aip2 italia - ost 11 e 12 luglio 2015 - instant report
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Open Space Technology, Come coltivare noi, l'associazione, la partecipazione? Firenze, Vivaio del Malcantone, 11-12 luglio 2015 Instant reportTRANSCRIPT
I giorni 11 e 12 luglio 2015 al Vivaio del Malcantone di Firenze si è svolto l’Open Space Technology dal titolo “Come
coltivare noi, l’associazione, la partecipazione?”.
All’OST hanno preso parte alcuni membri dell’Associazione Italiana per la Partecipazione Pubblica (AIP2) che, con
questo incontro, hanno inteso avviare un percorso di confronto interno alla stessa Associazione per costruire in
maniera condivisa nuovi spazi di lavoro e di crescita e per essere, sempre più, soggetti attivi nella promozione della
partecipazione in Italia.
Il report non è un “risultato conclusivo” del confronto ma un punto di partenza.
Le proposte emerse, durante i gruppi di lavoro così come nel corso delle fasi plenarie, costituiscono delle prime idee
che potranno (e dovranno) essere arricchite dal contributo di tutti i membri dell’Associazione, coinvolgendo in questa
fase successiva all’incontro di Firenze anche coloro che non vi hanno preso parte. Alcune di queste idee costituiscono
dei veri e propri ambiti specifici di lavoro rispetto ad alcuni aspetti dell’attività associativa. Altri rappresentano dei temi
di discussione più ampi e generali. In entrambi i casi, gli spazi di lavoro appaiono potenzialmente infiniti a condizione
che rimanga acceso l’interesse per i temi stessi (passione) e si riesca a mantenere viva la voglia di confronto emersa
durante l’OST (responsabilità).
Inutile negare i differenti livelli di condivisione per ciascun argomento e le divergenze di opinioni, sempre presenti
quando si sceglie il confronto aperto. Ma la partecipazione e la gestione dei conflitti, in particolare, ci insegnano a
vedere le divergenze non come problemi rispetto ai quali mantenere le proprie posizioni, ma come risorse da cui
attingere per generare azioni e progetti condivisi. Ed allora buona lettura e buon lavoro a tutti noi!
Cosa è un Open Space Technology?
“Benvenuti! Se è la prima volta che vi avvicinate all’Open Space Technology siete all’inizio di quella che migliaia di
persone in ogni parte del mondo hanno scoperto essere una magnifica avventura, che ha consentito a gente
assolutamente normale di produrre, con regolarità, risultati spesso fuori dal comune.” (Harrison Owen, 2007).
Discutere dei temi del nostro territorio e scegliere di farlo con un metodo di gestione degli incontri fortemente
innovativo e per alcuni addirittura eretico: una non conferenza, un metodo in cui i partecipanti sono liberi di
contribuire ai lavori secondo il proprio interesse, un modo di interpretare la complessità della vita sociale che basa la
sua riuscita sull’autorganizzazione dei partecipanti. Una forza primaria, a detta di Harrison Owen!
Come funziona?
L’Open Space Technology è una tecnica di gestione dei gruppi che permette di strutturare una discussione a partire da
un tema generico (declinato sotto forma di domanda) in maniera tale da giungere a delle proposte concrete inerenti al
tema di partenza.
Fare un’Open Space significa aprire uno spazio di discussione in cui i partecipanti sono liberi di muoversi, scegliendo
quando e come contribuire ai lavori, lasciando spazio alla passione, all’interesse e alla responsabilità delle persone,
credendo nella capacità di ottenere quello di cui hanno bisogno.
L’OST è stato estensivamente utilizzato da organizzazioni private e pubbliche, in tutto il mondo, per gestire convegni e
laboratori di progettazione partecipata con un numero di partecipanti compreso tra 5 e 2000 persone.
All’interno di un OST non ci sono interventi programmati e predefiniti o una scaletta di lavoro già organizzata. L’idea è
che chiunque è interessato a proporre un tema che “gli sta a cuore”, può farlo assumendosi in questo modo la
responsabilità di seguire la discussione del gruppo e di restituirne i risultati rispondendo in questo alla domanda posta
all’inizio alla plenaria. In estrema sintesi, il processo si svolge in questo modo:
apertura dei lavori da parte di un facilitatore;
i presenti propongono i temi da discutere, coerentemente con la domanda/tema principale;
tutti i presenti scelgono i temi di cui vogliono discutere, aggregandosi a chi lo ha proposto;
si formano i gruppi di lavoro sui singoli temi;
alla conclusione i gruppi presentano a tutti ciò di cui hanno discusso.
Al processo vero e proprio, si cerca di affiancare momenti di distensione quali pause caffè o zone dedicate a
chiacchierate di carattere generale. Questi momenti, seppur non strutturati, costituiscono elementi fondamentali per la
riuscita del processo in quanto favoriscono la socializzazione tra i partecipanti e lo scambio anche tra componenti di
gruppi differenti. Con questa tecnica si produce, a fine discussione, un report di tutte le proposte emerse: tale report è
distribuito ai singoli partecipanti immediatamente al termine della giornata di lavoro e costituisce un promemoria, ma
anche una possibilità di impegno attivo per il raggiungimento degli obiettivi emersi. Lo stesso report può essere
consegnato agli organi istituzionali locali, perché lo possano trasformare in azioni concrete sul territorio.
Cosa troviamo in questo report?
Il report costituisce la sintesi condivisa di quanto emerso durante la due giorni di lavoro.
I report dei gruppi di lavoro (la prima parte del documento) sono, probabilmente, non esaustivi della ricchezza delle
discussioni svoltesi e dei punti di vista emersi: ne rappresentano, però, una sintesi coerente a memoria dei partecipanti,
perché ricordino quanto discusso, ed ad uso dei non presenti, per conoscere i principali contenuti emersi.
Ai report così come restituiti dai singoli gruppi di lavoro, è stata aggiunta un’annotazione finale denominata “Livello di
condivisione”: rappresenta il risultato del confronto in plenaria rispetto a quanto emerso da ciascun gruppo e vuole
essere un modo per indicare quali argomenti hanno maggiori criticità in quanto sollevano diversi (e divergenti) punti di
vista.
La sezione “temi da approfondire”, invece, rappresenta il risultato di un’esigenza emersa da tutto il gruppo di lavoro e
che ha indotto lo stesso a variare il percorso previsto dalla metodologia OST: proprio per non trascurare o trattare
superficialmente alcuni dei temi significati (e/o critici) emersi e solo in parte argomentati durante l’incontro, si è deciso
in maniera condivisa di tenere traccia della necessità di approfondimento degli stessi attraverso la visualizzazione sulla
bacheca e l’eventuale clusterizzazione secondo macro ambiti principali. Alcuni ambiti coincidono con i temi dei gruppi
di lavoro. Ciascuno dei partecipanti ha potuto poi scegliere quale di questi ambiti sarebbe realmente interessato ad
approfondire, nell’idea che da questa scelta potessero generarsi dei veri e propri gruppi di lavoro, aperti a tutti i soci di
AIP2 che ne vogliano fare parte.
GRUPPO: Sessione 1 // ore 12,00 – 13,30 // Spazio Sole
Tema: REGOLE PER DECIDERE – REGOLE PER ORGANIZZARE
Proposto da: Teresa Lapis – Andrea Gelao
Il Gruppo: Teresa Lapis, Andrea Gelao
Di cosa abbiamo parlato:
REGOLE per DECIDERE
- Unanimità vs maggioranza totalitaria. Considerare le minoranze.
- Interesse che coniuga quello dell’associazione con quello dei singoli
- Trasparenza, certezza, rendere conto.
- Mutualismo simbiotico
- Regole per gestire il conflitto. Disponibilità a far emergere il conflitto
- Ragionevolezza nella decisione sul conflitto: ascolto e riconoscimento di tutti gli interessi/bisogni/desideri
REGOLE per ORGANIZZARE
- Efficacia e validità: utilità o meno della burocrazia
- Gap tra enunciato/scritto e attuato
- Dentro e fuori + nazionale e locale
- Necessità di regolamenti specifici (formazione, sponsor, partner, ecc.)
- Sistema gerarchico o per competenza?
- Sistema governativo o assembleare
In sintesi, le questioni chiave sono queste:
Darsi delle regole per decidere e per organizzarsi.
Come ci organizziamo noi, il gruppo, per coltivare questi contenuti?
1. Rinnovo cariche in ottica orizzontale e di avvicendamento più frequente (mutualismo simbiotico)
2. Chiarire lo scopo: adattamento tra associazione esistente e associazione desiderata
3. Conciliare il singolare con il collettivo: organi eletti. Oltre a presidente e cd, un comitato etico?
LIVELLO DI CONDIVISIONE IN PLENARIA
Condivisione sul fatto che non vogliamo solo essere un’associazione di professionisti, che vogliamo essere inclusivi. Il
problema è come creare contesti che possano dare spazio questi soggetti, situazioni in cui questi attori si sentano
coinvolti. Non essere demagogici.
Si notano diverse contraddizioni:
● l’esistenza di due anime: comunità di consulenti professionali o semplici appassionati di partecipazione
● la tensione verso lo scambio internazionale e l’urgenza di voler coinvolgere i cittadini, lavorare sul campo…
GRUPPO: Sessione 1 // ore 12,00 – 13,30 // Spazio Spirale
Tema: PERCHÉ SIAMO QUI?
Proposto da: Raffaello Martini
Il Gruppo: Raffello Martini, Rosaria Tartarico, Chiara Pignaris, Chiara Porretta,
Anna Lisa Pecoriello, Stefania Gatti, Susan George, Tiziana Squeri,
Antonella Giunta, Nicola Zagni.
Di cosa abbiamo parlato:
Abbiamo fatto un grosso investimento per questa giornata,
sacrificando un fine settimana di luglio. Siamo qui dopo un periodo di forte demotivazione, per capire cosa è per noi
l’associazione, se e come vogliano starci ancora. Siamo qui per capire che senso ha avere una associazione che si
occupa di partecipazione. Per capire se possiamo fidarci gli uni degli altri, uscendo dalle complicazioni dei meccanismi
di controllo. Per incontrare persone che stimo e capirne le demotivazioni, le criticità per risolverle insieme e guardare
avanti.
Sono qui per capire perché mi sento disorientata, perché non sono riuscita ad essere utile per l’associazione.
Siamo qui per capire se diverse anime possono convivere.
In sintesi, le questioni chiave sono queste:
L’associazione che promuove se stessa e si preoccupa di aumentare il numero di soci, non è l’associazione che
rappresenta molti di noi.
E’ necessario trovare una soluzione condivisa, ritrovare il dialogo, un cambiamento vero, produrre un svolta. Sono
mancati in passato ascolto e dialogo.
E’ mancato l’impegno da parte dei soci nelle attività dell’associazione, perché? Per la poca motivazione probabilmente,
o perché le attività sono sempre state proposte dal CD nell’unica occasione di incontro organizzata: l’assemblea
annuale. Siamo qui perché grazie a precedenti incontri informali di soci toscani, è emersa una speranza di poter
trovare un senso nella associazione, è rinata la passione. Le vecchie incomprensioni non sono state sufficientemente
sciolte; è necessaria una rifondazione con una programmazione e un lavoro condiviso.
E’ importante che l’associazione ci permetta di condividere le nostre esperienze e competenze, quindi maggiori
occasioni di incontri di persona e conoscenza. Siamo un potenziale che dobbiamo saper usare.
E’ possibile portare avanti in contemporanea i gruppi di lavoro e la riflessione interna? E’ necessario rivitalizzare
l’associazione, avere più persone che lavorano.
E’ da chiarire il problema costitutivo: siamo individui? Professionisti? Possiamo essere anche enti, organismi,
associazioni?
C’è un problema di mission e anche di modalità di gestione (qual è il ruolo del CD?).
La associazione è nata con una mission debole, passo dopo passo è emersa una mission diversa da quella fondativa.
Come ci organizziamo noi, il gruppo, per coltivare questi contenuti?
Incontrandoci più spesso. Definendo meglio la missione. Non ricucendo ma rifondando!
LIVELLO DI CONDIVISIONE IN PLENARIA
Condivisione sulla necessità di intraprendere un confronto legato alla missione dell’associazione ed alla sua identità,
anche se con sfumature differenti: alcuni sostengono, infatti, l’opportunità di partire da “chi siamo oggi” (da chi è
costituita oggi l’associazione) per delineare il tipo di partecipazione che l’associazione promuove o dovrebbe
promuovere; altri preferirebbero attestarsi su un discorso più generale.
GRUPPO: Sessione 1 // ore: 12,00 – 13,30 // Spazio Triangolo
Tema: CONTINUARE AD IMPARARE. DALL'ESTERNO, DAGLI ALTRI SOCI...
Proposto da: Claudia Casini
Il Gruppo: Claudia Casini, Lucia Lancerin, Laura Ciardelli,
Serenella Paci, Fedele Congedo.
Di cosa abbiamo parlato:
Di continuare ad imparare. È connesso al perché siamo qui. Per la crescita personale. Abbiamo imparato spesso in
quest'associazione e in modi diversi. Non sempre con proposte strutturate.
Condividere le esperienze è il fulcro. Condividere i successi e soprattutto gli insuccessi: una cosa che è difficile fra
colleghi. Come si può fare per crescere insieme. Bello è l'avvio di Claudia. Siamo qui per l'apprendimento fra pari.
Ognuno porta competenze fatte di successi e di insuccessi dalla cui condivisione può nascere
apprendimento. Rafforziamo le esperienze in associazione legate all'apprendimento. Fra noi ci sono molti formatori.
Ancor prima di cercare queste competenze fuori sarebbe importante che ognuno fornisca le proprie, condividendole in
alcune giornate, partecipando ad eventi formativi attivati da più persone disposte a cedere conoscenza.
Abbiamo avuto discussioni costruttive sulla formazione, ma a volte si è ritenuto di affidarla a persone esterne.
Occorre organizzare calendari di incontri formativi periodici, qualcuno suggerisce che siano aperti anche all'esterno (ma
non tutti concordano), per presentare AIP2 nelle sue attività. Potremmo ipotizzare che per gli esterni c'è una piccola
quota che va a coprire le trasferte dei soci formatori.
È oggi un bel confronto. Non abbiamo ancora una modalità usuale per fare questi scambi e per renderli espliciti nei
loro fattori qualitativi. Il problema potrebbe essere la misura delle competenze disuguali fra i soci. Uno scambio in
presenza a scala regionale può essere ragionevole. I mezzi indiretti webinar sono interessanti e utili, ma gli scambi
diretti fra noi sono essenziali.
La mancanza di regole di come si decide di essere rappresentativi di AIP2 è un problema, ma è bellissimo incrociarsi e
scoprire di esserne parte pur nella diversità. Forse siamo troppo preoccupati di dare una immagine univoca come Aip2.
Se facciamo emergere le diversità di punti di vista, di metodi, di livello di esperienza, presentarsi come soci Aip2
diventa più facile e produttivo.
La verità è che siamo persone uniche con una nostra storia. Possiamo raccontarla come pezzo di un mosaico. Emerge il
problema di presentarsi come parte dell'associazione. Ma le molte storie sono un paesaggio. L'associazione non è
conosciuta ed è un peccato perdere le occasioni per raccontarla. Dobbiamo iniziare a parlarne. Con crescita di relazioni
di fiducia, per portarle all'esterno.
Ci sono grandi competenze fra di noi e occorre attivare relazioni basate sulla fiducia. Abbiamo una potenzialità
formativa e siamo già un punto di riferimento. Dovremmo coltivare le occasioni per trovarci fra di noi, come azione
formativa verso l'esterno e verso l'interno.
Il webinar può essere uno strumento interno. Ma costa. Se le relazioni fra noi sono di stima, c'è la disponibilità ad
incontrarci. Vorremmo anche raccontare cosa non va bene e cosa non funziona. C'è esigenza di conoscere le pratiche
degli insuccessi. Dobbiamo capire il messaggio da dare all'esterno. Vogliamo mirare in alto.
Affrontiamo il rischio del racconto. Con le sue fragilità. Le strade sono sempre uniche.
La partecipazione non è insieme di metodi, ma pratiche di vita. Lo sforzo è nella condivisione degli approcci, verso una
comunità di pratiche.
Webinar e il racconto dei processi. Abbiamo iniziato un'esperienza. La verità è che sono molto efficaci, auspicabili una
volta al mese. È un modo per raccontarsi. Con il gruppo formazione abbiamo fatto una nuova ipotesi di tematiche, ma
potremmo integrarla insieme. Per definire le tematiche, da portare o seguire. Poi qualcuno fa la parte organizzativa.
Facebook è invece uno strumento di condivisione istantanea di un paesaggio. Auspichiamo che tutti i soci siano autori
in un gruppo, così come nel sito blog. Una comunità di pratiche basata su rapporti di fiducia. Perché lo facciamo per
mestiere.
Ci mettiamo la faccia. Ripensiamoci come comunità di pratiche, con momenti di scambio. Mensilmente incontri diretti
sono poco probabili, ma periodicamente, una formazione di scambio libero, è necessaria.
Ci sono vari strumenti. Anche i gruppi nascosti su facebook sono utili. Dove ognuno parla all'interno di un utile
condivisione, non per carboneria, ma per accelerare rapporti e relazioni immediate sul fare. Anche per condividere
azioni del fare rete, scrivere insieme. Per attivare sempre il meccanismo win-win. Chiedere aiuto è sempre utile. Siamo
uniti e le persone terze ci vedono meglio. Dove c'è un desiderio di fare insieme, va bene.
In sintesi, le questioni chiave sono queste:
Condividere le esperienze è il fulcro. Per conoscerci meglio e stabilire relazioni di fiducia. Rafforziamo le esperienze in
associazione legate all'apprendimento. Continuare i Webinar. Sviluppare un Gruppo facebook. Curare la formazione in
presenza.
Come ci organizziamo noi, il gruppo, per coltivare questi contenuti?
Formazione fra pari per diventare una comunità di pratiche. Mettiamo a disposizione dei soci tre domande: chi sei,
Cosa vorresti seminare, cosa vorresti raccogliere. Coordinarci con il gruppo formazione. Generare un gruppo segreto su
Facebook sentendo il consiglio direttivo. Curare le radici e una biblioteca comune digitale on line modificabile.
Valorizzare le persone che sono all'interno. E portare dentro persone nuove, gruppi che lavorano sull'innovazione
sociale, come Airesis, Mappina...
LIVELLO DI CONDIVISIONE IN PLENARIA
Buon livello di condivisione.
GRUPPO: Sessione 2 // ore: 14,30 – 16,00 // Spazio Sole
Tema: QUALE ASSOCIAZIONE? NOME, AFFILIAZIONE, COMPONENTI, OBIETTIVI
Proposto da: Raffaello Martini
Tema: CON CHI COLTIVARE…
CIOÈ AIP2 È UN’ASSOCIAZIONE FATTA DA…. CHI – CON CHI
Proposto da: Anna Lisa Pecoriello
Tema: CHI SIAMO NOI CHE RACCONTIAMO
E CHE PROMUOVIAMO PROCESSI PARTECIPATIVI?
Proposto da: Teresa Lapis
Il Gruppo: Susan George, Raffaello Martini, Stefania Gatti, Andrea Gelao, Antonella Giunta,
Anna Lisa Pecoriello, Germana Pignatelli, Rosaria Tartarico.
Di cosa abbiamo parlato:
Identità e composizione dell'associazione (chi ne fa parte, perché, a quale scopo...).
Nome da cambiare a causa della “P2” che rimanda a tempi bui della nostra repubblica.
Affiliazione a IAP2 contestata, debolezza costitutiva.
Viene ricostruita la storia della nascita dell'associazione internazionale e la questione della sua natura, il suo essere
formata da professionisti che contribuiscono al sostegno proprio e dell'associazione attraverso attività di formazione a
pagamento. in questi anni l'accesso ai materiali di formazione di IAP2 è stato coperto da copyright e riservato solo a
presidente e vicepresidente, ora anche IAP2 sta cambiando, siamo in una nuova fase ma poco o nulla è stato condiviso
con i soci proprio perché il dibattito sul cambiamento di modello è recente - al face to face meeting di Padova è stato
lanciato ed è appena avviato, si stava aspettando questo incontro per capire come procedere anche nel coinvolgimento
di tutti i soci sul tema.
Ma perché è demonizzante il fatto che IAP2 sia una associazione di professionisti che elaborano e vendono materiali
per la formazione e che abbiano un marchio? Molti materiali sarebbero di buona qualità perchè dotati di
certificazioni...ma poiché nessuno li ha visti e nessuno sa in cosa consistano queste certificazioni risulta difficile dare un
giudizio sul senso di questa affiliazione.
Alcuni soci sottolineano difficoltà di accesso, trasparenza, quando si è discusso di questo nel CD e nel gruppo
“formazione”, è stato proposto dalla coordinatrice del gruppo (Antonella) un incontro al gruppo formazione
immediatamente dopo Padova per aggiornarli, ma è stato risposto da due dei membri (Serenella e Alfonso Raus) di
aspettare l’incontro di questi giorni a Firenze.
Ci si chiede inoltre se l'associazione ci fa fare formazione o deve fare formazione...secondo molti la seconda ipotesi non
è quella condivisa dalle regole di AIP2.
Avere ben presente la differenza tra acquisisco formazione/vendo formazione.
La discussione si intreccia con la questione della natura di AIP” Italia. E' una associazione di practitioner? Cosa si
intende con l'uso di questo termine inglese? Persone che praticano la partecipazione all'interno di scambio come
remunerazione, quindi “professionisti della partecipazione”, oppure anche persone che operano nell'ambito dello
scambio come dono?
La discussione continua su chi siamo e chi dovrebbe far parte dell'associazione.
Secondo alcuni definirsi come una associazione di professionisti comporta il rischio di trasformarsi in una associazione
la cui ragione principale di appartenenza per i soci è promuovere occasioni professionali...questa immagine secondo
alcuni si ripercuote anche all'esterno e sarebbe la ragione dell'allontanamento di altre figure dall'associazione (politici,
amministratori, cittadini, ricercatori).
Secondo altri il definirsi di AIP2 come associazione di professionisti è un dato di fatto che si è andato configurando per
un processo naturale di selezione di interessi, non tutti vanno nella direzione di aspettative di allargamento delle
occasioni professionali, anzi in questi ultimi mesi le attività che hanno risvegliato l'interesse dei soci AIP2 sono quelle
legate alla creazione di occasioni di confronto e scambio sulle proprie pratiche professionali in un contesto libero dove
possono emergere criticità, desideri, riflessioni sul proprio agire non dettate dall'urgenza di apparire o di “vendersi” sul
mercato.
Si tende a sovrapporre nella discussione chi siamo con cosa facciamo, ovviamente le due cose sono legate ma non
sono scontate.
Professione e altre attività, equilibrio avendo varie anime.
Chi sostiene che AIP2 sia costituita soprattutto da professionisti pensa che non necessariamente questo porti alla deriva
della difesa di interessi di categoria, pur riconoscendo che esiste questo rischio e che si sia manifestato più volte, sente
questa forte esigenza di confronto sulle pratiche e sulla partecipazione e considera questa riflessione possibile a un
certo livello solo in un gruppo che condivide questa aspettativa, il cittadino o il politico viene aspettandosi di parlare
d'altro...
Diverse immagini di AIP2:
AIP2 come luogo di riflessione
AIP2 come riferimento nazionale per la normativa
AIP2 per diffondere la cultura della partecipazione
AIP2 come lobbying politico.
Si dice: solo di una associazione che non ha una identità monolitica possono farne parte cittadini attivi, practitioner,
ricercatori, politici, amministratori-
Questa affermazione apre diverse domande:
- essere una associazione prevalentemente di professionisti (o aspiranti tali, o ricercatori, o amateur...) della
partecipazione che riflettono sulle proprie pratiche significa necessariamente avere una identità monolitica o essere
chiusi all'esterno e ad altri soggetti...?
- è possibile ridefinire una identità fatta di soggetti diversi? Come si gestiscono momenti assembleari con tutti questi
diversi soggetti creando spazi per confronto con linguaggi differenziati e che vadano incontro a tutte queste differenti
aspettative? Secondo alcuni questo può avvenire nel tempo, ridefinendo per ora l'identità a partire da quello che siamo
e aprendo occasioni di confronto con questi soggetti.
Si sottolinea come questo sia stato tentato con l'organizzazione da parte di gruppi regionali di seminari sulla
partecipazione e sulle leggi regionali nelle regioni che non ne sono dotate e come questo abbia creato un impasse
perché è mancato un confronto all'interno dell'associazione tra i soci delle regioni che hanno sperimentato gli effetti
talvolta perversi delle leggi sul proprio territori e quelli che sperimentano interessanti e ricche forme di partecipazione
pur non avendo una legge (si cita la Puglia). Il rischio è di propagandare dei modelli in modo acritico...un po' lo stesso
problema che ha Labsus: sta replicando un modello basato sulla idea di marketing: molti si scaricano il regolamento di
Bologna cambiano il titolo con quello di un altro comune e lo portano all'assessore, poi il cittadino va in comune e
questi funzionari non ci sono.
Alcuni dicono che se siamo solo professionisti c'è un problema, altri ribadiscono che questo non sia un problema, non
siamo monolitici al nostro interno, anche individualmente non siamo una cosa sola: siamo professionisti, ma anche
ricercatori, ma anche attivisti nel nostro contesto sociale, lavoriamo nell’ambito dello scambio remunerato come in
quello del dono. vanno creati momenti diversi di incontro con gli altri soggetti che compongono il variegato mondo
della partecipazione: i politici vanno invitati a dibattiti, i cittadini a riflettere sui percorsi fatti etc...
Nella comunicazione all'esterno non bisogna avere l'approccio di quelli che sanno qual è la partecipazione. Come
proporsi? Non come maestrini/e...
“Do per scontato che un'associazione promuova sempre momenti di apprendimento, formazione per gli esterni, siamo
apprendisti perpetui, nel confronto si impara molto”
Cosa pensiamo del fare formazione? È un nodo da sciogliere...
L'associazione fa formazione interna oppure organizza momenti formativi verso l’esterno? organizzare seminari verso
l'esterno è molto diverso.
Si entra nella contraddizione tra promozione della e riflessione sulla partecipazione, si citano vari esempi: Inu organizza
periodicamente tavoli di lavoro sulla partecipazione, forse il Festival non corrisponde a quello che vogliamo fare noi, sui
termini confrontarsi.
Si potrebbe immaginare un appuntamento periodico in cui l'Associazione si apre all'esterno...es. con i firmatari della
carta della partecipazione, una sorta di “a che punto siamo”. Si potrebbe farlo ogni anno dopo l'assemblea, per ridurre
i costi di spostamento.
Importanza della catena ascolto/condivisione/fiducia: se diversi soci hanno un disagio, l'identità ne patisce e
l'associazione non può uscire in pubblico.
Noi persone parlando acquistiamo conoscenza.... conquistiamo un'intesa, fra un mese siamo pronti ad andare verso
l'esterno...nel frattempo entrano nuovi soci, come trasmettiamo a loro questo spirito?
Cosa diciamo ai nuovi soci, a coloro che si avvicinano? Stiamo pensando di fare il festival? c'è bisogno di fare una
programmazione puntuale.
Qualcuno dall'esperienza all'interno del CD invece dice NO, il problema non è programmare ma trovare un nuovo
modo per lavorare e arrivare al risultato.
Sembrano delinearsi due posizioni, una che persegue l'urgenza del fare, l'altra del ricostruire una identità prendendo il
tempo che ci vuole. Due atteggiamenti che sembrano uno aprire più facilmente e velocemente all'esterno, l'altro tende
a privilegiare i tempi della crescita del confronto interno e della condivisione.
Diverse considerazioni: Come faccio a rendere plurale questa associazione se non propongo qualcosa?/ Non ho fretta
di fare entrare persone/Ho fretta di capire cosa facciamo per capire se voglio restare.
In sintesi, le questioni chiave sono queste:
● l'associazione necessita di un momento fondativo condiviso, quello condiviso da pochi in passato non è sufficiente a
tenerci insieme;
● l'affiliazione ad IAP2 deve essere ridiscussa perché in pochi conoscono il materiale formativo (coperto da copyright),
alcuni non condividono il concetto stesso di copyright, altri non condividono il fatto che IAP2 faccia regolarmente
formazione a pagamento pur non essendo una società di formatori ma una associazione di promozione della
partecipazione; si condivide un approfondimento della informazione che i corsi IAP2 siano certificati ISO in Europa;
● cosa pensiamo del fare formazione?
● È un nodo da sciogliere...nessuno vuole diventare un’associazione di professionisti intesa come associazione di
categoria che promuove la creazione di occasioni professionali per i soci ma alcuni dicono che questo rischio si
elimina aprendo l'associazione a tanti diversi soggetti, altri dicono che questo crea confusione e non vero confronto
e approfondimento e che si devono creare poco a poco occasioni di confronto tra soggetti diversi dopo aver atto
crescere consapevolezza e fiducia interna. Il timore dell'associazione aperta a soggetti diversi di quelli che siamo
adesso: non riuscire ad approfondire ciò che ci sta a cuore, che in questo momento accende la nostra
passione...fare confusione di linguaggi, non riuscire a gestire aspettative diverse. Il timore dell'associazione aperta a
coloro che praticano la partecipazione: essere travolti da interessi privati, trasformarsi in lobby;
● problema di programmare attività e uscire all'esterno: si confrontano due urgenze, una di programmare in maniera
chiara dove vogliamo andare nei prossimi mesi/anni per avere qualcosa da proporre anche agli altri che si
avvicinano, l'altra di migliorare lo scambio e il confronto interno. Il punto di incontro di queste due esigenze
potrebbe essere l'organizzazione di eventi che riflettono all'esterno questa attitudine interna dell'associazione a
porsi come luogo di riflessione e approfondimento e non di promozione acritica di modelli ed esperienze che non
sono state nemmeno discusse all'interno dell'associazione, se l'associazione è un luogo di confronto, questo si deve
riflettere anche negli eventi che organizza.
Come ci organizziamo noi, il gruppo, per coltivare questi contenuti?
Le questioni discusse all'interno del gruppo riguardano l'identità dell'associazione e dei suoi aderenti: devono
necessariamente essere condivise e riportate al resto dei soci, non possono essere coltivate in proprio...
LIVELLO DI CONDIVISIONE IN PLENARIA
Buon livello di condivisione.
GRUPPO: Sessione 2 // ore: 14,30 – 16,00 // Spazio Triangolo
Tema: COME RACCONTARE I PROCESSI PARTECIPATIVI CHE PROMUOVIAMO
Proposto da: Serenella Paci
Il Gruppo: Serenella Paci, Fedele Congedo, Chiara Pignaris, Chiara Porretta,
Tiziana Squeri, Claudia Casini, Lucia Lancerin, Nicola Zagni, Maurizio Difronzo.
Di cosa abbiamo parlato:
Di mappare e raccontare anche all'esterno i processi, con l'obiettivo di diffonderne
la conoscenza. Come in Cantieri. Sviluppare uno strumento per fare rete,
per condividere esperienze, per vedersi, per dire cosa ha funzionato e cosa no.
La prima cosa è definire una scheda tipo, con i campi dei racconti. Poi, definire
gli strumenti di diffusione, che possono essere molti. Di descrizioni di percorsi
ce ne sono tante, ma sono sempre molto regionali o datate.
A livello nazionale è stato fatto un tentativo con un programma di ricerca dell'INU (Commissione Partecipazione, oggi
Governance e diritti dei cittadini). L’esito è stato un Dossier sulla partecipazione nelle diverse regioni italiane legata ai temi del
governo e riqualificazione del territorio. I risultati sono apparsi disomogenei poiché derivanti da lavoro volontario e da una call
non sufficientemente diffusa.
In Toscana c'è stato un gruppo di ricerca che ha censito con schede ben fatte tutti i percorsi attuati prima del 2007, inoltre i
progetti finanziati dall’Autorità regionale per la garanzia e promozione della partecipazione sono noti e ben documentati, ma si
tratta comunque di descrizioni da addetti ai lavori. Occorre definire l'obiettivo del racconto: comunicare cosa sono i processi
all'esterno o sviluppare un documento per esperti del settore? Se siamo generici rischiamo la ripetizione di relazioni di fine
percorso. Occorre capire l'uso futuro. Sul nostro sito internet dovrebbe essere realizzata una narrazione con più immagini, anche
destinata ai politici e ai tecnici, per evidenziare i risultati, in termini di valore aggiunto.
Occorre lavorare sulla valutazione, perché dei percorsi non si conoscono gli esiti sul campo. Possiamo fare questo
passo.
Uno strumento molto comunicativo. Ognuno di noi usa la partecipazione da partenze e punti di vista diversi. È
importante comunicare questa varietà dei processi, realizzati in ambiti completamente diversi: dal piano sociale di zona
alla sostenibilità. Occorre offrire un ventaglio di casi e di sfere di politica pubblica molto variegato.
È una sfida. Per comprendere e comunicare come valutare ed esprimere concretamente i risultati. Se puntiamo su un
target di cittadini, sono utili dei video immediati: strumenti fra l'informativo e il promozionale, leggeri, con un po' di
risultati. Con l'obiettivo divulgativo, promozionale e di scambio fra noi. Per il sito c'è anche l'ipotesi della mappa dei
casi e degli strumenti. Anche per questo dobbiamo pensare a chi ci rivolgiamo. L'idea è che cresca nel tempo: un
processo di scrittura di mappe sul sito dovrebbe essere adottato da tutti i soci, per un continuo aggiornamento.
Per ogni racconto immaginiamo una scheda strutturata, con un'immagine, una breve descrizione, una localizzazione.
Per far capire che è una struttura, un percorso, uno sviluppo. Non cogliere solo i percorsi deliberativi, ma anche quelli
dal basso. L'individuazione delle storie e delle buone pratiche potrebbe essere un compito dei referenti regionali.
Focalizziamo il format in un tempo breve. In modo da offrire un documento da scaricare.
Con il progetto Ferrara mia, abbiamo mappato nell'urban center le storie di partecipazione, con un album delle
esperienze... Le famose schede della mostra Partecipare per fare: sono servite per raccontare anche altri percorsi. È
facile mettere assieme le esperienze. Chi, cosa, immagini, titolo...
Il contenitore non è detto sia completo, anche perché è difficile unire le informazioni e tenerle aggiornate. La cosa più
importante è quella di mettere in relazione i soci e le loro esperienze, per condividere competenze.
Si può immaginare una redazione leggera che si occupi dell'aggiornamento. Il lavoro di schedatura può essere minimo.
Non c'è un luogo che offre una panoramica nazionale. Iniziamo noi a mettere dei contenuti, a raccontare cosa
facciamo.
Possiamo anche immaginare una sezione dedicata ai “processi in corso”, per eventuali osservatori che desiderano
seguire dal vivo le attività.
In sintesi, le questioni chiave sono queste:
La comunicazione delle esperienze di partecipazione è una scelta strategica, utile per diffondere la conoscenza e le
pratiche all'esterno e per facilitare lo scambio in rete tra i soci. In un primo tempo si possono valorizzare le esperienze
portate avanti dai soci e usare questa "vetrina" per fare promozione per nuovi soci, in seguito si potrebbero
presentare anche altre buone pratiche che si incontrano nei territori. Occorre definire una scheda tipo, con i campi dei
racconti, secondo un preciso impianto grafico posizionale.
Queste schede possono essere in seguito stampate come poster all'assemblea annuale, sono un modo molto efficace
per condividere le esperienze fatte.
Diamo anche priorità ai video: sono utilissimi e possono spiegare con efficacia i percorsi.
Un obiettivo è comunicare anche la grande varietà dei processi, realizzati dai soci in ambiti di politica pubblica
completamente diversi, dall'urbanistica al sociale, dallo sviluppo rurale alla sostenibilità ambientale, dai beni culturali
alla mobilità, ecc.
È anche un modo per far capire che l'approccio partecipativo può e deve "permeare" i diversi ambiti di intervento.
Come ci organizziamo noi, il gruppo, per coltivare questi contenuti?
In questi primi sei mesi, entro dicembre: elaboriamo le schede, secondo una struttura posizionale grafica costante dei
contenuti. Facciamo prima un lavoro interno promosso dal gruppo, poi la promozione esterna in raccordo con chi si
occupa del sito, poi in seguito inclusione di altri casi.
Generiamo una scheda semplice, da implementare eventualmente nel tempo con gli impatti dei processi che si
possono misurare solo nel lungo periodo. La struttura del contenuto e un layout grafico. Con classificazioni per temi,
per luoghi e per tag.
Questi i campi dei contenuti: titolo del processo e sottotitolo; committente promotore; anno/i; strumento finanziario/
normativa di riferimento; soggetti attuatori; territorio; ambito d'intervento; metodi e tecniche; attori rilevanti; box
narrativo; box specifici per realizzazioni e risultati; numeri della partecipazione; approfondimenti e link; immagini; grafica
del progetto; TAG.
LIVELLO DI CONDIVISIONE IN PLENARIA
Buon livello di condivisione.
GRUPPO Sessione 3 // ore 17,00 – 19,00 // Spazio Spirale
Tema: COME PROMUOVERE LA PARTECIPAZIONE INTERNA (tra soci di AIP2 Italia)
Proposto da: Chiara Pignaris
Tema: DECARTOLARIZZARE, TRASFERIRE COMPETENZE
Proposto da: Fedele Congedo
Tema: COLTIVARE I SOCI VECCHI E NUOVI
Proposto da: Andrea Gelao
Il Gruppo: Rosaria Tartarico, Raffaello Martini, Susan George,
Fedele Congedo, Andrea Gelao, Serenella Paci, Tiziana Squeri,
Antonella Giunta.
Di cosa abbiamo parlato:
La partecipazione interna è uno dei temi delicati: è sempre stata molto bassa ed è necessario capire perché lavorano
sempre i soliti. Dobbiamo comprendere che chi partecipa si sente coinvolto solo quando il suo contributo viene
valorizzato, quando riesce a rendersi utile e si sente gratificato.
Cosa ci gratifica? Come vorremmo essere coinvolti.? Come trovare una formula che funzioni meglio?
Tanti in questi anni sono andati via e soci nuovi sono entrati, ma in realtà questo vai e vieni dei soci non è un buon
segno. Può andare bene promuovere l'allargamento a nuovi soci ma la cosa più importante è mantenere la fiducia di
quelli che ci sono. È il tema di “come coltivare i soci vecchi e nuovi”. E’ anche il tema di cosa vuol dire “fiducia” fra i
soci e se come si pensa di mantenerla in caso di crescita della associazione.
Le modalità di comunicazione e l’informalità assumono un ruolo fondamentale: bisognerebbe perdere l’abitudine di
parlarci attraverso i verbali, si creano fraintendimenti e non è appassionante. Essere informali, mettere a proprio agio le
persone, dovrebbe far parte dei valori e dell’approccio che stanno alla base dell’associazione. Non dobbiamo farci
prendere dalla “cartolarizzazione” nè essere vittime dell’eccesso di democrazia… “La scrittura dei verbali non deve
diventare più importante della vita stessa”.
Per promuovere la partecipazione interna dobbiamo cercare di renderla più orizzontale. Inoltre il presidente e il
direttivo devono impegnarsi nell’ascolto attivo dedicando a questo più tempo e cura. Per lavorare insieme con
entusiasmo abbiamo bisogno di conoscerci, confrontarci partendo dallo studio di casi, dalle nostre esperienze di
partecipazione. Lo studio di casi può essere una modalità efficace di conoscenza delle persone, delle metodologie,
delle problematiche. Nel momento in cui si comprende un'esigenza interna che in diversi hanno voglia di approfondire,
si può organizzare una modalità dedicata al confronto dei metodi. Più formativa in tempo stretto.
Noi soci dobbiamo capire come comunicare con il direttivo e con gli altri soci. Quando abbiamo un problema, come
stabilire le relazioni fra i singoli soci, fra soci e il direttivo. Il sistema delle mail con il “rispondi a tutti” non va bene per
trattare alcuni argomenti, soprattutto quelli a contenuto personale. Dovremmo cercare di individuare delle forme più
spontanee ma non invasive per scambiare le idee tra di noi, mantenendo un flusso di comunicazione più diretto e
continuo (es. un gruppo su Facebook riservato).
C’è all’interno dell’associazione un’interpretazione del “potere” un po’ arbitraria, gerarchica e non sempre coerente (es.
l’elezione del direttivo all’assemblea di Firenze o le proposte di alcune iniziative non previste nel programma annuale,
decise dal presidente o proposte da singoli soci o membri del direttivo). Le regole non sempre sono rispettate e fatte
rispettare in modo uguale a tutti i soci.
Il presidente dovrebbe avere un ruolo essenzialmente politico, di rappresentanza, ma anche di ascolto, di mediazione
degli equilibri e degli eventuali conflitti interni. Quando c’è un problema (di un socio o di un gruppo di soci) il
presidente deve farsi carico del disagio, deve liberarsi di tutti i suoi impegni ed essere presente. Gli aspetti relazionali
non si possono delegare.
Il direttivo che ruolo dovrebbe avere?
Il direttivo assume troppi impegni, troppi ruoli, dovrebbe coordinare le attività in modo molto più leggero, lasciando
liberi i gruppi di individuare autonomamente al loro interno un referente, non affaticandosi per avere sempre la
responsabilità di tutto. I soci sono invogliati a promuovere attività solo se si sentono responsabilizzati, se hanno un po’
di autonomia e riconoscimento anche in termini di ruolo.
Forse l’impegno del direttivo potrebbe essere alleggerito se quest’ultimo assumesse un ruolo meno progettuale, se si
limitasse ad un ruolo esecutivo. Ad esempio controllare tempi e risorse per aiutare le sezioni regionali o i gruppi
tematici a realizzare le iniziative programmate, aiutarli a trovare soluzioni, contatti, occasioni, finanziamenti, coordinare
le iniziative spontanee inserendole all’interno di una strategia generale.
Il programma annuale delle attività dovrebbe essere costruito sulla base di alcune “linee d’indirizzo” individuate
dall’assemblea, a partire dalle passioni dei soci.
Se si individua un tema rilevante su cui puntare per quell’anno, tutte le sezioni regionali e i gruppi potrebbero essere
invitati a lavorare su quello, declinando liberamente le iniziative da promuovere, gli approfondimenti e le modalità di
lavoro.
In sintesi, le questioni chiave sono queste:
La società sta cambiando velocemente, il termine “partecipazione” è ormai esaurito, dobbiamo capire come possiamo
parlarne senza creare fraintendimenti, dobbiamo capire cosa vuol dire praticarla, sia all’esterno sia all’interno della
nostra associazione.
Cosa vogliamo promuovere? L’utilità del nostro lavoro? La qualità dei metodi e delle tecniche? Leggi e finanziamenti
sulla partecipazione? Un’idea di partecipazione certificata da IAP2 ?
La questione chiave è quella di condividere la mission di AIP2 e cosa intendiamo per “qualità della partecipazione”.
Senza un chiarimento e una condivisione di questi punti è difficile trovare motivazione a impegnarsi nell’associazione.
Per coinvolgere nuovi e vecchi soci, inoltre, è necessario promuovere:
● spazi di ascolto,
● spazi si senso,
● spazi di apprendimento,
● autorevolezza orizzontale riconosciuta e collaborativa.
La priorità: dimostrare i risultati eccezionali del coinvolgimento delle persone. Il grande salto si farà quando diventerà
normale inserire l'attore cittadino accanto ai tecnici e ai politici nei processi di formazione delle scelte pubbliche.
● Abbiamo bisogno dei racconti delle cose che facciamo.
● Come organizzarsi: nomadismo regionale.
● Dal copyright al copyleft. Il tema della qualità è centrale. È l'insieme. L'esito e il processo.
● Cerchiamo di semplificare le forme e rendere tutto più divertente con regole snelle.
● Curare l'interesse per un modo di lavorare. Declinare la partecipazione come una modalità con cui si affrontano i
problemi della vita.
Come ci organizziamo noi, il gruppo, per coltivare questi contenuti?
Le prime proposte sono:
definire, da qui alla prossima assemblea del 2016, delle linee guida (regole snelle) che definiscano in modo più
dettagliato rispetto allo Statuto ruolo e compiti del presidente, del direttivo, dell’assemblea dei soci, modalità di
comunicazione (col direttivo e tra soci stessi), modalità di costruzione del programma annuale e regole per
avanzare (e approvare in tempi rapidi ma democratici e partecipativi) proposte di singoli soci o gruppi;
istituire un appuntamento annuale, oltre all’assemblea annuale (gestita con metodi partecipati) dedicato alla
riflessione e conoscenza reciproca (narrazione, scambio di esperienze, confronto di metodi, come sta cambiando
il nostro mestiere…);
realizzare un incontro MOOC proposto da Susan: vedere edx: “Transforming Business Society and Self” (gruppi di
aiuto reciproco). Proposta di seguire il prossimo corso sett-ott 2015 (Presencing Institute. MIT, Boston). Come
funzionano: si tratta di gruppi di aiuto reciproco per trasformare l'impresa, la società e se stessi. Ogni settimana
una persona deve illustrare un caso in 10 minuti. 5 minuti di domande e 3 minuti di silenzio per ripensare alla
emozioni alle metafore alla gestualità e rinviare il messaggio in 10 minuti. 20 minuti di dialogo generativo. I
rapporti sono diventati sempre più sinceri, su casi che stavano a cuore.
LIVELLO DI CONDIVISIONE IN PLENARIA
Buon livello di condivisione, ma si evidenziano interpretazioni diverse del ruolo del direttivo.
GRUPPO Sessione 3 // ore 17,00 – 19,00 // Spazio Triangolo
Tema: LA DURA VITA DEL PROFESSIONISTA DELLA PARTECIPAZIONE … COME ESSERE UNITI PER AFFRONTARE
PROBLEMI, AUTORITA’ E BANDI REGIONALI
Proposto da: Stefania Gatti
Il Gruppo: Teresa Lapis, Serenella Paci,
Anna Lisa Pecoriello, Nicola Zagni, Chiara Porretta,
Lucia Lancerin.
Di cosa abbiamo parlato:
Con i soci toscani sono emerse una serie di tematiche legate alla professione, con molte criticità. Il sistema dei bandi
crea un meccanismo per cui professionisti si attivano per far nascere progetti di cui in questo modo spesso non è
garantita la rilevanza, oltre a produrre una distorsione del mercato.
I comuni che richiedono il finanziamento spesso si appoggiano a professionisti per scrivere il bando e poi mettono a
loro volta a bando l'affidamento del servizio di consulenza invece di dare l'incarico diretto, costringendo a avvertire
colleghi di non parteciparvi.
Il finanziamento, dato dalla regione, non fa capire al decisore il valore della professione stessa. I professionisti della
partecipazione non hanno riconoscimento. Per loro non esiste più né un ruolo di advocacy nella difesa degli abitanti né
un ruolo di supporto ai decisori. Si richiede solo di applicare delle tecniche. Il sistema dei bandi pubblicati dai comuni
inoltre tende a privilegiare nella scelta le organizzazioni che hanno molto fatturato e molta esperienza rendendo molto
alta la soglia di accesso. Alcune società nel tempo hanno creato un regime di quasi monopolio grazie anche a canali
preferenziali molto poco trasparenti, altre faticano a trovare occasioni o sono costrette a lavorare in molte fasi nascoste
e non retribuite del processo senza la certezza di ottenere l'incarico, col la scusa che nessuna amministrazione può più
dare un incarico diretto fiduciario. I finanziamenti per i processi partecipativi della legge regionale tendono a diminuire
e spalmati sul territorio regionale sono sempre più irrilevanti. I processi su piccola scala tendono ad essere finanziati
sempre meno per concentrare le risorse su progetti che hanno maggiori impatti.
Con i bandi in Toscana si è creata una distorsione rispetto agli obiettivi..
Noi abbiamo la responsabilità di informare tutti (anche nelle altre regioni) rispetto i limiti delle leggi regionali.
In Toscana i processi partecipativi locali possono essere promossi da tre soggetti attraverso 3 bandi annuali:
1) enti pubblici (con cofinanziamnto)
2) cittadini e associazioni (con raccolta di firme)
3) imprese (con cofinanziamento)
Una tempistica speciale esiste per le scuole (un bando unico annuale senza obbligo di cofinanziamento né di firme) e
una libertà di scegliere la tempistica per gli Istituti Universitari
Spesso le università possono essere i consulenti a condizioni ribassate, mettendo fuori gioco i professionisti.
Altre contraddizioni della legge rerlative alla raccolta di firme: sono valide solo le firme degli over 16 anni e dei
residenti effettivi, creando un grosso problema di rappresentanza (sono esclusi dalla raccolta firme tutti i city users:
studenti, negozianti e imprese del quartiere i cui proprietari non abitano nel quartiere etc...).
Non sempre è indispensabile una legge regionale, noi professionisti possiamo accedere a molti finanziamenti
comunitari indiretti, che vengono attuati attraverso bandi regionali, e a bandi per politiche di settore. In questo senso i
finanziamenti per i processi partecipativi gestiti dall'autorità sono una piccolissima fetta della partita che si gioca
altrove. In Sardegna si è lavorato molto e bene in assenza della legge ma sviluppando capacità di accedere ad altri tipi
di finanziamento che rendono la partecipazione più sostenibile e più realmente simile ad una forma ordinaria di
governo che non in Toscana, dove nonostante sia prevista in diverse forme nella nuova legge di governo del territorio,
non viene mai attuata se non in presenza di un finanziamento dell'autorità e di un professionista interessato che
sollecita il soggetto proponente ad accedervi...
L'accessibilità ai bandi regionali ha reso pigri comuni, cittadini e professionisti che non pensano più ad utilizzare altri
strumenti e canali di finanziamento che potrebbero ampliare molto lo spettro delle possibilità.
A difesa delle altre regioni si sottolinea che In Veneto, dove non c’è una legge, non c’è neppure un riconoscimento
professionale (progetti come contratti di fiume vengono dati in gestione a soggetti non in grado di mettere in piedi e
condurre processi), mentre in Toscana e in Emilia Romagna le leggi hanno prodotto il riconoscimento delle
competenze. Però le leggi non devono essere replicate senza critica.
Chi è professionista per incidere nel territorio ad esempio attraverso la mediazione, può usare lo strumento del
“protocollo” stabilendo obiettivi che possono essere negoziati, finanziati da fondi comunali remunerati in base a
tipologie di incarichi (pagando azioni sul territorio).
Ci sono dei bandi a cui per partecipare serve avere specifiche caratteristiche (fatturato, curriculum, agganci politici). Il
tema dei costi della partecipazione, distinguendo costi della comunicazione (e accessori), dalla parcella professionale è
un tema su cui potremmo attivare un confronto interno. È un tema che andrebbe indagato perché si trovano differenze
davvero notevoli.
Nonostante le leggi in Toscana ed Emilia Romagna spesso i processi partecipativi non hanno prodotto degli esiti
visibili.
In Italia le leggi portano ad affermare solo la partecipazione deliberativa (cioè finalizzata a una decisione su una
problematica sulla quale è già impegnata l'amministrazione competente) mentre la democrazia partecipativa è un
concetto molto più ampio e si esplica attraverso metodologie più creative e differenziate che derivano dal lavoro di
sviluppo di comunità, empowerment etc... In Toscana l'autorità ha una visione molto aperta a processi non
necessariamente di stampo deliberativo. La legge sulla Partecipazione in Emilia Romagna invece stabilisce che il
finanziamento viene dato solo ai comuni che attivano processi deliberativi che possono avere ricadute concrete nelle
decisioni pubbliche. Non negano il valore degli altri tipi di processi partecipativi che sono comunque comunicati,
mappati e monitorati.
Però hanno deciso di finanziare con una somma massima di 20.000€ solo questi tipi di processi partecipativi. I comuni
che ricevono il finanziamento dalla regione non riconoscono formalmente l’esigenze di dare incarichi a soggetti terzi
(con formazione adeguata e garante dell’inclusione di tutti i cittadini).
Spesso i comuni ricorrono a risorse interne per la gestione dei processi (problema della terzietà).
Non avere la legge forse serve a capire meglio quanti processi partecipati si possono fare per avere finanziamenti
europei, tramite la regione, che non siano strettamente deliberativi ma più orientati alla progettazione partecipata, alla
costruzione di reti di imprese etc... (in Sardegna molto lavoro di sviluppo locale svolto con i Gal).
I finanziamenti della regione Emilia Romagna sono di stimolo e non sostitutivi di altri percorsi. Noi professionisti non
possiamo fare finta che non stia esistendo una finta gara e un finto bando, dopo aver elaborato e proposto
all’amministrazione il progetto stesso.
Le università stanno arrivando a coprire tutti i ruoli dei professionisti con il marchio dell’università, con persone che
non sempre sono capaci e che hanno a loro supporto gli studenti, i dottorandi ecc a titolo gratuito. Concorrenza sleale
creata nei confronti sia dei professionisti esterni che degli stessi spin off dell'università che avrebbero dovuto trasferire
la ricerca sul mercato.
I Progetti Partecipati dovrebbero essere finanziati all’interno dei finanziamenti dell’opera stessa (vedi legge Merloni).
Approfondire il tema delle certificazioni legate ai processi partecipativi: ISO LEGATA AI PROCESSI PARTECIPATIVI NEI
CONFLITTI AMBIENTALI – UNI ISO - UNI RECEPISCE IN ITALIA LE NORME ISO.
Come ci organizziamo noi, il gruppo, per coltivare questi contenuti?
In sintesi si propone:
● Confronto sull’efficacia delle leggi tramite una analisi SWOT e due schede attraverso cui comunicare le due leggi
(Toscana ed Emilia Romagna)
● Valutazione del non avere leggi in Puglia e Sardegna
● Proporre dialogo tra uffici perché l’utilizzo dei finanziamento sia ottimizzato
● Tema onorari professionali e costi della partecipazione
● Tema ISO- UNI per i processi partecipativi
LIVELLO DI CONDIVISIONE IN PLENARIA
Buon livello di condivisione in plenaria.
La sezione "temi da approfondire" costituisce una sintesi di quanto emerso nel corso della plenaria finale. Volutamente
una sintesi per punti!
La chiusura dell'OST, infatti, ha rappresentato per i partecipanti un momento in cui chiarire alcuni degli aspetti emersi
durante gli incontri e confrontarsi sul da farsi per il futuro: quali i nodi da sciogliere per favorire la fiducia tra i soci?
Quali gli approfondimenti necessari per far crescere al meglio l'Associazione e per rafforzare la relazione di
collaborazione e scambio tra gli iscritti? Quali gli strumenti su cui lavorare prioritariamente?
Non si ritiene di inserire un resoconto puntuale della discussione sia per non incorrere nel rischio di interpretare
opinioni anche talvolta contrastanti sia perché, cosa ben peggiore, il rischio è quello di riportare come conclusi degli
argomenti che sono tutt'altro che tali. Si lascia ai partecipanti interessati (alcuni dei quali indicati a margine di ciascun
tema di approfondimento) il compito di riportare tali argomenti nell'ambito del confronto interno all'associazione e di
allargarli a tutti i soci.
#1
Mission associativa; essere comunità di pratica; identità; chi / cosa siamo; solo professionisti o associazione aperta?;
facciamo cosa per chi? Per cosa?; comunicazione interna (prioritaria); mappatura dei casi; comunicazione informativa e
di scambio (operativa).
Partecipanti interessati: Germana, Fedele, Annalisa, Claudia, Serenella, Chiara Po., Andrea, Teresa, Maurizio, Chiara Pi.,
Susan, Rosaria.
#2
Nuovi modelli di governance; governance associazione, ruolo del presidente; valorizzare la figura del presidente oggi
(verso il cambiamento); ruolo del CD; modello oggi e criticità.
Partecipanti interessati: Annalisa, Teresa, Stefania, Germana.
#3 (nel breve periodo):
Affiliazione a IAP.
Partecipanti interessati: Antonella, Andrea.
#4
Formazione.
Partecipanti interessati: Susan.
#5 (nel breve periodo)
Quale sito per coltivare l’associazione e farla crescere?; In tempo reale: social e comunicazione di AIP2. (vedi anche
report gruppo Sole sessione I).
Partecipanti interessati: Lucia, Fedele, Maurizio, Stefano, Marco, Laura C.
#6
Un abbecedario per la PA: partecipazione e programmazione comunitaria 2014-2020. N.B. coordinato con la
mappatura dei casi (approfondimento 1 - vedi anche report gruppo Spirale sessione I).
Partecipanti interessati: Serenella, Andrea, Fedele, Germana.
Di seguito, ulteriori temi emersi dal confronto, ritenuti affrontabili in un secondo momento o già in qualche maniera
richiamati in uno o più dei temi di approfondimento descritti in tabella perché trasversali:
1. organizzazione del lavoro dei gruppi / delega e fiducia ai gruppi / modalità di organizzazione di assemblee (e
attività): il tema potrà essere affrontato a valle della riorganizzazione generale;
2. fiducia tra i soci / fiducia nel “far parte” di AIP2 / valorizzazione del contributo dei soci: è un tema trasversale, che
interessa la vita associativa in maniera significativa sotto diversi punti di vista;
3. rapporti con i gruppi esterni / comunicazione esterna: è un tema che scaturirà come conseguenza di altri
approfondimenti;
4. può un’associazione vivere solo di volontariato?: È un tema che scaturirà come conseguenza di altri
approfondimenti.
I temi di approfondimento costituiscono una possibile traccia di lavoro per il futuro che completa quanto emerso già
dai gruppi di lavoro.
L’elenco dei partecipanti interessati è solo indicativo e rappresentativo solo degli associati partecipanti all’incontro.
Claudia Casini, [email protected] Laura Ciardelli, [email protected] Fedele Congedo, [email protected] Maurizio Difronzo, [email protected] Stefania Gatti, [email protected] Andrea Gelao, [email protected] Susan George, [email protected] Antonella Giunta, [email protected] Lucia Lancerin, [email protected] Teresa Lapis, [email protected] Raffaello Martini, [email protected] Serenella Paci, [email protected] Anna Lisa Pecoriello, [email protected] Chiara Pignaris, [email protected] Germana Pignatelli, [email protected] Chiara Porretta, [email protected] Tiziana Squeri, [email protected] Rosaria Tartarico, [email protected] Nicola Zagni, [email protected]
Organizzazione:
Andrea Gelao
Serenella Paci
Germana Pignatelli
Chiara Pignaris
Anna Lisa Pecoriello
Facilitazione:
Germana Pignatelli
Fotografia:
Maurizio Difronzo
Grafica e impaginazione del report:
Fedele Congedo
Un ringraziamento va a tutti i partecipanti per la passione con cui hanno scelto di confrontarsi nel corso dell'OST (e
non solo!) ed in particolare alla "Tribù dei piedi scalzi" per aver promosso questo piacevole incontro residenziale... che
speriamo sia solo il primo!