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ALEA Associazione Laureati Economia Aziendale Università Ca’ Foscari – Venezia, Business Community dal 1985 www.aleacafoscari.com
Alea News, Settembre 2014
E' vietata la riproduzione del materiale contenuto negli articoli senza autorizzazione scritta dell’autore.
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editoriale
di Maurizio Beraldo
E’ tempo di Jobs Act, si parla di lavoro, lavoro per i giovani soprattutto.
Abbiamo già ospitato qualche intervento su come giovani e lavoro possono
incontrarsi e delle difficoltà perché questo accada: su questo punto
l’attrattività delle piccole imprese può essere un problema.
Nel primo articolo, vediamo come Luca Marcolin propone di cambiare i
contenuti della relazione rivalutando, in pratica, le possibilità delle piccole
imprese di attrarre chi è alla ricerca di un lavoro: se la grande impresa offre
possibilità per maturare esperienze di valore e avere un percorso di carriera,
dà meno spazio alla creatività e alle aspirazioni personali.
Rivalutare la peculiarità della piccola impresa di realizzare sogni personali e
inseguire visioni alimentate dalla propria creatività, può essere una direzione
da imboccare per avvicinare così domanda e offerta di lavoro: anche il piccolo
imprenditore deve saper condividere i propri sogni, l’altra parte coinvolta
nella relazione fiduciaria che tiene insieme l’azienda.
La rubrica Imprese nuove ci propone già un esempio di un paio di giovani i
quali, usciti da una nota multinazionale, avviano una piccola impresa e danno
vita alle proprie aspirazioni; oppure, in un altro articolo, anche il recupero di
un edifico austro-ungarico, nel quale ospitare nuove imprese che si occupano
di attività legate all’edilizia, è un riprendere vecchi sogni di chi c’era da parte
di chi ci sarà.
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Sommario
La soluzione per far incontrare domanda e offerta di lavoro passa attraverso la ricostruzione di una dimensione di comunità, di Luca Marcolin
Imprese nuove
Con PriMo i fan nella cabina di guida di un Gran Premio automobilistico, di Francesca Iannelli, AREA Science Park, Trieste Techno Seed, 50mila euro di prestito senza garanzie alle start up, di Francesca Pozzar, Friuli Innovazione Progetto Manifattura, il primo incubatore green d’Italia, di Emanuele Bompan, Trentino Sviluppo
Finanziamenti privati per lanciare un prodotto nuovo, di Astrid Brunetti, Heiko Schoberwalter, Eva Pichler, TIS innovation park Hai poco tempo per leggere ? Un’APP lo fa per te, di Gabriella Parmesan, Vega L’isolamento termoacustico del terzo millennio è a base di carta, di Alessandro Tibaldeschi, I3P, Torino
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La soluzione per far incontrare domanda e offerta di lavoro passa attraverso la ricostruzione di una dimensione di comunità
Riprendo un dibattito che si è sviluppato nei media e in rete sulla
distanza tra giovani e lavoro, tra preparazione scolastica e necessità
delle imprese. Se da una parte ci sono giovani con grandi capacità e cresciuti in
ambienti molto stimolanti, molti altri coltivano una visione del mondo poco
congruente con la realtà, con aspettative che vengono poi frustrate da lavori mal
retribuiti ma soprattutto non in grado di far fare un percorso di crescita e di
professionalizzazione.
Sicuramente c’è spazio per un ruolo di aiuto e di indirizzo da parte delle scuole e
delle università che con gli stage e gli uffici di placement possono aiutare il
dialogo tra lavoro e impresa. E ancora di più si può fare stimolando giovani e
imprese a ridefinire la dinamica della loro relazione.
Da un lato c’è da aiutare i nostri giovani a prendersi ancora di più la
responsabilità di se stessi. Prima ancora che di sicurezze contrattuali ed
economiche quali sono le esperienze e le competenze che vogliono costruire?
Come aiutarli a farle emergere ? Lavorando sul proprio sviluppo personale,
approfondendo la consapevolezza delle nostre passioni e dei propri talenti,
sviluppando proprio un piano di crescita personale che parta dalla fine, da dove
vogliamo arrivare, per sapere cosa accettare e a quali condizioni.
Ma aiutarli anche a non entrare in una pericolosa dinamica negoziale che li vede
facilmente perdenti. E ad assumere invece un approccio di maggiore
imprenditorialità personale. Un grande formatore come Zig Ziglar diceva che
“Potete ottenere tutto dalla vita purchè siate capaci di aiutare gli altri
ad ottenere ciò che vogliono”. E allora la domanda che dobbiamo aiutare i
nostri giovani a farsi e a fare è questa: “posso aiutarti?” e interrogarsi su come
possono proporre il loro contributo alle imprese.
di Luca Marcolin,
luca.marcolin@familybusine
ssunit.it
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Ma il report di Mc Kinsey, “Education to employment: Designing a system that
works”, punta il dito anche sui limiti delle imprese: della loro scarsa attrattività
soprattutto quando sono più piccole, sotto i 50 dipendenti, come spesso capita
dalle nostre parti. Attrattività che manca per la fatica a comunicare le proprie
esigenze e ad offrire opportunità di lavoro che abbiano contenuti di autonomia e
di responsabilità.
Un limite storico delle piccole imprese, tutte incentrate sulla figura
dell’imprenditore che fatica a delegare e a condividere il proprio progetto e la
propria visione. Un limite ancora più grande quando le incertezze di questo
periodo impediscono di avere certezze e convinzioni sugli sviluppi futuri
dell’impresa.
E’ proprio a partire dai nostri imprenditori e dalla loro visione di fare
impresa che possiamo ristabilire una nuova relazione tra giovani e
imprese.
Dobbiamo aiutare i nostri imprenditori a riprendersi in mano sogni e visioni,
chiedendo una amministrazione pubblica che non li soffochi con richieste sempre
più vessatorie, sia dal punto di vista fiscale che da quello normativo e
sanzionatorio, come ancora sullo stesso Corriere segnala Severgnini, parlando di
locali pubblici.
Riprendere in mano sogni e visioni che possono allora essere condivisi, possono
essere alla base di una proposta di lavoro che diventa un percorso da fare insieme
per la crescita di entrambi. Non siamo più nella condizione di avere grandi
imprese che promettono ai giovani percorsi di carriera predefiniti e
professionalizzanti, come capitava fino a qualche decennio fa. Siamo però nella
condizione di ripartire da un contratto che prima ancora che giuridico è
psicologico, relazionale. Fondato sulla fiducia e sul rispetto reciproco per
costruire qualcosa che vada oltre alla contingenza del momento.
Non è neanche più solo una gara all’eccellenza, al talento, intesa in senso
assoluto, con il rischio di un mercenarismo individualista che non fa bene a
nessuno.
E’ invece la sfida di tornare ad investire insieme, giovani e imprese, per costruire
comunità di passioni e di interessi, dove poter accettare il limite dell’inesperienza
da una parte, dell’incertezza dall’altra.
E’ un recuperare al meglio la storia delle nostre imprese di famiglia,
dove la passione e la visione di uno veniva supportata dall’impegno e dal
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sacrificio di amici e parenti che ne sposavano l’idea e lo supportavano. Ecco, è
forse giunto il momento di dare la nostra versione di quel capitalismo
consapevole di cui tanto si parla anche all’estero, di fondare o rifondare imprese
che diventino imprese-famiglie, comunità fondate non solo sul sangue ma
anche sulla partecipazione al progetto imprenditoriale.
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Con PriMo i fan nella cabina di guida di un Gran Premio automobilistico
La 42° edizione dell’Oldtimer Grand Prix di
Nürburgring, tra le gare di auto d’epoca più
popolari al mondo, svolta 8 al 10 agosto scorsi
ha offerto agli appassionati delle quattro ruote
di tutto il mondo una nuova modalità di
fruizione dello spettacolo. Per la prima volta in
un gran premio di questo tipo è stato infatti possibile salire virtualmente a bordo
delle vetture in competizione, accanto ai piloti nelle cabina di guida, grazie a una
diretta streaming in alta definizione. Il tutto utilizzando un sistema integrato che
combina produzione, distribuzione e consumo di contenuti utilizzando una rete
mobile LTE dedicata all’evento. L’alta capacità trasmissiva della rete mobile LTE,
combinata con la facilità di installazione e i bassi ritardi, consente lo streaming
video da telecamere in movimento ad alta velocità.
La tecnologia è sperimentata da Deutsche Telekom che ha installato diverse
telecamere lungo il circuito e a bordo delle autovetture. La piattaforma di video
streaming si avvale della tecnologia di Smart Mobile Labs che consente di
controllare le telecamere in modalità wireless, di Dream Chip Technologies,
produttore di telecamere già utilizzate in molti eventi sportivi e nel corso di
alcune partite della Bundesliga, e Alpwerk responsabile del controllo dei segnali
audio/video. A rendere possibile la diretta ci ha pensato la rete dedicata LTE che
utilizza apparati radio di Nokia e il sistema PriMo di Athonet, azienda di AREA
Science Park, il parco scientifico e tecnologico di Trieste, specializzata nello
sviluppo di sistemi avanzati per telecomunicazioni mobili. PriMo ha assicurato
ottimi risultati in termini di performances e affidabilità a costi di produzione
limitati, candidando potenzialmente questa tecnologia alla copertura di un largo
numero di eventi sportivi e gare in futuro.
Athonet e la tecnologia PriMo
La tecnologia di PriMo (Private Mobile), progettata e sviluppata da Athonet, è già
attiva in diverse reti mobili commerciali in giro per il mondo. È la prima rete LTE
di Francesca Iannelli,
este.it
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per le Smartgrids, già sperimentata con successo in occasione del terremoto
dell’Emilia del Maggio 2012, e più di recente, lo scorso maggio, usata anche nelle
riserve naturali del Sud Africa in combinazione con i droni per salvare i
rinoceronti dal bracconaggio. Athonet è una delle aziende leader nella
costruzione di reti cellulari a banda larga per usi mission-critical e per coperture
in zone soggette al digital divide. Con PriMo ha perfezionato il sistema cellulare a
banda larga di terza e quarta generazione, rivoluzionando il concetto di rete
mobile locale, superando i limiti delle reti Wi-Fi e permettendo di utilizzare la
rete cellulare come un'estensione della intranet aziendale e per coperture
"hotspot" (es. zone ad alta concentrazione di traffico, zone poco connesse ecc.) e
reti di emergenza.
La soluzione è in grado di offrire capacità aggiuntiva e copertura dedicata in aree
d'interesse specifico senza gravare sulle reti mobili tradizionali degli operatori. In
questo modo vengono risolti i problemi di congestione delle reti mobili causati
dall'adozione di massa di cellulari, smartphone e chiavette dati, che richiedono
costante accesso ad Internet. Inoltre, la soluzione può offrire un servizio
privilegiato e un accesso radio a larga banda anche all'interno di edifici e in
generale dove più ce ne sia bisogno. PRIMO diventa così la rete mobile ideale per
aziende, aeroporti, ospedali, campus universitari, zone industriali a forte
automazione, piattaforme petrolifere e campi di estrazione, navi, aerei, hotspot e
anche intere aree territoriali soggette al digital divide. L'estrema facilità
d'installazione, la trasportabilità e i consumi energetici minimali ne fanno una
soluzione privilegiata anche per operazioni di pubblica sicurezza e per l'affidabile
copertura di aree disastrate dove è opportuna la messa in opera di una rete
UMTS/HSPA/LTE in pochi minuti.
La storia di Athonet
La storia di Athonet e dei suoi fondatori è
quella di un ritorno sulla direttrice Italia-
Svezia, passando per l'Inghilterra. E' infatti a
Stoccolma, dove lavoravano per la Ericsson,
che Karim e Gianluca, entrambi ingegneri, si
conoscono nel 1999. Karim El Malki, di padre
egiziano e di madre veneta, primo ideatore
della soluzione mobility gateway da cui
origina PRIMO è nato a Roma. Trasferitosi in
Inghilterra per frequentare l'università, ha
lavorato al proprio dottorato di ricerca in
collaborazione con Ericsson. Da questo lavoro
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è scaturito un brevetto per la cancellazione del rumore di sottofondo nelle
telefonate, in seguito adottato da molte aziende di telecomunicazioni. A Sheffield,
Inghilterra, è stato anche professore associato e ha fondato un suo gruppo di
ricerca su Mobile IP. Gianluca Verin, nato a Bassano del Grappa, studia
ingegneria delle telecomunicazioni all'università di Padova. Quando parte per
l'Erasmus in Inghilterra, nel 1994, sembra andare incontro al destino di molti
della sua generazione: quello del "non ritorno". In Inghilterra segue anche un
master e in quel Paese, dopo la laurea, torna per cominciare a lavorare per
Ericsson. Si trasferisce quindi ai quartieri generali in Svezia nel 1999, per
occuparsi delle problematiche dovute all'esplosione del traffico dati legato alla
diffusione di Internet.
Nel 2005, Karim e Gianluca decidono di lasciare Ericsson e di dar seguito al
"sogno nel cassetto", fondando Athonet. La loro intuizione è che la trasmissione
dati in mobilità subirà una crescita esponenziale e gli attuali sistemi di rete
mobile necessiteranno di un significativo aumento in efficienza, miglioramento
delle prestazioni e semplificazione delle architetture di rete. Iniziano l'avventura
come "impresa da garage", a basso costo, con montagne di ore lavorate la notte e
nei giorni di festa. Una tipologia di azienda che sembra più tipica delle storie
pionieristiche da Silicon Valley americana, dove il venture capital funziona e la
paura di rischiare non scoraggia nessuno. Ma in Italia… Eppure Karim e Gianluca
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ci credono, compiono una scelta contro corrente e decidono di rimanere nel loro
Paese perché, dopo molti anni di esperienza all'estero, vogliono dimostrare che
certe cose sono possibili anche da noi. In effetti, siamo la nazione che ha dato i
natali a Guglielmo Marconi che di propagazione radio, fondamento della
comunicazione cellulare, se ne intende. Operano alacremente fino a che
l'innovazione giusta non vede la luce.
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Techno Seed, 50mila euro di prestito senza garanzie alle start up
Tra gli strumenti a supporto della creazione
di nuova impresa il fondo di rotazione, con
una dotazione di 135mila euro, resta uno dei
servizi considerati più importanti dai
neoimprenditori
Oltre 400 idee di business vagliate, un centinaio di business plan valutati, ma
soprattutto 34 imprese accompagnate nella fase di start up, tutte ancora attive sul
mercato, sono la cartina tornasole dell’incubatore certificato di Friuli
Innovazione, che opera a Udine dal 2005.
Tra i servizi erogati – mentoring, sviluppo di business plan, consulenze
specialistiche, formazione e molto altro – ha un peso strategico il fondo di
rotazione, che grazie a un recente accordo con le Banche di Credito Cooperativo
del Friuli Venezia Giulia - prima realtà ad aver raccolto l’appello di Friuli
Innovazione ad aumentare la dotazione del fondo - dispone oggi di un capitale
complessivo di 135mila euro.
di Francesca Pozzar,
Friuli Innovazione
francesca.pozzar@friulinno
vazione.it
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Il fondo permette di destinare alle start up innovative incubate in Techno Seed un
prestito fino a 50mila euro, da restituire in media in 5 anni. La particolarità è che
non si richiede ai giovani imprenditori che superano la selezione del comitato di
fornire garanzie, trattandosi di una specie di prestito sull’onore.
Il fondo di rotazione è stato creato nel 2006 con la partecipazione di
Mediocredito Fvg, FriulAdria, Federazione delle Bcc del Friuli Venezia Giulia,
NordEst Banca, Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia e Banca di Cividale
ed ha anticipato di ben sei anni quanto proposto dal Governo con la legge 221 nel
dicembre 2012, che ha voluto incentivare la nascita di start up innovative anche
attraverso delle formule per semplificare l’accesso al credito delle start up.
Formule che però rimangono ancora adesso di complicata attuazione in gran
parte del Paese.
Naturalmente, a fronte di ogni prestito erogato, l’incubatore Techno Seed segue
da vicino gli sviluppi delle start up beneficiarie, mettendo a loro disposizione
servizi specialistici e supportandole nel percorso di crescita per assicurarsi che
l’investimento venga ben sfruttato dal team imprenditoriale. Alcune tra le prime
start up nate in Techno Seed hanno utilizzato il fondo e lo considerano tra gli
elementi che hanno contribuito di più al consolidamento della loro azienda nelle
fasi iniziali.
“Abbiamo avuto accesso al fondo di rotazione nel 2008 – racconta Sebastian
Raducci, titolare di Datamind srl, azienda insediata al Parco Scientifico e
Tecnologico di Udine che sviluppa e fornisce prodotti software e consulenza
in campo scientifico, medico e industriale – Ciò ci ha permesso di far crescere
l’azienda assumendo personale specializzato. Questo investimento si è
tramutato in produzione e posizionamento sul mercato di nuovi software per
l’elaborazione delle immagini. Il fondo di rotazione è stato come un buffer, che ci
ha permesso di svolgere il nostro lavoro in totale tranquillità, restituendo il
prestito senza interessi e con un anno e mezzo di preammortamento.”
Simile l’esperienza di un’altra delle prime start up fondate in Techno Seed, la
EasyStaff srl, azienda che sviluppa e commercializza soluzioni per
l’ottimizzazione degli aspetti organizzativi aziendali e delle risorse umane fondata
nel 2006 e acquisita dal player internazionale Zucchetti nel 2013.
“In particolare – racconta Fabio De Cesco, amministratore e socio fondatore - il
fondo ci ha permesso di anticipare gli investimenti per il primo progetto di
ricerca per il quale EasyStaff aveva richiesto un contributo regionale. Una volta
completato il progetto di ricerca e incassato il contributo, abbiamo restituito,
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come da accordi, il prestito. È come aver avuto un salvagente mentre
imparavamo a nuotare; questo ci ha permesso di sviluppare le nostre soluzioni
con molta più tranquillità. E quando hai la tranquillità nel fare le cose, anche la
qualità ne guadagna.”
Le imprese sviluppate in Techno Seed vedono oggi occupate circa 170 persone tra
soci, dipendenti e collaboratori e hanno un fatturato stimabile, nel 2013, di quasi
4 mln di euro.
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Progetto Manifattura, il primo incubatore green d’Italia
Varcando le possenti porte della manifattura tabacchi di
Rovereto difficilmente ci si immagina di imbattersi in
uno degli spazi di lavoro più innovativi d’Italia.
Dimenticatevi di incubatori generici o dei co-working
milanesi, tutto inglese e digital hi-tech. Qua è nato il
primo incubatore d’imprese orientato alla sostenibilità e
all’economia verde. Il nome, che esplicita la sua
vocazione, è Progetto Manifattura – Green Innovation
Factory. Al suo interno operano imprenditori di ogni
settore dall’edilizia verde alle reti elettriche intelligenti, dagli impianti rinnovabili
di futura generazione alla moda “eco”.
Attualmente a Progetto Manifattura ci sono 40 start-up, alcune già imprese
mature con vari milioni di fatturato, altre ancora alla fase inziale. Per
quest’ultime esiste il programma Greenhouse, dove sono assistiti per strutturare
la propria idea d’impresa e per perfezionare i propri prodotti o servizi. Progetto
di Emanuele Bompan,
comunicazione@progettom
anifattura.it
Foto di Florio Badocchi
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Manifattura offre loro infrastrutture, affiancamento e formazione professionale. I
“grandi” invece sono incubati nel programma Innovation Factory, già pronti ad
aggredire il mercato, dove grazie a mentoring professionale, formazione continua
e collegamento con investitori hanno numerose opportunità per far crescere il
proprio business.
Lo stesso progetto degli spazi di Progetto Manifattura è simbolo di un nuovo
modo di fare impresa. Da un lato, con un occhio al passato grazie ad
un’importante riqualificazione degli edifici del 1854 della manifattura austro-
ungarica. Dall’altro si guarda al futuro, con spazi di lavoro salubri e a basso
impatto, inclusa una nuova area produttiva tutta in legno progettata dall’archistar
Kengo Kuma, a basso impatto energetico e dotata di tutti gli accorgimenti
dell’architettura sostenibile più radicale.
Entro il 2017, infatti, saranno infatti aperti quasi 20mila metri quadri di spazi per
la manifattura leggera. Spiega Gianluca Salvatori, ideatore del progetto «La
tipologia produttiva del nostro paese è particolarmente adatta a questa modalità
produttiva, perché le imprese piccole, snelle e in rete hanno mostrato di essere
più efficaci della grande impresa fordista a fronteggiare questo nuovo scenario.
Anche mobilitando le risorse culturali e sociali dei contesti locali. Facendo
innovazione low cost in settori tradizionali, cercando soluzioni a partire dai
problemi, senza modelli precostituiti. Mescolando high tech e low tech, senza
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piegarsi al mito delle monoculture tecnologiche e senza ricreare finte Silicon
Valley dove non possono crescere».
Celebrata da giornali come La Stampa, Corriere, Wired, come una delle
avanguardie dell’impresa nel XXI secolo (a breve avrà il più grande laboratorio di
prototipazione 3D d’Italia), Manifattura va a completare l’offerta dei tanti
incubatori, aprendo su uno dei segmenti economici più in crescita, quello della
green economy. Curiosi di visitarla? Contattate la segreteria sul sito
www.progettomanifattura.it
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Finanziamenti privati per lanciare un prodotto nuovo
Il TIS aiuta a trovare Business Angel: con una
start up l’ultimo successo
Trovare soldi da investitori privati per le aziende
innovative altoatesine: questo è uno dei compiti che
l’Incubatore d’imprese del TIS porta avanti da 16 anni.
L’ultimo successo: la start-up ARS Meccanica Dolomiti
ha appena concluso un accordo con un finanziatore privato, un cosiddetto
“Business Angel”, per ultimare le proprie attività di ricerca & sviluppo e mettere
quindi in produzione il proprio prodotto.
«Siamo una start-up giovane e per
mettere sul mercato il nostro prodotto
abbiamo bisogno di capitali esterni»
afferma Heinrich von Lutterotti,
cofondatore dell’azienda. «Grazie al
supporto del TIS abbiamo trovato un
Business Angel per la nostra azienda»
afferma soddisfatto von Lutterotti.
L’apporto finanziario permetterà alla
ARS Meccanica Dolomiti di mettere
in produzione da settembre 2014
Quikky, l’innovativo aggancio-rapido
a perno rotante che velocizza e
semplifica il sollevamento, il
trasporto e la messa in sicurezza tutti
i carichi, specialmente per pesi oltre
le 5 tonnellate.
di Astrid Brunetti, Heiko
Schoberwalter, Eva Pichler,
TIS innovation park
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La rete dei Business Angel al TIS
Nella rete di contatti del TIS non ci sono solo 19 Business Angel altoatesini tra
imprenditori ed ex-imprenditori, ma anche finanziatori privati del nord Italia e di
tutto l’arco alpino. Queste figure, sempre più importanti per aiutare le piccole
aziende a fare un salto di qualità, sono investitori privati che mettono a
disposizione del capitale di rischio per imprese o progetti imprenditoriali ad alto
potenziale di crescita. «Convincere un investitore che vale la pena investire in un
prodotto innovativo non è facile» spiega
Hubert Hofer, direttore del TIS «ll nostro
incubatore d’imprese prepara quindi le
aziende innovative ad affrontare al meglio
questa sfida». Il pacchetto di servizi del TIS va
dalla valutazione del progetto, alla
preparazione ai colloqui con il finanziatore al
coinvolgimento di eventuali esperti, dalle
prime trattative alla conclusione dell’accordo.
Nell’ambito della strategia finanziaria, inoltre,
il TIS supporta l’azienda anche per combinare eventuali finanziamenti privati con
agevolazioni pubbliche.
Per aziende che vogliono entrare sul mercato con un prodotto innovativo o che
vogliono mettere in produzione un prototipo funzionante, i Business Angel
rappresentano una preziosa opportunità: non solo possono supportarle
economicamente, bensì anche mettendo loro a disposizione, oltre al capitale,
anche il proprio know-how e rete di contatti. «Al momento abbiamo otto casi
aperti, » spiega Hofer «abbiamo notato che a seguito della crisi sono aumentate le
richieste di finanziamento privato: nascono sempre nuovi progetti innovativi, sia
di start-up che di aziende già affermate. C’è quindi bisogno di finanziamenti per
permettere a questi progetti di crescere più velocemente».
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Hai poco tempo per leggere ? Un’APP lo fa per te
Nasce Lectios, la prima app italiana che rivoluziona il
modo in cui l'utente si aggiorna su tutto ciò che gli serve
o interessa, permettendogli di ottimizzare il tempo
impiegato negli spostamenti casa-lavoro, o mentre fa
sport.
Lectios, applicazione ideata e progettata dalla giovane start up di Tommaso
Cardone, Francesco Pra Levis e Jacopo Penso, insediata all’interno di Vega
InCube, l’incubatore certificato del Parco Scientifico e Tecnologico di Venezia,
sarà presentata ufficialmente domani a Treviso in occasione della manifestazione
“Treviso Creativa”. Da domani, l’app sarà disponibile sul sito www.lectios.com.
Basata su un sistema TTS (Text To
Speech), Lectios offre una
traduzione vocale di testi di
altissima qualità e consente
all'utente di selezionare i contenuti
che più gli interessano: articoli di
un quotidiano online, post del blog
preferito, una ricetta per la cena. A
quel punto basta infilare le
auricolari e cliccare "play" per avviare la riproduzione mentre si è in macchina, si
fa jogging o si è in coda al supermercato.
«Lectios seleziona i testi per l'utente e rende accessibile ai multitasker ogni tipo
di testo presente in Rete in formato audio e supera le limitazioni date dai testi
legati a feed RSS o da playlist rigide. – dichiarano i tre startupper - Oltre a
selezionare manualmente gli indirizzi web di interesse, l'utente può farsi ispirare
dalle categorie di Lectios, scegliendo di riprodurre ad esempio gli articoli più
ascoltati o condivisi sui social network dagli altri utenti, o le ultime pubblicazioni
dei siti inseriti fra i preferiti. Lo smartphone, quindi, diventa uno strumento con
cui poter ascoltare anche tracce audio per informarsi.
di Gabriella Parmesan,
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«L’azienda veneziana è una delle eccellenze tra le 21 start up dell’Incubatore Vega
che operano principalmente nei settore dell’ICT. - dichiara Tommaso Santini,
amministratore delegato di Vega Scarl - Il primato di questa start up conferma il
ruolo di Vega InCube quale polo strategico di ricerca e innovazione. L’incubatore,
infatti, si pone come attuatore del trasferimento tecnologico e facilitatore
dell’innovazione, vero e proprio luogo “fisico e in rete” di una nuova
imprenditorialità».
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L’isolamento termoacustico del terzo millennio è a base di carta
Chi si occupa di riciclo, insegna
che i rifiuti non andrebbero visti
solamente come gli scarti
dell'attività umana bensì come
risorse a cui attingere per
realizzare nuovi prodotti
innovativi ed ecologici. È il caso
di Nesocell, spin-off del
Politecnico di Torino e start up
incubata in I3P, che partendo dai
rifiuti di cartiera ha realizzato una soluzione semplice ed economica per
aumentare l'efficienza energetica delle abitazioni.
Il sistema di produzione ideato dall'azienda (protetto da una serie di brevetti
internazionali) utilizza gli scarti di raffinazione della cellulosa di cartiera per
realizzare un prodotto “di riciclo” in grado di isolare a livello termico ed acustico
gli edifici. “Il processo produttivo - spiega Nesocell - si differenzia dai processi
tradizionali basati su lavorazioni esclusivamente a secco e si compone di una serie
di fasi: la macinazione della materia prima (scarti di lavorazione di cartiera) che
viene ridotta in frammenti di dimensioni opportune, la macerazione in ambiente
umido, l’aggiunta di additivi, l’essiccazione in condizioni controllate, fino a
formare il prodotto”. Trattandosi di un materiale di “carta” destinato all'utilizzo
in ambito residenziale sorge spontanea la domanda: come si comporta il prodotto
a contatto con il fuoco? “Durante la lavorazione – spiega l'azienda - il materiale
viene stabilizzato mediante additivi naturali al fine di renderlo ignifugo e di
preservarne la durabilità. Tale trattamento rende il prodotto anche non
attaccabile da insetti, muffe, roditori e batteri, e non si deteriora se esposto
all’aria e all’umidità”.
di Alessandro Tibaldeschi,
ALEA Associazione Laureati Economia Aziendale Università Ca’ Foscari – Venezia, Business Community dal 1985 www.aleacafoscari.com
Alea News, Settembre 2014
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Il prodotto finale della lavorazione si presenta come una ovatta (cotone) di
cellulosa di legno e la natura sciolta di questo innovativo isolante favorisce
l'installazione sia nelle nuove costruzioni, sia nelle costruzioni esistenti in modo
particolare su intercapedini murarie, tetti e sottotetti. L’installazione prevede
l’insufflaggio dei fiocchi di cellulosa all’interno dell’intercapedine. L’operazione
può essere condotta sia dall’interno che dall’esterno dell’edificio (predisponendo
in questo caso gli opportuni ponteggi) e nel caso di condomini può riguardare
l’intera struttura od i singoli alloggi.
Il potenziale risparmio ottenuto con l'utilizzo dei fiocchi è significativo. Nesocell
ha calcolato che “l’installazione dei fiocchi di cellulosa Nesocell migliora
l’isolamento termico e consente quindi di ottenere una riduzione dei costi di
climatizzazione invernali che si attesta in media sul 25-45% e può superare il
50%”. Tradotto in termini monetari, in base a monitoraggio effettuato su
condominio di 26 alloggi ad Alba (CN), Nesocell ha calcolato un risparmio nel
primo anno di 12.000 euro a fronte di un costo dell’intervento di circa 33.000
euro. Ma i vantaggi, sottolinea l'azienda, non si limitano solamente al periodo
invernale: “Gli isolanti Nesocell permettono di raggiungere elevati livelli di
risparmio energetico sia per quanto riguarda le spese di riscaldamento invernale,
sia per quanto riguarda i costi di climatizzazione nel periodo estivo”. I fiocchi di
cellulosa vanno infatti a “correggere opportunamente lo sfasamento termico
estivo limitando considerevolmente l'effetto di surriscaldamento serale delle
abitazioni”.
E in termini ambientali, quali sono i vantaggi dell'innovazione targata Nesocell?
L'azienda ci tiene a sottolineare che si tratta di un prodotto “a impatto ambientale
negativo” in quanto “le emissioni di CO2 risparmiate durante la vita del prodotto
sono superiori a quelle immesse in ambiente per produrlo”. E non solo. “Allo
stesso tempo i fiocchi di cellulosa Nesocell rispondono al criterio di materiale
riciclato in quanto il processo produttivo si occupa di recuperare cascami
industriali altresì conferiti in discarica”.
Vantaggi che si ripercuotono nel prodotto a fine vita. “La base naturale degli
isolanti – conclude Nesocell - garantisce una elevata traspirabilità e la possibilità
di smaltire a fine vita il prodotto senza dover ricorrere a pesanti spese di
smaltimento”.