aion masterpieces - gea art

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Rubens e gli Asburgo di Spagna I l 26 ottobre 2012 l’AION Masterpieces di Lugano ha presen- tato al pubblico una straordinaria mostra dedicata a Peter Paul Rubens (1577-1640) con l’esposizione di opere autografe pro- venienti da collezioni private note agli studiosi, ma precluse al grande pubblico,alcune mai esposte. L’evento espositivo dal titolo “Peter Paul Rubens e gli Asburgo di Spagna”, coordinato da Claudio Metzger, Federico U. Mion e Fabrizio P. Mion, è dotato di un prestigioso catalogo che riporta tutte le schede tecnico-critiche delle opere esposte e un’interessante introduzione a firma di Didier Bo- dart, uno dei massimi esperti belgi di pittura fiamminga e del pittore nativo di Siegen. La grandezza, sia qualitativa sia di formato delle tele, la ricchezza cromatica, la suggestione dei soggetti, la minu- ziosa accuratezza dei dipinti creano un insieme che appaga l'occhio e lo spirito, il tutto facilitato da un allestimento impeccabile che sa valorizzare ogni singola opera. Immagine simbolo della mostra è il Trionfo della Verità sull’Eresia (1625-1626), un olio su tavola di collezione privata, autentico boz- zetto relativo alla serie di arazzi del Trionfo dell’Eucarestia commis- sionati a Rubens per il Monastero de Las Descalzes Reales di Madrid dall’Arciduchessa d’Asburgo Isabella Clara Eugenia, reggente dei Paesi Bassie prima figlia di Filippo II di Spagna e della sua terza mo- glie Elisabetta di Valois. Questa serie di arazzi, completata nel 1628, fu tessuta dall’importante manifattura fiamminga di Jan Raes e Jac- ques II Geubels. La tavola si caratterizza per il plastico dinamismo della scena e la complessità dell’allegoria illustrata, ma anche per l’impiego di plastiche bordature architettoniche provviste di pilastri e colonne tortili sui lati, nonché per la finzione illusionistica di illu- strare l’arazzo nell’arazzo. Per questa serie si possiedono pochi di- segni, veri e propri studi di figure che danno l'idea delle prime composizioni. A questi Rubens, come era sua consuetudine, fece seguire i bozzetti e i modelli di più grande formato. Quest’opera è certamente una rarità per la mostra, solo il Prado conserva un gruppo di sei modelli di questa serie provenienti dalla collezione del marchese del Carpio, uno dei più grandi collezionisti spagnoli, già ambasciatore a Roma e Vicerè di Napoli dal 1683 al 1687. Altra opera presente in mostra è un inedito olio su carta, incollato su tela, raffigurante Bacco seduto su un barile (1636-1638), boz- Lugano omaggia il maestro della pittura fiamminga del Seicento: in mostra opere sconosciute al grande pubblico di LUCA MANSUETO zetto preparatorio per la grande tela dell’Hermitage. Esiste un iden- tico soggetto conservato agli Uffizi, entrato nel Guardaroba della Galleria il 6 dicembre 1793, appartenuto a Cristina di Svezia, rite- nuto dagli studiosi una versione di scuola di Rubens. L’opera pre- senta affinità con il bozzetto del Trionfo di Bacco (1636), oggi al Museum Boymans van Beuningen di Rotterdam, realizzato da Ru- bens per la prestigiosa commissione madrilena di Torre de Parada, commissionata per il Cardinale Infante Ferdinando d’Austria, fra- tello cadetto di Filippo IV. Le analisi scientifiche condotte sul Bacco in mostra hanno confermato una preparazione di colore biancastro, tendente all’avorio, a base di gesso e terre naturali, ocre, con un’im- primitura chiara di Biacca e Calcite che consentono una luminosità intrinseca dei corpi, stessa tecnica utilizzata da Rubens per Torre de Parada. Emerge la sapiente tecnica e forza pittorica di Rubens: con poche pennellate riuscì a modellare la materia dando volumetria ai corpi. Rubens si confrontò spesso con le pitture di Tiziano, già nel 1603, durante la sua prima missione alla corte di Spagna in cui ebbe modo di vedere le tele del pittore veneto. Un ricordo che rimase presente ben venticinque anni dopo in occasione della missione diplomatica in Spagna (1628-1629), momento di un rinnovato dialogo col Ve- cellio con le realizzazioni delle “poesie”. Un disegno conservato al Getty Museum, già collezione Schrafl di Zurigo, è strettamente legato con queste pitture: si tratta di un fo- glio con molteplici appunti desunti dalle quattro tele tizianesche, ben tre teste riconducono al soggetto di Diana e Callisto. Le teste al centro del foglio ripropongono fedelmente lo studio di Rubens delle immagini della “poesia” di Diana e Attone e di Venere e Adone. Questo foglio dimostra nitidamente il processo si appercezione di Rubens sui testi di Tiziano. Appunti che Rubens utilizzò per realiz- zazioni successive sia nel Bagno di Diana, oggi al Museum Boymans di Rotterdam (1632-1635), sia in Diana e Callisto del Prado (1636- 1640); in entrambe le tele si riscontrano precisi appunti tratti dal fo- glio di Los Angeles attribuendo a tale disegno un’importanza rilevante quale strumento di lavoro di Rubens nel quarto decennio del Seicento. Soffermandosi sui particolari delle teste del foglio del Getty Mu- seum, si trovano delle stringenti affinità con la donna dal vestito rosso sdraiata nel Baccanale degli Andrii (1636-1638) dipinto da Ru- bens, essendo proprio uno studio dell’originale tizianesco. Il modo di acconciare le capigliature, con trecce e finimenti di gioielleria che le cingono il capo, appaiono essere elementi di forte consanguineità con il bozzetto del Bacco su un barile. In esso, rispetto alla grande tela di San Pietroburgo, risulta assente la perla sull’orecchio sinistro della menade, inoltre compare la stessa tipologia di pettinatura con un volto che senza dubbio appare similare con quelli studiati da Ru- bens, e da lui proposti, nella copia tizianesca del Baccanale oggi al Museo Nazionale di Stoccolma. Il dolce profilo della donna, la cui acconciatura liscia è creata con trecce a cerchietto unite all’altezza della nuca, è identica a quella che possiede la baccanale sdraiata in basso a sinistra, sia nel Bacca- nale di Tiziano, ma soprattutto nella copia di Rubens il cui volto è for- temente somigliante al Bacco in mostra, oserei consanguineo. Il pittore fiammingo citò espressamente Tiziano, una precisa volontà di imitarlo nei temi e motivi iconografici per poi proporli sia nei suoi studi preparatori sia nelle opere finali. Emotivamente toccante è l’inedita tela della Madonna col bam- bino (1617-1618) che, come afferma Didier Bodart, «est la meilleur eversion que nous connaissions de ce sujet est l’archétype des la Vierges avec l’enfant debout, présentées comme compositions au- tonomes». Essa deriva dal medesimo soggetto raffigurato nel pan- nello interno del Trittico della Deposizione (1618), commissionato da Maria Maes come epitaffio al marito Jan Michielsen nella Catte- drale di Anversa, oggi al Koninklijk Museum voor Schone Kunsten. L’occasione luganese consente di ammirare lo straordinario Pae- saggio in tempesta con Filemone e Bauci (1620-1625), più volte pubblicato ed esposto in mostre, scoperto da Michael Jaffé nel 1977 in una collezione privata e da lui ricondotto per la prima volta alla grande tela del Kunsthistorisches Museum di Vienna. In alto a sinistra: Peter Paul Rubens Trionfo della Verità sull’Eresia (part.) olio su tavola, collezione privata A destra: Peter Paul Rubens, Bacco (part.) olio su tela, collezione privata Il Bellini restaurato al Poldi Pezzoli I n occasione del restauro dell’Imago Pieta- tis di Giovanni Bellini (1433 ca.-1516), An- drea De Marchi, Andrea Di Lorenzo, Lavinia Galli e Andrea Zanni curano, fino a febbraio del 2013 presso il Museo Poldi Pezzoli di Mi- lano, proprietario del dipinto, una piccola mostra dal titolo “Giovanni Bellini. Dal- l’icona alla storia”. Il restauro, realizzato grazie al contributo di Umberta Gnutti Gussalli Beretta e diretto dal Centro di Restauri Paola Zanolini e Ida Ravenna, ha permesso di compiere delle analisi specifiche sulla superficie pittorica con conseguenti precisazioni sul dipinto. Si tratta, infatti, di un’opera giovanile realiz- zata, come vuole illustrare sapientemente la rassegna, quando il Bellini cercava ancora una propria identità stilistica. Il confronto che la mostra propone con tre dipinti del- l’artista veneto dal medesimo soggetto ico- nografico e provenienti da prestigiosi musei (Accademia Carrara di Bergamo, Museo Correr di Venezia e Musei Comunali di Ri- mini), permette al visitatore di capire l’evo- luzione del pittore che si emancipa sempre più dal perdurante bizantinismo veneto di primo Quattrocento. Completano la mostra alcune opere di contesto realizzate da artisti che, durante la loro carriera, guardarono il loro ben più fa- moso conterraneo: Antonio Vivarini (1418- 1484 ca.), Lazzaro Bastiani (1429-1512) e Alvise Vivarini (1442-1505 ca.), figlio di An- tonio. Nella foto: Giovanni Bellini, Imago Pietatis, 1460-1470, tempera su tavola, Milano, Museo Poldi Pezzoli Una mostra fa il punto sul pittore veneziano e sul suo ambiente Imago Pietatis Con il restauro un primo passo verso il nuovo Museo D allo scorso settembre, la Porta ad est del Battistero di Firenze, quella definita da Michelangelo Porta del Paradiso, è tor- nata visibile al grande pubblico in seguito ad un lungo restauro. Realizzata tra il 1425 e il 1452 dallo scultore fiorentino Lorenzo Ghiberti (1378-1455), già autore della Porta Nord, essa raffigura episodi dell’An- tico Testamento ed è suddivisa in dieci pan- nelli di formato quadrato. La Porta del Paradiso restaurata non è tornata nel Battistero ma, viceversa, si trova oggi in un cortile del Museo dell’Opera. Essa, ingabbiata in una grande teca, è ac- compagnata non solo da esaustivi pannelli ma anche da interessanti video che docu- mentano le fasi del restauro e il suo deli- cato trasporto. L’attuale collocazione della porta è tuttavia momentanea: è già in can- tiere, da parte dei vertici dell’Opera, una sua sistemazione in una ben più spaziosa sala all’interno dello stesso museo. Pros- sima tappa di questo nuovo assetto sarà il restauro della Porta Nord, realizzata an- ch’essa dal Ghiberti, cui seguirà quello della terza e ultima porta scolpita in precedenza, tra il 1330 il 1336, da Andrea Pisano (1290- 1348). A restauri conclusi, le porte saranno collocate all’interno della nuova sala e il museo, come scritto sul sito dell’Opera fio- rentina, «diverrà una delle realtà più im- portanti tra i grandi musei d’arte sacra in Europa e nel mondo». a.c. Nella foto: Lorenzo Ghiberti Porta del Paradiso (part.), bronzo, 1425- 1452, Firenze Museo dell’Opera del Duomo La Porta del Paradiso torna alla sua luce originaria, anche se il suo destino sarà diverso La Porta del Paradiso di ALESSANDRO CUCÈ arte moderna Ciò che si percepisce con i sensi produce unʼimpressione più forte e duratura (P. P. Rubens) 8 gea Art numero 3 - novembre-dicembre 2012

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Rubens e gli Asburgo di Spagna

Il 26 ottobre 2012 l’AION Masterpieces di Lugano ha presen-tato al pubblico una straordinaria mostra dedicata a Peter PaulRubens (1577-1640) con l’esposizione di opere autografe pro-venienti da collezioni private note agli studiosi, ma precluse algrande pubblico,alcune mai esposte. L’evento espositivo dal

titolo “Peter Paul Rubens e gli Asburgo di Spagna”, coordinato daClaudio Metzger, Federico U. Mion e Fabrizio P. Mion, è dotato di unprestigioso catalogo che riporta tutte le schede tecnico-critiche delleopere esposte e un’interessante introduzione a firma di Didier Bo-dart, uno dei massimi esperti belgi di pittura fiamminga e del pittorenativo di Siegen. La grandezza, sia qualitativa sia di formato delletele, la ricchezza cromatica, la suggestione dei soggetti, la minu-ziosa accuratezza dei dipinti creano un insieme che appaga l'occhioe lo spirito, il tutto facilitato da un allestimento impeccabile che savalorizzare ogni singola opera.

Immagine simbolo della mostra è il Trionfo della Verità sull’Eresia(1625-1626), un olio su tavola di collezione privata, autentico boz-zetto relativo alla serie di arazzi del Trionfo dell’Eucarestia commis-sionati a Rubens per il Monastero de Las Descalzes Reales di Madriddall’Arciduchessa d’Asburgo Isabella Clara Eugenia, reggente deiPaesi Bassie prima figlia di Filippo II di Spagna e della sua terza mo-glie Elisabetta di Valois. Questa serie di arazzi, completata nel 1628,fu tessuta dall’importante manifattura fiamminga di Jan Raes e Jac-ques II Geubels. La tavola si caratterizza per il plastico dinamismodella scena e la complessità dell’allegoria illustrata, ma anche perl’impiego di plastiche bordature architettoniche provviste di pilastrie colonne tortili sui lati, nonché per la finzione illusionistica di illu-strare l’arazzo nell’arazzo. Per questa serie si possiedono pochi di-segni, veri e propri studi di figure che danno l'idea delle primecomposizioni. A questi Rubens, come era sua consuetudine, feceseguire i bozzetti e i modelli di più grande formato. Quest’opera ècertamente una rarità per la mostra, solo il Prado conserva ungruppo di sei modelli di questa serie provenienti dalla collezione delmarchese del Carpio, uno dei più grandi collezionisti spagnoli, giàambasciatore a Roma e Vicerè di Napoli dal 1683 al 1687.

Altra opera presente in mostra è un inedito olio su carta, incollatosu tela, raffigurante Bacco seduto su un barile (1636-1638), boz-

Lugano omaggia il maestrodella pittura fiammingadel Seicento: in mostra opere sconosciute al grande pubblico

di LUCA MANSUETO

zetto preparatorio per la grande tela dell’Hermitage. Esiste un iden-tico soggetto conservato agli Uffizi, entrato nel Guardaroba dellaGalleria il 6 dicembre 1793, appartenuto a Cristina di Svezia, rite-nuto dagli studiosi una versione di scuola di Rubens. L’opera pre-senta affinità con il bozzetto del Trionfo di Bacco (1636), oggi alMuseum Boymans van Beuningen di Rotterdam, realizzato da Ru-bens per la prestigiosa commissione madrilena di Torre de Parada,commissionata per il Cardinale Infante Ferdinando d’Austria, fra-tello cadetto di Filippo IV. Le analisi scientifiche condotte sul Baccoin mostra hanno confermato una preparazione di colore biancastro,tendente all’avorio, a base di gesso e terre naturali, ocre, con un’im-primitura chiara di Biacca e Calcite che consentono una luminositàintrinseca dei corpi, stessa tecnica utilizzata da Rubens per Torre deParada. Emerge la sapiente tecnica e forza pittorica di Rubens: conpoche pennellate riuscì a modellare la materia dando volumetria aicorpi.

Rubens si confrontò spesso con le pitture di Tiziano, già nel 1603,durante la sua prima missione alla corte di Spagna in cui ebbe mododi vedere le tele del pittore veneto. Un ricordo che rimase presenteben venticinque anni dopo in occasione della missione diplomaticain Spagna (1628-1629), momento di un rinnovato dialogo col Ve-cellio con le realizzazioni delle “poesie”.

Un disegno conservato al Getty Museum, già collezione Schrafl diZurigo, è strettamente legato con queste pitture: si tratta di un fo-glio con molteplici appunti desunti dalle quattro tele tizianesche,ben tre teste riconducono al soggetto di Diana e Callisto. Le teste alcentro del foglio ripropongono fedelmente lo studio di Rubens delleimmagini della “poesia” di Diana e Attone e di Venere e Adone.Questo foglio dimostra nitidamente il processo si appercezione diRubens sui testi di Tiziano. Appunti che Rubens utilizzò per realiz-zazioni successive sia nel Bagno di Diana, oggi al Museum Boymansdi Rotterdam (1632-1635), sia in Diana e Callisto del Prado (1636-1640); in entrambe le tele si riscontrano precisi appunti tratti dal fo-glio di Los Angeles attribuendo a tale disegno un’importanzarilevante quale strumento di lavoro di Rubens nel quarto decenniodel Seicento.

Soffermandosi sui particolari delle teste del foglio del Getty Mu-

seum, si trovano delle stringenti affinità con la donna dal vestitorosso sdraiata nel Baccanale degli Andrii (1636-1638) dipinto da Ru-bens, essendo proprio uno studio dell’originale tizianesco. Il mododi acconciare le capigliature, con trecce e finimenti di gioielleria chele cingono il capo, appaiono essere elementi di forte consanguineitàcon il bozzetto del Bacco su un barile. In esso, rispetto alla grandetela di San Pietroburgo, risulta assente la perla sull’orecchio sinistrodella menade, inoltre compare la stessa tipologia di pettinatura conun volto che senza dubbio appare similare con quelli studiati da Ru-bens, e da lui proposti, nella copia tizianesca del Baccanale oggi alMuseo Nazionale di Stoccolma.

Il dolce profilo della donna, la cui acconciatura liscia è creata contrecce a cerchietto unite all’altezza della nuca, è identica a quellache possiede la baccanale sdraiata in basso a sinistra, sia nel Bacca-nale di Tiziano, ma soprattutto nella copia di Rubens il cui volto è for-temente somigliante al Bacco in mostra, oserei consanguineo. Ilpittore fiammingo citò espressamente Tiziano, una precisa volontàdi imitarlo nei temi e motivi iconografici per poi proporli sia nei suoistudi preparatori sia nelle opere finali.

Emotivamente toccante è l’inedita tela della Madonna col bam-bino (1617-1618) che, come afferma Didier Bodart, «est la meilleureversion que nous connaissions de ce sujet est l’archétype des laVierges avec l’enfant debout, présentées comme compositions au-tonomes». Essa deriva dal medesimo soggetto raffigurato nel pan-nello interno del Trittico della Deposizione (1618), commissionatoda Maria Maes come epitaffio al marito Jan Michielsen nella Catte-drale di Anversa, oggi al Koninklijk Museum voor Schone Kunsten.

L’occasione luganese consente di ammirare lo straordinario Pae-saggio in tempesta con Filemone e Bauci (1620-1625), più voltepubblicato ed esposto in mostre, scoperto da Michael Jaffé nel 1977in una collezione privata e da lui ricondotto per la prima volta allagrande tela del Kunsthistorisches Museum di Vienna.

In alto a sinistra: Peter Paul RubensTrionfo della Verità sull’Eresia (part.)

olio su tavola, collezione privataA destra: Peter Paul Rubens, Bacco (part.)

olio su tela, collezione privata

Il Bellini restaurato al Poldi Pezzoli

In occasione del restauro dell’Imago Pieta-tis di Giovanni Bellini (1433 ca.-1516), An-

drea De Marchi, Andrea Di Lorenzo, LaviniaGalli e Andrea Zanni curano, fino a febbraiodel 2013 presso il Museo Poldi Pezzoli di Mi-lano, proprietario del dipinto, una piccolamostra dal titolo “Giovanni Bellini. Dal-l’icona alla storia”.

Il restauro, realizzato grazie al contributodi Umberta Gnutti Gussalli Beretta e direttodal Centro di Restauri Paola Zanolini e IdaRavenna, ha permesso di compiere delleanalisi specifiche sulla superficie pittoricacon conseguenti precisazioni sul dipinto. Sitratta, infatti, di un’opera giovanile realiz-zata, come vuole illustrare sapientemente larassegna, quando il Bellini cercava ancorauna propria identità stilistica. Il confrontoche la mostra propone con tre dipinti del-l’artista veneto dal medesimo soggetto ico-nografico e provenienti da prestigiosi musei(Accademia Carrara di Bergamo, MuseoCorrer di Venezia e Musei Comunali di Ri-mini), permette al visitatore di capire l’evo-luzione del pittore che si emancipa semprepiù dal perdurante bizantinismo veneto diprimo Quattrocento.

Completano la mostra alcune opere dicontesto realizzate da artisti che, durante laloro carriera, guardarono il loro ben più fa-moso conterraneo: Antonio Vivarini (1418-1484 ca.), Lazzaro Bastiani (1429-1512) eAlvise Vivarini (1442-1505 ca.), figlio di An-tonio.

Nella foto: Giovanni Bellini, ImagoPietatis, 1460-1470, tempera su tavola,

Milano, Museo Poldi Pezzoli

Una mostra fa il punto sul pittore veneziano e sul suo ambiente

Imago Pietatis

Con il restauro un primo passo verso il nuovo Museo

Dallo scorso settembre, la Porta ad estdel Battistero di Firenze, quella definita

da Michelangelo Porta del Paradiso, è tor-nata visibile al grande pubblico in seguitoad un lungo restauro. Realizzata tra il 1425e il 1452 dallo scultore fiorentino LorenzoGhiberti (1378-1455), già autore dellaPorta Nord, essa raffigura episodi dell’An-tico Testamento ed è suddivisa in dieci pan-nelli di formato quadrato.

La Porta del Paradiso restaurata non ètornata nel Battistero ma, viceversa, si trovaoggi in un cortile del Museo dell’Opera.Essa, ingabbiata in una grande teca, è ac-compagnata non solo da esaustivi pannellima anche da interessanti video che docu-mentano le fasi del restauro e il suo deli-cato trasporto. L’attuale collocazione dellaporta è tuttavia momentanea: è già in can-tiere, da parte dei vertici dell’Opera, unasua sistemazione in una ben più spaziosasala all’interno dello stesso museo. Pros-sima tappa di questo nuovo assetto sarà ilrestauro della Porta Nord, realizzata an-ch’essa dal Ghiberti, cui seguirà quello dellaterza e ultima porta scolpita in precedenza,tra il 1330 il 1336, da Andrea Pisano (1290-1348). A restauri conclusi, le porte sarannocollocate all’interno della nuova sala e ilmuseo, come scritto sul sito dell’Opera fio-rentina, «diverrà una delle realtà più im-portanti tra i grandi musei d’arte sacra inEuropa e nel mondo».

a.c.

Nella foto: Lorenzo Ghiberti Porta del Paradiso (part.), bronzo, 1425-

1452, Firenze Museo dell’Opera del Duomo

La Porta del Paradiso torna alla sua luce originaria, anche se il suo destino sarà diverso

La Porta del Paradiso

di ALESSANDRO CUCÈ

arte modernaCiò che si percepisce con i sensi produce unʼimpressione più forte e duratura (P. P. Rubens)

8 geaArt numero 3 - novembre-dicembre 2012