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altri titoli dal catalogo elèuthera

AA.VV.A-cerchiata, storia veridica ed esiti imprevisti di un simbolo

AA.VV.

Voci di compagni, schede di questura

Jean BaconSignori macellai, storia della guerra e di chi la fa

Giampietro N. Berti

Un’idea esagerata di libertà, introduzione al pensiero anarchico

Amedeo Bertolo (cur.)L’anarchico e l’ebreo, storia di un incontro

Albert Camus

Mi rivolto, dunque siamo

Eduardo ColomboLo spazio politico dell’anarchia

Alex Comfort

Potere e delinquenza, saggio di psicologia sociale

Jacques EllulAnarchia e cristianesimo

Colin Ward

L’anarchia, un approccio essenziale

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Claudio VenzaAnarchia e potere

nella guerra civile spagnola

(1936-1939)

elèuthera

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© 2009 Elèutherae Claudio Venza

isbn 978-88-98860-91-3prima edizione digitale aprile 2017

il nostro sito è www.eleuthera.ite-mail: [email protected]

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Indice

Introduzione capitolo primoRivolte, educazione, sindacalismo (1868-1931) capitolo secondoDi fronte alla Repubblica: speranze e delusioni (1931-1936) capitolo terzoBreve ma calda l’estate del 1936 capitolo quartoLa CNT-FAI tra governo e rivoluzione sociale capitolo quintoMayo sangriento: Barcellona 1937 e dopo capitolo sestoDal declino politico alla rivolta finale Conclusione Un «anarchismo di guerra»? AppendiceGeografia della guerra civile Riferimenti bibliografici

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A Zoecon affetto paterno, non paternalista A Diego Camacho (Abel Paz)anarquista íntegro y polémico

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Introduzione

«Portiamo un mondo nuovo nei nostri cuori» dichiara nel luglio del 1936 BuenaventuraDurruti, militante anarchico da decenni e leader miliziano, al giornalista Van Passen1.L’utopia sembra farsi storia nella Spagna dell’estate 1936. La determinazione e i valori idealispingono i combattenti libertari alla lotta, che non è solo contro il golpe dei generali, bensìtesa a fondare una nuova società. L’obiettivo è difficile da raggiungere e l’ostacolo maggioreè la guerra in corso.

Questo libro intende presentare l’anarchismo spagnolo durante la rivoluzione sociale e laguerra civile del 1936-1939. L’approccio è di tipo problematico e vuole offrireun’interpretazione con più domande che risposte, più confronti aperti che soluzionipreconfezionate. La ricostruzione delle pagine seguenti preferisce concentrarsi su elementiche diano conto della complessità dello scenario storico in cui si svolsero le vicende delmovimento anarchico, che aveva trovato in Spagna un terreno più fertile che in ogni altraparte del mondo. Tale radicamento riuscì ad adattarsi a un paese che era, ed è, assai piùdiversificato e plurale di quanto sia normalmente considerato.

Il difficile rapporto tra aspirazioni utopiche e condizionamenti reali cominciò il 19 luglio del1936 con la risposta vincente – caso rarissimo nella storia – del «popolo in armi» sul golpedei generali insorti contro il governo repubblicano. Ma la vittoria nascondeva dilemmicruciali che ruotavano attorno al tema di «come fare la rivoluzione».

Da sempre l’anarchismo, non solo in Spagna ovviamente, aveva rifiutato lo Stato in quantoinevitabile luogo di oppressione e sfruttamento. Da sempre la polemica con i marxisti vertevasulla possibilità o meno di conquistare libertà ed eguaglianza attraverso la presa e l’eserciziodel potere politico. Le istituzioni statali, secondo la tradizionale chiave di lettura anarchica,erano un’invenzione delle classi privilegiate per far credere che l’interesse di tutto il popolo,in teoria difeso dallo Stato, coincidesse con quello della loro casta. Gli «antiautoritari»affermavano che era impossibile usare l’autorità statale per l’emancipazione dei lavoratori edell’umanità, e così si espressero già nel 1872, anno del congresso bakuninista della PrimaInternazionale di Sant-Imier, quando si sancì la rottura con gli «autoritari» marxisti.

Ai primi di novembre del 1936 quattro anarchici diventavano ministri del governo delsocialista Francisco Largo Caballero. Quali erano le cause e quali le conseguenze di questadecisione? L’opzione governativa, in nome della guerra antifascista, aveva reali alternative?Queste domande sono di cruciale importanza per l’esperienza libertaria, sia spagnola chemondiale, sia storiografica che politica.

Dopo il 19 luglio 1936 la dissoluzione dello Stato borghese e il protagonismo popolare e

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libertario avevano permesso l’autogestione delle collettività e delle milizie. Si prospettavaun’evoluzione rapida verso una società fondata sui valori proclamati della giustizia sociale,del libero pensiero, della solidarietà popolare, dell’eguaglianza economica, della libertàpolitica. Le rotture con il passato oppressivo, cioè accentratore e sfruttatore, maschilista eclericale, si stavano inoltre concretizzando su almeno tre piani cruciali e complementari:l’emancipazione femminile, la nuova cultura autogestita degli Ateneos Libertarios e laliberazione completa dalle istituzioni cattoliche. La «breve estate dell’anarchia», perutilizzare un’espressione fortunata del romanziere Hans Magnus Enzensberger, duravaappunto qualche mese e ben presto l’autunno avrebbe costretto a fare i conti con una realtàpoco propizia.

Il tema della collaborazione governativa spagnola è stato, ed è, al centro di un dibattitoanimato da diverse ottiche e mai superato. Nel corso del tempo, negli ambienti libertari si èsviluppata a livello mondiale una tendenza interpretativa molto critica della linea«collaborazionista» prevalente nella CNT-FAI del 1936-19392. Libri, opuscoli, articoli, nonchéconvegni, conferenze e audiovisivi, hanno diffuso un giudizio negativo sulla scelta dell’unitàantifascista, considerata l’errore fatale che avrebbe rovinato una situazione potenzialmenteassai favorevole. Ma all’epoca non si erano registrate molte voci di forte opposizione allastrada «circostanzialista» della dirigenza, ritenuta quasi obbligata e intrapresa per risponderealle circostanze ostili, soprattutto sul piano internazionale. Si può attribuire il relativamentescarso dissenso verso i centri decisionali della CNT-FAI alle condizioni di emergenza in cuil’intero movimento agiva e ai controlli, più o meno effettivi, che i vertici operavano sullabase. Non si può però negare che buona parte delle strutture e dei militanti libertari abbianoaccettato, sia pur controvoglia, il processo di ricostruzione dello Stato repubblicano con laconseguente militarizzazione e l’avvio di nuove istituzioni gerarchiche.

In questo libro si cercherà di presentare le ragioni di fondo di entrambe le opzioni libertarie,quella dell’accettazione e quella del rifiuto dell’ingresso nell’ambito governativo. La chiaveinterpretativa a posteriori, che vede schierati i «collaborazionisti antifascisti» contro gli«intransigenti rivoluzionari», viene talora utilizzata in modo troppo schematico. Si dimentica,ad esempio, che i due schieramenti non erano cristallizzati e impermeabili e che avvenivanovari passaggi tra i due campi in seguito all’evoluzione della guerra in corso.

La mia lettura del rapporto tra guerra e rivoluzione nel contesto spagnolo è stata elaborata apartire dalla nutrita bibliografia e dalle ricerche di archivio, ma non solo. Le ricerche si sonosvolte, diversi anni fa, all’Archivo de la Guerra Civil di Salamanca, all’Archivo HistóricoNacional e alla Hemeroteca di Madrid, all’IISG di Amsterdam e all’Arxiu Històric de la Ciutatdi Barcellona. Oltre agli archivi, ho consultato molte fonti a stampa presso varie bibliotechedi Barcellona, tra cui quella del Centre d’Estudis Històrics Internacionals e dell’AteneuEnciclopèdic Popular. Queste analisi, in particolare sui documenti della CNT e della FAI, mihanno permesso di entrare meglio nel clima politico e organizzativo dell’epoca, al di là disingole fonti archivistiche che, dato il carattere di questo volume, sono limitate.

Oltre a queste fonti, una parte rilevante delle riflessioni qui riprodotte comprenderielaborazioni di conversazioni, anche accese, con militanti protagonisti di quei fatti econfronti con ricercatori e studiosi. Ho avuto incontri frequenti con attivisti e scrittori comeDiego Camacho (Abel Paz), biografo di Durruti ed ex Quijote del Ideal nel 1937, AntonioTéllez, giovane militante già nel 1936 e poi studioso della guerriglia antifranchista, e RamónÁlvarez (Ramonín), sindacalista asturiano. Questi, e i colloqui più occasionali con AntoniaFontanillas, erede di una famiglia di tradizione anarchica da quasi un secolo, con FedericoArcos, anch’egli ex Quijote, e con Eduardo Pons Prades, soldato libertario e studiosoprolifico, mi hanno fatto conoscere l’aspetto soggettivo, denso di idealismo, vissuto

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all’interno di eventi drammatici ed esaltanti. O almeno ciò traspariva dalla memoria dianziani militanti ridefinita a decine di anni di distanza. Tra l’altro, proprio da questeconversazioni ho ricavato l’impressione che le attività quotidiane degli attivisti di base sianostate molto più autogestite di quanto possa emergere dai documenti di archivio cheriproducono le posizioni ufficiali.

Anche i volontari italiani mi hanno trasmesso il senso delle enormi speranze e delle amaredelusioni di quegli anni straordinari. Qui ricordo solo quelli più vicini, tutti ex miliziani, daUmberto Tommasini, con cui ho avuto la fortuna di collaborare per più di un decennio, aVindice Rabitti, con il quale ho compiuto un viaggio a Monte Pelato, vicino a Huesca, basedella Colonna Rosselli-Berneri, a Umberto Marzocchi, testimone attento sul fronte aragonese.Questi e altri anarchici di lingua italiana sono presenti nel video Tra guerra e rivoluzionecurato insieme a Paolo Gobetti (ANCR, Torino, 1986).

Da numerosi convegni scientifici, in Spagna, Italia e Francia, ho ricavato spunti e critiche,anche radicali, per ridefinire l’immagine dell’anarchismo spagnolo. Questi elementi, nonché ifrequenti colloqui a Barcellona con Pere Gabriel, storico specialista dell’anarchismo, si sonorivelati preziosi per porre le domande appropriate ai testimoni, oltre che ai documenti. Ladoppia indagine, tra accademici e tra militanti, ha potuto giovarsi del fatto che la miaformazione di storico si è sviluppata negli anni Settanta. Ho infatti consultato, da un doppiopunto di vista, un’ampia documentazione sugli anni Trenta proveniente sia da fonti scritte cheorali.

Nel corso di questi studi ho inteso constatare come e quanto abbia prevalso, nelle dirigenzeCNT-FAI, l’impegno verso i problemi bellici e di conseguenza politici. Ho ricavato laconvinzione che la positiva sperimentazione collettivista e la rivoluzione culturale a vastoraggio siano state sostanzialmente vissute dalla base degli attivisti molto più che dairesponsabili delle decisioni strategiche. Sono quindi partito dall’ipotesi di lavoro che percapire e spiegare la collaborazione governativa occorra considerare e definire le limitazionidrastiche imposte dal contesto bellico. È un dato di fatto, consolidato ma tutt’altro chebanale, che la rivoluzione abbia subìto stretti condizionamenti e limitazioni dalla guerra. Ciònon significa sottovalutare l’aspetto più propriamente libertario degli sforzi di gran parte dellamilitanza, bensì cercare di collocare l’«utopia realizzata», con le sue luci e le sue ombre,all’interno del più vasto contesto storico. Sarà logicamente il lettore a valutare se le finalità diquesto testo, al tempo stesso introduttive e problematiche, siano state raggiunte.

Barcellona, giugno 2009

Note all’Introduzione

1. Pubblicato sul «Toronto Star» del 18 agosto 1936 con il titolo Due milioni di anarchici lottano per la rivoluzione.2. La Confederación Nacional del Trabajo (CNT) è il sindacato libertario nato nel 1910, la Federación Anarquista Ibérica (FAI)è il movimento anarchico specifico, con una teoria e una pratica antistatali, fondato nel 1927.

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Ringraziamenti

Ringrazio tutti e tutte coloro che mi hanno sostenuto nella redazione di questo libro, sia alivello scientifico che personale. I miei colleghi Giampietro Berti, specialista di storiadell’anarchismo, e Alfonso Botti, docente di storia contemporanea e condirettore di «Spagnacontemporanea», mi hanno aiutato con una lettura critica di elevata competenza. SalvadorGurucharri e Renato Simoni, esperti non accademici, mi hanno offerto preziosepuntualizzazioni. Un ringraziamento particolare va alla mia compagna Eulàlia Vega, espertadi anarcosindacalismo spagnolo, che mi ha dato proficui suggerimenti e per vari mesi hasopportato i riflessi del mio lavoro nella quotidianità. Ho accolto molte delle osservazioni didue lettori esigenti come mia figlia Zoe e l’amico Ennio Ursini, impegnati nel rendere il piùpossibile accessibili e chiari il linguaggio e i riferimenti usati. Logicamente, e non per doveredi circostanza, dichiaro che eventuali errori e punti discutibili vanno ricondotti alla miaesclusiva responsabilità.

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capitolo primo

Rivolte, educazione, sindacalismo(1868-1931)

Un terreno molto fertile

L’ingegnere napoletano Giuseppe Fanelli, già mazziniano e deputato al parlamento italiano,si è avvicinato da poco alla Prima Internazionale quando compie una missione in Spagna.Fanelli è inviato da Michail Bakunin, il rivoluzionario russo che si oppone a Karl Marx. Ilsuo viaggio si svolge nell’ottobre 1868, a ridosso della rivoluzione che ha cacciato la reginaIsabella II. Spesso questa missione viene presentata come l’arrivo della «buona novella», ilmessaggio miracoloso che porta alla nascita dell’anarchismo spagnolo. Senza togliereimportanza all’impegno dell’internazionalista, che per diversi mesi percorre varie regionispagnole, la famosa missione non ha nulla di sorprendente e imprevedibile. Le sue propostefederaliste, insurrezionaliste e «antipolitiche» trovano in terra iberica un ambiente moltofavorevole sia sul piano sociale che su quello culturale. In particolare nella moderna eindustriale Catalogna si erano già diffuse, un paio di decenni prima, le idee del socialismoutopico in ambienti intellettuali e operai1.

L’associazionismo operaio a Barcellona, al tempo l’unica città industriale, si eraradicalizzato a proprie spese sulla base di esperienze sofferte e istruttive. Nate attorno aglianni Trenta dell’Ottocento, a metà degli anni Cinquanta, nel cosiddetto Bienio liberal (1854-1856), le organizzazioni operaie avevano partecipato allo sforzo di rinnovare profondamentesocietà e politica. Esse avevano collaborato con i dirigenti liberali progressisti sostenendo conmanifestazioni, proclami e mobilitazioni di vario genere le forze modernizzatrici impegnatein un cambiamento istituzionale.

I liberali avevano promesso alle società operaie, oltre al riconoscimento del diritto diassociazione, l’accettazione di due fondamentali rivendicazioni delle classi popolari:l’abolizione dei consumos, imposte sui generi alimentari di prima necessità, e della quinta, laleva militare. Questi due obiettivi avevano lo scopo di alleggerire il pesante fardello che i cetipiù poveri erano costretti a sopportare a vantaggio del potere oligarchico e statale. Iconsumos contribuivano a elevare i prezzi del pane e di altri prodotti alimentari ecostringevano masse enormi di spagnoli a convivere con la fame vera e propria. La quinta sirisolveva in un contributo di giovani vite all’impossibile impresa di mantenere le colonied’oltremare. Questi giovani lavoratori erano infatti preziosi per il sostentamento dellefamiglie, sia operaie sia contadine, che dal loro aiuto ricevevano un reddito e un appoggioindispensabili. Le guerre coloniali, volte ad arginare ogni moto per l’indipendenza politica e

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istituzionale in America latina, avevano costretto, dai primi anni dell’Ottocento, moltemigliaia di giovani spagnoli a combattere oltre l’Atlantico in quanto i vertici dello Statospagnolo non concepivano, né tolleravano, il cammino verso l’autonomia delle ex colonie. Lespedizioni militari si risolvevano quasi sempre in sanguinosi disastri bellici e in più moltisoldati morivano per le pessime condizioni sanitarie o per gli errori tattici dei generali.

I progressisti dell’epoca, dopo aver usato le forze popolari per sconfiggere i conservatori,presero tempo prima di concedere quanto promesso. Alle proteste popolari risposero in modobrutale, non diverso da quello dei reazionari, ovvero la triade Chiesa-Esercito-Latifondo. Ilmito del progresso portato avanti da partiti più o meno avanzati si consumò in poco tempo ele associazioni operaie, spesso ridotte alla clandestinità, si volsero a una propria autonomia diazione e di progettualità. Al tempo stesso, l’amara lezione si depositò nella memoria deilavoratori subordinati e delle loro famiglie.

Questo è appunto uno dei motivi per cui le proposte «antipolitiche» dell’ala bakuninistadella Prima Internazionale suscitano un’entusiastica accoglienza negli ambienti proletari esovversivi spagnoli della seconda metà dell’Ottocento.

L’altra grande ragione della scelta libertaria si trova nel federalismo. All’arrivo di Fanellinel 1868, nei circoli innovatori spagnoli è già radicata una notevole coscienza anticentralista.Ne è dimostrazione palese la fortuna del pensiero del federalista catalano Francesc Pi iMargall, traduttore del filosofo Pierre-Joseph Proudhon in castigliano. I problemi assillantidella Spagna, dal latifondismo immobilista al clericalismo soffocante, sono strettamentecollegati all’esistenza di uno Stato accentratore, imperniato su ministeri e istituzioni cheimpongono le decisioni prese a Madrid. Una ripartizione dei poteri pubblici nelle varieregioni avrebbe comportato una ristrutturazione dello Stato, liberando energie fino ad allorasoffocate dal controllo totale di una capitale che decide ogni cosa: dalla nomina di un postinoal tracciato di una strada di campagna. Sentimenti di tipo federalista sono quindi intrecciaticon la critica dello Stato per la sua proverbiale inefficienza e lentezza e per la sua funzioneesplicitamente classista e repressiva. Gli ambienti anticentralisti risultano perciò ben dispostia recepire il metodo decentrato e autonomo che Bakunin propone per l’organizzazione deilavoratori e dei rivoluzionari dell’Internazionale.

Qualche tempo dopo la fruttuosa visita dell’ingegnere napoletano, che pur conoscendomolto poco la lingua spagnola si fa intendere con efficacia, l’ala marxista dell’Internazionalecerca di correre ai ripari. Il suo scopo è di recuperare le migliaia di aderenti, soprattutto inCatalogna e in Andalusia, che si sono associati all’Asociación Internacional de Trabajadores(AIT), organizzazione politica e sindacale che per qualche anno ha registrato l’adesione digruppi sia anarchici sia marxisti. Nel 1872 Marx manda in missione a sud dei Pirenei unuomo di fiducia, il genero Paul Lafargue, ma gli effetti della sua propaganda sono di pococonto, per non dire fallimentari, almeno nei primi decenni. Il modello marxista di partitopolitico con delega e rappresentanza verticistica mal si concilia con l’orientamento federaleprevalente fino alla fine dell’Ottocento. Occorre aspettare il 1910 perché il primorappresentante marxista venga eletto alle Cortes, il parlamento spagnolo. Il neodeputatoPablo Iglesias è un ex membro dell’AIT e un tipografo, come molti altri internazionalistimadrileni. Viene eletto solo in seguito a un’alleanza temporanea fra repubblicani e socialisti.L’influenza marxista è quindi precaria, anche se nel 1879 nasce il Partido Socialista ObreroEspañol (PSOE) e nel 1888 l’Unión General de Trabajadores (UGT).

Anche un terzo elemento favorisce la tendenza antiautoritaria in Spagna, territorio aeconomia prevalentemente agricola. L’analisi delle potenzialità rivoluzionarie dei contadini,che Bakunin aveva già sviluppato a proposito del popolo russo e delle sue tradizioniantistatali, incita l’AIT in Spagna, o meglio la sua ala antiautoritaria, a valorizzare il mondo

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rurale, trascurato se non disprezzato dai marxisti. L’estraneità secolare dei braccianti e deipiccoli contadini ai meccanismi dello Stato, assenteista e schierato con i latifondisti, li avevaportati a costruire rapporti di mutuo appoggio e di solidarietà ancora prima di trovare questiprincipi scritti negli opuscoli anarchici. Lo spirito comunitario di base induce, già nei primianni Settanta dell’Ottocento, gruppi di braccianti analfabeti all’attento ascolto della lettura digiornali e libri libertari, tenuta dai pochi militanti alfabetizzati nelle riunioni serali che spessosi tengono nelle stalle, i locali più caldi. Essi si entusiasmano per una scoperta sorprendente:le loro tradizioni spontanee ispirano una struttura presente in molti paesi europei,l’Internazionale, che raccoglie le aspirazioni di altri popoli alla giustizia sociale e alla libertàpolitica.

Sull’altro versante, l’ipotesi marxista è centrata più sulla figura dell’operaio della grandefabbrica, considerato oggettivamente più produttivo e disciplinato dalla produzioneindustriale, che sul mondo rurale. Questa lettura del soggetto rivoluzionario sconta fino allarivoluzione sovietica la sottovalutazione, o la negazione, delle potenzialità sovversive dellelotte contadine. In una visione complessiva, va però tenuto conto del fatto che, secondo certiautori come Paco Madrid, la polemica principale nella sezione spagnola dell’Internazionalenon sarebbe stata tra bakuninisti e marxisti bensì più propriamente tra i primi e irepubblicani2. Questo secondo confronto, per le sue dimensioni quantitative, costituisce ilprincipale punto di divisione tra le varie tendenze del movimento operaio spagnolo all’epocadella Prima Internazionale.

Dilaga l’Internazionale spagnola I primi anni della sezione spagnola dell’AIT sono diretti a far conoscere il programma

dell’Internazionale. Di fronte agli scioperi spontanei gli internazionalisti adottano, per alcunianni, un atteggiamento critico. Essi ritengono che senza una radicata struttura organizzativa esenza apposite casse di resistenza le lotte operaie siano destinate al fallimento. Sipronunciano quindi a favore di un regolamento che, se rispettato, garantirebbe l’appoggioall’agitazione della Comisión Federal dell’AIT spagnola. In pratica queste norme, fondate sudati statistici relativi a condizioni produttive, manodopera, disponibilità di prodotti neimagazzini, capacità finanziarie dei padroni e altro, costituiscono un serio ostacolo allarealizzazione di scioperi, che secondo Anselmo Lorenzo, uno dei primi internazionalistibakuninisti, diventano impraticabili. Inoltre, l’abnorme quadro organizzativo necessario perle suddette rilevazioni statistiche finirebbe con il generare solo una burocraziacontroproducente3.

Tra l’ottobre 1868 e il marzo 1869, il documento base dell’Internazionale, organismosostanzialmente sindacale, viene diffuso da Fanelli, insieme a quello dell’Alleanza per laDemocrazia Socialista, la struttura politica clandestina e insurrezionalista fondata daBakunin. Secondo alcuni autori, come Abel Paz e Cesar M. Lorenzo4, la coincidenzatemporale dei due documenti organizzativi e politici comporta conseguenze enormi nellaconfusione fra un’organizzazione di lavoratori come l’AIT e una struttura specificamenterivoluzionaria e anarchica come l’Alleanza bakuniniana. Di sicuro, l’intreccio tra lerivendicazioni sindacali, basate sull’azione diretta e l’autonomia del sindacato dalleistituzioni, e l’aspirazione a una società di liberi ed eguali accompagnerà l’evoluzione delmovimento libertario in Spagna fin oltre la soglia della guerra civile del 1936-1939. Talvolta,i rapporti tra le due anime del movimento libertario porteranno a una quasi coincidenza di

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obiettivi e metodi di lotta; altre volte, i due approcci, sindacale e politico, giungeranno a puntidi conflitto esplosivo e irrimediabile. Forse (ma il tema verrà ripreso con una maggiore con-testualizzazione) è questo un punto di forza e al tempo stesso di debolezza per il movimentorivoluzionario in Spagna. Da un lato, l’identità antiautoritaria della grande maggioranza delmovimento operaio, quanto meno nell’Ottocento, comporta la diffusione dei valori libertaritra le masse dei lavoratori industriali e contadini. Dall’altro lato, pesano le esigenzeorganizzative sindacali e ciò comporta che la confusione tra i due piani resti irrisolta. Perciò ilmovimento specifico, cioè anarchico, si sviluppa sotto il condizionamento di un sindacato dimassa, molto più numeroso e diffuso capillarmente, nel quale sono inevitabilmente presenti, ea tratti dominanti, rivendicazioni di tipo riformista e relativamente moderato.

Clandestinità, repressione e attentati Dura appena sei anni l’attività alla luce del sole della sezione spagnola dell’AIT e già nel

1874, alla fine del periodo di grandi svolte iniziato con la rivoluzione del 1868, la «Gloriosa»per antonomasia è costretta alla clandestinità dal governo monarchico restaurato da unduplice golpe militare. Infatti, nel 1873 era stata costituita, sia pure per circa un anno, unarepubblica, la poco nota Prima Repubblica, dilaniata ben presto dal contrasto violento tracentralisti e anticentralisti estremisti, detti cantonalisti. La sezione spagnoladell’Internazionale, che ha assunto il nome di Federación de la Región Española (FRE), nonpartecipa direttamente alla lotta fra i gruppi di potere, ma in alcune località, come Alcoi eCadice, suoi esponenti – tra cui il «profeta» Fermín Salvochea, un militante colto, moltoattivo e ascoltato – ricoprono ruoli di promotori e cariche direttive repubblicane5.

L’Internazionale, pur ridotta all’illegalità, non rinuncia a diffondere periodici clandestini edà vita a gruppi di azione rivoluzionaria che mantengono viva l’organizzazione e la protestasociale appoggiando le frequenti rivolte agrarie, soprattutto andaluse.

Nel 1881 riprende un periodo di legalità per le associazioni operaie in seguito all’arrivo algoverno dei liberali monarchici dopo una lunga fase di potere dei conservatori. Nasce quindila Federación de los Trabajadores de la Región Española (FTRE) con intenti prevalentementesindacali e una tendenza burocratica. Vari compiti organizzativi sono affidati alla ComisiónFederal, tra l’altro orientata in senso riformista. Ciò provoca il sorgere di vari gruppi efederazioni dissidenti, autodefinitisi Los Desheredados, che indeboliscono la FTRE. La crisifinale è dovuta comunque alla repressione, che colpisce varie centinaia di braccianti eartigiani accusati dalla polizia di far parte dell’associazione La Mano Negra, responsabiledegli omicidi di alcuni esponenti del potere agrario in Andalusia. Si giunge in breveall’esecuzione di vari anarchici, condannati – talora in situazioni di evidente montatura edopo essere stati torturati – al termine di un processo celebrato nel 1883 e voluto comeesemplare6.

Dal punto di vista ideologico, negli anni Ottanta si sviluppa nell’anarchismo spagnolo undibattito che verte sul modello della futura società liberata. Su un lato si schierano isostenitori dell’anarcocollettivismo, seguaci della formula «da ciascuno secondo le suecapacità, a ciascuno secondo il suo lavoro»; sull’altro si schierano i fautoridell’anarcocomunismo, per i quali vale un principio diverso rispetto al compenso produttivo:«… a ciascuno secondo le sue necessità». La prima corrente ruota attorno alle organizzazionicatalane, molto sindacalizzate e attente anche alle rivendicazioni immediate di miglioramentodelle condizioni di lavoro e di vita. La preoccupazione degli anarcocollettivisti è il rispetto

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delle diversità umane e produttive per non cadere in un egualitarismo estremo che potrebbecomportare una supervisione autoritaria su produzione e consumi. Il suo teorico principale èun ingegnere galiziano, Ricardo Mella, militante e intellettuale autore di numerosi libri eopuscoli, tra i quali Lombroso y los anarquistas e La ley del número sulle elezioni e lademocrazia7. La seconda tendenza è il riflesso delle scelte di Pëtr Kropotkin, il principe russoribelle, e di Errico Malatesta, un giovane militante napoletano che ha già una certa influenzanegli ambienti spagnoli. Si può affermare che l’anarcocomunismo divenne la linea prevalentetra gli eredi dell’Alleanza bakuniniana, che nel 1888 partorì la testata «Tierra y Libertad»,una denominazione ripresa più volte da altri fogli espressione di gruppi specificamenteanarchici.

Lo scioglimento della FTRE per le dissidenze interne e la repressione esterna lascia libero ilcampo a gruppi che rinnegano le precedenti forme burocratiche e valorizzano il ruolo delsingolo individuo, protagonista della vera rivolta antiautoritaria, oltre a esaltare l’azionediretta anche violenta. A partire dal 1890 si moltiplicano le occasioni per farsi conoscereattraverso la «propaganda del fatto». Si inizia infatti a celebrare, con proteste di classe esovversive, un appuntamento di rilievo internazionale: la giornata del Primo Maggio. In talecircostanza gli anarchici spagnoli, a differenza dei socialisti che promuovono manifestazionipacifiche e autorizzate dalle autorità, si gettano nella lotta totale contro il sistema capitalistapretendendo di conquistare rapidamente, con la forza, l’obiettivo delle otto ore di lavoro. Allarepressione – particolarmente dura quella contro i contadini andalusi di Jerez de la Fronteranel gennaio 1892 – il movimento risponde con altre azioni e si innesta così una sequenza diattentati e condanne a morte che caratterizza gli ultimi anni dell’Ottocento.

In questo contesto di lotta frontale tra Stato e anarchismo va collocato il processo diMontjuïc, dal nome del colle e relativa fortezza che dominano porto e città di Barcellona,celebrato nel 1896. Le proteste contro le sistematiche torture cui sono sottoposti gli imputatidilagano in tutta Europa, soprattutto in Francia e Gran Bretagna, e costituiscono un esempio,tutt’altro che episodico, di intesa tra anarchismo e repubblicanesimo. In tale circostanzaeccezionale la volontà di rinnovamento profondo assume due facce diverse e per il momentonon contrastanti: entrambi i movimenti si battono per strappare la società spagnola al dominiodella triade reazionaria Chiesa-Esercito-Latifondisti.

Le violenze e le torture inflitte a centinaia di detenuti nella «tetra fortezza» di Montjuïc, alloscopo di estorcere confessioni e delazioni, sono il motivo di un atto «giustiziero» attuatonell’estate del 1897. A essere colpito, in quanto al vertice del governo, è Antonio Cánovasdel Castillo, la personalità politica più rilevante dal 1874, nonché fondatore dell’interosistema della Restauración, nato dopo la parentesi della Prima Repubblica e destinato adurare fino al 1923. Nella stazione balneare basca di Santa Águeda viene ucciso con un colpodi pistola da un militante italiano, Michele Angiolillo, poi garrotato.

Le rivalità e le critiche fra repubblicani e anarchici dei tempi della Prima Internazionalelasciano il posto, dai primi anni Novanta, a momenti di lotta comune nel campo anticlericale,educativo e culturale in genere. La concessione del suffragio universale nel 1890 cambia ilmodo con cui i repubblicani vedono le organizzazioni operaie, tra le quali sperano di trovaresimpatie elettorali. Inoltre la repressione, quella di Montjuïc in particolare, supera i confinidel movimento anarchico e coinvolge talora esponenti democratici, comportando unallargamento di proteste e mobilitazioni antirepressive, soprattutto in campo europeo.

Nel 1901 emerge tra i repubblicani di Barcellona la figura di un avvocato, AlejandroLerroux, grande oratore e demagogo incendiario. Egli trova consensi negli ambienti operai direcente immigrazione dalle regioni interne e riesce in breve a diventare deputato, più volte

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rieletto alle Cortes. È in grado di potenziare un giornale, «El País», ottenendo lacollaborazione anche di Federico Urales (pseudonimo di Juan Montseny), uno dei pochimilitanti intellettuali del movimento spagnolo, quasi tutto costituito da lavoratori manuali.Urales, tra l’altro, fonda per due volte, prima nel 1898 e poi nel 1923 con la figlia Federica8,«La Revista Blanca», una tribuna dedicata alle scienze, alla sociologia, alla letteratura, nonesplicitamente anarchica e aperta alle collaborazioni di militanti europei come CamilloBerneri ed Elisée Reclus, nonché di personalità come lo scrittore Aldous Huxley e il filosofoHerbert Spencer. Dalla rivista nascerà, negli anni Venti, «La Novela Ideal», una collana dibrevi romanzi moralistici e di maniera a larga diffusione popolare.

Attorno alla data cruciale del 1898, l’anno del desastre coloniale, se da una parte leorganizzazioni operaie e contadine, sfiancate dalla repressione che fa seguito agli attentati,sembrano declinare, dall’altra sorge una notevole simpatia verso le idee libertarie da parte dicircoli intellettuali di avanguardia, letterati e artisti. Questi valorizzano gli aspetti romantici eanticonformisti dell’anarchismo, soprattutto nella sua versione individualista, considerandolil’adeguata risposta alla crisi che sconvolge la società spagnola di fine secolo9. I luoghi in cuiavviene tale incontro tra la cultura più sensibile alla «questione sociale» e il pensieroanarchico sono gli Ateneos, circoli di convergenza di liberi pensatori, libertari e laici didiversa intensità, mentre le testate di riferimento variano da «Ciencia Social» a «Germinal».Si può ricordare che lo stesso Miguel de Unamuno, in una lettera a Urales, si dichiarasostanzialmente anarchico, respingendo comunque ogni posizione settaria o dogmatica, e cheuno dei più noti scrittori spagnoli, José Martínez Ruiz, narra con lo pseudonimo di Azorín leintense vicende dei numerosi anarquistas literarios frequentati per qualche tempo.

Un nuovo secolo tra educazione, rivolta e solidarietà di classe Tra Otto e Novecento, le condizioni di sopravvivenza delle famiglie contadine nelle

campagne spagnole, specialmente quelle del centro e del sud dove domina il latifondoimmobilista, sono quanto mai difficili. Le classiche analisi marxiste, come quelle di Eric J.Hobsbawn10, vedono nell’arretratezza produttiva la causa di un sottosviluppo politico, ilpresunto «millenarismo» mistico dei braccianti andalusi che lottano con organizzazionispontanee per l’avvento di un «nuovo mondo». Al di là di queste interpretazioni degli anniSessanta, superate da posteriori ricerche monografiche, è da riscontrare il fatto che la rispostaagli appelli degli internazionalisti è enorme nel sud della Spagna. Una parte notevole di talemovimento è però costituita da artigiani dei grossi centri rurali che, capaci di leggere escrivere, fungono da maestri e da animatori per una comunità di sfruttati antropologicamentedotata di un forte senso della dignità umana e della protesta sociale. A ogni modo, varicordato che l’Andalusia fornisce circa il 70% degli aderenti al congresso della FTRE tenutosia Siviglia nel 1882.

Il movimento libertario sembra concentrarsi, a cavallo del secolo, in una serie di attentatidiretti a esplicitare la rabbia sociale contro un sistema insopportabile, sia per la famedilagante sia per la dura vigilanza e violenza istituzionale. La più rilevante di queste azioni èquella di Mateo Morral che il 31 maggio del 1906, a Madrid, lancia una bomba nascosta in unmazzo di fiori contro il corteo nuziale del re Alfonso XIII. L’obiettivo è mancato, e l’attentatocausa vari morti tra gli spettatori. Sfuggito alla cattura, Morral si suicida alcuni giorni dopo,quando viene scoperto. La sua personalità è legata a un’esperienza inedita tra gli attentatori:la Scuola Moderna di Francisco Ferrer y Guardia, di cui è bibliotecario. La polizia cerca,

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insistentemente ma invano, le prove per coinvolgere Ferrer nel processo relativo al fattomadrileno. Nel frattempo in Francia, dove il pedagogo ha operato a lungo per lo più inambienti repubblicani e massonici, inizia una decisa campagna di solidarietà nei suoiconfronti. La mobilitazione del 1906 in difesa di Ferrer ha un certo impatto sull’opinionepubblica e di conseguenza sulle decisioni giudiziarie, per il momento non particolarmentesevere.

In seguito a un’amnistia, Ferrer ritorna a Barcellona per riprendere l’attività educativarivolta alle classi lavoratrici, di fatto escluse dal sistema scolastico. La Scuola Moderna siscontra però con ostacoli sempre più gravi frutto dell’alleanza fra apparati di polizia,borghesia conservatrice e Chiesa cattolica. Il suo modello di pedagogia razionalista, laica enon autoritaria, basata sull’eguaglianza tra i sessi e l’esaltazione della scienza, suscita unaserie di pesanti accuse soprattutto negli ambienti clericali.

In effetti Ferrer non è solo un educatore che vuole diffondere la cultura nelle classi sfruttatee condannate all’ignoranza, ma è un attivo alleato delle organizzazioni operaie di Barcellonache stanno facendo dei passi avanti nella ricostruzione del movimento. Già lo scioperogenerale del 1902 ha dimostrato le potenzialità di lotta dei lavoratori della città piùindustrializzata della Spagna, ma è soprattutto nel 1907 che si consolida lo sforzoriorganizzativo con la fondazione di Solidaridad Obrera, una rete sindacale dotata di notevolepeso contrattuale. A essa aderiscono forze diverse ma convergenti nel progetto di resistenzaal padronato e allo Stato: dai sindacalisti rivoluzionari agli anarcosindacalisti, dairepubblicani ai socialisti, dagli operaisti agli anarchici «puri»11.

La denominazione è tutt’altro che casuale: è la risposta a Solidaridad Catalana, una tendenzapolitica sorta a Barcellona che vuole unire in senso interclassista i ceti medi e le masseoperaie. Questa organizzazione intende dare più forza alle rivendicazioni autonomiste degliimprenditori, soprattutto tessili, della regione produttiva che ruota attorno alla «Manchestermediterranea». In questo periodo il catalanismo si configura principalmente come unmovimento diretto da imprenditori e politici per ottenere più alte tariffe doganali. L’obiettivoè duplice: vincere la concorrenza delle stoffe francesi e inglesi e conservare l’ordine socialegerarchico e tradizionalista nel quale si mantengono privilegi e potere dei ceti dirigentieconomici. Lo strumento per compattare una base di consenso elettorale è la difesadell’identità catalana, costituita dall’esaltazione della potenza catalano-aragonese affermatasinel Trecento e culminata nel dominio catalano del Mediterraneo tanto occidentale cheorientale. Questi gruppi di potere economico e politico, che giungono a controllare la quasitotalità dei rappresentanti catalani alle Cortes di Madrid, sono convinti che il loro nemicoprincipale sia la classe operaia di recente immigrazione che turba la pace sociale e gliinteressi della borghesia produttiva. Per essi è inventato il termine spregiativo di charnego,equivalente spagnolo di «terrone».

I movimenti operai conducono un’aspra lotta per recuperare una parte dei profitti che losviluppo industriale ha consegnato al padronato e per ottenere condizioni di lavoro e di vitasociale più sopportabili. Spesso le lotte anarcosindacaliste manifestano finalità più ampiedelle rivendicazioni economiche e sono dirette ad affermare valori generali quali la dignità ela libertà dei lavoratori. In queste mobilitazioni si superano programmaticamente le divisioniregionali e si praticano forme di aiuto, anche culturale, agli ex braccianti del centro e del suddella Spagna. Seguendo questa linea Solidaridad Obrera riesce a raccogliere la partecipazionedi decine di migliaia di lavoratori e dispone di migliaia di militanti. La lingua castigliana,parlata per lo più dagli operai giunti di recente, è quella più usata nelle pubblicazioniperiodiche e negli opuscoli che si diffondono capillarmente. Spesso i nuovi arrivati e le lorofamiglie provengono da zone dove domina l’analfabetismo e trovano negli ambienti

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anarcosindacalisti, oltre all’accoglienza, una concreta possibilità di alfabetizzazione per lorostessi e per i figli.

La fucilazione esemplare di un maestro e la fondazione della CNT (1909-1910) La necessità di un sindacato ben organizzato e autonomo dai partiti politici è confermata

anche dall’esperienza traumatica della Semana Trágica del luglio 1909. Ai primi del mesescoppia a Barcellona una rivolta antimilitarista e anticolonialista contro il richiamo diriservisti, spesso con famiglia numerosa, che dovrebbero vestire nuovamente la divisa ecombattere contro le tribù ribelli del Marocco. Solidaridad Obrera proclama lo scioperogenerale e nei quartieri popolari del centro storico si innalzano numerose barricate. In brevela rivolta si dirige contro gli edifici religiosi, ritenuti i luoghi del potere clericale cui siattribuiscono ingenti interessi minerari in Marocco. Sono incendiati una sessantina di edificidedicati al culto e all’educazione cattolica, ma nei frequenti attacchi si evita di fare vittime: intotale sono un paio gli ecclesiastici che risultano uccisi dai dimostranti durante la SemanaTrágica.

L’intervento dell’esercito provoca invece più di un centinaio di vittime tra i civili, oltre a unmigliaio di feriti, dato che le truppe sparano su qualsiasi assembramento. Il moto viene quindisoffocato e si procede all’arresto di almeno 2.000 manifestanti o ritenuti tali e alla detenzionedel presunto «mandante morale»: Francisco Ferrer. In autunno si celebra il processo contro ilmaestro libertario e massone, tra l’altro assente da Barcellona nei giorni della rivolta. Ilprocedimento giudiziario, per l’accusa e la procedura, è oggetto di molte critiche giuridiche epolitiche e suscita un’ondata di proteste internazionali promosse dai circoli laici e dalle classilavoratrici. Alla fine, si contano cinque fucilati tra i condannati.

Il giorno dopo la fucilazione di Ferrer nel castello di Montjuïc, il 13 ottobre 1909, sisvolgono in tutta Europa scioperi generali spontanei che portano, soprattutto in Italia, ascontri con la polizia e ad assalti ai consolati spagnoli. Sono migliaia i cittadini italiani che, insegno di protesta, dichiarano l’apostasia, cioè l’abbandono pubblico della religione cattolica,mentre nelle famiglie anticlericali e progressiste a vari neonati viene dato il nome di Ferrer.Specialmente in Toscana, regione a forte presenza anticlericale e anarchica, fiorisconomonumenti e lapidi in onore del «martire del libero pensiero»12.

Un elemento di rilievo che concorre alla crescita di una coscienza rivoluzionaria e libertariaè, malgrado tutto, l’ambiguo ruolo svolto da Alejandro Lerroux. Da un lato, l’avvocatoradicale incita alla violenza anticlericale i suoi seguaci, i «nuovi barbari», dall’altro, nelmomento cruciale delle agitazioni di piazza del luglio 1909, si trova in Argentina per affari epoi si dissocia. Con questa scelta opportunista l’ex deputato brucia la propria credibilità negliambienti degli operai, immigrati e non, che in breve si emancipano dall’influenza deldemagogo ed entrano nel sindacato anarchico13.

Quando da fenomeno catalano l’anarcosindacalismo si dà una struttura nazionale, il progettosi realizza nella fondazione della Confederación Nacional del Trabajo (CNT) nel 1910, cheavviene non a caso a Barcellona, anche in quanto erede di Solidaridad Obrera che diventa latestata del giornale sindacale. Il congresso di costituzione della CNT porta alla collaborazionetra le varie anime del sindacalismo di classe e di azione diretta14. Posti di responsabilità neldecennio successivo sono occupati da personaggi molto diversi: esponenti marxisti radicaliquali Andreu Nin e Joaquim Maurín, sindacalisti rivoluzionari come Ángel Pestaña o altri piùvicini all’anarchismo come Joan Peiró, sostenitori del movimiento obrero anarquista come

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Diego Abad de Santillán (pseudonimo di Sinesio García Fernández) o partitari del sindacatocome strumento di mobilitazione e di lotta rivendicativa, ma con finalità ultime di tipoesplicitamente anarchico, quali Manuel Buenacasa.

La CNT conosce solo qualche mese di tolleranza statale: poco dopo il primo congresso del1911 viene costretta alla clandestinità per aver approvato una mozione favorevole allosciopero generale contro le avventure belliche coloniali. Ritrova la luce del sole nel 1914,paradossalmente con lo scoppio della prima guerra mondiale. La Spagna resta neutrale einizia una fase di sviluppo industriale accelerato in seguito alle massicce forniture, soprattuttotessili e minerarie, agli Stati in guerra. Il padronato si rende conto di dover riconoscere ilsindacato in quanto interlocutore prezioso per garantire la continuità produttiva. Durantealcuni anni dura una fase di espansione economica e di aumento dei profitti legatiall’eccezionale domanda estera, cui fanno fronte soprattutto le imprese catalane e le miniereasturiane. Per mantenere il lavoro regolare nelle fabbriche, i vertici industriali sono disposti aconcedere miglioramenti salariali.

Nel 1917 vari gruppi di pressione tentano di rompere i pluridecennali equilibri politici dellaRestauración. I protagonisti sono principalmente i parlamentari catalani, il sindacatosocialista della UGT e i movimenti rivendicativi di giovani ufficiali insoddisfatti.L’improbabile alleanza dura poco e nell’estate del 1917 uno sciopero nazionale dei ferrovieridella UGT viene soffocato con la forza dal governo. Alla repressione partecipano direttamentegli ufficialetti che ritornano così nell’alveo tradizionale dell’esercito quale «parte sana dellanazione» e depositario della salvezza della Patria.

La fine della guerra mondiale, con il declino delle ricche commesse estere, provoca una crisiproduttiva e con l’occasione gli industriali cercano di indebolire in tutti i modi il movimentooperaio. Nell’estate del 1919 un durissimo sciopero generale scoppia a Barcellona insolidarietà con gli operai licenziati dall’industria idroelettrica a capitale straniero, laCanadiense. I leader della CNT, tra i quali Salvador Seguí, riescono a condurre una lotta cheparalizza per quasi due mesi l’intero comparto industriale catalano bloccando l’indispensabileproduzione elettrica oltre che l’illuminazione pubblica.

«Uccidete i sindacalisti» (1919-1923) La vittoria straordinaria della CNT nel conflitto con la Canadiense, che comporta anche la

conquista della giornata di otto ore, spinge la classe capitalista più importante dell’interaSpagna a mobilitarsi per cancellare il potente anarcosindacalismo. A questo scopo siassoldano squadre di sicari che organizzano agguati contro centinaia di militantianarcosindacalisti riuscendo a ucciderne parecchi. Si calcola che, tra il 1917 e il 1923, aBarcellona si totalizzino più di 500 morti in una sorta di guerriglia urbana avviata dalpadronato con metodi simili alla mafia italiana, alla quale le organizzazioni operaierispondono creando propri gruppi di militanti armati. A questa situazione catalana, tesa eviolenta, corrisponde in Andalusia e in altre zone rurali il cosiddetto trienio bolcheviquequale eco della rivoluzione sovietica, con l’esplodere di agitazioni bracciantili e ripetutiinterventi della Guardia Civil, definita ufficialmente «La Benemerita», anche in ciòequivalente al corpo dei carabinieri italiani.

In tale contesto assai agitato si apre, nel dicembre del 1919, il secondo congresso della CNT

nel palazzo della Comedia a Madrid, dove accorrono quasi 500 delegati in rappresentanza dipiù di 700.000 iscritti, di cui 500.000 in Catalogna, che conferma il radicamento regionale.

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Nello stesso periodo la UGT socialista conta poco meno di 200.000 aderenti. Al congresso siprendono decisioni di importanza capitale quali la formazione di Sindicatos Únicos per ogniramo produttivo, superando le precedenti Sezioni di mestiere, e la nomina di un ComitéNacional con alcuni poteri decisionali. Si riconferma la finalità anarchica dellaConfederación, anche se, rispondendo all’entusiasmo proletario verso la rivoluzione inRussia, il congresso dichiara l’adesione provvisoria alla Terza Internazionale appena nata.Tra l’altro, la delegazione asturiana della CNT, con Eleuterio Quintanilla, propone di ricercarel’unità con la UGT secondo un’attitudine che segna per vari decenni il sindacato di questaregione mineraria, dove vige di fatto una solida unità operaia. La mozione approvata rinviaperò a un improbabile assorbimento nella CNT dei militanti socialisti in quanto l’UGT,strumento del PSOE, è giudicata inguaribilmente riformista e legalitaria.

Gli effetti della rivoluzione russa si notano ovviamente in campo marxista e una fetta digiovani militanti del PSOE esce dal partito per formare, nel 1921, un piccolo partito comunistache cambia varie volte nome e che in pratica svolge fino al 1936 un ruolo secondario, se nonmarginale. All’interno della CNT il dibattito si riaccende dopo la visita del delegato ÁngelPestaña in Russia e i colloqui avuti sia con i capi bolscevichi che con i superstiti militantilibertari. Pestaña infatti propone di ritirare l’adesione alla Terza Internazionale nellaconferenza di Saragozza dell’aprile 1922 e ottiene un’adesione maggioritaria. Andreu Nin,segretario del Comité Nacional dall’aprile 1921, non accetta tale decisione ed esce dalla CNT

con i pochi gruppi di militanti marxisti rivoluzionari.Per la CNT il problema più assillante fino al 1923 è la repressione che, soprattutto a

Barcellona, dispone di molti strumenti: dalla polizia e dalla Guardia Civil ai SindicatosLibres, sorti con il sostegno del padronato per contrastare con ogni mezzo il pericolososindacato di classe e libertario; dal potere dei Capitánes generales, che comandano le truppedi stanza in Catalogna, a quello dei Gobernadores civiles, una sorta di prefetti spagnoli. In piùsi applica di frequente una pratica omicida nota come ley de fugas: un arrestato viene liberatoe dopo pochi metri è falciato dai fucili dei poliziotti, i quali poi testimoniano che il detenutoha cercato di fuggire. In altre occasioni si procede a veri e propri agguati nei vicoli deiquartieri antichi della città mediterranea. Muore così, nel marzo 1923, Salvador Seguí,popolare leader operaio, tra l’altro rappresentante di una corrente relativamente moderatadentro la CNT. Anche gli avvocati difensori dei sindacalisti sono colpiti dalle squadre dipistoleros: il repubblicano Francesc Layret muore e Lluís Companys, leader catalanista disinistra, sfugge per poco a un attentato.

Il progetto degli industriali e dello Stato per ridurre in condizione di non nuocere ilcombattivo sindacato trova però un ostacolo nella formazione di gruppi di azione, formati daattivisti anarchici, che intendono rispondere colpo su colpo. Cadono così un capo dellapolizia particolarmente feroce, Manuel Bravo Portillo, esponenti di punta del padronatoindustriale, il Gobernador civil che aveva attaccato gli scioperi del 1919, il primo ministroEduardo Dato, ideatore della famosa ley de fugas, e il cardinale di Saragozza, Juan Soldevila,particolarmente reazionario e impegnato nella campagna antisindacalista.

A questa intensa attività armata partecipa un nuovo gruppo di azione, Los Solidarios,fondato in clandestinità da militanti uniti da un forte spirito di affinità ideale e personale. Tradi essi si trovano personaggi che avranno un gran peso sugli sviluppi dell’anarchismo iberico:Buenaventura Durruti, Francisco Ascaso, Joan García Oliver, Ricardo Sanz, nonché il quasisconosciuto Gregorio Suberviola, un attivissimo militante ucciso nel marzo 1924 da agenti dipolizia. In questo frangente gli anarchici si propongono come difensori degli esponentisindacali aggrediti e acquisiscono una notevole credibilità e popolarità nella classe operaia,

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non solo barcellonese, quali uomini di azione decisi e pronti a tutto. Essi diventano espertianche negli «espropri» di banche per finanziare il movimento: dai sostegni ai detenuti, ancheper organizzare evasioni, all’acquisto di armi per l’autodifesa e per eventuali insurrezioni,dalle scuole razionaliste eredi di Francisco Ferrer ai numerosi organi di stampa oall’Enciclopedia anarquista che si pubblica a Parigi in tre lingue (spagnolo, francese,italiano).

Un generale golpista per «riportare l’ordine» (1923-1929) Gli scontri continui a Barcellona e la volontà di proteggere a tutti i costi la monarchia,

responsabile della tragica sconfitta marocchina ad Annual nel 1921, nonché i rapporti tesi tradeputati e generali, spingono il Capitán general della Catalogna, Miguel Primo de Rivera, aeffettuare nel settembre 1923 un colpo di Stato. Il parlamento di Madrid viene sciolto e ilpotere passa a un Directorio Militar. Gli industriali catalani appoggiano questo golpe perdifendere i propri interessi di classe e Alfonso XIII legalizza l’iniziativa del generaleaffidandogli la guida del paese. Nel giro di pochi giorni il sistema conservatore, relativamenteliberale, è cancellato e gli spazi di dissenso politico e sociale sono soppressi. L’inizialevittoria degli industriali catalanisti sui lavoratori si trasforma però in una crisi molto seria nelgiro di qualche mese. Infatti il golpista Primo de Rivera, come da tradizione secolaredell’esercito spagnolo, elimina la pur minima autonomia catalana rappresentata dallaMancomunitat, una sorta di coordinamento amministrativo tra le varie province. Ilcontraccolpo sull’opinione pubblica porta alla delusione dei circoli catalanisti non controllatidagli industriali. Se questi ultimi giudicano la misura antiautonomista un costo da sopportareper ottenere l’eliminazione della CNT, professionisti, piccolo borghesi, avvocati, medici enegozianti si staccano dal padronato industriale per cercare altre strade verso l’autonomiadella regione. Questo porta a una radicalizzazione del movimento regionalista, tanto che sigettano le basi, pur nella clandestinità, per una formazione progressista che prenderà corponel 1931, la Esquerra Republicana de Catalunya (ERC). I rapporti che questa tendenzacatalanista, rappresentata da un anziano colonnello anticonformista come Francesc Macià edal legale Lluís Companys, intrattiene con la CNT e l’anarchismo sono instabili: a momenti diintesa e di alleanza si alternano periodi di rottura e di scontro aperto.

Vari mesi dopo il golpe di Primo de Rivera, la CNT si appresta a entrare in clandestinità:ormai le sedi sono chiuse d’autorità, le lotte paralizzate e quasi tutti gli organi di stampasospesi. Ma non mancano al suo interno le discussioni sulla tattica da adottare nei confronti diun dittatore che ha sciolto tutti i partiti ma pare relativamente tollerante nei confronti dellestrutture sindacali. Egli impone solo che si accettino alcune condizioni legali, tra cui la piùcruciale è quella di entrare a far parte dei Comités Paritarios. Questi ultimi sono strutture dimediazione avviate dal regime per risolvere le controversie fra padroni e operai con l’attivapresenza di funzionari governativi. La UGT accetta pienamente le offerte del dittatore al puntoche Francisco Largo Caballero, suo leader riconosciuto, ricopre per alcuni anni un ruolodirettivo ai vertici del governo. Pestaña e altri ritengono che sarebbe utile uscire dallaclandestinità per non farsi emarginare dalla UGT e dai Sindicatos Libres, manovratidirettamente dal padronato. I gruppi anarchici di azione si oppongono invece decisamente atale prospettiva e mantengono una linea, sia politica che sindacale, di dura opposizione aPrimo de Rivera. Alcuni, come Durruti, si rifugiano nella vicina Francia e partecipano atentativi di spedizione insurrezionale come quello di Vera di Bidasoa e di Prats de Mollò.

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Queste azioni, che puntano a tener alte le speranze rivoluzionarie, si realizzano incollaborazione con i catalanisti di Macià e addirittura con piccoli nuclei di ufficiali schieraticontro la dittatura15.

Nasce la mitica FAI (1927) A partire dal 1925, il governo militare si trasforma in governo civile e il paternalismo pare

prevalere sulla pura repressione. Durante questi anni di semiclandestinità giunge al termine,nel luglio 1927, un processo organizzativo di cruciale importanza iniziato nell’esilio francese,e mascherato da gita naturista sulla spiaggia di Valencia. Nasce, sotto il sole cocente e tra ibagnanti ignari, una formazione che avrà nel giro di pochi anni un rilievo eccezionale nellastoria dell’anarchismo, dei movimenti rivoluzionari e delle stesse istituzioni spagnole.

La Federación Anarquista Ibérica (FAI) muove i primi passi con poche centinaia di aderenti,ma con grandi ambizioni sia nel campo dell’educazione e dell’etica che in quello delleinsurrezioni armate. La base organizzativa dei faístas è un insieme di «gruppi di affinità» neiquali un ristretto numero di membri concorda sulle questioni strategiche e tattiche, oltre adavere una forte intesa di tipo personale fondata su un alto senso della solidarietà, dellamilitanza, della coesione. In un certo senso, è l’essenza ideologica e clandestina dell’Alleanzabakuniniana a riproporsi nella Spagna tra gli anni Venti e Trenta. Aderire alla FAI significamettere in gioco tutte le proprie risorse per l’affermazione delle finalità dell’organizzazione.La FAI concretizza qualcosa di diverso, e di più radicale, di un partito politico. Al suo interno,in linea di principio, l’individuo è libero nel gruppo e il gruppo è libero nella federazione.Non viene istituito formalmente alcun organo direttivo e centralizzato e lo stesso ComitéPeninsular, che ripropone nel nome la partecipazione di delegati portoghesi, dovrebbelimitarsi a compiti amministrativi e a rifuggire da metodi gerarchici16.

Nel momento stesso della sua costituzione, appare subito evidente che uno degli obiettivicentrali della FAI, costituita da poche migliaia di militanti per diversi anni, è quello diesercitare un’influenza sulla CNT, il sindacato che organizza le grandi masse e che puòveramente contare sul piano dei rapporti di forza con lo Stato e gli altri protagonisti sociali epolitici. La relazione tra FAI e CNT, che in teoria vuole evitare la subordinazione sindacale, sibasa sulla cosiddetta trabazón, che collega le due strutture grazie all’inserimento di faístas diprovata fede nei posti chiave della Confederación. Questa stretta connessione CNT-FAI sirealizza con i Comités de Enlace (collegamento) fra le due organizzazioni, di breve durata,poi sostituiti dai Comités de Defensa Confederal, anch’essi formati da hombres de acción,che giungono fino alla guerra civile.

L’essenza della FAI si ritrova altresì nella lotta esplicita a due tendenze consideratedeviazioni dalla giusta via libertaria: quella marxista e quella riformista. Mentre il primoconflitto si stempera nel 1922 con la conferenza di Saragozza, nella quale la CNT ritiral’adesione alla Terza Internazionale, e con l’uscita del marxista Andreu Nin dalla segreteriadel Comité Nacional, il secondo attraverserà, in forma più o meno grave, tutta la successivastoria delle due componenti del movimento17.

In effetti non è semplice mettere in pratica un equilibrio stabile fra le rivendicazionisindacali, inevitabilmente limitate e parziali, e l’obiettivo di una rottura rivoluzionaria chespiani la strada alla liberazione completa dell’intera umanità. Più di qualche anarchico,d’accordo con le indicazioni generali di Errico Malatesta, ritiene che vada tenuta separata e

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distinta l’azione sindacale da quella specificamente anarchica. Al contrario, non pochimilitanti sostengono che, se la finalità della CNT è stata liberamente identificata nel«comunismo libertario», le tendenze che intendono negare la prospettiva della rivoluzioneanarchica costituiscono un problema. Per risolverlo, si dovrebbe procedere all’esclusione ditali posizioni moderate dagli organismi direttivi del sindacato. Agli inizi degli anni Trenta lecontroversie esploderanno in modo apparentemente irreparabile.

Il governo semicivile di Primo de Rivera cade nel 1929 per i conflitti interni alle stesse forzearmate e per l’intenzione del re di staccarsi, nella speranza di sopravvivere all’imminente finedel regime, da quel personaggio bizzarro e poco efficiente come capo del governo. Non èdunque una rivolta popolare, né una cospirazione politico-militare, a porre termine alladittatura.

Dopo una breve parentesi con un altro generale, tale Dámaso Berenguer, la popolazionespagnola viene chiamata alle urne, per elezioni di tipo amministrativo, il 12 aprile 1931. Lavittoria arride alla coalizione repubblicano-socialista, che conta anche su una sorta diappoggio non ufficiale di esponenti anarchici e sindacalisti. Alfonso XIII abbandonafrettolosamente il suolo spagnolo per rifugiarsi in Francia ritenendo, forse a ragione, dicorrere seri pericoli. In questo modo, il 14 aprile 1931 si proclama la Seconda Repubblicaspagnola, accolta con manifestazioni di giubilo in molte città e praticamente senza segni diviolenza o di vendetta. Inizia così un’epoca di grandi sogni e di brucianti risvegli per coloroche intendono rovesciare l’assetto oppressivo e autoritario della realtà spagnola.

Note al capitolo

1. La tesi della continuità dell’anarchismo con le visioni del socialismo utopico è sostenuta da S. Gurucharri, Bibliografíadel anarquismo español 1869-1975, La Rosa de Foc, Barcelona, 2004, p. 10. La prima ricerca sistematica sul pensiero

anarchico spagnolo fino alla fondazione della CNT in J. Álvarez Junco, La ideología política del anarquismo español (1868-

1910), Siglo XXI, Madrid, 2ª ed. 1991.

2. P. Madrid, C. Venza (cur.), Antología documental del anarquismo español, vol. 1, Fundación Anselmo Lorenzo, Madrid,2001, p. 24.

3. J. Termes, Anarquismo y sindicalismo en España. La Primera Internacional (1864-1881), Crítica, Barcelona, 3ª ed.

2000; A. Lorenzo, Il proletariato militante, Anarchismo, Catania, 1978.

4. A. Paz, Los Internacionales en la Región española, 1868-1872, Ed. del Autor, Barcelona, 1992; C.M. Lorenzo, Losanarquistas españoles y el poder, 1868-1969, Ruedo Ibérico, París, 1972.

5. Nel marzo 1873 Salvochea è sindaco di Cadice per poche settimane. G. Brey et al., Un anarchiste entre la legende et

l’histoire. Fermín Salvochea (1842-1907), Presse Universitaire, Sant-Denis (Paris), 1982. Una versione ampliata e

aggiornata in J. Maurice (cur.), Fermín Salvochea. Un anarquista entre la leyenda y la historia, Quorum, Cádiz, 2009.

6. Diversi processi celebri dall’Ottocento in poi sono considerati da J.L. Gutiérrez Molina, El Estado contra la anarquia,Síntesis, Madrid, 2008.

7. Uno studio sul suo pensiero in A. Fernández Álvarez, Ricardo Mella o el anarquismo humanista, Anthropos, Barcelona,1990.

8. Un’antologia ragionata in P. Gabriel, Escrits polítics de Federica Montseny, CEHC, Barcelona, 1979. In italiano, E.

Scardovi, Editoria militante e cultura libertaria. «La Revista Blanca», «Spagna contemporanea», n. 5, 1993.

9. Per una guida al pensiero e al movimento, X. Diez, El anarquismo individualista en España (1923-1938), Virus,Barcelona, 2007.

10. Un esempio eloquente di tale ottica in E.J. Hobsbawn, I ribelli, Einaudi, Torino, 1966.

11. Uno studio analitico tuttora valido in X. Cuadrat, Socialismo y anarquismo en Cataluña (1899-1911). Los origenes de la

CNT, Ediciones Revista de Trabajo, Madrid, 1976. Si veda pure l’ampio, e ormai classico, lavoro di J. Romero Maura, «La

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rosa de fuego». El obrerismo barcelonés da 1889 a 1909, Alianza, Madrid, 1989.

12. Tra le varie biografie di Ferrer, spesso agiografiche, si ricorda quella più critica di J. Avilés Farré, Francisco Ferrer yGuardia. Pedagogo, anarquista y mártir, Marcial Pons, Madrid, 2006. Per gli effetti sulla regione di Firenze, si veda F.

Bertolucci, La diffusione del «mito» di Ferrer nella Toscana prefascista (1909-1922), «Rivista storica dell’anarchismo», n.1, 2002, pp. 35-68.

13. Una delle prime ricerche approfondite, tuttora fondamentale, è J. Connelly Ullman, La Semana Trágica, Ariel,

Barcelona, 1972. Di recente sono usciti vari libri, tra cui D. Marín, La Semana Trágica. Barcelona en llamas, la revueltapopular y la Escuela Moderna, La Esfera de los libros, Madrid, 2009. Sul personaggio prima repubblicano incendiario e poi

ministro conservatore, si veda J. Álvarez Junco, El Emperador del Paralelo: Lerroux y la demagogia populista, Alianza,Madrid, 1990.14. Una guida notevole per seguire la storia del sindacato libertario fino al 1939 è fornita dai quattro volumi, nell’edizione

italiana, di J. Peirats, La CNT nella rivoluzione spagnola, Antistato, Milano, 1977-78. Il grande lavoro di ricostruzione èopera di un militante che, nei primi anni Cinquanta, poté consultare quasi solo documenti delle organizzazioni anarchiche.Malgrado le molte ricerche successive, svolte direttamente su archivi da storici professionisti, quest’opera resta assai utileper la vasta documentazione riprodotta e per l’interpretazione critica verso le scelte politiche dei «centri decisionali» della

CNT-FAI. Le biografie sintetiche degli anarchici citati in tutto il volume si possono trovare ad nomen nella vasta opera di M.

Íñiguez, Enciclopedia histórica del anarquismo español, 3 voll., Asociación Isaac Puente, Vitoria, 2008.15. Il primo dei due tomi della biografia, in italiano, di Buenaventura Durruti dà ampio spazio al tema della lotta illegale: A.

Paz, Durruti e la rivoluzione spagnola, t. 1, Da ribelle a militante 1896-1936, t. 2, Il rivoluzionario 18 luglio-20 novembre

1936, BFS-La Fiaccola-Zero in condotta, Pisa-Ragusa-Milano, 1999-2000.

16. È ancora importante l’analitico lavoro di A. Bar, La CNT en los años rojos. Del sindicalismo revolucionario al

anarcosindicalismo, 1910-1926, Akal, Madrid, 1981.

17. L’unico profilo che ricalca le fasi di vita della FAI e delle precedenti organizzazioni specifiche anarchiche è tuttora

l’opera di uno storico militante: J. Gómez Casas, Historia de la FAI, Zero, Madrid, 1977; FAL, Madrid, 2007.

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capitolo secondo

Di fronte alla Repubblica:speranze e delusioni (1931-1936)

Lo scenario in cui nasce e si sviluppa la Seconda Repubblica (1931-1936) è piuttostocomplesso e contraddittorio. Sarebbe troppo semplice presentare la Spagna come un paeseancorato al passato e addirittura più africano che europeo. Negli anni Trenta ci sono alcunielementi di indubbia arretratezza, ma accanto a essi si fanno notare esempi dimodernizzazione e di crescita avviati già nel decennio precedente1.

La percentuale di lavoratori dediti all’agricoltura è ancora elevata (45% nel 1930), ma è giàscesa di 18 punti in dieci anni. Per contro gli addetti ai settori industriali e dei servizisuperano la metà del totale. I residenti in centri urbani di oltre 10.000 abitanti sono circa 10milioni, il 43% della popolazione. La speranza di vita media è di 50 anni e si è ridotta dimolto la piaga della mortalità infantile. Il cambiamento del quadro complessivo si nota di piùnelle città che nelle campagne, dove comunque si realizza, negli anni repubblicani, unnotevole incremento della disponibilità di acqua e un innalzamento di produttività, adesempio nella coltivazione del grano.

La struttura della proprietà terriera mostra ancora una considerevole presenza del latifondo:nel 1930 il 3,5% dei proprietari possiede più della metà della terra e risiede preferibilmente aMadrid. A questa situazione di privilegio corrisponde una vera e propria hambre de tierra(fame di terra) da parte di famiglie di braccianti o di piccoli contadini.

Si sta verificando, già dal tempo della prima guerra mondiale, una forte emigrazione dallacampagna alle città. Ad esempio, a Barcellona giungono dalle zone rurali più di 300.000persone negli anni della Repubblica portando il totale della popolazione cittadina oltre ilmilione. Poco meno sono gli inurbati nella capitale, dove comunque le attività industrialitrainanti sono quelle collegate a tabacco, abbigliamento e alimentari, fino all’esplosionedell’edilizia nel 1931. Il settore della costruzione muta la fisionomia di Madridtrasformandola in un centro sia di sviluppo produttivo che di lotte sociali. Altri centri urbaniseguono distanziati dalle due metropoli: da Bilbao e Saragozza nel nord, a Valencia nell’est eSiviglia nel sud. In quest’ultima città, la terza per dimensione, permangono dati preoccupanti:agli inizi del terzo decennio del Novecento più della metà dei ragazzi è analfabeta. È proprioil settore dell’educazione quello nel quale si notano netti miglioramenti nel quinquenniorepubblicano, soprattutto per l’impegno di una numerosa e motivata generazione di giovanimaestri consapevoli della loro funzione strategica per il futuro della società.

Le classi sociali spagnole si distinguono sensibilmente per le condizioni di vita e per iconsumi. La nobiltà terriera residua riesce a rigenerarsi nell’alleanza con la crescente

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borghesia industriale e mercantile grazie ad avvedute strategie matrimoniali, mentre le classimedie professionali difendono i loro interessi tramite una particolare influenza sul cetodirigente politico. Sull’altro versante, il proletariato rurale vede aumentare la distanza daquello cittadino, che invece nei primi anni Trenta recupera reddito e garanzie grazie a dure, espesso vincenti, lotte sindacali. A ogni modo poche famiglie possono permettersi qualcosa dipiù dei generi alimentari di base, di qualche vestito e di un’abitazione spesso meno chedecente.

Lo Stato affronta la questione delle condizioni di vita popolare con un Instituto de ReformasSociales che esiste sulla carta dagli inizi del secolo, ma che agisce in effetti solo negli annirepubblicani. Con esso collaborano tutte le forze parlamentari, dai liberali ai socialisti, dairepubblicani ai cattolici. I miglioramenti istituzionali si riducono al varo di norme per leassicurazioni sociali e previdenziali, senza però garantire un sostegno effettivo in caso didisoccupazione o di malattia.

Il vicolo cieco delle elezioni In tale situazione di sostanziale carenza, o talora paralisi, delle istituzioni pubbliche, che

dagli ultimi decenni dell’Ottocento erano state preda dei vari caciques (capi di fatto neivillaggi), manipolatori delle elezioni, si ritrova una delle ragioni del radicamento e sviluppodell’anarchismo spagnolo. Sul terreno della copertura dei bisogni collettivi, la SecondaRepubblica cerca di porre rimedio alla quasi assenza dello Stato, ma con risultatiinsoddisfacenti rispetto alle attese. Il suo semifallimento favorisce, in fin dei conti, la ripresae la crescita del movimento anarchico, solidaristico e, a suo modo, modernizzatore.

La debolezza intrinseca e le insanabili contraddizioni del riformismo, incapace di intaccaregli interessi forti, fanno emergere la connivenza delle istituzioni con gli oppressori el’inutilità della via elettorale all’emancipazione. In sintesi, nel giro di un paio di anni laSeconda Repubblica dimostra alle classi oppresse, desiderose di un rinnovamento radicale,che la strada indicata dai socialisti e da altre formazioni legalitarie assomiglia piuttosto a unvicolo cieco, in quanto la natura reazionaria degli apparati di Stato riduce di molto ogniprogetto riformista moderato.

La via indicata dall’anarchismo, soprattutto nella sua versione anarcosindacalista, pareinvece rispondere direttamente ai bisogni e agli ideali di ampi settori di lavoratori e diproletari: coesione popolare, azione diretta, rivolta antistatale, cultura autogestita, pratiche disuperamento dell’arretratezza e dell’oscurantismo, soprattutto clericale. La carica utopicaintrinseca a tale programma non è un ostacolo al consenso popolare; anzi, rappresenta unelemento psicologico che ben si inscrive nel diffuso immaginario ribellista della Spagna deglianni Trenta. La «modernizzazione extrastatale» che passa attraverso le scuole e i giornali, gliAteneos Libertarios e le sezioni sindacali, le assemblee e le pratiche di vita quotidiana, tra cuiquella molto rilevante del controllo delle nascite, acquista una valenza e una credibilità che,in diverse regioni, supera quella del riformismo predicato e non realizzato.

In ogni caso, la società spagnola sta dimostrando, nel tormentato quinquennio repubblicano,una notevole capacità di evoluzione verso livelli, per così dire, europei. Il ruolo della donnaconosce cambiamenti considerevoli soprattutto nelle grandi città, in cui si superano, di fatto edi diritto, le norme per cui era necessaria l’autorizzazione del marito per entrare nel processoproduttivo o per firmare un qualsiasi contratto. Nei centri urbani la percentuale dianalfabetismo si riduce al 20% nel 1930, e in settori produttivi come il tessile catalano lapercentuale di donne operaie supera quella degli uomini, mentre la componente femminile

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del sindacalismo si fa sentire in modo consistente. Il caso della dirigente anarchica TeresaClaramunt2 è sempre meno eccezionale. E il lavoro femminile si diversifica: nel 1926 unterzo del personale della Telefónica, azienda moderna a capitale straniero, è formato dalavoratrici.

I primi passi della Niña bonita L’evoluzione della Spagna repubblicana viene solitamente suddivisa in tre tappe

fondamentali: il Bienio reformista (dal 1931 al 1933), il Bienio negro (dal 1934 alla fine del1935), il Frente Popular (il 1936 fino al 18 luglio).

Le elezioni municipali, e non politiche, del 12 aprile 1931 aprono una tappa inedita nellastoria del paese. In realtà i risultati sono contraddittori e il territorio spagnolo appare divisonettamente: la vittoria spetta ai partiti monarchici nelle zone rurali della Meseta del nord,dove domina la piccola proprietà agricola ed è egemone la cultura cattolica. Al contrario siassiste a un’affermazione della coalizione repubblicana socialista nelle grandi città a notevolecomposizione operaia e borghese progressista laica. Su 52 capitali di provincia, 45 sono inmano a repubblicani e socialisti: un’ulteriore dimostrazione che il cambiamento politico esociale viene dai centri urbani.

Gli stessi esponenti dei partiti conservatori consigliano Alfonso XIII di allontanarsirapidamente dalla Spagna, mentre le manifestazioni festose dei progressisti occupano inpoche ore i punti vitali delle città. Anche il capo della Guardia Civil, generale José Sanjurjo,prende atto della nuova dislocazione del potere che passa, dato assai significativo, attraversola proclamazione della Repubblica città per città, cioè in modo autonomo. Ritorna quindi inforze la tendenza federalista caratteristica dei circoli progressisti di metà Ottocento. ABarcellona, capitale della regione dove più netto è il trionfo delle sinistre, il 14 aprile 1931Francesc Macià proclama la Repubblica catalana all’interno della Federación de PueblosIbéricos. In realtà il suo passo avanti lo pone subito in dissidio con il potere centrale,all’interno del quale lo spirito federalista è minoritario.

A Madrid si costituisce un governo provvisorio formato da esponenti di tutti i partiti, anchequelli conservatori e moderati, in vista delle elezioni del giugno 1931 per l’AsambleaConstituyente. Restano escluse le espressioni dei ceti privilegiati e, per contro, quelle delleforze radicali proletarie in via di rapido rafforzamento organizzativo: anarcosindacalisti e inon molti comunisti delle varie tendenze. La composizione sociale del governo vede ilprevalere dei ceti intellettuali, dai docenti universitari agli avvocati.

Lo stato d’animo popolare è eccitato e imponenti manifestazioni si susseguono quasi senzasosta per settimane. Spesso i cortei sono guidati da una giovane donna con il berretto frigio eil tricolore repubblicano (rosso, giallo e viola). La Niña bonita, alla testa dei manifestanti, èla personificazione femminile, bella ed entusiasta, della Seconda Repubblica.

Problemi assillanti sono però alle porte. Nell’imminenza dell’estate e dei raccolti agricoli, inun momento in cui i disoccupati ammontano a molte centinaia di migliaia, le ipotesi diimminenti rivolte rurali si fanno sempre più concrete. Con finalità preventive, il ministro delLavoro, il socialista Largo Caballero, emana una serie di decreti in difesa della manodoperadelle campagne e dei piccoli affittuari. Si inaugura la giornata di lavoro di otto ore anche per ibraccianti e si impone la coltivazione dei terreni sulla base di un accordo, comune percomune, tra operai e proprietari con la mediazione ministeriale. Come nelle industrie, si dàvita ai Jurados Mixtos che ripropongono, sotto altro nome, i Comités Paritarios della dittatura

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cui aveva partecipato la UGT. Nelle nuove commissioni lavoratori e padroni occupano lostesso numero di posti ed è presente un funzionario statale. Lo scopo è quello di superare conuna concertazione costante le controversie e di verificare l’applicazione corretta del nuovodiritto del lavoro. È la concretizzazione dell’intervento dello Stato come regolatoreinterclassista del conflitto sociale, un ruolo che vuole rimpiazzare il tradizionale impiegobrutale della Guardia Civil di cui era costellata la storia delle proteste nelle campagne.

La risposta iniziale dei proprietari agrari non è di netta opposizione, ma piuttosto di vigileattesa per evitare l’aggravamento immediato delle tensioni esistenti. La loro tattica è quella dirallentare ogni vera riforma favorendo le coalizioni di destra. Essi progettano di mobilitare, intempi migliori, la parte conservatrice dei politici per difendere la propria supremazia ancoraforte in molti territori lontani dai grandi centri urbani.

Esercito, Chiesa e autonomia catalana Contemporaneamente Manuel Azaña, raffinato intellettuale e volitivo ministro della Guerra,

tenta di snellire l’elefantiaco apparato militare dalla dubbia efficienza, dai costi elevati e dallascarsa affidabilità politica. Ciò comporta il dimezzamento delle sedici divisioni esistenti, lasoppressione di molti comandi non operativi e la riduzione drastica dei gradi più elevati,spesso semplici sinecure a reddito garantito. Questo blocco delle carriere che avviene neiprimi anni Trenta, in una Spagna ricca di burocrati con o senza divisa, è fonte di rancori edesiderio di rivalsa. Migliaia di ufficiali, piuttosto che giurare fedeltà alla Repubblica, vannoin pensione anticipata, comunque con buoni trattamenti economici. Il caso della chiusuradell’Accademia di Saragozza, comandata da un generale di nome Francisco Franco, ha unelevato valore simbolico e contribuisce ad aumentare l’ostilità di buona parte degli alticomandi verso il nuovo assetto governativo.

Nemmeno un mese dopo la pacifica ed entusiasta proclamazione della Repubblica scoppiaun altro grave problema per il precario governo transitorio. In nome della separazione traStato e Chiesa, vengono emanati vari decreti che proclamano la libertà per tutti i culti epongono fine ai privilegi della Chiesa cattolica, tra cui l’educazione religiosa obbligatoria. Aqueste disposizioni laiche risponde il cardinale Pedro Segura, primate di Spagna, con unalettera pastorale di indignata protesta, in cui elogia il deposto re e sfida la nuova formaistituzionale. A una successiva provocazione antirepubblicana, gruppi di manifestantirispondono appiccando il fuoco a una mezza dozzina di edifici religiosi a Madrid e ad alcuniconventi nel sud del paese. Il governo non autorizza l’intervento poliziesco verso le azionianticlericali: lo scontro tra potere ecclesiastico e istituzioni repubblicane si fa sempre piùaspro. La linea favorevole alle trattative del cardinale Francesc Vidal i Barraquer si blocca.Dopo un viaggio a Roma, dove contatta le alte sfere vaticane, Segura ritornaclandestinamente in terra spagnola e convoca riunioni segrete tra parroci e religiosi di variordini. Scoperto, viene immediatamente espulso.

Un altro serio conflitto riguarda il rapporto tra il governo centrale e due regioni chereclamano l’autonomia. Il caso della Catalogna è relativamente facile, con il riconoscimentodella Generalitat, il governo autonomo regionale, già nell’aprile 1931. Invece la questionebasca resta aperta per il carattere confessionale e antidemocratico dello Statuto preparato dainazionalisti baschi. Inoltre il catalanismo, guidato in parte dalla Esquerra Republicana deCatalunya, ha espliciti connotati di sinistra e ha aderito al patto di San Sebastián del 1930,stipulato tra formazioni contrarie alla dittatura. Invece, il Partido Nacionalista Vasco,maggioritario, ha radici confessionali e conservatrici, già incarnate nell’Ottocento dal

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movimento carlista, di principi integralisti e teocratici.Alla fine di giugno del 1931 si tengono le elezioni per le Cortes Constituyentes che hanno il

compito di scrivere la nuova carta fondamentale dello Stato. Il risultato premia la coalizionedi sinistra attribuendo al PSOE la maggioranza relativa e ai repubblicani delle varie tendenzeuna porzione di poco inferiore. Le destre sono ridotte a una quarantina di seggi sui 450 eletti.

Il dibattito sulla Costituzione rinvia agli scontri già in atto a partire dall’aprile del 1931,quando la Niña bonita, come viene rappresentata nell’iconografia popolare la Repubblica, hacompiuto i primi passi. I punti di maggiore frizione riguardano le limitazioni al potereclericale. In particolare, la Compagnia di Gesù viene dissolta in quanto basata sul giuramentodi obbedienza al papa, cioè a un capo di Stato straniero. Inoltre si sottrae l’educazionepubblica ai religiosi e si circoscrivono le possibilità dei vari ordini e del clero secolare disvolgere attività economiche.

Il contraccolpo di questi provvedimenti porta alle dimissioni da capo del governo delcattolico Alcalá Zamora e alla sua sostituzione con il repubblicano laico Manuel Azaña.Quando quasi la metà delle Cortes non approva le norme anticlericali, la destra coglie al volol’occasione per coagularsi attorno ai centri di potere appena ridimensionati, cioè la Chiesa,l’esercito e, di lì a poco, i latifondisti intimoriti dalla sbandierata riforma agraria. Per farfronte alle forze reazionarie, ma anche per garantirsi da disordini a sinistra, nell’ottobre dellostesso anno si approva la Ley de defensa de la República che prevede, nei casi definiti gravidal governo, la sospensione dei diritti civili e l’attribuzione di poteri illimitati al ministrodegli Interni. Alla fine la Costituzione, con i suoi articoli più contrastati e in parteammorbiditi, è approvata con l’80% dei voti. Quasi a ricomporre la frattura di un paio di mesiprima, il cattolico moderato Alcalá Zamora è nominato presidente della Repubblica.

La madre di tutte le riforme Il processo di mutamento radicale promesso dalla Repubblica ruota attorno alla attesa, e

temuta, riforma agraria. Già nel maggio 1931 si istituiscono apposite commissioni di studio ea fine luglio viene presentata una prima proposta, tutt’altro che moderata, al governo. Lariforma dovrebbe essere applicata, nelle sue diverse tappe, da un apposito Instituto deReforma Agraria formato da tecnici, economisti e politici nominati tra esperti riformisticonvinti. Si stabiliscono le dimensioni e le qualità dei terreni espropriabili, con indennizzi piùo meno adeguati. Sono distinti vari tipi di proprietà rispetto alla produttività: le terre coltivatee quelle lasciate incolte, i pochi terreni irrigati e quelli coltivati a secco, i territori dei nobili, iGrandi di Spagna, e quelli del piccolo coltivatore diretto. Inoltre si fissano obiettivi elevati diinsediamento annuale sulle terre riformate pari a decine di migliaia di famiglie contadinesenza terra (75.000 nel progetto discusso a fine agosto 1931). Scoppia un dibattito che investel’intera società: i proprietari, soprattutto i latifondisti, si coalizzano in difesa delle loro terre einiziano a cercare alleati, in primis le gerarchie militari, per limitare o boicottarel’incombente riforma.

In pratica i progetti cambiano nel corso del tempo, anche perché esiste una sensibiledifferenza di impostazione riformista tra i repubblicani e i socialisti. I primi cercano di darvita a piccole e medie proprietà da assegnare a gruppi famigliari affinché si identifichinonella difesa del liberalismo progressista; i secondi puntano a fondare una rete di cooperativerurali per costruire una propria area di solido consenso, sia elettorale che sociale. Anche ildissidio fra le due tendenze contribuisce a bloccare la prevista riforma e a svuotarla del

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carattere innovatore.Nell’estate del 1932, nelle ultime fasi del dibattito ormai logorante alle Cortes, si verifica un

evento che dà l’idea delle forze in campo e delle incertezze governative. Il capo della GuardiaCivil, generale Sanjurjo, dà avvio a un golpe a Siviglia, che però fallisce per la cattivaorganizzazione della trama militare e per la decisa opposizione delle forze popolari, CNT intesta. Le finalità sono due: l’annullamento della riforma agraria, particolarmente sgradita aigrandi latifondisti, e dell’autonomia concessa alla Catalogna, ritenuta un attentato allo Statounitario e centralista di cui l’esercito sarebbe il garante inflessibile.

Sanjurjo viene prima condannato a morte, poi graziato, e infine lasciato espatriarenell’accogliente Portogallo, dove è al potere il dittatore corporativista Antônio Salazar. È ilsegnale di una grave debolezza del ceto dirigente repubblicano, che evita di punire in modoesemplare il golpista per non aggravare i rapporti con le forze armate. D’altra parte, ciòsignifica ammettere di fronte all’opinione pubblica un dato preoccupante: il potere politico èsostanzialmente subordinato al potere militare, che gestisce la forza vera e propria.L’accelerazione del processo di espropriazione della nobiltà complice di Sanjurjo non muta lasituazione di crisi della proclamata riforma. La debole risposta al golpe rivela un datodeterminante per i futuri sviluppi: in caso di necessità il ceto politico repubblicano dispone dipochi strumenti di difesa. E ciò malgrado la fondazione ex novo di un corpo di polizia, leGuardias de Asalto, formato da elementi fedeli al governo repubblicano-socialista.

Casas Viejas: «Chiediamo terra, ci danno piombo!» Il fallimento della riforma agraria, con il conseguente aumento delle tensioni sociali nelle

campagne che si ispirano al principio «la terra a chi la lavora», nonché la brutalità dellapolizia repubblicana, sono la cornice di un evento che segna una svolta nella già agitata vitadella Seconda Repubblica. Nel gennaio 1933 numerosi contadini andalusi rispondono a unappello insurrezionale della CNT e della FAI, disarmano la Guardia Civil e proclamano il«comunismo libertario». Quanto previsto nel 1932 in un omonimo e fortunato opuscolo delmedico anarchico Isaac Puente sembra diventare realtà3. L’inevitabile violenza anarchica è ineffetti molto contenuta: il tradizionale assalto alle caserme e il sequestro delle armi aglielementi di destra. Dove possibile si occupano gli archivi comunali e si bruciano le carte cheattestano la proprietà terriera. Azioni armate e atti simbolici si alternano in questi moti chepartono, quasi sempre, da decisioni prese singolarmente dalle strutture sindacali locali con uncoordinamento alquanto improvvisato.

Le notizie dell’insuccesso della rivoluzione negli altri comuni rurali e nelle regioni del nordsi trasforma, nel piccolo villaggio andaluso di Casas Viejas, nell’amara consapevolezza che,ancora una volta, la lotta per l’attesa liberazione totale e per l’avvento di una societàradicalmente nuova non è stata compresa da tutto il popolo, né è riuscita a mobilitarlo. Comein situazioni analoghe, gli insorti maschi si rifugiano sulle montagne per sfuggire alla previstaritorsione dello Stato.

A Casas Viejas, vicino a Jerez de la Frontera e all’interno dell’enorme proprietà del duca diMedina-Sidonia, una famiglia di anarchici, conosciuta come Seisdedos, guidati dal nonnoultrasettantenne, non si arrende e si barrica nella propria casa fatta di fango e con il tetto dilegno e ramaglie. Dall’interno si risponde all’assalto dei poliziotti con un paio di fucili dacaccia, provocando altri due morti. Malgrado tutto, la situazione è apparentemente sotto ilcontrollo poliziesco in quanto è evidente che gli assediati non possono resistere a lungo. Ma il

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governo di Azaña e qualche alto comando delle forze repressive, appena giunte a CasasViejas, decidono di «dare una lezione» ai rivoltosi e a tutti coloro – e sono molti nella Spagnadell’epoca – che immaginano di poter fare una rivoluzione. La casa viene incendiata e lepersone che fuggono sono falciate dai fucili delle Guardias de Asalto. Inoltre nel paese siarresta una dozzina di giovani uomini, presunti ribelli; sono legati l’un l’altro e portati neipressi della casa ormai distrutta. Qui vengono fucilati come se fossero stati anch’essi deiresistenti. Alla fine si contano una ventina di morti, tra cui vecchi, donne e bambini che noncostituivano alcun «pericolo per l’ordine pubblico».

Le conseguenze del massacro di Casas Viejas sono di grande portata. Logicamente la CNT ela FAI denunciano il fatto che il potere repubblicano, incapace di risolvere la gravissima crisinelle campagne, reprime senza pietà i contadini insorti contro l’inganno della mancatariforma agraria. Mentre con il golpista Sanjurjo il governo ha usato la moderazione e latolleranza, con il proletariato rurale sceglie la via del terrore. «Chiediamo terra e ci dannopiombo!» è lo slogan che si diffonde rapidamente nelle campagne spagnole e che ha effettidevastanti sul consenso contadino verso i dirigenti repubblicani e socialisti. Il riflesso inambito politico e parlamentare è inevitabile e di lì a poco l’esito è un contraccolpo fatale sullacompagine governativa: la coalizione di centrosinistra entra in una crisi irreversibile e AlcaláZamora indice nuove elezioni politiche per il novembre 1933.

L’eco degli spari di Casas Viejas non si è ancora spenta e già si registra un forteastensionismo popolare nelle provincie meridionali rurali a influenza anarcosindacalista, daCadice a Siviglia. Sull’altro versante politico, la destra nazionalcattolica, dalla ConfederaciónNacional Católica Agraria alla Acción Católica, particolarmente radicate nella Castiglia delnord, si è mobilitata in forze, grazie anche all’indiscusso appoggio delle gerarchieecclesiastiche. Nasce il nuovo partito reazionario di massa, la Confederación Española deDerechas Autónomas (CEDA), che si presenta come il principale riferimento per una svolta adestra nella guida del paese. Il leader della CEDA, José María Gil Robles, dichiara a metàaprile 1933 che: «La democrazia sarà un mezzo, ma non un fine». Si esplicita così l’ideologiae gli obiettivi di una destra che simpatizza apertamente con il fascismo italiano.

Nel novembre 1933 i partiti di sinistra sono nettamente sconfitti, anche in regionitradizionalmente rosse, per la scarsa affluenza alle urne di ampi settori proletari (in totalevotano meno del 70% degli aventi diritto). Le classi popolari intendono protestare contro unaRepubblica che ha abbandonato l’immagine della Niña bonita del 1931.

L’aspra polemica nella CNT: «possibilisti» contro «intransigenti» La fine del 1933 è forse il momento in cui la lontananza dell’anarchismo e

dell’anarcosindacalismo rispetto alle componenti riformiste della sinistra repubblicana esocialista è maggiore e il conflitto più acceso. Tuttavia non va dimenticato che le primesettimane e i primi mesi di avvio della Repubblica sono stati caratterizzati da altri tipi dirapporti. Nell’aprile del 1931 anche gli ambienti libertari vengono coinvolti dal generaleentusiasmo e dalle dilaganti speranze messi in moto dalla fuga precipitosa del re edall’avvento della Repubblica. Finalmente si possono organizzare manifestazioni e mítinesche sollecitano il protagonismo del popolo rivoluzionario. La festa, la propaganda e leincitazioni alle azioni dirette sovversive ricompaiono nel panorama spagnolo dopo undecennio di forzata assenza. Nell’anarcosindacalismo si delinea un dibattito che inizia contoni pacati e fraterni, ma che nel giro di qualche mese si fa acceso e violento. Si tratta di

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definire l’atteggiamento da tenere nei confronti del nuovo potere democratico e dei suoiprogetti di progresso riformatore.

Le alternative sono sostanzialmente due. La prima è possibilista con le nuove istituzioni epropende a lasciarle consolidare per utilizzare al massimo gli spazi esistenti e così rafforzarela coscienza libertaria nei lavoratori, ancora impreparati per una vera rivoluzione sociale. Laseconda è invece determinata a dare subito battaglia al nuovo Stato per impedirgli distabilizzarsi e riprendere l’efficienza dei suoi strumenti operativi. L’obiettivo di questatendenza è di sfruttare la rabbia e il coraggio popolari in modo da scatenare rivolte laddove sidiano le minime condizioni per un successo, anche temporaneo.

Sulle prime posizioni si trovano i sindacalisti, come Ángel Pestaña, che diffidano deglianarchici specifici, cioè di coloro che non si limitano al campo sindacale ma intendonoaffrontare i problemi dell’intera società con una prospettiva rivoluzionaria e specificamenteanarchica. Tra i sindacalisti, Joan Peiró afferma che va tutelata l’autonomia sindacale daqualunque imposizione esterna, anche faísta. Con loro si schiera una fetta importante deisindacati catalani della CNT, decisi a mantenere il controllo delle rivendicazioni operaie su unbinario di pura lotta sindacale per quanto aspra e frontale4. Sulle seconde si collocano glianarchici che vengono di solito identificati, più o meno propriamente, con la FAI, pur se sortada pochi anni e costituita nel 1931 da poche centinaia di militanti. Via via che lo Statorepubblicano procederà nella lotta al sindacalismo antisistema e reprimerà duramente leopposizioni sociali, la via insurrezionale prenderà forza e si diffonderà negli ambientilibertari.

Il terzo congresso nazionale della CNT, che conta all’epoca poco meno di 500.000 iscritti, sitiene a Madrid nel giugno 1931, qualche settimana dopo la proclamazione della Repubblica5.Il dibattito verte su due punti centrali: la costituzione di Federación de Industria, cheraggruppa tutti i sindacati di un settore produttivo, e il rapporto con il nuovo poteregovernativo. La prima questione si risolve, dopo un dibattito acceso, con l’approvazione daparte dei tre quarti dei delegati. Il motivo di fondo dei sostenitori di queste federazioni è lanecessità di rispondere alla concentrazione del capitale industriale con un’organizzazionealtrettanto coesa e pronta alla lotta. Tra di essi, oltre a esponenti prettamente sindacalisticome Peiró, si trovano quegli anarchici specifici come Eusebio Carbó che sostengono laseparazione tra sindacato e organizzazione anarchica. Tra gli oppositori emerge, soprattuttoper il tono estremista, García Oliver, delegato del settore edile barcellonese, il quale affermache questo modello è di origine germanica e mal si adatta alla realtà spagnola, di cui la CNT èespressione e avanguardia proletaria. Di fatto, nei mesi successivi si costituiscono pochefederazioni in quanto la CNT deve affrontare altri problemi più assillanti. Su questa lentaattuazione dei deliberati congressuali pesa anche l’influenza della FAI e dei suoi organi distampa come «Tierra y libertad».

La polemica sull’altro tema scottante, la valutazione delle Cortes Constituyentes appenavarate, parte dall’unanime affermazione di principio che rimanda alla tradizione antipolitica:azione diretta, scioperi con lotta frontale contro il padronato, rifiuto delle mediazionigovernative nei conflitti di lavoro, estraneità alla scelta obbligata fra Stato conservatore oprogressista. Alla fine però il dibattito e le votazioni sembrano dar ragione a chi tatticamentepensa che non sia utile schierarsi in modo radicale contro la Repubblica. Infatti, dato che lalotta antirepubblicana è condotta dalla destra più reazionaria e monarchica, si ritiene che nonsia opportuno correre il rischio di confondersi con la zavorra del passato, rappresentato dalatifondisti, Chiesa, esercito e dai loro esponenti parlamentari. Inoltre non sembra ancoragiunto il momento del desencanto degli sfruttati spagnoli verso i piani riformisti, anche se da

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un punto di vista anarchico le riforme prospettate sono considerate inevitabilmentefallimentari. Secondo l’opinione prevalente, gli interlocutori naturali della CNT, i lavoratori etutti gli ambienti sociali a loro collegati, sono ancora sotto gli effetti della «ubriacaturarepubblicana»6. I vari settori proletari e popolari diverranno compagni di lotta solo dopo avertoccato con mano l’incapacità del ceto dirigente repubblicano di risolvere i problemi centralidella società spagnola. Il sindacato libertario deve quindi evitare di «perdere il poco, sicuro,per il molto, insicuro»7.

Nel contrasto verbale, molto acceso, del congresso emergono dati interessanti sui contattidell’anarcosindacalista Peiró e di altri dirigenti confederali con il repubblicano dell’ERC

Macià al fine di evitare una intensa campagna astensionista nell’aprile 1931. L’accusacocente, lanciata da esponenti della FAI – tra cui Vicente Ballester, José Alberola, GerminalEsgleas e Progreso Fernández, che avranno ruoli importanti nella storia successiva – è di«collaborazionismo politico democratico». Dall’altra parte, tra i possibilisti, insieme a Peiró ePestaña (comunque su posizioni differenti) si schierano anche faístas come Manuel Rivas esoprattutto alcuni organismi di rilievo come la federazione locale di Barcellona e lo stessoComité Nacional, oltre alla redazione del quotidiano «Solidaridad Obrera» (detta anche«Soli») che esce in Catalogna ma ha valenza nazionale.

Nell’autunno del 1931 la forza numerica della CNT conosce il suo massimo prima dellaguerra civile: più di 800.000 tesserati, con punte di 300.000 in regioni cruciali come laCatalogna, dove domina tra gli operai, e l’Andalusia, dove tra i braccianti rivaleggia con laUGT socialista. Anche nel País Valenciano, in Aragona, in Galizia e nelle Asturie si nota unasua presenza rilevante, ma in competizione, talora perdente, con i sindacati socialisti. Nel1932, a causa della scissione in corso, le adesioni scendono notevolmente in Catalogna perriprendere leggermente nei primi mesi del 1936. La forza della CNT segue quindi unandamento altalenante che risente dell’aggravarsi del conflitto interno, in parte ideologico mainnanzi tutto organizzativo.

Il confronto tra le due correnti – la moderata e la radicale o, in altri termini, la sindacalista el’anarchica, o ancora la «collaborazionista» e la «estremista» – si aggrava nel giro di pochimesi. Ciononostante, la FAI stimola e appoggia, con le sue sole forze, tre tentativiinsurrezionali: nel gennaio 1932 nell’Alto Llobregat, regione mineraria catalana; nel gennaio1933 in vari centri rurali e soprattutto in Andalusia, dove succedono i tragici fatti di CasasViejas; nel dicembre 1933 a Saragozza e in alcuni piccoli centri rurali aragonesi comeAlbalate de Cinca o Mas de las Matas, presso Teruel, dove si proclama ancora una volta il«comunismo libertario». Anche nella regione viticola della Rioja e nella provincia di León,nel nord della Spagna, si verificano agitazioni armate.

La strategia della FAI si fonda sull’intensificazione della lotta allo Stato superando ognilegalitarismo e riformismo per porre all’ordine del giorno la necessità della rivoluzionesociale. Malgrado gli insuccessi, l’organizzazione specifica non demorde, anzi decide diaccelerare la mobilitazione con finalità antirepressive. Le centinaia di insorti uccisi, iprocessi, le deportazioni e le lunghe detenzioni forniscono altrettante occasioni per mostrare,con dati alla mano, quanto la Repubblica democratica sia, in buona sostanza, uguale alregime monarchico reazionario. Anche le istituzioni repubblicane sono perciò da combatteree sconfiggere con l’azione violenta popolare. I Comités pro Presos, comitati di sostegno aidetenuti, risultano molto attivi in quasi tutti i centri proletari. Essi costituiscono unriferimento costante per i militanti più decisi e irriducibili e sono la versione aggiornata dellatrabazón attuata nel decennio precedente, cioè l’inserimento della linea specificamenteanarchica nei posti chiave dell’organizzazione operaia.

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La scissione degli anarcosindacalisti moderati Da parte sua lo Stato democratico, già nel 1931, attacca senza tregua l’identità sovversiva ed

extraistituzionale della CNT per svuotarne la capacità di mobilitazione e di rappresentanza. Ilministro del Lavoro, il leader socialista legato alla UGT Largo Caballero, favorisce in varimodi la propria area di provenienza. Infatti promuove i suoi compagni socialisti qualirappresentanti dei lavoratori nei Jurados Mixtos, contando sul fatto che, per coerenza, imilitanti della CNT disertino tali strumenti di risoluzione interclassista dei conflitti di lavoro.Con appositi provvedimenti, come la già citata Ley de defensa de la República e la Leycontra vagos y maleantes (oziosi e malfattori), lo Stato si dota di strumenti di contenimentopiù efficienti e incisivi. Il duplice tentativo governativo, di assorbimento e di repressione, vanella direzione di emarginare, se non eliminare, la CNT. Questo attacco favorisce di fatto laradicalizzazione tanto del conflitto tra gli operai e i contadini di orientamento libertario e ilceto politico e amministrativo vicino a repubblicani e socialisti, quanto delle diverseposizioni tattiche e strategiche dell’anarcosindacalismo. Le sanguinose sconfitte delle trerivolte degli anni 1932-1933 vengono infatti lette dai «sindacalisti puri» in chiave moltocritica rispetto alle avanguardie che pretendono di mobilitare le masse degli sfruttatiprescindendo dallo stato della loro coscienza. Si aggrava in questo modo la frattura apertanell’estate del 1931.

All’epoca, trenta noti dirigenti della CNT firmano un manifesto nel quale rivendicanol’autonomia del sindacato dalle decisioni di «minoranze più o meno audaci». Nel complessolos treintistas, come sono immediatamente denominati, rappresentano sezioni sindacali benradicate, soprattutto in Catalogna, e occupano posti di rilievo nelle strutture organizzative e dipropaganda; la loro presa di posizione ha perciò un impatto clamoroso. Di fatto esprimonotendenze politiche alquanto differenti, ma nessuno ripudia la validità utopica delle ideeanarchiche, nelle quali vedono ideali che devono guidare, ma non in modo improvvisato eavventuriero, la lotta per la liberazione degli oppressi. Alcuni di quelli che sottoscrivono ilmanifesto hanno già svolto, e svolgeranno, compiti importanti nel movimento libertariointeso in senso ampio: da Joan Peiró, allora direttore della «Soli», cioè il quotidiano dellaCNT, ad Ángel Pestaña, segretario generale della Confederación, a Juan López, leader delSindicato de la Construcción. A essi si unisce poi Eleuterio Quintanilla, leader asturiano,aperto a possibili collaborazioni con i sindacalisti socialisti della UGT8.

Nel biennio 1931-1932 scoppia una polemica furibonda tra i due poli oppostidell’anarcosindacalismo: los treintistas e los faístas. Il conflitto non è propriamenteideologico: entrambi si appellano ai principi approvati nei congressi della CNT ed entrambiritengono, con poche eccezioni, di agire dentro il movimento per la rivoluzioneantiautoritaria. Sarebbe improprio considerare gli uni come anziani militanti sindacali abituatia gestire scioperi, rivendicazioni e contratti e gli altri come giovani audaci e pronti all’azioneche mal tollerano la moderazione e il compromesso. A ogni modo tra gli antitreintistas sifanno notare personalità come Federica Montseny, scrittrice oltre che militante, Juan ManuelMolina («Juanel»), Francisco Ascaso, compagno e amico stretto di Durruti, carismaticorivoluzionario di azione, e il maturo Felipe Alaíz. Tuttavia la gran maggioranza dei militantirestano in posizione intermedia come Valeriano Orobón Fernández9, che ricercaripetutamente di fungere da «ponte» tra le due parti.

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Il conflitto tra le tendenze della CNT non sembra coinvolgere il movimento nelle Asturie,regione mineraria con lunga tradizione di lotte di classe. Qui vige una sorta di «terza via» chenon accetta né quella treintista, né quella insurrezionalista faísta. Non a caso tra le montagneasturiane e il mare, cioè tra Oviedo socialista e Gijón anarchica, l’unità di classe deilavoratori ha solide fondamenta al di là delle appartenenze organizzative e ideologiche.

La collaborazione sindacale a sfondo rivoluzionario fra CNT e UGT matura nell’ottobre 1934,al momento di uno sciopero generale proclamato dalla UGT con una chiara motivazionepolitica. Il sindacato socialista, mobilitato dal PSOE, vuole impedire che siano nominatiministri, nel nuovo governo con a capo Lerroux (il vecchio demagogo incendiario eanticlericale trasformatosi in moderato di centro destra), tre esponenti della CEDA. Dal puntodi vista numerico, data la netta maggioranza parlamentare, il passo è possibile, ma nelle classipopolari il clima è segnato da un rifiuto totale della temuta «fascistizzazione dello Stato».Siamo in pieno Bienio negro, scaturito dalle elezioni del novembre 1933, e i governi di destrabloccano o svuotano le riforme, sia pure limitate, del Bienio reformista. Nei campi, nellefabbriche, nella società si respira un’aria di restaurazione e di ripresa dell’egemoniaconservatrice, anche se non viene ripristinata l’istituzione monarchica, troppo squalificata.Tra i sintomi del nuovo protagonismo delle forze più conservatrici vi è l’iniziativa di JoséAntonio Primo de Rivera, figlio del dittatore, che nel 1933 fonda La Falange, un movimentoche vuole imitare il fascismo e il nazismo inserendoli nella tradizione spagnola. I suoiaderenti proclamano che niente li potrà fermare di fronte al pericolo che la Spagna cada inmano a un sistema analogo a quello sovietico. Organizzano quindi delle squadre armate chesi scontrano ripetutamente, in particolare a Madrid, con analoghe squadre di militantisocialisti.

Dopo l’uscita dal governo, il PSOE ha elaborato tatticamente la sconfitta elettoralerinunciando, per il momento, alle illusioni riformiste. Al suo interno matura una tendenzasovversiva e rivoluzionaria che si propone di sviluppare una lotta decisa contro lo Statoborghese per creare le condizioni favorevoli all’instaurazione di uno Stato socialista. Suquesta propensione al conflitto radicalizzato e spesso apertamente illegale nascono accordicon gli anarcosindacalisti, una collaborazione che dipenderà da situazioni regionali e dagliorientamenti che prevarranno nelle due leadership sindacali.

La nuova Alianza Obrera e l’Ottobre asturiano (1934) Nel luglio 1934 si tiene il primo congresso della Federación Sindicalista Libertaria, cui

aderiscono i Sindicatos de Oposición espulsi dalla CNT, dove ha vinto, tra il 1931 e il 1933, lacomponente più vicina alla FAI. Si tratta di strutture sindacali importanti che raggruppanoalcune decine di migliaia di lavoratori della cintura industriale di Barcellona, da Manresa aSabadell, da Matarò a Badalona, e di alcuni settori operai valenzani e andalusi. L’estate del1934 vede la CNT in situazione tutt’altro che felice per il convergere di varie cause: dalla durareazione contro le tre vane insurrezioni precedenti, alla sconfitta in molti scioperi perl’irrigidimento di politici e imprenditori.

Nei primi mesi del 1933 una novità si profila nell’ambito sindacale e politico di sinistra:l’Alianza Obrera. La proposta parte, in Catalogna, proprio dai Sindicatos de Oposición cheritengono urgente un accordo fra ambienti operai in vista dell’eccezionale fase politica apertadalla vittoria del nazismo in Germania e dal rinvigorire della destra spagnola. L’obiettivo è

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quello di opporre al pericolo fascista la rivoluzione sociale senza aspettarsi nulla dallo Statodemocratico, in crisi irreversibile. Nella regione di Barcellona aderiscono alla AO varieorganizzazioni: sindacati come l’UGT e gruppi politici quali il PSOE, due tendenze comunisteantistaliniste (Bloc Obrer i Camperol di Joaquim Maurín e Izquierda Comunista di AndreuNin) e altri sindacati minori regionali. Non aderiscono la CNT e il piccolo Partido Comunista.Nei mesi successivi nascono in importanti città quali Valencia, Siviglia e Madrid altreaggregazioni della AO con adesioni simili.

Il 6 ottobre 1934 scatta in buona parte della Spagna una protesta coordinata dalla AO dopol’ingresso di tre ministri della CEDA nel governo. Nelle Asturie la parola d’ordine dellosciopero generale per la rivoluzione sociale contro il fascismo, sotto la sigla UHP (Unión deHermanos Proletarios), diventa patrimonio di larghe fette del mondo del lavoro. Nel giro dipochi giorni si smantellano i poteri statali, a cominciare dalla Guardia Civil, e si instaura uncontrollo totale sulla vita della regione da parte di comitati operai armati, per lo più compostida minatori.

A Barcellona l’AO lancia un appello ai lavoratori e scende in strada con gruppi armati,mentre la Generalitat, per voce del suo presidente Lluís Companys, dichiara la nascita dellaRepública Catalana, portando avanti le rivendicazioni autonomiste. L’assenza della CNT, ilmovimento più forte, da questo tentativo insurrezionale, metà proletario e metà borgheseautonomista, lo fa abortire nel giro di qualche ora. In poche zone della Spagna lo scioperoindetto dalla AO raggiunge effetti contundenti (e quasi mai livelli rivoluzionari); la suaevoluzione pratica ricorda da vicino i precedenti analoghi del 1932-1933, peraltro sostenutidagli anarchici.

Nelle Asturie si forma, per un paio di settimane, una sorta di «Comune», basata sull’accordotra la UGT e la CNT regionali, cui si aggiunge una modesta presenza comunista, che verràsoffocata nel sangue con l’intervento dell’esercito coloniale mandato da Lerroux. Le truppesono dirette da un giovane ufficiale che dal Marocco porta migliaia di combattenti e cherisponde al nome di Francisco Franco. Le due settimane di «potere operaio» si concludono,ancora una volta, in modo tragico. Vengono uccisi più di un migliaio di civili e feriti circa3.000 operai insorti. Nelle carceri si assiepano molti dirigenti di sinistra con altri 30.000detenuti politici. A tutto ciò si aggiunge la chiusura delle sedi sindacali e degli organi distampa: l’opposizione sociale al governo di destra è costretta alla semiclandestinità perdiversi mesi.

I fatti delle Asturie impongono ai protagonisti dell’insurrezione una riflessione sullemobilitazioni rivoluzionarie, che con modalità diverse si riprodurranno nel luglio 1936. Èpossibile alle forze operaie battere l’apparato repressivo e mantenere «liberate» intereregioni? Nel caso di vittoria sul campo, come si organizza poi la vita produttiva e sociale? Sitratta di conquistare il potere in tutte le sue forme per delegarlo, in nome delle gravi urgenze edell’efficienza, a un nuovo controllo centralizzato? Oppure si tratta di distruggere lo Stato edi sostituirlo con una rete di liberi comuni autogestiti e federati? Il dibattito classico tra Marxe Bakunin pare riprendere la propria importanza strategica entro dimensioni reali che vannoal di là di una controversia solo ideologica.

Alle urne per salvare migliaia di militanti? (febbraio 1936) A parte tali questioni, l’esperimento asturiano, e soprattutto il suo pesante epilogo,

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condiziona gli avvenimenti spagnoli nell’intera fase storica che termina nei primi mesi del1936. Sul fronte governativo, l’alleanza tra gli esponenti, relativamente legalitari, dei radicalidi Lerroux e della destra repubblicana (CEDA) e quelli, esplicitamente eversivi, del neonatoBloque Nacional, con José Calvo Sotelo in testa, mostra crepe sempre più gravi per ladifferente posizione sull’amnistia ai partecipanti dei moti dell’ottobre 1934. Nel 1935 igoverni diretti da esponenti radicali entrano in crisi irreversibile per un paio di scandali dicorruzione, in particolare per il favoritismo di Lerroux verso il proprio figlio che gli costa ilposto alle Cortes. In tali circostanze il presidente della Repubblica, il cattolico democraticoAlcalá Zamora, nega l’incarico per il nuovo governo richiesto da Gil Robles e preferisceconvocare nuove elezioni politiche per il 16 febbraio 1936.

A questa scadenza le destre si presentano divise, mentre le sinistre si presentano unite dalPacto per un Frente Popular firmato un mese prima. A questo patto aderiscono quasi tutte leformazioni, marxiste e liberali progressiste, che intendono bloccare la deriva sempre piùfilofascista delle destre. Dalla Izquierda Republicana di Manuel Azaña alla Esquerra catalana,dal Partido Comunista Español filosovietico (PCE) al Partido Obrero de Unificación Marxista(POUM) antistalinista, dal potente PSOE al piccolo Partido Sindicalista di Ángel Pestaña che sistacca dai Sindicatos de Oposición per seguire una propria via parlamentare. Alla base delFrente Popular vi è il contemporaneo esempio francese, nonché l’indicazione della TerzaInternazionale che, dopo il trionfo di Hitler in Germania, abbandona la linea perdente dellalotta al «socialfascismo», termine nel quale includeva l’intero arco dei partiti e delleformazioni che andavano dai socialdemocratici ai liberali progressisti.

L’elemento determinante nell’alleanza del Frente Popular è costituito dall’impegno del PSOE

ad accantonare ufficialmente le posizioni antiborghesi ed extralegalitarie del 1934 perricercare, su un programma minimo, l’unità nel nome dell’antifascismo. I contenuti di taleprogramma comprendono temi come l’amnistia ai condannati per i moti delle Asturie ealtrove, cioè un provvedimento reclamato da molte forze democratiche. Inoltre sisottoscrivono impegni per la ripresa della riforma agraria, il reintegro dei funzionari pubbliciespulsi dopo l’ottobre 1934 e l’aumento delle libertà politiche dei cittadini cambiando le leggie l’apparato di polizia.

Davanti alle elezioni del febbraio 1936, nella CNT riprende un dibattito di antiche radici. Daun lato vi è chi sostiene che occorre astenersi in coerenza con la tradizionale praticaantiparlamentare e in base alle istruttive esperienze, repressive più che riformiste, vissutedurante i governi repubblicani di centrosinistra. Dall’altra parte si prende atto chel’astensione di massa dei propri aderenti porterebbe alla vittoria delle destre e a una versionelegale del fascismo spagnolo. Per senso di responsabilità e per solidarietà con le decine dimigliaia di detenuti politici il Comité Nacional della CNT, due giorni prima delle elezioni,invita a mobilitarsi contro le previste «manovre, segrete all’inizio e spudoratamente chiareadesso, attuate dai militari reazionari nelle caserme e in ambienti controrivoluzionari civili edecclesiastici»10. In pratica si privilegia la lotta al pericolo militare, clericale e fascista e non sidà fiato a quella campagna astensionista che nel novembre 1933 aveva determinato lasconfitta delle sinistre. Il risultato di tale scelta è che, mentre a Barcellona nel novembre 1933si erano astenuti il 40% degli elettori, nel febbraio 1936 questa percentuale scende al 27%; aSaragozza, altro centro fondamentale della CNT che qui ha insediato il suo Comité Nacional,si passa dal 38% al 31% di astensionismo.

I risultati del 16 febbraio 1936, giornata trascorsa sostanzialmente nella calma, offrono lachiara immagine di una Spagna divisa: in quasi tutte le città, e in particolare nei rioni operai enei centri abitati dal bracciantato, trionfa il Frente Popular con la maggior forza assegnata al

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PSOE e ai repubblicani. In Catalogna si afferma l’Esquerra, mentre i comunisti catalaniottengono in tutto 14 deputati sui 263 dell’alleanza di sinistra che dispone della maggioranzadei 473 seggi. Nella Castiglia del nord, dove è notevole la presenza di piccoli coltivatori aorientamento cattolico, vince la destra. All’interno della destra è la CEDA a dominareottenendo il più numeroso gruppo parlamentare, cioè più di 100 rappresentanti. Nellapolarizzazione delle opzioni elettorali, al centro resta una presenza modesta: appena unadozzina di deputati per la Lliga catalana e mezza dozzina per i nazionalisti baschi moderati,cattolici ma autonomisti. Dal punto di vista sociale le Cortes sono formate soprattutto daintellettuali e politici di professione, ma si notano decine di lavoratori manuali nel FrentePopular e vari oligarchi nella destra. Come nel 1931, il risultato delle urne fotografa la nettafrattura fra due Spagne che di lì a poco verranno travolte dalla guerra civile.

Astensionisti sempre e comunque… È questo lo scenario multiforme in cui si muove il movimento anarchico spagnolo. Le

proposte per riprendere la lotta ripartono dal confronto del 1931, anno d’avvio dellaRepubblica. Uno dei punti più delicati, quello dell’astensionismo elettorale, è al centro di undibattito sollecitato da una rivista a carattere interno, «Más lejos» («Più lontano»), che esce aBarcellona dall’aprile ai primi di luglio del 1936, cioè dopo le elezioni. In questo dibattito siconfrontano, a partire da una serie di quesiti posti dalla redazione, composta tra gli altri daEusebio Carbó e Jaime Balius, una ventina di esponenti di prestigio dell’anarcosindacalismoe del movimento specifico anche internazionale.

La questione elettorale è uno dei banchi di prova del difficile intreccio tra coerenzaideologica ed effettiva realtà quotidiana. In teoria tutti, anche gli esponenti relativamentemoderati dei Sindicatos de Oposición, hanno sempre respinto con toni sdegnati la viaelettorale per l’emancipazione proletaria e umana. Per questo motivo, Ángel Pestaña siritrova quasi solo quando decide di fondare il Partido Sindicalista, di aderire ufficialmente alFrente Popular, di presentarsi come candidato alle elezioni e infine di essere eletto qualedeputato per Cadice, dove è sostenuto dalle varie componenti del Frente. Si è detto «inteoria» perché il movimento anarchico non assume in pratica una posizione monolitica difronte alle urne. Nel febbraio 1936, gli ambienti popolari con simpatie libertarie possonodecidere se il governo prossimo sarà della destra reazionaria e filofascista oppure dellesinistra riformista e semiautoritaria. Dopo il fallimento dei tentativi insurrezionali, dalgennaio 1932 all’ottobre 1934, nessun militante propone di prendere le armi e di insorgerecontro un possibile governo della destra nazionalcattolica. Ormai il realismo politico,influenzato dall’esperienza delle recenti rivolte schiacciate dallo Stato, ha preso ilsopravvento sulle dichiarazioni di principio anche tra gli anarchici più intransigenti.

Su «Más lejos», nei mesi precedenti il golpe, il dibattito è ampio e serve per capire megliole ragioni della successiva partecipazione al governo antifascista. In particolare, uninterrogativo posto ai militanti predispone alle future scelte: «Possono gli anarchici, in forzadi questa o di altra circostanza, e VINCENDO TUTTI GLI SCRUPOLI [in maiuscolo nel testo],prepararsi alla presa e all’esercizio TRANSITORIO del Potere, in qualsiasi forma, come mezzoper accelerare il ritmo della propria marcia verso l’Anarchia?»11. La prima rispostapubblicata è quella di Camillo Berneri, noto in Spagna anche per le collaborazioni alla«Revista Blanca» della famiglia Montseny. Il suo scritto, che per semplicità si può definire«prudentemente possibilista» verso le urne, viene presentato dalla redazione come «distante

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dalle nostre posizioni». Per Berneri, il «confusionismo» presente tra i libertari nella Spagnadel primo semestre del 1936, cui Carbó e Balius, responsabili di «Más lejos», intendonoopporsi, deriva anche dalle recenti disastrose esperienze insurrezionali del 1932 e 1933promosse da alcuni compagni. Il riferimento non può non andare a chi, poche righe prima, èstato definito «bolscevizzante», cioè Durruti e García Oliver, anche se non vengono citatiesplicitamente, nonché la FAI. La critica è rivolta a chi ha pensato di poter sostituire i grandimovimenti popolari con piccoli gruppi di avanguardie spregiudicate. Le insurrezioni fallitehanno rappresentato forse una gimnasia revolucionaria, come diceva García Oliver, ma leloro conseguenze sono state pesantemente controproducenti.

Nella polemica che segue sulla rivista si emettono giudizi assai duri nei confronti di coloroche mostrano incertezza nel respingere la partecipazione alle elezioni, sempre e comunque. Aesprimere tale condanna sono personalità di primo livello, come Federica Montseny, chepochi mesi dopo rivestirà una carica ministeriale. Ovviamente lo scoppio della guerra el’entusiasmo rivoluzionario hanno poi rovesciato le valutazioni sul rapporto con le istituzioni.

Riunificati a Saragozza in vista della rivoluzione (maggio 1936) In vista del quarto congresso della CNT, che si tiene a Saragozza ai primi di maggio del

1936, vengono riallacciati i rapporti con gli scissionisti dei Sindicatos de Oposición partendoda collaborazioni avviate nelle Asturie, nel Levante, in Aragona e infine in Catalogna. Lascissione aveva coinvolto circa 70.000 lavoratori, soprattutto catalani e valenziani, che orarientrano nelle fila contribuendo a indirizzare le attività sindacali verso la lotta alladisoccupazione, i miglioramenti salariali e delle condizioni di lavoro, la ricostruzione dellastruttura organizzativa.

Altri aspetti caratterizzano l’incontro di Saragozza, cui partecipano più di 600 delegati cherappresentano quasi un migliaio di sindacati confederati e circa 550.000 iscritti. Il dibattitoideologico si impernia sulla riaffermazione del «comunismo libertario» come principalemodello di riferimento per la società futura, che si gestirebbe sia attraverso strutture sindacalisia attraverso liberi comuni territoriali. La risoluzione finale afferma il valore tantodell’individuo quanto del sindacato e sostiene la necessaria armonia tra i due soggetti. Sitracciano poi i tratti distintivi della rivoluzione libertaria, che parte dallo stato di disagiopsicologico individuale, passa attraverso la lotta alle istituzioni del capitalismo e dà infinelinfa vitale all’organizzazione, che unisce le forze individuali e collettive in vista delconseguimento delle finalità rivoluzionarie. Si prende anche atto del fallimento di tutte lepossibili espressioni dello Stato, compreso il comunismo autoritario considerato «capitalismodi Stato»12.

Vengono poi fissati alcuni principi irrinunciabili della rivoluzione secondo la CNT, come lostretto egualitarismo e l’affermazione del principio comunista secondo cui a ciascunindividuo sarà dato secondo le sue necessità. Si considera inoltre inevitabile la fase violentadello scontro per l’abolizione delle fondamenta dello sfruttamento e dell’oppressione, ovverola proprietà privata, lo Stato, l’autorità. Si prevede inoltre che la vita collettiva sarà centratasulla Libera Comune, la quale realizzerà l’espropriazione completa della borghesia, si faràcarico dei soggetti deboli e provvederà a coprire i bisogni dei singoli. In una situazione comequesta, si ritiene che «tutti gli uomini capaci adempiranno volontariamente al loro dovere» eche «tutto il periodo costruttivo esigerà sacrificio»13. Oltre all’individuo e alla Comune siprospetta un terzo soggetto organizzativo: la Federazione. Quest’ultima si farà carico del

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coordinamento e della realizzazione degli obiettivi di carattere generale che travalichinoquelli della singola Comune. Tra l’altro è prevista perfino la costituzione di Comuniautonome che rifiutino l’industrializzazione in quanto basate su principi naturisti e nudisti. Erisulta piuttosto originale che all’interno di una mozione congressuale finale di tipoprogrammatico si specifichi il caso del naturismo e del nudismo: segno del rilievo di talipratiche all’interno del movimento libertario.

La mozione entra poi nel dettaglio del funzionamento della Comune, basato su liberediscussioni con delibere finali prese a maggioranza. Si prevede anche l’istituzione di una«tessera di produttore» che funzionerà come un «buono di scambio» intrasferibile, daràdiritto ad acquisire «tutto ciò che occorre» e registrerà il «valore del lavoro per unitàgiornaliera».

Viene quindi proclamata l’abolizione di ogni sistema punitivo in base alla considerazioneche «l’uomo non è cattivo per natura»: gli atti di delinquenza sarebbero conseguenzadell’ingiusta e infelice strutturazione autoritaria della società. Al massimo, l’assembleapopolare, investita dei singoli casi da discutere, «baserà la sua ‘azione correttiva’ sullamedicina e sulla pedagogia, gli unici metodi preventivi cui la scienza riconosce tale diritto»14.

Si affrontano infine anche questioni di costume quali il ruolo della famiglia, considerata «ilprimo nucleo civile della specie umana», che è in grado di svolgere «mirabilmente le funzionidi cultura morale e di solidarietà». Se si crea, come vuole la rivoluzione libertaria,«l’indipendenza economica degli esseri, senza distinzione di sesso», lì si apre la via pereventuali separazioni in caso di famiglia disunita. Si afferma perciò il principio dell’amorelibero, «senza altre regole che quelle della volontà dell’uomo e della donna», mentre per laprocreazione si indica «l’applicazione dei principi biologici eugenetici». Il congresso affrontapersino il problema delle «contrarietà amorose», ventilando l’allontanamento dalla Comunecome la soluzione «per chi volesse imporre l’amore con forza o bestialmente».

Particolarmente interessanti sono le poche righe dedicate alla religione, che «in quantomanifestazione puramente soggettiva sarà riconosciuta se resta relegata all’interno dellacoscienza individuale». Si vuole però evitare che si pratichi «ostentazione pubblica ocostrizione morale e intellettuale». In conclusione, si ribadisce la libera scelta individuale ditutte le idee morali, anche se «tutti i riti scompariranno». Si tratta quindi di una tolleranzareligiosa circoscritta alla intoccabile libertà individuale, insieme a un anticlericalismo cheattacca la liturgia religiosa, della quale si temono gli effetti coinvolgenti per i soggetti pocoabituati alla libera critica e facilmente suggestionabili.

Alcuni tratti della futura società sono ben delineati nel capoverso dedicato alla pedagogia,all’arte, alla scienza, alla libera sperimentazione. L’impegno educativo qui appare in tutta lasua importanza, se non centralità, per il futuro consesso umano. L’analfabetismo dovràsparire nel giro di alcuni anni, mentre «si restituirà la cultura a coloro che ne furonospogliati», rilevando – dato significativo di un certo ruralismo – che «le città si sonoaccaparrate e hanno monopolizzato la cultura e l’istruzione». Il congresso definisce unaduplice finalità futura: «Restituire la ricchezza materiale e la cultura sono i due obiettivi basedella nostra rivoluzione». Sarà urgente dare agli analfabeti «una cultura elementare» che,oltre alle nozioni più consuete e ovvie, dia pure notizie sul «processo storico dell’evoluzionee della rivoluzione, le teorie dell’inesistenza di Dio». Un tale ambizioso progetto saràrealizzato da «tutti i giovani istruiti nel giro di uno o due anni» sotto la supervisione di unaapposita Federación Nacional de Enseñanza. Saranno oltretutto «banditi tutti i sistemi disanzione o premio», fonti di una ingiusta disuguaglianza. E l’insegnamento sarà «libero,scientifico e uguale per i due sessi», anche se è previsto che «si darà preferenza all’igiene ealla puericultura, educando la donna a essere madre fin dalla scuola».

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Accanto a tali indicazioni pedagogiche, che rivelano indirettamente anche le difficilicondizioni della vita proletaria (ad esempio nelle note sull’igiene), la mozione dà spazio aldiritto alla libera sperimentazione scientifica e artistica, perché «l’uomo non vive di solopane». Quindi le necessità di ordine spirituale andranno tutelate «una volta terminata lagiornata di lavoro e svolta la sua opera di produttore». E soprattutto, tutti i produttori«saranno di volta in volta manuali e intellettuali».

Volendo affrontare tutti gli aspetti della vita sociale si prevede che «nelle comuni autonomelibertarie si destineranno dei giorni per il divertimento generale decisi dalle assemblee,scegliendo e destinando a ciò date simboliche della Storia e della Natura». Anche il divertirsirispecchia quindi, con la scelta delle date, un omaggio a fatti e scadenze naturali, rafforzandol’idea di un doveroso cambiamento del ritmo e dei modi della socialità.

Il fondamentale problema della difesa della rivoluzione occupa la parte finale della lunga earticolata mozione. Si prevede che, inevitabilmente, ci saranno degli scontri armati con laborghesia che non vorrà perdere i propri privilegi. In quei frangenti servirà l’esperienza delle«migliaia di lavoratori che sono passati per le caserme e conoscono la tecnica militaremoderna». Ma l’esercito rivoluzionario sarà immediatamente sciolto dopo il trionfo per darespazio al «popolo armato» organizzato nelle Comuni, ognuna dotata di proprie armi e mezzidi difesa. Viene prospettato un altro pericolo legato alla considerazione che «in Spagna cisono maggiori possibilità rivoluzionarie che in qualsiasi paese che la circonda», e infatti sispecifica che un’eventuale invasione straniera dovrà essere affrontata con gli aerei, i carriarmati, i camion blindati, le mitragliatrici e i cannoni antiaerei, «perché è dal cielo che puòvenire il pericolo». Su questo punto si riscontra un’intuizione che troverà conferma nellesuccessive vicende belliche, peraltro inquadrate in un contesto molto diverso da quelloprevisto dalla mozione di Saragozza.

Anche sul piano di un possibile attacco straniero alla Spagna rivoluzionaria si delinea uncomportamento tattico di cui si discuterà nella CNT da lì a pochi mesi. Occorre sviluppare,dice il documento finale, «un’intensa propaganda tra i proletari dei vari paesi» per creare dei«movimenti solidali contro qualsiasi tentativo di invasione da parte dei loro rispettivigoverni». Al tempo stesso la Confederación ibérica de comunas autónomas libertarias, comeviene definito il nuovo auspicato sistema sociale, «aiuterà moralmente e materialmente tuttigli sfruttati del mondo a liberarsi per sempre dalla mostruosa tutela del capitalismo e delloStato»15.

Le frasi finali del documento approvato al congresso della CNT ricordano che lo sforzo disintesi del dibattito confederale e di concretizzazione del discorso comunista libertariodefinisce «le linee generali» di un processo di liberazione dei lavoratori e va consideratocome «il punto di partenza dell’Umanità verso la sua liberazione totale». In fin dei contiquesto testo rappresenta un campione delle analisi e dei progetti del potente sindacato, chenon si esaurisce nella rivendicazione ma punta a una rivoluzione completa come avvio di unprofondo cambiamento internazionale. Della commissione che redige l’impegnativo testofanno parte militanti influenti quali Eusebio Carbó, Federica Montseny, Joan García Oliver eJuan López. Il documento ispiratore dell’articolata risoluzione congressuale è il noto lavorosintetico di Isaac Puente, uno dei pochi militanti con formazione intellettuale, che saràfucilato dai golpisti pochi giorni dopo il 18 luglio 1936.

Molto spazio del dibattito congressuale è dedicato alla possibile intesa con la UGT sottol’egida di un’Alianza Revolucionaria in cui molti esponenti del sindacato socialista, a partireda Largo Caballero, si riconoscono. Notevole attenzione riceve il tema della riforma agraria,che ha conosciuto un’accelerazione nei pochi mesi di potere del Frente Popular: il governo haassegnato a circa 100.000 contadini senza terra un numero di appezzamenti sette volte

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superiore a quello distribuito nei cinque anni precedenti. Ancora più interessante è il fatto chele istituzioni pubbliche riconoscono, specialmente in Estremadura, le occupazioni di terremesse in atto dai braccianti o dagli yunteros, contadini proprietari di un paio di buoi perarare. Spesso, soprattutto nel sud, le agitazioni contadine degli anni Trenta sono organizzatedalla Federación Española Trabajadores de la Tierra (FETT) associata alla UGT. A Saragozza laCNT matura la consapevolezza che qualsiasi cambiamento libertario in Spagna sarebbepassato attraverso le lotte contadine. Quindi si approvano una serie di rivendicazioni,alquanto più radicali di quelle della FETT, come le espropriazioni senza indennizzo delleproprietà superiori ai 50 ettari, il passaggio delle terre comunali ai sindacati rurali per lacoltivazione collettiva, la soluzione della disoccupazione con la riduzione della giornata dilavoro, gli investimenti in opere idriche, vie di comunicazione e scuole agrarie.

Un golpe più che annunciato (febbraio-luglio 1936) Su un altro punto cardine si orienta il governo del Frente Popular: il riconoscimento della

validità dello Statuto di autonomia della Catalogna già sospeso nell’ottobre 1934. Sembra unatto dovuto in quanto il territorio catalano rappresenta un retroterra determinante per il nuovopotere progressista.

All’orizzonte si profilano intanto problemi molto seri: scontri armati sempre più frequenti esanguinosi tra gruppi di estrema destra, Falange in testa, e militanti di sinistra; interventirepressivi della Guardia Civil che totalizzano decine di morti tra i contadini; scioperi quasiinsurrezionali che contribuiscono a destabilizzare il governo. Così accade nel settore edile diMadrid, nel quale l’anarcosindacalismo sta progredendo come affiliazione, radicalità edefficacia spingendo la UGT in direzione esplicitamente rivoluzionaria. Particolare rilievoassume, tra i lavoratori del settore, la conquista nel maggio 1936 di un accordo che attesta laforza sindacale nei confronti del padronato: si stabilisce che le imprese possano assumerepersonale solo attraverso una richiesta ufficiale ai due sindacati.

Nei pochi mesi precedenti il golpe del 18 luglio, al vertice del potere politico avvengonocambiamenti di rilievo come l’allontanamento dalla carica di presidente della Repubblica delmoderato Alcalá Zamora, che lascia il posto al più deciso e abile Manuel Azaña. Ciò è ilrisultato di un accordo fra due tendenze di partiti diversi ma con comportamenti politici eparlamentari simili: la Izquierda Republicana e la corrente di Indalecio Prieto all’interno delPSOE. Questi, che rappresenta l’apparato burocratico del partito, rivaleggia con altri due leadersocialisti: il già citato Largo Caballero e Julián Besteiro, intellettuale di formazioneumanitaria più che marxista.

Da poco si è formata una Junta de Generales cui appartengono, tra gli altri, l’ex golpistaSanjurjo, l’eccentrico Queipo de Llano, con base nella cruciale Siviglia, l’anziano MiguelCabanellas, capo delle truppe di stanza a Saragozza, oltre al relativamente giovane ma moltoambizioso Francisco Franco, che controlla l’esercito africano con i suoi temibili combattentimarocchini e gli avventurieri della Legión Extranjera. Il capo riconosciuto della Junta èEmilio Mola, di tendenze massoniche, che intende restaurare l’ordine pubblico a ogni costo eintanto tesse le fila della cospirazione, peraltro arrivata, sia pure non nei particolari, aconoscenza dell’opinione pubblica.

Una prima data concordata per il Glorioso Alzamiento – come sarà definito dai vincitori – èil 20 aprile, ma motivi organizzativi consigliano di rinviarla. Nel frattempo il governo pensadi ostacolare il complotto spostando i generali sospetti da una guarnigione all’altra. In realtà,

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come nel caso di Mola trasferito a Pamplona, dove sottoscrive accordi con i requetés (imiliziani carlisti), questa mossa favorisce lo sviluppo complessivo della trama golpista.

La situazione precipita a metà luglio: il 12 viene assassinato, nel centro di Madrid, il tenenteJosé Castillo delle Guardias de Asalto, noto come socialista. La mattina dopo gruppi armati dipoliziotti, colleghi dell’ucciso, vendicano l’omicidio eliminando uno dei massimi esponentidell’opposizione di destra, José Calvo Sotelo. Pochi giorni prima costui aveva dichiarato alleCortes di essere disponibile per una soluzione militare della crisi repubblicana e dicondividere la politica del fascismo italiano.

A quel punto è Franco a premere perché il piano ideato venga messo in atto quanto prima.Con un aereo noleggiato si trasferisce dalle Canarie in Marocco, dove il colpo di Stato iniziail 17 luglio. Il generale golpista vuole prevenire le mosse governative e si mette a capo delletruppe già collaudate nella repressione asturiana dell’ottobre 1934. Il 18 luglio si unisconoall’insurrezione contro il legittimo governo repubblicano le guarnigioni di più di metà delterritorio spagnolo e i generali si convincono di poter conquistare l’intera Spagna nel giro dipoche ore. Il golpe trionfa nelle Canarie e in Marocco, dove gli ufficiali fedeli al governovengono fucilati, e nel centro-nord, da León a Valladolid, da Pamplona a Salamanca. Inpratica, nei giorni immediatamente successivi al 18 luglio, in molti casi grazie a unasistematica eliminazione degli oppositori, si costituisce una fascia contigua di territorio inmano ai militari ribelli: dal sud-ovest, con la preziosa città di Cadice, fino alla Navarra eall’Aragona occidentale con Saragozza. In Galizia, nelle Asturie e nell’Andalusia occidentalela prevista passeggiata trova resistenze impreviste nei militari leali al governo e in unamobilitazione popolare, soprattutto sindacale, che in alcuni casi si rivela determinante. Nelleregioni più schierate a sinistra, dalla Catalogna al Levante, dall’Aragona all’Estremadura,dall’Andalusia orientale alla Castiglia centrale e meridionale, il golpe è sconfitto. Quasi tuttele città più importanti, come Madrid, Valencia, Oviedo, Bilbao, restano con il governo dellaRepubblica. Il 20 luglio 1936, i militari insorti controllano solo un quarto della popolazione eun terzo del territorio. Il generale Mola, il principale esponente della ribellione, deveammettere che le sue durissime disposizioni per la soppressione fisica di qualunqueoppositore non sono bastate a conquistare in poche ore il dominio totale.

Inizia così una lunga e lacerante lotta armata tra i militari ribelli, cui si alleano subito gruppidi civili falangisti e carlisti, e un fronte antifascista formato dai settori dell’esercito leali allaRepubblica, cui si uniscono formazioni politiche e soprattutto sindacati di massa quali la UGT

e la CNT. Quest’ultima sarà una protagonista sociale, politica ed economica della guerra finoalla sua conclusione il 1° aprile 1939.

Note al capitolo 1. Sono numerosi i testi e i manuali sulla storia spagnola degli ultimi due secoli. Un’esposizione ordinata e soddisfacente

dell’intera epoca contemporanea si trova, ad esempio, in J. Sánchez Jiménez, La España contemporánea, 3 voll., Istmo,

Madrid, 1991. In italiano, per tutti gli anni Trenta, si veda il recente e approfondito G. Ranzato, Eclissi della democrazia.La

guerra civile spagnola e le sue origini. 1931-1939, Bollati Boringhieri, Torino, 2004, che però dedica pochissimo spazioall’esperienza rivoluzionaria.

2. L. Vicente, Teresa Claramunt (1862-1931). Pionera del feminismo obrerista anarquista, Fundación Anselmo Lorenzo,Madrid, 2006.

3. I. Puente, El Comunismo libertario: sus posibilidades de realización en España, Biblioteca de Estudios, Valencia, 1932.

Per una biografia, si veda F. Fernández de Mendiola, Isaac Puente. El médico anarquista, Txalaparta, Tafalla (Navarra),2007.

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4. E. Vega, Entre revolució i reforma. La CNT a Catalunya (1930-1936), Pagés, Lleida, 2004. Un approfondimento sulle

relazioni interne tra gli attivisti della CNT in A. Monjo, Militants. Participació y democracia en la CNT als anys trenta,Laertes, Barcelona, 2003.

5. Ampio spazio è dedicato all’assise nazionale da J. Peirats, La CNT…, cit., vol. 2, pp. 163-185.

6. J. Casanova, De la calle al frente: el anarcosindicalismo en España, 1931-1939, Crítica, Barcelona, 1997, p. 15.

7. Ibidem.

8. Sui particolari caratteri del movimento libertario asturiano, si veda A. Barrio, Anarquismo y anarcosindicalismo en

Asturias (1890-1936), Siglo XXI, Madrid, 1988.

9. La biografia più recente è di J.L. Gutiérrez Molina, Valeriano Orobón Fernández, Anarcosindicalismo y revolución enEuropa, Libre Pensamiento, Valladolid, 2002.

10. J. Peirats, La CNT…, cit., vol. 1, p. 159.11. «Más Lejos», n. 1, 9 aprile 1936, p. 1.

12. J. Peirats, La CNT…, cit., vol. 1, p. 176.

13. Ivi, p. 176.

14. Ivi, p. 180 e passim.

15. Ivi, p. 184. Negli anni Trenta si sviluppa, dentro e fuori la CNT, un importante dibattito di tipo progettuale. Un’analisi in

E. Masjuan, La ecología humana en el anarquismo ibérico, Icaria-FAL, Barcelona-Madrid, 2000.

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capitolo terzo

Breve ma calda l’estate del 1936

Una stagione inedita Il 19 luglio 1936, il primo giorno della risposta popolare vincente sul golpe in molte città,rappresenta una svolta epocale nelle vicende dell’anarchismo spagnolo. Prima di quella data,il movimento è costituito da una struttura sindacale fondata sull’azione diretta, la CNT, e daun’organizzazione specifica con obiettivi politici esplicitamente rivoluzionari, la FAI. Dopoquella data, il movimento libertario è una realtà importante, anzi in crescita, ma menoindipendente. Esso è compartecipe di uno sforzo enorme, la lotta armata contro i golpisti, checoinvolge entità antifasciste molto diverse da quelle libertarie e perfino parti di istituzioniregionali e statali. Così la CNT-FAI, spesso un’unica sigla a partire dal 19 luglio, cambiaradicalmente i parametri di comportamento e le prospettive politiche e teoriche. Bloccare ilgolpe, che secondo le previsioni dei generali felloni, a capo di una parte rilevante delle forzearmate, non avrebbe trovato ostacoli seri, è un’impresa rischiosissima non solo per chiimbraccia le armi. Di fatto è coinvolta, e stravolta, dalla guerra civile tutta l’impostazionetradizionale della confederazione sindacale e della federazione politica. Il nuovo scenariobellico è molto diverso, e sicuramente più arduo, di qualsiasi piano precedentemente discussoe valutato nei congressi locali e nazionali. I militanti della CNT e della FAI combattono nellestrade di molte città insieme a settori lealisti dei vecchi nemici – Guardias de Asalto eGuardia Civil – contro i militari rivoltosi e i loro complici falangisti e carlisti. L’orgogliosaseparatezza – o il settarismo, secondo i critici – degli attivisti e dei simpatizzanti libertariviene messa da parte, così come viene messa tra parentesi la propria identità: si entra in unfronte più ampio e politicamente complesso e contraddittorio. È questa alleanza «contronatura» che permette di battere il golpe in quasi tutti i centri urbani più importanti.

A Madrid, tre governi nominati da Azaña si susseguono freneticamente. Tutti e tre tentanopiù volte di accordarsi con i generali ribelli, offrendo persino posti di responsabilitàministeriale, ma ottengono solo netti rifiuti. I militari golpisti ritengono di poter occupare, nelgiro di poche ore, le sedi del potere politico e dei mezzi di comunicazione e quindi disgominare eventuali resistenze popolari. Una parte non trascurabile di soldati e ufficiali restaperò fedele al governo del Frente Popular e molti militari non rispondono all’appello degliinsorti, anche per la generale confusione di ordini e contrordini. In questo contesto leorganizzazioni sindacali, che dispongono di migliaia di uomini pronti alla battaglia, svolgono

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un ruolo di grande rilievo ottenendo, sia pure con ritardo, che un governo debole e ormaisenza possibilità di scelta consegni loro le armi. Un epico assalto alla caserma madrilenadella Montaña, dove si sono asserragliati centinaia di ufficiali golpisti, pone fine alle illusionie alle vite dei congiurati.

A Valencia i comandanti militari sono incerti sull’avvio di scontri armati contro le dueagguerrite forze sindacali, la CNT e la UGT. Inoltre la stessa CEDA cittadina è incerta sul da farsie quindi manca l’appoggio alla ribellione delle organizzazioni di destra che altrove sonodeterminanti.

A Bilbao, la seconda città industriale del paese, i militari sanno di non poter sperare nelfavore della popolazione pur se in maggioranza cattolica e conservatrice. Al di là di precisiriferimenti ideologici, l’elemento che pesa di più, anche tra le classi medie basche, è lavolontà di autonomia regionale, e a questo proposito i militari e le destre sono stati assaiespliciti nel proclama dell’Alzamiento: nessuna autonomia.

A Barcellona, celebre roccaforte anarcosindacalista e sede della Generalitat, un governoautonomo dotato di proprie forze di polizia, il braccio di ferro inizia la mattina del 19 lugliocon l’ingresso nei quartieri centrali di colonne militari provenienti dalle caserme di periferia.Il comandante dell’operazione è il generale Manuel Goded, considerato un eccellentestratega, che sta per giungere in volo dalle Baleari. Nel giro di poche ore alcune migliaia dimilitanti anarcosindacalisti, insieme alle truppe rimaste fedeli al governo e a contingenti diGuardia Civil e di Guardias de Asalto, riescono a bloccare la conquista del centro cittadino daparte delle truppe ribelli. Sorgono numerose barricate a opera dei gruppi libertari rionali e simobilita l’intera organizzazione con la sua vasta area di simpatia e di solidarietà. I leader piùpopolari – los hombres de acción, come García Oliver, Durruti, Ascaso – sono in prima filanei combattimenti e mostrano chiaramente quale sia la posta in gioco in quelle ore e in queigiorni.

Nell’assalto all’ultima caserma ribelle che resiste, quella di Atarazanas (o Drassanes, incatalano), ai piedi della Ramblas e vicino al porto, viene ucciso Ascaso, da sempre compagnodi Durruti in tante imprese rischiose considerate eroiche da molti proletari. Sarà unbombardamento di artiglieria e aereo, condotto quest’ultimo da alcuni aviatori leali allaRepubblica, a far arrendere l’ultima guarnigione ribelle. Al suo arrivo all’aeroporto di Prat deLlobregat, il generale Goded, presunto condottiero della conquista di Barcellona, vienearrestato. Processato pochi giorni dopo, viene fucilato per alto tradimento. L’esecuzioneavviene nel castello di Montjuïc, lo stesso che aveva visto le torture di centinaia di anarchici afine Ottocento e la fucilazione del maestro Ferrer, la cui memoria è più che mai viva nel1936.

Un vertice controverso e un Comité tuttofare Il panorama frammentato della Spagna dopo il semifallito golpe permette di riflettere

meglio sui problemi che si pongono alle organizzazioni anarcosindacaliste e anarchiche. Ilquadro non appare caratterizzato, come spesso si è scritto e ribadito1, da una netta egemonialibertaria, nemmeno ammettendo che l’incontro di Barcellona del 20 luglio 1936 traCompanys, presidente della Generalitat, e la delegazione anarchica si sia effettivamentesvolto come lo ha raccontato nelle sue memorie uno dei protagonisti, l’orgoglioso e polemicoGarcía Oliver. Vale la pena di riportare tale descrizione che ha rappresentato in molteoccasioni la prova di un indiscutibile riconoscimento della supremazia libertaria. Larappresentanza della CNT è formata dai membri del Comité de Defensa Confederal de

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Cataluña tra cui Aurelio Fernández, Durruti e lo stesso narratore, che cita pure la presenza, alui poco gradita, di Diego Abad de Santillán del Comité Peninsular de la FAI. Scrive GarcíaOliver:

Companys riconobbe che noi soli, gli anarcosindacalisti barcellonesi, avevamo vinto l’esercito ribelle. Dichiarò che mai ci

era stato riconosciuto il trattamento che meritavamo e che eravamo stati ingiustamente perseguitati. Disse che ora, padronidella città e della Catalogna, potevamo scegliere tra accettare la sua collaborazione o mandarlo a casa. Se tuttavia ritenevamoche poteva essere utile alla lotta, che, terminata in città, non lo era nel resto della Spagna, potevamo contare su di lui, sullasua lealtà di uomo e di politico. Si diceva convinto che quel giorno moriva un passato di vergogna e si augurava sin-ceramente che la Catalogna marciasse alla testa dei paesi più avanzati in materia sociale. Data l’incertezza del momento chesi viveva nel resto della Spagna, molto volentieri, in quanto presidente della Generalitat, era disposto ad assumersi tutte leresponsabilità affinché un organismo di lotta unitario, che poteva essere un Comité de Milicias Antifascistas, prendesse ladirezione della battaglia in Catalogna. Cosa che si poteva fare immediatamente poiché, come aveva fatto con noi, egli avevaconvocato in una sala contigua tutti i rappresentanti dei partiti e dei movimenti antifascisti, che si erano già dichiaratidisponibili2.

Secondo altri testimoni e altri storici l’incontro sarebbe avvenuto in termini diversi e senza

questa indiscussa egemonia cenetista. Ovviamente il responsabile della polizia dellaGeneralitat, Francesc Escofet, sostiene nelle sue memorie di aver comunicato a Companysuna valutazione ottimistica dell’efficienza dei militari e dei poliziotti fedeli alla Generalitat ealla Repubblica: senza gli anarchici avrebbero comunque sconfitto i ribelli, «anche se losforzo sarebbe stato naturalmente maggiore»3. Va tuttavia considerato che Escofetdifficilmente avrebbe potuto scrivere alcunché di diverso in quanto massimo responsabile delbraccio armato della Generalitat.

Dopo qualche trattativa e una rapida consultazione all’interno della CNT, i delegatianarcosindacalisti accettano di entrare nella nuova struttura: il Comité de MiliciasAntifascistas. Questa etichetta inventata permette all’anarchismo barcellonese di non caderein una delle due contraddizioni che gli si parano davanti: quella etica e quella politica. Seavesse seguito la linea di García Oliver, quella di «ir a por el todo», avrebbe dovuto imporreuna sorta di «dittatura anarchica», alquanto paradossale, sulle altre componenti del fronteantifascista. Se avesse lasciato completamente sgombro il terreno del potere politico e si fosseritirato nelle proprie organizzazioni e nei propri ambienti sociali, avrebbe fatto un regalo aquelle forze che avevano partecipato agli scontri in una misura, secondo García Oliver,ridotta. La CNT aveva invece contribuito con centinaia di militanti morti nelle giornate del 18-19 luglio nella capitale catalana, e questo fatto costituiva un punto di forza, come sostieneCesar M. Lorenzo, per rivendicare forme di partecipazione alla gestione della società e delleistituzioni. La nascita del Comité ha quindi offerto, secondo lo stesso autore, un’onorevolevia d’uscita dalla imbarazzante questione istituzionale e, più in generale, politica4.

Il Comité comprende, oltre alla CNT-FAI, rappresentanti dell’ampio ventaglio delle forzeantigolpiste, dalla Esquerra catalana di Companys alla UGT, dal POUM al neonato PartitSocialista Unificat de Catalunya (PSUC) e a formazioni autonomiste minori. Le proporzioninon rispettano l’effettivo potere di ognuno, ma rispondono al vivo desiderio di unità contro imilitari insorti. Si verifica qui un incontro di rilievo storico eccezionale fra le tre tendenzeideologiche presenti nelle formazioni antifasciste spagnole: l’anarchismo, il marxismo e ilrepubblicanesimo.

I compiti del Comité de Milicias Antifascistas vanno ben al di là dei problemi militari e diuna supervisione politica. Esso svolge molteplici funzioni: dalla ricostituzione di un minimodi amministrazione pubblica al rifornimento alimentare di una metropoli con 1.000.000 diabitanti, dai servizi sanitari alla propaganda del nuovo ordine e al mantenimento dello stesso,dai contatti con la categoria dei tecnici per farli cooperare con la nuova economia alla

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riconversione delle fabbriche in industrie di guerra, dalla spinta alla coltivazione di tutta laterra disponibile ai rapporti con il governo di Madrid, dalla vigilanza delle coste al sussidioper le famiglie dei miliziani.

Di importanza non secondaria, tra le urgenze da risolvere a Barcellona, è l’indispensabileprevenzione e punizione degli atti ingiustificati di esproprio e violenza. Alcuni gruppi dimalavitosi, attivi nella città vecchia alle spalle del porto, pensano di poter approfittare dellacrisi dei tradizionali organi di polizia per agire secondo i propri metodi e interessi. Di fronteal moltiplicarsi di tali episodi e al pericolo di una degenerazione della rivoluzione in caosarmato su grande scala, il Comité decide di intervenire bruscamente e senza titubanze. Sisente anche il bisogno di rispondere con i fatti alle voci messe in giro da ambienti politiciinteressati a presentare gli anarchici come incontrolados. Ricorda Peirats che

diversi elementi della CNT, colpevoli di abusi, furono fucilati per ordine della Confederación sul luogo del reato; alcuni di

essi erano militanti di rilievo. Questo è il caso di José Gardeña, del ramo dell’edilizia di Barcellona, e di Fernández,presidente del Sindicato de Alimentación, che avevano un curriculum rivoluzionario notevole, ma che non furono capaci disuperare un momento di confusione e di debolezza5.

L’uso appropriato delle armi ha l’obiettivo immediato di liberare la città da chi ha

appoggiato le truppe ribelli e può costituire un pericolo: dai militari al clero, dai falangisti aicarlisti. In questo ambito si sviluppa una lotta anticlericale violenta che si basa sia su ragionistoriche che su motivi contingenti: la collaborazione, vera o presunta, di esponenti del clerocon gruppi di golpisti. Nelle prime settimane si moltiplicano gli assalti agli edifici religiosi esi perseguono, in molte località, gli ecclesiastici sospettati di simpatie o attività filogolpiste.L’impeto anticlericale porta all’uccisione, soprattutto in Catalogna, di migliaia di religiosi ealla trasformazione delle chiese, particolarmente nei villaggi aragonesi, in strutture civili diuso collettivo. Le violenze sono opera di esponenti di tutte le tendenze antifasciste, o anche dinessuna, e rispondono al diffuso bisogno di colpire uno dei pilastri tradizionali della reazione,al di là dell’esplicito appoggio al golpe. Che verrà ufficialmente dichiarato più tardi6.

In fin dei conti si tratta di non tollerare quella che, prima a Madrid ma poi ovunque, vienedefinita la Quinta Colonna, cioè una serie di gruppi antirepubblicani che aspettano l’arrivodelle quattro colonne guidate dai generali ribelli. Questi ultimi dichiarano subito che, oltrealle loro quattro colonne che da lì a poco sarebbero entrate nella capitale, esistono proprisostenitori, appunto la Quinta Colonna, pronti a insorgere. Tale affermazione è uno dei motividelle sacas, i prelievi dalle carceri di Madrid dove sono rinchiusi i militari filogolpistisopravvissuti agli scontri dei primi giorni.

Anche a Barcellona la lotta alla Quinta Colonna determina un tipo di giustizia popolaresommaria che solo dopo alcune settimane assumerà la forma dei Tribunales Revolucionarios.Prima viene usato un metodo molto sbrigativo, approssimativo e talvolta arbitrario: il paseo(passeggio). Questo termine sarcastico definisce il prelievo senza ritorno effettuato da gruppiarmati nelle abitazioni di elementi sospettati di simpatie o azioni filogolpiste, in teoria suindicazione di apposite strutture informative del Comité. Il metodo della limpieza (pulizia)era già stato impiegato, in forma più sistematica e in misura molto più pesante, nelle retroviedei territori sotto il potere dei generali golpisti.

Secondo De Santillán, che ne è parte attiva, «il Comité de Milicias è allo stesso tempo unministero della Guerra in tempo di guerra, un ministero degli Interni e un ministero degliAffari Esteri, ed è l’ispiratore di organismi simili sul versante economico e culturale»7. Lacondizione informale e instabile del Comité, la sua improvvisazione e la sua estrema fluiditàsono confermate dal fatto che le riunioni si svolgono per lo più a mezzanotte in quanto

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durante il giorno i suoi componenti hanno mille compiti differenti da svolgere. Questacollaborazione con i partiti autoritari in nome delle urgenze della guerra antifascista suscita,all’interno degli ambienti libertari, discussioni accese che non termineranno con il 1939. Aogni modo, tra il 20 e il 21 luglio si tengono riunioni, ovviamente improvvisate, degli organidi coordinamento della CNT che avallano la scelta di far parte del Comité in posizione direlativa minoranza, mentre il potere di fatto en la calle (nella strada) vede la prevalenza deglianarcosindacalisti. La conquista dello spazio urbano, non solo a Barcellona, è un indice deirapporti di forza tra potere istituzionale e anarchismo operaio e popolare8.

Il 10 dicembre 1931, qualche mese dopo la nascita della Seconda Repubblica e di fronte alletensioni in atto in quel periodo, il periodico anarchico «Cultura y Acción» di Saragozza avevagià proclamato che «se loro hanno la forza in un ministero, la nostra è nella strada e nellaragione». Il riferimento alla «ragione» rinvia al grande impegno profuso per giungere «a larevolución por la cultura»9grazie a una socializzazione e a una formazione sviluppateall’interno delle proprie strutture.

Una cultura alternativa e popolare Gli Ateneos Libertarios (AL) sono un importante aspetto dello sviluppo del movimento

durante la Seconda Repubblica e conoscono un formidabile potenziamento nell’estate del1936. Già agli albori del Novecento e poi soprattutto nei primi anni Trenta erano stati fondatinumerosi Ateneos con il preciso intento di diffondere la cultura e l’etica antiautoritarie,nonché una socializzazione alternativa a quella borghese e a quella «finto popolare», unasorta di sottocultura prodotta in realtà dalla borghesia. Diversamente dai circoli repubblicanie socialisti, che hanno finalità parallele, nei centri anarchici sono esclusi, almeno in linea diprincipio, consumi ritenuti dannosi come le bevande a forte gradazione alcolica, il caffè, igiochi d’azzardo e certi balli. Vengono considerati negativamente anche quei divertimenti«disumani» o «irrazionali» promossi dalla società borghese come la corrida, gli sport dimassa, il teatro frivolo e logicamente la prostituzione. Gli AL si oppongono frontalmente ailuoghi voluti dal potere e tradizionalmente deputati ad attrarre e condizionare le massesubordinate: parrocchie e taverne. Su un altro piano, sono altrettanto disprezzati i centriricreativi per borghesi come i casinos esclusivi e classisti.

Gli AL cercano di offrire un’«etica del tempo libero» coerente con le finalità del movimentolibertario inteso in senso ampio, che va oltre la CNT, la FAI e la Federación Ibérica deJuventudes Libertarias (FIJL), per comprendere anarcoindividualisti, antimilitaristi,esperantisti, naturisti e salutisti di vario tipo. Sullo sfondo si può intravedere l’influenza deidiscorsi del militante e pensatore individualista francese E. Armand (pseudonimo di ErnestLe Juin) sul «vivere quotidianamente l’anarchia»10. I valori morali proposti dagli AL sifondono con quelli dell’identità operaia libertaria e prevedono il comportamento corretto sullavoro, l’impegno nell’attività sindacale, la dedizione alla Causa, la solidarietà con icompagni di lavoro e di sentimenti rivoluzionari. Tutto ciò in stretto collegamento con dueprincipi di rispettabilità individuale validi per buona parte degli spagnoli: l’onestà e l’onore.In particolare quest’ultimo si ritrova molto spesso nei testi di propaganda e di dibattitointerno, e ciò indica che la versione spagnola dell’anarchismo presenta caratteri radicati nellastoria culturale del paese in generale e non solo delle sue classi popolari.

La parola svolge una funzione essenziale nella formazione che si acquisisce in questi centriculturali. Dalle conferenze ai dibattiti, dai corsi alle letture collettive, l’ascolto costituisce una

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forma di apprendimento semplice e costante. Tra l’altro, la forma di comunicazione verbaleprivilegiata negli AL rende accessibili i valori libertari ai frequentatori ancora in via dialfabetizzazione.

Ogni Ateneo possiede una biblioteca più o meno fornita e una raccolta di periodici, riviste eopuscoli, e spesso i suoi aderenti collaborano a una delle centinaia di testate locali, siasindacali che edite da gruppi del movimento specifico. A militanti, iscritti e simpatizzanti sioffrono di frequente opere teatrali e cinematografiche con contenuti socialmente impegnati o,nella buona stagione, gite naturalistiche per l’apprendimento scientifico e l’ulterioresocializzazione.

Avere ben presente l’influenza di questa pedagogia variamente scientista, ecologica eantireligiosa è indispensabile per capire la definizione dell’immaginario libertario, l’identitàdei suoi aderenti, le forme di azioni intraprese, sia a livello di propaganda che di scontro.Come ha rilevato José Álvarez Junco, già nell’Ottocento l’anarchismo spagnolo ha prodottoun enorme sforzo culturale che ruota attorno alla scoperta della scienza come alternativa allareligione11. L’idea di progresso razionale, alla base della nascita di molti Ateneos, è lostrumento per demolire alcune «irrazionalità sociali»: l’autorità politica, l’esercito, la Chiesacattolica, oltre ovviamente alla classe capitalista e alla burocrazia.

Soprattutto tra i giovani e tra le donne le proposte istruttive e di «divertimento intelligente»,dall’arte alla letteratura, contribuiscono alla maturazione dei singoli, base dei movimenticollettivi di lotta antiautoritaria. Questo ambiente antagonista alla cultura dominante serveanche durante certe fasi più difficili – ad esempio durante la dittatura di Primo de Rivera –per mantenere i fili organizzativi e coltivare l’attesa di una prossima liberazione. Alcunerisposte forti dell’anarchismo dopo lunghi periodi di quasi inattività, dovuti alla forzataclandestinità, sono meno sorprendenti se vengono collegati alla continuità di un quasisilenzioso sforzo culturale. Dotare gli aderenti di una visione del mondo e di un insieme divalori etici facilita la ricostruzione del movimento e il suo protagonismo in contesti storicicruciali. Così è accaduto nel 1931 e, in modo diverso, nei primi mesi del 1936.

Nascondere la rivoluzione Uno dei principali motivi apportati da quanti sostengono l’ingresso in ambito istituzionale è

la necessità di offrire all’opinione pubblica internazionale, particolarmente ai governi e aigruppi di pressione economica e informativa europei, l’immagine di una Catalogna, e poi diuna Spagna, dove tutto funziona più o meno normalmente. La situazione sarebbe sotto ilcontrollo dei vertici politici unificati, non sono messe in discussione le proprietà straniere e lalotta contro il golpe prevede solamente la restaurazione della Repubblica democratica eniente di più. La «rivoluzione camuffata»12 viene presentata ai militanti della CNT comeun’inevitabile e astuta manovra per evitare, o quanto meno limitare, interventi ostili da partedei paesi europei i cui interessi sono coinvolti e colpiti dalle trasformazioni collettiviste inatto. Altro motivo di scelta obbligata verso la collaborazione antifascista, e il conseguenterinvio a tempi migliori della rivoluzione libertaria, è la situazione nelle altre regioni spagnolenon occupate dai golpisti.

La Catalogna resta a ogni modo fondamentale nel quadro complessivo per una serie diragioni: è la prima a battere i militari insorti, è la più ricca di industrie e di commerci, è la piùprossima alla Francia. Qui un governo di Fronte popolare, analogo quindi a quello spagnolo,dovrebbe essere solidale verso la Repubblica aggredita dall’esercito. Fino alla fine del 1938 si

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auspica, e ci si illude, che la Francia democratica affianchi lo sforzo del popolo lealista nellalotta per la democrazia e il progresso e contro l’espansione del nazifascismo.

Situazioni regionali13

CatalognaLe giornate successive al 19 luglio 1936 a Barcellona vedono una singolare coesistenza tra

un potere reale, quello del Comité de Milicias Antifascistas, e uno legale superstitedell’ordine precedente, quello della Generalitat. Per alcune settimane quest’ultima si limita alegalizzare con appositi decreti quanto deliberato dal Comité: il 23 tocca allo stesso Comité,come se già non detenesse il potere di fatto; il 27 al Consell d’Escola Nova Unificada (CENU),che si occupa dell’istruzione pubblica ormai rifondata; l’11 agosto alle Patrullas de Control,organismi di lavoratori che rimpiazzano la polizia tradizionale; il 17 agosto all’OficinaJurídica addetta alle questioni penali e civili, e così via.

Alla fine di agosto si svolge un decisivo Plenum dei tre rami del Movimiento Libertario,cioè la triade CNT-FAI-FIJL, che rafforza la scelta della collaborazione antifascista quale prioritàrispetto alla immediata realizzazione del «comunismo libertario», l’obiettivo indicato da varicongressi. Il passo successivo è già prospettato da Companys, il presidente della Generalitat,che insiste in particolare con Mariano R. Vázquez, segretario del Comité Regional della CNT

(insediatosi nel frattempo in un enorme e centrale palazzo, già proprietà del politicoconservatore Francesc Cambó). L’assenso a entrare nella Generalitat è sostenuto da ragioniforti quali il rischio di emarginazione progressiva dai posti decisionali, quelli da cui la CNT-FAI-FIJL avrebbe potuto aiutare concretamente i suoi militanti impegnati su due fronti delicati:le milizie e le collettivizzazioni. Inoltre, e il tema viene ribadito più volte, l’immagineinternazionale della Catalogna e la sua credibilità nella richiesta di aiuti alle democrazieoccidentali sarebbe stata indebolita dall’esistenza di un vertice politico non rappresentativo inquanto privo dell’importante componente libertaria. Si valuta poi che l’eventuale assenza dalgoverno regionale avrebbe favorito l’aumento dei posti occupati dal PSUC, il partito aegemonia comunista che si presenta come il più determinato oppositore della rivoluzione inatto. In effetti la sua tattica va nel senso del ripristino della democrazia borghese rinviandoogni trasformazione sociale al dopoguerra.

Anche Diego Abad de Santillán, a nome della FAI, appoggia l’orientamento favorevole,considerando che l’impegno bellico richiede la disponibilità di armi e munizioni di cui laCatalogna è carente. Come abbiamo visto, García Oliver prospetta invece l’imposizione diuna «dittatura anarchica», un’evidente contraddizione, sugli altri partiti e sindacati. E sidichiara pronto a seguire questa strada senza indecisioni e usando la necessaria violenza. Inun certo senso, proprio la sua mozione, con il carico di avventurismo e di negazione deiprincipi e dei valori dell’anarchismo, favorisce la scelta della collaborazione, forse menocontraddittoria e pensabile come provvisoria, ovvero dettata dalle straordinarie contingenze.La decisione finale mantiene una riserva di coerenza: la FAI «inmaculada»14 rifiuta il postonel governo autonomo proposto da Companys. Il sindacato assume invece il ruolo realista ecollaborazionista con l’autorità borghese regionale.

Verso la fine del settembre 1936 si svolge un congresso regionale della CNT, con più di 500delegati, nel quale si ratifica la linea intrapresa dal Plenum un mese prima. L’ingresso nelConsell de la Generalitat, definizione meno compromettente e irritante di «governo», avvieneil 27 settembre e la CNT occupa i ministeri dell’Economia, dei Rifornimenti e della Sanità: tre

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su dodici. Il Comité de Milicias Antifascistas viene sciolto il 1º ottobre e le sue funzionipassano al ministero della Difesa, retto ufficialmente da un tecnico, il colonnello Felipe DíazSandino, ma nel quale García Oliver ha una sorta di supervisione: di fatto, a livello regionale,è il quarto ministro anarchico.

AragonaLa metà occidentale della regione, compresa Saragozza, resta in mano ai militari ribelli. La

capitale regionale cade alla fine di luglio dopo un tentativo di resistenza operaia boicottata,anzi tradita dal Gobernador Civil che garantisce la lealtà della guarnigione e respinge laproposta di dare le armi al popolo in vista dell’imminente golpe. Già il 18 luglio i falangisti siimpadroniscono dei depositi di armi e iniziano la limpieza (pulizia) capillare nella capitale enei villaggi. La CNT mostra indecisione in quanto vari dirigenti locali credono allerassicurazioni del Gobernador Civil, rappresentante del governo repubblicano, e perfino delvecchio generale Cabanellas che conferma la fiducia nelle truppe e nel loro «sensodell’onore». Viene perciò dichiarato solo uno sciopero generale che dura una settimana: saràstroncato eliminando fisicamente, casa per casa, centinaia di attivisti anarcosindacalisti.

La tragica sconfitta subita a Saragozza spinge i militanti che riescono a fuggire ad assumereposizioni intransigenti e a diffidare degli esponenti del potere repubblicano. È proprio perrispondere alla delusione verso i dirigenti della Repubblica che si convoca un Plenumstraordinario della CNT di Aragona che dà vita al Consejo de Defensa de Aragón. È unaforma istituzionale autonoma da Madrid, in pratica un governo monocolore creato dalla CNT

regionale insieme ai delegati delle colonne confederali catalane presenti nella regione, tra cuiquella di Durruti. Non vi partecipano altre formazioni politiche, repubblicane o socialiste che,pur invitate, preferiscono astenersi. Il presidente del Consejo è Joaquín Ascaso (cugino diFrancisco, caduto a Barcellona il 19 luglio), un sostenitore della linea anarchica più radicale.Uno degli obiettivi è di contrastare la crescente influenza del marxismo, sia staliniano delPSUC che antistaliniano del POUM. In particolare il PSUC ritiene abusive e illegali le collettivitàe dove può frappone ostacoli alla loro attività. In pratica la linea di García Oliver, quella della«dittatura anarchica», trova una sua parziale applicazione in terra aragonese e lo stessoComité Nacional della CNT viene avvisato a cose fatte.

L’esistenza del Consejo aragonese a esclusiva composizione anarchica pone problemi allalinea di collaborazione antifascista seguita da quasi tutta la CNT, che infatti ha previsto dipartecipare a organismi unitari, come è avvenuto in Catalogna e come, di lì a poco, avverrà aMadrid. Già dopo un paio di settimane una delegazione del Consejo si incontra conCompanys, che esprime un’irritata protesta per la costituzione di un potere autonomoaragonese, anche perché considera l’Aragona rurale e povera un’appendice dell’industriale ericca Catalogna e dunque intende esercitarvi il potere della Generalitat. Meno ostili appaionoFrancisco Largo Caballero, al vertice del suo primo governo, e lo stesso Manuel Azaña,presidente della Repubblica. Tutti però richiedono, per riconoscere il Consejo de Aragón, cheincluda rappresentanti di ogni formazione antifascista. La legalizzazione del Consejo avvienenella seconda metà di novembre del 1936, ma di fatto esso entra in funzione solo agli inizi del1937. A quel punto la partecipazione è estesa a rappresentanti della UGT, della IzquierdaRepublicana, del Partido Comunista e del piccolo Partido Sindicalista, quello di Pestaña, cheha operato da ponte tra il vecchio e il nuovo Consejo.

Il quasi governo rivoluzionario di Aragona è costretto per mesi a una cautasemiclandestinità per evitare azioni armate aggressive da parte di alleati antifascisti come icomunisti, che «per errore» bombardano la sede del Consejo, un palazzetto del villaggio di

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Montejulia, presso Binéfar, nel dicembre 193615. Nel frattempo le accuse di «cantonalismo»,cioè di tentata indipendenza dal potere centrale, fioccano sul governo autonomo aragonese.Tali critiche usano fatti reali quali gli scambi autonomi con alcuni Stati esteri (Francia,Cecoslovacchia, Jugoslavia), cui sono venduti prodotti agricoli in cambio di armi e dimacchinari agricoli. Un altro terreno di polemica è l’aiuto istituzionale elargitoall’organizzazione delle collettività agricole con l’assenso e la protezione del congressocostitutivo della Federación Regional de Colectividades, tenutosi a Caspe, nella stessa sededel Consejo, a metà febbraio 1937.

Un ambito molto delicato, dove le contraddizioni tra teoria utopica e pratica storica risultanopatenti, è costituito dalle attività dei Grupos de Investigación y Orden Público, la nuovapolizia del Consejo. Questi sono formati per lo più da miliziani dei vari villaggi chespontaneamente si impegnano a neutralizzare l’opposizione reazionaria, i sabotatori e idelinquenti comuni. Adesso essi rispondono a un controllo istituzionale, il Consejo, e portanoi sospettati davanti a tribunali popolari formati da membri della CNT; non viene perciò piùapplicata la giustizia sommaria dei primi giorni dopo il golpe. Sono poche le sentenze dimorte pronunciate da questi tribunali, che piuttosto impongono ai condannati lavori manualicome la costruzione di strade e di altre opere pubbliche. Il Consejo non dispone di un proprioesercito in quanto gran parte dei miliziani aragonesi entrano nelle divisioni confederali, per lopiù catalane, schierate proprio sul fronte aragonese, e infatti lo sforzo bellico principale diConsejo e collettività consiste nel far arrivare alimenti e altre forniture alle truppe.

In sostanza, dopo la ristrutturazione dei componenti, il potere decisionale del Consejo restaalla CNT, anche se nei villaggi i Comités Revolucionarios dell’estate del 1936 sono sostituitidai Consejos Municipales. Tutta questa esperienza, pur se problematica, anche per lerelazioni non sempre idilliache tra Federación de Colectividades e Consejo, cioè tra l’aspettoeconomico e quello politico della rivoluzione sociale, viene distrutta all’inizio di agosto del1937. L’intervento militare della 11ª Divisione, di stretta osservanza comunista, gioca disorpresa e anticipa di un paio di giorni la decisione ufficiale di scioglimento del Consejo deAragón presa dal nuovo governo di Juan Negrín insediatosi dopo il maggio 193716.

Paesi Baschi, Asturie, SantanderNei Paesi Baschi (detti anche Euskadi, cioè terra dei baschi o, al giorno d’oggi, Euskal

Herria, cioè terra dove si parla basco), la debolezza congenita della CNT condiziona il suoatteggiamento dopo il 19 luglio. In una regione dove tra gli operai domina da tempo la UGT,dove il Partido Comunista conta su speciali appoggi sovietici e su forti personalità (comequella nota internazionalmente di Dolores Ibarruri, La Pasionaria, molto attiva anche nelleAsturie), dove il clero controlla buona parte delle classi medie e delle campagne, talora sottola veste del carlismo nostalgico, lo spazio per l’anarcosindacalismo è piuttosto ristretto. Unsintomo evidente è il fatto, poco consueto nella Spagna repubblicana in guerra, che le chiesenon siano assaltate né trasformate in luoghi laici, depositi o mense, ma mantengano la lorofunzione tradizionale.

La risposta della massa operaia, che a Bilbao ottiene la resa della guarnigione, permette diformare un Comisariado de Defensa de Vizcaya che assume il controllo della situazione. Aesso collabora la CNT rappresentata da Horacio Prieto, leader moderato e molto favorevole alfronte unico antifascista. Il Comisariado è ostacolato dai nazionalisti baschi, di gran lunga laforza maggioritaria, che ne ottengono lo scioglimento per dar vita a una Junta de Defensaorientata in senso autonomista. Nel luglio 1936 il Partido Nacionalista Vasco resta incerto,per più di una settimana, sulla scelta del fronte nel quale schierarsi e solo la promessa di uno

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statuto autonomo lo spinge a porsi al lato della Repubblica. Le sue posizioni conservatrici ecattoliche non cambiano e ogni collaborazione con i sindacati, anche socialisti, è accantonata.

La CNT, che ha avuto un notevole ruolo nella difesa di San Sebastián nei primi giorni delgolpe, viene esclusa dalla Junta de Defensa malgrado l’adeguamento degli anarcosindacalistilocali al modello gerarchico dell’esercito, al rispetto assoluto dell’istituzione religiosa, allarinuncia a procedere a collettivizzazioni. L’emarginazione dal potere politico nei PaesiBaschi è un punto dolente per tutta la CNT spagnola, che ripetutamente eleva proteste erichieste a tal proposito. Questo atteggiamento rivendicativo di spazi istituzionali costituisceun’altra controprova dell’evoluzione «circostanzialista» del sindacato. Le nuove edeccezionali circostanze della guerra civile stanno trasformando la prassi del sindacato,fondato nel 1910 su azione diretta e antipoliticismo.

Nelle Asturie, luogo della rivolta CNT-UGT dell’ottobre 1934, la situazione del nuovo potereha tratti di originalità. La capitale, Oviedo, città più che altro socialista, cade in mano airibelli grazie alla doppiezza del comandante militare locale che proclama la fedeltà assolutaal governo mentre congiura con la Guardia Civil e i falangisti. Questi infatti spedisce migliaiadi operai bene armati in direzione di Madrid «per difendere la capitale» ed evita così la sicuraopposizione proletaria. Attorno alla città portuale di Gijón, roccaforte libertaria, il golpeinvece è sconfitto in pochi giorni nel centro urbano e in un paio di settimane nella provincia.Il territorio asturiano sottratto ai generali golpisti si collega quindi alla provincia di Santandera est, mentre a ovest la Galizia diventa, nel giro di alcuni giorni e dopo aspri combattimenti,una regione del tutto in mano ai golpisti che procedono a fucilazioni di massa.

Un Comité Provincial de Asturias, controllato in sostanza dai socialisti, assume il potere inbuona parte della regione interna – meno Oviedo e Gijón per motivi opposti – e si occupasubito di armare i miliziani e di provvedere ai rifornimenti alimentari. Alla fine di settembresi trasferisce nella più sicura Gijón libertaria, dove è attivo un Comité de Guerra acomposizione unitaria per quanto animato dalla CNT. Nel frattempo le industrie, la pesca e leimprese artigiane sono socializzate; nelle campagne, dove domina la piccola proprietàautosufficiente, non si realizza invece alcuna collettivizzazione. Tra i due Comité, malgradole divergenze ideologiche di fondo, vi è una solida alleanza attorno ai temi dellariorganizzazione della vita sociale e della resistenza armata. Le stesse colonne miliziane, benpresto militarizzate con una rigida disciplina, vedono la partecipazione indistinta di anarchicie socialisti a fianco dei meno importanti comunisti e repubblicani. Il TribunaleRevolucionario assume decisioni drastiche solo in conseguenza degli eccidi compiutidall’esercito insorto nella vicina Galizia e delle notizie sulle numerose vittime civili deibombardamenti. Le chiese sono chiuse, ma non saccheggiate, e il clero è ridotto allo statocivile senza essere perseguitato. La collaborazione CNT-UGT, avviata nella «Comuneasturiana» dell’ottobre 1934, continua a produrre i suoi effetti unitari al punto che, dopol’entrata della CNT nel secondo governo di Largo Caballero ai primi di novembre, il Comitéde Guerra libertario e i Comités dei villaggi si sciolgono. Molti loro esponenti entrano neiConsejos Municipales: a Gijón il nuovo sindaco è il militante cenetista Avelino G. Mellada eun’analoga situazione si ripropone in altri comuni minori.

Da questa intesa sorge il Consejo de Asturias y León che ottiene un’autonomia completa neldicembre 1936, autonomia scontata poiché ormai la regione si trova isolata dal resto dellaSpagna repubblicana. Nel Consejo sono rappresentate tutte le forze antifasciste e anche la FAI,ufficialmente clandestina. L’ambiente libertario vede con favore la partecipazione della CNT

al governo antifascista e solo le Juventudes vi si oppongono pubblicamente, criticando inparticolare la militarizzazione in atto. Un punto di accordo fra anarchici e socialisti risiede

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nella condivisa ostilità verso i comunisti, che in questo territorio non riescono a trarregiovamento dal clima di emergenza bellica. Anzi, devono persino subire la censura del loroperiodico mentre le altre testate escono regolarmente.

L’autonomia diventa completa sovranità per decisione del Consejo Regional nell’agosto del1937, quando il governo centrale, dopo il maggio barcellonese, non è più del socialista LargoCaballero, relativamente vicino alla CNT, bensì di altro socialista, Juan Negrín, più vicino alPCE. A questo punto l’attività principale del Consejo consiste nell’organizzare l’evacuazionedel maggior numero possibile di asturiani che fuggono davanti all’avanzata dell’esercito diFranco. L’ormai Generalísimo e Jefe (capo) de Estado, che ha concentrato su di sé tutto ilcomando, occupa Gijón nell’ottobre del 1937 e dà avvio a una politica di terrore capillare perimpedire qualsiasi resistenza (una limitata guerriglia durerà nelle vicine montagne ancora perdiversi anni).

Nella zona di Santander, compresa la città, e nelle provincie di Burgos e Palencia, escluse lecapitali, esiste da tempo un predominio della UGT. Data la sua forza, in questo sindacatosocialista si riscontra una particolarità: vi militano vari anarcosindacalisti sensibili all’unità diclasse prima che all’appartenenza organizzativa. Solo dopo il decreto di sindacalizzazioneobbligatoria dell’11 ottobre 1936 la CNT amplia le sue schiere, accogliendo la maggior partedei lavoratori di orientamento repubblicano che hanno motivi di ostilità verso i socialisti. Lemilizie sono di natura ideologicamente mista e il Comité del Frente Popular Ampliocomprende esponenti della CNT e della FAI. Santander cade nell’agosto 1937, seguendo la resadei Paesi Baschi, per la crisi irreversibile di tutto il fronte nord della Repubblica. Una largafascia di territorio produttivo, con il carbone e i prodotti agricoli asturiani, il ferro dellaVizcaya, l’industria metallurgica di Gijón e Bilbao, diventa quindi un retroterra assai utilealle truppe franchiste dal punto di vista dei rifornimenti militari e della disponibilità di uominiin divisa.

Levante e MurciaA Valencia lo scontro tra CNT-UGT da un lato e militari golpisti dall’altro resta sospeso per

una decina di giorni. Le caserme ribelli sono circondate dai lavoratori armati pronti all’assaltoe nel frattempo nasce il Comité Ejecutivo Popular (CEP) a base sindacale e politica. Il governodi Madrid invia nella capitale del Levante un gruppo di politici nella veste di Junta incaricatadi rappresentare il potere centrale ed evitare autonomie regionali troppo pronunciate. La Juntadovrebbe condurre le trattative con i militari insorti e assediati, far sospendere lo sciopero e«riportare l’ordine», ma è scarsamente operativa in quanto sostenuta solo dal PartidoComunista ancora poco potente. Dopo l’attacco vincente ai ridotti militari, tutto il poterepassa al CEP e i politici della Junta, ormai inutile e superata dagli eventi, ritornano nellacapitale. Di fatto il CEP controlla la città di Valencia, mentre tutte le ricche campagnecircostanti, tra le più fertili dell’intera Spagna, e le cittadine industriali sono piuttostodominate da spontanei Comités Revolucionarios di villaggio variamente organizzati e diretti:nel centro tessile di Alcoi e nella sede siderurgica di Sagunto l’egemonia è degli anarchici, aGandia e Castellón vi è un sostanziale equilibrio fra CNT e UGT insieme ai partiti di sinistra(compresa la FAI), ad Alicante è nominato un socialista come Gobernador Civil in un clima distretta collaborazione con esponenti libertari.

Il CEP si occupa, come il Comité de Milicias in Catalogna, di ogni aspetto della vita sociale:dai rifornimenti alle milizie, dai Tribunales Revolucionarios alle questioni economiche.Nell’ottobre 1936, su proposta dei libertari, si forma dentro il CEP un Consejo de Economía a

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esclusiva partecipazione di CNT e UGT. Esso ambisce a coordinare la produzione, che in buonaparte viene collettivizzata ed è autogestita dai contadini e dagli operai attraverso propriComités e un autonomo servizio di esportazione dei preziosi agrumi. Il CEP viene peròesautorato di fatto subito dopo il 7 novembre 1936 a causa del trasferimento da Madrid delgoverno di Largo Caballero, già con i quattro ministri anarchici. In compenso moltiAyuntamientos (comuni), tra cui quelli di Valencia e Alicante, oltre ad altri minori,esprimono un sindaco di area libertaria.

Da quanto visto, la partecipazione alla gestione delle istituzioni non è estranea alcomportamento della CNT valenzana, anche perché nelle sue fila hanno acquisito notevoleimportanza, già al tempo della scissione dei Sindicatos de Oposición del 1933, elementimoderati e riformisti quali Juan López, futuro ministro. Questo atteggiamento possibilista èsia causa che conseguenza delle buone relazioni con gli aderenti alla UGT orientati versoLargo Caballero, leader formatosi nel sindacato socialista. Nel contesto successivo allasconfitta elettorale del novembre 1933, quest’ultimo ha assunto posizioni più radicalimostrando aperta simpatia per la CNT.

Nondimeno nella regione di Valencia si fa notare al contempo un’irriducibile opposizionealla collaborazione governativa, costituita da una tendenza che comprende le JuventudesLibertarias, dirette da Abraham Guillén, sul piano politico e propagandistico e la Columna deHierro sul piano militare e dell’azione diretta. Questa formazione miliziana, che regge conenormi costi umani gli scontri attorno e dentro Teruel, nel vicino sud aragonese, dichiaracostantemente i propri principi anarchici, critica aspramente il «tradimento» dei vertici CNT-FAI che occupano posti governativi e rifiuta a lungo la militarizzazione. Dovrà accettarla nelmarzo 1937, ma una parte considerevole dei circa 20.000 combattenti preferisce disertarepiuttosto che accettare un sistema gerarchico nella lotta armata17. I comunisti, che sipresentano come garanti della piccola e media proprietà rurale, diffusa nel Levante ed espostaal rischio di collettivizzazione, sono accesi sostenitori dell’Ejército Popular con le suegerarchie e quindi contrari al modello sostanzialmente egualitario delle milizie. Inoltre il PCE

si impegna a fondo nel denunciare le violenze e i soprusi contro i civili che attribuiscono agliex detenuti comuni liberati dalle carceri ed entrati nella Columna de Hierro.

A sud del Levante, nella regione della Murcia, si manifestano due diverse realtà: Cartagena,sede di industrie e della flotta militare spagnola, si schiera con la CNT; la città di Murcia, alcentro di una ricca serie di campi a piccola proprietà, si pone a lato della UGT. Nel portomediterraneo, e in alcuni villaggi di minatori, le collettività si realizzano su larga scala, dalleminiere di ferro e zinco ai teatri, dalle fabbriche di conserve alimentari agli alberghi. Lostesso sindaco di Cartagena appartiene alla CNT, che anche qui ha sviluppato buoni rapporticon la UGT. Molto interessante è quanto succede all’interno della flotta il 18 luglio 1936: imarinai sopprimono gli ufficiali che sostengono il golpe e si impadroniscono delle navi. Peròla flotta non riesce a muoversi a causa delle difficoltà tecniche che gli equipaggi da soli nonriescono a superare.

A Murcia il potere politico passa, senza colpo ferire, ai socialisti e ai repubblicanifederalisti, mentre la CNT si dedica alle questioni economiche con la socializzazione dinumerose entità produttive, dai trasporti alle non molte industrie come quelle della seta edello sparto. Si concretizza un buon livello di collettivizzazione anche nella Huerta, zonairrigata e fertile, dove permangono comunque numerosi coltivatori individualisti senza che trai due settori si riscontrino gravi tensioni o scontri. Ciò è dovuto ai buoni rapporti dei libertaricon i repubblicani federalisti, ancor più che con i socialisti, e all’assenza di un forte partito

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comunista che fornisca protezione a chi si oppone alla collettivizzazione. Infatti il PCE ritieneche per vincere la guerra, che va condotta in modo tradizionale con un esercito gerarchico, sianecessario allearsi con la borghesia meno franchista e più democratica. Di conseguenza, nonvanno realizzati cambiamenti rivoluzionari che potrebbero spaventare l’ipotetico alleatoborghese, dentro e fuori della Spagna. Le collettivizzazioni, in questa visione, rappresentanouna mossa controproducente rispetto alle necessità belliche. Le fila del partito si ingrossanocon l’adesione, notevole nel Levante, di piccoli e medi proprietari sensibili alla difesa deipropri interessi economici.

AndalusiaQui il panorama del golpe e della risposta popolare assume caratteri contrastanti. A parte

Cadice, Córdoba e Siviglia (la capitale conquistata con astuzia dal generale Queipo deLlano), il vasto ambiente rurale e le altre città minori restano in buona parte leali allaRepubblica. La situazione è destinata, nel giro di pochi giorni, a cambiare radicalmente perl’intervento delle truppe more e dei legionari italiani che riescono a sbarcare a Cadice e aoccupare la regione sbaragliando una resistenza popolare scarsamente armata. In più, da fineluglio aerei militari tedeschi e italiani collaborano al trasporto di truppe golpiste con uno deiprimi ponti aerei della storia militare. Già a fine agosto 1936 l’Andalusia appare divisa in dueparti: quella occidentale, a sud dell’Estremadura, ormai dominata dai militari golpisti, cuidanno un appoggio armato i señoritos della Falange, i figli dei ricchi proprietari terrierischierati in difesa dell’ordine tradizionale; e quella orientale, con l’eccezione delle città diGranada e Jaén, controllata dai repubblicani e dai rivoluzionari. L’estrema precarietà delfronte e le tendenze autonome di ogni villaggio rendono arduo il coordinamento politico emilitare, che si forma solo a fine novembre 1936 con la partecipazione di tutte le forze, acominciare dalla ben radicata CNT.

Il sindacato libertario andaluso ha assunto su di sé il compito di rispondere al secolaredesiderio di emancipazione dei braccianti, una vasta massa di lavoratori particolarmentesfruttati dai latifondisti. Tra i braccianti si è sviluppata, già nell’Ottocento, una versionedell’anarchismo come soluzione alternativa, economica ed etica, all’ingiustizia e al privilegiodominanti. Questo movimento ha espresso molte rivolte rurali e ha resistito a una durarepressione statale, a opera specialmente della Guardia Civil, corpo fondato nel 1844soprattutto per eliminare le insubordinazioni bracciantili. Il fasto e la miseria coesistono dasempre in questa regione, abitata da terratenientes parassitari e da guerriglieri e banditi, esono alla base delle ricorrenti violenze scatenate dalle popolazioni contro i padroni e i lorocollaboratori e alleati, dagli intermediari dei latifondisti che gestiscono la produzione agrariaai preti che pretendono di imporre l’obbedienza come comandamento morale. Nelproletariato rurale andaluso, ipersfruttato, si giunge al punto di considerare un probabilenemico chiunque non abbia le mani callose, segno distintivo del lavoratore manuale.

A Malaga, più libertaria che repubblicana, improvvisati Tribunales Revolucionarios sononominati da un Comité de Salud Pública sorto nei primi giorni su iniziativa dei due sindacatie al quale si aggregano rappresentanti politici. Questi Tribunales esercitano una durarepressione per liberare la città da elementi nemici o sospetti tali: in sette mesi sono fucilaticentinaia di reazionari e clericali. Qui la prevalenza di fatto è della CNT, che ha sostenuto ilmaggior sforzo militare per battere i golpisti e che si impegna a fondo nella riorganizzazionedella vita economica e sociale. La CNT non partecipa poi al nuovo Consejo Municipal, cheesiste sulla carta ma che conta molto poco sul piano effettivo. Le collettivizzazioni sidiffondono rapidamente, anche se non producono alcun organismo di coordinamento, mentre

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si costituiscono organi di polizia confederale che agiscono su due livelli: la scoperta eneutralizzazione degli elementi controrivoluzionari e la lotta contro gruppi e individui chevogliono approfittare della situazione per compiere rapine in case private. Per questi ultimi èprevista la fucilazione sul posto. L’egemonia anarchica, vanamente contrastata da uncrescente Partido Comunista, subisce però il boicottaggio di aiuti e rifornimenti di armi daparte del governo di Largo Caballero insediato a Valencia. Di esso fanno parte anche quattroesponenti della CNT, evidentemente con scarse possibilità effettive. Attaccata dalle divisionifranchiste e dalle Frecce Nere italiane, la città cade nel febbraio 1937 e paga la propriaautonomia e resistenza con migliaia di fucilazioni. A completare il quadro, le colonne difuggitivi che si dirigono verso nord, ad Almería, sono mitragliate dall’aviazione legionariaitaliana.

Estremadura e Vecchia CastigliaNella poco popolata Estremadura inizialmente vincono i repubblicani, eccetto che nella

provincia settentrionale di Cáceres, la più vicina alla Castiglia del nord, l’unica regione dove igolpisti trionfano quasi subito anche per l’appoggio delle organizzazioni cattoliche dei piccoliproprietari terrieri. Vengono subito costituiti organismi unitari in cui i socialisti,elettoralmente maggioritari, sono ridimensionati da due forze a loro volta rivali: la CNT e icomunisti. Nel giro di qualche settimana giungono però le truppe ribelli che conquistano lacapitale Badajoz e congiungono i territori in mano agli insorti da Cadice a sud a León eSaragozza a nord. A Badajoz migliaia di oppositori al golpe sono passati per le armi nellaPlaza de Toros cittadina. Le notizie sulle dimensioni di tale massacro si diffondono presto esono spesso la causa di uccisioni per rappresaglia in territorio repubblicano.

La Vecchia Castiglia, collocata a sud e sud-est di Madrid, vede un’evoluzione politica delleforze antigolpiste simile all’Estremadura, con la differenza che la regione resteràrepubblicana fino agli ultimi giorni del conflitto. Anche qui i socialisti – quindi la UGT,maggioritaria sulla carta – devono cedere porzioni consistenti di consenso di fronte allapresenza più dinamica della CNT e, dall’altro lato, del PCE. Nelle campagne lacollettivizzazione è ampia e coordinata, dal marzo 1937, da un accordo fra CNT e UGT cheprevede la difesa delle nuove realtà produttive contro gli attacchi, inizialmente solopropagandistici, dei comunisti, che detengono di fatto il potere politico locale. Come nelvicino Levante valenzano, è la CNT a costituire l’avanguardia delle trasformazionieconomiche, mentre la UGT si associa per la semplice ragione che gran parte della sua baseaderisce con entusiasmo al nuovo assetto collettivista. Si creano quindi numerose entitàcollettivizzate sotto l’etichetta della UGT, altre in collaborazione con la CNT, oltre a quelleesplicitamente libertarie. I comunisti concentrano sulla regione un notevole sforzoorganizzativo che li porta a conquistare, ad esempio a Cuenca, importanti caricheistituzionali, come quella di Governador Civil attribuita dal governo centrale.

MadridMadrid presenta un quadro molto complesso e delicato. Malgrado i proclami dei golpisti, le

loro truppe addestrate e ben rifornite sono fermate alle porte della città, dove giungononell’ottobre del 1936. Non vi entreranno fino al marzo 1939. La resistenza – che si esprimecon uno slogan che avrà notevole fortuna: «¡No pasarán!» – è il frutto di un’emergenza checostringe le varie tendenze politiche antifasciste a una politica di stretta collaborazione.L’intervento delle Brigate Internazionali e dell’aviazione sovietica, deciso poco tempo primada Mosca, apporterà un contributo rilevante.

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Nelle infuocate giornate attorno e dopo il 19 luglio, la CNT acquista nella capitale una forzaprima sconosciuta, che si limitava in pratica alla combattiva ma minoritaria categoria deglioperai edili. Infatti il carattere più borghese e piccolo borghese della capitale di uno Statoaccentratore con un’amministrazione elefantiaca, nonché la presenza della categoriarelativamente privilegiata dei tipografi, avevano favorito per lungo tempo la diffusione delsocialismo moderato della UGT, a livello di massa, e del PSOE come apparato politico eamministrativo. Poco conta, fino al luglio 1936, il PCE e ancor meno il POUM. Pur essendo lasede del governo repubblicano, il controllo della situazione madrilena sfugge durante il golpeai politici di professione. L’assalto alla grande caserma della Montaña permette alla CNT dientrare in possesso di una considerevole quantità di armi e di costituire subito molteformazioni miliziane che partono per opporsi ai golpisti sulle Sierras nel nord e a Toledo nelsud. L’autonomia si concretizza addirittura nella creazione di una propria scuola di guerradove si formano gli ufficiali della CNT attivi nell’esercito repubblicano e nelle squadre dipolizia rivoluzionaria. D’altronde ogni organizzazione antifascista dispone di proprie Checas,dalla sigla russa di Commissione Straordinaria, la polizia rivoluzionaria nata subito dopol’ottobre 1917 e destinata a combattere i controrivoluzionari. L’autorganizzazione cenetistasi deve fermare dopo qualche settimana in quanto la gravità dell’assedio dei ribelli, ibombardamenti aerei, le urgenze militari in genere ostacolano sia i tentativi rivoluzionari siale poche collettivizzazioni realizzabili. L’edilizia e il trasporto sono praticamente fermi enelle banche l’egemonia della UGT, diretta da uno stalinista, toglie ogni possibilità diintervento.

A partire dal settembre 1936, il PCE conosce a Madrid, come in altri centri, una rapidacrescita per una serie di motivi: la propria struttura fortemente gerarchica e militarizzatasembra rispondere adeguatamente alle necessità del momento, l’adesione di ufficiali dicarriera e funzionari governativi, l’attrazione verso la gioventù antifascista cui offre unefficiente strumento di lotta armata, il controllo della propaganda grazie alle notevoli risorseprovenienti dall’URSS, nonché la gestione degli aiuti militari della stessa origine, gli uniciveramente importanti. L’ascesa irresistibile dei comunisti filostaliniani preoccupa la CNT che,per non perdere troppi spazi, decide di imitare il loro modello, quindi di centralizzare ledecisioni e di militarizzarsi. Questo processo di esaltazione della disciplina e dell’obbedienzaviene gestito dal Comité de Defensa del sindacato che, in teoria, dovrebbe sottostare alComité Regional della CNT, ma che di fatto lo esautora.

Il 7 novembre 1936, il governo di Largo Caballero abbandona la città che potrebbe cadereda un momento all’altro per mettersi al sicuro nella lontana e tranquilla Valencia. Prima dipartire nomina una Junta de Defensa, sotto il comando del generale José Miaja, alla qualepartecipano varie organizzazioni tra cui la CNT e la FIJL. Ben presto la Junta conquista unanotevole indipendenza dal potere governativo e la CNT lancia il proclama «¡Viva Madrid singobierno! ¡Viva la Revolución Social!», anche se le possibilità sono realisticamente poche eincerte. A fine novembre le milizie della CNT sono abolite dallo stesso sindacato e i suoicombattenti entrano nella 39ª Brigata, parte integrante dell’Ejército Popular. Secondo idirigenti libertari, messi in difficoltà dalla dilagante iniziativa comunista, l’alternativa ormai è«militarizarse o desaparecer»18. Malgrado qualche contrasto, la linea che si impone a Madridè quella di adattarsi all’emergenza bellica e competere, sul piano dell’organizzazione dellalotta armata, con la presenza sempre più opprimente del PCE. Quest’ultimo ha estesoall’Ejército Popular il modello strettamente gerarchico del 5° Reggimento, sciolto neldicembre 1936. Si trattava di una formazione esplicitamente staliniana, con Enrique Lister

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come comandante militare e Carlos Contreras (alias Vittorio Vidali) come commissariopolitico, che disponeva di decine di migliaia di combattenti e di un notevole apparatoburocratico, poliziesco e propagandistico19.

Paradossalmente, l’incalzante predominio dei comunisti spinge verso la CNT una serie diesponenti dei ceti medi, di antica simpatia socialista, impauriti dal quasi monopolio stalinistadel potere. Avviene cioè un fenomeno simile, ma opposto, a quanto successo a Barcellona.Proprio a causa dei conflitti fra PCE e CNT, alleata di socialisti e repubblicani, ma anche graziealla migliorata situazione militare, il governo di Largo Caballero decide di sciogliere la Juntanell’aprile 1937 e di varare un Consejo Municipal al quale partecipano tutte le componentidel fronte antifascista. Le tensioni interne al Consejo restano, ma sembrano poco evidentifino al febbraio 1939, appena prima della vittoria franchista, quando si assiste all’ultimatappa del latente, e talvolta esplicito, conflitto armato tra antifascisti. Note al capitolo

1. G. Berti, Il pensiero anarchico dal Settecento al Novecento, Lacaita, Manduria, 1998, pp. 829-856.

2. J. García Oliver, El eco de los pasos, Ruedo Ibérico, Barcelona, 1978, p. 176.

3. G. Ranzato, Eclissi della democrazia…, cit., p. 288.

4. C.M. Lorenzo, Los anarquistas españoles…, cit., pp. 82-84.

5. J. Peirats, La CNT…, cit., vol. 1, p. 239.6. Non è qui il caso di approfondire le radici e le manifestazioni dell’anticlericalismo. Tra i numerosi studi sul peso dellaChiesa nella storia spagnola contemporanea e nella guerra civile, nonché sulle radici dell’ideologia che la sosteneva, si

segnalano A. Botti, Nazionalcattolicesimo e Spagna nuova (1881-1975), Franco Angeli, Milano, 1992 e A. Álvarez Bolado,Para ganar la guerra, para ganar la paz, Universidad de Comillas, Madrid, 1995. Per l’opposizione al potere clericale, E.

La Parra López, Manuel Suárez Cortina (cur.), El anticlericalismo español contemporáneo, Biblioteca Nueva, Madrid,

1998. Dal punto di vista di uno storico monaco benedettino di Montserrat, si veda H. Raguer, La pólvora y el incienso. La

iglesia y la guerra civil española (1936-1939), Península, Barcelona, 2001.

7. Riportato da C.M. Lorenzo, Los anarquistas españoles…, cit., p. 87.

8. Per il caso più emblematico, C. Ealham, La lucha por Barcelona. Clase, cultura y conflicto 1898-1937, Alianza, Madrid,2005.

9. La consegna è rievocata da J. Navarro, A la revolución por la cultura. Prácticas culturales y sociabilidad libertarias en el

País Valenciano (1931-1939), Universitat de Valencia, Valencia, 2004, p. 389. Dello stesso autore, si veda il vasto lavoroAteneos y grupos ácratas, Generalitat Valenciana, Valencia, 2002.

10. Un testo base è E. Armand, Vivere l’anarchia, Antistato, Milano, 1983. Sul radicamento nei quartieri della capitale

catalana, si veda il recente J.L. Oyón, La quiebra de la ciudad popular, Ediciones del Serbal, Barcelona, 2008.

11. J. Álvarez Junco, La ideología política…, cit., p. 73.

12. La definizione è di Burnett Bolloten, autore del voluminoso e fondamentale La Guerra Civil española. Revolución ycontrarrevolución, Alianza, Madrid, 1989.13. Le descrizioni seguenti, necessarie per valutare la situazione molto diversa fra regione e regione, sono sviluppate apartire soprattutto dai testi analitici di C.M. Lorenzo e di J. Peirats.

14. C.M. Lorenzo, Los anarquistas españoles…, cit., p. 100.

15. Ivi, p. 123.16. Riflessioni ampie sull’esperienza del Consejo in G. Kelsey, Anarcosindicalismo y Estado en Aragón: 1930-1938,

Fundación Salvador Seguí, Madrid, 1994 e in J. Casanova, Anarquismo y revolución en la sociedad rural aragonesa, 1936-

1938, Siglo XXI, Madrid, 1985.

17. Un testo con simpatia storica e umana in A. Paz, Cronaca appassionata della Columna de hierro, Autoproduzioni Fenix,Torino, 2006.

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18. C.M. Lorenzo, Los anarquistas españoles…, cit., p. 174, n. 54.

19. Le memorie di un comandante militare in E. Lister, Con il 5º Reggimento, Nuove edizioni romane, Roma, 1968. La

ricostruzione del commissario politico in V. Vidali, La caduta della Repubblica, Vangelista, Milano, 1979.

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capitolo quarto

La CNT-FAI

tra governo e rivoluzione sociale

Rivoluzione o guerra? La fotografia delle varie e articolate realtà regionali aiuta a comprendere meglio non solo lepremesse e le ragioni di fondo della partecipazione anarcosindacalista al governo, ma anchel’impatto traumatico che questa scelta ha avuto per una parte della base confederale a causadella rottura con i principi e le pratiche precedenti.

Secondo C.M. Lorenzo, la scelta collaborazionista in nome dell’antifascismo si realizza giàil 19 luglio 1936 quando i militanti libertari lottano, fianco a fianco, con altri attivisti politicie sindacali e soprattutto con gli appartenenti di quelle stesse forze repressive che li avevanoperseguitati per decenni1. Le immagini delle sparatorie e poi dei gruppi trionfanti per le stradedi Barcellona, le più conosciute, propongono una sorprendente unità di schieramento trarivoluzionari anarchici, Guardia Civil e Guardias de Asalto. L’urgenza dell’opposizionearmata alla parte più reazionaria dell’esercito fa impallidire i contrasti precedenti, che solopochi anni prima e in varie regioni avevano portato a centinaia di morti, quasi sempre operaie contadini insorti.

Da qui inizia la collaborazione costante non solo nel Comité de Milicias della Catalogna,ma pure in centinaia di località minori del territorio non controllato dai golpisti. I numerosiComités Revolucionarios che gestiscono la difesa, l’economia e la vita di buona parte dellezone repubblicane, dalle Asturie al Levante, dall’Aragona alla Castilla, sono composti dadelegati di tutte, o quasi, le organizzazioni antifasciste. Anche quando si formano dei governiregionali, come in Aragona e nelle Asturie, la CNT-FAI deve tener conto delle altre componentisindacali e politiche. E, prima o poi, accetta la strada imposta dalla guerra in corso.

A questo proposito si può ricordare l’esplicita dichiarazione di Helmut Rüdiger, unanarchico nato tedesco e divenuto svedese che assume incarichi di responsabilità qualesegretario dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori (AIT), cui la CNT aderisce negli anniTrenta, e delegato della stessa AIT a seguire direttamente le vicende spagnole durante laguerra. In un importante documento preparatorio di una discussione interna scrive:

Bisogna fare la rivoluzione prima di fare la guerra, o bisogna fare la guerra prima di fare la rivoluzione? Le due formule

sono astrazioni che nulla hanno a che fare con la realtà. Se si perde la guerra, si perde tutto e per mezzo secolo o più non cisarà alcuna discussione sul problema della rivoluzione2.

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Da questa premessa, che contiene un’autentica profezia sulla paralisi rivoluzionaria post

1939, discendono molte scelte obbligate alle quali la CNT risponde in modo differenziato, main fin dei conti convergente. Dove CNT e UGT hanno più o meno la stessa forza e trovano unaccordo operativo, come nel Levante e nelle Asturie, la socializzazione dell’economiaprocede relativamente bene ed è garantita una certa stabilità complessiva. Ciò accade ancheperché il PCE, pur in crescita, ha notevoli difficoltà a imporre la propria egemonia sul pianomilitare, economico, politico. Inoltre, l’influenza di una tendenza anarcosindacalistamoderata a Valencia, quella denominata treintista, e la lunga attitudine di collaborazione fra idue sindacati, nonché il realismo, per così dire, degli anarchici asturiani, favoriscono ilmaggior peso sindacale unitario rispetto a quello dei partiti politici. Dove la CNT si trova innetta minoranza e domina invece la UGT, come a Madrid, nella Castiglia del sud e inEstremadura, si registra il fatto che, in conseguenza della lotta armata iniziata nel luglio, ilsindacato socialista perde porzioni consistenti di terreno che vengono occupate dalla CNT daun lato e dal PCE dall’altro. Dove il potere di fatto degli anarchici è maggioritario nel luglio1936, in Aragona e Catalogna, si assiste a un progressivo indebolimentodell’anarcosindacalismo a favore di uno sviluppo prepotente dei comunisti filostaliniani.Altre situazioni regionali (Andalusia, Paesi Baschi) vedono l’intrecciarsi degli elementi oraconsiderati, con la significativa eccezione di Malaga dove la CNT si impone con la forza finoalla caduta della città nel febbraio 1937.

In sostanza, a livello nazionale la discussione sulla partecipazione o meno al governoattraversa varie fasi: dopo l’iniziale diffidenza e la ricerca di alternative in base a un’intesaCNT-UGT, si passa ad accettare l’ingresso in un governo che assuma il nome di ConsejoNacional de Defensa, per arrivare infine, nell’ottobre 1936, alla sottoscrizione di un accordocon il governo esistente per un rimpasto che prevede l’entrata in forze di esponenti della CNT-FAI.

Assume un interesse particolare la ricostruzione di questo complesso e sofferto passaggio daun rifiuto di principio a un consenso politico «realistico». Senza seguire tutte le tappe (studioche richiederebbe un approfondimento qui improprio), occorre segnalare come loscivolamento verso la partecipazione al governo si fondi sul tentativo di affrontare alcuni datidi fatto: le richieste di armi e munizioni delle milizie della CNT venivano regolarmenterespinte dagli appositi organi governativi; la necessità di riconoscimenti e aiuti internazionalialla Repubblica, in particolare da parte delle democrazie francese e inglese, passava per lacostituzione di un organismo rappresentativo delle forze in campo e in grado di ottenerel’obbedienza da tutte le componenti; l’eventuale non occupazione dei posti di potere permotivi ideali significava lasciare ad altri, in particolare al PCE, uno spazio spropositato epericoloso per le attività cenetistas e faístas.

In tre Plenum consecutivi del 1936 – il Plenum Nacional delle federazioni locali del 3settembre, il Plenum Nacional del 15 settembre e infine il Plenum Nacional del 18 ottobre –si manifesta non solo una crescente tendenza «realista» nei confronti del governorepubblicano, ma anche un maggiore spirito di accentramento decisionale negli organidirettivi della CNT. Così il Comité Nacional e il suo segretario cambiano le modalità dielezioni, e se prima questi erano designati da una Federación scelta da un congresso, adessosi istituisce la nomina di delegati permanenti delle federazioni regionali e di membriamministrativi (leggi burocrati) specializzati. Secondo C.M. Lorenzo, queste tappe sonoconquiste personali della tenacia di Horacio Prieto, segretario del Comité e padre dell’autore,

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e alla fine del processo di centralizzazione «la CNT estaba dotada de un organismo central,complejo y eficaz, liberado de la presión de militantes locales»3.

Una volta superata l’impasse costituita dalla «carencia total de realismo» e da «prejuiciosmorales y políticos», il problema è solo quello di ottenere una rappresentanza che siaall’altezza della forza confederale4. Largo Caballero propone un ministero simbolico, senzaportafoglio, ma la contrattazione a Barcellona con il presidente della Repubblica Azaña e conl’ex presidente del Consiglio, José Giral, porta all’ottenimento di quattro ministeri di un certorilievo. L’opposizione di Largo Caballero verso l’illegale FAI viene vinta, secondo Lorenzo,grazie a una battuta di Horacio Prieto, secondo cui la stessa clandestinità dell’organizzazioneesclude di poter considerare militanti della FAI due personaggi pubblici come FedericaMontseny e Joan García Oliver, candidati rispettivamente alla Sanità e alla Giustizia. Gli altridue candidati sono dell’area ex treintista: Joan Peiró destinato all’Industria e Juan López alCommercio.

Vengono presi contatti anche con Pestaña, destinatario naturale di un simile incarico inquanto leader del Partido Sindicalista, formazione che aveva aderito al Frente Popular e si erapresentata alle elezioni del 1936. Il Partido Sindicalista era stato fondato, tra accesepolemiche, proprio per dare uno sbocco istituzionale alla base popolare antistatale e ribelle,cioè anarcosindacalista. Ma pare che egli declini l’invito per motivi di tattica politica. Dopoessere rientrato nella CNT e aver avuto incarichi di rilievo, muore nel dicembre 1937.

Come vengono scelti i quattro rappresentanti destinati a un incarico che segna una svoltaepocale nella storia dell’anarcosindacalismo spagnolo? Il Comité Nacional della CNT avrebbeapprovato la lista preparata dal segretario Horacio Prieto sulla base della rappresentativitàeffettiva delle tendenze prevalenti nel movimento libertario. In questo senso, con la presenzadella Montseny e di García Oliver si intendeva coinvolgere il faísmo più radicale che,rifiutando la collaborazione governativa, avrebbe potuto causare seri problemiall’organizzazione e alla linea del suo segretario. Sembra che entrambi abbiano dato unaprima risposta sdegnata e del tutto negativa all’offerta di Horacio Prieto, ma pare che dopouna riflessione abbiano accettato per motivi diversi: la prima dopo aver ottenutol’approvazione al padre Federico Urales, il secondo per continuare da un posto centrale la suafunzione di «controllore» già svolta a Barcellona quale segretario generale della Difesapresso la Generalitat.

A parte le polemiche personali, che termineranno solo con la morte dei protagonisti, leragioni degli uni e degli altri vanno considerate con attenzione per comprenderne le ragioni difondo. I sostenitori dell’intervento al governo ritengono che la rivoluzione sociale libertarianella Spagna della guerra sia semplicemente impossibile. Malgrado decenni di preparazione edi speranza nella rottura dell’ordine borghese e nella forza del popolo e delle sue avanguardieanarchiche, esiste una generale impreparazione e una netta inferiorità rispetto al livelloindispensabile per tentare lo sbocco rivoluzionario. Troppo debole è la presenza nelle filelibertarie dei tecnici in grado di far funzionare la macchina produttiva, troppo pochi ilavoratori rurali e gli stessi operai, che rispondono solo parzialmente ai progetti iniziali dellaCNT-FAI. La sicura opposizione delle potenze straniere a un’eventuale radicalizzazionerivoluzionaria in Spagna, con il conseguente attacco alle loro proprietà industriali ecommerciali, ostacolerebbe in modo insuperabile ogni consolidamento attraverso ilboicottaggio economico prima e un più che probabile intervento armato repressivo poi. Acomplemento si indica la necessità di «salvare il salvabile», cioè consolidare le realizzazionicollettiviste, ottenere l’armamento delle milizie confederali, difendere le attività diemancipazione pratica dai tradizionali poteri forti clericali e militari solo temporaneamente

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emarginati. Dai posti di governo tutta questa strategia di rafforzamento, o quanto meno di nonindebolimento, degli strumenti e delle iniziative in corso avrebbe tratto sicuro giovamento.Sullo sfondo ci sarebbe inoltre il desiderio popolare di vedere in atto una vera unità in nomedell’antifascismo, il che significa condurre la guerra contro i golpisti con mezzi militariefficaci e senza dissidi interni.

Le ragioni degli oppositori alla partecipazione governativa richiamano, evidentemente, lebasi storiche ed etiche dell’anarcosindacalismo e ancor più dell’anarchismo specifico. Mentrela UGT socialista, dalla sua nascita nel 1888, indicava ai lavoratori sfruttati la via parlamentaree riformista, la CNT aveva proposto il metodo dell’azione diretta antipadronale eantistituzionale. Non si tratta, secondo questa ottica, di una pura e semplice riproposizione discelte tradizionali, bensì della loro concretizzazione nella situazione spagnola di quegli anni.Le conquiste del luglio 1936 si possono salvare e ampliare se ci si continua a organizzare aldi fuori e contro un apparato statale che ha dimostrato in pieno la propria inefficienzalasciando la possibilità ai generali di compiere il golpe, rimanendo quasi inerte dopo il 18luglio e faticando a far funzionare la macchina burocratica. Quello sarebbe quindi stato ilmomento migliore per assestare un colpo definitivo al secolare nemico dell’anarchismoinvece di aiutarlo nella ricostruzione dei suoi strumenti. La coerenza con la propriapropaganda pluridecennale significa anche non sconvolgere le coscienze antistatali di granparte degli aderenti così da tenere vivo lo slancio vittorioso del 19 luglio 1936. Solo una fortestrutturazione della CNT-FAI, al di fuori e contro gli antifascisti moderati e autoritari, potrebbegarantire alla militanza di base e alle classi sfruttate l’arrivo del momento delle conquisteconcrete: la liberazione dallo sfruttamento e dall’oppressione. Molti problemi pratici, dallacarenza di armi ai boicottaggi delle collettività, si potrebbero risolvere con atti di coraggio edi audacia, d’altra parte indispensabili in ogni rivoluzione vera e propria. Ad esempio, invecedi chiedere al governo di concedere gli armamenti necessari alle milizie, soprattutto inAragona, si tratta di entrare nelle caserme della Guardia Civil e delle Guardias de Asalto perprendersele con le buone o con le cattive.

Una volta compiuta, l’entrata al governo avrebbe comportato lo snaturamento del caratteredell’organizzazione introducendo il «veleno del potere» nei militanti cosiddetti «influenti», iquali avrebbero imitato gli altri politici e, prima o poi, avrebbero convertito la CNT in unsindacato come gli altri e la FAI in un partito. I passi obbligati di un tale processo sarebberostati l’accentramento decisionale al vertice e l’abolizione delle pratiche federaliste eautonome delle istanze locali, dai gruppi alle sezioni. Al contrario, solo il «buon senso» deimilitanti di base avrebbe potuto garantire che la degenerazione burocratica e ministerialerestasse al di fuori dell’ambito libertario e che la spinta rivoluzionaria non si esaurisse, anzi sipotenziasse mostrando al popolo i reali cambiamenti sociali ottenibili attraversol’egualitarismo e l’autorganizzazione. Dall’evidente realizzazione degli obiettivi e dalmiglioramento effettivo delle condizioni di lavoro e di vita sociale sarebbe scaturita nuovaforza dal popolo per sostenere lo sforzo bellico senza cadere nella militarizzazione e nellaimposizione di una nuova gerarchia5.

La posizione rispetto alla scelta istituzionale segna anche la differenziazione tra due oppostimodi di esaminare la questione centrale delle milizie, le strutture armate che hanno sostenutovittoriosamente lo scontro iniziale del 19 luglio. Nel confronto tra chi sostiene, o accettacome inevitabile per non soccombere, la partecipazione al governo e chi la rifiuta per motividi principio e di convenienza strategica, emergono le ragioni di chi approva o osteggia latrasformazione delle iniziali organizzazioni della lotta armata (le milizie) in una strutturamilitare tutto sommata tradizionale (l’esercito) anche se sotto il segno della difesa della

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Repubblica.

De la calle al frente Le milizie sorgono quasi spontaneamente come risposta immediata al golpe. Il riferimento è

spesso al sindacato, ovviamente in primis la CNT, ma anche al quartiere o al villaggio. Che siabasato sull’esperienza di lotte e rivendicazioni, spesso violente, attorno al tema del lavoro ofondato sull’intesa fra militanti e simpatizzanti radicati sul territorio, il funzionamento delgruppo miliziano poggia su un dato essenziale: la conoscenza e la stima reciproca deipartecipanti che, in condizioni di sostanziale eguaglianza, riconoscono in uno di loro, etemporaneamente, il più adatto a organizzare e condurre le operazioni militari.

Non sono nuove le milizie nella storia contemporanea spagnola, anzi. I movimenti liberali eprogressisti del primo Ottocento, nei quali l’iniziativa armata era tutt’altro che secondaria,avevano dato vita a formazioni miliziane pronte a difendere le conquiste democratiche eanticlericali, soprattutto nelle città più avanzate, da Barcellona a Valencia e Madrid. Spessosono le milizie cittadine che (ad esempio in Catalogna nel 1835) difendono i centri urbani piùliberali dagli attacchi delle truppe carliste, le quali sostengono, oltre a una questionedinastica, il modello di un potere teocratico, antimoderno e antiurbano. Talvolta con il nomedi Voluntarios de la Libertad appaiono anche nella vicenda di Amedeo di Savoia, el reyefímero, che nel 1871 e per poco più di due anni ebbe l’imprudenza di sedere sul tronospagnolo. Dall’altra parte della barricata, quella dei ceti ricchi e conservatori, si schieranoformazioni civili di «cittadini dell’ordine» (chiamati, sempre nella Catalogna ottocentesca,Sometent) che affiancano l’apparato repressivo statale nella lotta alle agitazioni operaie. Esseanticipano altre squadre che, in epoca successiva, difenderanno armi alla mano la strutturagerarchica messa in forse dai movimenti popolari e antiautoritari.

Se la prova del fuoco del luglio 1936 nelle strade e piazze di Barcellona segnaindubbiamente un trionfo, anche se non esclusivo, del modello miliziano, il discorso si fadiverso e più complicato quando dalla città catalana partono le colonne, in buona parteconfederali, per battersi sul fronte aragonese. L’obiettivo ambizioso è di liberare Saragozza eoccupare la Navarra carlista per congiungere il nord-est repubblicano, con le industriemeccaniche catalane, al nord-ovest delle Asturie e dei Paesi Baschi che dispongono diindustrie siderurgiche e di importanti risorse minerarie. La speranza di occupare una fascia diterritorio vasto e dall’economia complementare e solida alimenta la spinta dei rivoluzionaricatalani e dei loro compagni aragonesi.

A questo punto, però, quello slancio che era stato risolutivo nei vicoli e negli spazi urbanidella capitale catalana deve fare i conti con un contesto molto diverso. La mentalità miliziana,ben ricordata da resoconti di testimoni oculari, vorrebbe che l’avanzata verso Saragozza nonsi fermasse, che continuasse giorno dopo giorno. Ma di fronte, nella città aragonese fortificatae in centri simili come Huesca, non si trova a combattere un insieme di truppe poco fidate peri ribelli come quelle che in parte avevano disertato a Barcellona. Qui non ci sono incertezzenei comandi degli ufficiali assediati, compatti nel dirigere le operazioni, e oltretutto sievidenzia la sproporzione di armi e munizioni fra miliziani ed esercito golpista.L’impossibilità a proseguire nell’attacco, appresa a costo di gravi perdite umane, costringe aconsolidare le proprie posizioni di fronte al nemico con lo scavo di trincee, la preparazione dirifugi, la stabilizzazione del fronte. Nella cornice descritta solo una potente fornitura di armimoderne, dagli aerei all’artiglieria, potrebbe far capitolare i golpisti assediati, mentre gliarmamenti leggeri in dotazione delle milizie possono al più battere gli avversari in piccoli

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episodi, per quanto importanti sul piano morale e psicologico.La stessa Colonna Durruti, la più fornita di mezzi bellici fra le formazioni anarchiche

schierate in Aragona (accanto a quelle del POUM, del PSUC e dei catalanisti), risentedell’inferiorità tecnica. La CNT-FAI ricerca armi e munizioni a livello internazionale attraversoun’apposita Comisión de Compras de Armas, ma con pochi risultati, anche per il sabotaggiomesso in campo da politici come Negrín e Prieto che controllano ministeri chiave quali leFinanze e la Guerra. È appunto questo uno dei problemi che consigliano, quasi impongono, lapresenza libertaria ai massimi livelli statali. Quanto utile sia l’ipotesi di rafforzare milizie ecollettività occupando dei posti ministeriali sarà al centro di valutazioni contrastanti.

Per seguire le vicende di Durruti, un mito vivente per molti combattenti e simpatizzantilibertari, va ricordato che resta al comando della propria formazione anche dopo averaccettato, sia pure malvolentieri, la militarizzazione. In realtà non ricopre mai il grado digenerale corrispondente alle sue funzioni, ma accetta le conseguenze della decisionegovernativa. Ai primi di novembre del 1936 le truppe di Franco sono alle porte di Madrid e siteme che, da un momento all’altro, la capitale cada in mano ai ribelli. In quei giorni si formail secondo governo di Largo Caballero esteso alla CNT-FAI e giungono a difendere la capitalestorica i primi contingenti delle Brigate Internazionali, mentre iniziano a essere operatividecine di aerei e carri armati di provenienza sovietica. La propaganda staliniana utilizzaovviamente a fondo questi aiuti concreti.

Tenendo conto della situazione di emergenza e dell’ingresso in forze sulla scena bellicadell’URSS, alcuni ministri della CNT-FAI spingono Durruti a spostarsi con urgenza a Madrid. Ilfronte aragonese è quello con più forze che combattono per la rivoluzione sociale e non soloper la difesa della Repubblica, ma difetta di armi e di sostegno. L’avanzata dei rivoluzionari èbloccata malgrado l’impegno di migliaia di miliziani partiti da Barcellona, che aumentanonelle settimane successive.

Durruti si sposta con circa 2.000 miliziani sul fronte di Madrid, dove arriva il 16 novembreschierandosi subito in prima linea, nella Città Universitaria, per coordinare la battaglia.Malgrado il faticoso viaggio e un’intera giornata di scontri, i miliziani non vengono sostituiticome altri combattenti e la loro efficienza ne risente. Durruti cerca di animare la resistenza esi reca spesso nelle posizioni più avanzate. Nel corso di uno di questi spostamenti è colpito alcuore da un proiettile e muore poche ore dopo in ospedale. Il dolore e lo sconforto per laperdita di un militante simbolo dell’anarchismo, famoso per aver superato, a partire dai primianni Venti, prove molto dure, fa subito circolare voci incontrollate sulla responsabilità dellasua fine. Non viene esclusa un’eliminazione da parte dei comunisti, intenzionati a decapitarele formazioni combattenti libertarie e screditarne l’immagine pubblica. A loro volta icomunisti mettono in giro la voce che Durruti sarebbe stato colpito da un miliziano in fugache avrebbe tentato di fermare. Senza disperdersi nelle tante congetture, che hanno animatouna variopinta letteratura, si ricorda solo che secondo Abel Paz si è trattato di un attomaldestro con il mitra compiuto dallo stesso Durruti nel momento di scenderedall’automobile6.

Il suo funerale si svolge qualche giorno dopo a Barcellona con una folla straripante che simuove a fatica e una commozione generale. Al di là dei dati spettacolari, la cerimoniatestimonia la grande forza di cui ancora dispongono l’anarchismo e l’anarcosindacalismo. Maal tempo stesso il movimento libertario perde un leader che, pur non avendo raffinate capacitàintellettuali, è stato in grado di affascinare e animare, con la parola e con le azioni, vastiambienti popolari. L’evento traumatico rappresenta, secondo certe interpretazioni, la finedell’egemonia libertaria e l’inizio di un lento ma inesorabile indebolimento, cruciale per laripresa del potere di fatto da parte dei vertici istituzionali.

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Brigate Internazionali, ma non solo Le Brigate Internazionali costituiscono un capitolo importante e interessante dell’intervento

straniero in Spagna. Qui si vogliono dare solo poche informazioni di massima, rinviando ogniutile approfondimento ai numerosi studi sul tema. Oltre 30.000 sono i brigatisti presenti inSpagna, provenienti da una cinquantina di paesi. Un terzo circa sono francesi, poi seguono icontingenti polacchi e italiani che si stima avessero poco più di 3.000 combattenti. AlleBrigate partecipa anche un numero imprecisato di combattenti di origine marocchina ealgerina che provengono dall’emigrazione in Francia e che coltivano la speranza utopica dipreparare la lotta sociale anticolonialista. Ne rimane una traccia chiara nel discorso, inspagnolo e in arabo, letto da un soldato maghrebino della Colonna Ascaso che si batte sulfronte di Aragona, il più libertario. Il suo appello a combattere con gli antifascisti è diffusodalla radio della CNT-FAI nel settembre 1936. Si tratta di aiutare oggi i rivoluzionari spagnoliper avere domani, dopo la vittoria sui golpisti, il loro appoggio per conquistarel’indipendenza dal colonialismo.

Secondo alcuni militanti anarchici italiani, ad esempio Umberto Marzocchi e UmbertoTommasini, l’intervento delle Brigate Internazionali, per quanto generoso e sofferto, è usatodall’URSS per i propri interessi di potenza e non per difendere realmente la Spagna assalita daigolpisti. A conferma di tale strumentalizzazione del volontariato internazionale si cita il fattoche la sconfitta dei golpisti da parte della Repubblica appare più realistica nelle primesettimane, quando i militari non si sono ancora riavuti dalla iniziale sconfitta. Ed è proprioquello il momento in cui centinaia, e poi migliaia, di militanti libertari, in esilio e non,attraversano i Pirenei per combattere subito contro la reazione militare; al contrario, laformazione e l’attività delle Brigate Internazionali viene rinviata e inizia in pratica solo a fineottobre, quando ormai la situazione è cambiata.

Per la Società delle Nazioni – ma il dato appare sottostimato – solo un paio di migliaia ivolontari antifascisti internazionali combattono al di fuori delle Brigate e quasi tutti militanonelle formazioni anarchiche. Gli anarchici italiani in Spagna sono stati varie volte oggetto divalutazione quantitativa, con risultati decisamente diversi. Non sarebbero molto numerosisecondo il racconto degli ex combattenti delle Brigate Garibaldi, a prevalenza comunista.Risultano 800 e più secondo la schedatura redatta nel 1982 da Gino Cerrito, dell’Università diFirenze. Un dato certo e significativo è quello dei 229, quasi tutti uomini, schedati nelDizionario biografico degli anarchici italiani, opera che comprende poco più di 2.000biografati su un insieme di decine di migliaia di militanti attivi dal 1872 al 19687. Si trattaquindi di un considerevole valore statistico, più del 10%, percentuale che rende plausibili inumeri forniti da Cerrito.

Non è qui la sede per un’analisi del peso specifico dell’anarchismo di lingua italiana rispettoal complesso del movimento anarchico che in Spagna ha giocato il tutto per tutto. Di certo fututt’altro che secondario, anche per la presenza del periodico «Guerra di Classe», diretto daCamillo Berneri fino al maggio 1937, che svolse un ruolo importante e scomodo, ad esempionella coraggiosa denuncia dei processi farsa nell’URSS contemporanei alla guerra civile.

Il modello miliziano, sorto spontaneamente ma dotato di poche armi e senza artiglieria oaviazione, regge per molte settimane la lotta contro l’esercito ribelle, professionale edesperto. Secondo alcuni critici, le milizie mostrano chiari limiti quando lo scontro conl’esercito golpista passa dalle città al campo aperto, e non solo per l’angosciante carenza dimezzi tecnici, ma anche per le regole di funzionamento interno. L’egualitarismo e il metodo

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assembleare delle milizie, pur se non sempre praticati, sarebbero incompatibili con una guerratutto sommato tradizionale, basata su una struttura di comando unica e la garanzia che gliordini siano eseguiti senza riserve. In pratica si tratta di riscontrare che la regola anarchicadella libertà individuale non può essere applicata in una situazione estremamente accentratacome quella bellica.

Non sono solo i comunisti e i repubblicani, conservatori anche se antifascisti, a giudicareimpossibile il mantenimento del sistema delle milizie già nella tarda estate del 1936. In realtà,per quanto li riguarda, è la stessa esistenza di una CNT-FAI in armi e semindipendente a essereun’anomalia da chiudere al più presto. L’imposizione della disciplina e del comando unicoper fronteggiare le urgenti necessità della guerra favorisce il loro progetto di restaurazionedello Stato e della gerarchia organizzativa. Tuttavia, anche alcuni militanti libertari di vecchiadata ritengono non rinviabile l’applicazione di una disciplina gerarchica al posto dellapurtroppo fallimentare autodisciplina. In particolare le memorie appassionate e sincere diCipriano Mera, uno dei leader del Sindicato de la Construcción di Madrid, più volteincarcerato per l’attività e i tentativi insurrezionali dei primi anni Trenta, si soffermano sulproblema del passaggio dall’autodisciplina miliziana alla disciplina gerarchica dell’EjércitoPopular.

La decisione ufficiale del governo di Largo Caballero risale all’autunno 1936, ma leresistenze si susseguono man mano che le nuove norme circolano e vengono applicate. La viad’uscita seguita da diverse formazioni miliziane per superare la situazione sconfortante e ilricatto governativo riguardante le forniture necessarie a condurre la lotta armata è quella ditrasformarsi in una Divisione. La Colonna Durruti diventa ad esempio la 26ª Divisione delnuovo esercito, mantenendo i propri appartenenti e la propria struttura operativa.Analogamente procedono la Ortiz, la Vivancos, la Ascaso-Jover, colonne miliziane cosìchiamate dal nome dei loro comandanti.

Più radicale è la risposta della Columna de Hierro, formata da combattenti libertariprovenienti da Valencia e dintorni. Tra di essi prevale la tendenza antimilitarista, ma dopouna serie di discussioni animate i più irriducibili alla gerarchia e alla disciplina militare siritirano e il 21 marzo 1937 anche questa colonna, o ciò che ne resta, si sottopone allamilitarizzazione, cioè alla trasformazione degli incarichi temporanei in gradi eall’inserimento a tutti gli effetti nell’Ejército Popular. Questa metamorfosi significal’allontanamento delle miliziane, che pure avevano dimostrato un impegno indiscutibile.

Mujeres Libres: l’avvio di una nuova società liberata Mujeres Libres è la forma organizzata più importante che assume il processo di liberazione

femminile all’interno della prospettiva anarchica. Già ai tempi della Prima Internazionale, ilcongresso di Saragozza del 1872 aveva dichiarato l’importanza della donna nell’impegnorivoluzionario e libertario. Due risoluzioni della sezione spagnola dell’Internazionale eranoeloquenti:

[…] la donna è un essere libero e intelligente e come tale responsabile dei propri atti, così come l’uomo; poiché questo è un

dato di fatto è necessario metterla in condizioni di libertà affinché sviluppi le proprie facoltà. E ancora:Se si relega la donna esclusivamente alle faccende domestiche, la si sottomette alle dipendenze dell’uomo, e pertanto ciò

significa toglierle la propria libertà8.

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Le dichiarazioni di principio e l’affermazione che l’indipendenza economica è un elementoprioritario per l’emancipazione non bastano a risolvere il problema della partecipazionemarginale delle donne al movimento nel suo complesso. Per questo motivo si apre, durante laSeconda Repubblica, un dibattito sul tipo migliore di organizzazione per facilitare la presenzae la visibilità femminile. La maggioranza degli interventi sostiene che sia sbagliata laformazione di una struttura di sole donne in quanto l’unica via per la emancipazione passerà,come per gli uomini, attraverso una rivoluzione sociale che avrebbe permesso a tutti e a tuttedi vivere liberi e libere. Tale è, ad esempio, la posizione di Federica Montseny, la militantepiù nota. Un insieme di gruppi, a Madrid e a Barcellona, dichiarano invece l’utilità diun’organizzazione separata, autonoma e specializzata. Perciò nasce, nell’aprile 1936, ilmovimento Mujeres Libres (ML) e una rivista omonima. Di questa escono irregolarmentetredici numeri, di cui l’ultimo nell’autunno del 1938, in un momento in cui le speranze divittoria bellica si sono ridotte di molto o sono scomparse del tutto.

In parte ML, che non raccoglie comunque tutte le militanti anarchiche, trova una propria basedi riferimento nella lunga tradizione del movimento libertario che valorizza le potenzialità deisingoli per «agire al di fuori di ogni coercizione e gerarchia»9. L’opzione verso l’autonomiaorganizzativa, che si fonda su una scelta separatista, pur senza definirsi femminista, è vistacon poco favore da molti attivisti e leader della CNT-FAI. L’omogeneità e la coerenza con iprincipi dell’anarchismo organizzato e, al tempo stesso, la volontà di critica e di parzialerottura segnano la storia delle ML dal 1936 al 1939. Il loro piano di azione è chiaro findall’inizio e si può riassumere in due parole chiave: capacitación e captación. Il primoconcetto, al quale corrisponde l’inglese empowerment, si riferisce all’autoformazione delleaderenti che partecipano a corsi teorici e pratici di attività libertaria. In tal modo ci si proponedi mutare le tiepide simpatizzanti con qualche idea libertaria in attiviste convinte e preparate,cioè in grado di promuovere e organizzare altri gruppi di donne. È una forma particolare di«lavoro politico» su se stesse volto a potenziare le capacità innate inserendole in un piùampio contesto sulla base di una maturazione sia psicologica che professionale. Il secondotermine rinvia invece al tradizionale proselitismo che, logicamente, non vale solo per leorganizzazioni libertarie femminili.

Malgrado la considerevole novità del progetto, per così dire anarcofemminista, occorretener conto che le ML seguono un filone teorico per vari aspetti tradizionale. Ad esempioaccettano la «natura femminile» e non mettono in discussione i ruoli di genere e la relativadivisione del lavoro che è all’origine di molte situazioni di emarginazione. In altri ambitilibertari, in Spagna e in Francia, si è già aperta una discussione sui modelli familiari e sulcontrollo delle nascite, temi che non paiono affrontati da ML.

Tra le esponenti di punta si possono citare alcuni casi significativi. Ad esempio MercedesComaposada che, pur essendo andata a lavorare in fabbrica a dodici anni, si dedicatenacemente agli studi e riesce a diventare avvocata, mettendo così al servizio del movimentolibertario la propria attività professionale. O ancora Lucía Sánchez Saornil, prima impiegata epoi scrittrice e poetessa, che diventa segretaria della Federación Nacional de Mujeres Libres.Entrambe hanno insegnato nei corsi di istruzione elementare per operai e operaie, promossidalla CNT di Madrid nei primi anni Trenta, e insieme decidono di tenere corsi separati perdonne allo scopo di evitare che i pregiudizi e la misoginia penalizzino l’apprendimentofemminile. A esse si unisce Amparo Poch, una delle prime donne laureate in medicina nellastoria spagnola, che si impegna a diffondere la coscienza delle caratteristiche peculiari dellavita sessuale femminile.

A Barcellona, negli stessi anni, muove i primi passi un gruppo culturale femminile interno

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alla CNT che cerca di favorire, con soluzioni concrete, la partecipazione delle donne alleattività sindacali. Così nascono gli asili a domicilio per le madri che intendono parteciparealle assemblee e alle riunioni degli organi sindacali catalani. Nella metropoli mediterraneaagiscono donne intraprendenti come la maestra razionalista Pilar Grangel o la più giovaneConcha Liaño, particolarmente sensibile al recupero della dignità femminile attraverso iLiberatorios de prostitución. Dall’incontro dei gruppi delle due città più importanti sorge laFederación Nacional de Mujeres Libres (ML) sulla base di affinità di vedute e volontà dicollaborazione. Lo statuto della federazione precisa che la finalità è di «rendere capace ladonna e di emanciparla dalla triplice schiavitù alla quale è stata e continua a esseresottomessa: schiavitù dell’ignoranza, schiavitù di donna e schiavitù di lavoratrice»10.

Per quanto decisamente schierata per la parità completa tra i sessi, ML accetta il ritiro dellemiliziane dal fronte a partire dall’autunno 1936. Le motivazioni rimandano a un’asseritamaggiore capacità delle donne nelle mansioni di retrovia, dall’assistenza alla cura, al loroscarso addestramento militare e ai pericoli di malattie veneree derivanti dalla presenza diprostitute. Le Brigadas de Trabajo sono la cornice nella quale vengono organizzati, su basiautogestite, i gruppi di ML, i quali prepareranno centinaia di donne ad assumere lavoritradizionalmente svolti dagli uomini, dalla metallurgia alla conduzione dei mezzi pubblici.

Per quanto riguarda la guerra e la propaganda bellica, le donne libertarie organizzate siorientano verso la diffusione di parole d’ordine non facili come quella di «guerra pacifista».A tal proposito affermano:

Lottiamo proprio per la pace nel mondo, perché lottiamo contro il fascismo che fa della guerra la sua dottrina, la sua tattica,

il suo mezzo potente di ricatto internazionale11. Il rigetto di stereotipi militaristi, sessisti e razzisti è ben presente nella propaganda di ML che

critica apertamente slogan come «Madrileni, non permettete che le vostre donne sianoviolentate dai mori!». Tale appello propagandistico agli istinti primordiali è consideratoinaccettabile, così come la riduzione della donna a pura vittima passiva e non più soggettoattivo della lotta in corso. Nel dicembre 1936 si ribadisce al combattente libertario che «laguerra per la guerra è una mostruosità: tieni sempre presente che se combatti è perun’idea»12.

Un altro punto caratteristico riguarda l’educazione dei bambini e delle bambine, insiemeall’impegno a proteggerli dai danni morali e materiali del conflitto in corso. Contro le spinteverso la militarizzazione dell’infanzia si proclama che «i bambini non possono, né devonoessere cattolici, né socialisti, né comunisti, né libertari. I bambini devono semplicementeessere ciò che sono: bambini»13.

Nell’ottobre 1938, ML presenta al Plenum che si tiene nella capitale catalana la richiesta diaderire al Movimiento Libertario. L’intenzione è di essere considerata la quarta componentedel movimento, oltre a CNT, FAI e FIJL, pur mantenendo una certa autonomia necessaria peraprire le proprie fila alle donne sensibili, ma non ancora schierate ideologicamente. Larichiesta viene respinta in quanto si ritiene che un movimento di sole donne sia incompatibilecon il modello organizzativo anarchico, che prevede l’eguaglianza tra i sessi. Malgrado ciò,ML può contare sulla solidarietà di vari gruppi locali della CNT e di alcuni organi di stampaper continuare a pubblicare la rivista e a svolgere i tanti impegni assunti.

In un bilancio di questo originale movimento bisogna valutare il fatto che, oltre allaformazione delle militanti, la sua azione consisteva nell’educazione e nell’assistenza eappoggio allo sforzo bellico. In tale ambito sembra – stando alle fonti non troppo abbondanti,

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per lo più di provenienza interna – che gli obiettivi siano stati raggiunti. La creazione di unasorta di «donna nuova», cosciente e decisa, preparata e protagonista, è di difficile stimaquantitativa, ma vari studi ritengono che si possa valutare un’adesione tra le 20.000 e le30.000 partecipanti. In ogni caso la cornice della guerra, scoppiata a pochi mesi dalla nascitadel movimento, nonché la breve durata dell’esperienza, traumaticamente interrotta dallavittoria franchista, non permettono di giudicare esattamente il peso, nel complesso nonmarginale, di ML sulla condizione femminile spagnola.

«Anarcomilitaristi»? Le riflessioni di Cipriano Mera, favorevole alla militarizzazione come inevitabile «male

minore» e logica conseguenza del «circostanzialismo politico» praticato dai vertici della CNT-FAI, partono dall’ennesimo decesso «dei compagni più capaci» per approdare, forse in modonon immediatamente collegabile, alla considerazione che «non potevamo continuare aoperare a capriccio», per cui si doveva «porre fine alle azioni disordinate e obbedire a unpiano di guerra»14. Il limite dell’autodisciplina è ritrovato, dall’esperto attivista sindacale epolitico, nell’elementare istinto di sopravvivenza, che non può soggiacere al senso di«responsabilità militante» richiesto dall’Organizzazione (che lui cita spesso con lamaiuscola). Gli anarchici spagnoli, dopo decenni di lotte e di preparazione, nel momentodelicato e inevitabile della guerra dimostrano di avere «anche troppa volontà», ma poco«senso della realtà». Dopo pochi giorni lo stesso Mera compie un’insubordinazione perrealizzare un’operazione da lui ritenuta indispensabile. L’atto di disobbedienza si dirigecontro un colonnello, suo superiore, un attendista che viene apostrofato in questi termini:

A lei non interessa vincere la guerra. La guerra non verrà vinta a base di tranquillità, come lei desidera. Se lei vuole vivere

tranquillo, chieda di ritirarsi o se ne vada in un ufficio dove il nemico non possa avvicinarsi nemmeno per telefono15. L’urgenza di una scelta adatta alle circostanze belliche si rivela superiore al principio della

disciplina, pur invocato da Mera.Eduardo Pons Prades, militante della CNT catalana nel ramo della Madera (legno), oltre che

membro del Partido Sindicalista, a 18 anni è già un giovanissimo sottufficiale istruttore, oltrea combattere in varie battaglie con una Brigata Mixta. Com’è prevedibile, nelle sue memoriedi guerra, uno dei suoi tanti libri, si qualifica come «soldado de la República» e riproducespesso la sua fotografia in divisa militare. Anche per lui è scontata l’accettazione dellamilitarizzazione delle milizie16.

Sicuramente la valutazione di molti altri protagonisti libertari – da José Peirats ad Abel Paz,da Vernon Richards a Gaston Leval – va nel senso opposto: l’aver accettato lamilitarizzazione è stato un errore enorme, collegato a quello della collaborazione governativa.Non solo non ha rafforzato le formazioni armate della CNT-FAI, ma le ha inserite in unmeccanismo istituzionale di tipo tradizionale nel quale il loro margine di autonomia si èridotto a zero. L’aver ignorato il sentimento antimilitarista della base sindacale e politica hacomportato un indebolimento dell’entusiasmo rivoluzionario, cioè di quell’elemento cheavrebbe potuto contrastare il progressivo declino del peso libertario e il deterioramento dellasituazione spagnola nel suo complesso.

L’ipotesi guerrigliera

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Collegato, in qualche maniera, con la questione scottante della militarizzazione è il tema

della possibile guerriglia quale metodo più efficace di condurre la lotta armata. A suo favoresi schierano, nel dibattito dell’epoca, alcuni esponenti della CNT-FAI tra i quali García Oliver.Vi sono non pochi riferimenti storici, dentro e fuori della Spagna, che rendono credibile talemodello organizzativo e di azione, a partire dai gruppi di popolani che nel 1808 praticaronoper primi la guerrilla contro gli invasori francesi (qui nacque lo stesso termine militare, usatoper «piccola guerra irregolare»), sconvolgendone i piani di battaglia e costringendoli infinealla ritirata. È inoltre viva la memoria della straordinaria, per quanto perdente, esperienza deimaknovisti in Ucraina, le cui formazioni si dissolvevano nei villaggi rurali dopo lo scontroper ricostituirsi poco dopo prendendo alle spalle il nemico.

L’ipotesi guerrigliera, con azioni di sabotaggio e di attacco dietro le linee franchiste, èaffrontata, ma con relativa convinzione, dagli organismi della CNT-FAI durante il 1937. Questasembra più coerente con i principi e l’identità anarchica in quanto può attribuire alle singoleunità una grande libertà di azione e rende meno necessaria e ossessiva la tendenza alcomando unico. Oltretutto, l’apertura di una lotta da condurre nelle montagne sarebbe stato ilmodo concreto per utilizzare a fini bellici le migliaia, o decine di migliaia, di uomini daisicuri sentimenti antifascisti scappati dai loro villaggi per evitare la repressione e rifugiatisinelle catene montuose di mezza Spagna. Uno degli obiettivi delle azioni al di là del fronte èquello di liberare i detenuti che sono in attesa del plotone di esecuzione e dar loro lapossibilità di partecipare ancora alla lotta. Questa finalità viene raggiunta in un paio di casi,così come si compiono azioni giustiziere contro falangisti particolarmente duri nelle violenzecontro i civili dei villaggi occupati. L’iniziativa non pare estranea agli stessi comandidell’Ejército Popular, che addestra un corpo di guerriglieri, il 14° Battaglione, per questiscopi. È chiaro che si tratta non di una scelta strategica ma di un modesto esperimentoinserito nella guerra tradizionale, che si svolge in trincea, con attacchi, difese, avanzate oritirate in formazioni più o meno massicce.

L’evoluzione della guerra, con le vittorie quasi costanti dell’esercito golpista (la sconfitta,più fascista italiana che franchista, di Guadalajara del marzo 1937 è un’eccezione) spinge ivertici militari e politici repubblicani, che già avevano un progetto simile, verso unaristrutturazione quanto più possibile regolare e tradizionale, cioè completamente militarizzatae con una disciplina gerarchica. Gli stessi organismi della CNT-FAI sembrano poco incliniverso lo sviluppo su larga scala dell’iniziativa guerrigliera e nel giro di qualche mesel’alternativa alla guerra frontale e classica viene accantonata. D’altra parte, l’eventualefrantumazione dei fronti, con lo sconvolgimento totale della vita nelle retrovie, avrebbeinevitabilmente avuto contraccolpi negativi su un altro dei terreni della rivoluzione libertaria:le collettività contadine.

Le campagne in autogestione. Braccianti e contadini È stata definita «la obra constructiva de la revolución» l’esperienza delle migliaia di

collettività rurali che dall’Aragona all’Andalusia orientale, dal Levante alla Castiglia del sud,hanno fornito una quota importante della produzione agricola durante la guerra. Qualche datoconcreto rende l’idea della dimensione e della qualità del fenomeno collettivista nellecampagne. Secondo i dati forniti da ambienti vicini ai collettivisti, considerati però concautela da certi storici, le aziende agrarie collettivizzate si aggirano attorno alle 1.500 unità

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per un totale stimato in circa un terzo di tutti gli abitanti delle zone rurali non conquistate,almeno per alcuni mesi, dai golpisti17. I dati assoluti e le percentuali logicamente variano aseconda del periodo considerato, tenendo conto che con la caduta del nord (estate 1937) lapopolazione attiva repubblicana si riduce da 6.000.000 a 5.000.000. Nel complesso le unitàcollettivizzate che fanno esplicito riferimento alla CNT sono circa il doppio di quelle chefanno riferimento alla UGT, senza tener conto delle situazioni miste. La UGT prevale inAndalusia e Castiglia-La Mancha (in entrambe ha circa il 60%), mentre la CNT conta piùadesioni nel País Valenciano (l’80%), in Aragona (il 90%) e in Catalogna (il 95%).

È difficile stimare la percentuale di terra coltivata in regime di collettività per mancanza didati attendibili ed è arduo anche valutare il grado di volontarietà nella loro formazione. Uncerto livello di spontaneità si può intuire nell’adesione di braccianti o di contadini poveri cheavevano un preciso interesse a emanciparsi dallo sfruttamento dei proprietari medi e grandi.La questione è più incerta per i proprietari autosufficienti, che avevano dei vantaggi concretinell’utilizzo delle strutture tecniche a disposizione dei collettivisti, ma non potevanoassumere dipendenti, né stagionali né stabili, com’erano abituati a fare fino a quel momento.Inoltre, specialmente per l’Aragona, molti storici fanno notare che la presenza delle milizieconfederali, per lo più catalane, spingeva verso la collettivizzazione, il sistema che più siavvicinava al «comunismo libertario» preconizzato dalla CNT, anche nel recente congresso diSaragozza. Peraltro, il fatto che nella cittadina di Caspe – sede del Consejo de Aragón, chedisponeva di un potere politico quasi assoluto sulla regione – la percentuale delle aziendecollettivizzate fosse molto bassa indica che le pressioni delle colonne armate non erano cosìpressanti come talora si afferma.

Qual era il funzionamento delle collettivizzazioni rurali? È doverosa la premessasull’inesistenza di un unico modello di riferimento, sia per la natura diversa delle zone dovesi sperimentavano, sia per la composizione variabile delle organizzazioni sindacali che lesostenevano, sia per la stessa fisionomia non omogenea ma pluralista del nuovo metodoproduttivo e sociale. In generale era l’assemblea del villaggio, o dei lavoratori, a decidere lamessa in comune delle terre, a partire da quelle appartenenti a persone assenti, fuggite,espropriate o addirittura uccise durante le giornate attorno al 18 luglio 1936 in quantosimpatizzanti per il golpe. Si è calcolato che circa il 40% delle terre disponibili sia statoespropriato dal governo e, di questo, poco più della metà sia stato effettivamentecollettivizzato18.

Dal punto di vista operativo, veniva nominato un Comité che, in riunioni aperte, esercitavauna verifica giornaliera sulle attività svolte, e questo dopo l’orario di lavoro: i coordinatorinon disponevano, in linea di principio, di alcun privilegio rispetto ai coordinati. Laripartizione degli incarichi era concordata nelle assemblee o con il Comité, e nelle riunioniplenarie della popolazione si decideva come far funzionare la distribuzione dei beni prodotti edi quelli giunti sulla base degli scambi con altre realtà simili. Di norma i generi di primanecessità erano distribuiti senza particolari controlli, in omaggio al principio della «presa nelmucchio» in base alle proprie necessità. Quando si presentava una situazione di carenza, siprocedeva con il metodo della cartella indicante le quantità e qualità dei beni prelevati dalmagazzino comune, determinate in proporzione ai componenti del nucleo familiare.

In certi casi il denaro, considerato inutile e pericoloso per il possibile ricrearsi di nuovedisuguaglianze, era stato abolito e sostituito da una serie di vales, buoni intrasferibili chedavano diritto a fornirsi nei depositi della collettività cui erano destinati i prodotti dellacoltivazione e degli scambi. In generale la collettività si preoccupava di acquisire mezzimeccanici per ridurre gli sforzi lavorativi e cercava di soddisfare anche le attività di svago, di

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socializzazione e i bisogni culturali, dalla musica in piazza ai balli, dal cinema alla biblioteca.Era il nucleo delle Juventudes Libertarias che spesso creava le occasioni di incontroconviviale e culturale. La partecipazione allo sforzo bellico veniva sostenuto con la fornituradi generi alimentari o prodotti della terra alle colonne miliziane più vicine o ai reparti militarinei quali erano presenti giovani della comunità.

Un episodio, raccolto da Abel Paz nel libro delle sue memorie dedicato agli anni dal 1936 al1939, rivela in modo eloquente il non facile passaggio dalla mentalità del proprietario aquella del collettivista. Uno dei militanti più convinti della messa in comune delle sementi,degli attrezzi e degli animali si alza nel cuore della notte ed esce di casa senza fare rumore.Abel ricorda di averlo seguito di nascosto. L’uomo entra nella stalla, si avvicina a un cavallo,lo accarezza e gli parla. Spiega poi al giovane barcellonese venuto dalla città per conoscere lecollettività rurali che l’animale fa sì parte del patrimonio collettivo, ma è rimasto il «suo»cavallo, verso il quale mantiene un’attenzione particolare19.

L’esempio collettivista analizzato con maggior attenzione è quello di un villaggio del bassoaragonese, nella provincia di Teruel: Cretas. Su questo caso gli autori hanno svolto ricerchepluriennali raccogliendo sia fonti scritte che orali, e la ricostruzione effettuata è tra le miglioriquanto a definizione dei problemi e delle soluzioni dei collettivisti20. Un episodio delinea,forse meglio di tante analisi, la questione della violenza e della tolleranza nel piccolo centrocollettivizzato (1.600 abitanti), nel quale, dopo gli scontri iniziali, anche il medico reazionarioè accettato per la sua indispensabile professione. Questi si rivela però troppo generoso con isuoi amici di destra a proposito di ricette e di permessi di uscita dal territorio comunale, e perdargli un messaggio chiaro un miliziano armato si mette a fare la fila nella sala d’attesa. Siricorre cioè a un tipo di minaccia che ricorda più l’astuzia popolare che un potereistituzionale.

Logicamente non si tratta del «paradiso in terra»21, come si esprime con sarcasmo unostorico accademico, e non mancano i conflitti e le carenze, la disorganizzazione, e perfino uncerto egoismo delle collettività più ricche verso le più povere. Inoltre, la leva obbligatoriacostringe molti giovani, i più decisi nella sperimentazione della nuova realtà semiutopica, avestire la divisa e a partire per il fronte. Ciò comporta che la terra è coltivata solo daglianziani e dalle donne e, data la scarsa meccanizzazione, la produttività si riduce.

Talvolta gli stessi sostenitori della collettivizzazione entrano in conflitto tra loro sul ruolodegli organi collettivisti e delle sezioni sindacali oppure del Comité Revolucionario, sortopiuttosto per motivi di lotta armata. Sullo sfondo, il governo repubblicano cerca di seguireuna tattica tesa a riprendere il controllo della produzione e toglierla alle strutture locali,decentrate e quasi autonome. Così il 7 ottobre 1936 il ministro dell’Agricoltura, il comunistaVicente Uribe, emana un decreto che al contempo legalizza le collettività esistenti, stabiliscele norme per quelle da costituire e affida compiti di supervisione all’Instituto de la ReformaAgraria, sua diretta emanazione. Questo riconoscimento giuridico, che in teoria puòtranquillizzare il movimento collettivista più o meno legato alla CNT e all’UGT, istituisce peròmeccanismi di controllo istituzionale in grado di rioccupare gradualmente quegli spazisottratti all’iniziativa statale, anche in vista di un futuro possibile intervento di tipo menoconciliante.

In una regione ad agricoltura ricca come il Levante, dove si producono le migliori aranceche si esportano in grandi quantità, la collettivizzazione comporta anche il tentativo di gestirein proprio, attraverso il Consejo Levantino Unificado de Exportación Agrícola (CLUEA)fondato da CNT e UGT, il ricco flusso di valuta straniera che, malgrado la guerra in corso,arriva dai mercati europei. All’inizio il governo tollera questo organismo in quanto nonriesce, per un rapporto sfavorevole di forze, a ridurne l’importanza e l’autonomia. Ma già

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nell’ottobre 1936, su spinta dei comunisti, si fonda un organismo alternativo al CLUEA basatosull’adesione dei piccoli proprietari e dei mezzadri valenzani che in passato avevano aderitoal sindacato cattolico, ora sciolto. Nel settembre del 1937, approfittando della svolta delmaggio 1937, il governo dà vita alla Central de Esportación de Agrios (CEA), dipendente dalministero dell’Economia, senza la minima partecipazione di esponenti della CNT-FAI. È questauna delle tappe del processo di esautoramento del potere rivoluzionario e sindacale da partedei partiti repubblicani tra i quali cresceva il peso del PCE-PSUC, contrari fin dall’inizio a unarivoluzione sociale con la motivazione che un cambiamento così radicale fosse sbagliato, senon addirittura opera di provocatori. L’obiettivo principale della lotta contro i golpistiavrebbe dovuto infatti essere quello di sconfiggerli militarmente per realizzare una Spagnademocratica e antifascista. A questo scopo bisognava non spaventare le democrazieoccidentali e seguire invece la politica estera dell’URSS, impegnata a creare alleanze con laFrancia e le altre democrazie occidentali. Il fronte che si opponeva alle collettivizzazioni, siarurali che industriali, riteneva che nella battaglia antifascista fosse essenziale per le forzeproletarie ottenere un’alleanza con la borghesia progressista, e perciò occorreva garantire isuoi interessi economici e rinviare a un tempo futuro ogni profonda innovazione dellestrutture produttive.

Il passaggio dalle forme di legalizzazione a quelle più rigide di controllo avvienegradualmente, ma non in modo indolore. Ne è un esempio significativo ciò che succede nelvillaggio catalano di La Fatarella nel gennaio 1937. Il paese viene considerato poco fidato dairivoluzionari in quanto la destra ha raccolto in passato ampi consensi elettorali. Qui vigeun’economia rurale povera fondata sulla piccola proprietà e la mezzadria, mentre la miseriaassilla i braccianti senza terra. Sono appunto questi ultimi i fautori decisi dellacollettivizzazione, la quale migliora il loro livello di vita, ma spaventa la maggioranza dellefamiglie, che boicotta l’esperimento collettivista. Le tensioni si aggravano e in difesa delnuovo organismo giungono dai dintorni varie centinaia di miliziani che trovano una rispostaarmata da parte dei contadini, per lo più piccoli proprietari anticollettivisti entrati da poconella UGT per limitare la forza della CNT. Due miliziani sono uccisi, ma poi gli abitanti delpaese si arrendono. Le milizie vittoriose definiscono fascisti e quintacolumnistas glioppositori armati e ne fucilano una trentina. A questo evento fa seguito l’arrivo di forticontingenti della polizia repubblicana che disarmano i miliziani, sciolgono la collettività eaffidano la terra sequestrata a nuovi proprietari simpatizzanti della Esquerra Republicana deCatalunya, il partito di Companys ormai divenuto egemone attraverso l’alleanza con il PSUC.Il «ristabilimento dell’ordine» sembra mettere a tacere il conflitto che, in certa misura,anticipa i gravi eventi del maggio barcellonese.

Le industrie in mano agli operai

Le collettività industriali hanno una fisionomia alquanto diversa da quelle rurali. Esse sisviluppano quasi solo a Barcellona, centro produttivo e sede del potere politico catalano. Quiil modello seguito è comunque differenziato a seconda delle dimensioni dell’impresa, e ilcontrollo della Generalitat si fa sentire molto presto. Il coordinamento spetta a un nuovoorganismo, creato già l’11 agosto del 1936, ovvero il Consejo de Economía della Generalitatche emana la nuova normativa su produzione e scambi. Vi sono rappresentate tutte letendenze del fronte antifascista in un’unità di facciata dai tratti contraddittori. Sui quindicimembri, i due sindacati e la ERC hanno tre delegati ciascuno, la FAI ne ha due e gli altri uno:

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da Acció Catalana a Unió de Rabassaires (un sindacato rurale che difende i viticultori), dallostalinista PSUC all’antistalinista POUM. Questa convergenza di tutte le formazioni catalaneanticipa quanto avverrà il mese dopo nella costituzione del governo della Generalitat e, innovembre, nel governo della Repubblica.

Dopo lunghe e accese discussioni, il Consejo trova un accordo e decide di seguire duemodelli: la collettivizzazione per le aziende con più di 100 operai, il controllo operaio perquelle più piccole. La ERC, espressione della piccola e media borghesia catalanista, e il PSUC

appoggiano la limitazione della collettivizzazione alle sole imprese con più di 250 operai,coerente con la linea del PCUS volta a rassicurare le democrazie borghesi. Questo dato è moltosignificativo in quanto buona parte delle entità industriali è di medie dimensioni e cosìresterebbe escluso. Il decreto relativo è emanato il 24 ottobre e prevede numerosi interventiregolatori dell’economia catalana, al punto che alla caduta di Barcellona, il 25 gennaio del1939, una parte importante non è stata ancora stata applicata.

La collettivizzazione regola la produzione di circa 2.000 imprese, mentre quelle a controllooperaio sono circa 4.50022. I settori collettivizzati sono i più disparati: dal tessile allospettacolo, dalla metallurgia alla chimica, dall’edilizia ai servizi. Un passo ulteriore vienerealizzato nel settore del legno, dove si attua la socializzazione, cioè l’unione tra le varie fasidel ciclo produttivo, in questo caso dal bosco al mobile.

Si pongono comunque alcuni problemi assillanti per l’industria catalana. Non è facile farfunzionare l’apparato produttivo con i pochi tecnici che aderiscono alla nuova realtà, nellaquale in teoria vige l’egualitarismo: dal responsabile della produzione fino all’addetto allepulizie, i lavoratori dovrebbero ricevere lo stesso stipendio. In realtà i salari si diversificanoper incentivare la collaborazione indispensabile dei tecnici alla nuova realtà. Qui si tocca conmano la difficoltà di concretizzare una nuova società economicamente sviluppata partendo daquella capitalista, nella quale è considerevole la divisione tra lavoro intellettuale direttivo elavoro manuale esecutivo. L’utopia egualitaria deve tener conto degli ostacoli costituiti dallaprolungata divisione gerarchica dei lavoratori. Qualcosa del genere succede nella flottamilitare in cui, dopo il 18 luglio 1936, gli equipaggi repubblicani hanno eliminato gli ufficialifilogolpisti e si ritrovano con una nave, in pratica un’industria galleggiante, di cui sannogestire solo alcune piccole manovre. E le navi resteranno per lo più inattive.

Talvolta nel Comité di gestione della singola impresa entra l’antico direttore o proprietariocon incarichi di responsabilità, anche se sotto controllo operaio, in attesa di tempi migliori. Irapporti economici e finanziari con i fornitori di materie prime e i mercati di consumo deiprodotti finali risentono ovviamente della guerra. Dall’estero, con cui bisogna scambiaremerci con valuta, spesso le forniture vengono bloccate o rallentate e ridotte. I consumatorispagnoli, ai quali è destinata buona parte della produzione tessile, sono via via sempre piùirraggiungibili. A Barcellona si crea, quasi dal nulla, l’industria di guerra della Repubblicatrasformando la produzione di varie fabbriche metallurgiche, con notevoli costi sul pianoorganizzativo e dell’autogestione. Il trasferimento a Barcellona del governo Negrín,nell’ottobre 1937, comporta un aumento prevedibile del controllo governativo sulle industriedi guerra, che vengono nazionalizzate e tolte al controllo operaio o alla Generalitat.

Sul terreno delle condizioni di lavoro, le collettività cercano di unificare varie piccole unitàproduttive, ritenute antieconomiche, in entità di maggiori dimensioni. In questo passaggio sidà notevole attenzione al miglioramento della situazione sanitaria sui luoghi di produzione,all’aumento della specializzazione e, nei limiti del possibile, alla modernizzazione dei metodiproduttivi, nonché alla semplificazione e centralizzazione amministrativa. Talora laristrutturazione porta a un aumento degli orari di lavoro per usare al massimo il macchinariodisponibile, e ciò comporta una serie di reazioni operaie che il Comité Sindical riesce solo in

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parte a rappresentare. In diversi casi si assiste a forme di resistenza, soprattutto dellamanodopera meno qualificata, che esprimono in questo modo un dissenso di base ai nuoviritmi lavorativi23.

Pur con tutti i limiti e le contraddizioni esposte, l’esperimento collettivista catalano dàrisultati positivi, soprattutto se si tiene conto dell’eccezionale serie di ostacoli che ha dovutoaffrontare. Non di secondaria importanza è la diffidenza del governo centrale, tramutata dopoil maggio 1937 in aperto boicottaggio, in particolare nel delicato campo finanziario.Malgrado tutto, la produzione non solo raggiunge livelli crescenti, ma molte industrieconoscono miglioramenti tecnici. Paradossalmente, diversi padroni, ad esempio quelli delcentro tessile di Sabadell24, che nel febbraio 1939 tornano in possesso delle imprese, aseguito della vittoria franchista in Catalogna, riconoscono di aver trovato lo stato degliimpianti migliore di come lo avevano lasciato nel luglio 1936.

Al di là delle questioni di efficienza produttiva, l’analisi dell’esperienza collettivistaindustriale in Catalogna deve considerare l’ambizioso progetto ideale e politico cui si èispirata: il «comunismo libertario». Si tratta del più ampio tentativo storico di mettere inpratica un sistema produttivo alternativo sia a quello capitalista, sia a quello del socialismo diStato. Note al capitolo

1. C.M. Lorenzo, Los anarquistas españoles…, cit., passim.

2. H. Rüdiger, Materiales para la discusión sobre la situación española en el Pleno de la AIT del día 11 de junio de 1937, p.

6, citato da J. Casanova, De la calle…, cit., p. 177.

3. C.M. Lorenzo, Los anarquistas españoles…, cit., p. 185.4. Ibidem.

5. V. Richards, Insegnamenti della rivoluzione spagnola (1936-1939), Vallera, Pistoia, 1974, passim.

6. A. Paz, Durruti…, cit., t. 2, pp. 231-276.

7. G. Berti (cur.), Dizionario biografico degli anarchici italiani, 2 voll., BFS, Pisa, 2003-2004. Sugli anarchici italiani in

Spagna puntuali riferimenti in L. Di Lembo, Guerra di classe e lotta umana. L’anarchismo in Italia dal Biennio Rosso alla

Guerra di Spagna (1918-1938), BFS, Pisa, 2001, pp. 192-219.

8. R. Merighi, Mujeres Libres. Un’esperienza di femminismo libertario, Quaderni di donne & Ricerca, Torino, 2004, pp. 7-

8. In ogni caso lo studio di riferimento, per le miliziane e non solo, è M. Nash, Rojas. Las mujeres republicanas en la

Guerra Civil, Taurus, Madrid, 1999. Con un’ottica militante femminista, M. Ackelsberg, Mujeres Libres. Attualità dellelotte delle donne anarchiche nella rivoluzione spagnola, Zero in condotta, Milano, 2005.9. R. Merighi, Mujeres Libres…, cit., p. 9.

10. Ivi, p. 20.

11. Ivi, p. 41.

12. «Mujeres Libres», XXI Semana de la revolución, dicembre 1936.

13. L. Sánchez Saornil, Otra vez y mil veces más. ¡Los niños!, in Horas de revolución, Sindicato Único del ramo de laAlimentación, Barcelona, 1937, p. 22.

14. C. Mera, La rivoluzione armata in Spagna: memorie di un anarcosindacalista, La Fiaccola, Ragusa, 1978, p. 50.

15. Ivi, p. 51.

16. E. Pons Prades, Un soldado de la República, G. Del Toro, Madrid, 1974.

17. F. Mintz, Autogestión y anarcosindicalismo en la España revolucionaria, Traficantes de sueños, Madrid, 2006, pp. 143-145.

18. J. Casanova, De la calle…, cit., p. 199.

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19. In forma lievemente diversa in A. Paz, Spagna 1936. Un anarchico nella rivoluzione, Lacaita, Manduria, 1996, p. 196.

20. E. e R. Simoni, Cretas. Autogestione nella Spagna repubblicana (1936-1938), La Baronata, Lugano, 2005.

21. J. Casanova, De la calle…, cit., p. 198.

22. P. Pagès, Cataluña en guerra y en revolución, Espuela de plata, Sevilla, 2007, pp. 141-142.

23. M. Seidman, A ras de suelo, Alianza, Madrid, 2004, passim.

24. A. Castells, Les col.lectivitzacions a Barcelona 1936-1939, Hacer, Barcelona, 1993, pp. 259-260. Dello stesso autore

osservazioni sul difficile rapporto tra istituzioni e collettività industriali catalane in Desarrollo y significado del procesoestatizador en la experiencia colectivista catalana (1936-1939), Nossa y Jara-Madre Tierra, Barcelona, 1996.

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capitolo quinto

Mayo sangriento: Barcellona 1937 e dopo

Una tempesta prevedibile I «fatti di maggio», cioè lo scontro armato dentro il campo antifascista, non sono un fulmine aciel sereno. Le avvisaglie di una crescente tensione si ritrovano, oltre che nelle uccisioni diLa Fatarella di fine gennaio 1937, in un paio di incidenti nei quali muoiono due importantiesponenti delle tendenze contrapposte: CNT-FAI e POUM da un lato e PSUC ed ERC dall’altro. Il25 aprile viene ucciso, in circostanze oscure, Roldán Cortada, esponente della UGT, del PSUC

ed ex della CNT (ala treintista); due giorni dopo è la volta, nel villaggio di Puigcerdà suiPirenei, di Antonio Martín, noto militante anarchico, che cade in un conflitto con la poliziadella Generalitat.

Sempre in aprile esplodono le proteste della popolazione per le carenze alimentari, e ciòaumenta il senso di precarietà e di tensione causato soprattutto dai primi bombardamentidell’aviazione legionaria italiana, che procurano decine di morti e notevoli distruzioni. IlPrimo Maggio, tradizionale appuntamento internazionale dei movimenti dei lavoratori, nonvede alcun corteo o altre iniziative di massa che, nel clima già acceso, avrebbero potuto darluogo a provocazioni e ulteriori scontri violenti.

In quei giorni la Generalitat rinnova un ennesimo pressante invito alle Patrullas de Controldelle organizzazioni operaie affinché consegnino le armi al nuovo servizio di sicurezzaunificato e posto ai suoi ordini. La convinzione prevalente nella base lavoratrice è benespressa da un articolo apparso su «Solidaridad Obrera» il 2 maggio: «Compagni, le armivalgono più dei discorsi!», cui fa seguito il coerente rifiuto da parte del «popolo in armi». Difatto, le Patrullas continuano a operare e rendono nulla l’ingiunzione del governo catalano, alquale ricordano che quelle armi sono state conquistate a costi umani molto elevati il 19 luglio1936 e che esse garantiscono un potere reale e non delegato, nemmeno tramite la CNT-FAI, aivertici istituzionali.

Da tempo le forze che si oppongono alle collettivizzazioni e in genere alla rivoluzione inatto hanno trovato nel PSUC il proprio referente politico. Questo partito è sorto a Barcellonanel luglio 1936 subito dopo la vittoria sul golpe, alla quale i suoi aderenti hanno partecipatomolto poco, ed è cresciuto prepotentemente mese dopo mese. L’ingresso nel governoautonomo catalano gli procura inizialmente pochi posti, ma ben presto il suo spazio siespande sfruttando la popolarità dell’Unione Sovietica, l’unico paese importante ad

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appoggiare la Repubblica e a sbarcare nel porto catalano una certa quantità di viveri, oltre chedi armi.

Il PSUC diventa in breve il referente cruciale dell’URSS per mettere sotto controllo lasituazione rivoluzionaria in Catalogna, territorio dove l’anarcosindacalismo e, sia pure inmisura molto minore, il marxismo non stalinista hanno una considerevole influenza sullemasse dei lavoratori. Entrambi si permettono oltretutto di attaccare l’immagine e la politicadel Cremlino, in particolare denunciando i processi staliniani in corso nel 1936. Tali critiche,che accomunano la dissidenza marxista a settori della più potente CNT, danno molto fastidioallo Stato sovietico che si presenta come la «patria del socialismo». Per sottolineare lafunzione strategica del PSUC, la Terza Internazionale fa un’eccezione al principio diriconoscere un solo partito in ogni paese e concede il crisma di membro dell’Internazionaleanche a questo promettente partito in cui, al di là del nome di «socialisti unificati», icomunisti dispongono di una netta egemonia.

La «guerra fratricida» tra antifascisti inizia il 3 maggio quando un gruppo di poliziotti dellaGeneralitat, al comando di Rodríguez Salas, ufficiale appartenente al PSUC, attacca il palazzodella Telefonica nella centrale Plaza de Catalunya. Lo scopo dichiarato è insediare il delegatonominato dal governo di Companys quale responsabile della gestione di un prezioso servizioche detiene un potere di fatto. Da tempo circola la voce, verosimile, che una telefonata delpresidente della Repubblica Manuel Azaña sia stata ostacolata da un centralinista cenetistache avrebbe beffato la massima personalità politica. L’offesa costituirebbe la goccia che fatraboccare il vaso già colmo della «pazienza» di Companys, che si lamenta di fronteall’indisciplina di buona parte dei militanti anarcosindacalisti. Ma l’episodio, o la suarappresentazione, può essere letto anche come il simbolo dell’insofferenza del potereistituzionale nei confronti di un potere reale che conta sul controllo di punti strategici, qualeappunto la Centrale Telefonica. Questa sede, occupata dopo un’aspra lotta dai combattentidella CNT, è gestita in regime di collettività da un suo Comité, con qualche delegato della UGT

in posizione subordinata. Per molti militanti della CNT-FAI è una conquista, raggiunta il 19luglio 1936, da non perdere.

I lavoratori armati della Telefonica si barricano nei piani superiori, mentre la poliziaautonoma resta al pianoterra. La notizia circola subito nei quartieri popolari della città e inpoche ore esplode uno sciopero generale spontaneo: vengono innalzate decine di barricate,simili a quelle del 19 luglio, attorno alle quali le sparatorie si moltiplicano. Una partenotevole degli aderenti alla CNT-FAI ritiene che sia venuto il momento di porre un frenoall’espansionismo del PSUC, che conta sull’alleanza con l’ERC. Gli appelli alla calma e allafiducia lanciati dai vertici politici e sindacali nel corso delle trattative per «risolverel’incidente» lasciano perplessi. Alla radio si alternano, per un paio di giorni, i proclami deileader autonomisti e comunisti affiancati a quelli dei dirigenti anarcosindacalisti. Tra questiultimi si sentono le voci di due ministri catalani della CNT ritenuti esponenti di puntadell’anarchismo irriducibile: García Oliver e Montseny. Tutti si dicono favorevoli a porrefine alla lotta, a smantellare le barricate e a tornare al lavoro e alla calma, con la promessache i responsabili della provocazione poliziesca alla Telefonica sarebbero stati rimossi. Ormaii morti si contano a decine e giungeranno, in tutta la Catalogna, a più di 3001. Il 5 maggio sispara vicino alle sedi delle organizzazioni e si registra l’uccisione di due esponenti di primopiano delle parti in conflitto. Antoni Sesé, segretario generale della UGT e dirigente del PSUC,non riesce a prendere possesso del posto di neoministro della Generalitat in quanto cadevicino al Sindicato de la Industria del Espectáculo della CNT; Domingo Ascaso, fratellomaggiore di Francisco, l’eroe caduto il 20 luglio 1936, è colpito a morte un paio di ore dopo

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Sesé.Nel frattempo il governo Largo Caballero si appropria dei servizi di ordine pubblico e di

difesa della Generalitat, sopprimendo le cariche autonome catalane, manda un paio di navi daguerra nel porto e prepara la spedizione di migliaia di Guardias de Asalto per ristabilire ilcontrollo istituzionale e l’ordine pubblico. La mattina del 6 maggio sono rinvenuti anche icorpi di Camillo Berneri e di Francesco Barbieri nei pressi di Plaça Sant Jaume, vicino allasede del governo autonomo. Gli appelli a cessare le sparatorie ottengono infine l’effettodesiderato, e se qualche scontro continua, nel complesso l’intensità e la gravità diminuisconosensibilmente. Un gruppo di radicali, sia libertari che marxisti, che si denomina Los Amigosde Durruti2 cerca di innescare un movimento rivoluzionario contro la linea rinunciataria delleburocrazie delle organizzazioni libertarie, ma l’intento riesce a sopravvivere solo alcunigiorni. Il 7 maggio, secondo la Generalitat, riprende il lavoro nelle fabbriche e negli uffici,oltre che nei trasporti pubblici. La conclusione viene salutata come una vittoria dal PSUC,evidentemente consapevole dei rischi corsi in quei giorni, mentre la CNT-FAI dichiara che leconvulse giornate sono terminate senza vincitori né vinti.

In realtà non è facile per i leader anarchici fare un bilancio di questo tragico conflitto chemette a nudo i limiti e le contraddizioni della collaborazione in nome della guerraantifascista. Il progressivo aumento di influenza da parte di formazioni, come il PSUC e la ERC,che il 19 luglio 1936 sembravano contare assai poco, e ciò a scapito dei punti di forza deilibertari, comporta un giudizio assai negativo sulla scelta della dirigenza CNT-FAI di nonspingere a fondo lo slancio rivoluzionario, quanto meno in Catalogna3. D’altra parte, comeribadito più volte, il confronto non si svolge solo nella regione più ricca, più moderna e piùlibertaria della Spagna.

Il maggio 1937 provoca l’irreversibile crisi della partecipazione anarchica al governo diLargo Caballero. Il dirigente socialista, espressione della UGT, è messo in difficoltà dallapressante richiesta dei ministri del PCE di decretare lo scioglimento del POUM, accusato di«spionaggio a favore del nemico» e di essere «l’ispiratore del putsch criminale diCatalogna»4. L’ex dirigente sindacale, a suo tempo osannato dagli stalinisti come il «Leninspagnolo», non vuole accogliere questa richiesta e si dimette. Due giorni dopo, su immediatadesignazione di Azaña, è nominato un nuovo governo presieduto ancora da un socialista,Juan Negrín, ma stavolta proveniente dalla corrente di Indalecio Prieto, responsabile dellestrutture organizzative e burocratiche del PSOE e quindi rivale di Largo Caballero. Al di làdell’etichetta di socialista, il dottor Negrín, secondo molti esponenti della CNT-FAI, è invecepiù che disposto a cedere alle pressioni del PCE-PSUC per eliminare il marxismo dissidente.

Caccia ai rivoluzionari dissidenti Dopo la sospensione del quotidiano «La Batalla», la chiusura delle sedi e l’espulsione dagli

organi di governo locali, il 16 giugno 1937 si procede a Barcellona all’arresto in blocco delComité Ejecutivo del POUM, compreso il segretario Andreu Nin, già membro del governodella Generalitat. L’obiettivo per i comunisti stalinisti, sulla scia dei contemporanei processidi Mosca, è di ottenere delle piene confessioni dagli imputati di spionaggio, in particolaredalla personalità più in vista, il catalano Nin. Questi, dopo aver esaltato la rivoluzione russanei primi anni Venti e aver poi attaccato l’accentramento del potere nelle mani di Stalin e larepressione contro i vecchi bolscevichi, era scappato dall’URSS per sfuggire alla polizia

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sovietica. Gli interrogatori cui viene sottoposto, in prigioni gestite direttamente esegretamente dal PCE, sono particolarmente duri, ma Nin sembra non cedere. Gli inquisitoricontinuano a torturarlo per fargli dichiarare la propria colpevolezza, secondo la prassicollaudata in Unione Sovietica nei processi ai «controrivoluzionari». Come in altri casi simili,l’inutile interrogatorio porta alla morte o alla impossibilità di presentare l’imputato in unpubblico processo. La delicata questione è risolta con una pratica già sperimentata: si finge lasua liberazione da parte di una squadra nazista e il corpo sparisce nella campagna madrilena.A chi scrive sui muri: «¿Donde está Nin?», i comunisti filomoscoviti rispondono «¡Está enBurgos o en Berlín!», le capitali dei nemici franchisti e nazisti. In tempi recenti, ricerchecondotte nell’archivio della KGB a Mosca hanno confermato che tanto questa quante altresparizioni erano direttamente guidate dal Cremlino. Il processo agli altri dirigenti del POUM sitiene nell’ottobre 1937 e termina con l’assoluzione dall’accusa di spionaggio e tradimento,ma con una condanna per aver provocato gli scontri del Mayo sangriento5.

A Barcellona, e non solo, dopo la fine dello scontro armato le istituzioni repressiveprocedono a centinaia di arresti tra i militanti più radicali. Si crea una situazione paradossale.La CNT apparentemente mantiene quasi intatta la sua forza: le colonne armate confederalisostengono una parte non secondaria dello sforzo bellico, le collettività industriali e ruralicontinuano a funzionare grazie alla forte influenza anarchica, i sindacati sono in pienaattività. Contemporaneamente, però, centinaia di militanti, se non migliaia, vengono arrestaticon accuse infamanti come aver rubato o ucciso sotto la protezione sindacale. E i reatisarebbero stati compiuti anche nelle prime fasi della risposta armata popolare al tentativo digolpe. Per avere un’idea della dimensione del fenomeno, si tenga conto che nel carcere diTortosa, nel sud della Catalogna, a fine giugno 1937 risultano detenuti da alcune settimanecirca 300 militanti.

La risposta della CNT catalana avviene a due livelli: promuovere la costituzione, dentro efuori le carceri, di Comité pro Presos di sostegno ai detenuti e la formazione, decisa dalComité Regional, di un’apposita Comisión Jurídica diretta dall’avvocato Eduardo Barriobero,repubblicano vicino alla CNT e difensore in molti processi prima del 1936. In effetti laComisión sconta la progressiva perdita di potere reale del sindacato e poco può fare a favoredei «prigionieri antifascisti» che aspettano per lungo tempo lo svolgimento dei relativiprocessi pubblici. Funzionari delle carceri e degli uffici giudiziari rispondono con sufficienzae genericità, impensabili prima del maggio 1937, alle richieste di notizie precise sui contenutidelle accuse e sulle detenzioni in atto. La situazione pare bloccata al punto che alcunisindacati criticano la «commissione fantasma» e giungono al punto di organizzare evasionicontando sulla complicità dei dipendenti dalla struttura carceraria, nominati al tempo in cuiGarcía Oliver era ministro della Giustizia. Alcuni detenuti liberati in modo illegale vengonopoi fatti fuggire anche da Barcellona e trovano protezione nelle colonne confederali al fronte.

All’interno dei vari organismi della CNT si svolgono accesi dibattiti sul modo di operare indifesa dei detenuti, che spesso sono accusati di reati del tutto pretestuosi. I vertici sindacali simostrano particolarmente restii a proteggere i militanti della CNT che si sono più esposti negliscontri del maggio 1937, i quali restano per lo più senza appoggi organizzativi ufficiali fino aldicembre 1937. In una riunione del Comité Regional di quel periodo la mozione finalericonosce corretta la posizione del Comité Jurídico contrario alla difesa degli elementiestremisti, anche se tesserati CNT, e delega l’eventuale impegno solidale ai singoli sindacatiche lo sceglieranno sotto la propria responsabilità.

Dalle prigioni, in particolare dalla Modelo di Barcellona, vengono spedite numerose letteredi protesta agli organismi istituzionali e ai Comité della CNT. In genere si minacciano forme

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di lotta aperta nel caso di mancati interventi protettivi o di non rispetto dei diritti dei«prigionieri antifascisti»6. Il segretario della CNT catalana, Josep Doménech, incontra ilministro della Giustizia della Generalitat per ottenere il permesso di visitare i militantiincarcerati, i quali sono peraltro sul punto di scatenare una rivolta. Dopo un paio di giorni,oltre 200 detenuti ritenuti «pericolosi» sono trasferiti d’urgenza in altre prigioni della regionee per qualche mese la situazione resta sotto il controllo delle autorità. In seguito a varie formedi protesta, dallo sciopero della fame alla distruzione di arredi, cui partecipano anchevolontari internazionali incarcerati, 800 detenuti di varie tendenze politiche vengono spostatinella nuova residenza carceraria del centro di Barcellona, da poco inaugurata, e nei campi dilavoro dei dintorni. È quest’ultima soluzione quella che, nel corso del 1938, permette didisinnescare le rivolte carcerarie, con l’accordo della CNT che riesce a ottenere moltescarcerazioni.

Echi del maggio catalano nella vicina Aragona Le conseguenze del Mayo sangriento non si limitano alla Catalogna, ma investono le realtà

libertarie dell’intera Spagna repubblicana, dalle collettività rurali e industriali ai gruppianarchici, specialmente quelli non in linea con le posizioni ufficiali della FAI. Il governoNegrín, in cui è cresciuto il ruolo del PCE, e ancor più il presidente Azaña si apprestano amettere un freno alle esperienze più avanzate e radicate e quindi meno controllabili. IlConsejo de Aragón, che malgrado la partecipazione di tutte le componenti antifascistemantiene un’egemonia CNT-FAI, è uno dei principali obiettivi. Esso è riuscito non solo acoordinare in maniera autonoma la produzione agricola regionale, ma anche a modernizzare imetodi di coltivazione, e ha inoltre osato esportare direttamente dal porto catalano diTarragona i propri prodotti, dall’olio alle mandorle, importando altri generi non producibililocalmente. La sfida al governo repubblicano di Valencia non può essere più sfacciata.

Un Plenum del Frente Popular de Aragón dei primi di agosto del 1937 chiede l’urgentedissoluzione del Consejo e la restituzione delle terre agli antichi proprietari per riportarel’ordine dove, secondo la propaganda anticollettivista, comandano gruppi armati diincontrolados privi di scrupoli. La 11ª Divisione agli ordini di Enrique Lister, di strettaosservanza moscovita, viene mandata in Aragona con il pretesto ufficiale di preparareun’offensiva bellica, ma con lo scopo effettivo di dissolvere il Consejo e le collettività rurali.Centinaia di militanti collettivisti sono arrestati e i depositi delle collettività sono occupati epresi in gestione dalle forze politiche avverse all’esperimento. Lo stesso presidente delConsejo, Joaquín Ascaso, cugino di Francisco caduto nel luglio 1936 e di Domingo uccisonel maggio 1937, viene arrestato. L’intervento degli stalinisti sarà rivendicato da Lister nelleproprie memorie, pubblicate negli anni Settanta. Nei mesi successivi tutta l’Aragona diventauna retroguardia molto vicina al fronte, che si estende attorno a Teruel, e la zona èmilitarizzata a tutti gli effetti. Nel marzo del 1938 giunge il Corpo Truppe Volontarie italianoe tutta l’Aragona cade in mano ai franchisti e ai loro alleati. Un resoconto vivodell’occupazione dei villaggi già collettivizzati, tra cui la nota Cretas, sarà fornito da DavideLajolo, al tempo capitano volontario della Divisione Littorio, che ricorda un colloquio conuna giovane orgogliosa, malgrado la sconfitta, di aver vissuto quell’esperienza7.

Nelle altre regioni a produzione agricola collettivizzata il governo, attraverso il ministerocompetente gestito dai comunisti, conduce una politica di sostegno alla piccola proprietà e diboicottaggio delle collettività, sia direttamente che attraverso l’intervento dell’Instituto de

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Reforma Agraria. L’evoluzione negativa della guerra, con l’avvicinarsi del fronte e laprogressiva militarizzazione dei giovani richiamati alla leva, e dell’intera società rendesempre più ardua la vita delle collettività e ne accelera il declino.

Nel bilancio delle collettività non si possono valutare solo le questioni economiche, peraltrocomplessivamente positive date le circostanze molto sfavorevoli, bensì va preso in esameanche il loro significato sociale. La crisi delle istituzioni repubblicane, in primis quellerepressive, è stata una conseguenza diretta della risposta popolare al golpe. Senza l’ostacolodell’apparato poliziesco, in molti villaggi si è prodotta, con modalità più o meno spontanee,una mobilitazione economica, politica e ideale che in contesti precedenti era durata moltopoco in quanto subito soffocata dallo Stato. I vecchi legami di subordinazione alle classidominanti si sono dissolti e, per molti mesi, le classi subordinate, spesso armate, hannosperimentato forme inedite di autogestione della produzione e dell’intera società, grazieanche alla spinta, o alla pressione, di militanti locali formatisi all’interno dei sindacati, per lopiù a Barcellona8.

Bilanci dei quattro ministri tra fallimenti e realizzazioni Le riflessioni politiche pubbliche sull’insolita esperienza governativa si svolgono in alcuni

incontri, promossi dalla CNT-FAI, nell’estate del 1937 a Valencia. Vi partecipano sia i militantidi base che i quattro leader ex ministri. Nei rendiconti presentati si parte da un puntoparticolarmente negativo: la fuga del governo da Madrid, il 7 novembre 1936, un paio digiorni dopo la sua nascita. Secondo García Oliver, la CNT era stata chiamata a far parte diun’istituzione repubblicana che stava fuggendo proprio per evitare proteste e ribellioni daparte dei combattenti madrileni. I ministri libertari si sarebbero opposti a tale scelta, anchesecondo la Montseny. Per Peiró invece c’era stato un sostanziale accordo. A ogni modo,quando il corteo governativo era stato fermato all’uscita orientale di Madrid da un gruppo dimiliziani, appena tornati dalla sanguinosa battaglia di Sigüenza, l’intervento personale deiministri CNT-FAI aveva evitato conseguenze più gravi.

Tra i resoconti degli ex ministri, quello di Juan López, assegnato al ministero delCommercio, appare come il più negativo. Nella scelta dei collaboratori riesce a prenderedecisioni rapide e qualificate: oltre ad altri militanti cui affida incarichi di rilievo, nominadirettore generale del Commercio interno Horacio Prieto, già segretario della CNT e principalesostenitore della collaborazione istituzionale. In fin dei conti López si sente un apprendistadell’arte del gestire la macchina pubblica e, malgrado qualche decreto contro l’aumento deiprezzi, non riesce a realizzare nessuno degli importanti obiettivi desiderati. Il boicottaggio delministero delle Finanze, gestito dal socialista di destra Juan Negrín, insieme alle resistenze alivello governativo e burocratico di quanti non vogliono mettere in discussione il sistemacapitalista, rendono vani i suoi sforzi di rinnovamento. In realtà López si identifica in pienocon le tre principali finalità perseguite da Largo Caballero: creare l’Ejército Popular, mettereordine nella vita politica del paese, sconvolta dal golpe, in nome dell’«unità e della disciplinapolitica», giungere a stabilire per legge una forte «unità economica posta assolutamente alservizio della guerra»9. Gli riesce invece, stavolta senza boicottaggi e anzi con vari appoggi,ad aprire un ufficio commerciale spagnolo nell’URSS, che intensifica gli scambi con lo Statodominato da Stalin. Concluso l’incarico ministeriale, López parte come portavoce dellaRepubblica per un giro propagandistico negli Stati Uniti e in Messico. Tornato dopo unalunga assenza, viene eletto, negli ultimi giorni della Repubblica, segretario del Movimiento

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Libertario (CNT, FAI, FIJL). La fine della guerra lo trova in Francia, dove si è recato per unamissione, e da qui si dirige verso l’esilio in Messico. (Nel 1967 tornerà in Spagna conl’intenzione di cercare uno sbocco per il sindacalismo libertario, ma lo farà attraversoun’irrealistica collaborazione con elementi «sinceri» del sindacalismo falangista).

Un ex terrorista alla Giustizia

Joan García Oliver sostiene, nel suo bilancio pubblico, di aver realizzato non pocheconquiste nei mesi passati da ministro della Giustizia. In un certo senso, si era già trovato inquell’ambiente avendo frequentato a lungo le aule di tribunale come imputato e le prigionicome detenuto. Nelle circostanze scaturite dal 19 luglio 1936, cerca di mettere a frutto glianni di involontario passaggio dentro il meccanismo giudiziario e il sistema carcerario. Così,il 24 novembre 1936 emana un decreto che prevede la possibilità di difesa diretta da partedell’imputato a tutti i livelli dell’iter giudiziario, un modo per esautorare gli avvocati,categoria di cui García Oliver diffida profondamente. Poche settimane dopo si occupa dipunire chi specula sui bisogni indotti dalla guerra con l’accaparramento dei beni di primanecessità e con il mercato nero. Il 22 dicembre il ministro ex galeotto decide di abolire tutte lecondanne penali per reati precedenti il 15 luglio 1936, allo scopo di cancellare ladiscriminazione classista subita dai condannati a causa delle condanne ricevute inprecedenza. In effetti, prima dell’estate 1936, i condannati erano quasi tutti membri delleclassi subalterne costretti a delinquere per pure ragioni di sussistenza. Una volta entrati nelcircolo punitivo, questi pregiudicati, in realtà «criminali per necessità», ricevevano ulterioripesanti condanne in base a quelle già accumulate, e il vortice diventava sempre piùtravolgente e insopportabile. Secondo García Oliver, il suo provvedimento costituisce unpasso avanti verso una Spagna proletaria vincente che estromette la Spagna borghese.

A fine gennaio 1937 viene approvata un’amnistia totale che apre ulteriormente le carceri giàabbandonate da molti detenuti liberati dalle azioni dirette del proletariato dopo il 19 luglio1936. Alcune prigioni sono subito demolite, come quella femminile di Barcellona, mentre ladocumentazione giudiziaria e carceraria è spesso data alle fiamme nelle piazze. Unamotivazione per l’amnistia è quella dell’equità territoriale, in quanto non in tutte le regionirepubblicane le porte delle prigioni erano state aperte dall’iniziativa popolare. Una secondamotivazione è quella di dare la possibilità ai detenuti di riscattarsi di fronte alla societàinserendosi nelle milizie e contribuendo alla difesa della rivoluzione che li aveva liberati. È ilcaso, molto noto, della Columna de Hierro.

Anche per molti altri militanti anarchici, quasi tutti dei ceti più poveri, la detenzione non eraun’esperienza eccezionale bensì normale e a suo modo formativa. Infatti l’alfabetizzazioneavveniva di frequente nelle celle dei detenuti più istruiti. Questo era stato il caso di Joan Peiróche, dopo aver scontato una condanna per motivi politici, da analfabeta diventa primacollaboratore e poi perfino direttore, negli anni Trenta, di vari fogli anarcosindacalisti.L’etichetta di «Università proletaria» per le carceri non era una definizione paradossale, bensìreale. Su questo terreno, i prigionieri politici solidarizzavano spesso con i condannati perdelitti cosiddetti comuni che consideravano «compañeros de infortunio»10. (È peraltrocurioso e indicativo che il primo Manifesto diffuso in Spagna nel 1869 dalla PrimaInternazionale fosse diretto proprio agli «Hermanos en el Infortunio»).

Un’altra iniziativa nella quale García Oliver si riconosce sempre è quella dei campi dilavoro per detenuti fascisti o sospetti tali. L’idea si accompagna a una politica di relativa

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umanizzazione della vita nei campi e prevede la possibilità di recuperare forme di libertàattraverso l’educazione. La «coercizione morale» è un’idea libertaria di centrale importanza ecostituisce un’alternativa umana alla pura repressione del «criminale». García Oliver difendequesti campi, dove si puntava alla «redenzione» del fascista detenuto, ricordando che in ognicaso egli aveva esplicitamente previsto l’abolizione di ogni forma di tortura.

La misura dei campi di lavoro si giustifica con una doppia finalità: utilizzare le energiefisiche dei condannati ostili al nuovo regime, nonché sottrarli alle esecuzioni di massa, lesacas, che hanno caratterizzato le prime settimane dopo la sconfitta del golpe.Particolarmente importante nel frenare e poi bloccare le esecuzioni di massa partite dallecarceri madrilene è la determinazione di un nuovo direttore del sistema penitenziario,l’anarchico sivigliano Melchor Rodríguez, nominato il 4 dicembre 1936. Egli ha giàsintetizzato il proprio pensiero nella frase: «Si può morire per l’Idea, mai uccidere». Inprecedenza, per evitare che molti detenuti fascisti, in buona parte militari di professione dibasso rango, potessero godere della eventuale caduta della capitale e unirsi alle filadell’esercito franchista, dalle galere di Madrid erano stati fatti uscire un paio di migliaia didetenuti con la motivazione ufficiale di un trasferimento in carceri più lontane dal fronte. Inrealtà militari e civili, che avrebbero potuto costituire la Quinta Colonna propagandata daigolpisti, erano stati fucilati nei pressi della città e seppelliti in fosse comuni11. Appenanominato, Melchor Rodríguez impedisce, armi alla mano, che si continui nella pratica dellesacas, al punto che i prigionieri antirepubblicani lo definiscono «El Ángel Rojo»12.

In occasione del primo anniversario della morte di Durruti, che cade il 20 novembre 1937,García Oliver, ex militante dei gruppi di azione e ora anche ex ministro, rivendica le proprieazioni armate dei primi anni Venti in un discorso dai toni perentori ed esaltati che tiene sullatomba barcellonese del compagno di lotta. All’epoca, secondo le sue parole infiammate,anarchici decisi a tutto avevano vinto nella lotta all’ultimo sangue contro i sicari delpadronato, i funzionari di polizia e gli esponenti più in vista del dominio reazionario. Qualchemese prima, a Valencia nel giugno 1937, lo stesso García Oliver ha pronunciato un discorsopieno di orgoglio per il proprio impegno quale ministro della Giustizia. Tra l’altro, la caricache ricopre in quel periodo riguarda direttamente la detenzione di un gruppo di anarchiciitaliani arrestati, nel febbraio 1937 nei pressi di Valencia, da una pattuglia agli ordini del PCE:sono accusati di essere agenti fascisti e detenuti in un carcere speciale dello stesso partito. Lanecessità di una soluzione istituzionale a una situazione così rischiosa è talmente evidente aidirigenti CNT-FAI di Valencia che convincono uno degli arrestati, l’anarchico triestinoUmberto Tommasini, a ritornare in carcere dopo essere riuscito a fuggire13.

Una scrittrice alla Sanità Meno ottimista nel valutare il proprio intervento a livello ministeriale è Federica Montseny,

la prima donna ministro in Spagna e tra le prime in Europa. In quanto figlia di due notimilitanti quali Federico Urales e Soledad Gustavo, giovane promessa della «Revista Blanca»e oratrice della FAI capace di infiammare gli ascoltatori, sente di doversi giustificare nel suopubblico rendiconto a Valencia. E ripete uno dei motivi consueti: impedire l’isolamento dellecollettività e delle milizie, al quale aggiunge che «bisognava evitare che gli altri, alle nostrespalle, scendessero a patti con Franco». La sua sostanziale autocritica si richiama allacoerenza teorica e al valore, spesso ricorrente, dell’onore: «Magari non fossimo intervenuti,ora non ci troveremmo storicamente e ideologicamente disonorati»14.

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Motivi di opportunità politica e diplomatica convincono invece i dirigenti della CNT-FAI asoprassedere sulla richiesta di denominare Consejo Nacional de Defensa il governo in cui siapprestano a entrare. Largo Caballero li persuade che seguendo quella strada formale – utilesolo a «scrupoli da monaca» – si sarebbe perso un punto chiave: essere il legittimo governospagnolo scaturito dalle libere elezioni del febbraio 1936. Per compensare l’imbarazzantecontraddizione ideologica di «anarchici governativi», il leader socialista promette di aiutarlinella difesa delle collettività e nella fornitura di armi alle milizie, impegnandosi anche aevitare che «i comunisti, che sono la vostra grande paura, comincino a monopolizzare tuttocon il ricatto delle armi sovietiche»15.

Per quanto riguarda la preparazione tecnica in campo sanitario, la Montseny non possiedeuna competenza specifica, ma sceglie come suoi collaboratori alcuni dei medici piùimpegnati da tempo nel promuovere le conoscenze sanitarie tra le classi popolari. Già neldecennio precedente, donne come Amparo Poch, riviste come «Estudios» o «Ética»,psichiatri sociali come Felix Martí Ibáñez avevano fondato e gestito centri di informazionescientifica divulgativa in molte città spagnole. Era questo un terreno di forte impegnolibertario proiettato verso la nascita di strutture sanitarie al servizio della popolazione, inparticolare di quella più povera e debole come l’infanzia e gli abitanti degli insalubri centriurbani e industriali. In Catalogna, ad esempio, la CNT-FAI aveva spinto la Generalitat aintervenire per bonificare le vallate dei fiumi dove si riscontrava un elevato inquinamentodovuto ai lavori minerari.

L’obiettivo generale della Montseny, come di molti altri militanti anarchici, è quello dicontribuire – prima al di fuori e ora dentro le istituzioni – alla modernizzazione della Spagna,superando le ingiustizie sociali e allo stesso tempo l’inefficienza dell’apparato statale. Così lanuova ministra investe nella preparazione di ricercatori e di studenti di medicina e promuoveviaggi e permanenze di medici repubblicani nei paesi più avanzati per apprendere le tecnichepiù moderne, ad esempio nella lotta alle epidemie. In questo ambito, malgrado gli inevitabilicondizionamenti bellici, si riescono a evitare recrudescenze di malattie collettive. Le strutturemediche si occupano, per la prima volta, di problemi legati alle cure mentali dellapopolazione e logicamente dei combattenti, per i quali vengono creati appositi centri di riposoe di riabilitazione psichica.

Altro tema delicato e cruciale è quello dell’aborto, un incubo soprattutto per le giovani dicondizione proletaria. Martí Ibáñez, medico appoggiato dal ministero, di cui è sottosegretario,riesce a ottenere dalla Generalitat, il 25 dicembre 1936, la delibera di una norma ad hocredatta in pratica da lui stesso. Sarebbe stata la donna a decidere, in base alla propria liberascelta, se continuare o interrompere la gravidanza nei primi tre mesi di embarazo.

La figura di Martí Ibáñez si rivela di centrale importanza in questo sforzo di metterel’apparato e le conoscenze mediche alla portata dei ceti subalterni. Da giovanissimo, nel1927, aveva fondato a Barcellona l’Asociación de Idealistas Prácticos, che era stata un puntodi incontro e di libero confronto fra diverse tendenze del pensiero progressista erivoluzionario. Dal gennaio 1936, e per un anno e mezzo, il suo lavoro culturale più rilevanteè tenere una rubrica regolare sulla rivista «Estudios» intitolata Consultorio Psíquico-Sexual.La rubrica, che consiste in una serie di risposte libertarie a problemi concreti legati allasessualità e ai sentimenti amorosi, è molto seguita dai lettori, libertari e non16. Frequenti sonoinoltre le conferenze che Martí Ibáñez tiene nella struttura culturale che apporta un contributooriginale al movimento: gli Ateneos Libertarios17.

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Un ex sindacalista all’Industria L’anarcosindacalista Joan Peiró è, insieme all’anarcosindacalista Juan López, uno dei

dirigenti della CNT più convinti della necessità e dell’utilità di partecipare al governo di LargoCaballero. Già nell’agosto 1936 mette in guardia contro l’infiltrazione nelle fila antifascistedi ladri e assassini che si presentano come veri rivoluzionari18. Allo stesso tempo fa propriafino in fondo la logica di privilegiare la guerra sulla rivoluzione, al punto che, lui sindacalistaradicale da una vita, si pronuncia contro la riduzione dell’orario di lavoro nelle fabbriche(circa quaranta ore al tempo) e l’aumento del salario. Vede inoltre lo sforzo bellico come ilterreno di verifica di chi vuole fare un passo avanti sulla lunga strada della rivoluzionesociale libertaria e chi intende, magari in modo incosciente, danneggiare questo faticosoprocesso di liberazione per ottenere vantaggi immediati.

L’unità antifascista è, per Peiró, un metodo indispensabile di lotta e di progresso, ma nonper questo risparmia dure critiche ai comunisti per la loro volontà di espandere il propriopotere a danno delle altre forze. Si pronuncia quindi per la militarizzazione delle milizie innome della inevitabile disciplina bellica. Il suo obiettivo a breve termine non è il comunismolibertario, ma una Repubblica Sociale Federale nella quale sia garantita la possibilità diautogestione alle varie regioni spagnole. Nel bilancio pubblico dell’estate 1937, esprimecomunque più rammarichi che soddisfazioni per le conquiste raggiunte.

Come titolare dell’Industria cerca di dare valore legale alle conquiste dei lavoratori dellaCNT, ma vi riesce solo in misura minima: non ha a disposizione i fondi necessari per daresbocchi concreti all’entusiasmo mostrato da operai e tecnici di molte industrie per rendere piùefficienti gli impianti, per innovare il funzionamento produttivo, per allargare lapartecipazione al lavoro delle donne. In particolare è il ministro delle Finanze, il socialistafilocomunista Juan Negrín, a porre ostacoli di natura finanziaria alle proposte di Peiró, diretteal miglioramento delle condizioni sanitarie sul posto di lavoro e, più in generale, alconsolidamento dei diritti degli operai. L’unico settore nel quale l’ex sovversivoanarcosindacalista riesce a operare è quello delle industrie di guerra, settore cruciale per ilgoverno che dunque non consente ai vari ministri di applicare freni e blocchi organizzativi.Però non riesce a fermare la fuga di capitali che gli antichi padroni e i dirigenti rimasti neiComités di fabbrica realizzano nella più assoluta impunità. Quando lascia il ministerodell’Industria, è ormai convinto che non si possa compiere alcun passo avanti effettivo perdimostrare le capacità produttive e organizzative della classe operaia, una finalità vanificatada molte forze di governo, dai repubblicani borghesi ai comunisti staliniani.

Al di là delle critiche che riceve per certe scelte moderate, Peiró resta nella tradizionedell’anarcosindacalismo una figura di grande rilievo e di assoluta coerenza. Arrestato inFrancia, dove è andato in esilio, nel 1941 viene consegnato alla polizia franchista, che losottopone a torture, ma anche a tentativi di corruzione: al nuovo e poco credibilesindacalismo falangista avrebbe fatto comodo avere una sua dichiarazione di consenso. Pocheparole gli avrebbero salvato la vita. Viene processato e fucilato nel 1942 proprio per essererimasto un rivoluzionario libertario e umanista, dimostrando di avere una personalità chepoteva essere sconfitta ed eliminata, ma non piegata o strumentalizzata.

Note al capitolo

1. P. Pagès, Cataluña en guerra…, cit., p. 209. Altre fonti stimano in circa 500 i morti del maggio 1937.

2. M. Amorós, La revolución traicionada. La verdadera historia de Balius y Los Amigos de Durruti, Virus, Barcelona,

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2003.

3. C. Semprun Maura, Libertad!, Elèuthera, Milano, 1996.

4. P. Pagès, Cataluña en guerra…, cit., pp. 211-213.5. Il tema scottante del maggio 1937 produce tuttora nuove opere. Recentissima è quella densa ed «equidistante» di F.

Gallego, Barcelona, mayo de 1937, Debate, Barcelona, 2007. Tra le «schierate» ricordiamo almeno l’antologia Barcelona,

mayo 1937. Testimonios desde las barricadas, Alikornio, Barcelona, 2006 e A. Guillamón, Barricadas en Barcelona,Spartaco Internacional, s.l., 2007. Intenti di riflessione ideologica sul maggio e sulla linea politica della sinistra

rivoluzionaria si trovano nel lavoro di G. Munis, Lezioni di una sconfitta, promessa di vittoria, Lotta Comunista, Milano,2007. Per difendersi dall’accusa di aver progettato e gestito il complesso piano del sequestro, dell’interrogatorio e dellasparizione di Nin, il comunista triestino Vittorio Vidali rinvia alla normalità delle eliminazioni staliniane: «Perché mai avreidovuto organizzare quella messa in scena? In quell’epoca se si doveva fucilare un anarchico o un poumista lo si faceva senza

tante storie. Figuriamoci poi se avevano bisogno di me». In G. Bocca, Palmiro Togliatti, Laterza, Roma-Bari, 1973, p. 301.

6. F. Godicheau, La guerre d’Espagne. République et révolution en Catalogne (1936-1939), Odile Jacob, Paris, 2004, pp.297-328.

7. D. Lajolo, Il «Voltagabbana». Una vita intensamente vissuta alla ricerca della libertà, Mondadori, Milano, 1976.

8. L’analisi più robusta è ancora quella di W. Bernecker, Colectividades y revolución social, Crítica, Barcelona, 1982. Per

una rassegna si veda C. Venza, Il sogno collettivista, «Spagna contemporanea», a. 1, n. 1, 1992.

9. D. Marín, Ministros anarquistas. La CNT en el Gobierno de la II República: 1936-1939, Random House-Mondadori,Barcelona, 2005, pp. 229-230.

10. Ivi, p. 215.

11. J. Casanova in S. Juliá (cur.), Víctimas de la guerra civil, Temas de hoy, Madrid, 1999.

12. È uscita da poco una biografia romanzata di A. Domingo, El ángel rojo, Almuzara, Córdoba, 2009.

13. C. Venza (cur.), Umberto Tommasini. L’anarchico triestino, Antistato, Milano, 1984, pp. 368-369.

14. D. Marín, Ministros…, cit., p. 173.

15. Ivi, p. 215. La biografia più analitica è di S. Tavera, Federica Montseny. La indomable (1905-1994), Temas de hoy,

Madrid, 2005. Una selezione di opere in P. Gabriel, Escrits polítics…, cit.

16. Un volume introduttivo è J.V. Martí, A. Rey (cur.), Antología de textos de Felix Martí Ibáñez, Generalitat Valenciana,Valencia, 2004.

17. Il lavoro più approfondito è quello di J. Navarro, Ateneos…, cit.18. La componente individualista è stata finora poco considerata negli studi sull’anarchismo spagnolo. Di recente è uscito un

sostanzioso volume di X. Diez, El anarquismo individualista en España (1923-1938), Virus, Barcelona, 2007.

19. J. Peiró, Perill a la reraguarda, Alta Fulla, Patronat Municipal de Cultura de Mataró, Barcelona, 1987. Un’antologia di

Peiró in P. Gabriel, Escrits de Joan Peiró, 1917-1939, Ediciones 62, Barcelona, 1975.

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capitolo sesto

Dal declino politico alla rivolta finale

Risalire la china filogovernativa La CNT cerca a questo punto di recuperare il terreno perduto nel Mayo sangriento diBarcellona, rafforzando l’accordo con la UGT in vista di un governo «operaio erivoluzionario». Il 15 maggio 1937, a dieci giorni dalla fine degli scontri, i due sindacatifirmano una dichiarazione comune nella quale fissano due punti irrinunciabili: ilriconoscimento della loro estraneità agli scontri e il rifiuto di ogni governo non diretto daLargo Caballero. La crisi politica provocata dalle dimissioni dal governo dei ministri del PCE,con tutte le conseguenze in fatto di armi e munizioni, permette a Manuel Azaña di disfarsidello scomodo e perdente Largo Caballero per affidarsi a Negrín, socialista gradito al PCE.Questi fissa le condizioni dell’accordo politico: esclusione della CNT, soppressione del POUM,irrigidimento dell’apparato repressivo repubblicano. La CNT protesta vivamente control’emarginazione e minaccia di «sabotare il governo della controrivoluzione», ma un mesedopo intavola le trattative per rientrare a farne parte.

La presa di posizione nuovamente collaborazionista suscita notevoli critiche sul pianointernazionale, cioè della AIT, l’associazione che raggruppa i sindacati libertari di una ventinadi paesi. Il Plenum della AIT, che si tiene a Parigi l’11 giugno 1937, attacca la delegazionedella CNT per il riproporsi della linea filogovernativa. In alternativa, l’organizzazioneinternazionale, che conta però adesioni limitate, promette che, se la CNT opterà per una sceltaantigovernativa, essa proclamerà uno sciopero mondiale di solidarietà rivoluzionaria. Ilsegretario spagnolo, Mariano R. Vázquez, considera questa prospettiva con marcatosarcasmo: sarebbe una «tonteria che si può forse raccontare agli abitanti di Marte, ma che ètroppo poco seria per essere pronunciata in un Plenum»1. D’altronde, la realtàanarcosindacalista internazionale non offre molte speranze per un’effettiva mobilitazione suscala europea date le ridotte forze operaie che, escludendo la Spagna, si riconoscono nellaAIT.

Helmut Rüdiger, che come delegato della stessa associazione in Spagna conosce lasituazione reale e valuta positivamente la linea della collaborazione governativa, fa invecerilevare come sia assurdo, da parte dell’AIT, denigrare l’unico movimento di massa di cuidispone. Inoltre è convinto che, su un piano più generale, la rivoluzione non sia «una

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coraggiosa azione di qualche migliaio di uomini», bensì un movimento di dimensioni estese eradicate tanto da vincere su potenti oppositori. Dal suo punto di vista, se la CNT avesse portatoa fondo la lotta armata a Barcellona nel famoso Maggio, si sarebbe trovata nella stessasituazione dell’8 dicembre 1933, quando aveva tentato un’insurrezione che ben presto si eradissolta perché isolata e destinata alla sconfitta.

La progressiva decadenza dell’anarcosindacalismo è confermata dalla facile espulsionedella CNT dalla Generalitat: è finito il clima magico del 20 luglio 1936 con le dichiarazioniesaltanti e suadenti di Companys, il capo dell’Esquerra, più o meno sincero e leale. A ognimodo, sarà lo stesso Companys a perdere l’autonomia dal governo centrale, a fine ottobre1937, quando quest’ultimo, sempre guidato da Negrín, deciderà di stabilirsi a Barcellona eassorbirà varie funzioni della Generalitat. L’intero governo catalano, dopo aver collaboratocon i comunisti per ridimensionare l’influenza della CNT-FAI, si trova di fatto emarginato in unruolo più formale che reale. Lo stesso è successo a Indalecio Prieto, socialista incaricato digestire il cruciale ministero della Guerra, che si è schierato con Negrín e il PCE nellaformazione di un governo senza CNT-FAI. A lui è attribuita, soprattutto dai comunisti, laresponsabilità delle gravi sconfitte militari e viene quindi estromesso dalla sua caricaministeriale nella primavera del 1938. Il capo del governo, ovvero Negrín, assume su di séanche il ministero della Guerra.

Le tappe del declino si possono analizzare attraverso i numerosi Plenum della CNT, della FAI

e poi del Movimiento Libertario che comprende anche l’organizzazione giovanile, la FIJL. Ameno di un mese dalle tragiche giornate di Barcellona, si svolge a Valencia un PlenumNacional della CNT che manifesta una tendenza sempre più orientata verso il centralismoorganizzativo e sempre più militarizzata. Ormai il comando «unico e implacabile», nonché«sottoposto a una stretta gerarchia»2, è considerato positivo e auspicabile. Si profila inoltre ilrecupero dell’alleanza CNT-UGT, anche se con posti istituzionali di secondaria importanza,quale correttivo di un governo dove aumenta a vista d’occhio il potere del PCE. Tra ledecisioni di questo Plenum, una novità consiste nella richiesta alle istituzioni statali diriconoscere l’esistenza di tre settori ideologici – marxista, repubblicano, libertario –nell’alleanza antifascista. A tutti e tre, sostiene il vertice della CNT, si dovrebbe dare lo stessospazio, quanto meno nella nomina di funzionari statali addetti all’ordine pubblico eall’attività diplomatica.

Tali orientamenti sono confermati dal Plenum della FAI dei primi di luglio del 1937, nelcorso del quale si ristruttura anche l’organizzazione interna abolendo i piccoli gruppi diaffinità fondati su un’intesa politica e personale degli aderenti e su una considerevoleautonomia di azione. Al loro posto subentrano le agrupaciónes, cioè sezioni territoriali piùampie, con centinaia di militanti, sottoposte agli organi di controllo e a una direzione centraleche può imporsi sui gruppi in nome della disciplina. In un certo senso la FAI liquida il faísmo,quel metodo di lotta antistatale e di organizzazione federativa che seguiva fin dalla suanascita nel 1927. Il faísmo si basava infatti sul riconoscimento di un notevole livello diindipendenza personale e di gruppo, moderato solo dal senso di solidarietà militante. Anchequest’ultima era fondata sulla coscienza individuale, al di fuori di ogni forma di gerarchiaorganizzativa. Il nuovo funzionamento da partito non costituirebbe, stando ai deliberati delPlenum, una rinuncia ai valori dell’anarchismo, bensì esattamente il contrario, in quantorafforzerebbe la difesa e l’incisività dell’Organizzazione. Si precisa inoltre che un affiliatoalla FAI deve essere pronto a occupare qualsiasi carica pubblica e a rispondere del suocomportamento più o meno soddisfacente di fronte agli «órganos adecuados de la

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Organización»3.Nel giro di un anno e mezzo gli appartenenti alla FAI aumentano in modo molto consistente

a causa della sempre più assillante emergenza bellica e della mobilitazione permanente inogni settore sociale. Da circa 30.000 dei primi di luglio del 1936 si passa a più di 150.000 allafine del 1937. Non si riesce però a definire se e quanto questa massiccia affiliazione siadovuta a una effettiva scelta di idealità e di militanza, oppure derivi dalla crescente necessitàdi sopravvivenza e di protezione in un contesto eccezionalmente pericoloso.

Revisione dei principi

Nel Plenum Nacional della CNT di metà settembre 1937 si procede alla ridefinizione deiprincipi stabiliti nel quarto congresso di Saragozza del maggio 1936. Da allora sonointervenuti molti e profondi cambiamenti, soprattutto a causa della guerra, e secondo alcuniesponenti, tra i quali Horacio Prieto, ex segretario nazionale e leader della sezione catalana,tutto o quasi andrebbe rivisto e revisionato. La delibera finale, che non viene resa pubblicaimmediatamente per evitare contraccolpi interni, contiene in effetti principi e scelte cherafforzano la svolta in atto. Si prevedono diverse innovazioni, fra cui la fusione tra la CNT e laUGT e l’istituzione di una Repubblica socialista e democratica su base federale dopo elezionigenerali alle quali partecipi pure l’organizzazione libertaria. Inoltre si prospetta la formazionedi un governo nel quale siano rappresentate tutte le tendenze antifasciste in proporzione allaloro forza reale. Manca davvero poco per la costituzione di un vero e proprio partito politicoemanazione del Movimiento Libertario4.

Horacio Prieto comincia a far circolare definizioni perentorie: il comunismo libertariosarebbe solo un’utopia, la CNT dovrebbe possedere una struttura simile a quella dello Stato,servirebbe una stretta unità fra azione politica istituzionale e azione economica e socialeattraverso la conquista di almeno una parte del potere legislativo ed economico. La sfida trale nuove posizioni integrate nel potere statale e quelle classiche di rifiuto della collaborazionecon lo Stato si ripresenta, a metà gennaio 1938, in un Plenum economico ampio, aperto cioè amolti delegati delle federazioni locali o di una comarca (una quasi provincia che raccoglie inmedia una ventina di comuni), accanto a quelli consueti delle federazioni regionali. Oltre airinnovati accordi sulla partecipazione al governo, si decide di ristabilire, nei posti di lavoro,una tangibile gerarchia di compensi salariali tra il personale tecnico specializzato e quelloesecutivo. Particolarmente significativa è la svolta centralista della CNT, che prevede tral’altro la «riduzione del numero di periodici e riviste libertarie», un vero e proprio attacco altradizionale pluralismo e decentramento del movimento e dei suoi strumenti di propaganda.

Una quasi unità sindacale Il 18 marzo 1938 si concretizza un importante Pacto de acción tra CNT e UGT. Già in

precedenza vi erano state lunghe ed estenuanti trattative in quanto la UGT era diretta daelementi filocomunisti che temevano ogni accordo con gli anarchici della CNT. La spintadecisiva, anzi obbligata, ad accelerare la quasi unificazione viene dalla grave situazionemilitare. Nell’estate del 1937 infatti la Repubblica perde lo strategico fronte nord con laconquista franchista dei Paesi Baschi, di Santander e delle Asturie. Anche le offensive

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repubblicane di Belchite e Brunete falliscono dopo qualche iniziale avanzata. Nel mese diagosto l’iniziativa delle formazioni comuniste in Aragona, che vogliono mostrare aglianarchici come si conduce una guerra, viene bloccata e battuta dall’esercito golpista. Enpassant, le truppe di Lister e di Vidali, come già ricordato, distruggono le collettivitàlibertarie e il Consejo de Aragón. Verso la fine del 1937 i repubblicani scatenano un attaccosu Teruel, nell’Aragona meridionale, conquistando la città, per poi perderla nel febbraio 1938con decine di migliaia di combattenti morti. Allo scadere del 1937 l’esercito franchista staormai invadendo l’Aragona e la provincia catalana più vicina, quella di Lleida. Nellaprimavera del 1938, con l’arrivo dei franchisti sulla costa mediterranea e la conseguenteseparazione tra la Catalogna e il resto della Spagna repubblicana, la supremazia in armi euomini dei golpisti appare ormai netta. I dirigenti politici e sindacali repubblicani cercano dicorrere ai ripari anche con il superamento, sia pure tardivo e parziale, delle laceranti divisioniesplose nel maggio 1937.

Nelle trattative che seguono la CNT ottiene sulla carta la legalizzazione delle collettività,mentre cede sulla richiesta di una significativa partecipazione sindacale nei ministeri. Ilgoverno demanda la decisione sull’ingresso sindacale ai vertici politici ai partiti del FrentePopular. In effetti sembra che la mossa unitaria faciliti il rientro al governo di un esponentedella CNT, scelto da Negrín in una terna proposta dal sindacato libertario. Segundo Blancoriceve così in gestione un ministero in quel contesto abbastanza secondario come Istruzione eSanità.

È rivelatrice la valutazione apertamente ottimista del sostenitore principale di tale patto,Horacio Prieto, che lo considera un «trionfo senza precedenti dell’anarchismo spagnolo» e«la sua sconfitta definitiva come ideologia economicista e apolitica». E aggiunge:

Si è riconosciuto ufficialmente lo Stato nazionale; la dottrina è stata sacrificata alle circostanze, a una realtà popolare che

non distingue le sottigliezze teoriche, che è praticista e piccolo borghese nelle sue aspirazioni economiche. […]L’inefficienza economica delle collettività era notoria […] però erano tra le poche cose che funzionavano in Spagna. E i loronemici ufficiali non hanno avuto altra soluzione che cercare di canalizzare il movimento collettivista: da qui è nato il pattoCNT-UGT5.

Altri passi verso il centralismo Un ulteriore mutamento dell’anarchismo, ormai irretito dalla logica istituzionale e bellica, si

compie ai primi di aprile del 1938 in occasione di un’assemblea regionale di delegati dellaCNT, della FAI e della FIJL. Il discorso iniziale di García Oliver delinea un quadro a foschetinte: ogni Comité libertario si comporta a modo proprio, la UGT aumenta gli iscritti, ilgoverno e i partiti agiscono per eliminare progressivamente la forza tuttavia consistente dellaCNT. Per far fronte a questa situazione di pericolo sarebbe necessario porre fineall’indisciplina che sopravvive malgrado la militarizzazione. La soluzione è indicata nellacreazione di un Comité Ejecutivo delle tre organizzazioni fuse in un più ampio e coerenteMovimiento Libertario, per il momento attivo solo in Catalogna. La funzione di tale Comité èquella di esercitare un’effettiva autorità sulla molteplicità di gruppi e strutture quasiindipendenti. In special modo si decide di affidargli il controllo della stampa, delle truppeconfederali e dell’economia, oltre al potere di espellere individui ed entità collettive che noneseguano le sue direttive. Per C.M. Lorenzo, questo nuovo passo verso l’autoritarismoorganizzativo sarebbe stato approvato anche dalla «vestale dell’anarchismo» FedericaMontseny e da altri «anarchici puritani» quali Germinal Esgleas e José Xena6.

Questa trasformazione in atto in Catalogna viene però bloccata dal Comité Nacional della

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CNT in un evidente braccio di ferro tra gruppi di pressione e orientamenti diversi all’internodella stessa organizzazione. Alla fine il delegato del Comité Ejecutivo catalano non vienericonosciuto e gli organi centrali della CNT decidono di accettare quale unico rappresentantedell’organizzazione il Comité Regional nominato dai congressi e non da riunioni di solidelegati. Secondo Lorenzo, che non ha un’opinione positiva di leader come la Montseny oEsgleas, «i puritani catalani erano saltati da un estremo all’altro, dall’anarchia alla dittatura»7.

Prosegue intanto il rafforzamento del legame CNT-UGT. Il 18 aprile 1938 viene sottoscritto unnuovo Pacto de unidad de acción a conferma della stretta collaborazione tra i due sindacati,che insieme «perseguiranno e denunceranno gli imboscati, i disertori e i loro complici» eaiuteranno «l’epurazione delle retrovie, denunciando gli elementi della Quinta Colonna, idisfattisti, gli accaparratori e gli speculatori»8. Poche settimane dopo il Comité de EnlaceCNT-FAI, su suggerimento di una Comisión de Asesoría Política formata da Montseny, GarcíaOliver e Vázquez, prende posizione sui «13 punti» di Negrín, cioè sul nuovo programma digoverno, reso noto il 1° maggio 1938, che prevede un accordo con i generali golpisti, quindicon Franco, in nome dei superiori interessi nazionali. I temi centrali sono quellidell’indipendenza spagnola e del rafforzamento dello Stato repubblicano, che sarebbeinvestito della necessaria autorità da un previsto voto popolare a suffragio universale. Sidelinea poi la piena affermazione dei diritti civili e sociali, tra cui quello di proprietà, eun’autonomia regionale moderata. Il Comité Peninsular della FAI esprime delle riserve sulsenso del programma di Negrín, visto come un’accelerazione del processo di restaurazionedel regime precedente al 19 luglio 1936. Nondimeno accetta la «scelta forzosa, la necessitàimposta da superiori esigenze»9, anche se si rammarica della presa di posizione della CNT

giudicata troppo remissiva.In questi stessi mesi, al di là dell’intesa ufficiale fra la CNT anarchica e la UGT socialista, ma

ormai con elevata influenza stalinista, i conflitti fra le truppe confederali e quelle comunistesi aggravano sul fronte di Lleida e poi dell’Ebro. Si fa sentire ancora l’onda lunga dellaperdita di Malaga del febbraio 1937, in seguito alla quale un tribunale dell’Ejército deAndalucia, controllato dai comunisti, aveva condannato a morte il militante della CNT

Francisco Maroto. La sentenza poi non era stata eseguita per l’opposizione minacciosa delletruppe confederali.

Per resistere all’avanzata dell’esercito franchista, lenta ma inesorabile, il Comité Peninsulardella FAI propone, nel maggio 1938, di ricorrere alle azioni di piccoli gruppi di guerriglia cheagirebbero dietro le linee nemiche per fomentare disordini nella retroguardia. Non si tratta disostituire l’Ejército Popular, ormai un dato accettato e indiscusso, ma di affiancarlo conqueste piccole formazioni di guerriglieri. Nell’occasione si recuperano dal passato spagnoloesempi concreti da attualizzare: «Imitiamo i nostri leggendari eroi della guerra diIndipendenza»10. In realtà si valorizza così un episodio classico della storia nazionale, laguerriglia del 1808-1814 contro le truppe napoleoniche, che la retorica statale avevaripetutamente celebrato come un movimento popolare patriottico. Lo Stato spagnolo ne avevainfatti esaltato i contenuti antirivoluzionari in quanto antifrancese, plaudendo al ruolo di attiviagitatori svolto da diversi frati e religiosi che avevano combattuto in prima persona control’ateismo francese. La proposta della guerriglia, che forse avrebbe avuto qualche possibilitàconcreta nell’estate del 1936, è rifiutata di fatto dagli alti comandi militari, orientati a evitareazioni armate troppo autonome, e infine abbandonata dallo stesso anarchismo spagnolo.

Nel corso del maggio 1938, mentre diventa palese il prossimo esito negativo della guerra,traspare un evidente dissenso tra le posizioni nettamente collaborazioniste della CNT e quellepiù defilate della FAI. In pratica molti militanti specifici, cioè faístas, iniziano a chiedersi se

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abbia ancora senso seguire una linea che «all’obiettivo finale della vittoria ha sacrificato tuttoil possibile (le vite dei militanti e i principi più sacri) fino a subire le più indicibiliumiliazioni»11.

Il patto CNT-UGT cerca di condizionare le scelte governative, ma vi riesce solo parzialmente etemporaneamente. Ad esempio, nell’agosto 1938 Negrín dà vita a un Consejo del Trabajo ilcui compito è normalizzare la situazione del lavoro in tutti gli aspetti e in tutti i campi. Ciòsignifica che il governo Negrín invade il tipico terreno sindacale e lo fa in modo esplicito edirigista. Tra i trentuno membri di tale Consejo vi sono infatti sette rappresentanti dello Stato,dodici della Patronal e dodici dei due sindacati: nemmeno nei Comités Paritarios delladittatura di Primo de Rivera o nei Comités Mixtos della Repubblica, contro i quali la CNT

aveva condotto una battaglia frontale, vi era questa sproporzione di forze a favore dello Statoe del padronato.

Un altro punto di attrito fra governo e sindacati si ritrova nella nazionalizzazione delleindustrie di guerra. Negrín fa approvare nell’agosto 1938 tre decreti che stabiliscono laconfisca delle fabbriche belliche, la riforma del commissariato incaricato di sorvegliarle e lamilitarizzazione dei porti. In parte i provvedimenti ricalcano quanto stabilito dal patto CNT-UGT qualche mese prima, ma escludono gli esponenti sindacali dai corrispondenti organidirettivi. Se la UGT approva tali decreti, la CNT si limita ad astenersi da ogni critica. Chiinvece si ribella a tale ulteriore centralizzazione, denunciando l’erosione delle conquisteautonomiste, è il rappresentante basco insieme a quello catalano: entrambi si dimettono dalgoverno in segno di protesta. In questo caso gli autonomisti democratici, più o menoborghesi, adottano un comportamento più radicale dei sindacati dei lavoratori.

I cruciali commissari politici Il governo Negrín ha in serbo un’altra importante novità e la vara nell’ottobre 1938: la

riforma del ruolo di commissario politico nelle formazioni combattenti. Nelle miliziedell’estate 1936 esiste già un incaricato preposto a sorvegliare l’affidabilità dei tecnicimilitari, non certo quella dei combattenti volontari e motivati. Con il passar del tempo, lastabilizzazione delle istituzioni e la nascita dell’Ejército Popular, con leve obbligatorie dimassa, il loro compito si trasforma: diventano di fatto un organo di propaganda (spessofilocomunista) e di controllo delle idee politiche e delle manifestazioni di insofferenza edissenso dei soldati. Il modello, anche in questo aspetto, è la figura del commissario politicopropria dell’esercito sovietico. Tuttavia in Spagna (e la cosa succede per numerosedisposizioni governative), la definizione esatta delle sue funzioni non è mai raggiunta. Ildecreto dichiara che lo scopo è quello di «rafforzare e incrementare la capacità di lotta deicombattenti, instillare nei soldati e nei comandanti lo spirito di un’elevata disciplina militaree dar vita a un clima di abnegazione, sacrificio e amore per la lotta»12. In pratica un ruolo disupervisione sul funzionamento della gerarchia e di collaborazione con il comando militare.Infatti il commissario politico, in quanto «rappresentante del governo», è addetto allapropaganda e a tener alta la volontà di combattere. Inoltre si istituisce, a livello ministeriale,un organo di direzione gerarchica, un commissariato politico direttamente nominato dalministro della Guerra. Poiché il potere del PCE in queste strutture va ampliandosi di continuo,non è errato considerare i commissari come degli agenti più del PCE che dello stesso governo.

Nell’estate del 1938 inizia l’ultima grande offensiva repubblicana, quella sul fiume Ebro,con l’obiettivo di conquistare un corridoio di collegamento con la Catalogna. I repubblicani

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mobilitano centinaia di migliaia di soldati e riescono, ma solo per qualche tempo, a occupareterritori oltre il fiume. Lo sforzo eccezionale del fronte termina, verso la fine del 1938, conl’accettazione della sconfitta, cioè con il ritiro a sud del fiume e le conseguenti grosse perditein uomini e materiali. Infine, il cedimento democratico a Hitler, siglato a Monaco nelsettembre 1938, mostra che né Francia né Gran Bretagna intendono opporsi con la forzaall’espansione del nazifascismo. Le residue speranze di aiuti da parte delle democrazieeuropee svaniscono del tutto.

Il partito «necessario» Nel frattempo, dentro l’anarcosindacalismo si sviluppa un dibattito sulle prospettive

politiche e organizzative che rimanda a questioni teoriche di non poco conto. In molti articoli,ospitati dalla rivista «Timón» diretta da Diego Abad de Santillán, Horacio Prieto, dirigentedella CNT del nord trasferita in Catalogna dopo la caduta delle Asturie, presenta una serie diconsiderazioni critiche verso la CNT e la FAI. Il «comunismo libertario» previsto dal congressodi Saragozza andrebbe valutato come un’aspirazione lontana e in sostanza l’anarchismocostituirebbe solo «una morale e una filosofia». Sarebbe perciò necessario pensare a unalunga «fase di transizione» durante la quale attrezzarsi, con il metodo «dell’opportunismo edella flessibilità», per gestire senza titubanze fette di potere statale legislativo. In più, sarebbeconveniente presentarsi alle elezioni sotto le vesti di un Partito socialista libertario.«L’apoliticismo libertario è morto» sentenzia Prieto, che si definisce totalmente«possibilista» e giunge ad accusare la FAI di «gesuitismo»13.

Trasformarsi in partito, secondo Prieto, sarebbe la naturale evoluzione della FAI, anzi, se nonlo facesse, il movimento specifico non avrebbe ragione di esistere, sarebbe «un fantasma, ungrido di guerra, un distintivo dell’infantilismo rivoluzionario»14. Un Plenum delle federazioniregionali del Movimiento Libertario, che si svolge nell’ottobre 1938 a Barcellona, discutequesta proposta ma si ferma sulla strada della metamorfosi completa. Si accetta fino in fondol’inevitabile impegno politico derivante dalla situazione eccezionale, dovuta a una crisibellica sempre più irrisolvibile, ma alla fine si respinge la prospettiva di una futuracollaborazione stabile con i partiti e lo Stato. Dopo un paio di mesi la tendenza di Prieto sidiffonde nelle fila confederali tramite apposite pubblicazioni, ma il 26 gennaio 1939 ifranchisti giungono a Barcellona e nella lunga colonna di quasi 500.000 persone che si dirigedalla metropoli catalana al confine francese non vi è un clima adatto per le dispute teoriche.

Resistere senza speranza Ai primi di febbraio del 1939 la Spagna lealista controlla ancora circa il 30% del territorio

conteso e, sulla carta, dispone di un esercito di 3-400.000 soldati. Naturalmente la cadutadella Catalogna provoca un terremoto politico e sociale nei vertici istituzionali. Da un latoNegrín e il PCE dichiarano, con grande enfasi propagandistica, di voler resistere finoall’ultimo uomo in quanto considerano prossimo un conflitto mondiale in cui la Spagnalegittima, cioè repubblicana, potrebbe partecipare a fianco degli Alleati. Con questo intento, ilgoverno effettua il richiamo di molti giovani e giovanissimi, fino ai 17 anni, che sonopopolarmente chiamati «la quinta del biberón». La mobilitazione massiccia dei soldati rendeancora più drammatica la scarsità di armi e munizioni. Sull’altro versante si forma un fronte,

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non ben definito, di chi non ritiene logico, né possibile, sostenere ulteriormente i sacrificibellici e pensa sia il caso di cercare una via d’uscita, patteggiando con Franco una soluzioneonorevole e ottenendo condizioni umanitarie per le truppe repubblicane sconfitte.

La FAI matura una posizione di duro attacco al governo Negrín, considerato responsabile delfallimento complessivo e dell’inganno perpetrato ai danni dell’opinione pubblica: i contatticon l’estero, lungi dall’essere promettenti come dichiarato nel giugno 1937, non offrono laminima speranza, gli approvvigionamenti sono scarsi e incerti e il fronte arretrapericolosamente. In più, Negrín decide di dichiarare lo «stato di guerra», cioè di affidare tuttoil potere ai militari, un provvedimento che era sempre stato rinviato in quanto le forzesindacali e politiche non volevano, sin dal luglio 1936, sottostare ai comandi militari di cui sifidavano poco.

Nei primi mesi del 1939 la FAI sembra distinguersi dalla linea filogovernativa della CNT,legata sempre di più alla UGT. L’organizzazione anarchica specifica intanto ha aumentato lapresenza di propri esponenti ai vertici militari delle divisioni superstiti e ne ha incrementato icollegamenti. Si è inoltre impegnata nella difesa dei propri militanti dallo stillicidio diaggressioni ed eliminazioni condotte da elementi del PCE attraverso le Checas, tanto che sivaluta la possibilità di dotarsi di Controchecas che agiscano sullo stesso piano, e pare che ilprogetto si sia concretizzato15.

A metà febbraio 1939, il responsabile della Difesa della FAI invia un messaggio interno nelquale ribadisce la «ferma intenzione di vincere o morire» espressa dai comandanti militarivicini o interni alla federazione. Tuttavia, nelle stesse giornate viene spedito a SegundoBlanco, l’unico ministro della CNT in carica nell’ultimo governo Negrín, un messaggioriservato, firmato sia dalla FAI che dalla CNT, nel quale si afferma a chiare lettere l’urgenza di«salvare la nostra militanza» prevedendo l’arrivo di «navi straniere per imbarcare i militantiantifascisti»16. La Montseny, García Oliver e Vázquez, vale a dire i principali dirigenti dellaFAI e della CNT, nonché membri del Comité Ejecutivo e della Comisión de Asesoría Política,hanno dei contatti con Azaña per esplorare la possibilità di trattare con Franco, che ormai puòcontare, di lì a poco, sul riconoscimento diplomatico di Francia e Gran Bretagna.

Una tardiva alleanza anticomunista In questo contesto esplode un violento conflitto tra Negrín, sostenuto dai comunisti, e un

insieme di forze che si riconoscono nel colonnello Sigismundo Casado, leader apartitico maanticomunista. Il governo Negrín sta procedendo alla nomina, quali comandanti militari di ciòche resta dell’esercito, di personaggi notoriamente comunisti come il neogenerale JuanModesto. Con la motivazione di cercare un’auspicata intesa, il governo invita Casado arecarsi a Yuste, in una fortezza difesa da formazioni comuniste di provata fede. Casadoritiene, non a torto, di trovarsi di fronte a una trappola e, dopo essersi assicurato l’appoggiodelle efficienti forze armate confederali agli ordini di Cipriano Mera, convoca il 3 marzo aMadrid vari esponenti militari e politici. In quella riunione si vara un nuovo governo,denominato Consejo Nacional de Defensa, e si dichiara decaduto Negrín. Un proclamaemesso attraverso Radio España informa che il potere risiede ora nel Consejo al cui vertice sitrova il generale José Miaja, già responsabile militare della difesa della capitale, con Casadoalla Difesa e Julián Besteiro agli Affari Esteri. Quest’ultimo è un docente universitario,esponente dell’ala del PSOE più diffidente verso il PCE, poco avvezzo alle manovre politiche,ma anche lui ritiene che sia venuto il momento di cercare una soluzione che comporti il

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minimo sacrificio possibile per giungere a una pace con Franco. Da parte sua Negrín mobilitaimmediatamente le truppe ancora fedeli per respingere il «golpe Casado».

Nelle strade di Madrid avvengono, per poco più di una settimana, accesi scontri armati tradivisioni filocomuniste, che hanno abbandonato la linea del fronte, e altre di variacomposizione, tra le quali si distinguono quelle confederali di Cipriano Mera. Le forze ribellial Consejo cedono dopo qualche giorno e circa 30.000 loro appartenenti vengono fattiprigionieri, ma in base agli accordi con i vincitori sono subito rimandati al fronte. Vengonocondannati a morte e uccisi solo alcuni ufficiali filocomunisti, come Luis Barceló, cheavevano fucilato militari schierati a favore di Casado. Nella lotta tra antifascisti, una sorta diriproposizione del maggio barcellonese ma di segno e risultato opposto, si contano circa2.000 morti, e gli eventi di questi giorni segnano la crisi dell’egemonia comunista emoscovita sulla Repubblica. Tuttavia, il fronte interno anticomunista è in definitiva moltocomposito e l’elemento comune più rilevante è il tentativo di mitigare le conseguenze dellaimminente disfatta.

L’inevitabile tragedia Le ripetute proposte di pace a Franco, che Casado si illude di convincere presentandosi

come un anticomunista e un militare di professione, si basano su una sorta di riedizionedell’«Abrazo de Vergara», dal nome del villaggio basco dove nel 1839 si firmò l’accordo traun generale liberale e uno carlista che poneva fine alla guerra civile che durava da sette anni.Ma l’intesa tra comandanti militari, in un certo senso corporativa e antipolitica, questa voltanon può essere raggiunta per evidenti ragioni di disparità di forze in campo e non solo.

Alla fine di marzo, il Consejo Nacional de Defensa decide di mettere in atto l’evacuazionedella capitale. L’obiettivo è di concentrare soldati e civili nei porti mediterranei in attesadell’arrivo delle navi inglesi e francesi per l’espatrio di migliaia di repubblicani. Per varimotivi, tra cui la presenza minacciosa della flotta franchista, le compagnie di navigazione cheavevano fin lì garantito l’imbarco ad Alicante, ultimo porto rimasto sotto il controllorepubblicano, non fanno arrivare le imbarcazioni promesse. La massa di repubblicani,valutata attorno alle 15.000 unità17, che affolla le banchine del porto da una settimananell’attesa di una soluzione più volte riconfermata, vede infine avvicinarsi due navi, ma restaesterrefatta: sono due navi militari franchiste.

Tra i futuri prigionieri dei fascisti e dei franchisti vi sono coloro i quali non voglionoaccettare le sicure umiliazioni e le torture psicologiche e fisiche che, ne sono sicuri, liaspettano per molti anni. Non si sa esattamente quanti siano stati i suicidi tra le banchine, madi sicuro alcuni militanti preferiscono questa estrema forma di protesta a un futuro di galera oal probabile plotone di esecuzione. Máximo Franco, comandante di Divisione, EvaristoViñuales, già membro del Consejo de Aragón, sono tra quelli che si suicidano subito. Unmilitante di vecchia data come Mauro Bajatierra, invece, pochi giorni prima si è rifiutato diabbandonare Madrid e ha deciso di morire combattendo: spara dalla propria casa contro letruppe franchiste che invadono la capitale.

Buona parte dei militanti catalani sono già in esilio in Francia da fine gennaio, sistemati incampi di concentramento improvvisati e umilianti. Altri sono riusciti a fuggire con mezzi difortuna in Algeria o restano nascosti per anni in rifugi più o meno sicuri. È evidente che ilmovimento anarchico spagnolo, e di conseguenza quello mondiale, non sarà più lo stessodopo questo drammatico triennio di storia sconvolgente.

Il generale Franco dichiara terminata la guerra il 1° aprile 1939. Subito dopo il papa Pio XII

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spedisce al Caudillo un telegramma di felicitazioni per la «vittoria della Spagna cattolica»18.

Note al capitolo

1. J. Casanova, De la calle…, cit., p. 228.

2. C.M. Lorenzo, Los anarquistas españoles…, cit., p. 227.

3. Ivi, p. 229.

4. Ivi, pp. 230-231.

5. Ivi, p. 237, n. 13.

6. Ivi, p. 237, n. 14.

7. Ivi, p. 238.

8. J. Peirats, La CNT…, cit., vol. 3, pp. 295-296.

9. Ivi, p. 323.

10. Ivi, p. 317.

11. Ivi, p. 338.

12. J. Peirats, La CNT…, cit., vol. 4, p. 353.

13. C.M. Lorenzo, Los anarquistas españoles…, cit., p. 238 e seguenti.

14. Ivi, p. 239, nota.

15. J. Peirats, La CNT…, cit., vol. 4, p. 263.

16. Ivi, p. 278.

17. Resta valido il classico L. Romero, El final de la guerra, Ariel, Barcelona, 1976. Tra i lavori sintetici, utili perun’introduzione al labirinto della guerra civile, vi è il libro, più volte rieditato, di P. Preston, La guerra civile spagnola,Mondadori, Milano, 2006.

18. Dal quotidiano «ABC», 2 aprile 1939, riportato dal testo divulgativo di A. Beevor, La guerra civile spagnola, Rizzoli,Milano, 2006, p. 452.

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ConclusioneUn «anarchismo di guerra»?

Il volume che avete sotto gli occhi ha cercato, prima di tutto, di ricostruire l’evoluzionedell’anarchismo spagnolo dalla sua nascita nella Spagna del 1868 fino alla risposta al golpemilitare del 18 luglio 1936. Quel giorno si compie un salto di qualità cruciale per tutta lastoria successiva del movimento libertario, con riflessi enormi sul piano ideologico e politico,tattico e strategico. Il respiro dei fatti spagnoli ha, e avrà, conseguenze sull’intero anarchismomondiale, che risente in modo diretto degli accadimenti di un paese dove esso ha la suapresenza organizzata più ampia e solida.

Lo scontro spagnolo del 1936-1939 rimanda anche a un conflitto tra principi e sceltecontingenti, che ha talvolta implicato un duro confronto tra utopismo e realismo all’internodella lotta senza esclusione di colpi tra forze autoritarie e tendenze libertarie. Unaconstatazione ha quindi preso forma di presupposto: il dramma bellico che si consuma tra iPirenei e Cadice è determinante per capire non solo la storia spagnola ma anche quelladell’anarchismo. La guerra civile, l’evento che tutto trasforma e militarizza, non può esseremessa da parte per concentrare l’attenzione unicamente sulle vicende della rivoluzionesociale. Guerra e rivoluzione si intrecciano e condizionano a vicenda. Entrambi gli aspettidevono quindi essere oggetto di ricerca e riflessione e vanno compresi nei loro nessiindissolubili.

Mostrare come in Spagna si siano compiuti considerevoli passi avanti sulla stradadell’emancipazione umana e dell’autogestione produttiva è un’esigenza valida e fondata. Maquesto non può spiegare le cause della collaborazione governativa. Per analizzare tale aspetto,dobbiamo considerare che l’importante sperimentazione economica, sociale e culturaleavviata in terra iberica ha goduto solo inizialmente di fattori favorevoli provocati da un golpeche paralizza l’apparato di controllo statale repubblicano. Il passare dei mesi però complica lacornice della rivoluzione, al punto da ridurre drasticamente lo spazio per un’alternativapraticabile al di fuori delle istituzioni repubblicane, già consolidate agli inizi del 1937. Ilmaggio di quell’anno, con le tragiche giornate di Barcellona, mette in rilievo quanto e comela forza dell’anarchismo sia ormai imbrigliata da un sistema politico, ma anche poliziesco ediplomatico, costruito dagli antifascisti repubblicani moderati con il contributo sempre piùcondizionante del Partido Comunista.

Più volte la riflessione, ieri e oggi, ha calcato la mano sulle contraddizioni dirompentiesplose negli anni Trenta nell’anarchismo spagnolo: da un elettoralismo, più o menonascosto, nell’aprile 1931 e nel febbraio 1936, alla collaborazione con altre componenti

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politiche e sindacali in nome dell’antifascismo e dell’auspicata vittoria sul franchismo. Tuttociò è finalmente reso emblematico dal paradossale incarico ministeriale a quattro esponentidell’anarchismo e dell’anarcosindacalismo.

Una conclusione plausibile è che il movimento spagnolo, pur forte all’interno, disponeva diappoggi internazionali troppo esigui per poter reggere una completa rottura rivoluzionaria.L’AIT, l’unica organizzazione mondiale solidale con la CNT-FAI, non era in grado di mobilitareadeguatamente i lavoratori di un’Europa ormai in parte fascistizzata e sostenereconcretamente i rivoluzionari spagnoli. Era certamente possibile proclamare scioperi disolidarietà, ma mettendo in conto risultati modesti, pur con tutta la dedizione e tenaciapossibili. Inoltre, davvero esigua era la disponibilità, in quantità e qualità, dei materiali belliciindispensabili non solo a condurre una guerra contro i fascisti, appoggiati da Italia eGermania, ma anche un’eventuale opposizione radicale alla Spagna repubblicana macontrorivoluzionaria.

Forse la spinta della CNT-FAI verso un ampliamento dello spazio libertario, nella società enell’economia, avrebbe potuto essere maggiore, ma anche nel caso di un allargamento deiconsensi verso l’ipotesi rivoluzionaria, i rapporti di forza tra i protagonisti del molteplicescontro erano fortemente influenzati dal coinvolgimento di potenze estere di primariaimportanza a lato degli uni e degli altri. In un certo senso, gli anarchici spagnoli erano troppoforti e i loro obiettivi troppo avanzati per il livello medio degli altri movimenti affini (anche aprescindere dal fatto che in Germania e in Italia i militanti libertari erano quasi scomparsi).

Nelle pagine precedenti si è cercato di presentare nel modo più analitico e critico possibilele ragioni dei «circostanzialisti», che in forza delle eccezionali circostanze storiche eranofavorevoli a un’integrazione nel sistema politico repubblicano, e quelle degli «intransigenti»,che sostenevano la necessità di dare il massimo spazio all’utopia rivoluzionaria senza farsiingabbiare nei meccanismi politici istituzionali, non solo contrari ai principi ma oltretuttoinutili e controproducenti. In particolare la metamorfosi interna, in nome dell’efficienza e diprincipi organizzativi sempre più simili a quelli dei marxisti e dei repubblicani, è stata quiconsiderata recuperando prese di posizione e ragionamenti alquanto trascurati dagli scritti piùdiffusi sull’argomento, soprattutto in lingua italiana. In questi, di solito, l’osservazione sullamancanza di una «politica» come causa della sconfitta anarchica risente di uno sbrigativoesame delle forze in campo che giunge a conclusioni tanto perentorie quanto pococonvincenti. Senza un quadro realistico dei punti di forza e di debolezza delle organizzazionilibertarie, risultano assai discutibili le valutazioni sugli «errori» dei responsabili delmovimento, ai quali si destinano critiche di carattere tattico e teorico.

La guerra civile resta obbligatoriamente il dato centrale nell’analisi della linea seguita daglianarchici spagnoli. Il conflitto iniziato dal golpe favorisce la diffusione di un progettorivoluzionario nelle prime settimane, le stesse in cui esistono concrete possibilità disconfiggere i generali ribelli. In questa fase, l’immagine della Spagna antifascista si intrecciapositivamente con quella della Spagna rivoluzionaria e richiama combattenti da molti paesi,attratti da uno scontro ideologico ed etico dai tratti ancora ottocenteschi e vagamenteromantici. Alla fine del 1936 la situazione è però cambiata radicalmente, e la guerra è ormaiuna lotta tra due Stati contrapposti in nome di valori incompatibili, ma con tratti comuni especulari. Le battaglie campali hanno bisogno di strutture verticistiche e di apparatiindustriali molto più che di iniziative coraggiose e di coscienza rivoluzionaria, che si eranorivelate efficaci, anzi indispensabili, nella mobilitazione iniziale. La collocazione della guerracivile nelle contese tra le grandi potenze ha emarginato di fatto le possibilità di azioniindipendenti collegate alla nascita di una nuova società, com’era nelle aspirazioni deglianarchici spagnoli.

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Le democrazie occidentali, Francia e Gran Bretagna soprattutto, restano a guardare laprogressiva avanzata dei franchisti, appoggiati massicciamente da Italia e Germania,nascondendosi dietro il paravento di comodo del Comitato di Non Intervento, coerente con lapolitica di appeasement, e ignorando le pressioni interne più sensibili a fermare ilnazifascismo. Dal canto suo, l’URSS usa la Spagna come pedina per le proprie alleanzeinternazionali e interviene anche per eliminare pericolose dissidenze, marxiste e libertarie. Illogoramento delle posizioni militari e diplomatiche repubblicane rende improponibile unrovesciamento della strategia seguita dai vertici governativi, che punta su un aiutodemocratico dall’estero mai arrivato. I contraccolpi del ricostituito controllo statale sullamilitanza libertaria, insieme alle elevate perdite di propri combattenti, sottraggono energie eincisività al movimento che fu determinante per fermare il golpe e iniziare la rivoluzione.

Queste due gravi limitazioni segnano il movimento libertario ormai stretto in una situazionedi assoluta emergenza e pericolo. Tale condizione può evocare, mutatis mutandis, quella del«comunismo di guerra» vigente nell’URSS dopo il 1917. Non appare inutile ragionare sulladefinizione riassuntiva di un «anarchismo di guerra» nella Spagna del 1936-1939, una formadi anarchismo che vuole sopravvivere ma che è assediato dal conflitto bellico in corso.

Una sintesi schematica delle vicende belliche e politiche può far capire come le opportunitàche l’anarchismo ha a sua disposizione per uscire dal vicolo cieco della militarizzazione edella subordinazione alla logica statale si siano drammaticamente ridotte già pochi mesi dopol’estate 1936. Le ipotetiche alternative all’egemonia controrivoluzionaria, ormai dominantenella Repubblica spagnola, si sono concretizzate in prese di posizione molto critiche da partedi gruppi circoscritti come i giovani militanti dei Quijotes del Ideal o i più strutturati, maminoritari, Amigos de Durruti. Alcuni fogli che incitano alla resistenza contro la progressivastatalizzazione di organizzazioni originariamente antistatali sono diffusi in modo irregolare equasi clandestino dopo il maggio 1937, mese che segna l’emarginazione brutale dell’ipotesirivoluzionaria. Per molti mesi, centinaia di attivisti anarchici non in linea con le consegnecollaborazioniste dei vertici CNT-FAI restano detenuti nelle carceri di Barcellona senza che cisia una protesta o una mobilitazione in grado di liberarli. Ma sono proprio queste posizioniirriducibili a ricevere, negli anni successivi, un’attenzione notevole negli studi e negliambienti politicamente radicalizzati.

Di sicuro l’esperienza spagnola ha avuto un peso specifico di grande rilievo nellacostruzione delle coscienze e delle identità di generazioni di militanti libertari e rivoluzionariin tutto il mondo. Se ciò è comprensibile, un fondato giudizio storico deve saper andare oltrele risposte facili per considerare gli eventi e le responsabilità in un contesto analitico il piùpossibile corrispondente alla realtà effettiva. Lo slancio utopico, non solo del passato, ha unvalore indiscutibile, ma deve riuscire a fare i conti con i dati reali imposti dal momentostorico.

A questo realismo, forse troppo pessimistico, critici attenti ai problemi dell’anarchismospagnolo hanno risposto con la valorizzazione dell’elemento soggettivo e volontaristico,determinante nelle profonde rotture epocali a prescindere dagli esiti finali. Ad esempio, ilmilitante e scrittore Abel Paz (Diego Camacho) ha sostenuto, dopo più di un sessantennio diimpegno antiautoritario: «Le rivoluzioni non si vincono, si fanno!». È una posizioneperentoria che dà un’indicazione di principio ai militanti e che valuta l’Utopia molto piùimportante della Storia.

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Appendice

Geografia della guerra civile

Fig. 1. Situazione a fine luglio 1936

Fig. 2. Situazione nel settembre 1937

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Fig. 3. Situazione nel febbraio 1939

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