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1 TESI DI LAUREA DI MICHELE CARIDÀ LANMIL E GLI INFORTUNI, INCIDENTI E MORTI SUL LAVOROA Filippo, a mio padre E a te

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1

TESI DI LAUREA

DI MICHELE CARIDÀ

“L’ANMIL E GLI INFORTUNI, INCIDENTI E MORTI SUL LAVORO”

A Filippo, a mio padre

E a te

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INTRODUZIONE

1. MEDIA E MODA

1.1 Definizione di media e moda

1.2 Tipologie di media

1.3 Esempi di moda

2. A.N.M.I.L. E INFORTUNI SUL LAVORO

2.1 Infortuni sul lavoro

2.2 Malattie professionali

2.3 Morti bianche

2.4 Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati ed Invalidi del Lavoro

3. STATISTICHE DEGLI INFORTUNI SUL LAVORO

3.1 Media e moda nazionale degli infortuni sul lavoro

3.2 Media e moda europea degli infortuni sul lavoro

3.3 Statistiche sui costi del lavoro e degli infortuni sul lavoro

Conclusioni

Bibliografia

Sitografia

Ringraziamenti

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INTRODUZIONE

L’obbiettivo principale per il quale ho deciso di trattare i prossimi argomenti è quello di portare avanti

un tema sociale spesso sottovalutato come quello degli infortuni, incidenti e morti che avvengono di

continuo durante il lavoro.

Il lavoro è costituzionalmente un diritto di ogni cittadino, perciò bisogna tutelare tutti i lavoratori

affinché possano esercitare questo diritto senza spiacevoli conseguenze.

Per questi motivi ho deciso di trovare e riportare le varie statistiche degli infortuni accaduti sul lavoro,

oltre che delle morti e delle malattie professionali ed i costi che chiaramente riducono il potere

economico delle aziende.

Parleremo delle medie, argomento trattato durante il percorso di studi nella materia di statistica.

Grazie alle medie abbiamo la possibilità di trovare un unico valore dentro un’intera distribuzione.

In particolare, visto l’argomento trattato avremo bisogno della media aritmetica, che fa parte della

categoria delle medie analitiche ed è anche la più comune, poiché è il tipo di media più utilizzata in

generale; ad esempio viene molto utilizzata nello sport per calcolare la media punti di una squadra di

calcio, piuttosto che una di basket o pallavolo, viene utilizzata per avere una media gol di un calciatore

specifico o una media punti di un cestista, può essere utilizzata per ricavare la media dei soldi spesi

in alimenti da parte di una famiglia ogni mese oppure quella dei soldi spesi in benzina ed il consumo

della vettura stessa.

Insomma la media aritmetica possiamo dire che ce la ritroviamo nella vita di ogni giorno, al contrario,

per esempio, della media geometrica che viene utilizzata per operazioni più complesse tipo il calcolo

d’interesse che frutta ogni anno su un investimento.

L’altra categoria di medie è quella delle medie lasche.

Tra queste ho scelto di trattare in particolare la moda.

La moda è un termine usato nella vita di tutti i giorni per parlare di un tipo di abbigliamento di

tendenza e direi che ha un significato che si avvicina molto in statistica poiché la moda è il valore

che, presa una rilevazione di più valori, si ripete con maggiore frequenza. Ed effettivamente nel caso

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della moda di tendenza essa è data, per esempio, da un capo di abbigliamento utilizzato dalla maggior

parte delle persone; da qui la similitudine.

Ovviamente, come si parlerà di statistica, si parlerà anche delle definizioni di infortunio sul lavoro,

malattie professionali e morti bianche.

Queste sono tutte problematiche sociali che si tenta di arginare grazie ad investimenti fatti sulla

prevenzione, infatti, come vedremo, ai vari enti costa molto di meno spendere sulla prevenzione e

puntare su investimenti fatti per mettere in sicurezza i lavoratori.

Gli infortunati percepiscono un indennizzo INAIL, ma vengono considerati infortunati dall’ente in

questione sia che ne avvenga la morte o un inabilità permanente o una inabilità temporanea al lavoro.

Argomento molto interessante rimane quello riguardante le malattie professionali.

Esse sono malattie contratte durante e a causa del lavoro, e quindi possono essere l’ingerimento o la

respirazione di materiali o polveri dannose; può essere scaturita da sostanze nocive; può avvenire per

una forma di stress, e quindi di ansia o addirittura sfociare in depressione; può essere una malattia

contratta per via di videoterminali ecc.

La malattia professionale si distingue dall’infortunio sul lavoro, in quanto, a differenza di

quest’ultimo, non avviene per causa violenta, ma secondo un azione graduale nel tempo.

Poi verranno trattate le morti bianche.

Esse sono le morti causate da incidenti sul lavoro; così definite per contrapporre il colore solito di

lutto, il nero, con l’esatto opposto: il bianco.

Per quanto riguarda gli enti che si occupano di tali accadimenti vi sono l’INAIL, che assicura i

lavoratori e tratta soprattutto questioni mediche ed economiche indennizzando gli infortunati o le

famiglie di essi, e l’ANMIL (Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro),

che tutela i diritti degli invalidi sul lavoro.

L’associazioni è uno dei più importanti enti italiani che ricopre il ruolo di tutela rispetto a queste

tematiche ed è molto attivo sul territorio nazionale con iniziative ed eventi per sensibilizzare le

persone riguardo agli incidenti sul lavoro.

L’obiettivo principale dell’ANMIL rimane sicuramente quello di migliorare le condizioni di

sicurezza in campo lavorativo, in modo da poter prevenire ed evitare che ci siano, in un così elevato

numero, infortuni sul lavoro, malattie professionali e caduti sul lavoro.

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L’ANMIL, inoltre, pubblica, grazie all’INAIL, i dati sugli infortunati sul lavoro in Italia, e grazie ad

Eurostat, anche in Europa.

E proprio grazie a questi dati ho deciso di analizzare e calcolare le medie annue dei vari incidenti,

oltre che delle morti. Distinguendo il tutto per categorie e genere.

CAPITOLO 1

1.1 Definizione di media e moda

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Le medie sono quegli indici utilizzati per sintetizzare in un unico valore una intera distribuzione.

Esse possono essere suddivise in :

1. Medie analitiche;

2. Medie lasche.

Le medie analitiche si calcolano con operazioni algebriche sui valori del carattere, che dovrà essere

necessariamente di tipo quantitativo; le Medie lasche invece sono calcolate con alcuni valori specifici

della distribuzione di frequenza, individuati sulla base della loro collocazione rispetto a tutti gli altri,

ma senza coinvolgere nel calcolo tutte le modalità della variabile.

La moda è il valore più frequente in un insieme di dati.

Questo termine viene usato nel linguaggio comune per definire un tipo di abbigliamento o un tipo di

musica che va di “moda”. In termini statistici invece significa che fra tanti valori la Moda è quello

che si manifesta il maggior numero di volte nell’argomento analizzato.

In analisi statistica anche se ci riferiamo ad una moda vi possono essere più mode, poiché più di un

valore si può presentare come numero massimo di volte rilevato.

1.2 Tipologie di media

Fra le medie analitiche troviamo la Media aritmetica, la Media geometrica e la Media armonica; fra

le medie lasche la Moda, la Mediana e i Quantili.

La media aritmetica è il tipo di media impiegato più comunemente e corrisponde al risultato

dell’operazione che rapporta la somma dei valori osservati al numero dei valori. Se denotiamo con la

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lettera “Xi” , il valore osservato nella “i-esima” osservazione e con “n” il numero complessivo di

osservazioni realizzate, possiamo scrivere la media aritmetica nel seguente modo:

X̅=∑ Xini=1

n

Esempio:

Riportiamo il prezzo di una birra in quattro bar differenti:

Bar A Bar B Bar C Bar D

2,00 € 2,50 € 1,50 € 3,00 €

Calcoliamo il prezzo medio di una birra sommando il valore rivelato e dividendo il numero di

osservazioni.

Somma dei valori: (2,00+2,50+1,50+3,00) = 9

Numero di osservazioni: 4

Media aritmetica dei prezzi rilevati “X̅”:

X̅=∑ Xi

ni=1

n =

9

4 = 2,25

Sostituendo il valore della media aritmetica a ciascuno dei valori osservati, ed eseguendo nuovamente

il calcolo della media aritmetica, essa non cambierebbe. per esempio:

Bar A Bar B Bar C Bar D

2,25 € 2,25 € 2,25 € 2,25 €

La media aritmetica rimarrebbe sempre uguale a 2,25. In altre parole la media aritmetica è il valore

“invariante rispetto alla operazione di somma”.

Bisogna inoltre dire che la media aritmetica, come del resto tutte le medie analitiche, ha senso solo

quando il carattere è trasferibile, cioè se concretamente potrebbe essere trasferito alle altre unità

oggetto di osservazione.

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La media aritmetica ha quattro proprietà. La prima dice che la somma degli scarti dei singoli valori

dalla media è nulla, perché la media aritmetica bilancia esattamente scarti positivi e negativi. La

seconda dice che la somma dei quadrati degli scarti dalla media aritmetica è minore della somma dei

quadrati degli scarti da qualsiasi altro numero. La terza dice che la media aritmetica è associativa,

cioè se si suddivide la popolazione oggetto di rilevazione in “n” sottogruppi, la media aritmetica della

popolazione coincide con la media aritmetica delle medie degli “n” sottogruppi, ponderate per le

rispettive numerosità. La quarta proprietà dice che la media aritmetica è un operatore lineare, poiché

se ogni valore osservato viene contestualmente moltiplicato per una costante e sommato per un’altra

costante, anche la media aritmetica della nuova variabile risulterà moltiplicata per la prima variabile

e sommata per la seconda.

La media geometrica è la radice n-esima del prodotto di “n” valori.

La formula per il suo calcolo è la seguente:

Xg= √(𝑥1 𝑥 𝑥2 𝑥 … 𝑥 𝑥𝑛𝑛

= (∏ 𝑥𝑖 )

𝑛

𝑖=1

1n

Quindi i valori devono essere necessariamente tutti diversi da zero; e nonostante dal punto di vista

aritmetico la media geometrica si può calcolare anche se tutti i valori sono negativi, dal punto di vista

statistico ciò non viene considerato poiché una media, affinché abbia senso, deve essere un valore

“interno” alla distribuzione, ovvero compreso fra il minimo ed il massimo valore della stessa, cosa

che non accadrebbe nel caso di una moltiplicazione fra due numeri negativi che darebbero un numero

positivo, e anche la radice quadrata sarebbe positiva.

La media geometrica viene utilizzata quando si deve calcolare quale sia la variazione media registrata

da una variabile che “si modifica mediante proporzioni”. Questa media ad esempio va utilizzata

quando vogliamo calcolare il rendimento annuo di capitali investiti in Borsa.

Prendiamo per esempio un capitale investito in Borsa per due anni:

Se il capitale investito il primo anno è pari a 200 € ed il rendimento ottenuto a fine anno è stato pari

al 5%, il capitale teoricamente reinvestito all’inizio dell’anno successivo sarà pari a:

200+(200x5%)=200x(1+0,05)=210 €

Ipotizziamo un rendimento dell’anno successivo pari al 7%; il capitale a fine anno sarà:

200+(200x5%)+(210x7%)=200x(1+0,05)x(1+0,07)=224,7 €

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Ogni anno quindi si dovrà moltiplicare il capitale dell’anno precedente per il nuovo fattore di

capitalizzazione (tasso d’interesse). Se ora volessimo calcolare il valore medio del tasso al quale

abbiamo investito le somme nei due anni dovremmo calcolare la media geometrica dei fattori di

capitalizzazione costruiti partendo dai due tassi rilevati (5% e 7%).

√(1 + 5%)𝑥(1 + 7%) 2-1=√(1,05)x(1,07)

2-1=√1,1235-1=1,059953-1=5,9953%

Questo tasso è quel numero che, se sostituito ai due tassi rilevati, fornisce lo stesso risultato in termini

di capitale finale realizzato nell’investimento.

200x(1+5,9953%)x(1+5,9953%)=224,70 €

La media geometrica ha come “funzione d’invarianza” il prodotto dei valori e non la somma degli

stessi come avviene nella media aritmetica. Inoltre un’altra importante caratteristica è che essa non è

superiore alla media aritmetica. Quindi la media di due variabili, x e y qualsiasi, non è inferiore alla

corrispondente media geometrica:

𝑥 + 𝑦

2≥ √𝑥 ∙ 𝑦

Elevando al quadrato i termini e svolgendo la disequazione abbiamo:

𝑥2 + 𝑦2 + 2𝑥𝑦 ≥ 4𝑥𝑦

Da cui:

𝑥2 + y2 − 2xy ≥ 0 → (x − y)2 ≥ 0

Quest’ultima disequazione è sempre verificata perciò la tesi è vera.

Un’altra caratteristica va riscontrata dalla possibile difficoltà computazionale connessa col suo

calcolo. Se infatti,come nell’esempio dell’investimento di due anni, i dato da considerare sono

solamente due e la radice quadrata è di conseguenza agevolmente calcolabile, bisogna considerare

che in via generale, non è invece possibile, estrarre una radice n-esima e quindi il procedimento per

arrivare ad un risultato potrebbe essere complesso. Per poter sempre calcolare la media geometrica,

allora, si ricorre ad una rielaborazione della sua formula. Se la radice n-esima del prodotto dei termini:

𝑋𝑔̅̅ ̅ = (∏ xi

n

i=1

)

1n

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Possiamo rielaborare tale formula considerando le proprietà dei logaritmi naturali e trasformarla nella

seguente, equivalente alla precedente.

𝑒1𝑛

∑ ln (𝑥𝑖)𝑛𝑖=1

Altro tipo di media è la “media armonica”.

Essa è definita come “l’inverso della media aritmetica degli inversi”.

In simboli, se la variabile analizzata è la “X” ed i valori sono n, la media armonica delle rilevazioni

“𝑥𝑛“ è la seguente:

𝑋𝑎̅̅̅̅ =

𝑛

∑1

𝑥𝑛

𝑛𝑖=1

“La media armonica è utile quando occorre sintetizzare un rapporto tra variabili ma è fisso il valore

della somma dei termini a denominatore”.

Per esempio se sappiamo che tre artigiani di Venezia hanno tre produttività diverse, misurate in

termini di tempo necessario alla lavorazione di un determinato oggetto in vetro, e volessimo sapere

qual è la produttività media del gruppo, dovremmo utilizzare la media armonica per calcolare tale

valore; infatti, definendo a, b e c i tre artigiani e rapportando alla misura espressa in ore (“x”), il tempo

necessario all’elaborazione di un oggetto complesso, potremmo indicare i rendimenti orari dei tre

artigiani così:

1

𝑥𝑎;

1

𝑥𝑏;

1

𝑥𝑐

E ipotizzando che a impieghi 5 ore, b 8 ore e c 10 ore, il rendimento orario di ciascun artigiano

verrebbe rapportato così:

1

5;1

8;

1

10

Per calcolare il rendimento orario medio bisognerà numerare da 1 a 3 gli artigiani con le lettere a,b,c

:

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1

5+

1

8+

1

10=

1

40

Perciò in media i tre artigiani completano 17 oggetti in 40 ore.

Per calcolare invece la media oraria bisognerà dividere il numero degli artigiani per il precedente

risultato:

3

1740

= 7,1

In media ogni artigiano, quindi impiega 7,1 ore a completare un oggetto e di conseguenza completa,

in media, 0,1408 oggetti ogni ora:

1

7,1= 0,1408

Come detto in principio nella statistica esistono due tipi di medie (medie analitiche e medie lasche).

Tra le medie lasche vi è la Mediana.

Essa è il valore centrale di un insieme di dati ordinati dal valore più piccolo a quello più grande.

Se per esempio dovessimo affrontare una statistica sul numero di scarpe di 5 persone che hanno

rispettivamente i numeri 44, 41, 42, 40 e 43 bisogna prima mettere tutti i numeri di scarpe in ordine

crescente, e la mediana sarà in numero centrale di essi:

persone 1 2 3 4 5

Numero di

scarpa

40 41 42 43 44

La mediana, perciò è il numero 3, cioè il 42.

Nel caso in cui il numero di valori analizzati fosse invece pari, dal punto di vista statistico ci sarebbero

due mediane, alle quali si farà la media aritmetica per averne una sola. Togliendo, infatti, dall’esempio

precedente una persona (per portare il numero in parità) si ha:

persone 1 2 3 4

Numero di

scarpe

40 41 42 43

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I due valori centrali risultano essere quindi 41 e 42, e per calcolare la mediana si dovrà calcolare la

media aritmetica di questi valori:

41 + 42

2= 41,5

La mediana di quest’analisi è 41,5.

Nell’ambito delle medie lasche vi sono anche i Quantili.

I valori di una statistica si possono dividere in quattro, dieci, cento parti, individuando quei valori,

definiti Quartili, Decili, Percentili, che avranno a sinistra dei valori ordinati un quarto (25%), un

decimo (10%), un centesimo (1%).

Individuato il valore relativo, si moltiplica il Quantile ricercato (“p”) per “n+1” e la posizione

individuata.

Per esempio cercando come percentile 25 (primo quartile), e avendo 7 numeri di osservazioni (n=7),

si avrà:

0,25(7+1)=2

Quindi il 25° Percentile è il valore che occupa nella distribuzione delle 7 osservazioni la posizione

numero 2.

Nell’eventualità in cui la posizione individuata non fosse un numero intero, si può calcolare la media

aritmetica delle due osservazioni adiacenti, oppure prendere la posizione più vicina a quella calcolata

arrotondando.

Altra tra le medie lasche è la Moda.

Essa è il valore più frequente di una serie di dati.

Il termine “moda”, come già detto in precedenza, è il valore più frequente tra tanti altri. Ovviamente

è probabile che in una determinata statistica si riscontrino più mode, poiché più di un valore potrebbe

presentarsi il numero massimo di volte rilevato.

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1.3 Esempi di moda

Con la moda si possono calcolare svariati tipi di valori, non solo quelli numerici. Ad esempio volendo

trovare la moda del colore di maglia utilizzato in una classe dobbiamo individuare tutti i colori delle

maglie indossate dagli alunni:

Numero alunni Colore maglia

Alunno 1 Blu

Alunno 2 Nera

Alunno 3 Nera

Alunno 4 Rosa

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Alunno 5 Verde

Alunno 6 Rossa

Alunno 7 Viola

Alunno 8 Rossa

Alunno 9 Verde

Alunno 10 Verde

Alunno 11 Nera

Alunno 12 Bianca

Alunno 13 Verde

Alunno 14 Blu

Alunno 15 Verde

Alunno 16 Bianca

Alunno 17 Rosa

Alunno 18 Verde

Alunno 19 Verde

Alunno 20 Blu

Alunno 21 Nera

Alunno 22 Rossa

La moda, per quanto riguarda il colore delle maglie della classe, sarà quindi la maglia verde poiché

la indossano sette alunni e quindi è il colore presente in maggior numero. Se volessimo invece

analizzare l’altezza degli alunni sarebbe:

Numero alunni Altezza

Alunno 1 1,74

Alunno 2 1,70

Alunno 3 1,68

Alunno 4 1,71

Alunno 5 1,82

Alunno 6 1,80

Alunno 7 1,81

Alunno 8 1,78

Alunno 9 1,67

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Alunno 10 1,65

Alunno 11 1,76

Alunno 12 1,73

Alunno 13 1,85

Alunno 14 1,69

Alunno 15 1,77

Alunno 16 1,79

Alunno 17 1,74

Alunno 18 1,74

Alunno 19 1,75

Alunno 20 1,88

Alunno 21 1,55

Alunno 22 1,61

In questo caso la moda sarà 1,74 poiché si ripete tre volte.

Possiamo rapportare la moda a molteplici cose ad esempio prendiamo la media punti dei primi dieci

giocatori dell’NBA durante la regular season:

Giocatore Media punti per partita

Russell Westbrook 30.5

Anthony Davis 30.5

DeMarcus Cousins 28.3

DeMar DeRozan 28

James Harden 27.6

Damian Lillard 27.3

Isaiah Thomas 26

Kevin Durant 25.9

Jimmy Butler 25.7

Stephen Curry 25.6

E come visto otteniamo una media di 30.5 punti per partita ripetuta da due giocatori.

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Un altro esempio lo possiamo trovare calcolando la moda del numero di trofei vinti da una squadra

di calcio. Prendiamo per esempio l’FC Internazionale:

Trofeo Numero trofei vinti

Campionato italiano 18

Coppa Italia 7

Supercoppa italiana 5

Champions league 3

Coppa Uefa 3

Coppa intercontinentale 2

Coppa del mondo per club 1

La moda dei trofei vinti dall’Internazionale è quindi 3.

Prendiamo ora dei dati di prezzi di biscotti

Biscotti Prezzo biscotti

A 2,50

B 3,00

C 2,50

D 2,00

E 2,00

F 2,50

G 2,00

In questo caso rileviamo due valori di moda che saranno di 2,50 e 2,00.

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CAPITOLO 2

2.1 Infortuni sul lavoro

Infortunio sul lavoro è l'infortunio occorso per causa violenta in occasione di lavoro.

Ai fini dell'assicurazione INAIL, per la sua indennizzabilità è necessario che dall'infortunio sia

derivata o la morte o un'inabilità permanente al lavoro - assoluta o parziale, oppure un'inabilità

temporanea assoluta che comporti l'astensione dal lavoro per più di tre giorni. Deve considerarsi:

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inabilità permanente assoluta la conseguenza di un infortunio che tolga completamente e per tutta la

vita l'attitudine al lavoro;

inabilità permanente parziale la conseguenza di un infortunio che diminuisca in misura superiore al

5% e per tutta la vita l'attitudine al lavoro;

inabilità temporanea assoluta la conseguenza di un infortunio che impedisca totalmente e di fatto per

più di tre giorni di attendere al lavoro.

Il requisito dell'occasione di lavoro si ha quando l’infortunio sul lavoro è derivato da:

un rischio specifico: un rischio al quale è sottoposto solo il lavoratore a causa della specifica attività

che svolge

un rischio generico aggravato: un rischio al quale sono sottoposti tutti, ma che viene aggravato dallo

svolgimento dell'attività lavorativa: es. il commesso di una gioielleria in relazione al rischio di subire

rapine.

Il requisito della occasione di lavoro sussiste ogni qualvolta l'infortunio è collegato, anche

indirettamente, con l’attività lavorativa, ad esempio sono infortuni sul lavoro quelli occorsi: -

all'autista di autocarro che, trasportando il proprio datore di lavoro, sia rimasto ferito in un agguato

diretto contro il datore stesso;

- all'artigiano, durante le ispezioni presso un immobile per il quale doveva eseguire dei lavori;

- al lavoratore rimasto ucciso nel corso di una rapina commessa in occasione dell'acquisto di materiale

necessario per la produzione.

L’infortunio in itinere è l'infortunio occorso al lavoratore nel raggiungere o rientrare dal posto di

lavoro. Ed infatti la giurisprudenza della Corte di cassazione ha ritenuto che l'infortunio in itinere

possa considerarsi infortunio sul lavoro purché:

- sussista un nesso tra l'itinerario seguito e l'attività lavorativa nel senso che il primo non sia stato

percorso per ragioni meramente personali;

- in caso di infortunio occorso durante l'uso di veicolo privato, l'uso di tale mezzo sia stato imposto

dalla inadeguatezza di altri mezzi di locomozione.

Di contro la giurisprudenza ha escluso la fattispecie dell'infortunio sul lavoro in caso di infortunio

occorso:

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- al lavoratore che si sia infortunato nell'andare a trovare, tornando dal lavoro, i familiari residenti in

luogo diverso da quello ove sorge l'unità produttiva alla quale il lavoratore è addetto;

- al lavoratore che si sia infortunato durante o al rientro da uno sciopero;

- al lavoratore in trasferta che si sia infortunato durante il percorso necessario per recarsi dal luogo di

svolgimento dell'attività lavorativa all'albergo nel quale soggiorna durante le pause dell'attività stessa,

e da lui liberamente scelto.

Il requisito della causa violenta, ad avviso della giurisprudenza, sussiste:

- ogni qualvolta un'azione determinata e concentrata nel tempo

- ancorchè non imprevedibile, straordinaria o accidentale

- arrechi danno all'organismo del lavoratore;

- anche quando l'infortunio non sia derivato da una forza esterna al lavoratore o non sia stato

determinato da un atto abnorme compiuto dal lavoratore nell'ambito dello svolgimento della sua

abituale attività, nel senso che il requisito della causa violenta sussisterebbe anche in caso di sforzo

del lavoratore compiuto in condizioni di normale svolgimento dell'attività lavorativa.

È stata peraltro ricompresa nel concetto di causa violenta anche l'azione di fattori microbici o virali

che, posti in rapporto di causa-effetto con la prestazione lavorativa, diano luogo ad invalidità (es.:

epatite virale).

Riconosciuto tra i vari infortuni sul lavoro vi sono i danni da agenti biologici.

Il campo dei danni biologici si incentra nelle attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione

ad agenti biologici, ferme restando le disposizioni particolari di recepimento delle norme comunitarie

sull’impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati e sull’emissione deliberata

nell’ambiente di organismi geneticamente modificati.

Gli agenti biologici sono intesi come qualsiasi microrganismo anche se geneticamente modificato,

coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni.

Il microrganismo è qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in grado di riprodursi o trasferire

materiale genetico.

Con coltura cellulare si intende, invece, il risultato della crescita in vitro di cellule derivate da

organismi pluricellulari.

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Vengono riconosciuti come infortunio sul lavoro ormai anche i danni causati da un lavoro al

videoterminale.

I videoterminali (Vdt) ad oggi costituiscono un elemento fondamentale in quasi tutti gli ambienti

lavorativi, siano essi uffici o ambienti produttivi.

Effettivamente il lavoro al vdt pone il lavoratore a diversi rischi non solo dal videoterminale stesso

ma anche dall’ambiente che lo circonda ad esempio luce ambientale, microclima, spazi di lavoro e di

movimento, ambiente sonoro ecc.

Vi sono già stati molti casi e ora ne riporteremo uno:

Cassazione Civile, Sez. Lav., 11 febbraio 2015, n. 2679 - Risarcimento per mancata fruizione

delle pause al videoterminale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi –Presidente

Dott. NOBILE Vittorio - rel. Consigliere

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere

Dott. AMENDOLA Fabrizio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 526-2012 proposto da: F.N. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

VALADIER 43, presso lo studio dell'avvocato GIOVANNI ROMANO, rappresentata e difesa

dall'avvocato DANIELA SARRACINO giusta delega in atti; - ricorrente - contro TELECOM

ITALIA S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

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domiciliata in ROMA, VIA POMPEO MAGNO 2B, presso lo studio dell'avvocato MONGILLO

FRANCESCA, rappresentata e difesa dall'avvocato GIOVANNI SALLUSTRI giusta delega in atti;

- controricorrente - avverso la sentenza n. 6674/2010 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI,

depositata il 21/12/2010 r.g.n. 8818/2006; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

del 29/10/2014 dal Consigliere Dott. NOBILE VITTORIO; udito l'Avvocato SARRACINO

DANIELA; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello,

che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

Con sentenza in data 19-10-2005 il Giudice del lavoro del Tribunale di Benevento, in

accoglimento della domanda proposta da F. N. nei confronti della Telecom Italia s.p.a.,

condannava quest'ultima al pagamento della somma di Euro 3.925,29 oltre accessori, a titolo di

risarcimento danni per la mancata fruizione delle pause al videoterminale, ex D.Lgs. n. 626 del

1994, per il periodo compreso tra l'assegnazione della F. al servizio 187 dall'1-9-1997 sino al 17-12-

2000, data in cui era stata applicata la pausa di 15 minuti ogni 120 lavorati. La F. aveva anche

chiesto, in via subordinata, l'accertamento del suo diritto a godere di ferie corrispondenti alle

pause spettanti e non fruite. Con ricorso del 17-10-2006 la Telecom proponeva appello avverso la

citata sentenza, chiedendone la riforma con il rigetto della domanda di controparte.

La F. si costituiva e resisteva al gravame.

La Corte d'Appello di Napoli, con sentenza depositata il 21-12-2010, in accoglimento dell'appello

rigettava la domanda della F.

In sintesi la Corte territoriale rilevava che, in base alle risultanze della prova testimoniale, era

emerso che, nel periodo in esame, gli addetti al 187 svolgevano anche altre autonome mansioni

amministrative (di back office) che non comportavano l'uso continuativo dei videoterminali,

con conseguente cambiamento di attività, così realizzandosi la condizione prevista dal D.Lgs. n.

626 del 1994, art. 54, in alternativa alla regolamentazione disciplinata delle pause.

Per la cassazione di tale sentenza la F. ha proposto ricorso con sei motivi.

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La Telecom Italia s.p.a. ha resistito con controricorso.

Diritto

I primi due motivi, strettamente connessi ed entrambi denuncianti violazione del D.Lgs. n. 626 del

1994, art. 54, risultano infondati. Premesso che (con riguardo alla disciplina, che va applicata nella

fattispecie ratione temporis, anteriore al D.Lgs. n. 81 del 2008, v. art. 175), va rilevato che l'art.

53 del citato D.Lgs. stabiliva che "Il datore di lavoro assegna le mansioni e i compiti lavorativi

comportanti l'uso dei videoterminali anche secondo una distribuzione del lavoro che consente

di evitare il più possibile la ripetitività e la monotonia delle operazioni", mentre il successivo

art. 54 (nei primi tre commi), prescriveva testualmente: "1. Il lavoratore qualora svolga la sua

attività per almeno quattro ore consecutive, ha diritto ad una interruzione della sua attività

mediante pause ovvero cambiamento di attività. 2. Le modalità di tali interruzioni sono stabilite

dalla contrattazione collettiva anche aziendale. In assenza di una disposizione contrattuale

riguardante l'interruzione di cui al comma 1, il lavoratore comunque ha diritto ad una pausa

di quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al videoterminale".

La norma garantisce, quindi, in caso di "attività per almeno quattro ore consecutive" il diritto

ad una "interruzione" mediante "pausa" o "cambiamento di attività", secondo le modalità

stabilite dalla contrattazione collettiva anche aziendale, in mancanza della quale è comunque

stabilito il diritto ad una "pausa di quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione

continuativa al videoterminale".

Orbene la Corte di merito, sulla base delle risultanze della prova testimoniale, ha accertato che

nella fattispecie non sussisteva la continuità della applicazione al videoterminale e che, peraltro,

lo svolgimento, seppur in misura minore, dell'attività amministrativa nella stessa giornata

comportava un cambiamento di attività, idoneo ad integrare la prevista interruzione.

Tale accertamento è conforme al diritto, non essendo del resto rilevante (nè in discussione) il carattere

prevalente, nella giornata, dell'adibizione al videoterminale, bensì soltanto la continuità della stessa.

In tali sensi vanno quindi respinti i primi due motivi non essendo incorsa la sentenza impugnata

nelle denunciate violazioni di legge.

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I successivi motivi, dal terzo al sesto, tutti incentrati su pretesi vizi di motivazione e rivolti contro

l'accertamento di fatto operato dalla Corte territoriale, strettamente connessi fra loro ed in qualche

modo ripetitivi, risultano in parte inammissibili ed in parte infondati.

In primo luogo, come è stato ripetutamente affermato e va qui ribadito, "il controllo di logicità del

giudizio di fatto, consentito dall'art. 360 c.p.c., n. 5, non equivale alla revisione del "ragionamento

decisorio", ossia dell'opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della

questione esaminata, posto che una simile revisione, in realtà, non sarebbe altro che un giudizio di

fatto e si risolverebbe sostanzialmente in una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione

assegnata dall'ordinamento al giudice di legittimità; ne consegue che risulta del tutto estranea

all'ambito del vizio di motivazione ogni possibilità per la Suprema Corte di procedere ad un nuovo

giudizio di merito attraverso la autonoma, propria valutazione delle risultanze degli atti di causa", (v.,

fra le altre, da ultimo Cass. 7- 6-2005 n. 11789, Cass. 6-3-2006 n. 4766, Cass. 28-3-2012 n. 5024,

Cass. 7-1-2014 n. 11789, Cass. 6-3-2006 n. 4766, Cass. 28-3-2012 n. 5024, Cass. 7-1-2014 n. 91).

In particolare, da ultimo, è stato anche precisato che "qualora le deposizioni testimoniali, ancorché

ritualmente portate all'esame del giudice di legittimità, affermino o neghino obiettivamente fatti

costitutivi dei diritti controversi e non siano state esaminate dal giudice di merito, è configurabile il

vizio di motivazione di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (nel testo anteriore alle modifiche

apportate dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134),

mentre qualora comportino comunque valutazioni ed apprezzamenti di fatto, ivi compresa la

maggiore o minore attendibilità dei testi, suffragata da non illogici argomenti, ovvero presunzioni ex

art. 2727 cod. civ., il motivo è inammissibile, soprattutto laddove si pretenda una valutazione

atomistica delle singole deposizioni e non già il necessario esame complessivo delle stesse, non

essendo consentito alla S.C. di procedere ad un nuovo esame di merito attraverso una autonoma

valutazione delle risultanze degli atti di causa." (v. Cass. 3-7-2014 n. 15205).

Orbene nella fattispecie la Corte di merito ha esaminato tutte le risultanze testimoniali, in sintesi

rilevando che, dall'esame specifico e complessivo delle stesse, l'attività degli addetti al 187, all'epoca,

non comportava l'uso continuativo del videoterminale, in quanto, venendo svolte anche le mansioni

di back office ("esame e risoluzione di pratiche e richieste che pervenivano in forma cartacea dalla

clientela e che non comportavano dialogo diretto in linea con l'utente"), l'uso continuativo in linea del

videoterminale copriva all'incirca il 60% dell'attività complessiva. La Corte ha poi, rilevato che anche

la circostanza che l'attività amministrativa fosse "funzionalmente connessa all'uso dei videoterminali"

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non era tale da contrastare la discontinuità dell'uso dei videoterminali.

Tale accertamento, oltreché conforme a diritto, risulta sorretto da motivazione congrua e priva di vizi

logici.

Del resto le censure della ricorrente sono in gran parte incentrate su una diversa valutazione delle

risultanze testimoniali, così in sostanza sollecitandosi, inammissibilmente, un riesame del merito in

questa sede.

Ed invero, in particolare, sul terzo motivo va rilevato che la Corte di merito non ha affatto

ignorato che anche per l'attività amministrativa si ricorresse all'uso del videoterminale, ma ha

accertato, in sostanza, che il tutto avveniva in maniera discontinua.

Il quarto motivo, poi, ripropone una diversa valutazione delle risultanze probatorie ed in specie della

attendibilità e della rilevanza della testimonianza B. (ritenuta dalla Corte di merito "certamente

attendibile" stante la sua specifica posizione organizzativa generale "all'epoca dei fatti di causa", a

prescindere, quindi, dal fatto che egli avesse prestato servizio in Benevento soltanto fino al 1988).

Parimenti il quinto motivo ripropone una diversa valutazione delle risultanze testimoniali

lamentando, in sostanza, la mancata prova di una effettiva organizzazione, predisposta dalla società,

che consentisse un reale cambiamento di attività, ed all'uopo in specie richiama la testimonianza C.,

dalla quale, però, la Corte di merito ha tratto la conferma che fino al 2000 l'uso "continuativo" in linea

del videoterminale copriva all'incirca il 60% dell'attività complessiva, di guisa che per il restante 40%

anche l'eventuale "ausilio del videoterminale per la visualizzazione della situazione del cliente" non

aveva affatto carattere continuativo.

Ugualmente, infine, il sesto motivo offre una diversa lettura delle altre testimonianze, in merito alle

quali la Corte di merito ha rilevato che le stesse "non hanno potuto negare" lo svolgimento dell'attività

amministrativa di back office accanto a quella dell'uso dei videoterminali. In specie la ricorrente da

un lato ribadisce la tesi della continuità complessiva di tale uso e dall'altro sostiene che in sostanza le

mansioni sarebbero rimaste le stesse anche successivamente alla separazione dell'attività

amministrativa (circostanze, queste, entrambe negate dalla Corte di merito con accertamento di fatto

congruamente motivato).

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Il ricorso va pertanto respinto e la ricorrente, in ragione della soccombenza, va condannata al

pagamento delle spese in favore della controricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare alla società controricorrente le

spese, liquidate in Euro 100,00 per esborsi e Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese generali al

15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2014.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2015

Cassazione: mansioni amministrative alternative al posto delle pause per i videoterminalisti

Con sentenza n. 2679 dell’11 febbraio 2015, la Corte di Cassazione ha affermato che al fine di

regolamentare le pause disciplinate per i videoterminalisti e per prevenire gli infortuni sul lavoro, è

possibile che a questi ultimi vengano assegnate mansioni amministrative alternative proprio all’uso

del videoterminale. I giudici della Suprema Corte hanno evidenziato come questo cambiamento di

attività (amministrativa in luogo di quella al videoterminale) sia idoneo a sostituire le previste pause,

pur rispettando la normativa antinfortunistica. Fonte: Cass. Civile n. 2679 dell’ 11 Febbraio 2015

2.2 Malattie professionali

Si considera malattia professionale quella contratta nell'esercizio e a causa della lavorazione alla quale

è adibito il lavoratore.

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In particolare, la giurisprudenza riconosce la natura di malattia professionale a quello stato di

aggressione dell'organismo del lavoratore, a seguito e ad esito del quale residua una definitiva

alterazione dell'organismo stesso comportante, a sua volta, una riduzione della capacità lavorativa.

In merito alla prova del nesso causale, particolare rilievo assumono gli elenchi delle malattie

professionali contenute nelle tabelle allegate al Testo Unico D.P.R. n. 1124/1965 e successive

modifiche..

Ed invero, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato il principio secondo cui per le

malattie comprese in dette tabelle e manifestatesi entro i termini ivi previsti opera in favore del

lavoratore una presunzione legale dell'esistenza di un rapporto di causalità tra lavoro e malattia.

Peraltro, sempre secondo la Corte di Cassazione, tale presunzione, potrebbe essere invocata anche

per le lavorazioni non espressamente previste nelle tabelle purché queste presentino una identità dei

requisiti essenziali, con le fattispecie incluse nella lista.

Per le malattie invece diverse da quelle tabellate ovvero riconducibili a lavorazioni diverse da quelle

descritte in tabella (o manifestatesi oltre i termini ivi indicati), spetta al lavoratore l’onere di

dimostrare la causa di lavoro.

L'infortunio sul lavoro e la malattia professionale producono sul rapporto di lavoro i medesimi effetti

discendenti dall'infortunio non sul lavoro e dalla malattia comune.

Ed infatti sia nell'uno che nell'altro caso il codice civile prevede che:

se la legge non stabilisce forme equivalenti di previdenza o assistenza è dovuta al lavoratore la

retribuzione o un'indennità nella misura e per il tempo determinata dalle leggi speciali, dai contratti

collettivi, dagli usi o secondo equità ( laddove trovi applicazione la tutela INAIL, il datore di lavoro

è generalmente tenuto in forza di disposizioni contrattuali collettive ad erogare un trattamento

economico integrativo delle prestazioni economiche erogate dall'Istituto nonché è obbligato, su

richiesta dello stesso Istituto ovvero in presenza di specifiche disposizioni contrattuali in tal senso, ad

anticipare quelle prestazioni);

il datore di lavoro ha diritto di recedere dal contratto (con preavviso) solo decorso il periodo di tempo

stabilito dalla legge, dai contratti collettivi, dagli usi o secondo equità (c.d. periodo di comporto);

il periodo di assenza dal lavoro per una della cause anzidette deve essere computato nell'anzianità di

servizio.

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È bene tuttavia tener presente che la distinzione tra infortuni e malattie professionali e infortuni e

malattie non professionali assume egualmente notevole rilevanza:

sia perché i due diversi eventi danno luogo a forme di tutela previdenziale separate e distinte;

sia perché i contratti collettivi tendono a regolare diversamente le due fattispecie stabilendo in caso

di infortunio e malattia professionale norme più favorevoli per il lavoratore tanto con riferimento al

periodo di conservazione del posto quanto con riferimento all'ammontare del trattamento economico.

Il sistema della tutela assicurativa delle malattie professionali ha avuto una importante evoluzione,

considerato che per lungo tempo esso è stato incentrato su un modello di tipo chiuso e tabellare che

tutelava con presunzione legale di origine le sole malattie professionali elencate appunto in apposite

tabelle. Nel 1988 con la sentenza della Corte Costituzionale n. 179 sono state ammesse a tutela anche

le malattie non tabellate, introducendo così l’attuale “sistema misto”. Oggi sostanzialmente tutte le

malattie causate dal lavoro sono passibili di tutela assicurativa con la sola differenza che, per quelle

non riportate in tabella, il lavoratore deve dar prova di averle contratte a causa del lavoro. Una

importante svolta si è avuta poi nel campo delle patologie dell’apparato muscolo-scheletrico con la

rivisitazione delle tabelle avvenuta col D.M. 9 aprile 2008. Nella tabella oltre alle “malattie causate

da vibrazioni meccaniche trasmesse al sistema mano braccio” già presenti nella precedente stesura, è

stata inserita la “ernia discale lombare” e le “malattie da sovraccarico biomeccanico dell’arto

superiore”. Solo per l’industria, inoltre, sono state inserite le «malattie da sovraccarico biomeccanico

del ginocchio». Molto incisiva in tutto questo tempo è stata anche la prassi amministrativa racchiusa

in modo molto consistente e quasi esclusivo nelle circolari dell’Istituto assicuratore (INAIL) che,

oltre ad indicare eventualmente linee-guida interpretative in materia, rileva essenzialmente per le

indicazioni riguardo alla valutazione del nesso di causalità tra patologia e attività lavorativa, ai fini

del riconoscimento dell’indennizzo per malattia professionale. Quanto ai recenti riscontri in materia

di indennizzo e riconoscimenti, essi sono valutabili nella circolare INAIL n. 47 del 24 luglio 2008

secondo cui, a fronte della denuncia di una malattia nosologicamente definita, cioè nominativamente

indicata in tabella, la presunzione legale d’origine è operante una volta accertata l’esistenza della

patologia e l’adibizione non sporadica o occasionale alla mansione o alle lavorazioni che espongono

all’agente patogeno indicato in tabella, ovvero, nell’ipotesi in cui siano state genericamente indicate

le lavorazioni che espongono a un dato agente, l’esposizione lavorativa all’agente patogeno indicato

in tabella. Al fine di favorire il lavoratore e per i soli casi denunciati a partire dal 2009 è stata stipulata

poi tra INPS e INAIL una specifica convenzione che attribuisce all’INAIL la competenza specifica

ad accertare il nesso di causalità delle malattie professionali e la valutazione di ogni altro elemento

utile per qualificare l’evento lesivo come professionale; mentre all’INPS è affidato il compito,

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nell’ambito della rilevazione degli stati di malattia, dell’individuazione dei casi di sospetta

competenza INAIL, nonché l’eventuale integrazione della documentazione pervenuta, se non già

valutata dall’INAIL. La rilevazione è di non poco conto se si considera che, soprattutto con

riferimento alle patologie multifattoriali, è necessaria una esatta delimitazione del campo di

operatività degli istituti giuridici di tutela, al fine di garantire che le prestazioni assicurative INAIL

possano operare nei casi in cui si accerti in modo inequivocabile l’origine strettamente lavoro-

correlata della patologia e sempre che non sia derivante da uno specifico evento infortunistico. C’è

dunque da auspicare che il raccordo interistituzionale INPS-INAIL sopra descritto funzioni in modo

sempre efficiente e lungo un iter procedurale coerente al suo interno.

Tra le varie malattie riconosciute come malattie professionali vi è lo stress lavoro correlato.

Lo stress è, come definito dal fisiologo austriaco Hans Selye, la “reazione a-specifica dell’organismo

ad ogni richiesta effettuata su di esso”.

Lo stress lavoro correlato è quella situazione che, solo in ambito lavorativo, richiede al lavoratore la

capacità di affrontare un evento particolare come può essere la gestione quotidiana degli impegni

lavorativi, il relazionarsi con i propri colleghi ecc.

Sono molte le cause che portano alla nascita di tale patologia, tra le quali abbiamo:

L’incapacità di comunicazione da parte del management

Il fatto di ricoprire un ruolo non adatto alle proprie capacità e attitudini

Il lavorare in un ambiente dove le attrezzature non sono idonee

L’eccessiva pressione dell’azienda al fine esclusivo di raggiungere i propri obiettivi

Dal gennaio 2011 è inoltre obbligatorio per tutte le aziende italiane effettuare una valutazione del

proprio personale sullo stress lavoro correlato.

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2.3 Morti bianche

Si definiscono morti bianche tutti i caduti sul lavoro.

È corale, fino alla ripetitività, la definizione che si usa quando si prova a raccontare una morte sul

lavoro. La morte di solito si raffigura in nero, come nero è il lutto e tutto ciò che simbolicamente

contrasta con la luce.

Con la definizione di “morte bianca” invece si ha un contrasto voluto (il bianco va in contrapposizione

al comune nero) e una forzatura linguistica, date a segnalare che non si tratta di una morte qualsiasi

ma di qualcosa di inspiegabile, di inaccettabile, rispetto a cui il lavoratore colpito non ha colpe o

responsabilità dirette.

Purtroppo gli incidenti sul lavoro non sono soltanto istanti ma un divenire che accompagna l’intera

esistenza di chi ne è vittima.

Secondo l’analisi contenuta nel rapporto Eurispes sulle morti bianche ci sono circa 4 vittime al giorno

per un totale di 1.400 morti l’anno, una strage silenziosa che riguarda sia il settore agricolo, sia quello

industriale, che quello edile.

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L’età media di chi perde la vita è di 37 anni e i motivi di queste morti bianche, secondo i dati, sono

sempre gli stessi: inadeguatezze strutturali, rimozioni delle protezioni, il ribaltamento del trattore in

agricoltura e gli incidenti stradali nel trasporto merci per le eccessive ore trascorse alla guida;

insomma sono ancora tanti quei lavoratori che ogni giorno rischiano di non tornare a casa la sera e

non c’è differenza tra le regioni del nord e del sud Italia.

I dati INAIL riguardanti gli infortuni sul lavoro e le morti bianche forniscono da soli una chiara idea

della rilevanza del fenomeno e dell’importanza dei problemi relativi alla sicurezza del lavoro.

Le ragioni di un così alto tasso di mortalità sul lavoro dipendono proprio dalle aziende che operano

nel nostro Paese perché, la maggior parte di queste, non rischiano i propri capitali investendo in

ricerca e formazione per ottenere prodotti di alta qualità, né tantomeno in sicurezza, preferendo trarre

il maggior profitto speculando in attività finanziarie, previo abbattimento dei costi per unità di

prodotto, in modo da renderle competitive sul mercato.

Il fenomeno è una vera e propria emergenza che assilla il Paese a cui occorre rispondere con controlli,

verifiche e politiche di tutela soprattutto verso gli occupati più deboli: i precari. Iniziare a monitorare

i luoghi di lavoro, dai cantieri alle fabbriche, significherebbe apprestare maggiori garanzie e tutele a

favore dei lavoratori più inesperti, quelli saliti da qualche giorno su un ponteggio o quelli che

dovrebbero beneficiare del periodo di formazione, è uno dei tanti suggerimenti fatti per ridurlo.

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2.4 Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati ed Invalidi del Lavoro

L’Associazione Nazionale fra Mutilati e Invalidi del Lavoro (ANMIL) è stata fondata a Milano nel

1933. L’associazione si dovette però immediatamente sciogliere per via del regime dittatoriale

fascista, ma con la caduta dello stesso fu subito rifondata a Roma, per atto del notaio Egidio Marchese

il 29 settembre 1943.

È da ormai settant’anni che opera in Italia con personalità giuridica riconosciuta ed è stata eretta in

ente morale con decreto luogotenenziale 22 febbraio 1945, n.128.

Con la legge n.335 del 21 marzo 1958, l’ANMIL è diventata un ente pubblico, posto sotto la vigilanza

del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale e regolata da uno statuto approvato dal Presidente

della Repubblica il 28 febbraio 1961, su proposta del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale

insieme al Ministero dell’Economia e delle finanze.

Con l’avvento dell’istituzione delle Regioni, l’associazione è stata sottoposta insieme a tutti gli altri

enti assistenziali, alle procedure di accertamento delle finalità pubbliche previste dagli articoli 113 e

114 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n.616.

L’ANMIL a tutt’oggi rimane un’associazione di diritto privato, mantenendo la sua qualificazione di

ente morale per effetto di un decreto presidenziale pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della

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Repubblica Italiana il 9 maggio 1979, n.125, che, tra le altre cose, dispone la conservazione dei

compiti associativi previsti dal proprio statuto e quelli di rappresentanza e tutela dei mutilati e invalidi

del lavoro, previsti dalle norme vigenti.

Nel 1982, la Sezione controllo enti della Corte dei conti, ha riconosciuto tra i fini dell’ANMIL

l’attività di rappresentanza e tutela delle categorie, da svolgere anche per garantire la continuità

dell’erogazione delle provvidenze spettanti agli assistiti con caratteri di completezza e uniformità.

Nel 2003 l’associazione diventa “ANMIL ONLUS”, organizzazione non lucrativa di utilità sociale,

con la delibera dell’Assemblea straordinaria riunita a San Benedetto del Tronto il 25 ottobre.

Come detto l’ANMIL è attualmente riconosciuta come un Ente morale con personalità giuridica di

diritto privato, cui è affidata, con D.P.R. del 31 marzo 1979, la tutela e la rappresentanza di coloro

che sono rimasti vittime di infortuni sul lavoro, delle vedove e degli orfani dei caduti sul lavoro,

nonché di coloro che hanno contratto una malattia professionale sul lavoro.

Per l’importante ruolo sociale svolto, dal 1° maggio 1999 l’ANMIL è entrata nel Consiglio di

Indirizzo e Vigilanza (CIV) dell’INAIL quale unico rappresentante degli invalidi del lavoro.

L’Associazione assiste e tutela gli invalidi del lavoro da oltre settant’anni promuovendo iniziative

tese a migliorare la legislazione in materia di infortuni sul lavoro e di reinserimento lavorativo

offrendo alla categoria numerosi servizi di sostegno personalizzati in campo previdenziale ed

assistenziale.

Inoltre è impegnata a sensibilizzare l’opinione pubblica su questi temi, con particolare riferimento

alla prevenzione infortunistica. Tra le numerose iniziative che coinvolgono l’intero territorio

nazionale va segnalata la Giornata per le vittime degli incidenti sul lavoro, istituzionalizzata con

Direttiva del Governo del 1998 su richiesta dell’Associazione, fin dal 1951 viene celebrata in tutta

Italia contemporaneamente dalle Sezioni dell’ANMIL.

Attualmente l’ANMIL conta circa 470.000 iscritti e rappresenta e tutela una categoria composta da

oltre 980.000 titolari di rendita tra infortunati sul lavoro, vedove ed orfani di caduti sul lavoro.

L’ANMIL è diffusa in modo capillare sul territorio nazionale con una sede centrale a Roma, 21 sedi

regionali, 103 Sezioni provinciali, 200 Sottosezioni, 500 tra Delegazioni comunali e fiduciariati.

Per fornire informazioni aggiornate e specifiche sui temi, l’Associazione edita un bimestrale

“Obiettivo Tutela - ANMIL” che viene inviato ai circa 470.000 iscritti, ai parlamentari, ai principali

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33

referenti istituzionali dell’Associazione, nonché ad una serie di persone che si occupano delle

tematiche.

L’ANMIL offre una serie di servizi personalizzati e gratuiti all’intera categoria tra cui:

- Consulenza medico-legale sui postumi dell’infortunio

- Consulenza legale generica e specialistica

- Patrocinio per questioni connesse al collocamento al lavoro

- Istruzione di pratiche in materia infortunistica, previdenziale ed assistenziale

- Rapporti con gli enti locali per l’erogazione di prestazioni legate all’invalidità

- Numero verde per l’assistenza tecnica in materia previdenziale

- Numero verde per il sostegno psicologico degli infortunati sul lavoro

- Numero verde per le convenzioni e i servizi ai soci

Tra le iniziative che l’Associazione intraprende, un peso significativo viene dato alla promozione

della cultura della prevenzione degli infortuni, soprattutto nei riguardi dei giovani.

Infine l’ANMIL ha dato vita a una Fondazione “Sosteniamoli subito – Onlus” avente lo scopo di

svolgere attività di erogazioni periodiche di somme di denaro ovvero solidarietà sociale, verso quelle

famiglie in situazioni particolarmente svantaggiate a causa del decesso per infortunio di un coniuge.

Ovviamente trattandosi di un Ente morale con personalità giuridica di diritto privato, gli associati

vengono seguiti per la tutela dei diritti.

L’infortunato sul lavoro con grado di inabilità compreso fra il 16% e il 100% ha diritto ad una rendita

INAIL. Nel caso si verifichi un aggravamento potrà chiedere la revisione del grado d’inabilità entro

i seguenti termini:

10 anni dalla data di infortunio sul lavoro

15 anni dalla manifestazione della malattia professionale

Senza alcun limite di tempo in caso di silicosi o asbestosi.

Nel momento in cui l’INAIL assegna la rendita l’infortunato viene sottoposto periodicamente a visite

medico legali per l’eventuale revisione del grado d’inabilità con le scadenze di seguito riportate. Le

decisioni vengono comunicate per lettera, contro tali decisioni il lavoratore può presentare ricorso

alla sede INAIL di appartenenza.

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34

In caso di infortunio entro dieci anni dalla data di costituzione della rendita il lavoratore può essere

invitato a sottoporsi a visita quattro volte nei primi quattro anni:

La prima visita non prima di un anno dalla data di infortunio e non prima di sei mesi dalla

data di costituzione della rendita

Le visite successive non prima di un anno dalla precedente

Dopo i primi quattro anni sono possibili altre due revisioni:

Alla scadenza del settimo anno dalla costituzione della rendita

Alla scadenza del decimo anno dalla costituzione della rendita.

In caso di malattia professionale entro 15 anni dalla data di costituzione della rendita:

La prima visita dopo sei mesi dalla data di cessazione del periodo di inabilità temporanea

oppure, nei casi in cui non esiste inabilità temporanea, dopo un anno dalla data di

manifestazione della malattia.

L’ultima visita alla scadenza dei 15 anni dalla data di costituzione della rendita.

In caso di silicosi o asbestosi attualmente senza limiti di tempo:

La prima visita dopo un anno dalla data di manifestazione della malattia e almeno dopo sei

mesi dalla data di costituzione della rendita

Le visite successive non prima di un anno dalla precedente.

L’INAIL assicura un indennizzo, al lavoratore che ha subito un infortunio sul lavoro o ha contratto

una malattia professionale, in caso di mancata retribuzione, un risarcimento per la diminuita capacità

lavorativa, il sostegno economico ai familiari in caso di morte, e inoltre anche altre prestazioni come

indennità per inabilità temporanea assoluta, rendita diretta per inabilità permanente, assegno per

assistenza personale continuativa, protesi e presidi, integrazione rendita diretta, brevetto e distintivo

d’onore.

La nuova normativa del marzo 1999 legge 12 n.68 il collocamento al lavoro dei disabili è stata

giudicata positivamente dall’ANMIL in quanto valorizza e incentiva le residue capacità dei disabili e

li riqualifica professionalmente coinvolgendoli sempre più all’interno degli organismi locali. Essa

viene applicata a persone in età lavorativa affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriale e

portatori di handicap intellettivo con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%; persone

invalide del lavoro con un grado d’invalidità superiore al 33%; persone non vedenti o sordomute;

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persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio con minorazioni comprese

tra la prima e l’ottava categoria secondo le tabelle annesso al testo unico delle norme in materia di

pensioni di guerra.

Per quanto riguarda invece i datori di lavoro, pubblici e privati, essi sono tenuti ad avere alle loro

dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie protette nella seguente misura:

7% dei lavoratori occupati se occupano più di 50 dipendenti

Due lavoratori se occupano da 36 a 50 dipendenti

Un lavoratore se occupano da 15 a 35 dipendenti, ma tale obbligo si applica solo in caso di

nuove assunzioni.

Inoltre i datori di lavoro sono tenuti a garantire la conservazione del posto di lavoro a quei soggetti

che, non essendo disabili al momento dell’assunzione abbiano acquisito invalidità a seguito di

infortunio sul lavoro o malattia professionale.

I lavoratori che divengono inabili allo svolgimento delle proprie mansioni a causa di infortunio o

malattia professionale non possono essere computati nella quota di riserva se hanno subito una

riduzione della capacità lavorativa inferiore al 60%.

Per questi lavoratori l’infortunio o la malattia professionale non può essere motivo di licenziamento

in caso in cui possano essere adibiti a mansioni equivalenti ovvero, in mancanza, a mansioni inferiori.

Nel caso in cui non fosse possibile l’assegnazione a mansioni equivalenti o inferiori i lavoratori

vengono avviati dagli uffici competenti presso altre aziende in attività compatibili con le residue

capacità lavorative, senza inserimento nella graduatoria.

In caso in cui ai fini dell’inserimento mirato si necessiti un’adeguata riqualificazione professionale,

le regioni possono autorizzare a loro carico lo svolgimento delle relative attività presso l’azienda che

effettua l’assunzione,oppure affidare lo svolgimento alle associazioni nazionali di promozione, tutela

e di rappresentanza.

L’assunzione dei lavoratori avviene attraverso la stipula tra i medesimi uffici competenti ed i datori

di lavoro di convenzioni aventi ad oggetto la determinazione di un programma mirante al

conseguimento degli obiettivi occupazionali.

Le richieste sono nominative per:

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36

Le assunzioni cui sono tenuti i datori di lavoro che occupano da 15 a 35 dipendenti, nonché i

partiti politici, le organizzazioni sindacali e sociali, e gli enti da essi promossi

Il 50% delle assunzioni cui sono tenuti i datori di lavoro che occupano da 36 a 50 dipendenti.

I soggetti beneficiari della legge si iscrivono nell’apposito elenco tenuto dagli uffici competenti, con

graduatoria unica; per ogni persona, il comitato tecnico annota in un apposita scheda le capacità

lavorative, le abilità, le competenze e le inclinazioni, nonché la natura e il grado della minorazione e

analizza le caratteristiche dei posti da assegnare ai lavoratori disabili, favorendo l’incontro tra

domanda ed offerta di lavoro.

Ai lavoratori assunti a norma si applica il trattamento economico e normativo previsto dalla legge in

questione e dai contratti collettivi.

Il datore di lavoro non può chiedere al lavoratore disabile una prestazione non compatibile con le sue

minorazioni.

Gli uffici competenti alla gestione del collocamento obbligatorio, possono stipulare con i datori di

lavoro e con le cooperative sociali apposite convenzioni finalizzate all’inserimento temporaneo dei

disabili iscritti nelle categorie protette, presso le cooperative sociali stesse alle quali i datori di lavoro

si impegnano ad affidare commesse. Tali convenzioni non ripetibili per lo stesso soggetto non

possono riguardare più di un lavoratore disabile, se il datore di lavoro occupa meno di 50 dipendenti,

ovvero più del 30% dei lavoratori disabili da assumere, se il datore di lavoro occupa più di 50

dipendenti.

I disabili possono partecipare a tutti i concorsi per il pubblico impiego da qualsiasi amministrazione

pubblica siano banditi.

Tra le tante iniziative dell’associazione riportiamo una mostra fotografica che l’ANMIL e l’INAIL

hanno promosso in tutta Italia allo scopo di sensibilizzare al dramma degli incidenti sul lavoro,

riportando le testimonianze di alcuni infortunati e di alcuni familiari delle vittime, ed utilizzando le

foto di Riccardo Venturi.

Questa iniziativa si pone, tra gli altri, come obiettivo di far capire alla gente che questi sono

avvenimenti che riguardano persone e cambiano totalmente la vita di essi, e che quindi non si tratta

solo di numeri e di statistiche che finiscono per essere una contabilità spesso arida e anonima.

Per farlo quindi sono fondamentali le testimonianze riportate durante questa mostra.

Ad esempio riportiamo la storia di un ragazzo, Cristian Azzolari.

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Cristian ha 26 anni e vive a Zanica in provincia di Bergamo.

È un gran lavoratore, poiché gli piace lavorare, e a 14 anni è entrato in una ditta meccanica in cui era

ed è considerato dagli altri quasi come un figlio.

Lui racconta “Il 27 novembre ho fatto gli anni ed il 4 dicembre ero qua come apprendista. Ho imparato

tutto dal titolare, facciamo assistenza e manutenzione ai carri elevatori”.

Il 3 luglio del 200, mentre smontava la colonna di sollevamento di un carro, il fermo del montante ha

ceduto e le due traverse gli hanno causato l’amputazione della mano sinistra e di tre falangi della

mano destra.

Cristian ad oggi lavora ancora lì come capofficina e coordinatore di una decina di operai.

E racconta che i titolari gli sono stati sempre vicini e che lo hanno sempre aiutato e sostenuto sia nel

momento dell’incidente che dopo:

“Ho ricevuto molta solidarietà da parte di tutti. Sono stato a casa per otto mesi, poi altri quattro mesi

al centro INAIL di Budrio per fare le protesi e poi sono tornato a lavoro. All’inizio volevano farmi

fare poco, delle stupidate, ma adesso è tornato tutto normale.

Ma la mia è una storia a lieto fine, ho trovato tutto quello che mi serviva. Sento tanti altri che sono

depressi ma la vita non finisce dopo l’incidente”.

Ed infatti la sua vita non è terminata; il ragazzo lavora dieci ore al giorno ed ha conosciuto una ragazza

(Gabriella) con la quale è felicemente fidanzato.

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In occasione della 58ᵃ Giornata per le vittime degli incidenti sul lavoro il Presidente della Repubblica

ha tenuto un discorso:

“Desidero rivolgere all’Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi sul Lavoro il vivo

apprezzamento per il costante impegno associativo a favore della prevenzione nei luoghi di lavoro,

della tutela dei lavoratori infortunati, dell’assistenza delle famiglie delle vittime e della

sensibilizzazione dell’opinione pubblica.

I preoccupanti dati diffusi dall’ANMIL e le stesse tragiche cronache di questi giorni confermano

quanto cruciale sia la questione della prevenzione sul lavoro.

Si è levato naturalmente un indignato BASTA, sinceramente condiviso, di fronte a tragedie che, per

la loro dimensione, suscitano il clamore dei media e il coinvolgimento dell’opinione pubblica. Ma la

realtà quotidiana ci ripropone casi drammatici (persino ripetitivi nella propria dinamica), storie

personali e familiari di dolore e sofferenza che la vostra associazione, insieme a tante altre espressioni

del volontariato e delle istituzioni, aiuta ad affrontare con un impegno concreto di solidarietà che è

giusto riconoscere e valorizzare.

C’è indubbiamente, anche un problema di risorse: è decisivo qualificare quelle disponibili perché si

investa in formazione ed informazione, si persegua con determinazione l’obbiettivo dell’abbattimento

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39

degli incidenti sul lavoro, si rafforzino le tutele dei lavoratori e si sostengano le famiglie delle vittime

sul lavoro. Particolare significato assumono le numerose iniziative promosse in ambito scolastico per

una più diretta presa di coscienza da parte dei giovani che si affacciano al mondo del lavoro.

È doveroso tenere viva l’attenzione al fenomeno, non demordere nell’allarme sulla sua gravità

sociale, applicare e migliorare le norme legislative. È, questo, un obbiettivo di civiltà che dobbiamo

al sacrificio dei tanti caduti, mutilati ed invalidi sul lavoro”.

Giorgio Napolitano

(dal messaggio del Presidente della Repubblica

Per la 58ᵃ Giornata per le vittime

degli incidenti sul lavoro)

2008

CAPITOLO 3

3.1 media e moda Nazionale degli infortuni sul lavoro

Prendiamo in analisi i dati nazionali rilasciati dall’INAIL nella relazione annuale del 2015:

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Dalla Tabella B1, che presenta denuncie d’infortunio per modalità di accadimento e anno di

accadimento, dunque rileviamo la media aritmetica di lavoratori infortunati negli anni che vanno dal

2011 al 2015:

2011: 817.778

2012: 745.572

2013: 694.969

2014: 663.493

2015: 636.766

817.778+745.572+694.969+663.493+636.766

5= 711.715,6

Perciò avremo una media annua di 711.715,6 di denuncie di infortunio.

Per quanto riguarda la rilevazione della moda in questa tabella non abbiamo la possibilità di compierla

poiché non vi è nessun dato che viene ripetuto più di una volta.

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Dalla tabella B6, che presenta infortuni accertati positivi con esito mortale per modalità di

accadimento e anno di accadimento, rileviamo la media aritmetica degli infortuni mortali sul lavoro

dal 2011 al 2015:

2011: 906

2012: 860

2013: 727

2014: 708

2015: 694

906 + 860 + 727 + 708 + 694

5= 779

Quindi vi è una media annua di 779 infortuni mortali sul lavoro.

Anche in questo caso le statistiche non presentano una moda.

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Dalla tabella M1, che presenta denunce di malattie professionali per genere e anno di protocollo,

rileviamo le denunce per malattie professionali dal 2011 al 2015 maschili femminili e totali:

Maschi:

2011: 33.095

2012: 32.512

2013: 36.804

2014: 40.627

2015: 42.130

33.095+32.512+36.804+40.627+42.130

5= 37.033,6

Perciò la media aritmetica delle denunce di malattie professionali di genere maschile è di 37.033,6

annui.

Femmine:

2011: 14.217

2012: 13.774

2013: 15.021

2014: 16.743

2015: 16.795

14.217 + 13.774 + 15.021 + 16.743 + 16.795

5= 15.310

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43

La media aritmetica delle denunce di malattie professionali di genere femminile è di 15.310 annui.

Ora rileviamo i dati totali:

2011: 47.312

2012: 46.286

2013: 51.825

2014: 57.370

2015: 58.925

47.312 + 46.286 + 51.825 + 57.370 + 58.925

5= 52.343,6

Come visto quindi abbiamo una media totale di 52.343,6 denunce di malattie professionali annue.

La tabella M3 presenta i dati dei lavoratori con malattie professionali riconosciute per anno di

protocollo, genere e classe di menomazione.

Maschi:

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44

2011: 13.129

2012: 12.710

2013: 13.789

2014: 14.128

2015: 12.696

13.129 + 12.710 + 13.789 + 14.128 + 12.696

5= 13.290,4

13.290,4 è la media annua di maschi lavoratori con malattie professionali riconosciute.

Femmine:

2011: 4.822

2012: 4.490

2013: 4.880

2014: 4.921

2015: 4.365

4.882 + 4.490 + 4.880 + 4.921 + 4.365

5= 4.707,6

4.707,6 è la media annua di femmine lavoratrici con malattie professionali riconosciute.

Totale:

2011: 17.951

2012: 17.200

2013: 18.669

2014: 19.049

2015: 17.061

17.951 + 17.200 + 18.669 + 19.049 + 17.061

5= 17.986

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45

La media annua del totale di lavoratori con malattie professionali riconosciute è di 17.986.

Nella tabella B2 abbiamo le denunce con esito mortale per modalità di accadimento e anno di

accadimento.

Calcoliamo la media annua:

2011: 1.395

2012: 1.355

2013: 1.235

2014: 1.152

2015: 1.246

1.395 + 1.355 + 1.235 + 1.152 + 1.246

5= 1.276,6

Che è di 1.276,6.

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Riportiamo alcune tabelle pubblicate dall’ANMIL per lo studio del cambiamento del lavoro e della

tutela al femminile degli ultimi 50 anni

TABELLE STATISTICHE DELLO STUDIO ANMIL

(Fonte: elaborazione ANMIL su dati ISTAT e INAIL)

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47

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48

3.2 Media e moda europea degli infortuni sul lavoro

Analizziamo ora gli infortuni sul lavoro nell’Unione Europea, esclusi i casi mortali, per stati membri

dell’anno 2014 diffusi da Eurostat.

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49

Stati membri

TOTALE

(tutte le

sezioni

NACE)

Unione Europea - 28 Paesi 3.176.640

Unione Europea - 27 Paesi 3.164.971

Unione Europea - 15 Paesi 2.985.014

Belgio

65.587

Bulgaria 2.246

Repubblica Ceca 42.306

Danimarca 54.157

Germania 847.370

Estonia 6.288

Irlanda 18.115

Grecia 3.410

Spagna 387.439

Francia 724.662

Croazia 11.669

Italia 313.312

Cipro 1.613

Lettonia 1.725

Lituania 3.120

Lussemburgo 7.183

Ungheria 19.491

Malta 2.632

Paesi Bassi 87.964

Austria 65.418

Polonia 76.274

Portogallo 130.153

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50

Romania 3.396

Slovenia 12.314

Slovacchia 8.552

Finlandia :

Svezia 35.296

Regno Unito 244.948

Norvegia 10.108

Svizzera 86.346

Prendendo i dati della precedente tabella calcoliamo la media di infortuni del lavoro per paese:

(65.587 + 2.246 + 42.306 + 54.157 + 847.370 + 6.288 + 18.115 + 3.410 + 387.439

+ 724.662 + 11.669 + 313.312 + 1.613 + 1.725 + 3.120 + 7.183 + 19.491

+ 2.632 + 87.964 + 65.418 + 76.274 + 130.153 + 3.396 + 12.314 + 8.552

+ 35.296 + 244.948 + 10.108 + 86.346)/29 = 3.273.094/29 = 112.865,31

Riscontriamo che la suddetta media è pari a 112.865,31 nell’anno 2014.

Non vi è nessuna moda da rilevare nei dati riscontrati.

L’Eurostat ci fornisce anche una distinzione per sesso degli infortunati sul lavoro nell’Unione

Europea:

Stati membri Maschi Femmine

Unione Europea - 28 Paesi (*) 2.183.494 992.870

Unione Europea - 27 Paesi (*) 2.175.808 988.889

Unione Europea - 15 Paesi (*)

2.052.936 931.807

Belgio 46.812 18.771

Bulgaria 1.600 646

Repubblica Ceca 29.797 12.509

Danimarca 31.920 22.041

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51

Germania 631.819 215.552

Estonia 4.097 2.191

Irlanda 12.503 5.583

Grecia 2.551 859

Spagna 264.010 123.430

Francia 454.997 269.664

Croazia 7.686 3.981

Italia 226.263 87.049

Cipro 1.145 468

Lettonia 1.154 571

Lituania 2.025 1.092

Lussemburgo 5.701 1.482

Ungheria 12.674 6.817

Malta 2.235 397

Paesi Bassi 55.567 32.397

Austria 51.352 14.066

Polonia 50.294 25.980

Portogallo 93.003 37.150

Romania 2.629 767

Slovenia 9.312 3.002

Slovacchia 5.910 2.642

Finlandia : :

Svezia 19.596 15.700

Regno Unito 156.842 88.064

: :

Norvegia 6.243 3.865

Svizzera 68.492 17.854

Calcoliamo anche qui la media aritmetica partendo dal genere maschile:

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(46.812 + 1.600 + 29.797 + 31.920 + 631.819 + 4.097 + 12.503 + 2.551 + 264.010

+ 454.997 + 7.686 + 226.263 + 1.145 + 1.154 + 2.025 + 5.701 + 12.674

+ 2.235 + 55.567 + 51.352 + 50.294 + 93.003 + 2.629 + 9.312 + 5.910

+ 19.596 + 156.842 + 6.243 + 68.492)/29 = 2.258.229/29 = 77.869,965

La media degli infortuni sul lavoro nei paesi dell’Unione Europea di genere maschile nell’anno 2014

è di 77.869,965.

Passiamo al genere femminile:

(18.771 + 646 + 12.509 + 22.041 + 215.552 + 2.191 + 5.583 + 859 + 123.430 + 269.664

+ 3.981 + 87.049 + 468 + 571 + 1.092 + 1.482 + 6.817 + 397 + 32.397

+ 14.066 + 25.980 + 37.150 + 767 + 3.002 + 2.642 + 15.700 + 88.064

+ 3.865 + 17.854)/29 = 1.014.590/29 = 34.985,862

La media degli infortuni sul lavoro nei paesi dell’Unione Europea di genere femminile nell’anno 2014

è di 34.985,862.

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53

3.3 Statistiche sui costi del lavoro e degli infortuni sul lavoro

I costi spesi dall’INAIL e dalle aziende per gli infortuni sul lavoro sicuramente possono diminuire se

i vari enti investono sulla prevenzione.

Quando vi è un infortunio si hanno delle ripercussioni su tutti gli altri lavoratori e soprattutto sulle

aziende, che, in particolar modo sugli infortuni di minore entità, subiscono danni economici elevati;

poiché meno grave è l’infortunio, maggiore sarà il rapporto dei costi diretti su quelli indiretti.

I costi diretti sono associati in modo univoco all’oggetto di costo considerato come l’incidente,

l’infortunio o la malattia professionale:

Costi medici per l’infortunato, ad esempio spese ospedaliere, riabilitazione, medicinali

Integrazione dei salari per la quota non coperta da assicurazioni

Danni subiti da mezzi di produzione, come ad esempio macchinari, attrezzature, edifici,

veicoli

Valore della produzione per le interruzioni causate da incidenti

Eventuale perdita di produttività del lavoratore infortunato dopo il suo ritorno al lavoro.

I costi indiretti, invece, non sono definiti con un rapporto di univocità e vi è la necessità di ricorrere

ad un metodo di allocazione e possono essere:

Costi per scioperi o riduzione della produttività della forza lavoro dovuta all’elevata frequenza

degli infortuni

Costi degli straordinari necessari a recuperare il tempo perso a seguito dell’incidente e

dell’assistenza dei lavoratori infortunati

Costo delle attività d’indagine, compilazione di verbali e rapporti con le autorità di controllo

Costi di retraining, e di recruiting nel caso in cui ai lavoratori infortunati venga modificata la

mansione, a causa dell’elevato turnover del personale che sempre si verifica in ambienti di

lavori poco sicuri.

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54

Si stima che un impiegato sotto infortunio costi all’azienda 5 volte in più di un impiegato non

infortunato.

La struttura del costo del lavoro in Italia nell’anno 2012 riportata dall’ISTAT è la seguente:

Nel 2012 è pari a 41.330 euro per dipendente il costo del lavoro in senso ampio (ovvero

comprensivo di tutte le spese sostenute dai datori di lavoro per l’impiego di lavoratori dipendenti) nelle

imprese ed istituzioni private e pubbliche con almeno 10 dipendenti dell’industria e dei servizi.

Le retribuzioni lorde per dipendente ammontano a 29.895 euro e rappresentano il 72,3% del

costo del lavoro.

Le retribuzioni lorde annue per dipendente sono più elevate nei settori della Fabbricazione di

coke e prodotti petroliferi raffinati (50.699 euro), delle Attività finanziarie ed assicurative (50.567

euro) e dell’Estrazione di minerali da cave (49.389 euro). Sul fronte opposto, quelle minime si

rilevano nel Noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese (17.836 euro).

I contributi sociali incidono per il 27,3% sul costo del lavoro in senso ampio: i contributi

sociali obbligatori per legge hanno una incidenza del 20,4%, mentre quelli volontari e contrattuali

dello 0,4% e il Trattamento di fine rapporto (Tfr) del 3,9%.

Le spese per formazione incidono solo per lo 0,2% sul costo del lavoro in senso ampio. Il costo

del lavoro orario (esclusi i settori Amministrazione pubblica e difesa e Assicurazione sociale

obbligatoria) è pari a 23,6 euro nell’Unione europea a 28 paesi e a 28,4 euro nell’area euro. L’Italia si

posiziona sotto la media dei paesi dell’eurozona sia per il costo del lavoro orario (27,5 euro) sia per

la retribuzione lorda oraria (19,9 euro contro 21,2).

Negli stessi settori confrontabili a livello europeo, l’incidenza dei contributi sociali sul totale del

costo del lavoro orario è pari al 23% nell’Unione europea a 28 paesi e al 25,4% nell’area euro. Con

una incidenza dei contributi orari del 27,7%, l’Italia si situa al di sopra della media dei paesi dell’area

dell’euro.

Nel settore privato il 28,8% del Tfr è versato ai fondi di previdenza complementare. Nelle

imprese con 1.000 e più dipendenti questa quota raggiunge il 43,5%.

La retribuzione lorda per ora lavorata è pari a 20,2 euro, con un differenziale di circa sette euro

tra le imprese ed istituzioni con 1.000 e più dipendenti e quelle di piccole dimensioni (10-49

dipendenti).

Nel Nord-ovest e nel Centro la retribuzione per ora lavorata è superiore alla media nazionale

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55

(rispettivamente +3,8% e +2,4%), mentre è inferiore nel Nord-est, Sud ed Isole (-3,6%, -4,7% e -

2,3%).

Le ore annue lavorate per dipendente sono pari, in media, a 1.480 e rappresentano l’83% delle ore

retribuite (1.784). Le ore lavorate per dipendente a tempo parziale, pari in media a 990,

rappresentano il 63,3% delle ore lavorate per dipendente a tempo pieno (pari a 1.565).

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56

PROSPETTO 1. PRINCIPALI INDICATORI PER DIPENDENTE Industria e servizi

(B-S), Anno 2012

1

MACRO-SETTORI, CLASSI DI

DIPENDENTI E RIPARTIZIONI

TERRITORIALI

Costo

del lavoro in

senso ampio

di cui

Retribuzio

ni lorde

di cui

Contribu

ti sociali

Ore

effettivamente lavorate

Industria 43.074 30.896 12.016 1.585

Costruzioni 38.036 26.999 10.878 1.620

Servizi 40.880 29.692 11.061 1.434

10-49 dipendenti 33.437 24.375 8.983 1.527

50 – 249 dipendenti 38.921 27.769 11.049 1.365

250 – 499 dipendenti 43.235 31.253 11.810 1.531

500 – 999 dipendenti 44.358 32.030 12.156 1.518

1000 e oltre dipendenti 48.083 34.939 12.952 1.514

Nord-ovest 43.983 31.750 12.069 1.514

Nord-est 40.386 29.151 11.091 1.496

Centro 42.313 30.666 11.505 1.482

Sud 37.535 27.255 10.196 1.415

Isole 38.689 28.056 10.536 1.422

Totale 41.330 29.895 11.298 1.480

1 Statistiche Report ISTAT Centro Diffusione Dati www.istat.it

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57

2

2 Statistiche Report ISTAT Centro Diffusione Dati www.istat.it

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Nelle imprese e istituzioni pubbliche e private con 10 dipendenti ed oltre, il costo del lavoro in senso

ampio è stato pari a 41.330 euro per dipendente nel 2012.

Di questo il 72,3% è costituito dalle retribuzioni lorde, mentre il 27,3% dai contributi sociali. La

restante parte è rappresentata dai costi intermedi connessi al lavoro, tra cui le spese di formazione

professionale che incidono per lo 0,2%.

Tra le retribuzioni lorde il 71,5% del lavoro in senso ampio è rappresentato da quelle in denaro.

Queste retribuzioni sono:

Importi erogabili in ogni periodo di paga (53,1%)

Importi non erogabili in ogni periodo di paga, ovvero quelli relativi a tredicesima e altre

mensilità aggiuntive, premi annuali e altro (9,8%)

Remunerazioni per giorni non lavorati per ferie, festività, permessi (8,7%)

Le retribuzioni in natura occupano lo 0,8% del costo del lavoro in senso ampio.

E a completare il quadro vi sono le diverse componenti dei contributi sociali, di cui il 27,3%

complessivo è costituito principalmente da contributi obbligatori per legge; e dei contributi volontari

e contrattuali che occupano lo 0,4%, mentre TFR e contributi sociali figurativi hanno un peso

rispettivamente del 3,9% e del 2,7%.

Con i dati raccolti dall’ISTAT sappiamo che, rispetto alla media degli altri Paesi facenti parte

dell’Unione Europea, l’Italia registra un costo del lavoro orario leggermente inferiore.

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CONCLUSIONI

Come già detto nell’introduzione questa tesi ha lo scopo di analizzare e di portare a conoscenza un

dramma sociale come quello degli infortuni e dei caduti sul lavoro.

Utilizzando le nozioni date dalla materia di statistica ho riportato alcuni dati, presi da diversi enti

come ANMIL, INAIL, ISTAT e EUROSTAT.

Abbiamo visto dunque che si tratta di un tema sociale di estrema importanza, a volte tenuto poco in

considerazione, poiché, come abbiamo carpito dal lavoro fatto dall’ANMIL, non si tratta solamente

di numeri e statistiche ma è un argomento che colpisce e mette a dura prova vite umane, persone con

sentimenti, intere famiglie arrivando a volte all’irreparabile dato di morti bianche.

Ed è proprio per questo motivo che ho deciso di argomentare parte di questa tesi sul lavoro che questa

Associazione svolge.

Infatti ho voluto riportare una testimonianza di un associato ANMIL che durante l’orario lavorativo,

mentre svolgeva i compiti di assistenza e manutenzione ai carri elevatori, per via del cedimento del

fermo di un montante, è stato colpito da due traverse che gli hanno causato l’amputazione della mano

sinistra e due falangi della mano destra.

Lo spirito dell’Associazione in questo ed in tantissimi altri casi, ha fatto si che ci si potesse

riappropriare di una vita sociale.

Come visto le medie date dagli infortuni sul lavoro, dalle malattie professionali e dalle morti bianche

sono ad oggi molto elevate.

Basti pensare che abbiamo una media nazionale, calcolata negli anni che vanno dal 2011 al 2015, di

711.715,6 denuncie di infortunio sul lavoro, 779 infortuni mortali sul lavoro e 17.986 lavoratori con

malattie professionali riconosciute; mentre una media europea di 112.865,31 per stato, nel 2014, di

infortuni sul lavoro esclusi gli incidenti mortali.

È da notare però il fatto che questi accadimenti sono in calo in Italia.

Infatti gli infortuni con esito mortale nazionali sono stati 906 nel 2011, 860 nel 2012, 727 nel 2013,

708 nel 2014 e 694 nel 2015; le denuncie di infortunio sul lavoro sono state 817.778 nel 2011, 745.572

nel 2012, 694.969 nel 2013, 663.493 nel 2014 e 636.766 nel 2015.

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Al contrario le malattie professionali sono scostanti con 17.951 lavoratori nel 2011, 17.200 lavoratori

nel 2012, 18.669 lavoratori nel 2013, 19.049 lavoratori nel 2014 e 17.061 lavoratori nel 2015.

Per poter abbassare queste medie è necessario seguire quanto dettato dalla normativa che regola la

sicurezza sul lavoro, il DLGS. n.81 del 2008, che fa seguito a diverse normative, anche europee, in

materia; istruire le prossime generazioni, inserendo il tema della sicurezza sul lavoro come materia

di insegnamento obbligatoria in tutti gli istituti, perché come dice l’ANMIL i progetti che vengono

dedicati alle scuole di primo e secondo grado hanno un gran seguito da parte degli alunni; e di

investimenti in materia di sicurezza da parte delle aziende, poiché come precedentemente visto un

infortunio ha un costo talmente elevato che risulta molto più conveniente investire sulla prevenzione.

Bibliografia

Piccolo D. , Statistica, Il Mulino, Bologna, 2000

Borra S. , Di Ciaccio A. , Statistica, McGrow-Hill, Milano, 2004

Anmil, gli infortuni sul lavoro nella provincia di Nuoro, IRISS snc

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Riccardo Venturi, NO! , il dramma degli incidenti sul lavoro, ANMIL contrasto

Sitografia

www.istat.it

www.inail.it

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https://it.wikipedia.org

www.anfos.it

www.anmil.it

it.global.nba.com

www.puntosicuro.it

redazione.finanza.com

www.lavoro.gov.it

Ringraziamenti

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Un ringraziamento particolare va al professor Rossi per aver approvato l’idea della tesi e per avermi

dedicato parte del suo tempo.

Ringrazio Giuliana per l’idea e Celia per l’aiuto nel recupero dei materiali.

Grazie anche a mia madre ed a Patrizia per il sostegno.

Ed infine un ringraziamento generale a tutta la mia famiglia.