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Università degli Studi di Pisa
FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia e Biotecnologie
ADHD E DISTURBO BIPOLARE NELL’ADULTO
Relatore Candidato Chiar.mo Prof. Giulio Perugi Dott. Luigi Piz
Specializzazione in Psichiatria
a.a. 2010 / 2011
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INDICE Introduzione pag 3 Cenni storici pag 5 Disturbo Bipolare pag 8 Epidemiologia pag 11 Genetica pag 14 Neuroimaging pag 15 Diagnosi pag 16 Comorbidità pag 18 ADHD e Disturbo Bipolare pag 19 Obiettivi dello studio pag 21 Materiale e metodo pag 22 Analisi statistica pag 24 Risultati pag 25 Discussione pag 29 Limitazioni pag 34 Conclusioni pag 35 Bibliografia pag 37 Tabelle pag 78
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INTRODUZIONE
La maggior parte dei pazienti con Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività
(ADHD) e Disturbo Bipolare (DB) in età infantile, continua a presentare il disturbo
durante l’adolescenza e l’età adulta. L’associazione fra le due patologie è correlata a
grave compromissione del funzionamento e alto tasso di comorbidità, rispetto a
soggetti con solo il DB. Anche le forme subsindromiche di Disturbo Bipolare sono
associate ad alti livelli di disadattamento e morbilità (Wozniak et al 2011).
La relazione fra Disturbo Bipolare e Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività
(ADHD) non è ancora chiara. Tre modelli hanno tentato di spiegare questa relazione
(Donfracesco et al 2011):
1) i sintomi di ADHD sono i prodromi al DB
2) DB e ADHD sono disturbi distinti ma presentano alcuni sintomi simili
3) Nel DB una disfunzione dei meccanismi affettivi e cognitivi di base può
causare sia disturbi temperamentali che sintomi clinici di ADHD
Evidenze scientifiche sottolineano come la comorbidità fra DB e ADHD abbia una
forte e specifica base biologica (Biederman et al., 2008; Pavuluri et al., 2009; Lopez-
Larson et al., 2009). L’associazione dei due disturbi è rilevante dal punto di vista
prognostico e terapeutico (Donfrancesco et al.,2011)
L’ADHD è caratterizzato da distraibilità, iperattività, deficit di memoria,
impulsività e/o disattenzione in relazione al sottotipo preso in considerazione. Il suo
impatto sulla qualità di vita è considerevole e molti pazienti affetti presentano
condizioni socio economiche disagiate e compromissione del funzionamento globale
(bassi livelli di scolarizzazione, alto tasso di disoccupazione, divorzio, rischio
d’incidenti stradali e criminalità) (Biederman et al., 2006).
Il disturbo è stato a lungo considerato una malattia dell’infanzia e adolescenza.
Infatti esordisce in età infantile prima dei sette anni di età, evolve durante l’età
adolescenziale e tende ad attenuarsi con la maggiore età. Tuttavia, l’ADHD persiste
dopo l’adolescenza nel 50-80% dei casi (Zametkin et al., 1995; Torralva et al., 2010)
ed è relativamente comune anche nell’adulto dove raggiunge una prevalenza del 5%
(Klassen et al 2010).
Nei bambini il disturbo è spesso caratterizzato da iperattività e impulsività, mentre
negli adulti si esprime attraverso differenti caratteristiche cliniche. Si riscontrano
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infatti con maggiore frequenza i deficit cognitivi, in particolar modo quelli attentivi,
mentre l’iperattività tende ad attenuarsi e/o a sostituirsi con l’impulsività (Karam et al
2008). Anche la comorbidità varia in base al periodo di vita, negli adulti prevalgono
disturbi quali: i Disturbi d’Ansia, i Disturbi da Uso di Sostanze e i Disturbi dell’Umore.
(Fischer et al 2007, Kessler et al 2006, Chokka 2010)
Come osservato nello studio Milwaukee (Barkley et al 2002), la fonte d’informazione
può giocare un ruolo chiave nella diagnosi di ADHD. Se ci si basa sul racconto del
genitore, il disturbo è riconosciuto 5-9 volte in più rispetto all’indagine diagnostica
effettuata direttamente con il paziente. (Simon 2009)
Gli strumenti che rilevano l’ADHD nei bambini sono validati ma la diagnosi
nell’adulto resta una sfida (Barkley 2009). I criteri del DSM-IV non riconoscono il
disturbo se non è soddisfatto un numero soglia di sintomi, pari a 7, e se l’età
d’insorgenza è superiore ai 7 anni (Faraone 2006). Tali criteri non considerano
adeguatamente l’evoluzione clinico-sintomatologica dell’ADHD in età adulta e non
ne valutano l’impatto sull’adattamento globale del soggetto che ne soffre. I medici
raramente indagano questa sfera psicopatologica, focalizzandosi su i disturbi
concomitanti ritenuti di maggior rilievo (Goldstein 2009). Molti sintomi di ADHD sono
erroneamente attribuiti ad altri disturbi psichiatrici e non trattati adeguatamente, e ciò
è attribuibile al carattere aspecifico della sintomatologia tipica dell’ADHD (Karam et
al 2008).
Nel paziente con Disturbo dell’Umore, alcuni sintomi di ADHD quali disattenzione,
labilità emotiva, impulsività sono sovrapponibili al Disturbo Bipolare, rendendo più
complessa la diagnosi differenziale. Da ciò deriva che i pazienti sono spesso sotto-
diagnosticati e non trattati. (Chokka, 2010; Halmoy, 2010). La comorbilità fra ADHD
e Disturbo Bipolare è associata a un decorso più grave, sintomi affettivi accentuati e
bassi livelli di funzionamento. Infine i pazienti con ADHD e Disturbo Bipolare hanno
una compromissione significativa nel funzionamento e risposte peggiori ai
trattamenti se comparati a gruppi di pazienti con solo ADHD o Disturbo Bipolare
(Klassen 2010).
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CENNI STORICI SULL’ADHD
La storia dell’ADHD ha inizio agli albori del XX secolo quando venne riscontrata in
alcuni bambini una sindrome comportamentale come esito della pandemia di
encefalite di Von Economo. La fenomenica comprendeva sintomi di agitazione,
difficoltà nell’apprendimento, incoordinazione, aggressività ed impulsività.
Da allora questi bambini impulsivi vennero ritenuti affetti da “ danno cerebrale
minimo ” (anche in assenza di comprovato danno cerebrale), da “ disfunzione
cerebrale minima ” (benchè un’anomalia neurologica conclamata produca
disfunzioni simili), da “sindrome ipercinetica “ (DSM-II, 1968) (sebbene non siano
coinvolti i soli sistemi motori), e da “ sindrome da iperattività “ (sebbene il 50% di tutti
i maschi “ normali ” sia considerato iperattivo da genitori ed insegnanti). Sono stati
anche utilizzati termini quali "deficit percentuale", "deficit d'integrazione
psiconeurologica", "disturbo dell'impulso dell'iperattività" e "sindrome del bambino
iperattivo” (Arnold e Jensen, 1995).
Per quanto riguarda la storia dell'ADHD in quanto “disturbo dell'età adulta”, esistono
meno riferimenti (Barkley, 2008). Anche se l'interesse collettivo sul disturbo in età
adulta è stato richiamato dal bestseller “Driven to Distraction” (Hallowell e Ratey,
1994), lavori clinici e scientifici supportano l'esistenza di una “ versione adulta” dell'
ADHD da almeno 40 anni, per non dire da almeno un secolo (Barkley, 2008). E'
stato George Still a formulare per primo l'ipotesi che gli adulti possano essere affetti
da ADHD come conseguenza di una cronicizzazione della sintomatologia
disattentiva ed iperattivo-impulsiva presente sin dall'infanzia (Barkley, 2008). I primi
importanti dati a sostegno dell'ipotesi di Still risalgono alla fine degli anni sessanta,
ovvero a studi che dimostravano la persistenza dei sintomi di iperattività e di
“minimal brain damage” in molti soggetti adulti (Mendelson et al., 1971).
Successivamente altri autori hanno dimostrato come i genitori di bambini iperattivi
fossero stati a loro volta iperattivi in età infantile. Da adulti erano più spesso affetti
da sociopatia, isteria e alcolismo (Cantwell, 1975; Stewart e Morrison, 1973).
Harticollis (1968) ha sostenuto come l'ADHD possa essere il risultato dell'interazione
tra un difetto cognitivo congenito ed un'educazione particolarmente esigente e
perfezionista da parte dei genitori. Circa un anno dopo, Quitkin and Klein (1969)
reclutarono 105 pazienti presso l'Hillside Hospital di New York per valutare i sintomi
comportamentali da danno cerebrale.
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Shelley e Reister, negli anni settanta (1972), hanno evidenziato in un gruppo di
pazienti affetti da ADHD la presenza di deboli segni di disturbi neurointegrativi quali
goffaggine motoria, difficoltà nel mantenere l'equilibrio, lateralità confusa, e
problematiche di coordinazione. Nello stesso periodo, Anneliese Pontius (Pontius,
1973), propose una disfunzione del lobo frontale e del caudato alla base del disturbo
e Morrison e Minkoff (Morrison e Minkoff, 1975)osservarono la persistenza del
disturbo nell'età adulta.
Risale al 1976 la prima osservazione sull'efficacia degli psicostimolanti
(metilfenidato) nel trattamento dell'ADHD nell'adulto (Wood, et al., 1976). La
scoperta venne realizzata attraverso uno studio a doppio cieco controllato con
placebo. Altre indagini condotte negli anni settanta e nelle decadi successive hanno
confermato l'efficacia di psicostimolanti e antidepressivi.
A Paul Wender (Wender, 1995) si deve lo sviluppo dei criteri diagnostici dell'ADHD
nell'adulto. È stato il primo ad evidenziare come i criteri del DSM-II prima (1968) e
del DSM-III poi (1980) non fossero appropriati per i pazienti adulti. Sviluppò i criteri
di UTAH per la diagnosi. Anche i criteri elaborati da Wender mostravano elementi di
criticità dal momento che escludevano dalla diagnosi di ADHD le comorbidità con
depressione maggiore, psicosi, o gravi disturbi di personalità. Seguendo detti criteri
l’ADHD non verrebbe diagnosticato in un numero significativo di pazienti, che invece
trae beneficio dal trattamento (Barkley, 2008). Altri studi (Barkley et al., 2006;
Fischer et al., 2002; Murphy e Barkley, 1996) indicano come una percentuale
significativa di bambini e di adulti con ADHD sia affetta da depressione maggiore o
distimia (22-27%) e disturbi di personalità (11-24%) sin dall'infanzia (Barkley, 2008).
Per questo, i criteri di UTAH sono sottoutilizzati a favore del DSM-IV.
Il primo studio di neuro-imaging in soggetti adulti con ADHD, condotto da Zamektin
(Zametkin et al., 1990) ebbe importanza storica. Dai risultati emergeva una riduzione
globale del metabolismo cerebrale negli adulti iperattivi, in particolare a carico della
corteccia premotoria e prefrontale superiore. Grazie a questo lavoro, a partire dai
primi anni ’90, l'ADHD è stato riconosciuto come un disturbo psichiatrico dell'adulto
(Spencer et al., 1994).
È da tenere in considerazione inoltre l’evoluzione dei trattamenti del disturbo. La
terapia non-stimolante a base di atomoxetina, è stata studiata in migliaia di adulti in
trials clinici randomizzati e controllati contro placebo (Spencer et al., 1998).
Successivamente il metilfenidato e i sali misti di amfetamine si sono dimostrati
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efficaci negli adulti (Spencer et al., 2001; Spencer et al., 2005). Questi farmaci, al
pari dell'atomoxetina, hanno ricevuto l'approvazione nel trattamento dell'adulto dalla
Food and Drug Administration.
Per quanto riguarda i trattamenti psicologici, Safren e colleghi prima (Safren et al.,
2005) e Ramsey e Rothstein poi (2007) hanno proposto un programma cognitivo
comportamentale specifico per gli adulti con ADHD.
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DISTURBO BIPOLARE
Il Disturbo Bipolare (DB) è una categoria nosografica che racchiude in sé differenti
disturbi dell’umore caratterizzati da uno o più episodi maniacali, ipomaniacali o
depressivi. I soggetti colpiti da episodi maniacali spesso presentano anche fasi o
sintomi depressivi, oppure possono manifestare uno stato misto connotato da
elementi depressivi e di elazione. Anche se gli episodi sono spesso separati da
periodi intervallari liberi da malattia, in alcuni pazienti depressione e mania possono
alternarsi senza soluzione di continuo.
Oggi il BD rappresenta una problematica di salute pubblica di notevole entità: ha
una prevalenza che si attesta intorno all’1 % per il BD di tipo I fino al 5 % del DB tipo
II e più ancora se si considera lo spettro del disturbo (Kent, and Craddok, 2003;
Wingo and Ghaemi, 2007; Akiskal et al. 2000). Tuttavia occorre cautela nel
comparare gli studi epidemiologici, considerando i metodi ed i criteri diagnostici
utilizzati. La prevalenza di episodi maniacali (DB tipo I) in Europa và dallo 0.1 all’1,8
% e l’incidenza del DB I e II è dell’ 1%. Più del 90% dei pazienti presenta una
ricaduta lifetime, spesso entro i 2 anni dall’esordio, con conseguenze gravi.
Il DB può comportare grave impatto sulla salute ed invalidità. La malattia, infatti, ha
un considerevole impatto su funzionamento e qualità della vita del paziente
(Nieremberg et al.,2005; Sentissi et al., 2008; Biederman et al., 1997; Brown, 2006).
Tradizionalmente il BD è stato descritto come una condizione a carattere episodico.
L’aggettivo bipolare suggerisce la presenza di due fasi: la depressiva e la
maniacale. La fase espansiva (maniacale) è caratterizzata da labilità emotiva,
spiccata loquacità e spinta a parlare, distraibilità, aumento delle attività finalizzate,
agitazione psicomotoria, e perdita delle normali inibizioni sociali. Nondimeno, i
pazienti affetti da BD, possono sperimentare una riduzione del bisogno di sonno,
sintomi psicotici, allucinazioni ed una esagerata autostima, sintomi che peraltro non
sono caratteristici dei soggetti affetti da ADHD.
La diagnosi di disturbo bipolare nell’infanzia è controversa: alcuni autori sostengono
l’estrema rarità della diagnosi nel bambino, altri sostengono come questa condizione
sia sotto diagnosticata e misconosciuta in età infantile (Kent and Costello et al.,
1996). La forma ad esordio nell’infanzia e quella adulta differiscono sul piano clinico,
evidenziando nei bambini umore costantemente e non ciclicamente irritabile, come
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accade nell’adulto. Quando i sintomi sono accettati come segno di BD nel bambino
e nell’adolescente la prevalenza raggiunge lo 0.3 % (Kent and Craddok, 2003).
A partire dalla decade passata è cominciata un’accesa discussione circa
l’associazione di ADHD e BD e da allora la loro potenziale relazione negli adulti e
nei bambini è stata abbondantemente discussa in letteratura. La radice di tale
interesse è consiste nell’elevato tasso di associazione tra i due disturbi. Sachs et al.
(2000) hanno proposto quattro ipotesi che possono aiutare a spiegare la
coesistenza dei sintomi di mania e di ADHD:
La comorbidità è un fenomeno fortuito.
La comorbidità è un artefatto imputabile alla sovrapponibilità dei criteri.
La comorbidità è dovuta ad una comune diatesi che rende i pazienti vulnerabili ad
entrambe le malattie.
I sintomi di ADHD che precedono l’esordio di BD rappresentano un espressione pre-
puberale di malattia, antecedente all’insorgenza di un vero e proprio episodio
affettivo.
Nel DSM-IV i sintomi più gravi di ADHD e BD si sovrappongono e ciò ovviamente
complica la diagnosi nei soggetti che presentano entrambi i disturbi (Kent and
Craddok, 2003; Wingo and Ghaemi, 2007). Un unico studio ha valutato che l’alta
percentuale di correlazione fosse dovuta alla sovrapposizione dei sintomi. Milberger
et al. (1995) hanno utilizzato due differenti metodi per studiare la corretta
percentuale di comorbidità. Essi tengono conto della sovrapponibilità di alcuni criteri
diagnostici: il metodo della sottrazione e quello della proporzione. Il primo propone di
rimuovere tutti i sintomi comuni. Utilizzando questo nuovo strumento, il 79 % ed il
64% dei soggetti ADHD/DB mantiene la propria diagnosi di ADHD e BD
rispettivamente. Il metodo proporzionale invece è meno conservativo e
rispettivamente l’86 % e 93 % dei pazienti mantiene una diagnosi esclusivamente di
ADHD o BD. Questi dati confermano che la sovrapponibilità dei sintomi all’interno
del DSM-IV non è responsabile dell’elevata percentuale di comorbidità descritta in
letteratura.
Sorgono inoltre perplessità riguardo la metodologia utilizzata negli studi. Pochi
hanno esaminato entrambe le condizioni simultaneamente. Inoltre gli strumenti con
cui viene posta diagnosi ADHD sono eterogenei. Alcuni utilizzano l’autovalutazione,
altri diagnosticano retrospettivamente l’ADHD dell’infanzia nell’adulto. In secondo
luogo i criteri diagnostici per l’ADHD sono basati sui sintomi presenti nell’infanzia,
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mentre il BD è maggiormente conosciuto nell’età adulta. Ciò rende difficoltoso
stabilire un legame tra due condizioni descritte in differenti stadi di sviluppo.
In terzo luogo, la maggior parte degli studi si basa su indagini condotte in ambito
clinico. Conseguentemente, è da tenere presente il bias di Berkson per il quale i
pazienti che cercano aiuto dallo specialista tendono a presentare più comorbidità
rispetto alla popolazione generale (Nieremberg et al.,2005;Brkson, 1946).
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EPIDEMIOLOGIA
L’ADHD è un disturbo a prevalenza elevata, si stima che ne sia affetto il 3-7% dei
soggetti in età scolare (APA, 2000). Per gli adulti esistono pochi dati, tuttavia,
indagini epidemiologiche recenti come il National Comorbidity Survey, condotto su
una popolazione adulta di 10,000 soggetti, indicano una prevalenza del 4,4%
(Kessler e coll. 2006).
Seguendo una precisa definizione fornita dai criteri diagnostici del DSM-IV-TR uno
screening per ADHD su 966 adulti rivela un tasso di prevalenza del disturbo pari a
2,9%. Se si considerano i soggetti con disturbi sottosoglia, che non soddisfano
pienamente i criteri per la diagnosi, il tasso di prevalenza cresce al 16,4% (Faraone
et al. 2005).
In generale, il 50-70% degli adolescenti con ADHD continua a manifestare sintomi in
età adulta (Harpin et al., 2005; Hechtman et al., 2000), e il 66% degli adulti con una
diagnosi di ADHD in età scolare ha almeno un sintomo clinicamente significativo e
responsabile di disabilità (Weiss e coll. 1993).
Uno studio condotto nel Nord America ha valutato l’influenza dell’ADHD sulle
manifestazioni cliniche, decorso, comorbilità, prognosi e trattamento su pazienti
affetti da Disturbo Bipolare e Depressione Maggiore. Il campione composto da 399
pazienti adulti reclutati presso il Mood Disorders Psychopharmacology Unit at the
University Health Network, University of Toronto, Ontario, Canada, ed il Cleveland
Clinic Center for Mood Disorders Treatment and Research Lutheran Hospital,Ohio fra
il Gennaio 2008 e il Gennaio 2009 è stato valutato con il Mini-International
Neuropsychiatric Interview-Plus (MINI-Plus) per ricavare la diagnosi secondo DSM-
IV; Adult ADHD Self-Report Scale-v1.1 e Wender Utah Rating Scale-Short Form per
valutare la presenza di ADHD.
Le percentuali di soggetti affetti da Depressione Maggiore (DM) con ADHD erano
5.4% mentre gli affetti da Disturbo Bipolare (DB) presentavano comorbilità con ADHD
nel 17.6% dei casi (P < .001). In entrambi i gruppi la comorbidità con ADHD si
associa a esordio precoce (MDD, P = .049; bipolar disorder, P = .005), ad alto tasso
di comorbidità (es: DM e Disturbo di Panico[P = .002]; DB e Ansia Sociale [P =
.012]), e una ridotta qualità di vita (MDD, P = .018) (McIntyre R. S. et al 2010 ).
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L’ADHD è associato a numerose malattie psichiatriche. Nei bambini la comorbidità
prevalente è il Disturbo Oppositivo-Provocatorio (40,6 %) (Elia et al 2008)
specialmente nel sottotipo combinato e iperattivo-impulsivo. Secondo alcuni autori la
comorbidità con il Disturbo Bipolare in età infantile è rara (nessun caso rilevato in uno
studio su 4500 bambini americani) (Costello et al 1996). In altri studi la presenza di
Disturbo Depressivo –Distimico (21,6 %) e Disturbo d’Ansia Generalizzata (15,2 %)
insieme ad ADHD era piuttosto comune.
Negli adulti è stato riportato che almeno 80 % degli affetti da ADHD abbia almeno un altro
disturbo psichiatrico lifetime. (Fischer et al 2007) La comorbidità è la regola piuttosto che
l’eccezione. (Masi et al 2006)
Il Disturbo Depressivo è la condizione più frequente (prevalenza dal 24,4 % al 31 %),
mentre i disturbi d’Ansia, la cui prevalenza nella popolazione generale è del 20 %, hanno
un tasso di comorbidità fino al 47 % (Kessler et al 2010). Il 65 % degli adulti con ADHD e
Disturbo Bipolare hanno anche un Disturbo d’Ansia. (Tamam et al 2008)
Altra importante comorbilità è rappresentata dai Disturbi da Uso di Sostanze; i pazienti
possono assumere alcol, droga o nicotina come forma di automedicazione. (Ohlmeier et al
2007) In uno studio condotto su etilisti, il 23,1 % soddisfaceva i criteri DSM IV per ADHD
nell’infanzia. (Ohlmeier et al 2007) Nello stesso studio il 76,2 % dei pazienti con ADHD
assumeva forti quantitativi di Nicotina, contro il 45,7 % degli etilisti senza ADHD. Questo ci
fa capire come chi è affetto da ADHD sia maggiormente sospinto verso le sostanze non
solo rispetto alla popolazione generale ma anche rispetto agli altri pazienti psichiatrici
(Ohlmeier et al 2007)
I maschi con ADHD sono maggiormente predisposti verso l’uso di sostanze rispetto alle
femmine. Le donne sono più soggette a episodi depressivi e disturbi alimentari.(Sobanski
et al 2007)
Il Disturbo da Uso di Sostanze (SUD) è ampiamente diffuso, si stima che il 27%
della popolazione adulta ne sia affetto (Kandel e coll. 1997), e di questi, il 15-25%
mostra sintomi di ADHD (Wilens, 2004). Schubiner e coll. (2000) hanno valutato che
il 29% di un campione di 201 pazienti in trattamento per un SUD, aveva l'ADHD, e
due terzi presentava anche un Disturbo della Condotta. In uno studio (Levin e
coll.1998) risulta che il 10% di soggetti con dipendenza da cocaina soddisfaceva
strettamente i criteri per ADHD (presenza di sintomi da bambino e da adulto)
mentre, un altro 11% manifestava tali sintomi solo in età adulta. Di converso l'ADHD
rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di un SUD. Dal confronto di 120
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adulti con ADHD versus 268 adulti senza ADHD (con un età media di 40 anni),
emerge un tasso di SUD lifetime del 52% nei pazienti con ADHD e del 27% in quelli
senza ADHD (Biederman 1995). Risultati simili sono stati riscontrati anche da
Shekim e coll. (1990). Studi ulteriori (Wilens 1998, 2003) confermano che adulti con
ADHD in comorbidità con Disturbo Bipolare o Disturbo della Condotta hanno un
rischio maggiore di andare incontro a un SUD. E inoltre, mostrano un esordio più
precoce rispetto agli adulti con solo l'ADHD.
Il SUD in un soggetto affetto da ADHD, oltre ad esordire più precocemente, rispetto
ai soggetti senza ADHD, ha una maggiore durata e una più rapida progressione
dall'uso di alcol ad altre sostanze. Infine, le ricerche sulla relazione tra l'uso di
stimolanti nel trattamento dell'ADHD e l'aumentato rischio di sviluppare un SUD,
hanno condotto a risultati contrastanti.
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GENETICA
Studi familiari, sui gemelli, sugli adottivi e di genetica molecolare sono concordi nel
mostrare un’ereditarietà dell’ADHD di circa il 70%, che è uno dei valori più alti tra i
disturbi psichiatrici (Biederman, 1995; Hudziak e coll. 1998; Faraone, 2004).
Studi su soggetti in età adulta e pediatrica hanno indicato il coinvolgimento di
diverse aree del DNA soprattutto correlate al funzionamento del sistema
dopaminergico: il gene per il recettore D2 della dopamina, il gene per la dopamina-
idrossilasi, il gene per il trasportatore della dopamina, il gene SNAP25, il gene per il
recettore D4 della dopamina e altri (Faraone S.V. 2002). Le ricerche si sono in
passato focalizzate sul ruolo del recettore D4 per la sua potente risposta alla
norepinefrina e alla dopamina (Lanau F. e coll. 1997), neuro-trasmettitori
probabilmente coinvolti nella fisiopatologia dell'ADHD.
Recentemente, molti studi hanno preso in considerazione la variabilità genetica dei
recettori endocannabinoidi (CNR1,CNR2) e la relazione con disturbi psichiatrici e
uso di sostanze. Il CNR1 è associato ad uso di cannabis, alcohol e dipendenza da
sostanze (Proudnikov et al., 2010) a Disturbo Bipolare e Depressione Maggiore
(Monteleone et al., 2010) e scarsa risposta ai farmaci antidepressivi (Domschke et
al., 2008). Da un recente studio condotto a Pisa emerge una significativa
associazione fra CNR2 524C>A e Disturbo Bipolare. Il polimorfismo di un singolo
nucleotide cambia l’aminoacido Leucina con l’Isoleucina e può far perdere stabilità al
recettore trans membrana accoppiato a proteina G (Minocci et al., 2011).
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NEUROIMAGING
In letteratura è ben documentata la presenza di anomalie strutturali e funzionali del
cervello alla base della fisiopatologia dell'ADHD nei bambini e negli adulti (Epstein e
coll. 1997 e Johnson e coll. 2001). Ciò è stato rilevato attraverso indagini TAC e
RMN. Il reperto più comunemente descritto è un volume ridotto della corteccia
frontale, del cervelletto e delle strutture subcorticali (Seidman 2004). In uno studio
eseguito con la PET su adulti con ADHD, Zametkin e coll. (1990) hanno evidenziato
un ridotto metabolismo del glucosio nella corteccia premotoria e nella corteccia
prefrontale superiore. Altri studi di neuroimaging documentano la centralità delle
strutture subcorticali (caudato, putamen e globo pallido) che sottendono a varie
funzioni tra cui il controllo motorio, l'inibizione del comportamento e la modulazione
del meccanismo di reward. Inoltre è stato descritto che adulti con ADHD mostrano
una minore attivazione del giro del cingolo anteriore rispetto ad adulti senza ADHD
(Seidman e coll. 2004). Infine le ultime ricerche sono rivolte allo studio dello striato
dove è stato osservato un aumento di densità del trasportatore della dopamina, sito
di legame degli psicostimolanti impiegati nella cura dell'ADHD (Krause e coll. 2000).
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DIAGNOSI
I criteri del DSM-IV-TR (tabella 1) per la diagnosi di ADHD sono argomento di
controversie quando applicati all’adulto. Validati unicamente su bambini ed
adolescenti, questi criteri, quando vengono estesi anche agli adulti, mostrano alcuni
limiti di sensibilità e specificità.
Il Criterio A impone la presenza di almeno 6 sintomi di disattenzione e/o di
iperattività-impulsività per almeno 6 mesi. Il Criterio B colloca l’età di esordio
sintomatologico sotto i 7 anni. Il Criterio C indica la presenza di disadattamento in
almeno due aree (lavoro, scuola, famiglia). Molti Autori (Heiligenstein e coll. 1998;
Barkley 2006) sottolineano che il pattern sintomatologico dell’adulto affetto da ADHD
spesso si modifica nel tempo ed è per lo più caratterizzato dall’attenuazione di alcuni
sintomi e dalla cronicizzazione di altri. Inoltre la sovrapposizione di altre patologie
psichiatriche come disturbi d’ansia, dell’umore e da uso di sostanze, mascherano
spesso il deficit di attenzione e l’impulsività favorendo una sottostima del disturbo.
Infine le problematiche che i pazienti incontrano in età adulta riguardano contesti e
situazioni (matrimonio, figli, lavoro) diversi da quelli dell’età evolutiva, che hanno un
impatto emotivo e pratico differente. Per queste ragioni da diversi Autori (Murphy e
coll. 1996; Faraone e coll. 2000) è stata sollevata la necessità di criteri diagnostici
specifici in base all’età del soggetto, validati da studi eseguiti esclusivamente su
adulti.
Secondo il DSM-IV-TR si distinguono tre sottotipi di ADHD: ADHD-C (combinato,
dove sono presenti entrambi i sintomi d’inattenzione e d’iperattività-impulsività);
ADHD-I (dove predominano i sintomi di inattenzione); ADHD-H (dove predominano i
sintomi di iperattività-impulsività); tra gli adulti, il sottotipo più rappresentato è
l’ADHD-I (Erk, 2000). Ovvero i sintomi d’iperattività-impulsività tendono ad attenuarsi
nel tempo, mentre i sintomi d’inattenzione tendono a persistere.
Un altro limite è rappresentato dal fatto che, se verosimilmente i criteri del DSM-IV
sono poco adattabili alla diagnosi nell’adulto, allora, gli studi di ricerca che li
adottano, escludono dei potenziali casi di ADHD che non soddisfano più pienamente
i criteri pur manifestando disadattamento in vari ambiti. E’ stato osservato, infatti,
come la presenza di almeno 6 sintomi di inattenzione e/o iperattività-impulsività, sia
un criterio eccessivamente restrittivo e scarsamente realistico nella popolazione
17
adulta. Per tale motivo in letteratura si trovano molti studi che adottano sistemi
diagnostici alternativi quali la Utah criteria for adult ADHD proposta da Wender
(Tabella 2).
Ulteriori difficoltà emergono nella diagnosi differenziale tra l’ADHD nell’adulto
ed altri disturbi mentali quali Disturbi dell’Umore, Disturbi di Personalità (borderline e
antisociale), Disturbi da Uso di Sostanze. La sovrapposizione dei sintomi dei vari
quadri clinici, la comorbidità elevata e la mancanza di linee-guida da seguire per una
corretta diagnosi differenziale complicano l’inquadramento del disturbo.
In età evolutiva è solitamente suggerito un approccio diagnostico a più livelli
attraverso interviste cliniche semistrutturate, anamnesi familiari, test
neuropsicologici, scale di valutazione del comportamento per il paziente e per i
genitori. Nell’adulto possono essere somministrate scale di autovalutazione. Sono
generalmente somministrate scale di autovalutazione sul comportamento come la
Conner’s Adult ADHD Rating Scales (CAARS) e la Wender Utah Rating Scales
(WURS) o altre che necessitano della presenza di un familiare come la ADHD
Rating Scales-IV. L’uso di test neuropsicologici (Stroop tasks e Continous
performance tests) è volto alla valutazione delle funzioni cognitive e possono
risultare utili anche nel monitoraggio dell’efficacia dei trattamenti.
18
COMORBIDITA’
Studi dimostrano che bambini con ADHD hanno un rischio maggiore di condizioni di
comorbidità, anche secondarie ai sentimenti di frustrazione e fallimento correlati al
disturbo stesso. Si stima che il 25-75% degli adolescenti con ADHD soddisfi anche i
criteri per il Disturbo Oppositivo e per i Disturbi della Condotta (Barkley 2006), e che
tale condizione si associ a una prognosi peggiore in termini di adattamento e di
risposta ai trattamenti. In un’ampia casistica di soggetti tra i 9 e i 16 anni con ADHD
la comorbidità era rappresentata per il 48% da un Disturbo dell'Umore, per il 36% da
un Disturbo d’Ansia e per il 36% dal Disturbo Oppositivo-Disturbo della Condotta
(Bird e coll. 1993). Studi di follow-up a lungo termine di bambini con ADHD
evidenziano che in tarda adolescenza e all'inizio dell'età adulta, vi è un rischio
aumentato per Disturbo Antisociale di Personalità, Disturbo da uso di sostanze e
Disturbi dell'Umore (Fischer e coll. 2002, Mannuzza e coll. 1993, Rasmussen e
Gillberg 2000). Uno studio di Biederman (2004) valuta l'impatto della comorbidità in
una popolazione affetta da ADHD nei due sessi a confronto con un gruppo di
controllo. Si evidenzia come molti disturbi psichiatrici siano significativamente più
comuni nei soggetti con ADHD rispetto ai controlli. Il tasso di comorbidità è simile nei
bambini e negli adulti con ADHD: queste condizioni psichiatriche sono associate già
in età pediatrica (Tabella 3).
19
ADHD e Disturbo Bipolare
Negli ultimi anni la relazione fra Disturbo Bipolare (DB) e Disturbo da Deficit di
Attenzione e Iperattività (ADHD) ha suscitato grande interesse. (Kent e Craddock
2003, Galanter e Leibenluft 2008) I due disturbi sono malattie croniche, spesso
associate (Torralva et al 2010). Nell’adulto la comorbidità fra ADHD e DB varia dal
9,5% al 21,2 %. I pazienti con DB, sono affetti da ADHD nel 5,1-47,1% dei casi
(Wingo e Ghaemi 2007). La sovrapposizione dei sintomi della fase espansiva del DB
e l’ADHD – come distraibilità, loquacità, irrequietezza, e disinibizione- rappresenta
un fattore di confondimento nel formulare la diagnosi (Milberger et al 1995, Carlson
1998, Galanter et al 2005).
Ci sono anche nette differenze fra DB e ADHD. Wingo e Ghaemi (2007) sottolineano
che i sintomi di ADHD sono stabili a differenza del DB che ha carattere episodico.
Aumentata produttività, ipertrofica stima di sé, e sintomi psicotici possono
caratterizzare l’elazione nel DB, ma raramente sono sintomi di ADHD. I pazienti con
DB –esclusi i soggetti con esordio in età infantile o con fenomeni psicotici- hanno
spesso un buon funzionamento premorboso. Ciò è evidenziato da test intellettivi, di
lettura e scrittura e parametri comportamentali (Reichenberg et al 2002). Al
contrario, i soggetti con ADHD mostrano un compromesso funzionamento fin
dall’infanzia (Brassett-Harknett e Butler 2007).
Malgrado queste differenze, alcuni interrogativi riguardo la diagnosi differenziale fra i
due disturbi rimangono irrisolti. Non è semplice discernere retrospettivamente i
sintomi che si manifestano lungo il decorso del disturbo (Torralva et al 2010).
Le differenze fra ADHD e DB sono nitide quando prendiamo in esame il DB tipo I
con gravi sintomi psicotici; considerando il DB tipo II –soprattutto se preceduto da
particolari tratti temperamentali- le difficoltà diagnostiche si acuiscono (Hantouche et
al 1998) e le manifestazioni sottosoglia creano un decorso più omogeneo (Judd et al
2003). I sintomi comuni fra DB e ADHD non si limitano alla fase maniacale. La
labilità emotiva, ben documentata come tratto nell’adulto con ADHD (Wender et al
2001, Davidson 2008) è presente spesso anche negli episodi misti e depressivi
(Biederman et al 1993, Kessler et al 2006). Per questo motivo i sintomi depressivi
subclinici e le moderate fluttuazioni dell’umore dei pazienti con DB (Judd et al 2003)
possono essere difficilmente distinte dai sintomi depressivi e dall’instabilità emotiva
20
presente in ADHD. Allo stesso modo anche la fenomenica dell’episodio misto (DB)
può essere facilmente confusa con l’irritabilità e il temperamento “caldo” del paziente
con ADHD (Kent and Craddok, 2003). L’impulsività –sintomo core di un sottotipo di
ADHD- è spesso un tratto stabile nel paziente Bipolare eutimico (Najt et al 2007,
Peluso et al 2007). Infine, anche se spesso il funzionamento premorboso viene
recuperato nel DB, talvolta possono rimanere dei sintomi che disturbano il
funzionamento anche in fase di remissione (Huxley e Baldassarini 2007).
ADHD e Disturbo Bipolare hanno diversi sintomi in comune: loquacità, distraibilità,
iperattività, disinibizione comportamentale. Clinicamente, tuttavia, vi sono delle
differenze.
I sintomi di ADHD tendono ad assumere un andamento cronico, mentre nel disturbo
bipolare il decorso è episodico. Pazienti con ADHD non hanno incremento
dell’attività finalizzata, né ridotto bisogno di sonno ed autostima ipertrofica, peculiari
delle fasi maniacali. Nella mania possono essere presenti sintomi psicotici
(allucinazioni e deliri), assenti nei soggetti affetti da ADHD. Nonostante ciò
rimangono controversie sulla sovrapposizione sintomatologica e sulla possibile
confusione diagnostica negli studi epidemiologici e nelle sperimentazioni cliniche. In
paricolare l’ipomania protratta, soprattutto negli adolescenti e nei giovani non è
sempre facilmente distinguibile dall’iperattività e dall’impulsività tipiche dell’ADHD. In
molti casi è possibile una concomitanza di entrambi i disturbi. Talora, nell’ADHD si
osserva una slatentizzazione di una bipolarità concomitante in seguito ad una
destabilizzazione del tono affettivo conseguente ai trattamenti con stimolanti e
antidepressivi (Faedda e coll. 2004, Ross 2006).
I tassi di comorbidità di Disturbo Bipolare nei soggetti con ADHD sono
estremamente variabili dal 5,1% al 47,1% (Tabella 4). La variabilità si correla ai
criteri diagnostici utilizzati, alle differenti metodiche di selezione delle casistiche ed
alla ridotta numerosità di queste ultime. Per le stesse ragioni, anche la prevalenza di
ADHD nei soggetti con Disturbo Bipolare è molto variabile dal 9,5% al 21,2%
(Tabella 5)
21
CONTRIBUTO CLINICO
OBIETTIVI DELLO STUDIO
Negli ultimi anni vi è un crescente interesse verso l’ADHD dell’adulto e le sue
comorbidità, su tutte quella con il DB. Questo studio si propone di approfondire gli
aspetti clinici ed epidemiologici che caratterizzano l’ADHD nell’adulto associato a
DB. A questo scopo abbiamo raccolto una casistica clinica naturalistica di pazienti
con DB ed abbiamo valutato la prevalenza di ADHD in comorbidità. Inoltre, con
l’obiettivo di esplorare eventuali caratteristiche cliniche ed epidemiologiche associate
a tale comorbidità, abbiamo confrontato i pazienti con e senza ADHD.
22
METODO
Per la ricerca abbiamo selezionato un campione di 178 pazienti ambulatoriali
consecutivi afferenti agli ambulatori ed al Day Hospital della Clinica Psichiatrica
dell’Università di Pisa per un periodo di circa 12 mesi.
Il campione comprende 107 (60.1%) maschi e 71 (39.9%) femmine con età media
di 44,13 anni (sd=15.28, range=18-60). Tutti i partecipanti soddisfano i criteri del
DSM-IV per Disturbo Bipolare tipo I o II, 40 sono affetti anche da ADHD.
I pazienti, con varia provenienza, si dividevano pressoché equamente tra soggetti
giunti spontaneamente (self-referrals), o su indicazione del medico curante o di vari
specialisti tra cui specialisti psichiatri. Tutti i pazienti hanno fornito un consenso
informato per la partecipazione allo studio, approvato dal comitato etico
dell’Università di Pisa
I dati clinici sono stati raccolti mediante una scrupolosa intervista semi-strutturata.
Per l’intervista basale occorreva approssimativamente 1 ora ed ½ ora per le visite
seguenti. Le interviste erano condotte da due psichiatri con almeno cinque anni di
esperienza nella diagnosi e nel trattamento dei disturbi dell’umore e dei disturbi da
uso di sostanze. Ogni clinico aveva seguito un programma di training per l’uso degli
strumenti di intervista, che includeva l’osservazione diretta di intervistatori esperti, la
supervisione durante le interviste e prove di inter-rater reliability.
La raccolta dei dati dipendeva ampiamente, per quanto riguardava le informazioni
anamnestiche, da ciò che i pazienti erano in grado di ricordare, tutte le notizie sono
state verificate dal coordinatore del progetto di ricerca allo scopo di ottenere un
consensus agreement con gli psichiatri intervistatori. Quando sorgevano dubbi, i
pazienti venivano ricontattati per ulteriori chiarimenti. In quasi tutti i casi, veniva
revisionata la documentazione clinica del paziente e le informazioni mancanti
recuperate da familiari o sanitari precedenti.
La valutazione diagnostica di asse I, i trattamenti in atto e la risposta ad essi è stata
condotta per mezzo della Diagnostic Clinical and Therapeutic Checklist (DCTC)
Quest’ultima è una intervista semi-strutturata sviluppata per formulare la diagnosi
delle principali sindromi cliniche di Asse I e II, sulla base dei criteri previsti dal DSM-
IV per le specifiche entità nosografiche. Essa raccoglie sistematicamente
informazioni demografiche, anamnestiche e cliniche. Consente di valutare
23
l’andamento nel tempo della sintomatologia psichiatrica tramite la CGI e
l’adattamento sociale tramite la GAF e la Sheehan Disability Scale. La DCTC
permette, inoltre, di registrare le sostanze d’abuso utilizzate dal paziente e le
eventuali terapie farmacologiche assunte. Come indagine psicopatologica globale è
stata utilizzata la scala eterovalutativa Brief Psychiatric Rating Scale: lo strumento è
costituito da 18 domande a scelta multipla associati ad un punteggio da 0 a 7 ed
esplora i sintomi riferiti dal paziente e i segni osservati dall’esaminatore relativi ai
disturbi affettivi, ansiosi e psicotici. Per valutare il temperamento affettivo dei
probandi è stata utilizzata la Brief TEMPS-M . Si tratta di una scala modificata
rispetto alla TEMPS-A (Temperament Evaluation of the Memphis, Pisa, Paris and
San Diego lifetime Autoqustionnair, che si compone di 110 item). Questa versione è
un questionario di autovalutazione del temperamento affettivo e ansioso. È costituita
da 35 items a cui viene assegnato un punteggio da 1 a 5 (1 = assente; 2 = lieve; 3 =
moderato; 4 = molto; 5 = moltissimo) in base al modo di sentirsi del paziente durante
la maggior parte della propria vita. Il questionario prevede 5 possibili temperamenti:
Depressivo, Ciclotimico, Ipertimico, Irritabile ed Ansioso. Per indagare i sintomi
maniacali sono stati utilizzati due strumenti: Mania Rating Scale (MRS) e HSRS
(HCL-32). Quest’ultimo è una scala che valuta i sintomi di elazione presenti in
passato. È costituita da 32 item a risposta dicotomica e score superiori a 14 sono
suggestivi di un pregresso episodio ipo/maniacale. La MRS è uno strumento
composto da 11 item associati a un punteggio che va da 0 a 4 in base ai sintomi del
paziente allo stato attuale. Nel caso in cui i sintomi siano gravi, alcune singole
risposte a scelta multipla (item 5 e 9) prevedono punteggi di 8 e 6. Per indagare i
sintomi depressivi rilevati nel paziente al momento della visita è stata utilizzata la
Hamilton Psychiatric Rating Scale for Depression (HAM D). Si tratta di una scala di
eterovalutazione composta da 21 item graduati a 3 (0-2) ed a 5 (0-4) livelli di gravità.
La BRIDGE analizza invece le valenze maniacali, depressive e miste. Il questionario,
che si compone di 34 item ed indaga l’umore del paziente nel corso della settimana
che precede la visita. Per valutare l’impulsività dei pazienti che fanno parte del
campione è stata utilizzata la Barratt Impulsiveness Scale. È una scala self-report
composta da 30 item che analizza 3 tipi di mancanza di controllo su pensieri e
comportamenti: impulsività motoria, impulsività senza pianificazione ed impulsività
attentiva. Quest’ultima (definita anche impulsività cognitiva) consiste nell’assumere
decisioni rapidamente, l’impulsività motoria porta all’azione “senza pensare” e
24
l’impulsività senza pianificazione è legata alla mancanza di organizzazione e
pianificazione delle scelte. Per la valutazione dell’ADHD, oltre all’indagine clinica
retrospettiva da parte dell’intervistatore, i pazienti compilavano la Adult ADHD Self-
Report Scale (ASRS-v1.1). Si tratta di uno strumento di autovalutazione costituito da
18 items che esplorano la sintomatologia presentata durante gli ultimi 6 mesi.
I pazienti a cui viene formulata diagnosi di ADHD spesso soddisfano 4 dei primi 6
item e presentano i sintomi prima dei 7 anni.
Analisi statistica: sono state confrontate le caratteristiche di 2 gruppi di pazienti:
probandi affetti da Disturbo Bipolare e ADHD e soggetti con Disturbo Bipolare senza
ADHD. L’analisi comparativa per le caratteristiche epidemiologiche, cliniche e
sintomatologiche dei diversi sottogruppi, è stata condotta utilizzando il t-test di
Student per le variabili dimensionali e il chi-quadrato per le variabili categoriali.
Abbiamo utilizzato livelli di significatività a doppia coda con soglia p < 0.5.
L’analisi fattoriale sugli item della ASRS è stata condotta con tecnica Varimax
forzando il risultato a quattro fattori.
25
RISULTATI
Il campione raccolto è composto da 178 pazienti affetti da Disturbo Bipolare tipo I o
II secondo i criteri del DSM IV-TR. Di questi 107 sono maschi (60,1%) e 71 femmine
(39.9%). 40 soggetti, oltre a presentare DB hanno alti punteggi alla ASRS e
presentano un’esordio della malattia prima dei 7 anni. I probandi appartenenti al
gruppo DB senza ADHD (DB-noADHD) hanno un’età media più elevata
(44,13±15.028) rispetto agli altri (DB e ADHD età media 41,79 ±14.749).
Fra i soggetti con ADHD prevalgono i pazienti non coniugati (46,2% n=18) mentre i
probandi senza ADHD sono prevalentemente sposati (46,3% n=63). Non emergono
differenze significative riguardo il tasso di divorzio.
Nel gruppo di pazienti con ADHD prevale un ridotto livello di scolarizzazione (59%
n=23 ha la licenza di scuola media inferiore o meno) rispetto ai DB no ADHD (46,7%
n=63). Non si apprezzano differenze significative fra i due gruppi per quanto
riguarda l’attività lavorativa.
I pazienti con ADHD presentano una significativa differenza rispetto ai non ADHD
per quanto riguarda i punteggi della Hamilton Psychiatric Scale for Depression
(HAM-D 10.92 ± 7.5 vs 5.48 ± 4.8, p=0,002), la Brief Psychiatric Rating Scale (BPRS
32.4 ± 9.8 vs 25.93 ± 7.7 p=0,005), il questionario Brief TEMPS-M (temperamento
depressivo 24.64 ± 6.7 vs 20.44 ± 5.8, p=0,005 ; temperamento ciclotimico 25.41 ±
6.1 vs 19.38 ± 6.5, p=0,000 ; temperamento ipertimico 15.09 ± 5.2 vs 19.05 ± 5.8 ,
p=0,005 non del temperamento irritabile).
Sono inoltre significativamente differenti i punteggi al questionario di valutazione
globale (FAST) (26.83 ± 22.3 vs 15.81 ± 16.7, p=0.013), alla BRIDGE per quanto
concerne i valori di Depressione (5.32 ± 3.11 vs 2.80 ± 2.52, p=0.000) e Stato Misto
(4.20 ± 2.38 vs 2.77 ± 2.31 , p=0.008) e alla BARRATT IMPULSIVENESS SCALE
per quanto riguarda i punteggi totali (74.36 ± 11.69 vs 65.44 ± 10.22 , p=0.001) e lo
score di attenzione(20.50 ± 4.2 vs 15.67 ± 4.039 , p=0.000) e pianificazione (31.50 ±
4.28 vs 28.03 ± 5.08, p=0.005).
I pazienti con Disturbo Bipolare tipo I e ADHD hanno più episodi depressivi dei non
ADHD (n=8, 20% vs n=19, 13%)(Tabella 8)
26
Anche i pazienti con Disturbo Bipolare tipo II e ADHD hanno più episodi depressivi
dei non ADHD (n=13, 32,5% vs n=41, 29%)(Tabella 6) La differenza non è tuttavia
statisticamente significativa.
Fra i due gruppi non emerge una differenza significativa per quanto riguarda il
numero di episodi misti (no ADHD n=59, 42.8% vs ADHD n=17, 42.5%) e maniacali
(no ADHD n=21, 15.2% vs ADHD n=7, 17.5%). Non sono significative le differenze
alla MRS (anche se i pazienti con ADHD mostrano punteggi inferiori) e alla HCL-32.
I pazienti con ADHD registrano percentuali significativamente maggiori di
comorbidità lifetime con Disturbo da Uso di Sostanze (DUS) (31,6%, n=11 vs 17,9%,
n=26, p= 0,2). Differenze si registrano anche considerando l’abuso specifico di alcol
(21,1%, n=7 vs 9%, n=13, p= 0,1); THC (15,8%, n=5 vs 5,1%, n=7, p=0,1); Cocaina
(15,8%, n=5 vs 5,1%, n=7, p=0,1) (Fischer et al., 2007; Klessler et al., 2006;
Ohlmeier et al., 2007). Nessuna differenza significativa si riscontra confrontando le
percentuali di abuso di MDMA (Tabella)
Usano maggiormente eroina i probandi con DB senza ADHD (8%, n=11 vs 7,5%
n=3) anche se la differenza non è statisticamente significativa.
A differenza di altri studi presenti in letteratura (Kessler et al., 2006) emerge nei
pazienti con ADHD una ridotta comorbilità con il Disturbo d’Ansia Generalizzata (5%
n=2 vs. 10.9% n=15) anche se presentano maggiormente il Disturbo di Panico
rispetto ai non ADHD (Kessler et al., 2006) (50% n=20 vs. 36.2% n=50). Presentano
inoltre maggiori punteggi, anche se non significativi, alla Brief TEMPS-M per il
temperamento ansioso (19.64±5.6 vs. 16.92±9) ed alla CGI-Bipolar per la gravità dei
sintomi ansiosi (2.5±1.6 vs. 1.83±1.5).
Da quest’ultimo strumento non emergono differenze significative per gli Item
“Gravità Maniacale”, “Gravità episodio Misto” e “Gravità Psicosi”. È statisticamente
superiore invece il punteggio del gruppo ADHD per “Gravità Depressione” (2,58± 1,3
vs 1.9 ± 1,3 p=0.007).
Abbiamo valutato l’instabilità dell’umore e la resistenza ai trattamenti antidepressivi:
in entrambi i casi i pazienti con ADHD e DB superano quelli con il solo DB (35%
n=14 vs. 31% n=43 e 27,5% n=11 vs. 25% n=35 rispettivamente).
La Shean Disability Scale mostra una compromissione del funzionamento familiare
(4,62± 2,4 vs 3,8 ± 2,1 p = 0.05)e lavorativo (5,28± 2,6 vs 4,32 ± 2,5 p=0,042)
significativamente maggiore per il gruppo con ADHD. Non è significativa da un punto
27
di vista statistico ma è mediamente più compromesso anche il funzionamento
sociale.
I pazienti con ADHD presentano un più elevato numero di gravi episodi precedenti
(7.95± 16.8 vs 4.88 ± 8.8 p=0,25) e di ricoveri (2.48± 4.9 vs 1.88 ± 4.6 p=0,49)
anche se questi dati non raggiungono una significatività statistica.
Come atteso il gruppo di pazienti con DB e ADHD rispetto ai pazienti con DB senza
ADHD presentano punteggi medi maggiori alla ASRS sia nel totale (rispettivamente
41.60 ± 10.05 vs 23.49 ± 9.89 p=0.000), che nei primi 6 item (16.03± 3.05 vs 6.70 ±
3.33 p=0.000), suggestivi per formulare diagnosi di ADHD (Tabella )
L’analisi fattoriale dei 18 item della ASRS ha consentito l’estrazione di una soluzione
a 4 Fattori che spiegano il 56.48% della varianza. Il primo fattore, che presenta un
autovalore di 3.75 e spiega il 20.8% della varianza, può essere definito
”disattenzione” e comprende i seguenti item:
3) (0.593) Problemi a ricordare appuntamenti e scadenze; 4) (0,492) Evitare o
ritardare lo svolgimento di un compito che richiede molto ragionamento; 7) (0,777)
Commettere errori di distrazione nello svolgimento di un progetto difficile o noioso;
8) (0,734) Difficoltà a mantenere l’attenzione durante un lavoro noioso o ripetitivo;
9) (0,604) Difficoltà di concentrazione su ciò che dice l’interlocutore; 10) (0.686)
Smarrire cose o difficoltà a trovarle; 11) (0,715) Viene distratto dal rumore o dalle
attività circostanti
Il secondo Fattore ha un autovalore di 2.3 ed esprime il 12.8 % della varianza. Può
essere definito “Iperattività” e comprende i seguenti Item: 5) (0.588) Agita mani o
piedi quando deve stare seduto per molto tempo; 6) (0.755) Si sente eccessivamente
attivo o costretto a fare qualcosa, come se fosse comandato da un motore; 12)
(0.704) Lascia il proprio posto durante un meeting o in una situazione in cui è tenuto
a rimanere presente; 13) (0.403) non si sente riposato o agitato; 14) (0.463) Quando
dedica del tempo a sé stesso ha difficoltà a rilassarsi
Il terzo Fattore, che ha un autovalore di 2,1 e spiega l’11,9% della varianza,
comprende i seguenti Item che esplorano la dimensione “Impulsività e Intrusività”:
15) (0.542) Si accorge di parlare troppo quando si trova in situazioni sociali; 16)
(0.745) Durante una conversazione le capita di interrompere le persone prima che
abbiano terminato le loro frasi; 17) (0.555) Ha difficoltà ad attendere il proprio turno in
28
situazioni in cui sarebbe tenuto a farlo; 18) (0.756) Le capita di interrompere gli altri
quando sono molto occupati.
Il quarto Fattore ha un autovalore di 1,9 e determina il 10,9 % della varianza. Può
essere definito “Disorganizzazione” e comprende i seguenti item: 1) (0,818) Difficoltà
a mettere a punto i dettagli finali di un progetto quando le sue parti più complesse
sono già state completate; 2) (0.721) Difficoltà nell’ordinare cose ed oggetti mentre
svolge un compito che richiede organizzazione.
29
DISCUSSIONE
Nella nostra casistica, composta da pazienti con Disturbo Bipolare, la prevalenza di
ADHD è del 22.5% (40 su 178). Questo dato replica precedenti studi presenti in
letteratura (Barkley et al., 2006; Klassen et al., 2010).
L’Adult ADHD Self-Report Scale è uno strumento utilizzato per individuare i sintomi
di ADHD nel paziente adulto. Data la difficoltà nel formulare diagnosi di ADHD sulla
base del racconto del paziente stesso (che spesso non riesce a ricordare la
sintomatologia manifestatasi prima dei 7 anni di età) la ASRS può essere
considerata efficace nel riconoscere i soggetti che presentano l’esordio della
fenomenica durante l’infanzia (Simon et al., 2009). Abbiamo quindi utilizzato l’ASRS-
v1.1 per selezionare, all’interno del campione costituito da pazienti affetti da
Disturbo Bipolare, due gruppi distinti in base alla presenza o meno di comorbilità con
ADHD. I sintomi di ADHD sembrano influenzare negativamente il funzionamento
globale. In particolare i deficit cognitivi (quali il deficit di attenzione e di memoria)
tendono a compromettere le capacità relazionali (Biederman e Faraone 2006).
Anche nel nostro studio emerge questa tendenza, visto che nel gruppo di probandi
con ADHD prevalgono i non coniugati, i separati e divorziati e il livello di
scolarizzazione è inferiore al gruppo senza ADHD.
Gli elevati punteggi rilevati alla HAM-D (10.92 ± 7.5 vs 5.48 ± 4.8, p=0,002) alla
BRIDGE per la depressione (5.32 ± 3.11 vs 2.80 ± 2.52, p=0.000) ed alla CGI-
Bipolar per “Gravità Depressione” (2,58± 1,3 vs 1.9 ± 1,3 p=0.007) suggeriscono che
i pazienti affetti da DB e ADHD hanno una maggiore tendenza a sviluppare sintomi
depressivi rispetto ai pazienti con il solo DB. Questo dato replica i risultati di uno
studio condotto da Tamam e colleghi nel 2006 che evidenzia una maggior frequenza
di episodi depressivi in un gruppo di pazienti con DB e ADHD rispetto ad un altro in
cui i pazienti presentavano solo il DB. In un ulteriore studio i pazienti con DB e
ADHD presentavano nel 40.7% dei casi più di 20 episodi maniacali, contro il 29,6%
dei pazienti affetti solo da DB (Nieremberg et al., 2005). Nella nostra ricerca
abbiamo rilevato che i due gruppi di pazienti non differiscono per numero di episodi
misti e maniacali lifetime. Non vi è differenza significativa nella Mania Rating Scale
(anche se i pazienti affetti da ADHD hanno punteggi inferiori agli altri), alla BRIDGE
per valenze maniacali ed alla HCL-32. Le tre scale indagano i sintomi maniacali
30
attuali (MRS) e presenti in passato (nella BRIDGE si chiedono i sintomi presenti
durante la settimana che precede il colloquio e l’HCL-32 valuta i sintomi durante il
corso della vita). Sono statisticamente significative invece le differenze nei punteggi
rilevati alla BRIDGE per le valenze miste: è possibile che l’uso di sostanze (più
frequente nel gruppo ADHD) possa predisporre a sviluppare sintomi misti piuttosto
che maniacali puri (Newcorn et al., 2007).
All’indagine psicopatologica globale Brief Psychiatric Rating Scale e alla Shean
Disability Scale per la compromissione del funzionamento familiare (4,62± 2,4 vs 3,8
± 2,1 p = 0.05) e lavorativo (5,28± 2,6 vs 4,32 ± 2,5 p=0,042) si apprezzano
punteggi superiori nel gruppo con ADHD. Sono inoltre significativamente peggiori i
risultati dei pazienti con ADHD alla FAST(26.83 ± 22.3 vs 15.81 ± 16.7, p=0.013).
Inoltre i pazienti con ADHD presentano un più elevato numero di gravi episodi
precedenti (7.95± 16.8 vs 4.88 ± 8.8 p=0,25) e di ricoveri (2.48± 4.9 vs 1.88 ± 4.6
p=0,49) anche se i dati non raggiungono una significatività statistica.
Questi risultati replicano una ricerca di Sentissi e colleghi (Sentissi et al., 2008)
dove i pazienti affetti da DB e ADHD presentavano un più grave decorso del
Disturbo bipolare, con compromissione del funzionamento globale e gravità di
sintomi misti. I pazienti con ADHD hanno ridotte capacità esecutive e di prestare
attenzione e compromessa working memory (Brown et al., 2006). Questo in parte
spiega la compromissione del funzionamento e non consente ai pazienti di
esprimere appieno le proprie potenzialità (Klassen et al., 2010). Occorre considerare
inoltre che la fenomenica dell’episodio misto (DB) può essere facilmente confusa
con l’irritabilità e il temperamento “caldo” del paziente con ADHD (Kent and
Craddok, 2003). È quindi possibile che i punteggi elevati alla BRIDGE per episodio
misto siano da attribuire ad alcuni sintomi espressi come tratto nel paziente affetto
da ADHD.
Vi sono differenze statisticamente significative anche nel temperamento: fra i
pazienti con ADHD prevale il temperamento ciclotimico (25.41 ± 6.1 vs 19.38 ± 6.5,
p=0,000) e depressivo (24.64 ± 6.7 vs 20.44 ± 5.8, p=0,005) rispetto al
temperamento ipertimico (15.09 ± 5.2 vs 19.05 ± 5.8 , p=0,005), maggiormente
espresso dai pazienti con Disturbo Bipolare senza ADHD. È probabile che
quest’ultimo dato sia da porre in relazione alla scarsa stima di sè stessi ed
all’insicurezza che contraddistingue i pazienti con ADHD (Biederman et al 1993,
Kessler et al 2006) e che quindi riduca i punteggi rilevati alla Brief TEMPS per il
31
temperamento Ipertimico. Alcuni sintomi che aumentano il punteggio per il
temperamento ciclotimico invece, quali labilità emotiva ed irritabilità, sono un tratto
dell’adulto con ADHD (Davidson 2008). Al tempo stesso occorre considerare che la
fenomenica dell’episodio misto (DB) può essere facilmente confusa con l’irritabilità e
il temperamento “caldo” del paziente con ADHD (Kent and Craddok, 2003); è
possibile quindi che alcuni punteggi elevati alla BRIDGE per episodio misto ed alla
Brief TEMPS-M per temperamento Ciclotimico siano da attribuire ad alcuni sintomi
espressi come tratto nel paziente affetto da ADHD.
I pazienti con ADHD assumono maggiormente sostanze d’abuso (alcol, cocaina,
THC) così come riportato da altri autori. (Fischer et al., 2007; Kessler et al., 2006;
Ohlmeier et al., 2007). Gli stessi autori evidenziano che i pazienti con ADHD, oltre
alla maggiore prevalenza di Disturbo da Uso di Sostanze (DUS), presentano più alte
dosi e protratti periodi di assunzione. Dal nostro studio emerge che i probandi con
ADHD presentano una minore tendenza al consumo di eroina rispetto ai pazienti
affetti dal solo DB: può darsi che questo tipo di sostanza sia meno appetita in base
alle proprie caratteristiche farmacocinetiche o per aspetti neurobiologici propri
dell’ADHD. Alcuni autori hanno ipotizzato che i pazienti affetti da ADHD possano
usare sostanze stimolanti come la cocaina per automedicarsi. Tuttavia non è
emersa alcuna associazione significativa fra ADHD e una specifica sostanza né nel
nostro né in altri studi disponibili in letteratura (Biederman et al., 1995). Altri autori
hanno proposto che l’uso di sostanze nel paziente affetto da ADHD sia favorito
dall’impulsività (Arias et al., 2008). Nel nostro campione i pazienti con ADHD
presentavano una maggiore impulsività rispetto agli altri; questa differenza è
evidente rispetto alla BARRATT IMPULSIVENESS SCALE per quanto riguarda i
punteggi totali (74.36 ± 11.69 vs 65.44 ± 10.22 , p=0.001) e lo score di
attenzione(20.50 ± 4.2 vs 15.67 ± 4.039 , p=0.000) e pianificazione (31.50 ± 4.28 vs
28.03 ± 5.08, p=0.005). Non raggiungono invece una differenza statisticamente
significativa i punteggi dell’impulso a muoversi. I risultati ottenuti sono supportati
dalle letteratura: nei bambini il disturbo è spesso caratterizzato da iperattività e
impulsività, mentre negli adulti si esprime attraverso differenti caratteristiche cliniche.
Si riscontrano infatti con maggiore frequenza i deficit cognitivi, in particolar modo
quelli attentivi, mentre l’iperattività tende ad attenuarsi e/o a sostituirsi con
l’incapacità a pianificare (Karam et al., 2008).
32
In un recentemente studio condotto in Spagna (Ferrer et al., 2010), un gruppo di
pazienti affetti da un Disturbo di Personalità Borderline (DBP) aveva una prevalenza
di ADHD del 69 %. Confrontando il gruppo con il solo DBP rispetto a quello con DBP
e ADHD, quest’ultimo ha mostrato un’associazione statisticamente significativa con
il DUS (59.4% vs. 38.4%). I probandi affetti da ADHD e DPB presentano inoltre una
maggiore impulsività rispetto ai pazienti affetti soltanto da DPB. Un recente studio
condotto in Nord America ha valutato l’associazione fra ADHD ed Episodi Depressivi
Maggiori (in pazienti affetti da Disturbo Bipolare o Depressione Unipolare). Detto
studio evidenzia una prevalenza di ADHD nel DB del 17.6%; la prevalenza di ADHD
fra i pazienti affetti da Depressione Unipolare è inferiore (5.4%). I probandi con DB e
ADHD presentano inoltre un precoce esordio degli episodi depressivi, un alto tasso
di comorbidità con altri disturbi psichiatrici (in particolar modo DUS e disturbi
d’ansia) ed una compromissione della qualità di vita (McIntyre et al., 2010)
Alcuni sintomi cognitivi dell’ADHD sono una possibile causa della maggior
compromissione del funzionamento globale, maggior numero di episodi e del ridotto
periodo di benessere che caratterizza il gruppo di pazienti con DB in associazione
ad ADHD rispetto ai pazienti con solo DB : il deficit di attenzione e di memoria e la
scarsa organizzazione possono compromettere l’aderenza ai trattamenti
farmacologici. La mancata compliance alla terapia comporta una maggior probabilità
di ricaduta e tendenza alla cronicità (Klassen et al., 2010)
Dal nostro studio è emerso che nel gruppo ADHD i pazienti presentavano una
peggiore risposta ai farmaci antidepressivi ed umore instabile rispetto al gruppo
senza ADHD. In letteratura è documentata l’efficacia del Bupropione (Levin et al.,
2002) e del Metilfenidato (Levin et al., 1998) nella cura dell’ADHD. Altri autori sono
contrari alla somministrazione di stimolanti ai pazienti affetti da DB e ADHD per la
tendenza all’abuso e perchè possono favorire l’insorgenza di sintomi psicotici (Mc
Carthy et al., 2009)
Anche l’uso di sostanze, più frequente fra i pazienti con DB e ADHD rispetto ai
pazienti affetti da DB senza ADHD, può determinare una maggior probabilità di
ricaduta (Klassen et al., 2010).
L’analisi fattoriale della ASRS condotta sul nostro campione di pazienti affetti da DB,
suggerisce che i quesiti possono essere suddivisi in quattro domini: Disattenzione,
Iperattività, Impulsività e Organizzazione. Il Deficit di attenzione è il più rilevante
all’interno del nostro campione. Questo dato è supportato da altre ricerche
33
disponibili in letteratura secondo le quali la disattenzione è un sintomo che permane
stabile nel paziente affetto da ADHD nel passaggio dall’infanzia all’età adulta,
nell’evoluzione patoplastica del disturbo (Barkley et al., 2006). L’iperattività invece,
tende a diminuire nel tempo e si trasforma spesso nell’incapacità del paziente a
sentirsi rilassato (Karam et al.,2008). L’iperattività è il secondo dominio per
rilevanza; seguono impulsività e deficit di organizzazione. Spesso, i sintomi cognitivi
che comprendono il deficit di memoria e di organizzazione possono essere causati
dal poliabuso di sostanze (Wilens et al., 2004). Altri autori affermano che il deficit di
attenzione sia un fattore di rischio per SUD (Molina et al., 2003).
34
LIMITAZIONI
Il nostro studio presenta delle limitazioni metodologiche che devono essere tenute in
considerazione per interpretare correttamente i risultati.
L’indagine condotta è retrospettiva ed è soggetta a bias di memoria per quanto
riguarda la diagnosi e l’esordio della sintomatologia. Tale bias, comunque è
condiviso dai 2 gruppi confrontati. Per quanto riguarda l’ADHD è verosimile una
sottostima retrospettiva, vista la scarsa frequenza con la quale questa diagnosi viene
riportata nel nostro paese. Inoltre i pazienti sono stati reclutati presso centri di
assistenza di terzo livello, pertanto quanto osservato si riferisce ad un campione con
particolare gravità psicopatologica, non necessariamente rappresentativo dei pazienti
con DB che si riscontrano nella popolazione generale. La ricerca è stata condotta da
investigator clinici esperti, probabilmente inclini a valutazioni diagnostiche, e ciò può
rappresentare un ulteriore limitazione. L’uso di strumenti d’indagine standardizzati
riduce comunque questo limite.
35
CONCLUSIONI
L'ADHD in età adulta è un disturbo sottostimato e rappresenta una condizione
psicopatologica di difficile diagnosi per l'assenza di adeguate linee guida sostenute
da studi clinici controllati (Klassen et al., 2010). L'evoluzione del quadro clinico , la
presenza di forme attenuate e gli elevati tassi di comorbidità contribuiscono a
sottostimare il disturbo (Torralva et al., 2010) . I soggetti adulti affetti da ADHD hanno
spesso disturbi del comportamento, usano sostanze psicotrope, possono
manifestare elevati livelli di ansia su un fondo affettivo instabile. Mostrano difficoltà in
ambito scolastico e lavorativo, non riescono a mantenere relazioni interpersonali né a
coniugarsi. Studi su fattori biologici documentano un’eziologia genetica dell'ADHD
associata a deficit neuropsicologici e disregolazione catecolaminergica.
All’interno del nostro campione, i pazienti affetti da DB e ADHD presentano spesso
sintomi depressivi e misti al momento dell’osservazione ed una fenomenica più grave
rispetto ai probandi con il solo DB. Risultati simili ai nostri sono stati ottenuti da
Bernardi e colleghi in una ricerca condotta su 100 pazienti fra i 18 ed i 30 anni con
diagnosi di DB in remissione. Lo studio mostra che i pazienti con ADHD e DB
presentano un maggior numero di episodi Depressivi e una maggiore impulsività
rispetto ai pazienti senza ADHD. Questi risultati possono indurre a ritenere i pazienti
con ADHD e DB come affetti da un unico fenotipo clinico (Bernardi et al., 2010).
Nel nostro campione i pazienti affetti da ADHD presentavano inoltre una maggiore
impulsività come rilevato alla Barratt Impulsiveness Scale e maggior comorbidità con
DUS. Risultati simili sono stati ottenuti da Perez de los Cobos e colleghi in una
ricerca condotta su pazienti affetti da DUS. All’interno del campione, i probandi affetti
ADHD presentavano maggiore impulsività e un consumo superiore di sostanze
quanto a frequenza e quantità (Perez de los Cobos et al., 2010).
L’analisi fattoriale della ASRS condotta sul nostro campione di pazienti affetti da DB,
suggerisce che i quesiti possono essere suddivisi in quattro domini: Disattenzione,
Iperattività, Impulsività e Organizzazione. Il Deficit di attenzione è il più rilevante: la
disattenzione è un sintomo che permane stabile nel paziente affetto da ADHD nel
passaggio dall’infanzia all’età adulta, nell’evoluzione patoplastica del disturbo
(Barkley et al., 2006). L’iperattività invece, tende a diminuire nel tempo e si trasforma
spesso nell’incapacità del paziente a sentirsi rilassato (Karam et al.,2008).
36
Sono, tuttavia, necessari ulteriori studi scientifici per documentare accuratamente
l'eziopatogenesi, per stabilire criteri diagnostici specifici dell'ADHD in età adulta, e
per determinare linee guida di trattamento adeguate alle sue varie forme cliniche.
37
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78
Tabella 1. Criteri diagnostici del DSM-IV-TR per ADHD
A. O (1) o (2): 1) sei (o più) dei seguenti sintomi di disattenzione sono persistiti per almeno 6 mesi con una
intensità che provoca disadattamento e contrasta con il livello di sviluppo: Disattenzione a) spesso non riesce a prestare attenzione ai particolari o commette errori di distrazione nei
compiti scolastici, sul lavoro, o in altre attività b) spesso ha difficoltà a mantenere l’attenzione sui compiti e sulle attività di gioco c) spesso non sembra ascoltare quando gli si parla direttamente d) spesso non segue le istruzioni e non porta a termini i compiti scolastici, le incombenze, o i
doveri sul posto di lavoro (non a causa di comportamento oppositivo o di incapacità di seguire le istruzioni)
e) spesso ha difficoltà a organizzarsi nei compiti e nelle attività f) spesso evita, prova avversione, o è riluttante ad impegnarsi in compiti che richiedono sforzo
mentale protratto ( come compiti a scuola o a casa) g) spesso perde gli oggetti necessari per i compiti o le attività ( per es., giocattoli, compiti a
scuola, strumenti, penne o libri) h) spesso è facilmente distratto da stimoli estranei i) spesso è sbadato nelle attività quotidiane 2) sei (o più) dei seguenti sintomi di iperattività-impulsività sono persistiti per almeno 6 mesi
con una intensità che provoca disadattamento e contrasta con il livello di sviluppo: Iperattività a) spesso muove con irrequietezza mani e piedi o si dimena sulla sedia b) spesso lascia il proprio posto a sedere in classe o in altre situazioni in cui ci si aspetta che resti
seduto c) spesso scorrazza e salta dovunque in modo eccessivo in situazioni in cui ciò è fuori luogo
(negli adolescenti o negli adulti, ciò può limitarsi a sentimenti soggettivi di irrequietezza) d) spesso ha difficoltà a giocare o a dedicarsi a divertimenti in modo tranquillo e) è spesso “sotto pressione” o agisce come se fosse “motorizzato” f) spesso parla troppo Impulsività g) spesso “spara” le risposte prima che le domande siano completate h) spesso ha difficoltà ad attendere il proprio turno i) spesso interrompe gli altri o è invadente nei loro confronti ( per es., si intromette nelle
conversazioni o nei giochi B. Alcuni dei sintomi di iperattività-impulsività o di disattenzione che causano compromissione
erano presenti prima dei 7 anni di età. C. Una certa menomazione a seguito dei sintomi è presente in due o più contesti. D. Deve esservi una evidente compromissione clinicamente significativa del funzionamento
sociale, scolastico e lavorativo. E. I sintomi non si manifestano esclusivamente durante il decorso di un Disturbo Pervasivo dello
Sviluppo, di Schizofrenia, o di un altro Disturbo Psicotico, e non risultano meglio attribuibili ad un altro disturbo mentale (per es., Disturbo dell’Umore, Disturbo d’Ansia, Disturbo Dissociativo, o Disturbo di Personalità).
79
Tabella 2 Utah Criteria for Adult Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder
I. Diagnosi retrospettiva di ADHD in età scolare
A. Intervistaa ai familiari per soddisfare i criteri del DSM-IV
B. Intervistab al paziente, per rilevare la presenza di entrambi i sintomi 1-2:
1) Iperattività in età scolare
2) Disattenzione in età scolare
II. Caratteristiche di età adulta: cinque sintomi addizionali, tra cui disattenzione e
iperattività e almeno altri tre sintomi
A. Disattenzione
B. Iperattività
C. Umore labile
D. Irritabilità e “esplosioni“di rabbia
E. Scarsa tolleranza allo stress
F. Disorganizzazione
G. Impulsività
III. Deve essere esclusa la presenza di depressione grave, psicosi e disturbi della
personalità gravi.
aParent Rating Scale of Childhood Behaviour bWender Utah Rating Scale self-report
80
Tabella 3. Confronto della comorbidità in una popolazione pediatrica e adulta vs
controlli.
POPOLAZIONE PEDIATRICA (%) POPOLAZIONE ADULTA (%)
Femmine Maschi Femmine Maschi
Controlli (N=122)
ADHD (N=140)
Controlli (N=140)
ADHD (N=140)
Controlli (N=110)
ADHD (N=50)
Controlli (N=97)
ADHD (N=78)
Dist. della Condotta
0 8 3 21 2 7 6 34
Dist. Oppositivo
4 35 11 66 2 27 3 32
Dist. Antisociale
... ... ... ... 2 7 4 17
Depressione Maggiore
1 15 2 29 6 36 4 27
Dist. Bipolare
0 11 0 11 3 10 4 14
Dist. Ansia (almeno 2)
5 33 4 28 15 52 10 46
Abuso di Alcol
... ... ... ... 4 17 14 19
Dip da Alcol
... ... ... ... 6 19 22 34
Abuso di Sostanze
... ... ... ... 3 7 9 22
Dip. da Sostanze
... ... ... ... 4 19 8 28
Enuresi 6 25 14 32 3 29 14 28 Dati da Biederman e coll. (1994, 2002)
81
Tabella 4. Tassi di comorbidità di Disturbo Bipolare in adulti con ADHD
Studio Campione Tasso Comorbidità
(%)
Metodo diagnostico ADHD
Metodo diagnostico Dist.
Bipolare Wilens e coll. 2003 51 (età 18-59) 47,1 DSM-IV basato
sulla MINI DSM-IV basato sulla SCID
Mc Gough e coll. 2005 79 (età 41-44) 5,1 Intervista clinica SADS Kessler e coll. 2006 3199 (età 18-44) 19,4 Intervista
semistrutturata WHO CIDI, version 3.0
Faraone e coll. 2006 127 (età 26-47) 18 DSM-IV basato sulla SCID,K-SADS
DSM-IV basato sulla SCID
Tabella 5. Tassi di comorbidità di ADHD in adulti con Disturbo Bipolare
Studio Campione Tasso Comorbidità
(%)
Metodo diagnostico Dist.
Bipolare
Metodo diagnostico
ADHD Nieremberg e coll. 2005 919 (età 28-53) 9,5 DSM-IV basato
sulla MINI DSM-IV basato sulla MINI
Kessler e coll. 2006 3199 (età 18-44) 21,2 WHO CIDI, version 3.0
Intervista semistrutturata
Tamam e coll. 2006 44 ( età 19-58) 15,9 DSM-IV basato sulla SCID
DSM-IV basato su intervista clinica
82
Tabella 6. Aspetti demografici in pazienti affetti da Disturbo Bipolare
(DB) con o senza Disturbo da deficit di attenzione ed iperattività (ADHD).
ADHD
N = 40 No– ADHD
N = 138 t or χ2 p
Età, media (sd) 41,7 (14,7) 44,3 (15) .876 .395 Sesso, maschi, n (%) 26 (65) 81 (58,7) .51 .299 Stato civile, n (%) 4,7 .3.15
Celibe/ Nubile 18 (46,2) 56 (41,2) Coniugato 14 (35,9) 63 (46,3) Separato / Divorziato 5 (12,8) 13 (9,6) Vedovo 1(2,6) 4(2,9)
Istruzione, n (%) 2.1 .339
Laurea 2 (5,1) 14 (10,2) Diploma 14 (35,9) 59 (43,1) Licenza media o meno 23 (59) 64 (46,7)
83
Tabella 7. Aspetti diagnostici in pazienti affetti da Disturbo Bipolare
(DB) con o senza Disturbo da deficit di attenzione ed iperattività (ADHD).
ADHD
N = 40 No – ADHD
N = 138 t or χ2 p
Diagnosi Psichiatrica attuale, n (%) Disturbo Bipolare I Episodio depressivo
8 (20) 19 (13,8) 0,9 .232
Disturbo Bipolare I Episodio misto
17(42,5) 59 (42,8) 0,01 .563
Disturbo Bipolare I Episodio maniacale
7 (17,5) 21 (15,2) 0,122 .447
Disturbo Bipolare I in remissione
-- -- -- --
Disturbo Bipolare II Episodio depressivo
13(32,5) 41 (29.7) 0,114 .438
Disturbo Bipolare II In remissione
-- -- -- --
Caratteristiche psicotiche congrue
9 (22,5) 22 (15,9) 0,927 .23
Caratteristiche psicotiche incogrue
2 (5) 8 (5,8) 0,037 .602
Alcolismo 7 (21,1) 13 (9) 1,458 .167 MDMA 2 (5,3) 8 (5,1) 0,01 .981 THC 5 (15,8) 7 (5,1) 2,6 .107 Eroina 3 (7,5) 11 (8) 0,09 .612 Cocaina 5 (15,8) 7 (5,1) 2,6 .107 DUS 11(31,6) 26(17,9) 1,7 .198 Disturbo di Panico 20 (50) 50 (36,2) 2,464 .084 Fobia sociale -- 4 (2,9) 1,18 .358 DOC 3 (7,5) 8 (5,8) 0,155 .467 GAD 2 (5) 15 (10,9) 1,237 .216 Bulimia 1(2,5) 4 (2,9) 0,018 .687 Anoressia -- 3 (2,2) 0,884 .464
84
Tabella 8. Aspetti clinici in pazienti affetti da Disturbo Bipolare (DB)
con o senza Disturbo da deficit di attenzione ed iperattività (ADHD).
ADHD
N = 40 No – ADHD
N = 138 t or χ2 p
Umore attuale, n (%) Depressione 21 (36,8) 60 (17,9) Eutimia 1 (5,3) 27 (34,6) Mania disforica 2 (10,5) 6 (7,7) Mania euforica 1 (5,3) 6 (7,7) Stato misto 8 (42,1) 23 (29,5) 8,6 .126
Precedente risposta ad antidepressivi, n (%)
Viraggio ipo/maniacale
10 (25) 31 (22,5) 0,113 .443
Instabilità dell’umore 14 (35) 43 (31,2) 0,21 .391
Resistenza al trattamento
11(27,5) 35 (25,4) 0,74 .446
Irritabilità 9 (22,5) 37 (26,8) 0,3 .372 Sheehan Disability Scale, Adattamento, media (sd):
Lavorativo 5,28 (2,6) 4,32 (2,5) 0,98 .042 Sociale 5 (2,8) 4,4 (2,5) 1,3 .18 Familiare 4,62 (2,4) 3,84 (2,1) 0,77 .05
CGI- Bipolare, Gravità, media (sd)
Maniacale 1,5 (1,6) 1,3 (1,3) -0,5 .582 Depressiva 2,58 (1,3) 1,93 (1,3) 2,7 .007 Mista 1,8 (1,5) 1,5 (1,4) 2.7 .343 Ansia 2,25 (1,3) 1,8 (1,3) 0,236 .138 Impulsività 1,35 (1,6) 1,06 (1,3) 0,07 .34 Psicosi 0,7 (1,3) 1,07 (2) 0,428 .391
85
Tabella 9. Analisi fattoriale degli item ASRS in 178 pazienti con Disturbo Bipolare Inattenz Iperattiv. Imp/Intr. Disorg. Item ASRS 1-Difficoltà nel mettere a punto i dettagli di un progetto
.215 .051 .050 .818
2-Difficoltà nell’ordinare oggetti mentre sta svolgendo un compito che richiede organizzazione
.417
.112
.095
.721
3-Problemi a ricordare appuntamenti e scadenze
.593 .189 -.117 .378
4-Evitare o ritardare lo svolgimento di un compito che richiede ragionamento
.492 .345 .090 .217
5-Agitare mani o piedi quando deve star seduto per moltotempo
.429 .588 .122 -.003
6-Sentirsi eccessivamente attivo o costretto a fare qualcosa come se comandato da un motore
.140
.755
.166
.014
7-Errori di distrazione nello svolgere un progetto difficile o noioso
.777 .008 .134 .350
8-Difficoltà a mantenere l’attenzione durante un lavoro noioso o ripetitivo
.734 .072 .159 .217
9-Difficoltà di concentrazionesu ciò che viene detto dal proprio interlocutore
.604 .245 .151 .232
10-Smarrire cose, o difficoltà a trovarle .686 .222 .034 .088 11-Distrazione dall’ attività o dal rumore attorno a sè
.715 .050 .279 -.060
12-Necessità di allontanarsi da una situazione in cui deve essere presente
.041 .704 .159 .104
13-Sentirsi non riposato, agitato .358 .403 .296 .277 14-Difficoltà a rilassarsi .145 .462 .292 .419 15-Parlare troppo in situazioni sociali -.005 .372 .542 .077 16-Interrompere una persona quando deve ancora terminare di parlare
.139 .038 .745 .200
17-Difficoltà ad attendere il proprio turno .246 .264 .555 -.197 18-Interrompere gli altri quando sono molto occupati
.112 .153 .756 .062
Eingenvalue 3.7 2.3 2.1 1.9 % of Variance 20.8 12.8 11.9 10.9
86
Tabella 10. Confronto fra strumenti di valutazione in pazienti affetti da Disturbo Bipolare (DB) con o senza Disturbo da deficit di attenzione ed iperattività (ADHD).
ADHD
N = 40 No – ADHD
N = 138 t or χ2 p
Strumento di valutazione, punteggio medio BPRS 32.4 25.93 .068 .001 MRS 2.0 2.15 .719 .860 ASRS 6 item 16.03 6.70 .241 .000 ASRS Totale 41.60 23.49 .899 .000 HAM-D Totale 10.92 5.48 .014 .002 HCL-32 Totale 15.29 14.71 .658 .768 Temp.Depressivo 24.64 20.44 .960 .005 Temp.Ciclotimico 25.41 19.38 .306 .000 Temp.Ipertimico 15.09 19.05 .353 .005 Temp.Irritabile 15.23 14.45 .734 .600 Temp.Ansioso 19.64 16.92 .197 .188 FAST Totale 26.83 15.81 .065 .013 BRIDGE Maniac. 4.28 3.29 .287 .129 BRIDGE Depres. 5.32 2.80 .184 .000 BRIDGE Misto 4.20 2.77 .359 .008 BARRATT Attenz. 20.50 15.67 .843 .000 BARRATT Motoria 22.36 21.75 .190 .593 BARRATT Pianif 31.50 28.03 .618 .005 BARRATT Totale 74.36 65.44 .241 .001 N.o Episodi Preced. 7.95 4.88 .022 .252 N.o Ricoveri Preced. 2.48 1.88 .540 .478 Tentativi Suicidio 0.40 0.44 .552 .823