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6. La società ................................ 1) Che cos’è la società L’essere umano è per sua natura un animale sociale, senza la so- cietà non potrebbe sopravvivere. Anche quando si isola e cerca di sfuggire alla società l’individuo porta con sé le idee, le tecniche che ha appreso dagli altri. Non avrebbe senso considerare la cultura, e neanche il concetto stesso di evoluzione, senza presupporre la preesistenza di un siste- ma di vita associata dotato di proprie regole. L’individuo, dunque, è impensabile senza la società, ma allo stesso tempo non è il semplice assembramento di individui a costituire la società. Gli individui formano una società quando: rappresentano una collettività stabile, occupano un territorio co- mune e interagiscono gli uni con gli altri; condividono la stessa cultura (lingua, tradizioni, costumi ecc.); sono consapevoli di appartenere allo stesso gruppo e si identifica- no in esso. In senso generale una società è un sistema sociale ben deter- minato e dotato di propri tratti distintivi. Tali tratti sono stretta- mente correlati a variabili linguistiche e culturali; in tal senso è possibile parlare, ad esempio, di società occidentale o società orientale. In genere l’aspetto linguistico e quello culturale, inteso quest’ultimo co- me sistema di valori e atteggiamenti, costituiscono i due elementi alla base delle società di fatto. Ogni società esiste in primo luogo grazie all’esistenza di un sistema linguistico comune e conseguentemente ad un complesso di valori e norme culturali condivise che hanno conosciuto una ben precisa evoluzione nel corso del tempo. In questo senso è an- 101 6. La società Atteggiamenti: sistemi ten- denzialmente stabili di cre- denze, sentimenti, valutazio- ni e tendenze ad agire a fa- vore o contro qualcosa o qualcuno.

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6. La società . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1) Che cos’è la società

L’essere umano è per sua natura un animale sociale, senza la so-cietà non potrebbe sopravvivere. Anche quando si isola e cerca disfuggire alla società l’individuo porta con sé le idee, le tecniche cheha appreso dagli altri.

Non avrebbe senso considerare la cultura, e neanche il concettostesso di evoluzione, senza presupporre la preesistenza di un siste-ma di vita associata dotato di proprie regole. L’individuo, dunque, èimpensabile senza la società, ma allo stesso tempo non è il sempliceassembramento di individui a costituire la società.

Gli individui formano una società quando:

— rappresentano una collettività stabile, occupano un territorio co-mune e interagiscono gli uni con gli altri;

— condividono la stessa cultura (lingua, tradizioni, costumi ecc.);— sono consapevoli di appartenere allo stesso gruppo e si identifica-

no in esso.

In senso generale una società è un sistema sociale ben deter-minato e dotato di propri tratti distintivi. Tali tratti sono stretta-mente correlati a variabili linguistiche e culturali; in tal senso èpossibile parlare, ad esempio, di società occidentale o societàorientale. In genere l’aspetto linguistico equello culturale, inteso quest’ultimo co-me sistema di valori e atteggiamenti,costituiscono i due elementi alla basedelle società di fatto. Ogni società esistein primo luogo grazie all’esistenza di unsistema linguistico comune e conseguentemente ad un complessodi valori e norme culturali condivise che hanno conosciuto unaben precisa evoluzione nel corso del tempo. In questo senso è an-

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Atteggiamenti: sistemi ten-denzialmente stabili di cre-denze, sentimenti, valutazio-ni e tendenze ad agire a fa-vore o contro qualcosa oqualcuno.

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che possibile parlare di società globale. Ilprogresso tecnologico, infatti, aiuta a su-perare determinate barriere culturali: lavelocità nella trasmissione delle informa-zioni e delle comunicazioni, grazie allosviluppo delle reti telematiche, apre la viaa una particolare società di fatto a livellomondiale (villaggio globale), in cui non-ostante le differenze linguistiche milioni emilioni di individui condividono sempre dipiù medesimi valori ed approcci al vivereassociativo;

La società si identifica con lo Stato, quando si pone, invece, l’en-fasi sulla dimensione normativa. I valori, e gli atteggiamenti culturali,infatti, non potrebbero acquisire carattere stabile senza l’esistenza diprecise regole e norme di condotta condivise e rispettate dalla totali-tà di coloro che costituiscono una società.

Per approfondire

«La realtà sociale che ci circonda non è soltanto il prodotto delle nostre azioni edelle azioni degli uomini e delle donne nostri contemporanei, ma di una lungacatena di generazioni. È come se ogni generazione ricevesse in eredità da quelleche l’hanno preceduta un patrimonio sul quale operare, da trasformare o datrasmettere poi, selettivamente, alle generazioni successive. Possiamo parago-nare la società a un treno sul quale continuano a salire nuovi viaggiatori, primao poi destinati a scendere; il treno compie un viaggio molto più lungo del tra-gitto delle popolazioni di viaggiatori che lo occupano da una stazione all’altra.Poiché la vita dell’uomo è più breve della vita della società, ogni uomo occupaun posto temporaneo su un convoglio che viene da lontano e che continuerà ilsuo viaggio anche dopo la sua morte».

(A. Bagnasco-M. Barbagli-A. Cavalli, Corso di sociologia,il Mulino, Bologna, 1997)

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Società globale: societàsenza barriere e distanzeculturali, in cui le informa-zioni, grazie agli enormisviluppi del progresso tec-nologico, circolano in tem-po reale.Villaggio globale: defini-zione del mondo contem-poraneo senza barriere edistanze culturali, del cele-bre storico canadese deimedia Marshall McLuhan.

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2) La struttura sociale

Tutte le società umane presentano una struttura sociale, costituitada un insieme di parti tra loro interrelate che formano un insiemeorganizzato. Una società non è mai un insieme di persone riunite acasaccio che si trovano per caso ad occupare lo stesso territorio.

In ogni società esistono dei modelli di comportamento che si ri-petono con regolarità e costituiscono le fondamenta di quel grandeedificio che è la società. La struttura sociale corrisponde quindi auna grande rete organizzata di relazioni sociali e di componenti sta-bili nel tempo. Le componenti principali sono gli status, i ruoli, igruppi e le istituzioni.

3) Status e ruoli

I singoli individui sono le cellule, le unità elementari della socie-tà; la sociologia, tuttavia, più che privilegiare l’aspetto fisiologico epsicologico dell’uomo, si occupa principalmente delle sue interazio-ni con gli altri e dell’individuo in quanto membro di determinatigruppi sociali.

Nella società le persone si differenziano l’una dall’altra, non soloper le loro caratteristiche individuali (età, sesso, religione ecc.), maanche in base all’appartenenza a determinati gruppi sociali. Quandoparliamo di gruppo, intendiamo un insieme di individui che interagi-scono gli uni con gli altri in modo ordinato per il perseguimento difini comuni. A seconda del gruppo di appartenenza viene attribuitaalle persone una posizione sociale superiore o inferiore. Un liberoprofessionista non solo è considerato diverso da un operaio, ma sipensa che egli occupi una posizione più elevata nella società. Allostesso tempo, però, un dottore è considerato allo stesso livello di unlibero professionista, quindi ognuno di noi impara sin da piccolo ainserire le persone in una scala gerarchica di classificazione sociale,che va dall’alto in basso e viceversa, in base al possesso e l’uso dibeni e servizi, al potere e alla valutazione sociale acquisiti. Ogni in-

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dividuo, infatti, occupa nella società una determinata posizione inbase anche alla valutazione sociale che ne danno gli altri. Tale posi-zione è lo status (uomo, vecchio, insegnante, bambino e così via)ed è vincolata da un insieme di modelli comportamentali attesi checostituiscono il ruolo sociale. Status e ruolo rappresentano, perciò,due aspetti complementari.

Un individuo può avere vari status contemporaneamente, ma disolito quello riguardante il suo tipo di lavoro è predominante.

Gli status possono essere di due tipi:

— ascritti, cioè assegnati dalla nascita agli individui indipendente-mente dalla loro volontà e abilità, come l’età, il sesso e la nazio-nalità, sono legati, quindi, a criteri di valutazione (in questo casola nascita) presenti nella società;

— acquisiti, quelli che, invece, dipendono dalla volontà dell’indivi-duo e sono conquistati attraverso la capacità, la competizione e losforzo, come il matrimonio, la posizione economica, religiosa ecc.

Il ruolo sociale è, come abbiamo già anticipato, il complesso del-le azioni che la gente si aspetta da un individuo in base allo statusche occupa all’interno della società. Ad esempio, la dirigenza scola-stica è uno status, vincolato da precise norme sociali che stabilisco-no come deve comportarsi chi ha il ruolo di dirigente scolastico.

Molta parte della nostra condotta sociale è influenzata dalle aspet-tative altrui. In una famiglia patriarcale, moglie e figli saranno, adesempio, portati ad agire in un determinato modo e soprattutto nutri-ranno un certo tipo di aspettative nei confronti del padre. Quest’ulti-mo, a sua volta, si aspetterà che anch’essi agiscano in un certo modoe con regolarità. Il caso della famiglia patriarcale è ovviamente estensi-bile a numerosissimi altri. L’uomo, quindi, in quanto persona è princi-palmente una creazione storica, che può essere studiata e compresapiù facilmente nei ruoli che impersona e che fa propri. Questi ruolisono delimitati dal genere di società in cui gli è capitato di nascere ein cui diviene adulto raggiungendo la propria maturità. Ciò che pen-siamo di noi stessi è influenzato in modo decisivo da come ci vedono

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gli altri: i loro atteggiamenti di approvazione e disapprovazione ci gui-dano, infatti, nell’apprendimento del nostro ruolo sociale.

Il concetto di ruolo non implica naturalmente l’equazione trapersona e ruolo, poiché una singola persona può assolvere moltiruoli differenti. Un dirigente industriale avrà comportamenti e ruolidiversi a seconda delle circostanze in cui si trova. In ufficio agirà inmodo completamente diverso di come si comporterà a casa giocan-do con i figli. L’uomo può essere definito come un insieme di ruoliche di volta in volta vengono attuati in base alle più diverse circo-stanze.

4) I gruppi

Il concetto di gruppo ha rappresentato, e rappresenta tuttora,uno dei più importanti e più studiati nella letteratura sociologica.Possiamo definire il gruppo un insieme di individui che interagisco-no fra loro e condividono norme, interessi e valori comuni. In altritermini, un gruppo è composto da persone i cui status e ruoli sonostrettamente interconnessi.

I gruppi possono essere suddivisi in:

— primari, caratterizzati da forme di interazione particolarmenteintense e intime tra i membri. Sono di solito gruppi poco estesie svolgono un ruolo estremamente significativo nella formazio-ne della personalità dell’individuo. Lafamiglia si presenta come il gruppo pri-mario più importante, in quanto ha unruolo chiave nell’introdurre l’individuoverso quel delicatissimo processo chesociologi e psicologi sociali definisconodi socializzazione primaria. Taleprocesso avviene nei primi mesi di vitae rappresenta soltanto una prima fasedello sviluppo dell’interazione sociale

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Socializzazione primaria:processo di formazionedelle competenze sociali dibase, che si realizza preva-lentemente all’interno dellafamiglia.Interazione sociale: pro-cesso in cui due o più in-dividui in relazione fra loroagiscono reagendo alleazioni degli altri.

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attraverso cui gli individui si formano e apprendono i modellidi comportamento della società in cui vivono. La fase successi-va è detta socializzazione secondaria e prosegue per tutto ilciclo di vita;

— secondari, costituiti da numerosi indi-vidui che generalmente hanno scarsicontatti tra di loro, come può, adesempio, avvenire tra i lavoratori diun’azienda o tra gli iscritti a un partito.In questo caso, si parla sempre digruppo in quanto i membri condivido-no un lavoro comune e di conseguen-za un medesimo senso di appartenen-za. Tuttavia, le dinamiche di interazio-ne che contraddistinguono questo ge-nere di gruppi sono sostanzialmente diverse rispetto a quelle checaratterizzano i gruppi di tipo primario. Le interazioni faccia afaccia sono limitate, i componenti si rivolgono l’uno all’altro inbase a ruoli specifici, ad esempio impiegato, dirigente, capouffi-cio ecc. All’interno dei gruppi secondari ci sono sempre deigruppi primari più piccoli, che si formano quando gli apparte-nenti a un determinato gruppo secondario si conoscono e co-minciano a interagire sempre più intensamente. Nelle societàpreindustriali la maggior parte della vita sociale si svolgeva all’in-terno di gruppi primari, come la parentela o il villaggio; in quellemoderne, invece, la maggior parte delle interazioni si svolge al-l’interno di gruppi secondari, determinando una vita sociale mol-to più anonima e impersonale.

Il criterio di appartenenza a un gruppo può essere definito o me-no da precise regole e a seconda dei casi abbiamo:

— gruppi formali, costituiti da un insieme di individui che nor-malmente condividono un qualche interesse di tipo strumentale,legato a finalità produttive o al raggiungimento di un obiettivo

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Socializzazione secondaria:processo di formazione dellecompetenze specifiche e ne-cessarie allo svolgimentodei ruoli adulti, che si attuaprevalentemente al di fuoridella famiglia (scuola, chie-sa, gruppo dei pari ecc.).Interazione faccia a faccia:interazione che avviene tradue o più soggetti l’uno inpresenza dell’altro.

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specifico esterno al gruppo. Il criterio di appartenenza in questocaso prevede regole precise riguardo ai requisiti, alle procedureper l’ammissione e ai comportamenti da assumere per essere ac-cettati all’interno del gruppo.In questo genere di gruppi le norme comportamentali sono assaipiù formalizzate e i valori di base del gruppo coincidono quasisempre con il raggiungimento dell’obiettivo che il gruppo si èprefissato. Ad esempio, un team creato appositamente per la rea-lizzazione di un progetto è un gruppo formale, dove i membricondividono le rispettive conoscenze e abilità per la risoluzionedi un determinato problema;

— gruppi informali, caratterizzati dall’esistenza di rapporti fondatisu criteri taciti e quindi poco definiti, in quanto l’obiettivo daraggiungere non è la produzione di qualcosa di esterno ai mem-bri appartenenti al gruppo, ma la soddisfazione dei loro stessi bi-sogni (amicizia, divertimento, socializzazione ecc.). Una partico-lare proprietà dei gruppi informali consiste nel fatto che nonhanno confini ben definiti e questo aspetto diventa spesso unacondizione fondamentale della loro stabilità: i membri possonoanche distaccarsi dal gruppo per un periodo, coltivando altri in-teressi, e poi riprendere i contatti in nuove circostanze. Moltospesso i gruppi informali nascono dagli stessi gruppi formali. Inun’azienda o altra grossa organizzazione è probabile che tra al-cuni membri si stabilisca un’intesa più forte che porti alla crea-zione di gruppi informali.

La leadership. Nella trattazione dei gruppi non è possibile prescin-dere dall’analisi della leadership, un aspetto estremamente comples-so, ma nel contempo fondamentale per una comprensione più am-pia dello stesso concetto di gruppo. La leadership è il rapporto trauna persona che guida e un gruppo di individui guidati, nel qualechi guida esercita un’influenza maggiore di quella che riceve daglialtri membri del gruppo. Il leader è quindi una persona che, graziealle sue doti personali, riesce a influenzare gli altri.

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Per comprendere appieno la leadership è necessario soffermarsi su:

— caratteristiche personali del leader come individuo;— immagini che i seguaci hanno di lui/lei e motivi che li spingono

a seguirlo/a;— ruoli che questi assolve come leader; — contesti strutturali e ruoli sia del leader, sia delle persone guidate.

Per essere definiti leader è necessario desiderare che il propriopunto di vista venga accettato. Ogni gruppo ha sempre un leader,anche se non sempre i leader detengono posizioni formali di potere.

Il rapporto tra leader e gruppo varia a seconda delle dimensionidel gruppo.

Nei gruppi di piccole dimensioni, cioè quelli costituiti da un nu-mero ristretto di appartenenti tale da garantire loro rapporti reciprociintensi, si possono verificare due tipi di leadership:

— strumentale: quando il leader organizza e dirige le attività perconseguire degli obiettivi e degli scopi che interessano tutto ilgruppo;

— espressiva: quando il leader si preoccupa di ridurre al minimo iconflitti e mantenere l’armonia e la cooperazione all’interno delgruppo.

Di solito in un gruppo di formazione recente ambedue i tipi dileadership vengono attribuiti alla stessa persona, perché chi piacee riscuote simpatia è portato anche a dominare le attività del grup-po. Questo tipo di situazione, però, non regge a lungo, perché ileader strumentali diventano ben presto meno amati, in quantoesercitano una forma di potere sul gruppo. È raro, quindi, che do-po i primi tempi i due tipi di leader coincidano con la stessa perso-na, il più delle volte sono due e si appoggiano a vicenda creandouna leadership a due.

Il rapporto tra leader e gruppo diventa più complesso all’internodi gruppi istituzionalizzati, cioè quelli in cui norme e valori che nehanno determinato l’origine sono ormai consolidati e razionalizzati.

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Tutte le istituzioni stabili comportano la presenza dei leader, inquanto sono costellazioni di ruoli disposti secondo una certa gradua-zione di autorità, in modo tale che i diversi membri guardino a coluiche occupa il ruolo di capo come alla persona che garantisce, ester-namente e internamente, la stessa costellazione di ruoli sui quali siregge l’intera istituzione. I tipi di leader istituzionalizzati variano inrapporto alle istituzioni che guidano. Il padre patriarcale, il parroco,il dirigente d’azienda o il sindaco svolgono tutti ruoli più o menocorrispondenti alle aspettative rivolte a essi dalla società in quantocapi. Ciò che tuttavia accomuna queste differenti situazioni è, da unlato, la relazione che si instaura tra leader e gruppo e, dall’altro, l’im-portanza capitale assunta dal concetto stesso di ruolo. Il ruolo assun-to da un leader all’interno di un determinato gruppo è fondamentaleai fini delle immagini che gli altri membri del gruppo hanno del pro-prio capo e ai fini della loro condotta.

Se la costruzione di un ruolo non fosse così importante, non sispiegherebbe perché alcuni leader che hanno successo in determi-nati contesti, falliscono in altri. Allo stesso modo non si riuscirebbe acomprendere perché gli stessi individui siano talvolta incapaci di as-sumere atteggiamenti di leadership al di fuori dei contesti abituali,all’interno dei quali assumono tratti spesso in completa antitesi con illoro stesso carattere.

Un ultimo aspetto della leadership da tenere presente è quellorelativo alla creazione dei ruoli all’interno e all’esterno dei gruppi. Inaltri termini, possiamo considerare se il leader crea o meno il ruoloche interpreta all’interno di un determinato gruppo, oppure se assu-me semplicemente un ruolo già esistente e lo attua passivamente.

Generalmente, vengono distinti tre possibili tipi di leader:

— il capo istituzionale di routine: non crea né il suo ruolo nétantomeno il suo contesto istituzionale, ma si limita ad inserirsiall’interno di un sistema preesistente che contiene il ruolo guidache questi assolve. I gruppi formali di ogni tipo offrono moltospesso l’esempio di sistemi all’interno dei quali è possibile ri-scontrare simili forme di leadership;

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— il leader innovatore: inserito all’interno di un gruppo o conte-sto istituzionale preesistente, riesce a creare un nuovo ruolo e asvolgerlo. In questi casi il leader può immaginare nuovi modi disoddisfare le aspettative o percepire i bisogni del gruppo nel cuicontesto opera;

— il leader precursore: non solo crea un ruolo e lo svolge, matrasforma lo stesso contesto istituzionale all’interno del qualeopera.

Da questo schema e dalle descrizioni che abbiamo fatto dei diversicontesti di leadership si deduce che, per comprendere qualsiasi feno-meno di leadership, è importante porsi le seguenti domande: in qualecontesto o gruppo sorge il leader? In che modo è strutturato il conte-sto? Quali sono le caratteristiche salienti del ruolo (e non del carattere)del leader considerato? Quali immagini hanno di lui/lei, come personae come leader, coloro che lui/lei guida? Perché gli/le obbediscono?Quali tecniche utilizza per diffondere queste immagini?

Quest’ultimo aspetto è di particolare importanza poiché ci intro-duce all’interno di un’ulteriore questione inerente ai gruppi. Si trattadei problemi relativi agli aspetti comunicazionali tra i diversi compo-nenti di un gruppo.

Le dinamiche comunicative nei gruppi. Anche se osservare e definirele dinamiche comunicative intragruppo è un’operazione particolar-mente complessa, esistono degli indicatori di massima che possonofacilitarne la comprensione.

I modelli comunicativi maggiormente diffusi all’interno dei grup-pi, siano essi primari o secondari, formali o informali, si rifanno a si-tuazioni:— di scarsa comunicazione, in cui a gestire gli aspetti rilevanti

della comunicazione interna può essere o un unico componente(fig. a) o nessuno dei membri del gruppo (fig. b);

— di tipo circolare, in cui la comunicazione tra i diversi membri èsufficientemente alta, ma con la presenza, tra alcuni di essi, dicanali diretti o di vie preferenziali (fig. c);

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— di tipo democratico, in cui si verifica il massimo livello di co-municazione tra i membri del gruppo e l’assenza, tra loro, di ca-nali preferenziali (fig. d).

All’interno di ciascun processo comunicativo intragruppo è, inol-tre, possibile classificare una serie di funzioni:

— referenziale: considerata una delle forme fondamentali di co-municazione, senza la quale non avrebbe senso parlare di grup-po. Essa consiste fondamentalmente in uno scambio di informa-zioni tra interlocutori o componenti di un gruppo su un soggettoo un determinato referente. Di solito si assume come referenteun fatto del mondo esterno al gruppo o un fatto sul quale unsoggetto emittente desidera fornire informazioni ad altri.Perché si abbia uno scambio comunicativo efficiente a livelloreferenziale occorre che tutti gli inter-locutori condividano una medesimastruttura semantica: ovvero quelleespressioni linguistiche complesse,espressioni idiomatiche e modi di di-re che costituiscono parte integrante della cultura propria di ungruppo;

— espressiva o interpersonale: relativa alla comunicazione deglistati emotivi, è tra le funzioni predominanti all’interno dei gruppiprimari. Si tratta di un tipo di comunicazione espressa verbal-mente o non verbalmente. Uno stato ansioso, ad esempio, puòessere comunicato attraverso il tono della voce, l’espressione delviso o la gestualità. Relazioni particolari all’interno del gruppo

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Semantica: studio del si-gnificato delle parole, dellacombinazione di parole esingole frasi e degli enuncia-ti di una determinata lingua.

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possono, quindi, essere caratterizzate dai vari modi di esprimerefunzioni di tipo espressivo ed emotivo;

— di controllo: riguarda quell’aspetto della comunicazione finalizza-to al conseguimento di un determinato obiettivo. Per controllare ilcomportamento altrui si dispone, a livello linguistico, di tutta unagamma di possibilità, che vanno da modalità dirette ed espresse(ad esempio, i comandi, gli ordini ecc.) a modalità indirette (adesempio, l’uso di verbi modali quali occorre, bisognerebbe ecc.).La scelta delle espressioni da utilizzare dipende da vari fattori, le-gati al contesto e alle dinamiche di gruppo. La funzione di control-lo a livello comunicativo è, infatti, estremamente importante ai finidi un corretto inquadramento delle dinamiche intragruppo;

— di coordinazione: si riferisce principalmente allo scambio di in-formazioni, di qualsiasi tipo;

— di metacomunicazione: riguarda l’aspetto relazionale tra gli at-tori dello scambio comunicativo. Oltre a essere condizione ne-cessaria ai fini di una comunicazione di gruppo efficiente ed effi-cace, la capacità di comunicare in maniera adeguata è stretta-mente connessa allo spinoso problema della consapevolezza disé e degli altri. Ogni comunicazione interna a un gruppo ha dueaspetti: l’uno, relativo al messaggio, o al flusso di informazioniche vengono scambiate; l’altro, inerente al modo in cui tale mes-saggio deve essere assunto.

Molte delle teorie più interessanti nell’ambito della comunica-zione persuasiva sono state elaborate partendo proprio dai gruppi,utilizzati come base di riferimento per osservazioni empiriche. Sipuò definire la comunicazione persuasiva come la capacità di in-fluenzare tramite il linguaggio le opinioni e le scelte dei destinataridella comunicazione.

Le questioni più studiate nell’ambito della comunicazione per-suasiva ruotano da sempre attorno a due interrogativi fondamentali:chi esercita l’influenza e con quali metodi; quali caratteristiche devepossedere colui che influenza (ovvero la fonte di un messaggio per-suasivo).

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I parametri più comuni per analizzare la comunicazione persua-siva nell’ambito dei gruppi sono:

— la fonte o emittente dell’informazione, ovvero colui che influenzanell’ambito del gruppo;

— il messaggio trasmesso;— il ricevente, ovvero la parte restante del gruppo nel suo insieme.

Viene considerata fonte del messaggio la persona (generalmenteil leader di un gruppo) che, materialmente, lo comunica. A propositodella fonte sono state individuate tre caratteristiche o variabili: la cre-dibilità, l’attrazione, il potere.

Un leader ha tante più probabilità d’influenzare nel tempo gli at-teggiamenti di un gruppo quanto più acquisisce e conserva almenouna delle suddette caratteristiche.

Una fonte credibile ha maggiori probabilità di provocare un cam-biamento di atteggiamento in termini di assimilazione della nuovaopinione nel sistema di credenze e di valori preesistente nel gruppo.Una fonte attraente porta il gruppo a un processo d’identificazione,motivato principalmente dal desiderio di stabilire una relazione grati-ficante con la fonte o comunque di apparire psicologicamente vicinoa essa. È il caso del leader carismatico, capace d’incidere profonda-mente sugli atteggiamenti e i valori del proprio gruppo facendo levasugli aspetti essenziali della comunicazione persuasiva. Una fonte po-tente raggiunge facilmente effetti di condiscendenza (da cui scaturi-scono cambiamenti superficiali dell’atteggiamento nel gruppo), so-prattutto perché il ricevente riconosce alla fonte il controllo di ricom-pense e punizioni in grado di effettuare una profonda influenza sullasua condotta.

5) Le istituzioni

Possiamo definire un’istituzione un insieme di valori, norme, sta-tus, ruoli e gruppi che sorgono come risposta degli individui a biso-gni fondamentali della società in cui vivono. Ad esempio, l’istituzio-

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ne scuola provvede all’istruzione dei bambini e dei ragazzi e assolveal bisogno della società di trasmettere ai giovani la cultura e di for-mare i cittadini, i suoi valori sono stimolare le forze interiori degli in-dividui e l’intelletto, le norme che la regolano sono la frequenza ob-bligatoria e quelle che vigono al suo interno, tra gli status e i ruoliabbiamo quelli di insegnante, studente, preside ecc., i gruppi sonoquelli degli studenti, dei docenti ecc.

Le istituzioni più importanti presentano delle sottoistituzioni didimensioni più piccole, ad esempio il sistema ospedaliero costituisceuna parte dell’istituzione sanitaria generale, oppure il gioco del cal-cio rappresenta una parte dell’istituzione dello sport. Ogni istituzioneoffre quindi una soluzione ai problemi e ai bisogni ricorrenti del vi-vere sociale.

In rapporto al singolo individuo le istituzioni assolvono le se-guenti funzioni:

— semplificano il comportamento sociale prefigurando norme eruoli ritenuti validi dalla società;

— offrono schemi già predisposti di rapporti e ruoli, l’individuoquindi sa già come comportarsi nei rapporti con gli altri in deter-minate situazioni;

— tutelano giuridicamente l’individuo, poiché di fronte a possibiliprevaricazioni e abusi di gruppo, l’individuo è tutelato dalla cer-tezza della norma istituzionale e dal fatto che tutti tendano a ri-spettarla.

Nei confronti dei gruppi le istituzioni favoriscono:

— la coesione, perché stimolano il consenso e mobilitano le energiedel gruppo per la realizzazione di obiettivi comuni;

— l’attenuazione dei conflitti, che si verificano quando nuovi feno-meni sociali si manifestano nella società.

Le istituzioni sono caratterizzate da:

— una tendenza fortemente conservatrice, perché i modelli di com-portamento sociale sono istituzionalizzati, cioè fissati da norme du-

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revoli che si tramandano di generazione in generazione. Sonoquindi resistenti ai rivolgimenti e assicurano la stabilità sociale;

— uno stretto collegamento fra loro all’interno della struttura so-ciale, che contribuisce alla coesione interna delle vari componen-ti della struttura stessa e permette di evitare tensioni e forme didisintegrazione sociale.

— una tendenza a influenzarsi tra loro: ogni cambiamento impor-tante in una delle fondamentali istituzioni può determinare cam-biamenti anche nelle altre, ad esempio quando si sono verificatipassaggi da società fondate su un’economia ancora di stampofeudale a un’economia aperta al commercio e alla produzione infabbrica sono stati necessari cambiamenti anche nelle altre.

6) Tipi di società

Le società si possono classificare in base alle tecnologie che han-no impiegato per sfruttare le risorse dell’ambiente naturale. Le socie-tà che hanno via via scoperto e adottato strategie più produttive so-no poi diventate sempre più grandi e più complesse.

Possiamo classificare quindi le società in preindustriali o tradi-zionali, caratterizzate dalla libertà “prescrittiva”, dall’istituzionalizza-zione della tradizione e dall’indifferenziazione dei ruoli (ascritti), eindustriali o complesse, caratterizzate dalla libertà elettiva, dall’isti-tuzionalizzazione del cambiamento e dalla crescente differenziazionedei ruoli (acquisiti).

7) Le società preindustriali

In base alle strategie di sussistenza abbiamo quattro tipi di societàpreindustriali: di caccia e raccolta, pastorali, orticole e agricole.

Società di caccia e di raccolta. Costituisce il primo tipo di societàsemplice ed è formata da piccoli raggruppamenti di individui, che,

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giacché l’ambiente in cui vivono non offre loro molte possibilità disostentamento, sono collocati in modo sparso sul territorio.

Le società di caccia e raccolta vivono in piccoli gruppi primari,ognuno dei quali non supera le quaranta unità. Alla base di questi grup-pi vigono rapporti di parentela, in quanto la famiglia rappresenta l’unicaistituzione definita in queste società e svolge tutti i compiti che di solitonelle società complesse vengono affidati ad altre istituzioni, come laproduzione economica, l’istruzione e l’educazione dei giovani ecc.

Gli individui che compongono tali società sono nomadi e si nu-trono esclusivamente di quello che riescono a procacciarsi, per que-sto motivo ciascun gruppo talvolta ha bisogno di spostarsi da un ter-ritorio all’altro alla ricerca del sostentamento. La comunicazione tra ivari gruppi è, pertanto, lenta e inefficace.

Società pastorali. Questo tipo di società si è sviluppato all’internodella società di caccia e di raccolta, quando non essendo più suffi-cienti le risorse naturali per continuare a soddisfare i bisogni alimen-tari, si dovette adottare una nuova strategia di sussistenza basata sul-l’addomesticamento del bestiame.

Anche i raggruppamenti di individui che praticano la pastoriziasono nomadi. Sono costretti a condurre il bestiame verso nuovi terri-tori, alla ricerca di pascoli più rigogliosi. Numerose famiglie, avendoaccumulato, per la maggior produttività dell’attività pastorale, unaquantità superiore di bestiame e di cibo, si stabiliscono in modo per-manente in un determinato territorio e vi iniziano a sviluppare ancheforme di attività commerciale, convertendo il surplus ottenuto in al-tre attività redditizie. Questo è l’elemento che fa nascere, all’internodella società pastorale, le cruente lotte tra le famiglie e i vari gruppiper gli insediamenti territoriali e, come conseguenza, giacché i vinci-tori rendono schiavi i vinti, si comincia ad affermare il fenomenodello schiavismo. Compaiono così i primi capo tribù o capo clan, iquali trasmettono il loro status ai discendenti.

Molte società pastorali esistono attualmente in Africa e nel MedioOriente, sono di solito popolazioni che vivono in zone desertiche ocomunque non adatte alla coltivazione delle piante.

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Società orticole. Le società pastorali, ad un certo punto, per au-mentare e completare il regime alimentare, incominciano a ricorrerealla raccolta dei vegetali e della frutta in natura e, quindi, a praticarel’orticoltura.

Le società orticole nascono, infatti, quando i pastori da nomadi sitrasformano parzialmente in stanziali e iniziano a curare, in modoconsapevole, il terreno, per seminarlo e raccoglierne i prodotti. L’or-ticoltura è diffusa nelle zone dove il clima è temperato e favorevole.Attualmente, nel mondo, esistono numerose società orticole: in Afri-ca, in Australia e nell’America meridionale. In esse le donne si occu-pano, in una tipica divisione del lavoro presente nelle società sem-plici, della raccolta dei vegetali selvatici e della coltivazione della ter-ra, mentre gli uomini, utilizzando l’energia muscolare, si dedicano al-l’estirpazione delle piante e alla caccia della selvaggina.

Società agricole. In una certa fase della storia, gli uomini non sisono più accontentati della caccia, della pastorizia e della raccoltadei prodotti orticoli e hanno imparato a ricavare dal terreno alcunifrutti, fondando la società agricola. L’agricoltura è stata, in verità, unatappa fondamentale nel cammino della civiltà. Con la sua nascita esviluppo, il territorio è stato riorganizzato e la sua natura selvaggiaha dovuto, così, cedere il passo a paesaggi coltivati. Le società agri-cole, pur essendo semplici, hanno, tuttavia, incominciato a introdur-re alcuni elementi di complessità: la scrittura e la riproducibilità deitesti, la guerra, i campi terrazzati, gli animali da tiro, gli aratri e le ir-rigazioni.

Queste tecniche hanno fatto acquisire un modo diverso di orga-nizzare l’attività lavorativa e, quindi, hanno creato le premesse peruna diversa struttura sociale. Le società, basate, perciò, sull’agricoltu-ra, hanno prodotto forme di accentuata stratificazione sociale e, diconseguenza, istituzioni adeguate (come ad esempio le organizzazio-ni economiche, sindacali e politiche), per amministrane i loro pro-cessi interni e governarne gli sviluppi. Con tali società le strutturesociali diventano, dunque, più complesse e articolate. La popolazio-ne aumenta, si moltiplicano per gli individui i ruoli e gli status e

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vengono costruite nuove città. Incomincia, così, a emergere e ad af-fermarsi la società complessa.

8) Le società industriali e post-industriali

Dal seno delle società agricole si diffondono i semi delle societàindustriali e complesse. L’industrializzazione si basa su una strategiadi sussistenza molto efficace, che permette di sfruttare nuove formedi energia e di affidare alle macchine il lavoro che precedentementeveniva svolto dagli uomini o dagli animali. Le invenzioni e le scoper-te in questo tipo di società si innescano a catena, quindi il tasso diinnovazione tecnologica in queste società è altissimo e sono perciòin perenne cambiamento.

Le società industriali sono caratterizzate da dimensioni al-quanto vaste, con una popolazione che può contare centinaia dimilioni di individui, e da una forte urbanizzazione. Inoltre, aumen-tano i ruoli acquisiti e non ascritti, grazie alla creazione di nuoveoccupazioni. Le istituzioni si differenziano e la famiglia perde mol-te delle funzioni che aveva nel passato. Anche se nella prima fasedell’industrializzazione si verifica un’enorme differenza tra ricchi epoveri, esiste nelle società industriali una forte tendenza alla ridu-zione delle disuguaglianze sociali. Con la nascita dei governi de-mocratici, che soppiantano le monarchie ereditarie, aumenta l’in-fluenza dello Stato in molti settori della vita sociale: l’istruzione,l’assistenza, l’attività economica ecc.

Le società post-industriali sono società in cui la maggioranzadelle forze di lavoro, grazie all’automazione che ne ha accresciutola produttività, non sono più occupate nell’industria, come accadenella società industriale, ma soprattutto nel settore dei servizi o ter-ziario. I rapporti politici ed economici, le relazioni sociali e la cul-tura sono meno condizionati dai valori dell’azienda industriale edal confronto tra imprenditori e dirigenti da un lato e operai dal-l’altro. Allo stesso tempo la scienza diventa un’istituzione centrale efondamento del potere.

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L’istituzione del libero mercato fa emergere la massima contrad-dizione delle società industriali. Il mercato “autoregolato”, da un la-to, rappresenta il meccanismo di propulsione e di dinamicità del-l’intera società, rendendola progressivamente aperta e democratica,dall’altro, mette in moto incontrollabili processi di selezione, accen-tuando ancora di più le disuguaglianze sociali, politiche ed econo-miche delle masse. L’istituzione del mercato crea, in conclusione,anche nel campo culturale, competizione e concorrenza, producen-do e costituendo società, soprattutto in Occidente, maggiormentepluralistiche, ma anche individualistiche e fortemente atomizzate esecolarizzate.

Si diffondono una vasta gamma di nuovi stili di vita e di nuovivalori che danno vita a una cultura sempre più eterogenea rispetto aquella delle società semplici, mentre le società industriali presentanotra loro caratteristiche molto simili, dovute sia all’effetto omologantedei mezzi di comunicazione di massa, sia all’industrializzazione stes-sa che impone ovunque requisiti specifici alla struttura sociale e allacultura. Si diffondono, quindi, tra strati sociali sempre più vasti con-sumi e stili di vita che in passato erano privilegio di un’esigua mino-ranza. La vita sociale nelle società industriali si svolge soprattutto neigruppi secondari anziché nei primari, per questo motivo le interazio-ni sociali sono spesso anonime e impersonali. Analizziamo in parti-colare gli effetti della post-industrializzazione attraverso l’analisi diun suo prodotto: la società di massa.

9) La società di massa

La società di massa è una società tardo-industriale, un prodottodel capitalismo occidentale, in cui le esigenze di consumo hannofinito per prevalere su quelle di accumulazione del capitale. Gliindividui nella società di massa tendono a conformarsi alle aspet-tative sociali degli altri, mancano, quindi, di autonomia di giudizioe nel perseguimento dei loro fini si fanno guidare dall’esterno(opinioni altrui, mezzi di comunicazione di massa ecc.). La società

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di massa è dunque una realtà alquanto complessa, che ha provo-cato, e continua a provocare, differenti reazioni critiche: dipinta,in alcuni casi, come espressione della democratizzazione e delladiffusione del benessere e, in altri, come minaccia delle libertà in-dividuali.

La società di massa, grazie soprattutto ai mezzi di comunicazio-ne di massa (stampa, cinema, radio, e soprattutto televisione, tele-matica), ha prodotto e produce cultura di massa: una cultura in cuil’immagine prevale sempre più sulla parola scritta e i cui prodotti emodelli, in maggior parte di origine americana, sono stati diffusi intutto il mondo, scalzando i linguaggi e i valori delle culture tradi-zionali.

Negli ultimi decenni del XX secolo il potere dei media è cresciu-to notevolmente grazie alla rivoluzione tecnologica che ha causato

una serie di trasformazioni nella realtàeconomica e sociale. I media, infatti,rappresentano ormai una vera e propriaagenzia culturale, in grado di svolgereun’attività istituzionalizzata che pervadetutti gli strati del tessuto sociale, raggiun-gendo un pubblico vasto, eterogeneo e

anonimo. Essi sono sempre più influenti sia come mezzi di control-lo, sia come motore di rinnovamento della società.

L’analisi della Scuola di Francoforte. In sociologia, la Scuola di Fran-coforte rappresenta un’importante tradizione di pensiero nello studiodella società di massa. L’approccio della Scuola di Francoforte è statospesso criticato per il suo negativismo, la sua unilateralità e il suoelitismo culturale, perché tutti gli studi hanno messo in risalto soltan-to gli aspetti più degenerati del fenomeno della massa. Tuttavia,questa Scuola ha avuto il merito di stimolare la riflessione sull’intera-zione nella società di massa tra il contesto socio-economico e le pul-sioni psichiche, mettendo in evidenza il ruolo dei mass media nellatrasmissione e nella promozione di “falsi bisogni”, per creare negliindividui un consenso fondato sulla passività.

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Media: dall’inglese mass me-dia l’insieme degli apparati del-la comunicazione, cinema, tele-visione, radio, stampa, manife-sti, atti alla produzione e la dif-fusione su larga scala di testi,notizie, immagini, suoni.

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Nell’analisi dei teorici della Scuola di Francoforte la società dimassa, dal punto di vista strutturale, è innanzitutto il prodotto di unaforte urbanizzazione causata da:

— l’espansione demografica e la crescita capillare di centri urbaniintorno a cui si sono concentrate sempre più le attività umane;

— una struttura economica di tipo industriale con un’ampia produ-zione di beni di consumo e un settore terziario molto sviluppato;

— un’organizzazione statale e politica fondata su un sistema forte-mente centralizzato e burocratizzato che regola il traffico di mer-ci e di informazioni destinate al pubblico e la concentrazione ingruppi sempre più stretti del potere economico e politico.

Nell’affermarsi di questo nuovo tipo di società assumono, inoltre,importanza altri fenomeni, quali: il declino dell’autorità paterna, chedetermina un’educazione meno restrittiva le cui conseguenze imme-diate sono la perdita di orientamento e l’interiorizzazione di valori enorme esterni al gruppo familiare; un sempre più marcato distaccogenerazionale favorito dalla crescita di un mercato indipendente ri-servato ai giovani e una maggiore flessibilità nei costumi e nelle con-venzioni sociali.

I maggiori teorici di questa Scuola,come Theodor Wiesengrund Adorno,Max Horkheimer ed Herbert Marcuse,partendo dal presupposto che la societàdi massa è la forma che necessariamenteassume una società industriale avanzata,hanno enfatizzato gli aspetti più irrazio-nali del sistema capitalistico e hanno de-nunciato l’unidimensionalità dei pro-dotti dell’industria culturale, creati uni-camente per rispondere a un mercato dimassa in cui lo standard, in termini sia diforma e sia di contenuto, viene stabilito

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Unidimensionalità: si rife-risce all’opera di MarcuseL’uomo a una dimensione, incui il filosofo adduce all’uni-formità e all’omologazionedei prodotti culturali l’origi-ne dell’alienazione dell’indi-viduo.Industria culturale: appara-to economico-propagandisti-co che influenza e determinai consumi degli individui, tra-sformandoli in essere passivie schiavi nelle scelte, che siilludono di essere liberi.

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più dal successo commerciale che dall’attenzione alla qualità. L’in-dustria non si limita, infatti, a fornire merci ma rende ogni cosamerce, anche e soprattutto la cultura e l’arte. I prodotti culturali eartistici vengono così degradati a livello di merci qualsiasi e sotto-posti ai consumatori.

Marcuse nell’opera L’uomo a una dimensione (1964) ha spiega-to come l’avvento del mercato e della cultura di massa, con l’appa-rente distribuzione di una maggiore libertà tra le masse, in realtà leha allontanate da quelle istituzioni di base volte all’educazione, lacrescita e lo sviluppo di facoltà critiche del pensiero. Persino laclasse operaia, entrata anch’essa nel vortice del consumismo non èpiù portatrice, come nella tradizione marxista del termine, di unacoscienza rivoluzionaria e protagonista del cambiamento sociale. Inuovi soggetti rivoluzionari sono gli esclusi dalla società del benes-sere: i reietti, i disoccupati, gli immigrati, i quali devono prenderecoscienza della loro condizione e lottare per migliorare il futurodell’umanità.

Riesman e la società di massa. Un altro importante contributo allostudio del carattere sociale dell’individuo nella società di massa èquello di David Riesman, un sociologo critico americano che nel1950 ha pubblicato un saggio dal titolo La folla solitaria, dove af-fronta, attraverso una retrospettiva storica e sociologica, il proble-ma della solitudine dell’uomo moderno.

Secondo la sua teoria, si possono ritrovare nella storia dell’uma-nità tre tipi di società:

— quelle pre-industriali, che presentavano una struttura gerarchi-ca e concepivano i rapporti sociali come rapporti di potere deter-minati dall’appartenenza a classi, caste, professioni ecc. Questesocietà si riproducevano secondo un modello di trasmissione diruoli, valori e tradizioni tramandati per generazioni e presentava-no relazioni sociali personali e intime;

— quelle industriali, in cui le esigenze di accumulazione dei ca-pitali prevalevano su quelle di consumo e necessitavano di pra-

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tiche educative restrittive fondate sul rinvio delle gratificazioni esull’interiorizzazione delle norme stabilite dall’autorità paterna;

— quelle tardo-industriali di massa, in cui, invece, prevale l’esi-genza del consumo e da personalità autodirette, cioè formatesisoprattutto all’interno dei valori e delle norme familiari, si è pas-sati a personalità eterodirette, cioèfortemente dipendenti dal giudizio de-gli altri e dai messaggi dei media. Inquesto tipo di società l’incontro conl’altro è stabilito da criteri e valori diuguaglianza (sesso, età, nazionalitàecc.), piuttosto che di differenza. Gliuomini della società di massa sonofolle solitarie: uniformati ai modelli dominanti che impedisconol’espressione delle particolarità personali.

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Autodiretto: agire dell’uomodeterminato da valori e prin-cipi personali derivati dallatradizione (autodirezione).Eterodiretto: agire dell’uo-mo determinato dagli altri edall’influenza della comuni-cazione di massa (eterodire-zione).