allegorie di trascendenza

98

Upload: sara-pellegrini

Post on 09-Mar-2016

218 views

Category:

Documents


3 download

DESCRIPTION

Sara Pellegrini - www.sarapellegrini.net

TRANSCRIPT

Page 1: Allegorie di trascendenza
Page 2: Allegorie di trascendenza
Page 3: Allegorie di trascendenza

Sara PellegriniAllegorie di trascendenza

a cura di Chiara Strozzieri

29 settembre - 27 ottobre 2012Aurum PescArA

comune di termoli comune di PescArA

Page 4: Allegorie di trascendenza

FotografieGiuseppe Zupa, Studio 15 Mani, Termoli (CB)Progetto Grafico e impaginazioneValeria Fanelli, Kaleido11, Termoli (CB)Stampa Litografia Brandolini, Chieti (CH)

Nessuna parte di questo catalogo può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma senza il consenso scritto degli autori.© 2012 Sara Pellegrini

in copertinacomPosizione - PoliuretAni

a latointerno studio dell'ArtistA

Page 5: Allegorie di trascendenza
Page 6: Allegorie di trascendenza

La mostra di Sara Pellegrini, che volentieri ospitiamo nella città di Pescara, nei prestigiosi spazi dell’AURUM, è curata da Chiara Strozzieri,

critica d’arte di straordinaria sensibilità e di acume non comuni.

Già dal titolo, Allegorie di trascendenza, si intuisce che l’esposizione ha un duplice obiettivo: da una parte, mostrare come la figura retorica

dell’allegoria, grazie alle opere esposte, si possa toccare con mano, osservando il passaggio della scelta dei materiali che l’artista utilizza

negli anni: dalla polvere al colore, dal piombo (piombo fuso) al poliuretano modellato, verso una costante ricerca di un simbolismo astratto.

In realtà è un passaggio “interiore” che suscita emozioni e tocca il cuore. Dall’altra parte la ricerca del trascendentale che confluisce in una

reinterpretazione dell’arte sacra in chiave astratta.

La Città di Pescara, in particolare l’Assessorato alla Cultura, attraverso una serie di politiche di promozione delle iniziative culturalmente di

alta qualità, intende sostenere soprattutto l’arte contemporanea. Infatti è nostro forte convincimento che il “sistema cultura” nella nostra

città sia una creatura da osservare, vivere, godere, ascoltare, alla quale dare voce, spazio e modo per esprimersi. Ed è proprio attraverso

l’ospitalità e la valorizzazione delle opere dell’artista Sara Pellegrini che intendiamo perseguire tali finalità: al pubblico, che verrà a visitare

la mostra e a sfogliare il catalogo, resterà il ricordo di un evento artistico di spessore e di qualità.

Un ringraziamento pertanto, oltre che all’Artista, va rivolto alla curatrice della mostra, dott.ssa Chiara Strozzieri, per aver scelto le nostre

strutture museali per l’allestimento dell’evento.

Giovanna Porcaro Sabatini

Assessore alla Cultura del Comune di Pescara

4

Page 7: Allegorie di trascendenza

La produzione artistica di Sara Pellegrini, che viene presentata all’Aurum di Pescara, mi ha particolarmente colpita per l’andamento emozio­

nale, sillogismo delle alterne fasi della vita. Le cromie, le sfumature, i colori non colori, i repentini passaggi di tecniche e materiali portano

anima e cuore verso quelle dune spesso inesplorate del nostro essere. Alternando forti segni impressi sulle opere a delicate lavorazioni

appena accennate; intercalando gesti forti e diretti a passaggi filtrati con rispetto e delicatezza, l’artista trasmette l’affascinante bellezza

e sorpresa dei molteplici moti del cuore, che spesso trovano rispondenza e ascolto solo da parte di chi si predispone con animo umile e at­

tento alla dimensione più profonda e autentica del nostro essere.

Non mi arrogo la presunzione di entrare nel merito delle varie fasi artistiche e progettuali di Sara Pellegrini, in quanto non ne ho le giuste

competenze; ritengo però che avere l’assoluta capacità dell’artista di veicolare e trasmettere sensazioni ed emozioni così dirette, a prescin­

dere dalla struttura artistica o meno di colui che guarda, osserva, riflette l’opera, sia sinonimo di elevato spessore professionale e umano.

Queste sono le impressioni e le risonanze emozionali che l’intera opera di Sara Pellegrini mi hanno trasmesso e, quale Direttore della mira­

bile struttura che ho l’onore di dirigere, l’Aurum, non posso che rendere plauso a una giovane artista che – ne sono certa – valorizzerà e capi­

talizzerà con la sua mostra la meraviglia e lo spirito subliminale del luogo indentitario per eccellenza della nostra splendida Città di Pescara.

Dott.ssa Annarita Della Penna

Direttore Aurum

5

Page 8: Allegorie di trascendenza

di Chiara Strozzieri

allegOriedi TraSCenDenZaViaggiando attraverso il lungo e articolato percorso artistico di Sara Pellegrini, si impara a

riconoscere una personalità consapevole e decisa a vivere il momento creativo con la mas­

sima intensità. Nonostante la formazione in ambito accademico, non c’è traccia nelle sue

opere di quell’atteggiamento di eccessiva riverenza nei confronti dell’arte, che sempre va a

inficiare il legame col proprio mestiere in chi lo approccia sulla base di regole riconosciute.

Il modus operandi di Pellegrini è stato fin dagli inizi istintivo e sperimentale, fatto di pochi

strumenti frapposti tra lei e l’opera, spesso abbandonati per sentire il colore con le dita e

cercare un rapporto sincero con la materia, che è cambiata con i vari cicli pittorici.

Questa propensione a sporcarsi le mani col proprio lavoro viene tuttavia dalla prima scelta

di specializzarsi in scultura e dal fortunato incontro con Augusto Perez, che tiene studio

presso la sede storica dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, splendido palazzo settecen­

tesco. È qui che Pellegrini scopre la forza della luce, capace di venire fuori dall’argilla a

plasmare la figura e di rispondere ai deliri del genio creativo mentre opera sulle proprie

intuizioni. Il passo tra questa scoperta e il suo riversarsi sulla superficie piana è breve, così,

terminata l’accademia e scelto di aprire un piccolo studio nel cuore di Termoli, può iniziare

una ricerca focalizzata sul ritrovamento di quell’effetto luminoso conosciuto a livello pla­

stico e difficilissimo da vedere emergere dal colore.

C’è già in lei un desiderio di espressione del sé, che va di pari passo con l’affinamento della

tecnica, e così il suo stato d’animo prende il colore del blu cobalto, che l’aiuta ad arrivare

laddove non riesce ancora tecnicamente e poeticamente. Lo sceglie in maniera inconsape­

vole, per istinto, perché riesce a descrivere perfettamente la sua luce interiore, e da quel

momento mai abbandona la sua produzione.

Prima il cobalto si affaccia timidamente in alcuni disegni a carboncino, che sono preludio

della vera e propria esplosione astratta che di lì a poco segnerà la sua rinascita artistica.

C’è un elemento fondamentale in questi primi schizzi, che denota già il valore di questa

straordinaria autrice, ed è l’andamento lineare fluido e composto. Si palesa l’interesse di

Pellegrini per il movimento, come uno strumento che riesce a mettere in relazione la linea

con lo spazio, dunque l’immagine mentalizzata e diventata astratta assieme all’ambiente

circostante. È importante che sia chiaro fin da ora che nulla è statico, tanto meno il colore,

e che anche la forza del tratto può attenuarsi, come intensificarsi, dando un diverso anda­

mento alla figura. Infatti la fase immediatamente successiva decreta proprio la cristalliz­

zazione di questo movimento grazie a un materiale nuovo come la carta velina, stropicciata,

incollata, impregnata di pasta cromatica (Grande andamento in blu, Piccolo andamento in

blu n.1). Nascono giochi di onde di colore che dialogano con il fondo dell’opera e cercano di

esulare dalla monotonia della superficie piana.

Di tele vissute in un blu pieno poi ne vengono fuori tante e diverse, finché il colore non

si consuma letteralmente, si rarefa a tal punto da far emergere la tela grezza. L’artista

dimostra di essere giunta a un livello di comprensione superiore e il risultato è tal­

mente interessante, che l’opera Blu del 1998 viene presentata a distanza di alcuni anni

all’Accademia di San Luca di Roma, in occasione dell’annuale Premio Nazionale di Pittura.

È qui che è evidente il tipo di luce e di sfumatura atmosferica che il cobalto, insieme a

un fondo più scuro e alla grafite, riesce a restituire; l’ennesima risposta alla domanda:

perché il blu? Perché è fra tutti il colore più astratto, quello dell’infinito (cielo), quello

dell’orizzonte (mare), un pigmento che sa di assoluto. Pellegrini alza lo sguardo prima di

ributtarsi a capofitto nella materia, inizia così il suo ambizioso progetto artistico: coniugare

la concretezza, il peso della materia secondo atmosfere indefinite, impalpabili, rivolte verso

6

Page 9: Allegorie di trascendenza

l’assoluto. L’artista cerca insomma di trasformare il quadro in un emblema esistenziale,

in quanto, come l’esistenza umana, fatto sia di corpo, che di pensiero. In periodi diversi

della sua ricerca lei asseconda più un aspetto rispetto all’altro, dando importanza talvolta

alla corporeità del quadro, talaltra alla sua atmosfera evanescente. Preferire uno di questi

modi espressivi è l’atto finale di un processo complesso di ascolto interiore del dualismo

continuamente presente in una donna spirituale e concreta allo stesso tempo come lei.

Il ciclo dei cobalti la aiuta a destreggiarsi con questa natura doppia, a elevarla al mondo

delle idee, così come a respingerla e infine a farla reimmergere nella profondità delle sue

opere. Qualcosa di simile aveva fatto Yves Klein, brevettando addirittura una punta di cobal­

to (International Klein Blue) e ricoprendovi il mondo intero con sculture, tele monocrome,

corpi di donna impressi su lenzuoli. Le ragioni dell’assoluto non hanno logica in lui, come

anche in Sara Pellegrini, che dal ’96 non ha più voglia di negare gli interrogativi esistenziali

che da sempre la tormentano e decide di tentare una riposta attraverso l’arte.

Da qualche anno è già entrata nella sua vita la figura di un maestro assoluto dell’astrattismo

italiano, Achille Pace, ancora oggi per lei il cuore di un tipo di ricerca fiduciosa e riflettuta.

Sono particolari circostanze a farli incontrare per la prima volta, dopo che per anni Pace è

stato asse portante dell’ambiente artistico contemporaneo. Nel 1960 infatti ha preso le

redini del Premio Termoli, mostra nazionale d’arte contemporanea nata nel ’55, che negli

anni ha visto la partecipazione di maestri indiscussi, quali Pino Pascali, Carla Accardi,

Mario Schifano, nonché l’intervento di personaggi del calibro di Giulio Carlo Argan e Palma

Bucarelli. Pace inoltre ha attraversato l’esperienza del Gruppo Uno, segnando il panorama

italiano con la sua pittura scientifica e costruttiva: dopo l’azzeramento dei valori estetici

formali, insieme a Biggi, Carrino, Frascà, Santoro e Uncini, ha ricominciato tutto dal segno,

ovvero dal filo di cotone curvato lentamente sulla tela. Questa operazione, anche se

appartenente a un periodo ben preciso della vicenda professionale del maestro, ovvero gli

anni 1962­’64, gli ha dato la misura del suo interesse verso un tipo di linguaggio differente

e prima inascoltato, un linguaggio etico, che non banalizzi il ruolo dell’artista.

Sara Pellegrini sente di condividere con Achille Pace l’anelito per un lavoro consapevole,

che non si adagi sui mezzi già acquisiti, e tra loro nasce un rapporto di amicizia, fatto di

pomeriggi passati insieme a dipingere e soprattutto di un serrato confronto sulla poetica

dell’arte. La giovane pittrice impara la differenza tra oggetto estetico e oggetto artistico:

l’artisticità di un’opera esula da tutti gli attributi estetici e il fine dell’arte non può essere

la bellezza, bensì l’espressione di un concetto universale. Si scatena una grande libertà di

movimento, laddove Pellegrini può dimenticare qualsiasi valore estetico, nell’ambizione di

raggiungere una conoscenza assoluta di sé e del mondo.

L’oggetto d’indagine si rivolge all’interno dell’animo dell’artista, che scava nel profondo e

non si cura di lasciare tracce figurative e confortanti agli occhi degli spettatori. La totale

astrazione è infine raggiunta e la direzione del percorso va verso la verità, nel senso

platonico del termine. Sviscerando il mito della caverna (Platone, La Repubblica, libro VII)

si può comprendere la forza delle ombre, che offuscano la mente dell’uomo, e guardare

come a eroi coloro che riescono a voltarsi al fuoco. Come una prigioniera delle immagini

studio AndAmento n. 1 | 1995 | cArboncino su cArtA | 21 x 30 cm

sPAzio n. 2 | 1997 | tecnicA mistA su cArtA | 25 x 35 cm

7

Page 10: Allegorie di trascendenza

effimere ora liberata, Sara Pellegrini corre ad aiutare gli altri e compie il gesto in assoluto

più importante per un artista: il dono di sé, la condivisione delle proprie scoperte intuitive.

È un atto di gene rosità che la mette in contatto per la prima volta con il pubblico e così

a partire dal 1997, da quella Biennale del Piccolo Formato a Campomarino, a cui il critico

d’arte, Leo Strozzieri, particolarmente attento ai giovani, la invita, prende il via anche

il suo iter espositivo.

In quindici anni di lavoro la sua dimensione linguistica si arricchisce di fasi di ricerca origi­

nali, per cui oggi lo spettro delle possibilità pittoriche può dirsi completo: l’artista gestisce

8

Page 11: Allegorie di trascendenza

colore, luce, forma, materia e spazio. Complesso il modo in cui si è introdotta nel perimetro

del post­informale, arrivando all’attuale periodo materico, partendo dalle prime scelte colo­

ristiche già ricordate.

Quando il blu è completamente assorbito e con esso il peso della luce in toni così intensi,

nasce l’esigenza di chiarezza e si passa da un grave coinvolgimento nel colore a una prima

conoscenza della linea. La memoria del filo di Achille Pace la sprona a sfruttare il segno,

come guida per un itinerario costruttivo, che arriva all’opera finita. Dunque lei abbozza

delle griglie, che talvolta precedono, altre volte seguono le spatolate di colore. Grazie a

spazi negati con delle x si innesca un gioco di pieni e di vuoti, che aiuta a meglio ripor­

tare l’attenzione alla forma e alla sua ragione d’essere come unico indizio della presenza

dell’artista. Se la superficie fosse completamente libera o al contrario avesse un fondo

unico, fatto con una prima stesura di colore, allora la pittrice accetterebbe di restare fuori

dal proprio progetto. Ma il segno formale è dirompente, spezza la staticità della superficie,

pur con il gesto controllato di una mente categorica. In quelle forme vive, in quei fulcri

magnetici, che attraggono con forza l’occhio dello spettatore, si trova tutta Sara Pellegrini:

ci sono i grandi del costruttivismo russo, studiati lungamente, ci sono le conversazioni

col suo maestro, c’è l’energia creativa della nuova Termoli, c’è soprattutto una potenza

creativa nuova che si rivela.

Dunque è la genesi di una ricerca in­formale (nella forma), perché la forma non viene mai

negata, come nei così detti informali, ma anzi viene posta al centro del quadro. Un fulcro di

colore è isolato completamente e lo spazio che vi è attorno è quello della tela grezza o del

foglio intonso, perché non ci sia distrazione alcuna a togliere importanza a ciò che sta acca­

dendo. La stesura rozza delle paste cromatiche è un avvenimento sorprendente, perché

lascia emergere la forma direttamente dall’abisso del pensiero creativo e poi la fa affiorare

sulla superficie, come galleggiasse e noi tutti potessimo raccoglierla con le mani. C’è una

premonizione della matericità, che verrà scoperta più avanti dall’autrice; la possibilità per il

colore di staccarsi dal piano restituisce appieno l’importanza di questo ciclo pittorico, che

può dirsi concluso nel 2001.

Quest’anno segna l’inizio di un’evoluzione, che, dopo la confidenza presa con forma e colore,

la mette alla prova con nuovi elementi compositivi, quali spazio e materia. Il rapporto con il

proprio lavoro si fa empatico e nasce Terra rossa su fondo verde, che semplicemente vuole

essere una dichiarazione poetica già dal titolo. Esiste la materia e nient’altro che essa per

proiettare i propri stati emotivi e l’artista scopre una tale leggerezza e freschezza mentale

da applicare sul quadro un elemento delicato come la terra, friabile e difficilmente governa­

9

Page 12: Allegorie di trascendenza

bile su un piano verticale. Il rischio di fallire nel tentativo di dare una nuova dimensione

alla polvere terrosa viene ottemperato dalla compattezza data all’insieme, uno stadio

però solo iniziale, su cui l’autrice agisce con tagli sottilissimi, che ancora una volta

testimoniano la presenza di una mente ordinatrice. La bellezza dell’opera però sta

proprio nell’imprevisto, quello che instaura un dialogo vero tra uomo e oggetto, in cui

ognuno è libero di fare il suo e influenzare la riuscita dell’idea. Si formano qua e là

delle crepe nella terra, che vanno oltre la realizzazione del prodotto artistico e riman­

dano al legame con la natura, gli elementi, gli esseri viventi, danno un valore ance­

strale all’uso di questa materia, qualcosa che ha a che fare con le origini dell’uomo.

Il pensiero primitivo ritrova la partecipazione con la totalità del vivente, riscopre

l’appartenenza a Madre Terra e prende a nutrirsi di questo in uno scambio energetico

continuo con l’elemento naturale. Prendere un materiale povero significa ammettere

la povertà dell’esistenza umana, ricordare da dove viene l’uomo e dove dovrà tornare.

Dunque si tratta del terreno dell’essere, vivo e pulsante, che accetta la propria preca­

rietà e temporalità. Concretamente anche la terra usata per queste opere d’arte è

de stinata a trasformarsi, a deperire, ma c’è una totale accettazione dell’imprevisto,

come dell’insondabilità della vita.

Sara Pellegrini è ora totalmente calata in una fase di meditazione sulla realtà naturale

e ammette lei stessa di essere in uno stato di grazia, come quello del bimbo, che ha

la libertà di gestire il dato reale a piacimento e può perfino sognare di volare. L’artista

non si chiede se possa o meno utilizzare la terra, ma dispone completamente sia

della sua natura biologica, che della sua espressione dell’essere. Il suo è un atto

spontaneo, che dà freschezza all’opera finita, la rende perfettamente equilibrata

anche nell’accadere delle piccole crepe. Tutte le opere straordinarie di questo periodo

sono un soffio vitale sul percorso artistico di Pellegrini, che di lì a poco saluterà per

sempre la gioia di queste prove, per cadere su pesantissime lastre di piombo.

studio formAle n.151999 | grAfite e Acrilico su cArtA | 25 x 17,5 cm

Argento - studio formAle n.161999 | grAfite e Acrilico su cArtA | 25 x 17,5 cm

nelle pagine precedenti

grAnde AndAmento in blu

1996 | tecnicA mistA su telA | 130 x 160 cm

nero - studio formAle n.28 2000 | Acrilico su telA | 30 x 20 cm

nella pagina seguente

jutA e sAbbiA

2001 | sAbbiA su telA di jutA | 100 x 90 cm

10

Page 13: Allegorie di trascendenza

Il motivo di questa perdita del sogno è l’allontanamento forzato dallo studio per un lungo

periodo, vissuto nel pensiero sofferto del proprio lavoro, che rischia di arrestarsi. Una

volta tornata sulla sua ricerca, l’autrice termolese si rende conto di non poter riprendere

fra le mani le basi di terra lasciate incompiute: sono tali la potenza delle braccia e la

gravità dell’idea, che finirebbero per strappare la tela. Il bisogno di qualcosa di più duro

e difficile la spinge verso il piombo, che improvvisamente costituisce per lei qualcosa di

forte a cui aggrapparsi, qualcosa di altamente distensivo da maneggiare, senza la paura

di offenderlo con la propria irrequietezza. I pezzi che vengono fuori sono di una potenza

straordinaria: le lastre vengono violentemente inchiodate alla superficie, reticoli metal­

lici offuscano cruenti fondi rosso sangue e l’artista tira via dalla pancia una parte di sé,

che evidentemente non può più restare compressa nel suo spazio interiore. Dunque è il

campo dell’opera d’arte il nuovo habitat, che va misurato con un materiale inerte, adatta­

bile con le sue misure variabili alla superficie. Talvolta questa è completamente ricoperta

di piombi, salvo lasciare qua e là degli spiragli aperti sul fondo, altre volte è perimetrata

da sottilissimi fogli di metallo, che giocano con la propria malleabilità in pieghe e incre­

spature. In ogni caso il peso dettato dalla mistione con l’alluminio e lo zinco la costringe

a calibrare esattamente gli elementi e le sensazioni coloristiche, lasciandole davvero

poca libertà. È esattamente quello di cui adesso ha bisogno: rimettere in causa la ragione

e superare un momento di grande fatica a livello mentale. Pellegrini acquisisce il piombo

come un’armatura ideale, che si sovrappone ai precedenti strati di terra e difende la sua

identità artistica; si tratta dunque di un momento di necessario appesantimento e di

preparazione a una guerra ancora più grande, a un futuro da affrontare con le sue sfide

umane e professionali.

I composti tossici danno esattamente il senso della drammaticità, mentre i mezzi

espressivi all’interno dell’opera sono ridotti all’osso per una sua resa ancora più intensa.

Nel corso del lavoro l’artista si accorge di aver legato indissolubilmente i propri racconti

tragici a una spiritualità di cui sta vivendo, per meglio interpretare l’acutezza di tutte

le esperienze più destabilizzanti. La sua opera si svela come una partecipazione alle

vicende di Cristo e questo nel momento in cui vengono titolati alcuni pezzi, come Cilindro­

Flagellazione e Spartizione­Tunica. Sara Pellegrini apre così gli occhi sull’altra faccia

della medaglia del suo dolore, trovando consolazione nella fede e affezione mistica.

La sua è un’identificazione con il sacrificio salvifico della Croce, nella consapevolezza di

dover salvare se stessa da quelle oppressioni, che i piombi ben rappresentano. La pittura

rossa allora richiede più spazio al campo dell’opera e si trasforma da simbolo tragico in

strumento per il rallentamento del ritmo nel racconto. È come se avvenisse una pacifica­

zione dell’anima, se il sangue della Ferita si fermasse per lasciarla rimarginare.

L’uso dei piombi prende ad alternarsi a foglia oro, resina, acrilici, mentre la composizione

si arricchisce di un forte significato costruttivo, dettato dai tanti tasselli materici,

di sposti con estremo ordine compositivo. Qui Pellegrini dimostra una grande perizia

tecnica nel saper dosare gli elementi del quadro, senza mai dare troppo peso soltanto

a una parte di esso: sullo spazio deve intervenire un tassello alla volta, mancando di

11

Page 14: Allegorie di trascendenza

correre e poi avere ripensamenti, per trovare l’equilibrio perfetto. La straordinarietà di questo

lavoro sta nella riprova che, mancando anche solo uno dei tasselli inseriti, l’opera perderebbe

completamente l’armonia.

Quello dei tasselli è un motivo destinato a ritornare, dopo aver perso la sua funzione deco­

rativa, su totem facenti parte di un’istallazione suggestiva. I pannelli dipinti sono custodi

della sfera intima dell’artista e racchiudono in loro una forza ancestrale, che ben dialoga

con l’ambiente in cui sono collocati. Laddove sono presenti in un luogo espositivo di tipo

istituzionale, comunicano tutta la fierezza di un’autrice giovane, ma già dotata di una linea di

pensiero responsabile, mentre sparsi sulla sabbia o addirittura adagiati sull’acqua di mare, ci

avvolgono di sensazioni primitive, lasciandoci tornare all’origine, a un senso estetico innato.

L’identità artistica di Sara Pellegrini dimostra nei totem di non essere stata scalfita;

è infine vinta la battaglia contro il caos esistenziale, intesa la drammaticità della

vita. L’autrice è pronta a sfruttare a suo favore qualsiasi tipo di esperienza tragica e

a ritrovare con calma anche quegli acuti gioiosi che fanno parte della propria melodia

poetica.

È in questa fase della sua ricerca che la necessità di approdare a una più completa

comprensione del tema sacro trattato nei segni dell’arte la porta a frequentare il corso

di Architettura e Arti per la Liturgia presso il Pontificio Ateneo di S. Anselmo a Roma,

dove ha come docente, tra gli altri, Crispino Valenziano, membro del Pontificio Consiglio

per i Beni Culturali della Chiesa e della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra. È

qui che Pellegrini pone se stessa e il suo lavoro in relazione con la complessa realtà che

lega la progettazione architettonica, l’iconografia sacra e la sua millenaria tradizione

all’evoluzione degli spazi liturgici, nel rispetto delle norme che ne regolano identità, forma

e collocazione. Insieme al marito e scultore, Michele Carafa, liturgisti e validi architetti

l’artista si occupa di lavori di adeguamento di spazi liturgici, per la realizzazione di opere

d’arte contemporanea per il culto.

Le esperienze accumulate nel susseguirsi di commissioni presso chiese in tutta Italia,

come S. Maria Assunta di Viareggio (LU), dove non solo progetta, ma realizza anche

un’imponente vetrata, favoriscono la pura sperimentazione in campo pittorico e deter­

minano una nuova libertà di movimento nello spazio, che precedentemente era stata

bloccata dai piombi.

L’artista rivede i tagli, che nelle terre erano impercettibili, per ingigantirli e renderli

agenti della scena. Anche su spessori minimi il suo sguardo è macroscopico: lei vive

la dimensione materica, deve operare improvvisamente e con forza, abbattendosi su di

essa, e le fenditure che infligge le paiono enormi, insanabili. Certamente c’è rispetto

per il lavoro di Lucio Fontana, con cui in un certo senso condivide l’irrefrenabile voglia di

sfondare la barriera del pensiero, ma i suoi tagli sono diversi: non esiste spazio dietro

la tela, né motivo di ossigenarla con altro da se stessa. Finalmente il fulcro dell’opera

è proprio l’opera, non esistono più filtri tra il linguaggio artistico, reinventato dall’estro

creativo, e lo sguardo che osserva e sempre codifica. Quanto più si riflette sul signifi­

cato di ciò che sta di fronte, tanto più si capisce che il concetto non è più un pilastro

12

Page 15: Allegorie di trascendenza

a cui aggrapparsi, perché le emozioni scavalcano i contenuti e ci vengono addosso con

una potenza inaudita.

Smettere di pensare non vuol dire smettere di sentire e adesso non c’è niente su cui riflet­

tere, l’artista a cui ci siamo affezionati ci chiede solo di lasciarci andare all’irrazionale.

Prima di pretendere questo dai suoi osservatori, Sara Pellegrini ha dovuto fare un grosso

lavoro su di sé, per scomparire dentro il quadro, riuscire a essere invisibile e lasciare par­

lare il suo intimo sentimento. Per fare questo si è concentrata totalmente sulla tecnica,

esprimendosi in maniera più naturale possibile e togliendo elementi compositivi, nella con­

vinzione di poter ottenere un lavoro corretto, completo ed essenziale. Se allontanarsi dalla

figura è stato doloroso, adesso rinunciare anche al colore è una fatica enorme. Punte di

ocra rossa, assorbenti la luce, danno una bellezza classica all’ultima produzione, altrimenti

non è possibile ristabilire un rapporto con tutto lo spettro dei colori; meglio abbracciare

completamente il nero, che li contiene tutti, per non perdere in profondità e avere maggiore

libertà espressiva. Dal punto di vista della materia invece, Pellegrini elabora il lutto per la

perdita del piombo, che si scioglie sotto le fiamme, mostrando ancora una volta lo spessore

di sofferenza che per lungo tempo l’ha schiacciata. L’autrice conquista un materiale nuovo,

il poliuretano, a dimostrazione prima di tutto della sicurezza acquisita. Conoscere bene il

comportamento della materia sotto la spinta della propria forza gestuale significa avere

il controllo della situazione e spendersi in favore della riuscita ottimale della propria idea

creativa. Pellegrini sceglie di trattare il poliuretano come fosse legno, scavandolo, quando

ha bisogno di spessore, e dosando la forza delle braccia per far saltare via cubetti di materia

direttamente con le mani.

L’artista ha trovato un alleato in questo polimero, perché le ha permesso di ottimizzare

i tempi, dandole tuttavia una resa perfetta. La questione non è soltanto contingente,

si tratta di sfruttare velocemente l’idea, senza perdere la scintilla creativa. Lo status

mentale si fa più leggero, perché sa di poter contare sull’immediatezza dell’esecuzione,

anche se risolvere poi completamente il quadro le richiede una dedizione più specifica

ai particolari. Guardando il risultato si avverte la frenesia di una lotta contro il tempo,

per cui, ogni volta che mette le mani sulla tela, Pellegrini pretende di riuscire e non

si dà la possibilità di sbagliare. In questo conflitto vince sempre l’emozione, di cui è

13

Page 16: Allegorie di trascendenza

satura l’atmosfera che sta tutta intorno all’opera e che arriva dritta in pancia. Con

l’esperienza che queste ultime creazioni ci fanno vivere, possiamo comprendere

appieno che c’è un livello diverso e più basso di quello mentale da cui si può comin­

ciare ad approcciare l’arte. Questo non richiede una preparazione teorica, bensì

una predisposizione interna a vivere l’opera, mai semplicemente a guardarla.

Ascoltando il pensiero che si apre a questa possibilità, si incontrano magnifiche

sintesi di una ricerca che dura da anni, lungo un percorso che si arricchisce di senso

in vista di opere nuove. Una delle voci più apprezzate è quella di Nero del 2011, opera

che partecipa al XXXVII Premio Sulmona, ricevendo la segnalazione della giuria. Con

grande autoconsapevolezza l’autrice termolese attinge alle conoscenze acquisite

14

Page 17: Allegorie di trascendenza

PoliuretAno n.11 2012 | tecnicA mistA su PoliiuretAno | 125 x 120 cm

nelle pagine precedenti

lA tunicA

2006 | Piombo, Alluminio, fogliA oro, Acrilico su telA | 120 x 60 cm

instAllAzione

2007 | Piombo, fogliA oro, Acrilico su tAvolA | 200 x 35 cm

rosso Piombo 12004 | rete metAllicA, Piombo, zinco su telA | 80 x 100 cm

PoliuretAno n.3 2012 | tecnicA mistA su PoliiuretAno | 120 x 210 cm

prima di tutto nell’ambito dell’arte sacra: per la realizzazione di icone il suo studio si

era concentrato sulla pittura bizantina e l’utilizzo dell’oro, che qui ritorna con la sua

carica spirituale. Per questo è al centro del quadro, ma rimane sporco, non riflette la

luce, in quanto non deve restituire alcuna immagine, solo introdurci in una dimensio­

ne extrasensoriale. Tutto sta nel giocare con i punti di forza, rappresentati dai tocchi

di ocra rossa, i piccoli strappi nella tela, gli sprazzi di oro assorbente, arrivando a far

funzionare l’opera in un tutto armonico, orchestrato magistralmente da una fitta rete

di graffi. La profondità dell’insieme allontana il fulcro centrale del quadro, spingen­

dolo nell’abisso del nero, che è matrice dell’evento artistico, ma anche di una rottura

degli argini contenitivi dell’esperienza sensibile. La forza di questo non­colore ormai

mentalizzato è tale da costruire un commovente equilibrio spaziale: tutto è nero e

l’opera respira piano, aspettando una reazione materica. L’energia è concentrata in

questa attesa, che non si risolve mai in un’esplosione illogica di segni, dunque man­

tiene costantemente elevato il livello di tensione. Lo sguardo questo lo percepisce

e allora resta lì a guardare e quasi inconsapevolmente partecipa alla vita dell’opera,

condividendone le sofferenze, come anche i momenti di speranza per una redenzione.

Sara Pellegrini si è posta l’obiettivo impossibile di raggiungere l’apertura massima

del pensiero e dello spirito, ora sembra essersi avvicinata a questa condizione in una

maniera difficile da capire. Non si può dare una spiegazione a certi piccoli momenti,

in cui persone eccezionali arrivano laddove gli altri non possono, dimostrando la

grandezza dell’esistenza umana. Tutto quello che si può è possedere la prova tangi­

bile della straordinarietà dell’uomo e accettare l’arte come emblema del suo mistero.

15

Page 18: Allegorie di trascendenza
Page 19: Allegorie di trascendenza

Sara Pellegrini si è posta l’obiettivo impossibiledi raggiungere l’apertura massima del pensiero e dello spirito, ora sembra essersi avvicinata a questa condizione in una maniera difficile da capire.

Page 20: Allegorie di trascendenza
Page 21: Allegorie di trascendenza

COBalTi

Page 22: Allegorie di trascendenza

1996/2000

20 Piccolo AndAmento in blu n. 1 | 1996 | tecnicA mistA su telA | 30 x 30 cm

...un processo complesso di ascolto interiore del dualismo continuamente presente in una donna spirituale e allo stesso tempo concreta…il ciclo dei Cobalti la aiuta a destreggiarsi con questa natura doppia, a elevarla al mondo delle idee, così come a respingerla e infine a farla riemergere nella profondità delle sue opere...

COBalTiTrovare il punto di partenza da cui si è formata la personalità artistica di Sara Pellegrini non è cosa semplice, tanto più che lei conserva

dei ricordi risalenti al periodo dell’infanzia, in cui già esisteva una gran voglia di giocare con le carte veline, impiastricciandole con le colle

e i colori. Tuttavia scorrendo mucchi di schizzi risalenti al periodo immediatamente successivo all’Accademia, si distingue un momento

di passaggio da un’indole creativa appena abbozzata a una forte identità artistica ed è il periodo in cui si impone prepotentemente sul

foglio un segno dinamico blu cobalto. La scelta di questa tonalità è istintiva e molto ha a che fare con il suo spirito arioso, aperto a

tutte le possibilità che in quel momento ha da offrirgli la vita. Con la sua leggerezza, il cobalto diventa subito pretesto per approfondire

uno studio sul movimento astratto, con cui l’autrice decide il definitivo abbandono della figura, pure sperimentata in Accademia durante

il corso di Scultura tenuto da Augusto Perez. Man mano che la linea acquista spessore e con esso anche tutta una sua consistenza

materica, il blu diventa sempre di più protagonista della scena e contemporaneamente elemento compositivo su cui basare i pesi e

rendere giustizia all’equilibrio dell’opera. Non c’è dubbio che alcuni esercizi sull’incontro punto­linea risentano della forte presenza nella

vita di Pellegrini in quegli anni del maestro Achille Pace. A sua volta devoto alle lezioni del proprio maestro, il grande critico e storico

dell’arte Giulio Carlo Argan, Pace insegna alla giovane termolese la differenza tra oggetto estetico e oggetto artistico: l’oggetto estetico

risponde ai comuni canoni di bellezza, mentre l’oggetto artistico va oltre la finalità del bello, diventando subito molto più interessante

da perseguire per gli artisti contemporanei. Anche Sara Pellegrini costruisce una propria linea di ricerca sulla base di una concezione

estetica del tutto personale, partendo dalla gradevolezza del blu cobalto per arrivare alla sua definitiva neutralizzazione. Infatti nell’arco

di un triennio lei consuma letteralmente quel colore, fino a farlo sparire completamente e a sostituirlo con delicatissimi disegni su carta

fatti con grafite e acrilico. La fascinazione del colore non è più necessaria, perché altro sta diventando il centro della sua ricerca: la

materia in tutta la sua consistenza, capace di attrarre tutti i sensi dello spettatore.

Page 23: Allegorie di trascendenza
Page 24: Allegorie di trascendenza

lineA sPAzio n. 11997 | tecnicA mistA su cArtA | 25 x 35 cm

lineA sPAzio n. 41997 | tecnicA mistA su cArtA | 25 x 35 cm

Page 25: Allegorie di trascendenza

blu

1998 | tecnicA mistA su telA | 40 x 30 cm

Page 26: Allegorie di trascendenza
Page 27: Allegorie di trascendenza

sPAziAlità blu

1998 | tecnicA mistA su telA | 40 x 50 cm

25

Page 28: Allegorie di trascendenza

contAminAzione n. 11999 | tecnicA mistA su telA di jutA | 46 x 46 cm

26

Page 29: Allegorie di trascendenza

contAminAzione n. 21999 | tecnicA mistA su telA di jutA | 46 x 46 cm

27

Page 30: Allegorie di trascendenza

quAdrAto blu

1998 | tecnicA mistA su telA | 50 x 30 cm

Page 31: Allegorie di trascendenza

biAnco 1999 | tecnicA mistA su lAminAto | 60 x 36 cm

Page 32: Allegorie di trascendenza

studio formAle n. 81999 | grAfite e Acrilico su cArtA | 29,5 x 21 cm

30

Page 33: Allegorie di trascendenza

nero - studio formAle 2000 | Acrilico su cArtA | 50 x 35 cm

31

Page 34: Allegorie di trascendenza
Page 35: Allegorie di trascendenza

Terre

Page 36: Allegorie di trascendenza

1999/2001

34 terrA rossA su fondo verde | PArticolAre | 2001 | ArgillA su telA | 93 x 102 cm

"...la stesura rozza delle paste cromatiche é un avvenimento sorprendente, perché lascia emergere la forma direttamente dall'abisso del pensiero creativo e poi la fa affiorare sulla superficie, come galleggiasse e noi tutti potessimo raccoglierla con le mani..."

TerreNell’anno 2001 non si può più parlare di evoluzione a proposito della ricerca pittorica di Sara Pellegrini, bensì di rivoluzione: l’autrice ca­

povolge la sua dimensione, abbandonando a terra i pennelli e portando la terra sulla tela. Prende vita un delicatissimo lavoro di pressione

di terre friabili sul quadro, in modo che queste si possano incollare su una superficie verticale senza mai cedere. Solo una grande libertà

mentale può permetterle questo esperimento così ambizioso, fatto nel ricordo degli autori da lei più amati della storia dell’arte, in primis

Alberto Burri. La stessa libertà l’aiuta a instaurare un rapporto empatico col proprio lavoro, così che la materia le suggerisce degli stati

emozionali, ma allo stesso tempo anche lei rende partecipe dei propri moti interiori qualsiasi cosa tocchi e plasmi con la sua energia.

Tutto avviene a beneficio di una costruzione del senso dello spazio, che pare estendersi oltre i confini della tela e trovare un incontro con

l’ambiente circostante. L’artista comprende appieno l’importanza di tutti i fattori esterni, che pur concorrono alla riuscita di un quadro e

ammette la sua valorizzazione per mezzo degli stessi elementi di Madre Terra. I suoi lavori ricordano all’uomo l’appartenenza alla totalità

del vivente, lasciano affiorare pensieri ancestrali e riportano l’arte all’origine, alla sua meraviglia. Più volte Pellegrini ha ricordato questo

momento del suo percorso artistico come un periodo di grazia, irripetibile nelle fasi successive e inspiegabile razionalmente, ma sicura­

mente vissuto a pieno con tele di grandi dimensioni che da sole rendono l’entità del suo estro creativo. Si può tentare di condividere con

l’autrice la magia di quel periodo soffermandosi sui dettagli di quei lavori, in particolare spingendo lo sguardo attraverso le crepe che si

sono naturalmente formate nelle terre. Si avvertirà così un senso di compartecipazione a un progetto che è umano e divino insieme, in

cui le parti coinvolte sono gli spettatori a cui tutto si palesa, l’artista nella sua intenzionalità creatrice e la natura che ha fatto il suo

gioco.

Page 37: Allegorie di trascendenza
Page 38: Allegorie di trascendenza
Page 39: Allegorie di trascendenza
Page 40: Allegorie di trascendenza
Page 41: Allegorie di trascendenza

grAnde terrA rossA

2001 | ArgillA su telA | 150 x 200 cm

nelle pagine precedenti

terrA rossA su fondo verde

2001 | ArgillA su telA | 93 x 102 cm

terrA rossA 2001 | ArgillA su telA | 100 x 110 cm

39

Page 42: Allegorie di trascendenza

sAbbiA n. 4 2001| sAbbiA su telA | 70,5 x 70,5 cm

sAbbiA

2001 | sAbbiA e ArgillA su telA | 85 x 96 cm

40

Page 43: Allegorie di trascendenza

41

Page 44: Allegorie di trascendenza

sAbbiA n. 32001 | sAbbiA su telA | 71 x 71 cm

Page 45: Allegorie di trascendenza
Page 46: Allegorie di trascendenza
Page 47: Allegorie di trascendenza

sAbbiA n. 2 2001 | sAbbiA su telA | 70 x 80 cm

chiArA sAbbiA

2001 | sAbbiA su telA | 100 x 100 cm

Page 48: Allegorie di trascendenza
Page 49: Allegorie di trascendenza

grAnde terrA biAncA 2001 | ArgillA su telA | 150 x 200 cm

47

Page 50: Allegorie di trascendenza
Page 51: Allegorie di trascendenza

PiOMBi

Page 52: Allegorie di trascendenza

2004/2006

cilindro - flAgellAzione | PArticolAre | 2005 | legno, PlAsticA, AcciAio, Piombo, zinco, ferro | 185 x 20 cm

…sono tali la potenza delle braccia e la gravità dell’idea, che finirebbero per strappare la tela. il bisogno di qualcosa di più duro e difficile la spinge verso il piombo, che improvvisamente costituisce per lei qualcosa di forte a cui aggrapparsi…i pezzi che vengono fuori sono di una potenza straordinaria…

PiOMBiDalla leggerezza della terra al peso dei piombi: Sara Pellegrini volta le spalle a un periodo molto fortunato per la sua produzione, per af­

frontare una fase nuova, che le richiederà grande vigore. Quanto accade sotto le sue mani non ha un motivo intenzionale, semplicemente

l’artista ha maturato esperienze umane e professionali molto forti, che appesantiscono il suo pensiero prima e letteralmente la materia

poi. Il piombo da una parte costituisce per lei un’ancora di salvezza a cui aggrapparsi per rimanere a galla, dopo aver perso completa­

mente la possibilità di dedicarsi a un elemento delicato come la terra, dall’altra è un oggetto su cui sfogarsi completamente, ferendolo,

inchiodandolo alla tavola, piegandolo a piacimento. I primi lavori della serie sono ispessiti dal piombo e rimettono in gioco la ragione e

il calcolo, per poter superare gli ostacoli che la superficie piana porta con sé. La pratica mentale assorbe l’esercizio dell’artista, che in

questo modo non trova il tempo per riflettere su nient’altro che la sua ricerca. Le sofferenze vengono espiate come fossero colpe e il

duro lavoro diventa tutto quello che di importante c’è al mondo di Sara Pellegrini. Le opere iniziano a prendere naturalmente una tito­

lazione, che le riporta al tema sacro e mette in parallelo il sacrificio di Cristo con l’offrirsi dell’artista alla sua storia. Ne viene fuori una

grande consapevolezza del fine salvifico dei propri percorsi sofferti e infine una progressiva pacificazione interiore. A conclusione del

ciclo dei piombi Pellegrini assottiglia le lastre fino ad arrivare a fogli metallici più duttili, spesso ridotti a tasselli con cui lei intreccia

una trama. Si abbelliscono le tele grazie alla foglia oro e a un prezioso incastro delle parti: l’artista interviene un tassello alla volta, per

scongiurare il senso di precarietà sempre in agguato e riempire tutti i vuoti spaziali. L’equilibrio raggiunto è assoluto, tanto che, man­

cando uno solo degli elementi di cui è fatta, la composizione non reggerebbe. Dunque ancora una volta un lavoro di estrema precisione,

pur su di un materiale così forte come il piombo.

50

Page 53: Allegorie di trascendenza
Page 54: Allegorie di trascendenza

lA feritA

2005 | Piombo, Alluminio, fogliA oro e resinA su telA | 50 x 80 cm

Piombo

2002 | Piombo su PlexiglAss | 53 x 51 cm

Page 55: Allegorie di trascendenza

53

Page 56: Allegorie di trascendenza

54

Page 57: Allegorie di trascendenza

55

Piombo rosso

2002 | Piombo su PlexiglAss | 43 x 80 cm

Page 58: Allegorie di trascendenza

cilindro - flAgellAzione

2005 | legno, PlAsticA, AcciAio, Piombo, zinco, ferro | 185 x 20 cm

Page 59: Allegorie di trascendenza

trittico

2006 | Piombo, Alluminio, fogliA oro, Acrilico su telA | 120 x 60 cm

Page 60: Allegorie di trascendenza
Page 61: Allegorie di trascendenza

genesi

2005 | Piombo, fogliA oro su telA | 80 x 100 cm

59

Page 62: Allegorie di trascendenza

Ascesi

2006 | Piombo, fogliA oro, sAbbiA, Acrilico su telA | 70 x 50 cm

genesi 1 2005 | Piombo, fogliA oro su telA | 92 x 98 cm

Page 63: Allegorie di trascendenza
Page 64: Allegorie di trascendenza
Page 65: Allegorie di trascendenza

neri

Page 66: Allegorie di trascendenza

2007/2011

due tAgli oro / strAtificAzione particolare | 2010 | terrA nerA, fogliA oro su telA | 70 x 50 cm

“…rinunciare al colore é una fatica enorme…meglio abbracciare completamente il nero, che li contiene tutti,per non perdere in profondità e avere maggiore libertà espressiva…l’utilizzo dell’oro, qui ritorna con la sua carica spirituale…ma rimane sporco, non riflette la luce, in quanto non deve restituire alcuna immagine, solo introdurci in una dimensione extra sensoriale…”

Sorprende pensare che una giovane artista come Sara Pellegrini nell’arco di una decina d’anni abbia stravolto la propria ricerca, rag­

giungendo via via degli obiettivi e subito dopo ponendosene degli altri. Eppure i vari cicli pittorici rappresentano proprio i gradini di una

crescita esponenziale, il cui traguardo è sempre stata la sintesi. Invece di aggiungere elementi sul quadro, arricchendolo solo appa­

rentemente o piuttosto rendendolo più decorativo, l’autrice termolese ha tolto il più possibile, per arrivare all’essenza del suo pensiero

e riuscire a trasmetterlo con pochissime battute al suo pubblico. Ogni privazione è stata sofferta, da quella della figura, che non le ha

permesso di ricondurre i suoi lavori a forme riconoscibili e dunque più semplici da guardare, a quella del peso, a cui a un certo punto ha

provato a non aggrapparsi più. Ma da alcuni anni Pellegrini ha perso l’appiglio fondamentale per tutti gli artisti: il colore. Si è resa conto

che sperimentare inizialmente toni molto scuri, poi solamente il nero intervallato da piccoli tocchi di oro, le restituiva una profondità mai

avuta prima. Probabilmente si tratta di una percezione personale del colore, così che l’animo dell’artista si è sintonizzato alla perfezione

con il mood di questa tinta. Il nero, in quanto impressione visiva risultante dalla combinazione di tutti i colori della luce assorbiti, le ha

permesso di fare un’attenta analisi dell’elemento luminoso; in particolare l’ha incuriosita l’incidenza della luce sui diversi materiali utiliz­

zati, dalla tela all’alluminio, fino ai poliuretani che risultano la sua scoperta più recente. Una delle opere appartenenti a questa fase di

ricerca, Nero 2011, segnalata dalla giuria del XXXVII Premio Sulmona, dimostra come l’artista abbia imparato a usare il colore e la luce

non solo come mezzi per restituire l’immagine, ma anche come veicoli per una spiritualizzazione della materia pittorica. Qui tutto serve

a interiorizzare il lavoro dell’autrice, anche quei pochi frammenti di oro leggermente sporco, che non riflettono, ma emanano luce, come

vuole quell’arte bizantina a lungo studiata da Sara Pellegrini per tutta la sua produzione di arte sacra.

neri

64

Page 67: Allegorie di trascendenza
Page 68: Allegorie di trascendenza

due tAgli oro / strAtificAzione 2010 | terrA nerA, fogliA oro su telA | 70 x 50 cm

Page 69: Allegorie di trascendenza

PresentAzione - PiccolA PreghierA

2010 | terrA nerA, fogliA oro, su legno | 48 x 30 cm

Page 70: Allegorie di trascendenza

tre tAgli oro / strAtificAzione

2010 | terrA nerA, Piombo, fogliA oro, fogliA Argento | 90 x 100 cm

68

Page 71: Allegorie di trascendenza
Page 72: Allegorie di trascendenza
Page 73: Allegorie di trascendenza

quAdrAto rosso

2011 | tecnicA mistA su telA | 80 x 80 cm

oPPosizione

2011 | tecnicA mistA su telA | 50 x 40 cm

Page 74: Allegorie di trascendenza

sPAzio

2011 | tecnicA mistA su telA | 100 x 120 cm

72

Page 75: Allegorie di trascendenza
Page 76: Allegorie di trascendenza

AlternAnze rosse

2011 | tecnicA mistA su Alluminio

46 x 56 cm

74

Page 77: Allegorie di trascendenza

AlternAnze oro

2011 | tecnicA mistA su Alluminio

65 x 60 cm

75

Page 78: Allegorie di trascendenza
Page 79: Allegorie di trascendenza

verticAli Piombo 2011 | tecnicA mistA su telA | 50 x 60 cm

77

Page 80: Allegorie di trascendenza

78

Page 81: Allegorie di trascendenza

79

sPAzio orizzonAtAle

2011 | tecnicA mistA su telA | 60 x 120 cm

Page 82: Allegorie di trascendenza

oro nero

2011 | tecnicA mistA su telA | 100 x 100 cm

nero

2011 | tecnicA mistA su telA | 100 x 120 cm

80

Page 83: Allegorie di trascendenza

81

Page 84: Allegorie di trascendenza
Page 85: Allegorie di trascendenza

POliUreTani

Page 86: Allegorie di trascendenza

2011/2012

PoliuretAno n. 1 | 2012 | tecnicA mistA su PoliuretAno | 120 x 120 cm

“…sceglie di trattare il poliuretano come fosse legno, scavandolo, quando ha bisogno di spessore, e dosando la forza delle braccia per far saltare via i cubetti di materia con le mani. L’artista ha trovato un’alleato in questo polimero, perché gli ha permesso di ottimizzare i tempi, dandole tuttavia una resa perfetta…si tratta di sfruttare velocemente l’idea,  senza perdere la scintilla creativa…”

Il ciclo di opere più recente di Sara Pellegrini è nato spontaneamente dalla ricerca di un lavoro più immediato, capace di cogliere l’idea

al volo e realizzarla nel più breve tempo possibile. L’artista, dopo aver maturato una serie di cambiamenti stilistici e aver raggiunto

una piena consapevolezza di sé, sente l’urgenza di trasformare la materia nel prodotto creativo finito. L’unico materiale da sfruttare

velocemente, che le dia anche una resa esteticamente eccellente, è il poliuretano espanso, un polimero a struttura spugnosa, estre­

mamente leggero, in quanto frutto di una reazione del poliestere, e isolante sia termico, che acustico. C’è il gusto di andare a pescare

nei materiali industriali, normalmente utilizzati per i rivestimenti protettivi, vincendo la sfida di mutarli in vere e proprie opere d’arte.

La caratteristica di trattenere il suono e il calore conferisce ai poliuretani un’intensità energetica non indifferente, che la superficie

impregnata di colore riesce a sfruttare grandemente. Tanto è lo spessore di questi lavori, tanta è la loro leggerezza e quello di Pellegrini

è infine un ritorno allo status mentale riconosciuto durante la produzione delle terre. La materia acquista una levità sostanziale, che non

corrisponde all’apparenza: le opere di questo ciclo sembrano fatte di legno, perché allo stesso modo è trattato il poliuretano, facendo

saltare via cubetti di materia dalla superficie. Ecco spiegato allora il differente rapporto con il tempo di realizzazione del quadro: se in

precedenza era soprattutto un tempo mentale di progettazione dell’opera, adesso è un tempo fisico, tutto concentrato sulla lavorazione

diretta della materia, un modus operandi che richiede una completa dedizione. Tutto è fatto con un alto grado di libertà, recuperata per

essere impiegata in una tecnica raffinata in anni di esperienza. Questo risulta essere un momento fondamentale nel percorso artistico

dell’autrice termolese, che sente di aver concluso così un primo periodo importante della sua ricerca e sceglie di raccoglierne i frutti in

questa elegante monografia.

POliUreTani

84

Page 87: Allegorie di trascendenza
Page 88: Allegorie di trascendenza
Page 89: Allegorie di trascendenza

PoliuretAno n. 52012 | tecnicA mistA su PoliuretAno | 120 x 210 cm

87

Page 90: Allegorie di trascendenza

PoliuretAno n. 22012 | tecnicA mistA su PoliuretAno

120 x 120 cm

Page 91: Allegorie di trascendenza

PoliuretAno n. 72012 | tecnicA mistA su PoliuretAno

120 x 120 cm

Page 92: Allegorie di trascendenza

90

Page 93: Allegorie di trascendenza

91

Page 94: Allegorie di trascendenza
Page 95: Allegorie di trascendenza

PoliuretAno n. 62012 | tecnicA mistA su PoliuretAno | 120 x 210 cm

nelle pagine precedenti

PoliuretAno n. 42012 | tecnicA mistA su PoliuretAno | 120 x 210 cm

PoliuretAno n. 8 2012 | tecnicA mistA su PoliuretAno |120 x 120 cm

nella pagina seguente

PoliuretAno n. 10tecnicA mistA su PoliuretAno 120 x 120 cm

93

Page 96: Allegorie di trascendenza
Page 97: Allegorie di trascendenza

biografia

Nata a Termoli (CB) nel 1974, Sara Pellegrini riceve la sua prima formazione artistica presso il locale Liceo Artistico. Terminato questo

ciclo di studi, si iscrive a Napoli presso la storica sede dell’Accademia di Belle Arti, dove frequenta il corso di Scultura, tenuto dal mae­

stro Augusto Perez. Il desiderio di ampliare gli studi accademici la porta a frequentare il corso di Architettura e Arti per la Liturgia presso

il Pontificio Ateneo di S. Anselmo a Roma. Queste nuove competenze le consentono di dedicarsi alla realizzazione di grandi opere per

il culto, quali un’imponente vetrata per la chiesa di S. Maria Assunta di Viareggio (LU). Nel 2001 viene invitata a partecipare al Premio

Nazionale di Pittura all’Accademia San Luca di Roma. Nello stesso anno tiene una mostra personale a cura di Leo Strozzieri, con intro­

duzione di Achille Pace, presso la Galleria Civica d’Arte Contemporanea di Termoli, con acquisizione dell’opera Verticale in bianco per la

collezione permanente. L’opera è entrata a far parte del catalogo generale della Galleria Civica, curato da C. F. Carli, C. Terenzi, D. Fonti.

Numerose sono le partecipazioni di Sara Pellegrini a rassegne d’arte contemporanea, come diverse edizioni del Premio Termoli e il XXXVIII

Premio Sulmona, in occasione del quale, nel 2011, riceve una menzione speciale da parte della giuria per l’opera Nero. Sulla sua opera

hanno scritto, tra gli altri, Antonio Picariello, Achille Pace, Raffaele Nigro, Leo Strozzieri. Sara Pellegrini vive e opera nella sua città natale,

dove, da oltre dieci anni, tiene uno studio nel cuore del borgo antico.

Studio: via Vescovo Pitirro, 5 – 86038 Termoli (CB)

Tel./fax: 0875 530276

Web: www.sarapellegrini.net

E­mail: [email protected]

95

Page 98: Allegorie di trascendenza