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D 54 28 MARZO 2015 Foto di fotografo S iamo in un laboratorio a Köppern, una cittadina non lontana da Francoforte. Una giovane donna, con quattro elet- trodi collegati alla testa, sta dormendo su una brandina e il movimento dei suoi occhi, sotto le palpebre, è un segnale preciso: sta entrando nel mondo dei sogni. Come da procedura, un uomo in camice bianco le trasmette una lieve scossa elettrica. Dopo alcuni secondi la donna viene svegliata e le viene chiesto di raccontare la propria esperienza. «Stavo parlando con l’at- tore Matthias Schweighöfer e due studenti Erasmus che avevo conosciuto a Gottinga. Quando i ragazzi mi hanno chiesto se mi capitava spesso di incontrare Schweighöfer, ho pensato: “Ehi, ma io sto sognando!”». Per la maggior parte di noi, queste parole suonano come un racconto con- fuso. Ma per Ursula Voss, psicologa all’Università di Fran- coforte, questo report onirico rappresenta un successo che i suoi colleghi di tutto il mondo reputano eccezionale. La ricercatrice, tramite una lieve scossa elettrica, ha indotto nella donna un cosiddetto lucid dream. Un sogno lucido, cosciente, in cui chi dorme si rende conto all’improvviso che sta sognando e talvolta, per pochissimo tempo, riesce a prendere in mano il “copione” di quanto accade e deci- derne la trama. Una sorta di “cinema cerebrale”, in cui il regista è lo stesso sognatore: una notizia che entusiasma esperti e profani. La scoperta: i sogni si possono indurre in laboratorio. E gli scienziati si dividono tra chi pensa che siano errori del cervello e chi ci vede un senso superiore di Frank Thadeusz Foto di JeeYoung Lee A COSA SERVE SOGNARE 28 MARZO 2015 D 55 Foto di fotografo NEW S VISIONI D’ARTISTA Le immagini di queste pagine sono tratte da Daze: Stage of Mind, un lavoro che la fotografa coreana JeeYoung Lee ha dedicato all’“invisibile”, ovvero al mondo dei sogni, ricreato nel suo studio anche grazie a vere e proprie scenografie e performance artistiche. Foto courtesy OPIOM Gallery

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Siamo in un laboratorio a Köppern, una cittadina non lontana da Francoforte. Una giovane donna, con quattro elet-trodi collegati alla testa, sta dormendo su una brandina e il movimento dei suoi occhi, sotto le palpebre, è un segnale preciso: sta entrando nel mondo dei sogni. Come da procedura, un uomo in

camice bianco le trasmette una lieve scossa elettrica. Dopo alcuni secondi la donna viene svegliata e le viene chiesto di raccontare la propria esperienza. «Stavo parlando con l’at-tore Matthias Schweighöfer e due studenti Erasmus che avevo conosciuto a Gottinga. Quando i ragazzi mi hanno chiesto se mi capitava spesso di incontrare Schweighöfer, ho pensato: “Ehi, ma io sto sognando!”». Per la maggior parte di noi, queste parole suonano come un racconto con-fuso. Ma per Ursula Voss, psicologa all’Università di Fran-coforte, questo report onirico rappresenta un successo che i suoi colleghi di tutto il mondo reputano eccezionale. La ricercatrice, tramite una lieve scossa elettrica, ha indotto nella donna un cosiddetto lucid dream. Un sogno lucido, cosciente, in cui chi dorme si rende conto all’improvviso che sta sognando e talvolta, per pochissimo tempo, riesce a prendere in mano il “copione” di quanto accade e deci-derne la trama. Una sorta di “cinema cerebrale”, in cui il regista è lo stesso sognatore: una notizia che entusiasma esperti e profani.

La scoperta: i sogni si possono indurre in laboratorio. E gli scienziati si dividono tra chi pensa che siano errori del cervello e chi ci vede un senso superiore di Frank Thadeusz Foto di JeeYoung Lee

A COSA SERVE SOGNARE

28 MARZO 2015 D 55

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NEWS

VISIONI D’ARTISTALe immagini di queste pagine

sono tratte da Daze: Stage of Mind, un lavoro che la

fotografa coreana JeeYoung Lee ha dedicato all’“invisibile”, ovvero

al mondo dei sogni, ricreato nel suo studio anche grazie a vere e proprie scenografie

e performance artistiche. Foto

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Il giorno in cui Ursula chiese agli studenti interessati alla ricerca di presentarsi nel suo ufficio, alla sua porta arriva-rono almeno un centinaio di ragazzi. «L’entusiasmo era ge-nerale», racconta. «Del resto ci troviamo nell’epoca d’oro delle ricerche sui sogni e sono certa che nei prossimi anni faremo altre scoperte fondamentali»

Le più recenti mostrano che sogno e stato di veglia si somigliano molto più di quanto si im-maginava. Per anni gli esperti hanno creduto che, dormendo, si cadesse in una specie di coma, oggi si sa che il nostro cervello non va af-fatto in stand by e persino nel sonno profondo l’attività cerebrale raggiunge l’80%, mentre d u r a n -

te il giorno il cervello lavora per almeno metà del tempo in “modalità sogno”. In quel 50% di tempo i ricercatori fanno rien-trare i cosiddetti sogni a occhi aperti, in cui per qualche istante ci troviamo la testa tra le nuvole: immaginare una macchina nuova, un viaggio o una vinci-ta alla lotteria mette in moto gli stessi proces-si neuronali del sogno vero e proprio. D’altra parte, come sostie-ne il neuroscienziato dell’Università della California Jonathan Schooler, questi sogni diurni sono momenti di grande creativi-tà, in cui aumenta la capacità di risolvere problemi e pianificare la nostra vita in modo efficiente. Come dire che il nostro cervello pensa anche mentre stiamo sognando - a volte in modo più efficace di quando siamo svegli.Da tempo negli studi sull’attività onirica si confrontano due schieramenti: da una parte ci sono gli studiosi che ancora ricercano nei sogni un senso nascosto, dall’altro ci sono quelli che li reputano semplici sottoprodotti dell’atti-vità cerebrale involontaria, scintille di neuroni senza signi-ficato. A questo secondo schieramento appartiene anche la Voss. «I sogni non vogliono comunicarci nulla», sostiene. «Per questo non è necessario ricordarli».A circa 9mila km dalla dottoressa Voss, sulla costa occiden-tale degli Stati Uniti, vive George Domhoff che, a 78 anni, è un decano della ricerca. Domhoff crede da sempre che i sogni abbiano un significato e per decenni ha annotato i suoi e quelli di altri, realizzando un’immensa biblioteca. Per decifrarne il senso, li ha scomposti e suddivisi in singole immagini anche molto bislacche, tipo “madre seduta su un cavallo mentre fuma”, dopo di che ha assegnato a ciascuna

dei codici alfanumerici. In questo modo la sua équipe ha realizzato una vera e propria tassonomia dei contenuti oni-rici, senza però essere poi in grado di estrapolare significati più profondi. «Non abbiamo nessuna prova che avvalori la tesi freudiana dell’appagamento dei nostri desideri ses-suali attraverso l’attività onirica», ammette Domhoff. No-nostante questo, il ricercatore è convinto che i sogni non siano poi tanto enigmatici: «Solitamente risultano plausi-bili quanto un racconto breve, il più delle volte sono emo-tivamente equilibrati. Proprio come accade nello stato di veglia». Sognare, ne è convinto, ci aiuta insomma ad affron-tare con successo la vita da svegli, assolvendo la funzione del “fratello maggiore” brillante e intelligente della nostra

coscienza.Certo è che ogni esse-re umano di notte so-gna, anche se al mat-tino non lo ricorda. Le donne solitamente hanno più facilità de-gli uomini a raccon-tare cosa hanno vis-suto e la capacità di memorizzare le espe-rienze oniriche dimi-nuisce per entrambi i sessi con il passare degli anni, anche se gli scienziati non han-no ancora scoperto perché.È dovuto passare mezzo secolo prima che l’interpretazione freudiana dei sogni potesse essere messa scientificamente in di-scussione. Un giorno, per caso, Eugene Ase-rinsky, un giovane dot-torando dell’Universi-tà di Chicago, fece una scoperta rivoluziona-

ria: osservò che bambini molto piccoli di notte muovono gli occhi sotto le palpebre. Quindi assieme al suo docente, il professor Nathaniel Kleitman, scoprì che i sogni si verifica-no nella cosiddetta fase Rem, Rapid Eye Movement.

Poco dopo, alcuni ricercatori francesi indi-viduarono anche il punto nel cervello in-caricato di attivare la fase Rem: il ponte, una parte del tronco encefalico deputato ad attività fondamentali come respirare. La distanza di questa regione del cervel-lo dalle attività definite “coscienti”, però, rese impossibile continuare a parlare di

pulsioni proibite nella fase onirica. Come spiegare, allora, che la maggior parte dei sogni si presentano non come un caos disorganizzato, ma come un racconto, anche se stra-vagante? Diversi studi confermano l’impressione che le cose nel mondo dei sogni procedano piuttosto ordinata-mente. Risulta infatti che il 60-80% delle nostre “visioni”

Le donne hanno più facilità a ricordare i sogni, ma

la capacità di memorizzarli diminuisce per tutti con l’età

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notturne sia caratterizzato da una certa coerenza, solo nel 5% dei casi il sognatore riferisce un’esperienza contraddit-toria, mentre meno del 10% ha una matrice fortemente drammatica. George William Domhoff è convinto che le prestazioni sogni siano molto più complesse di quanto si pensi e che la nostra mente sia in grado di combinare le paure presenti con il ricordo di situazioni positive del pas-sato. Quello che insomma può sembrare un incubo ha la capacità di rafforzare un’idea fondamentale e consolatoria, come l’esame che riviviamo con la stessa angoscia di quan-do andavamo a scuola: l’abbiamo superato, quindi siamo in grado di affrontare con successo le sfide future.Domhoff sostiene che accade un po’ come in un labora-torio che tratta mate-riali altamente reatti-vi: mentre si sogna, le impressioni e i ricordi sono scomposti in pic-cole particelle e poi ri-composti dando vita a qualcosa di nuovo. In questo modo prende vita una cosa che per noi esseri umani è fon-damentale: un piano per il futuro.«Non è certo un caso», sostiene il ricercatore, «che spesso, appena svegli, troviamo la soluzione a un pro-blema, o che improv-visamente ci venga in mente dove abbiamo messo le chiavi della macchina».

Il potere dei so-gni, però, va ben oltre il sollievo ai nostri proble-mi quotidiani: Domhoff crede addirittura che i sogni possano aiutarci a riprendere in mano il timone della nostra vita. Per sostenere la

sua ipotesi è ricorso a uno dei “diari onirici” più angoscianti mai scritti: quello di un uomo americano di nome Ed, che per 22 anni, dal 1980 al 2002, ha tenuto traccia dei pro-pri sogni dopo la morte della moglie, malata di tumore. Domhoff ha analizzato gli scritti di Ed, arrivando alla con-clusione che siano una ventennale elaborazione del lutto. «La gamma di emozioni reali e impressioni nei sogni di Ed non è paragonabile a nessun’altra teoria, non ha niente a che vedere né con Freud, né con Hobson», spiega. Secondo lui il sogno rappresenta una forma di pensiero particolar-mente creativa ed è imparentato con lo stato di veglia molto più di quanto sia stato ritenuto finora. E di fatto, le ultime rivelazioni legate al funzionamento del cervello vanno in questa direzione. È recente la scoperta di cosa accade nella mente di una persona che si ritrova a sognare a occhi aperti. Quando abbiamo “la testa tra le nuvole” ogni input esterno viene bloccato e il cervello entra in una modalità di tem-

poraneo isolamento, definito dai neurologi default mode network. È assai probabile che succeda così anche quando sogniamo: le capacità motorie, sensoriali e visive vengono disattivate e ci resta solo l’immaginazione. «Per questo mo-tivo dobbiamo parlare di un “sistema di immaginazione” deputato alla produzione di sogni», spiega Domhoff. Per la ricerca sui sogni si tratta di una scoperta rivoluzionaria: se, mentre dormiamo, il nostro cervello attiva le stesse regioni che sono attivate in stato di veglia, questi due livelli devono essere imparentati in maniera molto più stretta di quanto si possa immaginare. A sostegno di quanti ricercano nell’attività onirica un si-gnificato non casuale, pare inoltre che il sogno necessiti

di uno sforzo menta-le considerevole: ca-pacità che nell’uomo matura con il tempo. «A un certo punto, tra i 4 e i 7 anni, il nostro cervello riesce a cre-are delle immagini mentre dorme», so-stiene Domhoff. Altri studi dimostrano che successivamente, tra i 13 e i 15 anni, i so-gni degli adolescenti raggiungono un li-vello drammaturgico pari a quello degli adulti. Per quale mo-tivo un apparato così complesso dovrebbe maturare in un lasso di tempo così ampio, se il suo unico scopo fosse quello di creare un insensato delirio nelle nostre menti? Non sarebbe chiaro nemmeno per quale motivo esista una dif-

ferenza tra i sessi quanto ai diversi livelli in cui ci traspor-ta un sogno. E infatti può sorprendere, ma i sogni rical-ca i cliché di genere: in quelli delle donne il ruolo della famiglia, per esempio, è assai preponderante, mentre i sogni maschili sono popolati più spesso da situazioni condivise con altri uomini. Mentre i sogni erotici risulta-no di frequenza assai ridotta in entrambi i sessi.

La dottoressa Voss contraddice la teoria di Domhoff sostenendo che, quando dormia-mo, ci veniamo a trovare sullo stesso livello di coscienza degli animali, che provano emo-zioni, hanno una percezione di sé e sono in grado di sognare. Ma non sono in grado di riflettere sul proprio comportamento, né di pianificare il futuro. Secondo la ricercatrice,

noi in sostanza ci immergiamo in quello stesso limitato sta-to di coscienza. La stessa Voss, però, riconosce una sorta di “uscita laterale” dal pantano della limitata condizione animale: un sognatore su due, almeno una volta nella vita,

«Non può essere un caso se spesso è appena svegli che troviamo la soluzione a un problema difficile»

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oltrepassa questa soglia. Si tratta di quei rari momenti in cui all’improvviso e involontariamente ci rendiamo con-to del fatto che stiamo sognando. Per alcuni secondi, a un tratto, ci rendiamo conto delle incongruenze presenti nella trama del “film”: viviamo da adulti nella casa della nostra infanzia, parliamo con gli animali... Insomma, sappiamo di trovarci in un sogno. Da dove provengono questi momenti di “lucidità”? I ricercatori non sanno dirlo, ma una cosa è certa: se questa consapevolezza dura troppo a lungo, im-mancabilmente ci si sveglia. In laboratorio i ricercatori sono in grado di cogliere questi attimi e già solo il primo barlume di consapevolezza può essere rilevato da una fluttuazione dell’attività elettrica del cervello.I soggetti a cui la Voss ha dato una lieve scari-ca elettrica riferiscono di essere stati in grado per un istante di pren-dere in mano le sorti del proprio sogno, anche se la capacità di immaginazione risul-tava a tratti limitata. Una donna racconta di essersi trovata sotto una pioggia battente e di aver pregato che uscisse il sole; il sole ha fatto capolino ma, nel frattempo, la pioggia continuava a cadere. Un’altra donna dice, al risveglio: «Pensavo che sarebbe stato bello galoppare in quel pra-to e ho fatto una fatica incredibile a portare un cavallo nel mio so-gno: alla fine ci sono riuscita, anche se l’a-nimale non sembrava proprio reale». La dottoressa Voss e il dottor Hobson sono scettici nei confronti delle storie dal sapore un po’ stravagante che prendono vita nell’officina del sogno lucido. «Se veramente esistesse la possibilità di attivare un centro di controllo nel cervello con una stimo-lazione», dice Hobson, «sarebbe di importanza planetaria per la comprensione della salute e delle malattie menta-li». E il sogno lucido acquisterebbe un ruolo chiave nella ricerca scientifica sugli stati di coscienza. I risultati degli ultimi esperimenti sono promettenti, specie in relazione a pazienti che presentano danni a livello della corteccia prefrontale, l’area del cervello che viene disattivata anche quando si sogna. Un collega della Voss, Ansgar Klimke, ha sollevato una riflessione piuttosto audace: «Se posso attivare il lobo fron-tale del cervello durante il sonno, forse potrei riuscirci an-che in presenza di una lesione», spiega. «Con una stimola-zione costante a 40 hertz sarebbe possibile riattivare questa parte del cervello, o almeno simularne la funzione».

Q uanto le persone soffrano durante il sonno lo spiega il giornalista scienti-fico Stefan Klein: «Gli incubi dei ve-terani di guerra sono come dei film altamente reali, capaci di riportarli in mezzo al campo di battaglia dopo anni», spiega. «Sentono il frastuo-no dei mitra e delle bombe, vedono

corpi sporchi di sangue e la paura di morire si imposses-sa di loro». Forse potrebbero non restare più in balia del loro destino onirico. La terapia che prevede l’esperienza del sogno lucido è tanto semplice quanto affascinante: i pazienti imparano a prendere il controllo del loro incubo

ricorrente. «Vogliamo che il soggetto impa-ri a dare al suo film dell’orrore una svolta positiva: invece di fug-gire, potrebbe voltarsi e invitare il nemico al dialogo», spiega Klein. Gli studi evidenziano una grande varietà di strategie adottate dai pazienti: alcune vitti-me di violenze prova-no grande piacere a mettere in fuga il pro-prio aguzzino, altre invece affrontano l’or-rore dando una svolta positiva al sogno. I ricercatori hanno raccolto diverse pro-ve del fatto che chi è capace di vivere l’e-sperienza del sogno cosciente «dimostra competenze maggiori nel risolvere i proble-mi», spiega Patrick Bourke, psicologo dell’Università di

Lincoln, Inghilterra, dopo avere sottoposto a diversi eser-cizi cognitivi persone “normali” e persone capaci di vivere l’esperienza del sogno lucido. «Perché fanno un passo in-dietro, mettono in discussione ciò che sembra plausibile e a quel punto prendono in considerazione un’alternativa, benché a prima vista non adeguata», spiega Bourke. «È evidente che queste persone siano più efficienti», con-corda la Voss. «Riescono a controllare meglio il lobo fron-tale e attivare questa frequenza a 40 hertz». Ma quindi chi non è in grado di prendere in mano le redini dei propri so-gni è un sognatore di serie B? «No», risponde Klimke, «il sogno lucido non catapulta in uno stato di coscienza più elevato». A oggi non sono state fatte ricerche sui danni che potrebbe causare a un individuo. «In fondo, una ragione deve esserci se spesso non riusciamo a ricordare i sogni», dice Klimke. «L’ippocampo vuole starsene per conto suo, mentre è impegnato nel processo di rielaborazione». (© Der Spiegel /New York Times Syndicate. Trad. di M. Calabresi)

Con la terapia del “sogno lucido” i pazienti imparano

a prendere il controllo dei loro incubi ricorrenti

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