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6453 Corso di Economia dell’impresa. Esercizi e soluzioni ag Universit` a degli Studi di Bergamo Tutorato d’aula a.a. 2009/2010 1

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6453 Corso di Economia dell’impresa.Esercizi e soluzioni

agUniversita degli Studi di Bergamo

Tutorato d’aula a.a. 2009/2010

1

Indice

1 Ripasso di matematica 3

1.1 Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

1.2 La funzione e le sue rappresentazioni grafiche . . . . . . . . . . . . . . . 3

1.2.1 La funzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

1.2.2 La rappresentazione grafica di una funzione . . . . . . . . . . . 5

1.2.2.1 La rappresentazione grafica di una funzione lineare . . 7

1.2.2.2 La rappresentazione grafica di una funzione non lineare 11

1.3 L’analisi delle variazioni: rapporto incrementale, derivata, differenziale . 14

1.3.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

1.3.2 Il rapporto incrementale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

1.4 Limite di una funzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

1.4.1 Regole di derivazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

1.4.1.1 Regola dell’esponente . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

1.4.1.2 Regola della somma e della differenza . . . . . . . . . . 21

1.4.2 Regola del prodotto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

1.4.3 Derivata seconda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

1.4.4 Derivate e rappresentazione grafica . . . . . . . . . . . . . . . . 23

1.4.5 Funzioni di piu variabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24

2 Parte I - L’impresa 27

2.1 La tecnologia dell’impresa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

2.1.1 La libera disponibilita delle risorse . . . . . . . . . . . . . . . . 27

2.1.2 Funzione di produzione Cobb-Douglas . . . . . . . . . . . . . . 30

2.2 Profitto, domanda e offerta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

2.2.1 Massimizzazione del profitto con tecnologia rappresentata da Z 33

2

Capitolo 1

Ripasso di matematica

1.1 Premessa

L’economia studia le relazioni esistenti tra grandezze economiche, ovvero cerca dirispondere a quesiti quali: “Come cambiano le importazioni di un paese all’aumentaredel reddito del paese stesso?”, “In che modo il livello del prezzo di un bene incide sullaquantita dello stesso che gli individui sono disposti ad acquistare?”, “In che modo leimprese modificano le decisioni di produzione quando il prezzo dei mezzi di produzionecambia?” e altri ancora. Questi temi possono essere discussi utilizzando il linguaggiocomune oppure il linguaggio matematico. Quali vantaggi offre quest’ultimo? Il lin-guaggio matematico e meno soggetto ad ambiguita e a margini di interpretazione diquanto lo sia il linguaggio comune.

Il linguaggio matematico impone a chi lo utilizza di essere esplicito nella formulazio-ne delle ipotesi di partenza e quindi permette di cogliere la rilevanza delle conclusionitratte da tali ipotesi. In altre parole, in ogni discorso economico possiamo distingueredue parti: se..., allora. Il linguaggio matematico consente di individuare senza am-biguita gli elementi che compongono la parte del “se” e quindi indica chiaramente inquali circostanze si applichino le conclusioni esposte nella parte “allora”.

1.2 La funzione e le sue rappresentazioni grafiche

1.2.1 La funzione

Consideriamo una grandezza economica con cui tutti siamo familiari: il redditonazionale, ovvero il valore dell’insieme di beni e servizi prodotti dai cittadini di undeterminato paese in un certo periodo (ad esempio: in Italia nell’anno 2008). Il redditonazionale e una grandezza che assume valori diversi nel tempo e da paese a paese. Unagrandezza che puo assumere valori diversi e detta variabile. Esempi di variabili trattidall’economia sono: il prezzo unitario di un bene o servizio; la quantita di un beneo servizio offerto da un’impresa; il valore delle importazioni di un paese; il valore deldebito pubblico; il deficit di bilancio dello Stato. In economia si studiano le relazioniche esistono tra diverse variabili ed e interessato a variazioni di tipo sistematico, ovvero

3

CAPITOLO 1. RIPASSO DI MATEMATICA 4

interessato a quelle variazioni di una variabile che sono associate in modo regolare enon episodico a variazioni di altre variabili.

Nel linguaggio matematico, variazioni sistematiche sono catturate dalla nozione difunzione. Consideriamo due variabili che indichiamo rispettivamente con i simboli ye x. Se variazioni di x determinano variazioni sistematiche in y, allora diremo che y efunzione di x. Ecco un esempio di funzione:

y = x2 (1.1)

E’ immediato verificare: se x = 2 , allora y = 4; se x = 3 , allora y = 9 ecc.Possiamo quindi pensare a questa funzione come ad una regola che ci permette ditrasformare i valori di x in valori di y. Nel caso presente la regola e molto semplice: ye pari al quadrato del valore di x. Quando due variabili sono indipendenti, cioe nonesistono tra loro relazioni, diciamo che l’una e costante rispetto all’altra: ad esempio,se x e y sono indipendenti y e costante rispetto ad x.

Consideriamo ora la funzione:

y = a+ x2, a 6= 0 (1.2)

La funzione (1) comporta che per x = 0 , y = 0. La funzione (1.2) dice inveceche per x = 0, y = a 6= 0. Ma cosa e a? Quest’ultimo e un parametro, ovvero unagrandezza il cui valore non varia e il cui valore viene in genere specificato unitamentealla funzione stessa. Le funzioni (1.1) e (1.2) corrispondono a due diverse regole per latrasformazione dei valori di x in y. Si deve quindi osservare che modificare il valore di unparamento equivale a cambiare regola, mentre modificare il valore di una variabile noncomporta alcun mutamento della regola. Data la varieta di funzioni a cui possiamopensare e utile avere una modalita per indicare genericamente che tra due variabiliesiste una relazione funzionale. A tale proposito possiamo scrivere:

y = f(x) (1.3)

Si osservi che questa notazione e puramente convenzionale, ma nel contempo effi-cace. Per esemplificare, supponiamo di voler affermare che i consumi della famiglia inell’anno t (Ci

t) dipendono dal reddito percepito dai membri della famiglia stessa nelmedesimo intervallo di tempo (Y i

t ). Allora possiamo scrivere:

Cit = f(Y i

t ) (1.4)

Poniamoci inoltre una domanda: cosa accomuna y nella (2.3) e Cit nella (2.4)? En-

trambe le variabili rispondono a modificazioni in altre variabili, segnatamente x e Y it .

Possiamo quindi riferirci alle prime due come a variabili dipendenti e alle secondecome a variabili indipendenti. Si noti tuttavia che questa distinzione deriva dall’in-terpretazione che noi diamo della relazione funzionale e non e intrinseca alla stessa.Dal punto di vista puramente matematico la funzione rappresenta una relazione travariabili, ma non individua un nesso causale tra di esse e tra le loro variazioni. Molteforme funzionali possono essere algebricamente invertite in modo da suggerire un’in-terpretazione delle medesime nella quale la variabile dipendente diventa indipendente

CAPITOLO 1. RIPASSO DI MATEMATICA 5

e viceversa. Ad esempio la funzione y = 2x, nella quale y e considerata dipendente e xindipendente, puo essere invertita ottenendo x = 1/2y. E dunque l’economista a sug-gerire di volta in volta di quali variabili interessa spiegare le variazioni e sono quindi daconsiderare dipendenti e quali invece sono prese come date nell’analisi in corso e sonoquindi da trattare come indipendenti. Variabili che sono considerate dipendenti nellostudio di determinati fenomeni possono essere trattate come indipendenti nell’analisidi altri. Gli esempi fin qui considerati riguardano tutti relazioni tra due sole variabili.E’ bene pero notare fin d’ora che esistono funzioni che rappresentano relazioni tra piudi due variabili, nelle quali cioe abbiamo piu d’una variabile indipendente. Ad esempiola funzione generica

y = f(x, z) (1.5)

rappresenta la relazione tra le variabili y, x e z, la prima delle quali puo essereinterpretata come variabile dipendente, mentre le altre come variabili indipendenti.Sulle funzioni di piu variabili (indipendenti) torneremo piu avanti. Infine, osserviamoche la notazione che indica una relazione funzionale generica puo essere utilizzata peresprimere l’indipendenza tra due variabili o, in altri termini, la regola che ci dice che“una variabile non varia al variare di un’altra”, cioe e costante rispetto ad essa. Se ye costante in x possiamo infatti scrivere, anche se con un notevole abuso di notazione,y = f(x) = costante.

1.2.2 La rappresentazione grafica di una funzione

Possiamo rappresentare graficamente una funzione? La risposta e affermativa. Perprocedere in questo compito dobbiamo tuttavia mettere a punto un sistema di rappre-sentazione. Faremo riferimento quindi al piano cartesiano. Di cosa si tratta? Consi-deriamo uno spazio, ad esempio lo spazio individuato dalla prima pagina bianca delvostro quaderno. Supponete ora di rappresentare in tale spazio una retta orientata insenso orizzontale, ovvero una retta lungo la quale siano disposti in ordine crescente dasinistra a destra i numeri reali. Per praticita indichiamo solo alcuni interi:

Collochiamo ora nello stesso piano una retta orientata in senso verticale, ovverouna retta lungo la quale siano disposti in ordine crescente dal basso verso l’alto i nu-meri reali. Anche in questo caso per praticita indichiamo solo alcuni interi. Scegliamoinoltre come punto di intersezione tra la retta orizzontale e la retta verticale il punto

CAPITOLO 1. RIPASSO DI MATEMATICA 6

in corrispondenza del quale leggiamo lo zero su entrambe le rette. Abbiamo quindi:

Come si vede, abbiamo diviso lo spazio a nostra disposizione in quattro quadrantiche numeriamo in senso orario. In ciascun quadrante un punto e identificabile in termi-ni della sua posizione rispetto agli assi, ovvero mediante le sue coordinate. Considerateil punto A nella Figura 3. Esso e individuato dalle coordinate (4; 2). E’ immedia-to cogliere che il primo numero in parentesi si riferisce alla posizione rispetto all’asseorizzontale o delle ascisse, ovvero alla distanza del punto A dallo zero lungo l’asse oriz-zontale, mentre il secondo numero si riferisce alla posizione rispetto all’asse verticale oasse delle ordinate.

Passiamo ora alla rappresentazione grafica di una funzione. Ricordiamo che unafunzione e una regola che associa a ogni valore di x un valore di y. La funzione quindici permette di identificare coppie di valori. Consideriamo la funzione:

y = 2x (1.6)

Dato x = 1, abbiamo y = 2 ovvero la coppia di valori (1; 2). Se scegliamo di rap-presentare lungo l’asse orizzontale la variabile indipendente e lungo l’asse verticale lavariabile dipendente, possiamo individuare il punto distinto da un valore di x pari a 1 e

CAPITOLO 1. RIPASSO DI MATEMATICA 7

di y pari a 2. Procedendo per diversi valori di x e collegando i diversi punti otteniamoil grafico della funzione (2.6).

Nel piano cartesiano possiamo anche rappresentare quella che viene talvolta chia-mata una “funzione costante” o, in altri termini, rappresentare due variabili indipen-denti tra loro. Se y e costante rispetto a, cioe non varia al variare di, x, la suarappresentazione grafica sara una parallela all’asse delle x in corrispondenza di unqualche valore di y determinato da altri fattori estranei ad x. Ad esempio, il grafico diy = f(x) = costante = 2 e

1.2.2.1 La rappresentazione grafica di una funzione lineare

Entriamo ora piu nei dettagli circa le modalita di rappresentazione. Consideriamouna delle funzioni che incontreremo con maggior frequenza:

y = a+ bx (1.7)

dove a e b sono parametri. La (2.7) e la funzione che descrive una linea retta. Pertracciare il suo grafico e quindi sufficiente identificare due punti nel piano. Ricordiamoinfatti che per due punti passa una ed una sola retta. Procediamo con un esempio edassegniamo dei valori ai parametri: a = 3 e b = 2. Avremo quindi

y = 3 + 2x (1.8)

Possiamo identificare due punti. Per convenienza scegliamo di individuare i valoridi y in corrispondenza di x pari a zero e −1 rispettivamente: otteniamo le coppie di

CAPITOLO 1. RIPASSO DI MATEMATICA 8

punti (0; 3) e (−1; 1). In Figura 6 tracciamo il grafico della funzione (2.8)1.

Consideriamo ora una specificazione alternativa dei valori dei parametri: a = 0 eb = 2. Avremo:

y = 2x (1.9)

1Come si nota esso attraversa il I, il II e il III quadrante. Se la variabile indipendente non potesseassumere valori negativi (supponete che essa sia la quantita prodotta di un bene), avremmo un graficoconfinato al primo quadrante. Questo accade sovente in economia e quindi in questi casi noi limitiamola nostra rappresentazione del piano cartesiano al primo quadrante.

CAPITOLO 1. RIPASSO DI MATEMATICA 9

Nel medesimo piano in cui e rappresentata la (2.8), tracciamo il grafico della funzio-ne (2.9) avendo come punti di riferimento x pari a zero e 1 rispettivamente: otteniamole coppie di punti (0; 0) e (1; 2). Vediamo immediatamente che il grafico della secondafunzione tracciato nella Figura 7 corre parallelo al grafico della prima, ma al di sottodi quest’ultimo. Cosa possiamo dedurre? La (2.8) e la (2.9) hanno in comune il valo-re del parametro b: poiche entrambe le rette hanno la medesima pendenza dobbiamoosservare che la pendenza di una retta e determinata dal valore del parametro b. Ilparametro a determina invece la posizione della retta nel piano. Si noti infatti che essoci da il valore della variabile dipendente quando la variabile indipendente e nulla e cometale e detto anche intercetta della variabile dipendente con l’asse delle ordinate. Unaretta per quale a = 0 passa per l’origine, ovvero uno dei suoi punti ha coordinate (0; 0).

Si noti che noi abbiamo scelto di rappresentare due funzioni attribuendo valori aiparametri. Tuttavia sovente l’economista ha a che fare con rappresentazioni in cuipoche informazioni sono disponibili sui valori dei parametri. Supponiamo ancora unavolta che l’interesse sia per la relazione tra consumi annui di una generica famiglia ereddito percepito dalla stessa su base annua. Noi ci aspettiamo che anche se il redditoe nullo, i consumi siano comunque positivi. E’ necessario infatti consumare almeno peril mantenimento del minimo vitale. Ci aspettiamo inoltre che al crescere del reddito, iconsumi della famiglia aumentino. Queste caratteristiche possono essere espresse nellaseguente funzione:

Cit = a+ bY i

t , a > 0; b > 0;Y it ≥ 0 (1.10)

Nella Figura 8 tracciamo tre grafici, tutti compatibili con la (2.10). Nel primodall’alto abbiamo ipotizzato b = 1, Nel secondo dall’alto, abbiamo ipotizzato b = 1ovvero ad ogni valore di Y i

t corrisponde il medesimo valore di Cit aumentato di una

CAPITOLO 1. RIPASSO DI MATEMATICA 10

quantita pari ad a3 ed infine nell’ultimo abbiamo ipotizzato b = 1. Bastano quindipoche informazioni per tracciare il grafico di una funzione.

Consideriamo ancora la funzione

y = a+ bx (2.7)

ipotizzando questa volta che il parametro b sia negativo mentre a sia come primapositivo, cioe che a = 0; b = 0. Anche per un valore negativo del parametro b lafunzione e una retta, ma, a differenza di prima, la sua rappresentazione grafica avraun andamento decrescente. Infatti, se prendiamo ad esempio a = 10, b = −2 e rap-presentiamo la funzione che ricaviamo da quei valori dei parametri, cioe y = 10 − 2x,otteniamo il seguente grafico.

Come per la retta crescente, a variazioni del valore di a, e mantenendo b costante,corrispondono spostamenti paralleli della retta che ne modificano l’intercetta (Figura10). Allo stesso modo, a variazioni di b, mantenendo a costante, corrispondono varia-zioni nell’inclinazione e quindi rotazioni attorno all’intercetta (Figura 11).

Confrontando le analisi della funzione lineare crescente e decrescente notiamo dun-que che in entrambe il punto di intersezione della funzione con l’asse delle ordinate e

CAPITOLO 1. RIPASSO DI MATEMATICA 11

individuato dal parametro a e l’inclinazione e determinata dal coefficiente che molti-plica la variabile indipendente, cioe da b. Dal segno del coefficiente b dipende dunquel’inclinazione crescente o decrescente della funzione.

1.2.2.2 La rappresentazione grafica di una funzione non lineare

Passiamo ora alla rappresentazione grafica di un altro tipo di funzione, la funzionequadratica. Si considerino le due seguenti funzioni:

y = 4 + x (1.11)

y = 4 + x2 (1.12)

La funzione (2.12) si distingue dalla (2.11) per il valore dell’esponente al quale eelevata la variabile indipendente: 1 o primo nella (2.11), 2 o secondo nella (2.12). Ilgrado al quale e elevata la variabile indipendente ci permette di classificare le funzioni.Se il grado piu elevato al quale appare nella funzione la variabile indipendente e ilprimo, la funzione sara detta di primo grado o lineare; se esso e il secondo, lafunzione sara detta di secondo grado o quadratica, se esso e il terzo, la funzionesara detta di terzo grado o cubica, ecc. Qualsiasi curva rappresentata sul piano

CAPITOLO 1. RIPASSO DI MATEMATICA 12

cartesiano corrisponde ad una funzione di grado superiore al primo, mentre ogni rettacorrisponde ad un’equazione di primo grado. Consideriamo ora la seguente funzione:

y = x2 − 6x+ 8 (1.13)

Poiche il grado piu elevato al quale compare la variabile indipendente e il secondo,abbiamo di fronte una funzione quadratica. Come rappresentarla? Consideriamo valoriinteri e non negativi per x ed i corrispondenti valori per y:

Collochiamo i punti in uno spazio cartesiano come nella Figura 12.

Possiamo unire tali punti con segmenti per rappresentare la funzione (2.13)? Larisposta e negativa! Consideriamo quale valore assume la nostra funzione per un valoredi x compreso tra 1 e 2:

Come si nota, x aumenta di 0.5 passando da 1 a 1.5 e ancora dello stesso valorepassando da 1.5 a 2. Tuttavia per una variazione di pari ammontare di x, abbiamo che

CAPITOLO 1. RIPASSO DI MATEMATICA 13

y si riduce prima di 1.75 e poi di 1.25. Vale dire: al crescere della variabile indipendentetra 1.5 e 2, la variabile dipendente decresce piu lentamente. Questo spiega il graficodella funzione presentato nella Figura 13.

La Figura 14 presenta il grafico della funzione quadratica

y = −x2 + 6x− 8 (1.14)

Come si vede, modificare il segno dei termini in x determina un “ribaltamento”della funzione: da “valle” a “collina”.

CAPITOLO 1. RIPASSO DI MATEMATICA 14

1.3 L’analisi delle variazioni: rapporto incrementa-

le, derivata, differenziale

1.3.1 Introduzione

La nostra analisi delle funzioni si e fin qui limitata ad una loro rappresentazionegrafica realizzata in un primo momento attraverso l’individuazione dei punti ad esseappartenenti in un sistema di assi cartesiani. La comparazione tra rappresentazio-ni cosı realizzate di diverse funzioni ci ha consentito di individuare poche e semplicicaratteristiche di alcune di esse. Uno studio delle funzioni che impieghi solo questametodologia e da un lato molto inefficiente, giacche per una rappresentazione graficaprecisa di una funzione richiede l’elaborazione di dati circa un numero elevatissimodi punti nello spazio, dall’altro limitato nella quantita di informazioni che e possibileottenere circa le relazioni tra le variabili. In particolare esso non ci consente di misura-re con precisione l’effetto di una variazione della variabile indipendente sulla variabiledipendente. Questo appare un obiettivo naturale da porsi visto l’oggetto di studio del-l’economia. Inoltre, considerare il rapporto tra le variazioni delle variabili ci consentedi dare una rappresentazione grafica precisa della funzione attraverso l’elaborazione diun numero contenuto di informazioni. Tale rapporto, infatti, determina l’inclinazionedella funzione.

1.3.2 Il rapporto incrementale

Affronteremo l’analisi dei rapporti tra le variazioni delle variabili per passi successi-vi. Introduciamo alcuni elementi di notazione. Innanzi tutto la variabile indipendente

CAPITOLO 1. RIPASSO DI MATEMATICA 15

x puo assumere valori diversi. Per semplicita possiamo ipotizzare che una prima osser-vazione le assegni valore x0 , mentre una seconda osservazione effettuata, ad esempio,dopo un intervallo di tempo le assegni valore x1. Di quanto e variata x tra le due osser-vazioni? La risposta e semplice: x1−x0. Indichiamo tale differenza mediante la letteragreca maiuscola delta seguita dalla variabile di cui si intende indicare la variazione; nelnostro caso: ∆x = x1 − x0.Consideriamo ora la risposta della variabile dipendente ad una variazione nella variabi-le indipendente. Per ogni valore di x abbiamo un corrispondete valore di y: se x = x0,allora y = f(x0) = y0; se x = x1, allora y = f(x1) = y1. Osservando che x1 = x0 + ∆x,possiamo scrivere: y1 = f(x0 + ∆x). Abbiamo ora abbastanza elementi per esprimerela variazione in y a seguito di una variazione in x:

∆y = f(x0 + ∆x)− f(x0) (1.15)

Disponendo sia di ∆y che di ∆x, possiamo chiederci: di quante unita varia y alvariare di x di un’unita? La risposta a questa domanda e ovviamente il rapporto trala variazione di y e la variazione di x:

∆x

∆x=f(x0 + ∆x)− f(x0)

∆x(1.16)

∆x∆x

e detto rapporto incrementale. Procediamo con un esempio. Sia:

y = 2 + 3/2x (1.17)

CAPITOLO 1. RIPASSO DI MATEMATICA 16

Si noti che y0 = 2 + 3/2x0, mentre y1 = 2 + 3/2x1 = 2 + 3/2(x0 + ∆x). Avremoquindi:

∆x

∆x=

[2 + 3/2(x0 + ∆x)]− [2 + 3/2x0]

∆x=

3∆x

2∆x= 3/2 (1.18)

Qualunque siano x0 e ∆x, il rapporto incrementale e costante e sempre uguale a3/2. Si noti che la (3.3) e un esempio della funzione lineare considerata nella sezioneprecedente,

y = a+ bx (1.19)

e che il rapporto incrementale ∆x∆x

e dunque pari a b, cioe all’inclinazione della rettache rappresenta la funzione. Calcolando infatti il rapporto incrementale della (3.5)otteniamo:

∆x

∆x=a+ b(x0 + ∆x)− a− bx0

∆x=b∆x

∆x= b (1.20)

La pendenza di una funzione lineare e detta anche coefficiente angolare della fun-zione. Illustriamo ora la ragione di cio. Nella Figura 15, abbiamo rappresentato la(3.5). Si ricordi che la misura dell’angolo formato dalla retta con l’asse delle ordinatee data dal rapporto tra segmenti BC e DB individuati da rette parallele rispettiva-mente all’asse delle ascisse e delle ordinate. Come si nota, DB = ∆x = x1− 0, mentreBC = ∆y = y1 − a. Quindi la misura dell’angolo e ∆y

∆x= a+bx1−a

x1= b. Possiamo ora

considerare i segmenti EF e CF lungo altre due rette parallele agli assi. AbbiamoCF = ∆x = x2 − x1, mentre EF = ∆y = y2 − y1. Anche in questo caso la misuradell’angolo e data da EF/CF = ∆y

∆x= a+bx2−a−bx1

x2−x1= b.

Nel caso in cui b < 0, la rappresentazione grafica della funzione diventa invece laseguente.

Si noti che il valore negativo del rapporto incrementale, ∆y∆x

= b; b < 0, dipende dalsegno opposto assunto dalle variazioni nelle due variabili: mentre la variazione dellavariabile indipendente e sempre e convenzionalmente considerata positiva ∆x > 0, lavariazione della variabile dipendente puo assumere entrambi i segni, ed e in questo casonegativa, cioe ∆y < 0.

Consideriamo ora la seguente funzione quadratica:

y = 3x2 − 4 (1.21)

Si noti che y0 = 3x20 − 4, mentre y1 = 3x2

1 − 4 = 3(x0 + ∆x)2 − 4. Avremo quindi:

∆x

∆x=

[3(x0 + ∆x)2 − 4]− [3x20 − 4]

∆x=

3x20 + 3(∆x)2 + 6x0∆x− 4− 3x2

0 + 4

∆x= 3∆x+6x0

(1.22)Supponiamo di avere x1 = 7 e x0 = 3, ovvero: ∆x = 4. E immediato calcolare il

rapporto incrementale: ∆y∆x

= 30. Supponiamo ora di avere x1 = 11 e x0 = 7, ovvero di

CAPITOLO 1. RIPASSO DI MATEMATICA 17

nuovo: ∆x = 4. In questo caso ∆y∆x

= 54. Cosa possiamo concludere? Una prima osser-vazione e che il valore del rapporto incrementale in questo caso, a differenza di quantoabbiamo visto per la funzione lineare, dipende dal “punto di partenza”: la medesimavariazione di x ha effetti di entita diversa su y in funzione del valore iniziale di x stesso.Abbiamo visto che il rapporto incrementale esprime la pendenza della rappresentazionegrafica di una funzione. Dunque, dato che nel caso della funzione quadratica il rap-porto incrementale non e costante, l’inclinazione della rappresentazione grafica dellafunzione non sara la medesima in ogni suo punto. Da questa osservazione discendeanche una perplessita: il rapporto incrementale e una misura puntuale oppure catturasolo variazioni medie? Consideriamo la (3.7) e prendiamo in esame variazioni unitariedi x:

Come si vede, 30 e un valore medio che cattura variazioni di y per unita di variazionedi x comprese tra 21 e 39. Il carattere “medio” del rapporto incrementale puo esserefacilmente colto grazie all’analisi grafica. Sia:

y = x2 (1.23)

Si ipotizzi inoltre x0 = 2 e ∆x = 3. Abbiamo quindi

∆x

∆x=

∆x=

3x20 + 3(∆x)2 + 6x0∆x− 4− 3x2

0 + 4

∆x= 3∆x+ 6x0 (1.24)

CAPITOLO 1. RIPASSO DI MATEMATICA 18

Nella Figura 17, tracciamo il grafico della funzione (3.9). Chiediamoci ora: cheaspetto avrebbe la funzione se ipotizzassi che per ogni incremento unitario di x osservoun incremento di y pari a 7 unita? La risposta e data dal segmento AB, che vediamoapprossima soltanto il comportamento della vera funzione. Ripetiamo ora l’esercizioper x0 = 2 e ∆x = 1. La nuova approssimazione e il segmento AC: otteniamo un’ap-prossimazione migliore della precedente.

Possiamo quindi concludere che l’approssimazione migliora al ridursi della variazio-ne considerata in x. Il nostro problema diventa quindi calcolare il rapporto incrementaleper valori sempre piu piccoli di ∆x, ovvero rispondere alla domanda: quanto vale ∆y

∆x

quando ∆x si avvicina a zero?

1.4 Limite di una funzione

Che cosa e un limite? Consideriamo nuovamente un esempio. Sia

y = 10− 1/x (1.25)

CAPITOLO 1. RIPASSO DI MATEMATICA 19

Noi ci chiediamo: quanto vale y quando x raggiunge valori molto grandi? Il nostroquesito puo altrimenti e intuitivamente essere espresso come segue:

quando x→∞(10− 1/x)

Notate che al crescere di x, 1/x diventa via via piu piccolo, cosı che per valori moltograndi di x, 1/x si avvicina a zero. Possiamo quindi scrivere:

quando x→∞(10− 1/x)→ 10

Detto piu brevemente e propriamente: per x → ∞, il valore a cui tende y, ovveroil suo limite, e 10:

limx→0

(10− 1/x) = 10 (1.26)

Abbiamo ora gli strumenti per rispondere al quesito che ci siamo posti nel paragrafoprecedente. Infatti, calcolare il valore di ∆y

∆xquando ∆x si avvicina a zero corrisponde

ad individuare il limite del rapporto incrementale:

lim∆x→0

∆y

∆x(1.27)

Il limite del rapporto incrementale e detto derivata prima della funzione e vieneindicata in uno dei seguenti modi:

CAPITOLO 1. RIPASSO DI MATEMATICA 20

lim∆x→0

∆y

∆x=dy

dx= f ′(x) (1.28)

Cosı come il rapporto incrementale, la derivata prima di una funzione esprime lasua inclinazione e puo quindi assumere valori sia positivi che negativi. A differenzadel rapporto incrementale pero, la derivata e una misura puntuale dell’inclinazione enon e quindi affetta dai limiti intrinseci di quello, ed in particolare dal suo essere unamisura media. Il limite del rapporto incrementale varia al variare della funzione a cuiapplichiamo la nostra attenzione. Tuttavia e possibile individuare delle regole di ordinegenerale che rendono semplice il computo della derivata prima.

1.4.1 Regole di derivazione

1.4.1.1 Regola dell’esponente

Consideriamo la funzione

y = Ax2 (1.29)

Calcoliamo il rapporto incrementale:

∆y

∆x=A(x0 + ∆x)2 − Ax2

0

∆x= (A∆x+ 2Ax0) (1.30)

Calcoliamo ora:

lim∆x→0

∆y

∆x=dy

dx= lim

∆x→0(A∆x+ 2Ax0) = 2Ax0 (1.31)

Poiche la (3.16) vale per ogni possibile valore iniziale di x, scriviamo

dy

dx= 2Ax (1.32)

Consideriamo ora la funzione:

y = Ax3 (1.33)

In questo caso avremo:∆y∆x

=A(x0+∆x)3−Ax3

0

∆x=

Ax30 + A(∆x)3 + 3Ax2

0∆x+ 3Ax0(∆x)2 − Ax30

∆x= (1.34)

A[(∆x)2 + 3x30 + 3x3

0∆x]

E’ immediato verificare che

dy

dx= 3Ax2 (1.35)

CAPITOLO 1. RIPASSO DI MATEMATICA 21

Si noti che le funzioni (3.14) e (3.18) appartengono alla famiglia di funzioni dallagenerica forma:

y = Axn − 1 (1.36)

L’osservazione della (3.17) e della (3.20) ci suggerisce che per questa famiglia difunzioni abbiamo:

dy

dx= nAxn−1 (1.37)

Tre casi particolari della (3.22) sono dati da2:

d(Ax0)

dx=dA

dx= 0Ax0−1 = 0 (1.38)

d(x1)

dx= 1x1−1 = 1 (1.39)

d(Ax1)

dx= 1Ax1−1 = A (1.40)

Dunque la derivata di una costante e zero; la derivata di una variabile rispetto ase stessa e pari all’unita; la derivata di una funzione di primo grado, la cui variabileindipendente e moltiplicata per un parametro (o un numero) e pari al parametro (o alnumero) stesso.

1.4.1.2 Regola della somma e della differenza

Consideriamo ora delle funzioni somma o sottrazione quali:

y = 10x2 + 4x3 (1.41)

y = x2 − 7x4 (1.42)

Non e qui opportuno dimostrare la regola di derivazione applicabile alle funzionisomma e sottrazione e ci limitiamo ad enunciarla: la derivata di una funzione somma(sottrazione) e data dalla somma (sottrazione) delle derivate. Abbiamo quindi:

d(10x2 + 4x3)

dx=d(10x2)

dx+d(4x3)

dx= 20x+ 12x2 = 2x(10 + 6x) (1.43)

d(x2 − 7x4)

dx=d(x2)

dx− d(7x4)

dx= 2x− 28x3 = 2x(1− 14x2) (1.44)

2Si ricordi che un numero elevato alla 0 e pari all’unita

CAPITOLO 1. RIPASSO DI MATEMATICA 22

1.4.2 Regola del prodotto

Consideriamo infine la derivata di un prodotto. Sia:

y = f(x)g(x) (1.45)

La derivata di un prodotto e la somma della derivata del primo moltiplicato per ilsecondo e della derivata del secondo moltiplicato per il primo; ovvero:

dy

dx=df(x)

dxg(x) + f(x)

dg(x)

dx(1.46)

Sia:

y = (a− bx)x (1.47)

Abbiamo quindi:

dy

dx= −bx+ (a− bx) = a− 2bx (1.48)

1.4.3 Derivata seconda

Possiamo ora compiere un ulteriore passo. Il quesito che ci siamo posti e: comevaria y al variare di x? La risposta e data dal rapporto incrementale e dal suo limite,la derivata prima. Come abbiamo avuto modo di osservare la derivata prima stessa euna funzione di x. Sembra quindi naturale chiedersi: il tasso di variazione di y comemisurato dalla derivata prima resta costante o varia al variare di x? Rispondere a questoulteriore interrogativo e piuttosto semplice. Si tratta infatti di calcolare la derivatarispetto a x del tasso di variazione di y, ovvero della derivata prima della funzione.Tale operazione e detta calcolo della derivata seconda della funzione originaria6. Essaci consente di ottenere ulteriori informazioni anche circa l’inclinazione della funzioneda rappresentare, giacche ci dice come varia tale inclinazione al variare della variabileindipendente. Prendiamo ancora una volta ad esempio una funzione quadratica. Sia

y = x2 (1.49)

Abbiamo quindi:

dy

dx= 2x (1.50)

Procediamo ora al calcolo della derivata seconda: non dobbiamo fare altro chereiterare per la (3.36) l’operazione gia compiuta sulla (3.35):

d2y

dx2=

d

dx(dy

dx) =

d(2x)

dx= 2 (1.51)

In questo caso una variazione in x comporta una variazione positiva nel tasso divariazione di y rispetto a x, cioe, in altri termini, in una funzione quadratica la derivataprima di y rispetto ad x cresce al crescere di x. Consideriamo ora:

CAPITOLO 1. RIPASSO DI MATEMATICA 23

y = x3, x ≥ 0 (1.52)

Avremo quindi:

dy

dx= 3x2 (1.53)

d

dx(dy

dx) =

d(3x2)

dx= 6x (1.54)

Cosa ci dicono queste relazioni? La (3.39) ci dice che al crescere di x, y cresce, perqualunque valore di x, giacche il quadrato di un numero e sempre positivo. La (3.40) cidice inoltre che al crescere di x, y cresce sempre piu rapidamente quando x e positivoe sempre meno rapidamente quando x e negativo. Infine consideriamo:

y = 3x1/2, x ≥ 0 (1.55)

Abbiamo:

dy

dx=

3

2x−1/2 (1.56)

d

dx(dy

dx) =

d(3/2x−1/2)

dx= −3/4x−3/2 = −3/4x3/2 (1.57)

La (3.42) ci dice che al crescere di x, y cresce e la (3.43) ci dice che cresce a tassivia piu piccoli.

1.4.4 Derivate e rappresentazione grafica

Da ultimo vediamo la relazione esistente tra la rappresentazione grafica di unafunzione e le sue derivate. Consideriamo innanzitutto la funzione lineare:

y = a+ bx; b > 0 (1.58)

Calcoliamo il rapporto incrementale:

∆y

∆x=a+ b(x0 + ∆x)− a− bx0

∆x) =

b∆x

∆x= b (1.59)

Come notato in precedenza, il rapporto incrementale nel caso delal funzione linearee costante

lim∆x→0∆(a+ bx)

δx=d(a+ bx)

dx) = b (1.60)

e quindi la derivata prima e la pendenza della retta sono anch’esse costanti in ognisuo punto, mentre la derivata seconda e pari a zero. Dunque la rappresentazione graficadella funzione sara quella riportata in precedenza nella Figura 15. Si consideri ora lafunzione:

CAPITOLO 1. RIPASSO DI MATEMATICA 24

y = x2, x > 0 (1.61)

Come abbiamo visto in precedenza y cresce al crescere di x e ogni variazione dix comporta una variazione pari a 2 della variazione di y su variazione di x, ovvero ycresce e cresce sempre piu rapidamente al crescere di x. Questo ci da il grafico dellafunzione (3.47) nella Figura 18.

Si noti che in corrispondenza di ogni punto della funzione (3.47) e possibile tracciareuna retta tangente alla funzione stessa, ovvero una retta che ha in comune quel puntocon la funzione (3.47). Si veda la Figura 19. In corrispondenza di tale punto dunque lanostra funzione e la retta ad essa tangente hanno la medesima inclinazione. Possiamoquindi misurare la pendenza di una curva in un punto arbitrariamente scelto mediantela pendenza della retta tangente alla curva in quel punto (ovvero il valore della derivataprima in quel punto).

1.4.5 Funzioni di piu variabili

Vogliamo richiamare l’attenzione sul fatto che sinora noi abbiamo considerato solofunzioni di una variabile, ovvero abbiamo ipotizzato che il comportamento di y siafunzione solo di x. In molte circostanze noi desideriamo invece esprimere la relazio-ne esistente tra y e piu variabili indipendenti. Consideriamo ad esempio la quantitadomandata di un generico bene di consumo. Noi ci aspettiamo che questa si riduca

CAPITOLO 1. RIPASSO DI MATEMATICA 25

all’aumentare del prezzo del bene stesso, ma aumenti all’aumentare del prezzo di beniche consentono di soddisfare lo stesso bisogno. Se ci riferiamo alla quantita domandatadi carne, noi ci aspettiamo che questa si riduca quando il prezzo della carne aumenta,ma aumenti quando il prezzo del pesce aumenta. Se vogliamo esprime questa situazionemediante il linguaggio matematico possiamo scrivere:

qdc = a− bpc, a > 0, b > 0, c > 0 (1.62)

Come possiamo rappresentare la (3.48)? Ricordiamo che abbiamo a disposizionesolo due dimensioni. Possiamo quindi tracciare la funzione (3.48) nello spazio (qdc ; pc)assumendo come dato il valore del prezzo del pesce. Sia tale prezzo pari a pp . Que-st’ultimo determina la posizione della funzione nel piano. Si consideri ora un nuovovalore per il prezzo del pesce:

pp > pp. Al crescere del prezzo del pesce la domanda di carne aumenta per ognivalore del prezzo della carne. Nella Figura 20, abbiamo quindi una traslazione versol’alto del grafico della funzione di domanda di carne rispetto al suo prezzo.

CAPITOLO 1. RIPASSO DI MATEMATICA 26

Capitolo 2

Parte I - L’impresa

2.1 La tecnologia dell’impresa

2.1.1 La libera disponibilita delle risorse

La tecnologia di un’impresa riguarda due beni, lavoro (z1) e sacchetti di plastica(z2). Il primo e un input (z1 ≤ 0), che e possibile sprecare senza creare nessun costo.Per il secondo bene si considerino invece le seguenti tre alternative:

1. la quantita massima producibile del bene 2 e data da z2 = −az1 con a > 0 ed ilbene non puo essere distrutto;

2. il bene 2 puo essere prodotto come nel caso precedente e puo essere distrutto conuna tecnologia che determina la quantita massima distrutta nel seguente modo:z2 = bz1 con b > 0;

3. il bene puo essere distrutto senza alcun costo.

Quale dei tre insiemi Z definiti dalle tre alternative soddisfa l’ipotesi di libero ab-bandono delle risorse?

SoluzioneRiprendiamo la teoria sul libero abbandono delle risorse, ma ancor prima dobbiamo

rivedere cosa si intende per tecnologia. La tecnologia e conoscenza o idee rilevantiper la produzione. E considerata un bene speciale prodotto ad hoc e ottenuto comeeffetto spontaneo dall’esperienza della produzione e gode della qualita della non rivalitanel consumo (una conoscenza tecnologica puo essere consumata da chiunque investaabbastanza tempo per apprenderla). Le ipotesi sulla tecnologia sono:

1. convessita; l’insieme della tecnologia e convesso, ovvero se z e z′ sono tecnichefattibili, z ∈ Z e z′ ∈ Z, allora anche la loro combinazione lineare convessaz′′ = αz + (1− α)z′ dove 0 ≤ α ≤ 1 e una tecnica fattibile;

2. possibilta di produzione nulla; ovvero 0 ∈ Z. e importante perche insiemealla prima ipotesi rendono valida la seguente ipotesi;

27

CAPITOLO 2. PARTE I - L’IMPRESA 28

3. rendimenti di scala non crescenti; αZ non e altro che la combinazione lineareconvessa di Z e 0. Questo significa che se, ad esempio possiamo produrre 100.000motociclette con un impianto di dimensione k e 2.000 lavoratori e se la produzionesoddisfa queste ipotesi, allora si potrebbero produrre 1000 moto con un impiantopari a k/1000 e 2 lavoratori. In pratica pero si puo pensare che con gli input ridottidi 1/1000 si ottiene un output minore di 1000 motociclette e magari anche nullo;

4. rendimenti di scala non descrescenti; se z ∈ Z e α ≥ 1 allora αz ∈ Z;

5. rendimenti di scala costanti; se z ∈ Z e α ≥ 0 allora αz ∈ Z. Questa ipotesidipende dalla possibilita di variare le quantita di input e output in maniera moltofine (e non sempre quindi realisticamente applicabile);

6. niente e gratis; se zk > 0 per qualche k, allora zj < 0 per qualche j 6= k;

7. libero abbandono delle risorse; se z ∈ Z e z ≤ z′ allora z′ ∈ Z. Questosignifica che l’impresa puo disfarsi di un input o un output senza costi aggiuntiviin termini di altri input o output;

Caso 1)

Quindi per il caso sub 1) l’insieme Z e dato da

Z ={z1; z2 ∈ R2 : z1 ≤ 0; 0 ≤ z2 ≤ (−az1)

}.

ovvero se lo si rappresenta graficamente:

Figura 2.1

Caso 2)

Per il caso sub 2) l’insieme Z e dato da

Z ={z1; z2 ∈ R2 : z1 ≤ 0; bz1 ≤ z2 ≤ (−az1)

}.

CAPITOLO 2. PARTE I - L’IMPRESA 29

questo perche la quantita massima che puo essere distrutta e bz1 e la massima pro-ducibile e −az1, graficamente:

Figura 2.2

Caso 3)

Per il caso sub 3) l’insieme Z e dato da

Z ={z1; z2 ∈ R2 : z1 ≤ 0; z2 ≤ (−az1)

}.

Cioe z1≤0 come da definizione e z2 ≤ a(−z1) e la quantita massima producibile.Graficamente:

Figura 2.3

Solo l’insieme sub c) e quello che soddisfa la libera disponibilita delle risorse. L’in-sieme che riflette la realta e quello sub b), dove infatti i sacchetti di plastica non sonoindistruttibili, ma richiedono l’impiego di risorse (−z1) per essere distrutti. Se il bene2 fosse considerato un ’male’, allora saremmo interessati all’efficienza della sua distru-zione piuttosto che della sua produzione. In tal caos potremmo definire come bene 2

CAPITOLO 2. PARTE I - L’IMPRESA 30

’un sacchetto distrutto’. Ruotando la figura di 180 gradi attorno all’asse delle ascisse,otterremmo una nuova frontiera superiore di equazione z2 = −bz1 che indicherebbe letecniche efficienti nella distruzione di sacchetti.

2.1.2 Funzione di produzione Cobb-Douglas

Siano date le seguenti funzioni di produzione di tipo Cobb-Douglas:

1. y = x1/21 x

1/22 ;

2. y = x1/21 x

1/42 ;

3. y = x1/21 x

2/32 ;

4. y = x21x

22.

Per ognuna delle funzioni determinate:

• il tipo di rendimenti di scala;

• l’equazione dell’isoquanto per y;

• le funzioni dei prodotti marginali di ciascun input.

Illustrate con figure e commentate i risultati.SoluzioneLa funzione di produzione Cobb-Douglas e una tecnologia che soddisfa:

• monotonicita;

• produttivita marginale decrescente, ovvero aumentando l’impiego di un fattorela sua produttivita marginale diminuisce.

Le analisi econometriche hanno dimostrato che questa tecnologia descrive moltiprocessi produttivi. La sua forma e

f(x1, x2) = Axα1xβ2

dove

• A; scala della produzione, ovvero la quantita di output prodotta con un’unita dientrambi gli input;

• α; variazione del livello di output dovuto a x1;

• β; variazione del livello di output dovuto a x2.

CAPITOLO 2. PARTE I - L’IMPRESA 31

α e β caratterizzano la funzione di produzione a seconda che:

• α + β = 1 rendimenti di scala costanti;

• α + β ≥ 1 rendimenti di scala non decrescenti;

• α + β ≤ 1 rendimenti di scala non crescenti;

Caso 1)

α + β = 1 rendimenti di scala costanti.

Funzioni dei prodotti marginali:

dydx1

= 12x−1/21 x

1/22

dydx2

= 12x

1/21 x

−1/22

Equazioni dell’isoquanto:

Assumiamo y = y0 quindi avremo

y0 = x1/21 x

1/22

x1 = y20x−12

x2 = y20x−12

Caso 2)

α + β = 3/4 (1/2 + 1/4) rendimenti di scala non crescenti.

Funzioni dei prodotti marginali:

dydx1

= 12x−1/21 x

1/42

dydx2

= 14x

1/21 x

−3/42

Equazioni dell’isoquanto:

Assumiamo y = y0 quindi avremo

y0 = x1/21 x

1/42

x1 = y20x−1/22

CAPITOLO 2. PARTE I - L’IMPRESA 32

x2 = y40x−22

Caso 3)

α + β = 7/6 (1/2 + 2/3) rendimenti di scala non decrescenti.

Funzioni dei prodotti marginali:

dydx1

= 12x−1/21 x

2/32

dydx2

= 23x

1/21 x

−1/32

Equazioni dell’isoquanto:

Assumiamo y = y0 quindi avremo

y0 = x1/21 x

2/32

x1 = y20x−4/32

x2 = y3/20 x

−3/42

Caso 4)

α + β = 4 (2 + 2) rendimenti di scala non decrescenti.

Funzioni dei prodotti marginali:

dydx1

= 2x1x22

dydx2

= 2x21x2

Equazioni dell’isoquanto:

Assumiamo y = y0 quindi avremo

y0 = x21x

22

x1 = y1/20 x−1

2

x2 = y1/20 x−1

2

CAPITOLO 2. PARTE I - L’IMPRESA 33

2.2 Profitto, domanda e offerta

2.2.1 Massimizzazione del profitto con tecnologia rappresen-tata da Z

La tecnologia di un’impresa e data da:

Z ={z1; z2 ∈ R2 : z1 ≤ 0; z2 ≤ (−z1)1/2

}.

I prezzi dei due beni sono p1 = 2 e p2 = 8.

Determinate la tecnica ottima ed il valore del profitto corrispondente. Illustrate conuna figura il risultato.

SoluzioneLa tecnica che massimizza il profitto deve essere un punto sulla frontiera superiore

di Z. Massimizzare il profitto significa:

La funzione di profitto e definita come:

Π = pf(x1, . . . , xn)−∑i = 1nwnxn

pf(x1, . . . , xn) e il ricavo totale∑i = 1nwnxn e il costo totale

la massimizzazione del profitto si scrive:

max Π(x) sotto il vincolo x ≥ 0Si assume che la funzione del profitto sia:

• continua

• derivabile

• crescente

• f(0) = 0

Il punto di massimo deve essere un punto stazionario, ovvero nel quale:

• le condizioni del primo ordine siano verificate (la derivata prima sia ugualea zero)

dΠ(x)dx

= 0 ovvero δΠδxn

= p( δf(x)δxn

)− wn = 0

• pero per decidere se un punto stazionario e effettivamente un massimo locale oc-corre esaminare ulteriori condizioni, ovvero le condizioni del secondo ordine

CAPITOLO 2. PARTE I - L’IMPRESA 34

devono essere verificate, cioe

δΠ′′

δxn< 0

Nel nostro caso, le condizioni del primo ordine sono

δΠ′

δz1= 2 + 4(−z−1/2

1 ); δΠ′

δz1= 0

4(−z−1/21 ) = −2

che ci porta ad avere

z∗1 = −4 e z∗2 = 2

Riscontriamo che anche le condizioni del secondo ordine siano verificate

δΠ′′

δz1= −1

24(−z−3/2

1 ) quindi δΠ′′

δz1< 0

Il valore del profitto massimo e

Π∗ = Π(−4, 2) = 2(−4) + 2 ∗ 8 = 8 quindi Π∗ = 8

Graficamente abbiamo:

Figura 2.4

Π∗ = 2z1 + 8z2 se z1 = 0 allora Π∗ = 8z2, ma abbiamo detto che Π∗ = 8

allora z2 = Π∗

p2ovvero 8/8 = 1 quando z1 = 0.