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9° Convegno Nazionale AIIAD: Abstracts

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INDICE

BIODIVERSITA’ …………………………………………………………….....…. Pag. 3

ECOLOGIA DELLE ACQUE INTERNE …………………………...………..…. “ 10

GESTIONE DELLE POPOLAZIONI ITTICHE AUTOCTONE …………..….. “ 16

GESTIONE IDRICA E NATURALISTICA DEI CORSI D’ACQUA ……….… “ 24

LA PROBLEMATICA DELLE SPECIE ALLOCTONE …………………….… “ 29

ACQUACOLTURA ED ITTIOPATOLOGIA ……………………………….….. “ 35

COMUNICAZIONI LIBERE …………………………………….……………….. “ 43

TAVOLA ROTONDA “APPLICAZIONE DELLE CARTE ITTICHEDA PARTE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI PER UNACORRETTA E RAZIONALE ATTIVITA’ DI GESTIONE DELLEACQUE INTERNE ………………………………………………..………………… “ 48

POSTER ……………………………………………………………………….……. “ 54

ENTI PATROCINANTI ………………………………………………….………... “ 73

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Sessione“BIODIVERSITA’”

ModeratoreProf.ssa Barbara Mantovani

Università degli Studi di Bologna

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LA CARTA ITTICA DELLA PROVINCIA DI AVELLINO:RISULTATI PRELIMINARI

Ernesto Gramaglia*, Vincenzo Frezza*, Vincenzo Cafora*, Arianna Carotta**, CarloBelfiore*, Orfeo Picariello*, Valerio Ketmaier***, Pier Giorgio Bianco*

*Dipartimento di Zoologia, Via Mezzocannone, 8, Napoli** Via San Quirino 27, Bolzano

*** Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo, Viale dell’Università 32, Roma

Nel Luglio del 2001 venne affidato a questo Dipartimento il compito di redigere la cartaIttica della provincia di Avellino. Vengono qui presentati i dati relativi alle prime duemissioni di raccolta di Novembre 2001 e Febbraio 2002. Sono state selezionatecomplessivamente 27 stazioni rappresentative del sistema idrografico della Provincia. Lemetodologie di studio hanno riguardato: 1) valutazione della qualità delle acque mediantel’analisi delle comunità macrobentoniche (I.B.E.); 2) lo studio qualitativo esemiquantitativo delle popolazioni ittiche; 3) l’indagine genetica condotta sui salmonidiche ha riguardato l’analisi del locus nucleare LDH-C1 discriminante i ceppi atlantici daquelli Mediterranei. L’ I. B. E. ha evidenziato un degrado ambientale dei tratti fluvialipedemontani e collinari, dovuto alla mancanza di impianti di depurazione nei vari paesi.Contrariamente, nei tratti montani, è stata verificata una notevole integrità ambientale.Infatti in transetti distanti qualche km, si passa da valori massimi I. B .E. di 11-12, a valoriminimi di 1-3, con acque fortemente inquinate. Per quando riguarda i pesci, la analisigenetiche condotte sui salmonidi, hanno evidenziato, soprattutto nei tratti sorgentizi delSabato e del Calore popolazioni di puro ceppo mediterraneo. Altrove, soprattutto nel mediocorso dei vari fiumi ma anche nelle sorgenti del Sele, dominano individui del ceppoatlantico. Sono state comunque evidenziati fenomeni di ibridazione tra i due ceppi. Le trotesono e sono state l’ oggetto di semine intensive in tutti i bacini della Provincia da almenotrent’anni. Per quanto riguarda i ciprinidi, le specie dominanti sono rappresentate dalcavedano, dal barbo appenninico e dalla rovella. Le popolazioni di queste specie appaionoben strutturate soprattutto nel tratto medio e collinare dei bacini. Per quanto riguarda lealtre specie, il vairone (assente nell’Ofanto), tende a localizzarsi in biotopi reofili doveforma popolazioni ben strutturate. L’alborella meridionale è sporadica, ma forma unacomunità ben strutturata nel bacino dell’Ofanto al limite con la Provincia di Foggia. Tra lespecie emergenti, da segnalare la lampreda di ruscello, estremamente abbondante nel trattomedio alto del bacino del Sele e del gambero di fiume apparentemente localizzato in ununico sito dell’alto corso del Calore. Nel complesso, i bacini irpini presentano situazioniambientali accettabili solo nei tratti montani: Altrove, soprattutto nei pressi dei centriabitati, le condizioni tendono a peggiorare fino a livelli inaccettabili come riscontrato nelfiume Sabato nei pressi di Atripalda ed Avellino.

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STUDIO DELLA VARIABILITÀ GENETICA E FILOGENESIMITOCONDRIALE IN POPOLAZIONI ITALIANE DI SALMO TRUTTA

Lucarda N. Alvise*°, Simonato Mauro°,Forneris Gilberto*, Duchi Antonino**, Patarnello Tomaso°

* Dipartimento di Produzioni Animali, Epidemiologia ed Ecologia – Università di Torino° Dipartimento di Biologia – Università di Padova

** Ittiologo – Provincia di Siracusa

Lo studio della filogenesi mitocondriale della regione del D-Loop in popolazioni di Salmotrutta europee, è iniziato nei primi anni novanta ed è oggetto di continui approfondimentied integrazioni da parte di molti autori. Mediante analisi di sequenza ed SSCP è stataanalizzata la regione di controllo del DNA mitocondriale di campioni di Salmo fibreni eSalmo trutta (S.t.trutta “fario”, S.t.marmoratus, S.t.macrostigma e loro ibridi) raccolti in28 diverse località della penisola Italica e Balcanica. I dati sono stato oggetto dielaborazione per uno studio preliminare di genetica di popolazione, uno studio del grado diintrogressione genetica da parte di aplotipi mitocondriali di origine alloctona nellepopolazioni naturali di S.trutta, e per una revisione filogenetica del taxon, effettuata sullabase della comparsa di due aplotipi mai trovarti in precedenza. Sono state effettuate dellestime di distanza genetica tra popolazioni, e costruite delle rappresentazioni grafichemediante l’algoritmo del “Neighbour-joining” che consentono di apprezzare in modoimmediato la distanza genetica esistente tra le diverse popolazioni. Utilizzando unarappresentazione delle relazioni filogenetiche tra aplotipi mediante cladogrammi(network), ricostruita utilizzando l’algoritmo di Templeton, vengono discusse nuoveipotesi filogeografiche per alcune popolazioni di Salmo trutta della nostra penisola.

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ANALISI DELLA DIVERSITÀ GENETICA DELLE POPOLAZIONI DI LUCCIO(ESOX LUCIUS L.) DEL LAGO TRASIMENO

Lucentini* L., Ricciolini* C., Lancioni* H., Mearelli# M., Baldoni° L., Panara* F.

* Dipartimento di Biologia Cellulare e Molecolare, Università di Perugia# Dipartimento di Biologia Animale ed Ecologia, Università di Perugia

° Istituto di Ricerca per il Miglioramento Genetico delle Piante Foraggere, CNR – Perugia

Nello studio della diversità delle popolazioni ittiche si sta sempre più affiancando,all’analisi morfometrico-meristica, l’uso di marcatori molecolari che sfruttanopolimorfismi naturalmente presenti e particolarmente efficaci per delinearre la strutturatassonomica degli organismi viventi. Per questo tali marcatori hanno assunto un ruolopreminente nell’analisi filogenetica e sistematica. L’identificazione e la tutela delladiversità genetica a livello intrapopolazionale e intraspecifico rappresenta una baseessenziale per una gestione previdente e sostenibile sia ecologicamente siaeconomicamente delle risorse ittiche. Il presente contributo è parte di un più completostudio sulla specie in analisi e delinea le effettive possibilità di indagine della diversitàgenetica delle popolazioni di luccio (Esox lucius L.) del lago Trasimeno. Lo studio è basatosull’uso di marcatori molecolari già ampiamente utilizzati nelle specie ittiche, quali imicrosatelliti, e di altri generalmente in uso in campo agrario, quali gli AFLP. Imicrosatelliti sono piccole sequenze di 1-6 basi ripetute in tandem per un numero variabiledi volte e fiancheggiate da sequenze altamente conservate. Essi consentono l’analisi di unnumero limitato di polimorfismi, che possono però essere evidenziati per ogni singoloallele. Gli AFLP, recente tecnica di fingerprinting del DNA basata sull’amplificazioneselettiva mediante PCR di frammenti di restrizione ottenuti dalla digestione totale del DNAgenomico, consentono di saggiare in breve tempo un grande numero di loci, sonoaltamente riproducibili, ma non consentono l’analisi del sngolo allele. I dati molecolariottenuti con tali marcatori sono stati convertiti in codice binario per la successiva analisistatistica. L’analisi dei dati ottenuti mostra una relativa omogeneità degli individuiesaminati con una segregazione in due cluster ben separati che sembra essere imputabile adun piccolo subcampione avente anche caratteristiche morfologiche esterne differenti dalresto degli esemplari. (Contributo Università degli Studi di Perugia).

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CARATTERIZZAZIONE GENETICA DI POPOLAZIONI APPENNINICHE DITROTA FARIO: ASPETTI TASSONOMICI E CONSERVAZIONISTICI

Francesco Nonnis Marzano1, James Tagliavini1, Davide Chiesa1, Massimo Pascale2,Giuseppe Maio3, Gilberto Gandolfi1

1 Dipartimento di Biologia Evolutiva e Funzionale, Università degli Studi di Parma2 Amministrazione Provinciale di Parma

3 Aquaprogram srl. Via Borella 53, Vicenza

Le pratiche di ripopolamento con progenie ottenuta in incubatoi da riproduttori autoctonilocali, nel tentativo di conservare le caratteristiche delle popolazioni di un particolareareale, anche se meritorie dal punto di vista formale non garantiscono in assoluto ilmantenimento della biodiversità caratteristica del bacino e della variabilità geneticapresente nella specie. Infatti la scelta dei riproduttori è spesso limitata ad un numero esiguodi esemplari e spesso avviene sulla base delle sole caratteristiche fenotipiche.Il rilevamento ed il mantenimento della diversità genetica presente nelle popolazioniattuali, soprattutto in quelle residenti in bacini che mantengono buone caratteristiche dinaturalità, devono essere gli obiettivi primari di tutti gli interventi di conservazione ecostituiscono anche gli obiettivi principali della presente ricerca. A tale scopo è statoprofuso un non trascurabile sforzo nell'identificare marcatori genetici in grado didescrivere popolazioni di “trota di torrente” e tipizzare singoli soggetti da utilizzare inpratiche di fecondazione artificiale. Vengono qui presentati i risultati di due differentiapprocci, uno basato sull’analisi dei sistemi gene-enzima e l’altro sul DNA mitocondriale,in grado di fornire utili indicazioni per la caratterizzazione e la salvaguardia dellepopolazioni naturali di Salmo trutta.L’analisi di 19 sistemi gene-enzima codificati in 33 loci (tra nucleari e mitocondriali) hapermesso di identificare polimorfismi allelici in grado di differenziare le diversepopolazioni campionate in bacini delle provincie di Parma, Piacenza, Genova e MassaCarrara. I livelli di variabilità genetica determinati sono risultati estremamente bassi: lapercentuale di loci allozimici polimorfici (P) è stata del 3-6%, mentre l’eterozigosità media(H) è risultata nel range 0,38-1,42%. Tali risultati si discostano notevolmente dai valoridescritti per altre popolazioni Europee di S. (trutta) trutta (P=18-25% e H=5-9%) e ingenerale per i teleostei (P=20% e H=5%), configurando un quadro preoccupante di bassabiodiversità intrapopolazionistica. In particolare le frequenze alleliche dei sistemiallozimici polimorfici (FUM e LDH-5) rispecchiano tutte con estrema fedeltà i valoririlevati negli esemplari degli incubatoi preposti al ripopolamento (“effetto fondatore”).Relativamente all’inquadramento tassonomico dei diversi esemplari viene confermata lavalidità del marcatore LDH-5 per differenziare il ceppo mediterraneo rispetto ad esemplariatlantici mentre l'analisi RFLP sul 16S rDNA risente del problema della trasmissionematrilineare del DNA mitocondriale ed identifica circa un 15 - 25% di falsi aplotipimediterranei ascrivibili a fenomeni di introgressione passata o recente. In generale èpossibile affermare che le popolazioni appenniniche del versante padano si presentanocome gruppi misti di trote appartenenti ad entrambi i ceppi con notevole preponderanza digenotipi atlantici e presenza per lo più sporadica di forme mediterranee strettamentedipendenti dalla selezione eseguita in incubatoio. Differente appare la situazione nel bacinodel Fiume Magra (versante appenninico tirrenico) dove la percentuale di esemplarimediterranei è decisamente superiore, nonostante gli esemplari analizzati provenissero dauna zona di pesca a regime speciale.

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PREVISIONE DELLA STRUTTURA DELLA FAUNA ITTICA MEDIANTE RETINEURALI ARTIFICIALI

Michele Scardi1*, Stefano Cataudella1, Paola Di Dato1, Giuseppe Maio2, EnricoMarconato2, Stefano Salviati2, Lorenzo Tancioni1, Paolo Turin3 e Marco Zanetti3

1 Dipartimento di Biologia, Università di Roma “Tor Vergata”,Via della Ricerca Scientifica, 00133 Roma

2 Aquaprogram s.r.l., Via Borella 53, 36100 Vicenza3 Bioprogramm s.c.r.l., Via Tre Garofani 36, 35124 Padova

La previsione della struttura delle comunità rappresenta un obiettivo di grande interesseecologico, sia in termini teorici, sia in termini applicati, soprattutto alla luce della Direttiva2000/60/CE, che ha istituito un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque.

L’approccio alla stima della probabilità di presenza o di assenza di una o più specie è statotentato più volte nel recente passato, soprattutto facendo ricorso a strumenti statistici ditipo convenzionale, come, ad esempio, la regressione logistica.

Recentemente, tuttavia, risultati di grande interesse sono stati ottenuti grazie all’impiego dimetodi mutuati dal campo dell’Intelligenza Artificiale e, in particolare, grazie all’uso dellereti neurali artificiali. Queste sono particolarmente efficaci nel riprodurre le complesserelazioni, prevalentemente nonlineari, che legano le variabili ambientali (considerate comepredittive) alla presenza o all’abbondanza delle specie.

Anche se la procedura è abbastanza complessa, le reti neurali artificiali consentono dieffettuare con successo anche analisi di sensibilità che permettono di comprendre il ruolorelativo delle diverse grandezze ritenute predittive nel determinare la presenza ol’abbondanza delle specie considerate.

Recenti sviluppi delle tecniche per la messa a punto di tali modelli hanno permesso diadattare efficacemente le metodiche di “addestramento” delle reti neurali artificiali allespecifiche problematiche legate alla previsione di liste di specie, ottenendo non soltantomodelli più efficaci, ma anche risultati ecologicamente coerenti.

Al fine di dimostrare la metodica e le sue potenzialità saranno presentati esempi basati suun insieme di dati relativi ad alcuni bacini della Regione Veneto, che include 264osservazioni effettuate sia per la fauna ittica (34 specie) che per un insime di 21 variabiliambientali.

L’accuratezza delle previsioni ottenute ha consentito di prevedere correttamente oltre il90% dei dati di presenza o assenza, ed è ulteriormente aumentata allorquando sono stateattuate strategie di sviluppo dei modelli centrate su criteri di tipo prettamente ecologico.

* Email: [email protected]; URL: http://www.mare-net.com/mscardi

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FILOGEOGRAFIA E DISPERSIONE POSTGLACIALE DELLA SCARDOLA(Scardinius erythrophthalmus) NELLA PENISOLA ITALIANA

Stefani° F., Galli* P., Crosa+ G., Zaccara+ S. and Calamari+ D.

° Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e del Territorio, Università di Milano-Bicocca,piazza della Scienza, 1 - 20126 Milano - Italy

* Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze, Università di Milano-Bicocca, piazza dellaScienza, 2 - 20126 Milano – Italy

+ Dipartimento di Biologia Strutturale e Funzionale, Università dell'Insubria, via J.H.Dunant, 3 - 21100 Varese - Italy

Un indagine di carattere filogeografico delle popolazioni italiane di scardola (Scardiniuserythrophthalmus), sulla base dell’analisi di sequenze di DNA mitocondriale del genecodificante per il citocromo b, è stata effettuata al fine di determinare l’origine e leprincipali rotte di dispersione di questa specie nella penisola italica. Obiettivo di questostudio è la verifica di alcune ipotesi connesse alla suddivisione della penisola in dueprincipali distretti biogeografici, il Padano-Veneto e il Tosco-Laziale.Le popolazioni indagate appartengono a due principali linee filogenetiche, originate aseguito di eventi di vicarianza riconducibili alle prime fasi del Pleistocene. Sono statiindividuati nel complesso 8 aplotipi per le popolazioni italiane (codice di accessoGenBank- AY079089-AY079096). L’analisi filogenetica mostra una sostanzialedifferenziazione delle due linee dagli aplotipi di origine transalpina e, per entrambe, unprincipale evento di radiazione relazionabile agli O-isotope stage 6 e 8. Nonostante gliaplotipi delle due linee presentino una distribuzione parzialmente simpatrica, lepopolazioni del distretto Padano-Veneto risultano caratterizzate da un maggior grado didiversità genetica, con 6 aplotipi presenti, rispetto a quelle del distretto Tosco-Laziale,dove risulta presente con maggior frequenza l’aplotipo per6.Tale struttura filogeografica consente di evidenziare in primo luogo una probabile originabalcanica delle popolazioni italiane di scardola; secondariamente viene evidenziato ilsignificativo ruolo dei cicli pleistocenici di variazioni eustatiche del livello del MareAdriatico nel determinare primariamente fenomeni di dispersione verso il distretto Padano-Veneto. Le popolazioni del distretto Tosco-Laziale, diversamente, risultano soggette adeffetto del fondatore, conseguentemente ad una loro origine legata a limitati fenomeni dicattura fluviale fra bacini trans-appenninici, che avrebbe consentito la colonizzazione daparte di un limitato pool di popolazioni adriatiche. Infine viene rilevata una limitata e nonsignificativa strutturazione geografica (AMOVA, p < 0,001) fra le popolazioni dei duedistretti; essa risulta dovuta prevalentemente ai fenomeni di cattura fluviali trans-appenninici e all’instabilità dello spartiacque appenninico in epoca pleistocenica, chehanno determinato possibilità di flusso genico.

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Sessione“ECOLOGIA DELLE ACQUE INTERNE”

ModeratoreDott. Giuseppe Maio

Aquaprogram Vicenza

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VARIAZIONI DELLE COMUNITA’ ITTICHE E POSSIBILI CAUSEDETERMINANTI, IN ACQUE DELLA LOMELLINA (PAVESE OCCIDENTALE)E LOMBARDO PIEMONTESI, INTERVENUTE NELL’ULTIMO VENTENNIO.

Alessio G., Gandolfi G.L., Belletti E.

Dipart. di Biol. Evol. e Funz., Sez. Biologia Animale, Università, 43100 Parma.

Durante tre distinti periodi, di cadenza pressoché decennale (anni 79-80: 90-91; 2001),durante il quadrimestre maggio-agosto sono stati effettuati campionamenti di ittiofauna,prevalentemente in Lomellina (Pavese occidentale) ed altresì, collateralmente edoccasionalmente, in altre aree lombardo-piemontesi (zona pavese orientale dell’Agogna,Terdoppio, Ticino, Scrivia e Po; zona bergamasca della bassa Val Brembana; zonavercellese dell’Elvo, Cervo, Marcova e Sesia; zona alessandrina del Grana, Stura eTanaro).Per i rilevamenti ci si è avvalsi di reti fisse da posta (bertovelli e nasse) di dimensionistandardizzate; le catture ottenute sono state codificate in unità fra loro comparabili,espresse come “catture per unità di sforzo giornaliero” (= CPUS) ed analizzate sotto ilprofilo sia quantitativo che qualitativo.I risultati ottenuti, confrontati nell’arco dei tre differenti periodi decennali, evidenziano perle acque in esame:a) una spiccata diminuzione quantitativa delle comunità ittiche;b) la comparsa, vieppiù consistente, di nuove specie alloctone, talora concorrenziali e conincidenza riduttiva sulle popolazioni originarie;c) evidenti e sensibili variazioni dei rapporti interspecifici tra le specie ittiche, conrimarchevoli effetti sulle frequenze individuali (ed altresì sulle reali probabilità direclutamento riproduttivo);d) compressione e riduzione significativa di alcune specie ittiche, che attualmente risultanoin decremento o addirittura minacciate, in pericolo e financo in via di scomparsa;e) decadimento qualitativo del complesso ittiofaunistico in termini di valore commerciale,alieutico e di consumo alimentare.I risultati vengono discussi in relazione ai processi di evoluzione ecologica ambientale, aldegrado e dequalificazione delle acque, alle innovazioni e tecniche agricolturali che sonovenute a gravare sul comparto idrico, alla modalità ed ai criteri di gestione dell’ittiofauna,verosimilmente poco scrupolosi, nient’affatto scientifici e certo non ortodossi.

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I NEUROMODULATORI NELL’INTESTINO DELLA TROTA PARASSITATA:CENNI SUL RAPPORTO DIETA-PARASSITISMO IN ESEMPLARI DI SALMO

TRUTTA E ONCORHYNCHUS MYKISS DELLA PROVINCIA DI PADOVA

B. S. Dezfuli1, I. Manzoli1, P. Turin2, G. Bosi3

1Dip. Biologia, Univ. Ferrara;2Provincia di Padova, Servizio Caccia e Pesca,

3Ist. di Anatomia degli Animali Domestici con Istologia ed Embriologia, Univ. Milano

Le attività deputate al controllo fisiologico della funzionalità del canale alimentare di tutti ivertebrati sono modulate dal sistema neuroendocrino. Nell'apparato digerente dei pesci, lecellule epiteliali appartenenti al sistema endocrino diffuso (SED) interagiscono con icomponenti del sistema nervoso enterico (SNE) nella regolazione di funzioni quali lasecrezione di enzimi, l’assorbimento dei nutrienti e la progressione del cibo lungo il canalealimentare. La comunicazione tra gli elementi di questi due sistemi si attua mediantemolecole segnale di varia natura, denominate neuromodulatori. La presenza di parassitiintestinali può alterare la distribuzione e la frequenza delle cellule che sintetizzano esecernono tali sostanze. Mediante indagini di immunoistochimica si è studiata la densitàrelativa delle cellule endocrine, responsabili per la produzione di cinque diversineuromodulatori peptidici, nell’intestino di individui sani e parassitati di Salmo trutta eOncorhynchus mykiss. L'elaborazione statistica ha evidenziato la riduzione del numero dicellule endocrine, per pieghe intestinali, positive a gastrina, colecistochinina-8, bombesinae secretina nell’intestino delle trote parassitate.In due anni di studio sono stati esaminati 206 esemplari di S. trutta provenienti da alcuniaffluenti del fiume Brenta (Provincia di Padova) e 376 esemplari di O. mykiss acquistati inun allevamento della stessa zona. Sono risultati infestati da parassiti intestinali 145 (70.4%)individui di trota fario: i parassiti dominanti di questa specie sono risultati, rispettivamente,l’acantocefalo Pomphorhynchus laevis (1-162 vermi per ospite) e il cestodeCyathocephalus truncatus (1-83 parassiti per pesce). Gli esemplari di trota irideaparassitati sono 103 (27.4%), con un'intensità d’infestazione per P. laevis di 1-149 vermiper pesce e per C. truncatus di 1-26 vermi per pesce. Il crostaceo Echinogammarusstammeri è risultato essere la preda preferita da ambedue i salmonidi (50% del contenutogastrointestinale). Inoltre, E. stammeri è l’ospite intermedio di ben 5 delle 9 specie diparassiti intestinali rinvenute nelle trote studiate.Le osservazioni compiute sembrano indicare alcune variazioni relative all'assunzione dialimento da parte degli individui infestati rispetto a quelli sani. E' possibile che lealterazioni indotte dal parassita nel SED del digerente della trota siano correlate con talidifferenze. Questa ipotesi verrà discussa insieme con le osservazioni riguardanti lacomparazione della parassitofauna e la variazione stagionale della dieta nelle due specie disalmonidi.

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DIFFERENTI ABITUDINI ALIMENTARI DELLA GAMBUSIA HOLBROOKI(GIRARD, 1859) IN PICCOLI ECOSISTEMI ACQUATICI ARTIFICIALI

Ferrante I., Furlani A. & Tancioni L.

Laboratorio di Ecologia Sperimentale ed Acquacoltura – Dipartimento di Biologia –Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” – Via Cracovia 1, 00133 Roma

Le recenti infestazioni di “zanzara tigre” ed di altri ditteri Culicidi, in molte regioni e nelleprincipali città italiane, ha stimolato un rinnovato interesse per l’applicazione di tecniche dilotta biologica, basate sull’impiego della gambusia (Gambusia holbrooki, Girard, 1859).Per acquisire ulteriori conoscenze sull’ecologia trofica della specie sono stati, quindi,analizzati i contenuti dei tubi digerenti di 964 esemplari (19-52mm di lunghezza totale)catturati in quattro ambienti acquatici di diversa morfologia e dimensione. Per valutare lacapacità di assunzione di larve di zanzara da parte di singoli esemplari, sono state inoltresvolte delle prove in acquario su 74 individui .Dal punto di vista del comportamento alimentare è emersa la notevole flessibilità troficadella gambusia, dimostrata dalle differenze nei contenuti dei tubi digerenti degli esemplaricampionati nei quattro siti. Diversamente da quanto atteso sulla base dell’anatomia dellabocca, tipicamente supera, i taxa rinvenuti nei digerenti sono rappresentati sia da organismibentonici che distribuiti nella colonna d’acqua. Inoltre, è stata rilevata una variazionestagionale nella composizione della dieta, particolarmente evidente nella ritenuta idrica piùrinaturalizzata e di maggiore volume.Le sperimentazioni eseguite in acquario sulla capacità larvivora della gambusia hannodimostrato la capacità di assumere fino a 150 larve di zanzara (Culex pipiens) in 24 ore peresemplari di 35-40 mm di lunghezza totale. Viene confermata quindi l’idoneità di questoteleosteo negli interventi di lotta biologica alla proliferazione di larve dei zanzara ed altriDitteri come ad esempio i Chironomidi, in ambienti acquatici confinati anche di piccoledimensioni.

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OSSERVAZIONI SULLE ABITUDINI ALIMENTARI DEL GAMBERO DI FIUMENOSTRANO, AUSTROPOTAMOBIUS PALLIPES ITALICUS (FAXON).

Massimiliano Scalici, Leonardo Vignoli e Giancarlo Gibertini

Dipartimento di Biologia, Università “Roma Tre”, v.le G. Marconi 446 - 00146

Lo studio di autoecologia di una specie può avere risvolti applicativi, oltre che teorici, erientra nelle conoscenze di base indispensabili per la tutela di specie minacciate, come ilgambero di fiume nostrano, Austropotamobius pallipes italicus (Faxon). Questa specie,considerata a rischio di estinzione, è definita vulnerabile dalla IUCN e da proteggeresecondo la Convenzione di Berna e la Direttiva Habitat. Per una migliore gestione econservazione delle popolazioni astacicole nostrane e per uno sfruttamento piùresponsabile dei corsi d’acqua in cui esse risiedono, è di fondamentale importanzapossedere conoscenze approfondite su questa specie. Per tale ragione è stata intrapresa unaricerca volta ad studiare le abitudini alimentari del gambero nel Centro Italia e a definirneil ruolo ecologico all’interno dell’ecosistema. In particolare, sono stati prelevati un totale di80 gamberi di fiume provenienti da due diverse stazioni: Rio Secco, in prossimità diLicenza, e Torrente Duranna, in prossimità di Mandela (entrambe in provincia di Roma). Igamberi, prelevati nei mesi di luglio e settembre del 2001 e marzo del 2002, sono statidivisi per sesso e sono stati sottoposti al rilevamento di alcuni parametri morfometrici,quali la lunghezza del carapace, la lunghezza del cefalotorace e la lunghezza totale (permezzo di un calibro meccanico). In un secondo momento gli animali sono stati sacrificati,previa anestesia in MS-222, e da essi è stato prelevato lo stomaco intero da cui sono statiricavati i contenuti gastrici; questi ultimi, infine, sono stati conservati in alcool a 70° esuccessivamente analizzati ad un microscopio binoculare. Per procedere ad un’analisi delmateriale alimentare, sono stati attribuiti dei valori arbitrari relativamente a: 1) il grado diripienezza stomacale (espresso come pieno, parzialmente pieno, parzialmente vuoto evuoto); 2) l’importanza relativa dei diversi componenti alimentari (stimato empiricamenteattraverso dei valori percentuali); 3) la frequenza di comparsa (intesa come numero diapparati digerenti nei quali compare un determinato componente); 4) la percentuale diimportanza relativa (intesa come il numero di apparati digerenti nei quali compare undeterminato valore di importanza relativa, espresso in percentuale). Dalle osservazionieffettuate si desume che il gambero di fiume nostrano, indipendentemente dalle dimensionie quindi dell’età, ha una dieta principalmente vegetariana. Questa abitudine alimentare nonsembra sortire alcun effetto stagionale dato che in tutti i mesi nei quali sono stati effettuati icampionamenti non si riscontrano differenze nei contenuti stomacali. All’interno dellacavità gastrica è stata trovata una grande abbondanza di materiale vegetale, il cui stato diconservazione ha permesso di determinarne la maggior parte. Inoltre, soltanto in quattrocasi, è stata riscontrata la presenza di materiale di natura animale; in particolare è statoritrovato un addome di tricottero e altri frammenti di difficile identificazione. Tra ilmateriale vegetale è stata individuata una buona abbondanza di Fontinalis antipyretica,mentre fra il materiale non identificato sono stati individuati resti finemente macinati difoglie (probabilmente di salice, pioppo ed ontano). Oltre a ciò, è stata osservata la presenzadi materiale detritico. Complessivamente, questi risultati permettono di sottolineare che A.pallipes italicus non solo ricopre un’importante ruolo nella catena dei detritivori, ma siposiziona alla base della piramide alimentare svolgendo il compito di grazeer negliecosistemi lotici. La conoscenza dell’alimentazione del gambero nostrano può essereutilizzata come utile mezzo per la tutela di questa specie e non solo; essa, infatti, puòcontribuire alle pratiche di gestione e di conservazione sia della flora ripariale ed acquaticache della fauna che vi trova un rifugio ed una risorsa vitale.

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EVOLUZIONE DI UNA POPOLAZIONE NATURALE DI TROTA FARIO Salmo(trutta) trutta IN UN AMBIENTE RITRALE APPENNINICO.

(RIO TORTO - APPENNINO BOLOGNESE )

Paolo Turin1, Marco Rizzoli2, M.F. Fabiana Bilò1, R. Falconi3 & Francesco Zaccanti3

1 Bioprogramm s.c.r.l. - Via Jappelli 9 (P.O. box 958) - 35100 Padova2 Provincia di Bologna – Uff. Tutela e Sviluppo Fauna, via Malvasia 4 - 40123 Bologna

3 Università di Bologna - Dipartimento di Biologia, via Selmi 3 - 40126 Bologna

Una serie di approfondite indagini quantitative sono state condotte nel corso delquadriennio 1995-1998 per verificare l’evoluzione nel tempo di popolazione naturale ditrota fario del rio Torto, piccolo corso d’acqua che nasce dalle pendici del monte Scoperta(1.273 m s.l.m.) nell’Appennino Bolognese. La zona in studio localizzata all’interno di unavasta area di proprietà dell’ENEA risulta chiusa alla pesca ed a qualsiasi tipo diimmissione e/o ripopolamento da circa 20 anni. Tale ricerca ha consentito di determinarela variazione dei principali parametri demografici (densità, biomassa, produzione,mortalità) che regolano la dinamica di una popolazione di trota fario Salmo (trutta) trutta,unica specie presente in questo corso d’acqua.

Lo studio ha permesso di verificare, nell’arco del quadriennio di indagine, significativefluttuazioni dei parametri indagati con variazioni particolarmente consistenti sui valori dibiomassa totale, variata fra 4,96 e 22.01 gr/m2, e di densità, variata fra 0.125 e 0.37 ind/m2.

Interessante anche il dato sul tasso di immigrazione ed emigrazione nel settore studiatoche ha evidenziato come nell’arco di un solo anno sia avvenuto un ricambio del 95 % deisoggetti presenti.

I dati emersi inducono quindi ad una riflessione sulla effettiva significatività e valore deltempo dei dati raccolti nel corso delle campagne di campionamento ittico.

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Sessione“GESTIONE DELLE POPOLAZIONI ITTICHE AUTOCTONE”

ModeratoreProf. Mario Specchi

Università degli Studi di Trieste

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INDAGINE RICOGNITIVA DI ACQUE VOCATE PER IL REINSERIMENTODELLA POPOLAZIONE AUTOCTONA MINACCIATA DI Esox lucius L. NEL

BACINO DEL MASSACIUCCOLI.

Ercolini P.*, Alessio G.**

* Biologo libero professionista, via di Coli e Spezi 2653/b, Piano del Quercione,55054 Massarosa (LU)

** Dipart. di Biol. Evol. e Funz., Sez. di Biologia Animale, Università, 43100 Parma

A partire dall’inizio del 1999 su diverse acque ricomprese nel bacino del Massaciuccolisono state avviate specifiche indagini tese ad evidenziare e caratterizzare i biotopi tuttoraidonei o comunque recuperabili per il reinserimento della specie Esox lucius L.,attualmente in fase di grave contrazione su tutto il territorio.Oltre al lago di Massaciuccoli, sono stati presi in considerazione 9 corpi idrici (canali ofossi, ad acque alte o basse) ricadenti nella competenza del Comune di Massarosa, di cuisono stati rilevati idrologia, tipologia e modalità di gestione.In particolare, sui corpi idrici in esame sono state eseguite, in tempi prestabiliti, le seguentideterminazioni fisico-chimiche: T (C°); O2 disciolto (mg/l); ammoniaca (mg/l); Ph. Irilevamenti biologici, effettuati periodicamente, hanno invece riguardato le comunitàzooplanctonica e macrobentonica ed infine sono stati effettuati campionamenti dimappaggio biologico qualitativo con il metodo I.B.E. A tali dati sono stati affiancatiripetuti rilevamenti sulle macrofite sommerse ed emergenti e sul loro sviluppo stagionale,considerate in ottica sia di rifugio dei riproduttori, sia di substrato per la deposizione e losviluppo delle uova del luccio, ed infine quale area adeguata per la colonizzazione deipiccoli lucci ottenuti.A seguito di opportuna riconversione dei dati qualitativi in valori quantitativi “pesati”(EDEV = Esocid Development Ecological Value), sono stati individuati 3 fossi (Sasso,Montramito, Quiesa) come convenientemente idonei al reinserimento del luccio; 2 fossicome mediamente idonei ovvero recuperabili in tempi diversi (Brentino, Bresciani).Per ciascun corpo idrico esaminato sono state fornite precise indicazioni ai fini di unaoculata gestione naturalistica e per appropriati interventi di riadattamento ambientale chefavoriscano la ricolonizzazione dell’esocide nel territorio.

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Ricerche finanziate da: Comune di Massarosa, Provincia di Lucca e Regione Toscana.

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VARIAZIONE DELLA STRUTTURA, DELLA DENSITA’ E DELLA BIOMASSAIN DUE POPOLAZIONI DI TROTA FARIO, SALMO (TRUTTA) TRUTTA, INZONE REGOLAMENTATE A REGIME SPECIALE DI PESCA (ZRSP)

Federico Ielli*, PierPaolo Gibertoni**

*Consulente Ittiologo della Provincia di Reggio Emilia. Ufficio Pesca, Via Gorizia 49 -42100 Reggio Emilia.

** Veterinario Via Statale 63 - 42037 Collagna (RE).

In alcuni corsi d’acqua di categoria “D” ( Zona omogenea per la gestione di salmonidi etimallidi, in particolare trota fario e temolo, da L.R. 11/93 – Art. 8 della Regione Emilia-Romagna) della Provincia di Reggio Emilia sono stati istituiti da alcuni anni, inconformità all’Art. 13 della già menzionata Legge Regionale, delle ”Zone a RegimeSpeciale di Pesca (ZRSP)”, nelle quali vengono applicate norme più restrittive rispetto aquelle normalmente vigenti. In particolare nelle ZRSP del Fiume Secchia (Collagna) e delTorrente Riarbero (affluente di destra del Fiume Secchia) è possibile prelevaregiornalmente non più di tre soggetti di trota fario, Salmo (trutta) trutta, di misura noninferiore a 24 cm di lunghezza totale. Tale provvedimento, in via di progressiva estensione(la ZRSP del Fiume Secchia è stata recentemente modificata in regime “No Kill”) anche adaltri corsi d’acqua di elevata qualità ambientale, è soprattutto finalizzato alla tutela delleresidue popolazioni naturali di trota fario di presunto “ceppo mediterraneo”. Dai datiemersi in occasione dei campionamenti effettuati in questi corsi d’acqua per larealizzazione della Carta Ittica Regionale (22.08.1998) si era già evidenziato un notevolemiglioramento sia nella struttura che nelle densità e nelle biomasse medie dellepopolazioni dei salmonidi presenti rispetto a quando negli stessi vigevano le normativeregionali (5 catture di salmonidi con misura minima non inferiore a 22 cm di lunghezzatotale). Da questo studio si è parimenti osservato, mediante più recenti campionamenti(2002) effettuati con pesca elettrica, che la situazione è migliorata anche sotto l’aspettodella quantità dei soggetti con fenotipo riconducibile a quello delle popolazionimediterranee della trota fario, grazie ad interventi mirati alla reintroduzione, in aree diparticolare tutela, esclusivamente del novellame di trota fario prodotto dagli incubatoiprovinciali dalla spremitura di riproduttori selvatici. In tale ottica ben si presta unamoderna e razionale gestione delle risorse alieutiche, finalizzata ad un razionale prelievoed al mantenimento dei ceppi autoctoni.

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OSSERVAZIONI SULLA BIOLOGIA RIPRODUTTIVA DELLA POPOLAZIONEDI ALBORELLA, ALBURNUS ALBURNUS ALBORELLA (DE FILIPPI, 1884), DEL

LAGO MAGGIORE.

Alessandra Ippoliti*, Cesare Mario Puzzi*, Stefania Trasforini*.

*G.R.A.I.A. srl, Via Repubblica 2, 21020 Varano Borghi (VA) – e.mail: [email protected]

L’alborella (Alburnus alburnus alborella) è un piccolo Ciprinide, endemico dell’ItaliaSettentrionale e diffuso in tutti i corpi idrici delle zone subalpine e planiziali. Essendo unaspecie limnofila, preferisce ambienti a corso lento, o moderatamente correnti, e piuttostoprofondi. Abitualmente vive nelle acque pelagiche superficiali, migrando periodicamentenella zona litoranea per esigenze trofiche e riproduttive. È zooplanctofaga anche se nondisdegna alghe, larve di insetti ed insetti alati.Oggetto d’indagine è stata la popolazione di alborella insediata nel Lago Maggiore (NordItalia). L’obiettivo di questo lavoro è stato lo studio di vari aspetti della biologiariproduttiva della popolazione in esame, sia attraverso analisi condotte in laboratorio sullegonadi dei campioni sia attraverso osservazioni e campionamenti effettuati direttamente suisiti di riproduzione.I principali parametri valutati sono stati: l’età di prima maturazione, la fecondità, ilmultiple spawning, il comportamento riproduttivo, la preferenza di habitat riproduttivo e iltempo di schiusa delle uova.L’età di prima maturazione della specie è risultata differente per i due sessi: i maschiraggiungono la maturità sessuale già al primo anno di vita, mentre le femmine maturano alsecondo. La fecondità assoluta rilevata è piuttosto elevata e varia da 1200 a 3000 uovacirca per individuo, rilasciate in almeno 3 fasi successive, con efficienza di deposizionedecrescente. Dall’analisi degli ovari è infatti risultata evidente la coesistenza all’internodella medesima gonade di uova di differenti dimensioni, confermando lo svolgimento diun’attività di deposizione multipla nell’ambito della medesima stagione riproduttiva. Dallostudio è inoltre emerso che soggetti della medesima taglia, campionati nello stessomomento, possono presentare uno stadio di maturazione delle gonadi differente, facendopresupporre l’esistenza di uno sfasamento temporale dei momenti riproduttivi dei singoliindividui. Dall’osservazione diretta dell’attività di riproduzione in ambiente naturale èrisultato che ogni attività di deposizione dura dai 3 ai 4 giorni consecutivi, durante i qualile alborelle mantengono costantemente il controllo dell’area. In base ai campionamentidelle uova deposte nei siti di riproduzione, le variabili che paiono essere limitanti perl’attività di deposizione della specie, oltre alla temperatura, sono la pulizia del substrato ela velocità di corrente – quantomeno in ambito fluviale. Il calcolo del tempo di schiusa hainfine evidenziato uno sviluppo embrionale estremamente rapido, corrispondente a circa 75gradi-giorno.L’elevato numero di uova deposte, la dispersione della produzione annuale della proleall’interno di un periodo piuttosto lungo e lo sfasamento dell’attività riproduttiva deisingoli individui evidenziano dunque un potenziale riproduttivo particolarmente elevato,che in ambienti lentici e lotici caratterizzati da una ridotta crescita perifitica, da unavelocità di corrente moderata e da temperature non eccessivamente basse, consentirebbealla specie di costituire popolazioni estremamente abbondanti.

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REINTRODUZIONE DELLO STORIONE COBICE (ACIPENSER NACCARII)NEL FIUME PIAVE: STUDIO DEI MOVIMENTI IN AMBIENTE NATURALE

MEDIANTE RADIOTRACKING

Lucarda N. Alvise*’, Gentilomo Paolo**, Marconato Enrico***

*Dipartimento di Produzioni Animali, Epidemiologia ed Ecologia – Università di Torino‘Dipartimento di Biologia.-.Università di Padova

** FIPSAS - sezione di Venezia*** Studio Aquaprogram - Vicenza

Durante il secolo scorso, la presenza di Acipenser naccarii nelle acque dei fiumi veneti chesboccano in Adriatico, è progressivamente diminuita fino al punto che, negli ultimi anni, leepisodiche catture effettuate dai pescatori di quelle zone, hanno fatto supporre che la speciefosse prossima all’estinzione. La provincia di Venezia, in collaborazione con la localesezione FIPSAS, ha intrapreso da tre anni un programma di reintroduzione dello storionecobice, che si sono concretizzati nel rilascio nelle acque dei principali fiumi veneti di circa500 individui marcati, e in uno studio pilota effettuato nel fiume Piave in cui sono statirilasciati 15 individui di 3 anni d’età, muniti di radio trasmitente. Mediante radiotracking,sono stati seguiti i movimenti di questi individui per un periodo di 15 mesi dal momentodel rilascio in ambiente naturale, con l’obiettivo di raccogliere informazioni sulle modalitàdi dispersione nel periodo immediatamente successivo al rilascio, sull’entità di questispostamenti e sulle modalità di passaggio dall’ambiente d’acqua dolce a quello marino.I dati ottenuti hanno consentito di verificare come gli storioni abbiano trascorso un certoperiodo nel fiume, compiendo movimenti esplorativi dapprima limitati e prevalentementeverso valle, facendo ritorno periodicamente nella zona di rilascio. Col passare del tempo,questi spostamenti, che sono sembrati almeno parzialmente in sincronia con le variazionidi marea, sono divenuti di ampiezza progressivamente maggiore, e gli storioni sono staticapaci di spostamenti di diversi chilometri nell’arco di una giornata. Dopo alcuni mesi dalrilascio, diversi individui si sono stabiliti in prossimità della foce, frequentando anchel’ambiente di acqua salata ma prediligendo il tratto finale del fiume, caratterizzato dalleoscillazioni periodiche del cuneo salino. Si ipotizza che lo storione preferisca trascorrerebuona parte del tempo in questo tipo di ambiente, perchè in qualche modo ne vieneagevolata l’attività di reperimento del cibo. Alcuni individui si sono spostati dal sistemadel Piave a due sistemi vicini, quello del fiume Sile e quello del fiume Livenza. Alcuniindividui muniti di radio sono stati anche catturati dai pescatori con le reti. Queste catture,e i dati delle ricatture degli individui marcati, effettuate nell’arco di un anno dal rilascio,hanno dimostrato come la catturabilità di questi animali sia estremamente elevata, come isistemi di pesca a rete fissa e a strascico risultino altamente distruttivi per questa specie ecome l’attività di pesca possa essere inequivocabilmente considerata la causa principaleche ha determinato la scomparsa di questa specie dalle acque dei fiumi veneti. Il generaledegrado dell’ambientale fluviale, l’alta densità di installazioni fisse per la pesca, poco o pernulla selettive, unite al fatto che la maturità sessuale viene raggiunta solo dopo i dieci annid’età, ne fanno una specie altamente vulnerabile, la cui salvaguardia necessita diprovvedimenti gestionali urgenti e di interventi restrittivi sui metodi di pesca piuttostoincisivi.

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CARATTERIZZAZIONE MORFOMETRICA E MERISTICADI SALMO T. TRUTTA, SALMO T. MARMORATUS E DEL LORO IBRIDO

Lucarda N. Alvise*’, Martini Marco°, Patarnello Tomaso°’, Forneris Gilberto*

* Dipartimento di Produzioni Animali, Epidemiologia ed Ecologia – Università di Torino° Dipartimento di Medicina Veterinaria – Università di Padova

‘ Dipartimento di Biologia – Università di Padova

Sono state utilizzate le metodiche tradizionali di morfometria e meristica per lo studio delledifferenze morfologiche tra Salmo trutta marmoratus, Salmo trutta trutta (“fario”) e il loroibrido fenotipico. Le analisi sono state eseguite su soggetti rinvenuti morti in natura,catturati dai pescatori, recuperati in occasioni di asciutta dei corsi d’acqua, morie negliimpianti di allevamento ecc.. Sono stati analizzati individui provenienti principalmente daifiumi Isonzo e Tagliamento, dal bacino del Piave (torrenti di montagna, asta principale etratti di fiume canalizzati o artificializzati), dal bacino della Dora Baltea, dal fiume Brentae dal bacino dell’Astico. I dati morfometrici sono stati standardizzati e sottoposti ad analisistatistica multivariata, mentre i dati meristici sono stati elaborati per mezzo di analisistatistiche non parametriche. I risultati preliminari hanno evidenziato differenzesignificative sia a livello meristico che morfometrico tra le due semispecie marmoratus e“fario”, mentre gli individui che presentano caratteri cromatici della livrea intermedi tra ledue forme, sono risultati, dal punto di vista sia morfologico che meristico, molto più similialla forma marmoratus. Differenze morfologiche di un certo rilievo sono state evidenziateanche tra individui appartenenti alla stessa semispecie ma provenienti da bacini idrograficidifferenti: le differenze maggiori sono state riscontrate tra individui provenienti da baciniidrografici più lontani, e viceversa. E’ stato inoltre possibile evidenziare l’influenzadell’ambiente sulla forma del corpo degli individui, tanto che sono state quantificate ledifferenze tra individui cresciuti in ambiente torrentizio e individui cresciuti in trattiartificializzati del fiume. Allo stesso modo sono stati quantificati sia a livello meristico chemorfometrico gli effetti sul fenotipo deteminati dalle condizioni ambientali che si ritrovanonegli impianti di allevamento. Vengono brevemente discusse le implicazioni di caratteregestionale dei risultati preliminari ottenuti.

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DISTRIBUZIONE ED ENTITA’ DELLE POPOLAZIONI DI COTTUS GOBIOLinnaeus, 1756 IN PROVINCIA DI PISTOIA

Pascale M.1, Merati F.2, Nonnis Marzano F.3, Piccinini A.4

1 Via Città di Traunstein, 8 – Pinerolo (To)2 Via via Einstein, 24 - Gaggiano (Mi)

3 Dipartimento di Biologia Evolutiva e Funzionale. Università degli Studi di Parma4 AcquaEco, Via Augera, 5 – Cadelbosco Sopra (Re)

La F.I.P.S.A.S. provinciale di Pistoia ha commissionato nel 2001 la realizzazione dellaCarta Ittica provinciale.Nel corso dell’estate dello stesso anno sono stati effettuati una serie di campionamenti suiprincipali bacini idrografici provinciali, in particolare nei tratti montani dei bacini delLima, del Reno, del Pescia e dell’Ombrone. Prelievi di materiale destinati ad indagini ditipo genetico sono stati effettuati nel corso dell’autunno.Parallelamente alla raccolta di dati destinati alla pubblicazione della Carta Ittica si ècercato di creare una mappatura il più possibile precisa sulla distribuzione e sull'entità dellepopolazioni di Cottus gobio dell’area pistoiese.Questa specie sembra essere, più ancora delle popolazioni di salmonidi, un’importantebioindicatore rispetto ai tratti montani (zone “a trota fario” e “zone a trota marmorata etemolo”) nelle zone dove risulta essere naturalmente presente.Il quadro distributivo della specie in Italia risulta piuttosto interessante, in quanto loscazzone appare uniformemente distribuito in area alpina, mentre nell’arco appenninico lepopolazioni presenti risultano essere isolate e frammentate.La sua presenza in provincia di Pistoia era segnalata in precedenza nel bacino del Lima, macarenti erano le informazioni sulla sua presenza e sulla consistenza delle popolazioni suscala provinciale.Dai risultati dei campionamenti lo scazzone appare discretamente distribuito, sia sui bacinidel versante tirrenico (Lima ed Ombrone), sia su quelli adriatici (Reno), in un totale di 10stazioni sulle 44 campionate, con popolazioni abbondanti e ben strutturate in alcuni siti emodeste in altri, probabilmente a causa della massiccia presenza di Salmo (trutta) trutta,specie predatrice che molti autori indicano come responsabile della rarefazione escomparsa di Cottus gobio in alcune zone.Il quadro distributivo emerso indica una presenza non frammentaria, ma spessocondizionata dalla compresenza di trote fario, che hanno probabilmente ridotto nel tempol’entita delle popolazioni di scazzone in provincia di Pistoia.All’atto della presentazione di questo lavoro sono in corso indagini genetiche per verificareil grado di affinità ed omogeneità delle popolazioni toscane con altre popolazioni del nordItalia, nonché per verificare l’inquadramento tassonomico delle diverse popolazioni chepotrebbe rivelare, come già dimostrato in popolazioni bavaresi, la presenza di taxadifferenti.

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BIOLOGIA DELLA ROVELLA, DEL CAVEDANO E DEL BARBO NEI BACINIDEL PARCO NAZIONALE DEL CILENTO E VALLO DI DIANO (CYPRINIDAE)

Emanuela Santoro, Vincenzo Frezza, Pier Giorgio Bianco

Dipartimento di Zoologia, Via Mezzocannone 8, Napoli.

I bacini del Parco nazionale del Cilento (PNC) presentano una ittiofauna piuttosto limitatae in parte di origini alloctona. Le specie più frequenti nei tratti medi e terminali dei baciniprincipali del PNC, sono, in ordine di abbondanza, il cavedano (Leuciscus cephalus), ilbarbo (Barbus tyberinus) e la rovella (Rutilus rubilio). Di queste tre specie sono stati fatticampionamenti mensili in molte stazioni del PNC. I risultati hanno permesso di definirediversi parametri biologici: variazione stagionale dell’indice gonadosomatico; rapportosessi; longevità; accrescimento. Nelle tre specie le femmine presentano riproduzionemultipla (multispawner). I periodi riproduttivi appaiono simili nei vari bacini del PNC,ma appaiono anticipati rispetto alle popolazioni dell’Italia settentrionale e centrale. Ilrapporto sessi sembra mantenersi uguale per la rovella e il cavedano mentre apparespostato verso i maschi nel barbo. La longevità complessiva si mantiene intorno ai 4-5anni nella rovella, ai 6-7 anni nel barbo e nel cavedano. Tuttavia i maschi sia dei cavedaniche dei barbi sono meno longevi. L’età di prima riproduzione nei maschi è di 2+ nelle trespecie, ma con casi di maturità a 1+ specialmente nelle rovelle. Le femmine maturanogeneralmente con un anno di ritardo. Il periodo riproduttivo nelle tre specie va da FineFebbraio-Marzo a Giugno inizio-Luglio. Non è stata osservata riproduzione autunnalenelle tre specie. Nel confronto di popolazioni dell’Italia centrale e settentrionale, barbi ecavedani del PNC maturano precocemente, sono meno longevi e raggiungono dimensionimassime inferiori. Si tratta quindi di popolazioni di media crescita tipici dei fiumi di mediee ridotte dimensioni.

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Sessione“GESTIONE IDRICA E NATURALISTICA DEI CORSI

D’ACQUA”

ModeratoreDott. Angelo Mojetta

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LA FORMAZIONE E L’AGGIORNAMENTO PER LA PROGETTAZIONE DIPASSAGGI PER PESCI, I SEMINARI DI MODENA (1984-2002)

Mauro Ferri

Provincia di Modena. [email protected]

Risale al 1984 il primo convegno realizzato dalla Provincia di Modena per verificare lostato di avanzamento degli indirizzi progettuali di passaggi per pesci applicati in Germania,Regno unito e Francia. L’iniziativa venne ripetuta tal quale anche nel 1985 (Milano) per laRegione Lombardia e da quell’anno fu possibile realizzare e far circolare anche gli atti delconvegno del 1984, completati dalla stampa anastatica di due aggiornatissimi manualettiriprodotti su licenza: il manualetto di M. Larinier (1983) sulle tipologie e modalità direalizzazione delle opere e quello di M. Beach (1984) completo di una sempreverdesezione sulla fisiologia muscolare dei pesci. Questo volume è stato abbondantementedistribuito ma solo a seguito di richieste specifiche fatte da progettisti pubblici o privati,imprese, enti e ricercatori e si deve dar atto che ha reso un ottimo servizio nell’arco diquasi un ventennio, prima di esaurirne le scorte cartacee. La quantità di richieste didocumenti tecnici, di supporti e di consigli dopo le iniziative del 1984-85 fu tale che benpresto fu necessario dedicarsi a veri e propri corsi di progettazione della durata di 5 giorni,messi a punto per la realtà italiana e ben presto al primo stage di Modena (1986) ne seguìuno realizzato in Francia nel 1987. Mentre continuava il supporto a professionisti aziendeenergetiche e ricercatori si rese essenziale organizzare nel 1989 il primo workshop,occasione per discutere sui primissimi ma essenziali progetti realizzati in Italia fin dal1985, grazie ai Seminari modenesi. Dopo la partecipazione al convegno di Aulla (1987)sulla gestione dei corsi d’acqua, gli anni ’90 sono stati caratterizzati da un impegnodestinato soprattutto ai “formatori” di professionisti indirizzati verso la gestione ambientaleed idraulica dei bacini, sostenendone l’approccio multidisciplinare e distribuendo materialedidattico soprattutto nel corso di convegni ed corsi di formazione per le nuoveprofessionalità richieste dalla gestione ambientale dei corsi d’acqua (Orbetello, 1990,Arabba, 1997; vari congressi AIIAD). Continuava inoltre l’interesse per le iniziativecondotte all’estero, segnalando soprattutto la stampa, in Francia, di una ottimamanualistica che nel 1993 aggiornava radicalmente la materia. Invece in Italia, l’esamecritico dello “stato dell’arte” della progettazione e della realizzazione di passaggi per pescicontinuava a far registrare una situazione di carenza e di disorganizzazione col rischio dilasciar sviluppare linee progettuali non adatte alla sempre più critica situazione delle specieittiche migratrici italiane. Infatti la oggettiva carenza di studi di bacino e di indirizzi circale priorità da tutelare continuavano a favorire l’idea “erronea” che i passaggi per pescipotessero essere appannaggio della gestione dei salmonidi ed addirittura qua e là si facevalargo l’idea che le interruzioni di continuità fossero un chissà quale benefico baluardocontro la diffusione delle specie ittiche alloctone. I tempi erano quindi maturi per un’altrainiziativa seminariale a Modena, prevista col tradizionale partner francese (CSP-CEMAGREF) per presentare in anteprima assoluta l’imminente uscita di unaggiornatissimo manuale di progettazione. Pertanto il seminario del 25 gennaio 2002 èstata l’occasione per assicurare un ulteriore servizio di aggiornamento professionale,assegnando ai convenuti il coupon per ordinare l’imminente manuale francese, un CD conla versione scannerizzata dell’ormai esaurito ma sempreverde manuale del 1984 ed unsecondo CD sul deflusso minimo vitale riprodotto su licenza. Iniziative ulteriori sonoinfine allo studio, con la collaborazione di AIIAD, CIRF, FAO e Regione, aggiornando lospecifico sito web www.passaggiperpesci.it cogestito col DIAF col quale continua unapromettente collaborazione di ricerca e sviluppo.

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PREFERENZE AMBIENTALI DELLE SPECIE ITTICHE: SPERIMENTAZIONEDI UNA METODICA PER LA TRASFERIBILITÀ DEI DATI

Gaetano Gentili*, Stefano Maran**, Rossana Bosi*

* GRAIA Srl – Gestione Ricerca Ambientale Ittica Acque** CESI SpA – Centro Elettrotecnico Sperimentale Italiano Giacinto Motta.

Le specie ittiche delle acque correnti hanno preferenze ambientali fra loro moltodiversificate, tali da collocarsi lungo l’asta fluviale secondo la classica zonazione ittica(Huet, 1954), ma anche all’interno della stessa specie i vari stadi vitali mostrano ungradimento per habitat con caratteristiche molto diverse.La conoscenza di tali preferenze risulta fondamentale sia nella valutazione degli effettiambientali di diversioni o ritenute a scopo idroelettrico, che nella pianificazione diinterventi di recupero o miglioramento dell’habitat fluviale.Alcuni autori (Thomas&Bovee, 1993; Heggens, 1990) indicano che tali preferenze sonosito-specifiche, cui consegue l’impossibilità di utilizzare informazioni bibliograficheriferite ad altri bacini, soprattutto se molto lontani da quelli indagati. La determinazionesperimentale delle preferenze è però spesso complessa, onerosa e, almeno in Italia, nonusuale, infatti sono pochi gli studi prodotti sino ad oggi sull’argomento. La procedurasperimentale prevede una raccolta di dati relativi alla localizzazione nel fiume (utilizzo dimicrohabitat) di un congruo campione di individui delle diverse classi di età di una speciee quindi di comparare tali dati con le diverse disponibilità offerte dall’habitat indagato;l’elaborazione di questi dati consente di determinare le così dette curve di preferenza.In relazione all’impegno richiesto per la determinazione sperimentale di tali curve è stataapplicata, per la prima volta in Italia, una procedura empirica di trasferibilità delle curve dipreferenza disponibili in letteratura a bacini non studiati (Thomas&Bovee., 1993); si trattadi validare, con un contenuto sforzo di campo ed elaborativo, i dati già disponibili inbibliografia prima del loro utilizzo su un altro bacino, coniugando l’approccio sperimentalecon la semplificazione operativa propria del metodo.Tale approccio è stato sperimentato su una specie ittica di grande interesse naturalisticoquale la trota marmorata, endemica del bacino del Po, delle quale sono disponibili le curvedi preferenza (Gentili et al, 2001) definite sul Fiume Sesia. Gli ambienti selezionati persperimentare le procedure di trasferibilità sono stati: il Fiume Toce (VB), il Fiume Stura diDemonte (CN) e il Fiume Adige (TN), nei tratti vocazionali alla trota marmorata.Gli obiettivi specifici dell’attività sono stati:♦ la verifica delle procedure di campo, anche in termini di sforzo necessario;♦ la valutazione delle metodiche elaborative a fini della trasferibilità delle curve;♦ la proposta di un metodo di eventuale modifica delle curve nel caso in cui non siano

direttamente trasferibili.I risultati ottenuti confermano l’affidabilità di questo approccio sperimentale semplificato,anche se l’elaborazione dei dati raccolti può fornire risultati talvolta di difficileinterpretazione, poiché il numero ridotto di dati trattati può esaltare il peso dei “casianomali” e condizionare così i risultati ottenuti.Per quanto riguarda l’adattamento delle curve “non trasferibili”, si propone una procedurache consente di modificare, in toto o in parte, le curve da trasferire ai fini di un lorocorretto utilizzo.Nel complesso quindi si è trattato di un’esperienza positiva della prima applicazioneitaliana dei test di trasferibilità delle curve di preferenza; procedura semplificata perverificare l’applicabilità delle curve di preferenza delle specie ittiche nelle procedure disimulazione dell’habitat.

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PASSAGGI PER PESCI: RISULTATI SULL’ATTIVITA’SVOLTA NEL BIENNIOMAGGIO 2000 – MAGGIO 2002

Enrico Pini Prato

Dipartimento di Ingegneria Agraria e ForestaleVia S.Bonaventura 13, 50145 Firenze

Il D.I.A.F. (Dipartimento di Ingegneria Agraria e Forestale) si sta occupando in materia diprogettazione di passaggi per pesci dal Maggio dell’anno 2000, grazie ad una strettacooperazione col dr. Mauro Ferri (Provincia di Modena, Servizio Fauna).A due anni didistanza dall’inizio della ricerca è possibile presentare una prima relazione sulle attivitàsvolte, i problemi riscontrati, i risultati ottenuti ed i prossimi obiettivi.Il DIAF si è occupato sia di pura progettazione, sia di una serie di attività connesse ad unatematica ancora da scoprire e che in Italia stenta ad affermarsi: per questo motivo si sonosvolte numerose azioni in più campi. Una prima importante azione è stata svolta in materiadi informazione e sensibilizzazione, realizzando un progetto di fattibilità dai contenutiprevalentemente divulgativi, prodotto poi dall’Ufficio Pesca della Provincia di Firenze; sisono anche prodotte pubblicazioni di carattere promozionale come articoli su giornali edovviamente utilizzando Internet come veicolo di informazione, realizzando un sitonominato www.passaggiperpesci.it . Una seconda azione, essenziale per una strutturaaccademica quale è il DIAF, è stata la formazione: si sono instaurati importanti rapporti dilavoro e contatti con i maggiori esperti al mondo in materia, creando una rete di scambioche permette l’aggiornamento e contemporaneamente la verifica dei propri studi. Inoltre lavisita a paesi esteri ha permesso di osservare da vicino la realtà appresa dai manuali everificarne gli effettivi problemi. Una successiva azione è stata quindi la progettazione dialcuni passaggi per pesci: questo ha comportato una serie di scelte, tra cui l’individuazionedi luoghi idonei, la valutazione del riscontro al pubblico ed anche l’opportunità finanziariadi realizzare certe opere. Connessa a questa azione è stata quella di individuare un “iter diattuazione” che interessasse le pubbliche amministrazioni, altri istituti di ricerca,associazioni di pescatori, enti in grado di finanziare le opere, ed infine l’adeguatalegislazione a sostegno di tutto ciò.Gli studi si sono concretizzati con la realizzazione di due passaggi per pesci, mentre altridue sono attualmente in fase di elaborazione tecnica. Le due opere sono state appenaterminate e come fase consequenziale, ovvia e necessaria, si stanno iniziando i collauditramite monitoraggio della fauna ittica in rimonta. Allo scopo abbiamo costituito unacollaborazione con la dr.ssa A. Nocita (Ittiologa presso museo “La Specola”, Firenze) cheprovvederà a controlli continui e catture per fornire dei dati significativi sulle migrazionidella fauna ittica; tali informazioni saranno preziose per l’ottimizzazione delfunzionamento delle opere realizzate. Attualmente gli obiettivi del DIAF previsti per ilprossimo anno (Primavera 2003) sono i seguenti:1) ottenere un rilevante numero di dati dai monitoraggi estivi ed invernali.2) realizzare nuove opere (almeno le 2 attualmente in fase di progettazione) al fine dipossedere un panorama sufficientemente vasto per ottimizzare la sperimentazione.

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VARIAZIONE DELLE POPOLAZIONI ITTICHE DEL FIUME MIS A SEGUITODELL’ATTUAZIONE DEI RILASCI DEL D.M.V.

Marco Zanetti, Paolo Turin, Maria Fabiana Bilò, *Barbara Grava Vanin

Bioprogramm s.c.r.l. - Via Jappelli 9 - 35100 PADOVA* Provincia di Belluno – Servizio Pesca – Via. S. Andrea 5 – 32100 Belluno

L’attuazione dei rilasci di adeguati deflussi idrici a valle delle opere di captazioneidroelettrica è uno degli aspetti fondamentali nell’ambito della tutela e riqualificazioneittiofaunistica degli ambiti fluviali.A seguito di una decisa presa di posizione da parte della Provincia di Belluno a difesa delleproprie acque è stata ottenuta, a partire dal 1997, l’attuazione di una serie di rilasci diD.M.V. a valle di alcune fra le principali opere di captazione esistenti nel territorioprovinciale.Contestualmente all’avvio rilasci. è stato avviato un piano di monitoraggio ambientale edittico che mira a valutare, sulla base di criteri scientifici ed oggettivi, le variazioni nellastruttura delle comunità ittica e dello stato di salute ecologica del corpo idrico.Il fiume Mis è uno dei corpi idrici individuati per tale sperimentazione ed i risultaticonseguiti confermano la grande importanza dell’attuazione di questo tipo di misure ditutela ambientale.Dal confronto con i dati antecedenti ai rilasci emerge infatti come lo stato delle popolazioniittiche sia migliorato nettamente in termini quantitativi, in particolare in termini dibiomassa, passando da un valore, come salmonidi totali, da 3.49 gr/m2 nel 1997 a valoridecisamente superiori e variabili, nel corso degli anni 1998-2002, fra un minimo di 13,19gr/m2 ed un massimo di 45,82 gr/m².Si deve peraltro segnalare come anche la struttura della comunità salmonicola siasignificativamente variata in questi anni di sperimentazione e come sia ora supportata dallamaggiore presenza della specie più pregiata e vocazionale ovvero la marmorata Salmo(trutta) marmoratus.Buono rispetto al periodo anteriore ai rilasci anche il dato relativo alla regolare presenzanell’area di sperimentazione del temolo Thymallus thymallus che sembra ora in grado diricostituire buone popolazioni, sfruttando peraltro appieno anche la valenza di questa zonacome importante area di frega.

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Sessione“LA PROBLEMATICA DELLE SPECIE ALLOCTONE”

ModeratoreDott. Enrico MarconatoAquaprogram Vicenza

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I PESCI DEI PARCHI NAZIONALI E DI AREE PROTETTE DELL’ITALIACENTRALE E MERIDIONALE

Pier Giorgio Bianco* & Valerio Ketmaier**

*Dipartimento di Zoologia, Via Mezzocannone 8, Napoli.** Dipartimento di Biologia Animale e dell’uomo, Viale dell’Università 32, Roma

Negli ultimi anni, per conto di diversi enti, sono state effettuate numerose ricerche acarattere ittiologico nei bacini idrografici dei parchi nazionali dell’Italia centrale e centro-meridionale (Monti Sibillini, Gran Sasso e Monti della Laga, Maiella, Cilento e Vallo diDiano) e zone limitrofe e di diverse aree naturalistiche soprattutto in provincia di Siena eGrosseto. Viene quindi fatto il punto sulla situazione ittiologica e sullo stato diconservazione delle specie distinguendo le autoctone dalle transfaunate e dalle esotiche.Mediante tecniche genetiche, sono state anche analizzate una ventina di popolazioni ditrota per determinarne le origini mediterranee o atlantiche. Le estese introduzione di trote,in gran parte del ceppo atlantico, hanno determinato un esteso fenomeno di introgressionetra i due ceppi. Sono state comunque individuate delle popolazioni native o rinaturalizzatedi puro ceppo Mediterraneo. Tra i ciprinidi, nel tratto medio dei bacini, dominano ilcavedano, il barbo appenninico e la rovella. Quest’ultima tende però localmente ascomparire probabilmente a causa della competizione con gli alloctoni. Il vairone silocalizza nel tratto pedemontano o collinare dei fiumi e forma comunità generalmente benstrutturate. Il cavedano di ruscello risulta invece in netto calo in provincia di Siena eGrosseto a cause della competizione soprattutto con la lasca. Il confine meridionale didiverse specie si localizza proprio nei parchi e nelle zone limitrofe: Parco dei Sibillini, perlo scazzone e il vairone; Parco della Maiella e Parco Nazionale del Cilento per lalampreda di ruscello. Nel bacino del Sele (Parco del Sele), trovavano confine naturalenell’ambito del distretto tosco-laziale, il barbo appenninico, la rovella e l’alborellameridionale. Tuttavia questi confini sono stati alterati e diverse specie di ciprinidi oraprosperano in acque pubbliche a sud di questo fiume (barbi, rovelle, alborelle meridionali,cavedani, gobioni, cobitidi, tra le transfaunate e carpe, tinche, persici sole, pesci gatto ealtre per le esotiche).Tra le emergenze faunistiche possiamo citare la lampreda di ruscello,ormai scomparsa da diversi biotopi dell’Italia centrale e che ora sembra esistere in pochisiti: bacini dell’alto Aniene; zone limitrofe dei Parchi del Gran Sasso e Maiella. Appareancora con una certa frequenza nel parco del Cilento, nei fiumi Calore, Mingardo eBussento. Nell’alto corso del Sele la lampreda di ruscello sembra ancora essere moltofrequente. In definitiva, nelle are in studio la fauna ittica a ciprinidi sembra ancoraabbastanza ben conservata soprattutto nei parchi della Maiella e del Cilento dove non sonostate effettuate semine intensive di pesce bianco. La situazione è invece diversa negli altriparchi e in Provincia di Grosseto e Siena dove specie esotiche di origine danubiane sonostate recentemente segnalate a discapito delle autoctone. Ultimo rinvenimento è statoquello della lasca franco-iberica, Chondrostoma toxostoma (erroneamente confuso con lasavetta) che attualmente sembra convivere con altre specie danubiane in qualche localitàdell’Italia centrale.

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STUDIO DEGLI ACCRESCIMENTI E DELLA DINAMICA DI DUEPOPOLAZIONI PADANE DI LUCIOPERCA (STIZOSTEDION LUCIOPERCA)

Federico Ielli*, PierPaolo Gibertoni**

* Ittiologo consulente della Provincia di Reggio Emilia. Ufficio Pesca, Via Gorizia 49,42100 - Reggio Emilia

** Veterinario Via Statale 63 – 42037 Collagna (RE)

Nel corso dell’anno 2000 sono proseguiti gli studi (attualmente in fase di ulterioreaggiornamento), iniziati nel 1999 per interessamento del Comitato Interassociativo per laGestione dei Servizi Pesca di Reggio Emilia, sulla biologia di due popolazioni padane dilucioperca (Stizostedion lucioperca). In particolare sono stati analizzati nei due ambienticampione (Canale di Reggio e Canale Colatore Irriguo Principale) gli accrescimenti e ladinamica delle due popolazioni di lucioperca. Inoltre, come era già avvenuto inprecedenza, contemporaneamente alle catture di lucioperca si è proceduto ad effettuare uncensimento semi-quantitativo sulla fauna ittica presente nei due canali di bonifica.Mediante metodo scalimetrico (lettura delle scaglie) sono stati analizzati 119 luciopercaper determinarne l’età e retrocalcolarne gli accrescimenti. Si è osservato che i luciopercapadani, a parità di età, crescono di meno -sia in lunghezza totale che in peso corporeo-rispetto a quelli del Bacino del Fiume Tevere, probabilmente a causa delle termie menofavorevoli. Gli accrescimenti sono invece risultati assai simili a quelli rilevati in alcunepopolazioni baltiche di questa specie. Non si sono inoltre evidenziate differenzesignificative negli accrescimenti delle due popolazioni nei due ambienti esaminati. Infinele due popolazioni non risultano strutturate, essendo mancanti la prima classe d’età (0+) equelle superiori alla quarta (3+). E’ ipotizzabile che nel secondo caso il deficit sia dovutoad un prelievo selettivo delle taglie superiori, dato che la specie è assai apprezzata siaalieuticamente che gastronomicamente.Per quanto riguarda i censimenti ittiofaunistici si deve purtroppo constatare che, accanto aduna contrazione generale nel numero e nelle dimensioni degli individui (soprattutto diquelli appartenenti alle specie autoctone), determinata da un graduale peggioramento dellecondizioni ecologiche dei canali adibiti ad uso irriguo, vi è un ulteriore tendenzaall’incremento delle specie alloctone, con valori prossimi al 60 % del totale.Numericamente prevalgono specie invasive come la pseudorasbora (Pseudorasboraparva), il carassio dorato (Carassius auratus) e la carpa (Cyprinus carpio), mentre comebiomasse sono le ultime due specie, insieme al siluro (Silurus glanis), a prevalere. Siraccomandano rigorosi controlli sul materiale ittico utilizzato per i ripopolamenti ondeevitare ulteriori indesiderate introduzioni di specie esotiche e, soprattutto, adeguate misuredi salvaguardia dell’ambiente, ovviando ad alcune situazioni limite per il regolareespletamento delle funzioni vitali delle specie ittiche più sensibili (asciutte invernali dasvaso, anossia dei fondali per scarso ricambio idrico, opere di diserbo meccanico, ecc.).

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CARATTERIZZAZIONE BIOLOGICA DI Gambusia holbrooki Girard,

IN LAGO TRASIMENO

Gandolfi G.L., Belletti E., Alessio G.

Dipart. di Biol. Evol. e Funz., Sez. Biologia Animale, Università, 43100 Parma.

Nel contesto di più vasti studi riguardanti Gambusia holbrooki Girard, effettuati indifferenti ecosistemi italiani, sono stati effettuati, per campionamento, successivirilevamenti stagionali (anni 2000-2001) in Lago Trasimeno.A seguito di analisi di laboratorio ed elaborazione statistica dei dati acquisiti è statopossibile evidenziare, per i seguenti settori:a) Variazioni di tagliaLe dimensioni, in LT (ed altresì LS), del pecilide in Trasimeno risultano elevate e/omassime durante il periodo tardo primaverile-estivo. Decrescono invece al terminedell’estate ed all’inizio dell’autunno, e risultano a valori minimi in periodo invernale.La sopraddetta situazione potrebbe essere riferibile a circostanze e/o esigenze locali econtingenti; la specie sembra infatti svernare con individui di taglia e peso ridotti, quindigiovani, e pertanto più resistenti alle avverse condizioni ambientali (termiche e trofiche)invernali (= strategia di affermazione ed insediamento).b) Fattore di condizione (con gonadi) e K’ (senza peso gonadico)Le variazioni del fattore di condizione (=indice di corposità, indicatore di stato dibenessere) evidenziano, nel corso dell’anno, fluttuazioni abbastanza contenute, riflettentisia l’attività trofica del momento (=pabulum disponibile), sia l’impegno riproduttivostagionale.c) Profilo riproduttivoIn relazione all’andamento del G.S.I., l’attività riproduttiva, quiescente da settembre afebbraio, principia già a marzo, con valori culminanti in maggio e successiva prosecuzione,progressivamente decrescente, fino ad agosto. Il rapporto sessi (FF/MM) risulta sempre afavore delle femmine, soprattutto dopo il termine della stagione invernale. La potenzialitàdi reclutamento (=n° di embrioni prodotti), come atteso, risulta esponenzialmenteproporzionale alla LT delle femmine fertili e partorienti. Durante il periodo di attivitàriproduttiva (primavera-estate) a seguito di esame per laparotomia dell’apparatoriproduttore, si reperta con massima frequenza il II stadio embrionale.d) Attività troficaDopo un rallentamento invernale, l’attività trofica (vd. indice di ingestione) riprendeprecocemente già in febbraio a seguito di condizioni termiche e disponibilità alimentarifavorevoli delle acque. Durante la piena estate, invece, è possibile osservare un decrementodell’attività stessa, verosimilmente ascrivibile a carenze trofiche, indotte da temperatureelevate e da condizioni ecologiche particolari. Nel lago Trasimeno l’interesse trofico diGambusia si incentra prevalentemente su Crostacei (soprattutto Cladoceri esecondariamente Copepodi) ed, altresì, su insetti (con preponderanza di Ditteri e, diseguito, di Eterotteri e Tricotteri). Il profilo biologico di Gambusia in lago Trasimenoviene discusso ed evidenziato in relazione a dati acquisiti in altri ambienti diversicolonizzati dal pecilide.

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ELEMENTI DI ECOLOGIA DELLA PSEUDORASBORA PARVA(SCHLEGEL, 1842)

Marco A. Riva*, Cesare M. Puzzi**, Stefania Trasforini**

*Naturalista, Via Repubblica 5, 26010 Sergnano (CR)**G.R.A.I.A. Srl, Via Repubblica 2, 21020 Varano Borghi (VA) – [email protected]

Questo lavoro è stato svolto nell’ambito dell’aggiornamento della carta delle vocazioniittiche della provincia di Mantova, che prevedeva il censimento della comunità ittica in 35stazioni di campionamento mediante elettropesca. In tale contesto, in funzione dei possibiliobiettivi di gestione, è stata approfondita la conoscenza inerente la specie esoticaPseudorasbora parva, la cui popolazione spicca per abbondanza e diffusione.Oltre ad alcuni elementi di ecologia, con questo lavoro si è cercato di valutare eventualiinterazioni negative con specie ittiche autoctone, analizzando alcuni aspetti relativi adun’eventuale competizione interspecifica: l’alimentazione, la capacità riproduttiva(fecondità relativa), l’accrescimento e gli ambienti di vita. In particolare l’alborella è unaspecie che è stata rinvenuta spesso nelle stesse stazioni di campionamento dellapseudorasbora, con popolazioni in regressione rispetto al passato.La pseudorasbora può essere considerata un onnivoro opportunista poiché, negli intestinianalizzati, è stato rinvenuto sia materiale vegetale (periphyton, semi e frammenti dimacrofite), sia macrobenton (chironomidi, efemerotteri, tricotteri, simulidi etc.) siazooplancton (cladoceri e copepodi). La sua alimentazione sembra sia determinata dallarisorsa più abbondante nell’ambiente in cui vive, e il gran numero di larve di chironomidirinvenuto è probabilmente attribuibile alla grande disponibilità di questi invertebrati negliambienti in cui è stata rilevata la pseudorasbora. La tipologia delle prede indica che ilforaggiamento avviene prevalentemente sul fondo ed è stato osservato in acquario che lapseudorasbora per cibarsi si mette in posizione quasi verticale e “sbocconcella” il cibo conpiccoli e rapidi bocconi.L’alimentazione della pseudorasbora subisce un cambiamento qualitativo al variare delledimensioni; gli individui più piccoli, della classe di lunghezza Ω 46 mm, si nutronoesclusivamente di 4 categorie alimentari: periphyton, larve di chironomidi, efemerotteri esemi. Gli esemplari più grandi, usufruiscono di una vasta gamma di alimenti e la loro dietaè più varia, comprendendo anche prede più grandi, come i tricotteri..L’età di tre anni, indicata spesso in letteratura come età massima, è frequentementesuperata; infatti si sono rinvenuti esemplari d’età 4+ con una certa frequenza. Nonmancano anche esemplari più vecchi, d’età 5+. Il motivo della longevità maggiorepotrebbe essere la situazione climatica favorevole che, nella Pianura Padana, determinacondizioni ambientali meno rigide dell’areale di origine.La diffusione e l’abbondanza della pseudorasbora sono emerse chiaramente daicampionamenti effettuati; dove questa specie è presente, molto spesso è anche abbondantee costituisce buona parte della biomassa. E’ una specie favorita anche dalla feconditàrelativa molto elevata, valutata con l’analisi degli ovari. La maturità sessuale dellefemmine avviene normalmente all’età di 2 anni, ma sono stati anche esaminati ovari maturidi alcuni esemplari di lunghezza totale pari a 42 mm, riconducibili alla prima classe di età.Se si valuta l’accrescimento ponderale tramite la curva della relazione lunghezza-pesodelle femmine e dei maschi si nota come per questi ultimi l’accrescimento sia maggioreche nelle femmine. Probabilmente lo sforzo riproduttivo profuso dalle femmine perprodurre un elevato numero di uova va a discapito dell’accrescimento ponderale.

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ALIMENTAZIONE ED ACCRESCIMENTO DI SILURUS GLANIS (LINNEO,1758) NELLE ACQUE DELLA PROVINCIA DI MANTOVA

Marco A. Riva*, Cesare M. Puzzi**, Stefania Trasforini**

*Naturalista, Via Repubblica 5, 26010 Sergnano (CR)**G.R.A.I.A. Srl, Via Repubblica 2, 21020 Varano Borghi (VA) – [email protected]

Questo lavoro è stato svolto nell’ambito dell’aggiornamento della carta delle vocazionittiche della provincia di Mantova, che prevedeva il censimento della comunità ittica in 35stazioni di campionamento mediante elettropesca. In tale contesto in funzione dei possibiliobiettivi di gestione, è stata approfondita la conoscenza della specie esotica Silurus glanis.Il siluro può essere considerato tra i maggiori predatori delle acque dolci europee, è unonnivoro opportunista che non ha una dieta specializzata. Nello studio effettuato si sonorinvenute 10 specie ittiche predate, senza particolare abbondanza di alcune rispetto allealtre; la maggiore quantità di alcune categorie alimentari come l’alborella o gli asellidi èdovuta all’abbondanza con cui li si rinviene in queste acque. Anche le dimensioni delleprede sembra non siano stabilite dalle dimensioni del predatore: ad esempio si sono trovategrandi quantità di piccoli pesci (125 alborelle) in siluri anche di una certa taglia (80 cm) eduna sola grande preda (tinca del peso di 200 g) in siluri relativamente piccoli (83 cm).Sul totale degli stomaci analizzati la dominanza dei pesci è del 47 %. Oltre ai pesci,un’altra categoria importante del regime alimentare del siluro è rappresentata daimacroinvertebrati acquatici, con prevalenza di crostacei; mentre il materiale vegetale o dialtra natura è presente, ma quasi mai dominante.Dall’analisi della frequenza di dominanza e di comparsa delle categorie alimentari, si notacome la dieta vari all’aumentare delle dimensioni. In relazione alle taglie molto diverse delcampione di siluri, ed in particolare all’abbondanza dei soggetti più giovani, si è deciso disuddividere i campioni in due categorie per classi di lunghezza. E’ stato scelto il limite di50 cm perché questa misura rappresenta un passaggio significativo dall’alimentazionegiovanile prevalentemente macrobentonica e quella adulta essenzialmente ittiofaga.Nello studio dell’alimentazione del siluro, si è osservato poi che la taglia di 65-70 cm puòrappresentare il limite oltre il quale l’alimentazione diviene esclusivamente ittiofaga.L’accrescimento del siluro nelle acque della provincia di Mantova è elevato e superaampiamente quello di altre località europee. Questo lavoro concorda invece con unprecedente studio effettuato sulla popolazione di siluri del Fiume Po (Rossi et al., 1992).L’equazione che descrive la curva della relazione lunghezza-peso può essere spezzata indue parti. Per i siluri di lunghezza inferiore a 70 cm l’accrescimento risulta più lento,mentre se si considerano gli individui più grandi il loro accrescimento è molto più rapido,indicando una differenza di accrescimento per taglia.La curva della relazione lunghezza-peso elaborata per tutti i soggetti analizzati descriveadeguatamente l’accrescimento ponderale degli esemplari di lunghezza totale inferiore a 70cm (il 90% dei dati), mentre si discosta nettamente dai dati relativi agli individui di tagliasuperiore (il 10% dei dati). Ciò conferma che le due classi di lunghezza hanno differentivelocità di accrescimento e che tale diversa velocità sia dovuta ad un cambiamento nelladieta; distinguendo le categorie alimentari in due tipologie contrapposte: pesci e “altro” (inprevalenza macroinvertebrati) si osserva in effetti una diversa preferenza alimentare tra ledue classi di lunghezza. Si è calcolato il coefficiente di condizione relativo per i due gruppie si sono determinate le due curve di accrescimento ponderale. All’accrescimento piùrapido dei pesci di taglia maggiore di 70 cm corrisponde un coefficiente di condizione piùelevato ed una dieta essenzialmente ittiofaga, mentre ad un accrescimento meno elevatodei pesci di taglia inferiore corrisponde un coefficiente di condizione meno che isometricoed una dieta non prevalentemente ittiofaga.

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Sessione“ACQUACOLTURA ED ITTIOPATOLOGIA”

ModeratoreProf. Piero Franzoi

Università degli Studi di Venezia

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METAZOI PARASSITI DI ABRAMIS BRAMA DEL LAGO MONDSEE(AUSTRIA), INDAGINE ISTOPATOLOGICA, IMMUNOISTOCHIMICA ED

ULTRASTRUTTURALE

B. S. Dezfuli 1, L. Giari 1, E. Simoni 1, R. Konecny 2, M. Manera 3

1 Dipartimento di Biologia, Università di Ferrara2Univesità di Vienna, Austria,

3Dip. Strutture, Funzioni, Patologie Animali e Biotecnologie, Università di Teramo

Tra le varie specie ittiche presenti nel lago Mondsee situato nei pressi di Salisburgo(Austria), Abramis brama è la più abbondante e su di essa pertanto si è incentrato il nostrostudio. Alcuni esemplari erano infestati da metazoi e per questo è stato possibile valutaresia i danni causati dai parassiti sui vari tessuti, sia la risposta cellulare dell'ospite a talifattori di stress. Per documentare quest'ultimo punto è stata stimata anche la presenza diparticolari cellule, chiamate Rodelt Cells (RCs). Conosciute dal 1892 sono da sempreconsiderate cellule enigmatiche in quanto esistono pareri contraddittori sulla loro natura efunzione, anche se la maggioranza degli esperti ritiene che la loro origine sia endogena eche siano implicate nei meccanismi reattivo-difensivi del pesce.Nell'agosto del 2001 sono stati catturati 14 esemplari di A. brama, di cui 7 (50%) eranoparassitati a livello branchiale dal copepode Ergasilus sieboldi (ectoparassita) conun'intensità d'infestazione che variava da 1 a 23 crostacei per ospite, mentre 3 (21%) eranoinfestati nell'intestino dal cestode Caryophyllaeus laticeps, con un range da 1 a 5 parassitiper pesce.Sui vari tessuti prelevati, in particolare l'intestino e le branchie, sono state svolte indaginiistopatologiche ed immunoistochimiche attraverso osservazioni al microscopio ottico edelettronico, con particolare riguardo alla documentazione della presenza delle RCs.Per quanto riguarda l'istopatologia, i danni osservati a livello del tessuto delle branchieparassitate da E. sieboldi erano causati sia dall'azione dell'apparato boccale del crostaceo,sia dalle modalità di aggancio del parassita alla lamella branchiale. L'erosione dell'epiteliocausava esposizione ed emorragie dei vasi sanguigni, inoltre, l’azione esercitata dalparassita sul margine laterale delle branchie induceva atrofia della lamella secondaria. Larisposta dell’ospite alla presenza del parassita consisteva in una proliferazione delle cellulegranulari eosinofiliche, delle RCs e delle cellule mucose; quest’ultime sono risultatepositive alla reazione immunoistochimica con l’anticorpo anti NOS (nitric oxidesyntheses). L’aumento del numero di queste cellule è stato documentato a livello dellelamelle primarie e secondarie, principalmente in prossimità del sito di attacco del parassita.Per quanto riguarda il cestode C. laticeps, esso penetrava tra i villi intestinali sino al trattosottomucoso distruggendo l’epitelio intestinale. Nel sito di ancoraggio del parassita sonostate osservate molte RCs nonché altri tipi di cellule infiammatorie.Possiamo quindi concludere che la presenza di E. sieboldi e di C. laticeps induconoun’intensa risposta cellulare nell’ospite; il crostaceo ectoparassita inoltre, ha effetti sullafisiologia delle branchie di A. brama, riducendone la funzionalità con conseguentealterazione dei processi di osmoregolazione, respirazione ed escrezione.

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OSSERVAZIONI ISTOLOGICHE ED ULTRASTRUTTURALI IN CAVEDANITRATTATI CON UN ERBICIDA

B. S. Dezfuli1, E. Simoni1, L. Giari1, C. Alessandri1, E. Carta1, D. Palazzi2, M.Manera3

1 Dipartimento di Biologia dell'Università di Ferrara2 A.R.P.A. (Agenzia Regionale per la Prevenzione e l'Ambiente) sezione di Ferrara

3 Dip. Strutture, Funzioni, Patologie Animali e Biotecnologie dell’Università di Teramo

Le risaie in tutto il mondo vengono trattate per il controllo delle infestanti con l'erbicidaPropanil (3' - 4' dichloropropionanilide); anche nel territorio ferrarese viene utilizzatoquesto prodotto che finisce pertanto nelle acque dei canali limitrofi. Alla luce di ciò, si èritenuto interessante condurre alcune prove in laboratorio per documentare gli effetti alivello cellulare dell'esposizione al Propanil in Leuciscus cephalus L., con particolareattenzione alle Rodlet Cells (RCs) e al loro possibile utilizzo come bioindicatori. L'originee la funzione di tali cellule esclusive dei pesci sono tuttora oggetto di discussione ma il lorocoinvolgimento nella risposta a fattori di stress, quali l'inquinamento, è stato già riportatoin letteratura.Trentasei cavedani di allevamento, di lunghezza variabile fra 105 e 137 mm e di peso fra 7e 21 g, sono stati stabulati in acquario. Dopo alcuni giorni di ambientamento e digiuno, ipesci sono stati suddivisi in sei gruppi: uno è stato lasciato nell'acquario, uno è statotrasferito in una vaschetta con acqua pulita (bianco) e i restanti quattro sottoposti ciascunoad una diversa concentrazione dell'erbicida (3.16 mg/l; 6.31 mg/l; 12.6 mg/l; 25.1 mg/l).Per ogni gruppo sperimentale e a tre intervalli di tempo dall'inizio dell'esperimento (t0h,t24h, t48h), sono stati sacrificati due cavedani di cui si sono prelevati i principali organi(cuore, branchie, fegato, rene) poi processati, secondo le classiche metodiche di istologia,per lo studio sia al microscopio ottico sia elettronico.Il conteggio delle RCs nei tessuti dei pesci e le relative analisi statistiche, unitamenteall'osservazione al TEM, hanno evidenziato che distribuzione e struttura di queste cellulesono influenzate dalla presenza del Propanil. Il numero delle RCs nel bulbo cardiacodeclina in modo significativo all'aumentare del tempo di esposizione e dellaconcentrazione dell'erbicida, suggerendo per questo organo una funzione di serbatoiomentre nelle branchie, primi organi di contatto, esso aumenta all'aumentare della dose diPropanil. Nei cavedani trattati, inoltre, le rodlet cells presentano anomalie ultrastrutturali(presenza di corpi mielinici, rodlets alterati) e vari segni di degenerazione(vacuolizzazione, dissoluzione dei granuli).Lo svolgimento di questo studio e di successive prove con altri tossici e altre specie itticheha portato il nostro gruppo a considerare le RCs dei pesci interessanti biomarcatori, capacidi rispondere in modo sensibile a fattori di disturbo quali la presenza di sostanze inquinantinell'ambiente acquatico.

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ISTOCHIMICA DEI GLICOCONIUGATI DI SECREZIONE DEL CANALEALIMENTARE DI STORIONI (Acipenser transmontanus): COMPARAZIONE TRA

ANIMALI A CRESCITA NORMALE E “RUNT”

Di Giancamillo A., Bosi G. , Arrighi S., Domeneghini C.

Dipartimento di Scienze e Tecnologie Veterinarie per la Sicurezza AlimentareUniversità degli Studi di Milano

∗Istituto di Anatomia degli Animali Domestici con Istologia ed EmbriologiaUniversità degli Studi di Milano

Lo storione bianco americano (Acipenser transmontanus) è attualmente oggetto diacquacoltura anche in Italia, dal momento che le sue carni ed il caviale risultano esserepregiati ed altamente remunerativi. Negli allevamenti di storione bianco americano puòaccadere improvvisamente che alcuni individui (storioni “runt”) appartenenti a di unmedesimo stock mostrino un irregolare o difficoltoso accesso al cibo, condizione chedetermina una riduzione della crescita rispetto ai soggetti normali. La comparsa deglistorioni “runt” è verosimilmente dovuta a più di una causa, ma sicuramente lo stress è unadelle cause più importanti. I fattori di stress sono in grado di influenzare alcuni quadrimorfo-funzionali dell’apparato digerente, in quanto le superfici di quest’ultimo sonocostantemente esposte, tramite l’ingresso del cibo, alle forze ambientali ed alle lorovariazioni è quindi a questo apparato che abbiamo rivolto la nostra attenzione.Abbiamo condotto osservazioni morfologiche e morfo-funzionali in parallelo sull’apparatodigerente di storioni “runt” e di storioni a crescita normale, in modo da poter ottenere unacomparazione tra le due condizioni. In particolare abbiamo focalizzato la nostra attenzionesui glicoconiugati prodotti dalle cellule mucose dell’apparato digerente in quanto la lorocomposizione può modificarsi in risposta allo stress. All’attuale stato dell’arte sono ancorapoche le conoscenze relative alle secrezioni mucose ed ai loro corrispettivi morfologicinell’apparato digerente di pesci in condizioni normali, o fisio-patologiche. Le reazioniistochimiche impiegate sono la reazione PAS (Periodic Acid-Schiff) ed Alcian blu pH 2,5che individuano rispettivamente i glicoconiugati neutri ed acidi. I risultati istochimicirelativi al canale alimentare hanno evidenziato una notevole differenza di tipo quali-quantitativo tra animali a crescita normale ed animali runt. La mucosa esofagea di questiultimi risulta essere praticamente negativa per quanto riguarda la produzione diglicoconiugati neutri, contrariamente a quanto si osserva nel normale, mentre laproduzione di glicoconiugati acidi risulta essere presente in entrambi. Nello stomaco dianimali normali la produzione di glicoconiugati è prevalentemente neutra, mentre nei“runt” questa appare diminuita e compaiono alcune componenti acide. Infine a livellointestinale la produzione negli animali a crescita normale trova una certa equivalenza diglicoconiugati neutri ed acidi nelle cellule caliciformi, mentre nei “runt” esiste sicuramenteuna netta preponderanza di glicoconiugati acidi in questo tipo cellulare. Questeosservazioni risultano essere indicative di una evidente differenza morfo-funzionale nelcanale alimentare di questi animali: si può supporre che animali con crescita rallentatapresentino una netta preponderanza di produzione acida da parte degli epiteli ghiandolari esecernenti del canale alimentare, condizione compatibile con una certa sofferenza dellamucosa a sua volta confermata da alcuni altri dati morfologici e morfo-funzionali.

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SPERIMENTAZIONI PER LA PRODUZIONE DI GIOVANI LUCCI,Esox lucius L., PER IL RECUPERO DELLA ORIGINARIA POPOLAZIONE

DEL LAGO DI MASSACIUCCOLI (LU)

Ercolini P.*, Alessio G.**, Bianucci P.***, Belletti E.**, Gandolfi G.L.**

* Biologo libero professionista, via di Coli e Spezi 2653/b, Piano del Quercione.55054 Massarosa (LU)

** Dipart. di Biol. Evol. e Funz., Sez. di Biologia Animale, Università, 43100 Parma*** Biologo, via Puccini 352, 55049 Viareggio (LU)

A partire dall’inizio dell’anno 2001 è stata intrapresa una sperimentazione di riproduzionecontrollata e guidata di esemplari autoctoni di luccio, Esox lucius L., in ottica dirisanamento e recupero ambientale del bacino di Massaciuccoli e delle acque che virecapitano.In questa prima fase investigativa la strategia prescelta ha puntato sostanzialmente su duetipi di tecnica di esocicultura: a) riproduzione spontanea in ambiente “naturalizzato”; b)riproduzione artificiale ed incubazione delle uova con metodi collaudati e talora innovativi.In uno stagno di poco meno di 3000 mq di superficie, antecedentemente adibito a risaia esituato a Massaciuccoli (LU), durante il periodo estivo precedente a quello di frega delluccio, sono stati effettuati opportuni lavori di adattamento ed approntamento (solcocentrale di scarico; costituzione del pozzetto terminale di raccolta; lavorazione del fondale;messa in secca e sovescio della vegetazione presente, ecc.). Di seguito è stato possibilefavorire l’impianto e la crescita di un esteso letto di macrofite del genere Chara, confunzioni plurime: di offrire rifugio ai riproduttori; di costituire il substrato di deposizione esviluppo delle uova e di nursery per le prime fasi di crescita dei luccetti; di rappresentare ilcomparto di produzione di abbondante zooplancton endogeno ai fini trofici; di formare unabarriera deterrente e limitante per la predazione da parte di uccelli ittiofagi (vd. cormorani).I riproduttori, catturati con tremagli ed appositi bertovelli nelle acque del territorio, sonostati selezionati sotto il profilo sia sanitario che delle caratteristiche morfologiche tipichedel ceppo locale; in funzione delle disponibilità, la loro introduzione è iniziata già adottobre e si è intensificata nei mesi di dicembre e gennaio. È stato fornito pesce foraggiocome pabulum, costituito da Atherina boyeri (latterino o “crognolo”) proveniente dallevicine acque del lago.Periodici controlli di ossigeno disciolto, temperatura, concentrazione e composizione dellozooplancton sviluppatosi sono stati eseguiti ripetutamente.Le deposizioni spontanee sono state rilevate già all’inizio di febbraio e sono cessate a finemese. Complessivamente non sono risultate molto consistenti ed apprezzabili,verosimilmente per ragioni etologiche ascrivibili ad eccessiva e predominante frequenzanumerica (e dimensionale) delle femmine (20 femmine contro 8 maschi). In aggiunta uneffetto limitante della produzione finale di giovani luccetti sembra imputabile allosviluppo, fra lo zooplancton, di larve e neanidi di vari Insetti ed in particolare di Odonati,che potrebbero aver esercitato una pesante pressione predatoria sia sulle uova in svilupposia sulle prime fasi prelarvali e larvali. A ciò si aggiungano i noti fenomeni di cannibalismotipici dell’esocide.A metà aprile si è proceduto al prosciugamento ed alla cattura dei giovani luccetti, di etàvariabile fra 50-70 gg. e con LT compresa fra mm 39 e mm 91, impiegati per semine nelleacque del comprensorio. La resa, da ritenersi comunque soddisfacente, è stata di 1 giovaneluccetto / 2,32 mq di bacino di crescita, per un recupero totale di 1293 soggetti.

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Parecchi animali (stimabili in circa 800-900 soggetti), tuttavia, a causa di difficoltàgestionali della vasca di allevamento, sono andati perduti o comunque sono rimasti entro lospecchio d’acqua.La riproduzione artificiale è stata invece eseguita su individui, non trattati con prodottiormonali, ma spontaneamente fertili, tutti catturati in periodo di piena frega (febbraio).Metodi ed attrezzature impiegati, salvo opportune modifiche ed adattamenti, sono quellitipici delle moderne tecniche di esocicultura.Per l’incubazione delle uova, in alternativa agli usuali telaini di supporto ed altresì ai vasidi Zougg, sono stati in parallelo sperimentati , con successo, speciali “nidi idrodinamici”appositamente studiati ed allestiti, dotati di griglie di protezione antipredatoria,specialmente ornitica. Il materiale ottenuto, a sacco vitellino in fase di riassorbimento, èstato impiegato a scopi di ripopolamento.Il miglioramento delle tecniche, il perfezionamento delle attrezzature, la possibilità di farcapo ad un indispensabile laboratorio-avannotteria, la disponibilità di bacini di fregacorrettamente gestibili, costituiscono dunque il presupposto futuro, irrinunciabile, perrisultati concreti ancor più appaganti.

__________ . __________

Ricerche finanziate da: Comune di Massarosa, Provincia di Lucca e Regione Toscana.

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UTILIZZO DELL’ANALISI D’IMMAGINEPER UNO STUDIO MORFOMETRICO

SU SALMO T. TRUTTA, SALMO T. MARMORATUS E DEL LORO IBRIDO

Lucarda N. Alvise*’, D’isep Enrico°

* Dipartimento di Produzioni Animali, Epidemiologia ed Ecologia – Università di Torino ‘ Dipartimento di Biologia – Università di Padova

° Dipartimento di Scienze Forestali ed Ambientali – Università di Padova

Lo studio delle differenze nella forma del corpo tra le diverse semispecie comprese nelgruppo tassonomico Salmo trutta, è sempre stato eseguito utilizzando le tecnichetradizionali della morfometria e meristica su soggetti sacrificati. In questo studio si sonoutilizzate tecniche di analisi d’immagine al computer, per uno studio della variabilitàmorfologica in popolazioni delle semispecie Salmo trutta trutta e Salmo trutta marmoratusattraverso l’intero areale della trota marmorata. Sono state analizzate un elevato numero diimmagini tratte da individui che sono stati catturati in modo non traumatico esuccessivamente rilasciati (metodo non distruttivo). Sono stati esaminati i differentimodelli di accrescimento allometrico per le due semispecie e per diverse classi di morfotipiibridi intermedi. Sono state evidenziate e quantificate le differenze morfologiche trapopolazioni di trote provenienti da diversi bacini idrografici. E’ stato possibile quantificareanche differenze morfologiche tra gruppi di individui provenienti da ambienti acquaticidifferenti all’interno dello stesso bacino idrografico, nonchè gli effetti sulla forma delcorpo determinata dall’ambiente artificiale e di allevamento. Vengono discussi i vantaggidel nuovo metodo di caratterizzazone morfologica e le modalità applicative, che utilizzatein modo complementare alle analisi genetiche, ne fanno un efficace strumento di selezionedi individui da destinarsi alla riproduzione nei programmi di salvaguardia e recupero dellatrota marmorata.

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SPERIMENTAZIONE DI MIGLIORAMENTO GENETICOSU CEPPI DI Oncorhynchus mykiss (Walb.)

Leonardo Pontalti, Alvise Vittori

Istituto Agrario di S.Michele all’Adige (TN).

Due diversi ceppi di trota iridea Oncorhynchus mykiss (Walb.), il primo selezionato inpescicoltura, il secondo acclimatato da circa trent’anni in un corso d’acqua di un parconaturale del Trentino, sono stati incrociati fra loro. Le progenie ottenute (50 famiglie) sonostate allevate in ambiente comune, con acqua ricircolata. Si sono rilevati i datisull’accrescimento e si sono confrontate le percentuali di sopravvivenza.

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Sessione“COMUNICAZIONI LIBERE ”

ModeratoreProf. Giancarlo GibertiniUniversità “Roma Tre”

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LA PRIMA REVISIONE DELLA CARTA ITTICADELLA PROVINCIA DI TRENTO

Lorenzo Betti

Consulente del Servizio Faunistico della Provincia Autonoma di TrentoLung’Adige G. Leopardi, 101 - 38100 Trento - e-mail: [email protected]

Nel settembre 1997 la Giunta Provinciale di Trento ha dato avvio al processo di revisionedella Carta ittica provinciale affidando, sotto il coordinamento del Servizio Faunistico,l’incarico di consulenza tecnica e di stesura dell’aggiornamento e della revisione del pianoprovinciale di gestione ittiofaunistica ai sensi della Legge provinciale sulla pesca.Quest’ultima prevede la predisposizione della Carta ittica “al fine di accertare laconsistenza del patrimonio ittico e la potenzialità produttiva delle acque, nonché stabilire icriteri ai quali dovrà attenersi la conseguente razionale coltivazione delle stesse”. Di fattoessa, al contrario di molte altre carte ittiche redatte in Italia, assume carattere vincolanteper numerosi aspetti della gestione ittiofaunistica nel reticolo idrografico provinciale.La legge provinciale precisa anche che la cosiddetta “coltivazione ittica” delle acque sideve basare, di norma, sull’incremento della produttività naturale dell’acqua da pesca nelriequilibrio biologico e nel mantenimento delle linee genetiche originarie delle specie.La non completa applicazione dei suddetti principi, nel corso dei primi vent’anni di validitàdella Carta ittica provinciale, insieme alla necessità di un adeguamento metodologico edell’aggiornamento delle conoscenze sullo stato ecologico e ittico del reticolo idrograficoprovinciale, costituiscono le motivazioni essenziali del processo di revisione, conclusosiformalmente il 21 settembre 2001 con l’approvazione della nuova Carta ittica da partedella Giunta Provinciale di Trento.Il lavoro di consulenza tecnica, concluso nella primavera del 1999, si è concretizzato nellostudio e nella precisazione dei principi generali di gestione del patrimonio itticoprovinciale, nella revisione dei metodi analitici individuati dalla prima Carta ittica enell’adeguamento dei criteri da applicare alla gestione ittica del reticolo idrograficotrentino. L’obiettivo è stato, dunque, quello di individuare gli ecosistemi omogenei diriferimento, di sintetizzare le conoscenze ecologiche e ittiologiche raccolte nell’ambitodella prima carta ittica e della sua applicazione, nonché dei dati ambientali accumulati dainumerosi enti competenti, di definire gli obiettivi di medio e lungo termine della gestioneittiofaunistica, di stabilire le metodologie di indagine più opportune per la verifica dellostato ittico dei corsi d’acqua e dei laghi e, infine, di definire, sulla base del quadroconoscitivo, le indicazioni per il miglioramento ambientale e i criteri gestionali daapplicare, in via vincolante o facoltativa, alla concreta gestione ittica dei singoli ambientiacquatici della provincia.La scelta a monte è stata, quindi, quella di privilegiare una generale revisionemetodologica, anche al fine di evidenziare le lacune di conoscenza accumulatenell’applicazione della prima carta ittica, programmando anche la futura attività dimonitoraggio ittico e giungendo comunque, nei tempi relativamente brevi dell’incarico(diciotto mesi), alla stesura di criteri di gestione il più precisi possibile.Anche al fine di agevolare l’indispensabile, continuo aggiornamento futuro della banca datiafferente alla Carta ittica, e soprattutto l’inserimento e l’elaborazione dei dati relativi almonitoraggio ittico previsto per il prossimo quinquennio, la nuova Carta ittica è statapredisposta su base informatica, con agevoli collegamenti tra il data base recante i caratteristabili e variabili dei singoli ecosistemi acquatici, i dati e le elaborazioni relativi almonitoraggio ittico, i piani di gestione e le cartografie tematiche, elaborate sulla efficacepiattaforma GIS del Sistema Informativo Ambiente Territorio della Provincia di Trento.

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NUOVI DATI SUL SISTEMA NEUROENDOCRINO NELL'APPARATODIGERENTE DEI SALMONIDI.

Bosi1 G., Dezfuli2 B. S., Arrighi3 S., Di Giancamillo3 A., Domeneghini3 C.

1Istituto di Anatomia degli Animali Domestici con Istologia ed Embriologia,Università degli Studi di Milano

2Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Ferrara3Dipartimento di Scienze e Tecnologie Veterinarie per la Sicurezza Alimentare,

Università degli Studi di Milano

L'impiego di tecniche immunoistochimiche ha permesso di individuare la presenza e ladistribuzione di diversi modulatori del sistema neuroendocrino nell'apparatogastrointestinale dei vertebrati. I risultati di queste ricerche formano la base morfologicaper il successivo approccio fisiologico, atto alla delucidazione delle funzioni deineuropeptidi nel canale alimentare. Nei pesci, così come nei mammiferi, i neuromodulatoritestati in questo studio sono coinvolti nel controllo della motilità intestinale,dell'assunzione dell'alimento e nella regolazione dei processi secretivi/assorbenti deldigerente.Le conoscenze in merito relative ai pesci sono abbastanza estese, ma la maggior parte deilavori mostrano che la presenza e la localizzazione delle strutture immunoreattive aipeptidi studiati è specie-specifica e dipende dall'anticorpo usato.I Salmonidi costituiscono una famiglia di teleostei particolarmente importante dal punto divista commerciale. La maggior parte delle ricerche effettuate sull'organizzazione e sullafisiologia del sistema neuroendocrino in questo gruppo riguarda la trota iridea,Oncorhynchus mykiss (Walbaum). Gli studi morfologici effettuati sulle altre specie dellafamiglia sono scarsi. In questa sede riportiamo i dati immunoistochimici sulla presenza didiversi neuromodulatori peptidici nel digerente della trota fario, Salmo trutta L.. Sono stateindividuate cellule endocrine immunoreattive ai seguenti anticorpi: bombesina,colecistochinina-octapeptide, gastrina, glucagone e secretina. Inoltre, nelle sezioni distomaco e intestino si è osservata la presenza di fibre nervose positive al siero anti-bombesina. Invece, non si riscontrano elementi endocrini o strutture nervoseimmunoreattive all'anticorpo anti-peptide-intestinale-vasoattivo (vasoactive intestinalpeptide, VIP) nell'intero canale alimentare della trota fario. Questi dati in parte sisovrappongono a quelli ottenuti da altri autori nella trota iridea. I risultati ottenuti amplianoinoltre le conoscenze sulla morfologia del sistema gastrointestinale dei salmonidi.

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MONITORAGGIO DEL RECLUTAMENTO DI CECHE DI ANGUILLA (Anguillaanguilla L.) IN ITALIA TRAMITE OSSERVATORI.

E. Ciccotti, M. Monfrinotti, A. Furlani & S. Cataudella

Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Roma

L’anguilla europea (Anguilla anguilla L.), una specie di grande interesse economico inItalia e nel resto dell’Europa sia in relazione alla pesca che alle attività di allevamento etrasformazione, è andata incontro, negli ultimi anni, ad una serie di problemi, i piùimportanti dei quali sono una riduzione progressiva del reclutamento alle coste europee ela contrazione delle catture di anguille adulte. In questo quadro, sia a livello nazionale inmolti Paesi che a livello comunitario, è stata sottolineata l’importanza del monitoraggio delreclutamento di ceche alle coste europee, come base indispensabile per un piano digestione comunitario. Tale monitoraggio, presente da diversi anni in molti siti dislocati intutta Europa, è condotto con metodologie diverse nei vari Paesi, dove è supportato a livellonazionale dal mondo della ricerca o dalle Amministrazioni, ma da tempo vede le varieunità nazionali confrontarsi a livello europeo nell’ambito dell’EIFAC-ICES WorkingGroup on Eel, e più recentemente di un’Azione Concertata finanziata dalla ComunitàEuropea, III Programma Quadro, Common Fishery Policy.In Italia, il monitoraggio del reclutamento di ceche di anguilla viene condotto sin daglianni ’90 nell’ambito di ricerche finanziate dalla legge 41/82, Ministero delle PoliticheAgricole e Forestali, ricerche finalizzate alla valutazione degli stock di novellame perl’allevamento (tematica Risorse Biologiche). La pesca delle ceche di anguilla ricade infatti,da un punto di vista normativo, tra le pesche speciali di novellame per allevamento.Nel presente lavoro viene illustrata l’organizzazione della rete di monitoraggio messa apunto nell’ambito di tali programmi. Essa si avvale di “osservatori” basati sulla pesca, e diuna metodologia di rilevamento che prevede la registrazione dei dati relativi a catture,sforzo di pesca, parametri ambientali di riferimento e ad una serie di descrittori morfo-ecologici delle ceche. La lettura integrata di queste serie di dati consente di caratterizzarela dinamica spazio-temporale del fenomeno migratorio in ciascun sistema idrografico. Ladinamica intra-stagionale “tipo” diventa infatti il riferimento per valutare l’andamentodelle singole stagioni di rimonta. I dati relativi a ciascuna stagione vengono poi elaboratiper ottenere una serie di indici di riferimento, la serie storica dei quali è importante pervalutare l’andamento inter-annuale del fenomeno del reclutamento alle nostre coste, e perparagonare la situazione italiana con quella che si osserva negli altri Paesi europei.Gli osservatori attualmente operativi sono ubicati sulle coste del Tirreno centrale, nelLazio: uno è localizzato alla foce del fiume Tevere e uno alla foce del fiume Marta.Ambedue si basano sulla pesca professionale, anche se la drastica riduzione delle catturenegli ultimi tempi ha fortemente influenzato l’organizzazione della pesca e di conseguenzal’organizzazione operativa del monitoraggio. La pesca professionale dell’anguilla sulTevere esiste da oltre trenta anni, e questo ha permesso di raccogliere una serie storica diosservazioni molto significativa. D’altro canto, negli ultimi cinque anni le catture di cechesono state particolarmente scarse, e questo ha imposto la ricerca di un secondo sito, ascopo comparativo, che è stato organizzato alla foce del fiume Marta, a nord diCivitavecchia, sito dove è operativa una piccola realtà di pesca professionale. Negli ultimidue anni è stato infine organizzato un terzo osservatorio, ubicato presso i laghi costieri delParco Nazionale del Circeo, che si distingue dagli altri in quanto è un osservatorioindipendente dalla pesca.

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PRIMI RISULTATI DI UN PROGETTO PER LA MESSA A PUNTO DI UNPROTOCOLLO PER L’USO DELLA PESCA ELETTRICA NEL LAGO

TRASIMENO

M.Mearelli*, A.Carosi***, G.Giovinazzo*, M.Natali**, G.La Porta*, M.Lorenzoni*

* Dipartimento di Biologia Animale ed Ecologia - Università di Perugia.Via elce di sotto, 06100 Perugia.

** Ufficio gestione fauna ittica - Servizio programmazione e Gestione Faunistica -Provincia di Perugia. Via Sicilia. 06100 Perugia

*** Laboratorio di Terria - Provincia di Terni. Via Plinio il Vecchio, 05100 Terni.

La pesca elettrica è una tecnica largamente utilizzata per il monitoraggio ittico, sia ai finigestionali che di ricerca. Non sempre il suo impiego è supportato da una buona conoscenzadelle basi teoriche della tecnica, delle apparecchiature e della loro configurazione. Questilimiti comportano conseguenze da non sottovalutare. In molti casi, ad esempio, non èpossibile confrontare dati e risultati derivanti da operatori diversi e/o apparecchiaturediverse. La mancanza di protocolli operativi e guide esplicative è una chiara dimostrazionedi quanto affermato e ciò comporta spesso un aumento dello sforzo di campionamento efinanziario. E’ da sottolineare che in assenza di tali protocolli i risultati conseguiti sarannocaratterizzati da incertezza ed errori.Quanto sopra riportato assume rilevanza nel caso in cui l’azione di pesca si svolge neilaghi. L’assenza di turbolenza, la profondità dell’acqua e soprattutto le caratteristichefisiche e chimiche finiscono per condizionare fortemente l’utilizzazione deglielettrostorditori, valga per tutti ad esempio la conducibilità dell’acqua. Problemi di questotipo possono essere parzialmente risolti mediante un’attenta valutazione del tipo dicorrente da utilizzare, della forma e dimensione degli anodi. Ma l’elemento su cuidovrebbe essere concentrata l’attenzione dovrebbe essere il campo elettrico le cuicaratteristiche sono definite dalla resistenza interna del sistema (circuito elettrico e formedegli anodi) e da quella del carico (acqua e pesci).Sulla base delle premesse sopra riportate, nel periodo luglio-agosto 2001, nel LagoTrasimeno è stata effettuata una campagna di campionamenti ittici. Tale attività si inseriscenell’ambito di un progetto della Provincia di Perugia finalizzato alla razionalizzazionedella pesca nel Lago Trasimeno. L’obiettivo finale consiste nella messa a punto di unprotocollo per l’uso della pesca elettrica. In questa prima fase sono state prese inconsiderazione le caratteristiche degli elettrodi, testando forme diverse di anodi e catodi. Idati cattura (CPUS) sono stati elaborati al fine di verificare le differenze tra i diversiattrezzi utilizzati e la capacità di cattura delle singole specie.

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Tavola rotonda“APPLICAZIONE DELLE CARTE ITTICHE DA PARTEDELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI PER UNA

CORRETTA E RAZIONALE ATTIVITA’ DI GESTIONEDELLE ACQUE INTERNE ”

ModeratoreDott. Riccardo Galligani

Direttore rivista “Pesca In”

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9° Convegno A.I.I.A.D. Sunto dell’intervento del

Dr. Riccardo Galligani

Direttore della Rivista “Pesca In”

Noi riteniamo che la realizzazione delle carte ittiche e la successiva applicazione rivestanoun ruolo determinante per raggiungere l’obiettivo di una corretta gestione dei corsid’acqua, ed è per questo che da alcuni mesi la rivista della quale io sono il direttore sioccupa dell’argomento.

I pescatori orami da molti anni sono diventati soggetti attivi che vogliono essere informatidi tutto ciò che direttamente o indirettamente li riguardi, e la problematica delle carteittiche a mio avviso li riguarda direttamente, perché le scelte gestionali determinatedall’applicazione delle carte possono condizionare, a volte anche pesantemente. la loroattività di pesca, in special modo quella agonistica. Ecco perché e bene che i pescatori, chesono uno tra i principali soggetti interessati dall’applicazione dei risultati delle carte hannoil diritto di essere costantemente tenuti al corrente di tutto ciò che in qualche modo andràad influire, sia in modo positivo come anche in maniera negativa sulla pratica della pescasportiva.

E il ruolo della stampa di settore è importantissimo nel mantenere vivo il flusso diinformazioni diretto al pescatore, ruolo che non deve essere di solo mero passaggio diinformazioni ma deve anche creare la conoscenza degli argomenti di cui si parla.

E’ appunto quello che noi nei mesi scorsi abbiamo provato a fare nel caso delle carteittiche che è stato proprio quello di cercare di trasmettere la conoscenza dell’argomento.

Al pescatore comune spesso sfugge cosa sia e a che cosa possa servire una carta ittica eforse è per questo che può succedere che le carte ittiche una volta realizzate vivano il loromomento di gloria il giorno della loro presentazione ma poi finiscono nel dimenticatoio equesto si può evitare se riusciamo a trasmettere al pescatore l’importanza che queste carterivestono per la pratica sportiva.

Ma se può essere semplice informare i lettori su argomenti come quello delle carte ittiche osu altro ancora, perché questo dipende solo ed esclusivamente da una scelta editoriale,molto più complesso è informare i lettori delle scelte che la Pubblica Amministrazioneopera e che direttamente o indirettamente li possono interessare come pescatori, questoperché ciò dipende esclusivamente dalla volontà o meno della stessa pubblicaamministrazione far giungere ai diretti interessati le scelte operate.

Con questo voglio dire che se gli Enti locali non producono flussi informativi verso lastampa specialistica come la nostra, noi non possiamo a nostra volta informare i lettoridell’operato degli Enti venendo così a mancare alla Pubblica amministrazione la possibilitàdi far conoscere cosa produce e ai pescatori quella di conoscere cosa è stato prodotto.Senza contare che un altro aspetto molto grave è la mancanza di informazione che non dala possibilità di esercitare una delle massime prerogative dei cittadini che è quella delcontrollo dell’operato della Pubblica amministrazione. Per questi motivi noi riteniamoessenziale che gli Enti locali informino costantemente i pescatori del loro operatoattraverso la stampa specialistica.

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Applicazione delle Carte Ittiche da parte delle Pubbliche Amministrazioniper una corretta e razionale attività di gestione delle acque interne

Gilberto Gandolfi - Presidente A.I.I.A.D.

Dipartimento di Biologia evolutiva e funzionale, Università degli Studi di Parma

La gestione delle acque interne deve passare attraverso le "Carte Ittiche", da realizzaretenendo conto delle raccomandazioni e delle modalità delineate in un documento dellaAssociazione Italiana Ittiologi d'Acqua Dolce, nel quale si specifica in modo esplicito chela carta Ittica è strumento di gestione dell'ittiofauna e degli ambienti acquatici.L'obiettivo è di pianificare la gestione ai fini della conservazione, anche in relazioneall'esercizio di attività di pesca sportiva, sulla base di valutazioni tecnico-scientifiche ditipo qualitativo e quantitativo, verificabili e migliorabili nel tempo. In altri termini, le carteittiche individuano le relazioni tra i parametri ambientali, sia biotici che abiotici, e lastruttura delle comunità ittiche, individuando i riferimenti utili per un confronto con i datiche saranno raccolti nei monitoraggi successivi per il controllo. In generale, le carte ittichesono articolate su due livelli: un livello di indagine applicabile su territori ampi, bacini digrande estensione o gruppi di bacini in ambito territoriale vasto, consistendo in unaindagine di tipo preliminare utile a fornire conoscenze di base; un secondo livello prevedeanalisi approfondite su un singolo bacino o sottobacino ed è indispensabile quando siabbiano esigenze di tipo gestionale.La valutazione dello stato di conservazione delle specie ittiche prevede la raccolta di dati instazioni di riferimento da individuare in relazione alle diverse tipologie ambientalicomprese nell'area da indagare. In sintesi, si deve procedere a definire gli aspetti qui diseguito elencati, per i quali nel documento sono specificate modalità che consentano unauniformità di esecuzione tale da rendere confrontabili al massimo grado dati raccolti dadiversi operatori in diverse situazioni geografiche: definizione delle caratteristiche naturalidei bacini e degli alvei; valutazione degli effetti antropici; censimento e distribuzionedell'ittiofauna presente; struttura e dinamica di popolazione delle specie ittiche; pressionedi pesca.Dai dati raccolti possono essere ricavate informazioni sulle tendenze demografiche dellespecie e, di conseguenza, potranno essere prese decisioni relative alla necessità diprocedere con azioni particolari di tutela. Nel caso sia indispensabile mettere in attoripopolamenti, le modalità e l'entità di azioni di questo tipo potranno essere stabilite inmodo scientificamente fondato. I dati possono infine costituire un indispensabileriferimento di base per controllare modificazioni che si rendessero evidenti a carico dellepopolazioni, rendendo possibili azioni di monitoraggio da svolgersi con frequenza annualeo biennale in un numero ridotto di stazioni procedendo con un unico campionamento.Molte sono le carte ittiche pubblicate da venti anni a questa parte e si deve riconoscere chela qualità delle stesse è progressivamente migliorata. Restano tuttavia spazi dimiglioramento che, io spero, possano essere messi in luce da chi interverrà in questa tavolarotonda, sia riportando le esperienze fatte da chi ha operato direttamente in questo settore,sia dai suggerimenti che potranno essere avanzati dalle associazioni e dalla stampaspecializzata, che devo ringraziare per essere stati i promotori di questa iniziativa. Miauguro che gli intervenuti possano fare evolvere questo strumento gestionale, siaavanzando critiche costruttive alle modalità di esecuzione e di applicazione, siaproponendo una maggiore partecipazione attiva, una collaborazione ancora più avanzata diquanto finora sia stato e, in certi casi, cercando di avere una comprensione maggiore neiconfronti di iniziative che a volte possono suscitare polemiche.

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9° Convegno A.I.I.A.D Sunto dell’intervento del

Prof. Ugo Claudio Matteoli

Presidente della Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee

Alla Federazione Italiana Pesca Sportiva ed Attività Subacquee (FIPSAS) aderisconomigliaia di pescatori: molti di questi praticano l’agonismo, tanti altri vanno a pescare perpuro diletto, tutti comunque vorrebbero pescare in un ambiente non inquinato e ben gestito.

La corretta gestione di un bene prezioso come lo sono i nostri corsi d’acqua si può peraltroraggiungere solo se a monte sia stata prodotta una buona programmazione; d'altra partequesta non può assolutamente prescindere da una completa conoscenza delle realicondizioni in cui versano questi corsi d’acqua, conoscenza che non può basarsisull'empirismo, ma piuttosto su dati scientifici. Conoscere la distribuzione dell’ittiofauna edegli effetti antropici sui corsi d’acqua, così come della pressione di pesca esercitata suquesti corsi d’acqua, è di estrema importanza quando si vogliono programmare interventidi qualsiasi genere, interventi che comunque hanno una ricaduta diretta o indirettasull’attività di pesca e sull’ittiofauna.

Per quanto sopra detto, è comprensibile l'importanza che la FIPSAS, non da ora, da allecarte ittiche, non solo quale strumento di base per una corretta attività di pianificazionedegli interventi, ma anche quale strumento di programmazione dell’attività di pesca, siaagonistica che dilettantistica. Uno dei compiti della Federazione è dunque quello dipromuovere presso gli Enti pubblici la realizzazione delle carte ittiche offrendo, a tal fine,la propria collaborazione.. In alcune realtà territoriali ciò è già stato fatto, per cui partendoda queste importanti esperienze riteniamo possibile costruire un percorso che preveda unasinergia tra la Federazione e l'AIIAD: l’Associazione degli ittiologi dovrebbe incentivare larealizzazione delle carte ittiche presso gli Enti locali certificando poi la qualità delprodotto, una volta realizzato. La FIPSAS invece si dovrebbe proporre agli Enti in qualitàdi esecutrice materiale delle carte realizzandole con l'ausilio di ittiologi esperti aventil’obbligo di utilizzare le metodologie di lavoro standard adottate dall’AIIAD.

Un altro aspetto che deve essere affrontato è quello dell’utilizzo delle carte ittiche unavolta che siano state realizzate. Spesso si verifica infatti che l’Ente pubblico, committentedello studio, ritenga di aver terminato il suo compito con la pubblicazione di un volume,utilizzandolo come dono di rappresentanza e non come strumento obbligatorio diprogrammazione. Riteniamo pertanto indispensabile che le nostre associazioni debbanoavere un ruolo di controllo e di verifica dell’applicazione di quanto indicato dalle certeittiche nella stesura degli atti di programmazione degli Enti pubblici.

Un ultimo aspetto che comunque ci preme sottolineare è quello dell’approccio che ilprofessionista al quale è affidata la stesura della carta ittica deve avere con il mondo dellapesca e dei pescatori. A nostro avviso, non può e non deve esistere nessuna preclusione daparte del professionista nei confronti di questa pratica sportiva; anzi, noi riteniamo chedurante tutta l’elaborazione dello studio le ragioni dei pescatori debbano essere tenute nellagiusta considerazione, anche perché i risultati della stesura della carta ittica hanno unaricaduta diretta principalmente su due soggetti: la fauna ittica e appunto i pescatori. Eccoperché chiediamo una particolare attenzione verso il mondo della pesca sportiva che noirappresentiamo.

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BIOLOGIA E GESTIONE DELLA PESCA: MODELLI GESTIONALI, RUOLIDEGLI ITTIOLOGI E DELLE ASSOCIAZIONI PISCATORIE NELLA

GESTIONE DELLE POPOLAZIONI ITTICHE

Pascale M.

Via Città di Traunstein, 8 – Pinerolo (To)

Da ormai più di una decina di anni a questa parte, da quando cioè la biologia haincominciato ad interessarsi e confrontarsi con il mondo della pesca, sono state ribaltatemolte delle vecchie concezioni su cui si basavano i metodi di gestione della fauna ittica esono stati introdotti nuovi modelli gestionali basati sulla conoscenza scientifica delladinamica delle popolazioni ittiche soggette ad attività di prelievo.Primo frutto di questa nuova tendenza è stata l’introduzione delle Carte Ittiche, strumentigestionali importantissimi, che a partire da una conoscenza approfondita del territorioorientano gli Enti gestori verso forme di controllo dell’attività di pesca e di ripopolamentoche consentano di mediare tra la normale evoluzione e mantenimento delle popolazioniittiche, soprattutto autoctone, e le istanze del mondo della pesca.Questo ha risposto positivamente all’introduzione di questo nuovo importante strumentogestionale. Sono numerosi i casi in cui proprio dal mondo dell’associazionismo legato allapesca è emersa la necessità di dotarsi di Carte Ittiche, collaborando fattivamente alla lororealizzazione e recependo le indicazioni in esse contenute, con la legittima speranza divedere, con la loro applicazione, miglioramenti nello stato delle popolazioni ittiche e,conseguentemente, nell’attività di pesca.Oggi, poi, e questo è il secondo frutto, molte pubbliche amministrazioni ed associazionigestrici della pesca si avvalgono della consulenza ittiologica di biologi, naturalisti eveterinari. Questo è un segnale incoraggiante della volontà di passare da una gestionespecialistica, ma limitata, ad una gestione complessiva basata su criteri scientifici.Si è di conseguenza assistito all’ evoluzione della figura dell’ittiologo, da tecnico con spazilimitati, destinato a cercare di dare risposte mirate a singoli problemi, a consulente “a tuttotondo”, capace di indirizzare il gestore verso forme gestionali talora complesse, che spessosconfinano ampiamente nella “multidisciplinarietà”, rispondenti alla presa di coscienza cheoccuparsi di pesci e pesca significa occuparsi dell’ambiente acquatico nel suo complesso.Questo è oggi tanto più importante, in quanto gli ambienti fluviali sembrano essere oggettodi molteplici interessi non propriamente compatibili con la sopravvivenza dell’idrofauna (edell’ittiofauna in particolare) e con attività ad essa collegate, quali la pesca.Per rispondere a questa nuova tendenza ben si configura la trasformazione di quasi tutti ivecchi assessorati e servizi provinciali “caccia e pesca” in servizi di “tutela della fauna”,capaci di interagire con tutti gli altri Enti che, a vario titolo, hanno competenze sugliambienti fluviali.Il futuro deve vedere un’ancora maggiore interazione tra gestori, scienza e mondo dellapesca, un contatto sempre più stretto ed una maggiore identità di obiettivi tra chi si occupadi pesci per ruolo istituzionale, chi vede i pesci quali oggetto di studio e chi associa inveceil mondo acquatico ed i suoi abitanti a forme di svago appaganti come la pesca.

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“Applicazione delle carte ittiche da parte delle Pubbliche Amministrazioni per unacorretta e razionale attività di gestione delle acque interne”

Mario Giannini

Autorità di Bacino del Fiume Po – Via Garibaldi 75, Parma

Devo dire che quando ho letto il titolo della tavola rotonda sulla locandina sono stato moltostimolato e ho chiesto di poter intervenire perché credo di poter portare nella discussionealcuni spunti interessanti. Da numerosi anni, almeno nella parte settentrionale del paeseche è quella che conosco di più, di carte ittiche ne sono state fatte molte ma, purtroppo,pare che a fronte di queste non ci sia stato un effetto evidente nella tutela della fauna ittica.

Perché? Ritengo che i motivi siano essenzialmente tre:1. l’assenza di una precisa definizione di cosa sia una carta ittica2. la saltuarietà della esecuzione delle carte ittiche:3. (conseguenza dei primi due) le carte ittiche non sono riconosciute comestrumento valido per la pianificazione generale delle risorse idriche

Basta leggere anche solo superficialmente alcuni dei casi più recenti di tali elaborazioni perrendersi conto che tante sono le differenze d’approccio, d’impostazione e metodologia dafar rendere tali strumenti praticamente non confrontabili. Ciò non vuole dire che le singoleindagini siano state mal condotte, vuol dire che nel loro complesso non costituiscono unostrumento generale di pianificazione e di conseguenza rappresentano solo strumenti localie limitati di supporto alla gestione.

Inoltre il loro espletamento è frutto di una scelta facoltativa delle amministrazioni, ingenere le Provincie, poiché lo strumento carte ittiche se c’è, è previsto solo da Leggiregionali di settore mentre è assente in quelle norme che, per la loro più generale valenzapotrebbero rendere efficaci le indicazioni che escono dalle carte ittiche.

Di recente il nostro paese ha approvato uno strumento legislativo importante, il DecretoLeg.vo. 152/99 in materia di tutela dei corpi idrici. Tale norma prevede che attraversol’approvazione di piani di tutela delle acque da parte delle Regioni si pervenga ad unefficace recupero e protezione delle risorse idriche.

Purtroppo fra gli strumenti tecnici previsti da tale norma per la valutazione dello stato diqualità e per la formulazione di strategie d’intervento, le carte ittiche non sono previste equindi pare che la fauna ittica non sia in alcun modo considerata nel processo dipianificazione delle risorse idriche.

Cosa si può fare?

Ritengo che le strade siano due: la prima deve vedere gli ittiologi italiani lavorare sulladefinizione di un protocollo condiviso che consenta di precisare, una volta per tutte, cosa siintenda per carta ittica in modo da rendere questi strumenti scientificamente validi e darequindi ad essi un valore e un peso da spendere, non per la gestione settoriale della faunaittica, ma nella più vasta e significativa gestione delle risorse idriche.

L’altra, strettamente correlata alla prima, deve essere la promozione a livello nazionaledelle carte ittiche ed eventuali altri strumenti tecnici messi a punti dagli ittiologi perchéentrino a far parte delle norme sulla tutela delle risorse idriche.

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1.

VALUTAZIONE DI DIFFERENTI SISTEMI DI TRASPORTO E DIINCUBAZIONE DI UOVA DI LUCCIO, Esox lucius L.

Alessio G.*, Belletti E.*, Gandolfi G.L.*, Ercolini P.**

* Dipart. di Biol. Evol. e Funz., Sez. Biologia Animale, Università, 43100 Parma.

** Biologo libero professionista, via di Coli e Spezi 2653/b, Piano del Quercione,55054 Massarosa (LU)

Nell’ambito di sperimentazioni finalizzate al recupero ed alla reintroduzione, nelle acquedel bacino del Massaciuccoli della popolazione autoctona di luccio, Esox lucius L., neglianni 2001 e 2002, sono stati effettuati diversi tests di trasporto e di incubazione di uovaembrionate in differenti condizioni tecniche ed ambientali.Le uova di luccio, ottenute per spremitura di riproduttori selvatici all’uopo catturati duranteil mese di febbraio ed inseminate con metodi ormai collaudati di fecondazione artificiale,allorché raggiunto lo stadio di sviluppo di 70-80 gradi/giorno (corrispondente allaformazione ed evidenziazione delle vescicole e conformazioni ottiche pigmentarie),prelevate da un medesimo lotto, sono state trasferite, mediante automezzo, con differentisistemi ed apparecchiature, talora appositamente allestite (sacchi in plastica riempiti per1/3 con acqua e rigonfiati per 2/3 con ossigeno; truogoli protetti di accoglimento, con osenza aerazione dell’acqua; semplici telaini di sostegno, alloggiati in vasca di trasporto;ecc…).Le condizioni termiche dell’acqua di trasferimento sono state sia mantenute possibilmentestabili (10°-12° C) sia, in controprova, lasciate influenzare dalle contingenti situazionistagionali e dalle condizioni occasionali di viaggio (variazioni uniformemente progressiveda 9,5° a 23° C).La durata dei trasferimenti (per distanze variabili) è oscillata da ore 2,50’ fino a ore 12,30’.La sopravvivenza delle uova così trattate (da 85% a 35% circa dello stock di partenza) èstata stimata e confrontata in funzione delle condizioni sperimentali.Per l’incubazione sono state impiegate sia attrezzature specifiche (quali vasi di Zougg,telaini di alloggiamento) sia nidi artificiali, appositamente progettati e costruiti, sistemati inbacini naturalizzati con fondo e sponde in terra, antecedentemente approntati per laproduzione endogena di zooplancton alimentare adeguato.I tempi di sviluppo e di schiusa del materiale ittiologico non si sono discostati da quellitipici della specie (cfr. 115-125 gradi/giorno). I risultati ottenuti vengono fra di loroconfrontati ed in fine discussi in funzione di concrete possibilità di ulteriori futurimiglioramenti delle tecnologie e dei mezzi più adeguati da adottarsi.

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2.

PRESENZA DI FAUNA ITTICA ESOTICA NELLE ACQUE DELLA PROVINCIADI MILANO

Arcadipane Michele (ARPA Lombardia), Vercelloni Laura (Provincia di Milano),Galli Paolo, Stefani Fabrizio (Università degli Studi Milano – Bicocca), Crosa Giuseppe

(Università degli Studi dell’Insubria), Cavalli Giuliana (Regione Lombardia)

Un ecosistema è un’unità funzionale di base che comprende l’ambiente fisico e gliorganismi che in esso vivono. Le interazioni reciproche che hanno luogo tra gli organismiviventi e l’ambiente, uniti tra loro da legami indissolubili, consentono di mantenere incondizioni di equilibrio il sistema, contrastando le alterazioni che possono crearescompensi.Tra i principali fattori che possono compromettere le condizioni di equilibrio e diconseguenza la qualità delle acque correnti superficiali, troviamo soprattutto:la modifica delle caratteristiche morfologiche e idrauliche causata da opere di

derivazione, dalle canalizzazioni, dalla rettifica del tracciato, da sbarramenti trasversali cheinterrompono la continuità ambientale tra monte e valle, ecc.;l’immissione di sostanze inquinanti e di specie esotiche che alterano, rispettivamente, le

caratteristiche chimiche e fisiche delle acque e la struttura delle comunità biologiche.Gli effetti negativi prodotti dalle immissioni di sostanze tossiche come pesticidi,tensioattivi e altri inquinanti civili o industriali sono noti. Meno conosciuto è invecel’impatto che provoca l’introduzione di specie esotiche in una comunità in equilibrio.Quando una specie alloctona entra in contatto con la comunità originaria di un datoambiente, può interagire con essa, alterandone in modo imprevedibile la condizione distabilità. Ogni organismo assume nell’ambiente naturale un ruolo preciso (nicchiaecologica), definito da una grande varietà di parametri che comprendono ilcomportamento, le abitudini alimentari, le strategie riproduttive, e così via. La nuovaspecie può inserirsi improvvisamente e con forza nel nuovo ambiente, occupando lanicchia di specie con minori capacità competitive.Va infine ricordato che, contestualmente all’introduzione di una specie esotica a vita libera,si introduce nell’ambiente anche un’intera comunità di organismi ad essa associati checonduce vita saprofita o parassitaria.

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3.

PROGETTO DI RECUPERO DELLA POPOLAZIONE AUTOCTONA DI TROTALACUSTRE (Salmo [trutta] trutta morpha lacustris L.) DEL LAGO DI GARDA

Lorenzo Betti

Acquario di Trento S.r.l. - Lung’Adige G. Leopardi, 101 - 38100 Trentoe-mail: [email protected]

La tutela e il ripristino della biodiversità, a livello regionale e a livello planetario,costituiscono ormai un’esigenza riconosciuta delle politiche di governo delle risorsenaturali. In questo ambito, assumono particolare importanza le azioni locali per la tuteladelle popolazioni autoctone di animali, a maggior ragione se endemiche.Nel Lago di Garda, come negli altri laghi maggiori della fascia prealpina, è presente unapopolazione strettamente autoctona di Trota lacustre (Salmo [trutta] trutta morphalacustris L.), attualmente classificata come forma ecotipica della Trota fario e con ogniprobabilità caratterizzata da una propria individualità genetica dovuta a fenomeni diisolamento geografico.L’importanza di questo salmonide, la cui abbondante presenza nel Benaco è testimoniatada documentazione storica risalente fino al Medioevo, è relativa ad almeno tre aspetti:naturalistico, ecologico ed economico. Di fatto, la Trota lacustre del Garda è un elementolocale, ma significativo della biodiversità della fauna ittica alpina. Essa costituisce ancheun componente essenziale della rete trofica del maggiore lago italiano. Ha avuto e hatuttora, infine, una valenza economica e sociale legata alla pesca professionale edilettantistica.Lo stato attuale della popolazione benacense della Trota lacustre è tale, secondo leinformazioni e i dati sul pescato raccolti dalle amministrazioni provinciali di Trento,Verona e Brescia, da indurre serie preoccupazioni per la sua conservazione, stante unasituazione di probabile pre-estinzione.Al fine di evitare la perdita di una così significativa componente faunistica dell’ecosistemalacustre, su incarico del Servizio Faunistico della Provincia Autonoma di Trento è statacondotta un’indagine preliminare per studiare lo stato attuale della popolazione, le causedella sua repentina e progressiva riduzione numerica, gli interventi prioritari per la suatutela e il suo ripristino qualitativo e quantitativo.Dall’analisi della situazione attuale è emerso che i fattori principali che hanno indotto lararefazione della Trota lacustre sono legati all’ormai cinquantennale sfruttamentoidroelettrico spinto del Fiume Sarca, principale immissario del Lago di Garda e sitoriproduttivo pressoché esclusivo della specie, nonché all’edificazione di opere idraulichetrasversali che compromettono gravemente la continuità longitudinale del corso d’acqua e,di conseguenza, l’accesso ai siti riproduttivi delle trote nel periodo della “frega”.Il progetto, dunque, in termini di studio di fattibilità, analizza gli interventi prioritari damettere in atto per tutelare la rinnovazione spontanea della popolazione di Trota lacustredel Lago di Garda, individuandoli nella riduzione di alcuni ostacoli alla risalita deiriproduttori, nell’incremento dei rilasci di rispetto ambientale dalle opere di presa idricaattive a monte e, in secondo luogo, in una specifica regolamentazione dei ripopolamentiittici e della pesca dilettantistica e professionale sul Lago di Garda e sul Fiume Sarca.Come coadiuvante per la ripresa numerica del salmonide, in relazione con l’avanzatorischio di estinzione, si individua anche l’avvio di una specifica attività di riproduzioneartificiale in condizioni seminaturali, a partire dai residuali riproduttori naturali.

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4.

MESSA A PUNTO DI UN DISPOSITIVO DI RIMONTA PER CECHE DIANGUILLA (Anguilla anguilla L.) PER CONSENTIRE LA COLONIZZAZIONEDEL LAGO COSTIERO DEI MONACI (PARCO NAZIONALE DEL CIRCEO,

LAZIO).

Eleonora Ciccotti & Andrea Fusari*

Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Roma*AGCI Pesca

L’anguilla europea (Anguilla anguilla L.), una specie di grande interesse economico inItalia e nel resto dell’Europa sia in relazione alla pesca che alle attività di allevamento etrasformazione, è andata incontro, negli ultimi anni, ad una serie di problemi, tra cui i piùimportanti sono una riduzione progressiva del reclutamento alle coste europee e lacontrazione delle catture di anguille adulte. In relazione a questa situazione, a livellonazionale in molti Paesi e a livello comunitario, si è aperto un dibattito sulle possibilimisure da intraprendere per tutelare lo stock di anguilla. Viste le molte incognite sullabiologia di questa specie, prime tra tutte quelle legate alle migrazioni, non è facile pensarea misure universalmente valide per tutelare la specie. Al di là di una generica riduzionedello sforzo di pesca, che appare tuttavia di difficile attuazione nella pratica, vistal’eterogeneità delle tipologie di sfruttamento nei vari Paesi, è stato suggerita la necessità dipreparare un piano di recupero dello stock, da attuarsi a livello europeo. Le misurefondamentali di tale piano prevedono la necessità di stabilire delle quote minime di“colonizzazione” per le ceche, e di “emigrazione” per le anguille a livello di ciascunsistema idrografico. Infatti sostenere i singoli stock favorendone l’esistenza ed il ritorno inmare appare al momento l’unica misura per contribuire in modo immediato a sostenere lostock nel suo insieme.Il presente lavoro, teso alla messa a punto di un modello gestionale della risorsa anguilla inun ambiente lagunare tipico della realtà mediterranea, si inserisce in questo quadrogenerale. Si tratta di un programma “pilota” per favorire il reclutamento di ceche dianguilla nel lago dei Monaci, uno dei tre laghi costieri del complesso del Parco Nazionaledel Circeo. Questo lago è privo di una foce di comunicazione diretta con il mare e l’unicosbocco della laguna è costituito dal canale che sbocca nella foce di Rio Martino. Loscambio idrico della laguna con il fiume, tuttavia, è stato bloccato da due paratoie a causadella cattiva qualità delle acque del fiume. In questo modo di fatto è impedito anche ilreclutamento di specie ittiche al lago e la pesca lagunare esercitata nel lago dei Monaci èandata via via diminuendo. Nell’ambito di una collaborazione tra il Parco Nazionale delCirceo e l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, è stato realizzato un dispositivodi rimonta per ceche, progettato appositamente, che è stato installato sulla paratoia disbarramento al canale di Rio Martino. Esso consiste di una rampa di risalita, di una scatola“vivaio” e di un retino di raccolta, quest’ultimo si trova a monte della paratoia. Tramiteuna pompa, il sistema è irrigato da un flusso d’acqua continuo che lo mantiene umido e checostituisce un richiamo per le ceche che dal mare entrano nell’estuario del Rio Martino eche rimontano la rampa, dotata di un substrato appositamente studiato per le ceche. Glioperatori del Parco provvedono a rilevare le presenze, contando gli individui e liberandolinelle acque del lago. Il dispositivo è stato installato solo da poco tempo, ma i risultati sonoestremamente promettenti.

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5.

STUDIO PRELIMINARE DELLA POPOLAZIONE DI TROTA FARIO (SALMOTRUTTA TRUTTA) NELL’ALTO FIUME SANGRO NEL PARCO NAZIONALE

D’ABRUZZO.

Ornella De Curtis

Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, M.te Falterona, CampignaVia Nefetti 3 – 47018 S. Sofia (FC)

e-mail: [email protected]

E’ stata realizzata una indagine preliminare sulla popolazione di trota fario Salmo (trutta)trutta nell’alto fiume Sangro (AQ) mediante pesca No Kill. Il fiume Sangro nasceall’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo e dopo un percorso di circa 15 Km sfocia nelLago di Barrea. La presenza della omonima diga da circa 50 anni isola le popolazioniittiche a monte e a valle. Il fiume è stato indagato nel tratto del Parco Nazionale destinato aRiserva Integrale compreso tra il Km 52 della S.S. 83 Marsicana e il Km 55, per unalunghezza complessiva di 4 Km.Lo studio della fauna ittica è stato realizzato mediante analisi delle schede di pescapredisposte per raccogliere le indicazioni principali sulla presenza delle specie ittiche e lostatus delle singole popolazionI e per per una descrizione accurata delle livree di ciascunesemplare di trota. Gli esemplari sono stati documentati anche con una immaginefotografica, successivamente allegata alla scheda descrittiva della livrea.Sono stati pescati 324 esemplari in un arco temporale di cinque mesi, da maggio asettembre 2001. I risultati consentono le seguenti conclusioni. La popolazione di trota farionel complesso è ben strutturata, con classi di taglia rappresentate fino a 51 cm. Talestruttura è perfettamente in linea con quanto ci si aspetta da un corso d’acqua protetto, nonsoggetto a ripopolamenti e chiuso alla pesca da numerosi anni, soggetto quindi solo amortalità naturale. Pur nei limiti della metodologia di campionamento (tecniche di pescasportiva) che non ha selezionato gli avannotti, la presenza di taglie giovanili attribuibili adesemplari di età 1+ dimostra l’effettiva riproduzione naturale della popolazione. Lacorrelazione tra lunghezze e pesi e il coefficiente di condizione K indicano unapopolazione in buono stato di condizione.Le livree osservate consentono di ipotizzare su base morfologica la presenza originaria diun ceppo indigeno di “tipo mediterraneo” e la sua successiva ibridazione con materiale di“ceppo atlantico”. Si ipotizzano immissioni avvenute con materiali provenienti dadifferenti ceppi alloctoni, che incrociandosi tra loro e con il ceppo indigeno hannoverosimilmente dato origine all’elevato polimorfismo descritto. La diagnosi effettuata nelpresente lavoro non è sufficiente a distinguere su basi esclusivamente morfologiche ilcomplesso di fenotipi descritti. Il confronto con i risultati di analisi genetiche già previsteper il proseguimento della ricerca, consentirà un approfonidemtno della eventuale presenzain origine di un ceppo indigeno e della eventuale introgressione genetica di popolazioniallopatriche provenienti da allevamento.

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6.

RIPRODUZIONE E ALLEVAMENTO LARVALE DI BARBO BARBUSPLEBEJUS (BONAPARTE, 1839)

Andrea Dees1, Oliviero Mordenti2, Alessandra Roncarati1, Paolo Melotti1

1Università degli Studi di Camerino (CURDAM)2Università degli Studi di Bologna (DIMORFIPA)

Già da diversi anni si sta assistendo ad una continua e costante diminuzione dellepopolazioni di barbo comune Barbus plebejus (Bon., 1839) in conseguenza del crescentedegrado dei corsi d’acqua del Nord Appennino ed in particolare della riduzione delleportate e della scomparsa di idonee aree di frega. Tale situazione presenta delle pesantiimplicazioni negative poiché il barbo riveste un ruolo determinante nell’ambito dellebiocenosi fluviali italiane ed è molto ricercato dai pescatori sportivi.A seguito dell’aumento della domanda di questo pesce per scopi di ripopolamento, vistal’assenza di novellame sul mercato italiano, i commercianti hanno introdotto altre specie dibarbi provenienti dalla Penisola Iberica e dal Centro e Nord Europa che si sono giàinsediati nel bacino del Po aumentando così i rischi di estinzione o di inquinamentogenetico della nostra specie.La sperimentazione è stata condotta in collaborazione con la Provincia di Ravenna ed haavuto come obiettivo la riproduzione del barbo comune finalizzata ad ottenere novellamedestinato all’immissione in un corso d’acqua della Provincia (fiume Lamone) ormai quasitotalmente privo di questa specie.Le prove si sono svolte nell’arco del quadriennio 1998-2001. Allo scopo di attuare lariproduzione in condizioni controllate un contingente di riproduttori è stato catturatomediante pesca elettrica nello stesso corso d’acqua e nel vicino fiume Senio. I pesci sonostati successivamente stabulati in alcune vasche di una troticoltura non più in funzione edin seguito trasferiti in vasche in vetroresina presso una avannotteria convenzionata conl’Università di Bologna.La sperimentazione ha consentito di produrre 45.000 avannotti di barbo, che sono statiintrodotti in due anni successivi in tre tratti del fiume Lamone e due zone del fiume Senioindividuati in collaborazione con l’Ufficio Pesca della Provincia di Ravenna. Icampionamenti eseguiti ad un anno di distanza hanno evidenziato una discreta presenza dinovellame di barbo comune in quasi tutte le stazioni di semina considerate.

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7.

PARASSITI MONOGENEI DEI PESCI DULCICOLI ITALIANI

Galli P.(1), Zaccara S.(2), Stefani F.(3) and Crosa G.(2)

(1)Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze.Università degli Studi di Milano-Bicocca, Milano.

(2)Dipartimento di Biologia Strutturale e Funzionale.Università degli Studi dell’Insubria, Varese.

(3)Dipartimento di Scienze Ambientali.Università degli Studi di Milano-Bicocca, Milano.

I monogenei rappresentano uno dei principali gruppi di parassiti dei pesci sia d’acquadolce che marina. Secondo gussev (1985) le specie di monogenei che parassitizano i pescid’acqua dolce sono circa 600 suddivise in 30 generi (i generi con il maggior numero dispecie sono Dactylogyrus e Gyrodactylus con rispettivamente circa 250 e 150 specie).Scopo della presente ricerca è quello di contribuire alla conoscenza dei parassitimonogenei presenti nei pesci delle acque dolci italiane; poco o nulla è noto infatti su qualispecie siano presenti sul territorio italiano.Da settembre 2001 a marzo 2002 su differenti specie ittiche sono state condotte delleanalisi parassitologiche finalizzate al ritrovamento e al riconoscimento a livello specificodei parassiti appartenenti al gruppo dei monogenei. I monogenei rinvenuti sono statipreparati mediante glicerina e picrato d’ammonio. Per ciascuno di essi si è provveduto allamisurazione di tutte le parti sclerificate è al loro successivo utilizzo per la determinazione alivello specifico.Complessivamente sono state rinvenute 11 specie diverse di monogenei appartenenti aigeneri Dactylogyrus, Gyrodactylus, Cleidodiscus, Tetraonchus, Paradiplozoon ePseudodactylogyrus.In particolare nei cavedani (Leuciscus cephalus) esaminati sono stati rinvenutiDactylogyrus vistulae, D. ergensi, Gyrodactylus gracilihamatus e Paradiplozoon rutili.Nei Vaironi (Leuciscus souffia) Dactylogyrus vistulae. Nelle carpe (Cyprinus carpio)Dactylogyrus extensus e Gyrodactylus katharineri. Nei lucci (Esox lucius) Gyrodactyluslucii e Tetraonchus monenteron. Nei pesci gatto (Ictalurus melas) Cleidodiscus pricei. Neicarassi (Carassius carassius) Dactylogyrus anchoratus, D. formosus, D. vastator. Nelleanguille (Anguilla anguilla) Pseudodactylogyrus bini e P. anguillae. Nei barbi (Barbusplebejus) Dactylogyrus carphathicus e D. falciformis.Delle 13 specie rinvenute 11 sono segnalate per la prima volta sul territorio italiano(Gyrodactylus gracilihamatus, G. katharineri, G. lucii, Paradiplozoon rutili, Cleidodiscuspricei, Dactylogyrus anchoratus, D. formosus, D. vastator. D. carphathicus e D.falciformis).

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8.

CAPACITA’ E LIMITI ADATTATIVI DI Gambusia holbrooki Girard ALLE VARIAZIONI DI SALINITA’.

Gandolfi G. L., Alessio G., Belletti E.

Dipart. di Biol. Evol. e Funz., Sez. Biologia Animale, Università, 43100 Parma.

La gambusia, Gambusia holbrooki Girard, è un Pecilide introdotto ormai da più di mezzosecolo in acque italiane e che ha colonizzato svariati ambienti, talora caratterizzati dacondizioni e profili ecologici assai differenziati.Recentemente la specie, alloctona, è stata oggetto di rinnovato interesse e di impiegomirato in ambiti di lotta biologica ai Culicidi, posta in atto da diverse AmministrazioniProvinciali per la tutela della salute e del benessere della cittadinanza.I rilevamenti, gli studi e le ricerche su questa specie, particolarmente enfatizzati edincrementati negli ultimi anni, hanno evidenziato la sua ampia valenza ecologica. Dallaletteratura scientifica in materia, purtroppo, ben poco si conosce invece circa la suacapacità adattativa a condizioni di variazioni e di incrementi salini (occasionali e/o talvoltapermanenti) degli ambienti occupati. A tal fine, e per chiarire i limiti di resistenza dellaspecie alle fluttuazioni aline, sono stati allestite in laboratorio sperimentazioni mirate disopportazione e sopravvivenza in condizioni di differente concentrazione salina (da 0‰ a40 ‰). Allo scopo sono stati impiegati 2 distinti ceppi di animali di diversa provenienza,signatamente dulcicoli, in tempi successivi e in condizioni variate.I risultati ottenuti evidenziano che tutte le gambusie testate, comunque originarie, sonosuscettibili a mortalità ad una dose letale media (DLM 50%) di salinità di 25 g/l circa.Rispetto alle femmine, più tolleranti, probabilmente per esigenze naturali di propagazioneed affermazione della specie, i maschi risultano più sensibili e meno resistenti, poichésoccombono già a circa 22‰ di salinità.In condizioni di salinità analoghe alle condizioni marine oppure di ipersalinità (35‰ fino a40‰) la sopravvivenza individuale è inferiore a 24 ore, ma sorprendentemente raggiunge i4 giorni già in concentrazioni saline del 30‰.I risultati ottenuti, che sembrano particolarmente interessanti, poiché la gambusia èfrequente in molti biotopi lagunari salmastri caratterizzati anche da ampie fluttuazionialine, più o meno durature legate alle maree, sono commentati e discussi in rapporto allapossibilità di un più vasto impiego del Pecilide per scopi di controllo dei Culicidiinfestanti.

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9.

CARATTERIZZAZIONE AMBIENTALE DELLE “NURSERY AREAS”COSTIERE PER IL NOVELLAME DI SPIGOLA E DI MUGILIDI,

LUNGO LE COSTE ITALIANE

Maio Giuseppe1, Busatto Thomas2, Trisolini Renata3 e Franzoi Piero4

1 AQUAPROGRAM srl, via Borella 53, I-36100 Vicenza, Italy2 Via Palladio, 20 – I-30175 Venezia-Marghera

3 Via Einaudi – I-30174 Venezia-Mestre4 Dip. di Scienze Ambientali, Università di Venezia, Castello 2737/b, I-30122 Venezia

Gli avannotti di mugilidi e spigola (“novellame”) migrano dal mare aperto verso le coste equindi negli ambienti salmastri e d’acqua dolce, dove possono trovare sia le condizionifavorevoli per il loro accrescimento che un rifugio dai predatori.In Italia la pesca del novellame ha una lunga tradizione ed è alla base della gestione dellelagune costiere. Durante il periodo di rimonta dal mare delle diverse specie, pescatoriprofessionisti catturano gli avannotti lungo le coste italiane per poi venderli, a scopo disemina, soprattutto ad impianti di allevamento estensivo.Durante le stagioni di pesca 2000 e 2001 alcuni ricercatori hanno seguito direttamentel’attività dei pescatori di professione rilevando, oltre ai dati del pescato, anche lecaratteristiche ambientali dei siti di pesca. Inoltre, ad un campione selezionato di pescatorisono stati fatti compilare degli appositi questionari giornalieri, con lo scopo dicaratterizzare le zone di pesca sia in termini di caratteristiche ambientali che di “catture perunità di sforzo” delle diverse specie.Sulla base delle informazioni raccolte e mediante l’applicazione di tecniche di analisistatistica multivariata, sono state messe in relazione le distribuzioni delle diverse speciecon le variabili ambientali dei siti di pesca rilevate durante l’indagine. Sono state cosìcaratterizzate le tipologie ambientali che rappresentano le “nursery areas” preferenzialidelle diverse specie.

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10.

ASPETTI DELLA BIOLOGIA DI BARBUS CANINUS (BONAPARTE, 1839)(OSTEICHTHYES, CYPRINIDAE) NEL TORRENTE AGNO (BACINO DEL

FRATTA-GORZONE, VICENZA).

Maio G., Marconato E., Salviati S., Timillero A*., Pizzul E*.

Aquaprogram s.r.l., Via Borella 53, 36100 Vicenza.*Dip. Biologia, Università di Trieste, Via Weiss 2, 34100 Trieste

Il presente lavoro è volto ad approfondire alcuni aspetti della biologia di Barbus caninustramite il monitoraggio, in quattro diversi periodi dell’anno, in nove stazioni dicampionamento lungo il tratto del torrente Agno compreso tra i paesi di Recoaro eValdagno. In questi ambienti il barbo canino condivide il proprio habitat con la trota fario(Salmo [trutta] trutta), la trota iridea (Oncorhynchus mykiss), la sanguinerola (Phoxinusphoxinus) ed il ghiozzo padano (Padogobius martensii).Lungo il tratto di torrente analizzato la biomassa e la densità della popolazione di barbocanino non è risultata costante denunciando una predilezione della specie per le zone confondali costituiti da ciottoli e ad elevato idrodinamismo, mentre rari sono stati gli esemplaricatturati in zone a fondale sabbioso e corrente moderata.La popolazione è risultata costituita da esemplari di età compresa tra 0 e 5 anni. Nellesingole classi di età il rapporto sessi è risultato notevolmente diverso, in particolare è stataosservata una netta predominanza di femmine nelle ultime classi, che potrebbe indicareuna maggior longevità degli esemplari appartenenti a questo sesso.Le regressioni del peso sulla lunghezza alla furca, calcolate separatamente per i maschi eper le femmine, sono risultate statisticamente diverse, evidenziando una differenza diaccrescimento nei due sessi. L’indice gonadosomatico ha presentato in entrambi i sessi unandamento analogo, con valori minimi in periodo invernale e massimi in periodo estivo,individuando in giugno-luglio il periodo riproduttivo. L’analisi delle gonadi ha inoltrepermesso di osservare la presenza di uova in esemplari di età superiore ai due anni e lamedia di uova prodotte è risultata pari a circa 2500 con valori massimi prossimi a 5000 inesemplari di 5 anni di età, valori che sono risultati decisamente superiori a quelli riportatiper la specie in bibliografia

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11.

CARATTERIZZAZIONE MORFOLOGICA ED ECOLOGICA DEL SALMERINOALPINO (SALVELINUS ALPINUS L. 1758) DEL LAGO SANTO PARMENSE

M. Maldini1, F. Nonnis Marzano1, A. Piccinini2, G. Rossetti3, G. Gandolfi1

1 Dipartimento di Biologia Evolutiva e Funzionale, Università degli Studi di Parma2 AcquaEco, Via Augera, 5 – Cadelbosco Sopra (Re)

3 Dipartimento di Scienze Ambientali, Università degli Studi di Parma

Nel Lago Santo Parmense è presente una popolazione di Salmerino alpino (Salvelinusalpinus L. 1758) che mostra una pronunciata forma di nanismo, essendo caratterizzata daesemplari adulti di taglie estremamente omogenee e ridotte (17-22 cm).Dato l’importante valore faunistico e biogeografico di questa specie è stata avviata unaricerca per una caratterizzazione ecologica e genetica del popolamento, al fine di definirealcune ipotesi gestionali.Oltre alla determinazione di alcuni caratteri morfo-meristici per l’identificazionetassonomica degli esemplari, la caratterizzazione ecologica ha riguardato la valutazione deicontenuti gastrici e il grado di sviluppo delle gonadi, in modo da ottenere indicazioni sullostato trofico e sul potenziale riproduttivo dei singoli individui.L’identificazione tassonomica della specie, erroneamente attribuita per lungo tempo alcongenerico S. fontinalis (Salmerino di fonte), è stata eseguita, oltre che su base fenotipica(livrea), considerando anche caratteri numerabili quali il numero delle vertebre, dellebranchiospine, delle scaglie lungo la linea laterale e dei raggi delle pinne. Tali parametrihanno consentito una prima differenziazione di questi esemplari da ceppi nordeuropei chepresentano un maggior numero delle strutture anatomiche sopracitate. L’analisi delleasimettrie fluttuanti (corrispondenza di caratteri morfo-meristici degli organi pari) haaltresì consentito una valutazione dell’”omeostasi dello sviluppo” dei singoli esemplari. Aciò è stato associato anche il calcolo del fattore di condizione K (quasi sempre <1) in gradodi esprimere una valutazione dello stato trofico degli esemplari.Il nanismo del salmerino è stato spesso imputato alla sua competizione alimentare con latrota fario. L’analisi dei contenuti gastrici delle due specie simpatriche ha evidenziatosoltanto una limitata sovrapposizione della nicchia trofica. In realtà, la trota fario, qualespecie dominante, tende a colonizzare la zona litorale che riceve abbondante apporto dialimento dalla zona boschiva, confinando il salmerino nella zona ipolimnica evincolandolo ad una dieta strettamente bentofaga in cui prevalgono larve di Chironomidi eAnfipodi.I deficit nutrizionali del salmerino appaiono evidenti dall’indice di replenezza gastrica, cherisulta essere sufficientemente alto solo nella fase primaverile, mentre in estate è daconsiderare molto scarso o nullo; la dieta entomofaga della trota garantisce invece unadeguato apporto nutrizionale soprattutto in tarda primavera-estate.I risultati di questa ricerca hanno consentito la pianificazione di interventi gestionaliriferibili a programmi di ripopolamento del salmerino e al contemporaneo controllo dellapopolazione di trote.

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12.

L’INTRODUZIONE DEL PERSICO TROTA (Micropterus salmoides, Lacépède1802) NEL LAGO DI BRACCIANO (LAZIO). OSSERVAZIONI PRELIMINARI.

Andrea Marinelli, Massimiliano Scalici, Giancarlo Gibertini

Dipartimento di Biologia, Università Roma Tre, V.le G. Marconi 446, 00146 ROMA

Il persico trota, Micropterus salmoides (Lacépède, 1802), è un centrarchide originario delNord America introdotto in Europa verso la fine del 1800 e segnalato per la prima volta nelNord Italia attorno agli inizi del 1900. È attualmente anche presente nel Centro Italia. Inprovincia di Roma, nel Lago di Bracciano, è stata segnalata la sua presenza alla fine deglianni ’90 a seguito di immissioni non autorizzate. Per valutare l’impatto delle popolazionidi persico trota sull’ecosistema lacustre, è stato intrapreso uno studio sull’autoecologia diquesta specie, che ha previsto fino ad ora l’utilizzo di 100 esemplari. Gli individuiesaminati sono stati suddivisi per età mediante lettura delle scaglie, e per sesso attraversol’osservazione delle gonadi, non essendo manifesto in questa specie il dimorfismosessuale. Le gonadi maschili e femminili sono ben distinguibili e hanno evidenziato il53,7% di maschi, il 38,8% di femmine e il 7,5% di individui immaturi. Dopo essere stateprelevate, le gonadi sono state pesate per il calcolo dell’I.G.S., fissate in liquido di Bouin,incluse in paraffina e colorate con Emallume-Eosina. In questo modo è possibile seguireistologicamente il ciclo di maturazione gonadico in entrambi i sessi. La lettura almicroscopio delle scaglie (prelevate dal lato sinistro del pesce, dorsalmente la linealaterale), ha permesso di suddividere gli individui in 3 classi di età: 0+, 1+, 2+. Sono statianalizzati i caratteri morfometrici (lunghezza tot., lunghezza standard, lunghezza dellepinne, diametro orbitale, ecc.) e meristici (numero di scaglie della linea laterale, numerodei raggi delle pinne, ecc.) ed il peso di ciascun pesce. Inoltre, per seguire le abitudinialimentari del persico trota nel Lago di Bracciano, sono stati esaminati i contenutistomacali. Sono stati considerati altresì i parametri chimico-fisici dell’acqua (pH,temperatura, conducibilità, potenziale redox, O2 disciolto, ecc.) di 4 stazioni del Lago,misurati mediante sonda multiparametrica. Per un migliore inquadramento storico dellasituazione relativa all’ittiofauna del Lago di Bracciano, ci si è avvalsi di una serie diinterviste alle cooperative di pescatori professionisti locali e di documentazione fornita dalServizio Tecnico Caccia e Pesca della Provincia di Roma.In seguito ai risultati ottenuti dall’analisi dei contenuti stomacali e dai dati emersi dalleinterviste ai pescatori, si è ravvisata la possibilità di una sovrapposizione di nicchia troficacon altre specie predatrici ittiofaghe, autoctone o storicamente presenti nel lago, quali illuccio (Esox lucius) e il persico reale (Perca fluviatilis); quest’ultima specie sembra averrisentito maggiormente della competizione con il persico trota, subendo così una riduzionenumerica negli ultimi anni. L’assenza di individui di età maggiore di 2 anni, può esserecausata da un diverso comportamento degli adulti rispetto alle forme più giovani. Èprobabile infatti che gli adulti trascorrano la maggior parte dell’anno in acque profonde,evitando così le reti dei pescatori che raggiungono al massimo i 40m di profondità,spostandosi più verso riva nel periodo riproduttivo. La relativa abbondanza di giovani eimmaturi, sta ad indicare, invece, uno stato buono di salute della popolazione diMicropterus salmoides nel Lago di Bracciano, nel quale sembra perfettamente acclimatata,dato il suo successo riproduttivo.Un’analisi più accurata degli effetti che questa specie può causare a livello biocenoticonella comunità ittica del Lago di Bracciano, può contribuire alle pratiche di gestione dellabiodiversità lacustre per una conservazione sostenibile dell’ittiofauna.

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13.

DISTRIBUZIONE DELLA FAUNA ITTICA E GEOREFERENZIAZIONE: NUOVIMETODI DI ELABORAZIONE DEI DATI.

L’ESEMPIO DELLA CARTA ITTICA DI FIRENZE

Annamaria Nocita* e Gabriele Pini**

*Ittiologa presso il Museo di Storia Naturale – Sezione di Zoologia “La Specola”-Università di Firenze e-mail: [email protected]

**Geologo, Libero professionista, Consulente informatico - Via P. Villari, 35 Firenze - e-mail: [email protected].

Le relazioni tecniche e le Carte Ittiche provinciali, che hanno come fine lo sviluppo di lineeguida per la gestione della fauna ittica, molto spesso rimangono poco o affatto utilizzatedai reali fruitori delle stesse, ossia gli Uffici Pesca locali, a causa della forma specialisticain cui vengono proposte. La gestione dei dati attraverso un GIS, contenente gran parte delleinformazioni raccolte sul campo integrate con dati territoriali ed associate ad elementigrafici, risulta invece più rapida e semplice. Si propone quindi lo sviluppo di uno schemache permetta di utilizzare le nuove tecnologie disponibili da parte degli operatori di questosettore e da parte degli ittiologi che vogliono seguire l’andamento di espansione o dicontrazione dell’areale di una specie.

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14.

IL SALMERINO ALPINO (SALVELINUS ALPINUS): PROVE STORICHE ALLASUA INTRODUZIONE SUL TERRITORIO ITALIANO.

A. Piccinini *, F. Nonnis Marzano **, G. Gandolfi **.

* Acqua & Co S.r.l. via Augera 5/A, 42023 Cadelbosco di Sopra (RE).** Dip. di Biol. Evolutiva e Funzionale, Università degli studi di Parma, Parco Area delle

Scienze 11/A, 43100 Parma.

Il salmerino alpino (Salvelinus alpinus) è una specie a distribuzione circumpolare con lapresenza di alcune popolazioni relitte in Austria e Germania. La presenza di questepopolazioni è attribuita agli effetti della glaciazione del Wurm, che ha permesso alla speciedi raggiungere e colonizzare gli specchi d'acqua presenti sull'arco alpino. La separazionedalle popolazioni nordeuropee sarebbe stata una conseguenza del ritiro dei ghiacci. Sempredurante l'ultimo periodo glaciale, si ritiene che la specie abbia potuto colonizzare anche ilversante meridionale delle alpi in territorio italiano, limitatamente al Trentino (inparticolare il Lago di Tovel). In Trentino la specie è, infatti, da sempre stata consideratacome autoctona e come un relitto glaciale. Fonti storiche, risalenti alla metà del 1500, chegià testimoniano la presenza di questa specie, sono sempre state considerate come unaprova di questa autoctonia. Da quest'area originaria, la specie è stata poi introdotta ediffusa in tutto l'arco alpino e nei grandi laghi pre-alpini. Esistono tuttavia altre fontistoriche che sembrano invece provare l'introduzione della specie sul territorio italiano, inun periodo risalente alla fine del XV secolo, antecedente quindi alle prove storiche italiane,da popolazioni presenti sul territorio austriaco. Altre prove in merito all'introduzione sulterritorio italiano, riguardano inoltre la certa immissione per opera dell'uomo nei laghid'alta quota austriaci, dove la specie dovrebbe essere invece giunta naturalmente durante illoro passaggio verso il Trentino. Prove geologiche dimostrano invece come in nessun caso,almeno per quanto riguarda il versante italo-austriaco sarebbe stato possibile per ilsalmerino risalire i corsi d'acqua d'alta quota e superare lo spartiacque alpino. La speciepuò quindi essere ritenuta, con buona certezza, alloctona per il territorio italiano, edintrodotta durante la fine del XV e l'inizio del XVI secolo in Trentino da popolazionipresenti nei laghi austriaci.

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15.

EVOLUZIONE STORICA E RECENTE DELL’ ITTIOFAUNAMODENESE

Luigi Sala* , Massimiliano Gianaroli** & Paolo Tongiorgi***

* Dipartimento di Biologia Animale - Università di Modena e Reggio Emilia** Studio Fontana, Gianaroli, Lanzi - via Togliatti 1/v, 42048 Rubiera (RE)

*** Dipartimento di Scienze Agrarie - Università di Modena e Reggio Emilia

Una campagna di campionamenti estesa all’intero territorio provinciale (60 localitàindagate fra il 1997 e il 2000) ha permesso di verificare sul campo la composizione dellecomunità ittiche presenti nei bacini modenesi. Ciò ha consentito di confrontare lasituazione attuale sia con quella tracciata sulla base d’informazioni acquisite per viaindiretta da Ferri et al. (1986), sia con quella storica, relativa ad oltre un secolo fa (secondametà dell‘800), ricostruita sulla base della documentazione bibliografica e dei repertipresenti nel Museo zoologico universitario modenese.I dati raccolti evidenziano una forte accelerazione negli ultimi 10-15 anni delle dinamichedi alterazione registrate in precedenza per quanto riguarda sia la composizione dellecomunità ittiche sia la loro struttura. A fronte dell’incremento del numero complessivo dispecie (27 nel 1985, 32 nel 2000) dovuto all’introduzione di nuove specie alloctone (chesalgono da 8 a 14), si registra la contemporanea tendenza alla rarefazione ed estinzionedelle specie indigene che, dalle 20 originarie, passano alle 18 attuali, di cui ben 10 più omeno minacciate. Oltre alla già segnalata estinzione del panzarolo, si registra anche quelladella cheppia che compare oggi solo sporadicamente e comunque lontano dai luoghipotenzialmente idonei alla frega. Nella Lista Rossa provinciale spiccano come speciecritical endangered lo spinarello, considerato estinto da Ferri et al. (1986) ma poi ritrovatonel 1997, e il barbo canino e il cobite, ambedue relativamente comuni fino a pochi anniorsono come lo erano d’altra parte l’anguilla e la tinca oggi classificate endangered,quest’ultima estinta negli habitat d’origine e presente solo con popolazioni di origineartificiale sull’Appennino.Il degrado interessa soprattutto le reti di bonifica di pianura dove nel corso deicampionamenti è stata rilevata la prima comparsa del rodeo (Rhodeus sericeus) e deldecapode Procambarus clarckii, specie di cui è stato possibile seguire la prima fase dicolonizzazione del territorio modenese. I campionamenti ittici hanno inoltre costituitol’occasione per acquisire dati sulla presenza di bivalvi Unionidi, in particolare di Anodontawoodiana, specie di origine asiatica comparsa nelle acque modenesi intorno alla metà deglianni ’80, ormai diffusissima e abbondante nelle acque di bonifica dove, parallelamente, siassiste alla quasi totale scomparsa dell’indigena A. cygnaea.Mentre si evidenzia una minore pressione dell’inquinamento, il principale fattore diregresso delle specie indigene è oggi dato dalle modalità di gestione degli alvei e dellerisorse idriche che, nonostante gli enti a vario titolo coinvolti si dichiarino ufficialmentefavorevoli all’adozione di criteri naturalistici, mirate regolarmente a contrastare lospontaneo diversificarsi dell’ambiente fluviale e a garantire il più intenso sfruttamentodelle acque superficiali, non mostrando quindi alcuna concreta differenza rispetto a quelle(generalmente distruttive) del passato.

(indagine finanziata dalla Provincia di Modena - Servizio fauna, caccia e pescanell’ambito del Piano annuale di pesca 1996)

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16.

EFFETTI DELLA PERIODICA SOMMINISTRAZIONE DEL LEUPROLIDEACETATO SULL’OOGENESI DI ORATA, SPARUS AURATA L. (1758).

Massimiliano Scalici1, Giancarlo Gibertini1 e Stefano Canese2

1Dipartimento di Biologia, Università “Roma Tre”, v.le G. Marconi 446 - 001462ENEA, Biotec, Via Anguillarese 301, 00060 S. Maria di Galeria (Roma).

Per contribuire al miglioramento delle pratiche di gestione di stock di riproduttori inacquacoltura, è stata osservata l’influenza della periodica somministrazione del leuprolideacetato sulla oogenesi dell’orata. Tale sostanza è stata fino ad ora utilizzata per permettereagli individui di sesso femminile una migliore ovulazione, dato che, rispetto all’ormoneendogeno, è meno suscettibile alla degradazione enzimatica. Per realizzare la ricerca sonostate allevate un totale di 55 orate in un sistema a ricircolo, da gennaio 2001 a gennaio2002. Per monitorare la qualità dell’acqua di allevamento, sono state rilevatecostantemente la temperatura, la salinità, il pH e le concentrazioni di NO2

-, NO3-, NH4

+ ePO4

3-. Ogni 40 giorni, i pesci sono stati anestetizzati con MS-222 e sottoposti alrilevamento del peso e della lunghezza standard. Durante ogni campionamento, a 28animali è stato somministrato per via intramuscolare il leuprolide acetato (in ragione di20µg/kg di peso del pesce) contenuto in microsfere anidre biodegradabili (solubilizzate insoluzione NaCl 0,9%). I pesci trattati sono stati riconosciuti per mezzo di un PIT, inseritoper iniezione intramuscolare, che permette il riconoscimento attraverso la lettura di uncodice alfanumerico. Le restanti 27 orate sono state utilizzate come controllo. Per tutte leorate è stato stimato il tasso di accrescimento, calcolato come la differenza dei logaritminaturali della media finale e della media iniziale dei pesi diviso la durata dellasperimentazione espressa in giorni. Durante l’ultimo campionamento sono stati prelevati invivo campioni di oociti per premitura del ventre o per inserimento di un catetere. Essi sonostati conservati in una soluzione fissativa costituita da formalina (al 37%) diluita all’1%con una soluzione di NaCl all’1,1%, ed in seguito analizzati al microscopio per misurarne idiametri. Successivamente, i campioni sono stati sottoposti ad analisi istologiche. Durantela sperimentazione, i parametri fisico-chimici hanno mostrato un andamento soddisfacente.L’accrescimento delle orate sottoposte al trattamento ormonale è risultato esseresovrapponibile a quello degli animali di controllo (tasso di accrescimento, rispettivamente,pari a 0.091g/d e a 0.089g/d). Nel corso dell’ultimo campionamento sono stati prelevati deicampioni di oociti da tutte le orate. Dalla lettura dei diametri è stato possibile osservare chei valori medi sono più alti per le orate trattate che per le orate di controllo. Gli oociti delleorate sottoposte alla somministrazione ormonale presentano una maggiore omogeneità(range intorno al valore medio più ristretto) e quelli che si trovano in previtellogenesi ed invitellogenesi presentano dei valori medi chiusi in un intervallo ristretto. L’analisi di unconsistente numero di campioni di orate trattate mostra solo oociti idratati, mentre neirestanti campioni gli oociti idratati sono presenti solo in parte. Le orate non sottoposte altrattamento, invece, presentano il maggior numero di campioni con: soltanto oociti inprevitellogenesi; oociti in previtellogenesi; oociti in vitellogenesi. Le analisi istologichenon hanno mostrato differenze qualitative (rapporto proteine/lipidi) fra i diversi stadi dimaturazione degli oociti prelevati dagli animali trattati e da quelli di controllo. Laperiodica somministrazione del leuprolide acetato, complessivamente, non ha influenzatola costituzione degli oociti, né ha influenzato l’accrescimento. Il leuprolide permette,

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invece, un anticipo del periodo maturativo e la sincronizzazione dell’ovulazione di tutte lefemmine di orata. La somministrazione del leuprolide acetato, in definitiva, rappresentaun’utile alternativa all’utilizzo di altre sostanze come la gonadotropina corionica umana,poco costosa e facilmente reperibile, ma immunogenica.

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17.

RISULTATI PRELIMINARI DELL’OSSERVATORIO PERMANENTE SULLAPESCA E L’ECOSISTEMA ACQUATICO DEL BASSO CORSO DEL TEVERE

Tancioni L.1, Ciccotti E.1, Ferrante I.1, Furlani A.1, Mancini L.2, Mattina F.3, MocciaG.3, Monfrinotti M.1, Pipornetti G.1 & Cataudella S.1

1 Laboratorio di Ecologia Sperimentale ed Acquacoltura – Dipartimento di Biologia –Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” – Via Cracovia 1, 00133 Roma

2 Laboratorio di Igiene Ambientale – Istituto Superiore di Sanità – Viale ReginaMargherita, Roma

3 Amm.ne Prov.le di Roma – Servizio Caccia e Pesca – Dip. VI – Servizio n.2 – ViaCavour, 266, Roma

L’Università di Roma “Tor Vergata” ha realizzato, per conto dell’Assessorato Caccia ePesca dell’Amministrazione Provinciale di Roma ed in collaborazione con i pescatoriprofessionali del basso corso del fiume Tevere, un osservatorio permanente per :♦ Conoscere meglio la fauna ittica del Tevere come componente sensibile

dell’ecosistema, soggetta a molteplici impatti ed usi umani.♦ Osservare alcune relazioni tra qualità ambientale e comunità ittiche anche per

contribuire all’identificazione degli interventi di gestione sostenibile del fiume.♦ Sensibilizzare i pescatori professionali verso forme di pesca responsabile, riducendo lo

sforzo di pesca e creando nuovi servizi (turismo, educazione, pesca sportiva).♦ Trasferire a tutti i cittadini le conoscenze sull’ecologia fluviale, sulla pesca, sui

pescatori, sulla cultura “fiumarola”, patrimonio da tutelare e da conservare nel tempo.La pesca è stata considerata come strumento per contribuire ad una sana politicaambientale, finalizzata alla conservazione degli ambienti acquatici naturali e basatasull’uso responsabile delle risorse, come indicato nel Codice di Condotta per una PescaResponsabile redatto dalla FAO (1995) e nelle specifiche linee guida tecniche per unapesca responsabile nelle acque interne (FAO 1997). Inoltre, la messa punto di sistemistandardizzati di rilevamento dei dati di pesca, sia professionale che sportiva, puòrappresentare un valido strumento di monitoraggio per gli ambienti lotici e può consentire,inoltre, l’acquisizione delle conoscenze di base sulla fauna ittica (a.e. composizione eabbondanza delle specie, presenza di specie sensibili, struttura demografica dellepopolazioni ittiche) necessarie per la definizione dello stato ecologico dell’ambientefluviale; in accordo con quanto previsto dalla nuova direttiva della Comunità Europea, cheistituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (Dir. 2000/60/CE).Le principali attività riferite allo sviluppo di metodi di monitoraggio dell’ecosistemafluviale e della comunità ittica nel basso corso del Tevere sono state le seguenti:• monitoraggio del popolamento ittico attraverso l’esecuzione di campagne di pesca

sperimentale ed il rilevamento dei dati di cattura degli operatori della pescaprofessionale;

• caratterizzazione dell’ambiente acquatico, con particolare riferimento alla qualitàchimica microbiologica e biologica delle acque, attraverso il rilevamento di una serie diparametri fisico - chimici, microbiologici e l’analisi dei popolamenti macrobentoniciper il mappaggio biologico (metodo IBE - Ghetti, 1997);

• valutazione della funzionalità dell’ecosistema fluviale attraverso l’applicazionedell’Indice di Funzionalità Fluviale (AA.VV., 2000).

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ENTI PATROCINANTI

COMUNE DI BAGNO DI ROMAGNA

COMUNITA' MONTANA APPENNINO CESENATE