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Agriturismo Campania. Prodotti del territorio Prodotti del territorio  Indice - La cipolla ramata di Montoro - Broccolo Aprilatico - Caseificio Sorrentino - Le frittate del Cancelliere - La Salumeria - Mario Carrabs - Carmasciano Moscillo - Candele ripiene - Vitello Podolico - Peccati di Gola - Teoria ro cascavaddr'  La cipolla ramata di Montoro 1 / 26

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Agriturismo Campania. Prodotti del territorio

Prodotti del territorio

 

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- La cipolla ramata di Montoro - Broccolo Aprilatico - Caseificio Sorrentino - Le frittate del Cancelliere - La Salumeria - Mario Carrabs - Carmasciano Moscillo - Candele ripiene - Vitello Podolico - Peccati di Gola - Teoria ro cascavaddr'

 

La cipolla ramata di Montoro

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Agriturismo Campania. Prodotti del territorio

AV 2011C000016 è il numero identificativo del marchio collettivo geografico registrato presso ilMinistero dello Sviluppo Economico e che fa riferimento alla Cipolla Ramata di Montoro.Nell'intento del comitato promotore per la tutela del prodotto, tale iniziativa serve a distinguerequesta cipolla da altre assicurando al consumatore, attraverso scrupolosi controlli affidati adorganismi terzi, un' origine da un territorio ben circoscritto e quindi tracciabilità e qualità.

La storia di Montoro è strettamente legata alla sua cipolla, abbandonata solo per un periodo ditempo per inseguire il miraggio della tabacchicoltura con le laute integrazioni della comunitàeconomica europea. Con il dimagrimento delle risorse comunitarie che hanno comportato ladiminuzione dei contributi per la coltivazione del tabacco, fino ad arrivare alla totaleeliminazione degli stessi, le aziende agricole della piana montorese sono tutte, chi prima, chidopo, alle prese con la riconversione delle proprie produzioni. Ed ecco che si ritorna allecoltivazioni ancestrali della Cipolla "color rame". Gli ettari attuali coltivati a cipolla sono circa 39rispetto ad un potenziale di 195ha. Lo studio del dott. Giuseppe Napoli, esplicitato dallo stessonella relazione più interessante dell'incontro, ha svolto delle proiezioni comparative tra lasituazione attuale e quella potenziale. Ne è uscito fuori che consorziandosi, i produttori,riuscirebbero a più che raddoppiare il valore della produzione lorda vendibile, naturalmente incondizioni ottimali di filiera corta e di opportuni lavori di marketing sulla falsariga di quelli già incorso. Oltre alla relazione del dott. Napoli, ha infiammato la pletea, composta in massima parteda produttori, l'appassionata introduzione del presidente del comitato promotore Nicola Barbatoche ha spiegato passo passo il lavoro svolto e quello ancora da svolgere. " La nuova agricoltura per essere valorizzata – ha detto Barbato - ha bisogno del proprio territorio e dei giovani che civivono, perchè il "prodotto locale" garantito e tracciato è il prodotto che si associa al patrimonioculturale di cui il nostro territorio è ricco".

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A confortare il presidente Barbato, gli altri produttori e gli amministratori di essere sulla stradagiusta, ci ha pensato l'assessore regionale all'agricoltura Vito Amendolara, uomo di terra, excoldiretti, che con il suo intervento denso di complimenti per il lavoro svolto, ha puntato il ditocontro le sirene dell'occupazione dai grandi numeri della grande industria, sottolineandol'attuale situazione di crisi della stessa, in Campania e fuori da essa, anche alla luce dellarecentissima annunciata chiusura dell' Irisbus di Grottaminarda (circa mille addetti). "Bisognaripartire dal territorio - ha detto Amendolara dopo un fulmineo passaggio contro il"napolicentrismo"– per rimettere in moto una nuova economia ", che è poi lo slogan dellacampagna promozionale del suo assessorato, risultata la migliore in Italia, prima ancora diquella della Farnesina, almeno questo ha rivendicato nel corso del suo intervento.

Ma...la proposta? Ah si, l'assessore ha lanciato l'idea di far vendere ai produttori i loro prodottinelle sedi dei beni di patrimonio dell'Unesco. Bene, allora tutti a degustare la zuppa di CipollaRamata di Montoro e le altre prelibatezze, sempre a base di cipolla, preparate per la grandeoccasione. Torna all'indice   Broccolo Aprilatico

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Come in tutte le brutte giornate, anche ieri si è aperto uno squarcio di sole nella sala consiliare del comune di Paternopoli : la presentazione ufficiale del presidio Slow Food del BroccoloAprilatico. Presenti tutti insieme, produttori, istituzioni, Stapa-Cepica, ma soprattutto SlowFood al gran completo e ristoratori, cantine e guarda guarda, la scuola con gli alunni dellaterza media "Fiorentino Sullo" impegnati in un progetto dedicato proprio alla biodiversità. Eh si,si incomincia proprio da lì – ha detto Vito Trotta, responsabile dei presidi, “E' un'azione cheSlow Food mette in campo per salvaguardare prodotti a rischio di potenziale estinzione, per proteggere quel patrimonio di biodiversità che potrebbe esser smarrito”.

Il presidio serve proprio a tutelare piccole produzioni di qualità, ma insieme al prodotto vapotenziato l'intero territorio in modo tale che l'insieme funga da attrattore. In sintesi, è unapresa d'atto delle potenzialità che la filiera di questo prodotto potrà rappresentare e che siconcretizzerà nella misura in cui il luogo della produzione ed il luogo del consumo sarannodialoganti. In soldoni, c'è bisogno di una forte sinergia tra produttori, ristoratori, cantine e anchepopolazione del territorio. Solo così avremo raggiunto il nostro obiettivo. “Questo Presidio- haaggiunto il fiduciario della condotta Franco Archidiacono- non è un punto di arrivo ma dipartenza dal quale iniziare costruire una serie di iniziative che valorizzino la produzione delbroccolo, i ristoranti e gli agriturismi, le numerose cantine, le bellezze paesaggistiche edarchitettoniche di Paternopoli. Non dovete sentirvi soli- ha ribadito Archidiacono rivolgendosiai produttori- perché le istituzioni ci sono. Il broccolo aprilatico è stato inserito a pieno meritonei presidi italiani di Slow Food, è un prodotto locale della biodiversità territoriale ma che daoggi in poi girerà il mondo”.

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A testimoniare inoltre, il forte interesse di Slow Food per il progetto Broccolo Aprilatico, oltre algrande lavoro svolto dalla condotta Alta Irpinia-Taurasi, e di Franco Archidiacono insieme al volenteroso Alessandro Barletta, la presenza in sala di Rita Abbagnale e Antonio Puzzi,consiglieri nazionali Slow Food. Da segnalare anche l'abnegazione dei produttori e del loro rappresentante Rino Di Benedetto, che nel corso dell'incontro, ci ha spiegato la tecnica dicoltivazione, le caratteristiche organolettiche del prodotto e la problematica afferente alla stagionalità. Attualmente- ha detto Rino- gli ettari dedicati in termini di adesione al progettosono nove, ma per evidenti motivi di rilevante stagionalità del broccolo aprilatico, in produzionece ne sono solo due e mezzo, ma le richieste sono tante e soprattutto fuori stagione diproduzione, ed è per questo che i dinamici produttori di Paternopoli si stanno attrezzando condei semilavorati in vetro che possano superare tale problema.

Per quanto riguarda la coltivazione, la caratteristica di questa varietà di Brassicacea, è lavigoria di vegetazione, dovuta alla sua genetica e alle condizioni pedoclimatiche del posto (terreno, clima, esposizione), per cui a differenza delle altre varietà, che vengono seminate direttamente in pieno campo, il Broccolo Aprilatico si semina in semenzaio a fine agosto-inizisettembre. Dopo un mese circa, le piantine di 10-15 cm vengono espiantate "a strappo" e poi trapiantate in pieno campo con un sesto d'impianto di cm 70 X cm 60, questo per consentirealle caratteristiche genetiche della pianta di esprimersi al meglio e quindi di realizzare "l'accestimento" tipico varietale.

Come tutte le brassicacee più pregiate, anche l'Aprilatico è "ricacciante", significa che laraccolta sulla stessa cima avviene più volte. Le caratteristiche organolettiche, invece,consistono in una croccantezza e in una dolcezza sviluppate all'ennesima potenza. Ma più dicento discorsi, quello che è valso di più a consacrare le qualità del prodotto, il banchettod'assaggio in coda alla manifestazione, ma soprattutto, a seguire, il pranzo-laboratorio di cui vidiamo ampio resoconto fotografico, “le declinazioni del broccolo aprilatico” a cura del ristoranteMegaron di Valentina Martone con la collaborazione di alcune delle più importanti cantine delluogo: Manimurci, Antichi Coloni, e Famiglietti. E...non è finita qui!!! Entro la fine di maggiosarà organizzato un nuovo evento, una tre giorni di scoperta del territorio con visite aimonumenti, alle cantine, alle coltivazioni, degustazioni e cene a tema. Intanto già per il prossimo 28 aprile “Aprilatica” manifestazione a cura delle Associazione L'Orto delleBiodiversità e Amici dell'Orto nel corso della quale, sarà possibile degustare ed acquistare ibroccoli aprilatici e molti altri prodotti tipici locali.

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  Torna all'indice   Caseificio Sorrentino

Ma chi l'ha detto che la buona mozzarella è solo di bufala ???

Come al solito, l'Irpinia sfata un altro luogo comune...Eh si, non c'è niente da fare, siamo piùavanti!!! Dopo il grande successo avuto con i merluzzi del fiume Sabato ci apprestiamo araccogliere quest'altra palma da collezionare insieme ai tantissimi altri primati in campoenogastronomico e non. A darcene l'occasione stavolta è una piccola azienda di Montella, chea dispetto dell'areale di produzione nel quale insiste (podolica), alleva mucche di razza BrunaAlpina, o meglio, disolabruna , che è il sito del consorzio che Vittorio Sorrentino ha contribuito afondare nel 2005. Si si, avete capito bene, un pò come per il vino sono stati abbandonati ormai itagli bordolesi degli anni '90, anche per il latte si va verso la caseificazione monorazza.

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Il piccolo allevamento, meno di cento capi, è strutturato a stabulazione fissa d'inverno e alpascolo nelle altre stagioni. Gli animali sono seguiti dal figlio di Vittorio e dalla moglie Rossella,mentre la caseificazione è demandata al capofamiglia con l'ausilio della figlia Ilaria,giovanissima ma già molto capace. Gli altri due componenti della famiglia, una femminuccia diundici anni ed un maschietto di sette, per adesso,"servono sono a completare la tavola", chiosascherzosamente Vittorio. La produzione giornaliera di latte ammonta ai 300/500 lt., a secondadella stagione e del numero di vacche gravide. Ma raccontiamo un pò la storia del nostroVittorio...Studente dell'istituto d'arte di Avellino negli anni '80, incomincia a mostrare la venaartistica cimentandosi in sculture lignee seguito dal mio amico falegname artistico, scultore,rigattiere, antiquario, insomma il personaggio Giuseppe Gramaglia, che me lo ha fattoconoscere. Siamo a Montella...il legno non manca, ma nonostante le apprezzate performancesdi artista in erba, rimane folgorato dall'incontro con alcuni vitellini che gli avevano regalato. Di lìad acquistare, con l'aiuto del babbo e di un consistente mutuo (allora si poteva), il terreno e lacasa colonica attualmente residenza e sede aziendale, il passo è stato brevissimo!!! Nel '94,perdutamente innamorato della Bruna( quella Alpina), razionalizza il suo allevamentoselezionando solo mucche di razza Bruna e iscrivendolo al libro genealogico.

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All'inizio del secondo millennio, Vittorio, resosi conto che la remunerazione del latte prodottonon era adeguata alla sua qualità e spinto sempre da quella vena artistica-artigiana che nonl'ha mai abbandonato, dopo un corso specialistico di caseificazione, apre un piccolo caseificioche gli consente di realizzare prodotti di fascia alta che spedisce in giro per l'Italia e...qualcosaanche all'estero. I suoi prodotti di punta naturalmente i " casicavaddri" (caciocavalli), le trecce,le scamorze e i filoni da stagionare qualche mese per poi essere arrostiti alla brace. Ma il fioreall'occhiello della sua produzione sono due formaggi particolari, il "Sorvit"(Sorrentino Vittorio) edil "Gran Sorvit".

Il primo, è un formaggio stagionato da pasto, tipo canestrato, le sue particolarità consistono inun aromaticità spiccata che si sposa con la piccantezza, e tirandoglielo con le tenaglie hoscoperto che ciò è dovuto all'utilizzo di un mix di cagli diversi(agnello, capretto e vitello), oltrenaturalmente, all'alta qualità della propria materia prima utilizzata. Il secondo invece ha lestesse caratteristiche del primo, ma si differenzia nel procedimento, per la cottura della cagliatae per l'utilizzo di latte scremato e quindi si ottiene un formaggio a grana, molto simile alparmigiano reggiano. Anche la pezzatura del formaggio è diversa, le forme vanno dai 30 kg insu. La produzione di questa aziendina si colloca in una fascia medio-alta, sia in termini diqualità che quindi di costi, e questo in periodi di crisi qual è quello attuale non costituisce certouna facilitazione nella vendita. Per essere pratici, parliamo anche di prezzi che poi non sonoaltissimi. Infatti, mediamente siamo nell'orine di uno o due euro in più al kg rispetto ai prezzisoliti di mercato, ma con una qualità sicuramente molto più alta.

Per fare un esempio, le trecce, le scamorze ed altri prodotti freschi a pasta filata si vendono a 8euro al kg, il caciocavallo stagionato 3 mesi a 10,50 euro al kg, quello di sette mesi a 12 euro alkg, la ricotta fresca 6 euro al kg, quella secca 10 euro al kg, ma attenzione, parliamo di lattemonorazza e a metri zero, non certo di quello delle cisterne di provenienza"europea"...Insomma, Vittorio e la sua splendida famiglia hanno creato dal nulla questabellissima quanto piccola azienda, tra mille difficoltà destreggiandosi faticosamente tra mutui ,burocrazia e nuove fiscalità aggiuntive( vedi l'IMU sui capannoni agricoli, sui fienili e sulle stalle)che strozzano, specialmente negli ultimi tempi la caparbia volontà di restare nella propria terra edare lì un futuro ai propri figli. Sig. Monti, ma non è che abbiamo sbagliato indirizzo??? Torna all'indice         Le frittate del Cancelliere

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E per fortuna che c'è Il Cancelliere!!! Un giorno o l'altro mi iscriverò allo S. D. S. W. Che cos'è?Ma come, non lo sapete...semplice, sindacato degustatori slow wine. L'esigenza nasce daiconsiderevoli carichi di lavoro ai quali siamo sottoposti da qualche tempo a questa parte. Nonc'è festivo o prefestivo che tenga. Non c'è sensibilità alcuna verso poveri lavoratori del vinosottoposti quotidianamente allo stress di numerosi assaggi giornalieri e di notevoli quantità dichilometri macinati tra Montemarano e Taurasi, tra Lapio e Montefredane, Paternopoli eFontanarosa, Tufo e Montefusco...Insomma schiavismo allo stato puro!!! E' irremovibile, quandodice " Oggi dobbiamo fare quattro aziende", come se fosse una passeggiata...e aggiunge " Perottimizzare i tempi, ci fermiamo al ristorante tal dei tali...è molto tempo che non ci andiamo,dobbiamo aggiornare la scheda!!! " Il colmo poi lo raggiunge quando siamo a tavola. "alloracosa prendi?" Accenno ad una qualche preferenza, ma subito mi interrompe... "è meglio che tuprendi questo ed io prendo quello, così possiamo valutare più piatti!!! " Tutto finalizzato allosfruttamento massimo, delle risorse umane, del tempo e dei luoghi (gli abbinamenti delle visitesi fanno in funzione della distanza chilometrica...)Ma vi domando, è vita questa? Di chi stiamoparlando? Del Pigna, naturalmente!!!

Si professa meridionale, ma quando mai!!! Non ho mai visto un' impostazione del lavoro piùnordica della sua!!! Eh, ma l'altro giorno anche lui ha avuto un cedimento. Aveva dimenticato diaver promesso a Rita, a Soccorso e a Nadia de " Il Cancelliere" che ci saremmo fermati adassaggiare la meravigliosa frittata di aglio fresco, e quindi non so se avesse pianificato di nonfermarci proprio per il pranzo ( sigh!) o se avesse in mente di "ottimizzare i tempi"facendo visitaa qualche ristorante " di strada" per " aggiornare la scheda". Fatto sta che al mattino mi chiamaRita e mi chiede verso che ora siamo lì. Tutto impacciato le rispondo che le avrei fattosapere...a quel punto non si è potuto tirare indietro e mi ha chiesto di confermare . Che cosaabbia prevalso sulla "ottimizzazione" solita che governa la mente di quell'uomo, se la serietà ,se la voglia di frittata all'aglio, o molto più semplicemente la normalità di una persona che siferma per la pausa pranzo, non è dato sapere!!! E per fortuna che c'è " Il Cancelliere!!! Doponumerose visite con relativi assaggi nelle contrade di Montemarano, con il fisico e la menteormai provati, alle 13,30 in punto siamo lì a c/da Iampenne e alla nostra vista si apre un mondodi...frittate: all'aglio fresco, alla cipolla (ahimè non è la ramata, ma è buona lo stesso!!!), agliasparagi selvatici.

E non vi dico cos'altro imbandiva la tavola preparata fuori sull'aia, a tu per tu con le vigne inrisveglio...una sopressata da capogiro, un vassoio ricolmo di "scarole e fasuli", un'insalatina difagioli, aglio fresco e mentuccia e d infine un ottimo caciocavallo che mi dicono provenga dalCilento, ma sicuramente rotolato giù da Montella per i monti Picentini. Ci voleva proprio, " Godsave the ...Cancelliere"!!! Ma, tra un bianco "naturale"Sloveno vintage 2004 e vari assaggi dirossi " da botte" della cantina di Soccorso Rita e Nadia, si fanno le 15,00. " Dobbiamo andare, illavoro ci aspetta", chi è che lo dice, secondo voi?

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Il Pigna, naturalmente!!! No, non è possibile...devo mettere in piedi una piattaformarivendicativa che metta al centro la dignità del degustatore vista dal lato dei carichi di lavoro epoi costruire un tavolo di trattativa per la redistribuzione delle frittate ( la maggior parte se l'ècuccate lui!!!). Confido in un onorevole accordo, ovemai ciò non fosse possibile adotteremotutte le forme di lotta per raggiungere il risultato. " Chi non salta è un Pigna, è!!! Chi non salta èun Pigna, è..."   Torna all'indice   La Salumeria

Era già da un po' che Matteo Addivinola accarezzava il sogno di aprire una gastronomia "dilivello".

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Me ne parlava frequentemente nelle pause domenicali che si concedeva dal lavoro di gestore diun minimarket di una nota azienda del luogo, ora purtroppo caduta in bassa fortuna. E questa èstata la molla che ha fatto concretizzare l'idea. Chiuso il minimarket di periferia a Materdomini,Matteo si è spostato al centro di Nocera Superiore, di fronte al Comune e affianco alle PosteCentrali. E come pensate l'abbia chiamata questa nuova gastronomia? In concordanza con ilcarattere semplice, schivo, essenzialista del titolare si chiama " La Salumeria". Fioreall'occhiello del negozio è un forno che serve sia a sfornare pane caldo e particolari pizzerustiche, fragranti cornetti e invitanti zeppoline , sia per la piccola cucina da asporto. Quindipasta al forno, parmigiana, peperoni imbottiti, zucchine ripiene, involtini di melenzane ed altrebontà, servizio molto comodo per i dipendenti pubblici che lavorano lì intorno.

Naturalmente ne "La Salumeria" di Matteo abbondano le chicche enogastronomiche dell'Irpinia(consigliato, modestamente, dal sottoscritto), ma anche la birra artigianale "Il Chiostro" delcompaesano "Inferiore" Simone Della Porta, la pasta dei pastifici artigianali della zona, e i"candeloni" e le "Caccavelle" de "La fabbrica della Pasta " di Gragnano.

Sugli scaffali in bell'evidenza anche il San Marzano de "La Carmela" proprio di NoceraSuperiore, la mozzarella di bufala del caseificio "Roberta" di Mercato S. Severino e quella dimucca dell'azienda "Al Valico"di Tramonti. Insomma, le proposte de " la salumeria", se nonsono a km. Zero, poco ci manca...Colpisce il fatto che in un momento del genere, nel quale lacrisi morde eccome, una fascia di consumatori sia ben attenta non solo al prezzo, ma anchealla qualità del prodotto!!! Che si stia verificando un'inversione di tendenza, con un ritorno alrapporto più umano che si aveva una volta col "salumiere" Matteo sotto casa??? Sperio propriodi si, "fore maluocchio", ad majora Matteo!!!

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Torna all'indice Mario Carrabs

Azzardo un parallelo : Mario Carrabs è il Dario Cecchini dell' Irpinia!!! Si, le stesse antichetradizioni familiari di macellai da generazioni, la stessa verve gioiale e caciarona, la stessa

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smisurata passione nel raccontare i propri prodotti ed il proprio territorio, infine l'identicacaparpietà nella ricerca della qualità al massimo livello possibile. Ma chi è Mario Carrabs? Uno dei cinque macellai di Gesualdo, un piccolo comune nell'entroterra dell'Irpinia dei grandivini, immediatamente a ridosso della contrada Carmasciano, luogo d'elezione dei grandipecorini e naturalmente delle migliori carni ovine della regione. E qual'è la differenza tra lui e glialtri? Mario ha una marcia in più, nella ricerca della materia prima d'eccellenza e nellariproposizione di antichi metodi di lavorazione, oltre che naturalmente nella grande capacità dicomunicazione di queste sue prerogative.

Non c'è evento enogastronomico in Campania dove lui non ci sia, lo si nota dal capannello chesi forma intorno al suo stand. La folla intorno e lui al centro che racconta, con quell'aria daaffubulatore che gli è congeniale, le antiche tradizioni gastronomiche rurali dell'Irpinia che fu. Edè grazie a tutto ciò che il macellaio del piccolo comune dell'Irpinia riesce a fornire la maggiorparte degli stellati della Campania, Il Don Alfonso compreso...Il forte legame con il suo lavoro glideriva dalla antica tradizione familiare, infatti egli ha sempre vissuto lì, nella piazza del castellodi Gesualdo, nella stessa macelleria che era prima del nonno e poi della madre. Ed è proprio lìche ha affinato il gusto, riproponendo antichi tagli di carne andati ormai nel dimenticatoio,abbinati ai migliori vini della Campania dato che nel frattempo la sete di conoscenzaenogastronomica l'aveva anche portato a diplomarsi sommelier. L'abbiamo incontratoultimamente, durante i giri pomeridiani per Slow Wine, insieme a Giancarlo Gariglio, curatorenazionale della guida e Luciano Pignataro responsabile interregionale.

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Ci ha stupìto con i sapori veri dei suoi salumi che generosamente ha affettato durante la visita.Notevole la pancetta tesa, ma anche quella arrotolata, la salsiccia e la soppressata. Ma la"poesia" del guanciale aromatizzato all'aglianico è stata un'esperienza senza pari...Lascioglievolezza e la complessità aromatica del salume ha letteralmente rapito sia il sottoscrittoche Luciano e Giancarlo, al punto che le nostre manine, velocemente prensili, rendevanodifficile a Mario lo stare al passo con i tempi di affettatura. Ma non finisce qui, le splendideselezioni di formaggi esposte, a cominciare dal Carmasciano di D'Apolito Letizia, ilcaciocavallo di VittorioSorrentino , ilpecorino Bagnolese, tutti prodotti che nascono da piccole aziende che fanno della qualità la lororagion d'essere...Tutto quello che potete trovare nella macelleria Carrabs ha origine da piccolee piccolissime aziende che curano il processo produttivo con tanta passione e soprattutto inprima persona. Questo è il segreto di...Mario!!!

Torna all'indice   Carmasciano Moscillo

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Siamo ancora nel comune di Torella dei Lombardi, scendendo verso l'imbocco della stradinache ci porterà nella parte alta della Valle Dell'Ansanto dove Virgilio aveva ubicato uno dei dueingressi per gli Inferi, l'altro era Pozzuoli. E già avvertiamo al naso l'effluvio solfureo cheproviene dalla vicina Mefite. Le esalazioni trasportate dal vento, condizionano e non poco ilpaesaggio circostante, che si presenta ai nostri occhi con una sfumatura cromatica giallognola,tipica dei composti dello zolfo. Un'altalena di salite e discese pari quasi alle montagne russe,alla fine ci fa puntare decisamente verso l'alto della contrada Montanaldo, collocata a mezzo traRocca S. Felice e Sant'Angelo dei Lombardi.

Ci siamo!!! Intravedo le stalle che da un'altura dominano la valle sottostante, aperta orgogliosaai campi di lupinella e trifoglio. Il versante è quello sud nel "cerchio" di raggio km 3,5 cheidentifica, più o meno, il territorio del Carmasciano, appartenente a cinque comuni : Rocca SanFelice, Guardia dei Lombardi, Frigento, Sant'Angelo dei Lombardi e Villamaina. Ci accoglie congioia la famiglia D'Apolito-Moscillo, composta da mamma Letizia D'Apolito, qualche anno fa ilpilastro dell'azienda agricola, ora in convalescenza(le facciamo tanti auguri), da papà GrazioMoscillo che si occupa dell'azienda solo nei pochi ritagli di tempo che il suo lavoro dimetalmeccanico nonchè le cure per la moglie Letizia gli concedono, la figlia Angela,studentessa dell'Istituto Alberghiero di Lioni, che collabora comunque alla conduzioneaziendale, ed infine il perno dell'azienda, il figlio Giuseppe Moscillo, studente al terzo anno diTecnologia Alimentare, con una borsa di studio vinta per un imminente stage in Spagna.Purtroppo proprio in occasione della nostra visita, Giuseppe è a Napoli all'università, ma chi èstato alla manifestazione del 5 Marzo scorso " Irpinia da amare ", certamente se lo ricorderà, aldesk del Carmasciano...Quindi, eccezionalmente, è Grazio che ci mostra come si fa ilformaggio e la ricotta. Intanto che le fasi della lavorazione si susseguono, il capofamiglia miracconta un pò l'azienda. Trentatrè ettari di terra, parte in proprietà e parte in affitto, pascolo eseminativo per produrre il foraggio che serve all'allevamento, 330 capi di razza Laticauda ( 130in lattazione, 90 in asciutta 60 agnelle di rimonta, 20 pecore gravide e 20 partorite, e 10

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montoni), ultimamente sperimentalmente incrociata con Langon francese, 200 qli di latteall'anno quindi 30/40 qli di prezioso formaggio pecorino di Carmasciano. Questi i numeridell'azienda Moscillo!!! Nonostante la produzione non sia bassissima ed i prezzi di venditaabbastanza sostenuti (da 12 euro fino a 30 euro al kg. il formaggio, a seconda dellastagionatura, e 6 euro al kg. la ricotta, 4/5 euro al kg., peso vivo, gli agnelli, Grazio ci confidache se non fosse per il fatto che il loro trend di clientela è costituito quasi esclusivamente daprivati, non ce l'avrebbero fatta a tirare avanti con l'azienda.

"Con la nafta agricola a 1,10 euro al litro, con tutte le prescrizioni alle quali ottemperare, ed orasi aggiunge anche il balzello dell' IMU, non ce la facciamo più!!!" Si sfoga inoltre...Ma si coglienello sguardo di tutti i componenti della famiglia che la passione per questo formaggio e tale etanta che anche le recenti difficoltà non ce l'hanno fatta e non ce la faranno a farli smettere. Glichiedo che cos'ha questo pecorino, in più e di diverso rispetto agli altri. Mi rispondeconfermandomi quello che già sapevo – siamo a meno di un chilometro dalla Mefite, le erbespontanee, ma anche i cereali che coltiviamo, sono tutti impregnati da quel particolare sentoresolfureo che poi ritroviamo nel latte e quindi nel formaggio. E' stato fatto uno studio dalladott.ssa Laura Areniello della sezione zootecnia dell'Università di Napoli, che ha rilevato unapresenza di zolfo all'interno del Carmasciano, molto superiore che negli altri pecorini, ed èproprio per questa ragione che è organoletticamente molto diverso dagli altri ".

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E' diverso si, per riuscire a spuntare prezzi più alti di un pecorino di fossa che prevede unprocesso di stagionatura ed affinamento molto più laborioso e complicato, ce ne sarà il motivo!!!Faccio gli auguri per Letizia, un in bocca al lupo per Giuseppe e Angela e mi congedo, ma...nonprima di aver comprato un agnello di Carmasciano per un amico di Roma (10 euro al kg.,pulito), e formaggio e ricotta per me( tre mesi di stagionatura 14 euro al kg, e ricotta a 6 euro alkg.). Per strada penso e ripenso all'immane sacrificio di questi "eroi del gusto", che di notte e digiorno, nei festivi e nei lavorativi, a Pasqua e a Natale, insomma sempre, sono qui ad accudirealle pecore e ci tramandano un prodotto tradizionale che ci fa sentire fieri di essere Irpini primaed italiani poi...Altro che IMU, signor Monti, a questi "eroi" bisognerebbe mandare unamedaglia!!! Torna all'indice Candele ripiene

Vista la stupenda acidità del pomodorino di Montecalvo e della ricotta (di almeno due giorni), cistarebbe bene anche un aglianico, ma ho preferito abbinare un piedirosso 2011 da vignestoriche (che non è lo stesso prodotto delle vigne "normali") e precisamente quello de La Sibilladi Vincenzino Di Meo...

Abbinamento cibo-vino :Con una siringa da pasticciere riempire le candele e disporle allineate in una teglia da forno suuno strato di sugo,ricoprirle con pecorino di Carmasciano grattugiato e ripassarle in forno perpochi minuti per far sciogliere il formaggio.Impiattare tre candele a testa, tra due strati di sugo eaggiungere ancora qualche foglia di basilico e Carmasciano.Con la ricotta (almeno di duegiorni, per ricavarne una bella spinta acida) preparare la farcitura delle candele aggiungendo1/2 bicchiere di latte e stemperare formando quasi una crema, quindi aggiungere il timo estemeperare ancora.Spezzare le candele in 3 parti e cuocerle in abbondante acqua salata e

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metterle a raffreddare su un canovaccio. Nel frattempo preparare un sughetto molto veloce coni pomodorini di  Montecalvo (di seccagno, cioè prodotti senza irrigazione). In una pentola unirel'olio, e soffriggere la cipolla di montoro tritata e lo spicchio d'aglio intero con la sua camicia,schiacciato. Aggiungere i pomodorini interi e dopo qualche minuto un mestolo di acqua dicottura della pasta. Far cuocere il sugo per una trentina di minuti . Toglierlo dal fuoco eaggiungere abbondante basilico tritato grossolanamente.

Procedimento : Pomodorino di Montecalvo 1 kg , 1 cipolla Ramata di Montoro, 1 spicchio d'aglio dell'Ufita, 2cucchiai olio di Ravece, 1 mazzetto di basilico, 500 gr di ricotta di Carmasciano di due giorniprima, 1/2 bicchiere di latte, 3 cucchiaini di timo fresco (accuoto 'mpiett'e' limmiti), 300gr dicandele di Vicidomini, sale qb.Ingredienti per quattro persone :

Sgombriamo subito il campo, non è un piatto della tradizione irpina. La pasta secca ripiena èuna preparazione troppo opulenta per la cultura dell'entroterra, che doveva fare i conti con laquotidiana povertà del lavoro dei campi. La pasta si mangiava di domenica, e non era quellasecca...che si comprava!!! Piuttosto si "ammassava" la farina prodotta dal proprio grano e sifaceva la pasta fresca fatta a mano... a costo zero.

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Il ripieno? Ma quando mai...la ricotta si vendeva per ricavarne moneta per comprare le sementi,le scarpe e lo zucchero per i bambini, alcuni indumenti indispensabili per ripararsi dal freddopungente dei nostri rigidi inverni, e qualche pesce secco o salato(allora i fiumi dell'Irpinia nonerano così pescosi ;-)). Le paste ripiene hanno incominciato a fare capolino negli anni '60/'70, acavallo del famoso boom economico ... che chissà se rivedremo più!!! E da allora , anche qui inIrpinia, abbiamo iniziato ad avere sulle nostre tavole, prima i "cauzuncielli" (una sorta di ravioliripieni con ricotta ed erbe aromatiche spontanee), e poi le lasagne ei cannelloni, ma solo neglieventi importanti ( matrimoni, comunioni, alla nascita del primo figlio maschio).

Giustappunto, l'idea delle candele ripiene, si ricollega ad un evento importantissimo...almenoper miamoglielochef, l'onomastico di "core e' mamma", alias nostro figlio Luigi!!! Esottocopertura dell'invito a mio padre (che ovviamente si chiama Luigi), ha potuto dare sfogo atutto il mammismo che porta nel cuore  ... avviso ai naviganti : " Chi tene uno puorco, o' face'rasso, chi tene uno figlio(maschio)...o' face fesso!!! "  Ah, ... la saggezza contadina di unavolta!!! ;-)) Torna all'indice   Vitello Podolico

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Non si è ancora sopìta la polemica innescata sulle sagre dal buon Contursi (finamente ha scrittouna cosa seria ;-))) che subito vi piazziamo questo post, proprio su una sagra!!!  Beh, in questocaso andiamo a vele spiegate, non abbiamo il timore di non  passare l’esame sulla tipicità esulla conseguente localizzazione del prodotto tipico : siamo a Santo Stefano del Sole,sui montidell’Irpinia, dove il vitello podolico “è stato inventato”!!! Ma quello che mi preme di più, è metterein evidenza anche il carattere benefico dell’evento. Infatti, il ricavato della sagra, sarà devolutodal comitato organizzatore, interamente alla parrocchia del paese per la ristrutturazione dellachiesa.

E quindi l’impegno, in primis di Mario Laurino, il deus ex machina dei due vitelli podolici, di chefstellati del calibro di Paolo Barrale di Marennà, di Raffaele Vitale di Casa del Nonno Tredici, maanche Pietro Parisi di Era Ora, di Gianluca Polini del pub Ottavo Nano,  di Casa del Duca edegli agriturismi A casa di Susanna e da Baffone, era tutto a costo zero, si avete capito bene,non hanno preso un’euro…!!!  E allora si incomincia a capire perchè da una generosità tale nonpuò non venirne fuori una manifestazione così bella…Non c’è stato un’ attimo di tensione nelcorso di tutta la due giorni, tutto scorreva liscio e ci si è divertiti tutti, a cominciare dagli attoriprincipali che lavorando in un clima di disinteresse, ma con grande professionalità,  sprizzavanoserenità ed allegria da tutti i pori… ed erano contagiosi, in piazza tanta bella gente, che coneducazione e compostezza faceva la fila agli stands e poi si dedicava alla buona musica,anch’essa presente.  Si tratta della quarantatreisima sagra del vitello podolico, per quantoriguarda la storia della sagra , come pure dei problemi riscontrati nella difficile quantoimpegnativa cottura, ne abbiamo già scritto l’anno scorso.  Affrontando l’aspetto tecnico dellasagra, ci dice Mario Laurino :“ Forti dell’esperienza consumatanella scorsa edizione, quest’anno abbiamo aperto l’animale a 180°, ed inoltre abbiamosalato la parte interna consentendo così al calore di raggiungere in maniera omogeneaanche le parti interne dei vitelli, evitando così  l’incresciosa situazione di fermentazionecreatasi lo scorso anno”.

Eh si, la cottura è stata indubbiamente perfetta, un sapore eccellente, dovuto alla particolaritàdella razza podolica, ma esaltato dalla lenta cottura durata più di 14 ore. Contento anche DonAntonio, il responsabile della parrocchia, che gongolava si per i fondi raccolti, ma soprattuttoper la risposta di grande solidarietà espressa dai generosissimi ragazzi di Santo Stefano che sisono fatti in quattro per collaborare all’evento di beneficenza e che “ hanno perfino volutopagare il panino che hanno consumato…atteggiamenti così ti riempiono il cuore e tidanno la forza per andare avanti nella missione di aiuto ai più deboli”.

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Altro che la sagra della “farfalla al salmone” organizzata da affaristi dell’ultim’ora… !!! Dueparole le vorrei spendere anche per lo chef Paolo Barrale che ha eseguito magistralmente lagenovese di podolica degustata nella prima sera, e non era facile facile, visto il numero dellepersone che “ha sfamato” (gli daremo la palma di migliore interprete della ramata ;-)), ma ancheper la Feudi di S. Gregorio, che ha dimostrato un grande attaccamento al territorio regalando ivini che erano in degustazione alla sagra. Una nota di merito per “Rafilino”, al secolo RaffaeleVitale, anima di Casa del Nonno 13, con il suo splendido “mezzopacchero” al ragù dipodolica(profumato all’alloro), bravissimo anche Gianluca Polini, owner del pub Ottavo Nano diAtripalda,  con la podolica alla birra, i due agriturismi A casa di Susanna e da Baffone, chehanno rispettivamente presentato “le polpette di Susanna” e “la braciola di podolica”. Un piccoloappunto per l’anno prossimo, se gli organizzatori mi permettono: i tempi di  distribuzioneandrebbero sensibilmente accorciati, non è possibile fare una fila di due ore per arrivare astringere in mano la seppur gustosissima podolica!!!  Del vino ne ha parlato il Pigna qui , dellasplendida compagnia che ci ha portato a fare mattina, ne parlano le foto…e stiamo apposto,dobbiamo solo …aspettare la quarantaquattresima edizione del prossimo anno, nella qualescommetto che non basteranno tre vitelli podolici…il geniale fabbro santostefanese Agnes,progettista-esecutore dello spiedo utilizzato per la cottura…è avvertito!!! Torna all'indice Peccati di Gola

Chissà come c’è arrivata qui in Irpinia, e precisamente a Montefredane, “ la melaSciampagna”…Si tratta di un clone della Renetta-Champagne, una varietà di mele coltivata,ovviamente, in Francia. La pro-loco di Montefredane sta portando avanti uno studio perindividuarne le origini e catalogarne le caratteristiche organolettiche. Ma intanto che la pro-locostudia, Davide Aquino insieme alla fidanzata Iole Spiniello, nell’ambito del loro progetto dipasticceria, mettono al centro delle loro sperimentazioni l’antica cultivar del  territorio. Nascecosì la “torta ricotta e mela sciampagna”. Parliamo di due giovanissimi, le loro età sommate,non arrivano a 50 anni!!!  Davide, ancora fresco di diploma presso la scuola alberghiera diAvellino con specializzazione in pasticceria, nel 2007 va a “farsi le ossa” in Sardegna, pressol’Hotel  Pitrizza un 5 stelle di Porto Cervo in Costa Smeralda, agli ordini dell’ exsecutive chefLuciano Porta. Dopo due anni altre significative esperienze in zona, Pasticcerie Urciuoli diAtripalda e Cesinali, e Dulcis in Furno della famiglia Capaldo di Atripalda.

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Finalmente arriva il momento di concretizzare il proprio sogno aprendo un laboratorio aMontefredane, dove “ è nato, cresciuto e pasciuto”.  E qui, vuoi per la simpatia che sprizzano datutti i pori, vuoi per le indubbie capacità professionali, Davide e Iole sono subito presi abenvolere dalla comunità del posto.  Dopo i primi momenti di difficoltà iniziale, ora, nonostantela crisi, viaggiano a gonfie vele. La loro attenzione, oltre che sulla mela sciampagna, si focalizzaanche sulle nocciole, altro prodotto che a Montefredane  è di casa. Naturalmente anche per lenocciole, prediligono le varietà locali, quali la Mortarella e la S. Giovanni, che trovanoorganoletticamente molto più adatte al settore pasticceria, rispetto alle altre cultivar piùconosciute. Nel loro carniere di produzione troviamo quindi i famosi biscottini alle nocciole, imostaccioli nocciola e cioccolata, ed un fantastico gelato alla nocciola, di cui il Pigna ne saqualcosa ;-)) Non poteva mancare, però, qualcosa realizzata con il prodotto principe diMontefredane : il Fiano. Infatti, realizzano già un ottimo sorbetto al fiano, ma hanno in fase distudio la realizzazione di alcuni biscotti particolari ed anche un semifreddo a base del preziosovino. Nonostante la giovane età, sono già scafati e quindi alla mia domanda su quale fianoutilizzano, mi rispondono…quelli di Montefredane, sono tutti  buoni!!! ;-)

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E sono buoni si, lo abbiamo certificato nella nostra ultima iniziativa del Montefredane Fianofestival , tanto buoni chegli anziani del paese raccontano che il nome alla mela sciampagna deriva proprio dal fatto chemolto tempo addietro, in una casa di contadini del posto, essendo stato inavvertitamenteversato un po’ di Fiano su una mela che era lì sul tavolo (giuro, non ce l’avevo messa io),nell’addentare questa mela, il padrone di casa, vignaiolo, pare fosse un uomo grande e grossoe con accento francese (già avete capito…), disse : “ Ma che colove bvillante e che sapoveintenso che ha questa mela, mi sembva pvopvio uno Champagne!!! “ E ci voleva comunque… ilFiano di Avellino !!! ;-))

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La Campania, ma soprattutto l’Irpinia, è terra di vini, ma per il dispiacere di Giancarlo Gariglio,anche di formaggi ;-))…abbiamo almeno tre dop nel “carniere”, il Pecorino Bagnolese, il

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pecorino di Carmasciano ed il famoso Caciocavallo Podolico. La caratterizzazione del primo,sta nella razza oltre che nel territorio. Il Carmasciano è particolare per i sentori solfurei cheemana, grazie al pascolo sulle erbe della Mefite, il terzo, il più popolare, per la razza e per ilterritorio. L’areale per la produzione del caciocavallo(in irpino stretto cascavaddr’), oggetto della “nostra” teoria, è collocato nella zona dell’AltaIrpinia, lungo la dorsale dei monti  Picentini che da Montella va verso la Lucania. Appunto,Montella, che è ad un tiro di schioppo da Montemarano, uno degli areali più vocati per i Taurasi“muscolosi”, ed è giocoforza che nelle innumerevoli visite in  cantina che facciamo durante tuttol’arco dell’anno  in regime di ottimizzazione pignatico, ci appaia sul desco un invitante vassoio di “cascavaddr’ ”… e nel 99,9% dei casi, non lo so seper coincidenza fortuita, o perché siamo in Irpinia ;-)) , troviamo buoni sia i vini che icaciocavalli!!!

E allora mi domando, ma chi è nato prima, il vino irpino o il caciocavallo??? Non per riproporrel’amletico dubbio dell’uovo e della gallina, ma la questione è molto seria e difficile daaffrontare…Per fare luce sulla questione dobbiamo risalire ai tempi dello sbarco degli antichiGreci in Campania, i quali, dopo un rapido giro sulla costa, si diressero immediatamente versol’interno individuando nelle zone fresche e alte dell’Irpinia l’habitat ideale per la Vitis Ellenica. Efu subito un successo!!! I vini che ne uscirono raccolsero immediatamente il consenso della piùprestigiosa guida dei vini in circolazione all’epoca, la cosiddetta “ Lentum Vinum”.  Nello stessotempo, vivevano in quei luoghi, alcune tribù nomadi dedite alla pastorizia che allevavanomucche di razza podolica, e che avevano da poco inventato un formaggio a pasta filata chemettevano a stagionare nello sterco dei cavalli (da qui l’appellativo caciocavallo). In una dellenumerose invasioni barbariche subite sin da allora dalla Campania, ma più segnatamentedall’Irpinia, un capo-barbaro di nome Vercingegariglius, assaggiò quel formaggio ma, ahilui …

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senza toglierne  la corteccia, e così si consumò la tragedia!!!

Non aveva più saliva da sputare nel vano tentativo di eliminare dalla bocca quel  fastidiososentore, minacciando una rappresaglia nei confronti della popolazione indigena, allora si calmòquando finalmente un fiero “coppiere”(antenati dei sommelier odierni) irpino di nome Lellus glioffrì un calice di Taurasis. Folgorato dalla bontà di quel vino, il barbaro desistette dagli insanipropositi di vendetta e giurando di non assaggiare mai più un formaggio in vita sua, fece incettadi vino e di viti di quella terra portandosi tutto al nord, lì sotto le Alpi!!! E fu da allora che il Barolodiventò…il Taurasi del nord!!!  Morale della favola…” t’è piaciuta la…Teoria ro cascavaddr, ebeviti il Taurasi del nord!!! “ (per Giancarlo) ;-)))

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