affari di gola - febbraio 2010

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La grande sfida tra sedici chef L’enologo: “Sempre più decisiva la rete commerciale” VINO I “piatti della nonna” stanno sparendo, salviamoli! PENNA ALL’ARRABBIATA Sale e pepe, i consigli dell’esperto INGREDIENTI La macchina del pane ha fatto boom FOCUS IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO febbraio 2010 Supplemento al n. 6 de “La Rassegna” del 18 febbraio 2010 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile - Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - 2,60 Phototecnica by Paolo Chiodini Perbellini: genio e “regolatezza”, ecco cosa serve per vincere

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in rassegna sapori e gusti del territorio bergamsco

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Page 1: Affari di Gola - febbraio 2010

La grande sfi da tra sedici chef

L’enologo: “Sempre più decisiva la rete

commerciale”

VINO

I “piatti della nonna” stanno sparendo,

salviamoli!

PENNA ALL’ARRABBIATA

Sale e pepe,i consigli

dell’esperto

INGREDIENTI

La macchina del pane

ha fatto boom

FOCUS

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

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Phototecnica by Paolo Chiodini

Perbellini: genio e “regolatezza”, ecco cosa serve per vincere

Page 2: Affari di Gola - febbraio 2010

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Page 3: Affari di Gola - febbraio 2010

FEBBRAIO 2010

S O M M A R I O5

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PENNA ALL’ARRABBIATAMa è possibile che non si trovi piùchi propone i “piatti della nonna”?

FOCUSLa macchina del pane si fa largo in cucina

L’EVENTOBocuse d’Or: scelti i 16 candidati,parte la grande sfi da

LA STORIABergamo, i “Sette nani” e la Festa del colesterolo

GLI INGREDIENTISale e pepe superstar

IL RISTORANTEAl Tram, la sosta col sapore della storia

IL CONGRESSOSemplicità e tradizione, il nuovo binario della ristorazione

L’INTERVISTAVino, “la qualità conta, ma ancor di più la rete commerciale”

Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 - 24125 BergamoPresidente: Ivan RodeschiniDirezione e Redazione: La Rassegna S.r.l. - via Giorgio Paglia, 26 24121 Bergamo - tel. 035 213030 fax 035 [email protected] responsabile: Giuseppe RuggieriIn redazione: Anna FacciOpinionisti: Pier Carlo Capozzi, Enrico RotaPubblicità: S.P.M. srl - viale Papa Giovanni XXIII, 120/12224121 Bergamo - tel. 035 358 888 fax 035 358 753Abbonamenti: www.larassegna.it - tel. 035 4120304Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 185 del 20 Febbraio 1950Collaboratori: Michele Andreucci, Leo Bartoli, Laura Bernardi Locatelli, Pino Capozzi, Ettore Coffetti, Fulvio Facci, Roberta Martinelli, Roberto Morandi, Lelia Parisi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Donatella Tiraboschi, Sara VavassoriImpaginazione: Videocomp, BgStampa: Litostampa Istituto Grafi co, Bg

I NOSTRI INSERZIONISTI

4R, Il Bello delle Unghie, Brevi Due, Bocuse d’Or - Cooking Expo, Loipoll, La Mimosa, Ol Formager, Poker, Relux, Sapore di Mare, Speal.

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

Page 4: Affari di Gola - febbraio 2010

Partner uffi ciali

Sponsor uffi ciali Con il patrocinio di:

Un evento organizzato da Promozione del Territorio: In collaborazione con:

Lunedì 15 marzo 2010Ore 9 - 16 Selezione Italiana Bocuse d’Or.

Esibizione otto candidati

Ore 10.30 Assemblea Generale Pubblici Esercizi

Lombardia. Ente organizzatore Fipe

Ore 14.30 Workshop “La Cucina Italiana di qualità

come leva dell’economia made in Italy”.

Ente organizzatore Camera di Commercio Bergamo

Ore 20.30 Cena di Gala

Martedì 16 marzo 2010Ore 9 - 16 Selezione Italiana Bocuse d’Or.

Esibizione otto candidati

Ore 10.30 Convegno “La Ristorazione di Qualità

incontra le Istituzioni”. Ente organizzatore Fipe

Ore 18.00 Selezione Italiana Bocuse d’Or.

Proclamazione del vincitore e

premiazione dei concorrenti.

Promozionedel Territorio

Cookingwww.cookingexpo.it

FIERA di BERGAMO

15-16 M A R Z O 2 0 1 0

Page 5: Affari di Gola - febbraio 2010

Ma è possibile che non si trovi più chi propone i “piatti della nonna”?

La contraddizione è solo apparente. Perché si può parlare in contemporanea di “Bocu-se d’Or” e di “cucina della nonna” senza far

torto a nessuno e, soprattutto, senza che nessuno si senta superiore.Nel momento infatti in cui, con legittimo orgoglio, ci prepariamo ad essere al centro dell’attenzione internazionale per un appuntamento gastronomi-co di grande prestigio, ecco che ci pare giusto rilanciare quelle ricette, per lo più sparite dai tavoli della ristorazio-ne ricercata, di cui patiamo, in nume-rosa compagnia, la latitanza.La fi losofi a del discorso, come credo sia per tutti, nasce naturalmente dal nostro vissuto personale e dai ricordi, tenerissimi quanto appetitosi, di quello che ci arri-vava in tavola nei beati giorni della gioventù.La cucina del mio privilegio (scrivo così per darmi importanza, ma non ricordo possibili alternative) era quella di mia nonna Ines, per lunghi periodi della mia vita, da bambino e più in là, cuoca af-fettuosa e bravissima: cominciava a traffi care al mattino presto pur di soddisfare questo nipote che, a onor del vero, non manifestò mai grandi pretese.Ma lei si sentiva sempre sotto esame e, quindi, do-veva strafare.Il suo menù tipico era formato da Gnocchi al ragù (inarrivabili), Cotoletta alla milanese, almeno quattro contorni tra cui il tortino di carciofi , un budino vaniglia-cioccolato con lo zabaione caldo versato sopra, il caffè della moka.Ho detto menù tipico, forse avrei dovuto specifi care “menù preferito”: nei giorni a seguire si variava, ma sempre su calorie e scelte di livello perché, so-steneva la nonna, “sacco vuoto non sta in piedi”.La quotidianità di questa straordinaria donna cremonese era interrotta in estate dalle vacanze al mare e dalla cucina di un’altra interprete ec-celsa di famiglia: zia Anna che, da cuoca barese, preparava Melanzane e Pasta al forno, Maccheroni con le polpettine, Orecchiette, Patate riso e cozze, i Panzerotti più buoni del mondo e altre meraviglie ancora.

Il vostro cronista, al nord come al sud, era un au-tentico (e , allora, inconsapevole) privilegiato. Non so dire, quindi, se la voglia di cucina della nonna e della zia derivi da quei ricordi, alcuni ancora attuali, ma credo proprio che ci sia una consistente base di partenza. E veniamo ai giorni nostri: è mai possibile che non si riesca, con facilità, nei ristoran-

ti, a trovare una Cotoletta alla milane-se, una Cassoeula, un Bertagnino fritto, le Polpette, il Rognone, le Lasagne, un Fegato alla veneta, i Cannelloni, una Pasta e fagioli, un’Amatriciana e via elencando? Attenzione, io so dove andare a tro-varli quasi tutti, ma questo non deve essere il privilegio di pochi che girano

spesso, dovrebbe essere la possibilità data a molti di soddisfare desideri del tutto legittimi e non diffi -cilissimi da esaudire.Gnocchi, Cotoletta e Cassoeula, per esempio, si tro-vano spesso a “Il Frate” di Urgnano; Nilla Frosio, al “Posta” di Sant’Omobono, propone delle Polpette strepitose; un ottimo Fegato alla veneta si gusta al “Giubì” di Almenno San Bartolomeo; la “Trattoria Camozzi”, a Bergamo, prepara Pasta e fagioli e cer-tamente altri ancora, che ci farebbe piacere se ce lo segnalassero, hanno in lista piatti che sembrano spariti dal circuito dei golosi.Tanto per citare qualche fonte, parliamo di Face-book, è il caso di far presente che esiste un simpa-ticissimo gruppo denominato “La confraternita del Bertagnì con la pastella” che, siamo sicuri, aumen-terà i propri adepti dopo questa segnalazione.I gruppi che raccolgono gli amanti delle polpette, invece, non hanno bisogno di notorietà: di melan-zane, al sugo, dell’Ikea, di patate, esse raccolgono fans a migliaia e questo, acciderba, vorrà ben dire qualcosa.“Piovono polpette” al cinema e noi speriamo che la stessa benefi ca perturbazione riguardi anche tan-te tavole di ristoratori e cuochi di buona volontà. Perché preparare un’Aragosta alla catalana non è impresa particolarmente diffi cile.Ma cucinare delle buone Polpette al sugo…

PENNA ALL’ARRABBIATAdi Pier Carlo Capozzi

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Sempre più diffi cile, nei ristoranti, trovare una Cotoletta alla milanese, una Cassoeula, un Bertagnino fritto, le Polpette, il Rognone, il Fegato alla veneta, una Pasta e fagioli.

Non lasciamoli sparire!

Affari di Gola febbraio 2010

Page 6: Affari di Gola - febbraio 2010

La crisi incentiva il fai da te e moltiplica le occasioni per misurarsi con nuove

esperienze: ci si può ingegnare ai fornelli o dedicarsi ad altre attività, dalla coltivazione dell’orticello sul terrazzo alla trasformazione della cucina in un laboratorio hi-tech dove si può perfi no, con la compli-cità di piccoli e geniali elettrodo-mestici, preparare il pane in casa. Le macchine per il pane sono in effetti tra gli elettrodomestici ca-salinghi i più gettonati da almeno due stagioni. Sono diventate un oggetto cult per chi vuole portarsi in casa quel profumo unico del pane appena

sfornato e impostare impasti, lievi-tazioni e cotture per poter spalma-re burro e marmellata su una fetta di pane ancora caldo e iniziare al meglio la giornata. A “mettere le mani in pasta” non è solo l’esercito dei cultori del fai da te, non sono solo le famiglie che cercano di dare un ulteriore taglio alla spesa - già risicata dalla convi-venza con la crisi - di tutti i giorni: i primi ad aver portato nelle proprie cucine i famigerati apparecchi tut-tofare sono stati gli intolleranti a glutine, lieviti chimici, frumento e quant’altro. I quali, data la diffi coltà nel reperire prodotti alternativi (negli ultimi anni le cose sono

fo r t u n a -t a m e n t e migl iora-te), hanno d o v u t o improvvisarsi fornai. Dal negozio specializzato sotto casa alla grande distribu-zione, ha fatto ormai la comparsa sugli scaffali un’offerta - ancora non troppo ampia - di macchine del pane, dalla più economica alla più sofi sticata. Le principali case che hanno rispo-sto all’esigenza dei consumatori sono Moulinex, Princess, Kenwo-od, Ariete: i prezzi oscillano dagli

Complice anche la crisi, da un paio d’anni continuano a crescere le vendite del piccolo elettrodomestico. Anche a Bergamo la tendenza è in atto, come confermano molti negozianti che abbiamo interpellato. Sugli scaffali ce ne nono di tutti i prezzi e per tutte le esigenze, anche per chi ha problemi di intolleranze alimentari

FOCUS di Laura Bernardi Locatelli

La macchina del pane si fa largo in cucina

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Capello (Aspan): “Impensabile paragonarlo a quello dei fornai”

Roberto Capello, presidente dei Panificatori dell’Aspan, etichetta le macchine del pane e il prodot-to fi nale come un esperimento hobbistico. “Perché - spiega - il panifi catore è un allevatore, deve coltivare la pasta, avere conoscenze ingegneristiche della forza della farina alle sue caratteristiche fi siche. Nonostante gli sforzi dei mulini di creare un prodotto standard, la farina, come qualsiasi altro prodotto di ori-gine vegetale, è infl uenzata dal terreno, dal clima e da molti altri fattori”. Insomma, l’arte di fare il pane non si improvvisa, so-stiene a gran voce Capello a nome di tutti i panifi catori,

per di più con un diploma di perito agrario in tasca. “I cambiamenti di clima e le piccole variazioni delle ma-terie prime richiedono una sensibilità notevole da par-te degli operatori, che si affi na col tempo e che gli con-sente il più opportuno “adeguamento di scena” per dirla con un altro linguaggio. Una cosa è poi il lievito di birra, un’altra è il lievito-madre: “I panifi catori hanno l’abitudine di fare lavorazioni indirette il giorno prima, curando la pasta madre, lievito naturale o alcolico che, a differenza del lievito chimico, consente la fermenta-zione lattica, selezionando anche organismi - i Lactoba-cillus - che danno una maggior crescita del prodotto,

I PANIFICATORI

Affari di Gola febbraio 2010

Page 7: Affari di Gola - febbraio 2010

80 ai 180 euro, ma non mancano a l c u n e s o t t o -marche gettonate,

come la Dpe, con prezzo di vendita

attorno ai 50 euro. C e n ’ è i n s o m m a

per tutte le tasche e per tutte le esigenze:

i tempi di preparazione dall’impasto a fi ne cottura

variano da 58 minuti, con il programma preparazione rapida, alle 3 ore circa e si possono realizzare tutti i tipi di pane: basta scegliere

gli ingredienti, la quantità desiderata, programmare il

grado di cottura e al resto pensa la macchina. Inoltre, con la programmazione automatica è possibile impostare la preparazione alla sera e svegliar-si la mattina con il pane che più fresco non si può, senza metter piede fuori casa. I migliori piccoli elettrodomestici hanno cottura ventilata per miglio-rare il tutto, accessori-dispenser per aggiungere erbe aromatiche, sesamo, uvetta e quanto sugge-risce la propria fantasia, luci in-terne ed oblò per controllare la preparazione e innovativi bracci impastatori. Non mancano modelli pronti a

preparare baguette al posto della classica pagnotta e del pane in cassetta. Infine, molte macchine offrono la possibilità di sfornare formati e quantitativi diversi di pane, a seconda del numero di ospiti e familiari a pranzo e cena. Le vendite continuano ad incre-mentare anche se il presidente del Gruppo Elettrodomestici dell’Ascom, Armando Zucchi-nali, non manca di sottolineare: ”Non parlerei di un vero e proprio fenomeno. Le macchine del pane rappresentano senza dubbio una novità, visto che hanno fatto il loro ingresso nel mondo degli elettrodomestici abbastanza re-centemente. Ma credo che pochi abbiano la costanza di applicarsi a fare il pane tutti i giorni. Credo piuttosto che sia un hobby e che sia praticato come tale, non assi-duamente”. Diversa la situazione secondo Paolo Maccarini, nel negozio “Mammoleggi&Maccarini” di via Ghislandi: “Il fattore novità in-fl uenza positivamente le vendite, che per le macchine del pane sono in continua crescita, con un boom negli ultimi due anni. Sono macchinari che hanno fatto il loro ingresso sul mercato vent’anni fa, ma che prima, anche per gli elevati costi, venivano acquistati da pochi.

Oggi i prezzi sono decisamente più abbordabili e i prodotti hanno fatto importanti balzi tecnologici in avanti. Il modello più completo, che stiamo vendendo bene, è una macchina compatta con dispenser automatico per granaglie (uvetta, spezie, sesamo) che vengono auto-maticamente inserite nella secon-da fase di lievitazione, controllata elettronicamente ed è dotata di un umidostato, in grado di rilevare l’umidità esterna e di adattare la produzione alle condizioni clima-tiche ambientali. Va a ruba anche il nostro primo prezzo: molti lo ac-quistano per iniziare a cimentarsi con la panifi cazione per poi maga-ri puntare su modelli più sofi sticati in un secondo tempo”. Da Trony (ex Cordani) in via Mo-roni il piccolo elettrodomestico

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grado di cottula macchina. Inoltre, con la automatica è pola preparazione asi la mattina cofresco non si p

una maggiore conservabilità e digeribilità, una colora-zione inconfondibile della crosta ed un aroma più in-tenso, dal sapore e dalla fragranza particolari. Oggi la procedura è costantemente sotto controllo e compu-terizzata, ma il rituale della pasta di riporto è lo stesso”. Le osservazioni non vengono risparmiate nemmeno sul fronte della cottura: “Nelle macchine del pane la cottura avviene nella stessa vasca d’impasto. Ora, dai 37 gradi circa della temperatura d’impasto, raggiunge-re i 200 gradi richiede un lasso di tempo abbastanza lungo. Si forma pertanto una crosta piuttosto spessa, mentre l’interno resta ricco di umidità. Insomma, una rosetta classica è praticamente impossibile da raggiun-gere. Ma non intendo assolutamente criticare l’hobby del fare il pane in casa: è solo impensabile paragonarlo a un lavoro, fatto anche di grossi sacrifi ci, e ad una pro-fessione e ad un know-how che si tramanda di genera-zione in generazione”.

Roberto Capello

Affari di Gola febbraio 2010

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L’ex fornaio Gritti (Osteria di via Solata)e la passione per il pane fatto “in casa”

Lo chef-patron dell’Osteria di via Solata ama ricordare di essere se non nato, cresciuto nelle ceste del pane a

Gavarno di Nembro. Figlio di forna-io - (“Mio padre, Bortolo, ha ini-ziato a fare il panettiere a 12 an-ni a San Giovanni Bianco” sotto-linea ) - ha trascorso i primissimi

anni della sua vita nel retro del ne-

gozio di famiglia, dove c’era il laboratorio per la prepa-razione del pane: “Mia madre, Giuseppina, si è sempre divisa tra bottega e fi gli e, per conciliare al meglio le due attività, quando doveva servire i clienti ci affi dava agli operai che lavoravano nel forno, e passavamo ore e a volte giornate intere nelle grandi ceste del pane, che allora erano di vimini, avvolti nella copertina di la-na - spiega Ezio Gritti -. Sono nato col profumo del pa-ne, che, ancora oggi, rappresenta per me una sorta di richiamo ancestrale: ogni notte, quando rientro a casa dal ristorante alle due o alle tre di notte il profumo dei forni di Ambria, a Zogno, accompagna il mio viaggio”. E, prima di intraprendere la carriera in cucina, ha fatto per anni il fornaio a Gavarno, iniziando il tour-de force della panifi cazione a notte fonda, per poi inforcare alle prime luci dell’alba la bicicletta e consegnare il pane di casa in casa, ad ogni famiglia, dando la sveglia a tutto il paese: “L’arte di fare il pane - dice - mi ha stregato fi n da bambino, quando mi sembrava una magia vedere la farina, l’acqua e il lievito trasformarsi in pane dalle mil-le forme. Creare impasti diversi per ogni forma, impa-

IL RISTORATORE

Gavarno di Nembro. Figlio di fornio - (“Mio padre, Bortolo, ha inziato a fare il panettiere a 12 ani a San Giovanni Bianco” sottlinea ) - ha trascorso i primissim

anni della sua vita nel retro del n

per il pane è stata l’idea-regalo tra le più gettonate: “Le macchine del pane sono sempre più richieste e conosciute e quest’anno a Na-tale le vendite sono andate oltre le nostre aspettative - dichiara la responsabile del reparto-. È un prodotto che in realtà ha sempre avuto mercato: negli anni passati venivano richieste soprattutto per ovviare a problemi particolari di intolleranza alimentare, oggi è un piccolo elettrodomestico che ha ormai fatto il suo ingresso in molte case bergamasche”. Riscontri positivi in generale dalle aziende produttrici. Giorgio Bet-tiol, direttore Commerciale Italia De’ Longhi Appliances dichiara: “Abbiamo iniziato la vendita di macchine del pane da qualche anno e ci sta dando notevoli sod-disfazioni, riportando un tasso di crescita a due cifre. I nostri con-sumatori apprezzano le macchine per il pane Kenwood sia per l’af-fi dabilità che per l’alto contenuto innovativo, oltre che per il design

nettamente distintivo”. Assoluta-mente positive anche le vendite nella grande distribuzione, oltre a Trony, anche da Mediaworld si conferma il trend positivo: “L’anno in generale è andato bene, in deci-sa controtendenza rispetto al mer-cato - afferma Maurizio Motta, direttore Generale Mediamarket (Mediaworld) -. Le performance dei piccoli elettrodomestici per

il fai da te domestico sono state ottime sia a livello nazionale che in particolare a livello di Lombar-dia e nella Bergamasca. Complici infatti la ricerca per il risparmio da un lato e l’innovazione dall’al-tro, molti prodotti e servizi che prima venivano acquistati fuori casa sono stati riportati tra le mura domestiche”. La tendenza del 2009 per i ber-gamaschi è stata quella del fatto in casa, della cucina sana e del benessere; “Con la crisi - continua Motta - si passa più tempo tra le mura domestiche e le spese ven-gono orientate verso quei prodotti che migliorano la qualità della vita e del tempo trascorso in famiglia con un occhio al risparmio. Le vendite delle macchine per il pane a livello nazionale, e nella Bergamasca in particolare, hanno consolidato le quote di mercato del 2008 (circa il 10% di market share) con particolare attenzione per i modelli che hanno program-mi per celiaci e quelli con cottura

FOCUS

Affari di Gola febbraio 20108

Page 9: Affari di Gola - febbraio 2010

Pane lardo e rosmarino(EZIO GRITTI OSTERIA DI VIA SOLATABERGAMO)

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ventilata. Hanno ottenuto ottimi risultati anche le macchine per il pane che permettono di cuocere le baguette”. L’identikit di chi acquista i nuovi piccoli elettrodomestici? “Gli uti-lizzatori tipo delle macchine per il

pane sono le famiglie che amano la tradizione, che vogliono risparmia-re senza però rinunciare al gusto e al piacere del buon pane fresco e che cercano la libertà di poterlo produrre quando meglio credono” sottolineano da Mediaworld.

rare a distinguere ogni impercettibile variazione delle materie prime o delle condizioni climatiche, posizionare gli impasti sulle scalere in base all’umidità e usare lo spadino per infornare è stata un’esperien-za che ricordo con affetto ed orgoglio”. Ezio Gritti da allora non ha mai accantonato la passione per l’arte panifi catoria: all’Osteria di Via Solata il cestino del pane è la prima cosa che arriva in tavola con tut-to il suo profumo e la sua fragranza: pane bianco, alle cipolle, al latte, al lardo e rosmarino, pan brioche e - ultima trovata geniale, da non perdere - grissini sottilissimi tirati a mano con la pazienza di Giobbe e resi ancora più croccanti e friabili dall’uso della farina di mais. “Certo, sono il primo a riconoscere che il pane fatto qui non è come quello che fa mio fratello Fausto a Gavarno, né come quello che ancora si fa in Valle: il forno a legna (nei rari casi in cui viene ancora adoperato) e l’acqua di montagna (che incide moltissimo sul risultato) danno al pane un sapore unico” sottolinea con evidente eccesso di modestia, facendo dell’autocritica. Figuriamoci qual è il giudizio del pane fat-to in casa con la complicità di macchine tutto-fare: “Il pane in casa si può fare, certo, ma non basta buttare gli ingredienti nelle macchinet-te perché il risultato possa essere chiamato pane, come quello pro-dotto artigianalmente. Al sud la tradizione di fare il pane in casa è un rituale tramandato di generazione in generazione: molti hanno il for-no in casa e utilizzano solo il lievito madre, rinfrescato da decenni, e il risultato è tutta un’altra cosa. Ad ogni modo, la tecnologia dome-stica va tutto fuorché demonizzata, soprattutto quando incentiva il consumo di pane e la scoperta di preparazioni e farine. Si spera inse-gni anche ad evitare sprechi ed avanzi”.

La ricetta

Ingredienti- 1 kg farina- 60 g lievito di birra- 40 g sale- 450 ml acqua a temperatura

ambiente- 100 g aghi di rosmarino- 200 g lardo tagliato a cubetti

sottili- 2 cucchiai di olio extravergi-

ne d’oliva

PreparazioneImpastare e lasciare 10 minuti a riposo. Sezionare a piccole palline. Lasciare lievitare in ambiente caldo per 20 minuti circa. Cuo-cere a 180 gradi per 15 minuti.

Affari di Gola febbraio 2010

Page 10: Affari di Gola - febbraio 2010

10 Affari di Gola febbraio 2010

L’Italia si prepara ai mondiali della cucina. Il 15 e il 16 marzo, in Fiera a Bergamo, sedici chef, sele-zionati dal Comitato organizzatore presieduto da

Giancarlo Perbellini, scenderanno in campo per tenere alta la bandiera italiana della ristorazione e, in una sfi da a colpi di gusto ed inventiva, cercheranno di staccare un biglietto per Ginevra, sede a giugno della Selezione euro-pea del Bocuse d’Or che ammetterà 12 chef a Lione, fi nale del concorso di cucina più prestigioso di tutti i tempi ideato da Paul Bocuse nel 1987. Saranno due giorni intensi per i candidati a caccia della qualifi cazione agli Europei: otto chef al giorno (il giorno di gara e il cooking-box saranno assegnati ad ogni chef per sorteggio alla vigilia del concorso) interpreteranno al meglio i due temi, halibut bianco per il pesce e vitello svizzero per la carne, andando in cerca della coppia di ricette perfetta per aggiudicarsi il più alto gradino del podio. I sedici candidati, supportati da un assistente e da

un allenatore dovranno dare il meglio di loro stessi sotto lo sguardo vigile della giuria, rappresentata da 24 grandi chef italiani (tutti i nomi nel box in queste pagine): inci-tato dal calore e dal tifo di una platea di 300 supporter ogni chef si cimenterà nella preparazione di 14 piatti di pesce, identici tra loro, e altrettanti di carne. Tra la claque saranno presenti i ragazzi degli Istituti alberghieri di San

Il 15 e il 16 marzo, alla Fiera di Bergamo, nell’ambito di Cooking Expo, si terrà la selezione dello chef italiano che andrà a Ginevra, alla fi nale europea del prestigioso concorso enogastronomico. Spinetti (Promozione del Territorio): “Un’ottima opportunità per le nostre realtà”

Bocuse d’Or Scelti i 16 candidati, parte la grande sfi da

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Page 11: Affari di Gola - febbraio 2010

Pellegrino e Nembro: le scuole han-no aderito all’iniziativa “Adotta un candidato” e ciascuna classe sarà ab-binata ad uno dei sedici chef in gara. Ai ragazzi il compito di sostenere il proprio favorito con un tifo da stadio: i supporter del vincitore avranno l’onore di accompagnarlo a Ginevra. Le giornate saranno scandite dai rit-mi incalzanti di gara: alle 9 inizierà la prova il primo degli otto chef scelto per sorteggio ad inaugurare i fornelli italiani del Bocuse d’Or; gli altri sette chef occuperanno le postazioni di cucina, entrando in competizione a distanza di dieci minuti l’uno dall’al-tro. Dopo 5 ore il primo candidato presenterà alla giuria il risultato del lavoro, mostrando prima i piatti di pesce e, a distanza di 35 minuti, quelli di carne. Ad intervalli di 10 minuti seguiranno i defi lèe di piatti di pesce e carne degli altri sette candidati. La giuria assegnerà all’interpretazione dei temi di carne e pesce una valu-tazione massima di 60 punti, 40 per il gusto e 20 per la presentazione. La proclamazione del vincitore avverrà martedì 16 marzo alle 18, a chiusura della manifestazione. Ai primi tre classificati saranno riconosciuti a scalare i seguenti premi: 6.000 euro, 2.500 euro e 1.500 euro. L’Accade-mia del Gusto e l’Accadèmie de Lau-rèats du Bocuse d’Or assegneranno inoltre un premio al miglior commis.Come il “Sirha”(Salon International de la Restauration, de l’Hotellerie et de l’Alimentation) - vero e proprio rendez-vous per il mondo della ri-storazione e dell’hotellerie - ospita a Lione il Bocuse d’Or, le selezioni ita-liane del concorso ideato dal grande chef francese si svolgeranno nell’am-bito della manifestazione fi eristica “Cooking Expo”, evento voluto ed ideato dall’Associazione Promozione del Territorio, con l’obiettivo di esal-tare e promuovere l’alta cucina sul territorio e a livello nazionale. Una rassegna che celebra l’intera fi liera agroalimentare e tutto ciò che ruota attorno al mondo dell’enogastrono-mia, con 5mila metri quadrati d’espo-sizione dedicati a prodotti, aziende, attrezzature, hotellerie, arredamento, software per ristorazione e banque-ting. “Cooking Expo” mette in vetrina

“Il nostro candidato ideale dovrà essere uno chef di grande professionalità e gusto, ma anche di carattere, pronto a mettere in campo tutto il suo impegno per tenere alta la bandiera italiana”

Perbellini: genio e “regolatezza”, ecco cosa serve per vincere

Giancarlo Perbellini, chef-patron del ristorante di Isola Rizza (Verona) che porta il suo nome, insignito di due stelle Michelin, presiederà alle se-lezioni italiane del Bocuse d’Or, designando il più illustre rappresentan-te dell’italianità e della cucina italiana, pronto a sfi darsi con tutti i miglio-ri chef d’Europa a Ginevra. “Bergamo sta vivendo un momento impor-tante per la ristorazione e per la cucina in generale. Le Selezioni italiane del Bocuse d’Or rappresentano un’importante vetrina per la nostra cu-cina e per la città che le ospita. Sarà una competizione del gusto, della creatività, dell’eleganza, della ricerca e dello studio dei piatti, ma anche una sfi da contro il tempo, uno show spettacolare con tanto di tifo”. Tra gli chef che hanno presentato la loro candidatura, sono stati seleziona-ti dopo un’attenta valutazione sedici concorrenti. I migliori tre saliran-no sul podio italiano, ma solo il primo classifi cato avrà accesso alla fase successiva del concorso, guadagnandosi a suon di talento, impegno, de-dizione e creatività, un posto a Ginevra, dove sarà chiamato, a giugno, a confrontarsi con i migliori chef d’Europa. “Il nostro candidato ideale do-vrà essere uno chef di grande professionalità e gusto, ma anche di carattere, pronto a mettere in campo tutto il suo impegno per tenere alta la bandiera italiana. Candidarsi al Bocuse si traduce in tante ore di lavoro, di studio e di allenamenti metodi-ci su entrambi i temi. Chi si aggiudicherà la fase nazionale del concorso dovrà sostenere un lun-go lavoro di preparazione: premieremo un’idea, un talento, un gusto su cui lavoreremo insieme, fi anco a fi anco, per volare a Ginevra e poi a Lio-ne”. Dovrà trionfare il gusto italiano sia nel tema di pesce, halibut, che in quello di carne: “Non sarà un problema per gli chef interpretare il tema di pesce, nonostante l’ halibut non sia utilizzato in Italia, a differenza del carrè di vitello che appartiene al-la nostra tradizione. L’Italia è il paese che può vantare ad ogni latitudine piccoli feudi e gia-cimenti golosi: non sarà diffi cile “italianizzare” anche l’halibut. Ci sono infi niti modi per rap-presentare il nostro Paese: dall’impiego di erbe spontanee all’uso di pomodoro, pasta, formag-gi... Di una cosa poi sono convinto: la “mano”, quel mix di tecnica, sensibilità ed eleganza di uno chef italiano si riconosce anche a vista”. Il candidato ideale dovrà sintetizzare tra-

IL PRESIDENTE DELLA SELEZIONE ITALIANA

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L’EVENTO

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le eccellenze e i giacimenti golosi del territorio, in un grande evento BtoB aperto ad un pubblico specializzato di addetti ai lavori, critici ed esperti d’alta cucina e cultori del gusto. Il presidente dell’Associazione Promo-zione del Territorio Carlo Spinetti, a nome di tutti i soci fondatori (Camera di Commercio, Ascom, Confi ndustria, Promoberg e Bergamo Fiera Nuova) esprime la soddisfazione per la squa-dra italiana che si prepara ai Mondiali di cucina : i candidati selezionati dal Comitato organizzatore presieduto da Giancarlo Perbellini hanno tutte le carte in regola per tenere alto il tricolore: “La scelta è stata attenta e meditata, affi data alle competenze di grandi chef, capitanati da Perbellini. I 16 concorrenti rappresentano ogni angolo d’Italia e non manca un can-didato dall’estero, da Copenhagen: provengono da otto regioni diverse che ben rispecchiano l’incredibile varietà del nostro territorio, portano tutti con sé un bagaglio importan-te d’esperienze professionali di prim’ordine in tutto il mondo e van-tano trofei e riconoscimenti conqui-stati in altri concorsi”. Sarà una vera e propria sfi da del gusto: “Tutte le ricette hanno una grande impronta di italianità e una presentazione ac-cattivante. Al comitato organizzatore, alle due giurie (una per il tema di pe-sce, una per quello di carne) l’arduo compito di scegliere il migliore chef per rappresentare l’Italia in Europa”. I rifl ettori ora sono tutti puntati su

Bergamo: “Le Selezioni italiane del Bocuse d’Or e la rassegna Cooking Expo rappresentano un’importante vetrina per il nostro territorio che permetterà senz’altro di promuove-re la città e la provincia di Bergamo, così come avviene per le altre sedi del concorso - sottolinea Spinetti -. La manifestazione in programma è solo il punto di partenza per impostare una rifl essione seria sul tema della ristorazione di qualità: rappresenta un’opportunità da non perdere per tutto il mondo enogastronomico, per l’intera fi liera alimentare e l’oc-casione per valorizzare al meglio le eccellenze italiane. È un’occasione storica ed irripetibile per nobilitare l’impegno di tutti coloro che stanno lavorando per la promozione del territorio a livello nazionale ed inter-nazionale”. Con Cooking Expo Ber-gamo si prepara al meglio anche ad affrontare la grande sfi da dell’Expo 2015: “Il tema dell’alimentazione e dell’ agroalimentare qualifi cheranno l’orientamento di Expo 2015 e Ber-gamo ha mostrato di essere presente organizzando un grande evento espositivo e di spettacolarizzazione come “Cooking Expo”, che ospita le selezioni della più prestigiosa mani-festazione culinaria al mondo. Berga-mo mostra di respirare sempre più un’aria internazionale, senza perdere di vista i legami con la nostra tradizio-ne e di essere un vero e proprio ca-talizzatore di eventi che fanno della città una meta sempre più attrattiva”.

dizione e innovazione: “Il con-corso creato da Paul Bocuse, padre della Nouvelle cuisine, premia un equilibrio tra clas-sico e nuovo. L’Italia ha un pa-trimonio inestimabile, una ric-chezza e un’eccellenza di mate-rie prime ed una varietà di pro-dotti tale da non avere bisogno di effetti speciali”. Perbellini al “genio e sregola-tezza” italico preferisce però togliere la “esse”: “Il talento e la creatività non bastano: per par-tecipare a testa alta a concorsi come il Bocuse d’Or servono impegno, rigore, precisione, qualità che tutti possediamo, ma in cui l’Italia non è mai ec-celsa”. Anche per questo ogni chef avrà un allenatore: un “moti-vatore”, ma anche una guida e uno spettatore critico: “L’al-lenatore ha un ruolo fonda-mentale: è in grado di cogliere dall’esterno sbavature e imper-fezioni, ordina le giornate e dà sistema al lavoro, porta ad inter-pretare un piatto nel modo ide-ale, dà i suggerimenti migliori. Se non avessi avuto come alle-natore Antonio Santini, proba-bilmente non avrei mai vinto il primo premio del concorso Chef europèen du poisson (nel 1992, ndr)”.

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L’EVENTO

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13Affari di Gola febbraio 2010

La rassegna rappresenta un’occasione per interro-garsi sul futuro della ristorazione, con l’organizza-zione di workshop, seminari e convegni.

Lunedì 15 marzo, dalle 15 alle 18.30, alla Sala Caravag-gio è in programma il workshop, promosso dalla Came-ra di Commercio, dal titolo “La Cucina italiana di qualità come leva dell’economia del Made in Italy”. Carlo Spi-netti, presidente dell’Associazione Promozione del Ter-ritorio, darà alle 15 l’avvio ai lavori. Allan Bay, scrittore e critico enogastronomico, incentrerà il suo intervento su “La cucina italiana come chiave di successo dell’Ita-lian way of life sui mercati esteri”; Magda Antonioli, direttore del Master in Economia del Turismo dell’Uni-versità Bocconi di Milano, darà il suo contributo alla rifl essione sul tema “Turismo enogastronomico: strate-gie di valorizzazione e strumenti operativi”; Bonifacio Brass, patron della Locanda Cipriani di Venezia, farà il punto su “La cucina italiana di qualità come fattore di attrazione per i turisti stranieri”; Patrizia Caglioni, diret-tore della cucina italiana, parlerà de “Il ruolo dell’edito-ria nella diffusione della cucina italiana di qualità”; Irene Bignardi, giornalista e critica cinematografi ca, sottoline-erà “Il ruolo del cinema nella promozione della cucina italiana”. Alle 17 si aprirà la tavola rotonda con un inter-rogativo provocatorio: La cucina italiana esiste? Cristina Rapisarda Sassoon, coordinatrice di “Network Sviluppo Sostenibile” (UnionCamere, Camera di Commercio di Milano e Bergamo) e i giornalisti e critici enogastrono-mici Paolo Massobrio, Luigi Cremona e Paolo Marchi daranno il loro contributo rispondendo al quesito. Le conclusioni saranno affi date a Carlo Spinetti, presidente dell’Associazione Promozione del Territorio. Coordine-erà il workshop Guido Venturini, direttore generale di Confi ndustria Bergamo. Martedì 16 marzo (ore 10) si terranno gli Stati Gene-rali della Fipe, la Federazione italiana Pubblici Esercizi di Confcommercio: “La Ristorazione di Qualità incontra le istituzioni”. I lavori saranno aperti da Lino Stoppani, presidente della Fipe. Interverranno, a seguire, gli esponenti delle associa-zioni professionali: Massimo Biagialli, presidente Orpi (Ordine Ristoratori Professionisti Italiani); Raffaele

Gemignani, presidente di Chic - Charming Italian Chef; Gianfranco Isola, presidente Uir - Unione Italiana Risto-ratori; Ovidio Mugnai, presidente Unione Ristoranti del Buon Ricordo; Emanuele Scarello, presidente Jre- Jeu-nes Restauraters d’Europe Italia”. La discussione sul progetto “Verso il Codice della Ristorazione Italiana. Per valorizzare l’impresa ed il patrimonio enogastronomico” sarà affidato ad una tavola rotonda con un panel autorevole: Enrico Lupi, presidente Città dell’Olio; Giampaolo Pioli, presidente dell’Associazione Città del Vino; Walter Brunello, presi-dente Buonitalia SpA; Ferruccio Dardanello, presidente Unioncamere; Giancarlo Deidda, presidente Comitato Italiano Ristorazione Fipe. Le indicazioni che scaturiranno dai lavori saranno “ap-prezzate” dai rappresentanti del Governo invitati: Ste-fano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo Economico e Michela Vittoria Brambilla, ministro del Turismo. Ad “ani-mare” la manifestazione saranno chiamati Fede&Tinto,

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Affari di Gola febbraio 201014

conduttori della trasmissione enogastronomica di RadioRai2, “Decanter”, che seguiranno in diretta il con-vegno. Tra le iniziative collaterali, oltre ad animazione e spet-tacolo, l’appuntamento più chic e mondano della ras-segna che mette in abito da sera la cucina bergamasca: nella serata di gala, in programma lunedì sera, gli chef dell’Accademia del Gusto proporranno un menù esclu-sivo per tutti gli ospiti invitati.La manifestazione, organizzata da Camera di Com-

mercio, Ascom, Confi ndustria, Ente Fiera Promoberg e Bergamo Fiera Nuova, in collaborazione con Fipe e Ac-cademia del Gusto è promossa da Regione Lombardia, Comune e Provincia di Bergamo ed ha la partnership di Siad, Orobica Pesca, Desmon-Convotherm, Pentole Agnelli, Ros Forniture Alberghiere; sponsor uffi ciali dell’evento sono Credito Bergamasco, Ubi Banca Popo-lare e L’Eco di Bergamo. Tra gli altri sponsor sostenitori dell’iniziativa: Selecta, Bragard, Aspan e l’Ente Bilaterale del Turismo di Bergamo.

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La giuria che sceglierà i candida-ti che parteciperanno alla sele-zione italiana del Bocuse d’Or è composta, forse per la prima vol-ta nello scenario della competi-zione, da 24 nomi del Gotha della ristorazione italiana. In giuria anche il presidente dell’Accadèmie de Laurèats du

Bocuse d’Or Michel Roth del “Ritz” Parigi. “Abbiamo fortemen-te desiderato avere una giuria d’altissimo profilo che rappre-sentasse il più alto vertice della cucina italiana e i giovani risto-ratori”, sottolinea Perbellini, che presiede il concorso. Detto, fatto. Saranno i migliori

chef d’Italia a decidere le sorti tri-colore del Bocuse d’Or: presiden-te d’onore delle selezioni italiane sarà Alfonso Iaccarino, chef del Relais “Don Alfonso” a Sant’Agata dei due Golfi (Napoli). I fratelli Chicco e Bobo Cerea, del Relais “La Cantalupa da Vittorio” di Brusaporto, presiederanno le

L’EVENTO

I componenti della giuria,Iaccarino presidente d’onore

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due giurie per il tema di pesce e per quello di carne (che saran-no nominate per sorteggio tra i giurati alla vigilia delle selezio-ni). Compongono la giuria Sergio Mei del “Four Seasons”Milano, Norbert Niederkoflder del “St- Hubertus” a San Cassiano (Bolza-no), Gennaro Esposito del “Tor-re del Saracino” a Vico Equense (Napoli), Antonino Cannavacciu-olo Villa Crespi di Orta San Giu-lio (Novara), Moreno Cedroni della Madonnina del Pescatore

di Marzocca (Ancona), Giovanni Santini Dal Pescatore a Canne-to sull’Oglio (Mantova), Andrea Berton del Trussardi alla Scala di Milano, Pino Cuttaia della Madia di Licata (Agrigento), Massimo Bottura dell’ “Osteria Francesca-na” di Modena, Davide Palluda “All’Enoteca” di Canale (Cuneo), Andrea Sarri dell’Agrodolce di Imperia, Emanuele Scarello de “Agli Amici dal 1887” di Udine, Antonella Ricci di “Al Fornello da Ricci”Ceglie Messapica (Brindi-

si), Alessandro Breda di “Gellius” a Oderzo (Treviso), Ilario Vinci-guerra dell’omonimo ristorante di Galliate Lombardo (Varese), Aurora Mazzucchelli del “Marco-ni” di Sasso Marconi (Bologna), Matteo Vigotti del Novecento di Meina (Novara), Paolo Masieri di “Paolo e Barbara” a Sanremo (Im-peria), Alfonso Caputo della “Ta-verna del Capitano” di Massa Lu-brense (Napoli).

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Ecco i sedici candidati e le proposte in concorso

Piatto di carne: Carré di vitello ai grani di senape con testina al sentore di zenzero e parmigiano, ra-violo di brodo al tartufo nero e radici all’aceto leg-gero. Piatto di pesce: Halibut in crosta sottile di carpio-ne, all’aroma di verbena e peperone, con bigné fria-bile al succo di crostacei e patata soffi ce ai capperi.

ENRICO BARTOLINI

chef patron del Ristorante Le Robinie di Cà d’Agosto, di Montescano, Pavia, una stella Michelin. Il suo percorso vanta fermate di grande successo: il Castagno di Pier Angelo di Pistoia, Le Calandre, La Montecchia e il Paolo Petrini Restaurant a Parigi. La sua cucina è un viaggio continuo alla scoperta di piatti della tradizione, reinterpretati con creatività e con materie prime di rango.

Piatto di carne: Vitello di coste in “sei facce” su ri-so di Grumolo delle Abadesse in latte di mandorle e frutti rossi, insalatina di erbette di campo e ani-melle. Piatto di pesce: Halibut sterling affumicato e cot-to sui trucioli con composizione di foie gras e me-la salata, salsa di fegato alla veneziana e cioccolato al 90%.

SAMUELE BECCARO

sous chef presso La Ragnatela di Mirano, Venezia, trattoria che detiene il massimo punteggio del Gambero Rosso nella categoria. Beccaro vanta importanti esperienze professionali nello scenario nazionale e internazionale. La sua è una cucina tradizionale, attenta ai prodotti del territorio, all’innovazione e alla ricerca, che rendono ogni piatto una nuova esperienza intuitiva.

Piatto di carne: Lombata di vitello con le sue ani-melle tartufate in crosta di mandorle tostate; gallet-ta di sedano rapa e asparagi alla parmigiana; terrina di zucca, carciofi e favette verdi.Piatto di pesce: fi letto di halibut, gamberi rossi e pomodori canditi agli agrumi; crema di topinambur al nero di seppia e bottarga di tonno; ortaggi al co-rallo e “cuturro” di grano cotto.

CARMELO FLORIDIA

executive chef presso la Locanda Gulfi di Chiaromonte Gulfi (Ragusa), nasce 33 anni fa a Modica. Inizia a lavorare per Boscolo Hotels e frequenta assiduamente l’Istituto d’arte culinarie Etoile. Dopo qualche esperienza all’estero ed alcuni concorsi europei si ferma nel 2000 al Four Seasons Hotel di Milano alla corte di Sergio Mei. La sua cucina è improntata su una fi losofi a mediterranea e creativa

Piatto di carne: Modifi cazione di sei coste di vi-tello con pere di Rubrik e pepe Ayacucho, piccolo hamburger di animelle all’occhio di quaglia e mat-tonella di sedano rapa con palma di Castradure. Piatto di pesce: Spirale di halibut in alga nori; esplosione colorata di primizie; specchio di Par-mantier viola e scrigno di San Severo dal cuore Ros-so con pietra marina alla menta.

STEFANO METRANGOLO

executive chef nel ristorante “Ai sette Nani”, Negrisia di Ponte di Piave (Treviso), locale elegante che da sempre propone i buoni piatti della tradizione veneta rivisitati. Diverse esperienze in prestigiosi ristoranti italiani caratterizzano una carriera professionale dedita alla cucina e al piacere di proporre piatti in cui estro e territorialità delle materie prime si fondono, per stupire il cliente.

L’EVENTO

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Piatto di carne: Carré di vitello con quinto quarto ai profumi di sottobosco. Piatto di pesce: Halibut ai profumi mediterranei.

DANIEL FACEN

svizzero di nascita, trentino nell’anima, ha lavorato a fi anco di Giacomo Gallina, Sergio Mei, Alberico Penati e Silvano Zuccoli. A Bergamo nel ’98 inizia la sua collaborazione con la famiglia Tallarini al San Giovanni delle Formiche; è chef executive e socio dell’Anteprima Ristorante & Show Cooking di Chiuduno, una stella Michelin. La sua cucina è ricerca e sperimentazione: un percorso creativo verso nuove frontiere del gusto.

Piatto di carne: Saltimbocca di vitello alla ro-mana, gnocchi ai peperoni, carciofo alla giudea e animelle.Piatto di pesce: Halibut in foglia di basilico con zucchine alle mandorle e risotto al nero di seppia.

STEFANO LEONE

romano di nascita, danese d’adozione al “Custom House” di Copenhagen. Ha lavorato in prestigiosi ristoranti, tra cui il Four Season Hotel di Londra, La Terrazza dell’Eden a Roma, il Café le Paillote a Pescara. Ha partecipato a diversi concorsi con ottimi risultati. La sua ambizione più grande è raggiungere alti livelli nella ristorazione, trasformando l’amore che ha per il suo lavoro in piacere per i commensali.

Piatto di carne: Pane, vitello e cicoria; bon bon di animelle, gelatina di limone e testina.Piatto di pesce: L’halibut e le rape, i carciofi e le fave.

MASSIMILIANO LA PIETRA

chef di partita presso il ristorante “Le Colline Ciociare” di Acuto (Frosinone) una stella Michelin, si esprime con una cucina fortemente connotata in senso tradizionale e legata al territorio in cui è inserita. Nonostante la giovane età, La Pietra, classe ’84, ha accumulato esperienze importanti durante il suo percorso professionale, in particolare ha lavorato nel prestigioso Grand Hotel Quisisana, in quel di Capri.

Piatto di carne: Carré di vitello al giusto rosa cotto in olio di brace, purea di carciofi e animelle al cara-mello di sugo d’arrosto. Piatto di pesce: Halibut con cuore di pesto di ci-me di rapa e cassatine di bufala in crosta di farina di Storo e pomodori San Marzano confi t.

FABIO BORGONOVO

executive chef presso il ristorante Villa Giavazzi di Verdello, dimora storica ottocentesca. Dopo il diploma alberghiero ha lavorato presso il Milan Marriott Hotel e l’Armani Caffè di Milano. È costantemente impegnato nella ricerca di abbinamenti innovativi, che interpretano con curiosità una cucina del territorio, innovata dall’incontro con sapori nuovi ed originali.

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Affari di Gola febbraio 201018

Piatto di carne: Toast di animelle e carré di vitello con crema al marsala.Piatto di pesce: Bocconcini di halibut confi t, insa-lata di asparagi cotti e crudi, vongole veraci e guan-ciale croccante.

MASSIMILIANO MASCIA

consacrato al San Domenico di Imola, due stelle Michelin, ha all’attivo varie esperienze all’estero da New York a Parigi a fi anco del grande chef Alain Ducasse. La sua carriera è costellata da esperienze di grande prestigio che lo hanno formato, ma che gli hanno sempre permesso di tornare nel suo luogo di nascita affettivo e professionale, il “San Domenico” alla corte dello chef Mercattili.

Piatto di carne: Carré di vitello dal cuore di cilie-gie e cioccolatini alla mousse di animelle e cube di patate dall’anima verde. Piatto di pesce: Halibut in camicia di bieta, code di gambero radicchio, albicocche con fi nocchio baby e purea di zucchine.

ALESSIO BOTTIN

chef executive del ristorante La Trattoria di Giovanni Rana a Verona, indirizzo che nasce con l’intento di mettere l’accento sulla tipicità e sul valore delle tradizioni gastronomiche italiane. La sua è una cucina tradizionale sapientemente rivisitata in chiave moderna e attenta alle materie prime, che esaltano il gusto del piatto. Ha lavorato nelle realtà più prestigiose del nord Italia e all’estero.

Piatto di carne: Carré di vitello giovane profuma-to al timo, con cuore di porro, formaggi teneri e olive schiacciate, il suo sugo ristretto con polpa di fi nocchio novello. Tortino di orzo con ceci di Spel-lo, cotti in terracotta. Carciofo violetto in porchetta con haché di vitello impanata. Animelle stufate con cipolla rossa, lampascioni e zucchine essiccate, co-latura di pomodorini invernali.Piatto di pesce: Filetto di halibut in leggera panu-re mediterranea, con guazzetto di patate, brocco-letti, frutti di mare gallipolini, capperi e origano di macchia, spuma di fave fresche decorticate e nido di porri croccanti.

ANDREA SERRAVEZZA

chef executive del prestigioso Hotel Sheraton a Lecce. Ha partecipato a diversi concorsi nazionali ed internazionali, conseguendo ottimi risultati, fra cui il titolo di Campione nazionale nel concorso Massa Carrara del 2004, città dove ha conquistato nel 2007 anche l’oro al campionato internazionale di cucina calda. La sua fi losofi a di cucina guarda al futuro senza perder di vista la tradizione.

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L’EVENTO

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Affari di Gola febbraio 2010 19

Piatto di carne: Tataki di vitello alla brace con sal-sa al negro amaro e maionese di soia su frittella di patate vitelotte e sauvarin di riso nero venere affu-micato al rovere. Animelle con spuma di miele.Piatto di pesce: Halibut cotto in osso con olio al carbone e aria di timo limonato, acqua di mare e mi-ni insalata di erbe selvatiche.

FELICE SGARRA

chef executive del ristorante Le Lampare al Fortino, Trani, un ristorante di prestigio impreziosito dalla sua storia. Ha all’attivo esperienze importanti (Ristorante Reale a Rivisondoli con Iko Romito, Hotel Cristallo a Cortina d’Ampezzo e il ristorante Enoteca Vinalia, a L’Aquila). Nella sua cucina la qualità e la tradizione trovano una nuova espressione, a partire dall’ estetica dei piatti.

Piatto di carne: Millefoglie di vitello in rete di ma-iale con cardoncelli, bieta e scamorza affumicata, con sformato di zucca, animelle e orzo perlato, pu-rea di sedano rapa e ortaggi trifolati.Piatto di pesce: Filetto di halibut con cozze e fi -nocchio al lime, con terrina di fagioli cannellini e gamberi di Sicilia con capasanta all’olio e spuma di cavolo romanesco, gelé di peperone giallo.

NICOLA VIZZARRI

executive chef del Ristorante San Giorgio - Hotel Eden di Campobasso e membro della Nazionale Italiana Cuochi. Ha collezionato prestigiose esperienze nel centro e sud Italia ed è uno specialista dell’organizzazione di eventi gastronomici. Molti i premi e i riconoscimenti conquistati nei concorsi nazionali e internazionali. La passione e l’attenzione al dettaglio caratterizzano da sempre la sua cucina.

Piatto di carne: Carré di vitello glassato con cre-ma di topinambur tartufata e salsa al caffé.Piatto di pesce: Filetto di halibut in manto di pro-sciutto crudo e astragone selvatico su verdure sauté.

LUCIO MORAS

chef patron del ristorante “Alle Grazie” di Pordenone. Ha maturato numerose esperienze professionali, soprattutto sul territorio nazionale e anche come consulente nel settore della ristorazione. È membro dell’Associazione italiana Cuochi Professionali. La sua cucina è volta ad esaltare le materie prime, la priorità nei suoi piatti è il gusto non alterato degli elementi che lo compongono.

Piatto di carne: Carré di vitello in crosta di pan-cetta e salvia.Piatto di pesce: Halibut profumato ai sapori del Mediterraneo.

ALBERTO ZANOLETTI

chef executive della Locanda Armonia di Trescore Balneario (Bergamo). Ha lavorato in numerosi ristoranti in Italia e all’estero e partecipato a concorsi nazionali e internazionali, conquistando prestigiosi riconoscimenti, fra cui il bronzo al concorso gastronomico internazionale IKKA in Austria. La sua cucina è sempre alla ricerca di nuovi piatti e dell’eccellenza delle materie prime.

Piatto di carne: Vitello milanese-milanese, croscia di testina e mela cotogna, blinis di animelle, fagioli e tartufo nero.Piatto di pesce: Burrata di halibut alla pizzaiola, confetti tiepidi di patate e insalatina shekerata (agi-ta e gusta).

PIERGIORGIO SIVIERO

chef patron del ristorante Lazzaro 1915, Pontelongo-Padova. Siviero ha acquisito tutti i dettami della buona tavola nelle più importanti cucine, da Alain Ducasse guru della cucina contemporanea ad Aimo Moroni. Piergiorgio ha fatto suoi i segreti di una cucina elaborata ma leggera, gustosa e amabile, che tramanda l’arte culinaria di famiglia arricchendola di nuovi suggerimenti creativi.

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Bergamo, i “Sette nani” e la Festa del colesterolo

LA STORIAdi Giuseppe Ruggieri

Sei ore e mezza a tavola, per una grande abbuffata. Ogni primo sabato di dicembre

il rito si ripete, ormai da 19 anni.È l’“Accademia”, guidata dall’avvocato

Vincenzo Coppola, assistito dall’attuale segretario generale della CdC, Emanuele Prati,

ad organizzare l’esclusiva mangiata. Che premia l’invitato col più alto tasso di colesterolo nel sangue

e devolve in benefi cenza il ricavato della giornata

20 Affari di Gola febbraio 2010

Solo ad evocarlo vengono alla mente cose brutte, per non parlare poi del momento della verità: l’esa-me ematico. In un modo o nell’altro, il colesterolo

(quello cattivo) produce sensazioni tutt’altro che piace-voli. Quale sistema migliore, allora, che affrontarlo a viso aperto per esorcizzarlo. La pensano così quelli dell’“Acca-demia dei 7 nani”, un manipolo di amici, in maggioranza avvocati, che una volta all’anno sfi da ogni sana regola a tavola per dare campo libero alla gola e all’ingordigia. Una giornata di full immersion enogastronomica che porta con orgoglio il nome di “Festa del colesterolo”. Sei ore e mezza fi late a tavola per un’esperienza pantagrue-lica capace di stendere un toro per le quantità di cibi e vini trangugiati e che premia ogni anno il commensale con il livello di colesterolo più alto. I requisiti per poter partecipare? Sana e robusta costituzione, apparato ga-strointestinale ben allenato, predisposizione alla buona tavola e, dettaglio decisivo, essere invitati in questo club pressoché esclusivo. Così elitario da riuscire da ben 19 anni a rimanere un evento quasi “carbonaro”, legato al passaparola in una cerchia comunque ristretta. La grande abbuffata (nes-sun intento di harakiri gastronomico, come nel ce-lebre fi lm) nasce quasi per caso, frutto delle lunghe frequentazioni di un affi ata-to gruppo di amici. Ci pen-sa l’avvocato Vincenzo Coppola a muovere i primi passi, allorquando, nell’85, prende ad invitare a casa sua, ogni venerdì a pranzo, sei amici, tra i quali l’allora cancelliere del tribunale di

Bergamo, Emanuele Prati, oggi segretario generale della Camera di Commercio, e l’architetto Enrico Morosini. “Siccome - ricorda Coppola - mia moglie toglieva pun-tualmente il disturbo, come Biancaneve, ci venne l’idea di affi bbiarci il nome di Accademia dei 7 nani”. Componenti, oltre ai tre già citati, gli avvocati Renato Vico, Franco Uggetti, Vito Cavarretta e il giudice Leo D’Agostino, successivamente trasferito a Roma e sostituito da Luca Scarpellini (“quest’ultimo, scomparso qualche anno fa - precisa Coppola - viene convocato ogni anno in forma spirituale). L’appuntamento mantiene per anni la sua cadenza settimanale, rinsalda i rapporti, focalizza sempre di più l’attenzione sul cibo e spinge Coppola, provetto cu-ciniere, ad organizzare anche rimpatriate con altri amici sparsi per lo Stivale. Finché, nel ’90, ecco l’idea del grande raduno annuale, per raccogliere tutti gli amici in un colpo solo. Viene così organizzata la prima Festa col nome di “Triduo del colesterolo”. Si ritrovano in una trentina, a casa di Coppola, nel quartiere Finardi, per un evento che già imposta le coordinate lungo le quali verrà sviluppato

negli anni a seguire: abbon-danza, qualità e rigoroso rispetto delle regole. Che c’azzecca questo pre-ciso “disciplinare” con la sregolatezza alla massima potenza? verrebbe da chie-dersi. «C’entra - puntualizza Emanuele Prati, segretario dell’Accademia - e non se ne può fare a meno. Dibattiamo per settimane sul tema della festa, in uno spirito democratico, ma una volta presa la decisione, scatta il regime dittatoriale

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Vincenzo Coppola ed Emanuele Prati

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21Affari di Gola febbraio 2010

“Cave Panem!”, l’ultimo menù

Ecco il menù della XIX Festa del colesteroloche si è tenuta il 5 dicembre scorso Colazione - Uova annegate con tartufo bianco d’Al-ba e crostone di pane alle patate; Cotechino soppres-sato con pomodori verdi sott’aceto e melanzane sott’olio; Crostoni di polenta con acciughe cantabri-che ripassate a modo mioAperitivo - Bocconcini e treccia di bufala casertana di Vito Gallo; Le polpette di carni, fegati e pani ripie-ne di Gorgonzola; Pancetta dei due anni su crostoni di polenta; Paté di animelle, fegato nobili e foie gras d’oie al tartufo bianco d’AlbaPranzo - Terrina di foie gras d’oie al Krug Grande Cuvèe con lardo di Colonnata e pane ai fi chi; L’ano-lino nel brodo delle tre bestie e la Barbera; il pane grande di Matera ripieno di spezzatino del Cazza, con patate rosse di Sedrina e patate bianche di Ca-stione; Lo strachituntDolce - La torta di paneBibenda - Acqua Pejo naturale e con gas, Champa-gne Jumeau Delozanne Brut tradition, Barbera d’Al-ba 1997 MG Pira Luigi di Gianpaolo Pira. E dopo il caffé Ardbeg 10 years old The Ultimate Islay Whisky.

vero e proprio. Il comando viene preso da Vincenzo Coppola, inflessibile Gran Mentore Vivandiere, che assegna gli incarichi e i compiti in cucina, contatta i fornitori, dispone la spe-dizione degli inviti (non si supera mai la quarantina), fa stampare i menù, arricchiti di acqueforti, serigrafie o xilografi e del pittore berga-masco Luigi Radici, e via a seguire». Nessuno obietta, naturalmente. Primo perché la festa si tiene a casa del suddetto Coppola e poi per-ché se 19 edizioni sono già agli annali, lo si deve ad una gestione che non contempla sbavature. Tanto per chiarire: non sono ammesse donne, gli orari vanno osservati in modo tassativo (si comincia alle 10,33, inutile arrivare un minuto prima, e si esce alle 17), va rispettato l’ordine delle portate e vanno tenute in debita considerazione tutte le indicazioni. «Per esempio - rivela Prati - le focacce di Recco, garantite ogni anno da due invitati liguri, devono arrivare inderogabilmente alla giusta temperatura per poter essere consumate a dovere, pena l’esclusione dal menù». Le regole sono così infl essibili da imporre anche la va-lutazione della colesterolemia (sennò che festa del co-lesterolo è!). Tutti gli invitati, prima di mangiare, devono sottoporsi al controllo. C’è un farmacista che preleva i campioni ematici e chi ha il livello più alto vince una bot-tiglia di Sassicaia e paga la quota minima obbligatoria di 100 euro. Gli altri versano l’obolo in rapporto al loro tasso di colesterolo: più è basso, più pagano. La somma raccolta viene ogni anno devoluta in benefi cenza. Anche il cuore, e non solo lo stomaco, trova il suo spazio. Stabilita la “clas-sifi ca”, si aprono le danze: alle 10,33 la colazione, dalle 11 l’aperitivo, alle 13 via col pranzo. Alle 17 tutti fuori, senza pietà. È un vero e proprio tour de force, un trionfo dei grassi e delle calorie. All’ultima festa, tema scelto “Cave Pa-nem”, una trentina di persone ha consumato 28 bottiglie

di champagne, 18 di vino rosso e una di distillato, senza contare il cibo, per quantità qualcosa come tre pranzi in un colpo solo (nel box a lato l’ultimo menù, ndr). È sem-pre così. A ogni edizione - dalle “Mani in Pasta!” al “Quinto quarto”, dall’“Insolita Zuppa” ai “Cornuti, castrati e fi gli di vacca”, tanto per citare alcuni temi agli archivi - la Festa mantiene rigorosamente la sua impronta luculliana. Per fortuna, il gran Mentore Vivandiere, bontà sua, ha stabi-lito che l’abbuffata si debba tenere ogni primo sabato di dicembre, così da consentire a chi ha goduto degli abbon-danti piaceri della tavola di riposare la domenica le sazie membra e sbollire gli eccessi alcolici. «Quel che sembra un evento puramente goliardico - commenta Prati - ha sì mantenuto lo spirito iniziale, ma nel tempo si è evoluto, trasformandosi anche in un piccolo laboratorio enoga-stronomico. Ogni anno si discute a lungo sulla scelta del biologico, sulle modalità di cottura, sulle materie prime. È un arricchimento continuo che trasferiamo all’esterno nelle nostre quotidianità». Vuoi vedere che alla fi ne il cole-sterolo non è poi così “cattivo”!

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Sale e pepe q.b. La rituale formula di chiusura di tante ricette può sorprendere il gusto con nuo-ve sensazioni. Già, perché il sale non è solo fi ne

o grosso e il pepe non è solo una polverina pungente. Magari negli ultimi tempi i più salutisti hanno scoper-to il sale dell’Himalaya, i cultori della griglia quello hawaiano e tutti hanno più o meno imparato le diffe-renze tra pepe verde, nero, bianco e rosa, ma grazie ad un’accurata conoscenza, selezione e proposta i due “condimenti” possono diventare elementi ancor più intriganti in quel gioco dei sensi che è la tavola.Pioniere e maestro riconosciuto in questa ricerca è Umberto Giraudo, restaurant manager del tri-stellato La Pergola, all’Hilton Cavalieri di Roma, regno dello chef Heinz Beck. Trentotto anni tra poco, Cavaliere al merito della Repubblica, Premio Luigi Veronelli come miglior maître nel 2008, è stato lui il primo in Italia, dieci anni fa, a introdurre la proposta di diverse varietà sale, alle quali ha anche dedicato spazio nel libro “Arte e scienza del servizio”, scritto con lo stesso Beck e il maître Simone Pinoli. La “scoperta” del sale è una sua passione e un suo vanto, da dove nasce?«Da un episodio accaduto a Montecarlo. Giovane commis a Le Louis XV con Alain Ducasse, mi chiesero di andare a prendere del sale “grigio”. Mi rifi utai pen-sando ad una presa in giro, ad una versione francese dell’“olio di gomito”. Fu allora che imparai che il sale non è uno solo e decisi che avrei cercato di conoscere tutte le varietà del mondo».Come ha sviluppato le sue conoscenze?«Attraverso contatti e viaggi. In Italia il monopolio aveva fatto conoscere solo una tipologia».Ora quanti sali propone?«Ne abbiamo selezionati 15, in rappresentanza di tutti i continenti. C’è l’australiano Murray River, fi occhi quasi impalpabili di un tenue color albicocca e dal

gusto delicato; dalle Hawaii arrivano il sale rosso, che prende il colore da un’argilla di origine vulcanica che vi si mescola durante l’evapo-razione e lo arricchisce di ferro, e quello nero, risultato di una lavorazione artigianale con lava vulcanica che lo rende ricco di minerali e molto coreografi co; ci sono il sale fi no di Guerande alle alghe e il Fleur de sel de Bretagne, chiamato anche “il caviale del sale”, è una “brina” di giovani cristalli che si formano in modo naturale sulla superfi cie delle saline; ci sono i sali che provengono dall’Inghilterra, il salgemma dell’Hymalaya e quello del Sudafrica e i sali affumicati».C’è anche un rappresentante italiano?«È il sale di Cervia Riserva dei Papi, chiamato anche sale dolce perché privo del retrogusto amarognolo».Come vengono presentati?«Quando si siede a tavola il cliente viene accolto con un aperitivo o con dell’acqua, per soddisfare al suo primo bisogno che è quello di bere. Poi arrivano bur-ro, olio d’oliva e pane ed è a questo punto che entrano in scena anche i sali. Si propone l’assaggio di qualche varietà, si illustrano le caratteristiche. È un’esperien-za diversa, si crea un momento di conversazione, un invito alla condivisione. Niente di accademico o saccente, intendiamoci: anche un palato non abituato percepisce le differenze tra i sali e i clienti si divertono a percorrere questo insolito viaggio gastronomico».E sui piatti?«Le creazioni dello chef hanno già il loro equilibrio. Se qualcuno ama i gusti un po’ più saporiti serviamo a parte sale grigio o Murray River che non contrastano la composizione».Dopo il sale è stato naturale per lei occuparsi anche del pepe...«In effetti sì. Anche in questo caso la tradizione italiana

Sale e pepe superstar

Sempre presenti in cucina e in tavola, sono per lo più anonimi e scontati.Umberto Giraudo, restaurant manager del “tre stelle” La Pergola di Roma, è pioniere nella ricerca delle varietà più pregiate. Ecco cosa consiglia

GLI INGREDIENTIdi Anna Facci

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e i ti i l

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non forniva grandi spunti. In commercio per lungo tempo si è trovato solo pepe di “seconda scelta”, il che ha ne ha reso poco interessante l’impiego. Ho voluto cimentarmi anche in questa nuova ricerca selezionan-do le migliori produzioni al mondo».Quali eccellenze ha individuato?

«Per il pepe verde quelli del Madaga-scar e del Camerun, per il pepe nero abbiamo scelto il “Telly-

cherry pepper” che viene dall’India ed è essiccato al sole, mentre il pepe bianco,

che diventa tale dopo che le bacche sono state messe in acqua e

private della buccia, viene da Sarawak, in Malesia, è double washed, ha cioè subito un doppio lavaggio, ed è uno dei pepi più puliti e puri. Raro e particolare è il pepe lungo di Giava, una bacca lunga 2-3 centimetri, forte e piccante con aromi di sandalo e sottobosco che può dare grandi sensazioni abbinato a sapori dolci, ad esempio, l’ananas o il cioccolato bianco. Ma ce ne sono anche altri ...».Per il pepe quali sono le “istruzioni per l’uso”?«Non ci sono controindicazioni. Alcune creazioni hanno già il pepe tra gli ingredienti, ad esempio uno dei nostri piatti simbolo, i “Fagottelli La Pergola”, che sono ravioli ripieni di carbonara liquida cui, appunto, si aggiunge il pepe al momento. Negli altri casi un pepe di buona qualità ben abbinato non fa altro che esaltare i piatti».Come si serve?«Noi lo maciniamo al momento utilizzando dei piccoli mortai, in questo modo sprigiona al meglio gli aromi».Consiglierebbe ai ristoratori di dotarsi di una selezione di sali e pepi?«Sicuramente sì. Direi loro di non fermarsi al sale “sot-to casa”. Oggi tra l’altro ci si può documentare facil-mente, anche tramite Internet, ed esistono drogherie davvero ben fornite. Direi di scegliere poco, ma bene».

23Affari di Gola febbraio 2010

Specialità alimentari

Medolago (Bg) Via Bergamo, 16da Milano/Bergamo, Autostrada MI-VE uscita Capriate,

direzione Calusco d’Adda-Lecco

tel. 035.902333 - fax 035.902669e-mail: [email protected]

Qualitàa portata

di tutti

Prodottisurgelati

Prodottifreschi

Prodotticatering

inoltre...

Commercio di verdure, prosciutteria,selvaggina, carni, torte...

Q«Per il pep

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“istruzioni

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Di quel pezzo di passato è rimasta solo lei, la sta-zioncina, attuale sede del Ristorante “Al Tram”, con la carrozza di un vecchio tram alle spalle

come una ostinata, rugginosa scia del passato. Mutilata delle sue arterie, di quei binari che per quasi un ven-tennio (dal 1902 alla fi ne degli Anni 10), hanno raccolto le storie di viaggiatori lungo la tratta Sarnico-Trescore-Bergamo, la vecchia tramvia vive di rifl esso in questo ri-storante simbolo di Sarnico, città-capolinea del Sebino. Il futuro era giunto presto in questa cittadina di confi ne, “capitale” del basso Sebino. Altrettanto presto (nemmeno 20 anni più tardi) vi si è arenato, fossilizzandosi in que-sto involucro di calce e mattoni d’ispirazione Liberty. Nel 1902 Sarnico sfoggiava orgogliosa la sua tramvia. L’an-nesso Caffè del Tram rinfrancava turisti e viaggiatori di passaggio. A ricordare quel passato sono rimaste le foto d’epoca, riprodotte in parte sul menù, gusci di un tempo forse più emotivo che reale. Ci riportano allo sferragliare del tram, allo scampanellio che ne annuncia la partenza, al vociare scrosciante dei viaggiatori, allo strusciare degli abiti lunghi delle signore sul selciato, alle ombre dei pa-rasole proiettate al suolo dal sole estivo.Viene spontaneo decifrare le tracce di quel tempo, nel verde polvere delle pareti e travi a vista, nelle lanterne color bronzo che ricordano i primi lampioni elettrici, nei mobili d’epoca con l’argenteria lucida e composta. “Ab-biamo ottenuto da poco la certifi cazione di locale stori-

co - spiega Mariella Plebani, impeccabile patronne del ristorante -. Gli ambienti interni sono stati recentemente ristrutturati, non erano più quelli originari di un tempo. Abbiamo però cercato di non perdere il fi lo col passato, di ricrearne l’atmosfera, scegliendo un design classico e conservando pezzi di arredo dell’epoca”. È dal 1951 che la famiglia Plebani gestisce il locale, ma il ristorante ha funzionato ininterrottamente dai primi del ‘900, man-tenendo immutati nome e funzione per un secolo. Da qui il prestigioso riconoscimento di “locale storico” asse-gnatogli dalla Regione Lombardia lo scorso dicembre. E storici sono anche alcuni piatti, che il menù, ben bilan-ciato tra mare, terra e lago, dispiega, prendendo spunto dalla tradizione lacustre, ma idealmente anche dal perio-do d’oro di Sarnico, quel secolo XIX in cui la cittadina, grazie al suo storico mercato (attivo già nel ‘500), era il maggiore centro commerciale dell’alta Val Calepio. In primo luogo il misto di lago. “Abbiamo due o tre pesca-tori che ci riforniscono di quanto il lago offre di volta in volta. Si va dal coregone al pesce persico e al salmerino”. Un menù comunque ad ampio raggio, che offre diverse interpretazioni di piatti mediterranei: negli antipasti di mare, i gamberoni reali con polenta e pomodorini sono una prelibatezza, altrettanto il polipo con patate, zucchi-ne e pesto. Nei primi, si fanno largo le fettuccine fatte in casa con granseola e pomodorini o seppie e zucchine, e i ravioli di erbette con gamberi di fi ume, curry e zaf-

Al Tram, la sosta col sapore della storia

IL RISTORANTEdi Lelia Parisi

Calepino, cioè, in greco, “bevo be-ne”. E a questo principio si è sem-pre attenuta l’azienda agricola “Il Calepino” di Castelli Calepio nella sua quasi quarantennale storia, e intitolata a Fra Ambrogio da Cale-

pio, detto il Calepino, il noto frate enciclopedista

vissuto nel XV se-colo. Fondata

ne l 1972 da Ange-

lo Ple-

bani, la cui famiglia gestisce dal 1951 il ristorante “Al Tram” di Sarni-co (oggi guidato dalla signora Ma-riella), l’azienda vitivinicola - dopo la prematura e improvvisa scom-parsa del fondatore nel 1985 - è gestita dai fi gli Franco e Marco e si distingue come la più blasonata e importante nella Bergamasca nel-la produzione di spumante meto-do classico (80 mila bottiglie), cui si affi ancano i vini fermi Valcale-pio bianco e rosso, la cui massima

espressione è certamente il “Kalòs” un Cabernet Sauvignon in purezza, sempre premiato dalle guide e vi-cino all’eccellenza dei grandi ros-si italiani. La prima produzione di spumante metodo classico del “Ca-lepino” risale al 1978: l’attuale, do-po oltre un trentennio, è costituita da Brut, Extra Brut, Rosé e dal pre-stigioso Riserva di Fra Ambrogio (60 mesi di permanenza sui lieviti) che gareggia con le migliori produ-zioni spumantistiche nazionali.

“Il Calepino”, stretto il legame con l’azienda vitivinicola di famiglia

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A Sarnico, il locale nell’ex stazione, gestito da Mariella Plebani, è attivo dai primi del ‘900 e propone una cucina ben bilanciata tra mare, terra e lago Mariella Plebani

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ferano. Nei secondi, spiccano, oltre ai fi letti dorati di persico e salmerino, la tagliata di tonno in crosta di sesamo e gli spiedini di seppioline e gamberi. Tra le carni, invece, a sbancare è la battuta di fi letto di pule-dro olio e peperoncino, di provenienza locale come le altri carni (acquistate da produttori di Palazzolo e Villongo). Il risotto al Calepino (lo spumante metodo classico prodotto dall’azienda vinicola di famiglia), ver-sione “acclimatata” del risotto allo Champagne, è uno dei classici che il locale propone dai primi Anni 70. Anche i casoncelli, nel loro velo di pasta sottile rega-lano sensazioni non dissimili da quelle provate dagli ospiti di un tempo. Presente e passato coesistono, ma non troviamo mai nulla di estremo o di eccessivo, tan-tomeno di trasgressivo nel menù di questo ristorante, dove l’eco delle mode giunge ovattata (manca il pesce crudo, per esempio), quasi lo status di luogo di confi ne lo preservasse dall’invasività dei nuovi trend. Esposti al vento di tramontana che spira dall’alta Val Brembana sono invece i fuori carta, che lo chef Maurilio Milesi, originario di Roncobello, prepara di tanto in tanto, e secondo disponibilità, per i suoi ospiti. Sbizzarrendosi in piatti ad alto tenore corroborante come cervo in umido, lepre in salmì, capretto al forno, brasati e cin-ghiale, pasta e fagioli, ossobuchi. Il tutto irrorato dai vini di famiglia, dato che la signora Mariella è, guarda caso, anche la mamma, giovanilissima, di Franco e Mar-co, titolari dell’azienda Il Calepino, con buona pace de-gli altri produttori, che devono rassegnarsi a occupare un posto più marginale nella lista vini del ristorante. Anche perché oltre alle bollicine, fi ore all’occhiello della produzione bergamasca, ci sono bianchi e rossi a coprire in modo soddisfacente tutto il menù. Che, ac-canto a quello alla carta, si esibisce in tre menù degu-stazione. Al prezzo di 35 euro (comprensivi di coperto, dessert e caffè) il “Sebino” e il “Classico”, a 25 il “Picco-lo menù tradizionale”. Mentre il prezzo medio per un pasto completo alla carta, vini esclusi, e inclusi i dolci, classici e deliziosi, si aggira intorno ai 40/45 euro.

AMBIENTE 7,5/10La struttura architettonica del locale è ancora quella della vec-chia tramvia. Benché reduce da qualche lifting, e con qualche belletto in più, come il bel pergolato di glicine, sotto il quale si pranza nella stagione estiva a pochi passi dal lago, la stazion-cina è ancora lì, al suo posto, ridente e luminosa come a inizio secolo. Eleganti e curate, le sale interne con vista lago accolgo-no una ottantina di coperti, da sommare agli altri cento della sala banchetti. Ottanta i coperti all’esterno.

CUCINA 19/30Una cucina classica, anzi classicissima per lavorazioni e com-posizione dei piatti. Legata al territorio in senso stretto, ma anche ampio, spaziando dalla tradizione sarnichese (pesce di lago) a quella bergamasca valligiana (selvaggina e carni rosse) alla cucina mediterranea (primi e secondi di pesce di mare, approvvigionato dalla Meditpesca di Paratico). Sicuramente non siamo in presenza di una cucina che vuole stupire o col-pire a ogni costo, bensì di una cucina che vuole semplicemen-te piacere. Ne è sintomatica anche la scelta della vaissellerie (classica, bianca monocroma con decori in rilievo) distante anni luce dalla plasticità e asimmetria delle forme di design contemporaneo allergiche a ogni forma di decoro o ghirigoro.

CANTINA 12/20Con un prodotto di qualità riconosciuta come Il Calepino, i Plebani avrebbero buon gioco nel monopolizzare l’intera car-ta dei vini. Invece, accanto alla produzione di famiglia, trovano spazio anche una quarantina di etichette nazionali. Ricarichi nella media, “anche per rispetto dei ristoratori che acquistano i nostri vini”, chiosa Franco Plebani. Si parte dai 12 euro del Valcalepio bianco fermo e, ovviamente, troviamo tutta la gam-ma di prodotti Il Calepino. In compenso, vino anche al calice per andare incontro a chi beve moderatamente.

COMPETENZA 8/10Si avverte la solida mano di Maurilio Milesi, 50 anni, roncobel-lese, chef del ristorante, coadiuvato ai fornelli da Pietro Gal-linelli, suo secondo, 35 anni ininterrotti di servizio al “Tram” (eppure ne ha soltanto 49!). Lavorazioni minime, rispettose delle materie prime, cotture impeccabili, colpisce l’eclettismo di questa conduzione, capace di esprimersi parimenti nel pe-sce di mare e in quello di lago, nelle carni e nella selvaggi-na, “la specialità di Maurilio - sussurra Mariella -, insieme alla polenta taragna, una tradizione quest’ultima, però, estranea a Sarnico”.

SERVIZIO 8/10Puntuale e accurato il servizio. Grande attenzione al benesse-re dell’ospite, su cui la titolare stessa vigila, sempre presente in sala.

RAPPORTO QUALITÀ/PREZZO 8,5/10Considerata la cura per le materie prime e la generosità delle dosi, risulta buono il rapporto qualità/prezzo, soprattutto di antipasti e primi e dei tre menù degustazione.

p.s.

25Affari di Gola febbraio 2010

RISTORANTE AL TRAMviale Roma, 1 - Sarnico

tel. 035 910 117chiuso il mercoledì (da giugno a settembre sempre aperto)

IL GIUDIZIO

Page 26: Affari di Gola - febbraio 2010

26 Affari di Gola febbraio 2010

Enrico Rotaconsigliere delegato

e responsabilevendite Italia della QUATTROERRE

di Torre de’ Roveri (Bg)Per ulteriori informazioni

scrivere [email protected]

Dovendo fare una stima personale, direi che un numero abbastanza considerevole di consumatori preferisce un vino affi na-

to in legno e questo per svariati motivi. Volendo defi nire in modo coretto il termine “affi namento”, dobbiamo aggiungere che indica quel periodo che intercorre tra il termine delle fermentazioni e l’im-bottigliamento e può avvenire sia in contenitori di legno che in altri materiali. Esso può variare anche molto, in base alla tipologia di vino e a quel che si vuole ottenere. Esistono svariate misure di botti, da quelle molto grandi, da cinquemila litri, a quelle piccole come le barrique, dalla capacità compresa normalmen-te tra 225 e 228 litri. Bisogna quindi sottolineare che non tutti i vini affi nati in legno provengono dalle barrique (da cui deriva il termine barricato). Di conseguenza chi usa la defi nizione “barricato” come esclusiva del vino affi nato in botte, commette un errore. Questo avviene o per protagonismo (fa tanto intenditore di vini) o più semplicemente per ignoranza. La situazione genera però fraintendi-menti, in quanto richiedere un vino barricato sen-za sapere con precisione cosa signifi ca, porta troppe volte a delusioni degustative importanti. La gestione dei legni in cantina dà un’impronta indelebile al vino in bot-tiglia e alla sua longevità. D’altro canto, i consuma-tori che preferiscono i vini barricati cercano solita-mente aromi che ricorda-no i sentori di vaniglia, cioccolato, tabacco o spe-zie in generale, dovuti al tipo di legno usato e alla

sua tostatura. Senza entrare nel merito puramente tecnico (alterazioni microbiologiche, polimerizza-zione tra tannini ed antonciani, reazioni enzima-tiche ossidative, etc.) in certe situazioni, l’uso dei legni grandi o piccoli che siano, esalta determinate caratteristiche. Questo però non vale per tutti i vini. Come ho già raccontato in passato, l’avvento della barrique è vissuto da molti esperti e addetti ai lavo-ri addirittura in modo negativo come un metodo sicuramente effi cace per chiudere la strada ai vini tipici e tradizionali. Tra questi, voglio ricordare Ren-zo Cottarella, direttore generale di Antinori, che de-fi nì la barrique come una minigonna: non tutte le donne se la possono permettere. Aggiunse pure che se il vino è fatto bene non ci si dovrebbe nemmeno accorgere della presenza del legno e tutto ciò è diffi -cile, se usiamo una barrique. Oggi i consumatori, preparati o no, amano sempre meno i vini con sapori e gusti standardizzati, ricer-cano emozioni sempre diverse e uniche, in grado di esaltare il vitigno e il suo territorio. La barrique non fa miracoli, non ha effetti magici e quando il vino non ha la struttura o le scelte del pro-duttore sono approssimative, otteniamo quello che

alcuni defi nisco “vino del falegname”: sa tanto di le-gno e ha poca personalità. Per fortuna, abbiamo ini-ziato a ragionare e a bere con la nostra testa. Come sempre, le tendenze non sono frutto delle aspi-razioni dei produttori, ma anticipano e concretizza-no i desideri dei consu-matori.

Il “falegname” in cantinanon paga più

TENDENZEdi Enrico Rota

La richiesta di vini barricati è in netta fl essione. I consumatori amano sempre meno sapori e gusti standardizzati

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Bar e tavole calde sono ormai una presenza piuttosto diffusa nelle stazioni di servizio. Più raro è trovare

un “vero” ristorante, mentre è decisamente accattivan-te l’idea di sfruttare la sosta carburante per l’acquisto del pane fresco. In via Gavazzeni a Bergamo, con l’am-pliamento dell’ex distributore Tamoil, ora Esso (primo impianto dotato di metano in città), accanto a due auto-lavaggi, un’offi cina meccanica e a un’impresa di impianti elettrici è in fase di apertura un ampio spazio “food” con caffetteria, panifi cio, pasticceria e ristorante. Si chiama Trex–Italo Tresoldi e nel nome riassume la sua ispirazio-ne. Da una parte un termine moderno, in linea con la vo-cazione polifunzionale del locale, dall’altra la tradizione: la fi rma di una famiglia di panifi catori da tre generazioni, cominciata con nonno Giuseppe nel ’22, proseguita con papà Italo e oggi forte di tre punti vendita (due in città, in via XXIV maggio e Statuto, uno a Treviolo) e di un labora-torio, al Villaggio degli sposi, che produce 82 tipi di pane oltre agli altri prodotti da forno dolci e salati. Trex è un’iniziativa dei fratelli Matteo (36 anni) e Tom-maso (29) e della moglie di quest’ultimo, Clara (32), che hanno deciso di ampliare l’orizzonte della loro attività. «Il

passo – evidenzia Tommaso - nasce dalla consapevolezza che oggi la panifi cazione ha bisogno di un “contorno”, di uno spazio dove le produzioni possono essere gustate». Per creare la giusta cornice a pane, dolci, snack e pizze cotte al momento i tre non si sono fermati al bar-caffet-teria (peraltro qualifi cato dall’adesione al progetto Artisti del Gusto Illy), ma si sono lanciati nella ristorazione. «La cucina è a vista – prosegue Tommaso - e si può scegliere di servirsi direttamente al banco oppure la tradizionale ordinazione al tavolo. Il target è quello dei pranzi di lavoro e proponiamo combinazioni a prezzo fi sso». Ai fornelli c’è la mano esperta di Roberto Moretti, noto tra l’altro per la conduzione di Da Giussano a Torre Boldone fi no al 2000 e della Garde du Nord in città, dal 2003 al 2007. Nella squadra anche Elena Carrara, con cui lavora da sette anni. «Abbiano scelto la cucina classica italiana legata al terri-torio – spiega Moretti – che arricchiremo con qualche contaminazione internazionale e qualche appuntamento a tema». Trex offrirà anche colazioni, merende e aperitivi puntando su una buona selezione di vini. Pur osservando inizialmente orario diurno, conta già di organizzare qual-che evento serale.

Trex, la panetteria si fa ristoranteTerza generazione di fornai, i fratelli Tresoldi lanciano, nella stazione di servizio di via Gavazzeni, un locale multifunzione. La cucina affi data a Roberto Moretti, ex Gare du Nord

Vini lombardi in passerella a Grumello

Sabato 27 e domenica 28 febbra-io Grumello del Monte torna ad essere crocevia del patrimonio enoico lombardo con la seconda edizione di “Sapor di Vino”. Nella tensostruttura del Palafeste di via Kennedy, saranno allestiti i banchi d’assaggio di consorzi e produttori di ciascuna zona vi-nicola lombarda e sarà possibile partecipare a degustazioni di vini abbinati a formaggi, guidati dagli

assaggiatori Onav con il suppor-to degli esperti Onaf. Le degu-stazioni riguardano “Valcalepio Doc”, “Vini e formaggi della Lom-bardia”, “Franciacorta Docg – un metodo un vino” e “I vitigni au-toctoni lombardi”. Domenica alle 15 sono in pro-gramma le conferenze “Etichet-tatura dei vini: terroir o vitigno” con il professor Mario Fregoni, ambasciatore delle Città del Vino

e presidente onorario Oiv Orga-nisme internazionale de la Vigne et du Vin, e “La riforma della leg-ge sui vini Doc: la situazione na-zionale e lombarda” curata dal professor Alberto Vercesi, coordi-natore Città del Vino della Lom-bardia. Alle 16.30, invece, si terrà un incontro di introduzione alla degustazione di formaggi. Il pro-gramma è consultabile su www.onav.it

NEWS

Da sinistra Clara con il marito Tommaso Tresoldi, Roberto Moretti, Elena Carrara e Matteo Tresoldi

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Il futuro della ristorazione è contraddistinto dal segno meno. Meno fronzoli, meno opulenza, meno ostentazione, ma anche meno briglie: in una parola,

viva “il lusso della semplicità”, titolo del VI Congres-so italiano di Cucina d’autore “Identità Golose”, che ha radunato nei giorni scorsi al Milano Convention Center, chef, pasticceri, sommelier, operatori e addetti ai lavori, ma anche semplici appassionati di cucina. Nell’immediato futuro si lavorerà per sottrazione e non per accumulazione, come già stanno facendo, a tutte le latitudini e su fronti diversi, i più grandi chef italiani per tradurre in pratica, in cucina, il ritornello della semplicità e della tradizione. A “Le Calandre” (3 stelle Michelin) Massimiliano e Raffaele Alajmo hanno eliminato la tovaglia con quel senso liberatorio che solo infrangere i divieti regala, per lasciare che i loro ospiti accarezzino con mano i tavoli realizzati con frassino ultracentenario; Davide Oldani, “costretto” a rinunciare a materie nobili, quali caviale, tartufo e foie-gras, per convinzione “Pop” e budget risicato, ha pensato bene di sostituirli al “D’O” con ingredienti semplici, dalle frattaglie alla tapioca, alle alghe. Antonino Cannavacciuolo, chef a Villa Crespi” sul Lago d’Orta (2 stelle Michelin), ha incorporato la scar-

petta (altro divieto assurdo imposto dal bon ton) in un succulento piatto di linguine con calamaretti spillo e salsa di pane di Fobello, per salire poi in cattedra edu-cando il popolo italiano ad eliminare gli sprechi, recu-perando i trucioli di pane - resti delle pagnotte del guru della panifi cazione Eugenio Pol - che ogni giorno re-stano sul tagliere dove viene affettato. Trucioli trasfor-mati in un piatto d’autore dopo esser stati adagiati su una crema di burrata, scarola vitaminizzata e acciughe. La cucina fa dunque retromarcia, torna a cercare la strada della tradizione dopo anni di viaggi a zonzo dall’Asia all’Africa e scorribande tra fi sica e chimica, spume e schiume, sifoni e fumi. La cucina è tornata a casa con le idee più chiare e con la consapevolezza che, nonostante tutto, sostanza e tradizione non passano mai di moda e che, anche se la creatività non vuole limiti, va domata, addomesticata e disciplinata in nome di un ideale più alto: salvaguar-dare la nostra identità culinaria, confrontandoci con la globalizzazione senza permetterle di sopraffarci. La nuova frontiera della ricerca gastronomica è segna-ta dalla creatività basata sul prodotto e sul territorio e dal superamento tra cibi ricchi e poveri. Perché è più diffi cile e stimolante sublimare prodotti semplici che proporre materie prime nobili e costose.

Le nuove tendenze a “Identità Golose”. Si lavorerà più per sottrazione che per accumulazione. Con un imperativo: salvaguardare il nostro patrimonio culinario

IL CONGRESSO di Laura Bernardi Locatelli

Semplicità e tradizione, il nuovo binario della ristorazione

Carlìn-Carlo Petrini, fondatore di Slowfood, è sceso in campo a Identità Golose difendendo l’agricoltura (e la nostra “Terra Madre”, come il titolo del suo ul-timo libro) con la forza roboante dei suoi comizi nelle Langhe. “Si

parla di semplicità come un lusso, ma l’allarme più semplice e sotto gli occhi di tutti, anche se non se ne parla mai abbastanza, è la dege-nerazione del sistema alimentare. Sennò parlare di enogastronomia senza agricoltura diventa un mero

Petrini: “Nei menù si indichino anche produttori e allevatori”

SLOW FOOD

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29Affari di Gola febbraio 2010

Paolo Marchi, Antonino Cannavacciuolo e Eugenio Pol

“Pane, amore e fantasia”: è questo il titolo del conve-gno che ha visto affi ancati uno chef di rango come Antonino Cannavacciuolo e Eugenio Pol, chef che ha abbandonato da anni la cucina per concentrarsi sul pane a Fobello, in Alta Val Sesia, nel suo labora-torio, chiamato in dialetto“Vulaiga”, come la neve quando scende leggera come la farina. Tra i due si è da tempo creato un sodalizio, che va ben oltre un legame fornitore-cliente (ovviamente a Villa Crespi si utilizza solo il pane di Fobello): Pol e Cannavacciuolo hanno trovato l’abbinamento ideale tra pane e piatti. Così le linguine di Gragnano con calamaretti baby e salsa al pane di Fobello incorporano direttamente nel piatto la scarpetta: il pane ideale per questa pro-posta moderna che sublima la tradizione d’una vol-ta dei primi piatti con gli avanzi della pagnotta del giorni prima, è un pane enorme di segale e semi di lino che, ricchi di omega 3, vanno a nozze con i ca-lamaretti. “Il pane - sottolinea Cannavacciuolo, deve tornare ad essere un ingrediente fondamentale in cucina e non di semplice accostamento. Il pane è festa, è cultura, è vita. Non sopporto vedere gettare nella spazzatura il pane: con la stessa creatività che avevano le nostre nonne che non buttavano via niente, si possono presentare tantissime ricette”. Cannavacciuolo dà a tutti il buon esempio, pre-sentando la sua crema di burrata, purea di scarola, acciughe e trucioli di pane di Fobello, recuperati direttamente dal tagliere dove le pagnotte vengono affettate. Non si butta via niente per la gioia di Pol, instanca-bile cacciatore di farine antichissime, sostenitore della lievitazione naturale con una pasta madre custodita gelosamente da decenni, che assicura: “Il

mio pane dura tranquil-lamente una settimana e più: lievitazione naturale, acqua buona e forme gran-di ed allungate per salvare il “pulcino”, il cuore del pane, che deve rimanere vivo. Qui si con-centrano i buoni fermenti del lievito madre che si moltiplicano e arricchiscono il pane di principi nu-tritivi, aiutandolo a conservarsi più a lungo”. Il pane deve tornare in cucina: “Così è dalla notte dei tempi, quando per addensare salse e quant’altro non si usava né fecola di patate, né altri addensanti”. Sante parole del “genio” del pane che ci auguriamo che molti chef seguano, sulla scia di Cannavacciuolo.

Il sodalizio tra Eugenio Pol e Antonino Cannavacciuolo

Il pane ritorna al centro

atto di onanismo culturale”. Per la prima volta nella storia italiana non esiste comparto agricolo che non sia in sofferenza: “Allevatori e agricoltori non contano nulla, mentre accendendo qualsiasi ca-nale della tv o aprendo le pagine dei giornali, non si fa altro che vedere spadellare e spadellare. Ma la gastronomia non è solo arte ricettaria. Il latte viene pagato 27 centesimi al litro, il grano 10 euro

al quintale e iniziano a soffrire anche i produttori di vino. Con-tadini e allevatori sono solo il 3% della nostra popolazione e il 50% di questo sparuto esercito ha più di 60 anni. E noi non possiamo certo mangiare né pc, né comu-nicazione nell’immediato futuro, né “farci mangiare dal cibo”. Non possiamo permettere che la demagogia mefi tica del basso prezzo distrugga la nostra terra”.

La situazione è allarmante: “Dal 1970 ad oggi abbiamo perso il 70 per cento della biodiversità, la pianura padana è in semidesertifi -cazione e rischiamo di fare la fi ne dell’Irlanda della Grande Carestia del 1845. L’infertilità può essere anche bella verde: non si può col-tivare un prato da golf. Apprezza-bile l’idea di Michelle Obama, ma alla Casa Bianca scommetto che non nasce manco un ravanello”.

e, n-vare l pane,

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30 Affari di Gola febbraio 2010

Bisogna dare il giusto valore e prezzo alle materie prime e portare la qualità sulle tavole di tutti, non solo dei ricchi: “Gli chef dovrebbero dare il loro contributo, offrendo la giusta visibilità e il tributo ai produttori, indicando nei loro menù i nomi degli agricoltori e degli allevatori che li forniscono. Ne-gli Stati Uniti, nel paese che ha inventato il super-mercato, sono molto più avanti di noi: dal 1995 ad oggi i farmer’s market sono cresciuti esponenzial-mente, da 50 a 12 mila. La mia rabbia è vedere che noi, che i mercati li abbiamo inventati nel Medio-evo, li chiamiamo “farmer’s market”, ma questa è un’altra questione”. L’alimentazione, ricorda a tutti Petrini, sarà il tema di Expo 2015: “Milano ha vinto con il tema “Nutrire il pianeta”: iniziamo da qui, dal Parco Sud e da quei

47 mila ettari vincolati all’agricoltura. La natura quando siamo generosi ci ricambia: re-stituire il Lambro pulito alla città è un’opera più rivoluzionaria della costruzione della Tour Eiffel per Expo 1889. L’agricoltura di prossimità è il vero ragionamento su cui concentrarci a livello mondiale. Cosa direb-bero i nostri nonni, sapendo che viviamo in un paese dove si spende più per dimagrire che per mangiare?”. La vera sfi da del futuro, ne è assolutamente convin-to Petrini, che anticipa così il cavallo di battaglia del 2010 di Slowfood, sarà coniugare alimentazio-ne e medicina: “Perché, per dirla con Sant’Agostino, nulla nutre di più il nostro spirito di ciò che lo rallegra”.

carlo petrini

Davide Oldani è il pioniere della fi losofi a del “lusso della sempli-cità”, portata avanti con rigore e coerenza zen da anni al “D’O” (le iniziali di Oldani, che con quell’apostrofo signifi ca “la giu-sta via” in giapponese). Per Oldani la contemporaneità è la democrazia dei prezzi e degli ingredienti, l’etica contro l’esibizionismo, la materia prima semplice contro la spettacola-rizzazione in cucina. La mano dello chef e l’artigianalità di un piatto si devono riconoscere in-dipendentemente dal prestigio della materia utilizzata. A Identità Golose, Oldani ha dato prova del-la sua fi losofi a in cucina: “Pop”, popular sì, ma pur sempre arte. Il giovane chef che ha lavorato con Gualtiero Marchesi, Michel Roux e Alain Ducasse, nel suo “D’O” a Cornaredo, nell’hinterland mila-nese, non può permettersi (per non mancare di fedeltà alla sua fi -losofi a) foie-gras, caviale e tartufo. Materie prime troppo lussuose per essere inserite in un menù dal prezzo contenuto, ma di cui

alla fi ne, se ci si concentra bene, si può fi nire col non sentirne la mancanza. Così con un colpo di bacchetta magica, come in Cenerentola, la zucca si trasforma in elegante carrozza, la tettina di vitello, con spuma di birra all’italiana monta-ta a mano e composta di chutney, ricorda il foie-gras; la tapioca al nero di seppia richiama il latte cagliato con il caviale; il souffl è al tartufo bianco viene fatto con pe-re e caciotta e zeppola alle alghe di Napoli. Una lezione per tutti, fatta di con-tinue ricerche, studi e sperimen-tazioni per portare allo stesso rango e gradino materie prime lussuose e snob e materie prime povere e semplici, dando vita a curiosi incroci ed inversioni. Il quasi foie-gras, alias tettina di vitello, con spuma di birra e com-posta di chutney, si è aggiudicato a man bassa il trofeo Birra Moret-ti, bevanda “pop” per eccellenza, apprezzata e bevuta in tutto il mondo in spumeggianti serate in compagnia.

Così ti elevo la materia prima “povera” DAVIDE OLDANI

Davide Oldani

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31Affari di Gola febbraio 2010

“Simpatico, estroverso, tecni-camente ineccepibile, ca-

pace di proporre di volta in volta spunti di reale effi cacia e rilevanti interventi sulla psicologia del gio-co e dello spettatore. Il tutto, frutto di indubbia esperienza e di ricerca seria e consapevole”. Così il Presti-giatore Moderno (rivista del Circo-lo amici della Magia di Torino) trat-teggia la fi gura di Aurelio Paviato, campione del mondo di Close-Up Magic, ai più noto come il “presti-giatore del Costanzo Show” per le frequenti partecipazioni agli spet-tacoli del Parioli di Roma. Paviato è il mago che ha reso popolare la ma-

gia a distanza ravvicinata, attraver-so l’utilizzo di piccoli oggetti quo-tidiani come carte, spille, monete o coltellini. Chi ne è affascinato, il prossimo 27 febbraio avrà l’opportunità di stupirsi, di vedere Paviato all’ope-ra, grazie ad un evento organizzato congiuntamente da Ascom e Pro-moberg. La Bottega delle Meraviglie - così è stata defi nita la manifesta-zione - si terrà all’Antico Ristorante del Moro, a Bergamo, così da unire il piacere della tavola allo spettaco-lo di magia. “Abbiamo immagina-to - spiega Luigi Trigona, direttore dell’Ascom - un modo nuovo, mo-

derno e attuale per far avvicinare la gente ad una antica ed affascinante arte com’è la magia”. I piatti saran-no curati dallo chef Federico Coria, e il menù prevede; Scrigno di bac-calà in brodetto di capperi e profu-mo di limone, Ravioli di pasta fresca ripieni di parmigiano liquido e tar-tufo nero, Lombata di vitello cotta a bassa temperatura con cannolo di patata panato e fritto e Tortino di cioccolato con cuore liquido alla vaniglia e salsa al caffè. Il prezzo a persona, vini inclusi, è di 35 euro. I posti sono limitati a 50 e per le pre-notazioni si può telefonare al nume-ro 035 2289200.

La magia “sposa” la tavola, Paviato all’Antico ristorante del Moro

Aurelio Paviato

Il 25, 26 e 27 giugno prossimi, il Consorzio di Tutela Moscato di Scanzo sarà presente a San Pietroburgo in occasione dei festeggiamenti in onore dell’ archi-tetto bergamasco Giacomo Quarenghi, al quale gli zar affi darono tra il diciassettesimo e diciottesimo secolo la progettazione dei più maestosi palazzi del-la città. Guidata dal presidente Paolo Bendinelli, la delega-zione arriverà nella città russa per presentare il Mo-scato di Scanzo Docg e gli altri vini delle aziende as-sociate durante una cena di gala allestita all’interno dell’Ermitage. L’evento è riservato alle autorità e agli imprenditori più in vista di San Pietroburgo mentre il giorno successivo la degustazione sarà aperta al pub-blico e sarà arricchita da prodotti tipici bergamaschi.Nel frattempo il Consorzio guarda anche più in là, all’Expo 2015. E per questo ha stretto una forte colla-

borazione con la Professional Con-sulting, società legata uffi cialmente a Expo e che tra gli obiettivi ha an-che quello di aumentare la visibili-tà delle aziende vitivinicole. Il tutto attraverso il nuovo portale internet www.italiadelvino.com. “Contiamo molto su questa collaborazione - ha com-mentato il direttore del Consorzio, Corrado Fumagal-li -. Il fatto di essere una piccola realtà, pur avendo un prodotto eccellente, ci ha spinti a unirci al portale “Italia del vino” per aumentare la nostra visibilità a li-vello internazionale”. In linea con questo accordo, è stato anche realizzato un restyling al sito uffi ciale del Consorzio consulta-bile all’indirizzowww.consorziomoscatodiscanzo.it.

Moscato di Scanzo, in vista dell’Expo il Consorzio aumenta la propria visibilità

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Un nuovo Giropizza in arrivo in città, due giovani ragazzi che aprono un nuovo bar a Valbrembo, il ViceeVersa di Curno che apre

una nuova sala e molte news per un settore che dimo-stra una sorprendente vitalità, pur in una congiuntura economia tutt’altro che felice. Lo confermano anche i recenti dati statistici che ri-portano cifre in controtendenza rispetto al quadro generale, grazie anche ad una ventata importante d’ot-timismo e di fi ducia che arriva da molti giovani che si lanciano nel settore.“La qualità a basso prezzo” è la fi losofi a imprendito-riale di Emanuele e Paolo Rota che proprio in giorni debuttano a Bergamo con Giropizza nella frequen-tatissima via San Giorgio al 17/H, nei locali che fi no a pochi mesi fa ospitavano la concessionaria d’auto Mercedes Lodauto.“Il mio percorso e quello di mio fratello Paolo è molto lungo - ci dice Emanuele - perché il punto di partenza è stato un disco pub di grande successo come il Road House a Curno. Poi ci siamo trasferiti a Cavernago, dove abbiamo aperto il disco bar Havana e da lì ab-biamo proseguito quello che ci sembrava un naturale percorso rilevando una discoteca molto famosa come il Fiorenudo di Seriate e poi inaugurando il Phenelope Cool Club di Curno”.Dai piatti del dj quelli da cucina e da pizza, il passo è stato veloce. “Ho captato il momento diffi cile per il mondo del divertimento notturno e quando mi è stato proposto di rilanciare un locale importante come il Notturna non mi sono lasciato sfuggire l’opportunità rilanciandolo come La Cantinaccia, wine music bar a pizza non-stop con la formula di Giropizza a 10 euro

In via San Giorgio, in città, arriva Giropizza, mentre nuovi locali sono stati avviati a Curno e Valbrembo

NEWS di Fabrizio Pirola

Bar e pizzerie, c’e sempre fermento a Bergamo

32 Affari di Gola febbraio 2010

Il nuovo Giropizza

Gianluigi e Roberto Innocenti

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e Girocarne a 20 euro. Formula - prosegue Emanuele - che ho poi proposto con alcune modifi che anche nei due locali di Curno, il Rossovino e il nuovo Giropizza aperto da tre mesi nella rinnovata struttura dell’ex Phenelope”.Ora nei 600 metri quadri con soppalco, in via S. Gior-gio nasce il quarto Giropizza della catena, a conferma di un format appetibile. “La location è di grande visibi-lità ed è vicina ad un punto di aggregazione enorme come l’università. Per facilitare gli studenti propo-niamo a pranzo un menu da otto euro, mentre come giropizza saremo aperti alla sera. I nostri ristoranti sono aperti tutte le sere - conclude Emanuele - mentre a mezzogiorno dal venerdì al sabato”.Completamente diverso il percorso di Gianluigi e Roberto Innocenti, due giovani fratelli di 19 e 23 anni che dopo aver fatto esperienza in alcuni bar e ristoranti, hanno intrapreso l’attività d’imprenditori inaugurando in una struttura completamente nuova l’Inno’s Cafè in Corso Europa Unita 2 a Valbrembo. “E’ una sfi da importante per noi - ci dicono all’unisono i due giovani - ma ormai ci sentivamo pronti per cre-arci un spazio ed una offerta tutta nostra, dove poter mettere in pratica le nostre idee”. Il drink&bar con panineria è aperto tutti i giorni, tranne la domenica, delle 6 del mattino alle 2 di notte.Rimanendo nelle vicinanze è terminato il restyling del Tiempo di Mozzo, ristorante-pizzeria rilanciato dalla nuova gestione di Luca Locatelli. L’ingresso è stato modifi cato e ampliato, spostata la zona della pizzeria con nuovi posti a sedere. Poi per soddisfare i tanti appassionati del calcio, ed in

previsione dei prossimi mondiali, sono stati installati tre televisori da 50 pollici per guardare tutte le partite.Sempre percorrendo la strada statale Dalmine/Villa D’Almè, ma sposandoci nel comune di Curno, Simo-ne Aiolfi e Mario Signorini hanno da poco rilevato la gestione del Lounge Bar, american-cocktail bar aperto tutte le sera dalle 18 alle 2 di notte. Caratteristi-ca la scelta di dare ampio spazio al gioco del momen-to: il Poker Texas hold’em on line da giocare sui quat-tro computer a disposizione. A disposizione sempre per gli appassionati giocatori tante slot machine, con sala fumatori. Non ci allontaniamo e rimanendo a Curno segnalia-mo il “raddoppio” del Viceeversa. I due simpatici titolari, Mario e Giovanni Carrara hanno da pochi mesi aperto al piano superiore una nuova sala con bancobar dove poter degustare le loro tante nuove proposte: tisane (circa 50 tipi d’infusi tutti diversi tra loro), cioccolate (fi no a 32 gusti), tè freddi shakerati (30 gusti da scoprire) e whisky. Il frequentatissimo bar è aperto dalle sei alle due di notte. “Durante la stagione estiva, i posti a sedere del giardino esterno ci permettono di soddisfare tutta la nostra numerosa clientela - racconta Mario - ma col freddo, lo spazio in-terno precedente era troppo esiguo. Ora, con la nuova sala speriamo di rispondere alle esigenze di tutti, visto che il nostro è un punto d’incontro che vive tutta la giornata, dalle colazioni alla pausa pranzo (non solo panini, piadine, toast, bruschette, piadepizza che sono il nostro forte ma anche insalatone, piatti freddi, misti e i piatti caldi del giorno) e poi il pomeriggio per il tè, il ricco aperitivo e la lunga serata”.

33Affari di Gola febbraio 2010

Simone Aiolfi e Mario Signorini

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IL PREZZO FISSOdi Fulvio Facci

Loco, quel mix tra Puglia e Messico

C’è un proverbio bergama-sco, almeno lo conoscia-mo come tale, che pro-

babilmente è anche più diffuso, vi-sto il suo signifi cato universale. “Dal bello non si ricava nulla” potrebbe suonare la traduzione approssimati-va, intendendo che la bellezza este-riore non è il valore più importante. In realtà nella versione bergamasca si parla di “non mangiare nulla dalla bellezza”. E allora l’accostamento è venuto spontaneo: quanto conta, in un ri-storante, la “bellezza” dell’ambiente? Lo spunto deriva dalla visita al “Lo-co”, ristorante e pizzeria in città al numero 38 di via Palazzolo. Il posto, in effetti, è bello, soprattutto la sug-gestiva sala a volte del ‘700 perfetta-mente recuperata, ideale per ceri-monie con un’ottantina di coperti disponibili. C’è anche un pianoforte che suggerisce una funzione poli-valente degli spazi, pur se in versio-ne minimalista, e il resto del locale è ugualmente arredato con gusto e funzionalità. Ottime scelte, quindi, per un ambiente nuovo, visto che il Loco è aperto da settembre dello scorso anno. Ma, rifacendoci al pro-verbio d’apertura, l’eleganza esteti-ca da sola non può essere determi-nante: la buona cucina e il servizio, infatti, possono nobilitare situazioni anche di profi lo inferiore. Insomma, al ristorante o in pizzeria si va prima per mangiare e poi, magari, per ap-pagare l’occhio. Ivano Vitale, conti-tolare del Loco, è stato molto bravo nel coniugare i due aspetti. E del re-sto non poteva essere diversamen-te dal momento che non si tratta di un ristoratore improvvisato. «Dopo aver fi nito l’istituto alberghiero – racconta Vitale, 42 anni, originario

della provincia di Taranto – ho avu-to lo proposta di gestire un locale a Bergamo in via Tasso. Si chiamava 3T e faceva parte di una catena in fran-chising tra i cui fondatori c’era an-che l’attore Renato Pozzetto. Erano i primi Anni 90. Progressivamente ho acquistato una quota e poi ho ri-levato totalmente l’attività che, con l’insegna Tropico Latino, propone-va le cucine messicana e americana, tex mex in gergo, ed era anche ame-rican bar». Ed ora il Loco, un bel sal-to. «Beh il salto c’è stato, è evidente, ma – prosegue - non ho accantonato totalmente l’esperienza precedente che è stata altamente positiva. Non rinunciamo ad avere come target anche i giovani e quindi oltre alla pizza offriamo ancora alcuni piatti della cucina tex mex come fajitas, tortillas e salse varie: si tratta di por-tate che ci teniamo ad avere nella nostra carta visto il gradimento che

incontrano. Certo l’asse portante ora è diverso: siamo legati alla cu-cina della nostra terra, la Puglia, ma più in generale alla cucina mediter-ranea. Il nostro menù segue una spe-cie di viaggio ideale del basso Me-diterraneo, ci innestiamo sul fi lone della cucina etnica e cerchiamo di personalizzarla proponendo i piatti in modo curato ed elegante». Carne e pesce, quindi, più o meno equa-mente distribuiti nella carta del Lo-co. Soprattutto alla griglia la carne (fi letti, costate, entrecote), al cartoc-cio o in umido il pesce, ma anche al-la griglia, mentre i primi piatti sono un autentico tuffo nel profondo sud. Si parla infatti di paccheri, di trocco-li pugliesi con cicoria, di gnocchetti al pesto di agrumi e ricotta e via di questo passo il viaggio continua. Il Mediterraneo si può “solcare” anche a tavola ad un prezzo abbordabile: 25/30 euro per un pranzo completo.

Dopo l’esperienza al Tropico Latino, Ivano Vitale ha virato verso i sapori della terra d’origine. Il nuovo locale è aperto da settembre in via Palazzolo

Un pizzico di Messico, frutto dell’esperienza al Tropico Latino, ed una punta di fantasia arricchiscono il menù di mezzogiorno del Loco, pe-raltro già ben assortito con piatti non banali. Fajitas chili y nachos so-no il piatto break mentre lo special è l’insalata in crosta, con tonno, mozzarelline, pomodorini e rucola, servita nella pasta della pizza pro-posta unitamente a drink e caffè al costo di 12 euro. Il menù classico prevedeva invece, in occasione della nostra visita, tagliatelle al ragù, risotto di mare, orecchiette con broccoli e penne all’arrabbiata per i primi. Scaloppine al vino bianco, salsiccia alla gri-glia con purè, coniglio al forno e trancio di tonnetto alla griglia, le pro-poste per i secondi piatti. Decisamente una buona selezione.Abbiamo scelto il risotto di mare e il trancio di tonnetto alla griglia. Buona mano in cucina, poco da invidiare rispetto a menù alla carta serali. Ottimo rapporto qualità prezzo per 13 euro che comprendono an-che, come del resto è consuetudine, acqua, vino e caffè.

Tra orecchiette e fajitasLA PROVA

Affari di Gola febbraio 2010

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I nonni erano i ristoratori al Circolo Nautico di Ba-ri, i genitori hanno continuato l’attività in altri lo-cali della Puglia e loro, i fi gli, sono sbarcati a Berga-mo con un ristorante ciascuno. È anche una storia di emigrazione, si lascia sempre con sofferenza la terra di origine, ma è soprattutto una storia di im-pegno e professionalità in un settore, quello della ristorazione, che richiede sempre sacrifi ci. Certo la tradizione di famiglia aiuta e a Ivano Vitale e al-la sorella Monica ha dato senz’altro l’imprinting: li ha fatti nascere ristoratori. Ivano dai primi Anni 90 al Tropico Latino di via Tasso ed ora al Loco in via Palazzolo, Monica dal 2004 al Pooglia’s in via XXIV Maggio sempre in città: ristorante tipico pu-gliese con pizzeria.Due locali in cui i profumi ed i sapori della Puglia e più in generale del Mediterraneo si rincorrono. Due locali che, leggendo la situazione in chiave moderna, attuano una stretta sinergia, oppure, per dirla in modo più tradizionale, una famiglia che

collabora e che conserva le radici nella terra d’ori-

gine, dalla quale ar-rivano due vol-te per settimana i prodotti tipici per entrambi i ri-storanti.

La ristorazione nel DnaLa sorella Monica è al Pooglia’s

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Affari di Gola febbraio 2010

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36 Affari di Gola febbraio 2010

L’INTERVISTAdi Pierluigi Saurgnani

Vino, “la qualità conta, ma ancor di più la rete commerciale”

Il vino italiano? È buono, ma, di questi tempi (mala tempora currunt), non se la passa tan-

to bene. I consumi sono in calo, la crisi ostacola l’export, le scorte in ma-gazzino crescono e i concorrenti esteri, lavorando per di più a bas-so costo, offrono prodotti sempre più pregevoli e a prezzi interessan-ti. Inoltre, molte aziende nostrane devono fare i conti con una rete commerciale non sempre all’al-tezza. Tutto ciò, nonostante il vino italiano, nel suo complesso, si sia emancipato sul piano della quali-tà offerta. È il quadro, a luci ed om-bre, esposto dall’enologo berga-masco Tiziano Vistalli che presta la sua attività di consulenza a diver-se aziende vitivinicole di Umbria, Toscana e Sardegna e che nelle settimane scorse è ritornato nel-la sua Bergamo per presentare, al ristorante-enoteca Porta Osio, i vi-ni dell’Umbria, e in particolare il Montefalco Rosso e il Sagrantino di Montefalco delle aziende Tibur-zi, Blasi e Raina. Perito agrario, Vistalli ha conse-guito il diploma di viticoltura ed enologia all’Università Statale di Milano. Nel ‘97 in Sicilia, nella Cantina Ca-latrasi, ha ricoperto il ruolo di re-sponsabile del controllo qualità delle uve. Lasciata l’isola nel 1998,

si è trasferito in l’Umbria dove ha lavorato quattro anni nella Can-tina Caprai di Montefalco come responsabile enologico, sotto la supervisione dell’enologo Attilio Pagli, contribuendo alla crescita dell’azienda ed acquisendo sem-pre più conoscenze sulle poten-zialità enologiche del celebre Sa-grantino di Montefalco. Nel 2001 ha iniziato la collabo-razione con l’azienda Tiburzi di Montefalco e altre realtà umbre, toscane e sarde. “In questa delicata fase del mondo enologico italiano - spiega l’enologo - si salvano solo due tipologie di imprese: le azien-de vitivinicole che hanno alle spal-le importanti realtà imprendito-riali in altri comparti e le aziende

storiche che in tanti anni di attività hanno saputo sviluppare una am-pia e articolata rete commerciale”. Ma - chiediamo - la qualità del pro-dotto non conta nulla? “Certo che conta - risponde Vistal-li - e infatti, in generale, i vini italia-ni si sono elevati in qualità ma, sul piano economico, a fare la diffe-renza oggi è lo sviluppo della rete commerciale. Marco Caprai mi ha insegnato a suo tempo che un bra-vo enologo vale cinque volte me-no di un bravo commerciale”. E, purtroppo, a suo dire, diverse aziende non sono state perfetta-mente in grado di pianificare il comparto commerciale.Vistalli opera anche una distinzio-ne tra i grandi produttori e quelli

Tiziano Vistalli, enologo bergamasco per diverse cantine in Toscana e Umbria, fa un quadro del mercato italiano e sul Valcalepio ammette: “Ha fatto passi avanti rispetto al passato ma, se vuole affacciarsi sul palcoscenico nazionale, è ancora all’inizio del suo percorso”

Il panorama enoico italiano si è arricchito di un nuovo mezzo di co-municazione. È Vinofl ash, sito web ideato e curato dal giornalista ber-gamasco Pierluigi Saurgnani. Grazie ad una grafi ca snella e pulita e ai frequenti aggiornamenti sulle novità e sugli eventi del settore, Vino-fl ash punta a diventare un sito di riferimento per operatori e appas-sionati. È online da poche settimane all’indirizzo www.vinofl ash.it

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37Affari di Gola febbraio 2010

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Tiziano Vistalli

medio-piccoli che non sono ancora entrati nella Gran-de distribuzione, cioè in quella che defi nisce “un’arma a doppio taglio”. Le promozioni sottocosto che fanno la felicità del con-sumatore (oggi non è diffi cile trovare nella Gdo buoni prodotti a prezzi più che ragionevoli) costituiscono infatti una sorta di concorrenza sleale nei confronti dei produttori e determinano delle distorsioni, tanto che - evidenzia Vistalli - “in certi casi i ristoratori trova-no più conveniente acquistare le bottiglie nei super-mercati che in azienda”. Mentre le aziende vinicole italiane (ma anche quelle francesi) hanno i magazzini pieni di bottiglie (e intan-to - aggiunge - tutti gli anni si continua a vendemmia-re…), Paesi come, in particolare, l’Argentina e il Cile “offrono prodotti solo in qualche caso un po’ stuc-chevoli ma nel complesso corretti, piacevoli e a buon mercato”. Ma c’è un altro problema che assilla il vino italico: il moltiplicarsi delle aziende vinicole. “Negli ultimi anni sono aumentate in misura esponenziale - dice l’enolo-go -. Tanto per fare qualche esempio, nell’area di Mon-tefalco dal 1998 ad oggi gli imbottigliatori sono passa-ti da 14 a 50 e in quella di Montalcino da 110 a 215”. Una proliferazione che preoccupa, visto il calo dei consumi. Quante aziende sopravviveranno? E quante saranno costrette a gettare la spugna?Essendo bergamasco, Vistalli non si tira indietro quan-do gli si chiede un giudizio sui vini orobici: “Il Valcale-pio a livello locale ha fatto passi avanti rispetto al pas-sato ma, se vuole affacciarsi sul palcoscenico naziona-le, è ancora all’inizio della sua lunga strada. Sul piano aromatico è senza dubbio un prodotto interessante, manca però ancora qualcosa a livello di bocca e di struttura. Forse si potrebbe intervenire introducendo nuove e più effi caci tecniche di maturazione per otte-nere una concentrazione più alta a livello strutturale”.

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38 Affari di Gola febbraio 2010

APPUNTAMENTI

Se si ha intenzione di organiz-zare un week end fuori ca-

sa, magari abbinando la visita di una città d’arte a qualche sosta golosa, può essere interessante “approfi ttare” del B&B Day, gior-nata nazionale del Bed & Break-fast. L’iniziativa permette di dor-

mire gratis il 6 marzo prenotando almeno per un’altra notte nella struttura. In pratica, coloro che prenote-ranno il 6 e il 7 marzo pagheran-no solamente il 7 marzo, se le prenotazioni riguardano il 5, 6, 7 marzo si pagheranno solo il 5 e il

7 marzo. Sono tantissimi in tutta Italia i b&b che aderiscono all’ini-ziativa. Per scegliere e prenotare c’è il sito www.bbday.it. Una bella occasione per una pau-sa fuori stagione e per apprezza-re una dimensione più familiare dell’ospitalità.

IL 6 MARZO

Giornata nazionale dei Bed & Breakfast, una notte è gratis

Rassegna del set-tore alimentare,

delle attrezzature pro-fessionali per la risto-razione, dell’hospita-lity e dei servizi alber-

ghieri, Aliment&Attrezzature torna dal 28 febbraio al 3 marzo al polo fi eristico di Montichiari (Bs). L’ap-puntamento, giunto alla 23esima edizione ma per la prima volta organizzato direttamente dal Centro Fie-ra del Garda, si rivolge ai professionisti del settore HoReCa e propone accanto agli stand un program-ma articolato di eventi. A cominciare dal “Gran Trofeo d’Oro della Ristorazione Italiana”, campionato inter-nazionale dedicato alle scuole alberghiere, promosso dalla Provincia di Brescia, per proseguire con la tap-pa bresciana del Campionato italiano baristi e caffet-terie, gara basata sulle regole internazionali del Wbc nella quale i concorrenti si sfi dano a colpi di espres-si, cappuccini e cocktail analcolici a base di caffè, per l’accesso alla competizione nazionale. Ci sono an-che il “Trofeo nazionale spillatura birra” e l’iniziativa “L’aperitivo vincente”, che offre una serie di utili con-sigli per gestire la fascia oraria dell’happy hour, dai drink al buffet. Come da tradizione, inoltre, l’assesso-rato all’Agricoltura, agriturismo e alimentazione della Provincia di Brescia presenterà percorsi enogastro-nomici, degustazioni per specialisti e laboratori di cu-cina per operatori. All’interno della manifestazione si svolge anche Commercial Market Expo, il salone dei veicoli e delle attrezzature per il commercio ambu-lante, con tutte le principali novità per gli specialisti. L’ingresso costa 8 euro (5 per chi ha più di 65 anni, gratuito fi no a 12). Info: www.centrofi era.it

“I sapori della memoria” è una rassegna organiz-zata dall’associazione lecchese Atelier delle Ar-

ti e del Gusto, dedicata a chi vuole approfondire la conoscenza delle tradizioni culinarie e della storia locale, in un’atmosfera conviviale che associa cultu-ra, arte e piaceri del palato. Il calendario della prima parte dell’anno propone banchetti teatrali e recital dedicati al rapporto tra il cibo e la grande letteratura lombarda, cene-conferenza con esperti e produttori, laboratori e seminari sui prodotti tipici lombardi, ce-ne “fi rmate” dai maggiori chef del territorio, in diver-se località lungo le coste del Lario e dell’Adda. Ecco le prossime date. Giovedì 25 febbraio al Centro Gio-vani di Trezzo sull’Adda (Mi), alle 21, il laboratorio del

gusto “I grandi vini di Lombar-dia: storia e realtà attuale”; gio-vedì 4 marzo sempre a Trezzo quello dal titolo “I formaggi de-gli alpeggi lombardi: prodotti d’eccellenza con una tradizio-ne millenaria alle spalle”; saba-

to 5 marzo al Ristorante Hotel Sporting Club di Bal-labio (Lc), alle 20.30, “Il cibo di Adelchi”, banchetto teatrale a cura di Luca Radaelli e Mauro Rossetto; sa-bato 6 marzo a Bellano (Lc), nella zona manifestazio-ni alle 20.30, la “Cena manzoniana”; giovedì 11 mar-zo, al Centro Giovani di Trezzo sull’Adda (Mi), alle 21 il laboratorio “I dolci della festa: la riscoperta di riti e sapori dimenticati”; venerdì 12 marzo, al Ristoran-te Nuovo Sole di Oliveto Lario (Lc), alle 20, la cena/conferenza “L’olio del Lario – storia e realtà attuale”. La rassegna è organizzata con il contributo della Pro-vincia di Lecco e dell’Unione Commercianti lecchesi. Info: www.atelierdelgusto.it

DAL 28 FEBBRAIO AL 3 MARZO

A Montichiari la fi era dell’alimentare e delle attrezzature

LA RASSEGNA

Laboratori del gusto e banchetti teatrali dal Lario all’Adda

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39Affari di Gola febbraio 2010

Un master sulla birra. A proporlo è la Con-dotta del Bergamasco di Slow Food che al

centro di formazione “professione birra” di Se-riate della Quattroerre ha organizzato un corso di approfondimento sulla più antica bevanda al-colica. Un’occasione per saperne di più su un prodot-to trasversale alle generazioni, più complesso e sfaccettato di quanto sembri in apparenza. La relativa facilità di produzione ha infatti favo-rito la diffusione della birra in luoghi diversi per territorio, storia e cultura creando numerosi stili e varianti. Il “viaggio” si sviluppa in quattro sera-te: giovedì 18 e 25 febbraio, martedì 16 e giovedì 25 marzo a partire dalle 20. Questi gli argomenti: “Breve storia della Birra. La Produzione e la Degustazione”, “Tipologie e Sti-li”, “I colori del malto e la geografi a della Birra”, “Le specialità e gli abbinamenti”. In cattedra un docente d’eccezione, Lorenzo Dabove, in arte Kuaska, tra i più apprezzati spe-cialisti di birra al mondo. Tutti gli incontri pre-vedono una parte didattico-conoscitiva e una degustazione guidata di almeno cinque birre. A chiusura degli incontri sono previsti abbina-menti con qualche stuzzichino didattico-degu-stativo.

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40 Affari di Gola febbraio 2010

Il radicchio è un ortaggio versatile, che è diventato un apprezzato ingrediente in cucina; le sue foglie te-nere, croccanti e amarognole possono essere man-giate crude, cotte, ai ferri, fritte o, ancora, essere uti-lizzate per gustosi risotti.Esiste sul mercato in due qualità: la varietà precoce e la varietà tardiva. La varietà precoce è reperibile già alla fi ne di settembre, ha grossi cespi allungati, foglie rosse larghe, una lunga costola centrale bianca ed è preferita per la preparazione ai ferri. La varietà tardi-va, conosciuta anche con l’appellativo di “spadone trevigiano”, è in commercio dalla metà di novembre, è più fragrante e gustosa e ha cespi formati da ger-mogli compatti e uniformi, foglie strette e la costola dorsale completamente bianca.Il radicchio è una verdura dalle molte caratteristiche benefi che, è depurativo e grazie all’elevato conte-nuto di vitamina A, vitamina C e ferro, facilita la di-gestione, la funzione epatica e stimola la secrezione biliare. Inoltre è ottimo anche in caso di diabete, obe-sità ed insonnia ed è particolarmente indicato a chi soffre di artrite e reumatismi.

Quando lo si acquista è importante che le foglie non siano appassite o troppo bagnate, perché il contenu-to vitaminico dipende dalla freschezza del prodotto; se la parte esterna del cespo fosse leggermente ap-passita, poi, bisogna eliminarla insieme alla base, al-trimenti potrebbe risultare molto amara.E proprio per il suo sapore amarognolo, non è un ortaggio che piace a tutti; ma a questo c’è una solu-zione: per smorzare “l’amaro”, è suffi ciente immer-gerlo nell’acqua per due-tre ore prima di essere con-sumato.Il radicchio si conserva in frigorifero nello scompar-to della verdura, chiuso in un sacchetto di plastica; anche se sarebbe preferibile consumarlo fresco, in questo modo può durare una settimana.Le qualità del radicchio hanno ormai fatto il giro del mondo e forse anche di più: nel 1984, in occasione della spedizione Shuttle capitanata dall’astronauta John Glenn, è stata la prima verdura ad essere colti-vata in orbita. L’ortaggio rosso fu scelto per la con-centrazione ottimale di sali minerali e vitamine, utili in condizioni estreme. Una garanzia insomma.

LA CURIOSITÀ

Ingredienti per 1 persona1 cespo medio di radicchio rosso di TrevisoPecorino grattuggiato a piacere50-60 g di bresaola di manzoolio di oliva extravergine a piaceresale e pepeuna manciata di noci tritate

PreparazioneAccendete il forno a 200°Eliminate le foglie esterne più sciupate e la radice a un cespo di radicchio, lavatelo e tagliatelo in 4 parti per il lungo. Riponete gli spicchi di radicchio in una pirofi la foderata con carta da forno. Condite con sale, pepe e un fi lo di olio di oliva extravergine. Spolverate il tutto con del pecorino grattugiato e mettete in forno a gratinare per 10-15 minuti (il radicchio deve presentare una bella doratura). Disponete su un piatto il radic-chio dorato e riponetevi sopra le fette di bresaola e le noci tritate; accompagnate il piatto con un fi lo d’olio e dei gustosi crostini di pane integrale.

L’A

NG

OLO

Ricette facili e veloci per chi

vive da solo, ma non rinuncia

alla buona cucina

Capita a tutti nella vita di vivere per un certo periodo di tempo da soli. E spesso ciò coincide con la rinun-cia ai piaceri della buona tavola ed è sinonimo di cibo congelato, essiccato, imbustato. Ecco allora qualche idea per preparare ricette “monodose” da mangiare seduti a tavola o ri-lassati sul divano, a seconda dell’umore, per non sentirsi mai più soli ai fornelli... perché anche mangiare da soli può essere piacevole.

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DEL SINGLE di Marco Bergamaschi

Radicchio gratinato

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L’Associazione italiana sommelier (Ais) Lombardia e la Regione hanno lanciato uffi cialmente una sfi -

da ambiziosa: quella di vedere proposta una “Carta dei vini lombardi” nel maggior numero possibile di risto-ranti regionali. L’iniziativa - che ha già registrato l’adesione di circa un centinaio di locali - prevede che tutti i partecipanti consegnino ad Ais la propria carta dei vini, basata solo su etichette regionali, e che questa affi anchi nei menù quella tradizionale. Il ristorante aderente riceverà un apposito simbolo di “certifi cazione” e, nei prossimi mesi, le migliori carte dei vini riceveranno un premio durante un evento de-dicato. “Si tratta di un progetto - ha commentato Luca Daniel Ferrazzi, assessore regionale all’Agricoltura - in cui crediamo molto per riuscire a dare a tutte le no-stre eccellenti etichette la visibilità e il mercato che meritano”. “Un modo per ribadire - ha sottolineato Luca Bandira-li, presidente di Ais Lombardia - che la Lombardia può

vantare un’offerta di vini che, compren-dendo tutte le tipo-logie, dalle bollici-ne ai rossi corposi, dai bianchi fermi ai rossi frizzanti fino ai grandi passiti, of-fre l’ideale accom-pagnamento sia al-la cucina basata sui prodotti del territo-rio sia, in generale, a tutta la ristorazione di qualità”.“Tra le 5 Docg, le 14 Doc e le numero-se Igt - ha ricordato

ancora Ferrazzi - tutto il vino prodotto in Lombardia (circa 80 milioni di bottiglie all’anno) ricade in zone a denominazione. Anche in questo caso, un “privile-gio” che poche regioni italiane possono rivendicare. La Lombardia - ha aggiunto - è il primo mercato poten-ziale e reale per le nostre etichette, potendo vantare una enorme ricettività alberghiera, un sistema di risto-razione di tutti i livelli che ha, insieme agli agriturismi, ancora grandi potenzialità di crescita e “traino” per i prodotti enogastronomici della regione”.

41Affari di Gola febbraio 2010

I sommelier lanciano la carta dei vini lombardi

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GELATERIALA MIMOSA

Portano il nome di varie tipologie del Franciacor-ta gli itinerari che, l’1 e il 2 maggio, condurranno i

turisti alla scoperta dell’anima più vera e sconosciuta della Franciacorta, territorio straordinariamente voca-to alla viticoltura, con cui si identifi ca il suo prodotto più pregiato, il Franciacorta appunto, re italiano delle bollicine.In occasione di “Franciacortando”, tutto il territorio si metterà in festa per accogliere gli ospiti in una due giorni tutta giocata fra alta enologia, piaceri della tavo-la, cultura e svago.Quattro itinerari (denominati Brut, Saten, Rosé e Pas Dosé) adatti a tutti e percorribili anche in bicicletta, proporranno il meglio di questa terra. Ciascun itinera-rio toccherà 5 o 6 cantine, dove verranno organizzate visite guidate con degustazione di Franciacorta della tipologia dell’itinerario in cui sono inserite: molte di esse ospiteranno eventi particolari. Altra tappa saran-no i luoghi del gusto: le enoteche, una pasticceria, un produttore di salumi tipici e una distilleria dove viene creata la tradizionale Grappa di Franciacorta. Infi ne, i luoghi dell’arte e della storia, con visite guidate nei centri storici dei più suggestivi borghi franciacortini (da Rovato a Iseo) e a luoghi di interesse storico-arti-stico, quali abbazie, dimore storiche, santuari e vere curiosità, come il quattrocentesco Maglio Averoldi di Ome ancor oggi perfettamente funzionante.Si potrà optare anche per una sosta per il pranzo o per la cena in ristoranti, trattorie, osterie che proporranno menù a tema giocati su 4 prodotti fortemente legati al territorio franciacortino: il pesce persico come antipa-sto, la pasta fresca ripiena per il primo piatto, il cappel-lo del prete di manzo come secondo, la mela come in-grediente per il dolce. Info: Associazione Strada del Franciacortatel. 030 7760870.

Quattro itinerari per scoprirei sapori della Franciacorta

L’EVENTO

42 Affari di Gola febbraio 2010

Page 43: Affari di Gola - febbraio 2010

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Page 44: Affari di Gola - febbraio 2010

Q U A T T R O E R R E

una SPETTACOLAREpartecipazione.

quattroerre: