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13708 / (~ 6
REPUBBLICAITAL~A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SECONDA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DOMENICO GALLO Dott. MARGHERITA TADDEI Dott.
Dott.
Dott.
LUIGI AGOSTINACCHIO
STEF ANO FILIPPINI
ROBERTO MARIA CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
UDIENZA CAMERA DI CONSIGLIO DEL 11103/2016
- Presidente - SENTENZA
_ Consigliere _ N. ~6 _ Consigliere _ REGISTRO GENERALE
N. 1412016
- ReI. Consigliere -
- Consigliere -
avverso l'ordinanza n. 730/2015 TRIB. LIBERTA' di REGGIO CALABRIA, del 14/08/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. STEFANO FILIPPINI; ~/sentite le conclusioni del PG Dott. J ~'. ... )L ~ fL 'O Il A J..(o/
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Udit i difensor Avv.; J ;tv"-~ .p J,Jt ~vl. '~ Ì.Q....
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 14 agosto 2015, a seguito di giudizio di riesame, il Tribunale
di Reggio Calabria ha confermato l'ordinanza e contestuale decreto del GIP
presso il medesimo ufficio in data 13.7.2015 con la quale era stata applicata la
misura cautelare degli arresti domiciliari ed era stato disposto il sequestro
preventivo di società nei confronti di in quanto gravemente
indiziato del delitto di associazione a delinquere finalizzata a commettere una
pluralità di delitti connessi alla gestione illecita di imprese dedite all'esercizio di
giochi o scommesse a distanza aggirando la normativa di settore, quella fiscale e
quella antiriciclaggio. Fatti aggravati ai sensi dell'art. 7 della legge n. 203/1991,
perché funzionali ad agevolare -sinallagmaticamente- le attività dell'ulteriore
associazione ex art. 416 bis c.p. descritta al capo C dell'imputazione provvisoria,
commessi in Reggio Calabria e altri luoghi italiani o esteri , accertati nel 2010 e
con condotta attuale.
La misura risulta applicata, come richiesto dal PM, per il solo capo A
dell'imputazione in relazione al reato di cui all'art. 416 cod. pen., per essersi il
associato con altri soggetti allo scopo di commettere una pluralità di
delitti connessi alla gestione illecita d'imprese, in parte attive in Italia, in parte
stanziate all'estero, dedite all'acquisizione di licenze e concessioni governative
che servivano ad occultare lo sviluppo di attività di giochi e scommesse a
distanza che operavano, aggirando la normativa nazionale di settore, quella
fiscale e quella anti-riciclaggio. E così, consumavano reiterati reati di esercizio
abusivo di attività di gioco e scommesse (art. 4 I. n. 401/1989), omessa
dichiarazione dei redditi ed IVA (art. 5 d.1. n. 74/2000), truffa aggravata ai danni
dello Stato (art. 640, comma 2 n. 1 cod. pen., in relazione alle artificiose
rappresentazioni volte a non corrispondere all'Erario la tassa prescritta per
l'esercizio delle attività di giochi e scommesse), trasferimento fraudolento di
valori (in relazione alle reiterate intestazioni fittizie di imprese e società, volte ad
occultare l'infiltrazione nell'organizzazione dei soggetti parte della 'ndrangheta e
di consentire l'auto-riciclaggio delle somme derivanti dalla distribuzione
promiscua di giochi e scommesse a distanza muniti di regolare concessione e di
altri che ne erano privi ed erano, perciò, molto più remunerativi), riciclaggio e
reimpiego dei proventi di delitto (art. 648 bis e ter cod. pen.). In particolare,
strutturavano l'organizzazione secondo una catena gerarchica che dai capi,
promotori e costitutori, era impegnata: -sul territorio estero per l'acquisizione
delle licenze, la gestione amministrativa e finanziaria, la predisposizione dei
server e dei software, la manutenzione, lo sviluppo e l'aggiornamento tecnico-
informatico; -sul territorio nazionale, invece, per la diffusione commerciale dei
brand gestiti dall'organizzazione, la raccolta fisica del denaro, il trasferimento
all'estero, la concessione di fidi alle singole sale giochi e scommesse, la
risoluzione di problematiche tecniche-informatiche, la stipula di alleanze grazie
alle quali, l'organizzazione, infiltrandole, si giovava del contributo e delle
strutture informatiche concesse da e
associazione che operava unitariamente sino a tutto il 2011 e si
separava, poi, in due gruppi: il primo operante principalmente tramite la
. gestita da una società di fatto con a capo
operante principalmente tramite la .
il secondo
;)estite da
una società di fatto con a capo ; tutte le suddette imprese
formalmente partecipate da altre società, anche fiduciarie, stanziate all'estero,
riconducibili alla ( partecipata dalla il cui
capitale sociale è interamente detenuto da II quale
promotore e costitutore della società di fatto operante dapprima tramite la
quindi tramite la E la ma anche di
organizzatore, in qualità di master (responsabile per la diffusione commerciale
dei siti e brand dell'associazione, con il compito di affiliare nuove sale giochi e
scommesse e gestire la successiva relazione operativa con il vertice dirigenziale
dell'associazione) per le Regioni Abruzzo e Marche.
Ricorre per Cassazione avverso la predetta ordinanza il difensore dell'imputato,
avv. , deducendo:
l.Violazione di legge in relazione agli artt. 268, 291 e 309 c.p.p. con riferimento
all'interpretazione data dal Tribunale del riesame delle norme sulle intercettazioni
e sulla trasmissione degli atti tra i vari uffici giudiziari; nella specie il PM non ha
depositato al GIP nè al riesame i verbali di trascrizione delle intercettazioni,
neppure nella forma riassuntiva del C.d. brogliaccio, ma si è limitato a riportare
nella richiesta di applicazione della misura porzioni di intercettazioni ritenuti utili.
II Tribunale del riesame ha affermato sussistere l'onere, a carico della difesa, di
richiedere tali documenti al Pubblico Ministero. Ciò costituirebbe violazione della
normativa in tema di intercettazioni nella parte in cui prevede l'obbligo di
trascrizione e di deposito dei verbali di intercettazione nonchè del diritto di
difesa, non potendo l'indagato prendere cognizione di tutte le intercettazioni al
fine di individuare le parti eventualmente a proprio favore non valorizzate dal
2
PM. Ciò impedirebbe al GIP di svolgere il controllo che gli è proprio sul materiale
indiziario e al Riesame di effettuare le verifiche di competenza.
2. Violazione di legge in relazione all'art. 292 c.p.p. non avendo il GIP e il
Tribunale dei riesame operato adeguati approfondimenti critici o riscontri in
ordine alla effettiva sussistenza degli indizi di reità e di condotte di stampo
mafioso a carico dell'indagato o sulla riconducibilità allo stesso delle
conversazioni su cui si basa la richiesta di misura cautelare, avendo omesso
l'esposizione e l'autonoma valutazione delle specifiche esigenze cautelari e degli
indizi che giustificano l'adozione della misura, con indicazione degli elementi di
fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza,
limitandosi a compiere un atto di fede rispetto a quanto indicato dal PM;
analogamente, in merito al contestuale sequestro preventivo delle aziende
intestate al l'ordinanza applicativa della misura si limita a specificare
che trattasi di aziende tramite le quali è stato commesso il reato, senza
procedere ad alcuna concreta valutazione delle condotte addebitate al
e senza considerare che la opera con concessione
sportiva italiana e la si occupa di forniture di materiale
informatico e che il operava per la I come agente di zona;
anche la configurazione dell'aggravante prevista dal D.L. n. 152/1991 , art. 7,
non è sorretta da dimostrazione adeguata del dolo specifico di favorire il
sodalizio mafioso, non essendo emerso alcun elemento specifico al riguardo. Per
il I non è accertata la vicinanza con la cosca
dal legame tra e viene dedotta l'appartenenza
'ndranghetistica della I e poi della ma senza solidi riscontri.
Le risultanze delle indagini, a dire del ricorrente, seppure in più punti offrono
spunti relativi al . vengono fraintese non dimostrano l'esistenza di
metodi intimidatori per il gruppo __ _ ___ . __ . _ . _, né hanno evidenziato legami,
e comunque non attuali, con esponenti di cosche criminali né utilizzi di metodi
illeciti; neppure è dimostrata la esistenza delle esigenze cautelari né la effettiva
riconducibilità alle aziende sequestrate e delle
condotte criminali ipotizzate ; neppure ricorrono i presupposti per la confisca ex
art. 416 bis, comma 7, c.p ..
Nell'ambito del motivo di violazione di legge in parola vengono formulate anche
«osservazioni» sui capi K, L, M e X dell'imputazione, che tuttavia non sono posti
a base della misura cautelare in esame.
All'udienza camerale del 11.3.2016 la difesa ha depositato memoria integrativa
contenente ampia considerazioni in ordine alla violazione dell'art. 292 c.p.p. con
3
riferimento alle esigenze cautelari di cui all'art. 274 c.p.p. e deduzione di
violazione di legge in relazione all'art. 117 Costo 88 TULPS e legge 401/1989 per
contrasto con l'ordinamento comunitario.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato (in relazione a talune censurel in modo manifesto)
e, come tale, va rigettato.
2. II primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto palesemente infondato.
Va ricordato che, secondo il costante orientamento di questa Corte, condiviso dal
collegio, in tema di riesame di misure cautelari personali, non è configurabile
alcun obbligo, a carico del Pubblico Ministero che ha richiesto la misura
cautelare, di depositare nella cancelleria del tribunale i supporti magnetici o
informatici relativi alle intercettazioni utilizzate per l'adozione dell'ordinanza
cautelare, qualora la difesa non abbia formulato una esplicita richiesta di rilascio
di copia dei supporti medesimi (Sez. 6, Sentenza n. 22145 del 03/12/2014 I Rv.
263635). Inverol come affermato da costante giurisprudenza I in tema di
riesame l la richiesta del difensore volta ad accedereI prima del loro depOSito ai
sensi del quarto comma dell'art. 268 cod. proc. pen., alle registrazioni di
conversazioni o comunicazioni intercettate e sommariamente trascritte dalla
polizia giudiziaria nei C.d. brogliacci di ascolto, utilizzati ai fini dell'adozione di
un'ordinanza di custodia cautelare, deve essere presentata al pubblico ministero
e non al giudice per le indagini preliminari che ha emesso il provvedimento
cautelare (SS,UU1 Sentenza n. 20300 del 22/04/2010). Dunque, come
correttamente affermato nel provvedimento gravato, la difesa avrebbe dovuto
inoltrare tempestiva istanza in merito all'ufficio di Procura.
3. Il ordine ai residui motivi di ricorso è anzitutto necessario chiarire, sia pur in
sintesi, i limiti di sindacabilità da parte di questa Corte Suprema dei
provvedimenti adottati dal giudice del riesame sulla libertà personale.
3.1. Secondo "orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide e reputa
attuale anche all'esito delle modifiche normative che hanno interessato ,'art. 606
cod. proc. peno (cui ,'art. 311 cod. proc. peno implicitamente rinvia), in tema di
misure cautelari personali t allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione,
vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in
ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta
il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità
e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato
4
adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravità
del quadro indiziario a carico dell'indagato, controllando la congruenza della
motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni
della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze
probatorie. Si è anche precisato che la richiesta di riesame - mezzo di
impugnazione, sia pure atipico - ha la specifica funzione di sottoporre a controllo
la validità dell'ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali indicati
nell'art. 292 cod. proc. pen., ed ai presupposti ai quali è subordinata la
legittimità del provvedimento coercitivo: ciò premesso, si è evidenziato che la
motivazione della decisione del Tribunale del riesame, dal punto di vista
strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal citato articolo,
ispirato al modulo di cui all'art. 546 cod. proc. pen., con gli adattamenti resi
necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su
prove, ma su indizi e tendente all'accertamento non della responsabilità, bensì di
una qualificata probabilità di colpevolezza (Sez. U, sento n. 11 del 22/03/2000,
Rv. 215828; conforme, dopo la novella dell'art. 606 cod. proc. pen., Sez.
4, sento n. 22500 del 03/05/2007, Rv. 237012).
3.2. Si è successivamente osservato, sempre in tema di impugnazione delle
misure cautelari personali, che il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se
denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità
della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di
diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei
fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate
dal giudice di merito (Sez. 5, sento n. 46124 del 08/10/2008, Rv.
241997; Sez. 6, sento n. 11194 del 08/03/2012, , Rv. 252178).
4. Tanto premesso, in ordine al secondo motivo di ricorso si rileva che lo stesso
appare manifestamente infondato e - almeno in parte - evocativo di censure in
fatto non consentite in sede di legittimità.
Va ricordato che la modifica normativa dell'art. 606 lettera e) cod. proc. pen., di
cui alla L. 20 febbraio 2006, n. 46 lascia inalterata la natura del controllo
demandato alla Corte di cassazione, che può essere solo di legittimità e non può
estendersi ad una valutazione di merito. Il nuovo vizio introdotto è quello che
attiene alla motivazione, il cui vizio di mancanza, illogicità o contraddittorietà
può ora essere desunto non solo dal testo del provvedimento impugnato, ma
anche da altri atti del processo specificamente indicati.
È perciò possibile ora valutare il cosiddetto travisamento degli elementi indiziari
o probatori, che si realizza allorché si introduce nella motivazione
5
un'informazione rilevante che non esiste agli atti oppure quando si omette la
valutazione di un elemento decisivo ai fini della pronunzia.
Attraverso l'indicazione specifica di atti contenenti gli aspetti travisati od omessi
si consente nel giudizio di cassazione di verificare la correttezza della
motivazione.
Infine il dato probatorio che si assume travisato od omesso deve avere carattere
di decisività non essendo possibile da parte della Corte di cassazione una
rivalutazione complessiva delle prove che sconfinerebbe nel merito.
Nel caso in esame i giudici di merito hanno dato ampio conto degli indizi e delle
esigenze cautelari, con motivazione accurata e approfondita, del tutto congrua e
priva di vizi logico-giuridici. Il Tribunale, invero, oltre a richiamare le
considerazioni effettuate dal GIP in sede di applicazione della misura, ha
integrato quell'atto e operato valutazioni proprie in ordine a ciascuno dei motivi
di doglianza ad esso presentati, evidenziando il ruolo ed il coinvolgimento nei
fatti da parte dell'odierno ricorrente. Nel caso in esame i giudici di merito hanno
dato ampio conto degli indizi e delle esigenze cautelari (si veda quanto esposto e
i richiami operati alle pagg . 10 e segg. dell'ordinanza in esame, laddove si
indicano le pagine dell'ordinanza applicativa della misura nelle quali è bene
illustrato lo schema di condotta illecita attraverso il quale operavano entrambe le
associazioni per delinquere disvelate dall'attività di indagine - pp. 314 e segg.;
pagg. 445 e segg.-) ; quanto alla specifica posizione del inoltre, i
giudici del riesame (pagg. 14 e segg. dell'ordinanza del riesame), lungi dal
confermare acriticamente il GIP, a proposito dell'inserimento nell'organizzazione
hanno dato conto delle risultanze specifiche, richiamando la telefonata tra
., al n. 1599 e quella tré al n. 577; a
proposito dei concreti comportamenti hanno analizzato le pagg. 567 e segg.
dell'ordinanza applicativa della misura (cfr. pago 15 dell'ordinanza del riesame),
dando conto dei colloqui con il ' del 26.2.2014 e in data successiva, della
telefonata indicata al n. 96 con il richiamo al termine «scagnozzi», delle
telefonate n. 1599 e 577, da intendere per qui trascritte.
Né ha pregio la censura relativa alla pretesa omessa considerazione o
valorizzazione di risultanze di indagine incompatibili con la ricostruzione delle
responsabilità accolta nel provvedimento gravato, trattandosi di motivo
palesemente inammissibile, in quanto gli argomenti per un verso si limitano a
formulare doglianze che attengono a profili direttamente attratti ed assorbiti
nelle valutazioni di merito che sfuggono al sindacato riservato a questa Corte,
mentre, sotto altro profilo, si limitano a riproporre tematiche già tutte
6
scandagliate dal Tribunale della libertà, con motivazione del tutto congrua e
logicamente ineccepibile. I motivi, quindi, sono in parte rassegnati per sollecitare
un riesame del merito e in parte privi del necessario requisito della specificità. Le
censure, infatti, si limitano ad una prospettazione meramente assertiva di criteri
di ordine generale, senza alcuna correlazione con gli argomenti puntualmente
evocati a sostegno della decisione impugnata, la quale, al contrario, appare
dotata come si è detto, di un corredo motivazionale del tutto congruo ed esente
da censure sul piano della coerenza logico argomentativa proprio sul terreno,
non soltanto del quadro fattuale e del corredo indiziario, ma anche sotto il profilo
delle esigenze di cautela e dell'apprezzamento del relativo spessore ed attualità.
Non deve poi trascurarsi che il riferimento generico a supposta contrarietà di
ulteriori risultanze di indagine o di dichiarazioni di correi costituisce motivo
inammissibile per genericità . Invero, la deduzione del vizio di contraddittorietà
della motivazione risultante da atto del processo specificamente indicato,
introdotta dalla L. n. 46 del 2006, presuppone che la motivazione della sentenza
sia basata in modo determinante su prova insussistente agli atti, o su un
risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, ovvero sia
contrastata insuperabilmente da prova presente agli atti ma ignorata (Sez. S,
sento 39048 del 25.9. - 23.10.2007, rv 238215), si che eliminata - o inserita,
secondo i casi - quella prova l'intera ricostruzione fattuale sia vanificata.
L'indicazione dell'atto probatorio in questione deve poi assolvere al requisito
dell'autosufficienza (Sez. 6, sento 20059 del 16.1- 20.5.2008, rv 240056; Sez. l,
sento 6112 del 22.1 - 12.2.2009, rv 243225): occorre che al ricorso sia allegato
l'atto processuale (o comunque che ve ne sia nel ricorso l'integrale trascrizione
ovvero l'individuazione assolutamente puntuale e completa, che non determini la
necessità di alcun tipo di ricerca e selezione autonoma da parte della Corte di
legittimità) dal quale emerga, senza possibilità di interpretazione o lettura
alternative, il contrasto tra quanto affermato in sentenza e quanto invece in atti.
4.1 Né ha pregio la censura operata a proposito della motivazione offerta, dai
giudici del riesame, in relazione all'aggravante prevista dall'art. 7 del D.L. n. 152
del 1991, contestata nella forma della agevolazione di altra associazione di
stampo mafioso, posto che essa ben può configurarsi anche in ipotesi di sola
ignoranza colpevole dell'apporto fornito all'associazione criminosa (Cass. Pen.,
sez. II, 5.12.2013, n. 51424); profilo in ordine al quale la motivazione è
sussistente e certamente non apparente, come si evince dalle pagg. 19 e segg.
dell'ordinanza di riesame e, in particolare, a pago 21, dove si formulano le
specifiche considerazioni in ordine alla sussistenza indiziaria dell'aggravante in
7
parola anche nei confronti di chi, come il non è attinto dall'accusa di
concorso nella diversa e ulteriore associazione di stampo mafioso ma è
comunque colto nel relazionarsi con l'organigramma criminale messo in piedi dal
con il ·
4.2. In relazione al profilo del motivo attinente alla sussistenza delle esigenze
cautelari, del tutto ampia e piana mente giustificata, oltre che esente dai
lamentati vizi, è la motivazione del provvedimento in punto permanenza ed
attualità delle esigenze cautelari, con valutazioni operate non in astratto ma con
riferimento concreto e specifico alla posizione dell'odierno ricorrente: di tal chè,
del tutto generico e per nulla configurabile appare la dedotta carenza
motivazionale o travisamento probatorio.
AI riguardo il Tribunale, evidenzia in sintesi:
-l'allarmante capacità criminale manifestata dall'organizzazione;
-capillare organizzazione di uomini e mezzi;
-notevole capacità di intimidazione;
- abilità organizzative dimostrate con i successi ottenuti nella
espansione dei centri di scommesse inseriti nell'organizzazione;
-esistenza di condotte poste in essere in modo duraturo e
programmato.
4.3 In merito al profilo di ricorso relativo al sequestro preventivo, devesi
osservare che, in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di
"violazione di legge", per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione
a norma dell'art. 325, comma 1, cod. proc. pen., rientrano la mancanza assoluta
di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto
correlate all'inosservanza di precise norme processuali, ma non l'illogicità
manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo
specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell'art. 606 stesso
codice (Cass. Sez. un., sento n. 5876 del 28/01/2004, dep. 13/02/2004, Rv.
226710). AI riguardo, questa Corte ha, infatti, precisato che può dirsi ormai
pacifico l'indirizzo giurisprudenziale che, con riguardo a tutti i casi nei quali il
ricorso per Cassazione è limitato alla sola "violazione di legge" (a norma, ad
esempio, degli artt. 311, comma 2 per il ricorso per saltum in materia di misure
cautelari personali e 325 , comma 1 c.p.p. per il ricorso in tema di misure
cautelari reali, ovvero dell'art. 4 comma 11 della L. n. 1423 del 1956 per il
ricorso in materia di misure di prevenzione, personali o patrimoniali), esclude la
sindacabilità dell'illogicità manifesta della motivazione, ai sensi dell'art. 606
comma 1 lett. e) c.p.p., siccome vizio non riconducibile alla tipologia della
8
violazione di legge. Si ritiene infatti che, in queste ipotesi, il controllo di
legittimità non si estenda all'adeguatezza delle linee argomentative ed alla
congruenza logica del discorso giustificativo della decisione, potendosi
esclusivamente denunciare con il ricorso il caso di motivazione inesistente o
meramente apparente (cfr. anche Cass., Sez. Un., 28/5/2003 n. 12): quando
essa manchi assolutamente o sia, altresì, del tutto priva dei requisiti minimi di
coerenza e completezza, al punto da risultare inidonea a rendere comprensibile
l'iter logico seguito dal giudice di merito, ovvero le linee argomentative del
provvedimento siano talmente scoordinate da rendere oscure le ragioni che
hanno giustificato il provvedimento. Il vizio appare in tal caso qualificabile come
inosservanza della specifica norma processuale che impone, a pena di nullità,
l'obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali. Questa linea
interpretativa, ormai uniforme, trae forza giustificativa dalla peculiare
configurazione che hanno ricevuto nel codice del 1988 vizi logici della
motivazione, che inficiano la base razionale del discorso giustificativo della
pronuncia. Tali vizi, mentre nel sistema processuale abrogato acquistavano
rilevanza soltanto "attraverso il riferimento ai casi di nullità della sentenza"
giusta il combinato disposto degli artt. 475, comma 1 n. 3 e 524, comma 1 n. 3
c.p.p. (ReI. prog. prel., p. 133), nel vigente codice di rito sono stati
specificamente tipizzati nella struttura della disciplina dettata dal primo comma
dell'art. 606, assumendo nella lett. e) piena autonomia nell'elencazione dei
motivi di ricorso per Cassazione. La manifesta illogicità della motivazione, pur
corrispondendo al mancato rispetto dei canoni epistemologici e valutativi che,
imposti da norme di legge (principalmente dall'art 192, ma anche dall'art. 546,
comma 1 lett. e c.p.p.), regolano il ragionamento probatorio, non è però
presidiata da una diretta sanzione di nullità: l'incongruenza logica della decisione
contrastante con detti canoni può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto
tramite lo specifico motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell'art. 606, che
riconosce rilevanza al vizio allorché esso risulti dal testo del provvedimento
impugnato. Per contro, l'ipotesi della mancanza di motivazione, pur essendo
inclusa nella citata lett. e), non ha perduto l'intrinseca consistenza del vizio di
violazione di legge, che vale a renderlo affine al motivo di ricorso enunciato nella
lett. c) del medesimo art. 606, in quanto il caso di motivazione radicalmente
omessa, cui è equiparata quella meramente apparente, è sempre correlato alla
inosservanza di precise norme processuali (l'art. 125 comma 3, riguardante in
generale le forme dei provvedimenti del giudice, compresi i decreti nei casi in cui
la motivazione è espressamente prescritta dalla legge; l'art. 292, comma 2, lett.
9
c) e c bis), e comma 2-ter, in tema di ordinanza applicativa di una misura
cautelare personale), norme che, specificando il precetto di cui all'art. 111,
comma 6 Cost., stabiliscono l'obbligo della motivazione dei provvedimenti
giurisdizionali, facendo derivare dall'inosservanza di esso la nullità dell'atto.
Nel caso in esame, invece, la motivazione offerta dal Tribunale del riesame,
anche con richiamo di quella fornita dal GIP, in ordine al sequestro ex art. 321
cpp, non solo sussiste, ma appare anche del tutto congrua e adeguata, come
emerge dalle pagg. 289 e segg. dell'ordinanza impugnata.
4.4 Manifestamente inammissibili sono i motivi di ricorso formulati a proposito
delle imputazioni che non formano oggetto della misura cautelare, esposti come
«osservazioni» sui capi K, L, M e X dell'imputazione. AI riguardo si osserva che il
ricorso appare del tutto aspecifico, posto che non indica i vizi di legittimità
denunciati e contrastante con il principio di autosufficienza poiché non provvede
neppure a trascrivere le imputazioni provvisorie.
5. Con memoria depositata all'udienza camerale la difesa del ricorrente ha
formulato ampie considerazioni in ordine alla violazione dell'art. 292 c.p.p. con
riferimento alle esigenze cautelari di cui all'art. 274 c.p.p. e deduzione di
violazione di legge in relazione all'art. 117 Costo 88 TULPS e legge 401/1989 per
contrasto con l'ordinamento comunitario. Come noto, l'art. 611 c.p.p. prevede il
termine di quindici giorni per il deposito delle memorie difensive che dunque nel
caso di specie non è stato osservato, con la conseguenza che la Corte di
cassazione non è tenuta a prenderle in esame (Sez. l, n. 19925 del
04/04/2014, Rv. 259618)
Pare tuttavia opportuno rappresentare, limitatamente al profilo di rilevanza
comunitaria esposto con riferimento alla recente pronuncia della Corte di
Giustizia Europea nel procedimento C-37514 del 28.1.2016 (c.d. Laezza), che
presso la Corte di cassazione costituisce ius receptum che l'attività legata alle
scommesse lecite è soggetta a concessione rilasciata dalla Amministrazione
Autonoma dei Monopoli di Stato (A.A.M.S.) e, una volta ottenuta tale
autorizzazione, deve essere rilasciata la licenza di pubblica Sicurezza di cui
all'art. 88 del TULPS con la conseguenza che il reato di cui alla L. 13 dicembre
1989, n. 401, art. 4, comma 4 bis (svolgimento di attività organizzata per la
accettazione e raccolta anche per via telefonica e telematica di scommesse o per
favorire tali condotte) risulta integrato da qualsiasi attività, comunque
organizzata, attraverso la quale si eserciti, in assenza di concessione,
autorizzazione o licenza ai sensi del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 88 (testo
unico delle leggi di pubblica sicurezza), una funzione intermediatrice in favore di
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un gestore di scommesse, a nulla rilevando l'esistenza di abilitazione in capo al
gestore stesso (Sez. U, sento n. 23271 del 26/04/2004, Corsi, Rv. 227726).
3.2.1. A seguito di diversi interventi dei Giudici europei (in particolare sentenza
e sentenza ( ), che hanno esaminato funditus la normativa
interna per verificarne la compatibilità con quella comunitaria, la giurisprudenza
di questa Corte si è attestata nel senso di ritenere che integra il reato previsto
dalla L. 13 dicembre 1989, n. 401, art. 4, la raccolta di scommesse su eventi
sportivi da parte di un soggetto che compia attività di intermediazione per conto
di un allibratore straniero privo di concessione.
Qualora il bookmaker estero sia provvisto di concessione, la precedente condotta
è ugualmente sussumibile nel modello legale descritto dalla L. n. 401 del 1989,
art. 4, in mancanza del preventivo rilascio della prescritta licenza di pubblica
sicurezza richiesta ai sensi dell'art. 88 T.U.L.P.S ..
Tuttavia, poiché le autorizzazioni di polizia sono rilasciate unicamente ai titolari
di una concessione, irregolarità commesse nell'ambito della procedura di
concessione di queste ultime vizierebbero anche la procedura di rilascio di
autorizzazioni di polizia, la cui mancanza non potrà perciò essere addebitata a
soggetti che non siano riusciti a ottenere tali autorizzazioni per il fatto che il
rilascio di tale autorizzazione presuppone l'attribuzione di una concessione, di cui
i detti soggetti non hanno potuto beneficiare in violazione del diritto dell'Unione
(sentenza punto 67).
Ne consegue che, in mancanza della concessione e della licenza, per escludere la
configurabilità della fattispecie incriminatrice, occorre la dimostrazione che
l'operatore estero non abbia ottenuto le necessarie concessioni o autorizzazioni a
causa di illegittima esclusione dalle gare (Sez. 3, sento n. 40865 del 20/09/2012,
Rv. 253367) o per effetto di un comportamento comunque
discriminatorio tenuto dallo Stato nazionale nei confronti dell'operatore
comunitario. In siffatti casi, il giudice nazionale, anche a seguito della vincolante
interpretazione data alle norme del trattato dalla Corte di giustizia CE, dovrà
disapplicare la normativa interna per contrasto con quella comunitaria.
Ed infatti, non integra il reato di cui alla L. n. 401/1989, art. 4, la raccolta di
scommesse in assenza di licenza di pubblica sicurezza da parte di soggetto che
operi in Italia per conto di operatore straniero cui la licenza sia stata negata per
illegittima esclusione dai bandi di gara e/o mancata partecipazione a causa della
non conformità, nell'interpretazione della Corte di giustizia CE, del regime
concessorio interno agli artt. 43 e 49 del Trattato CE (Sez. 3, sento n. 28413 del
10/07/2012, Rv. 253241).
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I giudici europei, dopo aver delineato il contesto normativo italiano e riassunto le
questioni riguardanti i procedimenti principali da scrutinare e le questioni
pregiudiziali sottoposte al vaglio della Corte di Giustizia, hanno affermato, per
quanto qui interessa, che gli articoli 43 CE e 49 CE devono essere interpretati nel
senso che non ostano a una normativa nazionale che imponga alle società
interessate a esercitare attività collegate ai giochi d'azzardo l'obbligo di ottenere
un'autorizzazione di polizia, in aggiunta a una concessione rilasciata dallo Stato
al fine di esercitare simili attività, e che limiti il rilascio di una siffatta
autorizzazione segnatamente ai richiedenti che già sono in possesso di una simile
concessione e, con ciò, legittimando il contesto normativo interno fondato sul
criterio doppio binario.
In altri termini, è stata ritenuta compatibile con le norme del Trattato CE la
disciplina prevista dall'art. 88 T.U.L.P.S., alla stregua della quale "la licenza per
l'esercizio delle scommesse può essere concessa esclusivamente a soggetti
concessionari o autorizzati da parte di Ministeri o di altri enti ai quali la legge
riserva la facoltà di organizzazione e gestione delle scommesse, nonché a
soggetti incaricati dal concessionario o dal titolare di autorizzazione in forza della
stessa concessione o autorizzazione" e dal D.L. 25 marzo 2010, n. 40, art. 2,
comma 1 ter, convertito con L. n. 73/2010, in base al quale "l'articolo 88 del
testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al R.D. 18 giugno 1931, n.
773, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che la licenza ivi prevista,
ove rilasciata per esercizi commerciali nei quali si svolge l'esercizio e la raccolta
di giochi pubblici con vincita in denaro, è da intendersi efficace solo a seguito del
rilascio ai titolari dei medesimi esercizi di apposita concessione per l'esercizio e la
raccolta di tali giochi da parte del Ministero dell'economia e delle finanze -
Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato". La Corte di Giustizia è
pervenuta a tale conclusione (punti 21 e 23) sul rilievo che l'obiettivo attinente
alla lotta contro la criminalità collegata ai giochi d'azzardo è idoneo a giustificare
le restrizioni alle libertà fondamentali derivanti da una normativa nazionale
contenente il divieto, penalmente sanzionato, di esercitare attività in tale settore,
in assenza di concessione o di autorizzazione di polizia rilasciata dallo Stato,
purché tali restrizioni, siccome comportano limitazioni alla libertà di stabilimento
e alla libera prestazione dei servizi (sentenza punto 42), soddisfino il
principio di proporzionalità e nella misura in cui i mezzi impiegati siano coerenti e
sistematici (v., in tal senso, sentenze :! a., punti da 52 a 55, nonché
, punti da 61 a 63). ~
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"Pertanto, il fatto che un operatore debba disporre sia di una concessione sia di
un'autorizzazione di polizia per poter accedere al mercato di cui trattasi non è, in
sè, sproporzionata rispetto all'obiettivo perseguito dal legislatore nazionale, ossia
quello della lotta alla criminalità collegata ai giochi d'azzardo" (punto 27 della
sentenza ).
Sulla stessa linea, la Corte Europea ha anche affermato, risolvendo altra
questione pregiudiziale, che negli artt. 43 CE e 49 CE devono essere interpretati
nel senso che, allo stato attuale del diritto dell'Unione, la circostanza che un
operatore disponga, nello Stato membro in cui è stabilito, di un'autorizzazione
che gli consente di offrire giochi d'azzardo non osta a che un altro Stato
membro, nel rispetto degli obblighi posti dal diritto dell'Unione, subordini al
possesso di un'autorizzazione rilasciata dalle proprie autorità la possibilità, per
un tale operatore, di offrire siffatti servizi a consumatori che si trovino nel suo
territorio" (punto 43 sentenza Biasci).
Va ricordato come, anche alla luce della sentenza della Corte di Giustizia Europea
del 12 febbraio 2012, , cause riunite C-72/10 e C-77/10, questa
Corte abbia riaffermato (Sez. 3, sento n. 19462 del 27/03/2014) che non vi è
incompatibilità assoluta tra fattispecie incriminatrice ed i principi di libertà di
stabilimento e di libera circolazione dei servizi in ambito comunitario (artt. 43 e
49 Trattato CE). In particolare, non sussiste incompatibilità, ed è quindi passibile
di rilevanza penale, l'attività del soggetto che non abbia richiesto la concessione
e la licenza in Italia o di chi, già abilitato all'estero alla raccolta di scommesse,
agisca in Italia tramite collaboratori o rappresentanti che non hanno chiesto alle
autorità nazionali le necessarie autorizzazioni (Sez. 2, sento n. 24656 del
09/03/2012, P.M. in proc ne, Rv. 252828).
La Suprema Corte (Sez. 3, sento n. 28413 del 10/07/2012, cit.) ha ribadito che,
sulla base dei principi affermati dalla sentenza della Corte di Giustizia, è possibile
formulare un quadro interpretativo della disciplina contenuta nel Trattato (e qui
riassunto per quanto di interesse) che contribuisce a definire l'applicazione della
disciplina domestica in materia di scommesse su eventi sportivi, presupposto
della fattispecie penale, nel senso che:
1) le libertà di insediamento e di prestazione dei servizi costituiscono per il diritto
dell'Unione principi fondamentali di cui gli operatori economici devono poter
usufruire indipendentemente dal Paese membro in cui sono insediati;
2) tali principi possono conoscere restrizioni nel campo delle attività commerciali
connesse ai giochi telematici e alle scommesse su eventi sportivi esclusivamente
quando si tratta di limiti, anche nella previsione di un regime
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concessorio e di controlli di pubblica sicurezza, che sono fondati su "motivi
imperativi di interesse generale" e che rispondono a principi di proporzionalità,
non discriminazione, trasparenza e chiarezza;
3) qualora le restrizioni non rispondano ai requisiti ora ricordati, le libertà
previste dagli artt. 43 e 49 del Trattato conservano piena espansione e la
disciplina nazionale in contrasto con esse deve essere disapplicata.
Per procedere alla disapplicazione della normativa interna anche nei confronti
degli operatori comunitari, sarebbe stato necessario allora dimostrare rispetto a
quali gare si fosse dispiegato il comportamento discriminatorio nei confronti delle
predette società sotto il profilo o di un'arbitraria esclusione oppure di un
impedimento a partecipare (nonostante la manifestata volontà) in condizione di
parità con gli altri concorrenti oppure individuare un comportamento comunque
discriminatorio tenuto dallo Stato nazionale nei loro confronti.
E così, la mancanza di concessione rilasciata daIl'A.A.M.S. comporta
l'impossibilità per l'operatore italiano o straniero di ottenere la licenza di pubblica
sicurezza di cui all'art. 88 T.U.L.P.S. ed ha, quale conseguenza, l'esercizio
abusivo del gioco di scommesse, derivando da ciò che il soggetto, che riceve le
scommesse e versa le vincite, pone in essere un'attività commerciale in forma
organizzata soggetta ad imposizione fiscale.
Infine, va ricordato che, secondo l'insegnamento della giurisprudenza di
legittimità, con riferimento all'elemento soggettivo del reato, la semplice
esistenza di una situazione di incertezza interpretativa o applicativa di una
norma "non abilita da sola ad invocare la condizione soggettiva d'ignoranza
inevitabile della legge penale; al contrario, il dubbio sulla liceità o meno deve
indurre il soggetto ad un atteggiamento più attento, fino cioè, secondo quanto
emerge dalla sentenza n. 364/1988 della Corte Costituzionale, all'astensione
dall'azione se, nonostante tutte le informazioni assunte, permanga l'incertezza
sulla liceità o meno dell'azione stessa, dato che il dubbio, non essendo
equiparabile allo stato d'inevitabile ed invincibile ignoranza, è inidoneo ad
escludere la consapevolezza dell'illiceità" (cfr., Sez. 2, sento n. 46669 del
23/11/2011, dep. 19/12/2011, P.G. in proc. Rv. 252197).
6.Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere rigettato, con
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
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