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ADRANO Adrano comune Dati amministrativi Stato Regione Provincia Sindaco Giuseppe Ferrante (centro) dal 30/06/2008 Territorio Coordinate 37°3945N 14°5008E Altitudine 560 m s.l.m. Superficie 82,51 km² Abitanti 35 288 (30-04-2013) Densità 427,68 ab./km² Comuni confinanti Belpasso, Biancavilla,Bronte, Castiglione di Sicilia,Centuripe (EN), Maletto,Randazzo, Sant'Alfio,Zafferan a Etnea Altre informazioni Cod. postale 95031 Prefisso 095 Fuso orario UTC+1 Codice ISTAT 087006 Cod. catastale A056 Targa CT Cl. sismica zona 2 (sismicità media) Catania Italia Sicilia

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ADRANO

Adranocomune

Dati amministrativi

Stato

Regione

Provincia

Sindaco Giuseppe Ferrante (centro) dal 30/06/2008

Territorio

Coordinate 37°39′45″N 14°50′08″E

Altitudine 560 m s.l.m.

Superficie 82,51 km²

Abitanti 35 288 (30-04-2013)

Densità 427,68 ab./km²

Comuni confinanti

Belpasso, Biancavilla,Bronte, Castiglione di Sicilia,Centuripe (EN), Maletto,Randazzo, Sant'Alfio,Zafferana Etnea

Altre informazioni

Cod. postale 95031

Prefisso 095

Fuso orario UTC+1

Codice ISTAT 087006

Cod. catastale A056

Targa CT

Cl. sismica zona 2 (sismicità media)

$

$ Catania

$ Italia

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$ Sicilia

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!Origini del nome Il nome Adranon secondo alcuni studiosi è di origine orientale, mentre secondo altri di origine italica. Sembra, comunque, che Dionigi, fondando la città, l'abbia chiamata Adranon in riferimento al grande nume siculo, dio della guerra. !!

$ !I greci associarono il dio oltre che alla guerra, anche al fuoco, identificandolo con Efesto. Secondo lo storico Adolf Holm furono attribuite ad una sola divinità notizie riguardanti due diverse divinità e, per questo motivo, Adranon riunì in sé sia il carattere di dio della guerra, indicato dalla lancia, che quello di dio del fuoco, proprio di Efesto. !!

$ !!Secondo la leggenda il dio Adranon, venerato anche in altre località siciliane, era seguito da un corteo di mille cani, che accoglievano festosamente gli ospiti, ma sbranavano i mentitori ed i ladri. Giovanni Sangiorgio Mazza, illustre storico adranita, affermava che parti dell'antico tempio del dio Adrano, che era stato edificato dai fondatori nei pressi della città, si trovassero nell'orto di Cartalemi; ma un possessore della località Cartalemi, tale Domenico dell'Erba, le avrebbe distrutte, assieme a vasi, monumenti ed altri preziosi beni storici.In età romana e latina il centro abitato si chiamò Hadranum; nell'età saracena Adarnu o Adarna, nella normanna Adernio ed Adriano, nell'angioina Adernò. Nel 1929 fu definitivamente chiamato Adrano.

!Origine della città

Cl. climatica zona D, 1 438 GG

Nome abitanti adraniti

Patrono San Nicolò Politi - san Vincenzo martire

Giorno festivo 3 agosto, 22 gennaio

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Il pendio dell'Etna è stato abitato fin dal neolitico inferiore. Le zone di maggiore insediamento sono sempre state due: quella tra le colline vulcaniche a nord-est dell'odierno abitato e la rocca e la zona nei pressi del Simeto. !!

$ !Verso il X secolo a.C. s'insediarono in entrambe le zone colonie di Siculi; nella "città del Mendolito" presso il fiume, attorno al centro abitato vi era un veneratissimo tempio di fango e legno. Mendolito, che sviluppò una raffinatissima civiltà del bronzo (vedi l'efebo ed il banchettante), ci ha lasciato, oltre alla cinta muraria, le porte e le tracce di capanne, una necropoli dalle caratteristiche sepolture a cupoletta (forse d'ispirazione micenea) e le più lunghe iscrizioni sicule della Sicilia nord-orientale. L'abitato, comunque, era già in netta decadenza intorno al secolo V a.C. !Dai Greci ai Saraceni La città greca di Adranon fu fondata nel 400 a.C. ad opera di Dionigi il Vecchio di Siracusa per rafforzare l'egemonia siracusana nella zona. Il possesso di Adranon, infatti, poteva consentire il controllo del Simeto e della città sicula di Centuripe, che si ergeva su una altura presso la sponda opposta del fiume. La conquista da parte di Dionigi fu molto cruenta e comportò la deportazione della popolazione.Nel 344 a.C., durante l'inarrestabile marcia di Timoleonte di Corinto verso Siracusa, nei dintorni di Adranon si combatté una battaglia che vide le truppe di Timoleonte sbaragliare quelle di Iceta, tiranno di Leontinoi. !

$ !!Dopo la battaglia, si narra che Timoleonte fu accolto con clamore dalla città di Adranon. La città durante il periodo di Timoleonte ebbe un notevole benessere e vi fiorirono scuole di pittura vascolare di meravigliosa fattura (vedi vaso dell'Ermitage). Dopo Timoleonte, durante i domini di Agatocle, Agatocle II, Arcagato e Gerone, fu sovente saccheggiata dai Mamertini. Nel 263 a.C. Adrano fu conquistata dall'impero romano ed inclusa, in seguito, tra le civitates stipendiariae, tra quei centri della Sicilia costretti a versare un tributo a Roma. Espugnata dal console Valerio con ottomila fanti e seicento cavalieri, fu trattata assai duramente: le case rase al suolo, gli abitanti passati alla spada ed il territorio consegnato agli "aratores" di Centuripe, che vi costruirono le proprie masserie. Nel 139 a.C. gli schiavi, unendosi ad Euno, si ribellarono e saccheggiarono le proprietà dei signori centuripini. Euno , che si era arroccato, oltre che nella roccaforte di Adrano, anche in quelle di Enna e Taormina, nel 131 a.C., dopo anni di eroica resistenza, fu sconfitto ed i suoi seguaci furono massacrati. La "pace romana" tornò a regnare ed Adrano per molto tempo fu considerata solo come territorio di Centuripe. Durante il periodo delle invasioni barbariche

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Adrano fu sottoposta a frequenti saccheggi, tranne che al tempo di Teodorico (493-526) per il buon governo di Cassiodoro. Cattiva sorte ebbe ancora durante il dominio bizantino, quando le catene furono di nuovo strette ai villici, tenuti in stato di servitù. !!Saraceni e Normanni Il dominio bizantino ebbe termine con l'occupazione saracena ad opera dell'emiro Musa verso la fine dell'anno 950 d.C., quando Adrano era ridotto ad un misero villaggio di capanne. !!

$ !!I saraceni si insediarono accanto alla Cuba ove fu edificata la residenza del Caid (capo militare, giudice, esattore e sacerdote), mentre gli adraniti si ritirarono verso est. Gli occupanti cambiarono il nome di Adranon in Adarnu o Adarna ed eressero una fortezza detta "Salem". Furono abbastanza tolleranti, economicamente assai attivi e fondarono o ripopolarono diversi casali, tra i quali quello di Bulichiel, al centro di fiorenti giardini, terre di seminerio e vigne. Usarono su larga scala le acque sia per mulini, gualcherie e tintorie, che per l'irrigazione delle colture cerealicole ed arboricole, come gli ortilizi, i fichi, i mandorli, i sicomori o gelsi neri per "nutricare" il baco da seta. Venivano coltivati pure il lino e la canapa. I saraceni, inoltre, per primi misero sul Simeto, nei pressi della contrada di Mandarano, una zattera o giarretta per il traghettamento del fiume. La conquista di Adrano da parte dei normanni iniziò nel 1075 con l'assedio del casale di Bulichiel da parte di un drappello di cavalieri guidati da Ugo di Yersey. !!

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!Nonostante l'eroica resistenza del Caid Albucazar, il casale venne occupato e ciò segnò anche la resa di Adarna da dove i cristiani erano corsi verso i normanni, accogliendoli come liberatori. Adrano fu compresa nella diocesi di Catania, retta dal monaco Ansgerio. Secondo il padre Aprile il conte Ruggero donò Adrano al figlio Goffredo e suoi successori la governarono, mentre secondo il Pirro costituì la dote di Adelicia, figlia di Rodolfo Macabeo. Il territorio, comunque, chiunque fosse il signore, era retto da un vicecomes (governatore) e da uno stratigoto (giudice criminale), che era anche castellano della fortezza. Nel periodo normanno Adrano continuò il progresso iniziato con i saraceni. La comunità adranita, che integrava abitanti di origine greca, saracena e normanna, era costituita da abili agricoltori ed artigiani, specie nell'arte della seta e della concia delle pelli.

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Svevi e Angioini Il periodo svevo segnò per Adernò, come per tutta la Sicilia, l'inizio di intolleranze, di egoismi municipali, di lotte di potere. Fu soprattutto rovinosa la persecuzione dei saraceni, costretti a ribellarsi ed a fortificarsi, sotto la guida di Mirabetto, a Troina, Entella e Centuripe, dove convennero anche i saraceni di Adernò. Nel 1225 furono sconfitti ed in gran parte massacrati; i superstiti furono deportati e confinati a Lucera. !

$ !!Durante il dominio svevo si verificarono per Adernò tre fatti significativi: la città ed il suo castello divennero il covo della famiglia di avventurieri dei conti Bartolomeo, che depredarono con violenza i beni della chiesa, finché non furono vinti e banditi da Federico nel 1209; la distruzione di Centuripe, rispetto alla quale ancora Adernò non si era liberata da un senso di inferiorità, e la deportazione dei suoi abitanti ad Augusta; la comparsa in città di un accattone dal nome Giovanni Calcara, che, somigliantissimo a Federico II, faceva credere, assecondato ed usato dagli interessati, di essere l'imperatore tornato dall'altro mondo per invitare i popoli al ritorno all'obbedienza alla chiesa e la reazione di Filangeri, che, constatando il pericolo che costui rappresentava per Manfredi, lo catturò e lo fece impiccare a Catania assieme ai suoi seguaci. !!

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!L'imperatore Federico, comunque, pacificatosi con i messinesi nel 1233, diede in "retturia" il casale a capitani di Messina, che divennero la classe dominante (vedi il sostrato di cognomi messinesi come Crisafi, Galifi, Crisà, Marullo, Milazzo, Di Salvo, ecc.). Adernò risentì molto delle lotte tra Angioini e Svevi. Prima passò, come gran parte della Sicilia, sotto il governo di Carlo I d'Angiò, poi di Corradino, fino a quando nel 1258 il Papa scomunicò Corradino e lo stesso venne decapitato a Napoli. Capece, seguace di Corrdino, si rifugiò a Centuripe, ma fu assediato dagli Angioini ed alla fine fu catturato, accecato ed impiccato. Da allora Adernò passò dalla dominazione della famiglia Lancia a quella della famiglia Maletta. Il casale, che era stato fiorente al tempo dei Normanni, si ridusse, con gli Angioini, ad un misero abitato in balia dei peggiori predatori. Il numero degli abitanti passò da circa mille a circa trecento.

!Gli Aragonesi

Tutto il periodo angioino e quello aragonese almeno fino a Federico IV, detto l'Imbecille (1377), fu un graduale scivolamento verso l'anarchia per il prevalere della prepotenza disgregatrice della nobiltà, che da un lato tendeva

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a togliere potere ai sovrani a proprio vantaggio e dall'altro ad impedire la crescita della borghesia commerciale e forense. !

$ !I "mastri artigiani" stavano dalla parte dei nobili e contro i piccoli contadini ed i braccianti. Nonostante Pietro III fosse stato invocato come un liberatore, anch'egli continuò a vessare le popolazioni con l'alibi di dover cacciare gli Angioini. Adernò diventò feudo del cavaliere catalano Garzia De Linguida, ma nel 1286 fu concessa a Luca Pellegrino, un funzionario del re Giacomo. La figlia di Pellegrino, Margherita, sposò Antonio Sclafani di Palermo. Matteo Sclafani, figlio di Giovanni e Margherita Pellegrino, fu nominato conte di Adernò e di Centorbe. Costui, uomo ricchissimo, fu pirata e mercante di schiavi e divenne anche signore di Ciminna, Chiusa e Sclafani. !

$ !Fu, per altro, devoto del monastero di S. Maria di Licodia, a cui donò nove salme di frumento annuali. Dalla prima moglie ebbe una figlia che diede in sposa a Guglielmo Raimondo Moncada; dalla seconda una seconda figlia che diede in sposa a Guglielmo Peralta di Caltabellotta. Mentre abitava a Palermo in un sontuoso palazzo, Adernò, povera ed indifesa, venne prima occupata da Roberto d'Angiò e successivamente dai latini guidati da Ruggero Tedesco. Dopo essere sfuggito nel 1352 ad un agguato mortale, Matteo Sclafani morì due anni dopo. La sua morte scatenò una contesa per la successione, che fu composta solo dopo 43 anni: i Peralta rinunciarono ai loro diritti a favore di Guglielmo Raimondo III Moncada, che lasciò al fratellastro Antonio (1355-1377) la contea di Adernò e Centorbe. In quel periodo i Papi Urbano X e Gregorio XI con la scusa di togliere le interdizioni alle città siciliane imposero tassazioni più che esose. Antonio Moncada lasciò la contea di Adernò al nipote Giovanni Raimondo, che parteggiava per la regina Bianca di Navarra (1410-1416).

!I Vicerè Dal 1412 al 1515, sotto i viceré, furono padroni di Adernò Giovanni Moncada (1414-1454), Giovanni Raimondo IV Moncada (1454-1466), Giovan Tommaso Moncada (1466-1501), Guglielmo Raimondo V Moncada (1501-1515) e Antonio III Moncada (1511-1549).

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$ !Giovan Tommaso Moncada restaurò la torre di Adernò, che da allora prese il nome di castello, e la fece circondare con un bastione; fece progettare la chiesa di S. Sebastiano; invitò a venire ad Adernò i frati minori osservanti di S. Francesco, offrì il feudo di Poggio Rosso per l'insediamento di un gruppo di profughi epiroti, detti "li greci", che fondarono un piccolo casale, poi Biancavilla, ove si parlava la lingua greco-ortodossa. Molti familiari di Ramondetta Ventimiglia, sposa del conte Tommaso, costruirono palazzi nel centro di Adrano, uno dei quali diverrà nel XVI secolo sede della congregazione del Devoto Monte di Pietà e nel XIX sede del Municipio. !!

$ !Il figlio di Tommaso, Guglielmo Raimondo V, che esercitava i poteri di padrone della terra, giudice e capo militare, ottenne dal viceré il privilegio di ripopolare il territorio di Centorbe. Antonio Moncada fu intollerante di ogni legge e ricettatore di delinquenti ed, in particolare, di una banda di 50 membri capitanati da Mariano Planes di Licodia Eubea. In questo periodo si costituì il nucleo amministrativo di Adernò attorno al quartiere della "Piazza", composto da funzionari di ceto nobile. I più importanti erano: il capitano di giustizia, i 4 giurati, il tesoriere, il giudice civile, il giudice criminale, l'archivista, il mastro notaro, il castellano e il governatore del conte. A questo periodo risale anche la chiesa di S. Antonio Abate col meraviglioso polittico, opera forse del pittore Salvo Di Antonio. Con i successori di quest'ultimo, Francesco Moncada e Luna e Francesco II (1550-1592), ebbe grande impulso l'edilizia religiosa: fu ingrandita la chiesa di S. Maria Assunta, fu progettata la matrice a tre navate, si diede inizio alla costruzione del monastero di S. Lucia nuova, si fondò la chiesa della Catena. Adernò adesso toccava i seimila abitanti, essendosi accresciuta di un terzo rispetto ai primi del secolo. Era cresciuta una robusta classe di borghesi ed agricoltori, che avevano dato impulso alla produzione del grano ed all'allevamento del bestiame, anche se la classe nobiliare manteneva esosi privilegi, come quello di tenere schiavi. Sotto il principato di Don Antonio Aragona e Moncada e di Luigi Guglielmo Adernò era un immenso cantiere per fabbriche ecclesiastiche e per palazzi (come quelli degli Spitaleri nel quartiere "Gurgo", dei Ciancio nel quartiere S. Pietro, dei Guzzardi e dei Campo nel quartiere della "Piazza" e della Catena). Solo nel 1693 l'edilizia ebbe un arresto a causa del terremoto.

!DAL '700 al '900

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DAL '700 AL 1820 La rovinosa guerra che ebbe il suo culmine nella battaglia di Francavilla del 1819, quando gli spagnoli furono battuti dagli austriaci, fu per Adernò causa di grandi malanni, di razzie e di violenze. Al breve dominio piemontese (1713-1720) successe il dominio austriaco che si caratterizzò per l'esosità fiscale. Solo verso la metà del '700, con l'avvento dei Borboni, la situazione agraria ed economica in generale andò migliorando. Anche la popolazione ricominciò a crescere. Nel 1794 Adernò contava 6.623 abitanti e 750 proprietari laici, 12 religiosi e 33 forestieri. In questo periodo nella città iniziò la coltura intensiva dell'ulivo e la produzione dell'olio e si costruirono la nuova chiesa di S. Lucia, i "damusi reali" e il teatro, si istituì la fiera di S. Lucia, si "basolarono" le vie principali. Adernò si candidava a diventare capoluogo di circondario e sede di giudice regio, come di fatto avvenne nel 1819. !

$ $ $ !DAL 1820 AL 1860 In questo periodo, con varie colorazioni e motivazioni, si succedettero tumulti e rivoluzioni. Nel 1820, a seguito della rivolta scoppiata a Palermo, a Biancavilla, Bronte ed in parte Adernò si svilupparono forti agitazioni sociali e furono costituiti comitati provvisori a sostegno del colonnello Pietro Bazan, che aveva concentrato il grosso delle forze della Sicilia orientale a Troina. Il comitato di Adernò fu, però, presto sgominato e la città divenne una roccaforte dei Borboni con le "squadre punitive" capitanate da don Francesco Palermo. Tra i reazionari più attivi si distinse il giudice Giovanni Sangiorgio Mazza.

!Tradizioni Eventi della tradizione adranita La Settimana SantaI riti della Settimana Santa in Adrano San Nicolò Politi - Storia e CultoStoria e culto del Santo adranita Nicolò Politi !!

LA SETTIMANA SANTA I giorni della Pasqua sono molto sentiti dalla popolazione di Adrano, che ha conservato nel tempo tradizioni e riti di grande spettacolarità e di intenso contenuto emotivo, i quali attirano ogni anno una moltitudine di fedeli e di curiosi, anche di altre città e stranieri. La "Settimana Santa", infatti, contiene elementi tradizionali le cui radici affondano in epoche lontane. Ha inizio la "Domenica delle Palme", con la rappresentazione della "Via Crucis", a cura dell'Associazione del Rosario, che vive il suo momento culminante con la scena della Crocifissione. !!

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$ !Il "Giovedì Santo" la struggente processione della seicentesca statua del Cristo alla Colonna, con il capo pendente da un lato, pieno di lividi e di ferite, che suscita in tutta la popolazione un'immensa pietà. La leggenda legata a questo episodio della Passione narra che il corpo di Cristo sarebbe legato ad una colonna con una corda senza nodo, per prodigio di un Angelo. Il corteo, capeggiato dal clero e dalle molteplici Confraternite contraddistinte dal loro storico stendardo, parte dalla chiesa di San Sebastiano e si snoda lungo il corso Garibaldi, per giungere nella Chiesa Madre. Gli uomini sorrreggono il fercolo sulle spalle e cercano di imitare le sofferenze di Gesù sotto il peso della croce, a passi lenti, con quella strana andatura di tre passi avanti e due indietro, e facendo a volte vacillare il fercolo, per rappresentare e far rivivere il tormento, le torture, le agonie che portarono il Figlio dell'Uomo al supplizio della croce. La processione si scioglie a notte tarda, dopo aver portato la statua in visita nelle varie chiese, dove sono allestiti bellissimi sepolcri. !!

$ !!Per le vie cittadine, la processione è accompagnata da una dolcissima e struggente musica, di incomparabile fattura artistica, che accompagna anche la processione della mattina del "Venerdì Santo", durante la quale l'Addolorata, portata a spalla da un folto numero di ragazze e di artigiani barbieri, va in cerca del Figlio. La scultura della Madonna Addolorata, opera del Colella di Lecce, è ispirata alla "Vergine sul Golgota", una pittura ad olio dell'adornese Giuseppe Guzzardi, esposta nel Santuario di Maria Ausiliatrice. !!

$ !!La sera del "Venerdì Santo" è fra le più emozionanti e suggestive delle celebrazioni pasquali. Il Cristo Morto, " 'U Lizzanti", viene portato in spalla per le principali vie della città dai giovani universitari con il tradizionale copricapo a punta e accompagnato dalle autorità civili e dalle Confraternite, che indossano le cappe colorate dei rispettivi ordini. Lungo il percorso, la folla esegue in coro un canto funebre di grande effetto emotivo. Nelle ore notturne del sabato, viene proclamata la resurrezione del Cristo. Questa, un tempo, avveniva a mezzogiorno, l'attesa del sabato veniva rotta dal suono festoso delle campane delle chiese cittadine; esse, infatti,

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venivano legate dopo la S. Messa del "Giovedì Santo". Durante la cerimonia, un grande telone del '700 viene issato nell'area presbiteriale insieme alla statua del Cristo Risorto: quando il telo viene issato, alcune candele, poste ai piedi della statua, si spengono e i contadini di un tempo, in base al numero di esse che rimanevano accese, traevano auspici per il raccolto. La "Domenica di Pasqua", la mattina, vengono portate in giro per la città le tre statue del Salvatore, della Madonna e dell'Angelo (l'incontro avverrà dopo la rappresentazione della Resurrezione, ossia della Diavolata e dell'Angelicata). !

$ !!In tarda mattinata, nella piazza Umberto, si svolge la sacra rappresentazione settecentesca della Diavolata (in gergo "I Diavulazzi 'i Pasqua"), che si rinnova da 250 anni e si tramanda da padre in figlio. I personaggi principali sono i diavoli (Lucifero, Belzebù, Astarot), la Morte, eterna nemica dell'uomo, l'Umanità, simbolo della speranza, e l'Arcangelo Michele, avversario del demonio. I diavoli cercano di convincere l'Umanità a restare dannata, poichè il cadavere di Gesù Cristo, che è risorto, non è più nel sepolcro, ma interviene l'Arcangelo Michele che sconfigge definitivamente Lucifero, liberando l'Umanità. !

$ !!Segue, ma soltanto dal 1980, la rappresentazione dell'Angelicata, che con la Diavolata forma l'opera di Anselmo Laudani "La Risurrezione"; in essa, due Angeli offrono doni alla Madonna e al Cristo Risorto, il quale la proclama Regina del Cielo. !!

$ !!Finita la sacra rappresentazione, davanti la chiesa di Santa Chiara, avviene l'incontro tra Maria e Gesù, la cosiddetta "Pace": la Madonna, che già dalla mattina era alla ricerca del Figlio risorto, incontra finalmente il Salvatore, tocca la piaga del Figlio e un Angelo annuncia all'umanità la redenzione degli uomini. La rappresentazione della Diavolata, da alcuni anni, viene riproposta la sera, in uno scenario naturale di rara bellezza, qual'è piazza Umberto incastonata dagli storici edifici che la circondano e dal maestoso Castello Normanno, reso ancor più suggestivo da un'artistica e sapiente illuminazione d'ambiente. !!Storia e culto del Santo adranita Nicolò Politi

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! !!S. Nicolò nacque in Adernò il 3 agosto 1117 da Almidoro e Monna Alpina. La sua nascita fu prodigiosa, esemplare la giovinezza, di eminente santità tutta la vita. Ancora giovane fece voto di verginità; e, quando i genitori avevano disposto per lui un matrimonio con una giovinetta di nobile famiglia, egli, ascoltando la chiamata di Dio, personificata nell’apparizione di un Angelo, fuggì prima in una spelonca della zona nord-occidentale dell'Etna chiamata "Aspicuddu" e, dopo tre anni, per maggiore sicurezza, in quella del monte Calanna, nei pressi di Alcara, in provincia di Messina. Là passò trentatré anni di vita eremitica in penitenza austera, nel fervore della preghiera e della contemplazione, ringraziando Iddio delle grazie singolari e dei prodigi segnalati che operava nel suo umile servo. Ogni sabato si recava a due chilometri di distanza, nel cenobio del Rogato, per ricevere la comunione. Morì il 17 agosto 1167, nella sua spelonca mentre pregava, all'età di 50 anni. Il racconto del ritrovamento del corpo contiene fatti miracolosi, che il padre gesuita Ottavio Caietano ha riportato fedelmente. Il provvidenziale smarrimento dei buoi di un contadino, Leone Rancuglia, fece scoprire il sito ed accorrere là in pellegrinaggi di devota ammirazione, gli Alcaresi. L’eremita era lì, esanime, in ginocchio, con il libro delle preghiere aperto in mano ed il bastone a forma di croce poggiato sulla spalla. Il suo corpo fu portato, per volere divino, al Rogato, dove rimase incorrotto in posizione genuflessa, come era stato trovato, per 336 anni, rifulgendo sempre per nuovi miracoli. Fu elevato agli onori degli altari da Papa Giulio II nel 1507. Da quell'anno le sacre reliquie posano integre, in una preziosa arca, nella Chiesa Madre di Alcara. Si pensò di forgiare una statua e fu chiamato un bravo scultore messinese, il quale pensò di ritrarre il Santo nell'atto in cui si recava al Rogato. La statua era quasi finita, quando una mattina lo scultore la trovò con le gambe piegate. L'artista pensò che si trattasse della poca consistenza dello stucco e la sistemò nuovamente, ma la mattina seguente la trovò in ginocchio, stupefatto pensò di lasciarla in quella nuova posa. Gli Adornesi, molto probabilmente per tradizione tramandata da padre in figlio, si ricordavano vagamente di quel giovane che era sfuggito alle nozze, ma quando (dopo il 1657) vennero a conoscenza dell’opera del padre gesuita Ottavio Caietano, “Vitae Sanctorum Siculorum”, il culto e la devozione al Nostro Concittadino ebbe un grande sviluppo. Nell’anno 1670, con decreto del vescovo di Catania Michelangelo Bonadies del 7 agosto, a spese del popolo adornese e di Natalizio Gualtieri, fu innalzato un tempio in onore del Politi, nel luogo dove la tradizione tramandava essere stata la sua casa nativa. Sempre a spese di Natalizio Gualtieri venne plasmato il primo simulacro e posto alla venerazione dei fedeli. Ventisei anni dopo, il 25 giugno1696, con atto pubblico, rogato dal notaio Pietro Anastasio, gli Adornesi eleggono il Santo a loro protettore e compatrono assieme a San Vincenzo. Con atto pubblico del notaro Giovanni Morabito di Adernò il 12 marzo 1742, il nostro Santo Concittadino venne riproclamato “Patrono di Adernò”. Gli adraniti intanto essendo venuti a conoscenza dei miracoli operati dal loro cittadino proclamato patrono di Adernò, si interessarono per avere una reliquia del Santo negata dagli alcaresi. Nel 1926, si approvò dalla Santa Sede, da Adrano e da altri paesi del messinese partì una spedizione di 350 uomini fra carabinieri,vicequestori ed in testa uno pseudo capo di polizia, il Sac. Angelo Bua ed il Sig. Giuseppe Cortese. La spedizione ebbe buon esito, sanò la pace fra i due paesi e gli adraniti ebbero il capo del Santo e agli alcaresi rimase il resto del corpo.

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Dal 1679 la festa del Santo veniva celebrata il 17 Agosto, anniversario della morte. Successivamente, precisamente nel 1748, per concessione del Pontefice Benedetto XIV, essa venne trasferita al 3 Agosto. Il popolo adranita chiese questo trasferimento, affinché la festa potesse essere celebrata più solennemente , nell’intervallo tra altre due feste principali: quella di S. Pietro in vincoli, l’uno agosto, e quella di Maria SS. Ad Nives o Madonna della Catena , il cinque Agosto. !!

$ !Da allora la festa continua a celebrarsi il 2, 3, e il 4 Agosto con diverse funzioni sacre e le rituali della reliquia e della statua del Santo. Molto rappresentativa nella giornata del 3 la simbolica "Volata dell'Angelo" che ricorda la chiamata di Dio al giovane Nicolò. Verso le 20 di sera, dopo che il fercolo con la statua del Santo ha percorso le vie del paese, in Piazza Umberto alla presenza di una moltitudine di popolo, si svolge la singolare cerimonia: un fanciullo vestito da Angelo, viene sospeso lungo un filo d'acciaio, all'altezza di dodici metri, legato da un lato al Palazzo Bianchi e dall'altro alla Chiesa Madre .

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$ !Il bambino, tirato a mano, giunto in prossimità del fercolo del Santo viene fermato e abbassato fino all’altezza del Santo Nicolò e recita la seguente ode sacra: “Silenzio popolo. Salve, o Nicola: i secoli Ti chiameran beato! Inno immortal di gloriain ciel ti sarà cantato! A Te che fosti intrepido con l’alma e con la fé e il cor serbasti incolume dell’universo al Re, Nell’ora del perielio A te ricorreremo, nel dì della vittoriauniti a Te saremo, In questo dì solenne Di gloria e di amor gridiamo uniti: viva, viva il fulgido San Nicolò Politi” poi lancia un mazzo di fiori verso il fercolo e risale in alto. Segue una lunga sequenza di fuochi d'artificio. Per tradizione si presume che la Volata dell’Angelo viene celebrata già dalla fine del’700, quando S. Nicolò Politi venne proclamato “Patrono di Adernò”. Una prima testimonianza scritta attestante lo svolgimento della Volata è stata trovata nell’archivio comunale. Un manoscritto del 1 Agosto 1887 sulla programmazione delle festività di S. Nicolò, a firma del Rettore della festa, riporta il giorno e la breve descrizione dell’evento. Il Nicotra nella sua “Storia dei Comuni della Sicilia”, Palermo, 1907 , illustrando Adrano e le sue bellezze artistiche descrive anche il singolare evento : “ …Un altro rimarchevole ed emozionante spettacolo è quello così detto della Volata dell’Angelo, che ha luogo il 3 Agosto nella ricorrenza della festa principale di S. Nicolò Politi. Da un verone del palazzo municipale al campanile di chiesa Madre si attacca una grossa corda… si apre una cortina ed appare un ragazzo vestito da angelo, con le ali, il quale per mezzo di appositi ganci viene sospeso a quella corda, e con un’altra più piccola lo tirano e vola. Arrivato sulla bara del santo, si abbassa recita un ode sacra e poi si libra nuovamente in alto”. !!!!!!