti per lavalutazione dell’entità dei cambiamenti clima-tici, e includono sia composti acidificanti edeutrofizzanti che ozono, metalli pesanti, parti-colato atmosferico, composti organici persi-stenti e VOC. La Stazione Sperimentale Marina (SSM)(Fig. 1) è finalizzata allo studio della chimicadell’atmosfera nello Strato Limite Marino(MBL), è situata sulla costa tirrenica calabresea 49 metri s.l.m. (N39°19'22" E16°02'44"), nelComune di San Lucido (prov. di Cosenza),mentre la Stazione Sperimentale ad Alta Quota(SSAQ) (Fig. 2), finalizzata allo studio dellachimica dell’atmosfera sopra lo strato dimescolamento (Mixing Layer) è situata nelParco Nazionale della Calabria, a 1.379 metris.l.m. (Lat 39° 39' 418" Lon 16° 61' 354") nelComune di Longobucco (prov. di Cosenza).Le due stazioni di monitoraggio consentonodi ottenere con continuità e periodicità i datinecessari al monitoraggio dei principali indi-catori di qualità dell’aria e composizione chi-mica dell’atmosfera. Le stazioni di monito-raggio si integrano con le altre retipreviste/esistenti sul campo nazionale edeuropeo, allo scopo di contenere i costi,aumentare lo scambio di informazioni e per-mettere l’estrapolazione dei dati ad aree nonmonitorate. La presenza di tali infrastrutturesono dunque necessarie anche in risposta alle

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

399

Figura 1: Stazione Sperimentale Marina (SSM) situatasulla costa tirrenica calabrese a 49 metri s.l.m.(N39°19'22" E16°02'44"), nel Comune di San Lucido(prov. di Cosenza).

Figura 2: Stazione Sperimentale ad Alta Quota (SSAQ)situata nel Parco Nazionale della Calabria, a 1.379 metris.l.m. (Lat 39° 39' 418" Lon 16° 61' 354") nel Comunedi Longobucco (prov. di Cosenza).

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richieste provenienti dall’Agenzia Europeaper l’Ambiente. La presenza delle due stazio-ni di monitoraggio ha tra le diverse priorità:- la determinazione delle attuali caratteristi-

che e proprietà dell’atmosfera;- il monitoraggio nel breve e lungo periodo

della composizione chimica dell’atmosferacon i cambiamenti climatici;

- la valutazione della sensibilità a tali muta-menti e la previsione delle sue evoluzionifuture;

- lo sviluppo e la validazione di modelli ascala regionale e globale finalizzati a stabi-lire le relazioni quantitative tra aree di emis-sione e aree di recezione;

- la diffusione dei risultati ottenuti come stru-mento di indirizzo per politiche di interven-to direttamente o indirettamente collegatealla contaminazione degli ecosistemi.

Il programma di monitoraggio in continuoprevede la determinazione delle concentrazio-ni di fondo degli inquinanti atmosferici in ariae nelle precipitazioni, discriminando i contri-buti derivanti dalle sorgenti locali da quelliderivanti dal trasporto transfrontaliero.L’analisi dei dati sperimentali ottenuti fornirài data base necessari per il conseguimento didue ulteriori obiettivi, ovvero la valutazionedell’importanza relativa dell’emissione diret-ta d’inquinanti e della loro generazione in-situindotta dalla presenza di ossidanti di originefotochimica e l’impatto percentuale delle

fonti antropiche e naturali. L’identificazionedelle “impronte digitali” delle classi di com-posti studiati consentirà d’identificare le sor-genti principali dell’inquinamento, mentre ilconfronto con i dati di meteorologia consenti-rà di discriminare il trasporto d’inquinanti suscala globale da quello regionale. Le attivitàdelle stazioni SSM e SSAQ rientrano nell'am-bito di progetti e programmi nazionali, euro-pei e internazionali di monitoraggio atmosfe-rico e studio delle variazioni della composi-zione dell’atmosfera. Un contributo particola-re viene fornito ai programmi internazionaliUNECE-EMEP, Global Atmospheric Watch(GAW), IGBP-IGAC e IGBP-SOLAS.

3 PROSPETTIVE FUTURE

Al fine di poter sviluppare un programma diricerca a medio e lungo termine inerente l’e-voluzione temporale della composizione chi-mica dell’atmosfera, e quindi comprenderel’influenza indotta sui cambiamenti climaticiin atto, è necessario che il CNR e quindi gliorgani di governo garantiscano un supportofinanziario sufficiente affinché possa esseregarantito l’impiego di personale altamentespecializzato indispensabile per la gestioneday-by-day delle infrastrutture realizzatedall’Istituto IIA di Rende con soli finanzia-menti esterni (http://www.iia.cnr.it).

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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1 INTRODUZIONE

Il biossido di azoto è un composto chiave perla comprensione dei meccanismi che avven-gono in stratosfera alle medie latitudini, vistaanche la stretta connessione con la chimicadell’ozono. Uno studio condotto su 20 anni dimisure nell’emisfero sud da Liley (2000) hamostrato un aumento di NO2 stratosferico parial 5 % per decade. Questo studio è stato con-dotto usando un modello statistico a regres-sione multipla per rimuovere dalle misureeffettuate all’alba e al tramonto gli effettiattribuibili ai cicli fisici noti, in modo da rica-vare il trend climatologico del gas stesso.Nello studio riportato nel presente documentoche si riferisce a misure effettuate nell’emi-sfero nord viene proposto invece un approcciodiverso basato sull’analisi dello spettro dipotenza. Il vantaggio di lavorare nello spaziodelle frequenze permette di non tener contodegli esatti valori dei parametri geofisici chedevono essere rimossi dal data set, ma di con-siderare il solo comportamento periodico edeliminarlo mediante un filtraggio dedicato.

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

La stazione di ricerca “Ottavio Vittori” si trovasulla vetta del Monte Cimone (44°11’N -10°42’E) a 2165 m sopra il livello del mare.Nel mese di giugno 1993 vi fu installato lospettrometro GASCOD (Gas AbsorptionSpectrometer Correlating Optical Differences)operante da allora in modo automatico. Lostrumento misura la radiazione solare diffusalungo la verticale nell’intervallo spettrale tra407 nm e 464 nm all’alba e al tramonto. Laserie storica di misure disponibili riferite al Mt.Cimone ha inizio dunque nel mese di giugno1993. A causa di alcuni problemi tecnici sisono susseguiti alcuni periodi di malfunziona-mento dello strumento e conseguente mancan-za di dati: non ci sono misure tra Maggio 1997e Luglio 1998, e per alcuni mesi del 1999. Glispettri misurati sono stati successivamente pro-cessati con la metodologia DOAS (DifferentialOptical Absorption Spectroscopy) per ricavareda essi il contenuto colonnare obliquo di NO2a diversi Angoli Solari Zenitali (SZA) durantel’alba e il tramonto (Platt, 1999). Un unico

401

Otto anni di osservazioni a Mt. Cimone: analisiclimatologica del biossido di azoto in stratosfera

A. Petritoli, E. Palazzi, F. Ravegnani, I. Kostadinov, D. Bortoli,S. Masieri, G. GiovanelliIstituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, CNR, Bologna, [email protected]

SOMMARIO: Nelle pagine che seguono viene presentata l’analisi climatologica del contenuto colonnaretotale di biossido di azoto (NO2) misurato presso la stazione di misura “O. Vittori” di Mt. Cimone(44°11’N - 10°42’E, 2165 m). Vengono mostrati otto anni di misure ottenute con lo spettrometroGASCOD (Gas Absorption Spectrometer Correlating Optical Differences) operante nell’intervallodell’Ultravioletto e del Visibile a partire dal 1993. Per effettuare uno studio climatologico di NO2 è stataapplicata una metodologia di analisi spettrale basata sull’identificazione di fenomeni geofisici (predittori)utilizzati per eliminare dalle serie temporali di NO2 le oscillazioni indotte dai fenomeni naturali periodici.Viene presentato e discusso tale approccio, detto diagnostico, insieme all’analisi del possibile effettoindotto dalla mancanza di dati nella fase di filtraggio, per garantire una interpretazione critica dei risulta-ti. Questi mostrano che nell’emisfero nord alle medie latitudini si può stimare un aumento del contenutocolonnare di NO2 del 7 % per decade.

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spettro di riferimento ottenuto a mezzogiornolocale del 27 giugno 1995 è stato usato percondurre l’analisi presentata nel presente lavo-ro, così da evitare il presentarsi di falsi anda-menti dovuti a possibili stime non corrette delcontenuto colonnare obliquo di riferimento. LaFigura 1 mostra il contenuto colonnare obliquodi NO2 misurato a SZA = 90° per misure effet-tuate all’alba (AM) e al tramonto (PM).Occasionalmente, valori elevati di contenutocolonnare obliquo sono stati rimossi dalla seriedi dati in quanto attribuibili ad episodi di tra-sporto di masse d’aria inquinata ricche di NO2provenienti dalla vicina Val Padana (Petritoli,2002). L’approccio utilizzato per rimuoveredalla serie temporale di NO2 le variazioni deicontenuti colonnari obliqui del gas stesso attri-buibili a cause naturali è di tipo diagnostico edha lo scopo di identificare e rimuovere ogniparametro di tipo geofisico, definito predittore.La trasformata di Fourier (F) della serie tempo-rale (SC (t)) è stata calcolata mediante il notoalgoritmo della FFT (Fast Fourier Transform); èstato quindi applicato un filtro passa banda(f(w)) per rimuovere le frequenze identificate etornare al dominio temporale filtrato (SC’(t))secondo lo schema seguente:

SC(t) |Fsc(w) |2 Fsc(w)f(w) SC’(t) (1)

L’analisi dello spettro di potenza è stato appli-cato alle medie mensili mostrate in Figura 1.Gli spettri di potenza all’alba e al tramontosono mostrati in Figura 2.

3 RISULTATI RILEVANTI

Come noto dalla teoria matematica della FFT,un campionamento non omogeneo producedelle frequenze spurie dell’ordine dell’inver-

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

402

Figura 2: Spettri di potenza delle misure di NO2 all’albae al tramonto. Nei riquadri piccoli è mostrata un partico-lare della scala di frequenze e il rettangolo all’interno deiriquadri delimita le regioni in cui sono state trovate fre-quenza spurie dvute alla mancanza di dati tra maggio1997 e luglio 1998.

Figura 1: Contenuti colonnari obliqui di NO2 misurati a SZA = 90° a partire dal mese di giugno 1993. I quadrati ed itondi in toni di grigio rappresentano rispettivamente le misure all’alba e al tramonto. Le medie mensili (linee continue)riferite all’alba e al tramonto vengono altresì mostrate sovrapposte ai dati originali

Page 103: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

so del tempo relativo al periodo di dati man-canti. Questo spiega l’allargamento dellecomponenti annuali di entrambe le serie illu-strate in Figura 3, dovuto proprio al periodo didati mancanti da maggio 1997 a luglio 1998 eal rumore presente alle più alte frequenze(periodo < 5 mesi) probabilmente associatoall’altra discontinuità di funzionamentodurante il 1999 e a giorni occasionalmentemancanti all’interno della serie di dati.È evidente dalla Tabella 1 che i differenti feno-meni geofisici hanno differenti effetti sullemisure all’alba e su quelle al tramonto (e pertan-to i valori dello spettro di potenza possono esse-re confrontati solo all’interno di ciascuna serietemporale). Il ciclo annuale è il predittore chepresenta il maggiore contributo in entrambi icasi mentre il contributo dell’oscillazione asso-ciata al ciclo solare (periodo di 11 anni) è piùpulito nei valori relativi al tramonto, come ci siaspetta. L’Oscillazione Quasi Bienniale (QBO)e l’asimmetria equinoziale sono altresì tenute inconsiderazione. Il contributo delle OscillazioniNord Atlantiche (NAO) è stato introdotto utiliz-zando dati NOAA (www.cgd.ucar.edu/~jhur-rell/nao.html) ed evidenzia un trend sinusoida-le con periodo di 5 anni nelle medie mensilidurante l’ultima decade. Possibili influenzedelle anomalie nei campi di pressione sui gas

in traccia stratosferici furono per la prima voltaevidenziate da Appenzeller (2000) per quantoriguarda l’ozono, fornendo comunque già unaprima evidenza del trend stratosferico di NO2.Se il profilo verticale del gas presenta elevativalori di concentrazione in corrispondenzadella tropopausa, le variazioni di NAO ne alte-rano il contenuto colonnare in maniera apprez-

Alba Predittore Coefficientemesi di potenza12 Ciclo annuale 2,1 x 1016

21 - 25 QBO 4,0 x 1015

64 NAO 3,4 x 1015

128 Ciclo solare 2,6 x 1015

6 Asimmetria equinoziale 6,0 x 1014

Tramonto Predittore Coefficientemesi di potenza12 Ciclo annuale 1,5 x 1017

128 Ciclo solare 5,0 x 1016

21 - 25 QBO 1,2 x 1016

63 NAO 9,4 x 1015

6 Asimmetria equinoziale 4,8 x 1015

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

403

Figura 3: Andamento a lungo termine di NO2 ottenuto dopo la rimozione dei predittori in seguito all’operazione di fil-traggio. Un aumento di NO2 del 7 % per decade può essere estrapolato sia per i valori riferiti all’alba che per quellariferiti al tramonto (vedere testo).

Tabella 1: Predittori associati ai fenomeninoti per lo spettro di potenza riferito all’albae al tramonto rispettivamente.

Page 104: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

zabile. I predittori identificati sono stati rimos-si per passi successivi mediante un procedi-mento di filtraggio nel dominio delle frequen-ze secondo lo schema definito in (1). I residui(SC’(t)) sono mostrati in Figura 3.L’area grigia a strisce in Figura 3 evidenzia ilperiodo in cui si riscontano giorni mancanti e lemedie mensili sono con ogni probabilità menorappresentative; non sono pertanto correttamenterimosse attraverso l’operazione di filtraggio. Lecorrispondenti oscillazioni nei residui sonocomunque uniformemente disperse e non incido-no sull’analisi del trend globale. È altresì eviden-te dalla Figura 3 che i residui mostrano un mag-giore numero di strutture non rimosse nei datiriferiti al tramonto che in quelli riferiti all’alba.Questo tipo di risultato non fu ottenuto da Liley(2000) e porta a supporre che le misure seralimostrino una sensibilità più accentuata versoalcuni fenomeni. Le strutture dinamiche dellacircolazione in stratosfera nell’emisfero nordsono piuttosto differenti da quelle che caratteriz-zano l’emisfero sud. Durante gli inverni nell’e-misero nord, l’allungamento del vortice polarecausa frequenti episodi di incursione di massed’aria polare nella stratosfera delle medie latitu-dini (sotto i ~ 40° N). Come evidenziato in primaistanza da Noxon (1983) questo è un fattoredeterminante nella variazione di biossido diazoto indotta dalla dinamica. L’evoluzione foto-chimica durante le condizioni diurne e lo stessotrasporto modulano il contenuto colonnare totaledel gas al tramonto mentre nel primo mattino laconversione chimica a partire dai principali com-posti notturni, N2O5 e HNO3, subisce una lentadiminuzione inerziale dovuta ai lunghi tempi difotolisi di entrambi i gas, così da attenuare ogniaumento avvenuto in precedenza. Questo tipo diconsiderazione, tuttavia, non aiuta a rimuoverequesti fenomeni dai residui e, d’altra parte, essipotrebbero essere considerati come effetti clima-tici sul trend a lungo termine del gas in traccia daincludersi, proprio per questo, all’interno di ogniconsiderazione di tipo climatico. Allo scopo diconfrontare i risultati ottenuti nel presente lavorocon quelli pubblicati da Liley (2000), il trendlineare mostrato in Figura 3 è stato usato perestrapolare l’analisi effettuata su 8 anni fino a 10

anni e dedurre un aumento di NO2 stratosfericodel 7 % per decade.

4 CONCLUSIONE

Nel presente lavoro sono state presentate ediscusse le misure di NO2 stratosferico effet-tuate per 8 anni alle medie latitudini nell’emi-sfero nord. Il metodo proposto basato sull’ana-lisi di Fourier serve per filtrare l’insieme di datisperimentali dai fenomeni attribuibili ai ciclinaturali e mette in evidenza l’andamento alungo termine del biossido di azoto. Una voltaeffettuato il filtraggio delle frequenze, è statoestrapolato un aumento di NO2 del 7 % perdecade che supera quello del 5 % risultante dastudi analoghi effettuati nell’emisfero sud.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Appenzeller C., Weiss A.K., Staehelin J.2000. North Atlantic Oscillations modula-tes total ozone winter trends. Geophys.Res. Lett., 27: 1131-1134.

Fish D.J., Roscoe H.K., Johnston P.V,. 2000.Possible causes of stratospheric NO2trends observed at Lauder, New Zealand.Geophys. Res. Lett., 27: 3313-3316.

Liley J.B., Johnston P.V., McKenzie R.L.,Thomas A.J., Boyd I.S., 2000.Stratospheric NO2 variations from a longtime series at Lauder, New Zeland. J.Geophys. Res., 105: 11633-11640.

Noxon J.F., Henderson W.R., Norton R.B.,1983. Stratospheric NO2, 3) The effects oflarge scale horizontal transport. J.Geophys. Res., 88: 5240-5248.

Petritoli A., Giovanelli G., Kostadinov I.,Ravegnani F., Bortoli D., Bonafè U.,Bonasoni P., Evangelisti F., Calzolari F.,2002. Tropospheric and stratospheric NO2amount deduced by slant column meas-urements at Mt. Cimone station. Adv.Space Res., 29(11): 1691-1695.

Platt U., 1999. Modern methods of the meas-urements of atmospheric trace gases.Phys. Chem. Chem. Phys., 1: 5409-5415.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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1 PREMESSA

L'estrazione di una rappresentazione regolaree continua dei parametri climatici sul territo-rio a partire dai dati puntuali delle singole sta-zioni meteorologiche è un passaggio piuttostodelicato. Da esso dipende il buon esito dellesuccessive elaborazioni, effettuate sulla bancadati di immagini che ne deriva.L'attività svolta ha lo scopo di indagare quali,fra le tecniche più note in letteratura, siano dapreferire per spazializzare i parametri climati-ci nell'aerea di studio, rappresentata dall'inte-ro territorio regionale toscano.L'analisi climatica è stata realizzata sulla basedei dati dell'Ufficio Idrografico e Mareograficodi Pisa, attualmente gestiti dal CentroFunzionale della Regione Toscana.

2 APPROCCIO METODOLOGICO

L'analisi climatica è stata condotta a livellomensile e l'intento è stato di verificare che letecniche di spazializzazione fossero efficientinella rappresentazione della modulazione dellevariabili, operata dal fattore stagionale.

I dati climatici di partenza (precipitazione etemperatura minima e massima), in originegiornalieri, sono stati aggregati come medie dipioggia cumulata, di temperatura massima eminima sul trentennio 1960-1990, generalmen-te preso come riferimento dall'IPCC(International Panel of Climate Change). Ilconfronto è stato effettuato sulla base di alcunimesi rappresentativi delle stagioni per le variegrandezze. La Tabella 1 ci fornisce l'insieme deidati utilizzati e la relativa numerosità.La distribuzione delle stazioni sul territoriotoscano, riportata in Figura 1, è diversa aseconda del parametro considerato: infatti lestazioni pluviometriche sono molto più nume-rose di quelle termometriche.

405

Valutazione e definizione degli standard per laspazializzazione dei parametri meteo-climatici

R. Ferrari, L. Bottai, F. Maselli, R. Costantini, A. Crisci, R. Magno, G. MaracchiIstituto di Biometeorologia, CNR, Firenze, [email protected]

SOMMARIO: La rappresentazione di un tema di natura climatica in un sistema informativo geografico ègeneralmente effettuata in modalità raster. Le informazioni provenienti dalle stazioni meteorologiche sonoinvece di natura puntuale, quindi si rende necessaria la spazializzazione di questo tipo di informazione.Per passare da una serie di dati puntuali a una distribuzione continua nello spazio, si possono impiegarediversi metodi che afferiscono al campo della statistica applicata. Nel caso specifico dell'attività svolta, siè cercato di verificare l'applicabilità di alcune fra le più note tecniche di spazializzazione e l'individuazio-ne fra esse della più adeguata a ricostruire i valori di precipitazione cumulata e temperatura su territorioin esame. Il presente lavoro è parte del progetto europeo DESERTNET (Interreg III B), realizzato daIbimet per conto della Regione Toscana, dove veniva richiesta la realizzazione di mappe climatologichesull'intero territorio regionale toscano, orientate alla valutazione del rischio desertificazione.

Tabella 1: Dati utilizzati.Numero Stazioni

Periodo di riferimento

Precipitazionecumulata 234 1960-1990

Temperaturamedia minima 54 1960-1990

Temperaturamedia massima 54 1960-1990

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1.1 Tecniche confrontateSono state prese in considerazione sia tecni-che di tipo geostatistico (kriging e cokriging),sia tecniche basate sulla regressione linearemultipla, le quali necessitano di covariate ter-ritoriali come la quota, la latitudine e/o ladistanza dal mare:1. regressione lineare pesata localmente con

la quota (Maselli, 2001);2. regressione lineare pesata localmente con

la quota più correzione dei residui;3. regressione multipla lineare con corre-

zione dei residui;4. kriging;5. cokriging.In particolare, il peso della regressione linea-re (tecniche 1 e 2) dipende da due parametriche definiscono la curva di smorzamento: ladistanza massima da considerare oltre cui lacurva viene troncata con il conseguente azze-ramento dei pesi, e il range della regressionepesata. Con una serie di test è stata calibrata lacurva di smorzamento, tuttavia, i parametridella funzione di peso sono molto influenzatidal generale contesto di spazializzazione,dalla stagione, dalla variabile oggetto di ana-lisi e il suo formato temporale, dalle caratteri-stiche geografiche dell'area di studio e dallaprecisione finale delle mappe.Per quanto riguarda la tecnica 3 le variabiliindipendenti che sono state considerate nellaregressione multipla sono l'altitudine, la lati-tudine, la longitudine e la distanza dal mare.Per le tecniche 2 e 3 è stata eseguita una corre-zione dei residui, vale a dire, una volta eseguitala spazializzazione sono stati calcolati i residui

sulle singole stazioni come differenza tra valoristimati e valori misurati; successivamente i resi-dui sono stati spazializzati tramite kriging esommati algebricamente alla mappa iniziale.Per la tecnica 4, ovvero il kriging, è stato neces-sario calibrare preliminarmente il variogrammastagionale. Dai risultati è emerso che, nel casoin esame, è preferibile, per le precipitazioni esti-ve, utilizzare un variogramma teorico di riferi-mento di tipo lineare, mentre per quelle autun-nali risulta migliore il tipo esponenziale.Infine per quanto riguarda la tecnica 5 (cokri-ging), la variabile di appoggio considerata,correlata con il parametro climatico da spazia-lizzare, è la quota.

1.2 Procedura di confrontoIl parametro di confronto, l'errore quadraticomedio (RMSE), è fra il set di dati stimati dalla spa-zializzazione e quello di dati osservati per ciascu-na stazione. L'approccio seguito per effettuare iltest è una cross-validazione di tipo leave one out. In Figura 2 è riportato lo schema dei passieseguiti.Come indicato in figura, nel test sono staticonsiderati alcuni mesi rappresentativi dellavariabilità dei parametri a livello stagionale.

3 RISULTATI OTTENUTI

Dall'analisi svolta in termini di RMSE emer-ge che le tecniche di interpolazione considera-te, nel caso di un'area come quella dellaRegione Toscana e con la numerosità dei datia disposizione, forniscono un risultato suffi-

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

406

Figura 1: Stazioni termo-pluviometriche utilizzate perl'elaborazione.

Figura 2: Schema della procedura seguita.

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cientemente attendibile, ad eccezione del kri-ging sulle precipitazioni estive. I dati pluviometrici e quelli termometrici pre-sentano una variabilità spaziale piuttosto dif-ferente: i primi hanno una componente aleato-ria molto più forte dei secondi che, invece,risultano maggiormente influenzati dallecaratteristiche morfologiche del territorio.Analizzando i risultati possiamo affermareche la spazializzazione delle temperature, puressendo in generale meno problematicarispetto a quella delle precipitazioni, risultamigliore se realizzata con tecniche che utiliz-zano relazioni con altri parametri territoriali.Per le precipitazioni, invece, a causa delleloro caratteristiche instabili legate alle pertur-bazioni che le hanno generate, sono da prefe-rire i metodi geostatistici come il kriging ordi-nario o il cokriging con la quota. Quest'ultimoin particolare assicura una maggiore stabilitàin termini di RMSE a livello stagionale, spe-cie quando i valori di pioggia sono bassi oestremamente variabili. Per le temperature, sia massime che minime, irisultati migliori sono stati raggiunti con imodelli regressivi lineari, combinati con lacorrezione dei residui. Lo scarto con laregressione pesata è minimo: ciò è spiegabilecon la variabilità dei parametri di calibrazionedella curva di smorzamento, che è funzionedel mese in cui viene effettuata la spazializza-zione. Nella nostra analisi, con l'adozione diuna curva fissa per tutti mesi, non è stato pos-sibile esprimere tutta la potenzialità della tec-nica esaminata. Di seguito sono riportate le tabelle con i risul-tati del confronto fra le varie tecniche ottenuterispettivamente per dati pluviometrici, di tem-peratura minima e di temperatura massima.

4 PROSPETTIVE FUTURE

Sulla base dei risultati ottenuti nel test che,occorre precisare, ha valore per lo specifico setdi dati a disposizione e per i parametri climati-ci analizzati, è stata sviluppata una banca datidi immagini climatologiche di riferimento peril periodo 1960-1990 sul territorio toscano,

adottando, nella spazializzazione dei dati diprecipitazione, il metodo del cokriging, con lacovariata rappresentata dalla quota, mentrenella spazializzazione delle temperature laregressione lineare è pesata con la quota.

Feb Apr Lug Ottmm mm mm mm

Cokriging 15,96 14,82 5,25 16,08Kriging

ordinario 15,23 14,37 31,62 15,60Mreg +Krig res 18,09 15,02 4,35 18,71Reg lin

pes.+ Krigres 24,09 24,51 19,51 26,99

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

407

Tabella 2: Risultati di RMSE (mm) ottenutinella spazializzazione dei dati pluviometrici.

Tabella 3: Risultati di RMSE (°C) ottenutinella spazializzazione dei dati di temperaturaminima.

Feb Apr Lug Ottmm mm mm mm

Cokriging 1,58 1,63 1,88 1,68Kriging

ordinario 1,55 1,59 1,92 1,62Mreg +Krig res 1,20 1,30 1,99 1,58Reg lin

pes.+ Krigres 1,67 1,51 1,85 1,67

Tabella 4: Risultati di RMSE (°C) ottenutinella spazializzazione dei dati di temperaturamassima.

Feb Apr Lug Ottmm mm mm mm

Cokriging 2,35 2,38 2,33 2,51Kriging

ordinario 2,62 2,87 2,81 2,66Mreg +Krig res 1,21 1,26 1,35 1,29Reg lin

pes.+ Krigres 1,67 1,51 1,85 1,67

Page 108: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

Potrebbe risultare utile migliorare i risultatiottenuti con la regressione lineare pesata,introducendo ulteriori variabili geografiche,correlate al parametro da spazializzare, e unapreliminare fase di calibrazione del modello,che tenga conto della variabilità stagionaledella curva di smorzamento dei pesi.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

408

Page 109: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

1 ATTIVITÀ SVOLTA

Nel corso dell’ultimo decennio abbiamo svi-luppato un articolato programma di ricerchevolto alla ricostruzione dell’evoluzione delclima italiano. Il risultato più rilevante di que-sto programma è la realizzazione di nuna bancadati di serie secolari di dati meteorologici.All’avvio di questo programma di ricerche,l’unica banca dati di lunghe serie storiche ita-liane disponibile in formato digitale era l’ar-chivio delle serie secolari dell’ufficio centraledi ecologia agraria (UCEA). Esso era statoprodotto nel corso degli anni ’70, nell’ambitodi un progetto finalizzato del CNR che avevaconsentito di digitalizzare i dati termometricie pluviometrici di 26 stazioni, per un periodogeneralmente compreso tra il 1870 ed il 1973.In seguito, alcune di queste serie hanno conti-nuato ad essere aggiornate, mentre altre sta-zioni hanno cessato di funzionare o di fornirei loro dati all’UCEA. Per quanto la banca datiUCEA raccogliesse un primo e fondamentalenucleo di dati, era molto lontano dal costitui-re un punto d’arrivo. Un primo problema con-sisteva nel numero troppo basso di serie: 26stazioni erano troppo poche per descrivere inmodo efficace il comportamento di un territo-rio geograficamente complesso come quelloitaliano. Peraltro, le stazioni non avevano unadistribuzione territoriale uniforme, cosicchévaste regioni risultavano scoperte. Un ulterio-

re problema era rappresentato dai parametridisponibili; infatti, per quanto temperature eprecipitazioni rivestano grande importanza,esse non sono sufficienti per una ricostruzio-ne completa del clima del passato. Vi era inol-tre un problema di completezza dei dati, inquanto le serie UCEA avevano, soprattuttonel periodo iniziale, numerosi dati mancanti.Esistevano, infine, fondamentali problemi diomogeneità, dal momento che soltanto per unridottissimo numero di serie si disponeva diinformazioni sufficienti per capire quanto fos-sero fra loro confrontabili i dati raccolti in unperiodo generalmente superiore ai 100 anni.In questo contesto, il primo riconoscimentoufficiale delle nostre attività è avvenuto nel-l’ambito del Progetto Speciale CNR“Ricostruzione del clima dell’area mediterra-nea nel passato”. Nel corso di questo progetto,la banca dati UCEA delle serie mensili di tem-perature minime, medie e massime e di preci-pitazioni è stata aggiornata, estesa nel passato,completata, corretta, ed omogeneizzata. Ildata-base ottenuto copriva il periodo 1865-1998 per le temperature e quello 1833-1998per le precipitazioni (Maugeri e Nanni, 1998;Buffoni et al., 1998; Brunetti et al., 2000A;2000B). Parallelamente alle attività delProgetto Speciale CNR “Ricostruzione delclima dell’area mediterranea nel passato” sonostate svolte altre attività di recupero di seriestoriche di dati meteorologici, sia da parte del

409

Realizzazione per l’Italia di una banca dati climatologica ultrasecolare di serie strumentali

T. Nanni1, M. Brunetti1, M. Maugeri2

1Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, CNR, Bologna, Italia2Istituto di Fisica Generale Applicata, Università di Milano, [email protected]

SOMMARIO: È descritta la realizzazione di una banca dati ultrasecolare di serie omogeneizzate di parame-tri meteorologici. Essa costituisce una base di informazioni essenziale per una attendibile ricostruzionedel clima italiano degli ultimi 200 anni.

Page 110: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

nostro che di altri gruppi di ricerca. Questeattività hanno consentito da una parte dimigliorare la disponibilità di dati e di metadatiper alcune delle più importanti serie italiane edall’altra di procedere ad un estensivo recupe-ro dei dati di alcune aree del territorio italiano.Nel loro complesso, le attività di recuperodelle serie storiche italiane condotte nel corsodella seconda metà degli anni ’90, avevanodeterminato un significativo miglioramentodella disponibilità di dati, consentendo la pro-duzione di un ampio insieme di analisi stati-stiche ed evidenziando alcuni risultati di note-vole interesse. Queste analisi avevano, tutta-via, anche dimostrato come lo studio dellevariazioni del clima italiano avesse nella qua-lità e nella disponibilità dei dati il suo princi-pale fattore limitante. In particolare, da unaparte il numero delle serie disponibili eraancora troppo basso, determinando una coper-tura molto incompleta del nostro Paese, dal-l’altra rimaneva ampiamente aperto il fonda-mentale problema dell’identificazione e dellacorrezione di eventuali disomogeneità neidati. Ciò era dovuto alla scarsissima disponi-bilità di informazioni relative alla storia delleosservazioni, prerequisito irrinunciabile perpoter procedere criticamente all’omogeneiz-zazione dei dati. La conseguenza era un’omo-geneizzazione piuttosto prudenziale, conmolti periodi sospetti per i quali, in assenza diinformazioni di carattere storico, si era prefe-rito sospendere il giudizio.Le preoccupazioni relative alla difficoltà di sot-toporre i dati italiani ad una rigorosa procedu-ra di omogeneizzazione si sono rese ancora piùevidenti poco dopo la conclusione del ProgettoSpeciale CNR “Ricostruzione del clima dell’a-rea mediterranea nel passato”, quando alcuneserie termometriche dell’Italia settentrionalesono state incluse nel progetto UE ALPCLIMcon l’obiettivo di assemblare una base di datiche coprisse un’ampia area europea centratasulle Alpi. Il confronto di queste serie con quel-le delle altre nazioni di quest’area ha mostratoalcune differenze sistematiche. In questo contesto, nell’anno 2000 abbiamoavviato un nuovo programma di ricerche

mirato prevalentemente a risolvere il proble-ma dell’omogeneizzazione dei dati. Questoprogramma è stato sviluppato inizialmentenell’ambito del Progetto Finalizzato delMinistero per le Politiche Agricole e Forestali“CLIMAGRI - Cambiamenti Climatici eAgricoltura (www.climagri.it); in seguitoun’estensione delle attività è stata condottanell’ambito del progetto UE ALP-IMP(http://www.zamg.ac.at/ALP-IMP/), nell’am-bito di due progetti del Ministero perl’Istruzione l’Università e la Ricerca (PRIN2001 “La variabilità del clima locale relazio-nata ai fenomeni di cambiamento climaticoglobale” e FIRB “Evoluzione nella frequenzadi eventi precipitativi estremi e di siccità inItalia negli ultimi 120 anni e relativo impattosui bioecosistemi") e nell’ambito della coope-razione Italia-USA su Scienza e Tecnologiadei cambiamenti climatici. Grazie alla disponibilità di risorse provenien-ti da questi progetti, e considerando che inItalia erano in stato di avanzamento altre atti-vità riguardanti sia singole stazioni che basi didati organizzate a livello di Regioni, l’obietti-vo iniziale che prevedeva solo l’omogeneiz-zazione dei dati esistenti è stato esteso fino adincludere la costruzione di un archivio di datie metadati completamente nuovo.Questo archivio è oggi una realtà (Brunetti etal., 2006). Esso contiene i dati di un centinaiodi stazioni, come meglio dettagliato nelleFigure 1-2. Le precipitazioni presentano lamigliore disponibilità di dati: le serie sono111 e 75 di esse, coprono almeno 120 anni. Leserie che superano i 160 anni sono 18, mentrequelle che coprono almeno 200 anni sono 6.C’è anche una disponibilità molto buona diserie storiche di temperatura minima e massi-ma mensile (48 serie), caso probabilmenteunico al mondo. Infine, ci sono 67 serie ditemperature medie. É bene notare che per unafrazione significativa delle serie, sono dispo-nibili anche dati giornalieri. Questa frazione èparticolarmente alta per le temperature mini-me e massime, per le quali il dataset giorna-liero è quasi coincidente con quello mensile.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

410

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2 ATTIVITÀ ANCORA IN CORSO

È importante osservare come, per quanto estre-mamente importante per documentare l’evolu-zione delle temperature e delle precipitazionisul territorio italiano, la banca dati presentata

abbia ancora molti limiti che la rendono spessodi difficile utilizzo nel contesto di ricerche voltea valutare il potenziale impatto delle variazionitermometriche e pluviometriche. Essi possonoessere riassunti nei seguenti punti principali:• Per molte serie è impossibile ottenere

aggiornamenti in tempo reale.• Il numero di dati disponibili non è ancora

sufficientemente elevato e ciò ci obbligaad esprimere i valori in anomalie (o in rap-porti) rispetto alle medie di un periodo diriferimento e non in valori assoluti.

A causa di questi limiti la banca dati non puòancora essere sfruttata nel pieno delle suepotenzialità, per esempio per studi di bilancioidrologico di bacino.È quindi in corso una attività di ricerca che sipropone sia di portare le informazioni attual-mente disponibili ad una risoluzione spazialemolto più elevata sia di esprimere le serie nonsolo in anomalie, ma anche in valori assoluti.In particolare, ricostruendo separatamente lavariabilità temporale (caratterizzata da unaalta coerenza spaziale) e i gradienti spaziali(piuttosto stabili nel tempo), ci proponiamo diottenere una dettagliata ricostruzione (almenodell’ordine dei 10 km in latitudine e longitudi-ne) dell’andamento temporale in valore asso-luto di precipitazioni e temperature. La parterelativa alla variabilità temporale è già dispo-nibile, mentre stiamo ancora lavorando sullaparte relativa ai gradienti spaziali. In particola-re, stiamo lavorando all’elaborazione di unalgoritmo che interpoli i valori climatici nor-mali su un modello di elevazione digitale inmodo “esperto”, tenendo in considerazione iprincipali fattori che influenzano la variabilitàspaziale di precipitazione e temperatura(quota, orientazione e ripidità del pendio, etc.).

3 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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Brunetti M., Buffoni L., Maugeri M., NanniT., 2000B. Trends of minimum and maxi-

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

411

Figura 1: Stazioni con serie secolari di temperaturemedie (a), minime e massime (b) e pluviometriche (c).

Page 112: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

mum daily temperatures in Italy from 1865to 1996. Theor. Appl. Climatol., 66: 49-60.

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

412

Figura 2: Distribuzione del numero delle serie storiche termometriche e pluviometriche disponibili in funzione dell’anno di inizio.

Page 113: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

1 I SISTEMI INFORMATIVI GEOGRAFICI DISTRIBUITISU WEB

Negli ultimi anni il progressivo affermarsi disoluzioni Open Source per la distribuzione e lagestione di dati tramite World Wide Web hafavorito la nascita di portali geografici basatisulle tecnologie dei GIS distribuiti permettendoil libero accesso a dati ed informazioni di tipogeografico ad un pubblico di utenti finali semprepiù ampio. Nell’Africa sub-sahariana le Infrastrutture deiDati Spaziali (SDI) sono ancora limitate e lasostenibilità delle applicazioni GIS che si basa-no su prodotti commerciali è strettamente dipen-dente dalla disponibilità di finanziamenti offertadai progetti di cooperazione internazionale. Inquesta situazione, la possibilità di interfacciarsied interagire via web con fonti remote di datispaziali tramite strumenti GIS di tipo OpenSource permette di sviluppare e gestire a costirelativamente contenuti applicazioni operativepersonalizzate per la produzione e la diffusioned’informazioni a differenti scale spazio-tempo-

rali. Grazie alla loro flessibilità d’impiego, talisistemi possono effettivamente divenire la pietraangolare su cui costruire una nuova cultura del-l’informazione non più condizionata dalladisponibilità di dati, ma piuttosto orientata aibisogni degli utilizzatori, ed in grado pertanto disupportare in maniera efficace e tempestiva iprocessi di presa di decisione. La diversificazio-ne delle fonti rappresenta, inoltre, un contributoessenziale alla obiettività del processo di identi-ficazione dei problemi, rilanciando in particola-re le ambizioni dei Paesi del Sud del mondo agiocare un ruolo primario ed autonomo nelladefinizione delle politiche regionali e nazionaliin materia di sicurezza alimentare e di gestionedelle risorse naturali.

1.1 Le Infrastrutture dei Dati Spaziali L’Infrastruttura di Dati Spaziali è definita comel’insieme di tecnologie, politiche ed accordi isti-tuzionali che facilitano la disponibilità e l’acces-so ai dati spaziali (Groot e McLaughlin, 2000).In molti paesi, in particolare in quelli in Via diSviluppo, queste infrastrutture non sono ancora

413

Sviluppo di tecnologie WebGIS Open Source peril monitoraggio dell’impatto dei cambiamenti climatici nell’Africa sub-sahariana

T. De Filippis, L. Rocchi, P. Vignaroli, B. Canessa, A. Di Vecchia, G. MaracchiIstituto di Biometeorologia, CNR, Firenze, [email protected]

SOMMARIO: La crescita della domanda di servizi geografici che prevedono la creazione di cartografia intempo reale e la generazione di mappe interagendo con fonti dati derivati da provider remoti richiede lacapacità di elaborare una grande mole di dati spaziali. Il Word Wide Web ha grandi potenzialità di interfac-ciarsi con i Sistemi Informativi Geografici e relativi servizi. Un esempio di tale applicazione è rappresen-tato dal geoportale del CNR-Ibimet sviluppato, nel rispetto degli standard e dei protocolli internazionali, perdiffondere i risultati di attività svolte in nove paesi dell’Africa sub-sahariana. Alcune soluzioni Open Sourcesono state adottate per quanto riguarda lo sviluppo dell’interfaccia web, la gestione del geodatabase, delcatalogo di metadati e lo sviluppo di web-services. Il libero accesso alle informazioni relative alla caratte-rizzazione del territorio di zone dove si riscontrano notevoli difficoltà nella reperibilità dei dati è di grandeaiuto per le analisi dell’impatto dei cambiamenti climatici in regioni strutturalmente molto fragili.

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disegnate in modo tale da assicurare un facileaccesso ai dati geografici; molto spesso i siste-mi sono sviluppati principalmente per risponde-re ai bisogni specifici di alcune organizzazioniregionali o internazionali. Nell’Africa sub-saha-riana siamo ancora molto lontani dalla costru-zione di SDI nazionali, sebbene vada segnalatoil considerevole sviluppo fatto registrare negliultimi anni dalla componente relativa allaTecnologia dell’Informazione e della Comuni-cazioni (ITC), con un tasso di crescita degliaccessi ad Internet dell’ordine del 15% al mese(Wilson e Wong, 2003).

1.2 Soluzioni e tecnologie Open Source La crescente diffusione dei programmi e deisistemi operativi Open Source rappresentaanch’essa un fenomeno in continua espansione.Con il termine Open Source s’intende un pro-gramma (software) il cui codice sorgente èdisponibile ad una comunità di sviluppatori checontribuiscono, spesso gratuitamente, al suomiglioramento fino a fargli raggiungere gradi dicomplessità e di affidabilità comparabili, se nonsuperiori ai corrispondenti prodotti industriali. Ilvantaggio dell’uso di soluzioni OS è rappresen-tato quasi sempre da un abbattimento dei costid’acquisto del software, (spesso questi sonodistribuiti gratuitamente) ma dall’altro versorichiede una notevole componente di risorseumane specializzate (programmatori ed infor-matici) per lo sviluppo delle funzioni e per laconfigurazione del sistema sul server.

2 UN’APPLICAZIONE OPERATIVA DI WEBGIS PER IPAESI DEL SAHEL

Il presente lavoro è stato realizzato con il sup-porto scientifico dell’Istituto di Biometeorologiadel CNR nel quadro del progetto di cooperazio-ne internazionale “Monitoraggio dellaVulnerabilità nel Sahel” (SVS), finanziatodall’Italia e gestito dalla OrganizzazioneMeteorologica Mondiale delle Nazioni Unite. Il sito web del progetto SVS (http://www.ibi-met.cnr.it/Case/SVS/) è stato realizzato in formadi geoportale (Maguire e Longley, 2005) confunzionalità di GIS distribuito e rappresenta

attualmente un punto di accesso alla base datigeografica relativa a nove paesi dell’Africa sub-sahariana. Questa attività è fortemente orientataad un approccio di interoperabilità dei dati, alfine di favorire la libera condivisione e circola-zione degli strati informativi geografici in for-mato digitale. I principali beneficiari di tali pro-dotti sono in primo luogo i partners del proget-to come il Comitato Inter-regionale per il con-trollo della Siccità nel Sahel (CILSS), tramite ilproprio centro Tecnico Regionale AGRHYMETdi Niamey (Niger) nonché le IstituzioniNazionali dei paesi membri (Burkina Faso,Ciad, Capo Verde, Gambia, Guinea Bissau,Mauritania, Mali, Niger e Senegal) operanti nelsettore della sicurezza alimentare e nella gestio-ne delle risorse naturali. Altri potenziali utentisono inoltre le agenzie internazionali e regiona-li, le Organizzazioni non Governative ed i ricer-catori interessati alle problematiche ambientali esocio-economiche di questa regione che cosìpossono usufruire delle informazioni disponibi-li su internet.Grazie ai servizi implementati l’utente puòvisualizzare ed analizzare tramite i più diffusiweb browser una rilevante mole di dati: parame-tri agro-meteorologici, indicatori derivati daimmagini da satellite o dati di base (statistichedelle serie storiche e dati topografici). Tali infor-mazioni rappresentano un importante quadro diriferimento strutturale per valutare spazialmen-te, tramite integrazione di ulteriori strati infor-mativi relativi ad analisi climatologiche emeteorologiche, l’impatto determinato dai cam-biamenti ambientali e/o dagli eventi estremisulla sussistenza delle popolazioni di questipaesi il cui fabbisogno alimentare viene soddi-sfatto principalmente dalle produzioni del setto-re primario.

2.1 Architettura del geoportale L’architettura del geoportale è stata disegnataseguendo le specifiche del Open GeospatialConsortium (http://www.ogc.org) ed utilizzandosoluzioni Open Source. Le componenti princi-pali di un geoportale (Tabella 1) sono rappresen-tate dal portale web, i web services e dal sistemadi gestione dei dati (Tait, 2005).

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

414

Page 115: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

2.2 Il portale web La pagina di acceso del portale tematico è statasviluppata con linguaggio php e permette diconfigurare l’applicazione WebGIS attraversoun file di configurazione; mediante quest’ulti-mo, l’applicativo è in grado di riconoscere glistrati informativi da caricare e le specifiche perla loro visualizzazione (estensione geografica,legenda, scala, etc.). Sempre attraverso la pagi-na iniziale è possibile indicare all’applicazioneweb quali funzioni abilitare per gestire meglio lavisualizzazione dei dati geografici.

2.3 I web services per la condivisione dei dati suInternet. I dati geografici, raccolti ed elaborati nel corsodelle attività di cooperazione tecnica e di ricercanella regione sub-sahariana, sono visibili attraver-so un’interfaccia WebGIS. Il software utilizzatoper lo sviluppo è “Univ. of Minnesota (UMN)Mapserver” (http://mapserver.gis.umn.edu/) conl’interfaccia grafica “Ka-Map” (http://ka-

map.maptools.org) personalizzata tramite i lin-guaggi php, con uso della libreria mapscript, eAJax script. L’obiettivo principale di questa atti-vità di sviluppo è stato quello di consentire l’ac-cesso all’informazione geografica attraverso iweb services, in particolare di tipo web map ser-vice, in modo da consentire all’utente finale divisualizzare ed analizzare i dati con un qualsiasiprogramma desktop di GIS, commerciale oOpen Source, connesso ad Internet. I web servi-ces sviluppati rispondono alle tre operazioni insupporto all’esplorazione dei contenuti e visua-lizzazione della cartografia (GetMap,GetFeatureInfo e GetCapabilities) secondo glistandard definiti dall’OGC per quanto riguardale specifiche tecniche ed i metadati. La maggiorparte dei dati meteorologici disponibili nel geo-portale sono relativi alla stagione agricola plu-viale della regione ed essendo divisi per decadii web services includono inoltre una ‘variabile’temporale.

2.4 Database relazionale multi-utentePer lo sviluppo del sistema di gestione del database relazionale (RDBMS) sono stati utilizzati iprogrammi Open Source PostgeSQL 8.2(http://www.postgreSQL.com.) con l’estensioneper i dati spaziali PostGIS (http://postgis.refrac-tions.net/).I web services accedono ai dati attraversoquesto geodatabase. Anche l’utente ha la pos-sibilità di accedere ai dati direttamente con unclient PostgreSQL sia GIS che testuale per lavisualizzazione dei dati o per effettuarerichieste su dati.

2.5 Sviluppo di un catalogo di metadati Tutti i dati spaziali sono documentati attraver-so i files di metadati secondo lo standard ISO19115 e gestiti ed organizzati nel catalogoOpen Source GeoNetwork (http://geonet-work-opensource.org/) al fine di ottimizzaretutte le funzioni di ricerca sia sui metadatistessi che sui dati. La documentazione dei datigarantisce cosi un corretto uso dell’informa-zione ed una rintracciabilità del dato stesso.

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

415

Compo-nenti Elementi Ambiente Funzioni

PortaleWEB

SitoWEB

HTMLHTPPXSLXMLJSPASP

RicercaVisualizzazionecartograficaPubblicazioneAmministrazione

Controlliweb

JAVABeansNet

Richieste (query)Ricerca in baseai toponimi,Creazione mappeEdizione,Geocodifica

WEBServices

web services geografici

XMLSOAPWSDLWMSWFSGML

Richieste Renderdelle mappe edelle entità spa-ziali Transazioni,Geocodifica.

DataManage-ment

RDBMSDati geograficie tabulari

SQL

Gestione dati- raster- vettoriali- tabulari

Tabella 1: Architettura di un geoportale (Tait, 2005)

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3 RISULTATI

Il principale risultato di questa attività è lamigrazione dei dati geografici da applicazionilocali sviluppate nel corso delle attività del pro-getto ad un geoportale con funzionalità GISdistribuite. Al momento sono disponibili più 300 cartetematiche in formato digitale su nove paesi delSahel (Burkina Faso, Capo Verde, Ciad,Gambia, Guinea Bissau, Mauritania, Mali,Niger e Senegal) relative alla caratterizzazionedel territorio dal punto di vista strutturale e neidomini della demografia, agricoltura, zootecnia,climatologia e meteorologia, a scala nazionale oregionale. Inoltre ogni anno, alla fine della sta-gione pluviale, sono aggiornati circa 20 temati-smi prodotti da un modello agro-meteorologicosulle tre principali colture della regione (miglio,sorgo ed arachide). Grazie ai web services l’utente finale, anche secon livelli diversi di competenze tecniche, è ingrado di visualizzare, analizzare ed aggiornare iparametri, gli indicatori e i dati di base necessa-ri alle analisi dell’impatto dei cambiamenti cli-matici sul territorio. L’utente non ha più biso-gno di scaricare i dati ma può intergire con glistessi: - con il proprio software GIS da desktop;- con un generico web browser;- con un client testuale da linea di comando

PostgreSQL (per generiche interrogazioniSQL).

L’accesso e la ricerca di informazioni è così sup-portata da: - un catalogo di dati e di metadati su nove paesi

del Sahel; - funzioni di “ricerca” sui contenuti dei dati e

sui metadati.Nel contesto delle Infrastrutture dei DatiSpaziali un tale geoportale:- rispetta i principi di una architettura che favo-

risce l’interoperabilità e la condivisione tra-sparente dei dati geografici;

- la visualizzazione e condivisione della carto-grafia: WMS (Web Map Service).

4 FUTURI ORIENTAMENTI DEL WEBGIS IN AFRICASUB-SAHARIANA

Le attività di ricerca sulle Infrastrutture dei DatiSpaziali per Africa sub-sahariana sono orientatesempre di più alla migrazione delle funzionalitàGIS da sistemi locali a sistemi distribuiti su servered ad incrementare i servizi web in supporto alleanalisi sulla sicurezza alimentare delle popolazio-ni locali ed al monitoraggio ambientale. Il trasfe-rimento delle conoscenze scientifiche e delleapplicazioni web ai centri di eccellenza dellaregione come pure ai Servizi Tecnici Nazionali diquesti paesi sono una delle priorità delle azionidella cooperazione tecnica e scientifica. Potenziare le funzioni di elaborazione dei datigeografici, i modelli agro-meteorologici svilup-pati lato server, l’accesso alle banche dati geo-grafiche, alle previsione meteorologiche attra-verso applicazioni di GIS distribuito sono le atti-vità previste nel prossimo futuro. Inoltre è auspi-cabile una più ampia fruibilità delle informazio-ni contenute nel geoportale web, attualmentesolo in lingua francese, ad un largo pubblico diutenti mediante la traduzione multi-lingua.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

416

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1 PROBLEMA SCIENTIFICO ED INQUADRAMENTOINTERNAZIONALE

È universalmente riconosciuto che molti deiprocessi funzionali degli ecosistemi, oggettodi studio dell’ecologia e delle scienze ambien-tali, avvengono a scale spaziali e temporaliche necessitano di approcci di ricerca integra-ti e prolungati nel tempo. Infatti, se da unaparte sono proprio le dinamiche naturali deiprocessi ecologici ad esplicarsi su lunghescale temporali, dall’altra la necessità di com-prendere l’impatto delle mutevoli e semprepiù invasive attività umane sugli ecosistemiha bisogno di continuità nelle attività di ricer-ca e monitoraggio.In relazione a queste necessità, nel 1980 è ini-ziato negli Stati Uniti, su proposta dellaNational Science Foundation (NSF), un pro-gramma per promuovere la ricerca ecologicadi lungo termine (LTER: Long TermEcological Research), i cui scopi si possonocosì riassumere:

- comprendere fenomeni ecologici generaliche avvengono su ampie scale spaziali etemporali;

- creare una rete organizzata e documentatadi esperimenti e osservazioni di lungo ter-mine per l’uso da parte delle generazionifuture;

- promuovere studi di sintesi;- fornire informazioni utili per l’identifica-

zione e la soluzione di problemi socioam-bientali.

Nel 1993 la rete americana LTER ha propostola creazione di una rete internazionale(ILTER) di siti di ricerca e di scienziati finaliz-zata a migliorare la comprensione degli ecosi-stemi globali ed a fornire supporto per la solu-zione di problemi ambientali attuali e futuri.Oltre agli scopi sopra ricordati, ILTER si pro-pone di:- favorire e promuovere la collaborazione ed

il coordinamento tra i ricercatori in ecologiae le reti di ricerca a scala locale, regionale eglobale;

417

Ricerche ecologiche di lungo termine (LTER) ecambiamenti climatici: il ruolo del CNR

G. Matteucci1, F. Bianchi

2, R. Bertoni

4, A. Pugnetti

2, M. Ravaioli

3

1Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo, CNR, Rende (CS), Italia2Istituto di Scienze Marine, CNR, Venezia, Italia3Istituto di Scienze Marine, CNR, Bologna, Italia4Istituto per lo Studio degli Ecosistemi, CNR, Verbania, [email protected]

SOMMARIO: È comunemente accettato che molti dei processi funzionali degli ecosistemi, oggetto di studiodell’ecologia e delle scienze ambientali, avvengono a scale spaziali e temporali che necessitano di approc-ci di studio integrati e prolungati nel tempo. Risulta quindi fondamentale promuovere tutti gli sforzi diricerca che portino ad un aumento delle conoscenze nel lungo termine. Questo contributo presenta la reteitaliana di ricerche ecologiche di lungo termine (LTER-Italia) che, dopo una gestazione quasi decennale,ha visto la luce nel 2006. Verranno descritti finalità ed obiettivi della Rete, anche in relazione all’iniziati-va internazionale ILTER, e la sua strutturazione in siti di ricerca, evidenziando, in maniera particolare, ilruolo degli istituti del CNR , sia per quanto riguarda la fase di promozione e costituzione della rete, cheper la gestione e la realizzazione diretta di siti e ricerche ecologiche.

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- migliorare la comparabilità dei dati ecologi-ci di lungo termine raccolti nel mondo e faci-litarne l’interscambio e la conservazione;

- incrementare lo scambio di informazioniscientifiche tra scienziati, decisori politici epubblica opinione per sviluppare opzioniottimali di gestione degli ecosistemi;

- favorire la formazione della generazionefutura di ricercatori di lungo termine.

Dal 1993, i programmi nazionali e globali diricerca ecologica sono cresciuti rapidamente,riconoscendo il ruolo della ricerca di lungo ter-mine per studiare e risolvere problemi ambien-tali complessi. Attualmente, le reti nazionaliche fanno parte di ILTER sono trentadue. Conla creazione della Rete Italiana di RicercheEcologiche a Lungo Termine (LTER-Italia,http://www2.corpoforestale.it/web/guest/servi-ziattivita/controlloecosistemiforestali/iniziati-venazionali/lter-ital), nell’anno 2006 il nostroPaese è entrato a far parte di ILTER, dopo unprocesso durato quasi 10 anni. Singoli ricerca-tori ed Istituti del CNR hanno contribuito fat-tivamente alla creazione di LTER-Italia, parte-cipando a tale processo sin dall’inizio.

2 LA RETE LTER IN ITALIA: STORIA, SITI EDATTIVITÀ

2.1 La Storia della Rete LTER in ItaliaL’idea di costituire una rete di siti di ricercheecologiche a lungo termine in Italia, sullabase di quanto proposto dal ILTER, risale alVII Congresso della Società Italiana diEcologia (SitE, Napoli, 1996). Un primoincontro di un nucleo del gruppo promotore sirealizza nel corso del 7° congressodell’INTECOL di Firenze (1998). Nel 2000,l’addetto scientifico dell’Ambasciata Italiananegli USA, prof.ssa Nadia Pinardi, viene con-tattata da ILTER che manifesta l’interesse perl’istituzione di una rete LTER in Italia. Si creaquindi un gruppo promotore formato da ricer-catori del CNR e dell’Università, da coordina-tori di iniziative di monitoraggio ecologico(Corpo Forestale dello Stato) e da rappresen-tanti della SItE. Vengono raccolte le adesionidi singoli ricercatori, unità di ricerca, diretto-

ri di Enti ed Istituti ed il patrocinio di altreSocietà Scientifiche (SBI, SISEF, AIOL,SIBM). Nel 2001 una sessione dell’XICongresso della SItE (Sabaudia, 2001) vienededicata alle ricerche ecologiche di lungo ter-mine in Italia. Nel 2002 viene formalizzata laproposta di costituzione della Rete LTERcome Gruppo di Coordinamento del CNR (exart. 15 dello Statuto) ma l'iniziativa si arenadurante il processo di “riorganizzazione”dell’Ente.Nel 2004, l’approvazione della Rete diEccellenza “ALTER-Net” (A Long-TermBiodiversity, Ecosystem and AwarenessResearch Network), coordinata dal Center forEcology and Hydrology (CEH, Regno Unito),il cui partner italiano è il Corpo Forestaledello Stato (Servizio CONECOFOR), capofi-la di diversi enti, offre la cornice istituzionaleadeguata per rilanciare l'iniziativa di una reteLTER italiana. Nel novembre dello stessoanno si tiene un workshop organizzato dalCorpo Forestale dello Stato, con il supportodella SItE e di alcuni Istituti del CNR, che harappresentato sia il punto di arrivo della fasepreparatoria sia quello di partenza per la rea-lizzazione della Rete. Nel 2005, a fronte di unprotocollo di intesa tra CFS, istituti CNR(IBAF, ISE e ISMAR) ed il Laboratorio diBiologia Marina di Aurisina (TS), nasce ilComitato Promotore della costituenda ReteLTER che gestisce, attraverso un panel divalutatori internazionali, la procedura di sele-zione dei siti. I criteri accettati e condivisi perl'inclusione di un sito di ricerca ecologicanella rete sono i seguenti: i) esistenza di ricer-ca ecologica strutturata e con risultati elabora-ti e pubblicati (good science); ii) disponibilitàdi serie continue di dati (almeno 10 anni) edattività in corso; iii) ragionevole sicurezza didisponibilità di adeguate risorse finanziarie(per almeno 3-5 anni); iv) capacità di buonadivulgazione dei risultati anche al pubbliconon specializzato; v) attivazione recente delsito ma con prospettive di ricerca a lungo ter-mine e con attività di ricerca su temi strategi-ci (cambiamenti climatici, sequestro del car-bonio, biodiversità, ecc.).

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Page 119: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

Nel marzo del 2006 si tiene la primaAssemblea della Rete LTER-Italia nel corsodella quale vengono presentati i siti seleziona-ti ed avviene l’elezione dei componenti delComitato Esecutivo e del Consiglio TecnicoScientifico. La struttura definitiva della Retesarà consolidata con un’Assemblea previstaper il prossimo ottobre 2007.Oltre agli obiettivi generali stabiliti dalla reteinternazionale ILTER, la rete italiana si pro-pone di studiare e definire, in campo ecologi-co, i seguenti argomenti:- la variabilità di base e le tendenze evolutive,

l’analisi e la sintesi dei processi ecologici;- uno sviluppo sostenibile e il relativo impat-

to antropico;- la raccolta di dati di supporto all’elabora-

zione di strategie di gestione sostenibile;- l’integrazione della ricerca ecologica terre-

stre, acquatica e marina;- i rapporti con altre reti analoghe

dell’Unione Europea ed internazionali.

2.2 I siti della Rete LTER-Italia e ruolo del CNRIn seguito alla procedura di selezione, tra i 23siti presentati ne sono stati individuati 10 cheformano il primo nucleo della Rete italiana diRicerche Ecologiche a Lungo Termine.I siti selezionati sono elencati in tabella 1.

I siti selezionati rappresentano i principali tipidi ecosistema presenti sul territorio italiano etendono a favorire la collaborazione tra sta-zioni di ricerca sulla stessa tipologia di ecosi-stema (stazioni aggregate in siti) ed a promuo-vere il confronto e l’integrazione della ricercaecologica in ecosistemi terrestri, acquatici emarini. In tutta la rete, ma in particolare neisiti di ricerca costituiti da più “stazioni”, risul-ta sicuramente favorita l’integrazione tragruppi di ricerca e l’applicazione di metodicomuni che sono tra gli obiettivi principalidelle reti LTER. Ad esempio, 10 delle 11 sta-zioni di ricerca in siti forestali fanno partedella Rete di monitoraggio CONECOFORgestita dal Corpo Forestale dello Stato nellaquale vengono applicate metodologie comuni.Nella rete CONECOFOR, l’Istituto per loStudio degli Ecosistemi è responsabile delleanalisi delle deposizioni atmosferiche umide,mentre l’Istituto di Biologia Agroambientalee Forestale delle analisi dei nutrienti fogliari edegli aspetti di chimica del suolo.Alcuni dei siti sono coordinati direttamenteda Istituti CNR con un forte ruolo anche perquel che riguarda la realizzazione delle ricer-che. In particolare, il sito ForesteAppenniniche è coordinato dall’Istituto diBiologia Agroambientale e Forestale cheporta avanti ricerche sul ciclo del carbonio ela produttività degli ecosistemi forestali; ilsito Laghi Sudalpini è coordinato dall’Istitutoper lo Studio degli Ecosistemi con ricerche dilungo termine sugli aspetti chimici, fisici ebiologici della limnologia nonché sulle rela-zioni tra lago e bacino inbrifero; il sito AltoAdriatico è coordinato dall’Istituto di ScienzeMarine che, in collaborazione con altriIstituti, porta avanti ricerche sui cicli biogeo-chimici in ambiente marino e sulle relazionitra climatologia e comunità planctoniche.Un’altra caratteristica peculiare della rete ita-liana è quello di avere due siti “extraterritoria-li”, localizzati in Antartide e in Himalaya. Intutti e due questi siti, il ruolo del CNR risultapreminente con le attività dell’Istituto per loStudio degli Ecosistemi in Himalaya edell’Istituto di Scienze Marine in Antartide.

Sito di ricerca Stazioninel sito

Foreste Alpine* 4Foreste Appenniniche* 3Foreste Mediterranee* 4Laghi Sudalpini* 4Ecosistemi lacustri della Sardegna 3Alto Adriatico* 5Golfo di Napoli 1Ecosistemi marini della Sardegna 5Stazioni di ricerca in Antartide* 2Laghi Himalaiani di alta quota* 1

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

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Tabella 1: Elenco dei siti facenti parte della ReteLTER-Italia. * siti nei quali istituti del CNR colla-borano alle ricerche.

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3 RICERCA DI LUNGO TERMINE, CAMBIAMENTICLIMATICI E PROSPETTIVE FUTURE

La ricerca di lungo termine, effettuata in sitistabili e con metodi confrontabili, ha già con-sentito di arrivare ad interessanti risultati sulledinamiche ecologiche degli ecosistemi. È pro-prio con ricerche di questo tipo che sarà pos-sibile valutare, nel tempo, l’impatto dei cam-biamenti climatici già in atto. Ad esempio, lapresenza di una rete di misura dello scambiodi carbonio tra ecosistemi terrestri ed atmo-sfera coniugata ad approcci integrati (telerile-vamento, modellizzazione, inventari) ha resopossibile valutare l’effetto che l’estate anoma-la del 2003 ha avuto sulla produzione prima-ria (Ciais et al., 2005). Il proseguimento diricerche di questo tipo, effettuate su ecosiste-mi diversi consentirà di monitorare la rispostadegli ecosistemi al clima che cambia e dicapire i possibili meccanismi possibili diadattamento.È quindi importante che istituzioni di ricercacome il CNR portino avanti e sostengano,anche con finanziamenti strutturali, la rete edi siti di ricerca ecologica a lungo termine.

4 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Ciais P., Reichstein M., Viovy N., Granier A.,Ogée J., Allard V., Aubinet M., BuchmannN., Bernhofer C., Carrara A., ChevallierF., Noblet N.D., Friend A.D.,Friedlingstein P., Grünwald T., HeineschB., Keronen P., Knohl A., Krinner G.,Loustau D., Manca G., Matteucci G.,Miglietta F., Ourcival J.M., Papale D.,Pilegaard K., Rambal S., Seufert G.,Soussana J.F., Sanz M.J., Schulze E.D.,Vesala T., Valentini R., 2005. Europe-widereduction in primary productivity causedby the heat and drought in 2003. Nature,437: 529-533.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

420

Page 121: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

1 INTRODUZIONE

La CO2 è il più importante gas-serra nell’at-mosfera. Informazioni sulle variazioni delcontenuto di CO2 atmosferica sono state otte-nute mediante ricostruzioni paleoclimatichebasate su carote di ghiaccio. Il confronto diqueste serie temporali ha messo in luce che ivalori di concentrazione di CO2 odierni nonsono mai stati raggiunti nel passato (ultimi420 mila anni). In particolare durantel’Olocene, ultimi 10 mila anni, la concentra-zione di CO2 atmosferica è rimasta quasicostantemente attorno a 280 ppmv, in unasituazione di equilibrio dinamico determinatoda grandi scambi tra atmosfera-biosfera (foto-sintesi e respirazione) e atmosfera-oceano(scambi fisici di CO2 all’interfaccia) essendoil ciclo del carbonio globale accoppiato alsistema climatico a scala temporale stagiona-le, interannuale e decadale. Dalla fine delXVIII secolo però la CO2 è aumentata del35%, principalmente a causa delle emissionidi combustibili fossili e, in misura minore,della deforestazione.

A dispetto del massiccio input di CO2 antro-pogenica, la sua velocità di crescita in atmo-sfera è considerevolmente più bassa di quellaattesa (~55% della produzione antropogeni-ca). La rimanente CO2 di origine fossile vienerimossa dall’atmosfera da parte dell’oceano edella biosfera terrestre. Le proiezioni deimodelli suggeriscono che l’uptake oceanicocontinuerà a giocare un ruolo significativo nelmitigare l’eccesso di CO2 in atmosfera anchenel futuro prossimo. Ma tale effetto positivo èdestinato ad esaurirsi alla scala dei tempi diricambio delle acque profonde oceaniche.Le previsioni dei futuri livelli di CO2 e delle sueconseguenze sul clima globale saranno suffi-cientemente attendibili solo se basate su unaaccurata comprensione del comportamento deisink naturali all’aumento delle concentrazionidella CO2 atmosferica. È perciò fondamentaleuna conoscenza, la più dettagliata possibile,della distribuzione globale della CO2. Per questomotivo sono state misurate in continuo le con-centrazioni di CO2 atmosferica e di altri costi-tuenti minori laddove queste misure erano rare osparse, come le aree remote oceaniche e polari.

421

Velocità di crescita della CO2 atmosferica lungorotte emisferiche dall’Italia all’Antartide

L. Langone1, F. Giglio1, C. Ori1, R. Lenaz1, A. Longinelli2, E. Selmo2

1Istituto di Scienze Marine, CNR, Bologna, Italia 2Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Parma, [email protected]

SOMMARIO: Le misure di concentrazione superficiale di gas minoritari in aree oceaniche e polari sono col-legate a problematiche di trasporto su grandi distanze e la loro interpretazione è utile alla valutazione dellavariazione dei bilanci radiativi, delle tendenze climatiche e alla determinazione degli effetti di contamina-zione ambientale in aree remote. Negli ultimi 12 anni sono stati effettuate con cadenza biennale misuredirette in continuo della concentrazione di CO2 atmosferica lungo rotte emisferiche dall’Italiaall’Antartide. I risultati finora ottenuti mostrano i maggiori valori di concentrazione di CO2 atmosfericaalle medie latitudini dell’emisfero settentrionale, nelle aree soggette a maggior inquinamento. Le concen-trazioni però aumentano anno dopo anno anche nelle zone scarsamente popolate dell’emisfero australe. Levelocità di crescita interannuale mostrano ampie variazioni sia spaziali che temporali, variando da 0,2 a5,7 ppmv a-1. Tale trend è stato registrato anche nella regione antartica. In queste aree le oscillazioni sonoperò più contenute e le velocità di crescita rimangono costantemente attorno a 1,7 ppmv a-1.

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2 MATERIALI E METODI

L’elaborazione di dati da satelliti permettonodi fornire una copertura completa della con-centrazione di CO2, sia in termini spaziali chetemporali, ma necessitano di una taratura dastazioni che misurano direttamente la concen-trazione di CO2 atmosferica. La distribuzionedi queste stazioni è chiaramente condizionatadalla distribuzione delle terre emerse. Nerisulta che ampie zone dell’oceano, che rico-pre più dei due terzi della superficie terrestre,rimangono scoperte o carenti di informazione.Per questo motivo è stato approntato all’inter-no di un container un apposito laboratoriomobile, unico in Italia, per la misura di CO2atmosferica in continuo, che utilizza un ana-lizzatore all’infrarosso Siemens Ultramat 5Eallo scopo di effettuare misure dirette a bordodi navi oceanografiche o di opportunità (Oriet al., 1996; Lenaz et al., 2000). Nell’ambito del Programma Nazionale diRicerche in Antartide, negli ultimi 12 anni sonostate utilizzate le navi italiane (Italica, Explora)in trasferimento dall’Italia all’Antartide pereffettuare misure dirette di CO2 atmosferica concadenza biennale lungo rotte emisferiche inaree oceaniche e polari normalmente trascuratedai monitoraggi di routine. Nel corso di 6 spedizioni (1994, 1996, 1998,2001, 2003, 2005) per raggiungere l’Antartide

sono state percorse due rotte differenti, laprima attraverso l’Oceano Atlantico, le altreattraverso l’Oceano Indiano (Fig. 1). In ognispedizione, la concentrazione di CO2 atmo-sferica è stata misurata in continuo percorren-do più di 20.000 km e arrivando fino al conti-nente Antartico, alla Stazione Italiana “MarioZucchelli”, nel mare di Ross.

3 RISULTATI E DISCUSSIONE

I principali risultati della ricerca sono statipresentati in diversi congressi internazionali epubblicazioni scientifiche (Lenaz et al., 2000;Longinelli et al., 2001, 2005, 2007).In Figura 2 sono mostrati in forma grafica gliandamenti meridionali dei valori ottenutimisurando le concentrazioni di CO2 atmosfe-rica dall’Italia all’Antartide nel corso delle 6spedizioni tra l’Italia e l’Antartide. La lineariferita alla campagna del 2003 è incompleta acausa di problemi strumentali. Le massime concentrazioni e le maggiori flut-tuazioni sono state sempre registrate nelle areepiù inquinate delle medie latitudini dell’emisfe-ro settentrionale. Ma il dato più significativo èil continuo aumento, anno dopo anno, delleconcentrazioni di CO2 a livello globale. Taletrend è evidente anche nelle zone scarsamentepopolate dell’emisfero australe e nell’OceanoMeridionale. I nostri dati sono in buon accordo

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Figura 1: Rotte seguite dallenavi Italica ed Explora duran-te i trasferimenti dall’Italiaall’Antartide lungo le qualisono state misurate in conti-nuo le concentrazioni di CO2atmosferica.

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con i dati di CO2 medi mensili di archivio delWDCGG, World Data Centre for GreenhouseGases (http://gaw.kishou.go.jp/wdcgg.html), iquali includono stazioni in situ come quelle delnetwork NOAA/CMDL e stazioni mobili sunavi ed aerei. Le misure dirette di gas-serra finora ottenute,hanno permesso di stimare l’incremento inte-rannuale di concentrazione di CO2 superficia-le alle diverse latitudini. La maggiore veloci-tà di crescita (5,7 ppmv a-1) è stata riscontratatra il 1996 e il 1998 alle latitudini compresetra 45°N e 20°N, mentre le fasce più meridio-nali hanno mostrato una velocità di crescitaquasi costante, pari a circa 1,7 ppmv a-1. Tra il1998-99 e il 2001-02, la velocità di crescita èstata considerevolmente più bassa (ca. 0,2ppmv a-1). Questi andamenti discontinui sug-geriscono un marcato effetto degli eventi diEl-Niño, come quelli del 1997-98, nel modu-lare la velocità di crescita della CO2 atmosfe-rica nell’emisfero settentrionale.Anche in questo caso i nostri risultati sono inlinea con i dati del WDCGG: le velocità di cre-scita sono aumentate in misura maggiore sututto il globo nel 1997-1998. Mentre le veloci-tà di crescita sono successivamente diminuite.

4 CONCLUSIONI

Negli ultimi 12 anni sono state misurate a fre-quenza biennale le concentrazioni CO2 atmo-sferica lungo rotte emisferiche dall’Italiaall’Antartide. La serie temporale di misure

mostra un trend di crescita sistematica delleconcentrazioni sebbene con ampie fluttuazio-ni sia spaziali che temporali. Mentre il trendgenerale è chiaramente imputabile agli inputantropogenici di CO2 fossile (valori massiminelle aree più popolate ed inquinate, ma valo-ri in crescita anche nelle aree più remotedell’Oceano Meridionale), le fluttuazioniinterannuali delle velocità di crescita dellaCO2 sono probabilmente modulate da eventidi El-Niño.I risultati finora acquisiti sono molto significa-tivi ed in futuro ci ripromettiamo di prosegui-re la serie temporale delle misure, estendendole osservazione a nuove metodiche, come la“CO2 fugacity” e la quantità totale di CO2 eHCl colonnari allo scopo di approfondire ifenomeni di scambio (assorbimento/emissio-ne) della CO2 tra oceano ed atmosfera.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Lenaz R., Giovanelli G., Ori C., Colombo T.,Masarie K., Ciattaglia L., Ravegnani F.,Bonasoni P., 2000. Shipboard report onatmospheric CO2 concentrations recorded oncontinuous from Mediterranean Sea toAntarctica. Il Nuovo Cimento, 23C: 507-514.

Longinelli A., Giglio F., Langone L., LenazR., Ori C., Selmo E., 2007. AtmosphericCO2 concentrations and δ13C valuesacross the Antarctic Circumpolar Currentbetween New Zealand and Antarctica,Tellus, 59B: 130–137.

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

423

Figura 2: Concentrazioni (ppmv) di CO2atmosferica misurate nel corso delle 6campagne oceanografiche lungo la rottatra l’Italia e l’Antartide.

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Longinelli A., Colombo T., Giovanelli G.,Lenaz R., Ori C., Selmo E., 2001.Atmospheric CO2 concentrations and δ13Cmeasurements along a hemispheric course(1998/99, Italy to Antarctica). EarthPlanet. Sci. Letters, 191: 167-172.

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

424

Page 125: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

Esiste un importante dibattito scientifico alivello internazionale su come e quanto i cam-biamenti climatici globali stiano influenzandola dinamica degli scambi di energia, e disostanze quali vapore acqueo e gas serra tra lasuperficie terrestre e l’atmosfera. Tali scambipossono a loro volta influenzare direttamenteo indirettamente i cambiamenti del clima,innescando un meccanismo di feedback sullacui conoscenza si potrà basare una migliorecomprensione del ruolo della biosfera nelregolare ed influenzare l’impatto dei cambia-menti globali. La composizione dell’atmosfe-ra sta cambiando, registrando un aumentodella concentrazione di CO2 di circa il 30 %dall’era pre-industriale, dovuto alla immissio-ne in atmosfera di CO2 proveniente dall’utiliz-zo di combustibili fossili. D’altra parte, lacomposizione dell’atmosfera ed in particolareil suo contenuto in CO2 dipende anche forte-mente dai flussi biogenici delle superfici vege-tate e degli oceani, regolati attraverso i proces-si di fotosintesi e respirazione. È stato calcola-to che lo scambio di carbonio tra la biosfera

terrestre e l’atmosfera è nell’ordine delle 120Gt (miliardi di tonnellate) annue (Schimel etal., 1995), con un sequestro di CO2 dall’atmo-sfera stimato nell’ordine di 2,3 Gt annue(Bousquet et al., 1999). Tale valore rappresen-ta ad oggi dal 15 al 30 % delle emissioni annuederivanti da combustibili fossili, e gioca per-tanto un ruolo fondamentale nella regolazionedei meccanismi che sono alla base dell’effettoserra e della sua evoluzione futura.Ad oggi, esiste un divario tra la conoscenzadei meccanismi di scambio di CO2 a livellolocale, regionale e continentale. Studi basatisull’utilizzo di stazioni di misura locali in cuivengono impiegate avanzate tecniche micro-meteorologiche quali l’eddy covariance per lamisura diretta dei flussi hanno permesso dicaratterizzare con precisione le dinamichegiornaliere, intra ed inter-annuali su un sem-pre più vasto spettro di ecosistemi e condizio-ni ambientali (Falge et al., 2002). A più vastascala, tecniche di modellistica inversa capacidi stimare il flusso globale di CO2 a partire damisure di concentrazione in atmosfera hannoportato ad utili indicazioni sulla quantifica-zione degli scambi a scala globale o quanto-

425

Nuove tecnologie per la misura di emissioni eassorbimenti di gas serra a scala regionale

B. Gioli, A. Matese, F. Miglietta, P. Toscano, A. Zaldei, G. MaracchiIstituto di Biometeorologia, CNR, Firenze, [email protected]

SOMMARIO: La misura degli scambi di CO2 fra ecosistemi terrestri ed atmosfera ha un’importanza crucia-le per la conoscenza dei meccanismi che sono alla base dell’assorbimento e del rilascio di carbonio daparte della biosfera. Fino ad oggi la ricerca ha potuto disporre di strumenti efficaci per la misura delloscambio a livello di organo o pianta, quali celle e camere di misura, e di popolamento/ecosistema, trami-te tecniche micrometeorologiche quali l’eddy covariance, ma non a scale superiori quali quella regionale.L’avvento di una nuova generazione di velivoli sperimentali ha recentemente fornito gli strumenti permisurare lo scambio di massa ed energia tra la superficie terrestre e l’atmosfera su scale dell’ordine dellecentinaia di chilometri quadrati. Questo lavoro descrive una piattaforma aerea sviluppata da IBIMET CNRnegli ultimi anni, il cui impiego è stato finalizzato alla messa a punto di metodologie per la stima del bilan-cio regionale di carbonio. I limiti ed i vantaggi di questi approcci alla stima del flusso regionale sonodiscussi, mettendo inoltre in evidenza le possibilità offerte dall’integrazione fra misure dirette di scambioe tecniche di telerilevamento multispettrale.

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meno continentale (Ciais et al., 2000), conovvie limitazioni invece sulla localizzazionepiù dettagliata dei sinks e dei source sul terri-torio. Necessitano invece di nuove e miglioriconoscenze i meccanismi di scambio allescale intermedie, su aree eterogenee dal puntodi vista bio-geofisico, morfologico, demogra-fico, molto comuni in Europa (aree dell’ordi-ne di 104 km2). Una piattaforma aerea avanzata per la ricerca,denominata SkyArrow ERA (EnvironmentalResearch Aircraft) è stata sviluppata da IBI-MET CNR a partire dal 2001 grazie ad unaserie di collaborazioni internazionali, ed èstata impiegata in alcuni progetti di ricercanazionali ed internazionali sullo studio delbilancio del carbonio a scala regionale. Neltesto saranno illustrati alcuni importanti risul-tati che sono stati ottenuti grazie all’impiegodi piattaforma aerea.

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

2.1 Lo SkyArrow ERALa misurazione tramite piattaforma aereadegli scambi di massa, energia e quantità dimoto tra la biosfera e l’atmosfera ha trovato leprime applicazioni più di 20 anni fa nell’am-bito della ricerca scientifica in diversi settorilegati allo studio dell’atmosfera (Desjardinset al, 1982). Fino a pochi anni fa per tali scopierano necessari aerei di medie/grandi dimen-sioni, capaci di trasportare strumentazionecomplessa e pesante, oltrechè il personalededicato alla sua gestione. Con l’avvento diuna nuova generazione di sensoristica concaratteristiche di compattezza in termini didimensioni, limitato consumo energetico,bassi costi, tempi di risposta molto ridotti, èstato possibile allestire aerei di piccole dimen-sioni. I vantaggi sono stati notevoli, non soloin termini di costi e di facilità di gestione, maanche in termini di obiettivi scientifici: la pos-sibilità di volare a bassa quota ed a bassavelocità per ottenere un’alta risoluzione spa-ziale delle misure, nonché una maggiore pre-cisione delle misure di turbolenza, in virtù delfatto che la distorsione del flusso turbolento

naturale operata dall’aereo risulta estrema-mente limitata. Il primo velivolo di questotipo è stato sviluppato fin dai primi anninovanta dalla NOAA negli USA. Nel 1999Iniziative Industriali Italiane, una società ita-liana produttrice di aerei con sede in Roma,riconobbe le potenzialità del velivolo di pro-pria produzione SkyArrow come piattaformaper la ricerca ambientale, e nacque così loSkyArrow ERA, il primo velivolo ad esserecertificato sia in Europa sia negli USA perl’effettuazione di misure ambientali con lastrumentazione MFP (Mobile Flux Platform).IBIMET CNR ha promosso l’introduzione diquesta tecnologia in ambito europeo, prose-guendo lo sviluppo della piattaforma ed il suoimpiego in progetti scientifici intenazionali. Lo SkyArrow ERA è dotato di sensori per lamisura del vento e della turbolenza (Crawfordet al, 1992), per la misura di concentrazionigassose di e vapore acqueo, della radiazionenetta, incidente e riflessa, per il telerilevamentomultispettrale e nell’infrarosso termico (Fig. 1).Il velivolo è in grado di misurare i flussisuperficiali di energia, vapore acqueo, quantàdi moto e CO2 tramite la tecnica eddy cova-riance, fornendo una misura di flusso ogni 3-4 km di territorio attraversato.

3 RISULTATI RILEVANTI

Una prima fase sperimentale è stata incentra-ta sulla valutazione dei limiti e delle potenzia-lità della misura di flussi da piattaforma aerea,

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

426

Figura 1. Il velivolo SkyArrow ERA e la strumentazionescientifica di bordo

Page 127: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

nell’ambito del progetto RECAB (RegionalAssessment and Modelling of the Carbonbalance within european regions). Una esten-siva comparazione tra misure aeree e misureda torre è stata effettuata in 7 diversi sitieuropei in Italia, Spagna, Olanda, Germania,Svezia, in cui campagne sperimentali sonostate svolte sia in estate sia in inverno percoprire tutto il range di condizioni ambientali(Gioli et al., 2004). I dati hanno mostratobuone correlazioni, ed evidenziato alcuniimportanti fattori da tenere in considerazionenel caso di misure aeree, quali la divergenzadel flusso con l’altezza da terra: essendo ilpunto di campionamento aereo molto più inalto rispetto alla torre, il flusso misurato risul-ta essere inferiore in valore assoluto in quan-to le strutture turbolente incontrate sono meno‘accoppiate’ alla superficie che genera il flus-so, pertanto una corretta parametrizzazionedella divergenza e conseguente correzione deiflussi si è resa necessaria.A questa fase di validazione è seguita una faseapplicativa, tesa alla messa a punto di metodiper la stima del bilancio di carbonio di un ter-ritorio. Nell’ambito del progetto di ricercaCARBIUS (Collaborazione Italia-USA suScienza e Tecnologia dei CambiamentioClimatici), dal Luglio 2004 al Maggio 2005sono stati svolti circa 120 sorvoli di un’area di

studio situata in Italia centrale, comprendenteuna vasta area forestale (comprensorio delleColline Metallifere in Toscana) ed un’areaagricola nella Valdichiana. I voli sono statipianificati in modo tale da monitorare il flus-so degli ecosistemi in un’ampia casistica dicondizioni ambientali, sia all’interno di dina-miche giornaliere sia stagionali. Per poterquindi misurare i flussi netti di CO2 ed ener-gia a scala territoriale, sono state verificatedelle relazioni di upscaling territoriale, basatesull’accoppiamento tra dati di flusso ed indicidi riflettanza (NDVI) basati sul telerileva-mento. Si riportano in seguito i risultati diquesto tipo di analisi applicati al mese diLuglio 2004. L’analisi dei dati di flusso hapermesso di osservare una interessante diffe-renza fra i valori misurati sulle aree forestalidelle Colline Metallifere e sulle zone agricoledella Valdichiana (Fig. 3). Nel primo caso,infatti, sono stati osservati valori negativi diflusso che indicano che l’ecosistema è un sinkdi CO2, mentre nel secondo caso, sono statiosservati valori positivi. Una risposta che non è sicuramente inattesa,ma che conferma soprattutto l’efficacia e l’affi-dabilità con cui il velivolo sperimentale riescea misurare i flussi. E che da la possibilità, anco-ra poco esplorata fino ad oggi, di ottenereinformazioni di carattere “regionale”, ovvero

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

427

Figura 2: Confronto tra misure di flusso da aereo e datorre in sette località europee. Ciascun punto della stazio-ne di terra è il flusso calcolato su un intervallo di 30minuti, mentre ciascun punto dell’aereo è la media deiflussi calcolati durante il volo nei pressi della torre, suuna zona avente comunque un uso del suolo analogo aquello della torre (Gioli et al., 2004).

Fig. 3: Dinamica dei flussi di CO2 e dell’indice NDVIlungo la rotta di volo fra le Colline Metallifere e laValdichiana. I cerchi con le relative barre di variabilitàsono le medie e le deviazioni standard dei flussi misuratiin passaggi diversi sopra la zona di studio (asse sinistro).I quadrati sono i valori dell’indice NDVI misurati dallacamera multispettrale (asse destro). I cerchi grandi delimi-tano le misure in area forestale e quelle in area agricola.

Page 128: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

di stimare se un determinato territorio è, nelsuo complesso, un source o un sink di CO2.

4 PROSPETTIVE FUTURE

I risultati di campagne aeree di misurazionedei flussi di CO2, energia e quantità di mototra la biosfera e l’atmosfera, hanno recente-mente messo in evidenza un ampio spettro dipotenzialità legate all’impiego della piattafor-ma aerea SkyArrow ERA, sviluppata da IBI-MET CNR negli ultimi anni attraverso alcunecollaborazioni internazionali. La quantifica-zione del bilancio del carbonio a scala regio-nale è un’area di studio particolarmente criti-ca specialmente in contesto europeo, caratte-rizzato da un’elevata eterogeneità ecologica,demografica, meteorologica, che rendono dif-ficilmente applicabili ed estrapolabili approc-ci basati su misure puntuali. In questo conte-sto l’impiego di questa nuova tecnologia staproducendo risultati importanti. Una voltaestrapolate ad intere regioni, queste misuresono in grado di fornire informazioni utili acapire la dinamica e la variabilità spaziale deiflussi di calore sensibile, evaporativi, di gasad effetto serra. Tali informazioni sono inoltredi grande importanza per il settore modellisti-co, al fine di parametrizzare correttamente leproprietà della superficie, e al fine di metterea punto nuovi schemi per la descrizione delleinterazioni tra biosfera ed atmosfera. Altrericadute si possono avere nel settore del tele-rilevamento, dove prodotti satellitari svilup-pati per stimare GPP (Gross PrimaryProduction), cioè la quantità totale di CO2sottratta dall’atmosfera da parte degli ecosi-stemi, sicuramente promettenti ma oggi anco-ra in fase sperimentale, potranno ricevereimportanti dati di validazione e calibrazione.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Bousquet P., Ciais P., Peylin P., Ramonet M.,Monfray P., 1999. Inverse modelling ofannual atmospheric CO2 sources and sinks.1. Method and control inversion. J. Geophys.Res. Atmos., 104(D21): 26161-26178.

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

428

Page 129: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

Il ruolo delle aree urbane è sempre stato sotto-stimato nel bilancio globale del ciclo del carbo-nio. Nonostante le città ed i territori urbanizza-ti occupino solo il 2% della totalità delle super-fici emerse, queste sono responsabili del 97%delle totali emissioni antropogeniche di anidri-de carbonica (Svirejeva-Hopkins et al., 2004).Le stime di emissione di anidride carbonicadelle aree urbane sono basate prevalentementesu dati inventariali, ma è noto quanto sianolimitate certe informazioni. Lo scambio di CO2tra superficie ed atmosfera può essere misuratodirettamente con tecniche micrometeorologi-che; la tecnica descritta in questo contributo èchiamata tecnica della correlazione turbolenta(eddy covariance). Questa tecnica è stata utiliz-zata in ecosistemi terrestri e marini (Baldocchiet al., 2001a,b) e recentemente in alcuni studidi monitoraggio nelle aree urbane (UrbanFLUXNET www.kcl.ac.uk/projects/muhd/).Lo studio in oggetto intende mostrare che lacomplessa morfologia della superficie urbana

riflette la distribuzione eterogenea delle sor-genti emissive. Queste caratteristiche sonomolto interessanti e rappresentano una sfidaper le tecniche di misura di flussi in quanto lavariabilità spaziale della copertura urbanaapporta delle serie limitazioni ai campi diapplicazione delle tecniche di misura studiate.È vero, altresì, che le caratteristiche dello stra-to limite dell'atmosfera in cui valgono le condi-zioni fisiche necessarie per l'applicazione delletecniche di misura, nel caso delle città assumo-no delle caratteristiche che sono state studiatesolo negli ultimi anni (Salmond et. al., 2005).Recentemente sono incrementati gli studi sullamisura dei flussi in ambiente urbano(Grimmond, 2006) e alcuni di questi hannopermesso di separare i vari contributi apportatidalle varie sorgenti emissive (Soegaard eMøller-Jensen, 2003).

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

La tecnica della correlazione turbolenta per-mette di eseguire una misura diretta dei flussi

429

Misura delle emissioni di gas ad effetto serra di un sistema urbano

A. Matese, B. Gioli, F. Maglietta, P. Toscano, F.P. Vaccari, A. Zaldei, G. MaracchiIstituto di Biometeorologia, CNR, Firenze, [email protected]

SOMMARIO: Le aree urbane sono le principali responsabili delle emissioni di gas ad effetto serra del piane-ta, nonostante la ridotta area che occupano. Solo recentemente sono stati realizzati progetti volti al monito-raggio delle dinamiche di emissione delle città utilizzando misure micrometeorologiche. Questo lavorodescrive le misure di flusso di anidride carbonica che sono state eseguite in due stazioni situate nel centrodelle città di Roma e Firenze. La metodologia usata per misurare i flussi di anidride carbonica, acqua edenergia è la tecnica di correlazione turbolenta (eddy covariance) che si basa sulla misura ad alta frequenzadella componente verticale della velocità del vento e della concentrazione del gas ad effetto serra. Il perio-do in cui le due torri di misura hanno operato ci permette di evidenziare i differenti effetti che la tipologiae struttura delle due città hanno sulle emissioni di anidride carbonica. Dai risultati emergono le alte emis-sioni di anidride carbonica delle due città, soprattutto nel periodo invernale con un surplus del 13% rispet-to a quello estivo. Si evidenzia, inoltre, un trend giornaliero che mostra come le prime ore della mattinasiano quelle con i valori più alti di emissione, riflettendo l’aumento di volumi di traffico in entrambe le città.

Page 130: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

di anidride carbonica, di scambio del vaporeacqueo e calore sensibile tra la biosfera e l'at-mosfera. Il calcolo diretto si basa sulla misuraad alta frequenza della componente verticaledella velocità del vento e della concentrazionedello scalare. La seguente equazione (1) per-mette di calcolare il flusso F, che viene espres-so come la covarianza tra la velocità verticalee la concentrazione dello scalare:

(1)

dove ρ è la densità dell’aria secca, w la velo-cità verticale del vento, φ la concentrazionedello scalare di cui si determina lo scambio. Isegni primi indicano lafluttuazione turbolentadella grandezza rispettoalla sua media calcolatasu un intervallo di tempoT. Ad esempio (2), per lagrandezza di interesse φ:

φ’ = φ + φm (2)

Dove φ è la misura istanta-nea e φm è la sua media.L’intervallo di tempo su cuicalcolare media e covarian-za deve essere sufficiente-mente lungo da campionaretutte le strutture turbolenteresponsabili del trasportodello scalare, in particolarequelle a bassa frequenza edelevata lunghezza d’onda, esufficientemente corto dapermettere di considerare lecondizioni al contorno sta-zionarie. Per eseguire que-ste misure sono state instal-late due stazioni di rileva-mento con la stessa stru-mentazione rispettivamentenel centro delle città diRoma e Firenze. La stazio-ne di flussi situata a Roma èstata installata nel Gennaio

del 2004 sulla sommità della torre del Calandrelliche sovrasta l'Ufficio Centrale di EcologiaAgraria (UCEA). La torre si estende per 20 mdalla sommità del palazzo per un totale di 56 mdal livello della strada. La strumentazione consi-ste in un anemometro sonico (Young, Modello81000V) e un analizzatore di gas a percorsoaperto (Licor, Modello Li 7500). La stazione diFirenze, installata nel Settembre del 2005, èsituata a 3 m dalla sommità dell'OsservatorioXimeniano (38 m sopra il livello della strada) nelcentro di Firenze. I dati di entrambe le stazionivengono acquisiti alla frequenza di 20Hz e archi-viati su dei PC. I flussi vengono calcolati ognimezz'ora usando i calcoli e le correzioni standard

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

430

twT

F ∆∑= ''1 φρφ

Figura 1: Volumi di traffico delle due città.

Figura 2: Relazione fra temperatura media mensile (°C) e flusso di CO2 (µmol m-2 s-1) nel centro della città di Roma.

Page 131: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

della tecnica eddy covariance (Aubinet et al.,2000; Baldocchi, 2003).

3 RISULTATI RILEVANTI

I risultati emersi dalla stazione di misura diflussi di Roma evidenziano come la città siauna forte sorgente di emissione di CO2 (sour-ce), soprattutto nel periodo invernale.L'emissione di CO2 durante il periodo estivo èin media minore del 13% rispetto alla mediainvernale. Questa differenza dipende in modoevidente dall'accensione invernale dei riscal-damenti domestici visto che, effettuando un'a-nalisi dei volumi di traffico (l'altra importante

sorgente di emissioni di anidride carbonica),questi dati non rilevano stagionalità (Fig. 1).Una significativa relazione è stata trovataconfrontando la temperatura media mensile eil flusso di CO2 medio mensile (Fig. 2); que-sto ci permette di implementare una metodo-logia semplificata per la stima indiretta delflusso in relazione con una misura meteorolo-gica convenzionale. Dall'analisi dei flussi di anidride carbonica oraridurante l'arco della giornata si notano valorimaggiori durante i giorni feriali rispetto ai finesettimana; questa differenza è correlata ai diver-si volumi di traffico (Fig. 3 e 4). Il valore mag-giore di emissione è stato misurato nelle prime

ore della mattina in con-comitanza con l'instau-rarsi di moti convettiviche trasportano in atmo-sfera la CO2 accumulatadurante la notte neglistrati bassi delle stradecittadine e con l'iniziodella circolazione di vei-coli che si recano allavoro. Dai grafici è pos-sibile notare una leggeradifferenza tra le due cittàper quanto concerne ilconfronto tra i giorniferiali e il fine settimana(Fig. 3 e 4). A Roma, lariduzione dei flussi diCO2 nel fine settimana èmaggiore del 53%rispetto agli altri giornidella settimana. AFirenze, il decrementonon supera mai il 22%.Questo è dovuto alladiversa struttura delledue città, in particolare,alla differente colloca-zione delle zone resi-denziali e commercialinel centro città. Infatti,ci sono molti più edificiresidenziali e maggiori

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

431

Figura 4: Flusso orario di CO2 osservato a Firenze.

Figura 3: Flusso orario di CO2 osservato a Roma.

Page 132: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

strade trafficate nel centro città di Firenzerispetto a Roma in cui sono prevalenti uffici eedifici commerciali.

4 PROSPETTIVE FUTURE

Gli studi effettuati hanno messo in evidenzal'applicabilità della tecnica della correlazioneturbolenta per il monitoraggio delle emissioni dianidride carbonica nelle città. Queste misurepossono essere eseguite in ciclo continuo richie-dendo l'intervento di personale solo per periodi-che calibrazioni e manutenzioni degli strumenti.Tra i vantaggi nell'utilizzo della tecnica "eddycovariance" applicata alle aree urbane vi è ilfatto di essere una misura diretta che non richie-de dati inventariali, non sempre di facile reperi-mento; inoltre non essendo una misura invasivanon altera le condizioni ambientali.Questa tipologia di misura ed eventuali evolu-zioni possono rappresentare un'utile strumen-to per quantificare i contributi delle diverseemissioni in area urbana. I suddetti contribu-ti possono assumere caratteri più o meno rile-vanti in base ai diversi volumi di traffico, uti-lizzo e relativa efficienza degli impianti diriscaldamento, densità di popolazione o pro-porzione fra aree verdi e aree abitate.Le misure dei flussi in ambiente urbano, ese-guita a lungo termine, possono rappresentareuna preziosa informazione a sua volta utiliz-zata per monitorare i cambiamenti delleemissioni in risposta ad interventi locali,nazionali o globali delle politiche volte allariduzione delle emissioni di gas serra.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Aubinet M., Grelle A., Ibrom A., Rannik Ü.,Moncrieff J., Foken T., Kowalski A.S.,Martin P.H., Berbigier P., Bernhofer C.,Clement R., Elbers J., Granier A.,Grünwald T., Morgenstern K., PilegaardK., Rebmann C., Snijders W., Valentini R.,Vesala T., 2000. Estimates of the annualnet carbon and water exchange of forests:the EUROFLUX methodology. Advancesin Ecological Research, 30: 113-175.

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

432

Page 133: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

Nelle specie vegetali le variazioni della datadi comparsa e della durata delle diverse fasifenologiche, e in particolar modo della fase difioritura, sono influenzate da fattori meteoro-logici e in misura importante dalla temperatu-ra dell’aria. Una variazione delle temperaturepuò causare dei cambiamenti sull’epoca dicomparsa delle fenofasi. Di conseguenza l’ef-fetto del riscaldamento globale dovrebbeessere visibile analizzando serie storiche diosservazioni fenologiche. Recentemente seriestoriche di osservazioni fenologiche sonostate spesso utilizzate per documentare lavariabilità e i cambiamenti del clima (Menzel2000; Sparks et al., 2000; Chmielewski et al.,2005). Diversi lavori hanno riportato che l’au-mento delle temperature del periodo primave-rile ha determinato un anticipo delle date dicomparsa della fioritura in diverse specievegetali nel Nord Europa e nel Nord America(Studer et al., 2005; Schwartz et al., 2006). Laconcentrazione di polline nell’aria dipendedal rilascio di polline da parte delle antere.

Quindi, la concentrazione di polline nell’at-mosfera può essere considerata come unamanifestazione indiretta delle fioriture dellavegetazione presente nell’area circostante lastazione di monitoraggio. In anni recentidiversi lavori hanno suggerito di analizzare levariazioni della concentrazione di polline inatmosfera al fine di valutarne le potenzialitàcome indicatore della risposta delle piante aicambiamenti climatici (Emberlin et al., 2002;Van Vliet et al., 2002). La presente ricerca è stata condotta allo scopodi analizzare una serie storica ventennaledelle concentrazioni polliniche di tre famiglieampiamente diffuse in area mediterranea:Oleacee, Graminacee e Pinacee. L’obiettivofinale della ricerca è di verificare se i datiaerobiologici di queste famiglie possano esse-re degli utili indicatori del riscaldamento cli-matico in area mediterranea.

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

I dati giornalieri delle concentrazioni pollini-che di tre differenti famiglie (Oleacee,

433

Monitoraggio pollinico per lo studio dell’effetto dei cambiamenti climaticiin ambiente mediterraneo

G. Pellizzaro, B. Arca, A. Canu, C. CesaraccioIstituto di Biometeorologia, CNR, Sassari, [email protected]

SOMMARIO: Lo studio dell’andamento della concentrazione di polline nell’atmosfera rappresenta un’im-portante fonte di informazioni relative alla fenologia del ciclo riproduttivo. Poiché la data di comparsa ela durata della fase di fioritura sono influenzate da fattori meteorologici e, in misura importante, dalla tem-peratura dell’aria, il monitoraggio della concentrazione del polline nell’atmosfera può essere un utile indi-catore della risposta delle piante ai cambiamenti climatici. L’obiettivo principale di questa ricerca è di veri-ficare se i parametri caratteristici delle serie storiche di concentrazioni polliniche, relative a tre differentifamiglie diffuse in area mediterranea, possano essere utilizzati come indicatori dei cambiamenti climaticiin atto. L’analisi dei dati ha mostrato il contenuto informativo delle serie storiche ed evidenziato le poten-zialità applicative di questo metodo, in particolar modo nel caso della famiglia delle Oleacee.

Page 134: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

Graminacee e Pinacee) sono stati misurati per20 anni (1984-2003) in un’area urbana delnord Sardegna. La data corrispondente allafase di piena fioritura per ciascuna famiglia èstata definita come il giorno in cui i valoricumulati della concentrazione giornaliera dipolline raggiungevano il 50% della concen-trazione totale annua.I gradi giorno cumulati (°D) di ciascun annosono stati calcolati dalle temperature massime(Tmax) e minime (Tmin) giornaliere col metododella media semplice, utilizzando una tempe-ratura di soglia (Ts) pari a 0°C:

I °D sono stati calcolati considerando cinquediverse date di inizio (1 gennaio, 15 gennaio 1febbraio, 15 febbraio e 1 marzo) e due datefinali (il 30 aprile e il 30 maggio). Tale sceltaha tenuto conto della differente data di com-parsa della fase di piena fioritura nelle specieesaminate: metà di Aprile e inizio di Giugnoper la famiglia delle Pinacee, fra l’inizio diMaggio e l’inizio di Giugno per la famigliadelle Graminacee e fra la metà di Maggio e lametà di Giugno per la famiglia delle Oleacee.In una fase preliminare è stata calcolata lamedia mobile delle serie storiche su una fine-stra di 2 anni. Successivamente, per ciascunafamiglia sono state calcolate le variazionidelle date di piena fioritura e dei corrispon-denti valori cumulati dei gradi giorno. Gliandamenti annuali di questi parametri sonostati analizzati mediante modelli di regressio-ne lineare. In alcuni modelli di regressionesono stati considerati i valori dei gradi giornocumulati nei periodi precedenti la fase dipiena fioritura.

3 RISULTATI RILEVANTI

Le date di piena fioritura (stimate sulla per-centuale della emissione totale di polline)relative alle due decadi, sono caratterizzate,per tutte le tre famiglie esaminate, da un anda-mento decrescente. È stata osservata, infatti,una tendenza significativa verso un anticipo

delle date di comparsa della piena fioritura.L’anticipo medio osservato è stato pari a 1.3,1.3 e 1.5 giorni l’anno rispettivamente per lafamiglia delle Oleacee, delle Graminacee edelle Pinacee (Fig. 1).I valori dei gradi giorno calcolati su differen-ti periodi hanno mostrato un andamento signi-ficativamente crescente durante i 20 anni esa-minati (Tabella 1).Questa tendenza è particolarmente evidentenel periodo primaverile. Infatti, gli aumenti

inizioaccumulo fine accumulo

30 aprile 30 maggio1 gen * *15 gen * *1 feb * **15 feb ** **1 mar ** **

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

434

( )[ ]∑=

=

−+=°ng

gsTTTD

1minmax 2

Figura 1: Date di comparsa della fase di piena fioritura(media mobile su due anni) per la famiglia delle Oleacee,delle Graminacee e delle Pinacee.

Tabella 1: Livelli di significatività dell’anda-mento temporale dei gradi giorno per lediverse date di inizio e fine accumulo.

* p < 0.05** p < 0.01

Page 135: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

più significativi sono stati osservati quando ledate di partenza utilizzate nel calcolo di °Dsono state il 15 febbraio e il 1° marzo (Fig. 2).I risultati ottenuti suggeriscono l’ipotesi che,durante le ultime due decadi, gli andamentidelle concentrazioni polliniche osservati nelletre famiglie oggetto di indagine siano statiinfluenzati dai valori di temperatura registratidurante il periodo che precedeva la data difioritura. Il corrispondente anticipo delle datedi comparsa della fase di piena fioritura sem-bra quindi rappresentare una risposta dellepiante all’aumento delle temperature nelperiodo primaverile. Questa ipotesi è stata

confermata dai risultati ottenuti con l’analisidi regressione lineare condotta sulle date dicomparsa della fioritura e i gradi giorno accu-mulati fino al 30 aprile e al 30 maggio. Comeriportato nelle Tabelle 2-3, è stata osservatauna relazione negativa fra le date di piena fio-ritura e i gradi giorno cumulati. La relazione inversa fra queste due variabili èidentificabile in modo chiaro per i periodiFebbraio–Aprile e Febbraio–Maggio che,nelle nostre condizioni ambientali coincidono

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

435

Figura 2: Andamenti dei gradi giorno cumulati con diver-se date di inizio e fine accumulo (media mobile su 2 anni).

Datainizioaccumulo

Oleacee Graminacee Pinacee

1 gen - - **

15 gen - - **

1 feb - - *

15 feb ** - **

1 mar ** ** *

Tabella 2: Livelli di significatività della regressio-ne lineare fra date di piena fioritura e gradi giornocalcolati utilizzando le diverse date di inizio e il 30aprile come data di fine accumulo.

Tabella 3: Livelli di significatività della regres-sione lineare fra date di piena fioritura e gradi gior-no calcolati utilizzando le diverse date di inizio e il30 Maggio come data di fine accumulo.

Datainizioaccumulo

Oleacee Graminacee Pinacee

1 gen - - *

15 gen - - *

1 feb * - *

15 feb ** - *

1 mar ** * *

* p < 0.05** p < 0.01

* p < 0.05** p < 0.01

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con il periodo che precede la fase di fiorituradelle famiglie esaminate. Per la famiglia delleOleacee le relazioni maggiormente significati-ve sono state osservate nel caso in cui i °D sonostati calcolati utilizzando come date di inizio il15 febbraio e il 1 marzo. Relativamente allafamiglia delle Graminacee, valori di p < 0.01sono stati osservati usando come data di inizioaccumulo il 1 marzo. Nel caso della famigliadelle Pinacee, invece, le date di comparsa dellafioritura sono risultate correlate in modo signi-ficativo con i valori di °D per tutti i periodiconsiderati.

4 PROSPETTIVE FUTURE

I risultati ottenuti sembrano suggerire cheanche in area Mediterranea, analogamente aquanto osservato da altri autori (Frenguelli etal., 2002, Osborne et al., 2000), sia in attonegli ultimi anni una tendenza verso un anti-cipo dell’inizio della stagione pollinica equindi della comparsa della fase di fioritura.Inoltre, da questa prima indagine sembra chela data di comparsa della fase di fioritura siainfluenzata in misura determinante soprattuttodall’andamento termico del periodo Febbraio-Aprile o, in altre parole, delle temperature pri-maverili (Chmielewski et al., 2005).In conclusione, i risultati sinora ottenuti sem-brano dimostrare che le serie storiche di con-centrazione pollinica in atmosfera possonoessere utilizzate come bioindicatori dei cam-biamenti climatici. Questo tipo di approcciosembra inoltre essere particolarmente promet-tente nel caso della famiglia delle Oleacee. Inprospettiva sembra quindi giustificata la pro-secuzione di questo tipo di studio sia per veri-ficare l’attitudine di altre famiglie ad essereutilizzate come bioindicatori del riscaldamen-to climatico, sia per verificare, attraverso l’usodi serie di dati provenienti da altre località, lapossibilità di utilizzare dati aerobiologici rela-tivi alla famiglia delle Oleacee per documen-tare i cambiamenti e la variabilità del clima.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Chmielewski F.M., Muller A., Kuchler W.,2005. Possible impacts of climate changeon natural vegetation in Saxony (Germany).Int. J. Biometeorology, 50: 96-104.

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

436

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1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

1.1 IntroduzioneNegli ultimi decenni si è manifestato un inte-resse sempre maggiore verso i problemiambientali, ed in particolare verso quelli asso-ciati ai cambiamenti climatici indotti dai gas adeffetto serra. È stata recentemente pubblicata laquarta edizione del rapporto sui cambiamenticlimatici a cura dell’ Intergovernmental Panelon Climate Change (http://www.ipcc.ch).Attualmente la concentrazione di CO2, insiemea quelli di molti altri gas, è in continuo aumen-to, ad un ritmo di circa 1.5 ppm/anno. Le proie-zioni sull’aumento di temperatura variano fra 0e 5 °C fino al 2100, in funzione dello scenarioemissivo ipotizzato. La maggior parte delleemissioni dei gas ad effetto serra sono associa-te ai processi di combustione di origine antro-pica, ma, su scala globale, esistono tuttoramolte incertezze sul ruolo giocato dai diversimeccanismi di storage, ed è quindi moltoimportante verificare, sia attraverso studi

modellistici, sia attraverso misure sperimenta-li, l’accumulo dei gas ad effetto serra nei diver-si comparti ambientali. La riduzione delleincertezze è di fondamentale importanza perquantificare l’effetto sul riscaldamento dellaterra a causa dei processi derivanti da attivitàantropiche o naturali. L’interesse, alla basedella motivazione dello studio presentato inquesto articolo, consiste nell’esplorazione deirisultati che possono essere ottenuti da analisistatistiche sofisticate. Uno di questi approcciconsiste nell’uso di metodi Bayesiani che per-mettono non solo la stima del valore più proba-bile della variabile in esame, ma anche l’incer-tezza ad essa associata. Questo tipo di studi èquindi di fondamentale importanza per laquantificazione dei rischi associati a proiezionidelle stime dei gas ad effetto serra. Nello spe-cifico verrà presentato un metodo per la stimadel flusso di CO2 dalla superficie, e di altricomposti di interesse climatologico, ottenutada misure di concentrazione per mezzo didispositivi supportati da aerei ultraleggeri.

437

Un approccio Bayesiano per la stima del flussosuperficiale di CO2 a partire da misure rilevateda piattaforma aerea

A. Riccio2, G. Giunta2, S.M. Alfieri1, M. Esposito1, V. Magliulo1

1Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo, CNR, Ercolano (NA), Italia2Dip. di Scienze Applicate, Università degli Studi di Napoli “Parthenope”, Napoli, Italia

SOMMARIO: La quantificazione dell'effetto del riscaldamento della terra dovuto ai processi antropici e natu-rali necessita della stima degli scambi gassosi superficiali ma richiede anche una quantificazione delleincertezze associate ad essa. È proposto un metodo bayesiano per il calcolo dell'emissione/assorbimentodi anidride carbonica basato sull'utilizzo delle catene di Markov alla Montecarlo. L'utilizzo delle catenepermette di definire le incertezze sul flusso calcolato alla luce delle assunzioni effettuate e dei dati speri-mentali utilizzati. Il metodo è stato applicato per il calcolo degli scambi superficiali di anidride carboni-ca in un territorio con differenti caratteristiche superficiali. Sono state identificate e studiate due aree omo-genee dal punto di vista dell'uso del suolo (foresta e zona agricola/ abitata), stimando un'emissione nega-tiva per la pineta (valore mediano uguale a -17 µmol/m2s), e una leggera emissione (valore mediano ugua-le a 3,6 µmol/m2s) dall'area agricola mista. Il risultato per la pineta mostra una grande variabilità, indican-do il fatto che i parametri delle equazioni utilizzate nel metodo non sono stati ben identificati.

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Questi aerei possono viaggiare per diversi chi-lometri in pochi minuti, ed effettuare misure adalta frequenza in prossimità della superficie edin quota (fino ad un’altezza di alcuni chilome-tri), descrivendo dei box virtuali. Da questemisure è possibile evincere il valore dei flussilaterali e, indirettamente, anche quelli associa-ti all’emissione, e/o assorbimento, da partedella superficie del suolo. Questo tipo di tecni-ca permette di evitare alcuni dei problemi chesorgono in contesti diversi, ad esempio è possi-bile stimare i flussi turbolenti, applicando l’i-potesi di congelamento della turbolenza atmo-sferica, in quanto la velocità dell’aereo è unordine di grandezza superiore a quello dei tipi-ci moti atmosferici di interesse micro-meteoro-logico; inoltre le eventuali non-stazionarietàdel Boundary Layer Atmosferico possonoessere tenute facilmente in conto, ad esempioassumendo una tendenza lineare nel tempo;queste misure non dipendono fortemente dalfootprint dell’area sopravento, come inveceaccade per misure micro-meteorologiche deiflussi turbolenti per mezzo di supporti fissi.Anche le stesse misure satellitari non sonosempre disponibili, e vanno comunque tarateda misure a terra. Durante gli ultimi anni l’ap-proccio Bayesiano è stato indicato come lostrumento naturale per combinare informazio-ni di diverso tipo, insieme ad una stima delleincertezze associate (Berliner, 2003); inoltre ilsuccesso dei metodi Bayesiani è stato ampli-ficato dalla popolarizzazione dei modernimetodi di campionamento da funzioni didistribuzione anche complicate, per mezzodelle catene di Markov alla Monte Carlo(MCMC, Gelman et al., 2003). Il principalevantaggio dei metodi alla Monte Carlo consi-ste nel fatto che la derivazione di funzioni didistribuzione a posteriori è rimpiazzato daalgoritmi che campionano dalle stesse, gene-rando delle catene dalla cui distribuzione èpossibile inferire le proprietà statistiche dellevariabili in esame. Come diretta conseguenzadi ciò, le iterazioni che producono la catenapermettono anche di quantificare le incertez-ze, alla luce delle assunzioni effettuate e deidati sperimentali utilizzati.

2 METODOLOGIA

Allo scopo di misurare il flusso di CO2 dallasuperficie si è fatto uso del cosiddetto “fixed-volume approach”, ossia, per mezzo dellemisure effettuate dai dispositivi aero-traspor-tati, si sono stimati i flussi laterali, e, permezzo di tecniche di analisi inverse, si sonodedotti i flussi dalla superficie. Questoapproccio necessita della soluzione di dueproblemi:1. La concentrazione, e quindi i flussi, della

variabile in esame, vanno inferiti ancheper la superficie superiore, che si compor-ta come un “cappello” per il volume diatmosfera preso in considerazione.Generalmente per il cappello non sonodisponibili misure dirette, per cui è neces-sario applicare delle ipotesi semplificatri-ci, ad esempio basate sull’assenza didivergenza di massa.

2. L’aereo descrive delle traiettorie cheovviamente non sono rettilinee, per cui lesuperfici virtuali del box non corrispondo-no alle locazioni spaziali alle quali sonostati campionati i dati sperimentali.Questa considerazione fa nascere proble-mi analoghi a quelli che si incontrano neicomuni problemi di interpolazione statisti-ca in presenza di correlazioni fra i dati.

In questo studio i dati erano disponibili soloper le superfici laterali, per cui i flussi al “top”sono stati dedotti applicando il vincolo di con-tinuità

dove H rappresenta l’estensione delle superfi-ci laterali del box, e il flusso di massa,considerato positivo se diretto verso l’internodel box. L’equazione precedente permette dicalcolare un valore medio della velocità disubsidenza, dalla quale è possibile stimare iflussi di massa al top; ovviamente la (2) ègeneralizzabile per il calcolo dei flussi di qua-lunque composto. Allo scopo di quantificare iflussi laterali è però necessario ipotizzare unaforma funzionale per ; in questo studio si

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

438

( ) =∫∫HdSuρr - flusso di massa del top (1)

ρuv

ρuv

Page 139: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

è fatto uso di una forma interpolante globaledel tipo

dove A. e B. sono dei polinomi interpolantiglobali che dipendono linearmente da alcuniparametri. La scelta di questa forma interpo-lante è essenzialmente basata su motivazionidi carattere fisico e matematico. Innanzituttola (2) permette di tener conto delle eventualianisotropie del flusso in maniera facile, ed èeconomico stimare i valori ottimali dei para-metri per mezzo di un approccio Bayesiano,introducendo eventualmente delle informazio-ni note a priori per questi parametri. Inoltre ildisaccoppiamento funzionale delle dipenden-za della componente verticale dalla altre duecomponenti spaziali orizzontali permette diintrodurre la ben nota informazione a-prioriper i flussi orizzontali in prossimità dellasuperficie, i quali tendono ad assumere un pro-filo logaritmico rispetto alla coordinata verti-cale. L’uso della (2), insieme a delle ipotesisulla struttura degli errori statistici associatialle misure sperimentali, permette di stimare ivalori dei flussi laterali. Il secondo problemaelencato precedentemente è stato affrontatoassumendo una deviazione gaussiana dei valo-ri dei flussi, nell’intorno delle stime a poste-riori. In queste condizioni l’interpolazionespaziale dei flussi è ricondotto alla stessa tipo-logia di problemi che si incontrano nel Kriginguniversale (Gelfand et al., 2001).

3 RISULTATI

La figura 1 mostra il flusso stimato di CO2dalla superficie, ottenuto dalle iterazioni dellacatena di Markov. Sulla sinistra i valori per lapineta/macchia mediterranea prospiciente lalinea di costa, mentre sulla destra sono mostra-ti quelli per l’area agricola/abitata a ridossodella pineta. Come può essere notato, gli isto-grammi mostrano un’emissione negativa per lapineta (valore mediano uguale a -17µmol/m2s), mentre è stimata una leggera emis-sione (valore mediano uguale a 3.6 µmol/m2s)dall’area agricola mista. Il segno è in linea coni valori attesi, sebbene il risultato per la pinetamostri una grande variabilità, indicando il fattoche i parametri nelle equazioni in (2) sono statinon chiaramente identificati. Questi risultatisono stati ottenuti senza considerare l’effettodell’entrainment. Ci si attende che l’entrain-ment giochi un ruolo non molto importante,contribuendo ad arricchire debolmente ilboundary layer con aria più ricca di CO2 dal-l’alto. Si è stimato, dato il profilo di CO2 el’entità della discontinuità della concentrazio-ne di CO2 all’altezza di inversione, che l’en-trainment contribuisca con un flusso di circa0.8-2.5 µmol/m2s, che non dovrebbe alterarequalitativamente i risultati ottenuti. Una consi-derazione importante concerne il fatto che ilvolo è stato svolto in un’area prospiciente allalinea di costa, per cui ci si attende (ed i risulta-ti preliminari confermano ciò) la presenza diTIBL (Thermal Internal Boundary Layer).

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

439

Figura 1: stima dei flussi di CO2 dalla superficie. Sulla sinistra i risultati per la pineta, sulla destra quelli per l’area agricola.

==

)/(),()/(),(

0

0

zzByxAvzzByxAu

vv

uu

ρρ (2)

Page 140: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

Questo implica anche che l’altezza del boun-dary layer dipenda dalla distanza dalla costa.

4 PROSPETTIVE FUTURE

I risultati ottenuti da questo studio sono inco-raggianti. Si è mostrato che, per mezzo di datirilevati da dispositivi aereo-trasportati, è pos-sibile inferire i flussi di CO2, ed in principio diqualunque altro gas, dalla superficie. Questatipologia di studi è essenziale per la quantifi-cazione delle emissioni di una serie di compo-sti dal notevole impatto ad effetto-serra.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Berliner M., 2003. Physical-statistical model-ing in geophysics. Journal of GeophysicalResearch, 108(D24): 8776.

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

440

Page 141: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

1 INTRODUZIONE

QUITSAT (QUalità dell’aria mediantel’Integrazione di misure da Terra, daSAtellite e di modellistica chimica multifase edi Trasporto) è l’acronimo di un progettopilota finanziato dall’Agenzia SpazialeItaliana (ASI), che si propone di definirenuove metodologie per la determinazionedegli Indici di Qualità dell’Aria (AQI) attra-verso l’uso combinato di dati da satellite(MODIS/Terra e Aqua, MISR/Terra, SEVI-RI/MSG, SCIAMACHY/Envisat, OMI /Aura,MOPITT/Eos) con misure di remote sensingeffettuate a terra e da terra (radiometria solaremultispettrale, spettroradiometria DOAS,Lidar), misure di campionamento di materialeparticolato (PM) e gas a terra, misure ottichea terra (con tecniche nefelometriche, OPC ePSAP) e dati forniti da modelli CTM (chimi-ca multifase, trasporto e meteorologia).La prima area di studio di questo progetto èstata identificata nella pianura padana, com-prendendo i territori della Lombardia edell’Emilia-Romagna. Misure di fotometriasolare multispettrale saranno effettuate pressole stazioni dell’ISAC-CNR di San Pietro

Capofiume, Bologna e Monte Cimone, duran-te due campagne di misura previste nell’esta-te del 2007 e nell’inverno del 2008: combina-te con misure lidar, esse forniranno dati utiliper la validazione dei dati MODIS e MISR ealla definizione degli andamenti stagionali deiprofili verticali del coefficiente di estinzionedell’aerosol e di altri parametri radiativi del-l’aerosol colonnare. Una parte di queste informazioni è anche for-nita da fotometri solari, modello CIMEL CE-318, della rete AERONET (Holben et al.,1998), che operano durante tutto l’anno pres-so le stazioni site nell’area della pianura pada-na ad Ispra (Varese) (45N, 8E), Modena (44N,10E), Venezia Acqua Alta (45N, 12E), eVenezia-CNR (45N, 12E). L’analisi di questemisure può fornire elementi utili a caratteriz-zare l’andamento stagionale dello spessoreottico AOD prodotto dall’aerosol presentenella colonna verticale atmosferica e a defini-re le variazioni stagionali associate al variaredella forma di dipendenza dell’AOD dallalunghezza d’onda, la quale è strettamentelegata alla forma della curva di distribuzionedimensionale dell’aerosol colonnare ed allesue proprietà radiative. Questo parametro di

441

Caratterizzazione delle proprietà radiativedegli aerosol nella pianura padana da misure delle stazioni AERONET

C. Di Carmine, C. TomasiIstituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima, CNR, Bologna, [email protected]

SOMMARIO: Valutazioni dei valori medi giornalieri dello spessore ottico dell’aerosol (AOD) alla lunghez-za d’onda di 500 nm e dell’esponente di Ångström (α) sono state ricavate dalle misure effettuate pressoquattro stazioni della rete AERONET dislocate nell’Italia settentrionale, durante il periodo dal 2004 al2006. Le variazioni stagionali dei due parametri sono state analizzate in modo da caratterizzarne l’anda-mento temporale durante l’anno, per ogni stazione, definendone gli intervalli di variabilità. I valori di AODrisultano variare per la maggior parte tra 0,1 e 0,6 essendo maggiori di 0,6 in numerosi casi, per lo piùdovuti alla presenza di foschie dense in autunno ed inverno o a trasporto di polvere desertica in primave-ra. Il parametro α assume valori medi giornalieri che variano per la maggior parte tra 0,6 e 1,60 nel corsodell’anno, presentando valori mediani generalmente più alti in primavera ed estate e più bassi in autunno.

Page 142: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

dipendenza spettrale, indicato con il simboloα in Equazione (1), è quindi particolarmentesensibile alle dimensioni delle particelle e puòessere utile per segnalare una situazione dipredominanza ottica delle piccole particelle(fine particle fraction) generate da attivitàantropiche oppure una prevalenza ottica delcarico di particelle di grandi dimensioni dovu-to spesso a processi naturali (desert dust eaerosol marino).Tali informazioni a terra potranno essere assaiutili per la validazione dei dati derivati dallemisure satellitari. Per esempio, l’ana-lisi deidati MODIS effettuata in QUITSAT mira adefinire i valori di AOD in alcuni canali spet-trali del visibile per poi stabilire delle relazio-ni empiriche tra AOD e le concentrazioni aterra di PM2,5, definendo allo stesso tempo lafrazione η del contenuto di massa delle fineparticles all’interno della colonna verticaleatmosferica (Wang e Christopher, 2003).

2 ANALISI DEI DATI AERONET

Seguendo la procedura AERONET applicataalle misure di irradianza solare diretta, effettua-te con i fotometri CIMEL a varie lunghezzed’onda comprese tra 340 e 1020 nm, si possonoricavare i valori spettrali dello spessore otticodell’aerosol AOD, (i) servendosi delle costantidi calibrazione definite a priori da AERONETper ciascun strumento mediante una tecnica dilaboratorio, e (ii) correggendo lo spessore otti-co totale dell’atmosfera per i contributi par-zialidi spessore ottico dovuti allo scattering diRayleigh e all’assorbimento dei gas at-mosferi-ci minori (O3, H2O, NO2,…) (Shaw, 1976).Di routine, le misure dei fotometri CIMELsono effettuate a 3 o 4 ore fisse della giornata.Da queste misure il programma AERO-NETcalcola i valori medi giornalieri di AOD allediverse lunghezze d’onda.Allora nel presente studio, le serie spettralidei valori medi giornalieri di AOD sono stateesaminate in termini della ben nota formula diÅngström (1964)

AOD(λ) = β λ −α (1)

dove λ è la lunghezza d’onda misurata in µm,in modo da determinare i valori medi giorna-lieri dei parametri di torbidità atmosferica α eβ. Il primo parametro è direttamente legato allaforma della curva di distribuzione dimensiona-le delle particelle di aerosol, mentre il secondofornsice una stima media dello spessore otticoAOD alla lunghezza d’onda di 1 µm.Questo calcolo dei parametri di Ångström,fatto per ciascuna serie spettrale di cinquevalori di AOD, relativi a λ = 440, 500, 675,870 e 1020 nm, seguendo un procedimento dibest-fit basato sull’Equazione (1), si fa prefe-rire alla procedura di calcolo adottata daAERONET per coppie di lunghezze d’onda,in quanto interpreta più correttamente il signi-ficato fisico dei processi di estinzione di Mieche dipendono per ogni particella dal rappor-to tra dimensioni della particelle a lunghezzad’onda incidente. Pertanto, il parametro α hauna precisa relazione fisica con il parametro ηricavato dai dati satellitari mediante opportu-ne procedure di inversione.Tra le misure effettuate negli ultimi anni pres-so le stazioni di Ispra e Venezia Acqua Alta, acura dell’IES/JCR (Ispra) sono state sceltequelle relative ai periodi dall’1 gennaio 2004al 24 aprile 2006 e dall’1 gennaio 2004 al 17ottobre 2006, rispettivamente. Le misure diVenezia-CNR hanno riguardato il periododall’1 gennaio 2004 all’8 novembre 2004 esono state anch’esse considerate in questaanalisi. Le misure effettuate a Modena nelperiodo dal 15 marzo 2004 al 20 giugno 2006non forniscono direttamente il valore diAOD(500 nm) misurato dal CIMEL. Pertanto,si è deciso di determinare prima i valori di αe β come soluzioni di best-fit dell’Equazione(1) applicata a serie spettrali di soli 4 valori diAOD, calcolando poi AOD(500 nm) in baseall’Equazione (1) per λ = 0.50 µm.

3 RISULTATI RILEVANTI

La Figura 1 mostra gli andamenti temporalidei valori medi giornalieri dello spessore otti-co AOD(500 nm) ottenuti presso le 4 stazioni,mettendo in evidenza il fatto che la maggior

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

442

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parte dei valori è compresa tra 0,05 e 0,6, euna parte minore variando tra 0,6 e più di 1.Questi ultimi episodi si osservano più fre-quentemente in primavera, associati ad episo-di di trasporto di polvere desertica del Sahara

sopra il Nord Italia, oppure in autunno edinverno, quando si ha la formazione di foschiedense che precedono l’arrivo di nebbie radia-tive (a Ispra e Modena) o di nebbie avvettive(a Venezia). Dai dati presentati in Figura 1, si sono ricava-ti gli istogrammi di frequenza relativa diAOD(500 nm), separatamente per le 4 stazio-ni e per ciascuna stagione. Essi sono presenta-ti in Figura 2, insieme con i loro valori media-ni, che risultano variare tra 0,16 e 0,27 ininverno, tra 0,23 e 0,26 in primavera, tra 0,26e 0,30 in estate e tra 0,15 e 0,26 in autunno,mostrando che AOD(500 nm) assume valoripiuttosto elevati durante tutto l’anno, convalori del primo quartile che variano tra 0,06e 0,18 (essendo in generale più bassi in autun-no) e valori del terzo quartile tra 0,31 e 0,82(più elevati in autunno).L’analisi delle serie spettrali di AOD fattaimpiegando la procedura di best-fit basata

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

443

Figura 1: Andamento temporale dei valori medi giorna-lieri di AOD(500 nm) misurati nel periodo 2004-2006presso le 4 stazioni AERONET del Nord Italia.

Figura 2: Istogrammi di frequenza relativa dei valori medi giornalieri di AOD(500 nm) ottenuti per le 4 stazioni AERO-NET nei quattro periodi stagionali: a sinistra, la linea unita si riferisce all’inverno e quella tratteggiata all’autunno; adestra, la linea unita si riferisce all’estate e quella tratteggiata alla primavera. I valori numerici dati in figura sono i valo-ri mediani d’inverno (I), primavera (P), estate (E) ed autunno (A).

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sull’Equazione (1) ha fornito le valutazionidei valori medi giornalieri del parametro α,per 5 lunghezze d’onda comprese tra 440 e1020 nm in tre stazioni e per sole 4 lunghezzed’onda a Modena. Gli andamenti temporali ditali valori sono presentati nella Figura 3, chemostra chiaramente come α vari per la mag-gior parte tra 0,6 e 1,8 in tutte le stazioni, ivalori più bassi essendo generalmente asso-ciati ai casi di foschia densa e di trasporto dipolvere sahariana.Analizzando i dati di Figura 3, sono stati defini-ti gli istogrammi di frequenza relativa di α, perle 4 stazioni e per le 4 stagioni. Essi sono pre-sentati in Figura 4, insieme con i valori medianistagionali, che risultano variare tra 1,24 e 1,34in inverno, tra 1,27 e 1,43 in primavera, tra 1,30e 1,45 in estate e tra 1,11 e 1,22 in autunno.Questi risultati indicano che, al di là delle varia-

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

444

Figura 3: Andamento temporale dei valori medi giorna-lieri di α misurati sull’intervallo spettrale da 440 a 1020nm utilizzando i valori medi giornalieri di AOD misuratinel periodo 2004-2006 presso le 4 stazioni AERONETdel Nord Italia.

Figura 4: Istogrammi di frequenza relativa dei valori medi giornalieri di α ottenuti per le 4 stazioni AERONET nei quat-tro periodi stagionali: a sinistra, la linea unita si riferisce all’inverno e quella tratteggiata all’autunno; a destra, la lineaunita si riferisce all’estate e quella tratteggiata alla primavera. I valori numerici dati in figura sono i valori mediani d’in-verno (I), primavera (P), estate (E) ed autunno.

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Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

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zioni da un giorno all’altro, il parametro α èalquanto stabile nel tempo, indicando che sussi-ste anche una certa stabilità temporale dei para-metri di forma della distribuzione dimensionaledell’aerosol colonnare, durante tutto l’anno. Ivalori stagionali del primo quartile variano tra0,87 e 1,34 nel corso dell’anno, essendo tenden-zialmente più bas-si in autunno e più alti in esta-te, mentre quelli del terzo quartile variano tra1,34 e 1,60, essendo più bassi in autunno edinverno e generalmente più alti in estate.

4 CONCLUSIONI

I risultati mostrati nelle Figure 1 e 2 danno lamisura dell’ampia variabilità dei dati di AODche possono essere osservati in località dellapianura padana in tutte e quattro le stagionidell’anno, con valori di AOD(500 nm) per lopiù compresi tra 0,1 e 0,6 e una ampia aladestra data dagli eventi di foschia densa, quel-li di arrivo di polvere desertica e quelli dovu-ti a presenza di nubi sottili non distinguibili adocchio nudo.I risultati mostrati nelle Figure 3 e 4 indicanoche gli istogrammi di frequenza relativi all’in-verno e all’autunno sono molto simili tra loroa tutte le stazioni, e che anche quelli estivi edprimaverili presentano forme molto simili,con valori mediani e di quartile non molto dif-ferenti dall’inverno all’autunno e dalla prima-vera all’estate. In particolare, le presenti stimedi α risultano essere in buon accordo conquelli definiti da De Santis et al. (1994) a SanPietro Capofiume in un periodo estivo, sul-l’intervallo da 1,0 a 1,7, con quartili eguali a1,3, 1,5 e 1,7, rispettivamente. Essi sono

anche confrontabili con quelli misurati daTomasi (1982) a Bologna in giornate estive,che coprono l’intervallo da 0,4 a 1,8, conquar-tili eguali a 0,8, 1,0 e 1,4. Anche i pre-senti valori autunnali di α determinati a Isprae a Modena si accordano con quelli definiti daTomasi (1982) a Bologna nello stesso periodostagionale, che presentano valori dei tre quar-tili eguali ad 1,4, 1,7 e 2,1.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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1 INTRODUZIONE

La capacità delle particelle di aerosol sospesein atmosfera di interagire con la radiazionesolare incidente, riflettendola indietro verso lospazio ed assorbendola, dipende sia dallaforma, concentrazione e composizione delleparticelle, sia dall’andamento della loro distri-buzione spaziale e temporale. Negli ultimianni sono state sviluppate diverse tecniche estrumentazioni in grado di ottenere informa-zioni sulle caratteristiche ottiche e fisichedelle particelle. Di particolare rilevanza sonole due reti di radiometri su scala globale,AERONET (http://aeronet.gsfc.nasa.gov) eSKYNET (http://atmos.cr.chiba-u.ac.jp) il cuicompito è quello di monitorare da terra le pro-prietà ottiche dell’aerosol, con lo scopo di stu-diare e caratterizzare il pulviscolo atmosferi-co, il suo andamento spaziale e temporale, edi fornire accurati risultati per la validazionedelle misure satellitari. Alla base di questo innovativo metodo diricerca, c’è il voler far luce sul ruolo che gliaerosol svolgono nel radiative forcing, ruolo

ritenuto tutt’ora dall’intera comunità scientifi-ca una delle fonti di maggiore incertezza nellastudio del cambiamento climatico. Questo lavoro è stato dedicato alla caratteriz-zazione di un tipo ben preciso di pulviscolo:l’aerosol urbano. In particolare i risultati pre-sentati riguardano l'aerosol della città diRoma e quello extra-urbano prodotto o tra-sportato nell’Area della Ricerca CNR di TorVergata, una zona rurale a poca distanza dalcentro urbano. Le misure sono state eseguiteda due radiometri (appartenti alle suddette retimondiali) e i risultati sono stati confrontaticon i valori forniti dal sensore MODIS sulsatellite TERRA.

2 MISURE E METODI

Misure simultanee sono state prese dal 2 apri-le al 5 novembre 2001, nel centro storico diRoma (12.5°E, 41.9°N) e nell’Area di RicercaCNR di Torvergata (12.6°E, 41.8°N; 14 kmdal centro della città in direzione SE). Nelprimo sito è stato usato un radiometro Prede,della rete internazionale SKYNET; nel secon-

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Caratterizzazione dell’aerosol urbano ed extraurbano mediante misure di telerilevamentopassivo da terra e da satellite

M. Campanelli1, G.P. Gobbi

1, C.Tomasi

2, T.Nakajima

3

1Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, CNR, Roma, Italia2Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, CNR, Bologna, Italia3Centro per la Ricerca del Sistema Climatico, Università di Tokyo, [email protected]

SOMMARIO: L’aerosol urbano misurato nella città di Roma e quello extraurbano nell’Area della RicercaCNR di Tor Vergata, sono stati caratterizzati mediante misure prese simultaneamente a terra da un radio-metro Prede, SKYNET, da un radiometro Cimel, AERONET, e dal sensore MODIS sul satellite TERRA.I primi due strumenti sono stati precedentemente intercalibrati mediante misure simultanee e confronto deiprodotti ottenuti. La tecnica di telerilevamento da terra usata in questo studio ha fornito risultati interes-santi e soddisfacenti, permettendo una esaustiva caratterizzazione dei due siti, necessaria per lo studio del-l’influenza dell’aerosol nel bilancio radiativo terreste.

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do sito le misure sono state prese con unradiometro Cimel facente parte della reteAERONET.Entrambi gli strumenti sono radiometri spettra-li a scansione che eseguono misure di radiazio-ne solare diretta e diffusa nel cielo, alle seguen-ti lunghezze d’onda: 400, 500, 870, e 1020 nmnel caso del Prede e 440, 532, 870, e 1020 nmnel caso di Cimel. I dati del Prede sono statielaborati con il codice Skyrad (Nakajima et al.,1983), mentre i dati del Cimel sono stati ela-borati con il codice standard del networkAERONET (Dubovik et al., 2000).Entrambi i nuclei dei due algoritmi sono basa-ti su un efficiente schema di trasporto radiati-vo che tiene conto dello scattering multiplo.Una procedura di inversione permette di rica-vare simultaneamente la funzione di distribu-zione di volume colonnare dell’aerosol, v(r),lo spessore ottico di estinzione in funzionedella lunghezza d’onda, τ(λ), il coefficiente diAngstrom, α, la funzione di fase, l’albedo discattering singolo, ω(λ), e l’indice di rifrazio-ne complesso, m-ik.

2 RISULTATI

2.1 La campagna di intercalibrazioneIn questo studio i due siti non sono moltodistanti fra di loro, ma presentano un carico diparticelle derivanti da sorgenti di naturadiversa. Per apprezzarne le differenze i duestrumenti sono stati precedentemente interca-librati mediante misure simultanee eseguite aTorvergata. Ciò ha permesso di definire l’in-certezza entro cui i risultati forniti dai duestrumenti possono essere comparati. Questaanalisi è anche un primo importante passoverso l’unificazione delle due reti internazio-nali AERONET e SKYNET, in quanto deter-mina una preliminare soglia di confrontabilitàdei parametri ottici e fisici forniti dai due net-work. Tale discorso è particolarmente impor-tante per lo spessore ottico che viene spessodefinito un “climate forcing agent”, ovvero unparametro il cui valore ha uno stretto legamecon i processi che determinano i cambiamen-ti climatici. Una sua accurata stima risulta

quindi essenziale. Ulteriori dettagli possonoessere trovati in Campanelli et. al. (2007).Le differenze percentuali fra i risultati ottenutidai due radiometri, sono mostrati in Tabella Iper τ, α ed ω.

Tabella 1: Differenze percentuali fra i valori rica-vati dai due strumenti.

* λ da 400 a 870 nm** λ = 1020 nm

Il confronto fra le distribuzioni di volume hamostrato che le funzioni ricavate dai duemodelli hanno lo stesso numero di modi evalori dei raggi modali molto simili, ma diffe-renti concentrazioni volumetriche delle parti-celle. Disaccordo è stato trovato anche perl’indice di rifrazione. La campagna di intercalibrazione ha quindiportato al risultato che per tutti i parametridirettamente confrontabili, differenze fraRoma e Torvergata inferiori al 10-12% nonpossono essere apprezzate. Questo risultato èmolto importante per la validazione dei datida satellite, qualora effettuata mediante con-fronto con strumenti di reti diverse.

2.2 Confronto fra i due sitiL’aerosol presente nella colonna atmosfericaal di sopra di ciascun sito, può essere conside-rato composto da due termini: uno prodottolocalmente (termine locale) ed uno trasporta-to dal vento o dalle correnti di circolazione agrande scala (termine avvettivo). Il termineavvettivo è stato messo in evidenza dividendoi dati in funzione della direzione del vento,mentre il termine locale può essere studiatoquando il precedente termine è trascurabile. Vista la posizione geografica di entrambi isiti, venti provenienti da NO sono consideratiportare aerosol urbano su Torvergata; ventiprovenienti da SO portano aerosol marino suentrambi i siti; quelli provenienti da SE porta-

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

448

Differenza %τ 10* - 12**α 10ω 10* - 12**

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no aerosol rurale ma anche una non trascura-bile componente di inquinanti; infine ventoproveniente da NE trasporta masse d’ariadalle montagne e quindi aria pulita in entram-bi i siti.L’analisi dei dati ha mostrato distribuzionidimensionali tipicamente bimodali in entrambii siti. In corrispondenza di venti dalle monta-gne (NE) l’atmosfera è risultata in entrambi isiti molto più pulita con presenza di particellemolto piccole. La differenza media in terminidi spessore ottico fra i due siti in questa situa-zione è di 0.01 in primavera e 0.03 in estate.Poiché in questo caso il termine avvettivo è tra-scurabile, questi valori possono essere conside-rati come la differenza media fra lo spessoreottico dei due aerosol localmente prodotti. In caso di vento dal mare (SO), in entrambi isiti è stato riconosciuto maggiore trasporto diaerosol marino durante l’estate grazie ad unapredominanza della concentrazione volume-trica delle particelle grandi (coarse mode) sulquella delle particelle fini (modo fine). In par-ticolare a Roma il rapporto fra la concentra-zione di volume del modo fine e il coarsemode ha messo in evidenza anche che in esta-te, insieme all’aumento di aerosol dal mare,cresce anche la concentrazione volumetricadel modo fine, e le caratteristiche assorbentidell’aerosol (w diminuisce). Entrambi questirisultati sono coerenti con l’aumento estivodel traffico lungo la costa vicino Roma.Quando il vento viene dalle aree rurali (SE)in entrambi i siti sono stati misurati alti valo-ri di τ e la presenza di particelle di grandidimensioni. Questi valori sono misurabilisolo nel primo mattino e sono dovuti allapresenza di maggiore umidità nell’aria.I casi di vento proveniente da NO, che tra-sporta aerosol urbano in entrambi i siti, sonocaratterizzati da alti valori di t in entrambi isiti, e maggiore contributo del modo finerispetto ai casi in cui il vento proviene daaltre direzioni.L’analisi dell’andamento diurno dello spes-sore ottico ha chiaramente messo in eviden-za, nei giorni in cui il vento proveniva preva-lentemente da NO, picchi di spessore ottico a

Roma durante le ore di punta, insieme allapresenza di particelle molto assorbenti e alnotevole aumento della concentrazione volu-metrica del modo fine. In corrispondenza,considerando la distanza fra i due siti e lavelocità media del vento, picchi di spessoreottico sono stati registrati dopo circa un orae mezza anche a Torvergata (Fig. 1).La parte reale dell’indice di rifrazione (m), inentrambi i siti, assume valori più bassi mag-giore è la presenza di aerosol urbano nell’aria.Per Roma il valore tipico della parte reale perun’atmosfera inquinata varia fra 1,39 e 1,41.Valori così bassi mostrano una non trascurabi-le presenza di acqua e di particelle igroscopi-che come i solfati di ammonio. I valori di spessore ottico in entrambi i siti (tC

per Tor Vergata, tP per Roma) sono stati con-frontati con quelli misurati da MODIS sulsatellite TERRA (tM). La risoluzione di 10 kmdi questo sensore ha permesso di distinguereentrambi i siti usando due pixel distinti. A 550nm, lo scatter plot fra tM e tP (Fig. 2) ha

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

449

Figura 1: Andamento giornaliero dello spessore ottico nelcaso di vento prevalentemente da NO.

Figura 2: scatter plot fra tM e tP ( sinistra) e fra tM e tC

(destra). Le linee tratteggiate indicano l’area di incertez-za di retrieval di tM come indicato dall’algoritmo diinversione

Page 150: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

mostrato che i valori di tM sono generalmentespostati verso l’alto di un valore costante(l’intercetta) pari a circa 0,12 per Roma e 0,23per Tor Vergata. Questo è dovuto ad un errorenella stima della riflettanza superficiale. Lapendenza della retta di regressione ha anchemostrato una generale sovrastima dello spes-sore ottico da parte di MODIS a Roma, ed unasottostima a Tor Vergata, dovuta probabil-mente a molteplici cause quali la scelta delmodello di aerosol, problemi di calibrazione odi inquinamento da nube.

5 CONCLUSIONI

La tecnica di telerilevamento usata in questostudio ha fornito risultati interessanti, permet-tendo una esaustiva caratterizzazione dei duesiti. Il confronto con i dati satellitari ha pro-dotto risultati meno soddisfacenti, mostrandoche la caratterizzazione dell’aerosol da satel-lite su superfici non omogenee, è ancora piut-tosto incerta. L’uso congiunto delle due tecni-

che risulta quindi necessaria e di primariaimportanza per lo studio dell’influenza del-l’aerosol nel bilancio radiativo terreste.

6 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Page 151: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

Diversi studi hanno mostrato che gli aerosolatmosferici possono produrre importantieffetti sul clima, sia direttamente diffondendoed assorbendo la luce solare, sia indirettamen-te modificando le proprietà delle nubi e i pro-cessi che regolano la loro formazione. Leincertezze quantitative su tali effetti continua-no ad essere molto grandi. Una misura del-l’effetto dell’aerosol sul clima è il cosiddettoforcing, cioè la variazione che esso induce sulflusso uscente di radiazione solare al top del-l’atmosfera (TOA).Metodi diversi sono utilizzati per valutare ivalori globali dell'effetto radiativo diretto degliaerosol. Nella maggior parte, essi usanomodelli globali di circolazione, accoppiati concodici di trasferimento radiativo (RTC), neiquali i dati di input possono essere costituiti damisure del carico verticale degli aerosol e/odella distribuzione delle loro sorgenti. Vistal'alta variabilità spaziale e temporale delladistribuzione degli aerosol, un problema cru-ciale sta nella disponibilità di tali informazioni.Negli ultimi anni, grazie al lancio di numerosisatelliti dotati di sensori specificatamente pro-

gettati per lo studio degli aerosol, la disponibi-lità di questo tipo di dati è aumentata enorme-mente. Il satellite Terra, una delle piattaformedel programma EOS della NASA, è al momen-to la maggior fonte di dati sugli aerosol. Essoporta a bordo, fra gli altri, il sensore MultiangleImaging SpectroRadiometer (MISR).Il sensore MISR è un radiometro a 4 canalispettrali (3 nel visibile e 1 nel vicino infraros-so) dotato di una elevata risoluzione spazialea terra (fino a 250 m). MISR impiega 9 tele-camere puntate ad angoli fissi, una rivolta alnadir e altre 4 coppie con diverse direzioni inavanti e indietro, rispetto alla direzione divolo del satellite. Questa configurazione per-mette di ricavare le proprietà degli aerosolpresenti in atmosfera, anche quando la super-ficie sottostante è molto riflettente (deserti oneve) o a morfologia complessa (montagne).Sulla stessa piattaforma si trova il sensoreClouds and the Earths Radiant Energy System(CERES), realizzato per la misura del flussodi radiazione riflessa e di quello emesso dalsistema superficie-atmosfera. Esso è dotato di3 canali spettrali: radiazione solare (0,3 – 5,0µm), finestra atmosferica (8 - 12 µm) e totale(da 0,3 a 100 µm).

451

Analisi di dati da satellite per lo studio della forzatura radiativa diretta degli aerosol su scala regionale

M. Mazzola, C. Lanconelli, A. Lupi, V. Vitale, C. TomasiIstituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima, CNR, Bologna, [email protected]

SOMMARIO: Un anno di dati forniti dal sensore MISR della NASA è stato utilizzato per lo sviluppo di unaprocedura basata sul codice radiativo di trasferimento 6S per la determinazione del termine di forzaturaradioattiva diretta istantanea indotta dagli aerosol al top dell’atmosfera ∆F, nell’area del Mediterraneo. Ilflusso misurato dal satellite CERES della NASA è stato utilizzato per validare il valore di questa grandez-za fisica mediante quello calcolato con la procedura. Si sono ottenuti valori medi mensili compresi tra –7,4 e –0,1 W/m2 per le terre emerse e tra – 11,2 e – 6,4 W/m2 per le aree marine. Valori positivi partico-larmente elevati sono stati riscontrati nelle regioni del Medio Oriente e del Sahara, in quanto indotti daparticelle di polvere desertica presenti in aree di elevata riflettività superficiale.

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In questo lavoro, è stata sviluppata una proce-dura che usa i dati MISR, assieme al codiceRTC 6S, per valutare il forcing diretto dell'ae-rosol nello spettro solare. Molti studi prece-denti sul forcing degli aerosol assumono unariflettività superficiale isotropa. Questomodello di superficie lambertiana non descri-ve realisticamente le proprietà di riflessionedelle superfici oceaniche e terrestri. Per que-sto motivo, si è qui usata esplicitamente lafunzione di distribuzione bidirezionale diriflessione (BRDF) fornita dal sensore diMISR. I dati di CERES sono stati utilizzatiper controllare alcuni risultati intermedi.

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

La procedura sviluppata utilizza il codiceRTC 6S, in una versione da noi appositamen-te modificata per adattarla ai nostri scopi. Ilflusso istantaneo al TOA è stato calcolatoall’ora di passaggio del satellite (10:30 LT) indue differenti situazioni: per l’atmosfera realee per una atmosfera ideale senza particelle diaerosol. Per questi calcoli, si valuta il forcingradioattivo istantaneo ∆F come differenza

∆F=F0-F (1)

dove F0 e F sono rispettivamente il flusso inassenza e in presenza di aerosol.I principali input utilizzati sono stati estrattidal MISR Level 2 Aerosol/Surface Product,che fornisce lo spessore ottico degli aerosol(AOD) e le proprietà fisiche degli stessi suuna scala di 17,6 km x 17,6 km, e la riflettivi-tà superficiale nei 4 canali MISR, alla risolu-zione di 1,1 km x 1,1 km,. Le proprietà fisichedegli aerosol sono disponibili sia su superficimarine che terrestri e sono espresse sulla basedi 24 modelli predefiniti. La riflettività super-ficiale viene definita per mezzo del modellobidirezionale Modified Rahman - Pinty –Verstraete (RPV). Visto che il RTC 6S preve-de l’utilizzo della versione standard delmodello RPV, si è reso necessario creare unaspecifica subroutine per adattarlo al tipo diprodotto MISR. Attualmente, la riflettività di

superfici d’acqua non è disponibile come pro-dotto MISR ed è quindi stato utilizzato ilmodello di riflettività bidirezionale inclusonel RTC 6S, accoppiato con i dati di velocitàe direzione del vento calcolati dal modelloGlobal Data Assimilation System (GDAS) delNOAA's Air Resources Laboratory (ARL).La risoluzione spaziale degli output delmodello è di 1° x 1°. Nel prodotto MISR ven-gono inoltre fornite informazioni supplemen-tari, quali la geometria del sistema Sole - tar-get terrestre - satellite e i contenuti colonnaridi ozono e vapore acqueo. Tutti i parametri diinput sono stati riscaldata alla risoluzione di17,6 km x 17,6 km.Prima di integrare la radianza per ottenere ilflusso totale al TOA, si è controllato che ilvalore calcolato fosse in accordo con il valoremisurato da MISR, così come fornito nel pro-dotto Level 1B2: Georectified RadianceProduct. Per questo confronto sono state uti-lizzate le radianze misurate dalle cameredenominate DF, AN e DA (orientate nelladirezione di scansione, in quella di nadir enella direzione opposta, rispettivamente) esono stati analizzati due passaggi sulla zonad’interesse per ogni mese.È stato poi calcolato sulla stessa scala, il flus-so di radiazione al TOA per integrazione dellaradianza ottenuta con il RTC 6S. Per ognipixel, è stato valutato il contributo dei pixelche lo attorniano, sia in termini di contenutoatmosferico che di riflettanza superficiale.L’altezza del TOA è stata fissata a 20 km(Loeb et al., 2002).I parametri di riflettività superficiale bidire-zionale forniti da MISR sono disponibili solonei 4 canali spettrali definiti sopra. Al contra-rio, il flusso al TOA va determinato su tutto lospettro solare da 0,3 a 4 µm. È stato quindinecessario sviluppare una procedura capacedi convertire i valori di flusso narrowbandforniti da MISR in un valore broadband rela-tivo a tutto lo spettro solare. A tal fine, si sonoeffettuati prima i calcoli relativi alle quattrobande spettrali MISR, per le quali sono stateaggiunte al RTC 6S le opportune rispostespettrali. Successivamente, si è provveduto ad

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

452

Page 153: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

applicare una formula di conversione linearedella forma:

Fsw = a F1 + b F2 + c F3 + d F4 + e (2)

dove Fsw è il flusso al TOA sull’intero spettrosolare, mentre Fi (i = 1,4) sono i flussi calco-lati nelle singole bande. I coefficienti di que-sta formula sono stati ottenuti mediante unaprocedura di best fit tra Fsw

* e Fi* (i = 1,4),

mentre i corrispondenti valori di flusso sonostati calcolati per una serie di situazioni atmo-sferiche e per diverse condizioni di riflettivitàsuperficiale isotropa di andamento spettralenoto: questo approccio è basato sui risultaticonseguiti da Liang (2001) sulla conversionenarrowband-broadband dell’albedo.

Il flusso di radiazione così calcolato in pre-senza di aerosol è stato poi confrontato con ilflusso clear-sky istantaneo al TOA misuratodal sensore CERES ed estratto dal prodottoMonthly Gridded TOA/Surface Fluxes andClouds, con una risoluzione spaziale di 1° x1°. La Figura 1 mostra un esempio di tale con-fronto, per il mese di giugno 2003.Infine, è stato calcolato il forcing ∆F, nei ter-

mini di Eq. (1). La Figura 2 presenta un esem-pio di distribuzione geografica della mediamensile su tutta l’area considerata.

3 RISULTATI RILEVANTI

È stato analizzato l’insieme dei dati MISRraccolti per un anno (gennaio-dicembre 2003)nella regione del Mediterraneo (30° N – 50°N, 15° W - 45° E), al fine di valutare il forcingistantaneo degli aerosol al TOA.Per quanto riguarda il confronto delle radian-ze misurate/simulate, i risultati rivelano (i)sovrastime pari al + 1,1%, 4,5%, 4,1% e 4,6%(relative ai quattro canali MISR) rispetto alsegnale misurato su superfici di terra, e (ii)sottostime pari a − 8,6%, 6,0%, 7,7% e 12,9%rispetto ai segnali misurati su superfici mari-ne nei quattro canali. Quest’ultima sottostimaè documentata in letteratura (Su et al., 2002).Il flusso calcolato dalla procedura risulta sot-tostimato del 3% su terra e del 18% su acqua,rispetto al flusso misurato da CERES (valorimedi annuali), in parte a causa delle ancoraincomplete e non del tutto realistiche assun-zioni fatte sui modelli di riflettanza dellesuperfici d’acqua.

4 CONCLUSIONI

La presente analisi ha fornito valori medimensili del forcing istantaneo ∆F che variano(i) tra – 7,4 e –0,1 W/m2 su terra, con un valo-re medio annuo di – 3,7 W/m2, (ii) tra – 11,2

a b c d e- - - - W/m2

Terreno 0,089 0,021 0,244 0,407 2,631Mare 0,429 -0,229 -1,072 2,087 -9,206

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

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Tabella 1: Coefficienti di conversione per il calco-lo del flusso come in Equazione 2.

Figura 2: Forcing medio mensile per il mese di settembre.Figura 1: Confronto tra flusso calcolato e flusso misura-to da CERES per il mese di giugno.

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e – 6,4 W/m2 su acqua, con un valore medioannuo di – 8,7 W/m2, e (iii) tra – 8,1 e – 3,6W/m2 per l’intero insieme dei dati, con unvalore medio annuo di – 5,6 W/m2 (Fig. 3).I valori calcolati per il momento di passaggiodel satellite Terra sono risultati essere insostanziale accordo con i corrispondenti valo-ri medi giornalieri di Zhang et al. (2005). Irisultati ottenuti possono essere confrontaticon altri valori riportati in letteratura per lazona del Mediterraneo:(a) valori negativi non inferiori a − 10 W/m2

determinati da Zhang et al. (2005) sumare;

(b) valori compresi tra − 6 e − 1 W/m2

(Chung et al., 2005), sia su terra che sumare, valutati attraverso l’analisi di datiMODIS;

(c) valori compresi tra − 6 and − 4 W/m2

(Chou et al., 2002) ricavati su mare dadati SeaWifs;

(d) valori medi mensili variabili tra – 9,3W/m2 (Aprile) e – 5,5 W/m2 (Ottobre)ottenuti da Yu et al. (2004) su terra emare.

Tale confronto mostra un sostanziale accordotra i risultati qui ottenuti e le più recenti stimedi ∆F ricavate dai dati forniti dai satelliti.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

454

Figura 3. Variazione annua del valore medio mensile delforcing sull’intera area del Mediterraneo.

Page 155: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

1.1 L’importanza degli aerosolGli aerosol, pur essendo un costituente atmo-sferico minore, influenzano considerevolmen-te il bilancio radiativo terrestre e quindi ladistribuzione della temperatura in atmosfera eal suolo, inducendo anche cambiamenti nelladistribuzione spettrale della radiazione. Ciòdipende fortemente sia dalla tipologia chedalla distribuzione verticale degli aerosol.L’IPCC (Intergovernmental Panel on ClimateChange) ha identificato negli effetti degliaerosol sul clima uno dei principali contributiancora incerti. Infatti, il clima è influenzatodagli aerosol sia direttamente, attraverso pro-cessi di diffusione e di assorbimento, e siaindirettamente, in quanto incidono sulla for-mazione e sulle proprietà delle nubi, sulle pre-cipitazioni e sui processi chimici che avven-gono in troposfera e stratosfera. In particola-re, non sono ancora chiari gli effetti degliaerosol troposferici in quanto il tempo di per-manenza, le proprietà fisiche, la composizio-ne chimica, le caratteristiche dell’indice di

rifrazione, così come le risultanti proprietàottiche, rilevanti dal punto di vista dello stu-dio del clima, sono altamente variabili neltempo e nello spazio a causa della molteplici-tà delle sorgenti e dei processi meteorologici.Lo studio degli aerosol è considerato unapriorità nell’ambito del programma interna-zionale GEOSS (Global Earth ObservationSystem of Systems).Risulta pertanto necessaria la disponibilità diun set di dati aerosolici acquisiti con sistema-ticità contenenti informazioni di natura quan-titativa e relativi alle distribuzioni verticale,orizzontale e temporale, includendone anchela variabilità a scala continentale. Un ulterio-re aspetto importante è l’osservazione a lungotermine, essenziale affinché i dati possanoessere utilizzati per ricostruire su tempi lunghila storia del clima e i trend futuri.In questo contesto, le tecnologie lidar (LightDetection And Ranging) costituiscono lo stru-mento più potente per colmare il gap costitui-to dalla mancanza di informazioni sulla distri-buzione verticale degli aerosol e per studiarnei meccanismi di trasporto a lungo range.

455

La rete lidar europea “EARLINET” per lo studio degli aerosol a scala continentale

G. Pappalardo1 e il team di EARLINET1Istituto di Metodologie per l’Analisi Ambientale, CNR, Tito Scalo (Pz), [email protected]

SOMMARIO: Le attuali conoscenze sulla distribuzione degli aerosol sono alquanto insufficienti per poterconsentire una accurata comprensione del ruolo degli aerosol nei cambiamenti cimatici e ambientali sia ascala regionale che globale. Il miglioramento del sistema osservativo degli aerosol produrrà grandi bene-fici nei diversi contesti previsti dall’Implementation Plan di GEOSS (Global Earth Observation System ofSystems). In particolare, il telerilevamento basato sulla tecnologia laser costituisce lo strumento miglioreper fornire informazioni sulla distribuzione verticale degli aerosol, importanti per comprendere i mecca-nismi di trasporto e di trasformazione. In questo contesto, EARLINET-ASOS (European Aerosol ResearchLidar Network - Advanced Sustainable Observation System), un progetto europeo nato sulla base dell’in-frastruttura EARLINET, contribuirà al miglioramento della rete osservativa. Le osservazioni lidar forni-ranno un data set pluriennale su scala continentale, necessario per la valutazione dell’impatto degli aero-sol sull’ambiente, a scala sia Europea che globale, e di supporto per le future missioni satellitari.

Page 156: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

1.2 Una rete lidar a scala europea: EARLINETÈ per rispondere a questa problematica scien-tifica che, nel 1999, diversi gruppi di ricercaeuropei decidono di dar vita ad una rete diosservazioni per lo studio degli arosol a scalaeuropea effettuate mediante sistemi lidar:EARLINET (European Aerosol ResearchLidar Network). Nel 2000 hanno così inizio leattività della rete, proseguite ininterrottamen-te fino ad oggi, prima finanziate nell’ambitodel V programma quadro, poi proseguite subase volontaria, e, infine, finanziate nell’am-bito del VI programma quadro come infra-struttura europea, attraverso il progetto quin-quennale EARLINET-ASOS (AdvancedSustainable Observation System), di cui ilCNR-IMAA è coordinatore e nel cui ambitorientrano l’attività di ricerca e i risultati ripor-tati di seguito.

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

2.1 Le attività nell’ambito di EARLINETEARLINET (http://www.earlinetasos.org) èuna rete coordinata di stazioni che usano latecnica lidar per misure di profili verticali diaerosol. È la prima rete lidar realizzata con loscopo di costruire un database, completo estatisticamente significativo, contenenteinformazioni quantitative sulla distribuzione

degli aerosol a scala continentale. Al momen-to, fanno parte della rete 24 stazioni lidardistribuite sul continente europeo (Fig. 1).L’attività della rete si basa sulla realizzazionedi misure a cadenza fissata, su un programmamirato ad assicurare la qualità dell’analisi deidati e delle prestazioni degli apparati strumen-tali, e sulla generazione di dati in formatostandard.Le stazioni lidar effettuano sistematicamentetre misure settimanali, a giorni e orari fissati,in modo da ottenere misure prive di bias.Ulteriori misure vengono effettuate per osser-vare eventi particolari come intrusioni di pol-veri di origine sahariana, incendi, episodi dismog fotochimico ed eruzioni vulcaniche.Nell’ambito della rete è presente un servizio diallerta che segnala l’arrivo di polveri di origi-ne sahariana, e un servizio che fornisce leretro-traiettorie per ciascuna stazione, perricostruire la storia delle masse d’aria chehanno portato gli aerosol sulla stazione, tenen-do conto anche della distribuzione verticale.A partire da maggio 2006, EARLINET èimpegnata nel programma di validazionedella nuova missione satellitare CALIPSO(NASA/CNES), il primo satellite con a bordoun lidar per misure di aerosol a scala globale.L’integrazione tra i dati di CALIPSO e quellidi EARLINET potrà fornire uno studio moltodettagliato sulla distribuzione degli aerosolsull’Europa.Nell’ambito della rete, particolare attenzioneè sempre rivolta alla qualità dei dati; per que-sto motivo esperimenti di confronto sia tra levarie strumentazioni che tra le varie procedu-re di analisi utilizzate sono realizzati sistema-ticamente (Matthias et al., 2004; Pappalardoet al., 2004a).Le misure lidar sono iniziate su base regolarenel maggio 2000 ed il database di EARLINETrappresenta, fino ad ora, il più grande databa-se di distribuzioni di aerosol su scala conti-nentale. Al momento contiene più di 25000profili di aerosol in termini di estinzione,backscatter e lidar ratio ed è di grande interes-se non solo per studi climatologici ma ancheper i modellisti.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Figura 1: Distribuzione geografica delle stazioni lidar diEARLINET sul continente europeo.

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Tutti i file sono divisi in differenti categorierelative a osservazioni regolari (misure pro-grammate tre volte la settimana) e osservazio-ni speciali: climatologia (misure regolari);cirri; cicli diurni per lo studio della dinamicanello strato limite planetario; eruzioni vulca-niche; incendi; osservazioni di episodi dismog fotochimico in grandi città; osservazio-ni in contesti urbani e rurali; polveriSahariane; aerosol stratosferici.Le attività attuali di EARLINET sono inseritenell’ambito del progetto EARLINET-ASOS epossono essere sintetizzate come segue: Controllo di qualità. Definizione di strumentiper il controllo della qualità sia a livello dellastrumentazione che dei prodotti. A tal fine,vengono realizzate campagne di misura diconfronto e calibrazione dei vari sistemi lidar.Ottimizzazione della strumentazione. Migliorarele tecnologie utilizzate ed arrivare ad una stan-dardizzazione della strumentazione utilizzata.Particolare rilievo viene dato all’automazionedei sistemi lidar, per poter migliorare la copertu-ra temporale delle misure. Ottimizzazione dell’analisi dati. Standardiz-zazione delle procedure di analisi dati per farsì che i dati provenienti da tutte le stazionisiano analizzati quasi in tempo reale. Database. Realizzazione di un comune data-base aggiornato continuamente in manieraautomatica. Un’interfaccia web garantirà faci-lità e velocità di accesso ai dati prodotti dallesingole stazioni alla comunità.Scambio di esperienze. Continuo scambio diinformazioni sia tra tutti i partecipanti al pro-getto che con la comunità scientifica esterna ei vari end users.

3 RISULTATI RILEVANTI

I risultati scientifici ottenuti a partire dai datiraccolti nell’ambito di EARLINET sono mol-teplici e di grande interesse. Infatti hanno pro-dotto il primo studio sulla variabilità delleproprietà ottiche degli aerosol sull’Europa(Matthias et al., 2004b), studi climatologici ascala più locale (Mattis et al., 2004), studi sueventi di polveri Sahariane (Mona et al.,

2006), su eruzioni vulcaniche (Villani et al.,2006), su incendi di biomasse, su trasporti alungo range (Wandinger et al., 2004), su for-cing radiativo degli aerosol (Wendish et al.,2006), sulle implicazioni delle polveri neimodelli di previsione meteorologica (Péres etal., 2006). Inoltre, sono stati sviluppati algo-ritmi per ottenere le proprietà microfisichedegli aerosol (raggi effettivi, concentrazioni,indici di rifrazione, e albedo di singolo scatte-ring) a partire da dati lidar Raman a più lun-ghezze d’onda (Böckmann et al., 2005).I risultati sono stati qui riassunti in base alleparticolari tematiche di studio, riportando atitolo di esempio una pubblicazione per cia-scuna tematica. L’elenco completo è moltopiù esteso e può essere trovato sul sito web diEARLINET. Si tratta solo di alcuni esempi dirisultati, che sono però di rilevante importan-za per lo studio del ruolo degli aerosol sulbilancio radiativo terrestre, e sui cambiamen-ti climatici e ambientali.

4 PROSPETTIVE FUTURE

La rete EARLINET è ormai uno strumento diriferimento a livello mondiale per le osserva-zioni delle distribuzioni 4-D degli aerosol ascala continentale.La rete sta continuando a crescere con nuovestazioni lidar e nell’ambito di essa si stannosviluppando sistemi lidar Raman in grado difornire anche informazioni sulle proprietàmicrofisiche degli aerosol.Si sta lavorando per ottimizzare il processa-mento dei dati in modo da renderli disponi-bili quasi in tempo reale, anche in vista dellarealizzazione di una rete a copertura globale.Questo contribuirà in maniera significativa anuovi studi più quantitativi relativi all’impat-to degli aerosol sul clima e sull’ambiente, allavalidazione di nuovi sensori satellitari e allosviluppo di modelli climatici ed ambientali.

5 RICONOSCIMENTI

EARLINET ha ricevuto diversi riconosci-menti internazionali:

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

457

Page 158: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

- dalla Comunità Europea che ha riconosciutol’importanza di tale rete come infrastrutturaeuropea, finanziando EARLINET-ASOSnell’ambito del VI programma quadro;

- dalla NASA, che ha visto nella rete unostrumento valido per il confronto e l’inte-grazione dei dati di CALIPSO;

- dall’ESA, in vista delle prossime missionisatellitari ADM-Aeolus e EarthCARE.

- dal WMO che vede in EARLINET il nucleoda cui partire per la costituzione diGALION (GAW Aerosol Lidar ObservationNetwork), una rete di reti lidar per lo studiodegli aerosol, inserita in GAW (GlobalAtmospheric Watch), un osservatorio distri-buito sul globo per il monitoraggio sistema-tico della composizione dell’atmosfera e deiparametri fisici a scala globale e regionale.

6 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Böckmann C., Mironova I., Müller D.,Schneidenbach L., Nessler R., 2005.Microphysical aerosol parameters frommultiwavelength lidar. J. Opt. Soc. Am. A,22(3): 518-528.

Mattis I., Ansmann A., Müller D., Wandinger U.,Althausen D., 2004. Multiyear aerosolobservations with dual-wavelength Ramanlidar in the framework of EARLINET. J.Geophys. Res., 109: D13203, doi: 10.1029/2004JD004600.

Matthias J., Bösenberg J., Freudenthaler V.,Amodeo A., Balis D., Chaikovsky A.,Chourdakis G., Comeron A., Delaval A.,de Tomasi F., Fixmann R., Hågård A.,Komguem L., Kreipl S., Matthey R.,Mattis I., Rizi V., Rodriguez J.A.,Simeonov V., Wang X., 2004a. Aerosollidar inter-comparison in the framework ofthe EARLINET project. 1 – Instruments.Appl. Opt., 43(4): 961-976.

Matthias V., Balis D., Bösenberg J., Eixmann R.,Iarlori M., Komguem L., Mattis I.,Papayannis A., Pappalardo G., Perrone M.R.,Wang X., 2004b. The vertical aerosol distri-bution over Europe: statistical analysis ofRaman lidar data from 10 EARLINET sta-

tions. J. Geophys. Res., 109: D18201, doi:10.1029/2004JD004638.

Mona L., Amodeo A., Pandolfi M.,Pappalardo G., 2006. Saharan dust intru-sions in the Mediterranean area: threeyears of Raman lidar measurements. J.Geophys. Res., 111: D16203, doi 10.1029/2005JD006569.

Pappalardo G., Amodeo A., Pandolfi M.,Wandinger U., Ansmann A., Bosenberg J.,Matthias V., Amiridis V., De Tomasi F.,Frioud M., Iarlori M., Komguem L.,Papayannis A., Rocadenbosch F., WangX., 2004. Aerosol lidar intercomparison inthe framework of the EARLINET project.3 - Raman lidar algorithm for aerosolextinction, backscatter and lidar ratio.Appl. Opt., 43(28): 5370-5385.

Pérez C., Nickovic S., Pejanovic G.,Baldasano J.M., Özsoy E., 2006.Interactive dust-radiation modeling: a stepto improve weather forecasts. J. Geophys.Res., 111: D16206, doi:10.1029/2005JD006717.

Villani M.G., Mona L., Maurizi A.,Pappalardo G., Tiesi A., Pandolfi M.,D'Isidoro M., Cuomo V., Tampieri F.,2006. Transport of volcanic aerosol in thetroposphere: the case study of the 2002Etna plume. J. Geophys. Res., 111:D21102, doi:10.1029/2006JD007126.

Wandinger U., Mattis I., Tesche M., AnsmannA., Bösenberg J., Chaikovski A.,Freudenthaler V., Komguem L., Linné H.,Matthias V., Pelon J., Sauvage L.,Sobolewski P., Vaughan G., Wiegner M.,2004. Air-mass modification over Europe:EARLINET aerosol observations fromWales to Belarus. J. Geophys. Res., 109:doi: 10.1029/2004JD005142.

Wendisch M., Müller D., Mattis I., AnsmannA., 2006. Potential of lidar backscatterdata to estimate solar aerosol radiative for-cing. Appl. Opt., 45(4): 770-783.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Page 159: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

L’aerosol immesso in atmosfera da processinaturali o dalla attività umana ha un ruoloimportante nei cambiamenti climatici.L’aerosol atmosferico influenza il bilancioradiativo del sistema Terra-Atmosfera, inquanto diffonde ed assorbe la radiazione sola-re e terrestre. Il fattore che caratterizza le proprietà ottichedell’aerosol è l’indice di rifrazione n = nr – i ni,dove nr è la parte reale responsabile delloscattering (riflessione, rifrazione, diffrazio-ne), ed ni è la parte immaginaria, che misural’assorbimento della radiazione.La parte immaginaria è collegata all’assorbi-mento della radiazione da parte delle particelle epresenta un valore tanto più elevato tanto più laparticella è assorbente (ad es. il quarzo ha ni ≅0,mentre per particelle carboniose ni≅ 0.66). Il valore dell’indice di rifrazione dipende preva-lentemente dalla composizione chimica e dallalunghezza d’onda della radiazione incidente.Pertanto si osservano variazioni nello scatteringe nell’assorbimento per aerosol di diversa origi-ne (rurale, urbano, marittimo). Particelle igro-

scopiche (e.g. solfato e nitrato di ammonio, salimarini) presentano valori dell’indice di rifrazio-ne che dipendono anche dalla umidità relativadell’aria, in quanto l’assorbimento di vaporacqueo determina una variazione della compo-sizione chimica delle particelle. Inoltre in gene-rale le particelle di aerosol non sono compostipuri ma prevalentemente si tratta di nucleimisti, inorganici e/o organici. Le modalità concui vengono misurati i valori dell’indice dirifrazione di singoli composti (in laboratorio) odi aerosol atmosferico sono molteplici (remotesensing, strumentazione a terra o su aerei).

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

Nel 2005 è stata effettata a Lecce una campa-gna di misura nel corso della quale si è cam-pionato aerosol atmosferico mediantel’INSPEC, uno spettrometro inerziale chepermette di separare su filtro le particelle inbase al loro diametro aerodinamico (Prodi etal., 1979). Dalla curva di calibrazione dellostrumento è possibile dedurre il diametroaerodinamico delle particelle campionatenelle diverse striscie del filtro, e con esame al

459

Misura dell’indice di rifrazione di particelle di aerosol mediante nefelometro polare

F. Prodi1,2

, L. Di Matteo1, G. Santachiara

1, F. Belosi

1

1Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima, CNR, Bologna, Italia2Dipartimento di Fisica, Università di Ferrara, [email protected]

SOMMARIO: Nel corso di una campagna di misure (Lecce, 2005) si è campionato aerosol atmosfericomediante INSPEC, uno spettrometro inerziale che consente di depositare su filtro aerosol e di separarlo inbase al diametro aerodinamico. Lo scopo è quello di ricavare l’indice di rifrazione delle particelle.Utilizzando un nefelometro polare sono state effettuate misure di forward-scattering (range 30-60°) del-l’aerosol campionato sul filtro, preventivamente diafanizzato. La sorgente luminosa è un laser He-Ne(λ = 632 nm, P=20mW). Per il calcolo teorico dello scattering delle singole particelle viene utilizzata lateoria di Mie. L’indice di rifrazione viene ricavato con un programma di calcolo, che richiede come inputi dati sperimentali di scattering ed il raggio delle particelle.

Page 160: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

SEM è possibile dedurre anche il diametrogeometrico.La tecnica utilizzata per la misura dell’indicedi rifrazione dell’aerosol campionato in que-sta campagna di misura consiste nell’effet-tuare misure di scattering con un nefelometropolare (Mennella e Prodi, 1993). La calibrazione del nefelometro è stata effet-tuata in laboratorio utilizzando filtri su cuisono state campionate con INSPEC particelledi NaCl e di polistirene Latex.Le misure di scattering richiedono la diafaniz-zazione del filtro. Lo schema dell’apparatosperimentale (nefelometro polare) è illustratonella figura seguente (Fig. 1). Esso consiste sinteticamente di un laser He-Ne (λ = 632 nm, P=20mW), un fotodiodo, unfotomotiplicatore, un supporto per il filtrodiafanizzato, un dispositivo per lo spostamen-to angolare del fotomoltiplicatore, un sistemadi acquisizione dati. Il fascio di luce emesso dal laser colpisce il fil-tro, e la luce scatterata (forward scattering nelrange 30° e 60°) viene ricevuta dal fotomolti-plicatore. Poiché le particelle sono depositatesul filtro e separate in base al diametro aerodi-namico, è possibile esaminare zone del filtrocontenenti particelle che si possono considera-re monodisperse. Il calcolo dell’indice di rifrazione avvienemediante un complesso programma di calco-lo, che richiede in input le misure sperimenta-li di scattering e del raggio delle particelle.Utilizzando i risultati ottenuti si ricava unafunzione χ2 che, minimizzata nello spazio (nr,ni), fornisce il valore dell’indice di rifrazione(Fig. 2).Viene utilizzata la teoria di Mie per il calcoloteorico dello scattering delle singole particel-

le. La intensità della luce scatterata da unasfera di raggio r, con un indice di rifrazionecomplesso n e ad un angolo θ ( nell’ipotesi diradiazione monocromatica polarizzata linear-mente) è data da:

I (θ, Φ, n, α) = [I0 / (k2 R2)] β(θ, Φ, n, α) (1)

dove: θ è l’angolo di scattering, cioè l’angoloformato dalla direzione del raggio incidente edi quello scatterato; Φ, angolo di polarizazio-ne; k =2π/λ; R, distanza tra la particella ed ilsensore ottico; α = 2πr/λ, parametro di Mie;β(θ, Φ, n, α), funzione di scattering. Se si ha una popolazione di aerosol polidisper-so, l’intensità della luce scatterata è data da:

I (θ, Φ, n, α) = [I0 / (k2 R2)] ∫ β(θ, Φ, n, α)m(r) dr (2)

dove m(r) dr è il numero di particelle con rag-gio nel range (r, r+dr).Da questa equazione si evidenzia la necessitàdi conoscere la funzione m(r) per poter effet-tuare una inversione dei dati di scattering ed

ottenere l’indice di rifrazione delleparticelle considerate.

3 RISULTATI RILEVANTI

Nella tabella sottostante vengonoriportati i valori dell’indice di rifra-zione complesso per alcuni filtri

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

460

Figura 1: Schema dell’apparato sperimentale.

Figura 2: Diagramma di flusso dell’algoritmo.

Page 161: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

(Φ=π/2) misurati sperimentalmente col nefe-lometro polare.Si può osservare che per i singoli filtri vi èuna variazione dell’indice di rifrazione perparticelle con diverso diametro, che si trova-no in distinte zone del filtro. Queste variazio-ni, che riguardano sia la parte reale che imma-ginaria, indicano tra l’altro una diversa com-posizione chimica delle particelle considerate,e quindi una diversa provenienza delle massed’aria campionate. Consideriamo il filtro n.8, campionato per 24ore a decorrere dalle ore 12 del 22/04/2005.Osservando le back-trajectories e le previsioniBolam (850hPa) si nota che le masse d’ariaprovengono da Ovest ad ogni livello, con motoprevalente in ambiente marino (Fig. 3).Il valore dell’indice di rifrazione misurato(parte complessa praticamente nulla), confer-ma questa indicazione.

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

461

Filtro Raggio nr ni

µm8 0.43 1.48 09 0.43 1.66 018 1.8 1.57 0.098

0.43 1.48 020 2.9 1.70 0.076

2.8 1.67 0.0570.4 1.60 0

21 2.8 1.65 02 1.64 0

0.4 1.46 026 1.6 1.77 0

0.43 1.53 0.0041

Tabella 1: Valori di indice di rifrazione speri-mentali.

Figura 3: Previsioni Bolam (ore 00 del 21/04/2005).

Page 162: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

Per il filtro n. 21 (campionato dal 18 al20/07/2005) back-trajectories, circolazioneatmosferico, spessore ottico ed immaginiMODIS evidenziano un trasporto di polveriprovenienti dal Nord Africa (Fig. 4). Il valoreottenuto per l’indice di rifrazione (r = 0,4 µm)è 1,46-0i, mentre un valore riportato per SaharaDust è n= 1,5-0,0045i (Gupta e Wall, 1981).

4 PROSPETTIVE FUTURE

È possibile apportare miglioramenti alle inda-gini effettuate tagliando longitudinalmente ilfiltro campionato ed utilizzare la metà del fil-tro per l’indagine sopra riportata e la parterimanente per effettuare un’analisi chimicadell’aerosol in modo da associare gli indici dirifrazione con la composizione chimica del-l’aerosol.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Gupta R.P., Wall T.F., 1981. The complexrefractive index of particles. J. Phys. D:Appl. Phys., 14: 95-98.

Mennella A., Prodi F., 1993. Optical characte-rizationof size separated aerosol particlesof different composition and morphologywith a polar nephelometer. Pure Appl.Opt., 2: 471-488.

Prodi et al., 1979. An inertial spectrometer ofaerosol particles. J. Aerosol Sci., 101:411-419.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

462

Figura 4: Previsioni Bolam (ore 00 del 19/07/2005).

Page 163: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

Il rapporto 2007 dell’IntergovernamentalPanel on Climate Change (IPCC, 2007,http://www.ipcc.ch) conferma che l’aerosolatmosferico di origine antropica gioca unruolo importante nella modifica del bilancioradiativo del pianeta. A fronte di un riscalda-mento di circa 3 W/m2 introdotto dai gasserra, l’aerosol antropogenico causa un raf-freddamento di -0.5 W/m2 nella sua interazio-ne diretta con la radiazione solare e terrestre(assorbimento e diffusione) e di -0.7 W/m2

tramite le modifiche che introduce nella for-mazione e nella vita delle nubi (effetto indi-retto). Mentre l’effetto dei gas serra è bencompreso, il livello di comprensione dei pro-cessi legati all’aerosol è ancora basso.Ricordiamo che sotto la definizione di aerosolricade tutto il particolato in sospensione inatmosfera e che va dalle dimensioni di pochinanometri (cluster molecolari) ad alcune deci-ne di micron (Raes et al., 2000). Particelle diquesto tipo sono prodotte da una gran quanti-tà di processi naturali (spray marino, polveriminerali, emissioni biogeniche, eruzioni vul-caniche) ed antropici (emissioni industriali e

da trasporti, combustione di biomasse, lavora-zioni agricole e dei suoli). A confronto dei gasserra quali il CO2, l’aerosol troposferico hatempi di vita estremamente brevi, dell’ordinedella settimana. Di conseguenza gli effetticollegati all’emissione di queste particellehanno un carattere regionale/continentalepiuttosto che globale. Il nostro lavoro mira aduna caratterizzazione climatologica dell’aero-sol (cercando inoltre di separarne gli effettinaturali da quelli antropogenici) per fornirneuna valutazione dell’impatto su parametri diinteresse sia climatico che ambientale. A que-sto scopo utilizziamo tecniche di telerileva-mento sia da terra che da satellite (e.g.:http://ars.ifa.rm.cnr.it).

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

2.1 Dal globale al localeIn Figura 1 sono mostrati gli andamenti dellospessore ottico dell’aerosol (AOD) osservatidal sensore MODIS (Moderate ResolutionImaging Spectroradiometer) nel periodo2000-2006 nella fascia di latitudine 35-50N.L’AOD quantifica l’estinzione alla quale èsottoposta la radiazione solare nel passaggio

463

Climatologia dell’aerosol atmosferico: telerilevamentodi variabili con impatto climatico e ambientale

G.P. Gobbi1, F. Angelini

1, F. Barnaba

2, T.C. Landi

1

1Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, CNR, Roma, Italia2Institute for Environment and Sustainability, Climate Change Unit, JRC, Ispra (VA), [email protected]

SOMMARIO: L’aerosol atmosferico ha effetti sia sul clima del pianeta che sull’ambiente. La comprensionedei processi legati all’aerosol ed alla sua componente antropica costituiscono una delle sfide della ricercain scienze dell’atmosfera. Vengono qui introdotte alcune tecniche di osservazione avanzate di caratteristi-che fisiche dell’aerosol e viene discussa la loro rilevanza nella definizione di un quadro globale che per-metta di valutare più accuratamente gli effetti dell’azione umana sul clima. Sono quindi presentati alcunirisultati di osservazioni di lungo termine dell’aerosol effettuate presso la stazione CNR ISAC di Romamirate a fornirne le proprietà radiative, di distribuzione con la quota e di macro-caratteristiche utili a defi-nirne l’impatto sia sul clima che sull’ambiente.

Page 164: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

da fuori l’atmosfera (I0) al suo arrivo al suolo,(IG) e.g., IG=I0 exp (-AOD). La Figura 1mostra come a tutte le scale (dalla globale allalocale) esista una modulazione stagionale chevede l’AOD del periodo estivo superare l’in-vernale di un fattore 2-3. Questa variabilità èlegata all’intensificarsi dei processi fotochi-mici, dell’evaporazione, dell’inaridimento deisuoli e delle emissioni biogeniche che caratte-rizzano la stagione calda. I modelli di circola-zione generale più recenti stimano un contri-buto antropico all’AOD totale che varia tra il10 ed il 50% circa (Schultz et al., 2006), unrange ancora troppo esteso per permetteresimulazioni di alta affidabilità. Il valoremedio (25±11%) dei 12 modelli confrontati ècomunque vicino al valore medio di 21±7%,stimato da osservazioni MODIS su mare(Kaufman et al., 2005).Gli effetti della stagione calda sono ben illu-strati dai profili lidar (radar laser) misurati aRoma nel 2001 e riportati in Figura 2. Lemedie estive (JJA) mostrano chiaramente ladiffusione verticale di aerosol raggiungere i 6km, quota 2-3 volte maggiore di quella tipicadella stagione invernale (DJF). Il lidarVELIS, da noi sviluppato per ottenere serieclimatologiche di profili di aerosol consenteosservazioni fino alla tropopausa con una

risoluzione verticale di ∼100m. Una descri-zione del sistema, delle relative procedure dianalisi e della climatologia per l’anno 2001 èfornita in Gobbi et al. (2004). La sensibilità diquesto strumento alla polarizzazione dellaluce laser riflessa dal particolato permetteinoltre di distinguere particelle sferiche (aero-sol liquido) da quelle non sferiche (polveriminerali, cristalli di ghiaccio). Questa capaci-tà permette di rivelare efficientemente la pre-

senza di nubi di polverisahariane e cirri.L’avvezione sahariana rap-presenta uno dei principalicontributi naturali “trans-frontalieri” all’aerosol nellaregione del Mediterraneo.Questi eventi hanno unimpatto sia climatico chesulla qualità dell’aria anco-ra poco definito. Le osser-vazioni lidar da noi con-dotte a Roma dal 2001 adoggi rivelano la presenza dipolveri sahariane sulla cittànel 25-30% dei giorni del-l’anno. Combinando questeosservazioni con misure diPM10 al suolo e con previ-

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

464

Figura 1: Andamento dell’AOD globale osservata da MODIS Terra e mediata nellafascia di latitudine 35-50N nel periodo 2000-2006.

Figura 2: Climatologia dei profili del coefficiente diestinzione a 532 nm misurato dal lidar VELIS a RomaTor Vergata nell’estate (JJA) e l’inverno (DJF) 2001.

Page 165: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

sioni modellistiche è stato possibile stabilireche nel 2001 il contributo medio al PM10 deglieventi sahariani a Roma è stato di ∼20 µg/m3 eche il numero di eventi con contributo alPM10> 30 µg/m3 è stato di ∼25/anno, quelli con∆PM10> 50 µg/m3 di ∼4/anno (Gobbi et al.,2007). Considerato che il fondo regionale delPM10 nel Lazio è di ∼20 µg/m3, ciò comportache circa 25 volte l’anno la soglia dei 50 µg/m3

viene superata solo grazie a questi eventi natu-rali. Oggi il numero massimo di “sforamenti”per anno consentiti prima di incorrere in proce-dure di infrazione della normativa europea è di35, dal 2010 sarà di 7. Questi risultati indicanoche gli eventi sahariani hanno (e avranno sem-pre più) un ruolo determinante nel far superarei limiti di legge sulla qualità dell’aria. È quindievidente come indicatori quali il PM10 (ma lostesso vale per il PM2.5) non rappresentino unbuon parametro su cui valutare i livelli diinquinamento antropico.La conoscenza della distribuzione con la quotadell’aerosol e delle sue proprietà è importantenei calcoli di trasferimento radiativo destinati avalutarne l’impatto sul clima. Infatti da taledislocazione dipendono sia la diffusione del-l’energia riflessa dal suolo e dalle nubi che ladeposizione dell’energia assorbita (riscalda-mento). La climatologia lidar raccolta a TorVergata negli ultimi sei anni è destinata a con-tribuire anche a questo studio. Le stesse osser-vazioni lidar sono inoltre impiegate nelladeterminazione di proprietà dell’aerosol alsuolo (quali il retrieval di PMx) sulla base diosservazioni radiometriche da satellite. È infat-ti crescente l’interesse a poter valutare daremoto e su grande scala la presenza ed il tra-sporto di inquinanti quali gli aerosol antropo-genici. In questo ambito si colloca il progettoQUITSAT dell’Agenzia Spaziale Italiana a cuistiamo partecipando con il compito di determi-nare la “funzione peso” con cui distribuire allevarie quote il valore (colonnare) di AOD osser-vato da satellite.

2.2 Climatologia AeronetL’errore tipico delle misure di AOD da satel-lite è del 30% circa. Analoghe misure fatte da

terra sono caratterizzate da errori di ~1-2%. Èquindi normale che le osservazioni da satelli-te siano impiegate per fornire il quadro globa-le, mentre osservazioni da terra servano a“validare” le prime e a studiare processi conmaggior dettaglio. In questo ambito si collo-cano le osservazioni dei fotometri della reteAeronet (http://aeronet.gsfc.nasa.gov). Oltrealla misura di AOD a più lunghezze d’ondaquesti fotometri forniscono il valore del con-tenuto colonnare di vapore acqueo (PW) e, damisure della radianza del cielo a vari angoli,la distribuzione dimensionale, l’indice dirifrazione, il fattore di asimmetria e l’albedo

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

465

Figura 3: Climatologia per il periodo 2003-2006 dal foto-metro Aeronet di ISAC Roma Tor Vergata per le variabi-li AOD (a); α (b); PW (c); e SSA (d).

Page 166: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

di singolo scattering SSA (rapporto tra il coef-ficiente di scattering e quello di estinzione)colonnari dell’aerosol. Questi parametri sonoalla base del calcolo dell’impatto radiativodell’aerosol sul clima.La nostra stazione Aeronet opera dal febbraio2001 e sia le misure che vari dati ancillarisono disponibili sul sito Aeronet, stazione“Roma Tor Vergata”. Un quadro delle osser-vazioni di questi anni è fornito in Figura 3,dove sono riportati i valori mensili di AOD,del coefficiente di Angstrom α, di PW e diSSA. Il coefficiente di Angstrom:

α= -ln(AOD2/AOD1) / ln(λ2/λ1) (1)

fornisce la dipendenza spettrale dell’AOD.Quello calcolato in Figura 3 tra le lunghezzed’onda λ1=440 nm e λ2=870 nm (Fig. 3) assu-me indicativamente valori >1 in presenza diaerosol submicrometrici (come la maggiorparte dell’aerosol antropico) e valori <1 inpresenza di aerosol supermicrometrici (qualiaerosol marino o polveri minerali). La climatologia Aeronet di Roma Tor Vergatariportata in Figura 3 conferma la variazionestagionale osservata da MODIS a tutte lescale e la mostra fortemente correlata con ilmassimo in PW che si osserva nella stagionecalda. L’aumento estivo in AOD appare quin-di ben spiegabile con una crescita igroscopicadell’aerosol. Allo stesso tempo viene registra-to in Figura 3d un minimo estivo nell’albedodi singolo scattering che indica un aumentodell’assorbimento dell’aerosol. Questa carat-teristica è spiegabile con l’aumento di polveriminerali presenti nella stagione calda, il cuieffetto è visibile nella riduzione del coeffi-ciente α, nei mesi di maggio e ottobre, quan-do cioè l’idratazione dell’aerosol non è anco-ra predominante. È importante notare come ilmassimo estivo che caratterizza la colonnaatmosferica (AOD) si contrapponga ad unminimo nelle misure di PM effettuate a terra(Gobbi et al., 2007). Il fenomeno è spiegatodalla più efficiente diffusione in quota caratte-ristico della stagione calda.

3 RISULTATI RILEVANTI E PROSPETTIVE

Si è mostrato come l’impiego contemporaneo diosservazioni dallo spazio e da terra di caratteristi-che fisiche dell’aerosol atmosferico permette dicrearne una rappresentazione quadridimensiona-le. In particolare è stata evidenziata l’importanzadi conoscere la distribuzione verticale delle parti-celle (lidar) e di basare gli studi di impatto clima-tico su lunghe serie di misure capaci di definire lavariabilità nel tempo e la componente antropicadell’aerosol. Come sottolineato nel rapportoIPCC 2007 la comprensione di questi processi haancora un forte margine di incertezza. Le attivitàqui presentate mirano tutte a ridurre tale margine.

4 RINGRAZIAMENTI

Questo lavoro si svolge attualmente nell’am-bito dei progetti AEROCLOUDS del MUR eQUITSAT dell’Agenzia Spaziale Italiana.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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Kaufman Y.J., Boucher O., Tanré D., Chin M.,Remer L.A., Takemura T., 2005. Aerosolanthropogenic component estimated fromsatellite data. Gephys. Res. Lett., 32:L17804, doi:10.1029/2005GL023125

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Schulz M., Textor C., Kinne S. et al., 2006.Radiative forcing by aerosols as derivedfrom the AeroCom present-day and pre-industrial simulations. Atmos. Chem.Phys., 6: 5225-5246.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

466

Page 167: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

Limitandoci alle cause di variazioni climati-che derivanti dalla rivoluzione industriale edall’uso massiccio dei combustibili fossili, vene sono di note e quantificate (gas serra) e dimeno note e da approfondire (aerosol e nubi).Per quanto riguarda gli aerosol e le nubi ilcontributo al forcing radiativo non è ancoraconosciuto. Le nubi assorbono e riflettono laradiazione solare (onda corta) con conseguen-te variazione dell’albedo, attraverso la varia-zione di spessore ottico. Infatti l’albedoaumenta al crescere dello spessore ottico, alcrescere della concentrazione delle gocciolinee della loro dimensione. Inoltre l’assorbanza èstrettamente legata all’indice di rifrazionedelle goccioline ed alle proprietà ottiche dellanube. Pertanto considerevoli variazioni dellecaratteristiche ottiche di una nube possonoessere causate dalle particelle di aerosol, inparticolare dagli aerosol di origine antropica.L’effetto dell’aerosol antropico sulla microfi-sica delle nubi è un processo molto comples-so e ancora poco noto. Nella regione delleonde lunghe, ogni strato di nube emette radia-

zione termica verso l’alto e verso il basso. Ingenerale una nube emette più radiazione ter-mica verso il basso (essendo la parte inferiorepiù calda di quella superiore) cosicché essacontribuisce maggiormente a rafforzare l’ef-fetto serra dell’atmosfera. Essendo lo spesso-re ottico delle nubi nell’infrarosso relativa-mente grande (almeno per la stragrande mag-gioranza delle nubi), la radiazione termicaemessa dalla superficie terrestre e dagli stratiatmosferici sottostanti viene quasi integral-mente attenuata dalla nube. Il valore dell’irra-dianza emessa dall’atmosfera verso lo spazioesterno dipende principalmente della tempe-ratura delle strato superiore della nube.L’estinzione da parte delle nubi avviene perscattering ad assorbimento. Il valore dipendedallo spessore ottico delle nubi, che a suavolta dipende dallo spessore geometrico, dallaconcentrazione delle goccioline e dalle lorocaratteristiche chimiche e fisiche. Una varia-zione dell’indice di nuvolosità (percentualedella superficie terrestre coperta da nubi)comporterebbe ovviamente una variazionedell’albedo complessivo del pianeta e conesso effetti di riscaldamento o raffreddamento

467

Microfisica delle nubi e loro impatto sul clima

F. Romano1, E. Di Tomaso1, T. Montesano1, E. Ricciardelli1, V. Cuomo1,E. Geraldi2

1Istituto di Metodologie per l’Analisi Ambientale, CNR, Tito Scalo (Pz), Italia2Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali, CNR, Tito Scalo (Pz), Italia [email protected]

SOMMARIO: Il sistema climatico è un sistema complesso, e la storia del passato ci ha insegnato che a voltesono bastate piccole variazioni per innescare, anche rapidamente, dei feedback che hanno portato a gran-di cambiamenti climatici. Le interazioni tra le molteplici variabili sono legate da una dinamica non linea-re, ovvero non sono riducibili a equazioni dove il rapporto causa-effetto è identificabile e prevedibile conaccuratezza. L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha identificato le nubi come uno deglielementi più incerti nei modelli di cambiamenti climatici. Le nubi hanno un ruolo molto importante nelcambiamento del clima: influiscono sulla temperatura globale o bilancio energetico della Terra e contri-buiscono in maniera fondamentale ai cambiamenti climatici a lungo termine. La nuova generazione deisensori satellitari polari e geostazionari avente una maggiore risoluzione spaziale, temporale e spettrale,rappresenta un ottimo strumento per lo studio del ruolo delle nubi e delle precipitazioni.

Page 168: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

a seconda delle caratteristiche delle nubi. Daqui la necessità di una maggiore conoscenzadella microfisica delle nubi e del loro ruolonei cambiamenti climatici. I sensori satellitaridi nuova generazione (aventi migliore risolu-zione temporale, spettrale e spaziale) rappre-sentano un valido strumento al loro studio eanche l’unico, visto le ampie zone del globosprovviste di stazioni a terra.

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

L’attività di ricerca è incentrata sulla stima diparametri utili allo studio e alla parametrizza-zione delle nubi usufruendo dei dati misuratida differenti sensori satellitari nelle differentiregioni spettrali (visibile, infrarosso emicroonde). Sono stati sviluppati algoritmi emetodologie per l’individuazione e la classifi-cazione dei sistemi nuvolosi per i differentisensori. La metodologia è basata sui soli datisatellitari e in alcuni casi sfrutta la sinergia deidifferenti sensori, migliore risoluzione spet-trale di alcuni e migliore risoluzione spazialee temporale di altri. L’individuazione dellearee nuvolose è indispensabile sia per la stimadei profili di temperatura e umidità dell’atmo-sfera sia per lo studio della superficie e sia perlo studio delle aree nuvolose. Particolareattenzione è rivolta ai sistemi convettivi causaspesso di eventi estremi. Parte degli algoritmirelativi alla individuazione delle aree nuvolo-se sono state implementate nella catena diprocessamento (ground-segment) di IASI, uninterferometro ad alta risoluzione spettralesulla piattaforma METOP. E’ stato sviluppa-to uno nuovo schema per la stima dellaradianze chiare (cloud clearing), le radianzeche il sensore misurerebbe per lo stesso profi-lo atmosferico ma in assenza di nubi. Taleapproccio rispetto a quelli operativi almomento è molto interessante perché nonrichiede nessuna assunzione rispetto all’altez-za e al tipo della nube e al profilo atmosfericonei pixel adiacenti a quello nuvoloso. Loschema è basato solo sulle radianze individua-te chiare e sulle caratteristiche del campochiaro ricavate da sensori a microonde meno

sensibile alla presenza di molti corpi nuvolo-si. Le radianze chiare sono utilizzate per lastima del forcing radiativo delle nubi(Ellingson, 1989). Per forcing radiativo siintende un cambiamento nella radiazionenetta media alla sommità della troposfera,causato da un cambiamento della radiazionesolare o infrarossa. Un forcing radiativo,quindi, produce una perturbazione del bilan-cio tra la radiazione entrante e quella uscentedalla tropopausa. Un forcing radiativo positi-vo tende mediamente a riscaldare la superficiementre un forcing radiativo negativo tendemediamente a raffreddare la superficie. Si stalavorando alla generalizzazione di algoritmiper la stima delle precipitazioni da dati misu-rati da sensori nelle microonde e alla stimadell’irraggiamento solare sulla superficie ter-restre in funzione della presenza di corpinuvolosi e tenendo conto dell’orografia delsuolo sulla base di dati e prodotti stimati damisure satellitari. L’irradianza solare allasuperficie è un dato di grande interesse neldiscorso del risparmio energetico e nell’utiliz-zo dell’energie alternative.

3 RISULTATI RILEVANTI

Gli algoritmi e le metodologie sono state svi-luppate e implementate per differenti sensorisia a bordo di piattaforme polari (NOAA,METOP, AQUA, TERRA) sia a bordo di piat-taforme geostazionarie (MSG, GOES). Inparticolare lo schema per la stima dell’altezzadella nube, lo spessore, la fase, la quantità diacqua liquida e ghiaccio contenuto è stato svi-luppato integrando le informazioni prove-nienti dai sensori MODIS (The ModerateResolution Imaging Spectroradiometer),AIRS (the Atmospheric Infrared Sounderinstrument) e AMSU (The AdvancedMicrowave Sounding Unit). Lo schema iniziacon l’individuazione delle aree nuvolose e delnumero di strati nuvolosi presenti. Selezionada una look-up-table in base ad una serie diinformazioni i parametri con cui inizializzareil codice di trasferimento radiativo RT3(Amorati et. al., 2002). Le temperature di bril-

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Page 169: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

lanze per differenti canali dell’infrarosso edelle microonde ottenute dalle simulazioni equelle misurate vengono confrontate sino ache i risultati ottenuti hanno l’accuratezzadesiderata. L’integrazione delle informazioniprovenienti dai vari sensori è molto interes-sante, basti pensare che difficilmente utiliz-zando solo l’infrarosso sarebbe possibile farequalsiasi tipo di stima riguardo ad esempio lostrato di nube più vicino alla superficie. Lemicroonde grazie alla loro maggiore penetra-zione dei corpi nuvolosi rappresentano un vali-do strumento per l’indagine dei corpi nuvolosi,l’infrarosso di suo ha una migliore risoluzionesia spaziale sia verticale. Scopo fondamentaledella metodologia è riuscire ad indagare contecniche satellitari passive la distribuzione spa-ziale e verticale dei corpi nuvolosi. I prodottiottenuti sono stati validati con prodotti misura-ti da terra e i risultati ottenuti sono molto sod-disfacenti (Romano et al., 2007). Figura 1mostra la stima di precipitazione basata su datimisurati da AMSU confrontata con le stimedell’ECMWF (European Centre for Medium-Range Weather Forecasts). Lo schema di cloud clearing è stato applicatoa dati A(TOVS) misurati dai sensori HIRS(High Resolution Infrared Radiation Sounder)e AMSU, la tecnica è stata validata sulla basedei dati AVHRR (Advanced Very HighResolution Radiometer) e sulla base dei datistimati dall’analisi dell’ECMWF. Il confrontoha dimostrato l’alta accuratezza del metodo e

la sua superiorità rispetto ai metodi almomento operativi del tipo N* (Cuomo et al.,1999). Le radianze chiare stimate dallo sche-ma possono essere utilizzate per la stima deiprofili atmosferici o del vapor d’acqua(Fig. 2). La figura 2 mostra un confronto tra ilvapor d’acqua stimato in aree non nuvolose equello stimato utilizzando le radianze chiarericostruite dall’algoritmo di cloud clearing. Irisultati ottenuti dalle radianze ricostruitemostrano la stessa accuratezza di quelle sti-mate nelle aree chiare. Gli algoritmi sviluppati sono stati adattati eimplementati per l’uso dei dati simulati IASI(Infrared Atmospheric Sounding Interferometer).IASI è parte del programma Eumetsat PolarSystem (EPS) Metop lanciato nell’Ottobre2006. Scopo della missione IASI è la stima diparametri meteorologici accurati (tra questiprofili di temperatura e vapor d’acqua). Lostrumento è un interferometro Michelson adalta risoluzione. Esso copre la regione spettra-le che va da 645 a 2760 cm-1 con una risolu-zione spettrale che va da 0.25 e 0.5 cm-1.Tuttavia la natura dei dati IASI permetterà diapprofondire la conoscenza riguardo al cam-biamento climatico, alla chimica dell’atmosfe-ra e alla meteorologia. La differenza (forcing radiativo delle nubi) trala quantità del flusso ad onda lunga al top del-l’atmosfera (OLR) ricavato dai dati misurati equella ricavata dai dati chiari ottenuti appli-cando lo schema di cloud clearing da noi svi-

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

469

Figure 1: Confronto tra la stima di precipitazione daAMSU/B e le stime ottenute dalla rianalisi dell’ECMWF.

Figura 2: Stima del vapor d’acqua da dati identificatichiari e dati ricostruiti dall’algoritmo di cloud clearing.

Page 170: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

luppato, permette di dare una stima del ruolodelle nubi nei processi radiativi. La figura 3mostra il forcing radiativo delle nubi per 2differenti sensori.

4 PROSPETTIVE FUTURE

Gli algoritmi per la stima dei parametri micro-fisici delle nubi saranno implementati per idati misurati da IASI e integrati con le infor-mazioni provenienti dai sensori attivi tipoCPR (Cloud Profiling Radar) e CALIOP(Cloud Aerosol Lidar with OrtogonalPolarization) in orbita dal 2006.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

470

Figura 3: Forcing radiativo delle nubi e relativo erroreper 2 differenti sensori NOAA.

Page 171: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

1.1 Studio dell’atmosfera e del clima in areemontaneLa comprensione dei meccanismi che regola-no il clima a livello globale parte dalla cono-scenza dettagliata delle condizioni a cui il pia-neta è sottoposto. A tal fine, la scienza neces-sita di informazioni precise ed aggiornate perstudiare la composizione dell’atmosfera ed iprocessi che in essa hanno luogo. Aree di altamontagna rappresentano luoghi privilegiatiove le condizioni di fondo dell’atmosfera, cioènon direttamente influenzate dall’attività del-l’uomo, possono essere adeguatamente inda-gate. Le misure qui eseguite possono essereconsiderate rappresentative di vaste aree geo-grafiche, fornendo così importanti informazio-ni circa le variazioni su breve e lungo terminedelle concentrazioni dei gas in traccia clima-alteranti e degli aerosol atmosferici, valutandol'incidenza di eventi estremi di inquinamento

su differenti scale spazio-temporali (GTOS -Global Change e Mountain Regions, 1999).Per tali ragioni, attività di monitoraggio incontinuo di composti atmosferici svolte pressoStazioni Montane di Alta Quota (HighMountain Observatories - HMO), svolgono unruolo fondamentale per definire costantemen-te lo stato dell’atmosfera.

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

2.1 La Stazione “O. Vittori” di Monte CimoneSulla vetta del Mt. Cimone, a 2165 m di quota,si trova la Stazione “O. Vittori” del ConsiglioNazionale delle Ricerche - Istituto di Scienzedell'Atmosfera e del Clima. Essa è ospitatanelle strutture del Servizio Meteorologicodell’Aeronautica Militare che sulla vetta diMt. Cimone gestisce il proprio OsservatorioMeteorologico. Le numerose attività di ricercasvolte presso la Stazione “O. Vittori” sono ilfrutto della collaborazione con l’Istituto di

471

Lo studio dell'atmosfera e del clima presso la Stazione WMO-GAW “O. Vittori” di Monte Cimone (2165 m slm)

P. Cristofanelli1, J. Arduini2, U. Bonafè1, F. Calzolari1, A. Marinoni1,M. Maione2, F. Roccato1, P. Bonasoni1

1Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, CNR, Bologna, Italia2Istituto di Scienze Chimiche, Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, [email protected]

SOMMARIO: Stazioni di ricerca in alta montagna possono ottenere informazioni rappresentative di vastearee geografiche circa le caratteristiche dell’atmosfera, valutando l’influenza che le attività umane hannosugli andamenti di importanti composti atmosferici. Gestita dall’Istituto di Scienze dell’Atmosfera delClima del CNR, grazie alle collaborazioni con Enti ed Istituzioni Italiane e straniere, la Stazione“O. Vittori” a Monte Cimone (44.18N, 10.70E; 2165 m slm) ospita una serie di attività sperimentali perlo studio del clima e dell’inquinamento. Questo avviene grazie al monitoraggio in continuo di gas in trac-ce, delle caratteristiche fisiche e chimiche degli aerosol atmosferici, dei composti radioattivi naturali, dellaradiazione solare e dei parametri meteorologici. In oltre dieci anni di attività, questa Stazione, parte attivadella rete GAW-WMO, oltre a tracciare importanti serie storiche di vari composti inquinanti e clima-alte-ranti, ha contribuito a meglio caratterizzare alcuni processi chimico-fisici che avvengono nella bassa tro-posfera del bacino del Mediterraneo e dell’Europa meridionale.

Page 172: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

Scienze Chimiche dell'Università di Urbino, ilLaboratorio di Radiochimica Ambientaledell'Università di Bologna, ARPA Emilia-Romagna, Regione Emilia-Romagna, il JointResearche Centre di Ispra, il CNRS –“Université Blaise Pascal” di ClermontFerrand (Francia) ed ovviamente il ServizioMeteorologico dell’Aeronautica Militare.L'attività di ricerca scientifica condotta sullavetta più elevata dell'Appennino settentrionaleè praticamente unica nel suo genere in Italia,sia per il numero di parametri rilevati che per laqualità dei dati acquisiti. Ciò ha permesso alleattività condotte presso Mt. Cimone di essereinserite in una ventina di progetti di ricercanazionali ed internazionali. In particolare, laStazione “O. Vittori” è l’unico sito di misura inItalia che, dal 1996, contribuisce al programmaGlobal Atmospheric Watch (GAW) dellaWorld Meteorology Organization (WMO) perquanto riguarda le misure di ozono superficia-le. Più recentemente, inoltre, la Stazione èdivenuta uno dei venti “European Supersites”per la misura dell’aerosol atmosferico afferen-ti al progetto UE EUSAAR. Presso la stazionedi Mt. Cimone vengono anche effettuate misu-re in continuo di un gran numero di gas clima-alteranti, come quelli inseriti nel protocollo diKyoto: CH4, N2O, SF6, e gli idrofluorocarburi(HFC) - nonché i gas regolati dal Protocollo diMontreal, quali i clorofluorocarburi (CFC), gliidroclorofluorocarburi (HCFC), gli halon, isolventi clorurati ed il metil bromuro. Inoltresono monitorati H2, CO, ed altri composti alo-genati come le metil alidi. Tali misure, svoltegrazie alla collaborazione con l’Istituto diScienze Chimiche dell’Università degli Studidi Urbino, sono effettuate nell’ambito di pro-getti internazionali e si rifanno alla scala dicalibrazione utilizzata nell’ambito della reteglobale di monitoraggio AGAGE (AdvancedGlobal Atmospheric Gases Experiment), utiliz-zando le medesime procedure di valutazionedella qualità del dato.Un aspetto importante dell'attività sperimenta-le riguarda l'elevata tecnologia di cui è dotatoil laboratorio, che consente di eseguire misurecon continuità durante tutto l'anno nonostante

le avverse condizioni meteorologiche chespesso caratterizzano il sito di misura.Essendo la Stazione completamente automa-tizzata, la maggior parte della strumentazioneè controllata in modo remoto direttamente dalCNR di Bologna grazie al collegamento satel-litare a banda larga fornito dalla rete telemati-ca “Lepida” della Regione Emilia-Romagna.Ciò permette di controllare gli andamenti deidati acquisiti, verificandone la correttezza epermettendo di intervenire tempestivamentein caso di malfunzionamenti.

3 RISULTATI RILEVANTI

Le attività condotte a Mt. Cimone hanno per-messo di meglio definire il ruolo che diversiprocessi di trasporto possono avere sulle carat-teristiche di fondo dell’aerosol atmosferico edei gas in traccia nella troposfera dell’Europameridionale e dell’Italia settentrionale (labibliografia relativa a queste attività di ricerca èconsultabile all’indirizzo: ww.isac.cnr.it/cimo-ne/papers). In particolare, a causa delle vasteimplicazioni nell’ambito della meteorologia,della qualità dell’aria e dei cambiamenti cli-matici (Jacobson, 2002), la determinazionedelle proprietà e delle caratteristiche dell’aero-sol atmosferico rappresenta un aspetto fonda-mentale nella comprensione del sistema atmo-sfera (Solomon et al., 2007). Di notevole inte-resse sono anche i risultati ottenuti nell’ambi-to dello studio dei processi in grado di influen-zare le concentrazioni dell’ozono superficiale(O3). Questo composto, infatti, svolge unruolo fondamentale nel determinare la capaci-tà ossidativa dell’atmosfera e, nel contempo,rappresenta un efficiente gas serra (Solomonet al., 2007). Inoltre, a causa del suo elevatopotere ossidante, elevate concentrazioni diquesto gas sono dannose per gli esseri viventie contribuiscono a ridurre la resa delle coltiva-zioni agricole (EEA, 2005).

3.1 Fenomeni di trasporto di masse d’ariainquinateAnalisi dei composti atmosferici e dei parame-tri meteorologici rilevati a Mt. Cimone, combi-

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Page 173: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

nate con simulazioni ottenute attraversomodelli di circolazione atmosferica e dati dasatellite, hanno permesso di evidenziare comefenomeni di trasporto di masse d’aria inquina-te (sia su scala ragionale, che continentale)possano influenzare i livelli di fondo dei gas intraccia e le proprietà dell’aerosol atmosferico. Sebbene in media, il livello di inquinanti regi-strato a Mt. Cimone sia di gran lunga inferioredi quello presente nelle aree urbane e ruralisituate a quote inferiori, le attività di monito-raggio in continuo delle concentrazioni di O3superficiale, delle quantità colonnari di O3 edNO2, della concentrazione di black-carbon,della distribuzione dimensionale delle particel-le e dei gas serra alogenati, hanno permesso diverificare che masse d’aria inquinate prove-nienti dall’Europa continentale e dal NordItalia possono interessare, in particolare nelperiodo estivo (es. 2003, 2006), anche zoneremote come le aree montane. Elevate concen-trazioni di O3 sono state raggiunte nel corsodell’ondata di calore dell’estate 2003, quandomasse d’aria provenienti dall’Europa centrale edallo strato di rimescolamento della PianuraPadana hanno raggiunto il sito di misura.Tuttavia, elevate concentrazioni di ozono sonostate registrate anche in concomitanza conmasse d’aria provenienti da oltre 3000 m diquota, suggerendo la presenza di elevate con-centrazioni di O3 anche nella cosiddetta “tropo-sfera libera” dell’Europa. Ciò sembra dovutoall’eccezionale estensione verticale dello stratolimite atmosferico tipico dei fenomeni di“ondata di calore” che favorirebbe il trasportodi O3 e dei suoi precursori a quote elevate e laloro successiva stratificazione. Si è inoltre evi-denziato come un contributo non trascurabilealle alte concentrazioni di O3 registrate durantel’estate 2003 a Mt. Cimone possa essere statofornito dalle emissioni di precursori provenien-ti dai numerosi incendi presenti nel Nord Italiadurante il periodo considerato.

3.2 Fenomeni naturali di trasporto: le intru-sioni di masse d’aria dalla stratosferaConsiderando l’importanza che l’O3 riveste introposfera quale efficiente gas serra (Solomon

et al., 2007), la conoscenza di come le sueconcentrazioni possano essere influenzate dafenomeni di intrusioni di masse d’aria di ori-gine stratosferica risulta fondamentale.Infatti, durante tali eventi di origine naturale,la concentrazione di O3 a Mt. Cimone puòanche raddoppiare, come messo in evidenzadall’analisi di diversi casi di studio. L’analisisistematica di questi fenomeni ha messo inevidenza che, in media, tali eventi interessanoMt. Cimone per circa 36 giorni all’anno, conun massimo stagionale in inverno ed un mini-mo in primavera-estate. La frequenza di talieventi, inoltre, sembra essere correlata positi-vamente (negativamente) con l’andamentodella NAO (North Atlantic Oscillation)durante il periodo invernale (autunnale).

3.3 Fenomeni naturali di trasporto: aerosolminerale dal Nord AfricaMt. Cimone rappresenta uno dei primi rilievimontuosi incontrati dalle masse d’aria, spessoricche di sabbia Sahariana, che dal NordAfrica si spingono verso l’Europa. Le misurein continuo della distribuzione dimensionaledell’aerosol nel periodo agosto 2002 – giugno2006, unitamente all’analisi delle traiettorie,hanno permesso di identificare 63 eventi ditrasporto di aerosol minerale dal Nord Africa(in media, 22 eventi/anno). La più alta fre-quenza di tali fenomeni si registra in primave-ra-estate. Tuttavia, eventi particolarmenteintensi sono stati registrati anche in autunno.Le osservazioni condotte a Mt. Cimone hannoevidenziato che le concentrazioni di fondodell’O3 registrate in concomitanza con taletipologia di eventi sono sistematicamenteridotte (-10%) rispetto alle condizioni tipichedel fondo atmosferico. Tali risultati eviden-ziano il ruolo svolto dalle particelle di aerosolminerale nel favorire una diminuzione dellaconcentrazione di O3 in troposfera, attraversoprocessi di chimica eterogenea ed interazionecon la radiazione solare. In Emila-Romagna,l’analisi dei dati registrati dalle centraline dimonitoraggio di qualità dell’aria ha eviden-ziato che, in occasione di eventi identificati aMt. Cimone, sono stati registrati incrementi di

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

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Page 174: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

PM10 anche al di sopra della soglia consenti-ta dalla normativa vigente. Ciò suggerisce cheoltre all’impatto che l’aerosol minerale puòavere sul clima (Solomon et al., 2007), nonmeno rilevante risulta il contributo che talecomponente può giocare nella corretta valu-tazione e determinazione dei livelli di inqui-namento delle città italiane.

4 PROSPETTIVE FUTURE

Le prospettive future della Stazione diRicerca “O. Vittori“ sono legate al manteni-mento in funzione della Stazione stessa, sia intermini di tecnologia che di personale. Ciòpermetterebbe di continuare a garantire glielevati standard di qualità richiesti nelle misu-re qui condotte. Solo in questo caso sarà pos-sibile proseguire, ed eventualmente ampliare,le attività tese a studiare le concentrazioni egli andamenti di diversi composti atmosfericiin funzione dei processi chimico-fisici cuisono soggetti. Ciò permetterà di contribuire ameglio determinare l’influenza che fenomeninaturali o antropici possono avere sulla com-posizione dell’atmosfera di fondo. La prose-cuzione delle misure che tracciano le seriestoriche di gas serra ottenute a Mt. Cimonerappresenteranno un fondamentale supportoper la verifica della conformità agli obblighiimposti dai protocolli internazionali (es.Kyoto e Montreal).

5 RICONOSCIMENTI

La Stazione “O. Vittori” è parte delle reti:GAW-WMO, EUSAAR (European Supersitesfor Atmospheric Aerosol Research), SOGE(System for Observation of halogenatedGreenhouse gases in Europe) e GREEN-NET(Rete Nazionale per la Misura dei Gas adEffetto Serra).

6 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Becker A., Bugmann H., 1999. GTOS -Global Change e Mountain Regions.IGBP (Ed.), Stockolm, Sweden.

European Environment Agency. 2005. TheEuropean Environmental State andOutlook 2005. EEA (Ed.), Copenhagen,Danimarca.

Solomon S., Qin D., Manning M., Alley R.B.,Berntsen T., Bindoff N.L., Chen Z.,Chidthaisong A., Gregory J.M., Hegerl G.C.,Heimann M., Hoskins B.J., Joos F., Jouzel J.,Kattsov V., Lohmann U., Molina M.,Overpeck J., Raga G., Ramaswamy V., RenJ., Rusticucci M., Somerville R., StockerT.F., Whetton P., Wood R.A., Wratt D., 2007.Technical Summary. In: Climate Change2007: The Physical Science Basis.Contribution of Working Group I to theFourth Assessment Report of theIntergovernmental Panel on ClimateChange. Solomon, S., D. Qin, M. Manning,Z. Chen, M. Marquis, K.B. Averyt, M.Tignor and H.L. Miller (Eds.). CambridgeUniversity Press, Cambridge, UK.

Jacobson M.Z., 2002. Atmospheric Pollution:history, science and regulation. CambridgeUniversity Press, Cambridge, UK.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Page 175: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

1.1 Studio dell’atmosfera e del clima in altaquotaIl monitoraggio della composizione atmosferi-ca ad alta quota riveste un ruolo importantenegli studi sul cambiamento climatico, graziealla possibilità di identificare fenomeni diver-si, quali i cambiamenti delle concentrazionimedie, la variabilità e la stagionalità dei com-posti atmosferici, così come l’aumento dellafrequenza delle condizioni di elevato inquina-mento (GTOS, Global Change e MountainRegions, 1999). Inoltre le stazioni di altaquota, poste lontane dalle sorgenti antropiche,sono siti ideali per monitorare le condizioni difondo della libera troposfera e per identificarei fenomeni di trasporto orizzontale e verticale

di masse d’aria inquinate. In particolare lacatena himalayana, posta tra due regioni tra lepiù inquinate e a rapido sviluppo del pianeta(India e Cina) rappresenta un punto di osserva-zione privilegiato per valutare l’impatto del-l’inquinamento atmosferico alle alte quote. Lacatena himalayana gioca un ruolo importante,favorendo l’accumulo di inquinanti nell’areasud-occidentale dell’Asia. Recentemente que-sto ha portato alla formazione di una vastanube di inquinanti, la cosiddetta ABC(Atmospheric Brown Cloud) che può raggiun-gere uno spessore di 3 km e rappresentare unasorgente di inquinamento a scala continentale(Ramanathan e Crutzen, 2003) che può ancheinfluenzare l’intera circolazione dei monsoni(Lau et al., 2006). Con lo scopo di colmare lalacuna di informazioni riguardo alle condizio-

475

L’osservatorio ABC-Pyramid a 5079 m slm in Himalaya. Una stazione per la misura di aerosol, ozono e gas serra alogenati

A. Marinoni1, P. Cristofanelli1, U. Bonafé1, F. Calzolari1, F. Roccato1,F. Angelini1, S. Decesari1, M.C. Facchini1, S. Fuzzi1, G.P. Gobbi2,P. Bonasoni1, P. Laj3, K. Sellegri3, H. Venzac3, P. Villani3, M. Maione4,J. Arduini4, E. Vuillermoz5, G.P. Verza5

1Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, CNR, Bologna, Italia2Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, CNR, Roma, Italia3Laboratorio di meteorologia Fisica, CNRS, Clermont Ferrand, Francia4Istituto di Scienze Chimiche, Dip. Scienze Ambientali, Università di Urbino, Italia5Comitato EV-K2-CNR, Bergamo, [email protected]

SOMMARIO: In questo lavoro viene presentata la stazione ABC-Pyramid, un osservatorio per lo studio del-l’atmosfera e del clima posto a 5079 m slm, nella valle del Khumbu, ai piedi del Monte Everest (27.95 N86.82°E, Nepal). Questa stazione di misura è stata ideata con lo scopo di investigare i cambiamenti natu-rali e indotti dall’uomo a diverse scale (locale, regionale e globale) in un’area di alta quota posta tra le dueregioni più inquinate del pianeta. Dopo un’accurata messa a punto degli strumenti nell’autunno 2005, l’os-servatorio ABC-Pyramid è stato installato nel febbraio 2006 nell’alta valle del Khumbu, nell’ambito deiprogetti Share-Asia (Ev-K

2-CNR) e ABC (UNEP). Da marzo 2006, la stazione ABC-Pyramid fornisce dati

in continuo sulle proprietà ottiche e fisiche delle particelle, concentrazione di ozono e parametri meteoro-logici; in modo non continuo sono misurate la composizione chimica degli aerosol e la concentrazione di27 gas alogenati climalteranti.

Page 176: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

ni di fondo di questa regione, nell’ambito deiprogetti Stations at High Altitude for Researchon the Environment-Asia (Ev-K

2-CNR) e

Atmospheric Brown Clouds (UNEP), la sta-zione ABC-Pyramid (Fig. 1) è stata installatanell’alta valle del Khumbu nel febbraio 2006.Completamente controllata in modalità remo-ta, grazie a una connessione satellitare, questastazione è stata studiata per operare in continuonel tempo in condizioni meteorologiche avver-se. Essa rappresenta una fonte di dati unica perla valutazione delle condizioni di fondo della

libera troposfera, per la quantificazione deilivelli di inquinamento ad alta quota nellaregione himalayana ed infine, per lo studio deifenomeni di trasporto a lungo termine di com-posti di origine naturale e antropogenica. Perquesti motivi rappresenta anche un contributoal perfezionamento dei modelli climatici.

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

2.1 La stazione ABC-PyramidDal febbraio 2006 sono monitorati in continuoa 5079 m slm i composti e i parametri riporta-ti nella Tabella 1, con lo scopo di approfondi-re la conoscenza scientifica riguardo a:1) come variano le proprietà fisiche, chimiche

e ottiche delle particelle di aerosol ad altaquota nella regione himalayana, secondo lastagione e l’origine della massa d’aria;

2) come variano lo spettro dimensionale e loscattering della luce durante episodi diinquinamento e trasporti di dust;

3) qual è il contributo delle intrusioni stratosferi-che, di episodi di trasporto regionale o a lungotermine di masse d’aria inquinate alle conce-trazioni di fondo dell’ozono troposferico;

4) quali sono le concentrazioni di fondo digas alogenati climalteranti;

Misure in continuo Misure discrete

Black carbon (coefficiente di assorbimen-to dell’aerosol)

Bilancio di massa chimico delle particelledi aerosol (frazione organica e inorgani-ca)

Coefficiente di scattering totale e riflesso Concentrazione di 27 gas alogenati cli-malteranti

Concentrazione in numero e distribuzionedimensionale degli aerosol da 10 a500 nmConcentrazione in numero e distribuzionedimensionale degli aerosol da 250 nm a32 µmOzono superficialeSpessore ottico (AOD)

Parametri meteorologici

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

476

Figura 1: La stazione climatica ABC-Pyramid, installatanel febbraio 2006 a 5079 m sul versante meridionaledella catena himalayana.

Tabella 1: Misure effettuate alla stazione atmosferica ABC-Pyramid.

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5) come varia lo spessore ottico della colonnaatmosferica con la stagione e l’originedella massa d’aria.

Il controllo di qualità dei dati e della strumenta-zione è eseguito in accordo con le direttive“Aerosol measurement procedures Guidelinesand raccomandation” del WMO/GAW e diEUSAAR (European Supersites for AtmosphericAerosol Research) per quel che riguarda il parti-colato e del WMO/GAW – WCC/EMPA per lamisura dell’ozono superficiale. Per i compostialogenati, le misure si rifanno alla scala di calibra-zione utilizzata nell’ambito della rete globale dimonitoraggio AGAGE, utilizzando le medesimeprocedure di valutazione della qualità del dato.Informazioni più dettagliate e la bibliografiarelativa a queste attività di ricerca è consulta-bile all’indirizzo: http://evk2.isac.cnr.it/.

3 RISULTATI RILEVANTI

Il primo risultato rilevante è sicuramente lacontinuità di funzionamento del laboratoriodurante il primo anno di misure. Il fatto non ètrascurabile, date le condizioni remote e diffi-cili in cui si trova, ad oltre 5000 m di quota.Le misure di gas e particelle durante il primoanno di misura alla stazione ABC-Pyramidhanno permesso di caratterizzare la composi-zione dell’atmosfera himalayana e le suevariazioni stagionali.Le condizioni di fondo alla stazione ABC-Pyramid sono caratterizzate da una massa diaerosol inferiore a 1 µg m-3, con un elevatorapporto PM1/PM10, meno di 500 particellecm-3 e poche decine di ng m-3 di black carbon.La massa dell’aerosol fine (PM1) e la concen-trazione di black carbon (BC) mostrano unachiara discontinuità tra i periodi pre- e post-monsonico (con concentrazioni di PM1 chearrivano a un massimo di 80 con una media di5.4 µg m-3; BC fino a 5 µg m-3 con una mediadi 466 ng m-3) e la stagione dei monsoni convalori molto più bassi e variazioni più conte-nute (PM1 fino a valori massimi di 10 µg m-3

con una media di 0.3 µg m-3 e BC in mediainferiore a 50 ng m-3). Anche la concentrazio-ne di ozono mostra una brusca diminuzione

all’inizio della stagione dei monsoni, passan-do da una media pre-monsonica di 68 ppbv auna media estiva di 42 ppbv.La massa totale di aerosol (PM10) invece nonmostra grandi variazioni tra le diverse stagio-ni suggerendo che un importante contributoalla frazione coarse dell’aerosol sia di originelocale, probabilmente dovuta al risollevamen-to di polvere. Infatti le variazioni del PM10sono spesso correlate all’intensità del vento epresentano cicli diurni legati alle brezze divalle e di monte. Un aumento delle particellecoarse che rimangono costanti per diverse oreanche notturne per lo più dovuto a trasporti dipolveri minerali da aree desertiche (AsiaCentrale, Asia Medio-orientale, ma ancheAfrica), come spesso l’analisi delle traiettorie3D ha confermato.Il numero delle particelle con diametro com-preso tra 10 e 500 nm non mostra invece alcu-na differenza tra le diverse stagioni, variandoda poche unità a svariate migliaia di particellecm-3. Altissime concentrazioni di particelle (innumero) sono osservate anche al di fuori diepisodi di trasporto di masse d’aria inquinata,con concentrazioni in massa molto basse: illoro aumento è spesso intenso e improvviso.Questo indica che il trasporto di masse d’ariainquinata o di polveri minerali controllasoprattutto le variazioni della massa dell’aero-sol, mentre il numero delle particelle è regola-to da ulteriori processi non ancora completa-mente identificati. Una delle ipotesi è che l’in-terfaccia tra masse d’aria a diversa umidità,concentrazione di particelle e gas precursoripossa “scatenare” la formazione di nuove par-ticelle anche al sito ABC-Pyramid. Questeparticelle possono rappresentare una sorgentenon trascurabile di aerosol in libera troposfera.Durante tutto l’anno, sono stati registratinumerosi episodi di trasporto locale, regiona-le e a lunga distanza di masse d’aria inquina-ta, che hanno fatto registrare concentrazionisorprendentemente alte di PM, BC e ozono.La concentrazione di ozono è influenzataanche da intrusioni di masse d’aria dalla strato-sfera/alta troposfera, che talvolta sembranoinfluenzare la formazione di particelle ultrafini.

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

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La composizione chimica delle particelle ècaratterizzata da elevata presenza di compostiorganici ed elementi minerali, e da limitatafrazione di ioni inorganici.

4 PROSPETTIVE FUTURE

Lo studio dei composti atmosferici misuratialla stazione ABC-Pyramid ha permesso diidentificare fenomeni naturali (come le intru-sioni stratosferiche e i trasporti di polveriminerali) e antropici (episodi acuti di traspor-to di masse d’aria inquinate) che influenzanofortemente la chimica e la fisica atmosfericaad alta quota. Il corretto mantenimento delle misure già atti-ve ed un ampliamento di quelle riguardanti icomposti climalteranti permetteranno dimeglio comprendere i diversi processi checoncorrono a variare la composizione dell’at-mosfera anche al fine di contribuire a megliodefinire il forcing radiativo nella regione.Nel futuro si approfondirà lo studio di proces-si che avvengono in situ, come la formazionedi nuove particelle all’interfaccia strato limi-te-libera troposfera che sembra essere local-mente una fonte predominante di particelle. Sistudieranno inoltre le proprietà chimiche eigroscopiche di queste particelle e delle parti-

celle invecchiate. Un ampliamento dellemisure di gas (ad esempio la misura delmonossido di carbonio e la formaldeide) per-metteranno di meglio comprendere i processidi trasporto (il CO è un tracciante delle massed’aria inquinate) e il ruolo della fotochimicanei processi ossidativi in situ e durante il tra-sporto della massa d’aria (HCHO è uno deiprodotti ultimi della catena di ossidazione deicomposti organici in atmosfera).

5 RICONOSCIMENTI

La stazione ABC-Pyramid è entrata a far partedella rete di osservatori di ABC-UNEP, con ladenominazione di NCO-P, Nepal ClimateObservatory at Pyramid.

6 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Lau K.M., Kim K.M., 2006. Observationalrelationship between aerosol and Asianmonsoon rainfall, and circulation.Geophys. Res. Letters, 33: L21810,doi:10.1029/2006GL027546.

Ramanathan V., Crutzen P.J., 2003. NewDirections: Atmospheric Brown ‘‘Clouds’’.Atmospheric Environment, 37: 4033-4035.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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1 INTRODUZIONE

I cambiamenti del ciclo degli elementi, deicomposti naturali e xenobiotici e le modificheclimatiche a scala globale rappresentano unfenomeno oggetto di ricerca che si è sviluppa-to a partire alla metà del XX secolo.L’Istituto di Ricerca Sulle Acque (IRSA), incollaborazione con il Comitato Ev-K²-CNR econ il Centro Epson Meteo, da oltre 15 anniconduce studi e ricerche climatiche edambientali in Himalaya e Karakorum. Lericerche, rivolte alle aree glaciali ed agli eco-sistemi lacustri, si avvalgono di una rete di 7stazioni di misura d’alta quota (> 2500 m)collocate in Himalaya lungo la Valle delKhumbu, Nepal, nel Parco NazionaleSagarmatha (SNP), ed in Karakorum, nell’a-rea del Ghiacciaio del Baltoro, Pakistan. Le stazioni afferiscono al progettoCoordinated Energy and Water CycleObservation Project (CEOP), incluso tra leattività Energy and Water Cycle Experiment(GEWEX) attraverso il quale trova un raccor-do con le ricerche climatiche e con quelleidrologiche del World Climate Research

Programme (WCRP).Le ricerche limnologiche hanno invece comeoggetto i corpi lacustri a quota > 4300 m(Tartari et al., 1998a) presenti nel ParcoNazionale Sagarmatha, Nepal. I laghi rappre-sentano un importante sistema di registrazio-ne naturale del cambiamento del clima.Attraverso l’analisi paleolimnologica deisedimenti (Brauer e Guilizzoni, 2004) si può,infatti, ricostruire l’evoluzione delle vicendeclimatiche osservando l’avvicendarsi dei pig-menti residui associati alle fioriture algali,mentre, attraverso l’analisi della abbondanzadi particelle carboniose o la determinazione dicomposti organici persistenti (POPs, Teti etal., 2005), si può descrivere l’impatto pro-gressivo del trasporto di inquinanti.

2 IL CLIMA NELL’AREA DEL MONTE EVEREST

Il clima dell’Himalaya è caratterizzato dallacircolazione Monsonica. Il Monsone estivo,che dura da Giugno a Settembre associato almovimento Nord-Sud della Zona diConvergenza Intertropicale, ha come conse-guenza un’elevata quantità di precipitazioni.

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Monitoraggio dei cambiamenti globali in Himalaya e Karakorum

G. Tartari1,2, E. Vuillermoz2, L. Bertolani3

1Istituto di Ricerca Sulle Acque, CNR, Milano, Italia2Ev-K2-CNR, Bergamo, Italia3Centro Epson Meteo, Cinisello Balsamo, Milano, [email protected]

SOMMARIO: Nel documento viene presentata l’attività di monitoraggio dei cambiamenti climatici in areeremote d’alta quota (> 2500 m) in Himalaya e Karakorum, attività di ricerca condotta dal ComitatoEv-K²-CNR in collaborazione con IRSA-CNR e Centro Epson Meteo. I risultati di oltre 15 anni di misu-re indicano che è in corso un maggiore aumento delle temperature nelle aree elevate, con conseguenze giàevidenti sui ghiacciai e gli ambienti lacustri d’alta quota.

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Il passaggio dalla stagione secca invernale(Monsone secco) alla stagione estiva monso-nica (Monsone umido) è graduale: il sole scal-da le catene montuose creando una massicciacella di convezione. La conseguente ascensio-ne di aria produce un vuoto il quale a suavolta trascina verso di sé l’aria carica di umi-dità proveniente dal Golfo del Bengala.Questa massa d’aria corre lungo la barrieraHimalayana raffreddandosi e condensandosiin forma di pioggia, costituendo il 70-80%delle precipitazioni annuali anche alle quotepiù elevate (Tartari et al., 1998b). L’area Estdell’Himalaya riceve il Monsone che perde ilsuo effetto procedendo verso Ovest lungo lecatene montuose, con la conseguente intensi-tà calante delle precipitazioni procedendo daSud-Est verso Nord-Ovest. Un’altra caratteristica del Monsone è la dipen-denza dall’altitudine. Le precipitazioni cadonoallo stato solido ad alta quota, giocando unruolo fondamentale per l’alimentazione deinumerosi ghiacciai. Essendo localizzato al limi-te Nord del Tropico, la zona centrale della cate-na Himalayana riceve sia precipitazioni estivesia invernali. Il limite delle nevi dell’Himalayaè comunque molto variabile: a sud si aggira sui4200-5800 m, a nord della catena e nelKarakorum sale a 4400-5800 m, con punte di6000 m, un comportamento strettamente legatoalle differenti esposizioni alla circolazione dellemasse d’aria a cui è sottoposta questa vasta areamontuosa dell’Asia centrale.Il clima del Parco Nazionale Sagarmathavaria da temperato ad alpino al variare dell’al-titudine. Durante i mesi autunnali (Ottobre e

Novembre), le temperature diurne sono miti,ma si abbassano sensibilmente durante lanotte. Tra Dicembre e Febbraio le temperatu-re diurne non superano mai i 5°C. In questoperiodo, in concomitanza con il Monsoneinvernale, l’area riceve occasionali nevicate.Durante la stagione primaverile la temperaturatende ad aumentare e da Giugno a Settembre,in corrispondenza del Monsone estivo, l’area èinteressata da forti precipitazioni.Questa situazione climatica è ben descrittanella Figura 1 ottenuta dai dati rilevati nel2004-2005 a 5000 m nei pressi delLaboratorio-Osservatorio Piramide delComitato Ev-K²-CNR.

3 STUDI CLIMATICI NELL’AREA DEL K2

Le attività di monitoraggio climatico svilup-pate dall’IRSA nell’ambito delle ricerche pro-mosse dal Comitato Ev-K²-CNR hanno unduplice scopo: realizzare misure accurate econtinuative su lungo periodo, in coerenzacon gli obbiettivi di studio dei cambiamentiglobali, in aree remote d’alta quota nelle qualinon sono disponibili serie storiche pregresse,e valutare le conseguenze dei cambiamentiglobali sullo stato fisico ed ecologico degliecosistemi acquatici (laghi e corsi d’acqua).In questa prospettiva nel 2004, nell’ambitodella spedizione “K2-2004–Cinquant’annidopo”, promossa in occasione del cinquante-nario della spedizione scientifico-alpinisticache ha permesso la conquista da parte italianadella seconda montagna più alta del mondo, ilK2, è stato dato avvio alla realizzazione di unnuovo network di stazioni meteorologichecollocate nell’area del Ghiacciaio Baltoro,Baltistan, Pakistan. Ad oggi sono state installate 2 stazioni(Urdukas, 3925 m e Askole, 3015 m s.l.m.)che rappresentano, dopo le misure effettuateper la prima volta dal Prof. Ardito Desio(2004) nel 1954, la prima serie continua diregistrazioni nell’area (Mihalcea et al., 2006).I dati ottenuti, oltre a evidenziare una notevo-le coerenza alle due quote, hanno permesso diconfermare il gradiente termico di 0,08 °C/100

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Figura 1: Precipitazioni, temperatura e velocità del ventomensili registrate nella stazione CEOP-Himalayas dellaPiramide Laboratorio-Osservatorio collocata a 5050 ms.l.m nell’area del Monte Everest.

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m (Fig. 2) calcolato nell’estate 2004 traUrdukas ed il Campo Base del K2 (5000 m) eutilizzato per la valutazione dell’ablazioneglaciale giornaliera (Mihalcea et al., 2006).

4 EVIDENZE DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI NEL-L’AREA HIMALAYANA

Shrestha et al. già alla fine degli anni ’90(1999) mostravano che tra il 1977 e il 1994 leregistrazioni di temperatura, in 49 stazioni cli-matiche del Nepal, rivelavano un incrementomedio di 0,06 ºC/anno. Gli stessi Autori nota-vano una crescita più marcata alle quote piùelevate. Un’analoga indagine svolta da Liu eChen (2000), effettuata sui dati registrati tra il1961 ed il 1990 in 178 stazioni dell’altipianotibetano, mostrava un trend anomalo del tuttosimile. Ripartendo, infatti, l’incrementomedio annuo a 24 diverse altitudini in cuisono installate le stazioni è chiara la tendenzaall’incremento della crescita del trend delletemperature con la crescita dell’altitudine,con un valore medio oscillante da un minimodi 0,05 e di 0,25 °C/decade.La serie di misure effettuate a partire dal 1994dall’IRSA (Tartari et al., 1998b), dalComitato Ev-K²-CNR e dal Centro EpsonMeteo nel Parco Naturale Sagarmatha allaquota di 5000 m nei pressi del Laboratorio-Osservatorio Piramide, confermano tale ten-denza, con un valore che si assesta addiritturaintorno a 1,0 °C/decade, che coincide conquello indicato da Shrestha et al. (1999).

Questo andamento trova una giustificazionenella recente teoria dell’“Elevated Heat Pump(EHP) effect” (Lau et al., 2006), che spiegaanche le modifiche del regime delle precipita-zioni del monsone asiatico nell’areaHimalayana. La teoria, basata sulla accresciu-ta presenza di aerosol, dust e black carbonnella troposfera dovuti al fenomenodell’Atmospheric Brown Clouds (Ramanathanet al., 2005), sembrerebbe trovare confermaanche negli studi sviluppati dal Centro EpsonMeteo, utilizzando il modello di circolazioneglobale EMC-GCM (Bollasina e Benedict,2004), sulle anomalie delle temperature del-l’atmosfera, rispetto ai valori medi stagionali,lungo sezioni Nord-Sud (0°-60°N), in unafascia trasversale dell’Asia Centrale compresatra 75°-85°E (Fig. 3), anomalie che raggiungo-no valori superiori a 4° C tra 6000 e 9000 m.

5 GLI EFFETTI DEL CAMBIAMENTO DEL CLIMASUGLI ECOSISTEMI ACQUATICI REMOTI D’ALTAQUOTA

Il cambiamento climatico globale sta avendoun forte impatto sugli ecosistemi d’alta monta-gna, in particolare su quelli lacustri e glaciali.Questo fenomeno mette in crisi la disponibili-tà idrica di importanti aree del Globo, comenel caso dei ghiacciai himalayani, che forni-scono l’acqua a centinaia di milioni di perso-

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

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Figura 2: Coerenza delle misure di temperatura dell’ariaatmosferica al suolo tra Askole (3015) ed Urdukas (3925m) nell’area del Ghiacciaio del Baltoro, Pakistan, nelperiodo Ottobre 2005-Luglio 2006.

Figura 3: Simulazione delle anomalie delle temperaturelungo una sezione Nord-Sud ottenuta con EMC-GCM realiz-zato dal Centro Epson Meteo (Bollasina e Benedict, 2004).

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ne, alimentando sette tra i più grandi fiumi delcontinente asiatico. Le alte temperature in altaquota possono incrementare anche il manife-starsi di maggiori periodi di precipitazionisotto forma di pioggia, anziché di neve, con uninferiore contributo al bilancio di massa deighiacciai. La regressione glaciale incrementala nascita di nuovi ambienti limnici nelle areeperiglaciali, mentre nel contempo si riduce l’a-limentazione ai corpi lacustri di quota inferio-re, modifiche fisiche che possono avere effettiimportanti sulla biodiversità delle biocenosilacustri. L’innalzamento della popolazionelacustre verso quote più elevate appare infinein linea con gli effetti del riscaldamento globa-le ed analoga all’innalzamento con la quotache si osserva per la vegetazione alpina.

6 RINGRAZIAMENTI

Queste ricerche sono svolte nell’ambito delProgetto Ev-K²-CNR in collaborazione con laNepal Academy of Science and Technology,come previsto dal Memorandum ofUnderstanding tra il Nepal e l’Italia, e grazieal contributo del Consiglio Nazionale delleRicerche e del Ministero degli Affari Esteri.

7 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

La deplezione dell’ozono stratosferico ha pro-fonde e non completamente comprese implica-zioni climatiche. Attualmente, con la messa albando dei CFC, si è in attesa dell’inizio del pro-cesso globale di recovery, che dovrebbe con-cludersi, sulla base delle più diffuse stime, nonprima di alcuni decenni. Le misure effettuatesia con strumentazione ground-based, sia conl’impiego di sensori satellitari, mostra d’altrocanto un protrarsi del periodico processo dettocomunemente “buco dell’ozono”, che negliultimi anni sembra addirittura intensificarsi, siaper quanto riguarda l’area interessata (che perconvenzione è in genere definita come la regio-ne per la quale la colonna di O3 è uguale o infe-riore a 200 Unità Dobson (DU)), sia per ladurata del fenomeno ed i valori minimi diozono colonnare registrati. Uno dei parametriprincipali che – a parità di carico di sostanze adeffetto depletivo (principalmente radicali Cloroe Bromo) – determina l’intensità del fenomenoè la bassa temperatura degli strati superiori del-l’atmosfera, che favorisce la formazione delleNubi stratosferiche Polari (PSC). Recenti studi

(Konopka, 2007) hanno mostrato come, nellastratosfera polare disturbata da stratotosphericwarming, gli effetti depletivi degli ossidi diazoto (NOx) possano raggiungere lo stessoordine di grandezza della deplezione dovutaagli alogeni. È il caso dell’ inverno australe2002, quando un evento di riscaldamento ano-malo della stratosfera (Sudden StratosphericWarming - SSW) ha scisso in due parti il vorti-ce polare antartico, che si è poi prematuramen-te dissolto. Risulta pertanto di particolareimportanza effettuare il monitoraggio dell’ozo-no stratosferico, delle sostanze ad effetto deple-tivo e degli ossidi di azoto (NO, NO2…) nelleregioni polari, in modo da avere sufficienti datisperimentali da inserire in modelli climatici chepermettano di interpretare i fenomeni in atto edi prevedere le implicazioni future.

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

2.1 Setup strumentaleLo spettrofotometro GASCOD (Fig. 1) è statosviluppato presso l’Istituto ISAC-CNR e vali-dato in due intercomparison NDSC (Networkfor the Detection of the Stratospheric Changes).

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Studio delle variazioni di NO2 nella stratosferaAntartica a diverse scale temporali

D. Bortoli, G. Giovanelli, F. Ravegnani, I. Kostadinov, S. Masieri,E. Palazzi, A. Petritoli, F. Calzolari, G. Trivellone Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, CNR, Bologna, [email protected]

SOMMARIO: Nel 1995 è stato istallato presso la stazione M. Zucchelli a Terra Nova Bay (Antartide) unospettrofotometro denominato GASCOD (Gas Absorption Spectrometer Correlating Optical Differences).Ai dati spettrali ottenuti sono poi applicati gli algoritmi della Spettroscopia ad Assorbimento OtticoDifferenziale (DOAS – Differential Optical Absorption Spectroscopy) al fine di ottenere valori di quanti-tà colonnari di Ozono e Biossido di Azoto (NO2). Lo strumento, che lavora in modo automatico durantetutto l’anno, fa parte del Network “Quantification and Interpretation of Long Term UV-Vis Observationsof the Stratosphere” (QUILT).cDopo una descrizione della strumentazione impiegata e la metodologia dielaborazione dati, vengono presentati i risultati ottenuti, evidenziando le variazioni diurne e stagionali diNO2, ed in paticolare soffermandosi sulle osservazioni effettuate durante l’evento di Sudden StratosphericWarming (SSW) del 2002.

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L’ingresso ottico è composto da un telescopioCassegrain di 150 cm, f/5 che focalizza laradiazione raccolta su una fenditura postaall’ingresso del monocromatore. Questo è com-posto da un reticolo di diffrazione di tipo olo-grafico di 1200 grooves/mm e un sensore linea-re a 512 pixel della Hamamatsu. La dispersio-ne spettrale è circa 2,4 nm/mm ( dipendentedalla regione spettrale) e la risoluzione ottica dicirca 0,5 nm. Filtri passabanda posti all’ingres-so dello spettrometro sono utilizzati per ridurrela stray-light. Una lampada interna ai vapori di mercurioviene utilizzata per la calibrazione spettrale.L’input ottico è puntato verso lo zenith, con uncampo di vista (FOV) di circa 1,16 sr, in mododa raccogliere la radiazione solare diffusa sullaverticale dello strumento nelle regioni spettralidell’UV e del visibile. Lo strumento è installa-to in un container con un “camino” ottico, for-mato da un tubo di diametro 15 cm e lunghez-za 40 cm, chiuso alle estremità da due finestrein quarzo. La finestra esterna è inclinata di 45gradi, in modo da evitare l’accumulo di neve.

2.2 Metodologia di analisi dati Prima di applicare ai dati spettrali gli algoritmiDOAS, viene calcolato il cosiddetto indice diflusso (Flux Index - FI), definito come la mediain lunghezza d’onda del segnale ottenuto perunità di tempo. Il FI permette di valutare la qua-lità di ogni singolo spettro. Una dettagliatadescrizione della metodologia DOAS può esse-re trovata altrove (Platt, 1999). I principaliaspetti sono discussi di seguito. Prima di elabo-rare le strutture di assorbimento dei gas inesame, le strutture di Fraunhofer devono essereeliminate dallo spettro solare; questo si ottiene

calcolando il rapporto logaritmico (Log-Ratio)tra lo spettro di riferimento (Io) e lo spettro daelaborare (Is). In seguito sono rimosse le strut-ture a bassa frequenza con un operatore filtropassabasso (operazione di Smoothing). La dif-ferenza tra il (Log-Ratio) e lo stesso privatodelle strutture a bassa frequenza, viene chiama-to spettro differenziale, che viene poi compara-to con lo cross section differenziali dei gas inesame (ottenute con una procedura simile aquella utilizzata per gli spettri solari). Pseudocross section, non legate ad assorbitori, ma aprocessi ed effetti quali Mie, Rayleigh, Ring epolarizzazione, sono incluse nel processo dielaborazione per minimizzare gli errori.

3 RISULTATI RILEVANTI

3.1 Ciclo stagionale dell’ NO2Il contenuto colonnare di NO2 presenta un chia-ro andamento stagionale (Fig. 2).Durante l’autunno australe i valori di NO2decrescono da un massimo di circa 5 10^15mol/cm2 a valori inferiori a 1 10^14 mol/cm2.Al termine della notte polare, i valori di NO2

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Figura 1: Spettrometro GASCOD installato alla Stazione“M.Zucchelli” dal 1995.

Figura 2: Ciclo stagionale dell’NO2 per il periodo 2001-2003 e temperature in Stratosfera alla Stazione “M.Zucchelli”.

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riprendono a crescere partendo da circa 110^14 mol/cm2 raggiungendo il massimo all’i-nizio della stagione estiva. Questi andamentisono dovuti ai processi di denoxificazione nellabassa stratosfera (conversione di NO ed NO2 inHNO3) durante l’inverno. I bassi valori osservati prima e dopo l’invernoaustrale sono il risultato di reazioni in fase gas-sosa che convertono NO2 in N2O5, reazioni ete-rogenee che convertono N2O5 e ClONO2 inHNO3, e possibili effetti di denitrificazione(sedimentazione di HNO3 e relativa riduzionedi NOy). Nei mesi estivi, la vita media diHNO3 è ridotta dalla fotolisi e da reazioni conil radicale ossidrile OH, che rilasciano NO2.È qui da ricordare che NO2 non contribuiscedirettamente alla deplezione di ozono, ma ades. attraverso la reazione chimica ClO+NO2+MR ClONO2+M e reazioni eterogenee su PSC,NO2 riduce la quantità di ClOx che a sua voltadetermina la deplezione di O3.

3.2 Il ciclo giornaliero dell’ NO2All’inizio del mese di Febbraio (dopo l’estateaustrale e quando il sole comincia a scenderesotto l’orizzonte), i valori di NO2 al tramonto eall’alba presentano gli stessi valori (Fig. 3), inquanto l’orizzonte copre il sole solo per pochiminuti, e l’ombra terrestre non può raggiunge-re la quota a cui èsituato il bulk di NO2 (circa30 Km). Di conseguenza, le reazioni di conver-sione di NO2 in N2O5 che di solito avvengonodurante la notte non hanno luogo. La situazio-ne cambia con il diminuire delle ore di lucedisponibili: i valori all’alba sono sistematica-mente inferiori di quelli al tramonto, a causadella formazione di N2O5 durante la notte e lasua conseguente fotolisi durante il giorno.Durante la notte polare, la fotolisi di N2O5 è ini-bita, e questo riduce di nuovo la variazionediurna. All’inizio dell’inverno, la riduzione diNO2 ha luogo quando, l’NOx è dapprima con-vertito in N2O5 in assenza di luce, ed in seguitoin HNO3. In estate avanzata, l’assenza di periodi dibuio, inibisce la formazione di N2O5, riducen-do o bloccando completamente la variazionegiornaliera.

3.3: Lo Stratospheric Warming del 2002Durante il 2002 si sono osservati valori edandamenti anomali di NO2. In particolare, icontenuti colonnari sono risultati inferiori allamedia (ed in particolare rispetto agli anni 2001e 2003), mentre le differenze tra valori AM ePM (durante la primavera Antartica) sono risul-tate molto superiori a quelle degli anni prece-denti. Questo andamento anomalo può essereinterpretato nell’ambito del sudden stratosphe-ric warming (SSW) avvenuto durante la prima-vera australe 2002 nell’emisfero meridionale. Per una migliore interpretazione dei dati, sonostate analizzate le serie storiche di temperaturaa 20hPa (T20) e di vorticità potenziale a 475 K(PV475) (fonte: NILU, zardoz.nilu.no).Durante la prima parte del 2002 i valori colon-nari di NO2, di T20 e PV275 risultano simili aquelli del 2001 e 2003. Durante la primaveraaustrale, invece, si osservano valori di NO2inferiori e valori di T20 elevati e scatterati. Letemperature a 20 hPa più elevate si sono osser-vate in agosto-settembre, più precisamente peri giorni 3–6, 13–16 e 22–27 agosto, 1–6, 12–16e 21–26 settembre (Fig. 2). Per tali giorni, leT20 sono state simili a quelle osservate normal-mente durante l’estate. In conseguenza delSSW, il vortice polare antartico si è distorto,diviso e prematuramente dissolto (Varotsos,2004). Questo spiega la forte variazione diurnadi NO2 nella primavera 2002, quando massed’aria non dentrificate provenienti dalle medielatitudini, si sono mescolate con quelle conte-nute all’interno del vortice polare, portando aduna situazione simile a quella normalmente

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

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Figura 3: Ciclo giornaliero dell’NO2 in Antartide.

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riscontrata durante l’autunno australe. L’analisidella vorticità potenziale (Fig. 4) fornisce unachiara indicazione se la stazione si trova all’in-terno del vortice polare o meno. Fissando unasoglia di 240 PVU, durante il 2001 e 2003 lastazione di TNB è stata all’interno del vorticeper la maggior parte dell’inverno e primavera.Limitandosi al periodo 9 agosto- 20 settembre,solo in 5 giorni nel 2001 e 15 giorni nel 2003.Durante la primavera 2002 i valori PV@475sono molto più elevati rispetto al 2001 e 2003,ma TNB rimane fuori dal vortice per la mag-gior parte del tempo. La stazione si è trovata nelvortice per l’ultima volta nel 2002 il giorno 255(12 settembre), per gli anni 2001 e 2003 rispet-tivamente nei giorni 263 e 266.

4 CONCLUSIONE

In questo lavoro sono state presentate e discus-se le misure di NO2 stratosferico ottenutemediante lo spettrometro GASCOD durantedieci anni di osservazioni alla stazioneAntartica M. Zucchelli. In particolare sono statistudiati i cicli diurni e stagionali sia in condi-

zioni imperturbate, sia all’interno del vorticepolare durante il periodo di deplezione dell’o-zono. Si è mostrata la dipendenza della colon-na di NO2 sia da fattori chimici e fotochimicisia da fattori dinamici. L’analisi dettagliata deirisultati ha inoltre permesso di studiare l’even-to di riscaldamento stratosferico occorso duran-te il 2002 ed il suo effetto sulla stratosfera pola-re. Serie storiche di contenuti colonnari di NO2come quella presentata sono di particolare inte-resse per una migliore comprensione dei feno-meni e dei cambiamenti in atto nella stratosfe-ra polare antartica, come input di modelli diprevisione meteo-climatica e per validazione didati satellitari (Bortoli et al., 2003).La stazione GASCOD a TNB fa parte delNetwork QUILT (Quantification andInterpretation of Long Term UV-VisObservations of the Stratosphere).

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Figura 4: Colonne Verticali di NO2 (NO2 VCD) eVorticità Potenziale (PV@475K) ottenute alla stazione“M. Zucchelli” nel periodo 2001-2003.

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1 L’OZONO IN ATMOSFERA

Sin dagli anni ’30 le industrie chimiche hannocontribuito alla produzione dei principali gasserra terrestri ed immesso nell’atmosferadiversi alocarburi sintetici ad elevato poten-ziale di riscaldamento (global warmingpotential), globalmente noti come CFC. Inparticolare le ricerche condotte sulle carote dighiaccio prelevate nelle regioni polari hannomostrato che, in atmosfera, questi compostinon esistevano nel passato e quindi sono inte-ramente da attribuirsi alle attività antropiche.In questo contesto il monitoraggio di lungoperiodo della concentrazione di O3 ha assuntoun’elevata importanza in quanto molto sensi-bile alla concentrazione dei CFC. In troposfera l’O3 è un costituente tossicodello smog fotochimico, in stratosfera inveceè importante per la sua funzione di schermodella radiazione solare UV (λ< 310 nm) checome noto interagisce con il DNA degli esse-ri viventi e ne provoca alterazioni, in qualchecaso mortali.

La presenza di CFC in stratosfera concorrealla diminuzione di O3, quindi monitorandonegli andamenti si possono trarre indicazioniper quanto riguarda l’efficacia dei provvedi-menti adottati per salvaguardare l’ambiente.Inoltre l’O3 è esso stesso un gas serra e recen-ti ricerche dimostrano come la sua diminuzio-ne possa aver contribuito, assieme all’aumen-to del vapor d’acqua, alla variazione dellatemperatura in stratosfera, che sembra esserein diminuzione.La maggior parte dell’O3 si trova in stratosfe-ra con incrementi di concentrazione dai tropi-ci ai poli. Quantità minori si trovano nella tro-posfera e nella mesosfera. Tipicamente ilvalore di O3 all’equatore è di ~260 DU, anchese si verificano fluttuazioni annuali (alcunipercento) causate dal ciclo solare, dalla QBO(Quasi Biannual Oscillation) e da immissionigassose legate all’attività vulcanica.Come proposto per la prima volta negli anni’30, l’ozono è governato dalle “Reazioni diChapman” (odd oxygen chemistry). La radia-zione UV attraversando la stratosfera attiva la

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La concentrazione di O3 e dei gas serra nell’atmosfera polare

C. Rafanelli, A. Damiani, E. Benedetti, M. Di Menno, A. Anav, I. Di MennoIstituto di Acustica “O.M. Corbino”, CNR, Roma, [email protected]

SOMMARIO: Per limitare l’aumento globale delle temperature, causato dall’incremento della concentrazio-ne dei gas serra di origine antropica, sono stati adottati diversi provvedimenti. Il Protocollo di Montrealprima (1987) e quello di Kyoto dopo (entrato in vigore il 16 Febbraio 2005), contribuiscono a ridurre laproduzione, l’impiego e l’immissione in atmosfera di sostanze nocive. In questo contesto il monitoraggiodei componenti minori atmosferici ha assunto una ulteriore rilevanza perchè finalizzato a constatare l’ef-ficacia delle azioni intraprese. In particolare l’ozono in stratosfera, ricopre un duplice ruolo come scher-mo della radiazione solare UV e per il suo elevato grado di sensibilità ai clorofluorocarburi (CFC).Durante gli ultimi 20 anni, i CFC hanno contribuito in maniera determinante al suo trend negativo, inmisura diversa a seconda della latitudine, ma ora sembra iniziato il suo recupero, anche se la sua valuta-zione è complicata dalla difficoltà di distinguere il contributo antropico da quello naturale. In particolarenelle regioni polari, specie durante il periodo invernale, fenomeni connessi ad eventi solari occasionalicontribuiscono ad alterare i valori di fondo.

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fotochimica dell’O2 presente provocandone ladissociazione in ossigeno atomico che a suavolta si ricombina formando O3. Analogamentesi distrugge, formando ossigeno molecolare. Inseguito fu scoperto che altri fattori concorronoalla deplezione dell’ozono in stratosfera, comegli HOx (OH+HO2) e gli NOx (NO+NO2) checreano efficienti cicli catalitici (odd hydrogenand nitrogen chemistry) e la loro concentrazio-ne è soggetta a modificazioni sia antropiche chenaturali. Tra queste ultime, i fenomeni dovutiall’attività solare giocano un ruolo moltoimportante.Le regioni polari sono luoghi privilegiati perinvestigare le variazioni di O3 e indirettamen-te valutare le variazioni di CFC.Risale al 1985 la scoperta, da parte di ricerca-tori inglesi del BAS (British Antarctic Survey),dell’esistenza, nel periodo della primaveraaustrale, di una drammatica diminuzione diozono sopra l’Antartide (media stratosfera),battezzata hozone hole (buco d’ozono) antarti-co (Farman et al., 1985). Da quel momento inpoi si è dato impulso alla ricerca per capire iprocessi che portavano a diminuzioni così dra-stiche e molti aspetti della tematica sono statichiariti. Così, al fine di evitare l’immissione inatmosfera di sostanze nocive all’ozono, nel1987 è stato stipulato il Protocollo di Montrealche vieta la produzione di prodotti alogenati.In Antartide la presenza del vortice polaresvolge un’azione di confinamento dellesostanze chimiche presenti e le basse tempera-ture favoriscono la formazione delle PolarStratospheric Clouds (PSC). Durante la nottepolare l’assenza di illuminazione non attiva lafotolisi, accumulando quantità rilevanti dideplettori cioè molecole contenenti Cl e Brderivanti dai CFC che, nella primavera succes-siva, vengono liberate dai primi raggi solari. Inseguito, mediante reazioni chimiche eteroge-nee che avvengono sulla superficie delle PSC,i cicli catalitici distruggono l’O3 formando ilcosiddetto “buco dell’ozono” (vedi Solomon1999 per una recente review).La comunità scientifica internazionale coope-ra nel monitorare, sia da terra che da satellite,la concentrazione di O3 ad elevate latitudini

contribuendo allo studio del global change.L’Italia collabora a ciò con il ProgrammaNazionale di Ricerca in Antartide (PNRA) chefornisce i fondi e la logistica necessaria allericerche scientifiche. Il progetto portato avantidagli autori sin dal 1992, riguarda lo studiodell’ozono stratosferico nelle aree polarimediante il monitoraggio da terra e, più recen-temente, anche con studi su dati satellitari checonsentono di valutare l’impatto di fenomeniconnessi con l’attività solare sulla chimicadegli elementi minori atmosferici. Il monito-raggio da terra è effettuato mediante tre spet-trofotometri Brewer (Fig. 1). Uno è posiziona-to in Antartide, nella base Argentina diBelgrano II (77.87°S – 34.62°W), e costitui-sce un nodo della rete Global AtmosphericWatch del World Meteorological Organization(WMO-GAW) per la previsione in tempo realedell’Ozone Hole. Un altro è in area periantar-tica, ad Ushuaia (54.82°S – 68.32°W, Terra delFuoco) e consente lo studio della variazionerapida di O3 (Fig. 2). Il terzo nell’emisferoNord presso la base CNR “Dirigibile Italia” aNy Ålesund (78.91°N – 11.93°E; arcipelagodelle Svalbard) a latitudine opposta a quella diBelgrano, permette comparazioni con glieffetti riscontrati a Sud.I primi due strumenti sono gestiti tramite unaccordo di cooperazione con la DireccionNacional del Antartico (DNA), Argentina, el’altro tramite un altro accordo con ilNorwegian Institute for Air Research (NILU),Norvegia.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Figura 1: Ubicazione delle basi polari dove sono istallatigli spettrofotometri Brewer.

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2 LA CLIMATOLOGIA DELL’OZONO

In Figura 3A è evidenziato il trend negativo diO3 dalla fine degli anni settanta ad oggi. I datiregistrati a Belgrano II con lo spettrofotome-tro confermano quelli del sensore TOMS(Total Ozone Mapping Spectrometer) monta-to sul satellite. Si può notare la brusca deple-zione che a partire dagli anni ’80 è presente inAntartide. In seguito, dalla metà degli anninovanta, il trend sembra stabilizzarsi su valo-ri sostanzialmente costanti e questo probabil-mente anche grazie alla contemporanea

sospensione della produzione di CFC. Il vortice polare antartico è molto più stabile diquello artico dove si possono verificare feno-meni di ingressione improvvisa di aria piùcalda proveniente da basse latitudini (suddenwarming) favorita da onde planetarie partico-larmente attive. Ciononostante, negli anni incui i valori di ozono sono più elevati (es. 1988e 2002, vedi Fig. 3A) l’area del vortice polarerisulta meno estesa e le temperature meno rigi-de. In particolare nel settembre 2002 si è regi-strata la divisione in due parti del vortice antar-tico dovuta ad un major warming che ha porta-to alla “chiusura” anticipata del buco di ozono.Inoltre è importante rimarcare come all’inter-no della dinamica dell’O3 siano fondamenta-li, oltre ai fattori antropici, i fattori naturali e,al fine di determinare al meglio i primi, èessenziale un’attenta valutazione di questiultimi (Roscoe et al., 2005).Un interessante esempio è costituito dalla Fig.3B che riporta le medie mensili di ozono tota-le sopra Ushuaia dal 1978 al 2002. Anche inquesto caso il trend negativo degli ultimi 20anni, di origine antropica, è evidente ma,accanto ad esso, risulta visibile anche l’anda-mento legato al ciclo solare undecennale (evi-denziato in figura dalla curva continua) con isuoi periodi di massima e minima attività.

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

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Figura 2: Profilo verticale di concentrazione d’ozono adUshuaia prima (in alto) e durante (in basso) il passaggiodel vortice polare nella stessa giornata (23/09/1994).

Figura 3: Andamento temporaledell’ozono (1979-2005). A -ozono medio di ottobre aBelgrano II mediante Brewer (•) esatellite TOMS (curva continua).Minimi assoluti (--•---•--) regi-strati all’interno del vortice. B –Andamento su Ushuaia dei valorimensili con curva interpolante.

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3 LA VARIABILITÀ DELLE SPECIE CHIMICHE DEL-L’ALTA ATMOSFERA

Tra i fattori naturali responsabili della variabi-lità dell’O3 e degli altri composti minori del-l’atmosfera, l’attività solare ricopre un ruolofondamentale influenzandone la concentra-zione sia mediante il suo ciclo undecennalesia mediante eventi occasionali.A questo proposito è interessante esaminare ilcontributo che le particelle energetiche solari(SEP: Solar Energetic Particles) possonoavere sull’atmosfera terrestre. Esse hanno ori-gine da fenomeni solari sporadici (es. i brilla-menti) che, a seguito di grandi esplosioni sullasuperficie solare, iniettano particelle caricheche viaggiano nel mezzo interplanetario e unavolta giunte presso la magnetosfera terrestre,ne seguono le linee di forza penetrando nel-l’atmosfera dai poli geomagnetici. Provocanoquindi una ionizzazione addizionale nell’at-mosfera polare, di diversa entità e a differentequota. Le specie maggiormente influenzatesono gli HOx (OH + HO2) e gli NOx (NO +NO2) entrambe in grado di attivare cicli cata-litici di distruzione dell’ozono. Quelli dovutialle specie HOx hanno un elevato effettodistruttivo nell’alta stratosfera-mesosfera erisultano attivi finché non si esaurisce il flus-so di particelle. Al contrario quelli legati allespecie NOx hanno un effetto più duraturo chevaria da giorni a mesi a seconda delle condi-zioni ambientali e risultano maggiormenteattivi in stratosfera. In condizioni di scarsaluminosità, come durante la notte polare, leparticelle non vengono alterate e continuano arisiedere in stratosfera per tempi anche moltolunghi. Se durante questo periodo la dinamicadel vortice è particolarmente attiva, esiste lapossibilità che vengano trasportate versoquote più basse e quindi riattivate.In maniera analoga lo strato ad elevata con-centrazione di NO, presente in alta mesosferaè connesso con le EPP (Energetic ParticlesPrecipitation) principalmente di origine auro-rale. In determinate circostanze, gli NO pos-sono scendere a quote più basse ed influenzar-ne la chimica.

In Figura 4 è mostrata la climatologia delmonossido di azoto (NO) del mese di luglio,relativa all’ultimo ciclo solare (il 23º), ad unaquota di ~55 km, misurata con lo strumentoHALOE (Halogen Occultation Experiment)del satellite UARS della NASA.Variazioni della concentrazione di NO sonoevidenti nel grafico di destra dove, alle eleva-te latitudini dell’emisfero Nord, nell’anno2000 è presente un picco che supera 50 ppbvmentre la climatologia è inferiore ai 10 ppbv.Il brusco incremento è stato causato dal vio-lento SEP verificatosi il 14 luglio 2000(Damiani et al., 2007). Nello stesso periodoanche nell’emisfero Sud (figura di sinistra) siregistrano valori elevati di NO, più bassirispetto ai precedenti a causa della latitudinemeno elevata vista dal satellite. Nonostante labassa latitudine, i valori di NO dell’anno 2003sono considerevolmente più elevati rispetto aquelli già alti del luglio 2000. La causa è daricercarsi nell’elevata dinamica discendente,durante l’inverno 2003, dell’aria mesosfericaricca di NO, all’interno del vortice polare.In definitiva, nelle regioni polari durante l’in-verno la mancanza d’illuminazione non con-sente la produzione di NO mediante ricombi-nazione di N2O con l’ossigeno atomico.Inoltre anche il trasporto di masse d’aria, pro-venienti dalle basse latitudini e con elevaticontenuti di NO, è ostacolato dalla presenzadel vortice. In queste condizioni assumeimportanza la produzione connessa con even-ti solari sporadici (es. SEP) e con la discesa,dalla mesosfera verso la stratosfera, di massed’aria con elevata concentrazione di NOx.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Figura 4: Climatologia del mese di luglio, mediante lostrumento HALOE, della concentrazione di NO durantel’ultimo ciclo solare (1996-2005). Emisfero nord a destrae sud a sinistra.

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4 PROSPETTIVE FUTURE

Il protocollo di Montreal ha interrotto la pro-duzione di CFC, ma la sua efficacia andràvalutata negli anni futuri. In questo contesto,al fine di meglio comprendere i meccanismidi depauperamento di O3, assume importanzaanche lo studio dello spessore ottico dell’ae-rosol (AOD), legato alla presenza di inqui-nanti in atmosfera.Il recente sviluppo di tecnologie satellitariconsentirà inoltre di approfondire le cono-scenze sugli scambi tra strato- e mesosfera suiquali l’influenza dell’attività solare assumeun ruolo importante.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Damiani A., Storini M., Laurenza M.,Diego P., Rafanelli C., 2007. Search forthe ozone variability related to SEP eventsduring the current solar cycle. Advances inSpace Research (submitted).

Farman J.C., Gardiner B.G., Shanklin J.D.,1985. Large losses of total ozone inAntarctica reveal seasonal CLOx/NOxinteraction. Nature, 315: 207-210.

Roscoe H.K., Colwell S.R., Shanklin J.D.,Rafanelli C. et al., 2005. Measurementsfrom ground and balloons during APE-GAIA – A polar ozone library. Advancesin Space Research, 36: 835-845.

Solomon S., 1999. Stratospheric ozone deple-tion: a review of concepts and history.Reviews of Geophysics, 37(3): 275-316.

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

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Page 192: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

Abouabdillah A., 577Accornero A., 271Acri F., 551Aires F., 43Albani A. D., 205Albertini F., 839Alfieri S. M., 437, 625Aliani S., 263, 291, 793Alimonti M., 761Allegrini I., 315Amalfitano S., 573Amato U., 625Ambrosetti W., 601Amori G., 689Anav A., 487Angeli L., 129, 735Angelini F., 463, 475Antonini A., 381Anzalone E., 147Arca B., 433, 721Arduini J., 471, 475Armeri G. M., 537Aronica S., 533Asioli A., 157Astraldi M., 521Atanassov At., 319Azzali M., 267, 547Azzaro F., 299Azzaro M., 271, 299, 505, 561Bacci L., 809Bacci M., 823Baldi M., 15, 23, 125, 241, 377, 233

Baraldi R., 641Barbante C., 153, 311Barbanti L., 601Barnaba F., 463Baroli M., 557Baronti S., 365, 653, 681Barra Caracciolo A., 573Bartolini D., 743Bartolini G., 233Basilone G., 509, 529, 533, 537Bassano B., 677Bastianini M., 551Bazzani G. M., 813Bellante A., 529Belosi F., 459Benedetti E., 487Benincasa F., 349, 369Bergamasco A., 205, 259, 263, 291Bernardi Aubry F., 551Berretti F., 681Bertolani L., 479Bertoni R., 417, 613Biagi S., 831Bianchi F., 417, 551Bianchini G., 69Bianchini M. L., 513Bindi M., 713Boldrin A., 551Bonafè U., 471, 475Bonanno A., 517, 529, 533, 537Bonasoni P., 471, 475Bonazza A., 805

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Indice degli Autori

Page 193: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

Bordogna G., 253Borghini M., 337Borselli L., 743Bortoli D., 319, 401, 483Boschetti M., 253Boschi C., 831Bottai L., 129, 405, 735Bozzano R., 105, 337Bracco A., 59Braguglia C. M., 843Brandani G., 673Brandini C., 333, 501Brauer A., 295Brivio P. A., 253Brugnoli E., 649, 773Brugnoni G., 245Brunetti M., 117, 225, 229, 409Budgell W. P., 259Budillon F., 173Budillon G., 271Buffa G., 529Buongiorno Nardelli B., 345Buscaino G., 517, 529, 533, 537Buttafuoco G., 237Calanchi N., 295Calfapietra C., 705Callieri C., 613Caloiero T., 237Calzolari F., 471, 475, 483Campanelli M., 447Canali G., 201Canessa B., 373, 413Canu A., 433Capecchi V., 373, 385Capotondi L., 287Caravati E., 613Carbognin L., 205Carbone C., 73Carbone R. E., 113Carfora M. F., 625Carli B., 69Carnazza S., 323Carniel S., 205, 259Carrada G. C., 271Carrara E. A., 601Carrara P., 253Caruana L., 537Caruso G., 561

Casarano D., 585Casoli F., 839Cassi P., 743Catalano G., 271Cavalcante C., 537Ceccanti B., 739Cecchi L., 233Centritto M., 717Cesaraccio C., 433, 657, 661, 765Cescon P., 81, 153, 311Ceseri M., 47Cherubini M., 693Cheruy F., 35, 39, 43, 835Chiarle M., 757Chiesi M., 701, 713Chiggiato J., 259Ciampittiello M., 609Ciattaglia L., 323Ciccarelli N., 221Ciccioli P., 637Cinnirella S., 89, 569, 847Coe R. S., 173Colella S., 525Colin J., 357Como S., 557, 565Congeduti F., 35Contesini M., 613Conversi A., 541Copetti D., 589Corno G., 613Cortesi U., 69Corti S., 17, 541Coscarelli R., 237, 739Coscia M. R., 283Cosmi C., 851Costantini R., 129, 405, 735Cozzi G., 311Crisci A., 121, 241, 385, 405, 629, 669, 673,

777, 785, 801, 809Crisciani F., 541Cristaldi M., 689Cristofanelli P., 471, 475Cucco A., 557, 565Cuomo V., 393, 467, 633, 851Cuttitta A., 509, 529, 533, 537D’Acqui L. P., 645D’Argenio B., 147Dalan F., 117

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Dallai L., 831Dalu G., 15, 125, 233Dalu G. A., 23, 377Damiani A., 487De Angelis P., 661, 705de Bernardi R., 621De Biasi A. M., 793De Chiara G., 121, 241, 785de Dato G., 661De Falco G., 557, 565De Felice A., 547De Filippis T., 413, 823De Girolamo A. M., 573, 577De Luca D., 577De Luca F., 573De Muro S., 557Decesari S., 55, 73, 77, 109, 475Del Bianco S., 69Delle Rose M., 161Dettori M., 657Di Carmine C., 441Di Leo S., 851Di Matteo L., 101, 459Di Menno I., 487Di Menno M., 487Di Nieri A., 537di Prisco G., 277Di Tomaso E., 467Di Vecchia A., 373, 413, 777, 823Dinelli E., 295Dini A., 831Dionisi D., 35D'Isidoro M., 27Donegana M., 169Donnici S., 201, 205Doronzo B., 245Dragone V., 585Duce P., 657, 661, 721, 765Esposito F., 393Esposito M., 357, 437, 625Fabbrici S., 839Facchini M. C., 55, 63, 73, 77, 109, 475Facini O., 665Fasano G., 349, 369Fazi S., 573Fedele F. G., 181Fenzi G. A., 565Ferrari R., 129, 405, 735

Ferraro L., 209Ferreri V., 147Fibbi L., 241, 385, 713Fontana I., 533Fraedrich K., 3Frignani M., 287Furevick B., 835Fuzzi S., 55, 63, 73, 77, 109, 475Gabrielli P., 153, 311Gaetani M., 15, 23, 377Gambaro A., 81Garnier M., 581Gaspari V., 153Gasparini G. P., 521Geloni C., 831Genesio L., 241, 373, 629, 777, 789Genovese S., 533Georgiadis T., 665, 797Geraldi E., 467Gerli S., 197Gherardi F., 831Giacalone G., 529Giaccio B., 181Gianelli G., 831Giardino C., 613Giglio F., 271, 287, 421Ginnetti R., 113Gioli B., 85, 425, 429Giordano R., 819Giovanelli G., 319, 401, 483Giuliani G., 501Giuliano G., 827Giunta G., 437Gobbi G. P., 447, 463, 475Goncharov S., 533Gozzini B., 31, 241, 245, 385, 501, 669Grammauta R., 537Grenni P., 573Griffa A., 341Grifoni D., 31, 233, 385, 769Guala I., 557Guarnieri F., 241Guarracino M., 345Guidi M., 831Guilizzoni P., 197, 295, 593, 605Guzzella L., 605Hedgecock I. M., 93, 137Hempelmann A., 319

indice degli autori

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Page 195: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

Iacumin P., 193Ianniello A., 315Imberger J., 589Incarbona A., 177Innocenti L., 129, 735Iorio M., 173, 303Isaia R., 181Jia L., 361Jung G., 93Kirk E., 3Kostadinov I., 319, 401, 483Koszalka I., 59La Ferla R., 271, 299, 505, 561La Mesa M., 267Laing A. G., 113Laj P., 475Lami A., 197, 295, 593, 597, 605Lanconelli C., 97, 327, 451Landi T. C., 463Lanfredi M., 633Langone L., 271, 287, 295, 421Langone R., 689Lanini M., 681, 365Lauteri M., 649, 693, 761, 773Lenaz R., 421Leonori I., 267, 547Levizzani V., 113Liberti G. L., 35, 39, 43Liddicoat J. C., 173Lionello P., 51Lirer F., 209Lo Porto A., 573, 577, 581Longinelli A., 193, 421Loperte S., 851Loreto F., 637Lucchini F., 295Lunkeit F., 3Lupi A., 97, 327, 451Macchiato M., 633Macelloni G., 389Magliulo V., 357, 437, 625Magni P., 557, 565Magno R., 241, 405, 629, 789Maimone G., 299, 561Maione M., 471, 475Maltese V., 537Manca M., 197, 295, 597, 605, 621Mancini M., 769

Mangoni O., 271Manieri M., 649Marabini F., 189Maracchi G., 23, 31, 47, 85, 121, 129, 233,

241, 245, 353, 365, 373, 377, 381, 405, 413,425, 429, 629, 641, 653, 665, 673, 681, 697,701, 713, 735, 769, 777, 785, 797, 801, 809

Marani D., 843Marchetto A., 197, 295, 593, 597, 605Marinoni A., 471, 475Markova T., 319Maroscia G., 15Marrese F., 241Marsella E., 173Marullo S., 345Masciandaro G., 739Maselli F., 373, 405, 645, 701, 713Masiello G., 393Masieri S., 401, 483Masotti M., 113Massacci A., 781Massetti L., 673Materassi A., 349, 369Matese A., 85, 425, 429Matteucci G., 417, 709Mattioni C., 693Maugeri M., 117, 225, 229, 409Maurizi A., 27Mazzanti B., 241Mazzanti M., 855Mazzola M., 97, 327, 451Mazzola S., 509, 529, 533, 537Melani S., 113, 333, 377, 381Meloni R., 291Menduni G., 241Meneguzzo F., 47, 121, 241, 785Menenti M., 357, 361Messeri G., 31, 669Messina P., 805Miglietta F., 85, 353, 365, 425, 429, 641, 653,

697, 705, 789Miglietta M. M., 51Minervino I., 739Mininni G., 843Mircea M., 27, 55, 63, 73, 77, 109Misic C., 271Modigh M., 271Montesano T., 467

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Monticelli L. S., 299, 561Montini A., 855Morabito G., 597, 613, 617Morabito M., 233, 801, 809Mordenti A., 295Moret I., 81Moriondo M., 713Mortara G., 757Mosello R., 593, 597Motisi A., 665Motroni A., 657, 765Musazzi S., 197, 295, 605Nakajima T., 447Nanni T., 117, 225, 229, 409Nannicini L., 495Nardino M., 665Natale S., 509, 517, 533Nigrelli G., 685Olita A., 509, 517, 533Oreste U., 283Ori C., 421Oriani A., 761Orlandi A., 333, 381, 501Orlandini S., 769, 801, 233Ortolani A., 333, 377, 381, 501Ortolani F., 217Pagliarulo R., 165Pagliuca S., 217Palatella L., 51Palazzi E., 319, 401, 483Palchetti L., 69Palombo M. R., 725Paloscia S., 389Pampaloni P., 389Panzani P., 613Paoluzi A., 839Pappalardo G., 455Paradisi P., 51Pareti L., 839Pasi F., 385Pasini A., 7, 11, 689Pasquero C., 59Pasqui M., 47, 113, 121, 233, 241, 377, 777,

785Passarella G., 581Patti B., 517, 529, 533, 537Patti C., 537Pavese G., 393

Paw U K. T., 721Pellegrini M., 193, 649Pellegrino L., 245Pellizzaro G., 433, 661, 721Pelosi N., 177, 209Pelosini R., 221Peluso T., 541Pensieri S., 105, 337Perilli A., 509, 517, 529, 557, 565Petralli M., 233Petritoli A., 319, 401, 483Petrucci O., 747Piani F., 31, 47, 121, 241, 385, 785Piazza R., 81Picco P., 337Pietrapertosa F., 851Pietrini F., 781Pini R., 169, 185Pirrone N., 89, 93, 137, 397, 569, 847Pisanelli A., 761Piscia R., 597Piva A., 157Placenti F., 537Polemio M., 585, 747Pontoglio S., 859Popov S., 533Portoghese I., 827Povero P., 271Prodi F., 101, 459Provenzale A., 3, 59, 221, 677Puddu A., 573Pugnetti A., 417, 551Purini R., 259, 263Rafanelli C., 323, 487Ragonese S., 513Raicich F., 249Rajagopal S., 565Rapparini F., 641Raschi A., 365, 653, 681, 697Ravaioli M., 271, 287, 417Ravazzi C., 169, 185Ravegnani F., 319, 401, 483Ribera d'Alcalà M., 177Ribotti A., 509, 517, 529Ricciardelli E., 467Riccio A., 437Rinaldi M., 73Roccato F., 471, 475

indice degli autori

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Page 197: 5 – Osservazioni da satellite, reti di misure e basi-dati sui cambiamenti climatici

Rocchi L., 413Rodolfi A., 701Rogora M., 593Rolla A., 609Romano F., 467Ronchi C., 221Rossi F., 665, 797Rossi M., 385Rossini G., 245Ruggieri G., 831Sabbioni C., 805Saggiomo V., 271Sagnotti L., 173Salerno F., 597Salis M., 721Salvador Sanchis M. P., 743Salvatori R., 307Salvia M., 851Santachiara G., 101, 459Santese G., 577Santi C. A., 645Santi E., 389Santinelli C., 495Santoleri R., 345, 525Santoro F., 557Saporito L., 537Scarascia-Mugnozza G., 649, 705, 709Scartazza A., 245Schiano M. E., 105, 337Schröder K., 521Sclavo M., 205, 259Sellegri K., 475Selmo E., 421Selvi F., 365Sempreviva A. M., 835Serandrei-Barbero R., 201, 205Serio C., 393Seritti A., 495Simeone S., 557Simoniello T., 633Sirca C., 661, 721Snyder R. L., 721Socal G., 551Solzi M., 839Sorgente R., 509, 517, 533Sorriso-Valvo M., 739Spaccino L., 649Spano D., 661, 721, 765

Sparnocchia S., 105, 337Speranza A., 117Sprovieri F., 137, 397Sprovieri M., 147, 177, 209Sprovieri R., 177Stefani P., 681Stroppiana D., 253Szpunar G., 689Taddei S., 85, 245Tampieri F., 27Tarchiani V., 823Tartaglione N., 117Tartari G., 479, 589, 597Tartari G. A., 597Tei C., 31, 385Tinner W., 185Tognetti R., 365, 653Tomasi C., 97, 327, 441, 447, 451Tomei M. C., 843Torri D., 743Torrigiani T., 233Toscano P., 85, 425, 429, 789Tranchida G., 537Transerici C., 35, 835Trincardi F., 133, 157, 213Trivellane G., 483Trombino G., 569, 847Tropeano D., 751Turconi L., 751Turetta C., 81, 153, 311Ungaro F., 743Uricchio V. F., 819Vaccari F. P., 85, 245, 353, 365, 429, 653,

697, 789Valev D., 319Vallebona C., 373, 777Vallorani R., 669van der Velde G., 565Vargiu A., 221Vedernikov A., 101Velea L., 35Veneziani M., 341Ventura A., 661, 721Venzac H., 475Verde C., 277Verdicchio G., 133, 213Verhoef W., 361Verza G. P., 475

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Vescovi E., 185Vetrano A., 521Vignaroli P., 373, 413, 823Villani F., 693Villani P., 475Visconti A., 621Vitale V., 97, 327, 451Viterbi R., 677von Hardenberg A., 677von Hardenberg J., 3, 221Vuillermoz E., 475, 479Vurro M., 827Werner R., 319Wick L., 185Yañez M. S., 743Zaccone R., 561Zaldei A., 85, 365, 425, 429Zara P., 721Zipoli G., 769Zoboli R., 855, 859Zoppini A., 573Zora M., 537

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