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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA Archivio Generale di Ateneo ABSTRACT della 4ª Conferenza organizzativa degli archivi delle università italiane Padova, Aula Magna “G. Galilei” 24 – 25 ottobre 2002

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVAArchivio Generale di Ateneo

ABSTRACTdella 4ª Conferenza organizzativa

degli archivi delle università italiane

Padova, Aula Magna “G. Galilei”24 – 25 ottobre 2002

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PAGINA BIANCA

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4ª Conferenza organizzativadegli archivi delle università italiane 3

Sommario

1ª SessioneL’archivio corrente:

notaio e demiurgo della memoriaLINDA GIUVAIl protocollo informatico: lo stato dell’arte e gli sviluppi futuri ........................................... 7

GIOVANNI BIGNAMINIL’introduzione del protocollo informatico nell’Università degli Studi di Pavia.................. 9

GIORGIO FONTANAL’introduzione del protocollo informatico nell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia ..................................................... 16

GIANNI PENZO DORIALe delibere vanno protocollate?.......................................................................................... 19

ANDREA BERTIUna recente modifica al titolario di classificazione per gli archivi universitari:“Opere dell’ingegno e imprenditoria della ricerca” .......................................................... 21

GIOVANNA GRANATA - ZANETTA PISTELLIIl Thesaurus del titolario di classificazione per gli archivi delle università italiane .......... 23

FRANCESCA CAVAZZANA ROMANELLI, MONICA MARTIGNON, REMIGIO PEGORAROAlla scuola di Titulus. Ipotesi e problemi per un titolario degli archivi parrocchiali della diocesi di Venezia............................................................ 26

2ª SessioneL’archivio storico fra tradizione e innovazione

CARLA FROVAUniversità, storia e archivi.................................................................................................. 31

FRANCESCO PIOVANDalla tutela alla valorizzazione degli archivi: il caso dell’Università di Padova .............. 34

SARA PICCOLOI fondi archivistici dell’Amministrazione centrale e delle Facoltà di “Filosofia efilologia”: dal Regio Istituto di Studi superiori all’Università degli Studi di Firenze....... 42

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STEFANO TWARDZIKL’avvio del riordinamento dell’archivio dell’Università degli Studi di Milano................. 47

CECILIA GHETTI – SONIA ZECCHINLe problematiche della gestione delle tesi come risorsa documentaria............................. 50

FRANCESCA FANTINI D’ONOFRIOGli archivi storici identità, condizionamento e conservazione........................................... 51

GRUPPO NAZIONALE STUDIUM 2000Il Rapporto sugli archivi delle Università degli Studi italiane............................................ 54

GRUPPO NAZIONALE STUDIUM 2000Il sistema SIUSA egli archivi degli atenei: prime applicazioni.......................................... 57

MANOLA IDA VENZOIl fondo Congregazione degli studi presso l’Archivio di Stato di Roma: ........................... 60

3ª SessioneL’archivio di deposito

come funzione di eccellenza archivistica

MARIO SQUADRONIL’archivio di deposito: funzioni e organizzazione .............................................................. 65

SARA GUIATIRegolamenti e archivi di deposito tra reti archivistiche e gestione esternalizzata: un deficit da colmare.......................................................................................................... 67

EUGENIO CALIMANIIl progetto di costruzione del nuovo archivio di depositodell’Università degli Studi di Padova ................................................................................. 73

LUCIA ROSELLIPrimi risultati del progetto di tutela e valorizzazione dell’archivio di depositodell’Università degli Studi di Firenze ................................................................................. 75

RENATO DELFIOLL’esperienza della Soprintendenza Archivistica per la Toscana in materia di selezione... 77

GIGLIOLA FIORAVANTIDall’archivio come “ciò che resta da un naufragio” all’archivio come bene culturale..... 79

MICHELE TOSCHICartesio e le lezioni americane di Calvino. Presentazione draftdel massimario di selezione per gli archivi delle università italiane .................................. 81

MONICA MARTIGNONLe Conclusiones de las VIII Jornadas de archivos universitarios a cura della Conferencia deArchiveros de Universidades Españolas................................................................................. 82Conclusiones De Las VIII Jornadas De Archivos Universitarios ...................................... 84

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1ª SessioneL’archivio corrente:

notaio e demiurgo della memoria

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PAGINA BIANCA

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LINDA GIUVA

Il protocollo informatico:lo stato dell’arte e gli sviluppi futuri

Dal 1998, anno dell’emanazione del regolamento sul protocollo informa-tico, ad oggi si sono verificati numerosi cambiamenti nel campo delle ge-stione informatica dei documenti. Alcuni di questi cambiamenti investonol’assetto normativo. In primo luogo, l’emanazione del testo unico sulla do-cumentazione amministrativa ha portato alcune importanti modifiche mi-gliorative rispetto alla legislazione precedente che non sono solo riconduci-bili ad una maggiore chiarezza terminologica. Inoltre, vi è stataun’integrazione dello stesso testo unico, con il dlgs. 10/2002 contenente ilrecepimento della direttiva europea sulla firma digitale. Tale intervento, dif-ferentemente da quello citato precedentemente, ha complicato le cose so-prattutto dal punto di vista del valore di prova del documento informaticosottoscritto con firma elettronica. A questo riguardo, i giuristi hanno giàespresso grande preoccupazione.

È importante che su questo tema anche gli archivisti si interroghino edesprimano una posizione. Un altro intervento di tipo normativo è la direttivadel Ministro dell’innovazione emanata il 21 dicembre 2001. In tale direttivail ministro invita le amministrazioni a costruire gli “uffici digitali” incre-mentando gli interventi rivolti all’automazione dei processi di lavoro (work-flow) in quanto strumento per una maggiore efficienza dell’azione pubblicae per un rapporto sempre più diretto e interattivo con gli utenti.

L’accelerazione così impressa può determinare però l’abbandono di unaprocedura corretta che era stata avviata, anche se faticosamente, nelle am-ministrazioni pubbliche e che considerava prioritario l’intervento sul siste-ma documentario attraverso la regolamentazione dei principali strumenti di

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controllo della documentazione: registro di protocollo, fascicolazione, clas-sificazione, termini di conservazione. I rischi sono accentuati dal fatto che,almeno a livello centrale, le amministrazioni sono in grave ritardo rispetto aitermini della normativa che prevede l’introduzione del sistema di gestioneinformatica dei documenti entro il 1° gennaio 2003. Tale situazione risultaevidente anche da un esame dei pareri rilasciati dall’AIPA per progetti cheprevedono una spesa superiore ai 300 milioni di vecchie lire che dimostra lascarsa attenzione delle amministrazioni per interventi nel sistema docu-mentario.

Inoltre, la soppressione dell’AIPA e la sua trasformazione in una ancoranon meglio identificata Agenzia non dà molte sicurezze per quanto riguardala prosecuzione del progetto “Protocollo informatico” che ha costituito finoa poco tempo fa una dei focus di maggiore rilievo portati aventidall’Autorità. In tale situazione gli archivisti non possono che incrementarelo sforzo teorico ma anche pratico, per definire gli oggetti e i concetti di unsistema documentario nonché i requisiti archivistici funzionali ai sistemi digestione informatica dei documenti, anche sulla base degli ultimi contributiinternazionali (Moreq) che vanno verificati alla luce delle nostre esperienze.In particolare, andrebbero verificati e approfonditi i criteri perl’elaborazione di schemi di classificazione anche alla luce di esperienze incorso; il rapporto tra strumenti e obiettivi archivistici e potenzialità offertedalle tecnologie informatiche e della comunicazione (penso all’uso dei pro-dotti di knowledge management)

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GIOVANNI BIGNAMINI

L’introduzione del protocollo informaticonell’Università degli Studi di Pavia

L’Università degli Studi di Pavia, nel mese di ottobre 1999, ha dato avvioagli adempimenti necessari per l’introduzione del protocollo informatico aisensi del DPR 428/98, provvedimento ora abrogato e recepito in gran partedal testo unico sulla documentazione amministrativa (DPR 445/2000).

A seguito della valutazione sulle risorse disponibili si è provveduto ad af-fidare l’incarico della realizzazione del progetto alla sig.ra Teresa LuciaColombo (cui va il ringraziamento dell’amministrazione per l’impegno pro-fuso e la passione con la quale ha svolto l’incarico, senza i quali non sarebbestato possibile raggiungere il risultato).

In primo luogo si è ritenuto importante favorire la partecipazione del per-sonale ad appositi corsi di formazione, considerato che la situazione esi-stente presso l’ufficio deputato alla gestione della problematica e denomi-nato Ufficio protocollo ed archivio non si presentava positivamente dalpunto di vista delle competenze presenti.

In relazione alle conoscenze acquisite, ed effettuata una analisi di quantopresente negli altri Atenei italiani, si è ritenuto di aderire al Progetto Titulus97 e si è provveduto alla sua presentazione ai Responsabili delle strutturedell’Amministrazione Centrale, nel mese di maggio 2000.

Si ricorda che il progetto Titulus 97, avviato dall’Università degli studi diPadova, costituisce ormai un sistema comune per la classificazione dei do-cumenti da parte delle Università italiane, attraverso l’uso di un titolariounico a livello nazionale. Come in molte altri Atenei, anche presso l’Univer-sità degli studi di Pavia la formazione dei fascicoli all’interno dei vari uffici(centrali e decentrati) che poi verranno a costituire l’archivio, non era mai

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stata regolata da alcuna normativa precisa (sia da parte di fonti esterne siaattraverso provvedimenti interni). Essa infatti dipendeva dalle decisioni dichi operava nelle differenti strutture e dai diversi momenti in cui si trovava-no le strutture stesse. La creazione di uno strumento che stabilisce in viapreventiva il modo di formazione dei fascicoli ha stravolto la prassi prece-dente e l’attuazione del progetto ha costituito un obiettivo di non poco im-pegno, considerato che la sua realizzazione riguarda tutte le strutture ammi-nistrative dell’Ateneo (circa 100). Il processo è tuttora in corso, ma la suacompleta attuazione non è molto lontana, considerati i risultati di quanto giàrealizzato.

Dopo la presentazione ai Responsabili delle strutture, su decisione dellaDirezione amministrativa, l’Università degli Studi di Pavia, con nota 1° giu-gno 2000, ha confermato l’intenzione di procedere all’implementazione delprogetto presso la propria amministrazione, avvalendosi della consulenzadel Dott. Gianni Penzo Doria (Direttore dell’Archivio generale di Ateneodell’Università degli Studi di Padova), che si intende ringraziare, a nomedell’Ateneo pavese, non solo per la preziosa collaborazione prestata ma an-che per il rapporto umano che ha saputo instaurare con tutto il personale cheha collaborato alla realizzazione del progetto.

Per affrontare le problematiche connesse all’attuazione del progetto èstato costituito un apposito Gruppo di Lavoro composto da un referente perogni struttura dell’Amministrazione Centrale con il compito di procedereall’esame del nuovo titolario di classificazione e alla stesura del Regola-mento per la gestione, tenuta e tutela dei documenti amministrativi dal pro-tocollo all’archivio storico, nonché di occuparsi degli aspetti organizzativiconseguenti alla introduzione delle nuove procedure per la realizzazione delprotocollo informatico.

Infatti, a seguito dell’adesione al progetto Titulus 97, l’Amministrazioneha ritenuto di procedere ad una riorganizzazione del proprio sistema infor-mativo documentale, abbandonando il vecchio piano di classificazione,molto spesso non applicato e comunque non più rispondente alle posizionidell’archivio di deposito, così come si è ritenuto di introdurre il titolario diclassificazione dell’Amministrazione Centrale proposto dal progetto Titulus97 che ricomprende tutta l’attività dell’Ente ripartita per funzioni, in modoche i documenti siano classificati sulla base del rispettivo contenuto, consen-tendo in tal modo di pervenire alla formazione di un archivio unitario.

L’attività da svolgere per raggiungere l’obiettivo prefissato è stata defi-nita secondo il seguente sintetico schema:q Analisi e studio della situazione esistenteq Analisi dei volumi dei flussi documentali

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q Esame delle criticità riscontrateq Analisi e studio del progettoq Predisposizione degli indici del titolario di classificazioneq Predisposizione “Linee Guida” per la gestione, tenuta e tutela dei docu-

menti amministrativi dal protocollo all’Archivio Storico perl’Amministrazione Centrale

q Predisposizione “Linee Guida” per la gestione, tenuta e tutela dei docu-menti amministrativi dal protocollo all’Archivio Storico per le strutturedidattiche, di ricerca e di servizio previste dallo Statuto

q Predisposizione di tutte le informazioni necessarie per la configurazionedel software per la gestione del protocollo informatico

q Stesura di un piano di lavoro per la sperimentazione informatica e relati-va attuazione secondo le modalità e i tempi stabiliti

q Gestione flussi documentali tramite sistema informaticoContestualmente alla costituzione del gruppo di lavoro si è provveduto ad

avviare le procedure per l’organizzazione, sempre in collaborazione conl’Università degli Studi di Padova, di appositi corsi di formazione rivolti siaai Responsabili che al personale delle varie strutture considerato che, conl’introduzione del protocollo informatico, era prevista anche una riorganiz-zazione della gestione dei flussi documentali consistente nell’affidare diret-tamente agli uffici il compito della registrazione dei documenti in partenzadi rispettiva competenza. La formazione, comprensiva di tre fasi (avvio delprogetto, verifiche dirette sull’andamento del progetto – verifica dei risultatidel progetto) si è svolta tra la fine di settembre e la prima metà del mese diottobre 2000.

La partecipazione degli uffici, nella fase di formazione, ma anche in sedesuccessiva di analisi e sperimentazione, è stata in alcuni casi attiva, costantee costruttiva, in altri molto lacunosa. Gli uffici che hanno dimostrato parti-colare interesse e collaborazione nella fase di sperimentazione cartacea han-no continuato a collaborare fattivamente anche nella fase di sperimentazioneinformatica. Non sono mancate critiche, in modo particolare da parte di al-cune strutture che, forse volutamente, hanno evitato ogni occasione utile percapire la logica e gli obiettivi del progetto. Peraltro simili comportamenti sipresentano tutte le volte che si procede a cambiamenti nelle procedure e neiprocessi organizzativi, in particolare per quelli che per la loro rilevanza in-cidono su tutta la struttura organizzativa in cui è articolata una amministra-zione complessa, quale quella universitaria.

A maggior ragione per le variazioni che appaiono esterne rispettoall’attività propria e diretta di ciascuna struttura la cui utilità, inevitabil-mente, viene percepita in modo meno immediato. In tali casi l’importante è

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continuare nell’operazione avviata, con inalterata convinzione, sapendoportare gradualmente le strutture a comprendere i vantaggi che i nuovi pro-cessi consentiranno di sfruttare. Così si è verificato anche nel caso del Pro-getto Titulus ed attualmente le strutture manifestano la loro soddisfazione edil loro apprezzamento per il progetto realizzato.

Terminata la formazione e in attesa che il Centro di Calcolo (strutturacompetente per tutte le realizzazioni informatiche) completasse tutte le pro-cedure per l’acquisto del software Titulus 97, il Gruppo di Lavoro ha stabi-lito di iniziare una prima fase di sperimentazione con l’introduzione del ti-tolario di classificazione previsto da Titulus 97 utilizzando come guida levoci di indice predisposte dall’Università degli Studi di Padova e seguendole seguenti modalità:q avvio sperimentazione sul protocollo cartaceo (1° novembre 2000)q applicazione del nuovo titolario con classificazione della corrispondenza

in arrivo a cura del Servizio Protocollo e di quella in partenza a cura deisingoli uffici

q fascicolazione di quei documenti che davano origine a un nuovo proce-dimento o affare con relativa istituzione del repertorio dei fascicoli

q abbandono dell’utilizzo del numero in entrata per un documento inuscita ad esso relativo (nuovo numero per ogni documento)

q eliminazione dei protocolli interni attivati da alcuni ufficiNel frattempo si è provveduto alla rielaborazione degli indici del titolario

di classificazione dell’Università di Padova per il loro adeguamento allarealtà dell’Ateneo pavese e alla definizione delle informazioni relativeall’organizzazione dell’Amministrazione Centrale per consentire alla dittafornitrice di configurare il software con le informazioni relative all’Univer-sità di Pavia.

Inoltre si è provveduto alla definizione delle Linee Guida per la gestione,tenuta e tutela dei documenti amministrativi dal protocollo all’archivio sto-rico per l’amministrazione centrale e alla predisposizione di un piano di la-voro per l’avvio della sperimentazione informatica che si è svolta in modograduale sino al coinvolgimento di tutte le strutture dell’AmministrazioneCentrale.

Con l’avvio della sperimentazione presso gli uffici sono entrate in vigore,sempre in via sperimentale, anche le Linee Guida nel frattempo emanate. Lasperimentazione, iniziata a livello cartaceo nel novembre 2000 e proseguitaper alcuni mesi, ha consentito di acquisire la giusta dimestichezza con ilnuovo sistema di classificazione per una corretta codifica dei documenti.

Il piano di lavoro prevedeva, in sintesi, i seguenti tempi e le seguenti atti-vità:

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q 20 – 30 aprile 2001 Caricamento anagrafica ed ottimizzazione del siste-ma informatico, a cura del Servizio protocollo

q 2 maggio – 30 giugno 2001 Avvio della sperimentazione del sistema in-formatico a cura del Servizio protocollo

q 18 giugno 2001 Avvio della sperimentazione del sistema informativonelle strutture pilota (Centro di calcolo ed altre due strutture)

q 2 – 23 luglio 2001 Formazione informatica ed avvio della sperimenta-zione del sistema informatico nelle strutture dell’amministrazione cen-trale

q 17 settembre 2001 Avvio della sperimentazione del sistema informaticonella ripartizione studenti

q 1° ottobre 2001 Avvio ufficiale del protocollo informatico nelle strutturesopraindicate

In data 1° ottobre 2001, come stabilito dal piano di lavoro, è stato intro-dotto ufficialmente l’utilizzo del protocollo informatico unitamente allanuova gestione dei flussi documentali: controllo, registrazione e scansionedella corrispondenza in arrivo a cura del Servizio Archivio e Protocollo, re-gistrazione e gestione dei documenti in partenza a cura del rispettivo ufficiodi competenza.

Due i principali fattori che hanno determinato questa scelta: decentra-mento di quasi tutti gli uffici rispetto alla Direzione Amministrativa, dove ilServizio Archivio e Protocollo è ubicato, e sottoscrizione da parte dei diri-genti o funzionari responsabili della maggior parte dei documenti prodotti.

Per quanto riguarda le strutture decentrate, come già indicato, a decorreredal 1° gennaio 2001, la sperimentazione del progetto “Paviarchivi-Titulus97” è stata avviata anche presso tre strutture didattiche, di ricerca e di servi-zio previste dallo Statuto (Dipartimento di Studi Giuridici, Centro di Cal-colo e Centro Orientamento Universitario); con decorrenza 1° ottobre 2001presso le stesse strutture è stato introdotto anche l’utilizzo del protocollo in-formatico.

A decorrere dal 1° gennaio 2002, l’avvio del protocollo informatico hainteressato altre due strutture periferiche: il Dipartimento di Informatica eSistemistica e la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali.

Dopo l’introduzione del sistema archivistico Titulus 97 presso l’Ammini-strazione Centrale e sulla base dell’esperienza acquisita con le prime struttu-re decentrate, si è deciso di estendere l’utilizzo del protocollo informatico atutte le strutture didattiche, di ricerca e di servizio (Dipartimenti, Centri, Bi-blioteche etc.) così come previsto dalla normativa vigente.

A decorrere dal maggio 2002, sempre in collaborazione con l’Universitàdegli Studi di Padova, è stata pertanto avviata la Fase 2 – Strutture - del

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Progetto Paviarchivi, conclusasi nello scorso mese di luglio, che ha condottoall’introduzione del protocollo informatico presso altre 15 strutture periferi-che: tre Presidenze di Facoltà, dieci Dipartimenti, una Biblioteca e un Cen-tro.

La Fase 2 proseguirà nei prossimi mesi, con l’obiettivo di introdurre ilprotocollo informatico presso le rimanenti strutture didattiche, di ricerca e diservizio dell’Ateneo Pavese entro i termini stabiliti dalla normativa vigente(1/1/2004).

Per la realizzazione del progetto tutte le decisioni sono state assunte inmodo autonomo dall’amministrazione e tutti i provvedimenti, sia di tipo or-ganizzativo sia per l’acquisizione e l’utilizzo delle risorse, sono a firma delDirettore amministrativo. Nessun intervento è stato portato all’attenzionedel Rettore o del Consiglio di amministrazione. Quest’ultimo è stato infor-mato solo nell’ambito della relazione annuale che il Direttore amministrati-vo deve presentare, per il tramite del Rettore, al Consiglio stesso sulle atti-vità complessive effettuate dalle strutture dell’amministrazione centrale.

È forse ancora prematuro pretendere di cogliere tutti i vantaggi che ilnuovo sistema, se sfruttato in tutte le sue potenzialità, offre perl’organizzazione, tuttavia si ritiene doveroso evidenziarne alcuni.

Senza trascurare il grande vantaggio offerto per una ricerca semplice erapida dei documenti registrati, l’aspetto sicuramente più importante e diimmediato riscontro è quello della univocità e continuità che esso garantiscealla formazione dei fascicoli che non subiscono tutte le variazioni dovute siaal differente soggetto che si occupa, nel tempo, della gestione del protocollosia al differente comportamento che i soggetti possono assumere nel corsodel tempo di fronte al medesimo documento sia infine per il differente as-setto e competenze assunti dalle strutture organizzative. Come è stato giu-stamente rilevato nessun documento deve dipendere dalla interpretazionesoggettiva dell’operatore né dalla memoria di qualcuno.

Tra i vantaggi della vita quotidiana è da registrare il fatto che per tutta lacorrispondenza in arrivo viene indicata chiaramente l’unità organizzativa re-sponsabile (UOR) sia sul documento cartaceo che sul supporto informatico.L’indicazione della UOR di competenza sul supporto informatico consentedi conoscere in ogni momento quale ufficio ha trattato o sta trattando la pra-tica o il procedimento amministrativo.

Un altro aspetto molto rilevante è la visibilità e la disponibilità dei docu-menti in arrivo in tempo reale: al momento della registrazione infatti il Re-sponsabile della struttura cui il documento è inviato (per competenza o perconoscenza) riceve immediatamente la notifica di assegnazione avendolo

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così a disposizione prima della consegna del documento cartaceo (nel casodi assegnazione per competenza).

Un ulteriore vantaggio è infine una minore produzione di fotocopie; ildocumento inviato alle UOR per conoscenza non viene più riprodotto per laconsegna della copia cartacea in quanto lo stesso, grazie alla scansione ef-fettuata al momento della registrazione può essere consultato e, se necessa-rio stampato, direttamente dal supporto informatico

Superata la fase iniziale del cambiamento, con tutte le preoccupazioni eperplessità ad essa legate, il nuovo sistema è comunque decollato nei tempie secondo le modalità stabilite e sono sempre più numerosi gli utenti che sidichiarano soddisfatti per le agevolazioni che riscontrano nello svolgimentodella propria attività.

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GIORGIO FONTANA

L’introduzione del protocollo informaticonell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

Breve cronistoria di un evento: spietato ritratto della provincia italiana.

Subito i numeri

q Ateneo a rete di sedi (Modena e Reggio Emilia)q 33 UORq 111 utenti

# protocollo 2001 # protocollo 2002 Mb2002

Gennaio 2490Febbraio 4950 4800Marzo 7450 6840 75Aprile 9950 9507 206Maggio 11772 12690 443Giugno 14380 14970 965Luglio 17000 17725 1400Agosto 18626 19125 1800Settembre 21019 21272 2100

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4ª Conferenza organizzativadegli archivi delle università italiane 17

La realtà

Piccoli numeri: un vantaggio?Scarsa necessità di cambiare e mentalità provinciale: resistenza al cam-

biamento.Pochi addetti, poca emulazione; pochi capi, poca concorrenza; poca pro-

babilità di incontrare un innovatore; insomma pochi stimoli.Come fare?Si approfitta di un nuovo Direttore Amministrativo proveniente da

un’altra Amministrazione che già aveva il protocollo informatizzato.Si sceglie la soluzione più semplice e meno dirompente: arrivo centraliz-

zato (salvaguardia dell’ufficio) partenza distribuita (meno lavoro perl’ufficio, più libertà per gli uffici)

Contro la volontà dei capi ufficio, tutti contrari:21/12/2000: il progetto passa in CdA28/2/2001: l’Ateneo aderisce al progetto Titulus 9728/5/2001: il server viene installato e interfacciato con un server web con

istruzioni e documenti28/6/giugno 2001: Gianni Penzo Doria tiene il primo seminario

I capi ufficio compiono nunerosi tentativi di annullare l’operazione, chesubisce continui rinvii:q ai corsi si manda il personale di livello basso e i capi non vanno;q il Titolario non è mai pronto (quello che c’è non va bene, la nostra realtà

è diversa, ecc.);q i capi ufficio sono in disaccordo (vero o paventato?) sull’organizzazione

del lavoro;q ogni capo ufficio ha la sua politica: dal minimo (solo lui protocolla) al

massimo (tutti protocollano).Che fare?Si chiede aiuto all’Archivio Generale padovano, che piomba ogni volta

come un ciclone, accompagnato da un angelo: Donatella Mazzetto.Il 4 marzo 2002 finalmente si parte.Problemi? Pochi. Il server risponde, la documentazione è on-line.

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Risultati

q Una realtà ormai accettata e indiscussa.q Tutti i documenti in arrivo sono digitalizzati (particolarmente importante

in un Ateneo a rete di sedi).q Addetti all’Ufficio Protocollo soddisfatti.q Protocolli in partenza diminuiti.q Le statistiche consentono di monitorare il lavoro.

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GIANNI PENZO DORIA

Le delibere vanno protocollate?

Il protocollo informatico non deve soddisfare soltanto esigenze di effica-cia dell’azione amministrativa, ma anche di efficienza, economicità e pub-blicità che, in applicazione di precise disposizioni di legge (241/1990,127/1997, 445/2000, 165/2001, etc.), ciascuna pubblica amministrazione èchiamata a perseguire.

Nel passaggio del testo normativo dal DPR 20 ottobre 1998, n. 428 alDPR 28 dicembre 2000, n. 445 il concetto di “protocollo informatico” è in-fatti diventato – con maggiore incisività – quello di “sistema per la gestionedel protocollo informatico, dei flussi documentali e degli archivi”, evitandodi continuare a esprimere, anche a livello lessicale, un concetto di per sé ri-duttivo.

Detto ciò, mentre sul fronte dell’efficacia non sussiste alcun dubbio chela delibera non vada protocollata, seguendo anche quanto il DPR 445/2000ordina a proposito dei documenti già soggetti a registrazione particolare.

Sorgono invece molti dubbi rispetto al fronte dell’efficienza edell’economicità e, non ultimo, rispetto alla sedimentazione dell’archivio.Non si tratta di “pan-protocollismo” fine a se stesso, ma di attuare strategiedi conservazione degli archivi in maniera omogenea e normalizzata e, so-prattutto in ambito digitale, di pensare alla loro corretta conservazione e mi-grazione.

Tenteremo quindi di dimostrare, archivistica e gazzetta ufficiale alla ma-no, che la registrazione di una delibera (ma il discorso vale anche per tuttigli altri repertori attivati in un Ateneo: decreti, contratti, etc.) non deve esse-re vista soltanto nel rispetto della parte più evidente del protocollo informa-tico (quella notarile), ma anche nel perseguimento della sua parte più avvin-

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cente e dinamica legata cioè alla gestione dei documenti e al workflow ma-nagement).

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ANDREA BERTI

Una recente modifica al titolario di classificazioneper gli archivi universitari:

“Opere dell’ingegno e imprenditoria della ricerca”

Un’attività particolarmente innovativa di cui le università italiane hannocominciato ad occuparsi di recente è la gestione dei rapporti con le impreseallo scopo di facilitare il trasferimento di tecnologia dal mondo della ricercaal mondo dell’industria. L’attività risponde all’esigenza strategica di amplia-re gli obiettivi delle università, aggiungendo ai tradizionali pilastri della di-dattica e della ricerca un terzo obiettivo: creare valore per il territorio pro-muovendone lo sviluppo economico e sociale mediante l’innovazione tec-nologica. Risponde inoltre ad un obiettivo molto pratico: generare nuoviflussi finanziari in entrata, quanto mai necessari in tempi economicamentedifficili per gli atenei italiani.

A questo scopo negli ultimi 2-3 anni sono nati in numerose universitàitaliane i cosiddetti ILO (Industrial Liaison Office), sul modello delle uni-versità americane ed europee di eccellenza. Gli ILO si occupano della valo-rizzazione della ricerca universitaria mediante il trasferimento dei risultatidella ricerca a soggetti in grado di curarne lo sfruttamento commerciale, at-tività quest’ultima per il momento non rientrante nella mission delle univer-sità italiane.

Il trasferimento di tecnologia si può realizzare con diverse iniziative,classificabili in tre categorie (qui elencate in ordine di coinvolgimento cre-scente dell’università nell’attività imprenditoriale):1. La brevettazione e la cessione in licenza dei diritti sui brevetti2. Lo svolgimento di progetti di ricerca applicata da parte di ricercatori

universitari su commissione e per conto di imprese esterne

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3. L’avvio di nuove imprese ad opera degli stessi ricercatori che hannosviluppato la tecnologia innovativa (i cosiddetti spin-off universitari).

Nella prima categoria rientrano tutte le attività di gestione della proprietàintellettuale dell’ateneo e dei suoi docenti e ricercatori, a cui la recente legge383/2001 “Tremonti bis” ha affidato, togliendoli agli atenei, i diritti sulleinvenzioni realizzate nel corso dell’attività di ricerca. Si tratta di consulenzain materia brevettuale, di ricerche di anteriorità su banche dati di brevetti pervedere se l’invenzione è effettivamente brevettabile, di rapporti con gli spe-cialisti esterni incaricati di scrivere le domande di brevetto, di trattativecommerciali con i potenziali partner interessati allo sfruttamentodell’invenzione per arrivare ad accordi di licenza sui brevetti conseguiti.

Nella seconda categoria rientrano le già note e diffuse attività di ricercacommissionate ai dipartimenti e pagate da imprese “clienti” dei servizi di ri-cerca (il cosiddetto “conto terzi”). La novità in questo campo sta nell’ap-proccio proattivo che molte università hanno adottato per promuovere lapropria ricerca, mediante l’utilizzo di strumenti come i database on line deiprogetti di ricerca applicata, gli “sportelli tecnologici” a cui gli imprenditorisi possono rivolgere e le “fiere della tecnologia” organizzate in collabora-zione con le associazioni di industriali. Un altro strumento particolarmenteefficace è la promozione dell’attività dei dottorati di ricerca per convincerele imprese a finanziare borse di studio per i dottorandi.

Nella terza categoria rientrano i servizi che gli atenei offrono a propri ri-cercatori che vogliono avviare un’attività imprenditoriale basata sulla ricer-ca (spin-off), come ad es. la stesura del business plan, la consulenzasull’accesso a finanziamenti nazionali e comunitari, l’ospitalità delle neo-nate imprese presso strutture ad hoc denominate “incubatori d’impresa”.Numerose sono anche le azioni di diffusione della cultura d’impresaall’interno delle università, tra le quali hanno assunto una particolare im-portanza le business plan competition (concorsi per le migliori ideed’impresa basate su progetti di ricerca applicata).

Il titolario di classificazione per gli archivi universitari ha tenuto conto diquesto nuovo filone di attività delle università italiane e si è prontamenteadeguato con la creazione della voce III/10 “Opere dell’ingegno e impren-ditoria della ricerca”, implementando la banca dati delle voce di indici conparole chiave, quali ad es.: brevetto (patent), accordo di licenza (licensingagreement), proprietà intellettuale (intellectual property), spin-off, start up,trasferimento di tecnologia (technology transfer), sfruttamento commercialedelle invenzioni (exploitation), business plan, incubatore d’impresa (busi-ness incubator), ufficio rapporti con le imprese (industrial liaison office).

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GIOVANNA GRANATA - ZANETTA PISTELLI

Il Thesaurus del titolario di classificazioneper gli archivi delle università italiane

Nel corso della 1ª Conferenza organizzativa degli archivi delle universitàitaliane venne presentata una proposta per dotare di una struttura thesauralel’indice del titolario di classificazione delle università italiane, predispostodall’Università degli Studi di Padova. In quell’occasione fu messo in evi-denza che la costruzione del thesaurus vero e proprio era stata necessaria-mente preceduta da un lavoro di riorganizzazione delle “denominazioni” diorigine, altrimenti espresse in linguaggio naturale, sulla base di un sistemadi indicizzazione molto formalizzato secondo la metodologia GRIS. La de-finizione del vocabolario e della sintassi, infatti, erano da considerarsi instretta interrelazione, aiutando, di volta in volta, a individuare i termini, achiarirne i significati o, viceversa, a evidenziare scelte contraddittorie, oppu-re ancora a ripensare termini non tesaurizzabili.

Viene adesso presentato il risultato di questo lavoro pluriennale.Per quanto riguarda le stringhe (più di 2000) il risultato più evidente è la

possibilità di controllare l’ordine di citazione dei termini e in generale gliaspetti sintattici evitando la variabilità dei costrutti propri del linguaggionaturale. Ma oltre a questo ci è sembrato di poter garantire una migliore in-telligibilità dei costrutti, altrimenti involuti e fortemente compendiati. Laapplicazione della metodologia GRIS in contesto documentario ha datobuoni risultati permettendo di esprimere anche “denominazioni” estrema-mente complesse. Il prezzo è ovviamente quello di una estrema analiticitàdelle formulazioni dovute alla necessità di rispettare la logica dei ruoli e ilrapporto uno a uno tra i termini che sono i fondamenti del GRIS. Una solaforzatura rispetto alla norma GRIS ci è sembrata indispensabile per evitare

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che le stringhe risultassero ridondanti, ovvero l’eliminazione del termine“università” in funzione sia di soggetto che di agente data la specificità delcontesto tutto universitario di Titulus 97.

Per quanto riguarda il thesaurus, esso è a sua volta distinto in una partegerarchica e in una alfabetica. In quella alfabetica sono presenti tutti i termi-ni, descrittori o non descrittori, presenti nelle stringhe, con le loro reti di re-lazioni gerarchiche - sovraordinate (BT) o sottordinate (NT) - e associative(RT), i sinonimi (UF), le note d’ambito, ove necessarie, i rinvii da ogni nondescrittore al relativo sottoscrittore (USE); nella parte gerarchica i terminivengono presentati raggruppati in categorie di appartenenza, secondo unaclassificazione che parte, per ciascuna categoria, da un top term per arrivarea termini situati a livelli sempre più bassi nella gerarchia. I termini indivi-duati sono circa 2000, suddivisi in 15 categorie, individuate sulla base di ca-ratteristiche comuni considerate in modo “astratto”, prescindendo cioè dapeculiarità disciplinari.

Il thesaurus da noi approntato nell’ambito di Titulus 97 ha assunto comemodello il Thesaurus della Regione toscana, sia perché è stato considerato ilpiù vicino per il taglio giuridico-amministrativo, sia per la scelta metodolo-gica di riferirsi a categorie generali astratte, più facilmente controllabilinella manutenzione continua richiesta dai thesauri. Ovviamente, se in gene-rale si può notare una derivazione del nostro thesaurus da quello regionaletoscano, il contesto diverso in cui ci muovevamo ha obbligato ad operarescelte diverse, sia sul piano terminologico - preferendo, ad esempio tutoratoa tutoraggio o collaboratori linguistici piuttosto che lettori - sia per quantoriguarda le suddivisioni all’interno delle categorie. Così, nel rispetto dellescelte autonome operate dai singoli atenei, i ricercatori e i lettori universitarinon sono stati considerati come termini sottordinati rispetto ai docenti uni-versitari, bensì sono elencati a pari livello gerarchico con i docenti, come"persone nelle attività educative". Scontata appare anche l’espansione dellesuddivisioni del termine università, dove abbiamo sempre privilegiato di ri-spettare la peculiarità universitaria, considerando, ad esempio, il rettore co-me organo monocratico, ovviamente collegandolo con un legame associati-vo ai rettori in quanto "persone nella gestione".

Con la presentazione di questo thesaurus intendiamo offrire uno stru-mento metodologico, che dovrà essere costantemente monitorato, per ren-derlo sempre aderente alla realtà istituzionale in cui deve operare, e periodi-camente aggiornato, per registrare i cambiamenti negli assetti giuridici,istituzionali e gestionali degli atenei. A chi continuerà e aggiornerà questolavoro toccherà soltanto rispettare la metodologia adottata: nella costruzionedelle “denominazione” d’indice non si dovrà rispettare il fluire del linguag-

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gio naturale o affidarsi alla rotazione tout court dei termini per aumentarneil recupero informativo, ma impiegare l’analisi dei ruoli per una sintassisempre coerente ed intelligibile. Per quanto riguarda il controllo terminolo-gico, si dovrà rispettare il rigoroso metodo della indicazione delle relazionia priori tra i termini e prestare la massima attenzione alla forma dei terminiper quanto riguarda l’uso del singolare/plurale, la scomposizione o meno deitermini, l’omografia.

Come tutti gli strumenti di normalizzazione terminologica, il nostro the-saurus potrà rivelarsi particolarmente utile non solo per controllare“dall’interno” le denominazioni dell’indice al titolario di classificazione,onde evitare duplicazioni, ridondanze semantiche e linguistiche, ambiguitàterminologiche, ma anche per presentarsi “all’esterno” come strumento col-lettivo per le università italiane cooperanti a Titulus 97, per superare il lin-guaggio “gergale” in uso in ciascun ufficio di ogni ateneo e per rendere ef-fettivo “l’authority control” in un settore vitale dell’amministrazione univer-sitaria. Se, infatti, ci limitiamo al campo archivistico, la standardizzazionedel linguaggio può rivelarsi molto interessante nella peculiare applicazionealla formulazione dell’oggetto dei documenti amministrativi, dove il rispettodi un ordine di citazione e l’impiego omogeneo della terminologia offriràgaranzie di sommarizzazione effettiva del contenuto dei documenti, unitaall’essenziale requisito della chiarezza ed esaustività informativa, così tantosottolineata in tutte le più recenti disposizioni per la Pubblica Amministra-zione.

Un impiego altrettanto proficuo può essere individuato in quel fonda-mentale strumento di corredo archivistico costituito dai repertori dei fasci-coli, dove è palese la necessità di una corretta attività di indicizzazione perun efficace recupero dell’informazione archivistica. Ma tali necessità si ri-velano strategiche nel più ampio settore del sistema informativo universita-rio, dove un linguaggio standardizzato dovrebbe essere comune a tutte lestrutture e a tutti gli operatori dell’informazione e della comunicazione.

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FRANCESCA CAVAZZANA ROMANELLI,MONICA MARTIGNON, REMIGIO PEGORARO

Alla scuola di Titulus.Ipotesi e problemi per un titolario

degli archivi parrocchiali della diocesi di Venezia

Il dibattito, le riflessioni teoriche e le realizzazioni operative sorte attornoall’esperienza del progetto Titulus 97 sulla tenuta dell’archivio correntedelle Università e sulle connesse problematiche (registro di protocollo, ado-zione del titolario di classificazione e degli indici del titolario, del repertoriodei fascicoli, del massimario di selezione), hanno costituito uno stimolantecantiere di sollecitazione e di confronto anche per altre realtà archivistiche eistituzionali sul territorio. Si coglie l’occasione pertanto per dar conto bre-vemente in questa 4ª Conferenza di un’iniziativa - avviata nella diocesi diVenezia per iniziativa del locale Archivio storico del Patriarcato e dellaCommissione per la formazione permanente del Presbiterio - mirante allaredazione di un titolario per gli archivi correnti della parrocchie veneziane ealla realizzazione di una serie di sussidi per i parroci e per i loro collaborato-ri nella gestione delle carte.

In apertura del progetto va ricordata la giornata di studio tenutasi a Me-stre il 17 maggio 2001 con l’ammiccante titolo “Solo carte? Gli archivi delleparrocchie tra memoria ecclesiale e problemi di gestione documentaria”,dalla quale sono emersi non solo l’orizzonte propriamente teologico e pasto-rale dell’impegno per gli archivi parrocchiali come beni culturali ecclesiali,ma pure le esigenze più strettamente amministrative, giuridiche e culturali diuna corretta tenuta delle carte, sia di quelle storiche che di quelle correnti,

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sullo sfondo delle più attuali problematiche riguardanti la responsabilità ci-vile dei sacerdoti nella compilazione degli atti, le esigenze di tutela della ri-servatezza e quelle concomitanti di accesso alla documentazione, le recentiIntese tra Stato e Chiesa a proposito degli archivi ecclesiastici. Sottolineatadel pari già in tale occasione la stretta unitarietà fra gli archivi tradizional-mente definiti “storici” e quelli che si vanno via via ogni giorno incremen-tando con il sedimentarsi della documentazione ricevuta o prodotta dalleparrocchie nello svolgimento delle proprie attività: un legame quest’ultimoche riguarda sia le carte talora secolari delle parrocchie di antica fondazione,oggetto nella diocesi di Venezia di tutela e di inventariazione a cura dei pro-getti “Arca” ed “Ecclesiae Venetae”, sia gli archivi più giovani ma non me-no importanti delle nuove parrocchie sorte sul territorio diocesano. Sullascorta anche delle ineludibili domande e aspettative dei presbiteri presentil’elaborazione del progetto è stata successivamente affidata ad una commis-sione composta da parroci, da archivisti e in particolare da esperti di recordmanagement formatisi alla scuola di Titulus.

Non pochi i nodi problematici fino ad oggi riscontrati - sui quali si solle-citano pareri e confronti - evidenziando pure le differenze rispetto a progetticalibrati su strutture istituzionali e amministrative forti e fornite di personalegeneralmente professionalizzato. Fra essi se ne segnalano alcuni di tipo or-ganizzativo, quali l’opportunità di delineare un sistema di riferimenti chetenga conto di alcune caratteristiche dell’odierna realtà delle parrocchie(forte distribuzione sul territorio, fragilità delle strutture amministrative, ne-cessità di formazione degli addetti...). Ma sono pure aperte altre questioni dinatura più propriamente teorica, quali il rapporto fra classificazione e proto-collazione (nel nostro caso giocato prevalentemente a favore della prima), ela relazione nel costituirsi dell’archivio fra la documentazione a fascicolo equella a registro.

Il sussidio in corso di stesura, che verrà pubblicato a puntate nel sito dellaCommissione per la formazione permanente del presbiterio della Diocesi diVenezia (http://www.chiesacattolica.venezia.it/preti) e in quello in via diallestimento dell’Archivio storico del Patriarcato di Venezia, si prevede saràcosì articolato:

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Solo carte?Indicazioni operative per la tenuta dell’archivio corrente delle parrocchie

Presentazione

1. L’archivio della parrocchia postconciliare: all’origine della memoria edell’identità della comunità.

2. Perché classificare e protocollare la documentazione?3. Una proposta di titolario d’archivio per le parrocchie della diocesi di

Venezia4. Come classificare, cosa protocollare?5. Come conservare? Cosa scartare?6. Sussidi operativi: la modulistica comune, il kit dell’archivista parroc-

chiale, l’indice delle pratiche.7. Fra consultazione e tutela della riservatezza.8. Vicino all’archivio parrocchiale.9. Sostegni alle parrocchie: iniziative di formazione e di collegamento

degli addetti all’archivio parrocchiale corrente.10. Prospettive per un lavoro aggiornato e semplificato:

l’informatizzazione delle procedure per la gestione dell’archivio parroc-chiale corrente.

Appendici

1. Tavole.2. La modulistica: esempi utilizzati in diocesi di Venezia alla data del ....3. La configurazione dell’archivio: fascicoli, repertorio dei fascicoli, tim-

bri, buste.4. L’indice delle pratiche dell’archivio parrocchiale: un avvio da incre-

mentare.5. Condividiamo termini ed espressioni.6. Per saperne di più: indicazioni bibliografiche.7. Programma di corso per la formazione e l’aggiornamento degli addetti

all’archivio parrocchiale.

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2ª SessioneL’archivio storico

fra tradizione e innovazione

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PAGINA BIANCA

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CARLA FROVA

Università, storia e archivi

1. Nella più recente letteratura scientifica sulla storia delle università,l’attenzione al tema degli archivi universitari ha una presenza sempre piùrilevante. Ciò si può considerare il risultato di diversi fattori concomitanti:q il crescente interesse degli storici delle istituzioni per i meccanismi at-

traverso i quali le istituzioni stesse documentano la propria esistenza eattività e tramandano la propria memoria;

q l’avvio di imprese, spesso di ampio respiro, di edizioni di fonti, che ca-ratterizza in modo evidente la produzione scientifica in questo settoresoprattutto a partire dagli anni ’70 del Novecento. In questo contesto, vasottolineato un dato istituzionale: la nascita di Centri per la storiadell’università in quasi tutte le sedi italiane, che di queste imprese edito-riali si sono fatti promotori;

q una specifica attenzione al tema nel settore archivistico, che ha portato, alivello di strutture, almeno nelle sedi più consapevoli, ad un notevoleimpegno progettuale per gli archivi storici; a livello di persone, alla for-mazione di professionalità sempre più indispensabili (dal punto di vistatecnico e storiografico) allo sviluppo della ricerca.

2. Le riflessioni che seguono cercano di tener conto di questo rinnovatopanorama storiografico. Considerato l’ambito cronologico dei miei interessidi ricerca, esse vertono su una fase della storia della documentazione in cuinon è possibile parlare propriamente di “archivi universitari”.

L’analisi può tuttavia testimoniare l’emergere dell’attitudine a produrre ea conservare documentazione presso gli organismi istituzionali che provve-dono congiuntamente a promuovere e a far funzionare quelle iniziative perl’istruzione superiore che, a questa altezza cronologica, sarebbe opportunochiamare, più che università, Studia generalia. Così definito, il campo di os-

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servazione dovrebbere comprendere gli archivi di una pluralità di soggettiistituzionali: comuni e in generale istituzioni di governo, sedi vescovili, or-ganismi dell’autogestione universitaria (universitates, nazioni), collegi dot-torali, collegi per studenti poveri, altri enti cui a vario titolo sia demandato ilcontrollo di aspetti della vita universitaria (ad esempio organismi corporativio confraternali)...

L’elenco esclude già alcuni luoghi di deposito della documentazione che,pur conservando fonti utili alla storia dell’università (e come tali frequentatidagli studiosi), sarebbe fuori luogo richiamare in questa sede: ad esempiogli archivi notarili, oppure gli archivi privati di famiglie. Ma il campo vaulteriormente delimitato: e penso di farlo con una scelta che è certamentediscutibile, ma che mi pare possa rispondere in qualche modo agli interessidi questa Conferenza. Ritengo che potremmo qui concentrare l’attenzione suquei blocchi documentari che comunque facciano oggi parte di archivi stori-ci delle università. È evidente, e noto, che da questo punto di vista si hannonelle varie sedi le situazioni più disparate, che la misura e le modalità concui eventualmente gli archivi degli organismi appena nominati sono entrati afar parte degli archivi universitari sono le più varie, che i motivi che hannodeterminato la collocazione nell’attuale sede possono essere anche occasio-nali. Ma anzitutto, per quanto riguarda l’ultimo punto, questa non è certa-mente la regola: si tratta infatti di materiali che evidentemente l’università,al momento di farne una componente del proprio archivio, ha sentito comeessenziali al proprio funzionamento. Si tratta in secondo luogo di materialiche comunque, tale funzione hanno allora in qualche misura svolto, e cheoggi assicurano la funzione più propria dell’archivio storico, quella di ali-mentare la memoria e l’identità dell’istituzione.

3. Così ristretto ulteriormente il campo, con l’esclusione ad esempio (maè l’esempio più importante) della documentazione conservata dagli archivicomunali, passiamo ad alcune osservazioni più puntuali, che hanno comescopo quello di illuminare i processi storici che, nelle università delle origi-ni, sono stati alla base delle produzione e della conservazione delle varie ti-pologie documentarie che abbiamo così selezionate come pertinenti al no-stro discorso. Tra le più importanti (per consistenza e significato storico)sono sicuramente: dal punto di vista prosopografico, della storia delle“popolazioni universitarie”, le matricole delle università, delle nazioni, deicollegi dottorali, le lauree, i registri dei collegi per studenti poveri; per lastoria delle istituzioni gli statuti e gli atti delle assemblee dei vari organismi.Collocando queste tipologie documentarie nel contesto storico degli enti chele hanno prodotte e tramandate fino al loro ingresso nell’archivio storicodelle università, cerchiamo di descrivere per esempi natura e funzioni dei

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processi di documentazione nei primi secoli della storia universitaria. Trat-tiamo in particolare i seguenti punti:q la normativa che i vari organismi hanno predisposto circa la documenta-

zione della propria attività;q le funzioni che a questa documentazione erano assegnate;q i personaggi e/o gli uffici preposti all’attività di documentazione.

Lo scopo è duplice. Da un lato si potranno precisare le caratteristichedell’archivio, o degli archivi, pertinenti alle università italiane delle origini,nella prospettiva di una comparazione che serva a segnalare continuità e di-scontinuità lungo gli assi diacronico e diatopico. Dall’altro, attraversol’analisi delle funzioni che alla documentazione erano assegnate in quelmomento iniziale dello sviluppo universitario, si potrà comprendere meglio,storicizzandolo, il valore che nella consapevolezza degli interessati era attri-buito all’archivio. È troppo ovvio dire che, nella prospettiva che vedenell’archivio lo specchio dell’istituzione, queste osservazioni hanno valoreinterpretativo per la storia dell’università nel suo complesso.

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FRANCESCO PIOVAN

Dalla tutela alla valorizzazione degli archivi:il caso dell’Università di Padova

È consuetudine non solo accademica, quanto meno in Italia, farsi scudoin limine di una citazione, lasciando che a giustificarne il grado di pertinen-za provveda il prosieguo del discorso. Ebbene: ormai più di un secolo fa,nella prefazione al primo volume dei suoi preziosi Monumenti della Univer-sità di Padova, Andrea Gloria dichiarava con la recisione che gli era pro-pria:

non possiamo … scusare coloro che oggi arrischiano scrivereopere storiche di tempi remoti senza conoscere quei dettami[i dettami del metodo storico-filologico] e senza avere la ne-cessaria perizia di deciferare le antiche scritture. … Se costo-ro entrassero negli archivj, per la maggiore parte ancora ine-splorati, e leggessero alcun poco i documenti racchiusi inquelli, si accorgerebbero di leggieri, come i più degli antichie moderni scrittori ci abbiano riferito molto di falso,d’inesatto, e come sia inedito ancora molto di vero ed’importante.

Il Gloria parlava con cognizione di causa, con quella sterminata cono-scenza della documentazione medioevale padovana che, accoppiata com’eraad una prodigiosa capacità di lavoro, ne fa ai nostri occhi di più delicati epi-goni una sorta di monstrum; e parlava, il Gloria, da storico.

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Ed è questo – si parva licet – il punto di vista dal quale vorrei provarmi aguardare qui, alle vicende dell’archivio storico dell’Università di Padova:senza pretese di rivelare chissà quali novità, ma con la convinzione che ilnesso tra raccolta, conservazione, ordinamento e messa a disposizione deimateriali necessari per ‘fare storia’, da un lato, e dall’altro, appunto, il ‘farestoria’ – quel nesso vissuto dal Gloria nella sua energica opera di fondatoredell’archivio, del museo e della biblioteca civici –, non solo sia ancora cen-trale, ma abbia anche assunto qui a Padova una forma singolarmente ‘retro-grada’ (uso il termine nella sua accezione astronomica, o astrologica, se sipreferisce).

È appena il caso di ricordare una storia ben nota e già con sicurezza trac-ciata da altri: vale a dire la storia della formazione di un archiviodell’Università padovana. Fino al 1806, data in cui, con il decreto di Saint-Cloud, Napoleone Bonaparte – anzi, ormai, Napoleone I imperatore deiFrancesi – riorganizzò radicalmente la struttura dell’università e dell’inse-gnamento universitario, si può tranquillamente dire che non esistesse un ar-chivio dello Studio. Organismo policentrico, non unitario, risultato di unainterazione che chiamerei ‘orizzontale’ tra corpi diversi e in larga misuraautonomi (le universitates, i Collegi, il vescovo di Padova); organismo di-retto sì, dal 1406, da Venezia, ma senza che venisse mai meno del tutto lanecessità di una concertazione con la realtà politica locale e con i corpi sud-detti, lo Studio di Padova non poteva produrre un archivio unitario. È cosadel resto comune alle università di modello ‘bolognese’: plurimi i produttoridi documentazione, e tutti pienamente legittimati a farlo. Da questa sempli-ce constatazione discendono due conseguenze. La prima è che l’attualecompresenza al Bo di un archivio ‘storico’ con gli archivi moderno e cor-rente non soltanto è un fatto recente, ma si configura quasi come una rico-struzione o ‘ricreazione’ – una felice e fausta ricreazione, beninteso – a po-steriori, con cui la nuova università si riappropriava, da erede quale si senti-va ed era, della documentazione prodotta da una realtà profondamente altra.La seconda conseguenza è l’irrimediabile parzialità della documentazioneoggi conservata nell’archivio ‘storico’: alle perdite dovute a incuria o di-struzioni si somma infatti tuttora la dispersione – che in buona parte devedirsi ‘originaria’ e necessaria – del materiale in altri archivi di Stato (Padovae Venezia), in archivi diocesani e in biblioteche.

Riportato nel 1952 al Bo – dopo il lungo deposito presso la BibliotecaUniversitaria, interrotto soltanto dalla parentesi del suo trasferimentoall’abbazia di Praglia, durante l’ultima guerra, per metterlo in salvo daeventuali malaugurati danneggiamenti bellici – l’archivio storico dell’Uni-versità trovò sì una sede idonea quanto alla tutela e decorosa sotto il profilo

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della conservazione, ma dovette aspettare ancora qualche anno il tempodella sua piena valorizzazione.

A questo punto, dovrò ripercorrere rapidamente le vicende dell’attualeCentro per la storia dell’Università di Padova. Fu fondato, come Istituto perla storia dell’Università di Padova, nel 1922, complice e auspice il fervoredelle celebrazioni per i septima saecularia dell’Ateneo. Così ne ricordava larecentissima nascita, nell’introduzione al primo e unico volume delle Me-morie e documenti per la storia dell’Università di Padova, uno dei fondatori– il principale tra essi, anzi –, Antonio Favaro:

Fra le varie commissioni costituite, con approvazione delConsiglio accademico, dal Comitato generale per celebrare laricorrenza del VII centenario della nostra Università, una nefu deputata a curare la raccolta e la stampa di lavori, per iquali della solennità restasse degna memoria. La commissio-ne, postasi alacremente all’opera, preparò e promosse parec-chie pubblicazioni, ed una di queste è rappresentata da questovolume [le Memorie, appunto], al quale vennero invitati acontribuire da varie parti cultori particolarmente sollecitidella storia del nostro Ateneo. Mentre stavan pertanto af-fluendo questi contributi, sorse la idea di formare una accoltadi studiosi che a questa istoria attendessero con una certacontinuità, e così fu fondato l’Istituto per la storiadell’Università di Padova, il quale ha presieduto a questa e adaltre pubblicazioni.

La citazione è lunga, ma credo renda bene il clima di subitaneità («sorsela idea») – e dico subitaneità, non improvvisazione, perché quest’ultimotermine malissimo si adatterebbe alla personalità del Favaro, al suo strenuo,metodico, razionale impegno nel lavoro – e quasi di azzardo in cui nacquel’Istituto, per generosa scommessa di poter aggregare attorno ad un progettodai contorni in fondo ancora incerti quanti «con una certa continuità» – enon erano poi molti – attendessero a quelle ricerche.

Il 1922, anno di fondazione dell’Istituto, è però anche l’anno della mortedel Favaro. E fu perdita grande, non solo per gli studi di storiadell’Università di Padova, ma anche per il neonato organismo, che si vedevaprivato del suo principale motore. Non bastarono infatti né la magistralecompetenza di Vittorio Lazzarini – che per la storia dell’Università nutrì uninteresse vivo, ma non primario rispetto ai suoi prediletti studi di paleografoe di diplomatista – né l’ampliamento del numero dei membri dell’Istituto –

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che giunse alla fine degli anni Venti a superare la trentina, compresi settestudiosi stranieri – a dar corpo stabile a quel progetto. Ne è indice la stessaoscillazione nell’intitolazione: dal 1927-28 vediamo l’Istituto retrocedere aCommissione permanente dell’Istituto per la storia dell’Università di Pado-va; alla fine del decennio successivo si parla di Comitato per la storiadell’Università di Padova; e l’oscillazione dei nomi, a volte compresenti traloro, durò nel tempo. Nemmeno il lungo rettorato di Carlo Anti, che fu pertanti versi attento alla storia e alle tradizioni del suo Ateneo, riuscì a modifi-care la situazione e a risvegliare dal suo sonno il Comitato. Rileggiamo unpasso delle consegne di Anti a Concetto Marchesi, del 7 settembre 1943, eprecisamente il paragrafo «Commissione permanente per la storiadell’Università»:

Funziona pochissimo per le seguenti ragioni: che è presidenteil Rettore, il quale ha tante altre cose da fare; che non disponedi uno stanziamento fisso, anche se modesto; che ha strutturaindefinita. Anni fa tentai con apposita pratica presso il Mini-stero di costituirla in un regolare istituto, organizzato analo-gamente a quello di Bologna, assicurandogli un minimo difondi annui e attribuendo l’iniziativa principale a un appositopresidente, particolarmente versato negli studi storici. Laproposta non fu approvata dal Ministero. L’Istituto per la sto-ria dell’Università rende a Bologna dei grandi servigi, che èmolto male manchino a Padova; non vi è motivo che sia ne-gato a Padova ciò che è stato concesso a Bologna. Mi ripro-mettevo perciò di riprendere l’iniziativa appena possibile. Lacommissione può essere un prezioso aiuto del Rettore ancheper molti altri problemi: archivi, biblioteca del Rettorato, cimelistorici, medagliere, stemmi, ecc.

La Commissione, dunque, «prezioso aiuto del Rettore», quasi organoconsultivo per il settore della storia dell’Università più che autonomo orga-nismo di ricerca e di promozione della ricerca. E del resto Anti coglieva be-ne, con poche, secche e un po’ deluse parole, la ragione dell’impasse: man-canza di fondi e mancanza di una definita struttura giuridica.

Ad un risultato tuttavia, sia pure di tono e portata assai minori rispetto aquanto auspicato, Anti era giunto: la costituzione della «biblioteca del Ret-torato», che aveva provveduto ad incrementare «dandole – sono parole sue –il seguente carattere»:

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Storia dell’Università di Padova, dei suoi professori e deisuoi allievi;

Storia generale delle Università e della organizzazione scien-tifica in genere;

Annuari di Università e di enti culturali;

Repertori di prima consultazione, vocabolari e varie.

È notevole, e va rilevato, il fatto che quella biblioteca – il nucleo dellaattuale biblioteca del Centro per la storia dell’Università di Padova – fossela «biblioteca del Rettorato», a segnalare la connessione diretta, il legamestretto tra conoscenza della storia dell’Ateneo e attuale gestione dello stesso.

Venne poi la difficile stagione del dopoguerra e della ricostruzione. Per ilComitato non si aprirono, per parecchi anni, nuove prospettive di vita: altreerano le priorità. La sua rinascita – perché di rinascita, senza temere la reto-rica, si deve parlare – è legata al nome e all’opera di uno studioso caro amolti di noi: Paolo Sambin.

Il primo segnale di una svolta si colloca a metà degli anni Cinquanta, mala forza propulsiva dell’insegnamento di Sambin e la sua capacità di aggre-gare convinte energie di ricerca attorno ad un progetto insieme necessario espaventevole per vastità e complessità si rivelano appieno nei primi anniSessanta. Il riferimento – come più di qualcuno avrà capito – è alle tesi distoria dell’Università promosse, personalmente dirette e strenuamente se-guite da Sambin: lavori che non di rado superano di slancio il migliaio o ledue migliaia di pagine dattiloscritte e che presentano preziosi spoglid’archivio, in particolare dall’Archivio Notarile di Padova, per il Quattro e ilCinquecento, a prosecuzione e completamento dell’opera del Gloria. Dallaricerca d’archivio, tenacemente perseguita da Sambin e divenuta patrimoniodella sua larga ‘scuola’ (diretta e indiretta), si produsse anche la rinnovatavitalità del Comitato. Le concomitanze cronologiche sono, in questo caso,significative: nel 1964 escono i primi due volumi della collana «Contributialla storia dell’Università di Padova»; nel 1967 sono pubblicati gli Acta na-tionis Germanicae artistarum (1616-1636), a cura di Lucia Rossetti, con cuisi avvia la collana delle «Fonti per storia dell’Università di Padova»; nel1968 esce il primo volume della rivista «Quaderni per la storiadell’Università di Padova» e l’anno successivo compaiono, sempre nellacollana delle «Fonti», gli acta graduum da 1501 al 1525: collane e riviste,tutte e tre ancora felicemente vitali, mettevano – come tuttora mettono – adisposizione degli studiosi i frutti della ‘scuola’ di Paolo Sambin.

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Nel 1981, a quasi quarant’anni dalle parole sopra ricordate di Carlo Anti,venne anche definitivamente risolto il problema della struttura del centro.Con DPR no 1115 del 31 ottobre esso ottenne infatti il riconoscimento giuri-dico e l’inserimento nello statuto dell’Università. Richiamo qui solo gli art.431 e 432 dello statuto suddetto, che descrivono le finalità del Centro e isuoi compiti.

Art. 431. – Il centro per la storia dell’Università di Padova,con sede presso l’archivio antico dell’Università stessa, ha ilfine di promuovere con rigore scientifico la conoscenza dellastoria dell’Università di Padova dalle origini ai nostri giorni edei suoi rapporti con la cultura italiana ed europea.

Art. 432. – Per raggiungere questo fine il centro cura:a) la conservazione, l’ordinamento, l’incremento e la consul-tazione degli archivi dell’Università nell’ambito delle vigentidisposizioni, nonché la riproduzione in microfilms o con altrisistemi fotomeccanici delle varie fonti manoscritte disperse inItalia e all’estero;b) la conservazione, la riproduzione fotografica e la schedatu-ra di epigrafi e qualsiasi cimelio, esistenti in sede e fuori se-de;c) la conservazione, l’incremento e la schedatura di una rac-colta bibliografica specializzata e di una raccolta iconografi-ca;d) la conservazione, l’incremento e la schedatura del meda-gliere;e) la promozione tra gli studenti universitari e i giovani lau-reati di ricerche originali sulla storia dell’Università, procu-rando e destinando i mezzi occorrenti allo scopo (quali i pre-mi per le migliori tesi di laurea, borse di studio, i contributi diricerca);f) la pubblicazione di monografie e di quanto altro possacontribuire alla conoscenza della storia dell’Università.

È evidente la duplice natura che al Centro, dopo un ventennio di intensolavoro, veniva per questa via ufficialmente riconosciuta: luogo di conserva-zione e di consultazione (di fatto: archivio) da un lato, dall’altro centro distudi e di promozione degli studi.

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La situazione si è modificata con l’istituzione, nel settembre del 1996,dell’Archivio Generale di Ateneo, cui sono ora affidate «la gestione, la te-nuta e la tutela dei documenti amministrativi dal protocollo all’archivio sto-rico». Alla nascita di questa «infrastruttura tecnica complessa» (per usare illinguaggio della burocrazia amministrativa) di nuovo non fu estraneal’azione degli storici, come ha ricordato, in un suo recente intervento pave-se, anche Piero Del Negro. Nel corso del convegno su La storia delle Uni-versità italiane. Archivi, fonti, indirizzi di ricerca, tenutosi a Padova tra il 27e il 29 ottobre del 1994, fu infatti proposta e approvata dagli studiosi parte-cipanti al convegno stesso una breve mozione, che rivolgeva «pressante ri-chiesta ai Rettori di tutte le Università italiane affinché vengano inseriti ne-gli Statuti in elaborazione presso tutti i Senati Accademici Integrati articolidi carattere generale sull’impegno delle sedi alla organizzazione, promozio-ne e sostegno degli Archivi storici, di deposito, correnti e materiali per lastoria delle Università, unitamente agli appositi regolamenti per la gestionee graduale aggiornamento degli stessi. Ciò sia per quanto concernel’Amministrazione, sia per ciò che riguarda la vita scientifica e culturaledelle Facoltà, Dipartimenti, Istituti, Cliniche e Centri».

Infine, la cronaca di questi ultimi anni. Con decreto rettorale del 5 no-vembre 1999 è stato emanato il nuovo statuto del Centro per la storiadell’Università, statuto che ne ridefinisce i compiti in seguito all’istituzione,per l’appunto, dell’Archivio Generale di Ateneo. Di particolare rilievo sonoi commi e) ed f) dell’art. 8, che recitano:

e) il Centro per la storia dell’Università di Padova fornisceall’Archivio Generale di Ateneo la più ampia collaborazionescientifica alle attività di conservazione, tutela, ordinamento,restauro, inventariazione e redazione dei mezzi di corredo deidocumenti costituenti la sezione separata, e in specie parteci-pa con parere preventivo alle operazioni di scarto;f) l’Archivio Generale di Ateneo fornisce al Centro per la sto-ria dell’Università di Padova il più ampio supporto all’attivitàdi ricerca sulla storia dell’Ateneo, promossa o svolta diretta-mente dal Centro per la storia dell’Università di Padova.

E la collaborazione tra Centro e Archivio Generale di Ateneo trova – percosì dire – il luogo di estrinsecazione più visibile nella gestione comunedella nuova sala di studio, nella quale laureandi, dottorandi, ricercatori aqualunque titolo interessati alla storia dell’Università di Padova possonoconsultare, finalmente in spazi adeguati, i materiali archivistici avendo a di-

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sposizione la biblioteca specializzata del Centro e potendo contare sul sup-porto di personale competente. E questa cooperazione tra due strutture, fi-nalizzata al servizio degli studiosi, non è – se mi è permesso dirlo – eve-nienza frequente in un paese in cui istituti di conservazione anche di grandeimportanza e prestigio sembrano quasi voler applicare allo studioso una raf-finata forma italica della cinese ‘tortura della goccia’: stillicidio di pezzi, diinformazioni, di orari, di servizi.

Ma torniamo al binomio del titolo (tutela/valorizzazione) e concludiamo.Nel caso dell’Università di Padova, la valorizzazione dell’archivio storico sipuò dire preceda la sua tutela: il valore dello strumento e la necessità di de-dicargli cure adeguate si sono imposti all’attenzione generale solo dopo –parecchio dopo, anche – che qualcuno aveva preso a suonarlo, quello stru-mento. Fuor di metafora, è stata l’opera degli storici – di singole personecome Andrea Gloria, Antonio Favaro, Vittorio Lazzarini, Paolo Sambin,Lucia Rossetti, o di istituti, come appunto l’Istituto, poi Comitato e oggiCentro per la storia dell’Università di Padova – ad avere indicato e dimo-strato l’importanza dell’archivio, l’utilità della sua conservazione e tutela,l’insostituibile funzione di ‘memoria’ che esso svolge per l’istituzione uni-versitaria, e quindi per la storia della cultura lato sensu.

Ed è opera che si è esplicata non di rado nell’indifferenza dell’istituzionestessa (come lamentava ad esempio il Favaro), tra false partenze, stasi e ar-retramenti, in mezzo a vischiosità burocratiche e non solo burocratiche. Oral’archivio è in mano agli archivisti, e già cominciano a vedersi i primi fruttidel lavoro di riordino e sistemazione della sezione otto e novecentesca, lapiù trascurata, finora: mi riferisco all’inventario del fondo della RegiaScuola di Ingegneria curato da Maria Grazia Bevilacqua e Gianni Penzo Do-ria e che sarà presentato tra poco in questa sede. Altri ne arriveranno, che glistorici, soprattutto contemporaneisti, attendono, augurandosi che questo ca-so di collaborazione ‘circolare’ – perché anche gli archivisti, ed è persinobanale il ricordarlo, nel loro lavoro ‘fanno storia’ – diventi un circolo sem-pre più virtuoso e, sperabilmente, faccia scuola anche ad altri.

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SARA PICCOLO

I fondi archivistici dell’Amministrazione centralee delle Facoltà di “Filosofia e filologia”: dal Regio Istituto

di Studi superiori all’Università degli Studi di Firenze

L’Università degli Studi Firenze a seguito del progetto Studium 2000 hadato avvio agli interventi di riordino e valorizzazione del proprio patrimoniodocumentario, istituendo, con Decreto rettorale 11 maggio 1999 n. 665, unaspecifica “Commissione per il riordino degli archivi dell’Università” con lafinalità di predisporre un progetto per la realizzazione di un censimento,l’individuazione di una sede idonea alla conservazione e l’informatizzazionedell’archivio1.

Breve nota storica

L’Università degli Studi di Firenze venne istituita nel 1924 a seguitodella trasformazione del Regio Istituto di studi superiori, pratici e di perfe-zionamento, fondato nel 1859 sotto il governo provvisorio toscano di Betti-no Ricasoli e diretto da Gino Capponi in qualità di soprintendente. Inizial-mente l’attività del Regio Istituto venne strutturata in quattro sezioni, corri-spondenti a più aree d’insegnamento: “Studi Legali, di Filosofia e Filolo-gia”, “Scienze naturali” e “Medicina e Chirurgia” (quest’ultimo settore di-sciplinare proveniva già da un omonimo Istituto afferente all’antico Ospe-

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1 La Commissione, presieduta dal prof. Antonio Romiti, ordinario di “Archivistica genera-le”, è composta da personale universitario afferente ai settori dell’informatica, delle biblio-teche e dell’amministrazione generale e si avvale, inoltre, della collaborazione del dott.Luigi Previti rappresentante della Soprintendenza Archivistica per la Toscana.

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dale di Santa Maria Nuova). Dopo pochi anni dalla fondazione nacquel’esigenza di trasformare le sezioni in vere e proprie Facoltà. Infatti, a parti-re dal 1866 la sezione di “Studi Legali, di Filosofia e Filologia” dette vitaalla Facoltà di Lettere e Filosofia; dieci anni dopo fu la volta di “Scienzenaturali” che si trasformò in Facoltà di Scienze fisiche e naturali. Nel 1884venne istituito il corso completo della Facoltà di Medicina e Chirurgia (nel1889 la Scuola di Farmacia, nata in seno a Medicina, diverrà completamenteautonoma). Intanto nel 1875 il marchese Carlo Alfieri di Sostegno, nobilepiemontese, promosse la fondazione del Regio Istituto di Scienze sociali epolitiche “Cesare Alfieri”, attuale Facoltà di Scienze politiche che ne haereditato il nome. Nel 1878 il corso di studi magistrali, fino ad allora bien-nio supplementare della Scuola normale femminile, si trasformò in Istitutosuperiore di Magistero.

All’inaugurazione del 1° anno accademico (1924-25), a cui partecipò inqualità di rettore il prof. Guido Chiarugi, l’Università di Firenze era compo-sta dalle seguenti Facoltà: Lettere e Filosofia, Medicina e Chirurgia, ScienzeMatematiche Fisiche e Naturali, Giurisprudenza e la Scuola di Farmacia.Con l’avvio dell’Università degli Studi vennero sviluppati anche i settori dieconomia, di architettura e di agraria. Solo la Facoltà di Ingegneria, avviatacome biennio già dall’anno accademico 1928-29 dovette attendere il 1970per ottenere il corso di laurea completo.

Per ciò che riguarda i secoli precedenti l’istruzione universitaria in Firen-ze risulta circoscritta al periodo medievale. Lo Studio fiorentino fu istituitointorno alla prima metà del XIV secolo con provvisione del Comune di Fi-renze dell’anno 1321, ma sin dalla nascita la storia dello Studio è caratteriz-zata dall’altalenarsi di momenti d’incertezza, che culmineranno nel XV se-colo con il trasferimento dello Studio fiorentino da Firenze a Pisa, dove virimase per tutto il periodo del Granducato. La documentazione, inerente ilperiodo fiorentino, viene conservata presso l’Archivio di Stato di Firenze.

La Scuola di archivistica dell’Università di Firenze2

Nel 1874 Pasquale Villari, preside della Facoltà di Lettere e Filosofia ot-tenne l’istituzione di una Scuola di paleografia e diplomatica, che nel 1880si convertì in “Scuola di paleografia” prevista nell’ambito delle scuole di2 Trattandosi questo di un sintetico contributo relativo all’Archivio dell’Ateneo fiorentino,desideriamo soffermare, brevemente, l’attenzione sulla prima esperienza di formazione de-gli archivisti in ambito universitario, ovvero sulla Scuola speciale per bibliotecari e archi-visti paleografi che “ha onorato l’Ateneo fiorentino”.

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specializzazione. La prima Scuola di paleografia e diplomatica nacque nel1857, su iniziativa di Francesco Bonaini, in seno alla Soprintendenzaall’Archivio Centrale del Granducato, con il compito di formare gli archivi-sti toscani.

La formazione accademica fu diretta da Ugo Cesare Paoli, a cui seguì Gi-rolamo Vitelli e Luigi Schiaparelli e nel 1925 con l’istituzione Universitàdegli Studi assurse a Facoltà, assumendo la denominazione di Scuola spe-ciale per bibliotecari e archivisti paleografi. Alla Scuola era possibile acce-dervi solo per chi avesse compiuto il biennio della Facoltà di Lettere o diGiurisprudenza ed operò su due livelli: da una parte costituiva il biennio distudi specialistici e dall’altra operava come scuola di perfezionamento pergli studenti già laureati in Lettere, Giurisprudenza e Scienze politiche.

Quella fiorentina è rimasta per più decenni la sola e unica scuola italianaa carattere universitario che desse un titolo specifico nel settore documenta-rio. Infatti già alla fine dell’ottocento furono rilasciati i primi diplomi validiall’ammissione della carriera degli archivisti e dei bibliotecari. Purtroppocon Decreto rettorale 18 ottobre 1956, la Scuola venne “sospesa”, perl’esiguo numero degli iscritti e per le perplessità mosse da alcuni docenti; diconseguenza le cattedre furono assorbite, in parte, dalla Facoltà di Lettere eFilosofia. L’insegnamento della dottrina archivistica tenuto da Antonio Pa-nella fu sospeso al momento della cessazione (a.a. 1952-53), fu riattivatosolo nel 1986, quando la cattedra di “Archivistica generale e storia degli ar-chivi” fu assunta da Arnaldo d’Addario, discepolo dello stesso Panella.

Il patrimonio documentario: l’inventariazione dell’archivio storico

Il nucleo più antico dell’archivio storico dell’Ateneo fiorentino è formatoda documentazione che si è prodotta e conservata nel corso dello sviluppodell’amministrazione centrale universitaria, dalla fondazione del Regio Isti-tuto di studi superiori nel 1860, alla trasformazione in Regia Università de-gli Studi nel 1924 ed infine ad Università degli Studi dal 1946 in poi.

Si compone, anche, di documentazione proveniente dalla Cancelleria de-gli studi dell’Arcispedale di S. Maria Nuova (poi Facoltà di Medicina e Chi-rurgia) nata 1859 presso l’Ospedale di Santa Maria Nuova e della Sezione diFilologia e Filosofia (poi Facoltà di Lettere e Filosofia).

L’intervento d’inventariazione ha avuto avvio nel luglio 2001, è effet-tuato da Francesca Capetta e da chi scrive, su incarico della SoprintendenzaArchivistica per la Toscana.

Attualmente l’archivio storico si sviluppa nei seguenti fondi e serie:

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FONDO SERIE SOTTOSERIE ESTREMICRONOLOGICI

“Regio Istituto di StudiSuperiori”(poi Università degliStudi)

Adunanze e delibe-razioni ConsiglioDirettivo

1872 – 1925

1872 – 1925Verbali delle adu-nanze del ConsiglioAccademico (poiSenato Accademi-co)

1908 - 1954

Repertori 1872 – 1924“Protocolli degli af-fari”

1862 – 1950

Protocolli partenza 1862 – 1937Protocolli arrivo 1882 – 1937Protocolli (arrivo epartenza)

1906 – 1950

Carteggio 1863 – 1955Carteggio - buste 1863 – 1950Repertori del car-teggio

1868 – 1955

Miscellanea [1792–1916][1876-1929]

“Cancelleria degli Studidell’Arcispedale di S.Maria Nuova” (poi Fa-coltà di Medicina e Chi-rurgia)

Verbali delle adu-nanze

1860 – 1905

“Affari spediti” –Carteggio

1844 – 1934

“Sezione di Filologia eFilosofia” (poi Facoltà diLettere e Filosofia)

Carteggio 1860 – [1932]“Affari risoluti” –Carteggio

1860 – 1933

“Repertorio degliinserti d’archivio”

1913 – [1932]

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La documentazione è conservata fisicamente nelle seguenti sedi:q Sala del Senato Accademico (sede del Rettorato, piazza S. Marco 4):

fondo del “Regio Istituto di Studi Superiori” – Università degli Studi e“Cancelleria degli studi dell’Arcispedale di S. Maria Nuova”.

q Pozzo librario della Facoltà di Lettere e Filosofia (piazza Brunelleschi4): fondo della “Sezione di Filologia e Filosofia” (poi Facoltà di Letteree Filosofia).

Infine, si evidenzia che nell’ambito della sezione storica la successionecronologica di alcune serie presenta una cesura prematura rispetto alla vitacomplessiva dell’archivio. Per risolvere tale dubbio sarà necessario effettua-re una verifica circa la presenza di documentazione storica presso le Presi-denze delle singole Facoltà e presso l’Archivio di deposito, sul quale è at-tualmente in corso un censimento, oggetto dell’ intervento Lucia Roselli.

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STEFANO TWARDZIK

L’avvio del riordinamento dell’archiviodell’Università degli Studi di Milano

L’intero lavoro di censimento e ordinamento dell’archivio dell’Universitàdegli Studi di Milano viene effettuato grazie alla convenzione stipulata tra ilMinistero per i beni e le attività culturali e l’Università stessa, nell’ambitodel progetto Studium 2000. Quest’accordo fa sì che, a fronte dell’impegnoconcreto dell’Università a provvedere nel prossimo futuro alla corretta con-servazione del proprio archivio, il Ministero finanzi i lavori archivistici ne-cessari e preliminari alla valida conservazione ed alla prevista consultabilità.

Le operazioni del censimento di tutto il materiale archivistico dissemi-nato nelle varie sedi universitarie sono iniziate nel novembre 2000 e termi-nate nell’autunno dello scorso 2001 ed hanno fornito informazioni preziosee necessarie a comporre il primo quadro generale del patrimonio archivisti-co dell’Università statale milanese.

La situazione emersa non è certamente delle migliori. L’Università degliStudi di Milano, istituita nel 1923 e funzionante dal 1924, non è tuttora do-tata di un servizio di archivio storico, né di un archivio generale destinatoall’accoglimento dei versamenti documentari da tutti gli uffici universitari.L’attuale frammentazione dell’archivio universitario in più archivi di depo-sito gestiti da divisioni diverse deriva da un tradizionale assetto organizzati-vo che fin dagli anni ’20 induceva la formazione di serie archivistiche di-stinte, basate sulle articolazioni degli uffici: la funzionalità del sistema, sod-disfacente almeno sino alla fine degli anni ‘60, comincia a rivelare segni dicrisi in corrispondenza del diradarsi delle professionalità di archivista pre-senti dapprima in quasi tutti i settori dell’amministrazione universitaria. Lagestione particolaristica dei giacimenti documentari, acuita dalla nascita dei

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dipartimenti, ha determinato la totale assenza di governo complessivodell’archivio che si è riscontrata già durante le operazioni di censimento.

Quest’ultimo ha appurato che, dal punto di vista meramente quantitativo,il materiale documentario che componeva tutti gli archivi dell’Universitàall’ottobre 2001, con la sola esclusione delle unità ancora in uso degli ufficiproduttori, occupava quasi 10.000 ml. di scaffalatura

Terminate le operazioni di censimento, dal novembre 2001 si è intrapresoil lavoro d’ordinamento iniziando ad esaminare le serie più antiche conser-vate provvisoriamente presso la biblioteca di un Dipartimento. Notevoli dif-ficoltà dipendenti dalla situazione logistica dei documenti e dallo scarsonumero delle persone addette hanno rallentato l’esecuzione delle operazioniche tuttavia, dal gennaio 2002, hanno potuto prendere una valida andatura.

La prima fase dell’ordinamento in corso è ovviamente consistita nellaschedatura della documentazione. La scheda è stata predisposta utilizzandoil programma ‘Access’ in ambiente Windows. Tale database presenta ilvantaggio di un’elevata adattabilità con la possibilità di personalizzarel’applicazione in rapporto alle diverse situazioni in cui si trovano i comples-si documentali.

Ciò è tanto più necessario per gli archivi dell’Università di Milano i cuidepositi accolgono documentazione nelle condizioni più disparate sottol’aspetto dello stato di ordinamento, della omogeneità nella natura dei do-cumenti e della loro rilevanza amministrativa e storica. I campi della schedasono tradizionali e desunti sia dal programma ‘Arianna’, sia dalla prassi ar-chivistica storica. Il sistema progettato permette di registrare tutti i caratteriformali delle unità e di evidenziare i momenti di collegamento seriale. Lecognizioni acquisite durante le operazioni di censimento, in merito alle ca-ratteristiche della documentazione conservata dall’Ateneo, si sono rilevatepreziose per la redazione della scheda finalizzata al lavoro di riordinamento.

È opportuno sottolinearne alcune peculiarità. Il numero della scheda noncoincide col numero di corda provvisorio che viene indicato sulla scheda econtestualmente sulle unità schedate: il primo è progressivo senza soluzionedi continuità, il secondo rappresenta - nel nostro caso - la progressione dellaschedatura all’interno di serie e fondi individuati e, solamente nei casi in cuile serie siano conservate in ordine, coinciderà con il numero di corda defini-tivo. La differenziazione tra n. di scheda e n. di corda provvisorio derivadalla situazione di estrema eterogeneità a cui si è già accennato: l’adozionedi tale accorgimento è dipesa quindi soprattutto dall’opportunità di procede-re talvolta alla rilevazione di più unità archivistiche utilizzando un’unicascheda, ove ciò sia permesso dallo stato di ordine della documentazione.

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Inoltre, sulla scorta dell’esperienza maturata durante il censimento, si èpensato di introdurre il campo «Passaggi di custodia/Ufficio detentore» dautilizzare nei casi in cui sia possibile rilevare il percorso di conservazioneseguito dalle carte oppure laddove non sia rilevabile una connessione difunzioni amministrative tra l’ufficio attualmente detentore dei documenti(ad es. a titolo di deposito o di lascito) e l’ufficio o persona produttrice.L’uso di questo campo sarà con tutta probabilità abbastanza circoscritto eservirà a definire meglio le attribuzioni di responsabilità nella formazione dialcune determinate serie, processo che risulterà utile successivamente nellafase inventariale.

Un problema controverso è il periodo terminale del lavoro di riordina-mento, ossia fino a che anno sia opportuno procedere considerando ancheche il progetto Studium 2000 si riferisce esplicitamente agli archivi storicidelle università.

A margine del lavoro di schedatura ragionata sono state condotte indaginimirate, rivolte sia alla comprensione dell’evoluzione dell’assetto organizza-tivo dell’Università che ad una migliore conoscenza delle norme che a li-velli diversi ne hanno scandito e regolamentato la vita istituzionale a partiredalla sua fondazione: queste ricerche circoscritte torneranno utili durante lafase di riordinamento delle numerose serie formate dagli organi di governo edalle strutture amministrative dell’Ateneo.

Il primo e determinante elemento che si è dovuto riconoscere è stato ilsoggetto produttore che è stato considerato come elemento fondantedell’ordinamento che avrà quest’archivio. I soggetti produttori delle scritturequi conservate sono sia esterni (pochi e antichi) che interni all’Ateneo.

L’Università degli Studi di Milano conserva, infatti, numerosa docu-mentazione di istituti culturali con finalità didattiche precedenti alla suafondazione e prodromi di essa. Sia per ragioni di progressione storica cheper la salvaguardia stessa delle scritture più antiche, si è ritenuto opportunoiniziare la schedatura dalle carte prodotte da questi istituti antecedenti la na-scita del nostro Ateneo quali ad esempio la Regia Accademia scientifico-letteraria, la Regia Scuola superiore di agricoltura (poi Istituto superiore diagraria) e la Regia Scuola superiore di medicina veterinaria, per procederepoi con alcune serie particolari quali le ‘Università svizzere’ (1944-1945) eaffrontare infine le serie istituzionali che risalgono all’epoca della fondazio-ne dell’Ateneo.

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CECILIA GHETTI – SONIA ZECCHIN

Le problematiche della gestione delle tesicome risorsa documentaria

L’ateneo di Padova ha istituito un gruppo di lavoro sulle tesi conl’obiettivo di monitorare le diverse situazioni che attualmente coesistono alsuo interno: in particolare, ci si è riproposti di evidenziare i percorsi ammi-nistrativi, biblioteconomici e tecnici che potrebbero concorrere ad una piùefficiente gestione di questi materiali e consentirne una maggiore visibilità eaccessibilità.

L’intervento, che intende inserirsi nel dibattito, sempre più attuale e sen-tito, relativo al trattamento delle tesi come risorsa documentaria, proponeuna ricognizione delle problematiche sin qui affrontate ed alcune possibilisoluzioni operative.

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FRANCESCA FANTINI D’ONOFRIO

Gli archivi storici: identità, condizionamento e conservazione

La prassi e la legislazione individuano nell’archivio storico o sezione se-parata (DPR n. 1409/63) la produzione documentaria che ha maturato più diquarant’anni di vita, sintetizzando in tali locuzioni l’emarginazione naturaledel documento non più necessario all’attività del Produttore. Confinamentopredestinato, ineluttabile, quindi, in linea puramente teorica, di facile ge-stione, se si applicasse correttamente la vigente legislazione archivistica,studiata per evitare scompensi traumatici nelle varie fasi della vita docu-mentaria. Contrariamente, la prassi attuata, per ignoranza delle disposizioniarchivistiche o per una superficiale considerazione di esse, procural’emarginazione amministrativa della documentazione ritenuta vecchia e diinutile ingombro. La senilità documentaria, diversamente da quella umana,si è ampliata sensibilmente a causa del vertiginoso cambiamento normativoed istituzionale. Oggi, anagraficamente, un atto inizia ad esser vecchio già aqualche anno dalla sua nascita. Sarebbe opportuno pertanto inglobare con iltermine storico tutta la produzione documentaria che gradualmente perde ilrequisito di utilità per il Produttore.

In questo modo, ovviando cioè linguisticamente la fase di Deposito, conl’innegabile lustro del termine storico, si potrebbe attuare più facilmente iltrapasso dall’utile all’inutile gestionale, limitando ed arginando la violenza ela facile emarginazione di tutto ciò che socialmente viene qualificato comevecchio.

Con il venir meno del principio di necessità la documentazione perdeprogressivamente la propria identità. L’archivista ha il dovere di studiare la

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metodologia più opportuna e consona per ricostruire, praticamente o vir-tualmente, l’identità del documento.

La ricerca dell’individualità di un archivio storico ha diversi gradi di dif-ficoltà a seconda dell’epoca di appartenenza. La Rivoluzione Francese fungetutt’ora da grande spartiacque. Fondamentale, per un approccio metodologi-co meno arduo, è che l’archivio storico abbia mantenuto la denominazionedel proprio Produttore. In mancanza di questo dato la ricerca dell’identitàdiviene estremamente difficoltosa, se non, a volte, disperata, soprattuttoquando gli archivi sono stati vittima di riordinamenti che ne hanno scompa-ginato l’ordinamento originario e dispersa la documentazione in mille rivoli(ad esempio le raccolte seriali nate dall’applicazione del pensiero illumini-stico), o semplicemente quando i mutamenti normativi o i trasferimenti disede abbiano determinato lo scompaginamento e la frattura del vincolo ar-chivistico o la frammistione con altri archivi.

Metodologicamente la ricostruzione dell’identità di un archivio si basasull’analisi comparata della normativa istituzionale ed amministrativa deifattori socio-culturali ed economici che ne hanno determinato sia la sedi-mentazione che la trasmissione nel tempo.

Fondamentale al pari delle operazioni di ordinamento ed inventariazione,se non addirittura più urgenti, sono da considerarsi quelle di condiziona-mento e di restauro, che si progettano con il preventivo censimento del ma-teriale soggetto alla degradazione e il controllo dei fattori ambientali cheintervengono nei processi degradativi. Non si può quindi vitalizzare un ar-chivio storico senza operare un intervento di condizionamento complessivoche tamponi i danni del tempo passato e preservi dal deterioramento futuro.

L’optimum si raggiungerebbe con il lifting conservativo che si effettuacon il restauro. In tal modo si agevolerebbe l’accesso ai testi e se ne garanti-rebbe la trasmissione futura.

Oggi l’archivista non può esimersi dall’essere sensibile alle problemati-che insite nel condizionamento del materiale archivistico, da attuarsi nel ri-spetto delle forme originali. Il corretto condizionamento preservadall’aggressione degli agenti esterni e dai danni dovuti alla movimentazionedocumentaria, operazione quest’ultima inevitabile per permettere la fruizio-ne degli archivi storici.

La consultazione continua della documentazione mette a dura prova laresistenza della materia scrittoria antica e moderna. La risoluzione potrebberisiedere nella riproduzione digitale e nella trasformazione delle ormai ob-solete sale di studio in sale multimediali, è in quest’ottica che l’archivistadeve spendere le proprie energie. Per raggiungere gli obiettivi di identità,condizionamento e conservazione dovrà necessariamente confrontarsi con il

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mondo economico ed istituzionale, partners da cui non si potrà più prescin-dere.

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GRUPPO NAZIONALE STUDIUM 2000

Il Rapporto sugli archivi delle Università degli Studi italiane

Tra i principali compiti del Gruppo di coordinamento del progetto Stu-dium 2000 c’è l’elaborazione di linee metodologiche omogenee per fornireconsulenza agli interventi di censimento, riordinamento ed inventariazionedegli archivi storici delle università. Già nel 1999 l’amministrazione archi-vistica aveva finanziato interventi sugli archivi di atenei a Napoli, Padova ePerugia, ed aveva collaborato agli interventi negli atenei di Bari e Catania.L’avvio del progetto Studium 2000 ha allargato la base degli interventi, co-involgendo molti più atenei e di conseguenza la necessità di un cordina-mento nazionale si è resa necessaria.

L’obiettivo di fondo restava quello riassumibile in tre parole guida: cono-scere, tutelare, valorizzare. Solo la conoscenza precisa ed articolata degli ar-chivi universitari, nelle loro consistenze e condizioni di conservazione, per-metteva la progettazione di interventi di salvaguardia e di miglioramentodella fruizione.

Di qui la necessità di elaborare un rapporto sullo ‘stato di salute’ degliarchivi di ateneo, che ha avuto un suo primo esito con la pubblicazione nel2001 dei Materiali per il 1° Rapporto sugli archivi storici delle universitàitaliane, presentati in forma di preprint alla terza conferenza padovana

Ed il confronto a distanza di un anno presenta un quadro decisamente po-sitivo.

Il Rapporto del 2002 registra infatti in incremento quantitativo delleschede descrittive degli atenei, che passano dalle 41 dell’edizione prece-dente alle 58 attuali, con alcune new entry importanti; ma l’incremento èstato soprattutto qualitativo, anche per le schede già pubblicate, con la revi-sione, integrazione, aggiornamento dei dati, non limitandosi in molti casi a

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descrizioni di consistenze, estremi cronologici e così via, ma arricchendosicon l’indicazione delle serie archivistiche individuate.

In particolare nel Rapporto sono stati messi in luce i risultati del progettoStudium 2000, che investendo risorse in tutti gli atenei italiani ha spesso in-dotto a cascata, oltre alla produzione di censimenti ed inventari, anche ilmiglioramento delle sedi di conservazione ed a volte il reclutamento di per-sonale qualificato per gli archivi delle università. Certo alcuni atenei sonostati più solleciti di altri, ma il panorama nel complesso si presenta buono,soprattutto per l’interesse crescente e per gli effetti di emulazione

Il Rapporto, oltre che agli archivi storici, ha dedicato una particolare at-tenzione agli archivi di deposito ed agli archivi in formazione, descrivendole forme di organizzazione che gli enti produttori adottano per la conserva-zione degli atti e rilevando il livello di attuazione delle riforme in materia digestione dei sistemi documentari (protocollo, gestione integratadell’informazione, firma digitale ecc.), che si sono susseguite nello scorsodecennio, in parte ora raccolte nel Testo Unico delle disposizioni legislativee regolamentari in materia di documentazione amministrativa (DPR 28 di-cembre 2000, n. 445).

L’attenzione è stata giustificata in primo luogo dalla considerazione, uni-versalmente condivisa, che l’archivio è unico (universitas rerum) e chequindi gli archivi storici si difendono a partire da quelli correnti. Ulterioremotivazione è stata quella di cogliere il ‘momento di interesse’ degli ammi-nistratori per l’introduzione di sistemi informativi automatizzati per valutarela qualità delle soluzioni informatiche adottate, l’adozione di quadri di clas-sificazione, il collegamento tra archivi informatici ed archivi cartacei.

Tutto nell’ottica di creare un sistema archivistico universitario nazionaleche si attesti su livelli di qualità e di efficienza.

Altra novità del Rapporto è stata l’affermazione della funzione degli ate-nei quali istituti di conservazione del patrimonio archivistico nazionale; in-fatti le schede rivelano l’esistenza di moltissimi archivi aggregati, costituitida documenti prodotti da organismi precedenti la fondazione dell’Universitàe dai fondi personali, generalmente carte prodotte da docenti che hanno ri-vestito un ruolo importante presso presidenze di facoltà, istituti o diparti-menti e che comprendono spesso documentazione non strettamente colle-gata alla principale mansione svolta in seno a tali strutture. Sono stati ancherilevati numerosi archivi privati, di personalità politiche e del mondo dellacultura, donati o acquisiti dagli atenei. Si tratta di un panorama archivisticoricchissimo, meritevole di approfondimenti.

Una segnalazione conclusiva sui curatori delle schede.

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Se nell’edizione dei Materiali nel 2001 le schede riflettevano soprattuttole informazioni possedute dalle Soprintendenze archivistiche, quest’anno ilpanorama dei redattori è molto più variegato, comprendendo accanto agliarchivisti di Stato ed ai docenti degli atenei anche il personale addetto agliarchivi nelle università, i liberi professionisti che hanno partecipato ai pro-getti di censimento ed inventariazione ed anche, in un caso, le ditte dioutsourcing che hanno in gestione gli archivi storici e di deposito degli ate-nei.

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GRUPPO NAZIONALE STUDIUM 2000

Il sistema SIUSAegli archivi degli atenei: prime applicazioni

Le finalità per cui il gruppo Studium 2000 è stato istituito sono indicatenell’art. 3 del decreto istitutivo del gruppo stesso, e precisamente: Il gruppoopererà per dare soluzioni ai problemi metodologici che si presenterannonell’attuazione del Progetto, con particolare riferimento all’adozione delletecnologie informatiche e all’applicazione degli standard descrittivi ISAD eISAAR. In sintonia con il perseguimento di questi obbiettivi, nell’ambito deilavori del gruppo Studium 2000 è stato analizzato il progetto relativo al Si-stema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.

Il progetto SIUSA, avviato dalla Direzione generale per gli Archivi e laScuola normale di Pisa nel febbraio del 2000, si pone l’obbiettivo di reinge-gnerizzare il sistema informativo nazionale “Anagrafe informatizzata degliarchivi italiani”, per la parte di competenza delle Soprintendenze archivisti-che.

Per l’elaborazione del progetto è stato istituito un gruppo di lavoro com-posto da membri del Servizio III della Direzione generale per gli archivi,funzionari di Soprintendenza e di Archivi di Stato, affiancati da personaledel Centro di ricerche informatiche per i Beni culturali della Scuola Nor-male Superiore di Pisa. Quest’ultima cura l’analisi e lo sviluppo del sistemainformatico.

Il modello concettuale del sistema informativo si articola in due ambitidistinti tra loro collegati: un ambito gestionale e un ambito descrittivo.

La parte gestionale, non accessibile dall’esterno, è finalizzata all’uso in-terno dell’Amministrazione (Soprintendenze archivistiche e Servizio III

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della Direzione generale per gli Archivi) per svolgere la propria attivitàistituzionale di vigilanza.

L’elaborazione della struttura descrittiva è stata pensata per essere con-sultabile dal pubblico. Essa è il risultato di una lunga e accurata fase di ana-lisi. È opportuno evidenziare che per la rappresentazione delle informazioni,sono stati seguiti gli standard internazionali ISAD(G) e ISAAR(CPF).

Gli elementi principali del sistema sono tra oggetti o banche dati:q Complesso archivisticoq Soggetto conservatoreq Soggetto produttore.

Accanto a queste tre entità principali sono presenti altre schede, che co-stituiscono delle banche date “accessorie” a completamento delle informa-zioni riguardanti gli aggregati documentari e/o i loro produttori. Esse sono:q Strumenti di corredoq Ambito territorialeq Contesto politico-statualeq Profilo istituzionale generaleq Bibliografiaq Fontiq Compilatore del descrittivoq Dizionario.

L’area del complesso archivistico è riservata alla rappresentazione delcomplesso di documenti che presentano caratteri di unitarietà ed omogenei-tà: si deve sottolineare che il sistema consente solo descrizioni dei livelli altidella struttura di un archivio (fondo, subfondo, serie, sottoserie). I criteri perla descrizione seguono le norme dello standard ISAD(G).

L’area del soggetto conservatore contiene informazioni relative all’enteche conserva la documentazione, di particolare utilità all’utente ai fini dellaconsultazione.

L’area del soggetto produttore è dedicata alla illustrazione dell’ente cheha prodotto il complesso archivistico. In base a quanto enunciato dalle nor-me ISAAR(CPF) le notizie relative al produttore sono trattate in manieraseparata e interrelata rispetto alla descrizione della documentazione.

Il modello concettuale di descrizione archivistica così elaborato è statooggetto di confronto e revisione con altri gruppi di lavoro attivati dalla Di-rezione generale su particolari categorie di archivi, fra cui gli archivi storicidelle Università italiane.

Il gruppo Studium 2000, progetto costituito per l’attuazione del progettoper la tutela, salvaguardia e valorizzazione degli archivi storici delle Univer-

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sità italiane, ha iniziato, ed è ancora in corso, una sperimentazione del mo-dello di SIUSA sugli archivi degli Atenei.

Il modello concettuale elaborato per rappresentare il soggetto conservato-re prevede l’inserimento di determinate informazioni in merito all’ente e/opersona che conserva la documentazione; precisamente: i dati anagrafici –nome, indirizzo, telefono, ecc- in modo che l’utente possa sapere dove re-carsi o chi contattare per consultare la documentazione. Il modello descritti-vo è pensato e realizzato come funzionale alle esigenze dell’utente e nonconsente di scandire le tappe di una storia pregressa della conservazione. È,comunque, possibile indicare le informazioni storiche del soggetto conser-vatore in un campo a testo libero (cenni storico-istituzionali), previsto nellascheda.

In questa prima fase il confronto fra il gruppo Studium 2000 e il gruppocostituito per l’elaborazione del SIUSA ha avuto come oggetto la definizio-ne dei criteri per la scelta dell’intestazione di autorità dell’ente conservatore.L’intestazione è di particolare importanza ed è fondamentale che tale sceltasia effettuata sulla base di criteri certi e condivisi dalla comunità archivisti-ca.

Per ulteriori informazioni si consiglia di visitare il sito www.cribe-cu.sns.it/siusa/pub/docs.

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MANOLA IDA VENZO

Il fondo Congregazione degli studipresso l’Archivio di Stato di Roma:

Una nuova chiave di ricerca

La Congregazione degli Studi fu istituita nel 1824 e cessò di esistere allafine dello Stato pontificio. All’indomani della Restaurazione il tema dell’i-struzione rientrò in quel progetto complessivo di riorganizzazione ammini-strativa che i papi portarono avanti a partire dal motu proprio del 16 luglio1816.

La ridefinizione dell’assetto scolastico fu affidato a una commissionecardinalizia che, nominata nel 1816, avviò un intenso lavoro di consultazio-ne e dibattito, tra l’altro con metodi fino ad allora inconsueti e in qualchemodo desunti dal precedente governo francese: sollecitando attraverso i ve-scovi delle diocesi l’invio di prospetti informativi sullo stato della pubblicaistruzione, utilizzando schemi sinottici in cui venivano riportati i dati sulnumero delle scuole, sulle materie insegnate, su docenti e studenti, acco-gliendo inoltre i suggerimenti e le proposte che studiosi, professori, padri difamiglia facevano pervenire da più parti dello Stato.

Nell’ambito dell’istruzione era la prima volta che lo Stato si faceva cari-co di un disegno complessivo che in qualche modo riducesse il frammenta-rismo e il particolarismo fino ad allora vigenti.

I cardinali deputati, dopo una serie di riunioni che si protrassero per alcu-ni anni, elaborarono un poderoso documento dal titolo Metodo generale dipubblica istruzione per lo Stato pontificio, che redatto e stampato nel 1819non fu però mai promulgato.

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Ridiscusso e revisionato negli anni successivi, il documento sfociò nellacostituzione Quod divina sapientia, emanata da Leone XII il 28 agosto1824, in cui si ponevano le basi per un vasto piano di riforma dell’istru-zione.

Oltre a dettare una serie di norme per i vari gradi di formazione, la bollaistituiva la Congregazione degli studi come dicastero preposto all’istruzione.Suoi componenti di diritto erano le più alte cariche dello Stato (il segretariodi Stato, il vicario di Roma, il prefetto dell’Indice, il prefetto del Buon Go-verno, il camerlengo). Tutte le università, le scuole pubbliche e private do-vevano essere soggette alla Congregazione e, inoltre, ogni corporazione oindividuo impiegato nell’istruzione.

L’intento di riorganizzazione gerarchica si affermava soprattutto nei con-fronti delle università, allo scopo di spezzarne l’antico assetto corporativo:veniva infatti definito per legge il numero delle università (Roma e Bolognacome università primarie e Ferrara, Perugia, Camerino, Macerata, Fermo epiù tardi Urbino come università secondarie), non solo, ma per ogni univer-sità si indicava tassativamente il numero delle cattedre e le materie di inse-gnamento. La direzione effettiva era ora nelle mani dell’arcicancelliere ocancelliere (cariche riservate a Roma al camerlengo e nelle altre universitàal vescovo della città), mentre il rettore, tra l’altro nominato dal papa suproposta della Congregazione degli studi, ripiegava su un ruolo subordinato.Lo stesso rigido controllo pesava sulla nomina dei professori esull’insegnamento praticato: la nomina o rimozione di ogni docente dovevainfatti essere ratificata dalla Congregazione, che inoltre si riservava di ap-provare il corso di lezioni del docente preventivamente stampato. Per quantoriguarda la gestione contabile, questa era affidata al rettore ma il rendicontoannuale era inviato alla Congregazione per la definitiva approvazione.

Dal succinto quadro tracciato sulle competenze istituzionali della Con-gregazione, si delinea la tipologia di documentazione conservata nel fondo el’enorme interesse che essa riveste per tutti gli studi che afferisconoall’ambito dell’istruzione e della cultura. Va inoltre tenuto presente chenell’archivio della Congregazione si conservavano, pur se in modo affastel-lato e caotico, tutte le carte relative al dibattito preliminare alla riforma deglistudi, tra cui anche molti documenti relativi al periodo francese.

Un primo ordinamento e un inventario sommario del fondo (circa 560 trabuste e registri) furono realizzati da Ernesto Ovidi nel 1879, il quale nonpotendo avvalersi dei registri di protocollo, già distrutti, aggregò la docu-mentazione in alcune serie fondamentali, sulle quali in tempi successivi altrinuclei documentari andarono a depositarsi.

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In anni recenti, è stato avviato un progetto di riordinamento e informa-tizzazione del fondo, finalizzato alla creazione di repertori a stampa oltreche di un data base da consultare in rete, corredato naturalmente di indici ditoponimi e antroponimi. L’indice degli antroponimi è particolarmente signi-ficativo in quanto nel fondo è conservata una grande quantità (oltre un mi-lione) di fascicoli relativi a studenti, professori, professionisti e personaleimpiegatizio, spesso corredati di curricula o documentazione di rilievo qualerelazioni, stampati, disegni, ecc.

Contestualmente è stato creato un data base di normativa coeva relativaai temi della pubblica istruzione: leggi, decreti, circolari, ecc.

Alla realizzazione del progetto, coordinato dalla sottoscritta, hanno col-laborato per l’ambito informatico Gemma Pusceddu, per la schedatura e di-gitazione Mariagloria Aquilina, Idria Gurgo, Angelina Procaccia, Anna Risi.

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3ª SessioneL’archivio di deposito

come funzione di eccellenza archivistica

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PAGINA BIANCA

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MARIO SQUADRONI

L’archivio di deposito: funzioni e organizzazione

L’intervento prevede la trattazione dei seguenti argomenti:1. Obblighi degli enti pubblici sulla “tenuta” dell’archivio, con particolare

riferimento a quello di deposito (decreto legislativo 29/10/1999, n.490 edecreto del Presidente della Repubblica 28/12/2000, n. 445).

2. Definizione di archivio di deposito: parte dell’archivio nella quale siconserva la documentazione dell’ultimo quarantennio, relativa ad affariesauriti; un archivio intermedio, un momento di passaggio tra l’archiviocorrente e quello storico.

3. Ubicazione uffici e depositi: sede unica e generale e con le caratteristi-che strutturali, funzionali ed impiantistiche a norma di legge, preferibil-mente situata all’interno dell’edificio che ospita l’ente; difficoltà di or-ganizzazione e di gestione per la documentazione dislocata in più sedi.

4. Personale: requisiti culturali e professionali adatti allo svolgimento dellavoro.

5. Competenze del personale:q conservazione della documentazione preesistente;q presa in carico della documentazione proveniente dall’archivio cor-

rente;q ordinamento o riordinamento?q redazione e aggiornamento elenco di consistenza;q reperimento delle pratiche – ricerche interne e consultabilità esterna-

ricollocazione della documentazione nella posizione originaria;q operazioni di scarto degli atti ritenuti inutili;q predisposizione dei documenti da trasferire all’archivio storico.

6. Proposte gestionali e organizzative.

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7. La “vigilanza” delle Soprintendenze archivistiche.8. Sanzioni penali e amministrative per gli enti inadempienti.

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SARA GUIATI

Regolamenti e archivi di deposito tra reti archivistiche e gestione esternalizzata:

un deficit da colmare

Chi si occupa di documenti e, in particolare, di sistemi documentari pub-blici si trova di fronte un mondo in continua evoluzione sia dal punto di vi-sta organizzativo e normativo, che per le realizzazioni tecnico-informatiche.

Fino all’introduzione della Legge n. 241/1990 (la cosiddetta legge sullatrasparenza) e all’ingresso preponderante delle moderne tecnologie nel trat-tamento dei documenti, scarsa rilevanza aveva per le Amministrazioni la ge-stione del sistema documentario e la necessità di strutture responsabili equalificate cui affidare il compito di indirizzare la formazione dei documentie del sistema documentario. Le ragioni di tale disinteresse e della trascura-tezza con cui, soprattutto negli ultimi decenni, è stato gestito il patrimoniodocumentario pubblico, sono molteplici e hanno determinato il degradoprogressivo nella gestione dei documenti e nella tenuta degli archivi dellepubbliche amministrazioni. Sono soprattutto ragioni di natura strutturale maanche organizzativa.

Il nostro ordinamento – riflesso della dottrina archivistica italiana – pre-vede per convenzione che la vita dei complessi di documenti passi attraver-so “tre età”, tre fasi gestionali: archivio corrente, per i documenti attivi incorso di trattazione; l’archivio di deposito, per i documenti semiattivi el’archivio storico, per i documenti inattivi.

La fase semiattiva è una fase critica e cruciale per la salvaguardia del pa-trimonio archivistico, sia dal punto di vista fisico che dal punto di vista in-tellettuale. È in questa lunga fase (40 anni) che il documento mantiene operde la sua qualità informativa, che dipende dal mantenimento del vincolo

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archivistico, sia a fini amministrativi che di ricerca storico-scientifica. Que-sto stadio indica comunque uno stato provvisorio di conservazione dei do-cumenti fino alla eliminazione o all’invio nell’archivio storico.

Per quel che riguarda questa seconda fase gestionale, possiamo ricordaresinteticamente la normativa:q la Circolare Astengo (1897) inerente alla gestione dei documenti dei

Comuni;q il Regio Decreto n. 35/1900 dove di fa riferimento alla tenuta degli ar-

chivi di deposito delle Amministrazioni centrali;q il DPR n. 1409/1963, secondo il quale gli archivi degli enti pubblici

(compresi gli archivi di deposito) fanno parte del demanio pubblico edin quanto tali sono inalienabili e sono sottoposti alla vigilanzadell’Amministrazione Archivistica che dà il proprio parere anche ri-guardo allo scarto degli atti;

q il Dlgs n. 490/1999, Testo Unico in materia di beni culturali, recependoil DPR n.1409, stabilisce cheØ anche gli archivi correnti e di deposito sono beni culturali (art. 2,

comma 4),Ø lo scarto di documenti è subordinato all’autorizzazione del soprin-

tendente archivistico nel caso degli enti pubblici e dei privati i cuiarchivi siano dichiarati di notevole interesse storico (art. 21, comma5),

Ø ogni opera cui l’archivio sia soggetto deve essere preventivamenteapprovata (art.23),

Ø gli archivi correnti e di deposito delle amministrazioni statali sonosoggetti alla vigilanza di commissioni;

Ø le sanzioni specifiche (artt. 118, 119 e 120), in particolare è punitocon l’arresto da 6 mesi ad un anno e con l’ammenda da lire 1.500.00e lire 75.000.000 chiunque distrugga, modifichi o esegua opere nonautorizzate sui beni culturali (inclusi gli archivi di deposito, dunque),ma anche chi destina i beni culturali ad un uso incompatibile o pre-giudizievole per la loro conservazione o integrità;

q il DPR n. 445 / 2000, Testo Unico delle disposizioni legislative e rego-lamentari in materia di documentazione amministrativa, riprendendo ilDPR 428/1998, sulla gestione dei flussi documentali, introduce (artt. 67-68) alcuni punti, quali:Ø la tenuta degli archivi di deposito presso ciascuna amministrazione;Ø la periodicità del trasferimento dalla fase corrente a quella di depo-

sito attraverso un passaggio preordinato e non casuale;Ø l’organizzazione dei documenti;

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Ø il piano di conservazione integrato con il sistema di classificazione;Ø una movimentazione di cui viene tenuta traccia;Ø modalità di accesso secondo la Legge 675/1996.

Le recenti disposizioni sulla tenuta dell’archivio delle pubbliche ammini-strazioni, definendo sul piano nazionale criteri e regole per la formazione,gestione, accesso e conservazione dei documenti, hanno non solo l’obiettivodi garantire il mantenimento della memoria documentaria, ma anche quellodi promuovere il miglioramento dell’azione amministrativa e favorirel’accesso e la trasparenza alla documentazione pubblica. Ed ognuna di que-ste norme tiene presente la tenuta dell’archivio di deposito nell’ambito diuna corretta gestione complessiva dell’archivio di un ente pubblico.

E i principi ribaditi sono:q la responsabilità attribuita all’ufficio che ha prodotto i documenti (ente

che versa / proprietario dei documenti);q l’accesso garantito e rapido, tramite procedure corrette;q l’ordine originario dei documenti che non dev’essere modificabile (art.

68 del DPR 445/2000). In particolare, l’ordine deve essere garantito me-diante il controllo intellettuale delle serie archivistiche che devono esse-re perciò identificate nel momento stesso in cui entrano nell’archivio,per mantenere il vincolo archivistico;

q il mantenimento dell’ordine originario e il controllo della movimenta-zione;

q tempi di conservazione definiti (piano di conservazione).Occorre ricordare poi che i requisiti essenziali per una tenuta

dell’archivio di deposito efficiente e trasparente consistono sicuramente inuna corretta gestione della fase corrente, nell’adozione del piano di classifi-cazione, nella definizione delle responsabilità e in risorse economiche edumane adeguate al bene da governare.

La normativa nel corso degli anni ha dunque codificato alcune delle atti-vità attinenti alla seconda fase gestionale ossia:1. il trasferimento della documentazione dall’archivio corrente a quello di

deposito;2. il passaggio della documentazione dall’archivio di deposito alla sezione

separata;3. la movimentazione per la consultazione;4. la selezione e lo scarto.

Ne ha enunciato anche gli strumenti, quali gli elenchi di versamento, ilprogramma per la movimentazione ed il piano di conservazione integratocon il sistema di classificazione.

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Venendo a tracciare alcuni dei nodi critici, non si può non costatare chepermangono alcune zone d’ombra, che, molto spesso, incidono considere-volmente su tutto l’impianto archivistico e portano al completo abbandonoed ad un oscuro destino l’archivio di deposito. Ovvero,1. la gestione dei depositi, ossia dei locali adeguati per spazio e attrezzatu-

ra, con misure di sicurezza adeguate;2. il mantenimento di particolari condizioni ambientali;3. la predisposizione di un piano di previsione circa il ritmo di accumula-

zione;4. l’efficienza nell’organizzazione dei locali.

I problemi gestionali nascono da un insieme di fattori che hanno a che fa-re con:q le difficoltà ad assumere nuovo personale che operi all’interno degli ar-

chivi di deposito;q la difficoltà a gestire appalti o contratti di collaborazione a breve – me-

dio termine quando i servizi archivistici sono affidati esternamente;q la tradizionale carenze di risorse da investire in questo settore a fronte

della necessità di innalzare i livelli qualitativi dei servizi di archiviazio-ne e

q i vincoli di bilancio che gli enti devono affrontare.Per superare i deficit di una gestione inefficiente, in questi ultimi tempi,

vengono ipotizzate due possibili soluzioni:1. una gestione esternalizzata, ossia in outsourcing;2. la creazione di reti archivistiche per la gestione degli archivi storici di

enti consociati alle quale si possono attribuire anche le funzioni relativealla tenuta degli archivi di deposito.

Nel primo caso, si ricorre all’outsourcing archivistico per risolvere sia iproblemi legati alla conservazione fisica ed alla logistica che per operareinterventi propriamente archivistici (schedatura del materiale, attuazionedelle procedure di scarto, redazione di strumenti di corredo, ecc.).

L’affidamento in outsourcing della gestione archivistica può essere totaleo parziale, ma per avviare un progetto del genere occorre instaurare unastretta dialettica tra i tre soggetti coinvolti: il soggetto produttoredell’archivio, l’outsoucer e gli organi dell’Amministrazione archivisticapreposti alla tutela. Val la pena, in proposito, ricordare le linee guida elabo-rate da ANAI e Ministero dal titolo “Servizi archivistici e l’outsourcing”,che tracciano quelli che dovrebbero essere i requisiti necessari (tipologie diservizi, contratti, ecc.) per progettare l’affidamento della gestione del patri-monio documentario di un ente ad un soggetto esterno.

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La gestione dell’archivio in outsourcing, affidata ad aziende serie, puòessere una valida soluzione soprattutto se l’ente produttore è di grandi di-mensioni, ma implica costi particolarmente onerosi e non facilmente soste-nibili dalle piccole amministrazioni. Penso in particolare agli enti locali,soggetti che producono però ben più di 8000 archivi sparsi su tutto il territo-rio nazionale.

L’ipotesi di gestione è quella che si coglie dall’applicazione della Legge448, 28 dicembre 2001, (Legge Finanziaria 2002). L’art. 35, comma 15 –inserito anche come l’art. 113bis del testo unico delle leggi sull’ordinamentodegli enti locali (d.l. 18 agosto 2000, n. 267) - prevede che

Gli enti locali possono procedere all’affidamento diretto deiservizi culturali e del tempo libero anche ad associazioni efondazioni da loro costituite o partecipate.

Se l’ipotesi della costituzione di fondazioni è altrettanto debole quanto loerano i consorzi previsti dalla L. 1409, per l’onere che una tale istituzionerappresenta, fattibile potrebbe essere invece per gli enti locali costituireun’associazione cui affidare i servizi culturali, in forme di esternalizzazionicontrollate dall’ente locale stesso o da un insieme di enti locali. Questa so-luzione in qualche modo farebbe sì che sia mantenuto il legame stretto tral’archivio ed il suo produttore. Inoltre l’associazione partecipata da più entilocali presenterebbe maggiori vantaggi in termini di leggerezza burocratica,minori costi gestionali con la condivisione dei costi di stoccaggio, maggiorecontrollo da parte degli enti locali e un modello organizzativo meno rigido egestionalmente autonomo anche per quel che riguardo il reperimento dellerisorse umane alle quali affidare il servizio.

Già in questo senso stanno procedendo alcune amministrazioni locali af-fidando la gestione degli archivi storici ad un sistema di reti documentarieintegrate. In questo ambito di esternalizzazione controllata e responsabiledei servizi di gestione documentaria potrebbe collocarsi anche la tenuta de-gli archivi di deposito.

Naturalmente, occorrerà mettere al punto convenzioni, contratti di servi-zio studiati ad hoc dove gli archivisti abbiano potere decisionale e sianochiari i principi archivistici e legislativi di riferimento.

Per concludere, dal degrado attuale nel quale giacciono depositi di mate-riali archivistici alla loro perdita definitiva il passo è breve e rischia di nonlasciare rimpianti se non negli archivisti e in un numero decrescente di stu-diosi che conoscono le potenzialità informative della produzione documen-taria non solo per il presente, ma anche per la memoria futura. Tanto più cheil panorama archivistico contemporaneo è caratterizzato dal venir meno del

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progetto conservativo otto-novecentesco, tutto esclusivamente incentratosugli Archivi di Stato, e da una proliferazione e disseminazione territorialedelle istituzioni di conservazione.

A mio parere risulta ben chiaro che una corretta gestione dell’intero si-stema documentario dell’ente – e perciò anche la tenuta dell’archivio di de-posito – è il presupposto per la costruzione dell’archivio del futuro, comespecchio critico della propria memoria; occorre perciò compiere, attraversouna corretta gestione oltre che una selezione oculata dei documenti da con-servare, scelte consapevoli e strategiche per l’intero assetto organizzativo, inquanto l’archivio di deposito non è un locale, ma una funzione di eccellenzaarchivistica.

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EUGENIO CALIMANI

Il progetto di costruzione del nuovo archivio di depositodell’Università degli Studi di Padova

Quanto segue è inteso a fornire una schematica informazione sul“contenitore” che è in via di completamento a Legnaro, al confine con l’A-zienda Agraria dell’Università.

Il sito: nei pressi dell’Azienda Agraria a Legnaro. Nella seconda metàdegli anni ’90 presso una parte di area già dell’Azienda Agraria, sono sortigli edifici di Agripolis (Università, Veneto Agricoltura ed Ente Zooprofilat-tico delle Venezie). La presenza della Facoltà di Agraria e Medicina Veteri-naria con i loro oltre duemila studenti e dei Dipartimenti dell’area agro-alimentare e zootecnico-veterinario rende il polo universitario di dimensionitali da richiedere un servizio giornaliero di trasporto corrispondenza e pac-chi, quindi il sito è collegato all’Ateneo con frequenza giornaliera.

Le dimensioni: l’edificio è di due piani di circa 3000 mq. ciascuno, quin-di 6000 mq. in totale. Si tratta di 20 locali di circa 250 mq. ciascuno e di unlaboratorio “comune” per l’eventuale trattamento del materiale prima di in-serirlo negli archivi. Ognuno dei locali (vedi pianta allegata) dei due pianiverrà arredato con scaffalature compatte (circa 2500 m. per locale)

La destinazione: il “contenitore” in questione è destinato all’Archiviodell’Ateneo che gestirà in autonomia i propri spazi ed alle Bibliotechedell’Ateneo (gestore il CAB Centro di Ateneo per le Biblioteche) quale poz-zolibri per monografie e riviste di limitata consultazione, per alleggerire lasituazione asfittica per quanto attiene agli spazi di molte bibliotechedell’Università.

In prima approssimazione e riservandoci miglioramenti in fasi successi-ve, sono stati ripartiti concordemente fra Archivio e CAB gli spazi, circa

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metà dei quali verranno già in fase iniziale forniti di armadiature compatteche permetteranno per tutto il 2003 e probabilmente anche per l’anno suc-cessivo lo sviluppo dei programmi sia dell’Archivio che del CAB.

Dati tecnici: portata dei solai 1500 Kg/mq.; ricambi d’aria circa 0,5 ri-cambi/h; aria esterna filtrata prima di immetterla nell’ambiente con filtri acarbone attivo e con filtri a tasche di efficienza almeno dell’80% per parti-celle di dimensione pari o superiore al micrometro; umidità relativa 30/50%con fluttuazioni entro il 3% sia giornalmente che mensilmente; temperaturacirca 18/19 °C d’inverno e circa 24/25 °C in estate con fluttuazioni giorna-liere entro i 2 °C e mensili entro i 3 °C; sistema di rilevazione incendi e dispegnimento incendi a gas.

La figura allegata mostra, in funzione della temperatura e dell’umiditàrelativa, la zona all’interno della quale si conta di mantenere la velocità didegradazione del materiale cartaceo, riferita convenzionalmente al valore,assunto come unitario, alla temperatura di 21 °C ed all’umidità relativa del50%.

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LUCIA ROSELLI

Primi risultati del progetto di tutela e valorizzazionedell’archivio di deposito dell’Università degli Studi di Firenze

Nel mese di ottobre del 2001 ha avuto inizio il lavoro di ricognizione ecensimento sull’archivio di deposito dell’Università degli Studi di Firenze.

Attualmente l’archivio di deposito dell’Università degli Studi di Firenzeè dislocato all’interno di un grande capannone a nord-ovest della città.

L’archivio di deposito è costituito dalla documentazione che, ancorchénon necessaria all’uso corrente dell’ente che l’ha prodotta, riveste tuttaviaun interesse sotto il profilo amministrativo: il suo uso e la sua consultazionesono comunque possibili e non infrequenti, a condizione che lo stato di or-dinamento del materiale conservato sia tale da permettere la ricerca e quindiil recupero delle informazioni. Molto spesso invece, e questo è anche il casodi buona parte della documentazione conservata presso il depositodell’Università degli Studi di Firenze, i fascicoli relativi alle pratiche ormaiconcluse o comunque non più suscettibili di frequenti richiami sono statitrasferiti nell’archivio di deposito come un ondata di scatoloni riversati sen-za ordine nei locali del deposito.

Il materiale documentario che ha interessato il lavoro di ricognizione ecensimento ha riguardato le carte prodotte dalle varie facoltà dell’Universitàdegli Studi di Firenze.

Il materiale di nostro interesse si trovava in parte disposto su scaffali edin parte riposto in scatoloni. Gli scatoloni contenenti materiale propriamentearchivistico si trovavano spesso commisti con altri, contenenti materiale li-brario proveniente dalle biblioteche delle varie facoltà. Pertanto prima diprocedere al lavoro di schedatura sono state avviate le operazioni di ricogni-

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zione della documentazione d’archivio cercando di procedere in ordine cro-nologico a partire dai documenti più antichi.

Contemporaneamente si è proceduto ad ideare una scheda informatica,con il supporto del programma MSAccess, che permettesse di inserire tutti idati utili alla realizzazione del censimento.

La scheda elaborata si articola nei seguenti campi: numero provvisorioassegnato a ciascun pezzo, serie, titolo originale se presente o attribuito,estremi cronologici, condizionamento e stato di conservazione.

Il lavoro in oggetto, che si è appena concluso, ha in questa prima faseidentificato le principali serie di cui l’archivio è composto. Le unità censitesono state in totale di 3000 comprese tra il 1911 e il 1996; parte di tale do-cumentazione potrà già essere ricollocata nella sezione relativa all’archiviostorico dell’Università.

L’incarico affidatoci prevedeva inoltre una proposta di scarto del mate-riale ritenuto di inutile conservazione. Operazione quest’ultima che negliultimi decenni è divenuta un’esigenza gestionale sempre più urgente, neces-saria e imprescindibile, proprio in considerazione dell’enorme sviluppodella produzione cartacea. Il lavoro si è quindi indirizzato allo studio dipubblicazioni sull’argomento e di massimari di scarto che possano servireda appoggio per la formulazione della proposta di selezione.

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RENATO DELFIOL

L’esperienza della Soprintendenza Archivistica per la Toscanain materia di selezione

L’intervento tratterà le esperienze della Soprintendenza Archivistica perla Toscana in materia di selezione degli atti, con particolare riferimento alMassimario per i comuni della Regione redatto nel 1994 illustrando le diffi-coltà incontrate nel corso della sua elaborazione e i suoi presupposti teorico-pragmatici, nonché le problematiche applicative e quelle relative ad uneventuale approfondimento del Massimario stesso per farne uno strumentodi gestione preventiva, quindi di gestione dell’archivio corrente piuttostoche di intervento successivo alla archiviazione degli atti.

La storia dell’elaborazione del massimario sarà trattata in modo riassun-tivo, in quanto già presentata in altre sedi.

Nell’elaborazione del massimario si è cercato di fornire criteri il più pos-sibile oggettivi, nella convinzione che anche una eventuale perdita di infor-mazione produca effetti meno negativi se è ricondotta a norme precise e fa-cilmente individuabili, superando le prescrizioni vaghe e soggettive delmassimario del 1917. Uno di questi è il criterio dato dalla posizione gerar-chica dei documenti.

L’esigenza di un approfondimento del massimario nasce in primo luogodalla consapevolezza della sua incapacità a raggiungere tutti i documentiche potrebbero o dovrebbero essere selezionati per lo scarto. Inoltre nellaprassi l’uso del massimario è correlato anche a valutazioni di merito sia insenso conservativo che in senso eliminativo e non può, allo stato attuale es-sere uno strumento di applicazione automatica. Per realizzare uno strumentodi tale valenza sarebbe necessario un collegamento col titolario d’archivio.

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Se sarà possibile, si accennerà anche alle problematiche della selezione inaltri settori, quali quello degli archivi d’impresa o degli archivi delle istitu-zioni di edilizia pubblica, campi nei quali in Toscana vi sono state elabora-zioni o proposte.

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GIGLIOLA FIORAVANTI

Dall’archivio come “ciò che resta da un naufragio”all’archivio come bene culturale

La relazione prende in esame, dapprima, la consapevolezza oggi acqui-sita dalla comunità degli archivisti che l’archivio debba ricevere la massimaattenzione degli addetti fin dal momento in cui viene posto in essere. Tutta-via, tale maturazione della professione non deve farci illudere che questaconcezione sia un valore ampiamente condiviso anche da coloro che a variotitolo sono i produttori degli archivi correnti, ancora e sempre più frequen-temente caratterizzati da profondo degrado e incuria, indotti anchedall’ampia e rapida trasformazione della P.A., specie negli ultimi dieci-dodici anni, a motivo di una mancata strategia della conservazione e dellaselezione.

Tutto questo, però, ha creato una vistosa dicotomia tra una parte degli ar-chivisti, finalmente disposti ad estendere - anche oltre ciò che la normativavigente impone - con intelligente continuità le loro competenze anchenell’ambito degli archivi correnti e coloro che, pur operando nella P.A. eusufruendo degli archivi per l’esercizio delle funzioni che caratterizzano laloro “missione”, non rilevano l’importanza di opportune scelte di fondazio-ne, di tutela e di salvaguardia degli archivi in formazione.

La relazione, di conseguenza, considera come la rivoluzione informatica,se da un lato, ha significato uno scossone e uno stimolo forte per gli archivi-sti, costretti anche loro malgrado ad un rapido aggiornamento, e, a difenderela loro professione su questo nuovo banco di prova, ha, dall’altro, ingene-rato una fin troppo facile illusione che le nuove tecnologie possano risolveregli annosi problemi dell’inflazione cartacea e governare e gestire automati-

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camente gli archivi correnti, rifiutando in modo acritico i pilastridell’archivistica.

Da parte degli archivisti, inoltre, dovrà attuarsi un progressivo rinnova-mento delle loro competenze, poiché verranno sempre più frequentementechiamati alla soluzione di problemi che hanno a che vedere, non solo con lacreazione di sistemi complessi di gestione degli archivi digitali in formazio-ne, ma con la loro conservazione nel tempo, non trascurando tuttavia le si-tuazioni e le problematiche connesse agli archivi nati su supporto cartaceo,per i quali vanno adottate soluzioni altrettanto vitali in termine di selezionee di conservazione adeguate.

Sul fronte, poi, degli archivi storici e dei complessi documentari conser-vati nei vari istituti, statali e non, si dovranno individuare nuovi metodi diaccesso al vasto patrimonio nazionale, del suo utilizzo e della sua fruizioneampia e articolata, che tenga conto delle profonde modifiche delle utenze edei servizi che al pubblico, anche episodico e casuale, un archivio può ero-gare.

Tali prospettive aprono, infine, uno scenario in cui gli archivisti dovran-no trovare e accogliere forme di collaborazione nuove con altre professio-nalità al fine di prevenire i danni, conservare e valorizzare le carte che co-stituiscono il patrimonio storico del nostro Paese, forse il più rilevantequantitativamente e qualitativamente del mondo.

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MICHELE TOSCHI

Cartesio e le lezioni americane di Calvino.Presentazione draft del massimario di selezione

per gli archivi delle università italiane

Nelle celebri Lezioni Americane Italo Calvino proponeva che la letteratu-ra conservasse sei valori per affrontare il prossimo millennio (ormai inizia-to):q Leggerezza,q Rapidità,q Esattezza,q Visibilità,q Molteplicità,q Consistenza.

Colpisce e stupisce si tratti di qualità che vanno ben oltre il discorso poe-tico letterario. I valori individuati da Calvino possono tranquillamente esse-re condivisi da uno studioso di organizzazioni complesse e, con buona pro-babilità, da un teorico di scienza dell’amministrazione.

Pensate all’importanza di elementi quali la leggerezza, la rapidità, lamolteplicità, la visibilità, la molteplicità e la consistenza, nel determinare ilsuccesso di progetti di innovazione della pubblica amministrazione.

Il progetto Cartesio, sia pur in modo inconsapevole, ha qualità che asso-migliano sorpendentemente a quelle indicate dal celebre scrittore. Vorrà direche segue la strada giusta per affrontare il prossimo millennio?

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MONICA MARTIGNON

Le Conclusiones de las VIII Jornadas de archivos universitarios acura della Conferencia de Archiveros de Universidades Españolas

Mi è stato affidato il compito di chiudere le sessioni di lavoro di questa 4ªConferenza organizzativa degli archivi delle università italiane con la pre-sentazione delle conclusioni cui sono pervenuti i colleghi spagnolinell’ambito delle VIII Jornadas de archivos universitarios svoltesi a Valen-cia nel giugno del 2002.

Il documento prodotto dai nostri colleghi sintetizza quegli stessi principiche costituiscono il fondamento teorico dell’attività pratica che si svolgequotidianamente negli archivi delle università italiane che partecipano alprogetto Titulus 97.

È importante sottolineare come questa non sia solo una felice coinciden-za ma rappresenti il frutto di un rigoroso percorso scientifico che confermaulteriormente la correttezza e la solidità dello standard archivistico attual-mente adottato dalla maggior parte delle università italiane.

Ma vediamo nel dettaglio i punti fondamentali enucleati nel documentodei colleghi spagnoli:1. L’archivio è unico; infatti è un servizio universitario che tratta tutti i do-

cumenti, di qualsiasi natura, età e su qualsivoglia supporto nell’ambitodi un sistema di gestione unico la cui finalità principale e consentirnel’accesso e nello stesso tempo di contribuire alla razionalizzazione e allaqualità del sistema.

2. Il Servizio di archivio è inserito nella struttura di governodell’università, specificatamente la direzione amministrativa che, inquanto organo di gestione, presiede e governa gli istanti gestionali attra-verso la gestione dei documenti nella loro interezza.

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3. Il servizio di archivio tratta altresì tutti i documenti, compresi i docu-menti elettronici. Inoltre, per migliorare l’efficienza gestionale, adottatutte le moderne tecnologie ritenute opportune e necessarie.

4. L’archivio è il luogo deputato ad assolvere agli obblighi di conservazio-ne e messa a disposizione del patrimonio documentale delle università.

5. Tali obblighi normativi e culturali possono essere svolti più efficace-mente ed efficientemente in presenza di un sistema generale di gestionedel patrimonio documentale.

6. Infine, viene segnalata l’importanza di un sistema integrato di gestionedocumentale ancor più nella delicata fase di passaggio dall’archivio cor-rente a quello storico (fase intermedia) che vede svolgersi le fondamen-tali operazioni di selezione.

I punti enucleati dai colleghi spagnoli ci vedono in sintonia e consentonospazi di lavoro, ma soprattutto spazi di confronto che allargheranno il pano-rama nazionale di confronto: forse, la prossima conferenza non sarà degliarchivi delle università italiane ma, perché no, latine?

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CONCLUSIONES DE LAS VIII JORNADASDE ARCHIVOS UNIVERSITARIOS

1. Ante la elaboración de los nuevos estatutos, la Conferencia de Archive-ros de las Universidades Españolas informa a las Universidades sobre lainclusión de los archivos y documentos en los nuevos Estatutos, a travésdel documento que se ha aprobado en estas VIII Jornadas de ArchivosUniversitarios, como recomendaciones de carácter general, cuyos puntosesenciales se reseñan:

- El archivo es un servicio universitario que integra todos los docu-mentos de cualquier naturaleza, época y soporte material, en el mar-co de un sistema de gestión único, y cuya finalidad es proporcionaracceso a la documentación para todos los miembros de la comunidaduniversitaria y contribuir a la racionalización y la calidad del sistemauniversitario.

- El servicio de archivo está adscrito a un órgano de gobierno, prefe-rentemente el secretario general, que, por sus competencias en lamateria, incide directamente en todos los documentos y archivos dela universidad.

- El servicio de archivo incorpora los documentos electrónicos y parti-cipa en los procesos de implantación de las Tecnologías de la Infor-mación y Comunicación (TIC), con las técnicas y métodos adecua-dos a tal fin.

2. Queremos recordar a las autoridades académicas la obligación de con-servar, custodiar y hacer accesible el patrimonio documental de las uni-versidades por la propia institución con sus medios, en cumplimiento dela legislación vigente.

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3. Asimismo, hacemos constar las carencias que en materia de recursoshumanos, económicos y materiales básicos siguen teniendo los serviciosde archivos universitarios para ejercer sus funciones y resolver conmayor calidad y eficacia las tareas que tienen encomendadas estos servi-cios.

4. Finalmente, manifestamos nuestro interés y preocupación en el estudio yselección de Sistemas de Gestión de Archivo y Documentos Integradosque cumplan los requerimientos esenciales para dar cumplimiento a lanecesaria automatización de los servicios de archivos universitarios.

València, 14 de juny de 2002.