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A partire dalla fine delsecolo XVIII l’idealismoclassico tedesco, ovvero ilpensiero della dialettica,divieneegemonenellaculturaeuropea. La catastrofe dellarivoluzione francese sembraaver trascinato con sé quelpensiero materialistico delladifferenzaedell’antagonismocheavevailluminatoilsecoloXVIII e che, fin dallarinascita umanistica, aveva

rappresentato una tendenzaalternativa nello sviluppodella metafisica occidentale.La poesia e la filosofia diLeopardi nascono a contattodella catastrofe ma sirifiutano di accettare che laquestione critica (perché larivoluzione è fallita? qualisono le condizioni dellacrisi?) possa essere risoltasull’orizzontedell’illuminismodialettico.Al

contrario, dopo averpercorso il terreno delladialettica ed aver anticipatole conclusioni nihiliste cuiquell’esperienza conduce,dopo aver riabilitato ilnihilismo e fattogli assumerela modernissima figura diuna teoria dei segni,Leopardi libera la ragionenella sola direzione chepermetta di ritrovare unsenso di verità alla vita - il

terreno etico, laddovel’immaginazione puòimpedire ogni compromessoconseguente alla sconfitta ecostruire una via d’uscitanella crisi. La metafisicaleopardiana si approfondiscequi fino a costituirsi inontologia - permanentesfondo di fedeltà e dirinnovamento dei valori,permanenza della speranza.La questione critica deve

rimanereaperta: come,dopotutto ciò che è avvenuto, èmutato l’uomo? perché larivoluzione è di nuovopossibile? Accettare condignità e forza il desolatoorizzontedicrisicuiconcludela modernità dell’occidente,sapendo tuttavia cheattraverso il disperatosoffrirneèancorapossibileilsuo rivoluzionamento: questaè dunque la coscienza che è

costruita dalla metafisicamaterialistica ed è incarnatadalla disutopia di GiacomoLeopardi.

Antonio Negri è un

docente universitario, unfilosofo che ha insegnatodottrina dello Statoall’UniversitàdiPadovaedèstato docente alla ÉcoleNormaleSupérieurediParigi,

ospite, tra l’altro, di alcuneuniversità europee, comeFrancoforte, Friburgo,Berlino e Zurigo. I suoi librisu Marx, Spinoza, Descartese sui problemi dello Statomoderno edell’organizzazione operaiasono stati tradotti in tutto ilmondo. Attualmente vive elavoraaParigi.

OcreconversioneacuradiNatjus

LadridiBiblioteche

Proprietàletterariariservata.Copyright©1987by

SugarCoEdizionis.r.l.,VialeTunisia41,Milano,Italia.

ANTONIONEGRI

LENTAGINESTRA

Saggiosull’ontologiadiGiacomoLeopardi

perNinaAVVERTENZALeggoiCantidiGiacomo

Leopardi nell’edizione critica

di Emilio Peruzzi, Rizzolieditore, Milano, 1981(citazione: Peruzzi,...). CitodaTutteleoperediGiacomoLeopardi,nell’edizioneacuradi Walter Binni, con lacollaborazione di EnricoGhidetti, Sansoni editore, 2volumi, Firenze, 1976(citazione:TΟ,...).

Prefazione.LEOPARDIEUROPEO

Franco Venturi, a

proposito degli anni ’50 delsecolo scorso, nel suo«L’Italia fuori d’Italia»,1 faquesto inciso: «Furono quelli

gli anni in cui Leopardidiviene il simbolo dellapoesia italiana e, in qualchemodo, del paese intero, delvuoto storico che era venutoproducendosi tra il passato eil presente dell’Italia. Già neaveva parlato Sainte-Beuvenel 1844.2 Al di là dellaManica, nel marzo del 1850,Gladstone aveva dedicato aLeopardi un ampio articolo,dicendo che tra le fonti del

“patheticinterest”cheilpoetaandava suscitando stavano“the misfortunes of hiscountry,bothitspoliticaiandsocial, and its religiousmisfortunes”. Per l’uomopolitico inglese, “theblindnesstheChristianfaith”,dimostrata in tutta lasuavitada Leopardi, diventaval’espressione più dolorosa epiù alta dell’avverso destinocheavevacolpitoilpoetacosì

come la sua patria3 ... Nel1855, sulle pagine dell’ ‘‘Athenaeum français” era unemigrato russo, un amico diHerzen, un sopravvissuto delQuarantotto, Nikolaj Iva-novic Sazonov, a dichiararecheLeopardiera“undesplusgrands poètes d’Italie et l’undespenseursleplusoriginauxquinousoffrel’histoiredelaphilosophie”. Certo “laconsécration de la voix

populaire” non era venutaancora a coronare la suafama. Ma l’Italia era ormaimatura per capirlo, per farlofinalmente proprio. “L’Italiequi accomplit la restaurationnationale de la science et dela pensée, qui étudie avecamour son grand philosopheGiordano Bruno, n’oublierapas dans son Pantheond’elever un noble monumentà un de ses plus dignes

enfants”».4 Nello stessoperiodo le opere di Leopardierano tradotte, e il poetaampiamente conosciuto, inGermania.5

Se già a metà del secoloscorso Leopardi è noto inEuropa come simbolo dellapassata grandezza italiana edellasuarovina,edoracomesegno ed esigenza dirisorgimento, ciò puòavvenire ad una condizione:

che il pensiero di Leopardimostri consonanze profondecon il pensiero europeo.Leopardièun«casoitaliano»ma questo caso può essereinteso perché esprime, alivello europeo,unpassaggioomogeneo. È quanto troppospessoèstatodimenticatodaicritici, legati ad unaconcezione molto casalingadel «Risorgimento» e ad unatradizione e teoria letteraria

nazionalierestrittive.Eppure,anche trattenendosi su unterreno strettamente estetico,difficilmente si sarebbepotuto trascurare lapotentissima analogia chestringe la poesia leopardianaalla dinamica trasformativadella poetica ottocentesca—quella forza di innovazioneenorme che, su unostraordinariomercatopoetico,la caratterizza, inEuropa, fra

Hölderlin e Rimbaud, fraromanticismo ecostruttivismo fine-secolo.Tanto più queste annotazionivalgono quando il problemavenga considerato dal puntodivistafilosofico:senzatemadi esagerazione possiamoinfatti dichiarare che nellafigura di Leopardi, e solo inessa, il risorgimento italianosi pone al livello dellametafisica europea. Il

pensiero italiano era statostrappato allo sviluppoeuropeo all’inizio del XVIIsecolo: il rogo di GiordanoBruno e la condanna diGalileo rappresentano questomomento di crisi e diseparazione. Il tempo erastato tolto al pensiero e allapoesia. La repressioneseicentesca aveva isolatol'Italiadalconcertopoliticoeculturaleeuropeo.L’Italiaera

divenuta un’espressionegeografica, le sue tradizioniculturali si erano pietrificate,l’assenzadipassionedefinivail tono della vita civile. Ilpensiero e la poesia diLeopardi ci fannoimmediatamente vivere unadimensione diversa, cirestituiscono il tempo — iltempometafisicodellapoesiae il tempo dell’alternativapolitica;cifannorespirareun

fondo fluente diimmaginazione, ditrasgressione, dirisorgimento. La memoriadella catastrofe è qui assuntacome tema centrale sia sullungo periodo del ricordodella crisi rinascimentale, siasulla più breve esperienzadella sconfitta dei Lumi, delgiacobinismo, dellarivoluzione.Affrontarequestisnodi storici e portarli al

livello della sensibilitàeuropea del secolo,concludere in questasensibilità il processo diricomposizione dellamemoria storica e la sualiberazioneversounorizzonteuniversale,èquantoLeopardifa. Leopardi è dunque un«caso europeo» perché, perprimo,nonsolorappresentaalivello europeo la miseriaitalianamamostra,dall’Italia,

il ricomporsidiunaculturaalivello europeo— mostra inogni caso, la volontà, latensione, la passione a chequesto avvenga. La culturariscopre il tempo come suadimensione.

«... non è già nel tempoche tutto nasce e muore: iltempo stesso è questodivenire, nascere e morire; èl'astrarre che insieme è; èKronos, produttore di tutto e

divoratore dei suoi prodotti».«Lo spirito di un popolo... ènel tempo... Ha una storiadentro di sé. Come spiritolimitato, la sua indipendenzaè qualcosa di subordinato:esso trapassa nella stonauniversale, le cui vicendesono rappresentate dalladialettica... dal giudizio delmondo».6InEuropaèdunquela dialettica che propone alpensiero il tempo come sua

dimensione. La dialettica,tuttavia, prima di esseredivenuta enciclopedia dellospirito assoluto, è stataenciclopedismo, illuminismo,rivoluzionepolitica.Nellesueformestoriche, ladialetticaèvenutaprimadellasuafigurateorica. Il tempo è statoimposto al pensiero,praticamente.Ora,perquestaragione, la coscienza deltempo — e della sua crisi,

della negatività, del divenire,della rottura del divenire —può emanciparsi dallafilosofia dialettica. Ilproblema dialettico non siconclude nella figurarisolutiva che la filosofia e ilpotere portano ad egemonianel secoloXIX.Sipuò,anzi,giungere a dire che ilmoderno nasce solo quandoquell’egemonia dialettica èrotta, e il tempo è liberato

dallemagliedicontrollonellequali l' idealismo assolutotedesco o le nuove teologiepositivistiche francesi lochiudono. Sembra che allapoesiasiaaffidatalafunzionedi rompere: Hölderlinesaspera questa prova sulsorgere stesso della dialetticasistematica, Rimbauddissolve nella sua altissimalirica ogni prigione deltempo. Anche Leopardi è

dentro la libera sensibilitàtemporale del moderno. Eglila precorre, ne ricostruisce lagenesi pratica e ne sfiora laconsapevolezza teoricamatura — tutto questo fa invitro, nella distanza dellaprovincia dalla metropoli,nella separazione da un«centro»chesenteformarsiespostarsisemprepiù«versoilnord». Ma questo egli fa: eimprovvisamente, per una di

quelle strane causalità, diquelle eteronomie disituazioni e di fini che lastoria ci insegna adapprezzare, questa sualontana percezione delproblema filosofico centrale,questa sua appropriazionedella dimensione temporalecome asse del pensieromoderno, diventano unformidabile terreno critico.Perché,seladialetticariporta

il tempo al pensiero, sel’Europa ha vissuto e vive ladialettica reale dellaliberazione—lasuacrisielanegatività, ma anche lasperanza e la tensionedi unaripresa — se il capitalismocostruisce nuove strutturesociali, non basta apprezzaretuttoquesto,mettersiaquestolivello. Con laconsapevolezza del presenteoccorre vivere la critica del

futuro. Il tempo obbliga ilpensiero a questa mobilità.Ora,sull’orizzontedeltempo,il luogo solitario da cuiLeopardicominciaaguardareilmondo,aprelarghissimolospazio. Il prima e il dopo,visti, criticati — il presentesofferto nella tensione chequesta critica impone. Lalibertà e il liberalismo,l’iniziativa economica e ilcapitalismo, lo sviluppo

tecnologico e lamodernizzazione: nonbastano, occorre saperne ifini,occorrecomprenderechequestanuovarealtà, lungidalfarci rimanere stupefatti, ciimponelacritica.Iltempovaassunto nella filosofia cometempo criticato. La«separazione» leopardianadel/nel ciclo culturaleeuropeo del XIX secolo è laposizione privilegiata della

critica. E se, come abbiamoaccennato e come megliovedremo nel seguito delnostro lavoro, questa criticanon è certo il solo Leopardiche la produce nel periodoprecedente le rivoluzioni dimetà secolo, nel Vormärzeuropeo, se altre correnti dipensiero fra Schopenhauer ela sinistra hegeliana, fino aNietzsche e a Burckhardt,sono e saranno su questo

terreno presenti — pure, ladistanza leopardiana, il suovenire da una italica culturadella lontananza, che hamisurato la crisi qualchesecolo innanzi, tutto questocrea un effetto trasgressivo,una radicalità di giudizio euna tensione di progetto, talida rendere straordinaria laposizionestoricadiLeopardi.Leopardinascealivellodellametafisica europea: in più, il

cammino che a questa loporta, la violenza delrapporto, esaltano comeeccezionale la funzionecriticacheegliinterpreta.

Leopardieuropeodunque.Lasuamemoriaèeuropeaeiltempo che egli apprezza èquellochereggel’interociclostorico dei Lumi, dellarivoluzione, dellarestaurazione. Varie correntidi pensiero vivente si

intrecciano così a formarel’originalità dell’approccioleopardiano — approcciomaterialistico, fin da subito,perchéèquesto il terrenosulquale la coscienza del temposi rifiuta alla santificazionedel presente e quindi divienecritica.Seladialetticaponeiltempo al centrodel pensiero,la critica del tempo non puòche essere anti-dialettica,materialistica. Questo è il

secondo paradosso cheLeopardi ci mostra da subito— scoprendo con ciò ilradicalismo sia del suoapproccio alla tematicametafisica europea, sia laforza della sua critica. Tresonoifilonichecostruiscono,insieme alla limitata eppurcospirante lezionedell’esperienzastoricadiretta,il materialismo leopardiano.Da un lato, innanzitutto, il

sensismo e il materialismoilluministi, nella complessitàdelle dimensioni e degliscenari che essi sviluppano,dal comportamento filosoficoempiristico al costruttivismolinguistico, dall’atomismofisico all’immaginazionemetafisica. In secondo luogo,la tradizione filosofica epoetica italiana: quellatradizione umanistica erinascimentale che vede

l’uomocostruirelastoriaelastoria, nel bene e nel male,resa significante dall’azioneumana. Quest’ontologiaumanistica si incontra e siscontra continuamente, inLeopardi,conilmaterialismoilluministico. La forma nellaquale materialismo eumanesimo vengono aconfronto è dunque tragica.Un antagonismo fortissimopercorre l’incontro. Questo è

un momento di altissimaoriginalità teorica delpensiero leopardiano. Quituttiigiochisichiariscono.Ecome, nell’esperienza storicapiùrecente,larivoluzionesièscambiata fra rivendicazionedel diritto e terrore, fracosmopolitismo e rinascitadel sentimento nazionale, frauniversalismo e umanesimo,così nellamemoria storica ladialettica del tempo mostra

l’emergere ontologico delladifferenza. La sintesi delpassatoconilpresente,quellasintesi che il pensieropacificato definisce comedialettica, non è in Leopardipossibile. Il rapporto con ilmaterialismo illuministicosquilibra il disegno dialetticoe ne sconquassa l’ontologiapropria. Il senso delladeterminazione non si fagiocare nella prospettiva del

superamento. In Hegel,invece, la dialettica è unassoluto, «la temporalità èbruciata: ridotto il rapportofra prima e poi a legame dipremessa e conseguenza, ilfuturo è tutto precostituito eperde ogni imprevedibilità,mentre il presente è svuotatodi molteplicità scelta elibertà...; se, insomma, lastoria è questa mobile vitatemporale, in Hegel ogni

storia è bruciata».7 Non sidanno quindi, in Leopardi,vitaeconoscenzaepoesiasenon come aperturadell’esperienza a semprenuove determinazioni,dell’intelligenza al processocontinuodell’immaginazione.L’infinito non è mai attuale,non è mai concluso.Quand’anche lo fosse, purnelle forme del nulla, lepassioniumaneromperebbero

la sua solidità. Dolore edesiderio si oppongono al«solido nulla» — nonchiedono assolutezza contro«il progresso all’infinito...contraddizione non scioltache continua sempre adenunciarsi come presente...contro l’infinito ripetersi diquesto noiosoavvicendamento di finito edinfinito».8 No, non chiedonoassolutezza. E l’infinito resta

comunque, in Leopardi,infinito — infinito delledeterminazioni, delle essenzedel-l'immaginario. Ladialettica dunque non sichiude. Leopardi vive lagenesi della problematicacontemporanea, meglio,coglie il problema dellafilosofiaclassicatedescanellasua genesi. Egli propone lealternative costruttive dellasoggettività trascendentale

nellerubrichedelnaturalismoedelmaterialismo.Definiscela costruttività trascendentaleper sottoporla allo scontrocon un reale irriducibile.Vede l'immaginazionetrascendentale svolgersi inmanierainconclusa—enutresu questa inconclusività lasperanza materialistica. Valeadireche tutte le aporiee ledifficoltà e la crisi delladialettica sono da Leopardi

anticipatamente considerate,nella immediatezzadell’apparire, nella loronecessità: è questo il terrenosu cui si prova il suopensiero.La critica dunque èpiegata al materialismo. Ilmaterialismo è diconseguenza innalzato allacritica. Il rapporto fratradizione umanistica ematerialismo illuministicoviene dunque svolgendosi in

forma critica, post-critica.Non c’èmododi chiudere lacrisi che la rivoluzione haprodotto:meglio,vièunsolomodo,edèquellodivalutare,al di là di ogni forma disintesi, in un apprezzamentotanto disincantato quantopotente, quello che larivoluzione,isuoisviluppi,lesue varianti ci hannoproposto.Cogliendo,dunque,quel mondo che nella

rivoluzioneèstatocostruitoechenellacrisioggisidibatte,questo trascendentale di unarivoluzione sconfitta, comeunica realtà data. Ma nongoduta. Ma insopportabile.L’immaginazione attraversadunque questo mondo, neaccettalecondizionieilpeso— e quando se ne stacca es’alza, lo fa dentro ledeterminazionidiquestoreale— eppure, con quanta forza

lo fa. La memoria è unaprigionechesiattraversaesirompe—di là da questa c’èla possibilità di tuttocostruire. Il poeta camminanella notte, ma cammina. Ilmaterialismoleopardianononè perciòmaterialismo antico,non ha — di quello — larigidità delle qualificazionimetafisiche, è bensì unmaterialismo che si scontradirettamente con la dialettica

e, alla dialettica, oppone unrapporto, materiale, poetico,sociale, come chiave diinterpretazione e ditrasformazione delmondo. Ilsensodell’essereverohaunafunzione di continuadiscriminazione del reale —esso ha inLeopardi, per cosìdire, il luogo che l’ironia hainSchlegel:ma soloquando,inquest’ultimo,l’ironianonèunrendererelativoilpresente

rispetto al passato bensìcompiere quella medesimaoperazionerispettoall’essere,alla speranza, all’agire.«L’ironia è la chiaracoscienza dell’agilità eterna,della infinita pienezza delcaos». In questo senso «lapoesia romantica è poesiauniversale progressiva»;9 inquesto senso Leopardi èprogressivo — nel camminoche il lume di una ragione

disincantata e potenteintraprende sul terrenoontologico, discriminando ericomponendo poeticamentelefiguredell’esserevero.

La poesia si pone allostesso livello del pensieroriflesso. Fa corpo con essoperché solo la poesia puòspostare in avanti laconoscenza dell’essere eorganizzare, con vigoreestremo, questo seguito di

materialistiche rotture. Lapoesia è la formanellaqualeil materialismo esalta ladimensione critica che locostituisce. Se è impossibileimmaginare Leopardi fuoridalla sua poesia, è perchénella sua poesia è contenutoun sapere, un complesso disaperi, una chiave teorica dicostruzione del mondo.Paroleecosesonostrettenelrapportopoetico, riscoperte e

riprodotte nella totalità delledimensioni determinateattraverso un processocostitutivo che sempre più simostra come una vera epropria ermeneuticadell’essere: la poesia dicel’essere perché è dell’esserela chiave di volta, la formaadeguata ad un contenutodinamico e costitutivo. Tuttociò nella materialità, nelmondo delle determinazioni,

del «questo». In ognimomento la poesialeopardiana è come unviaggiare permare vicino aduna costa rocciosa: ledeterminazioni, i «questo» sisusseguono come scogli efondali bassi. Eppure qui v’èun inganno possibile, v’è lapossibilità che la poesiascelga, nel mezzo di questotrionfo della determinazione,l’indifferenza di se stessa

come produzione. Per dirlacon Heidegger: se la poesiacostituisce «la metafisicanella sua più intimaintenzione»poichéessaè«lamateria essenziale da cuil’essere si costruisce inquantotale»,10dovefinirannole determinazioni? Nelmomento stesso nel quale ilmaterialismo critico diventacosì radicale da esprimersicomepoema,inquellostesso

momento esso si risolve nelflusso e si perde in unorizzonte di inafferrabilità.Quel cammino che sembravacosì lineare diviene confuso.E tuttavia, su questo punto,Leopardi riesce in una delleoperazioni più originali ecomplesse che la filosofiamoderna e contemporaneaconoscano: se l’essere inquanto tale è poetico, se nonv’è altro essere che non sia

poetico, questo non significaperdereledeterminazioni,mascoprire le differenze.Dislocare il terreno delladeterminazione dal mondodellaconoscenzaall’orizzonteetico.Nulladikantiano,nulla— soprattutto — diSchopenhauer in questascelta: perché, pur dislocato,l’orizzonte resta quello delladeterminazione etica, del«questo», del soggetto etico.

Una vera e propria«metafisica dei costumi» èquellacheLeopardi,apartireda quell’apprezzamento e daquelle difficoltà ontologiche,sviluppa.Vede l’azione eticacostituire le condizioni dellaproduzione e dellariproduzione umana, delladurata sociale e dellacomunicazioneintersoggettiva, il mondodella virtù e quello della

politica. Ma nello stessotempo vede l’azione eticadiscriminare, scegliere,separare. La vita contro lamorte, la gioia contro ildolore:esequestadifferenzache soffriamo e cogliamopraticamente,nonriusciamoafarla trionfare sul terrenostorico, pure la poesiaripropone continuamente ilcontrasto, l’antagonismo, larottura. «Il n'y a plus des

manichéens,disaitPanglos.Ilyamoi,réponditMartin».

A partire da questasituazione critica possiamocogliere una terzaqualificazioneedè,dopoaverdefinito in ipotesi Leopardicome uomo europeo e comepoeta materialista, quelladell’attualità. Leopardicompie nella sua esperienzaun cammino del tuttospecifico. È il cammino che

loporta,attraversol’universosensistico, dalla critica dellanatura all’elaborazione delconcettodi«secondanatura».Ora, questo concetto di«seconda natura» è nozionequanto mai consueta nellacontemporaneità. Non ciinteressaquisaperesequestoconcetto, e quell’universodelle rappresentazioni e dellacomunicazione che loriempie, siano stati elaborati

daifilosofidell’«ideologia»odai poeti romantici—quellocheci interessaècogliere,dilà da questa specificità, laportata generaledell’immagine. Il mondo èdivenuto artificiale. Maquesta artificialità non togliealla mondanità il fatto diessere reale. Ledeterminazioni dellacomunicazione copronol’intero spazio

dell’interazione umana e neattribuiscono il solo sensopossibile.Ora, Leopardi vivee descrive questo passaggio—dallanaturaalla«secondanatura» — come passaggiodal significato al senso, dallecosealleparole,ecomprendecomequestopassaggiosiaunpassaggio che investeinteramente l’essere, loriqualifica e lo ridetermina.Leopardi frequenta la

«secondanatura»,ilmondodipsiche, del sapere, dellapolitica,enetraduceidialettie ne penetra lo spirito. Leforme poetiche qui simoltiplicano — il fareleopardianoassumegliaspettidi una mobilissima, di voltain volta, ironica gioiosasarcastica crudele,enciclopedia dello spiritopoetico.L’universoartificialeè mostrato con arte. I fatti

linguistici divengono giochiontologici. Qui la poesiacostruisce un mondo. Lamaterialistica metafisica deicostumi comincia qui adanzare.Levitàeindifferenzasiscambianocontinuamenteiruoli, ma l'artificialità nontoglieladensamondanitàdelquadro. Quest’illusione èeffettuale. Comincia qui aproporsi,nelladefinizionedelquadro,lagrandestrategiadel

Machiavelli lirico. Sì, perchéquesta dignità, questaattualità, questa costruttivitàenorme,chepartecipanodellapotenza metafisica della«seconda natura», lasciano,tuttavia, in una situazionealtamentecritica. Ilmondosicostruisce continuamente manon riesce a dar prova dellapropria realtà — un sensoviene imposto al mondo, manoi non riusciamo a

comprenderneilsignificato,ela seduzione che a questocangiante orizzonte ci leganon toglie la perversionedell’assenza di valore. Ungrande passaggio storico èrappresentatosuquestascenapoetica — vi è descrittol’assorbimento della societànelcapitale,questacatastrofeinnovativa che il secoloXIXvivrà intera. Non dunque lasemplice rivoluzione

capitalistica ma il formarsidell’egemonia del capitale.L’attualità di Leopardiconsistedunqueinquesto:nelfatto di aver per primopercepito, a livello dellapoesia e sul ritmo dellestrutturali gradazioni delgiocometafisico,ilpassaggioalla sottomissione dellasocietà da partedell’artificialità capitalistica.Un’artificialità possente,

artificiale solo perché fruttod’arte e non di natura, mapotente come una «secondanatura».Leopardi descrive lagenesi di questo processo, locoglie nella sua formalità, locritica, ne segue comunquegli schemi e le dinamichefantastiche. Noi ora viviamola realtà di questasottomissione, non piùsemplicemente la suaformalità,lasuapossibilità—

la sussunzione della societànel capitale è per noi laquotidiana esperienza dellasolidità del comando,dell’impossibilità ditrascenderlo — perciò, tantopiù, sentiamo la forzadell’approccio leopardiano.Questo lungo secolo che cisepara dal Leopardi è statosolo un progresso nellasottomissione della società alcapitale — questo progresso

ci ha esibito l’espressionemassimadell’infelicitàedelladistruzione. La poesia haanticipatoilrealeeilrealehaconfermato la poesia. Ora,Leopardi è attuale perchéassieme alla comprensioneiniziale del processo ci offrelacriticadiesso.Valeadire,chequelmondoindifferenteecompatto che egli vedecostruirsi, sensato ma nonsignificante, egli vuole

romperlo.Tutte le dinamicheche in questa figura vengonocomponendosi egli vuole edeve distruggerle. L’eventodellacriticasihaquandoessasi libera dalle determinazionidella soggezionemetafisica efa muovere fra quelledeterminazioni una nuovaproposta — la metafisica sidevefondaresull’etica.Enonha alcuna ragione chi rigettaed insulta questa operazione

pretendendo che mai in talmodo si darà fondamento.Perché Leopardi non vuolefondamento—ilfondamentoèiltuttoontologiconelqualeè immerso, il gioco dellesemprenuovedeterminazioninaturali, questa specie dimateriale soffocantedegradare del dominio.Contro il fondamento sonol'attoetico,l’eventocritico,lastrategia poetica — che

insorgono. Non c’èfondamento; c’è solo unrapporto inconchiuso,dinamico, drammatico, chevuol farsi soggetto. Meglio,quelmaterialismopost-criticodi cui abbiamo parlatodivienequiunsoggettoetico.Esso si rifiuta di esseretravolto nell’indifferenzadella «seconda natura», nellatotalità delle dimensioniinsignificanti che la

costituiscono. Ricercal’essere.L’ontologiasiscuotedall’artificialità. Si ricercacome soggetto. Di nuovol’antagonismo, ilmanicheismo, il grido dirivolta del poeta. Dentro laforza del suo apprezzamentocritico del mondo noicomprendiamo, dunque,l’attualità della poesia diLeopardi.

Al Leopardi europeo

risponde una criticadesolatamente italica. SeLeopardi infatti è poeta delrisorgimento, non è poeta diquel«Risorgimento»cheunafortuita quanto sciagurataalleanza fra profitto e renditaci ha storicamente regalato.Eroi ed epigoni di quel«Risorgimento» han subitosentito la «differenza» diLeopardi: da subito, quindi,abbiamo un’interpretazione

che, scontrandosi conLeopardi — inevitabilescontro—tentadi recintarnel’impatto. Il soggetto eticodellapoesialeopardianavienecosì schiacciato sul soggettoindividuale e la tristissimavicenda vitale del poetatradotta in simbolo della suapoesiaedellasuametafisica:da «una vita strozzata» al«poeta dell’idillio». Né,d’altra parte, coloro che si

sono opposti a questainterpretazione hanno megliocaratterizzato la figuraleopardiana: raccogliendo lebandiere che la borghesiaaveva lasciato cadere ereinnalzandole verso radiosiorizzonti, han trasformatoLeopardi in apologeta di unfalsoprogresso.LaprotestadiLeopardi non era più rivolta,a questo punto, control’insensatezza di quello

sviluppo e contro l’infelicitàindividuale che ne derivava,ma contro uno sviluppostorico incompiuto, strozzatoesso stesso. Leopardimoralista, Leopardiprogressista. Anche questevesti Leopardi non vuolemettere, perché il suopensieroe lasuapoesiasonopuramente e semplicementerivoluzione. Egli non hamemoria da difendere né

continuitàdaimporre.Lasuapoesianascedalla rottura.Larotturadefinisce,caratterizza,conclude l’approcciopoetico.Una rottura che è, prima ditutto, interruzione,trasgressione, violenza —rottura quindi in sensoproprio. C’è uno strappo asegnare il volere poeticoleopardiano, uno strappo chel’eleganza classica del suolavoro gelidamente distende

nel processo poetico. Questoattodi eversioneèessenzialee determinante: su questosnodo, la sintesi e ilsuperamento dialetticivengono tolti, pur comefantasmi, come semplicipossibilità ideali. Anche inciò consistono il segreto e ilmiracolo della poesialeopardiana: nel sapermantenere viva la violenzadell’approccio come radicale

caratterizzazione dellosviluppo poetico. Questo inprimoluogo.Poiildiscorsosislarga. Rispetto alla storia lapoesia spiazza la conoscenzae la colloca su un nuovolivello ontologico. Ciò che èestrinseco, ciò che èsuperficiale, ciò che èartificiale, è alloraattraversato dalla letturapoetica, ricostruito dallalettura poetica. Questo

spiazzamento concludeall’etica: la poetica infatti,rompendo la superficialitàdell’essere,progettaunaverae propria costituzione umanadel mondo. È nellapartecipazioneaquestoflussocostitutivo che la poesialeopardianaponel’alternativapiù alta contro ognicospirazioneintesaarisolveredialetticamente il processostorico. Leopardi disloca il

realefinoadunorizzontesulquale ilmondoècostruito.Èil rapporto fra il lentomovimento ontologicodell’essere e la potenzadell’ispirazione poetica,dell’atto di rottura e dicostituzione, che diventaquindi centrale. Fra «lentaginestra» e «Begeisterung».Questo rapporto è ilfondamento. Un fondamentocompletamente aperto e

tragico,precarioecostitutivo,eppure definito dallasperanza.Unmovimento chetalora sembra esserependolare,checomunquenonè mai dialettico, perché ilsegmento di quel ritmo èsemprespezzatonelmuoversiinavantidelprodurrepoetico.Poesia e metafisicacoincidono in Leopardi conquestoandamentodell’essere.Qui la poetica è talmente

interiore all’ontologia che imeccanismidell’autovalorizzazione simostrano come un flussonaturale: non semplicementeuna prima né una secondanatura, ma piuttosto unaterza, una quarta,un’ennesima natura che ilconsolidarsi delle successiverottureedellasperanzavienedeterminando perquell’«animalestorico»cheè

lacoscienzaumana.Leopardirivoluzionario quindi —un’esperienza dellarivoluzioneche,andandoaldilà del «Risorgimento», sicollega all’esperienzaeuropea, materialistica,all’attualità di un processoche libera l’uomo intero. Unradicale umanesimo,rivoluzionario e collettivo,organizza la poesialeopardiana, il suo processo:

un umanesimo distruttore diogni ipocrita favola dilimitate libertà e di enormeprogresso, costitutivo di unfondamentoantagonisticoediindefinito desiderio,produttore di unmaterialistico progetto disolidarietà.

Ècosìchel’attualitàdellapoesiadiLeopardisipresentaa noi. Dobbiamo provare atoglierla da quella vetrina di

museo nella quale giace,catalogata in manieracompiaciuta,al terminediunlungo lavoro dineutralizzazione. Dobbiamoriportarla all’evento critico,all’azione, al progetto eticoche la anima, dobbiamoriconoscere in essa quellagrandezzafilosoficachenefaun’alternativa radicale allacultura borghese e dialetticadell’ultimo secolo. Leopardi

va celebrato su questo luogodella critica, perché haforzato la verità del mondofino a scoprirne ladimensionedinamicaevitale,collettiva e costitutiva. «Hapotuto far questo, perché eraun uomo d’azione, come èogni filosofo autentico. Direla verità fu la sua azione,un’azione massimamenteeroica, appuntata al destinostesso dell’uomo. Mentre

preclusea sé l’amabilità, conla sua parola sprezzante ecristallina, agli altri offrìl’occasione di conoscere lavita, gettandoli nel bagnogelato di una ragione sana,perché si scuotessero daltorporedeinarcoticimoderni.IgiovaniamanogiàLeopardipoeta: dovranno ora onorarlocomefilosofo».11

CapitoloI.LACATASTROFEDELLA

MEMORIA

1.Tempodidialettica

Settembre1818:All'ltalia,

prima grande canzone diLeopardi. «Canzone civilepetrarchesca», la cataloganogli interpreti: «riprendeinoltre temi di certa liricaeloquente del Testi, delChiabrera,delFilicaiafinoalMonti...». Bizzarrocommento: a me già i primiversidella canzone sollevanounaquantitàd’altri problemi.«Opatriamia,vedolemuraegli archi / E le colonne e i

simulacri e Terme / Torridegliavinostri,/Malaglorianon vedo...» (All'ltalia, vv.1-4).1 Questa disgiunzione èforte: «Ma la gloria nonvedo...». È, questo «nonvedere», sintomo di interioremalessere del poeta oppurerivelazione di un’oggettivarotturadell’orizzontestorico?È comunque evidente che,con ciò, Leopardi dichiarauna situazione critica — la

memoria si scontra con ilpresente, il suomovimento èquello della discontinuità. Èquesta la condizioneoriginaria della poesia diLeopardi? Forse. Certo, suquesta disgiunzione e sullarottura così rivelata riposa ilsenso del canto. Solo diquesto o di tutta la primaproduzione poetica delLeopardi? Credo che suquesta prospettiva sia utile

portare la ricercaperché,benoltre Γimpaccio della formaretorica, qui si sospetta unimportante problema.Muoviamodall’assuntocheilrapporto con la memoria siaanche rapporto con unlinguaggio ed un pubblico.Ora, se il rapporto del poetacon il pubblico, con il cetonobileecolto,cosìcomeconil suo proprio universo divalori espressivi, è mediato

dalla memoria — nellafattispecie, dalla tradizionedella cultura classica e dallasua rivoluzionaria, giacobinatraduzione (e la memoria èpresacomebasediuniversalecomprensioneecome tramitedi comune ricerca) — è inquest’ambito che il giovanepoetaponelasuadomandadigloria, nella ripetizione delrito e nel rinnovare l’evento.Meglio, egli pone qui il

problema di una verifica delpropriolinguaggioedellasuaansia di comunicare. «Ma lagloria non vedo»: ladichiarazione è forte,coinvolgente— la crisi dellamemoriaèun tutt’unocon lacondizione attuale del poeta,delsuopubblico,dellasocietàcivile.Seessapossaaprirsialriscatto o debba invecechiudersi nella miseria, è iltema che qui è posto in

discussione.2Un grande scenario si

apre dunque sui primi versidella canzone All' Italia. Senon avessimo avuto presentequestoscenariononavremmod’altrolatopropostoilnostrointerrogativo con taleintensità: invero, su quelladisgiunzione, risiede ecomincia a farsi evidente lospecifico della sensibilitàgiovanile di Leopardi.Non è

una specificità semplice,questa che interroghiamo: èun cogliere Leopardi, fin dasubito, al cuore dellaproblematica culturaleeuropea,dellesuedimensionie della sua crisi.3 Ora,nell’ultimo trentennio, benoltre Recanati il flusso dellamemoria storica s’erascomposto e non piùomogenee erano apparse lesequenze sulle quali si

potessero tradurre in terminiclassici le vicende attuali.4Crisi di pubblico? Certo, mail gioco era più profondo esostanziale. In Europa— frail 1789 e il 1815 — lamemoria era letteralmenteimpazzita. Sul teatrodell'Oeffentlichkeit,rivoluzioneereaziones’eranoscambiate le maschere: ilgiacobino s’era trovatodespota,Brutos’erainventato

Cesare. Sul fronte dellareazione, o semplicementedella restaurazione, lemutazioni non erano menoradicali, némeno paradossalieconfuse—laresistenzaallarivoluzione, ancorandosi aivecchi valori tradizionali ereligiosi, era venuta inmaniera imprevistaproducendo o appoggiandorivendicazioni di autonomiaindividuale e nazionale, la

restaurazione della religioneambiguamente civettava conuncorpososensodellalibertàdellacoscienzaeilcultodelletradizionipatrieconlanascitadel moderno sentimentonazionale.5 Ma tutto ciò,ancora, indistintamente econfusamente.L’immaginario collettivo èsottoposto ad una grandeepocale tensione. Oltre edattraverso De Maistre e

Chateaubriand, la De Staël eBenjaminConstant,giungonoallegazzetteeallebibliotechedella società europea colta, ein particolare — contelegraficacelerità—aquellaitaliana, messaggiinequivocabili e denunceimpressionantideldisagio—la crisi (ed i tentativi disoluzione) si pongonoesplicitamente il problemadella continuità dei valori e

dellamemoriastorica.Il punto critico,

essenziale, è la traducibilità— nel continuo dellamemoria classica — deitermini «ragione, progresso,lumi» e di quello «libertà»:l'omologia si è spezzata,innumerevoli sono lealternative, nessuna sintesi èprevedibile. Vieneformandosi un nuovo clima.Ma è nebbiosa l’atmosfera e

non offre punti diorientamento né solidecondensazioni di nuovivalori: nel vecchio gergomaterialistico si direbbero,queste nuove tendenze, piùsensibili all’olfatto che altatto,piùpercepibilidalsensodebolechedaquelloforte.Latensione non è dunquetrasformazione, non ne ha lapotenza, ilprofiloèbasso—questosullatodelleinfluenze

francesi. Più lenta, certo piùprofonda, per ora tuttavia inItalia quasi inavvertibile, èl’influenza della nuovacultura tedesca. Lessing,Kant, Goethe, Schillercominciano appena adapparire nei cataloghi delletraduzioni. Autori minorisono invece largamentediffusi. Senza presentaredecisive determinazioni mapiuttosto introducendo, fuor

di terra tedesca' anche inquestocaso,adunclima—ilromantico — che, a primavista, si presenta con i tonidell’indistinzioneprogrammaticaediunasortadi «postmoderna» sensibilità(quandodasubitononappaia— lo denuncerà Leopardi undecennio più tardi — comeperniciosa «nuovacredenza»).Checosavieradicomune in questo insieme di

influenze?Reazioneall’epocadei lumi, certo: detto intermini più concreti,banalizzazione del recentepassato di trasformazionerivoluzionaria, nelle correntipiùmondaneemoderatedellarestaurazione; in tutte,distruzione delladeterminazione egemonicadella memoria classica comeproiezione rivoluzionaria;infine, invenzione di un

nuovomodello dimemoria esua esaltazione, come diun’indistinta profondapotenzadella continuitàdellastoria, nelle correntiestremistiche della reazionepolitica. Dove conducevaquestomovimento?Eccociadun punto centrale. Larestaurazione politica, laschietta reazione avrebberopotuto fingersi egemonichesolosenullasifosseopposto

a questa ideologicariqualificazione dellamemoria. Non è così: larottura dellamemoria, la suainnovazione reazionaria nonacquistanosegnodecisivo.Laresistenza è almenoaltrettanto forte dellareazione: il gioco di forzeegualiecontrarieprolungalostato critico. V’è chi soffredel suo disastro, eppur nonvuole rinunciare alla

memoria. V’è chi pensa diricostruire nuove dimensionideivaloriedeilumi.Difatto,comunque l’ideologianuovamente venisseconfigurandosi, una grandetrasformazione degli animis’era verificata. Nessunareazione, per quanto cieca,nessuna restaurazione, perquanto intelligente, potevanoaverne ragione — larivoluzione, pur eclissata,

viveva. La forma delladiscontinuità della memoriadiveniva così,equivocamente, elementocentrale — la forma era piùimportante dei contenutirestaurativi che attraverso diessa si volevano filtrare.Equivocamente, appunto,poichéneppurelaformadelladiscontinuità può divenireorizzonte egemonico. Vincel'indifferenza.Una primavera

reazionaria — mariproducetesi nel segno dellanegatività, del profilo basso,dell’impossibilità di renderesoggettiva la catastrofeoggettiva della memoriastorica.Insomma,nullariescea rompere la viziosa eimpotente congiunzione frasenso della catastrofe diun’epoca rivoluzionaria etentativo di restaurazione diuna memoria destoricizzata.6

Unclimadiindistinzioneedistanchezza, fissatosi tradiversealternativesulterrenoeuropeo,èquellosulqualesimisura la richiesta di gloriadelgiovaneLeopardi.

Edèappuntonellastancaatmosfera di questareazionaria stagione che siforma anche il cantoAll'Italia. Proviamo aconfrontarlo con la canzonepetrarchesca: lo scontro è

quello che nello Zibaldonecosì bene Leopardi descrive,nello stesso periodo: loscontro delle origini e dellaripetizione, dell’eroico e delretorico, del vivo e delmorto.7 Eppure, di converso,nel sottolineare ladiscontinuità della memoriarispetto alla forma ideologicache le si vuole imporre, lacanzone leopardianaraggiunge attimi di grande

poesia:«Primadivelte,inmarprecipitando, / Spentenell’imo strideran le stelle, /Che lamemoria e il vostro /Amor trascorra o scemi»(All'Italia vv. 121-124).L’irriducibile dell’esperienzastorica si oppone allatrasformazione ideologicadellamemoria.Quellohaunapotenza naturale — comepotrebbero il retorico el’ideologico, pur diluiti nella

natura, costringerlo alla loroproduzione? L’elegia èarticolazione della catastrofedella memoria: «E sul colled’Antela, ove morendo / Sisottrasse da morte il santostuolo, / Simonide salia, /Guardando Petra e lamarinae il suolo. / E di lacrimesparsoamboleguance, /Eilpetto ansante, e vacillante ilpiede, / Toglieasi in man lalira» (All'Italia vv. 77-83).

C’è dunquemodo di liberareilveroditraleatrocivicendedella memoria storica!Quand’anchedaquesta si siaoppressi, la poesia, la suaimmediatezza possonoraggiungereecantare ilvero.È questo, dunque, il sensodella discontinuità quiproposto? Forse. Di fattoLeopardiviveunacondizionedifficile e comune: èprigionierodiunaculturache

si vuole, di contro al recentepassato rivoluzionario,interprete di forme antiche edicontenutireazionari.Nonètuttaviasoggiogato.Maachegiova questo residuo dilibertà? La sua condizione,aggravata dalla saturazionepersonale negli studifilologici condotti con ferocedeterminazione, è costruitasotto un triste orizzonte. Gliattimidipoesianonrisolvono

questa condizione:l'illuminano. Quali che sianolesueconnotazioni—profilobasso, indifferenza, pur lamemoriaèprigione.Leopardia vent’anni vive se stessocomememoria. «Amarissimaallor la ricordanza /Locommisi nel petto, e miserrava/Adognivoceilcore,a ogni sembianza. / E lungadoglia il sen mi ricercava, /Com’è quando a distesa

Olimpo piove /Melanconicamente e i campilava» (Il primo amore, vv.61-66).8 Certo, la sua è lacondizione normaledell’intellettuale su questoaprirsi del diciannovesimosecolo: a tutti sono datiquesto contenuto pesante eassurdo,questadensitàdiunamemoria indistinta e, solonella confusione dei suoitermini, afferrabile. In questa

concretizzazione storica dellamemoria, il mondo è vissutoin immagine, in immaginediinfelicità. «Anche di gloriaamor taceami allora / Nelpetto» (Il primo amore, vv.73-74). La situazioneoggettiva ridonda sullacondizione soggettiva. Lagloria, cioè la trasfigurazionedellamemoria inpassione, lasperanza di una sua efficaciafutura e collettiva, tace. La

memoria non è praticabile,neppurelagloriapuòesserlo.È per questo che le duegrandi canzoni civili diquestoperiodonondecollanoverso un’alta figura poetica.9Il tessuto di memoria sulquale entrambe si staglianonon scopre un disegno netto.La confusione del contenutomemorativo imbroglia ildiscorso, che continuamentericerca nell’atto di volontà

eroico, nell’invettiva, oparallelamente nelripiegamento psicologico,elegiaco, naturalistico, unsostituto allo sviluppodell’intenzione poetica.«L’armi,qual’armi:iosolo/Combatterò, procomberò solio. / Dammi, o ciel, che siafoco / Agl'italici petti ilsangue mio» (All'Italia, vv.37-40): eccoci sul latoretorico. Oppure, di

complemento, un quasiossianico sordo naturalismo:«Di lor querela il borealdeserto / E conscie fur lesibilantiselve./Cosìvenneroal passo, / E i negletticadaveri all’aperto / Su perquello di neve orrido mare /Dilaceràr le belve...» (Soprail monumento di Dante, vv.154-159). Certo, in entrambele canzoni appaiono alcunitemi politici — ed in

particolare un astiosoatteggiamentoantinapoleonico, unito allasincera pietà per i cadutiitaliani nella ritira-ta diRussia:maquestiteminonsisviluppano coerentemente,non sostengono un’opera dichiarificazione e giocano almassimo un ruolo dicontrappunto rispettoall’emozione retorica deicanti.Nondimenosi forma la

domanda storica: «Perchévenimmo a così perversitempi?»(Soprailmonumentodi Dante, v. 120). Ma essanon ha qui risposta.Svaporando nella confusionedellamemoriaquestecanzonicivili contengono passaggichel’ironicotardogeniodellaBatracomiomachia potrebbefar propri ed attribuire agranchi o a topi.10 Nullainfinemutaalgiudizioilfatto

che queste canzoni (alla loropubblicazione nel 1819)siano, come testimoniaGiordani, accolte conentusiasmo e definite «unmiracolo». Quel «fuocoelettrico», eloquenza resta enondivienelirica.L’invettivamorale e il rumore classiconon riescono a scuoterel’indifferenza della memoria,a ridare vita al passato —costituiscono al massimo un

omaggio al passato, base diun monumento e non di unasperanza.

L’indistinzione dellamemoria pietrifica il passato,determinacioèl’impossibilitàdi percorrerlo, discriminarlo,articolarlo. L’indistinzionedella memoria blocca efeticizzailpassato.Nellealtreopere poetiche delmedesimoperiodoquestieffettiperversiassumono immediata

evidenza.Nei due frammentiSpentoildiurnoraggio11eIoqui vagando12, lo sfogonaturalisticoannullailricordoconfondendo l’io nellatempesta. L’irrompere deglielementi naturali («O carenubi,ocielo,oterra,opiante,o turbine» ecc.) diviene unalamentosa meteorologicaelencazione. La tempèsta,nell’artificialità dellarappresentazione che esagera

ildrammadellamemoriaeneesaspera il motivo (lapartenza dell’amata), nonformaungiorgionescoquadrodi chiaroscuri, di piani, dicontrapposte determinazioniespressive. Tuttos’appiattisce.«Tacevailtutto;ed ella eradi pietra» (Spentoil diurno raggio, v. 76).L’unicosviluppodrammaticodi queste composizioni —«Come fuggiste, o belle ore

serene! / Dilettevol quaggiùnull’altro dura / Né si fermagiammai, se non la spene»(Spento ildiurnoraggiovvb.25-27)—èsubito,conforza,schiacciato sull’immaginenaturalistica. La catastrofenaturale non è un ambito, unprocesso, un’occasione diumano contrappunto. Èpietra. L’ampiezzaargomentativa e la curastilistica de II primo amore

non modificano, anzipermettono di megliocomprendere la durezza e ledifficoltà di questa primacondizione poeticaleopardiana. L’insistenza chequisiaddensasulconcettodi«imago» («Che la illibata, lacandida imago», «Spira nelpensier mio la bella imago»— II primo amore, v. 88, v.101 e passim), non altera itoni elementari del

naturalismo del canto. Ilpersonalissimointrecciodellesensazioni, dagli sguardi agliascolti ai tremori notturnidell’animo, non togliel'indistinta, ed altrimentipredicabile, connessione congli stati di natura. Unacondizione ecologica più chelirica, una immersionenell’indifferenza più che unatensione appassionata: ladrammaticità del dialogo si

annullainfreddadescrizione.Di contro, l'«imago»,isolandosi,illudequasidiunatensione lirica, lì lì, presente— da afferrare, pur esile.Neppur questo riesce:l’«imago» non arriva aplasmareilcanto,anch’essaèstatica,ripetitiva,pietrosa.Hatalora la lucentezza delcristallo ma la sua stessageometrica freddezza.L’«imago» è memoria

stilizzata—forse,dell’attualedeterminazione dellamemoria leopardiana,simbolo efficace: memoriacome densità di fermi statidella mente, della natura,della storia. Quanto piùquesta densità si forma, siaccumula,tantopiùessaesigeun’articolazione— tanto piùsiavvertechequimancaunametodologia poetica sicura.Lo sviluppo di una poetica

dell’«imago» fissa qui,piuttosto che muovere,l’insieme dei toni e deicontenuti eroici, naturalistici,psicologici della volontàpoetica. L’«imago» è laformaridottadiunamemoriaconfusa.

Se la nostra ricerca siarrestasse su questi primicomponimenti leopardiani,potremmo farci crociani enotare il sostanziale

fallimentodella«poesia».Mala genesi contiene ilparadigma dello sviluppo —è inquesto senso, allora, chenoi possiamo sottolinearequanto Leopardi stessoavverta il limite del suo farepoetico.Delsuofareverità.13Di conseguenza, egli, quellimite, lo forza. Vedremonell’epistolario e nelloZibaldone (che ora cominciaa comporre) quanto

violentemente esistematicamente i limitisiano trasformati in ostacolida superare. Leopardi sa dicominciare. Il genio apparecome vocazione. Questecomposizioni sono solo unlavoro abbozzato — quantodenso di problemi! Questecomposizioni costituiscono ilproblema, lo formano, lodanno a noi da analizzare, aLeopardi da risolvere. Le

difficoltà poetiche nontolgono il Kunstwollen.Facciamo dunque il punto,per la prima volta. Siamo difronte ad una comunquemeravigliosa apparizione digenio poetico — e siamoanche dinanzi ad una prima,vaga ma decisiva,problematizzazione dellamemoria. Il fatto che essa cisipresenti«dipietra»ocome«monumento» non toglie che

il lavoro poetico si stiamisurandoinquestomondoecon questa vastaintenzionalità. A partire daquesto primo blocco diproblemi, dovremo dunquevedere come Leopardiproceda, come sviluppi ilproblema della memoria —come, insomma,attraversando questasingolare intersezione dipoesia e cultura (fissatasi

sulla memoria e nella suacrisi),eglipervengaadaprirenuove possibilità allacreazionepoetica.

V’è una prima serie dielementi da considerare. Iltema della memoria,comunqueacquisito,sepostoal centro del fare poeticocomporta l’emergere deltempo,delsuoconcettoedelsuoproblema.14Attraversolamemoria, il tempo diviene

materia del poetare. Se lamemoria ci si presenta comepietra, resta tuttavia unacostituzione temporale.Tempo perduto dallasperanza, pietrificatosi, matempo, tuttavia — quellamateria lì.Ora, ame sembradi poter qui insistere su unanotazione: quale che sia laqualificazionechelamemoriaassume in questo primopoetare leopardiano, e

malgrado le caratteristiche diindistinzione che laqualificano, questo suo porsial centro del discorsodetermina,dipersé,unadellegrandi innovazioni che ilpensiero di Leopardi vive eproduce. Il tempo è postocome argomento e tessutoesclusivo della poesia. Equesto tempo si pone subitocomecategoria che trascendeogni dato immediatamente

psicologico: si pone cioècome forma, oltre che comecontenutodelpoetare.Questacomplessità funzionale èevidentenellapoesiacivile.Èchiara tuttavia anche nellapoesia elegiaca dove ilnaturalismo, con mezzi pursperimentali (in questaprimissima poetica), hal’effetto di sganciare dallaforma gli elementipsicologici, di spingerli fuori

dalla trama poetica e diesaurirli.Nonèuncasocheilsoggetto di Spento il diurnoraggio, che nella primaredazione è l’«io», nelladefinitiva divenga «ladonna».15 Né è un caso chenellecanzoniciviliunasicuraraffinazione del soggetto,fuordaognicaratterizzazionesolamente psicologica, siacondotta nelle insistite formedell’eloquenza, in figuracioè

argomentativa edialetticamente strutturale. Èun fattoche il tempo, tessutoe forma di questo incedereleopardiano nel mondo, èimmediatamente tempoontologico. Tempoontologico,ecioèdimensionedinamica e trasformativadell’essere — dell’essereintero. Il tempo storico dellamemoria è immediatamentetempoontologico.Dunque,la

densità statica e paralizzantedellamemoria,dellasuacrisi,presentandosi al giovaneLeopardi come dimensionedel poetare, al di là di ognipossibileoeffettualeperversoeffetto,spiazzatuttaviailsuopensiero e lo immerge nellatemporalità.Bisognerà,diquiin avanti, essere capaci diapprezzarequestaposizioneedi vedere come da questacentralità del tempo derivino

le varie scansioni dellapoesia.Quandoiltempodellamemoria si scopre cometempo ontologico, allorascattano molte varianti chesospingono la poesia su unterreno propriamente pratico.Laprimadiquestevariantiodi queste scansioni è quellache costituisce in pensieroeticoladimensionetemporaledella poesia e della ricercaleopardiane.

Prima tuttavia diapprofondire quest’ultimomotivo e di cercar dicomprendere come l’eticapossa organizzare la poeticaed ivi convertire l’ontologiadel tempo, vediamod’intendere la basilareimportanzadell’assunzionediun’ontologia del tempo, daparte del Leopardi. Essaconsistenel fattocheconciòilpoetasi immergenelcorso

più vivo di una problematicaeuropea. Ripetiamo: lamemoria è il tessuto dellapoesia ma la memoria ètempo — meglio, è tempoproblematizzato: può puresser monumento o «dipietra»,inognicasoiltempoche la costituisce èintrattenibile, perché èmateria vitale, è durata, ècontinuità.A livello europeo,nella crisi dello sviluppo

rivoluzionario, nelle ricadutedel disastro napoleonico, lamemoria rappresentacomunque l’elemento critico— critico ed innovativo,poichéiltemposemprepiùsifa evidente come trama dellamemoria. Subire unamemoria corrotta significacomunque essere costretti aproblematizzare il tempo. Lacrisi della memoria, laverifica dell’impotenza e

dell’indifferenza del suoconcetto ci affidano, meglio,ci gettano nella dimensioneontologica del tempo. Nelporre il problema dellamemoria e del tempo alcentro del proprio incederepoetico,Leopardi si inseriscein un processo europeo. Dasubitolasuapoesiahaquestapulsazione. In quegli stessidecenni, Hegel compie lamedesima operazione: il

tempo diviene il centro dellascena filosofica.16 Lametafisicadeltempo,siaessafilosofica o poetica, divienefilo della ricerca del vero. Sibadibene:ancheperHegellascoperta e l’esaltazione dellacentralità del concetto deltempo deriva dalla crisi edalla problematizzazionedellamemoria: è nel liberarelospiritodal tempo trascorsoe nel far divenire proprietà

della sostanza quello che neltempoèstatoconsumato—èin questo processo che lospirito si libera nel tempo: ela«reminiscenza»altrononèse non la quiete di un vero,per altro verso, assolutomovimento, «trionfobacchico».17NéalsoloHegelva riconosciuta questafunzione di restaurazione deltempo sulla scena filosoficaed alla base dell’invenzione

dialettica: è nello sforzo dicritica della memoria e discoperta della funzioneontologicadeltempochepuòesserevistal’interagenesidelgrande idealismo tedesco edella filosofiacontemporanea.Nel1796,fraHegel, Schelling e Hölderlingiàilproblemaèposto,18elacrisidellamemoriaèintesaerisolta nella discriminazioneframeccanicitàdellanaturae

libertà del vero — unafilosofia estetica, unamitologia della ragione, perridar luce al tempiosconsacrato della metafisica—unnuovotempo,un’utopiae un etica.19 È uno snodo,questo, sul quale è benesoffermarsi, e fin da subito èanche bene ricordare che lapresenza e l’alternativaproposte da Hölderlin aquesto groviglio di problemi

diverrannopernoi,studiosidiLeopardi europeo, moltoimportanti proseguendo laricerca. Per ora ci basticoncludere qui, a questoproposito, ricordando chel’operazione leopardiana, dadentro la memoria e la suacrisi, verso una dimensioneontologica del tempo comebase del fare poetico, hagrande forza innovativa.Presto vedremo come il

lavoro leopardiano non solosi collochi all’interno di unaproblematica europea macome, in quell’ambito,rappresenti una decisivaalternativa.

Ritorniamo a quegli altrisviluppi che, per seguire ladimensioneeuropea,abbiamolasciato. Avevamo accennatoa come il tema del tempo siapra ad una qualificazioneontologica del fare poetico:

aggiungiamoche inLeopardil’ontologia del tempo èimmediatamente etica. Checosa significa questo?Significa che il tempo, nelquale siamo immersi, è iltempodelfare.Sullaecontrola crisi della memoria checostituisce la condizione delprimopoetarediLeopardi, lapotenzialità del tempo èl’orizzonte innovativo delfare. Non certo un fare

tecnico, un fare meccanico:un agire, invece, al qualesiamo destinati e cherappresentailproblemastessodel fondamento e delsignificato del vivere.Anticipando di molto ilmomento di un’approfonditadiscussione, possiamo quisottolineare l’assurdità e lacompleta vacuità, se nonaddirittura la malafede, diogni contrapposizione fra un

Leopardi lirico eccelso e unLeopardi mediocre filosofocivile.20 La poesialeopardiana è tutta civileperché è interamentedomanda metafisica sulsignificato dell’agire.Continuiamo dunque nelnostro cammino. Che allaquestione, «Perché venimmoa così perversi tempi?», nonvi sia per ora risposta, loabbiamovisto.Ciònontoglie

si possa notare che, quantoquesta domanda colloca ilcanto suun limite temporale,tanto lo confronta ad untrascendentale etico. Ladomanda non ha risposta: ècerto,tuttavia,chesel'avesse,non potrebbe che esserepratica.Giàora,inassenzadiprospettiva, la coscienzareagisce praticamente: «Chesenza sdegnoormai ladogliaèstolta»(Soprailmonumento

diDante, v. 14). A maggiortitololanotazionevaleper lacanzone All'Italia. Ma v’èmolto di più a dimostrazionedi questo assunto.Leggiamo,adesempio,enonasemplicetitolo di curiosità, il Saggiosopra gli errori popolaridegli antichi del 181521 e ilPrincipio di un rifacimentodel saggio del 1817.22 Fra itanti interessanti motivi ven’èunoche ritengo, insieme,

essenziale alla definizionedella filosofia del saggio edalla dimostrazione (o almenoad una prima illustrazione)della mia tesi. Ora — misembra— l’enorme mole dilavoro filologico, intesa alrischiaramento della«pseudodoxia» degli antichi,non contiene tantoun’intenzione moralistico-pedagogica quanto, come ilPrincipio di un rifacimento

soprattutto dimostra,un’intenzione metafisica adeterminazione pratica. Ilmondo dell’illusione, ci diceLeopardi, è terribilmenteeffettivo—concreto,potente.L’ingannodellaragioneèunarealtà. «Una gran parte dellaverità, che i filosofi hannodovuto stabilire, sarebbeinutile, se l’errore nonesistesse; un’altra parte dellamedesima è resa tuttora

inutile per molti degli erroriche tuttora sussistono»(Saggio, p. 770). Comedunque demistificare? Lafilosofiadeilumicontrapponeall’inganno la verità. Ciòprevedeunprincipiodirealtàcui confrontare l’opera dellacritica. Ma dov’è mai unprincipiodirealtà?Inqualcheplatonica regione...? No, ilprincipio di realtà dellademistificazione consiste

nella critica stessa, nel suolavoro:«Imperocchéglierrorisono tali nemici che comeprima vengono scoperti cosìsono vinti, e di leggeri siscuoprono solo che sicerchino»(Principio,p.908).Nuova illusione? Forse. Maun’illusionechefacorpoconl’eticapositivadeltempo,chesi misura con le difficoltàmaterialicheiltempo,lavitadelle illusioni e l’effettività

del loro potere determinano.La componente moralistica,sprezzante e pedagogicadiventa qui inessenziale:centrale è invece il tessutoetico della funzione critica.23L’etica è la forza checontrolla, e comunqueorganizza, le dimensioniontologichedeltempo:tempodella demistificazione; tempodellavorocritico,tempodellaverità.Nonsempre, infine, in

questa prospettiva, la stessainsistita inclinazionepedagogica ha una funzionesolonegativa.Talora,proprioperché subordinata al lavorocritico,essaapparecomeunaforma minore, incompiuta,per certi versi inconsapevole,non desiderata eppurenecessaria, dell’avvertireleopardiano la crisi dellamemoria e del suo procederesul terreno dell’ontologia

dell’etico. Se l’etico èbanalizzato nel pedagogico,tuttavia quest’ultimo mostral’impellenza del primo.Potremo, in seguito, fareanaloghe notazioni sullafunzione dell’ironia inLeopardi:pedagogiaedironiasono, nel suo fare poetico,sorelle minori di profezia esarcasmo, di luciditàmetafisica e realismo storico.In questo primissimo

Leopardi, il tono pedagogicoè ancor rozza forma dimediazione fra percezionedella dimensione etica deltempo ontologico e tentativodi far vivere quelladimensioneneltempostorico.Mediazionepraticachevuoledare distinzione e senso aduna memoria storica ormaisenza significato. Se losprofondarsi nella crisi dellamemoria ci restituisce la

dimensione del tempo, laposizione dell’etico cerca diqualificareilsensodeltempoedidaredistinzionedialetticaallo sviluppo del tempostorico, della memoriastorica.

È tempo di dialettica,dunque. La filosofia tedescasta, in questo periodo, comeabbiamo già accennato,costruendo il grande scenarioentro il quale si faranno nei

secoli successivi,positivamente onegativamente, tutti i giochi.La riconquista del tempo alpensierofilosoficocostituisceil punto centrale di questaveraepropria,insensoforte,innovazione del paradigmametafisicoeuropeo.Finquiiltessuto comune, per quantoriguarda il nostro Leopardi.Mainluiilconcettoditempoassume una figura singolare

che lo rende non soloirriducibile bensì alternativoalla fondazione ed alladefinizione del progettodialettico. Prima di mostrarequest’alternativa in azione,cerchiamo di definire altreparticolari caratteristichedella categoria temporale inLeopardi. Vi giocano varielementi, già percepibili inquesto primissimo periodopoetico.

Vi sono, a qualificare laconcezione del tempo inLeopardi, innanzitutto dueelementichefannocorpoconil suo lavoro giovanile e congli aspetti solitari edartigianali della costruzionedel suo ingegno. Unaconcezione filologica deltempo, per cominciare: iltempo lungo e sensato dellafilologia classica. Nonvorremmo esagerare dicendo

che qui la tradizione delvichismo filologico (e quelladimensione ontologica deltempochecomanda la formapeculiare del suo«storicismo») costituisconounprimocromosoma.Eppureècosì.Ilrinnovamentotardo-illuministico degli studistorico-filologici (non solo inItaliamasoprattuttoinItalia)è per Leopardi una specie diterrenoprivilegiatodicultura:

una cultura che attraverso lafilologia si apre alla vita. Lostudio dello Zibaldone ce lodimostrerà, ma già lastraordinaria ampiezza deglistudi filologici giovanili ne èprova.24 Leopardi avrebbepotuto essere un Niebuhritalico.Non lo è statoperchéla dimensione del tempostorico è immediatamentedivenuta una concezionecritica e si è sviluppata in

prospettiva ontologica.Quando dico tempoontologico dico anche tempofisico: una specificaconcezione del tempo fisicocostituisce infatti un altrodegli elementi che Leoparditrae immediatamente dallatradizione. Un secondocromosoma. È quellaconcezione del tempo cheritroviamo di già nellagiovanilissima Storia

dell'astronomia dalla suaoriginefinoall'anno181125enella Dissertazione sopral'origtne e i primi progressidell'astronomia.26 Che sianooperepuramentecompilative,massicciamente compilative,pocoimporta.Ciòcheinveceèfondamentaleècome,nellosviluppare questo lavoro, ilgiovaneLeopardisitrasformicontinuamente da filologoclassico in philosophe

moderno. L’inerenza dellafisica, delle grandi misureastronomiche,delnaturalismoscientifico alla sua opera èimponente. Si potrebbe dire,più che all’operaquest’inerenza compete allospirito.Néquestabilancia,fraattività filologica edapplicazione naturalistica, èstrana: la filosofia fisicacostituisce infattistoricamente uno dei termini

fondamentali dellacostruzione dello spiritostoricoe filologico.27 Galileovale Descartes, nella storialeopardiana dell’astronomia,ed entrambi valgono i piùantichi, da Tolomeo aCopernico, e questo corso dipensiero viene assuntonell’unitàdi un sapere che sifa umanonellamisura in cuiunificaleconoscenze,fuoridiogni distinzione disciplinare.

Questo pensiero èassolutamente laico, nonperché rifiuti il totalitarismoteologicoma perché ad esso,efficacemente, oppone untotalitarismo teorico di segnoopposto. Ilconcettodi tempoassume, a lato delledimensioni storiche, la figurafisicacheglicompete.Anchein ciò Leopardi segue lospiritodellasuaepoca.NonacasoHerder, soloper fareun

esempio,siponenellagenesidello storicismo moderno alato del filologoWinckelmann e del filosofoHegel.28 Naturalismoilluministico e storicismoromantico non s’iscrivono indiverse caselle diun’idealistica dialettica dellastoria ma insieme vivono lagenesi di una nuovaconcettualizzazioneontologica del tempo umano.

E questo è paradossalmenteveroancheneiprimilavoridialtri autori dell’idealismoclassico — in Schellingcertamente,persino inHegel.Chi può dubitarne quandoabbia semplicemente scorso iprimi appunti di filosofianaturale di Schelling o laJenenser Realphi-losophie diHegel? E cercato dicomprendere, e confrontareconl’usochenefaHölderlin,

Pintensità metafisica e lacomplessità concettuale di«etere»?29

Vi sono ancora dueelementi che contribuisconoalla singolare determinazionedel concetto di tempo, equindi dell’originariointervento leopardiano sulladialettica, sul tempo delladialettica. Questi dueelementi ci riportano allepagine poetiche che già

abbiamo cominciato aleggere. Ora, quale che sial’astrattezzadellatrascrizionein termini di «imago» o difurente ed impotentevolontarismo, è evidente cheil concetto di tempo sipresenta sia nelle elegie chenei canti civili di questoprimissimo periodo comefluente movimento dellacoscienza. Di una coscienzaassoluta. Voglio dire che il

tempo psicologico interiore èanalizzato solo allo scopo difarlorifluirenelladimensionedell’essere oggettivo. La suaassunzione è strutturale.Certo, l’operazione può nonriuscire — l’astratto puòvincere e il canto ripiegare:ma non viene menol’esigenzadimostrareglistatidi coscienza come struttureconcrete, Sachsverhalten,«stati delle cose». In questa

prospettiva, i versi diAll'ltalia («Prima divelte inmar precipitando ...») o diSpento il diurno raggio («...null’altro dura / Né si fermagiammai, se non la spene»)assumono un senso diversoda quello già indicato. Essipresentano una consolidatafigura di tempo ontologico,filtrato dalla coscienza, nonconcluso in essa. Un tempoonnicomprensivo ed aperto

alla sequenza natura-essere-uomo, oggettività-strutturametafisica-agire.Insommauntempo strutturale. Questa èuna terza caratteristica delconcetto di tempo inLeopardi. Ma proseguiamo ecogliamounnuovoelemento.La dimensione ontologica sipresenta come forza, comepotenza, ogni volta che lacoscienza si scontra con lastoria presente. Che non si

trovi soluzione al confronto,poco ci dice:molto di più cicomunica la determinazioneetica dello scontro. Questaormai quarta (se tutte leriassumiamo) definizione delrapporto al tempo ontologicoè forse la più importante.Essa infatti ormai competealladeterminazionedeltempostorico, alla memoria ed allasua indistinzione. Ladrammaticità del confronto

permette la catastrofe dellamemoria. L’esperienza deltempo storico non reggequella del tempo ontologico.Eppure,nellamisuraincui iltempo ontologico si rivelacome attività etica, ecco tuttigli elementi che locaratterizzano ricondotti adunità. L’inconsapevolezza diquesta giovanile fase nonannulla, in Leopardi,l’importanzadellafondazione

etica:prestoessaapparirà.Dinuovoeccocialpunto.

È tempo di dialettica: questosignifica che il problemadella memoria storica èprimario—ladialetticaèuntentativo di discriminare lasua indistinzione. Ma perdiscriminare bisognaassumere. Ora, rivoluzione ereazione, in questi anni cheaprono il XIX secolo,dormono sotto la stessa

coperta. Non è un gioco —tuttiiruolisiscambiano—ladialettica pasticcia in questoimbrogliodel reale.Leopardinon è indenne dallaconfusione, anzi — allaprovinciale — ci bazzica:Agli Italiani. Orazione inoccasione della liberazionedel Piceno.30 L’odio per iltiranno non si distingue qui,invero, dall’esaltazione dellaconservazione;accompagnata

da una certa demagogia.Eppure non ci sonoatteggiamenti reazionari inquest’orazione — ci sonosolo banalità conservatrici eretrograde. In effetti, al di làdei toni retorici ed esortativi,l’oscillazione franazionalismo antifrancese enazionalismo ideale,classicheggiante, si risolve inchiave etica. Malgrado tuttol’orazione si muove su un

terreno realistico, e ilrisentimento antifrancesenonannulla la specificità deiproblemipropri dell’illusioneitalica. Il feroce giudiziosull’esperienza napoleonicanon trasuda odio ma soloimpegno a risolvere lericadute che, da quellaesperienza, si hanno perl’Italia. La fatica dellamemoria e la denuncia delpresente storico sono

attraversate dalla volontà diagire adeguatamente — ladiscriminazione dellamemoriaèrealistica;cercadiesserlo, almeno; positivo èl’impegno ed il radicalismodellepresediposizioneè,allafine, pratico piuttosto cheideologico.Eccocialpunto:ètempo di dialettica e cioè didiscriminazione di quel realenel quale si è immersi, sullafalsariga di un concetto e di

unmetodochenearticolinoiltempo e le forme. Ora,l’idealismo classico tenta dicostruireunachiavelogicadiletturadel tempo,eriformulal’ontologia in termini dilogica del tempo. Toglie altempo la libertà ed imponeall’essere la logica.Nonvalequi seguire la lunga storia diquesta nuovasovradeterminazione logicadell’essere:lasuaKrisis,e la

sequela degli effetti perversi,le abbiamo presenti.31Leopardi, di fronte almedesimo problema,comincia a percorrere uncammino diverso. Già nellaconfusione del problema,immerso— per così dire—nella sua inestricabilecomplessità,egli tentanondiriguardare la situazione dallivello ipostatico diun’eventuale soluzionemadi

starvi nel mezzo: conun’intenzione risolutiva adeterminazione etica. Noncon volontà logica bensìetica. Un cammino etico. Aqualeprofondità,nellagenesidel pensiero metafisico deltempomoderno,questasceltaleopardianaciimmette!«EineEthik...»: di nuovoriscontriamo identità con ilprogramma del primissimoidealismotedesco.Maquesto

programma è tradito dallalogicadialetticadiSchellingedi Hegel, è tenuto invece daHölderlin.32 E da Leopardi,dunque?

C’è, nel comportamentoleopardiano, qualcosa che nefa, per l’epoca, unpersonaggio singolare— perl’insistenza giacobina dellesueespressioni.33Nonperchéegli esprima posizioniesemplari del nascente

nazionalismoitalico,néperlaformamagniloquente del suovolontarismo eroico:troviamo ampiamentedocumentate entrambe ledeterminazioni nella culturadell’epoca. Né perché eglivesta, nella lirica e nelleorazioni di questo periodo(con o senza sollecitazionedel Giordani: lo vedremo diqui a poco) costumi classici— nel trionfo di

plutarchesche reminiscenze.In realtà, l’applicazione delmodello classico permettevarianti stilistiche edideologichebenpiùampiedelsemplice travestimento inqualcuna delle maschere diBruto.34 Di contro, laqualificazione giacobina èteorica, discendedall’assunzione del primatodel pratico, della volontàcome capacità di

rappresentazione conoscitivaedicostruzionedelvero.Vièqui dunque manifestazionedel principio di realtà delgiacobinismo: il vero comebisogno di azione, comeipotesi di trasformazione. Sipotràobiettarecheilmodelloilluministico e giacobino èantiquato. E vero per laFrancia, non è vero perl’Italia: chez nous si registraun notevole ritardo culturale

rispetto alla maturitàsettecentesca dellarivoluzione dei lumi.Paradossalmente gli effetti diquel processo rivoluzionariogiungono assieme allacontrorivoluzione: in Italiacome in Germania (per altriversi).35 Si potrà ancheobiettare che, sotto questedeterminazioni, il quadrocheveniamotracciando,rischiadidivenire confuso — in esso

infatti, attraverso singolariincroci e scivolamenti,illuminismo ed idealismovengono a sovrapporsi edogni distinzione tende a farsiopaca.Non è colpa nostra sele tradizionali categorieermeneutiche, questa volta(ma accade spesso), noncorrispondono di certo alreale. InLeopardi, in tuttigliscritti fra il1815e il1820,ecioè sul margine

dell’esplosione della suaattività poetica e metafisicamatura, questo accumularsidelle diverse influenze e deidiversi strati problematici èperfettamente verificabile.Maaltrettantoverificabileèilmovimento dell’istanzateorica giacobina, nel suolavoro, su tutti i terreni.Giacobino è il senso dellalotta pratica control’illusione, contro gli inganni

teologici e miticinell’astronomia e contro lemistificazioni del saperecomune; giacobina è, benoltre l’eccitazione eroica, lavolontàdelvero.Giacobinaèinfine la proposta letterariache Leopardi esplicitamenteannuncia in questo periodo:Lettera ai compilatori dellaBiblioteca Italiana36 eLetterainrispostaaquelladiMadama la Baronessa di

Staël.37 Reagisce Leopardi,contro la soverchiaimitazione, e cioè contro laproposta della De Staël diimmergere la penna italiananella Senna e nel Reno: ladignità della tradizioneclassica — al contrario —puòconvertirsiinquelladellaletteratura italiana, poiché lalingua italiana è lapiù affinea quella greca e latina e,quindi,lapiùnaturale,lasola

naturale. La rivoluzione si èfatta impero, impero dellaSenna e del Reno,complessità confusionedominio:laletteraturaitalianasi oppone così al dominiocomeall’eclettismoimperialedellaDe Staël—meglio, hala potenza di opporsi poichélasualinguaènaturale,viva,organizzatrice della nazione,insomma, più vera. Quantaingenuità, quanta forza! Il

décalage storico del pensieroitaliano rispetto a quellofrancesenonèavvertitocomeuno svantaggio, anzi, quelladifferenza è giocatapositivamente poiché proprioper essa la rivoluzione puòessere compresa e vissutacome esperienza alternativaall’effettiva conclusionestorica del suo corso —dunque — come esperienzaadeguata alla proposizione di

un nuovo tema ditrasformazione. Assistiamoqui ad uno scavo faticoso econtinuo. Attorno alletematiche linguistiche, cosìcome attorno a tutti gli altritemi, esso non conclude,bensì pone, apre problemi.Alla loro soluzione tutto losviluppo del pensiero diLeopardièvolto.38

Dicontro,Hegel si liberaben presto del giacobinismo.

Egli, come la De Staël,classifica la reazione comeconclusionedellarivoluzione,lo spirito assoluto comeAufhebung, realizzazione esuperamento della volontàsoggettiva. Egli vede ladialettica lavorare e la logicaricondurre alla «Ragione»l’ansia e l’utopia giacobine.La dialettica rompe laconfusionedeltempostorico,interviene sulla catastrofe

della memoria e, con Hegel,tutto riordina. Anche per ilfilosofo tedesco il décalageculturale e politico è forte,all’iniziodellasuaesperienza,rispettoallavicendafrancese:ma la differenza si risolve inuna sublime ragionevolesovradeterminazione dellatotalità dello sviluppo. Ilritardo storico permette adHegel di concepire lafilosofia come «nottola di

Minerva», che esplora eriorganizza e santifical’effettuale storico. Laconfusione e l’inganno dellamemoria divengono logicadella storia.39 Il ritardostorico di Leopardi rispettoalla rivoluzione francese haun senso completamentediverso. La sconfitta dellarivoluzione, la confusionedella memoria, la babele disignificati del tempo storico

rivelano solamente la nonconclusionediuneventoe lanon soluzione di unproblema. Il ritardo storicoimpone,certo,lospostamentodel punto di vista, ildislocamento sul terrenometafisico — per Leopardicome già per Hegel. Ma inLeopardi questa traslazionedell’evento lascia aperto ilproblemaedindicaneltempodella dialettica non una

soluzione logica maun’apertura etica. Il ritardostoricosullacorrentecentraledel pensiero europeo quirivela una straordinariasaggezza: un ritorno alleorigini illuministiche per nonessere preda della sconfitta.La continuità della referenzadiviene così discontinuitàrispetto al corso storico dellavicenda intellettuale europea.Ed è su questo punto che

l’esperienza di Leopardiincrocia quella di Hölderlin.Nel tempo della dialettica,confrontati alla necessità didiscriminare il caos dellamemoria, entrambi rifiutanola soluzione logica e lafondazione idealistica dellascienza. Hölderlin rifiutaHegel. Leopardi, come loZibaldone a più riprese ciindica,40 intuisce il miracolometafisico che si svolge in

Germania. Non ne conoscetuttaviaiterminiteoriciepuòquindi solo confrontarsi conesso attorno a quella storiarealechelametafisicatedescainterpreta — confronto,dunque, non sullerappresentazionima sui fatti.Qui Leopardi rifiuta leconclusioni dialettiche,avendo conosciuto ilproblema reale che ladialettica per suo conto

rispecchia. La rivoluzionenon è cancellabile, non èsuperabile,nonèsussumibile.Con Hölderlin Leopardicoglie la discontinuità dellamemoria e l’irriducibilitàdell’evento-rivoluzione. Larottura è l’elemento naturaledello sviluppo dello spiritoverso il vero e del farepoetico. Con Hölderlin,Leopardi cerca nel classicoun’origine profonda dalla

quale possa insieme sgorgareil senso della vita e quellodella trasformazione dellastoria. Un fondamentoontologico per un farepratico.Enonciinteressaquisottolineare ed insistere sullegrandi differenze dellapoetica di questi due autorisommi:quantoinHölderlinlapoesia rinnova il mito, tantoLeopardi dipana la mitologiacome contenuto

dell'esperienza pratica, ed alfantastico hölderlinianooppone il sofferto vero; equanto nel tedesco ladeterminazione giacobinaradicalmente esprime laverticalità dell'universopoetico, tanto nell’italiano lapoetica conduce ad unorizzonte multiverso diconoscenzametafisica.Né ciinteressano nella lorospecificità le forme nelle

quali iduepoetideterminanoequalificanoesiconfrontanoconlarotturadell'ontologiaedellastoria—formesingolariediverse.Ci interessa solo ilfatto che entrambistabiliscono l'impossibilità distabilire il fondamento fuoridallarottura.

Tempo di dialettica.Leopardi, dunque, dalprincipio percorre una via dimediazione fra tempo

ontologico e tempo storicochenonsivuole logicabensìpratica.Anch’eglisviluppa,atanta distanza ma dentro lamisteriosa comunità di unproblema e di un progettometafisici europei, il disegnopratico del primo frammentosistematico dell’idealismoclassico. Ma una dialetticasenzaunalogicachelaregga,unamediazionechepuòsoloradicarsi nell’ontologia

dell’etico, un fondamentosempre rivoluzionato,meritano il nome o l’epitetodidialettica?

2.Esperimentodell'Infinito

Quanto siamo venuti finqui dicendo costituisceun’ipotesi.Meglio,sitrattadisegni, di tracce di una

tendenza e di un futuropossibili.Maappunto solodiquesto. È quindi necessarioapprofondire il rapporto conil lavoro di Leopardi ecogliere, dentro il contestosintomatico,lasingolaritàdelsuo cammino. È necessariovedere come, nel breveperiodo della sua iniziazionemetafisica, fra il 1817 e il1819, egli ponga il problemadialettico, con quanta

sofferenza ne attraversi ilcampo, giungendo così adefinire un’alternativa eticaperlasuasoluzione.

Possiamo cominciaredalla lettura delle lettere aPietroGiordanidel21marzoe del 30 aprile 1817.41 Nellaprima, che costituisce unaspecie di programmaletterario, il confronto con lamemoria è immediato,oggettivo. La denuncia della

miseriadiRecanatisiarticolaalladenunciadellostatodellelettere italiane, il motivopersonale si trasfigura es'incarna in una situazioneoggettiva di crisi. Ladomanda sul presenteistituiscecosìiltessutodiunarispostache,attornoadalcunimateriali di riferimento,determina un forte contrastologico. Vale a dire che, allamiseria presente delle lettere

italiane, si oppongonol’eminenza della tradizioneletteraria e la ricchezza dellastoria della lingua. Occorrevolgersi ai classici perriscoprire la vita contro lamorte del presente. Questo èilcamminodellagloria:e«ioho grandissimo, forsesmoderato ed insolentedesiderio di gloria». Nellaseconda lettera il tono mutaradicalmente.Itemiaccennati

in maniera quasi accademicae comunque fortementeprogrammatica, dentro ilcontrastoretoricodimiseriaedi gloria, si rinvigoriscononell’insistere sull’interiorità.Le alternative e leindistinzioni della memoriavengono rivissute in terminipersonali, quasi diconfessione.Lapassioneapreun contesto dialettico. Dinuovo il tema ricorrente,

quasiossessivo,èRecanati—lasuamiseria,lamiseriadellamemoria attuale. Ma losguardo dialettico e lasofferenza, ora, nel reagire enel levarsi verso laliberazione, fruganopotentemente nell’interiorità.Un’interioritànonpsicologica—gli stati psicologici si sonfatti rappresentazioni delmondo. Dunque: la letteravive del rapporto fra una

violenta, appassionata epatetica lamentatio suRecanati e la descrizionedellavocazionepoetica,dellasua genesi, del suo sviluppo.In questo rapporto natura estoriadivengonouna sortadimolla per la gloria —attraverso la disperazione, lamalattia, l’insinuante edumido senso di morte. Finoad un momento catastrofico.Esso è indicato dalla

contraddizione fra «barbaramalinconia» e «dolcemalinconia»—dicuièpredail poeta. Fra «studio cheammazza» e «quella smaniaviolentissima di comporre»che crea uno stato dellospirito, fra abbandono edisperazione, tale che ci sisente «trasportare fuori di sestessi». Trasportare fuori daRecanati.Lafugasiqualificacome movenza poetica. La

necessità di fuggire èl’immanente risultatodell’esperienza poetica.Fuori. Fuori dalla miseria,dallo studio, da Recanati,dalla memoria. Fuori, comesolo la rottura poetica puòdeterminare. L’orgoglio, ildesideriodigloriadivengonofuga. Al modello retorico sioppone il modello pratico.Poesia è questo trasportarsifuori di se stessi — un

eroismochenonhapiùnulladella virtù nobile prescrittadalla tradizione e dalcostume, che è invece solodislocazione ontologica.Infinito. Con ciò si pone ilcontesto dialettico: unpositivo e misero esistente;d’altro canto, la protesta, ilnegativochecrea.Recanatièposta come condizione perun’operazione disuperamento. L’eroismo è

l’attodiquestaposizioneediquesto superamento, ècostituzionedelladimensionecatastrofica della critica —qualcosa di innovativo,fortemente costruttivo,fichtiano.42 Il pensiero èspinto verso l’infinito, chel’eroico desidera e vuolecomprendere. Ecco dunqueintrodottoilproblema.

Ma rivediamo meglioquesto cammino verso

l’infinito. Esso si forma sudue fondamentali elementi: ilrapportocon lamemoriae lanecessità di esprimere informe classiche, poetiche,efficaci, il suo superamento.Consideriamo innanzitutto ilrapporto con la memoria. Inessa Leopardi si introduceattraverso un atto elementaredi riflessione sull’esistente:Recanati è lo specchiomostruoso dell’incubo della

memoria, di un invivibiletempostorico.Tempostoricoche mostra l’effettualeimpossibilitàdell’esistenza,ilsuo potenziale annullamento.Grande è la sofferenza chequi insorge: dall’inizio,infatti, la domanda su checosa sia la memoria noncontiene risposte prevedibili— non è domandacommisurata alla risposta, néirrealistica nella sua pretesa,

né miserabile nel suorisentimento. È piuttosto unadomanda piena di attesa,rivelazione indifesa di unsentimento ingenuo — verainnocenza etica e metafisica.Se l’orrore definisce il climadella risposta, ciò non èdunque dovuto né apregiudiziali idiosincrasie néa gioco letterario. È solo ilrisultato oggettivo di uningenuodomandarechetrova

perfide risposte. La violenzadellaconclusioneèsmisurata,eppure paradossalmentecommisurata alladisponibilità, all’apertura deldomandare. Leopardi chiededi costruire sapere nel«commercio con i dotti». «Ilcommercioco’dottinonm’èsolamente utile, manecessario,ediocercheròconognistudiodiprofittaredelleistruzioni che ne riceverò».43

Come immaginare una piùinnocente richiesta? Questadomanda di un dottocommercio è volontà dipartecipare alla società deidotti: commercio non è fattoepisodico ma di vocazione,esperienza costitutiva, èsperanza di partecipare allafondazione di una nuovacomunità intellettuale. Ora,nella misura stessa in cuiquesto rapporto partecipativo

allamemoriaèrichiesto,nellamisura stessa nella qualeLeopardi propone alla suaumanità travagliata lasperanza di unacollaborazione socialmenterilevante, si evidenziano ilimiti della richiesta e gliostacoli della speranza. Lamemoria non è comunitàmamiseria, separazione,confusione: sempre di piùl’epistolarioneforniràprova.

Nell’arco di pochi anni lafiducia nel recupero attivodella memoria, nellapartecipazioneallasocietàdeidotti, è liquidata. PietroGiordani, con benevolenza econ padana bonomia, cercauna mediazione interna allamemoria storica ed allasocietà civile, continuandocon ciò nell’esperimentoriformista di alcuni stratiintellettuali illuministici.

Propone a Leopardi questamediazione, nella forma delprogetto di ricostruzione diun’eloquenza classica,patriottica e moderna.Tradizione, presente e futuropossono, per Giordani,instaurarsi in un processolineare di modernizzazionedella società civile.44Leopardi segue la propostadel Giordani, ma solo perverificarla ed esaurirla:

«singolarissima», annota, «lasua capacità di possedere lastoria...»,45 e tuttavia lamemorianonèpraticabile,diquella politica facoltà nonv’ha utilizzo.46 «Ora vi diròsolamente che quanto piùleggo i latini e i greci, tantopiù mi s’impiccoliscono inostri anche degli ottimisecoli, e vedo che nonsolamentelanostraeloquenzama la nostra filosofia, e in

tutto e per tutto tanto il difuoriquantoildidentrodellanostraprosa,bisognacrearlo.Gran campo...».47 Ilradicalismo delladichiarazione non può esseresottovalutato. L’Italia non haeloquenza né prosa néfilosofia. È, per parafrasareHegel, un paese senzametafisica, un tempio senzasantuario48 — è una societàsenzacomunitàumana,senza

comunità di fini, ed èespressionediquestacarenza.Chi ricerca l’infinito s’urta aquesta vacuità del reale.Nonè possibile riplasmarlo. Lamemoriaèvuota.

Ma costituisce unaprigione. «Questo nostrocarcere».49 L’effettivitàdell’ingannoèpercezionedelgiovanissimo Leopardi. Nonimporta che la realtà siamistificata: cionondimeno

essa è reale. Solo unacondizione pratica puòdunque sottrarre allapesantezzadell’inganno.Solol’evasione libera dallaprigione. Ma come costruirein termini reali una dialetticadella fuga, del superamento?Seguire in questi annil’epistolario di Leopardi èseguire il suoandarcercandouna soluzione. In terminisempre più estremi: il

desiderio di suicidio,l’abbandonodellafamiglia,legrandi rotture psicologiche.Quello che risulta quasiincredibileinquestosviluppoè il fatto che non si trattasemplicementediunafuga,diun abbandono fisico epsicologico. Si tratta invecedella costruzione di unastruttura.Formaesensodellafuga si identificano e sonoarchitettonicamentestrutturati

dentro un atto che Leopardivuoleprometeico.Il tentativodi fuga del 1819 è l’unicoprogetto propriamentedialettico dell’esperienzavitale e culturale leopardiana—untentativodiliquidarelamemoria trasvalutandola. Lafuga è una Aufhebung,negazione e superamento, unatto alfieriano.50 Lasituazione è insostenibile:«sette anni di studio matto e

disperatissimo», «lamelanconia per compagnaeternaedinseparabile».51Masempre il poeta èaccompagnato dalla speranzadella fuga: una fugaimmaginata come rottura delpresente ed invenzione delfuturo, come costruzione dicondizioni adeguate arealizzare quella vocazioneeroica altrove descritta. Manmano, la discussione con il

Giordani, cui le piùimportanti lettere del 1818sono rivolte,52 diviene unpretesto: la fuga si organizzain sogno, riorganizza il realedentro il desiderio. La fuganon è una previsione ma unmoto dell’anima e un’utopiadella mente. Il desiderio èreale — ma, nello stessotempo, quanto allusivo econtraddittorio! E infatti, nelmentre Leopardi prepara la

fuga come costruzionedialettica, come distruzionecritica del passato e suaprometeica ricostruzione,tutto questo dispone la suamente ad un radicale atto diseparazione. Troppo alto erail progetto, troppa ambizionedi verità conteneva!Ragionevolmente Giordanitentadimediare,diplacarelacrisi,diintrodurreelementidimoderazione. Leopardi

sembra accettare questoterreno di mediazione: masubito si vuole poeticointerprete di quest’eventostorico, e immettenell’operazione unradicalismo che contiene unintrattenibile potenziale didistruzione. L’idea di fugadiviene non un atto dacompiere ma simbolo dirottura con il tempo dellamediazione, con la proposta

dialettica. Movimentoinavvertibile ma irresistibile,dichiarazione di catastrofedella memoria, quindidell’impossibilità didialettizzarla. È curiososeguirel’organizzazionedellafuga da Recanati: un’«ideafissa»cheriempieilpensieroma che solo caricaturalmentesi applica alla concretezzadell’andarsene. Il poveroconte Monaldo ha

perfettamenteragionequandoconsidera con derisione glisforzidel figlio.53Ma in ciò,in quest’impotenza diorganizzazionelogisticaenelcontemporaneo scatenarsi delpensiero negativo rispetto adogni mediazione con il reale— in ciò sta la grandezza diquesto primo passaggiopoetico e metafisico delLeopardi.

Dobbiamo dunque

analizzare con moltaattenzione questo anno 1819,perché in esso si compie lasceltaantidialetticadelpoeta.Una scelta legata,paradossalmente, allasperanza della dialettica, allasperimentazione del progettoma, insieme, esposta, quasiproposta al fallimento, alladefinitiva crisi di questosogno della ragione. Ora,quantopiùcresceildesiderio

della fuga, tanto più si tendela mediazione dialetticapensata. Transitoriamente,provvisoriamente, per ilperiodo — breve —dell’organizzazione dellafuga? Certo. Ma questo, perquanto contraddittorio, è ilpassaggio reale. Qui ladialettica si presenta comechiave di una missioneculturale. Abbiamo già vistocome il problema della

rifondazione della filosofia,dell’eloquenza politica, sisvolga sempre di più incompito creativo.54 Nellelettere del '19 questo motivoritorna con estremainsistenza. Al Giordani:necessità di una nuovaideologia italiana all’altezzadei tempi.55 Al Monti:necessità di una nuovaletteratura italiana.56 Urgeche l’Italia torni ad avere

immaginazione e metafisicapopolari. «Non è meravigliache l’Italia non abbia lirica,non avendo eloquenza».57 Inrealtà questo ideato,quest’organismo di pensierisognati non reggono affatto.Non appena il progetto siriaccosta alle minutenecessità di organizzazionedella fuga, Leopardi incedesul terreno del lamento, e sicompiange, dichiara la

propria malattia, medita ilsuicidio — o, di contro,parallelamente, ritrova ilgustodell’invettivaesentelaconsonanzadellaprosaribelleed apologetica di Lorenzinode’ Medici.58 A fronte delledifficoltà reali l’illusionegloriosa, l’estetica dellaliberazione o ripiegano oritornano retoriche. Maquesto è necessario: non è lafuga ad essere in gioco, è la

sua qualificazione, e cioè,ora, nella fattispecie, lasperimentazione delladialettica — fuga comeelemento costruttivo, comedeterminazione di possibilitàfutura, come progetto dinuova cultura. Lasproporzione non deriva dalfallimentologisticodellafuga— questo fallimento derivainvece dall’intensità e dallacomplessitàdeisignificatiche

sulla fuga sono rovesciati.L’organizzazione della fuga,non sotto l’aspetto logisticoma dal punto di vistaideologico,èpuntigliosa,essatocca i temi fondamentali diuna nuova eloquenza, di unanuova prosa, di una nuovapolitica.Hölderlindirebbe:diuna nuova «popolaremitologia». Egli he èimpazzito. Leopardi falliscesenzaimpazzirne.

Fine luglio 1819, la fuganon riesce. Leggiamo le duelettere, al fratello Carlo e alpadreMonaldo,cheGiacomolascia nel momento diandarsene — ironicamenteconservate.59 La malattia, lanoia,l’ideadelsuicidiocomemoventidella fuga:questoalfratello.Alpadre,invece,unaletteraamara,esacerbata,conrabbia. La confronto con la«lettera al padre» di Kafka:

qui in Leopardi mancaserenitàdolente.60C’ècollerainvece, quasi furore, c’èsovrabbondanzadidurezza.Illinguaggio della disperazionee del disprezzo si accentua,l’aggettivazionesiperfeziona,giunge al limite di una sortadi filiale crudeltà. Poi laspiegazione del fallimentodella fuga in un’altra letteradell’agosto 1819:61 ilfallimento spiegato come

imbroglio del padre. Ma «ionon sono né pentito nécangiato.Hodesistitodalmioprogetto per ora...». Risolutocomunque ad andarsene— edisperato. Riflessioniincredibilmente amare: «nonfo gran conto di me: pur miparrà sempre formidabile chiavendoamata lavirtùda chenacque, si consegnadisperatamente alla colpa».Parole, parole. In effetti il

fallimento della fuga èdesiderato — la fuga non èpossibile perché il progettodialettico non è realizzabile.Da questa sconfitta sorgeLeopardi. «Non ispero piùniente»,«Iovivoenonvivo»:scrive alGiordani.62 Di fattoquesto è il luogo di nascitadella metafisica leopardiana.Iononcredochelasofferenzaestrema sia necessaria allacreazione poetica né alla

creazione in genere — anzi,tale stereotipomi sembrapercerti versi falso, per altricrudele. Ma è certo che lasofferenza rivela lasproporzione di un atto chenonsicommisuraalprogettoe con ciò s’autodistrugge.Tanto più se l’esperienza èteorica — la suavisualizzazione, la suainsistenza materiali son quisolamente astratte. Leopardi

si muove nell’astratto. Eglinonfugge:con il tentativodifugadistrugge solamenteunapossibilità teorica. Ma qualeportata ha questadrammatizzazione! Lapossibilità di mediazionedellavitaconlamemoria,delpensiero creativo con latradizione — la mediazionedialettica. L’enormecommozioneperlafugaeperilsuofallimentoèilsuggello

della distruzione dellapossibilità dialettica.L’infinito non èraggiungibile.

L’idillio L'Infinitodescrive la nuovasituazione,63 facendo ilpuntosulla conclusionedell’esperimento dialettico.Nell’estrema tensione dellaliricatroviamolastoriadiunavicenda intellettuale e ladefinizione del suo esito. Ai

vv.1-3Leopardi stabilisce lasituazione di partenza delpensierometafisico— il suoporsie la sua limitazione.Lamemoria, l’inserimento nellatradizione e l’insistenza nelvivere sono dati nella formadel vedere. «Questa siepe» èil limite immediato delsapere, esclusione«dall’ultimoorizzonte».Nellaforma del vedere l’attivitàliricae l’attivitàmetafisicasi

incontrano e siimmedesimano. Quanto allavita, è un orizzonte, unadimensione fisica consideratanella progressione indefinitadell’orizzonte, in analogiavisiva con il concetto ditempo. La sua limitatezza ècolta come esclusione, tantospaziale che temporale —esclusione dall’«ultimo», dalprofondo, dalla totalità. È suquesto limite, caratterizzato

dunquesianaturalisticamenteche metafisicamente, è suquesto limite che insorge ilproblema. Vv. 4-8: ilprocesso metafisico siinstaura qui. «Mirando»,«fingendo» e percorrendo«interminati spazi»,«sovrumani silenzi»,«profondissima quiete». Èuna trascendenza eroica, unatto prometeico quello cheLeopardiesigedasestesso:il

pensiero,il«caroimmaginar»reggono la penetrazioneestetica dell’infinito comeschemi della ragione, gettatinel profondo, proiettatisull’ultimo orizzonte. Ilprocesso di apprensionemetafisicaèunesseredentro,e insieme un agire dentro,l’essere. La dimensionetemporale di questa presadell’essere è fortissima:invero, questa è la sola

«fuga» tentata dal Leopardi.Enonriuscita.«Oveperpoco/ Il cor non si spaura».L’analogiaconilnaufragioinacque profondissime, nelleMeditazioni di Descartes, ilricordo dell’incontro con laverità teologica nelleConfessioni di Agostino,risuonano qui comeLeitmotiven. In conclusionedell’idillio questi motiviritornano. Mirare, fingere

costituiscono un’operazionefenomenologicafondamentale: un esseredentro l’essere.Lametafisicacommozione dello«spaurirsi» segue allastupefatta ammirazione chespinge all’avventuraconoscitiva e a questobagnarsi, a questo esserebagnati dall’essere. E quil’esclusione dall’«ultimoorizzonte» e il limite del

sapere si fanno interiori. Quila proiezione prometeicatrova il suo blocco. E, nellostesso momento in cui siblocca, pone, da dentroquest’insiemedi articolazionidell’essere, le condizionidella dialettica. Il veroesperimentodialetticosiattuaquindi ai vv. 8-13, nellafigura della comparazione.Duplice comparazione:«quello / Infinito silenzio» e

«questa voce», in primoluogo; in secondo luogo«l’eterno / E le mortestagioni» e «la presente / Eviva, e il suon di lei». Se ilcontenuto alternativo dellecomparazioni, fra silenzio evoce, fra morte e vita, èrituale nel procedimentodialettico (come fra nulla edio,franaturaespirito),quelloche qui non è rituale è illivellodellacontrapposizione.

Essa non prevede gerarchia,essa non concedearticolazione di positivo enegativo. «E come il vento /Odo stormir tra questepiante» — così lacomparazionesisvolge,sullostesso livello, negli interstiziventosi dell’essere. Di unessere che non accettasuperamenti esovradeterminazioni, perchénon accetta classificazioni o

riduzioni delladeterminazione ontologica ein nessun caso include losvaporarsi del «questo». Losquilibrio logico e poeticocheivv.8-13provocano,neiconfrontideipassidialetticiedell’acquisizione dellecondizioni dialetticheoperatanei vv. 1-8, è immenso: è ilcapolavoro dell’idillio, il suoBlitz conoscitivo, innovativo,catastrofico.Così,seaivv.7-

8 «per poco / Il cor non sispaura», ora, ai vv. 13-15,«tra questa / Immensitàs’annega il pensier mio».L’immensità è quella dellacomparazione irresolubile,della dialettica impossibile.L’immersione nell’esseretoglie la possibilità di ognimediazione. «E il naufragarm’è dolce in questo mare».«Tra» questa immensità,«tra» determinazioni

dell’essere, «tra» le infinitecontingenze. Il paradossometafisico finale e lostupefacente risultato poeticodeL'Infinito consistono nelladefinizione dell’irresolubilitàdel problema dell’infinito,nell’insistenza sulladeterminazione comeorizzonte ultimo del sapere.Esaltazione del finito. Nelfinitostaladolcezza.

L’iniziazione metafisica

del Leopardi si fissa dunquequi su due punti introduttivi:la sconfitta dell’eroismo el’impossibilità delladialettica. O, almeno,sull’impossibilità di unadialettica risolutivadell’esperienza dell’infinito.Tuttavia,quantosiamovenutifin qui dicendo non sciogliealtriproblemidellagenesidelpensiero leopardiano: suquesti dovremo soffermarci.

Per ora, ci basti tuttaviastabilirequellepochecertezzedicuis’èdetto,dentroquestoperiodo di iniziazione,meglio, di transizione delpensiero e del fare poetico.Attorno al tema della fuga edell’infinitosichiudedunquecriticamente il rapportoleopardiano con la prigioniadellamemoria: la transizioneadaltra,piùmaturaposizioneteorica è con ciò data. Ora,

vai la pena ancora diricordarlo, questo transitareoltre, e farlo con tantadrammaticità di accenti,corrisponde non solo allastretta vicenda biografica epsicologica (sempre,d’altronde, la posizioneleopardiana trascrive nellagrandezza dell’immaginepoetica e soprattutto collocain regioni metafisiche levicendepsicologiche),quanto

ad una certa accelerazionenella discussione di unanuovaproblematicaculturale,sia interiore (l’inizio, inquesti anni, dello Zibaldonesta a dimostrarlo) siagenericamente storicopolitica(e la polemica sulromanticismo allora apertasi,echeprestostudieremo,celoconferma). Voglio intendereche il colpo di forza cheLeopardi, con L'Infinito,

impone alla propriaproblematica, si instaura suuna dimensione nontransitoria. I temi dellatransizione possono esserevari, sulla loro complessitàtorneremo nel prossimoparagrafo:orasi trattainvecedi comprendere come leacquisizionidiquestoperiododi transizione sianodefinitive.Nelsensoche,conL'Infinito, ciò che muta è il

tono generaledell’atteggiamentoleopardianoversoilmondo.

Riprendiamo perciò lalettura dell’idillio. Che cosain esso rivela l'irreversibilitàdelpassaggioleopardiano?Diun elemento di fondoabbiamo già detto: il sensodel finito, scoperto comecontrasto rispettoall’annullarsi — nellacomparazione—delconcetto

di infinito dialettico.Abbiamoancheinsistitosulladimensione temporale chevari elementi analogiciintroducono nella definizionedelfinitoenellaconseguenteprospettiva dell’essere. Valeora, in primo luogo, chiarirela dimensione eticadell’emersione del finito.Spesso, gli interpretidell'Infinitohanno richiamatol’importanza dei

contemporanei appunti delloZibaldone.64 Non v’è dubbioche, dal punto di vista in cuici poniamo, in riferimentoalla definizione etica delfinito, uno almeno di queipensieri ha particolareinteresse.Eccolo:«Unaprovainmillediquantoinfluiscanoi sistemi puramente fisicisugl’intellettuali e metafisici,è quello di Copernico che alpensatore rinnuova

interamente l’idea dellanatura e dell’uomo concepitaenaturaleperl’anticosistemadetto Tolemaico, rivela unapluralità di mondi, mostral’uomo un essere non unico,come non è unica lacollocazione il moto e ildestinodellaterra,edapreunimmenso campo diriflessioni, sopra l’infinitàdelle creature che secondotutte le leggi d’analogia

debbonoabitareglialtriglobiin tutto analoghi al nostro, equelli anche che sarannobenché non ci appariscanointorno agli altri soli cioè lestelle, abbassa l’ideadell’uomo, e la sublima,scuopre nuovi misteri dellacreazione, del destino dellanatura, della essenza dellecose, dell’essere nostro,dell’onnipotenzadelcreatore,dei fini del creato ec. ec.».65

Motivo kantiano, questo,nuova apologia dellarivoluzione copernicananellafilosofia e nella cultura. Ladignitàeticadelfinitoèpostadal punto di vista dellaconoscenza.Lacostruzionedinuovi misteri apre nuovedimensioni e nuovi desiderietici.66Manell'Infinitovièdipiù:v’èun’esaltazione—neitermini attivi della coppiadialettica,dellacomparazione

—nella«voce»enel«suonodella presente e vivastagione» — della mobilitàetica del soggetto. La cadutadell’elemento eroico, delprometeismo e delle formeretoriche della loroespressione, non annulla ilsenso catastroficodell’emergenza del soggetto,della vita, della possibilitàespressiva: anzi, nell'inserirloin una dimensione

comparativa, nel porloinnanzi alla complessitàdell’essere, incentiva il sensopoetico ed etico della umanacreatività. La rivoluzionecopernicana è opera cheinsieme «abbassa e sublimal’idea di uomo». InLeoparditutto ciò è presente — masoprattutto presente è latraslazione della vicendaumana sulla vicendadell’essere. L’operazione

etica — che è tipica delkantismo — qui divieneimmediato drammanell’essere, azione eticanell’essere. Essa non hafunzione ermeneutica, bensìontologica. Non ha unastruttura allusiva macostitutivamente etica. La«voce» è il «suono dellavita». L’etica è vita ecostituzione dell’essere. Ciòapre, sempre nell’Infinito, ad

un importante,complementare problema: ilproblema del senso delladeterminazione. Tutto ilprimo pensiero dialetticotedesco è dominato dallanecessitàdiridurregliaspettipassivi della determinazione(Bestimmtheit:determinazione trovata,astratta, determinatezza) aimomenti attivi delladeterminazione(Bestimmung:

la determinazione agita).L’attività deve dominare lapassività.67 Ladeterminazione leopardiana èinvece qui l’insiemedell’aspetto attivo e passivo.Nell’Infinito il riapparirecontinuo della proposizionedeterminativa «questo»(«quest’ermo colle», «questasiepe», «queste piante»,«questa voce», «questaimmensità»,«questomare»)è

solo un indice dell’orizzontemetafisico delladeterminazione. L’essere èpreso,odall’esseresièpresi,nella interezza. Ladeterminazione compete atuttol’essere,nonèunvezzodella particolarità, è unattributo dell’universale. Lo«spaurirsi», l’«annegare», il«naufragar» rappresentanocosì,rispettoalfrequenteusodella proposizione

determinativa, un correttivo,ovvero un’estensionenell’apprensionedelreale.Latransizione leopardiana versouna filosofia matura e versoun’universale concezionepoeticadelmondo,fuoridelladialettica, ha questo dicaratteristico e diirreversibile: l’afferrarsi, ilprendere fisico, sull’essere.Un’eccezionale corporeitàontologica. Certo, qui nasce

immediata un’obiezione: inquesta fondamentaleequivalenza delledeterminazioni dell’essere,non rischia di annullarsi ilsenso dell’etica? No— essoanzi si accentua e in termininon equivoci. Poiché eticanon è appuntodiscriminazione e gerarchiadell’essere, è bensì suacostituzione, esserci dentro,all’essere, come attori della

sua creazione continua.L’infinito non è unaprospettiva di possesso, didominio, ma un camminoconoscitivo. Il finito èfondante, l’infinitoun’apertura—etica.68

Sipotrebbedirecheintalmodo Leopardi rinnoval’intuizione critica kantiana alivello dell’essere etico. Sipotrebbe ancora aggiungereche Leopardi coglie e scopre

qui il centro dellamistificazione logica delproblemadialettico,nelsensoche rifiuta di qualificarel'indefinito etico nei terminidell’infinito logico(omisticoo ideologico). Ma affermarequesto sarebbe rovesciare suquelle che per ora restanointuizioni,significatichesolopiù tardi, ed attraversocomplesse vicende, la storiadella filosofia,dellaculturae

della politica ha costruito.Non mi piace un siffattometodo allusivo. Basti allorafermare il potenziale vigoredell’espressione teoricaleopardiana su questa soglia,coglierlo nella sua auroralepotenza.Questapoesiaètuttaontologica. Si convertiràpresto alla metafisica delmaterialismo. Per ora viveuna fase di transizione. Etuttavia, questa transizione è

per certi versi conclusiva.Abbiamo visto i punti suiqualiessaliquidaglielementidella prima atmosferaculturale: l'ideologia eroica elatentazionedialettica.Orasitratta di individuare (e quisolo di indicare) gli elementiche producono futuro. Ilprimoè,senzadubbio,questoparticolare rapportofinito/infinito, immerso insoluzione etica. È un

elemento motore. Il concettoideologico di infinito, inquanto connesso a quello diassoluto, ne risultacompletamente distrutto.Meglio, disarticolato,scomposto. La finitezzadiviene base realistica deldiscorso. La soluzione eticanella quale si svolgel'esperimento garantisce chel’intuizione lirica possaliberarsi. L’entusiasmo

poeticosilegainfattiaquestaprospettiva ontologica, comeforma espressiva di uncontenuto adeguato — persempre, nell’esperienza liricadi Leopardi. Le più pesantipagine del suo pessimismosaranno rette da questopoetico entusiasmo — liricoed ontologico. È così che(secondo elemento di unfuturo poetico possibile)vengono configurandosi i

confini, le dimensioniterritorialieiprofiligeologicidell’orizzonte leopardiano. Ilcamminare, fra finito edinfinito, li traccia.Tracciaunorizzonte costituito da lineechepartonodallafinitezza,unorizzonte piatto,ontologicamente superficiale,non perché gli eventi sianoirrisori ma perché il sostratoontologico tutti li evidenziaegualmente in superficie.Gli

interpreti spesso insistonosugli elementi di filosofiasensista che formerebberomateriale dell’ispirazionedell’Infinito.69 Ho moltidubbiinproposito—meglio,ho dubbi addirittura sul fattoche Leopardi sia mai statosensista. L’utilizzo di certimoduli filosofici nongarantisce il marchiod’origine.Senell’Infinito c’ègioia poetica del senso,

questa è effetto di un grossopalpitare dell’universoontologico. Le caratteristicheminiaturizzatedell’artigianatosensista non si addicono aLeopardi. Il suomondo è unorizzonte.Di làdella«siepe»di questa straordinariainvenzione poetica, si stendel’interminabile piattoorizzonte dell’ontologia. Sudi esso continuamenteappariranno concrezioni

storicheefisichedeterminate,e i sistemi e le passioni adesse si collegheranno. Maquesto, non altro, èl’orizzonte di Leopardi. Ilsensismo vuole,pittoricamente, ricostruire ilmondo a partire da punti —un’infinità di punti, unimpressionismo giocato sullaminuzia. L’orizzonteontologico è in Leopardicostituito da linee etiche su

cui si ammassano enormipassioni. Un orizzontecubista.Suquestosfondoc’èun terzo elemento del futurochel’esperimentodell'Infinitoprogetta. È la disposizionestrutturalisticadell’intenzionepoetica e metafisica diLeopardi. Abbiamo già vistocome una tensionestrutturalistica fosse implicitaal classicismo — sicché ladeterminazione eroica

diveniva prometeica dentrouna logica di globalericostruzione del mondo.Quando l’istanza eroicaincontra la crisi, essa residuatuttavia il senso dellastrutturazione del mondo, equesto senso si prova e siorganizzasullasoliditàesullacomplessità del dispositivoontologico. La fisicitàclassica, non solodell’immagine ma dell’intero

progetto poetico, comequalificazionedell’immaginazionemetafisica; lo sviluppo delpensiero fra serie ecorrispondenze di oggetti epassioni: tutto ciò diventeràin Leopardi una chiavefondamentale di lettura e diespressione del mondo. Ciòorganizzaancheilsensodellalibertà del poeta. Contro lafisicità della prigione c’è, in

lui, la fisicità dellaliberazione. Prigione eliberazione sono, entrambe,sequenze seriali,rappresentazioni di totalità.La prigione dalla qualeLeopardi si vuole liberare èquella della memoria, deltempo storico, dellaletteratura contemporanea: laliberazione attuale, o ilfondamento di una nuovaproposta di liberazione,

dovranno avere la stessacapacità di strutturarsiglobalmente—lastessacheèriconosciuta al nemico. Ilfinito tende all’infinito,attraverso la determinazione,in un seguito di connessioniche formano la strutturaglobale dell’essere,dell’orizzonte ontologico.70Infine, ma non ultimo, unquarto elemento futuro.L’orizzonte ontologico è

vissuto dal di dentro. Le suescansioni, le suedeterminazioni sonoapprezzate dal livello dellavita. La totalità, il concettonon precedono mai ladeterminazione, la passione.Eccocialpunto:ilsensodellatrasformazione o, se si vuolee noi lo vogliamo, il sensodella catastrofe. Vv. 8-9: «Ecome il vento / Odo stormirfra queste piante...»: è il

momento dell’innovazione.Leopardi vive un’ontologiaventosa. Ha questo sensodell’essere — d’altronde,questa,delventochepercorrel’essere, è antica concezioneatomistica. Ma non è latradizione atomistica arendere il saporedell’innovazione leopardiana.È la sua irrequietezza diattore etico nell’essere. IlBlitz poetico segue

l’articolazione della passioneperché questa si nutredell’essere vero. Perciò «ilnaufragarm’èdolceinquestomare».71

3.Laquestionecrìtica

Che cos’è Leopardi altermine di questa primasperimentazione giovaniledella memoria e della

liberazione poetica? Egli havissuto un drammaticoincontro con l'indistinzionedei referenti culturali, hacercato di assumerli e dicriticarli — sembra essereriuscito nella critica. Ora,dunque, comincia a costruireunanuovacondizioneteorica.Quali sono i contenuti, ledeterminazioni di questaprospettiva? Chiamiamo«questione critica» il

problema implicito nelladomanda. Si tratta dicomprendere quale sia ilquadro entro il quale sisviluppa l’intenzionemetafisica leopardiana e nelquale — a partire da questa— insorgono le più creativeintuizioni poetiche.Chiamiamo questione criticaquesto fondo del pensiero diLeopardi: è un ambito —terreno, appunto,

dell’intenzionalità e cioè diun continuo movimento,posto e non risolto, masempre perseguito lungol’arco della sua attività.Questione critica: essa siriapre continuamente —come è possibile uscire dallacrisi del pensierodell’assoluto, dell’infinito,comeèpossibiletenereapertalapossibilitàdel finito,senzain ogni caso accedere alla

dialettica? Grande è ilradicalismodell’impostazione: perciò laquestione critica non potràmai risolversi in Leopardi,perché egli rompe,ab imo etprincipio, con ognideterminazione dellamemoria, del tempo storico,del tessuto culturale efilosofico del suo tempo.Quello è tempo di dialettica.Questa cesura iniziale

qualifica invece l’originaleapertura della ricercaleopardiana. Il mondo noncambiaperchélapoesiapossameglio cantarlo: invariaterestano al contrario ledeterminazioni dell’essere. Ese ad esse taluno applica ladialettica,perché ladialetticaè metodologia omologa aquell’orizzonte problematico,Leopardi negaquest’omologia: quelle

determinazioni dell’essere,quelle stesse cui altrisurrettiziamente applica ladialettica risolutiva, egliconsidera come mondo dellascissione, della catastrofedella memoria e di tragediadell’etico.Daquestopuntodivista Leopardi è filosofomoderno, poiché il suopensieronascedalla crisi.Laquestionecritica, l’intenzionemetafisica leopardiana

scelgonoquestabiforcazione,rispetto alla più generaletendenza del secolo. Certo,anche il pensiero dialetticofinisce ben presto nella crisi.Ma quello che il pensierodialetticosoffreneltempodelsuo sviluppo, Leopardi haassunto nel brevissimoperiodo della suapropedeutica poetica.Leopardi muove dalla crisidel pensiero dialettico. Si

stacca, sia pure a piccolipassi, dall’intensitàdell’emozione teorica epoetica vissuta a contatto diquello. È finita la fugadialettica dall’essere,comincia il cammino eticonell’essere. La maturitàleopardiana si costruisceintera sull’ordito delladialettica—ma in negativo.Andandone al di là. Oltre.Questione critica, intenzione

critica, apertura etica delfinitosull’essere.

Non si stupisca, dunque,se il tono è innanzituttoquello del disincanto.Questodisincanto è dovutoall’intensità della tragediavissuta. È comunque unuscire lieve da quanto èaccaduto attorno all 'Infinito.Il poeta procede a piccolipassi. Non sviluppa laquestionecriticama,percosì

dire,laformalizza.Ladipana.Investedellaquestionecriticaquei campi del pensiero suiqualilacrisisierasviluppataprima di essere condotta almomento catastrofico dellapoesia e della metafisica, aquel poetico cartesiano «jepense, donc je suis» che èL'Infinito.Iopenso,iosoffro,dunque sono sostanza finita,determinazione finita.72 Dueidilli seguono

immediatamente L'Infinito:Alla luna73 eOdi,Melisso.74Nel primo idillio l’aspettocartesiano della crisidell'Infinito, la separazionedell’io dall’indifferenza dellanatura e della storia,dall’universo della memoria,sono ricontrollati edapprofonditi. L’iniziazionemetafisica è data comeingresso nella maggiore età—«orvolgel’anno»,unanno

è passato, esplicitamenteLeopardi lo dichiara asegnare il passaggio dal«tempo giovami» allamaturità. Contenuto delpassaggio è l’inversione delrapporto fra speranza ememoria: «Oh come gratooccorre/Neltempogiovami,quando ancor lungo / Laspemeebrevehalamemoriail corso» (Alla luna, vv. 12-14). Un’inversione che è

innanzitutto separazione:nell’età giovanile, invero,memoria e speranza siconfondono nell· eroismo,ora la memoria si allungasenza alcuna chiave, eroicaretorica o dialettica, che lacomprenda. D’altro lato, lasperanzaèsola,abbreviatadaquesta solitudine, relegatanella sfera del disincanto,della finitezza. Un anno ètrascorso: il dolore permane

dentro questa misuradevastatrice: «travagliosa /Eramiavita: edè,nécangiastile, / O mia diletta luna»(Alla luna, vv. 8-10).Ma adesso,aldolore,s’accompagnala critica: l'immaginazioneafferma nel disincanto lafunzione dell’io. «E pur migiova / La ricordanza, e ilnoverar l’etate / Del miodolore» (Alla luna, vv. 10-12). Non v’è nulla di

consolatorio inquesto idillio.Vi è l’altissima e pur lievedichiarazione di rotturadell’indistinzione, diconquista del punto di vistadell’io finito.Non perciò v’èsoluzione della questionecritica: s’accentua anzi lacondizione di tragedianell’etico.Lacondizionenonè di soluzione, perché ognisoluzione sarebbesuperamento e annullamento

della finitezza, del dolore,della vita. Ancor piùesplicito, anche perché piùpedagogico e menoliricamente strappato, è ildiscorso del poemetto Odi,Melisso.Quilaripetizionedeldramma della separazione,della rottura della speranzadell’infinito, acquista il tonolieve del paradosso. «Odi,Melisso: io vo’ contarti unsogno / Di questa notte, che

mi tornaamente / In rivederlaluna.Iomenestava/Allafinestracherispondealprato,/ Guardando in alto: ed eccoall'improvviso / Distaccasi laluna;emiparea/Chequantonel cader s’approssimava, /Tanto crescesse al guardo;Infin che venne / A dar dicolpo in mezzo al prato; edera / Grande quanto unasecchia, e di scintille /Vomitava una nebbia, che

stridea/Sìfortecomequandoun carbon vivo / Nell’acquaimmergi e spegni» (Odi,Melisso, vv. 1-13). E nelcielo, che avviene? «Vidirimaso/Comeunbarlume,oun’orma, anzi una nicchia, /Ond’ella fosse svelta» (Odi,Melisso, vv. 17-19). Lafinezza del racconto, lagentilezza lirica deldialoghetto fra Alceta eMelisso, non ne toglie

tuttavia lo spessorefilosofico.75 Siamo in unasituazione berkeleyana: sel’io si stacca dalla memoria,seaffermalasuaseparazione,dentro questa crisi riusciràmai un rovesciamentoconoscitivo nei confrontidella natura e della storia? Ècapace l’io, nel suo sogno,nella sua separazione, diricostruire un orizzonte divita? Un pensiero che si

stacca dall’universalità delfondamentologicodelmondoe dalla costruzione dellatotalità può correre e riuscirenell’avventura dell’idealismopsicologico? La risposta ènegativa. Solipsismo,illusione creativa del mondoda parte dell’individuo, nonsonopossibili.Ilrapportononha neppure soluzionedialettica. La determinazionenon può essere né creata né

negata. La scala, una voltasaliti al mondo dellarappresentazione, non puòessere gettata. No, Alceta, lalunanonèunastellacadente:«Egliciha tantestelle, /Chepicciol danno è cader l'una ol’altra / Di loro, e millerimaner.Masola /Haquestalunainciel,chedanessuno/Cader fu vista se non insogno»(Odi,Melisso,vv.24-28). L’affermazione dell’io è

dunque realisticaaffermazione dell’io finito. Ilrapporto alla luna, alla suasolitudine e determinatezza èinsopprimibile e qui sicontrappone ladeterminazione, laconsistenza fisica, lasolitudinedelpoeta.«Masola/Ha questa luna in ciel...».76La levità con cui qui è postaed articolata la questionecriticanonnetogliequindilo

spessore. Non si tratta dispessore psicologico — delritorno del dolore — bensìfilosofico. La domandafilosofica, in questa suabellissima forma lirica, noncede mai al banale. Ilproblema è pesante— comeuna luna che cade sul prato.La crisi, nella forma dellalevità, si dipana: tutti i suoiprotagonisti si presentanosulla scena, nella realtà della

loro determinazione efinitezza. Ma questopassaggio, filosofico epoetico, attorno alla crisi del1819, ha una grandeimportanza non solo perchéripropone tutti i terminidellaquestione critica ma perchéne amplia la portata,l’espandeerendelaquestioneversatile, multiversa. Se ladialettica non è concepibilecome forma risolutiva della

determinatezza,se—tuttavia— i termini di unaproblematica dialetticapermangono, e le finitezze sioppongono l’un l’altra senzaincontrareAufhebungen,qualisono, sull’orlo negativo diquesta situazione, gliscorrimenti i passaggi irapporti che pure i terminidell’esistenza debbonoconoscere? Certo, nessunasequenza logica, nessuna

linearità è data suquest’orizzontedell’essere:dicontro, invece, conosciamorotture, crisi, sofferenza. Matutto questo si dànell’essere,su un fondo ontologico chequeste emergenze contiene emette in relazione. Inoltre: ilcontesto della dialettica, diquesta dialettica irrisolta, èglobale, strutturalmentecomplesso, esattamentecombacianteconlasuperficie

del mondo e con il suomultiverso apparire. Ladialettica come operazionerisolutiva si è misurata ed èstata sconfitta nel contestodella memoria — memoriacomunque costitutiva dellanatura e dello spirito. Qualigli scorrimenti, dunque, chesi danno non solo fra isoggetti finiti ma fra leregionidiquestouniverso?

Regioni culturali,

psicologiche, fisiche? Nellasua levità laquestionecriticanon è solo spessa ma ancheprogressiva; non soltantointensama anche trasversale.La catastrofe critica si èesercitata sul più alto puntolirico: ora essa cercapermeabilitàsututtoiltessutodella memoria, della storia,della natura. Sembra divederlo, questo Leopardi,nella fatica del passaggio,

mentre dal profondo diun’emozione lirica che hacondotto la conoscenza aibordidell’infinito,sichina—non con delusionema con laprudenza di chi non puòrinnovare l’estremità deldolore — sul cumulo dellapropria esperienza, perverificarla, per sottoporla alvagliodellaquestionecritica.L’intenzione critica nellatotalitàdellatragediaeticadel

suouniverso.Nonacaso,allora,questo

giovanissimo, solitario emarginalepoetaintervienesulpiù alto livello delladiscussioneculturaleincorso.Discorso di un italianointorno alla poesiaromantica.77 Che questodiscorsopreceda la redazionedell' Infinito non togliel’inerenza alla medesimaproblematica. Anzi, ci

dimostra,daunpuntodivistametodologico, la correttezzadiunapprocciocriticochesicostruisca e si sviluppi sustrutture tematiche: lesequenze strutturalicoinvolgono tempi e stilidiversinellorosviluppo,elaconnessione non negal’eventuale relativadiscontinuità dei passaggi.78Ora, qual è l’operazione cheLeopardi compie nel

Discorso? Un’operazioneinteramente e decisamentecatastrofica rispetto alcontenuto della memoria.Occorre ben guardare lastruttura del Discorso e nonlasciarsi ingannare dallareferenza ai temi del dialogoconilGiordani,cheinessosipuòleggere.Perché,dicontroaquellachedovrebbeessere,in coerenza conquei temi, laposizionediLeopardi, e cioè

la rivendicazione dellapoetica classicistica, qui siesprime un’intenzioneradicalmente originale. Dinuovo, prima di tutto,un’inversione dei termini deldibattito,insecondoluogounloro dislocamento, in terzoluogo l’innovazionemetafisica. Vediamo diseguito queste operazioni.Leopardi definisceinnanzitutto le alternative del

dibattito, le «opinionicontrarie»chesiconfrontano.Abbiamo così due serie: laprima è «natura, imitazione,moderno, sentimento» — laseconda, «storia, fantasia,classico, senso». Ciascuno diquesti termini, nell’ordine, èoppostoall’altro.Classicismoeromanticismosioppongonocomestruttureintere.Machesenso ha quest’astrattacontrapposizione? A meno

cheilclassicismonondiventistupida e pedissequaripetizione e il romanticismosemplice gusto dellostraordinario,leduetendenzerisultanosimulatenellarigidacontrapposizione chepretendono: in realtà, moltobanalmente,esse tematizzanocomponenti diverse del farepoetico tradizionale e soloastrattamente le oppongono.«Natura contro storia», o

viceversa? «Imitazioneoppure fantasia»? Ma chesenso hanno questecontrapposizioni? E dovefinisce l'un termine e dovecominciaPaltro,ecc.ecc.?Ilconcretodelfarepoeticovivepositivamente non di questealternative ma delcongiungersi delle polarità.«La natura non si palesa masinasconde»esololafantasiadella naturalezza e le forme

storiche della convivenzasapranno rivelarla al poeta.Ma, d’altro canto, senzaun’inclinazioneallanatura,alfondamentale, al primitivononsidàpoesia:lastoriaelaragione non sostituisconol’intenzione poetica: «quantocrescerà l’imperio dellaragione, tanto, snervate ediradate le illusioni,mancherà la grandezza degliuomini e dei pensieri e dei

fatti». L’argomentazioneleopardiana si aggira senzasostaerigiraedalternaitemieipuntidivista—noncertoin termini retorici, non certopernonvolerarrivarealnododella questione. Anzi, è quiche il rovesciamento dellatematica culturale generale siattua:siponecioèilproblemanon dal punto di vista delpoetabensìdalpuntodivistadel pubblico, della poesia

come oggettività culturale.L’inversione delle tematichedel Breme, dei romantici edei loro interlocutori edoppositori,ècosìprodotta—imponendo la precedenza delpunto di vista del pubblicosulla e contro la purezzaestetica.79 La pretestuositàdelle tematiche puramenteestetiche non sostituisce ilfare poesia e questo fare ègoduto sul terreno della

cultura. La forte dimensionenazionalista aiuta ladimostrazione— ilDiscorsoè «discorso di un italiano» ele ultime sue pagine sono unappassionato eroico appelloalla gioventù per ilrinnovamento della cultura eper la liberazione dellanazione. Vi potrebbe essereterreno più adatto di questoper significare l'oggettivitàculturale del fare e godere

poesia?D’altraparte, sembraaggiungere Leopardi, chedifferenzac’èfraquestinuoviautori«romantici»egliultimidella cultura illuministica?Forseche le istanzepolitichedi questa generazioneromantica, alcune almeno,erano assenti nella linea chedal Parini conduceall’Alfieri? Forse che, diconverso, l’illuminismopedagogico non esigeva che

la cultura poetica si provassecon, e si nutrisse di storia?L’inversione dei termini deldibattito, il loro continuoripetuto paradossalerovesciamento (per cui ilromantico finisce per essereclassico e viceversa) vale adeterminare la posizionedell’ultimo passaggio deldiscorso, il dislocamento delproblema. Vale a dire:Leopardisichiedequalesiail

rapporto fra soggettività eoggettività nella poesia, fradesideriedespressione lirica,fra immaginazione e verità.La poesia è un fenomenoculturale: bene, tutte le seriepossono annullarsi oscambiarsi — ma questorimescolamento delle formed’espressionerestacomunquesubordinato alla verità. Solola verità, l'illusione verafanno poesia. La posizione

del problema della verità èl’iniziale variante deldislocamento leopardiano.Inutile dunque far «praticarela poesia con l’intelletto»:non l’astratto, lostraordinario, la rarità, lariduzione psicologica fannopoesia, bensì la pienezza deisensi e la ragione. Rifiuto einversione dei termini deldibattito, quindispiazzamento. La verità. Il

problemaèquali siano levieperlaverità—edovestialaverità. Ancora unaproposizione illuministica.Leopardi in questo Discorsopercorre intera la propriamemoriaculturale.Equi,piùmatura variante deldislocamentocomplessivodeldibattito, la prima delleaffermazioni catastrofiche diquesto discorso: la verità èl’essere vissuto, penetrato:

«un vero che è in quantovero»,«chenonhabisognodiessere detto». Una posizioneepistemologicamaterialistica,ocomunqueantidialettica.Laverità consiste nelladeterminazione e nel finito.C’è. È lì. La rottura dellamediazione culturale deldibattito, che intervienedopola formidabile inversione ditutti i termini, e quindi labanalizzazione del problema

estetico, si collega qui alrinnovamento del temailluministico del rapportopoesia-verità. Materialismo,determinazione antidialetticadel finito. Ilveroè il fatto, èil finito. Ma ecco, qui, dopolaprimarotturaantidialettica,unasecondarottura,inavanti,nonsemplicementecriticamapropositiva. «Credono iromantici che l’eccellenzadell’imitazione si debba

stimare solamente secondoch’ellaèvicinaalvero, tantoche, cercando lo stesso vero,si scordano quasi di imitare,perché ilveromedesimononpuò essere imitazione di sestesso». Il vero può esseresolocreazionedisestesso.Ilmondo finito, la crisidell’infinito, il sensodisperato dell’impossibilitàdella soluzione dialetticatrovano qui una luce.

L’inversione, labanalizzazione e la criticadell’estetica romantica sispiazzanosulterrenodelvero— materiale e finito. Nonaspettatevi tuttavia unmaterialismo anemico emeccanico. No, esso è ilterreno stesso della vita. Lafinitezza non si disperdenell’assoluto, insiste invecesu se stessa — ma con ciòrompeinavantil’ordinedella

vita. La verità è afantica,quindi mitica. Nuovainversione del discorso, edirrisione degli stessi amiciclassicisti.Laveritàè ilmitoche rompe con l’ordinedell’intelletto, della serie,della riduzione psicologica ecoglieedesprime ilmiracolodella ragione. La poesia è laforma più altadell’espressionerazionale.80

Questa sequenza del

Discorso di un italianointornoallapoesiaromanticaesprime il ridondare dellametafisica dell' Infinito sulterreno culturale.Demistificazione dellaproblematica romantica,inversione dei suoi termini,dislocamento del problemapoetico sul terreno dellaverità,mitologiadellaragionecomesolaaperturafilosofica,entro dispositivi e condizioni

dialettiche irresolubili:insomma, mitologia dellaragione finita, illusionetrascendentale controdialettica trascendentale. Maa noi interessa anche unsecondo aspetto di questofondamentalepassaggio,edèquello che riguarda ilrapporto fra mito ematerialismo. È infatti neldislocamento dellaproblematica e

nell’agganciarsi alla verità, èin quel momento che, a mioavviso, Leopardi compieun’operazione decisiva sulterreno e sui materiali dellamemoria. Voglio dire cheLeopardi non si limita qui aliberarsi dei terminiirriducibilmente controversidella memoria attraverso unatto di conoscenza storica eun’intuizione filosofica, chericonoscono nel rapporto fra

illuminismo e romanticismouna continuità da criticareglobalmente.Questa critica èd’ordinestorico:lacontinuitàitalianadell’illuminismoedelromanticismo sembravad’altrolatochiarissima—piùche nelle altre cultureeuropee. Ora, questacontinuitàstoricanutrivaipiùperfidi velenidell’intellettualismo e unadeterminazione distruttiva!81

Liberiamocene. Ma qualisono le conseguenze di unatale operazione liberatoria?Qui v’è implicito dunquel’altro passaggio critico:uscendo dall’intellettualismoilluministico o romantico,riconoscendonel’indifferenza, ci immettiamosul terreno della veritàmateriale. Ma se affermiamoil materialismo come unicadeterminazione alternativa

alla totalità idealistica dellamemoria, bene, allora ilmaterialismo si devepresentare come creatività,come dinamica della forma,comepossibilitàdimito.Cheil materialismo sia capace dimito, è grande intuizioneleopardiana. Non appenacominceremo a studiare loZibaldone, potremo vederecon quale intensitàmaterialismo e mitologia

della ragione si articolino.82Quiricordiamosolamentecheognifilosofiadell’empirismo,quanto più approfondisce diquesto le determinazionimaterialistiche, tanto più èspinta a costruire una sferacreativa dell’anima—moralsentimentinHumeeinAdamSmith,Gefühl in Hamann, ela «passione» di Hélvetiusecc. ecc.83 — ma già ilclinamen epicureo e

lucreziano:84 quanto èquest’ultima tradizione inLeopardi presente e potente!Sicché in tal modo cominciaadapparircievidentecomelacrisi leopardiana e lacatastrofe dellamemoria nonsolodetermininogli elementiprincipalidelquadroincuisisviluppano lirica e pensiero:essi intervengonoanche sullaforma del pensiero. Lacatastrofe non è solamente

una condizione ma unachiave epistemologica delmaterialismo di Leopardi.Una chiave epistemologicache inoltre permette laqualificazione etica del suolavoro, nell’attivazione dellospirito critico e del pensierolirico:masuquestopiùtardi.

Siamo a questo punto ingrado di intendere lasingolare figura che ilcosiddetto classicismo

assumeinLeopardi.Cheessonon possa essere definito permero contrasto con lepoetiche del romanticismo,abbiamo appena finito diricordarlo.D’altraparte,bastitener presente la complessafiguradell’eroismogiacobinoper non aver dubbi sulcarattere posticcio di moltecontrapposizionicaratteristiche dellastoriografialetteraria:inpresa

diretta, Goethe e Hölderlinhanno fatto giustizia,attraverso l’esperienzadiunapoetica sublime, di questepresunte contrapposizioni,vivendone potentemente laspecificità e annullandole inun solo continuo lavoro.Leopardi siponenello stessocorso. Come in Goethe, esoprattuttocomeinHölderlin,il classicismo diviene in luiunaspeciedigrandeofficina,

dovesperimentare il rapportoframaterialismo emitologia,fra memoria e catastrofe. Senella«letteraalBreme»ciòèevidente — ed è bello farsicondurrepermano,comegiàda Simonide in Αll'Ιtalia, inessa da Senofane (entrambipartecipanoatitolodiversodiunagenealogiadeglidei)85—nellacanzoneAdAngeloMaidiviene ora del tuttoesplicito.86 E il motivo

materialismo/mitologia,memoria/catastrofe,vienequilavorato a fondo. Tre sono itemidelcantoalloscopritoredei libri ciceroniani Dellarepubblica: la miseria dellastoria italica, il dolore nelconfrontarsi ad essa, e ilcanto dei poeti e degli eroiche dalla miseria puòrisollevarci. Tre temi,singolarmente connessi, cheriappaiono come

sollecitazioni semprerinnovate, dentro un fluirepoetico impetuoso eaccidentato. Quest’innoclassicista è forse il piùromanticodelLeopardi—sedovessimo stare alleclassificazioni e usare questistanchi stereotipi. Ora, lamiseria della storia italiananon è in Leopardi uncontemplare—èpiuttosto lacondizione materiale nella

qualecimuoviamoe ilcantola registra: «questo secolmorto, al quale incombe /Tanta nebbia di tedio» (AdAngeloMai,vv.4-5).Ilpoetane è completamente preso:«Io son distrutto / Néschermoalcunohodaldolor,che scuro /M’è l’avvenire, etutto quanto io scemo /È talchesognoefola/Faparerlasperanza»(AdAngeloMaivv.34-38). Questa miseria,

questodoloresonosintomodiunasituazionegenerale,tantosoggettivamente commossaquanto oggettivamentepesante. La miseria è storicain tutta l’ampiezza disignificato del termine:«inonorata, immonda plebe»successe al dominio deglieroi: «ozio circonda / Imonumentivostri;ediviltade/ Siam fatti esempio allafutura etade» (Ad Angelo

Mai, vv.43-45).Lamemoriaè immersa nella viltà enell’ozio, nell’appiattimentostupido del senso della vita.Gli ingegni sono spenti nellamisura in cui gli eroi sonomorti. Il dolore è l’unico,primo, elementare rifiuto.Esso è il solo prodotto dellamemoria. Non ne vive lasuperficie, fa parte dellastoriaprofonda,dellavicendadi tanti eroi (il Canto li

enumererà, da Colombo aTasso all’Alfieri) ammutolitie resi tragici dal tempostorico. Il dolore fa partedellamemoria,èunelementodellasuadialetticama,anchee soprattutto, è il segno chequestadialetticaelamemorianon possono concludersi edessere superate. Il dolore èmateriale dialettico. Qui siinseriscetuttavialacatastrofe— in senso positivo e

negativo.Sedaunlatoc’èloschiacciamento dellasperanza, dall’altro c’è illimitepositivodeldolore.Laloro contemporaneità rende,costruisce, indica ilmomentodella catastrofe. «Ahi, daldolor comincia e nasce /L’italo canto. E pur mengrava e morde / Il mal chen’addolora / Del tedio chen’affoga.Ohtebeato,/Acuifu vita il pianto! A noi le

fasce/Cinseilfastidio;anoipresso la culla / Immotosiede,esullatomba,ilnulla»(Ad Angelo Mai, vv. 69-75).Ilrestodelcanto,dopoquestapossente introduzione, è unpercorrere le dimensionimetafisiche della situazione:una metafisica storica,materialistica, che articola ilmomento della memoria equello della catastrofe, losviluppo dell’essere verso il

nulla e la necessità diromperne la rigidità — nelcanto, nel «caro immaginar»,attraverso questo «stupendopoter».Unametafisicastoricache, sopra il miserandopanoramadelpresente, rendemitiche le voci dei ribelli, diTorquato e diVittorio, e conciò trasforma l’illusioneeroica in emersione liricadella catastrofe. Catastrofeanche politica: sempre

quest’aspetto si ripresenta,dai primi agli ultimi versi,dall’odio della «plebe»dell’inizio,alladenunciadella«salita della turba» dellaconclusione — invettivasempre unita a quella,parallela, contro il tiranno.Sicché di nuovo non è altroche un paragrafo dellacatastrofe della memoria,quellocheci sipresenta, subspeciepoliticae.Ilterrenosul

quale emergono questedichiarazioni politiche èquello lirico e metafisico,spirito e lettera del discorsoson lirici e metafisici — néLeopardi è qui piùreazionario di quanto possaesserlo Nietzsche, di quantopossa esserlo chiunqueconsiderache laveritàèsolocatastrofe — in un mondoprivo di dialettica. Eccoci,con questo canto Ad Angelo

Mai, completamente insituazione. Non ècontraddittoria quindi, su unlato, l’esclamazione: «Eccotuttoèsimile,ediscoprendo,/Soloilnullasiaccresce» (AdAngeloMai,vv.99-100),conl’invocazione filiale: «Oscopritor famoso, / Segui;risveglia i morti, / Poi chedormono i vivi; arma lespente / Lingue dei prischieroi; tanto che in fine /

Questo secol di fango o vitaagogni / E sorga ad attiillustri, o si vergogni» (AdAngeloMaivv.175-180).No,non è contraddittorio. È lasemplice affermazione dellacompresenza insolubile dimemoriaecatastrofe,deidatielementari della crisidialettica. In ciò consiste lapossibilità etica e poetica—nel vivere questacontraddizionedeterminata.

LagrandezzadiLeopardicominciaqui,inquestoviverelacrisidelpensierodialetticonella sua origine. Alcunilustri fa Karl Lowith, in unindimenticabile studio,ripercorreva la vicenda delladialettica fra Goethe,KierkegaardeNietzsche87edindicava, nella concezionedialetticadellastoria,insiemeil punto critico e ilmomentodella sua scoperta e

drammatizzazione:l’irresolubilità dialettica delfinito.Perlaculturafrancese,Deleuze, nei primi anni ’60,rileggendo Nietzsche,88seguiva lo stesso cammino ericonquistava il saporeantidialettico del filosofare,puntando sull’irriducibilitàdellacontingenzametafisicaedellapotenzaetica.Dovremotornare sul nesso Nietzsche-Leopardi e vedere come nel

discorso sulla tragedia e lagenealogia della divinità edellamorale il lorocamminospesso semplicemente solo sisovrapponga — quasiesistesse,perlaverafilologiaclassica, un destinomisteriosoecomune.Manonè immediatamente su questasingolare analogia che ciinteressa fermarci. Il tema èaltro: è il raccogliersi, inquesto giovane Leopardi che

studiamo, come in unracconto breve, di unavicenda di crisi delladialetticailcuiarcospaziasuun secolo. L’articolarsiprofondo dell’intuizione delfinito, ossia della concezionemetafisicadellacontingenzaedella concezione etica dellapotenza. La dialetticadell’idealismo,ilsuosfociarenelladistruttivitàdiunsentiretotalitario, son vissuti da

Leopardi a contatto con leorigini, con il sorgere di unproblema che egli comunqueassume: la crisi dellamemoria, la crisi del tempostorico.89 Quindi, unLeopardi che anticipa unnesso critico fondamentaledello sviluppo filosofico, ilpensiero della crisi. Maquest’anticipazioneleopardiana, proprio perchévive ed attraversa il mondo

della memoria, ha un’altrasingolarità.Seessa, infatti, sipone come coscienzaanticipatrice contro ilprogetto dialettico, per altriversi è coscienza conclusivadi uno sviluppo parimentidistruttivo, di quello dellaDialektik der Aufklärung.Studiando lo Zibaldonepotremo, per così dire,tracciare una storia negativadel pensiero illuministico da

Montesquieu a Novalis,90 unquadro di grande ampiezzastoriografica e di enormeminuzia critica. Una scenasullaqualesivedeilpensieroilluministico terminare allamedesima crisi, allamedesima necessariaresistenza e protesta delfinito, del concreto control’astratto e l’infinitodell’intelletto. Due storie,quella dello sviluppo dei

Lumi e quella dell’idealismodialettico, si sovrappongono— la dialettica le sostieneentrambe. Leopardi viveall’incrocio di queste duevicende, entrambe le critica— contro una dialettica cheegli vede concludersi nellasconfitta del tempo storicodellavitaecontrounanuovadialettica che egli vedesantificare quella sconfittadella ragione. Ponendosi fra

questi due mondi, laposizione storica di Leopardiassume un altissimosignificato.91Nevengonodueimmediate caratteristiche, alsuo pensiero. Una, per cosìdire,spaziale:intendoconciòl’intensità e la qualificazionedel rapporto alla fisicità delmondo che descrive. Unaseconda caratteristica,temporale, ossia unaconcezione del tempo che,

sviluppandosi fra critica delpassato e anticipazione delfuturo, fa corpo con laconcezione dell’essere. Laprimadiquestecaratteristicheè piuttosto illuministica.Com’è noto, e come megliovedremo percorrendo lepagine dello Zibaldone,grande è l’importanzadell’insegnamento diMontesquieu nell’opera diLeopardi. Ora, in

Montesquieu, la continuitànatura-storia è elemento difondo e in essa sicostituiscono la sfera dellacomunicazione(cioè la teoriadelle forme politiche), ilsentire etico e la previsionecostituzionale.92 La densitàdel rapporto, strutturale intermini tecnici, fra storia enatura, è sempre tenuta daLeopardi. Egli porta allacritica della dialettica del

pensiero idealisticoottocentesco questocontributo materialistico,traendolo dalla filosofia deiLumi. D’altro lato, laconcezione del tempo — untempo invadente, aqualificazione spessa,storicamente denso. Queltempo storicamentedeterminatochegli eventi, ledimensioni, i sussulti dellosvolgersi della Grande

Rivoluzione avevanoinsegnatoaconsiderareechel’idealismo tedesco pone alcentro della metafisica.93Leopardi assumequest’ottocentescaconcezione del tempo e la fareagire sulla filosofia deiLumi. Le difficoltà dicollocazione storica delpensierodiLeopardiderivanospessodaquestogiocoincuiegli si esercita, e possono

essere risolte solo daldiscoprimento delleinversioni di significato cheegli opera. In questadimensione, quando i duescenari dialettici, quello deiLumi e quello dell’idealismoclassico, vengonosovrapponendosi, si pone ilconcetto di crisi. Con la suaenorme forza— poiché essofareagire,inLeopardi,spazioetempo,naturaestoria,lumi

e idee. Ne viene una terzacomplementare caratteristicadel pensiero di Leopardi.Esso non è un pensieroprogressista: non lo è perchénonpuòesserloapartiredallacollocazione storica, fraconclusione di un passatosconfitto e rifiuto di unavvenire che egli sembraripetere,eripete,lamedesimadialettica.Non è un pensieroprogressista perché non è un

pensiero storicista. Luporini,Binni e altri autori94 hannospesso dimenticato, nelcondurre un’orgogliosa egiusta battagliaantiformalista, la rigidità delnesso fra storicismo eprogressismo. Ora, Leopardinon è progressista perché ilsuopensiero,antidialettico,fareagire la storia solo su sestessa. È un atteggiamentocatastrofico, quello

leopardiano,impiantatosuunmaterialismo solido,costruttivo,manonlinearenéprogressivo. È la catastrofedella memoria e del tempostorico, il momentofondamentale nel quale sicolloca il pensiero diLeopardieapartiredalqualealcuni essenziali motivi siformano.Aggiungiamocheilnessomaterialismo-catastrofenon può in nessun modo

essere interpretato in formareazionaria: non perché ilconcetto di reazione sia, alpari di quello di progresso,privo di senso in riferimentoalla lirica leopardiana ed asuoi contenutiparziali—maperché il nesso catastroficoscoperto e organizzato dalmaterialismo si oppone adogni pratica restaurativa, allaripetizionedel tempo storico,alla stereotipa resistenza del

passato. La catastrofe ècontro la reazione. Non puòtuttavia essere progressista,perché non v’è un tempopensato che regga il reale—v’è solo l’insorgenza umana,del finito, che rompe edinnovalarealtà!Lacatastrofedellamemoriastorica residuacosì in Leopardi un senso diinimicizia radicale neiconfrontidellamemoria:essaè tedio che conduce al nulla,

come insegna la canzone AdAngelo Mai. La catastrofedella memoria èaccompagnatadaunsegnodirifiuto soggettivo —metafisicamentegarantito.

Per finire. Da quantosiamo venuti dicendo potràforse indursi un’ultima ecentrale qualificazione delpensiero leopardiano inordine alla posizione dellaquestione critica.Tale ultima

qualificazione, oltre acollocarsi nell’insieme deifattori descritti, impone unadirezione che tutti lidetermina. Scontrandosi conla catastrofe della memoria,essa va verso l’interioritàdell’essere. Segue,intrecciandole, le dimensionidello spazio e del tempo,dellanaturaedellastoria,elecostituisce insieme.L’interioritàdellalirica,della

voce, alla crisi: è questo ilvero senso catastrofico delpensiero leopardiano? Certo,ma solo se inteso anchenell’altro verso: comedirezione costitutiva. Laquestione critica, attraversouna torsione del proprioconcetto, unisce cosìl’intuizione critica allacostituzione catastrofica. Iltema della verità, propostoper la prima volta in termini

compiuti all’uscita dallavicenda dell 'Infinito, èpresentato in questa forma.Lacatastrofedellamemoriaègiunta ad un limite estremo—iltempostoricopuòesserericonquistato solo attraversoun’operazione costitutiva.Non è ora difficile intenderela determinazione etica dellosviluppo che ci attende.Questione critica è campodell’etico. Ripercorriamo il

canto Ad Angelo Mai. Quelpensierochedaldisprezzodelpresente conduce al dolore,che attraverso il doloreriscopreunorizzontedi tediopassato e di nulladell’avvenire, che da questacondizione si ribella, eimpreca e incita e si sollevaall’immaginare — e tuttavianon vuole che l’immaginareriproduca nulla, e nellospecchiarsiinquestopericolo

si vuole, di contro, comemateriale rottura etrascendenza— ecco, questoèpensieroetico.Nelpiùalto,materialistico senso: pensierocostitutivo. La questionecritica è in Leopardi,attraverso l’etica, questionecostitutiva. Nel disincanto,dopo l’esperimentodell'Infinito, si pone ilproblema. Il disincanto nonne toglie lo spessore

metafisico. Ildoloreè troppoforte.

CapitoloII.LATRAMADELSENSO

4.Ilsolidonulla

Si distende il pensiero diLeopardi dopo la crisi dell

'Infinito:nelsenso,questomisembradipoterintendere,chela crisi personale si riflettesull’insieme delle condizionidell’esistenza. A LeandroTrissino: «Io non dirò che ilpiantosianaturamiapropria,manecessitàdeitempiedellafortuna».1 Questa riflessioneoggettiva scarica lo «strazio»della «spaventosa vita» diRecanati. «Il mio intelletto èstanco delle catene

domestiche ed estranee»2:bisogna liberarsene—questaliberazione è insiemeconfortata e prodotta da unestendersidelle tematiche,daun loro più ampio proiettarsisul mondo. Ricerca diamicizia nelle lettere alBrighenti,dinobilestimaediconsiderazione letteraria inquelle al Trissino. A lato,certo, di un approfondirsi ditemidisperati,diunrinnovato

soffrire la tragedia nell’etico— ma quest’approfondirsi equestosoffriresidannoormaidentro una dimensioneinteramente metafisica.Sicché il crescendo di unametafisica della ragionenegativa che possiamodocumentare nelle lettere aPietroGiordanidalnovembredel 1819 al giugno del 1820ha una tonalità costruttiva, èpromozione della questione

critica piuttosto che, o,meglio, oltre la disperatasperimentazione di crisi. Èquesto «oltre» che quidobbiamo seguire, il suocostruirsi.

19 novembre 18193:«Sonocosìstorditodelnienteche mi circonda, che non socome abbia forza di prenderla penna per rispondere allatua del primo. Se in questomomentoimpazzissi,iocredo

che la mia pazzia sarebbe diseder sempre con gli occhiattoniti, colla bocca aperta,colle mani tra le ginocchia,senza né ridere né piangere,né muovermi altro che perforza dal luogo dove mitrovassi. Non ho più lena diconcepire nessun desiderio,neanche della morte, nonperch’io la tema in nessunconto, ma non vedo piùdivario tra la morte e questa

miavita,dovenonvienepiùaconsolarmineppure ildolore.Questaèlaprimavoltachelanoia non solamente miopprime e stanca, ma miaffanna e lacera come undolor gravissimo; e son cosìspaventato della vanità ditutte le cose, e dellacondizione degli uomini,morte tutte le passioni, comesono spente nell’animo mio,che ne vo fuori di me,

considerando ch’è nienteanchelamiadisperazione».Èquesta la lettera che segna,nell’epistolario, il passaggioad una sensibilità d’ordinemetafisico.Ilsuoradicalismoconsiste nello spiazzamentodituttiitemi—esoprattuttodi quello del suicidio: dalsuicidioperamord’eroismooper odio del carcere, alladistensione e distruzionemetafisiche dell’idea stessa

del suicidio.Nella lettera del17 dicembre questi temi sidipanano:4 la condizionepersonale («non ti affannareper me, ché dove manca lasperanza non resta più luogoall’inquietudine,ma piuttostoamami tranquillamente comenon destinato a veruna cosa,anzicertodiessergiàvissuto.Ed io ti ameròcon tuttoquelcalore che avanza aquest’anima assiderata e

abbrividita») si specchia einsieme si stacca da «questoformidabile deserto delmondo». La soggettività ègettata nel mondo, dentroquesta finitezza sperimentaunadimensionetragica,cheèpropria della coscienza cosìcomeloèdelmondo.«Quellaverità universale, che tutto ènulla»,esplode,percosìdire,nella lettera del 6 marzo1820,5unaletterachevaleun

canto. «Vedendo un cielopuroedunbelraggiodiluna»«mi misi a gridare come unforsennato», poi«m’agghiacciai dallospavento, non arrivando acomprendere come si possatollerare la vita». Ed è solonel«tuttoènulla»chequestametallica pazzia si placa. Siplaca nel distendersi indisprezzo per «quei poverifilosofastri che si consolano

dello smisuratoaccrescimentodellaragione,epensanochelafelicitàumanasia riposta nella cognizionedelvero,quandononc’èaltrovero che il nulla». Si placa6nella speranza di una«invenzione» lirica chesappia «correre lo stadioinfinito» della miseriadell’uomo,delcittadino,dellatradizione letteraria — nellacognizione del dolore. Si

placa infine («disperatissimocome sono, tuttavia miassumo l' ufficio diconsolatore»)7nell’assunzione della veritàmetafisica del nulla comeesclusivo terreno sul qualevita può darsi: «Io credo chenessun uomo al mondo innessuna congiuntura debbamai disperare il ritorno delleillusioni, perché queste nonsono opera dell’arte o della

ragione, ma della natura».«Che cosa è barbarie se nonquella condizione dove lanaturanonhapiù forzanegliuomini? Io non tengo leillusioni permere vanità,maper cose in certo modosostanziali...».

Apertosi alla distensionemetafisica nella forma dellaquestione critica, questoinsieme di lettere concludedunquecon lamessaa fuoco

diunelementodell’ontologiafondamentale. Le illusioni:«cose in certo modosostanziali». In che cosaconsiste questo caratteresostanziale? E difficile dirloora, a questo livello dellaricerca, ma possiamocominciareadapprossimareilsensodiquestoingressonellarealtà della ragione negativa.Lacrisidellamemoria,fattasitragedia e catastrofe

nell’essere, ha residuato unmondo privo di senso. Privodi appoggio nell’essere.Questa privazione si mostranella forma del nulla. Laragione conclude il suoprocesso conoscitivo nelnulla. Ragione negativa, atuttiglieffetti,manonperciòmenoreale.Nelmuoversinelnulla, e perciò nell’illusione,la ragione scopre unfondamento— non assoluto,

non infinito, bensì relativo efinito. Questo fondamento èl’illusione stessa. Ilfondamento non sta fuoridalla mancanza difondamento. E tuttavia ilmondoèla«secondanatura»8formata dall’insieme delleillusioni. In questo senso leillusioni rappresentano, sono,qualcosa di sostanziale.Questa scoperta è data, nellelettere,conestremapudicizia.

Quasi con timidezza, ildiscorso si muove perbrandelli, non si definiscecome progetto. È, nellelettere, appendice del lavoroliricoodocumentazionedellasituazione personale e suorivolgimento. Qui non v’èproblemadimisurareilgradodi realtà di questo mondodell’illusione,diquestarealtàdella ragione negativa.Sappiamo solo che essa è

l’unico, esclusivo terreno sulquale il pensiero e la liricapossano condursi, il soloambito possibile alla vita.Sappiamo la sua fragile,eppur ineludibile materialità.Ma v’è di più in questaprimissima introduzione allametafisica. Vale a dire chequi non si precisa solamenteil tessuto della questionecritica — sicché esso e soloesso riceve la qualificazione

di reale — ma si determinaancheilsensodell’intenzionecostitutiva. In questa realtàche la ragione negativa, inquanto negatività, determina,in questo mondodell’illusione, la vita è unaforza attiva. Immersa nelnulla essa ritornacontinuamente alla realtàcome intenzione critica edesperienza lirica.Scontrandosi con la

mancanza di senso che lacaratterizza, con la sconfittateorica che la fonda, essaassumevigoriaecomplessità.Sottolineare che l’intenzionecritica eguaglia la forza el’intensità dell’intenzioneetica che ritroveremonell’esperienza più tarda delLeopardi, è ora del tuttoinutile— porrebbe inoltre lalettura nell’equivoco dianticipare razionalmente un

elemento che qui è solopresagito. Ma è certo che,discoprendosi comemetafisica, l’intenzionecritica ed etica attraversa larealtà alla maniera che unfenomenologocontemporaneo direbbe«fungente»— creativa, cioè,«noematica», costruttricedell’oggetto della relazioneconoscitiva.9 Il mondo delleillusioni diventa così una

«seconda natura» — edanche, almeno nella lettera146, postulazione di unaseconda natura civile, di unanuova Oeffentlichkeit;10 edanche, almeno nella lettera156,posizionediunasecondanaturaetica,comesentimentodi serenità e come attività diconsolazione. Leopardi nonsa porsi, nei confronti dellacritica, anche nei momentipiù catastrofici, se non come

soggetto eticamenteintenzionatoeattivo.

Vorreiqui fareunabreveparentesi.Siamo,loripeto,aduno stadio del tutto inizialedella metafisica leopardiana.Solo definito da accenni.Resta comunque vero chedefinizione di terreno edefinizionediintenzionesonoormai elementi fermi dellasua metodologia metafisica.Vorrei chiedermi di dove

Leopardi tragga, oltre chedalla propria esperienza,questa tonalità metodologica.E inoltre chiedermi se,nell’ambitodella criticadellamemoria e della tradizione,egli non avesse percepitoelementi che glipermettessero questafondazione.Ora,amesembradisentirrisonarenellepaginedell’epistolarioleopardiano,esoprattutto nelle lettere a

PietroGiordani,unalineacheegli trovava già corrotta,pedagogicamente edeticamente, nella culturadell’illuminismo — chetuttavia si piantava,incorrotta, nei momenti piùalti dell’esperienza civile eletteraria della storia italiana.Voglio dire che, nelladialettica inconclusa fradefinizione del mondo comeillusione reale e intenzione

liricaedeticadiripercorrerlo,sentoquellatensioneteoricaeletteraria che rendeinsuperabile il materialismodei Machiavelli, degliAriosto,deiGiordanoBruno,deiGalileo.Unalineasempreminoritaria, non per potenzapoetica e civile ma perefficacia politica, eppuresempre presente— e sempreantagonista ad un’altra linea,incarnata dai fasti storici del

platonismo,delpetrarchismo,del manierismo,dell’idealismo. Vedremo diqui a poco, leggendo loZibaldone, come Leopardi sicollochiambiguamenteavantialla tradizione letteraria,inadattoadiscernerneblocchiunivoci e contrapposti, nonper mancanza di volontàcritica ma per eccesso ditensione lirica. «E perchétanti / Risorgimenti?» (Ad

Angelo Mai, vv. 8-9):questione inevasa. Dettoquesto, resta il fatto che qui,in quest’approccioleopardiano, noi possiamoriconoscere la memoria(questa volta non critica marinnovata, precisa, lunga esottile) del materialismorealistico ed etico di unacorrente fondamentale nellaletteratura italiana.11 Unmaterialismochefadeimodi

dell’illusione l’unico terrenosulqualelavitaèafferrabile,che fa dell’intervento eticol’unicaformanellaqualeallavita possa essere imposto unsenso e all’uomo concessaunadignità.Notarequiquestacontinuità e indipendenza diun pensiero partigiano eminoritario, aggressivo elibero, è ben più importantedi ogni apologetica edialetticastoriadiunpensiero

nazionale equanime,universale ed appiattito — eci conduce a riconoscere nellavoro metafisico delLeopardiunradicalismo,nonsolo d’intuizione filosoficama di antagonismo storico,davveroeccezionale.«Perchétanti Risorgimenti?». Perchéesposizione del materialismoe volontà etica sono semprerivoluzionarieelarivoluzioneè il mito necessario di una

disincantata capacità diverità:laragionenegativa.

SuquestoterrenonasceloZibaldone.12 Non riesco anon riguardarlo intero, aquesto punto. Non è unenorme brogliaccio, dimigliaia di intuizioni sparse—èunformidabilesforzodicostituzione del mondodell’illusione, un’enormeaccumulazione esedimentazione di stati di

coscienza, un gioco sempreripetutoperriportareadunitàstrutturale l’insieme degliaspettidellavitaedicondurread espressione operativa ledeterminazioni etichedell’essere. Il metodo delloZibaldoneèdiidentificazioneedicostruzionedeglioggetti.Questi suoi oggetti sono ilreale. Sappiamo qual è lacondizionedipartenza.«Pareun assurdo, e pure è

esattamentevero,che,tuttoilreale essendo un nulla, nonv’è altro di reale né altro disostanza al mondo che leillusioni».13 Ma come siformalarealtàdelleillusioni?Quella prima «assurda»conclusione, già espressanell’epistolario degli anni1819 e 1820, è soloun’introduzione allametafisica, l’identificazionedi un terreno. Ora, questo

terreno va dissodato. Ilmondodell’illusionevafilatoin una genealogia. Ilcontenuto materiale, laproduzione, la tramadell’illusione vera vascoperta.Laquestionecriticaè quindi interamenteproposta. I termini di unadialettica impossibiledebbono essere sottoposti adun’alternativa teorica: se nonè la dialettica, che cosa

costruisce il mondo? Checosa costruisce il tessutofenomenologicodell’illusioneeadessoattribuisce laveritàdel reale? Quale trama difacoltà conoscitive e di finitistatidelrealesicostituisceinverità del mondo?L’introduzionemetafisicaquiesigeapprofondimento.Egiànel primo periodo delloZibaldone, dalle scarne notedel 1817 a quelle della fine

del1819,troviamounaspeciedisommariodeiproblemisuiquali l’approfondimentometafisico si rendenecessario. Cerchiamo, inqueste pagine, di ricostruireun emblematico primocamminoleopardiano.

Quasi un riassunto diquanto siamo fin qui venutivedendo, fra «epistolario»,primi «Canti» e primi«Discorsi». Un sunto che si

ferma alla definizione delterreno metafisico ma nepropone interni canali discorrimento. Vari filoni diinteresse: storico-letterario,stilistico, filologico-linguistico, filosofico-estetico, metafisico,annotazioni poetiche...L’intreccio dei filoni ècostruttivo. Poichés’intrecciano, la nostradomanda (e quella

leopardiana) possono partireda ogni lato. Cominciamoperò da là, dove è posta laquestione sulla corruzionedelle lettere italiane.Vecchiadomanda, che non avevaavuto risposta. Né ora l’ha:quello che a Leopardiinteressa non è la corruzionedelle lettere bensì lacorruzione del costume. Chele lettere siano espressionedelcostume,nonv’èdubbio:

ma la domanda non harisposta specifica. Ladomandasullelettereelalorocorruzione è pretestuosa.Leopardinonèunesteticosenon in quanto è unmetafisico. I costumi,dunque, sono corrotti daltrionfo della ragione. Lacriticadellamemoriastoricaècriticadiunaragioneediunafilosofia che, sviluppandosiattorno «al commercio

scambievolefragliuomini»ealla nascita dell’industria,pongono alla ragione, conl’incivilimento, «questoamore dei lumi».14 Ma la«ragione [è] nemica di ognigrandezza». «La natura[invece]èquellachespingeigrandi uomini alle grandiazioni.Malaragioneliritira:e però la ragione è nemicadella natura; la natura ègrande e la ragione è

piccola».15 La ragione ècausa di corruzione. Perché?Il concetto di ragione è quiconcetto strumentale,individualistico. «La ragione,facendo naturalmente amicidell’utile proprio e togliendole illusioni che ci legano gliuni agli altri, scioglieassolutamente la società einferocisce le persone».16Dunque, prevalenza dellanatura sulla ragione,

dell’estetica immediata delleillusioni sull’analiticatrascendentale della ragione.Potrebbesi avere una ragioneancella della natura? Sì, acerte condizioni:«La ragioneè un lume: la Natura vuoleessere illuminata dallaragione non incendiata».17Nemica della barbarie è lanatura, non la ragione. Laragione incendia la natura,metteinmotounmeccanismo

di devastazione inarrestabile.Dialettica negativadell’illuminismo, dialetticadistruttiva.18 Che fare suquesta terra devastata?Comericostruire una trama delsenso della vita? Volgendosiall’immediatezza. Èun’indicazione metodica,prima di tutto, quest’appelloall’immediatezza, poidiventerà indicazionetematica. Sul terreno del

metodo,19 immediatezza èdue cose — «imitazione»della natura e«immedesimazione»nell’illusione. In nessun casocostruzione di utopie o difeticci naturalistici,immediatezza è funzionecritica,fondamentooperativo.Nulla di romantico o diingenuamente barbarico inquesto Leopardi.L’imitazione è lavoro

dell’imitarelanatura,eanche«un infinito studio deiclassici».L’immedesimazione ècogliere nella natura, nellasecondanaturadelleillusioni,la forza di reagire alladistruzione prodotta dallaragione strumentale.L’immedesimazione è «lamaraviglia»:20 ecco unavendetta, prima vendetta,della naturale meraviglia

contro lo stereotipodell’ammirazione razionalistacomefondamentodell’attivitàfilosofica! Filosofia è viveredentro il reale — metafisicatuttaintramondana.

Con ciò, tuttavia, lariaffermazione metodica sifortifica ma non va oltre sestessa. La fondazionenegativa vuole, al contrario,una trama costitutiva delsenso. Seguire la natura,

allora? Certo, la natura è unfondamento:21 ma il tema ègenerico. Forse la religionenaturale, o storica, o ilsentimento religioso, allora,valgonoaspecificareilsensodelviverenaturaleedetico?22La domanda, non priva diambiguità, sembra tuttaviasolo retorica: uno stanco, enon fervido, ed annoiatoreminiscente omaggio. Ladevozione, in filosofia, è

stolta. E allora, un’eticanaturale della volontà, unatteggiamento costruttivo cheripeta, nell’eroismo, unasovradeterminazione nonrazionale della natura?23 No,qui il tema neoclassico egiacobino è finalmenteestenuato: esso non comparecon capacità di fondamento— il prometei-smo ormaiimpotente. E allora, allora...?Com’è formidabile, com’è

cartesiano scoprire che larisposta è nella domanda, ènel processo metodico! « Ilpiù solido piacere di questavita è il piacer vano delleillusioni. Io considero leillusioni come cosa in certomodo reale stante ch’ellesonoingredientiessenzialidelsistemadellanaturaumana,edatedallanaturaatuttiquantigli uomini, in maniera chenon è lecito spregiarle come

sogno di un solo, ma propriveramentedell’uomoevolutidalla natura, e senza cui lavita nostra sarebbe la piùmisera e barbara cosa ec.Onde sono necessari edentrano sostanzialmente nelcomposto ed ordine dellecose».24 Solo la capacità diprodurre illusioni è quindicostitutiva della natura.L’illusione naturale è la veraforza che costituisce la

seconda natura, ossia lasocietà e la storia.25 Con ciòil problema torna ad unsostrato filosofico proprio, enontardaquindiadimporsiladomanda fondamentale: checos’è l’illusione? L’illusioneè la trama che,nell’immediatezza, il sensopone—unsensochedivieneimmediatamenteimmaginazione produttiva eche come tale si prova nella

tramadegli eventi,degli statidella realtà. Temi diversiarticolano la dimostrazione,tuttiripresidall’armamentariodel sensismo illuministico:26analisi psicologiche;variazioni sul problema dellaconservazione della vita e,peranalogia,sulproblemadelsuicidio; omologie fra vitaanimale e vita umana, congerarchie relative allacomplessità funzionale della

sensibilità; valutazioni sullacomplessitàdiorganizzazionedegli elementi della vitasensibile; problemi dellasocietà dal punto di vistadella filosofia sensista.27 Ilsenso dunque è la tramadell’illusione vera.L’immaginazione si pone sulcrinale fra senso e stati dellarealtà. Ma qual è il motoreche dinamizza ed indirizza ilsenso verso la realtà?

Principio dell’organizzazionedel senso sono amore eodio,28 e cioèun’organizzazioneantagonistica che ritroviamonella fenomenologiaimmediata della coscienza.Sicché, nel momento stessonel quale, rendendosidinamiche, questedeterminazioni di amore edodio mettono in motol’esistenza, nello stesso

momento determinanoinfelicità. L’illusione, puressendo vera, resta illusione.L’esistenza è infelicità. «Ohinfinita vanità del vero!».29L’illusione, pur essendodinamica e costruttiva, ènulla. «Io era spaventato neltrovarmiinmezzoalnulla,unnulla io medesimo. Io misentiva come soffocare,considerando e sentendo chetutto è nulla, solido nulla».30

«Solido nulla», ossia tramadell’essere, e della natura edellavita.«Solido»—questonulla — e quindi nonsemplicemente un eracliteoflusso, o una sismicaprofondità, alla Empedocle,bensì uno spessoreattraversato da una inerziache rende stabile e fissa ilmovimento perpetuo dellesensazioni. Il movimento sistabilizzael’illusionediventa

realtà. L’inerzia si distendecome filo nero all’internodella fenomenologia dellesensazioni e tutte le ricucenella solidità dell’apparenzareale.31

Abbiamo fatto rilevare,cominciando questa lettura,che nelle prime cento paginedello Zibaldone si trovava,piùchealtro,unsommarioditemi metafisici che Leopardiverrà sviluppando in seguito.

Si può ora riconoscere chequesto sommario sensista èpiuttosto rozzo. Mal’ingenuitàelaruvidezzanontolgono l’importanzadell’approccio. Che cosainfatti è avvenuto in questepagine? È emersa una primatraccia di soluzione delproblema critico. Occorreintendersi, se necessarioripetersi, a questo proposito.Ci troviamo infatti non

semplicemente davanti ad unpassaggio centrale nelpensiero leopardiano ma adunsegnalefilosoficorilevanteper l’epoca. La conclusionenegativa della dialettica deiLumi è da Leopardiapprezzata in tutta la suapregnanza. La ragione, inquesto quadro, non puòesprimersi che comenegatività. La dialetticaidealistica riprende invece il

pensiero dei Lumi e, già inKant, predispone un’analiticatrascendentale della ragione,atta a farsi base di unasoluzioneidealedelproblemadella conoscenza e dell’agireetico. La ragione è cosìnuovamente legittimata allamediazione fra sensibilità,tempostoricoedesistenza,daun lato, e trasformazione,ideale, tempo assoluto,dall’altro.L’analiticaèquesto

schema di possibilità. Ilgiudizio è sintetico a priori:raccoglie il senso e lamaterialitànelprogettodiunaragione strumentale,dialetticamente costruttiva.Leopardi nega, rozzamentema efficacemente, questapretesa della ragione. La suateoriadelsensosisviluppainproblematica storicamentematura — all’altezza deitempi — è rozza nella sua

giovanile e provincialeespressione ma potente esignificativa sul livello sulquale si pone: quellodell’estetica trascendentale.Un’estetica (e cioè un’analisidelle forme di costituzionedell’immediatezza) che,contro la pretesa kantiana, sivuole impiantata sulla edelimitata dalla realtàempirica. L’esteticaleopardiana non accetta la

mediazione di un’analitica apriori. L’accettazione diquest’analiticasignificherebbe assumereunapositiva significanza,un’ascendenza della filosofiadeiLumi—la ragionecomeinterprete del senso. Alcontrario, come trascorrere,attraverso una ragionepuramentesensitiva,negativadelle essenze, al regno dellacomplessità mondana,

all’orizzonte intero delmondo? Su questa linea sisvolge la ricercadiLeopardi.Il reale si configura sul filodell’immediatezzasensitiva,èun emergere dall’illusione,non mediato dal dominiodella ragione. La ragionestessaèsensochesisviluppae si articola nella realtà.Questa corrispondenza delsenso e della ragione èillusione vera. Il senso è

costitutivo della realtà —della sola, foss’ancheillusoria, tragica realtà cheviviamo.Losforzosensisticodello Zibaldone, nella suaprima fase, è forse rozzo—ma già interamenteresponsabile del problemacritico. È una trama disignificatività fra leopposizioni del reale quellache Leopardi propone, unatramadelsensochedetermini

come positivi i limiti dellaragione.32

Ci colleghiamo così allegrandi lotte metafisichedell’evomoderno.Nonsolòaquella che qui,principalmente, in Leopardiriemerge fra materialismo edidealismo, ma anche— e leprimepaginedelloZibaldonegià ce ne dannodocumentazione — a quellalotta fra sensismo naturalista

e sensismo idealistico cheattraversal’epocadeiLumi.33L’opposizione,occasionalmente fattarisaltaredaLeopardi,èquellachecontrapponeMontesquieue Rousseau. Il secondo,superficialmente, appare aLeopardi come uomosingolare, ingegno strano.34Superficialmente, poiché ilproblemaRousseauèbenpiùampio: è il problema di una

concezione idealistica dellasensibilità e quindi dellapossibilità di fissarel’illusione politica e socialenella sfera dellatrascendentalità. Volontàgenerale: ovvero un tipico eformidabile meccanismodialettico di obliterazione delfinito e di finzionedell’assoluto35 — proprioquello che in Leopardi, findall’inizio, è denunciato

come modello dimistificazione. Di controMontesquieu — ovvero unatrama naturalistica, unadiluizione materialistica delsensismo, dalla teoria delgustoaltemadellacorruzionedegli imperi, fra estetica estoria,frasociologiaescienzapolitica.36 In Montesquieul’intenzione critica sicostruisce attraverso unapparato di continuità

naturalistiche, che assume lafisicità a condizione di unatipologia scientificadell’imperio, la sensibilitàcome trama dei concetti,l’agire etico comedifferenziato fondamento deiregimi ecc. In un caso enell’altro ci muoviamo in unorizzonte sensistico, mamentre il sensismorousseauiano conclude altrascendentalismo, quello di

Montesquieuèmaterialistico.Rousseau apre all’idealismo,Montesquieu pone nelle duremetafisiche empiriche delSeicentolagenesidelpropriometodo scientifico. Leopardisi tiene a Montesquieu:questo suo materialisticosensismo definisce unoschemautileaporreiltramitefraesteticadell’immediatezzaed immaginazione, questo èunmetodochepuò trattenere

al suo interno e trasferire suigradi diversi dellaconoscenza, la soliditàdell’illusione vera. Una lottametafisica è in corso:Leopardi non ne conoscel’intera tematica, la vivetuttavia collocandosiistintivamente, frapresupposti e conseguenze,sul lato del materialismo —verso quelle correnti delmaterialismo costruttivo,

scientifico, che soprattuttoavevano onorato il pensieroseicentesco e che, su da quelsecolo, faticosamente, eranovenute costituendo unanascostaepotentetradizione.

Ma questo che abbiamovisto è solo un piccolissimo,iniziale tratto del camminodelloZibaldone. Possiamo diseguito vedere come questabase teorica si sviluppi nellepagine scritte fra il 1820 e il

1821,37e,qui,soprattuttonel1820.38 Ora, la primanotazioneèchefinoal’20lateoria del potere costitutivodel senso, posta con tantaforza, non solo è rozzamentearticolata,nonsolo subisce ilgravame di molti estraneispunti ideologici,maèanchelimitata al suo interno daun’estrema precarietà nelladefinizione del rapporto fraordine fenomenologico ed

ordine ontologico. La sceltadi campo, nell’ambito deiproblemi che formano laquestione critica, èassolutamente precisa — maa quella così forteaffermazione della necessitàdi una metafisicaintramondana noncorrisponde uno sviluppocritico adeguato. «Una casapensile in aria sospesa confuni a una stella».39 Due

tentativi di fissazione piùprofonda del nessofenomenologia-ontologiaerano stati qui accennati:quello che fondava la regoladel dinamismo ontologicosulla coppia antagonisticaamore-odio e quello cheprevedevaun’inerzialenormadi stabilizzazione del reale.Leopardi ha presente lafragilità delle proposte. «Simise un paio d’occhiali fatti

dellametà del meridiano co’due cerchi polari».40 Sicchécontinuaasollevare,lungoloZibaldone del ’20,instancabilmente, talora inmaniera spossante (per illettore, almeno), il problemadel rapporto fra i due ordini,in una sorta di ripiegamentoriflessivo che, se purcomporta (soprattutto neiprimi mesi del ’20) unmomento di grande intensità

teorica, non risultaconclusivo. Si potrebbequindi definire il corpo dellenotazioni del ’20 come untrattatellodidubbiometodico— senza minimamente conciò sottovalutare la funzioneche il dubbio critico ha nelpreparare la fase conclusivadell’approccio metafisiconegli scritti del ’21. Periodo,dunque,ditransizione,questodel 1820, che pone il

problema del rapporto frafenomenologia e ontologia,senzariuscirearisolverlomasgomberando in buona parteilcampoaffinchélaquestionecriticapotesseessereportataaconclusione.

Nel ’20, tutto ricominciadalla critica della ragionestrumentale, cioè dellaragione produttrice dicorruzione.Ilréfrainèquelloche conosciamo: «La natura

non è materiale come laragione», «la ragione è lafacoltà più materiale chesussistainnoi».41Mail temadella ragione corruttrice sisvolge soprattutto come temacritico — esso deveinnanzitutto valere comecriterio di dissoluzionemetodica degli stereotipiculturali che subiamo. E inquesto momento gli obiettivipolemici sono la cultura

illuministica, particolarmentenei suoi risvolti politici, e ilcristianesimo. Nella criticadella prima assistiamo ad unrovesciamento paradossaledel tema eroico: intendendoperciòcheunodeipiùperfettiprodotti del giacobinismoilluministico viene utilizzatocontro la cultura dei Lumi.Eragià inparteavvenutoneiprimiCanti:quiLeopardinondimostra tuttavia di

apprezzarne interamente lebarocche argomentazioni.L’eroismoècomunquenaturacontro ragione, contro«materialismodellaragione».Che intendere permaterialismo della ragione?Si deve intendere la seriedegli effetti perversi, delleperfide sequenze messe inmoto da una filosofia che,poggiando sulla sempliceragione,harottoognilegame

dell’uomo e della natura —ha prodotto barbarie. Cosìl’amor di patria è divenutoegoismo nazionalistico, el’egoismo è ridondato comeconcezione privatisticasull’individuo; così larichiestadilibertàèdiventataaggressiva ed ha giustificatolanuovatirannide,equestaèridondata sui sudditi comeignoranza; e di nuovo ilsentimento della patria è

divenuto amor di parte, e lamoralitàsièdissolta;chimeree fanciullaggini han preso ilposto della generosità e lasuperstizione quellodell’amore,ecc.ecc.42 Inutilesottolineare che in tuttoquesto ci senti più il pesodella tradizione delloscetticismo politico e forsesenz’altro echi del pensierodei Politiques,43 nonché diquell’«aforismatica politica»

tanto diffusa nella provinciaitaliana (Monaldo docet etdocebit!)— più che correttaconoscenza del pensieropolitico dell’età dei Lumi.Inutile, perché il movimentodipensierodiLeopardièquidiretto all’illustrazione nondella storiadelle ideemadelproprio assunto filosofico, eal suo raffinamento critico.«Laragionespessoèfontedibarbarie (anzi barbarie da se

stessa), l’eccesso dellaragionesempre;lanaturanonmai,perché finalmentenonèbarbaro se non ciò che ècontrolanatura,sicchénaturae barbarie sono cosecontraddittorie, e la naturanon può essere barbara peressenza».44 «Ai mali dellafilosofia presente non c’èaltro rimedio che ladimenticanza, e un pascolomaterialealleillusioni».45Tra

questeillusionireali,tuttavia,non sta il cristianesimo.Anch’esso ha annullato ilpoteredellanatura,ehapostoall’uomo un’immagine diperfettibilità che ha gli stessieffetti dell’illuminismo dellaragione: esso toglie,anch’esso toglie, all’uomo lanatura e il suo potere.46 Néserve, a definire lamisura diquesto regolamento di conticon il cristianesimo, notare

quanti dubbi, incertezze digiudizio, andirivienidell’argomentazione siano inqueste pagine presenti, eneppure vale sottolineare laperentoria dichiarazione: «ilmio sistema» «concorda conil cristianesimo»— fallace èquestanotazionequandocisitrova in un quadrospeculativo che nega ogniteleologia, ammette lacorruzione della ragione ma

nonquelladellanatura,rifiutaogni perfettibilità esoprattutto l’idea diredenzione.47 «La nemiciziascambievole della ragione edella natura»48 coinvolgedunque ogni mediazionepensata. (Perché nonricordarequileanalogiefrailGeist des Christentum delgiovaneHegel e il procederedel pensiero leopardiano? Leenormi differenze fra la

concezionehegelianaequellaleopardiana del classico nonoffuscano l’identità delproblema e la medesimaprofonda diffidenza per lamediazione astratta: allora,quando entrambi eranogiovani, e prima che le duestradedivaricassero.Sipotrà,in questo quadro disignificati, assumere iltermine «alienazione» ancheperconfigurarelaconcezione

leopardiana della falsaillusione?)49

Ecco dunque comelargamente si stende lafunzione critica delloZibaldone,inquestiscrittidel’20.Conciòtuttavianonsièmolto avanzati versol’approfondimento del vero ecentrale problema, quello dideterminare la relazione frauna fenomenologia eun’ontologia degli stati di

coscienza.Lacritica,perbenche vada, può al massimodipanare la fenomenologia inlogica—difficilmente riesceapiantarlanell’essere.Eppurenelpassaggiodellacritica,nelsuo sviluppo logico, c’èqualcosa di nuovo, e manmano si apre in tal modo ilrapporto fra connessioniorizzontali di fenomenologiae logica e approfondimentoverticale dell’istanza critica

verso la regione dell’essere.Questoqualchecosadinuovoè la forma diversadell’apprezzamento delladialettica, altrimentiinesauribile, di ragione enatura. La natura dev’essereilluminata dalla ragione?Forse. Comunque nondev’essernecorrotta.C’èlottadialettica — certo: ma c’èsoprattutto sofferenza. Ladialettica è crudele perché

non può essere conclusa —essa attraversa l’uomo conquest’inesauribile violenza.Eccoci dunque al punto:dentro questa dialetticairresolubile, dentro ilcontinuo inamichevolereagire della ragione sullanatura, e viceversa,compassione e soffrireemergono come «miracolodellanatura».50Miracoloso èil fatto che il dualismo

radicale della natura e dellaragione viene qui rotto sullato del materialismo. Ilsoffrirecimostraunaragioneche entra nella natura, una«ragione dentro», una«ragione corporea».Fermiamoci su questo punto.Esso non rappresenta ancoraun terreno ontologicosviluppato. L’ontologia èancoraunorizzonte.Peròc’èuna tensione fortissima che

qui comincia, una tendenzaverso l’essere, una domandache nasce dentro l’ibrido diuna trama inconclusa franatura e ragione. Vi sonoalcune variabili che dannosubito la misuradell’approfondirsidell’esperienza critica versol’ontologia. Prima variabile:nella polemica contro imoderni (i romantici?) e ifilosofi si segnala in loro la

mancanza dell'«emozioneinfinita», della cognizioneontologica.51 Secondavariabile o indicatore: ildolore e il piacere, masoprattutto la rilevanzaontologica della cognizionedeldolore.La lorodialettica.Approfondimentopsicologicoe fenomenologicocompletamente aperto sulbaratro dell’ontologia.52Terzo indicatore: la

percezione dell’infinito. Nonun infinitomistico— questoconcetto è sconosciuto aLeopardi. Ma un infinitocomecognizioneassolutadeldolore nella «comparazione»fra natura e ragione,nell’impossibilità disoluzione della tragedia nellaquale esse si oppongono. Ildolore dell’infinito è cosìanche piacere conoscitivodell’infinito. La tensione

della fenomenologiadell’interiorità versol’ontologia diviene quindiestrema.53

Che dire di questobellissimo passaggio? Unpassaggio filosoficamenterilevante nella misura nellaquale valuta il concetto diinfinito come«comparazione», comedialettica. Ma con unimplicito rifiuto a sviluppare

logicamente la dimensionedella comparazione, con latensione a trovarne, invece,una traduzionenell’articolazione dell’essere.Tutto questo, però, nonannulla i termini dellacomparazione: l’oggettivitàresta, nella ricchezza dellesue forme fenomenologiche;la soggettività resta, nellastraordinaria intensità dellacognizione del dolore e della

percezione dellacomparazione.Ricordaquellaagostiniana, questa scopertadell’infinito,54 ma essa ètuttavia rivissuta attraversounamodernissima esperienzadella corporeità dellacoscienza.L’iotrascendentalekantiano è qui risolto nellacognizione del dolore — lafondazione della conoscenzanon esclude l’etica, l’assumebensì come elemento del

rapportofrateoriadelsensoeteoria della ragione.55 Comerisponde questo passaggioalle domande che l’agire sullivello logico e gnoseologicoavevaproposto?Larispostaèla negazione di ogniteleologia. Le definizionicritiche, nei confronti dellepretese della ragione (cosìcome nei confronti dellealienanti pretese dellareligione), trovanoqui il loro

fondamento—noninterminidi rozzo sensismo, manell’inesaustoapprofondimento di unadialettica retta dallacognizione del dolore e dallapercezione dell’infinito. Unadialettica che non si chiude,una dialettica che irride laragione — così come siriguarda, poco soddisfatta,dalla natura. La funzionedellacriticaèdunquefondata

suunlivelloontologico.Edèconfermata dalla qualità diquesto livello: che, infatti,l’orizzonteinfinitodell’esserenonrichiedeunannegarsidelsoggetto né un negarsi delreale — è bensì unacomparazione che mantienetutti gli elementi nella loroindividualità, nella lorofinitezza,eliportanonadunrapporto nulloma al nulla diogni razionalità egemonica o

mistificante, trascendente otrascendentale. Che cos’èdunque l’illusione? Eccociirresistibilmente condotti sulcrinale dell’ontologia.«Radice vigorosissima» dellavitaèl’illusione,dinull’altrol’uomo vive.56 L’illusione èdunqueilcontestoinfinitosulquale si fissano le sempreinconcluse dialettiche delpiacere e del dolore, dellanatura e della ragione.

L’illusione è quel puntodell’infinito matematico cheassumiamo come limite.L’illusione è il progressodella conoscenza in questocampo aperto, infinitamenteaperto. La teoria dellacognizione del dolore corre,talora parallela, taloraintrecciandosi, taloraidentificandosi, alla teoriadell’illusione.57 Essa è ilsegno dell’incon-clusività di

uncamminoverso l’essere,odella inconclusività delcamminodell’essere.Nonv’èperfettibilità che la ragionepossa raggiungere, purincrociandolanatura.Eppure,suquestonecessarioincrocio,l’illusione forma la solapossibilità di vita. E questovale finché... Finché nonavremoricostruito ilconcettodi una potenza che percorral’essere e che, attraverso un

fareall’esserecompletamenteinterno, sappia risaliredall’estetica,dallacondizionefenomenologica, finoall’immaginazioneproduttiva,e su finoalpuntosulqualetuttoildolorepossafarsi voce e liberazione. Epossibile incontrare Leopardisuquestaproblematica?Certo— essa vien fuori, appare escompare, è un sintomo chenonriesceaconcretizzarsi,in

molte delle pagine di questoZibaldone.58 Si presentacome un intrico di temi e dipiani profondi — sicché ildiscorso ritorna volentieri,come a riposarsi, alla criticadella cultura, ed ivi sirinchiude. In effetti siamo almargine di un periodo, di unprogramma.Diquisitrattadiprocedere—ma le difficoltàsonoevidenti.

Leopardi non ci nega,

nello Zibaldone del ’21,questo avanzamento. Solo,dovendocorrerequestolungostadio, riorganizza i suoiutensili e ridefinisce i suoiorizzonti. Possiamo dividerelo Zibaldone del ’21 in duepartichecorrispondono,piùomeno, ai due semestridell’anno. Ora, nel primosemestre si compiequell’opera di chiarimentoche conclude alla definitiva

lavorazione di un’esteticatrascendentale, di una teoriadella trama del senso, nelsecondo semestre la teoriadella costituzionefenomenologicadellarealtàsidistende in un dislocamentoteorico, attraverso un lavorodell’immaginazioneproduttivadigrandeefficaciaedisublimepresaontologica.Seguiamo separatamente iduemomentidielaborazione.

Primi sei mesi del 1821.Innanzitutto, quasi a forzareun processo di estensioneconcettuale, una primariflessione: «Non solo lafacoltà conoscitiva, o quelladi amare, ma neanchel’immaginativa è capacedell’infinito, o di concepireinfinitamente, ma solodell’indefinito,ediconcepireindefinitamente.Laqualcosaci diletta...». Ma non ci

soddisfa, né riempie lecondizioni dellaconoscenza.59 Anzi, ciallontana o semplicemente cisposta da quello che cisembra essere l’unicoproblema importante: quellodella costruzione di unasoggettività che, attraversol’immaginazione, ponga lecondizioni di esistenzadeterminata, criticamenteconvalidate,diunmondo.60Il

senso cercadi distendersi su,e di riunificare ledeterminazioni ma, essendoqueste indefinite, non riescenel suo compito. Abbiamocosì una condizione formaledel processo che,criticamente, ci blocca nelcamminofrafenomenologiaeontologia, nel tentativo dicostituzionedelsoggettosullafalsariga del senso. Ma, infondo, questo era già stato

detto — qui il paradossodell’infinito è solo dato conpiù alta perfezione tecnico-filosofica. D’altra parte, èpossibile, nel quadro delledeterminazioni della ragionenegativa, e su questo terrenoparadossale, già cosìsolidamente afferrato dalLeopardi, è possibile una vialineare fra fenomenologia eontologia? La questionesembrapuramenteretorica.È

comunque curioso vedere, inqueste pagine delloZibaldone, Leopardirincorreremiti e nuovamentecercare cammini alternativiche sa impercorribili. Egliprova e riprova. Se, nonraggiungendo la pienezzadell’infinito ed essendoschiacciati sul terrenodell’indefinito, noi sentiamodolore, non dipenderà questodall’egemonia della ragione?

Sicché,spogliandosidiessaericonquistando unafanciullesca immaginazione,l’infinito — e in esso lafondazionedelsoggetto—cisarannopossibili?61La teoriadell’immaginazionefanciullesca tuttavia nonregge. Un’immaginazioneche, per così dire, siorganizzasullacosa—certo,èpossibile: e lavocepoeticane verifica l’esistenza. Ma è

uno strappo alla condizionenormale dell’umanità. Subitoquesta realtà immediata èdissolta e l’indefinito dellesensazioni, delle intuizioni edelle immaginazioni siripresenta distribuitoconfusamente sul tempostorico della vita. Insomma,questo vichismo elementare,questa teoria delle etàpsicologiche — che spessoriappare in Leopardi — ha

quilospaziodiunmomento.Eppure la sofferenzapermane:ilpensieronegativonon la toglie. Il desiderio diun infinito intensivo, e dellesue condizioni formali,continua a mordere ilpensiero. Lo morde nelleforme più impreviste; e lavariazione,ancheestrema,deitemi—lacompresenza,nellastessa giornata di lavoro, diargomentiquantomaisvariati

— sta solo a mostrarel’impellenza del problema?teorico e l’estrema fantasialeopardiana nel riproporlo suvari scenari. Altri, oppostiquadri, altre scene, dunque.Peresempio,exabrupto,unaquestione siffatta: che cos’èunbuongoverno?Echecosapuò mai essere se non, dinuovo, la soluzione delproblema del cattivo infinito,se non il superamento della

dimensione dell’indefinito?62Sembra un salto mortale, enonloè:conosciamoormailacontinuità delle tematichepolitiche nello Zibaldone.Qui, tuttavia, allafenomenologia politicaconsueta (ealle sue impliciteconclusioni: la natura rendegli uomini socievoli, l’uscitadalla natura li fa barbari equindilateoriadelgovernoèsolo una teoria del dominio

sulla barbarie: viva lamonarchia, dunque!)63 e alconseguente sviluppo delpessimismo politico, segueuna questione davveroradicale: ed è una domandache, non ingenuamente, poneil problema del rapporto frabuon governo e sviluppostorico, condizioni storiche,condizioni dell’incivilimento.Può l’indefinito, posto franaturae ragione,postoadun

certo livello nello sviluppostorico, risolversipositivamente nella vitasociale?Puòl’indefinitodellamoltitudine raccogliersi unitonella pratica del concetto dipatria e di libertà? In questaforma la questione politicanon è altro che una variantedel fondamentale problemadella costituzione formale diun soggetto frafenomenologia ed ontologia

— in questo senso ciinteressa.64 Quello cheLeopardi viene costruendo,nel tentativo di raggiungereunasoluzionedellacrisiedeldolore, è una grande reteconcettuale che gli possapermettere di raccogliere levariazioni del tema delsoggetto, e di possederle.Torniamo così alla domandapolitica.Di nuovo la rispostaè negativa. Di nuovo, dallo

scetticismo e dal pessimismopolitici, con punte noninfrequentidivolgareretoricareazionaria,65 Leopardi nonriesceascuotersi:necessitàdiuna societàdivisa inordini ein gradi, la schiavitù comeuno di questi gradi, ilproblemadellalibertàpoliticaè astratto, il pensieronazionale è pratica diassoggettamento degli altripopoli, ecc. ecc.66 Di

nuovo lo schema storico èdevolutivointerminiestremi:il processo della civiltà è unprocesso di imbarbarimento,lo schema evolutivo è inrealtà distruttivo della virtù,essosmascheralebellefavoleche i Lumi ci raccontavano,«la civiltà, la scienza ec. el’impotenza sono compagneinseparabili», ilcosmopolitismoèstucchevolemistificazione dell’egoismo,

ecc. ecc.67 Eppure questafenomenologia pessimisticanon riesce a soddisfare lecondizioni del problemafilosofico e questainsoddisfazione reintroducecontinuamente la nostalgiadell’infinito: ci dev’esserestato un momento nel qualemoltitudineepatriaenazioneerano il medesimo ed erano«virtù grande»!68 Oh, «se iprìncipi resuscitassero le

illusioni...»!69 Insomma,Leopardi non si libera, nonpuò e non vuole liberarsidell’esigenza di un infinitointensivoche,sullacatastrofedella memoria esull’impossibilità dirisoluzione dialettica dellavicenda storica, ripropongaun radicamento ontologicodellavita.È inquestepagineche viene ripresa la già notadefinizione della rivoluzione

copernicanacomeaperturadisperanza e come definizionedi uguaglianza nelridimensionarsi delleimmagini dell’umano edell’infinito.70 E ancora unapagina, stranissima,singolarmente pacata: iltempo presente può esserevalutato«come l’epocadiunrisorgimento dalla barbarie.RisorgimentoincominciatoinEuropa dalla rivoluzione

francese, risorgimentodebole, imperfettissimo,perché derivato non dallanatura,madallaragione,anzidalla filosofia, ch’èdebolissimo, triste, falso,nondurevole principio di civiltà.Ma pure è una specie dirisorgimento... non dico unavita,mauncertopalpito,unacerta lontana apparenzavitale».71 «Ed ecco come iltempo presente si può

considerarecomeepocadiunnuovo (benché debole)risorgimento della civiltà».72Perché dunque questocontraddittorio articolarsi ditemi e queste sempre nuovesperanze? V’è una solarisposta: Leopardi cercasoluzione ad un problemastrutturale e metafisicamentefondato, attraversa questicampidiindagine—lateoriadell’immaginazione

fanciullesca come,all’opposto estremo, la teoriadelleformepolitiche—emaitrova momenti di stabilitàfondante.Allusioni,speranze,di tanto in tanto forme«deboli» di soluzione. Ma ilproblemapermane.

D’altra parte, questoprocesso di ricerca, cosìcontorto, confuso,imbrogliato, questepolarizzazioni tematiche,

questo instancabileapprossimare,sontuttotranneche inutili. I problemi nonvengonosingolarmenterisoltima nello sviluppodell’indagine si costruisce unterreno, un ambito, nel qualepossa collocarsi la soluzionedel problema del senso. Loabbiamonotatofindall’iniziodella lettura delloZibaldone:ilsuometodoècostitutivodelsuo oggetto. Ora, Leopardi

percorremille vie per fissarequella reteconcettualedentrola quale il passaggio dallafenomenologia degli stati dicoscienza all’ontologiacostruttrice del senso siaafferrabile. A questo puntointermedio della ricerca giàalcune determinazioni sonodate. Vediamole. Lacomplessità dei termini deldiscorso, la situazionedialettica di base, natura e

storia, natura e ragione —bene,tuttoquestoèsultavolodell’analisi già da tempo,maqui è ripreso, rianalizzato,ricollocato.Poi,dueelementinuovi: il quadro è temporale,dinamico— questo in primoluogo. Vale a dire che ilquadro dell’illusione vera,nella rete concettuale checomincia a distinguerlo, si fadinamico — proiettato sulfuturo.«Ilpiacereumano...si

puòdirecheèsemprefuturo,non è se non futuro, consistesolonelfuturo».73V’èdipiù.La tensione vitale si dipingeman mano come tensionefutura. L’infinito, purirrisolto, è una tensione nonsolo spaziale bensì,soprattutto, temporale.L’immaginazione dal puntodivistasoggettivo,l’illusionedalpuntodivistaoggettivosiinseriscono su questa

tensione. È una sorta diconatus spinoziano, quellochequi ritroviamo. Infelicità,sì, proveniente da questoassoluto non realizzato,eppure movimento, aperturaall’essere dinamico, allapotenza.74 «Le présent n' estjamaisnotrebut;leprésentetle passé sont nos moyens: leseul avenir est notre objet:ainsi nous ne vivons pas,mais nous espérons de vivre,

dice Pascal».75 Ma altresì:«Larimembranzadelpiace-resi può paragonare allasperanza, e produce appressoapocoglistessieffetti».76Laricerca del piacere si svolgein una dinamica chepresuppone e attende iltempo: qui l'irresolutezza delproblema dell’infinito sipiega alla dimensionedell’indefinitotemporale,nonperragioniesternemaperché

questa è la legge di quellaregionedell’essere.Ogniverafenomenologia non può cheessere teoria dellacomposizione dello spazio edella costituzione deltempo.77 Un secondoelementosiaggiungeaquestadeterminazione temporale edinamica della reteconcettuale proposta daLeopardi.Questo,eglicidice,è lo sforzo sistematico.

Sistema è, insieme, unastruttura di relazioni e unafondazione,unpuntodivista,un’opzione di radicamento.Quest’ultimaè rigorosamentematerialistica. «La mentenostranonpuònonsolamenteconoscere ma neppureconcepire alcuna cosa oltre ilimiti della materia...».78Quanto alla struttura direlazioni, nell’ambito diquestorigorosomaterialismo,

Leopardi ce la indica, come«principio sistematico» insensoproprio,nellateoriadelsenso e delle sue sequenze79—convintocheilsistemadelsenso poggi su «unamacchina vastissima ecomposta di infinite parti»,che sarà possibile enecessario percorrere.80 Unaspecie di «teodicea»rovesciata,aggiunge!81

Saremo con ciò in grado

di affrontare il centro dellaquestione critica? Forse. Inrealtà è qui posta una taleserie di elementi teorici darendere maturo, quasi intermini botanici, il fruttosistematico. Tutto congiuraad una conclusione. SalvoLeopardi. Mentre attendiamocheeglimettamanoallavorosul soggetto, eccoci invece afronte di quello che puòsembrare un détour

dell’analisi — ci troviamocioè di fronte al precipitaresistematico dei materiali dianalisi linguistica e di teoriadella lingua. Ora, tenendopresente l’enorme quantità dimateriali linguistici, questoformidabile artigianato dellalingua che è talmentecaratteristico dello Zibaldone(nel ’21, in particolare, lepagine dedicate a quellequestioni sono largamente

maggioritarie), la cosa nondovrebbe stupire, se nonfosse, appunto, chequell’attività di linguista, difilologo e di glottologo sipone sempre su un terrenosubalterno, fa partedell’officina minoredell’attività di Leopardi,rispettoallapretesa filosoficae sistematica — in questoperiodo tanto sottolineata. Ilfattoèchequisiamodifronte

ad uno di quegli improvvisimomenti di innovazioneteoricadeiquali abbiamogiàvisto capace Leopardi — adun momento nel quale lasoluzione del problema nonrinnega la sua genesi ma leimprime la qualità dellospiazzamento in avanti,dell’originalità,edunanuovaproduttività. Se dunque latrama del senso e il luogoontologico degli stati di

coscienzaeladefinizionedelsoggetto si costituisseronellasfera linguistica, egli sichiede, non sarebbero cosìconservate le condizionidell’analisi ed insiemeprogettata efficacemente lasoluzione del problema? LoZibaldonedel’21cioffreunaspecie di «trattatello dellalingua» le cui articolazionitematiche vanno appunto intal senso.82 Leopardi

comincia con alcuneconsiderazioni sullapossibilità che la linguaitaliana si trovi nel pericolo(vissutodaquellafrancese)diprecipitare nella secchezza,nella timidezza espressiva,nella povertà.83 Questeconsiderazioni sonoinframmezzate84 da un lungopensiero sulCinquecento («ilsecolo del Cinquecento è ilsoloverosecoloaureoedella

nostra lingua e della nostraletteratura»): ivi la lingua sicostruiva con ricchezza, infelicità espressiva esviluppava una funzionepopolare. Ivi conosciamo lalingua corposa della prosa.85Insomma, all’imbarbarimentodella lingua ci si deveopporre: e lo si può, e lalingua lo può, perché essa èuna potenza storica diimmaginazione e naturalità

rapprese,sicchénonlalinguadev’essere all’altezzadell’uomo, bensì l’uomoall’altezza della lingua.L’intero dispositivoleopardiano di restaurazionedell’uomo naturale eimaginoso contro ragione ebarbarie viene qui sviluppatoall’interno della questionedella lingua.86 La lingua puòrivelare la vita,rappresentarne la felicità,

innalzarel’uomo.87Lalinguadunque, in quanto costituiscel’universo dellacomunicazione, costituiscealtresì un universoeminentemente umano. Leargomentazioni in propositosi moltiplicano e sicostituiscono non solo inconcettiepensieriforgiatiperla teoria, ma appaiono eriappaiono all’internodell’enorme lavoro filologico

che in questo periodoLeopardi compie. La linguadiviene così oggetto centraledell’analisi. Essa permette didefinire in manieraconclusiva quell’universofenomenologico nel qualenatura e storia si intrecciano,in cui spazio nazionale etempo storico sisovrappongono—lalinguaèessenza della società nelmomento stesso in cui è

espressionedellanatura.88Latrama formale di unametafisicadelsensopuòcosìessere ricalcata sulla tramavitale della lingua. Questopassaggio leopardiano haun’importanza decisiva. Daun lato esso si ponestoricamente come elementoconclusivo della grandetradizione vichiana, madall’altro esso innovateoricamente. Non è infatti

una dimensione storicistica oun orizzonte semplicementenaturalistico, quello che stadentro questa definizionedella lingua: è unaconcezione metafisicadell’uomo come essenzaespressiva,dellasocietàcomeinsieme comunicativo, edunque della lingua comepotenza costitutiva. Tutte lecontraddizionicheilrapportonatura-storia costituisce, si

registrano sull’orizzontelinguistico come su unterreno sperimentale, — marisolutivo, perchè qui laformaècapacediraccogliereil dato fenomenologico. Inquestomodo,aquestolivello,la soluzione del problemadell’estetica trascendentale,cioè quello di riempire dicontenuto ontologico i modidell’emergenzafenomenologica, viene

approssimata.Con lapotenzache a questa sintesi, aquest’operazione diriempimento ontologico,viene dal fatto chel’argomentazione leopardianasi situa sul piano del senso,sul terreno delmaterialismo.89Népuòesserequi sottovalutata la forza dianticipazione teorica diquesta leopardianaprospettiva. Essa vive

problematiche che solo ogginoi conosciamo, in un’epocanella quale la questionecritica ha finalmente perdutole stimmate della sua originekantiana ed idealistica e si èriproposta sul terreno dellateoria della comunicazione,della sua genesi storica, delsuo funzionamentointersoggettivo. Lacomunicazioneèununiverso,il solo esclusivo universo

umano.90 Quale piùformidabile definizione diquel «solido nulla» con cuiLeopardi qualifica la propriafondamentale percezionemetafisica, chequest’assunzionedell’universo dellacomunicazione come sostratoesclusivodelpensiero?

Entriamocosìnelsecondoperiodo dello Zibaldone1821, analizziamo gli scritti

del secondo semestre. Hol’impressione che Leopardi,inquestepagine, tenti—percosì dire — di formalizzarequantoèvenutocostruendoedi portare questa scopertalinguistica, sempre piùintimamente, dentro lesequenze della teoria delsenso. Vale a dire che quiLeopardi giunge alla più altadefinizionedelsoggetto,nellamisuranellaqualedefinizione

del soggetto significasoluzione della questionecritica. Ora, ricominciamodalla lingua, dall’essenzacomunicativa ed etica, ingenerale, che essarappresenta. Riprendiamo lasua favola costitutiva.«Questa primissima lingua»;«a paro della società vennecrescendo e formandosi lafavella»; «nella formazioneprogressiva della lingua» si

formano le differenze deipopoli; «l’invenzione dellascrittura» — «primi edoscurissimi incunaboli dellasocietà e de’ suoi primipassi»; le etimologie e lesinonimie come chiavi dilettura antropologica; glialfabeti...91 La lingua èdunque un sistema, creativo.Ma questa creatività dellalingua comporta regole disviluppo, dinamismi interni

che vanno identificati. Lastruttura non è senzasoggetto, bensì esige ilsoggetto.

Ma quale soggetto? Noncerto quello che ci offronotradizione e religione. Noncertoquellochel’ideologiacipropone.No,facciamotabularasa della tradizione edell’ideologia. Tutto suquesto terreno è relativo,l’ontologia è inafferrabile.

Spingendoci verso ilprofondo, la tradizioneideologica ci spinge nelnulla — in un nulla vano,inafferrabile.Cosìcomesonotutti i concetti dell’ideologia.L’esemplificazione è, comesempre, lunga, minuziosa,talora furiosa nell’ansia didistruggere feticci vani.92L’attaccoècontrol’idealismoplatonico e la dottrina delleidee, in primo luogo. Il tema

è quello dellademistificazionedell’ideologia, spinto fino adimostrare il nulla delleidee.93 Illusioni il cuifondamentoèilnullaelacuimatrice è l’utilitarismo.Illusionie«scienza»generatada timore,egoismo,principiodi utilità. La condizioneumana è tutta dominata daqueste false illusioni e daquesta falsa scienza.

Abbiamo dovuto attenderetanti secoli per scoprirlo?Sarebbe questo il progressodei Lumi? «Io poveroingegno senza verunsoccorso» ho dovutoaccertarlo. No, rifiutiamolaquesta filosofia produttriced’illusioni. Torniamo allanatura, all’umanacompletezza. Ma ecco, suquestoterrenodiricercadiunradicamento vitale che faccia

della nostra esperienzaun’eroicacapacitàdivivereilreale, presentarsi nuovifeticci: la religione ed ilcristianesimoinparticolare.94Teorie dell’egoismo e dellaviltà, chiave di distruzionedella natura e dellagenerosità, astratta figura dipotente alienazione, contro ilconcreto della vita: tale è ilcristianesimo. Non vi sonopiù riserve né dubbi nella

polemica anticristiana, ora,perché ormai le dimensionimetafisichesonchiareedèsudi esse che si tratta diprocedere.Dimensioniaffattomaterialistiche,prepotentemente tali:«Nientepreesisteallecose.Néforme,o idee, né necessità, néragione di essere, e di esserecosì e così ec. ec. Tutto èposteriore all 'esistenza».«L’infinita possibilità che

costituisce l’essenzadiDioènecessità».95Viviamodunqueun’ontologia tutta positivache non lascia spazioall’ideologia, comunqueinterpretata. La nostra unicaontologia, nel bene e nelmale, è quella del dire, delcomunicare. Il pensieronegativo qui celebragiustamente i suoi fasti. Maallora, di nuovo, qualesoggetto, quale dinamica,

quale vita di questo soloorizzonteumano?

E ben vero che,«insomma, il principio dellecose, e di Dio stesso, è ilnulla»; ma è anche vero chequestonullaè«solido»,cheilmondoètuttonellaesistenza,che un’umana completezzavivedentroquestecondizioni.Dunque, come ricostruire latrama della vita a partire daquest’indiscussa nostra

esistenza? da questasensibilità e corporeità chenelmondo, sulla tabula rasadellascienzaenelpienodellasocietà e del linguaggio, cicollocano? L’interrogativo èpressante. Ci ha seguito findalloZibaldonedel ’20: tuttele mosse, tutte le alternativesono per ora valse solo adallargare il campo dellaquestione, a precisare la reteconcettuale, a fissare —

attraverso un così intensolavorio— un terreno. Siamooraviciniallarisposta.

Alle risposte. Una primala conosciamo: è quellasensista, classica. Più volteLeopardi l’ha proposta,sempre senza concluderel’argomentazione, facendoseguireadessaspostamentidicampo di indagine. Orainvece ci prova con moltaforza. L’attacco filosofico

negativo di questo secondosemestre ’21 glielo impone.Anzi, esso stesso, quasi conpacifica continuità, siconfermaeconsolidasubasesensistica. L’accentuazionesensistica della proposta disoluzione della questionecritica è incalzante.Siamo inuna situazione allaCondillac:96 dobbiamo,attraverso il senso, dipingereilnostro soggetto, costituirlo.

I temi e le sequenze sononoti: senso, assuefazione,composizione/associazione,semplicità/complessità,memoria, segno, espressione,plasticità della coscienzaempirica (fanciullezza) ecc.ecc.: «Tutto in sommanell’uomo è assuefazione».97Contro la ragione, «cattivafonte e velenosa alla vita», eche di questa produce lamorte, cerchiamo dunque

nella dinamica del senso lagenealogia della creativitàvitale.98 Il temadell’assuefazione, la storialineare della costruzione delsoggetto che essa propone,sono percorse da Leopardisottoogniprofilo,congrandetensione. Il tema è forte, inLeopardi.99 Tema lineare,non solo dal punto di vistadella costruzione delsoggetto: qui si insiste sulla

possibilitàdirenderelaleggedell’assuefazione legge fisicagenerale. «Forzadell’assuefazionegenerale»:100 lageneralizzazione lineare diuna teoria costruttiva delsenso è un’esperienza cheLeopardicorreintera.Visonopagine di questo Zibaldonenelle quali Leopardi sembraripetere esperienze consuetenei saloni parigini del secolo

passato: eccolo infattidipanare questa filologia deisensi, e descrivere imeccanismi secondo i qualiogni facoltà generale èacquisita.101 Eccolo, fra lepossibilità della natura che isensi, e solo i sensi,determinano, secernere lamemoria,eilsentimento,eilsentire come oggetto dianalisi specifica...102 Poverountorello, forse la filosofia è

cosa diversa! Eppure non siferma a ciò: come inCondorcet, anche qui ilsensismo vuole mangiarsi lastoria,determinaregenealogiesensistiche, adatte non soloallastatua(chedelsensismoèil pedagogico simulacro) maallamultitudo— che, grazieal cielo, resterà sempreesterna ad ogni statuariaomologia. «Giacché tutto èassuefazione sì nei popoli,

come negli individui».103Dopo tante invettive control’etàdeiLumi,dovetrovarne,senon inquestepaginedelloZibaldone, una più schiettaesaltazione e una sorta difosca dedizione adesasperarnelapiùcaricaturaleimmagine? Si giunge fino alpuntodiquantificarelaleggegenerale dell’assuefazione:come per la legge dei gravi,così l’assuefazione scopre un

moltiplicatoregeometrico...104

Eppurelarispostasensistanon si ferma qui. Abbiamoparlato di risposte diverse,inizialmente, dinanzi alproblema dell’articolazionedel tessuto ontologico. Nonera esatto: la rispostaconclusiva di questoZibaldone è piuttostoun’articolazione interna alsensismo. È diversa, ma ha

agganci solidissimi dentro ilsensismo.Una risposta e unafondazione, di grande forzateorica, interna al sensismo.Proviamodunquealasciardaparte gli aspetti piùdecisamente meccanici diquestateoria—checosaessacirivelacomefondoteorico?Indubbiamenteunafortissimatensione costitutiva.L’assuefazione, letta daquesto punto di vista, non è

un organico crescere,concrescere di elementiatomici,èinveceteoriadiunacumulazionecostitutiva, èunprocessostrutturale.Lostessomomento quantitativo —certo paradossale nellapretesadiappiattiregliaspettidiversi della vita — lo èmoltomenoselosiconsideracome espressione diun’intenzione organizzativaedordinativadelsoggetto.Da

questo punto di vista èinteressante notare comemolte delle pulsionirelativistiche del discorsoleopardiano risultino piùtributarie ad una certatradizione di cinismo moralee letterario, che riconducibilialla teoria del sensismo:105quest’ultima, infatti, puòessere relativistica dal puntodi vista fenomenologico ognoseologico, ma non lo è

affatto dal punto di vistaontologico.Viènelsensismouna misura che è assoluta,cheèclassica,comesintesidispontaneità e di solidità,come legge del finito.106Inoltre, proprio dentroquest’implicita dialettica, lateoria del sensismo presentaun interiore elemento di«attività» conoscitiva eorganizzativacheproduceunelemento irriducibile al

meccanismo.107 Accanto adelementi di un sensismosoporoso e lineare, inLeopardi percepiamo dunquequest’altro elemento. Essovien fuori, fresco, articolatoal contesto dell’esperienzafilosofica, etica e lirica delLeopardi: in quella manieraoriginalechealtrevoltecihafatto parlare di mossad’innovazione. Guardiamolo,allora,inmodointensivo,con

vera passione, questo«senso».Checosacerchiamoin esso? Cerchiamo queltramite che ci permetta undiscorso coerente fra ragionee natura e storia. La storiafilosofica ci ha mostratocome tutte le interpretazionifilosofiche possibili nonabbianorettoilpesodiquestonesso— e soprattutto quellerazionalistiche.Ora,ilsensoèl’esperienzaimmediatachedi

questo nesso ci dàconsapevolezza, che neorganizza l’interiore natura:ma non perché il sensismodisegni incredibili geometrie;perché invece il senso, in sé,è natura, spontaneità,dimensione di vita. Ilmondoè illusione — bene: ma ilsenso è speranza.Ognimotosensibile, financo ladisperazione, vive nella edella speranza.108 È

quest’apertura futura che giàabbiamo considerato, equesto tempo aperto. Èdesiderio.109 Come siconfigura la soggettività inquesto mondo che abbiamocondotto alla sua immagine,all’esclusivo universo dellalingua e dellacomunicazione? Il soggetto èil desiderio che solidifica ericonquista le ragioniontologichediquestonulla.Il

senso è, qui, assoluto. Lastruttura non è senzasoggetto, il processo è pienodi questa referenzaontologica, il nulla è solido.«Si può dire (ma è quistionedi nomi) che il mio sistemanon distrugge l’assoluto, malo moltiplica; cioè distruggeciò che si ha per assoluto, erende assoluto ciò che sichiama relativo. Distruggel’idea astratta ed antecedente

delbeneedelmale,delveroe del falso, del perfetto eimperfetto indipendente datuttociòcheè;marendetuttigli esseri possibiliassolutamente perfetti, cioèperfetti per sé, aventi laragione della loro perfezionein se stessi, e in questo,ch’essi esistono così e sonocosì fatti; perfezioneindipendente da qualunqueragioneonecessitàestrinseca

e da qualunque preesistenza.Così tutte le perfezionirelative diventano assolute, egli assoluti in luogo disvanire, si moltiplicano e inmodo ch’essi ponno essere ediversi e contrari fra loro;laddove finora si è suppostaimpossibile la contrarietà intuttociòcheassolutamentesinegava o affermava, che sistimava assolutamente eindipendentemente buono o

cattivo; restringendo lacontrarietà, e la possibilitàsua, a’ soli relativi, e loroidee».110 Che dire di questoformidabile pensiero? Ilsenso, qui, è divenutoelemento trascendentale disoggettivazione — ma inquest’universo materialista, esolo per questo universo. Néla radicalità materialisticatoglie al soggetto la suaassolutezza—larivendica.Il

tempo si concretizza quicome potenza e funzionecostruttiva. Il pensieronegativo, fatta giustizia dellafilosofia idealistica e di ogniideologia, si misurafinalmente nellaricostruzione.

Eccoci all’ultimo nododel discorso. Questo sensoche così finalmente si fonda,non è altro che il nessocercato fra estetica ed

immaginazionetrascendentali.Èilcostruttoredelle illusioni vere. Leopardilo spiega in molte pagine.Che cos’è l’immaginazione?111 È la possibilità che sirealizza, è l’assuefazione ches’innova, è entusiasmo,sentimento, eroismo. Èl’illusione che diventa attiva,è rinnovamento dellaconoscenza, nuovo rapportofrarappresentazioniestatidel

reale. È poesia.L’immaginazioneèlalottadinatura e ragione che cosìviene producendo realtà, ètempochesirapprendeversoil futuro—èanche«onore»,e cioè identificazionecollettiva. È infiammazionecollettiva, è lirica — è ilsenso che procede. E dopoquest’entusiasticadeterminazione, una serie didefinizioni tecniche e

filosofiche. In terminisincronici, immaginazione èprolungamento del senso.112In termini diacronici,immaginazione è ilmovimento che si sviluppafrastatidellacoscienzaestatidella natura e della storia. Ecome il passaggiotermodinamico fra freddo ecaldo: non lo dico io, néPrigogine, ma Leopardi.113V’è poi un’ipotesi dialettica

di definizionedell’immaginazione. Essa èazione, intenzione di vita erotturadellamorta inerzia.114Questo dinamismodell’immaginazione si spiegacol fatto che essa non solovive il continuo di natura eragionemasoprattutto il lorocontrasto.Dentroquesta lottaaperta e irresolubile,l’immaginazione afferra lasorgente del proprio

dinamismo.115L’immaginazione conoscepoi,sempre inquestepagine,una definizione di potenza:non più dinamismodialetticoma direttamente ontologico.Essaèdefinitacome«facoltàinnovativa», «sorgente dellaragione come delsentimento». Energia, vigore,forza, proiezione.116 Eancora:definizionecollettiva,sociologica

dell’immaginazione: essa èfacoltà che può organizzaresentimenti ed agirecollettivi.117Nonvalelapenaqui (ma vi ritorneremo) diinseguire i vari, molteplici,ripetuti pensieri, imbevuti direlativismo, meglio, discetticismopolitico,chequasia difesa da un’aperturapositiva dell’immaginazioneson qui prodotti118 — né disottolineare il carattere

drastico che questi giudizipretendono— poiché invecequestorinnovarsidelconcettodi immaginazione collettivacome possibilità di uniremultitudoesperanza,storiaeverità ha una forza estrema,catastrofica... Utopia, forse?Forse.Certoèchevièancheuna definizione utopicadell’immaginazione: essa vacollocata in relazione all’etàdell’oro, a quella fortissima

immagine che la ragione hadegradato e distrutto, e chel’immaginazione vuole(può?) riprodurre comeverità.119 Si badi bene:quest’ultima definizione nonè liminare, quasi unaconferma ed unaconsolazione nel paesaggiodella favola — no, è invecefigura lirica del destinoassoluto dell’immaginazione,indicazione della sua

necessità di raggiungereassolutezza. Ilmitoconfermae fonda la potenza dellaragionenegativadopoessernestatoilprodotto.120

Ilmito. L’immaginazionecome conclusione del corsodel pensiero negativo. Latrama del senso riscoperta,attraverso le fatiche diun’analisi che insegue ilritmo di una corposasensibilità.

Quest’immaginazione, questomito sono un ragionamento,sono un’attività strutturale. Ilmito è certamente altro,l’immaginazione è certocreativa — ma,reimmettendoci in quellamaterialità del processo nelquale tutti questi eventi sisono dati, possiamoaggiungere cheimmaginazione e mitogiocano qui una funzione

anche e soprattutto distabilizzazionedelsistematalea dire che quell’orizzontelinguistico e comunicativo,scoperto e fissato in questoperiodo, viene — attraversoquest’attività creativa —legato ad un fondamentoontologico. Èl’immaginazione che loscopre. Certo, vi sonoambiguità inquestorapporto.A questo livello dello

Zibaldone, immaginazione emitosonoinnanzituttonatura.L’universo linguistico ecomunicativo è invece unaseconda natura. Comemettere in contatto l’una conl’altra? Come articolarequest’universo? Comerideterminare gioia creativanell’esistenza? È certo,comunque,chequilanaturaèintegrata dallaimmaginazione. Così, e solo

così,siformanolecondizioniper il passaggio dallafenomenologia dellacoscienza all’ontologia, daunaesteticatrascendentaleaduna dialettica dell’illusionevera. Perché? Solo nelprocedere risiede la ragioneuniversaledelmovimento.

5.Doloreedesiderio

Lascia sbalorditi lacomplessità del camminoleopardiano nelle pagine cheabbiamo letto. Lo Zibaldonedel ’21, oltre agli elementiche abbiamo fatto risaltare,oltre alle tracce che abbiamoseguito, produce un quadrodella vita dello spirito e untentativo di soluzione allaquestione critica che pocohanno ad invidiare allaFenomenologia di Hegel.

Leopardi è, al medesimolivello di complessionemetafisica, un anti-Hegel.Rappresenta un disastrostorico il fatto che latimidissima, provinciale eservile cultura italiana fra l'OttocentoeilNovecentononl'abbia rivelato. E comepoteva? Una cultura ligia altronoeall’altarenonpuòcheessere muta davanti allasovversione dell’essere. Agli

antipodi del restauratoreHegel, tale è Leopardi, unsovvertitore dell’essere. Lachiave del sovvertimento è ildolore. Ne seguel’affermazione di un essereribaltato,latensionedelmito,il desiderio di realizzare unanegatività inesausta.Guardiamo, per questoperiodo, i lampi devastatoridella critica leopardiana e learticolazionidelsuosviluppo.

Se continuiamo nellalettura dello Zibaldone del’22 121 e dell’Epistolariodello stesso periodo122potremmo tuttavia essereinizialmente delusi nellanostra aspettativa di vederequelle antecedentipotenzialità esprimersi. Ineffetti lo Zibaldone ci halasciato nel grande maredell’universo linguistico,dentrounastrutturanaturalee

positiva.123Inquestastrutturasi determinano insieme lecondizioni propriamentelinguistiche e,conseguentemente, quelleculturali, politiche e civili diogni successivo sviluppo.124IIloronessoècontinuo—edorafreddo.Quantoaiconcettipiù dinamici, come quello diinfinito,questaveraepropriaarma di sfondamento delpensiero lirico e metafisico

leopardiano, non compaionoin primo piano oppurevengonoripresisottorubrichepuramente formali estilistiche.125 Su questomaresembra essere scesa unagrande bonaccia. Essa tuttoinveste. I concettiprecedentemente costruiti,qui, fuori dal ritmo dellacostruzione, dall’entusiasmodell’adesione al meccanismoproblematico e costruttivo, si

smorzano e sembranopiegarsiastanchezza.«Nonsipuò essere grandi se nonpensandoedoperandocontroragione,einquantosipensaeopera contro ragione, eavendo la forza di vincere lapropria riflessione, o dilasciarla superaredall’entusiasmo,chesempreein qualunque caso trova inessaunostacolo,eunnemicomortale, e una virtù

estinguitrice, eraffreddatrice»126 LoZibaldonerecanatensedel’22è tutto schiacciato su questoorizzonte di bonaccia. Glispunti propriamentefilosofici, i problemi delsensismo sono riletti intermini puramentepessimistici.127 La trama delsenso, tanto faticosamentecostruita, inseguita con tantoentusiasmo, adesso si

raffredda e l’orizzonte delsenso ripete, piuttosto che ilmito dell’innovazione, ilpanorama dell’uniformità edellanoia.128 Adeguatamentesi adagia la considerazionedelsociale:unaciecaesordaconsuetudine domina irapporti fra gli uomini eognunoè trattodentroquestaasfissiante condizione.129Solo il massimo squilibriopuò rompere questa morta

superficieprivadiognivitaeconvivialità: no, non losquilibrio dell’innovazionema solo quello, di nuovocieco e sordo, del caso. Unafavola:l’invenzionedelvetro.Bene, ogni invenzione tienela fragilità del vetro a suabase. Inquestabonaccia soloun’apologia del caso puòrappresentare un debole fiatodi vento.130 Bonaccia,appiattimento dell’orizzonte.

Eccoci,dunque,dentroquestanuovapercezionepsicologicadel malessere metafisico acercare di comprenderla.Internamente? Sul filo dellabiografia? Proviamoci. «Lapoesia l'hoquasidimenticata,perché iovedomanon sentopiù nulla»131, scrivevaLeopardi; e poco più tardi:«Io sto competentementebenedelcorpo.L’animodopolunghissima e ferocissima

resistenza, finalmente èsoggiogato, e ubbidiente allafortuna».132 Poi invecesembra completamenteindifferente:ricercaunlavorofuori di Recanati, unasituazione qualsiasi, pur vile(«uffiziovile:maqualcosaèpiù vile della mia vita?»).133Nelle lettere che seguono, esoprattutto in quelle del ’22,questi malessere,indifferenza, noia, ricerca di

un’uscita pratica qual-chesia(eperchénonfareilprete?alVaticano, in quel «covile disuperstizione, di ignoranza edi vizi»? No, sarebbe forsetroppo. Ma senza passionerifiuta di essere abate. Infondo la Chiesa è unpurgatorio nell’inferno dellavita) — dunque, ladimensione pratica investecompletamente la vita delLeopardi. Se cerchiamo di

comprendere il malesseremetafisico che in questoperiodo si esprime, nonpossiamo dunque seguire lavia biografica. L’infelicitàpersonale sembra essere, inquesto momento, un effettopiuttosto che una causa. Labonaccia è oggettiva. In altrepagine dello Zibaldone del’22 si accentuanomotivi cheavevamo appreso comechiave di costruzione della

trama del senso, dellasignificatività del reale. Lapolemicacontroilfinalismoela teleologia, comunque essisi propongano (per la primavolta, qui l'ironia divienestrumento di polemicametafisica);134 unaradicalizzazione estrema delgiudizio sul cristianesimo—esso nutre l'odiodell’esistenza (son paginedegnedellasinistrahegeliana

quellechequisi leggono);135ma nessuno di questi motivilascia trasparire qui colpid’innovazione metafisica deiquali il precedente sviluppoteorico aveva costruito lapossibilità. Anzi, comeappunto in una irresistibilebonaccia, il pensiero sichiude, si ripiega distruttivosusestesso.Astratteideedelsuicidio appaiono, comebagliori freddi in una

situazione tanto disperataquanto indifferente.136 Labonaccianonsispiegaconlapsicologia. E allora come sispiega? In un solo modo:ripercorrendoimotividicrisiimpliciti all’argomentazionefilosoficadelloZibaldonedel’21. Quella lenta costruzionedi un universo dell’illusione,quel «solido nulla», quellastruttura del linguaggiorispondevano bensì alla

domanda critica circa lasoluzione della crisi dellamemoria: restauravano lacomunicazione. Lacomunicazione venivaprodottasullabasedelsenso,nerappresentavalatrama.Maqualeerailsuosignificato?Ilsoggetto si collocava dentroquell’universo del senso, deisensi: ma qual era la suaposizione? L’indifferenza, dacui la critica si era liberata,

costruendounatramaunitariadel senso, era davverosciolta?

O era solo spostata,spiazzata?Qualeilsignificatodell’uomo in questo mondoricostruito?Checos’èl’uomonella «seconda natura»? Labonaccia spirituale del ’22vede crescere questa nuovaproblematica, nel momentostesso in cui le tempestedell’esistenza sembrano

essersiplacatee lacrisidellametafisica sembra essersi,dislocandosi, pacificata.Quanto all’ultima rotturadell’universolinguisticodella«seconda natura» nella qualenatura e ragione sembravanoessersinuovamentecongiunte— la rottura impressadall’immaginazione e dalmito — essa non erasufficiente a determinare ilsignificato di un universo,

nuovo sì, ma il cui sensosembrapuramenteformale.Ilproblema non consisteva neldefinire una possibile chiavedinamica del sistema della«seconda natura» — ilproblema era rompere lanuovaindifferenza,diredove,in che direzione rompere,verso che cosa muoversi.Costruitalatramadelsenso,èil senso di questa trama chevaidentificato.

Il vagabondaggioleopardiano comincia qui,prima della partenza perRoma, tra il ’20 e il ’22, sulpiano lirico,contemporaneamente allosviluppo dello Zibaldone. Ildécalage temporale delvagabondaggio spirituale edella partenza da Recanati èsuperato dalla forza dianticipazione del pensierolirico su quello filosofico. Il

vagabondaggio cominciadentro il nuovo universo cheegli ha costruito e che nonriesce a vivere. Ildisorientamento è lacondizione delvagabondaggio di Leopardi,in una situazione che sidirebbe di apatia intellettuale—nonperchévengameno illavoro, filosofico esoprattutto lirico, ma perchéquesto lavoro è appunto

vagabondo,sperimentale,nonappuntato su un obiettivocruciale — tanto diverso,questo lavoro, da quello incui fin qui abbiamo vistoimpegnato il Leopardi. Forseunvagocompiacimentodellastessa crisi che si attraversa,della tregua che le passionidell’animo sembrano avertrovato? No, solo una certastanchezza, il sentimento —per un momento — della

sproporzione della propriaforza teorica e di questocontinuo spostarsi in avantideiproblemidellametafisica,quasilaconsapevolezzadiunattualeimpotenzaadafferrarlie stringerli. Vagabondare èstaccarsi dal centro, vagare,inseguire il sogno,sperimentare forme forseinessenziali ma presenti sulcamminochesipercorre,concuriosità intellettuale, in una

fasedistanchezzametafisica.Sperimentazione lirica, primadi tutto. La sera del dì difesta137 è una specie disommario poetico. Data unasituazione di relativatranquillità teorica, di riposodelle più crude passioni(«Dolce e chiara è la notte esenzavento,/Equetasovraitetti e in mezzo agli orti /Posalaluna,edilontanrivela/Serenaognimontagna»,vv.

1-4),eglipuòquiraggrupparei temi consueti, confrontarli,tentare nuove vie, in unadialettica di elementi chesviluppa posizionidrammaticheediquestetentadi scoprire e descrivere unacomune trama. Gli elementisono quelli noti: motivi dipoesia privata che siconfrontano al rinnovarsi delcanto eroico, strappi difilosofia disperata che si

distendono nell’immaginenaturalistica, produzionemitica e disposizionepaesaggistica. Lo sforzostilisticoeformaleèassoluto:ed esso si prova appuntonell’accostamento deglielementi diversi del discorsolirico,manonchiudeglistatipoetici in sufficiente sintesi.Si direbbe che la coscienzateorica della trama del sensonon riesca, rianalizzando e

percorrendo la sua propriaintuizione, a trovare néinterno equilibrio disentimento né stridentesquilibrio espressivo. «Ecco,è fuggito / ildì festivo,edalfestivo il giorno / Volgarsuccede, e se ne porta iltempo / Ogni umanoaccidente.Ordov’èilsuono/Di que’ popoli antichi? ordov’èilgrido/De’nostriavifamosi, e il grande impero /

DiquellaRoma,el’armi,eilfragorio / Che n’andò per laterra e l’oceano?» (La seradel dì di festa, vv. 30-37):ecco, un bell’esempio disintesi cercata e nonrealizzata. Eppure, malgradoqueste difficoltà, in questoCantocomeneglialtrichequiconsideriamo, lasperimentazione riesce ad unimportante risultato formale:nel costituire ilCanto in una

sorta di insieme strutturaleliquido, fluente. Se glielementi non si sciolgononell’articolazionedelcantosidistendono tuttavia nella suacomplessità? Quello chequesto momento disperimentazione ci offre è lacostruzione di una specie disfondo, uno scenario viventenelqualesistemperaanchelastaticità dellecontrapposizionipiùevidenti.

Non è solo «l’antica naturaonnipossente», non è solo ilgrande chiaro-scuro dellacontrapposizione eroica deiprimiCanti,quellochequisicostruisce: è un tessutomelodico, «Un canto ches’udia per li sentieri /Lontanando morire a poco apoco»(vv.44-45),unaformacomprensiva. Analogheosservazioni si possono faresuIIsogno.138Quituttaviala

forma drammatica del Cantoriesce a consolidarsi in unacerta fisicità che articola ilrapporto dialogico. Sembrache Leopardi aderisca qui aquella determinazionepassionale, materiale,sensuosa della trama delsensocheècosìcaratteristicadel suo pensiero in questoperiodo. Ne II sognol’accostamento e ilcontrappunto, non solo dei

grandi stereotipidell’immaginario, ma didolentiedamorosevoci,sonofisicamente definiti. Si potràtrovare in alcuni di questiversi, e soprattutto in quellipiùdecisamentesensuali,unacertaesagerazioneespressiva:«Or mentre / Di baci laricopro, e d’affannosa /Dolcezza palpitandoall’anelante /Seno lastringo,disudore ilvolto /Fervevae

ilpetto,nellefaucistava/Lavoce, al guardo traballava ilgiorno. / Quando coleiteneramenteaffissi/Gliocchinegliocchimiei,giàscordi,ocaro,/Disse,chedibeltàsonfatta ignuda? /E tu d’amore,o sfortunato indarno / Tiscaldi e fremi.Or finalmenteaddio» (Il sogno, vv. 81-91).Certo, adolescenziale edinesperta esagerazione! Maquesto non evita la

delicatezza e la dolcezza ditanti altri passaggi, di tantialtri fisici accostamenti inquesto sogno che, con unamossa poetica davverostraordinaria, Leopardi rendereale «nell’incerto raggio delSol». Non viene meno,dunque,anzi,ancheinquestoCanto è soprattutto ricercata,quella nuova dimensionedellafluenzaedellasensuosacomplicità di tutti i termini

deldiscorso,quasi richiamatidaunaccordosonoro:maquinon è la luna bensì il primosole,nonlatrasparenzabensìlaluce,chepiùmaterialmentesorreggono la circolarità deldialo-go. Ne La vitasolitaria139 ancora lo stessoesercizio stilistico equest’intenzione didistensione dell’orizzonte edello sguardo. «Talorm’assido in solitaria parte, /

Sovra un rialto, al margined’unlago/Ditaciturnepianteincoronato./Lasuatranquillaimago il Sol dipinge, / Ederba e foglia non si crolla alvento, / E non ondaincresparsi, e non cicala /Strider, né batter pennaaugelloinramo,/Néfarfallaronzar, né voce o moto /Dappressonédalungeodinévedi. / Tien quelle rivealtissima quiete; / Ond’io

quasi me stesso e il mondoobblio / Sedendo immoto; egià mi par che sciolte /Giaccian le membra mie, néspirto o senso / Più lecommova, e lor quiete antica/ Co’ silenzi del loco siconfonda» (La vita solitaria,vv. 23-38). Che, fra i treCanti che veniamoconsiderando, questo siasenz’altro il meno riuscito(fino alla disastrosa caduta

poeticadeivv.70sgg.),pocoora ci interessa. Più èimportante sottolineare lacontinuità della ricerca. Cheunaspeciedisovrabbondanzadi elementi romantici (nelsenso dato dal Leopardi aquesta poetica) copra unasorta dimalumore lirico, chela metafora tocchi sgraziatilimiti di iperbole, e lacognizione del dolore sidiluisca in troppo diffuse

tonalità paesaggistiche —bene, tutto ciò non togliel’importanza del tentativo disintesi formale che Leopardiqui opera. Egli tende a porrela poesia su quel terreno delsenso unificato che il suolavoro filosofico era venutocostruendo. Se effetti poeticinon si hanno, questamancanza deriva dal limitedel discorso metafisico, èsegno di quel limite.140 Ma

ch*e enorme importanza hacomunque questa ricerca! Lasua fondamentalecaratteristicasiesprimeinunmovimento vitale che rendesistematica, pulsante,circolare,lacomplessitàdellapercezione, della riflessione,dell’espressione. Essa sicolloca creativamente nellatotalità dell’essere. Ad ogniinnovazione dell’intuizionecentrale segue così lo

spostamento di tutti glielementi complementari. Ilmutamento di paradigma sisvolge sul terreno della piùampia articolazione dellacomplessità, e tutto loinveste.141InLeopardiquestoprocessoètaloraparadossale,perché la totalità di sviluppodel paradigma ideale sicolloca fra forme, filosofichee liriche, ragionevoli enaturali, che spesso sono

superficialmente definitecome contraddittorie. Oltrequesta contraddizione agisceinvece una sorta di flusso diverità e il paradosso dellasituazioneformalenonfachedrammatizzare, e con ciòesaltare, la geniale forza disintesi espressiva.L’esperimento lirico del’20-’21 è un esempiosignificativo di questomuoversiinavantidelmondo

dellavitaleopardiana.Conlasua complessità, le suequalificazioni, la sua crisi. Èil movimento di unospiazzamento globale, quellochestiamoanalizzando.

Riassumiamone i termini.Irresolubilità della dialetticaperché la sua basemateriale,laveritàdelledeterminazioni,non ne permettono soluzioniideali. Approfondimento diquestamaterialità e sforzo di

costruire una trama di sensisignificanti. Ora, l’impattocon una nuova indifferenza,che proprio questa «secondanatura», quest’universo dellacomunicazione sembranointerpretare. Sperimentiamodunque dinamiche edarticolazioni di questo nuovotessuto dell’immaginazione,nelmentre lo costruiamo.Laprima sperimentazione èlirica — non riesce. Essa

promuove un nuovo quadrod’insieme, promuovestrumenti stilistici di sintesiformale a livello della«seconda natura» — nonriesce,tuttavia,arompernelarigidità.Ciònonvalesoloperla poesia: ogni aspetto dellavita è costretto a questarigidità. La condizionecostruttiva,eppurecritica,delpaesaggio metafisico nonriesce a trovare aperture

dinamiche.Certo,lacrisinonè drammatica, è bonaccia.Umida, pesante, avvolgente,paralizzante. Ma è attesa.Leopardi così la vive.Sperimentando, forsesentendovicinol'accadimentorisolutivo. Senza speranza,conlucidità.

Un altro terreno diverifica e di sperimentazioneci è comunque proposto:quello che compete alla

discussione storica e civile.Ci è proposto con una certaruvidezza,con immediatezza.Forse la spontaneità delriferimento si basa sulprincipio dei vasicomunicanti: l’esperienzametafisica, quella lirica equella storicocivile sono inLeopardidentrotalereazione,e al blocco dell’unacorrisponde l’emergenzadell’altra.Ora,qualieffettiha

la fortissima innovazionemetafisica dello Zibaldonedel921 su questo terreno? Aprima vista la risposta èfacile: anche in questo caso,orizzonte di bonaccia.L’epistolario ce lo dimostraampiamente.Unatreguadellospirito. Eppure cominciano adivenire incalzantil’ispirazione pedagogica eduna certa propensioneall’ironia: «m’avvezzo a

ridere». Si parlaesplicitamente del progettodelle Operette morali.142Chiediamoci di nuovo: comeviene apprezzato ildislocamento metafisico sulterrenodellafilosofiacivileeinriferimentoalladefinizionedella «seconda natura»?Ora,c’è del nuovo in questopassaggio:essoconsistenellarottura del rapporto con latradizione. La crisi della

memoria storica non erafinora stata rifiuto, bensìtentativo di una nuovaarticolazione. Tutto ilrapporto con il Giordani èbasato su questo progetto diripresacriticadelclassicismo,nel tentativo di farne uncriterio di discriminazionedellatradizioneeunprogettoriformistico della filosofiacivile.Una trama dialettica èpresuppostaaquestoschema.

Ma ora la trama dialettica èstata definitivamente rifiutatae ad essa si è sostituita latrama del senso. Di qui unacompleta, radicalemodificazione del progettoleopardiano nella filosofiacivile. «È vano l'edificare senon cominciando dallefondamenta. Chiunque vorràfar bene all’Italia, prima ditutto dovrà mostrarle unalingua filosofica, senza la

quale io credo ch’ella nonavrà mai letteratura modernasuapropria,nonsaràmaipiùnazione. Dunque l’effettoch’io vorrei principalmenteconseguire, si è che gliscrittori italiani possanoessere filosofi, inventivi eaccomodati al tempo, che insommaèquantodirescrittorie non copisti, né perciòdebbano quanto alla linguaesserebarbarimaitaliani».143

Cominciare dalle fondamentadel linguaggio a costruire lanazione: quale più modernaimmagine del fare politica?Qualepiùprofondarottura(epoi essa continuamente siriprodurrà) con unaconcezione riformistica dellatradizioneedelRisorgimento—conquellaconcezionecheconoscerà i fasti del«nazional-popolare»?144 È aquesto spiazzamento della

considerazione critica che ilGiordaninonpotràstare.«Dagran tempo sei quasi lamisura e la forma della miavita», dice in questamedesima lettera Leopardi alGiordani. Questo tempo èfinito — come è finita ognipossibilità di collegamentofra trama della dialettica etrama del senso, fra riformadella tradizione e nuovafondazione. Detto questo,

restacomunquedanotarecheil nuovo terreno dellafilosofiacivilenonè,perora,percorribile.Lospiazzamentosi è realizzato ma il suosignificato non va oltre ilsentimento e la dichiarazioned’intenzione. Il nuovodiscorso metafisico regge unnuovo livello della filosofiapoliticama ne subisce anchela relativa,attuale impotenza.Ancheinquestocasolatrama

del senso non riesce apercepire il senso, ladirezione della trama. Ilnuovo politico, la nuovaletteratura,dicuis’immaginail potente fondamento, nonriesce ad articolarsi se nongenericamente. Nellafattispecie,suunadimensioneorizzontale — « Quasiinnumerabili generi discritturamancano o del tuttoo quasi del tutto agl’italiani,

ma i principali, e piùfruttuosi, anzi necessari,sono, secondo me, ilfilosofico, ildrammatico,e ilsatirico»145— non verticale,attorno ad una tematica digeneriletterarienondivaloripolitici. Questa scelta non ècerto irrivelante: la tematicadei generi è, nel letteratoLeopardi (soprattutto dentroladensitàmetafisicadiquestoperiodo), studio della

Darstellung filosofica, figurapiena di contenuti non certosolamente letterari.146 E nesappiamo qualcosa seguardiamo le ripetuteannotazioni sulla prosascientifica del Galilei, dovel’insistenza sull’eleganzadella prosa scientifica èimmediatamenterappresentativa di unarivendicazioneperlafilosofiadelsensismoediun’apologia

di verità.147 Eppure v’è,ancheinquestigiornidipace,anche dentro questa relativasolidità del quadro, un certodisorientamento, unaimprecisione dell’intenzioneche ci riconduceall’indeterminazione dellastruttura. Come nellasperimentazione lirica, anchequi, nella sperimentazionefilosofico-civile, accanto adun sostanziale allargamento

del quadro, troviamo unamancanza e un sospirod’attesa.

Un’attesa che non puòdurare. Questa stabilità delquadro è stata fin dall’inizioprecaria. Il sistema dellacomunicazione deve aprirsi.Il problema ontologico,com’ènecessario,nontardaaripresentare la sua urgenza.Comel’animoumano,infatti,il sistema è sempre aperto.

«L’animo umano è sempreingannatonelle sue speranze,esempreingannabile:sempredeluso dalla speranzamedesima, e sempre capacedi esserlo: aperto non solo,ma posseduto dalla speranzanell’atto stesso dell’ultimadisperazione, nell’atto stessodel suicidio. La speranza ècome l’amor proprio, dalqualeimmediatamentederiva.L’uno e l’altra non possono,

per essenza e naturadell’animale, abbandonarlomaifinch’eglivive,cioèsentela sua esistenza».148 Es’intende perché. Perché latrama sistematicaè sensuosa,e «tutto è animato dalcontrasto, e langue senza diesso»: ogni stabilità èindifferenza e solo ilmovimento pulsa di vita.Cosicché ogni conclusione èrotta dall’immaginazione,

dallasperanza.Ogniistanteècatastrofico. Anche «lo statodi disperazione rassegnata,che è l’ultimo passodell’uomosensibile»pervieneaquestacatastrofe:fossepureperchéunasventuramaggiorelo coglie, e «il nuovo dolorein tal caso è come il bottonedi fuoco che restituiscequalche senso, qualche trattodi vita ai corpi istupiditi».149Per pagine e pagine dello

Zibaldone potremmo seguirequest’affermazione di unadialettica di superficie che è,nel nostro caso, come unrialzarsi del vento dopo lagrandebonaccia.Ma si trattadiun’affermazionelegataallacaratterizzazione orizzontale,sistemica del quadrometafisico, e cioè alladefinizionedel suoequilibriocostante, piuttosto cheall’approfondimento di

questo quadro,all’avanzamento nellasoluzione del problema. Ciòcheèquirichiestodinuovoèquello che Leopardidescriveva come esperienzapropria, di scoperta delfilosofare, qualche annoinnanzi: «Nella carrierapoetica il mio spirito hapercorso lo stesso stadio chelo spirito umano in generale.Da principio il mio forte era

la fantasia... Non avevaancora meditato intorno allecose, e della filosofia nonaveacheunbarlume... ilmiostato era allora in tutto e pertutto come quello degliantichi... Lamutazione totalein me, e il passaggiodall’antico almoderno, seguìsi può dire dentro un anno,cioè nel 1819 dove privatodell’uso della vista, e dellacontinua distrazione della

lettura, cominciai a sentire lamia infelicità in un modoassaipiùtenebroso,cominciaiadabbandonarelasperanza,ariflettereprofondamentesullecose,... a divenir filosofo diprofessione (di poeta ch’ioera), a sentir l’infelicità certadel mondo, in luogo diconoscerla...».150 Di nuovoun approfondimento siffatto,dunque,cheriprendesselaviadei moderni, rompesse la

relativa indifferenza delgrande spiazzamentointervenuto,neverticalizzassei moventi, reimpiantandolinella natura eticadell’ontologia. Viverel’infelicità del mondo,anziché semplicementeconoscerla: su questafalsariga la filosofianonsolosi apre ma il suo aprirsiassume necessariamentequelladirezionecheèpropria

della sua più alta dignità. Inun gruppo di Canti fral’autunno del 1821 e l’estatedel 1822, Leopardi operaquesto nuovo passaggio.Possiamo senz’altro parlare,anche in questo caso, disperimentazione — dellacontinuazione di quellasperimentazione dalla qualenasconoancheLaseradeldìdi festa, II sogno e La vitasolitaria, e dalla lettura di

questi nuovi canti avremoconferma di ciò.151 Ma èanche vero che quanto, là, lasperimentazione volgevaall’integrazione del quadroformale,aplasmareilsistemadella trama del senso, tanto,qui, lasperimentazionevolgeal metafisico, e adapprofondire, o a scoprire,senso logico e significatoetico di quella trama, diquell’universo.

Faticosamente, ma concontinuità, la «secondanatura» vuole aprirsi suindiscutibili prospettiveontologiche. Il negativoinsegue il filodell’assolutezza.

Duecanzoni,innanzitutto,Nelle nozze della sorellaPaolina152 eAd un vincitorenelpallone.153Sisvolge,qui,una vera e propria mise enformedellacrisidel senso. Il

quadro di entrambi i Canti èquello della «devoluzione»storica, della decadenzaculturale che comportadissoluzione del costume edegradazione della natura—quanta miseria umana! Sonoterminicheconosciamobene.Ma qui v’è qualcosa di più,rispetto alle riflessioni delloZibaldone:edèsoprattuttolafortissima plasticità retoricadi questi Canti, la

visualizzazione, lasensibilizzazione poeticadella condizione storica. Lastessa lingua leopardianasembraplasmarsialloscopoerecuperareformesintatticheedi vocabolario, altre volteconsideratedesuete.Laformaretorica si plasma una linguaadatta. E con sé trascinavecchi, e costruisce nuovi,modelli culturali, pedagogicie morali, nell’intento di

fissare un orizzonte classico,nonpiùeroico,volontaristico,bensì plastico, sacrale. Difatto, non è che la crisi dellamemoria venga con ciònegataecisitrovidifronteareminiscenze del classicismotradizionale: al contrario, lamemoria è fissata in unaspetto particolare del suosviluppo, paralizzata nelcolmo della sua crescita, ecosì proiettata su uno

schermo gigante che, inquesta fissità, ne esaspera lecomponenti di crisi e morte.O meglio, l’orizzonte dellamemoria viene costruito cosìmassicciamente, in terministorici ed ideologici, perpoterlo rovesciare con effettirovinosi sulla filosofia —crisi dellamemoria di nuovocontro fissità del sistema,come solvente chimico dellesuebasi temporali.Anchegli

elementi più elementari evitali, come l’esaltazionedellafacoltàdiprocreazioneodellavirtùgiovanile,risultanoaquestopuntospostati suunmargine dello sviluppo deiCanti (ed ivi risaltano inqualche splendida immagine)ma in nessun modocostituiscono un punto dirotturaedisperanza.Èquasiun effetto di teatraleestraneazionequellocheidue

Canti costruiscono. Perché?Perché solo una resa cosìplastica e totalizzante dellamemoria permette didenunciare la «secondanatura» come possibileipostasi, la sua fissità e ildisorientamento di valori chene viene. Una denuncia cheLeopardioperasusestessoesullo stato attuale della suafilosofia. Ché essa, a questopunto, subisce, dentro questa

teodicea negativa dellamemoria e questa sublime«devoluzione»dellastoria—in parallelo con l’estinguersideipiùtradizionaliparadigmi— un effetto dimarginalizzazione delfemmineo e dell’eroico. Ma,nei due Canti, non v’è soloquesto lavoro negativo. Seessi possono essere collegatiai successivi, nei quali sidetermina il passaggio

filosofico verso la sferaontologica, è perché necreano una condizionenecessaria: una messa informa, cioè unaconcettualizzazione, intermini unitari, dell’orizzontedella «seconda natura». V’ècosì il lavoro positivo dellacostruzioneplastica,generale,della grande scena filosofica.Su questo spazio di grandiconcettipuòsvilupparsid’ora

innanzilacritica.Lamemoriaè esibita come oggettivitàmorta e come nuovo sistemadi segni, coerenti nella lororelazione, insensati inrelazione al mondo.L’operazione dirovesciamento ha bisogno diuna dimensione sulla qualenon debbano ripetersi iprocessi di microformazionedella trama del senso.Qui laricerca va invece verso

«infiniti spazi». Brutominore154rompeperlaprimavolta il tessuto diquest’altissima indifferenza.Con un grido. Allamonumentale grandiosità delflusso poetico nei Canti cheprecedono, qui segue unamossa immediata, un respirofortissimo dell’etico.Occorreva costruire quellaparadossale distanza peravere questo ribaltamento?

Comunque si costruisca, ilcanto vive di questa duradialetticanegativa.L’autoreèin primo piano, con la suaricerca, la sua testimonianzaetica. Perciò piuttosto che didialettica, è meglio parlaredel formarsi di unafenomenologia dellacoscienza: in queste cesuredel flusso pratico, essa nontrova vaghi appigli dicontinuitàideale,trovainvece

impulsi di rinnovamento eincarna lenecessitàdell’eticoeunanuovaepifaniadellasuatragedia. L’immediatezza delgrido, la forza dellatestimonianza etica nonevitano, d’altronde, nédisciolgono la scena astrattadella«secondanatura».Brutoè un fantasma, non unsoggettoincarneedossa,fraquesti versi: il gioco poeticoresta concettuale. Deve

restare tale. La forza, inquesto Canto, consiste nelmistero— sempre rinnovatodaunafilosofiachesirinnovaaquestaaltezzadelproblema— di staccare forzosamente,plasticamente,drammaticamente la vicendadel poeta e la suaaffermazione di verità,concretaed immediata,suunorizzonte di essenzeconcettuali. Dentro quella

realtà del concetto,dell’universale umanacomunicazione,mafreddaedinsensata, la lirica adempieunafunzioneditestimonianzadel diverso, di innovazione.Formidabile è la bestemmia:«SpiaceagliDeichiviolentoirrompe / Nel Tartaro. Nonfora / Tanto valor ne’ mollipetti. /Forsei travaglinostri,eforseilcielo/Icasiacerbiegli infelici affetti / Giocondo

agliozisuoispettacolpose?»(Brutominorevv.46-51).Maaltrettanto immediata è lagaranzia etica della realtà,dellagiustiziadell’atto.«Nonfra sciagure e colpe, / Maliberaneiboschiepuraetade/Naturaanoiprescrisse»(vv.52-54). Ciò che divieneessenziale è che il grido el’imprecazione di giustiziapenetrino gli spazidell’universoconcettuale e, a

quel livello dicomunicazione, imponganosenso etico. O, almeno, ilproblema. «In peggio /Precipitano i tempi; e mals’affida / A putridi nepoti /L’onor d’egregie menti e lasuprema / De’ miserivendetta.Amedintorno /Lepenne il bruno augello avidoroti; / Prema la fera, e ilnembo / Tratti l’ignotaspoglia;/El’aurailnomeela

memoria accoglia» (Brutominore,vv.112-120).Certo,questa individuale soluzionenonèsufficienteacaricarediforzaeticalatramadelsenso.Non è neppure adeguata. Èsolo disperata. Ma ladisperazione accoltasull’orizzonte dellacomunicazione la scuote, etutta l’investe, e la domandacomincia a configurare ilproblema in un gioco di

universalità. Come articolaresignificativamente la tramadel senso? Che valoreaffidareallasuapotenza?Checosa possiamo chiedere, oimporre, agli Dei? Il CantoAllaPrimaveraodellefavoleantiche155allargalospaziodirotturadelmondodelsensoe,nella forma di un mitoelementare, propone in essol’emergenza dell’etico. Laprotesta non è esterna:

l’alternativa è interna. Unmito elementare: e cioèun’ipostasi immaginativa delconcetto — contro l’altraipostasi, quella della tramadel senso, non immaginativa,ma concettuale. La favola,dunque, e il mito letterario,contro un reale la cuicomprensione, già raggiunta,si deve modificare. «Forsealle stanche e nel dolorsepolte/Umanementiriede/

Labellaetà,cuilasciagurael’atra/Facedelverconsunse/ Innanzi tempo?» (AllaPrimavera, vv. 10-14).Erroneamente il problema èquello di considerarel’efficacia di questacontrapposizione e dichiedersi se essa riesca neltentativodisfondare lavuotasolidità del nulla dellacomunicazione.Seessariescaa stabilire sulla circolazione

del senso una polaritàsignificativa. Nulla di tuttoquesto. C’è invece quasi unachiave mistica in questoprocedere di Leopardi. Unachiave mistica che vuoleesemplificare,nelconcettodi«devoluzione», degradazionestorica e degradazionenaturale — le due siidentificano. Di qui l’ultimosguardo,scettico,sullostessotentativo condotto nel Canto,

di proposizione della favoladella natura primigenia edelle sue divinità comealternativa efficace: «Vaganatura, e la favilla antica /Rendi allo spirto mio; se tupur vivi / E se de’ nostriaffanni /Cosaveruna inciel,se nell’aprica / Terras’albergaonell’equoreoseno/ Pietosa no, ma spettatricealmeno»(AllaPrimavera,vv.90-95). Ma la favola della

naturanonrisolveilsensodelcanto.Qui,siapureinquestaforma che confina nelmistico, l’alternativa riguardala trama del senso. Essacostruisceunsoggetto—unaspeciepuradi soggettocheèvocee chedice se stessa.Laprimavera e il suomito sonosoggetti selvaggi checercanouno spazio, che lo forzano,che cominciano a costruirlo.Una scorreria dell’istinto

etico.156Qui sorge l'Ultimo canto

diSaffo157,dopolaprotestael’alternativa mistica. QuestoCanto, improvvisamente,miracolosamente,trovalavia— assume la tragedia cometale, e la impone alla tramadel senso. «Arcano è tutto, /Fuor che il nostro dolor»(Ultimo canto di Saffo, vv.46-47). La posizione lirica èquella del dolore. L’insieme

delle dimensioni dellaconsiderazione poetica èpiegato alla linearità dellaposizione del soggetto. Ildramma etico è reale perchéha un riferimento soggettivo.Chenonsiindividualizza,chenon decade mai sul livellopsicologico: la sfera delconcetto non toglie alsoggetto lesuecaratteristicheproprie. «Morremo» (v. 55).Questodestinoci toccacome

partedelnostroessere:eperòamore non si china allanecessità. «E tu cui lungo /Amoreindarno,elungafede,e vano / D’implacato desiofurormistrinse,/Vivifelice,se felice in terra /Vissenatomortai» (vv. 53-57). Ciò cheinquestoCantocolpisceè loscuotersiinternodiunmondoche sembrava ormai fissato.Esso, questo mondo dellatrama del senso, è assunto

come tale ma percorso,vivificato da soggettiindistruttibili. Se la trama èquella della morte, la vocelirica e il dolore e l’amoresono termini diidentificazione soggettivairrinunciabile. La rivoluzionestilistica di questo periodo ècompiuta, la fluidificazionedell’immaginario è data: maladdove quest’operazione,trasferendoconcettualmenteil

campo di applicazione dellafantasia, può appiattire —permettere solo operazioniesterne, sostitutive,alternative — qui ladimensione etica, vitale,soggettiva, esplode dentro lafigura concettualedell’insieme. Unagrandissima operazionemetafisica. V’è chi chiedealla filosofia di esserepedagogica, logica,

esemplare: perché? Non èforse, questo leopardianoritrovare un soggetto nellatrama del senso, non ilvecchio soggetto genealogicodel sensismo, ma questonuovo universale ed etico—non è forse una filosoficatraccia di verità? Che cosapossiamo aggiungereall’esseresenonl’espressionesoggettivadellasuaverità?Ericostruirlo nella tensione

soggettiva, e nel dolore enella speranza? Saffo non sail fallo di sua vita: osatuttavia esclamare la viltàdellanaturaedegliDei.Nonèl’iradiBrutominore,nonèla pietosa favola dellaPrimavera. «Incaute voci /Spande il tuo labbro: idestinati eventi / Movearcano consiglio» (UltimocantodiSaffo,vv.44-46).Dicontro,quièlacoscienzache

si fa, senza voler esseredivina, senza scivolare inabissi di idealisticamistificazione—chesi fa inquanto potenza finita ecritica,senzasuperbiaesenzaviltà. Il regno del sensoscopre un soggetto etico. Ildolore lo organizza e lacoscienza lo incarna.«Morremo»: ma la morte èingiusta e il dio «ciecodispensator de’ casi».

Moriremo, così comesoffriamo, ma l’ingiustiziadella morte e del dolore nonpuò essere tolta allacoscienza. Costruito sullacritica della ragione astratta,il mondo del senso erasuccessivamente divenuto unorizzonte positivo,materialismo impotente.Consueto ribaltamento dellaragionenegativa—losdegnodiSaffocenesottrae.

Dopo la lettura dell'Ultimo canto di Saffo losguardo scivola, e spesso l'attenzione si sbriciola,scorrendo l'Inno aiPatriarchi o de' principii delgenere umano158.Impropriamente. Perché,senza raggiungere l’intensitàdi quello, pure l’inno nedistende alcuni fondamentalimotivi — e se riprende ilmito e quel metodo di

chiarimento attraversocontrapposizione che eradell’altro inno del periodo(Alla Primavera) è permeglio renderne la dinamicanello sviluppo lirico. Anzi, èproprio nella sintesi fraintensità degli stati dicoscienza e riproposizione diuna dimensione di altaispirazionemitica, che qui siformaunaltropolodi quellavia di scorrimento fra

l’orizzonte linguistico el’orizzonte etico — checostituisce l’obiettivofilosofico del periodo. Aldolore dell’esistenza,all’altissima dignità delcomprenderlo e delresistergli,siaccompagnaquiildesiderio.Ilsoggettononèsolo residuo degli elementiche sivogliono irriducibili alsistema della «secondanatura»,nonè solo figliodel

dolore: è anche desiderio, èanche proiezione. Siconsolida il concetto disoggetto e si approfondisceuna nuova positiva alteritàall’interno del quadro della«seconda natura». Il mito,dunque, può vivere, comealternativa ideale incarnatadal desiderio, dentro ilprogressodeltempostoricoele sue vicende didegradazione.«Ohfortunata/

Di colpe ignara e di lugubrieventi, / Erma terrena sede!»(Inno ai Patriarchi, vv. 34-36). Esso può vivere noncome nostalgia ma comeessere critico, tempo diverso,dentroecontrolosvilupparsidella storia umana. Comecritica, dunque — critica diuna colpa primitiva posta abasedellacittà («eprimo/ Ildisperatopentimento,iciechi/ Mortali, egro, anelante,

adunaestringe/Ne’consortiricetti» Inno, vv. 47-50),critica della servitù comeconseguente condizione diunaforzosaecolpevolizzantefondazione del potere («eservitù le imbelli / Umanevite, ultimo danno, accolse»,Inno, vv. 55-56). Ma anchecome desiderio — undesiderio realistico, che hacompletamente interiorizzatol’esperienzadeldoloreedora

riguarda l’età dell’oro noncome utopica delizia macome possibilità di speranza.Mancanza di rassegnazione,realismo nella stessaproposizione dell’orizzontemistico,quasiadesorcizzarneuna estrema funzionedilatoria nel mentre lo siriafferma comeinsopprimibile (Inno, vv. 87-103), danno a questo Innosapore di ascetismo. Il mito

non è qualcosa in cuiconfondere la speranza mauna traccia, una durarealistica traccia per lasperanza.Lanaturaèapertaaquesto conflitto checontinuamente si ripete. E lanatura, sconfitta, pureriproduce la sua speranza.«Tal fra le vaste Californieselve / Nasce beata prole, acuinonsugge/Pallidacurailpetto,acui lemembra /Fera

tabe non doma; e vitto ilbosco, | Nidi l’intima rupe,onde ministra / L’irriguavalle, inopinato il giorno /Dell’atra morte incombe. Ohcontra il nostro / Scelleratoardimento inermi regni /Della saggianatura! / I lidiegli antri / E le quiete selveapre l’invitto / Nostro furor;leviolategenti/Alperegrinoaffanno, agl’ignorati /Desiri,educa; e la fugace, ignuda /

Felicità per l’imo soleincalza» (Inno, vv. 104-117).Che complessità di motivis’accumula qui! Un idealegiusnaturalistico positivo chenon si piega alla linearitàdella concezione ottimisticadella storia e della società;una concezione pessimisticadella ragione e dellacivilizzazione, denunciatecome produttrici di schiavitùe di morte. Ma «la fugace,

ignuda felicità» fugge «perl’imosole».

Checos’èdunquel’uomonella «seconda natura»? Egliè dolore e desiderio. Eglirompe così quel nuovoorizzonte di indifferenza chela trama del senso avevacostruito. Un ponte è gettatoda questa percezione deldolore e del desiderio versoun tessuto ontologico sulquale si pongono valori che

orientino la trama del senso.Ma questi valori non soncertocose.Sonostatidicose,che il soggetto attraversa epone. Sono comportamentietici dimensioni di un tempoetico che il soggetto rivelacome segni dell’attivitàdell’essere. La definizione diuna dinamica interna alla«seconda natura» non toglielaconsistenzadellatramadelsenso, non reintroduce una

speranzadialettica.NeiCantichesiamovenutileggendo,lacomplessità artificiale deltessuto della «secondanatura»edelsensononsoloèmantenutamaèperfezionata.La «cesura stilistica» chequesto periodo dell’attivitàlirica del Leopardi, secondoalcuni interpreti,159rappresenta, è costituita daltentativo di adeguareinteramente il movimento

formale a questo surrealemondochelateoriadelsensohacostituito.Surreale,dotatodi una propria legislazionesistemica, intrecciato direlazioni che lo definiscono— perciò non meno reale diquel mondo dal quale,immerso nella confusionedella tradizione e nellamiseria della memoria, ilpoeta-filosofo s’era liberato.Anzi, l’unico mondo reale,

l'unica verità delmondo.Macome orizzonte, come formacomplessiva di unospiazzamento già una voltavolutodaldoloreedalrifiuto.Di nuovo, qui, dopo quelprimo genetico emergere deldolore e del desiderio, difronte al mondo organizzatonel superamento della primadialettica irriducibilità — dinuovo qui debbonointervenire dolore, rifiuto,

desiderio. Su questo nuovolivello. Con forza potenziatadall’arricchimentochequestoprogressivo camminometafisico produce. È cosìinfatti che la «cesurastilistica», nelmentre adegualaformadellaliricaalmondodel senso,creaper il filosofoforme concettuali, universali,che costituiscono il primonuovo materiale della suaanalisi. Ora, anche queste

forme concettuali debbono epossonoesseresottoposteallacritica e fatte vivere nellarelazione ontologica. Èquanto avviene. Le tensioniriduttrici che ogni figurasistematica produce,soprattutto se organizzata aquesto livello di astrazione edi perfezione stilistica,vengono così primacontrobilanciate daaffermazioni esistenziali, di

protesta, di resistenza, dialtrettanto astrattarivendicazione. Poi, a poco apoco, le tensioni riduttricivengonosconfitteeilsistemaripercorso, pur nella suaastrazione, dalla coscienza.Viene, a questo suo nuovolivelloesenzacheneperdalaperfezione di segno e disenso, infiltrato dallapassione umana, mobilizzatoda quelle forze ontologiche

orientativechesono ildoloree il desiderio. L’intensissimavicendapoeticaleopardianaètutta qui — in questo suoessere esposizione metafisica(Darstellung) di passaggidella coscienza nel camminoverso laveritàeconfrontodiquesta tensione con gli statidellarealtà.Dolore,desideriosono passioni genericamenteriassumibili sotto lacategoriadella relazione. In Leopardi

esse devono esserespecificatamente assuntedentro la categoria etica diuna metafisica materialistica.Ciò dà alla vicenda poetica,anche nei momenti di piùgrande astrazione logica elirica, questo spessore deldramma, della tragedianell’etico.

Il problema indicato inquesto capitolo, e cheprecisamentecorrispondealla

serie di mutamenti cheabbiamo studiato, non ècomunque,inquestoperiodo,risolto.Ne è data pertanto lapossibilità. L’irruzione nelmondodel senso, e nella suatrama, della soggettivitàeticamente motivata è infattifortissima. Resta da vederecome la riconquista deltessuto ontologico possagiovarsi di queste linee discorrimentosoggettivo.

6.L'immaginare

Soggettivo non significaesperienza individuale,Erlebnis, né l’esperienzavissuta può come talerisolvere i problemi delpensiero. Tanto più nelLeopardicheoraconosciamo.Sicché,quandonelnovembredel 1822 giunge il momento

di partire da Recanati perRoma(edivieglisoggiorneràfinoalmaggiodel1823),nontroppo paradossalmentesentiamo che il desideriodella fuga si è esaurito.L’idea di fuga era statametafisicamente rilevantequando Leopardi avevaaffrontato le dimensionidialettichedelproblemadellamemoria e della sua crisi.Ora, ben altra è laquestione:

non di fuga, ma diorganizzare un viaggionell’essere,diquestositratta.Roma non gli dà e non glipuòdarnulla.Nellelettereaifamiliari che invia daRoma,160èespressaunacertapacata aspettativa; ma,contemporaneamente, alfratello Carlo, Giacomomanifesta il disagio deltrasferimento,dell’inesperienza, e la

sensazione di solitudine chelo ha colto.161 A Romaperdura la sua malinconia:«ho perduto me stesso...Amami,perDio.Hobisognod’amore, amore, fuoco,entusiasmo, vita: il mondononmipar fattoperme».Lepersonecheincontraedacuitantoavevaatteso,glipaionostordite o ingenerose.Recanati rischia di diventare,in questa situazione, un

ricordo positivo.162 A Romala letteratura non esiste:«orrori più orrori».L’antiquaria la fa da sovranaelaculturanonèchetrafficomercantile: un mondo, tantopiù,perquesteragioni,colmodi pregiudizi e invidie.163 Edancora, ancora la denunciadel vivere nelle grandi città,nelladissipazionedeicostumiedeipensieri.Masse,anomia— in una «moltitudine

dissipata» ci si ritrova soli.Ciò che a Roma regnasoprattutto è «l’indifferenza,quest’orribile passione, anzispassione».164 La spassionedell’indifferenza. Roma hasolo questa funzione per lateoria: rappresental’indifferenza della trama delsenso. Se culturalmente lacittà è insignificante,politicamente e civilmenteRoma è corrotta. Meglio gli

stranieri che i romani: nonsaràpossibileavereunposto,da «grecista» e da istitutore,presso qualche signore dipassaggio?165 La ricerca nonha esito. Resta solo lapossibilità di farsi prete. «Iomi diedi un’occhiatad’intorno e conclusi di nonvolerne saper niente... damolto tempo, e prima divenirequa, emoltopiùdopovenuto, io ho fatto questa

deliberazione che lamia vitadebbaesserepiùindipendentechesiapossibile,echelamiafelicità non possa consisterein altro che nel fare il miocomodo».166Romariproponesolo il problema — ilproblema di un orientamentovitale che si chiami amore elibertà, e che sappia essergarantito dalla verità. Quil’identificazione al Tassodiviene importante: «fui a

visitare il sepolcro del Tassoecipiansi.Questoè ilprimoe l’unico piacere che hoprovatoinRoma».167

«Tu comprendi la granfolla di affetti che nasce dalconsiderare ilcontrastofra lagrandezza del Tasso el’umiltà della sua sepoltura.Ma tu non puoi aver idead’un altro contrasto, cioè diquello che prova un occhioavvezzo all’infinita

magnificenza e vastità de’monumenti romani,paragonandoliallapiccolezzaenuditàdiquestosepolcro.Sisenteunatristaefremebondaconsolazione pensando chequesta povertà è pursufficiente ad interessare eanimar laposterità, laddove isuperbissimi mausolei, cheRomaracchiude,siosservanocon perfetta indifferenza perla persona a cui furono

innalzati,dellaqualeononsidomanda neppure il nome, osi domanda non come nomedella persona, ma delmonumento. Vicino alsepolcro del Tasso è quellodel poeta Guidi, che vollegiacere prope magnosTorquati cineres, come dicel’iscrizione.Fecemoltomale.Non mi restò per luinemmenounsospiro.Appenasoffrii di guardare il suo

monumento, temendo disoffocare le sensazioni cheavevo provate alla tomba delTasso».La tramadel sensoèqui presentata nellasproporzione, nel contrasto.Si sente che il problema èmaturoechelasuasoluzioneèascadenza:quièl’umiltàilforte discriminedell’«infinitamagnificenza»dellastoria—l’insistente umile presenzadella memoria poetica. Ed

anche l’insistenza dell’umiltàtout court. Di quiun’inaspettata(superficialmente) mamotivata (teoricamente)apertura: «Anche la stradache conduce a quel luogoprepara lo spirito alleimpressionidelsentimento.Ètutta costeggiata di casedestinate alle manifatture, erisuonadellostrepitode’telaie d’altri tali strumenti, e del

canto delle donne e deglioperai occupati al lavoro. Inuna città oziosa, dissipata,senza metodo, come sono lecapitali, è pur belloconsiderare l’immagine dellavita raccolta, ordinata eoccupata in professioni utili.Anche le fisionomie e lemaniere della gente ches’incontra per quella via,hanno un non so che di piùsemplice e di più umano di

quelle degli altri; edimostrano i costumi e ilcarattere di persone, la cuivita si fonda sul vero e nonsul falso, cioè che vivono ditravaglio e non d’intrigo,d’impostura e d’inganno,come la massima parte diquesta popolazione».168 Lapassione contro la spassione,anche sul terreno dellacomunità, dunque. La naturacontro la società. E nulla

cambianoaquestogiudizioleaffermazioni politiche che inquestoperiodosonofrequentied hanno la forma letteraledelloscetticismo,oalmenodiun forte relativismo nelrichiamo a Callide e aCicerone (in particolare nellepagine, poche, delloZibaldoneromano).169Quelleaffermazioni vannoinquadrate nel distico:«Dunquelacausaoriginariae

continuadell’infelicitàumanaè la società»170— che è, semai vi è stata, dichiarazionesolo apparentemente scettica,essendo invece disvelamentoe critica della società attualeed auspicio di una rivoltadella natura. Leopardiprogressivo? Forse, per unavolta, sì—ma orecchiante itermini ideologici, quantosensitivo per le istanzesociali. Una ventata o,

meglio, un venticello diliberalismo attraversa ilpensierodiLeopardi,aquestopunto: nella polemica control’indifferenza persino unagenerica rivendicazione dilibertà economica sembraportare il segno delrinnovamentodellanatura.171A noi sembra qui di sentirrivivere quel concetto di«debole Risorgimento» sullacui importanza abbiamo

insistito— e che non a casoeragiàinquellepaginelegatoaconsiderazioni,sìgenerichema politicamentesignificative, di liberalismoeconomico (sulla moneta,172e più tardi, come ora, sulcommercio).173 Passionecontro spassione, naturacontrosocietà.

Il rientro aRecanati ci faritrovareunLeopardisimileaquello della partenza. Il

quadrodeisuoidisaginons’èmodificato.Ilviaggioromanone ha solo allargato lasperimentazioneeconciòhaapprofondito il disincanto. Inrealtà,nonsipuòneppurdireche il viaggio romanorappresenti una delusione.V’èsolouncertoimbarazzoariconoscere che il pensiero,«nel mio bel Recanati»,174aveva raggiunto sensibilità etematiche neppure sospettate

dalla cultura romana. Unaenorme umile sproporzione.Ineffetti,chièscesoaRomanonèilrampollodipontificiaprovinciale nobiltà — è unWinckelmann,unGoethe,èilvettore di una vicendaeuropea di pensiero che siconfronta con il vileantiquariato, con una culturapoliticaormaimarcita,conlaprostituzioneromana.Etrovasulla tomba di Torquato,

come in un’antica eroicacanzone, di nuovol'incitamentoallaricercadellaverità. A Giordani, tornato aRecanati, Leopardi confidatutto questo,175 non conrimpianto e disillusione, macon determinazione equell’adesione ad unavocazione cui nessunvagabondaggio permetteràmai di venir meno. Unamaturità umana, questa che

troviamo in Leopardi al suoritorno a Recanati,consolidata da un’accresciutasensibilità teorica. Unavocazione così ferma nellavolontà di costruzionesistematica, da potersipermettere due motidell’animo, opposti ecomplementari: da un lato lariaffermazione di unamemoria storicaprofondamente radicata, un

ontologico contatto conessa,176 d’altro lato ildisincanto, meglio, undistacco sprezzante, cinico oironico che sia, dallamiseriadel presente, dalla suagenerale prostituzione,177 unelogio dell’assenza dimemoria. L’unico importanterisultatodellavicendaromanasembra dunque consisterenella maturazionedell’indipendenza del

giudizio leopardiano. Ora,tornato aRecanati, da questoaltissimo osservatorio,l’orizzonte è diventato piùampio, la siepe è caduta, lavocazione non trattieneelementi di rassegnazione,fosseropurnascosti.

Dunque, l'Erlebnis,l’esperienza vissuta, nondanno salvezza.Soprattutto alivello della meditazioneleopardiana — che è quello

dell’astrattezza della secondanatura, dell’ormai conclusarivisitazione della trama delsenso. Qui l’intellettualeLeopardi è vero, nel sensocheècompletamentedentroildiscorso. Ma il problemaresta — ed è quellodell’innestodella soggettivitànella trama del senso, perpermettere a questa di dareuna direzione al tessutoontologico.Èunproblemadi

redenzione. Il cristianesimoredimelaprimanatura,togliela sua indifferenza e la suacedibilità almaligno.Ora, inLeopardi come in Hegel, ilproblemaèquellodiredimereil tempo e quella mondanitàche è venuta formandosisull’esaurimento dellaprospettiva teologica. Hegeloperalaredenzioneattraversola dialettica. Una redenzioneveraepropriacheaffidaallo

spirito assoluto il ruolo delladivinità. Leopardi vede losviluppo della dialettica, cheèsvilupporeale,conchiudersiin uno schema circolare eipostatico — sicchél’universo dei sensi, purcarico di materialideterminazioni, non riesce acontenere e a mostrarerisposta alle questioni chel’anima, il dolore e ildesiderio pongono. La

redenzione compie duepassaggi in Leopardi. Nonriconosce la miracolosaAufhebung hegeliana (e poivedremo come i «nuovicredenti»,giàorapresentinelpanorama culturale italiano,gliela propongano in dialettiindigeni) — riconosce alcontrario un processo nelquale stanno,indipendentemente, unannunzio e una rivoluzione.

Un Battista e un Cristo, sipotrebbe dire scimmiottandoil linguaggio hegeliano.L’annuncio consiste nelcostituirsi di un orizzonterealedisignificazionechehaproprie leggi in se stesso—nel costituirsi, cioè, dellatrama del senso. Ma perchépensare che questacostruzione, indipendente,autoreferenziale, possa esserconclusiva? Non lo è. E un

orizzontechenonproducemasolamente si giustifica, unorizzonte che succhia sestesso e non si nutre dicreatività — tale è la tramadel senso. Questo costruirenon produce futuro e nonsoddisfa l'inesauribilità deldesiderio. Questo orizzontedeve allora divenirecostruttivo. Solo una talecostruttività è redenzione —soggettività che si innesta

creativamente alla vicendamateriale delladeterminazione.Eccodunqueil problema attuale. È benvero,comeesclamaLeopardi,che il suo sistema completaquello cristiano:178paradossale ma vero. Perchéqui l’idea della redenzione èdavvero ripresa —materializzata però in unafigura laica e blasfema dellaliberazione.Ilproblemanonè

dunquepiùdidemistificare:èquello di produrre, è quellodella costituzione. Comeagganciare l’ontologia? Tuttele condizioni sono date: laredenzione della «secondanatura», di questo mondoastratto, che il senso hamaterialmente costituito, è lamediazione soggettivadell’universalità concreta.Come il Cristo, al contrariodel Cristo.179 Torniamo

tuttavia a guardare il mondodella trama del senso: unprofiloche,lasciandosialato,o alle spalle, le suggestionidell’illuminismo o delromanticismo, èmaterialmente costruitodentro genealogie dellasensibilità, un quadro direlazioni astratte checorrispondono all’universodella comunicazione — allesue formali relazioni, ai suoi

impotenti valori.180 Comeimmettere fuoco edentusiasmo e vita in questosistema? Come imporredirezione, trasformazione,alternative suquest’orizzonte? Che cos’èredenzione nelmaterialismo?Se nel sistema dellacomunicazione, nella tramadel senso, soggettività eoggettività sonoreciprocamente reversibili,

intercambiabili nel processo,qui invece questa permeabileindifferenza non deve piùdarsi. Ildoloree ildesiderio,queste tensioni diun’universale ed umanasoggettività, sabotano lamacchina.Questa è la letturaleopardiana della redenzione— non reiterate negazioni esublimazioni, il gesuiticomeccanismo dellaAufhebung— no, bensì l’innesto del

soggetto nel mondodell’astrazione. Tutte lecoppie antagonistiche delgiocometafisicosiestenuano— impallidisce la nobiletradizione della filosofia.Elogio dell’assenza dimemoria. Viene meno, inparticolare, lo stereotipodialettico, nel mentreLeopardi impone all’astratto,dentro la realtà di questo, lapresenza del soggetto.

Astratto è contrario diconcreto? Forse, nonsicuramente. Qualche voltano. Comunque, certamente,astratto non è contrario diconcreta soggettività.181Quest’ultima assorbel’astratto come sua propriadimensione, come secondanatura. La redenzione aveva,nel cristianesimo, assuntosoggetti concreti per farlisaltare verso l’assoluto.

Nell’idealismo la redenzionesi mediava nel rapporto franegazione e superamento.Qui,«quella»redenzionenonc’è.«Questa»redenzionenonha fini, trascendenti otrascendentali, rispetto aiquali confrontarsi o ai qualitendere — conosce solosoggetti che la vivono e ladeterminano e fra essi solocostruiscono salvezza —amore e libertà. Ora la

redenzione è posta aconfronto delle nuovecondizioni, della «secondanatura». Finché noncomprendiamo questo noncomprendiamo l’altezzadell’anticipazioneleopardiana. Più questomondo,purnellapienezzadelsenso, diventa astratto e sivuotadi ogni significato ediogni valore, più questodiscorsoleopardianocisuona

vicino: come ritrovarepolarità essenzialinell’indifferenza del mondo,come afferrare una direzionenell’ambiguità del sistemadella «seconda natura»? Mistanca inseguire questadomanda, la sua perpetuaripetizione in Leopardi— senon fosse per la carica eticache essa presenta. C’è infattiun’asimmetria stilistica nelpersonaggio e nel Leopardi-

pensiero: la sua lirica èmetafisica ma la suametafisica non èimmediatamente lirica. Ilsistema di vasi comunicantitrova limiti nella sua opera,così come li trova in fisica.Abbiamo tuttavia la fortunadi avere la determinazioneetica come equilibrio e leggedella comunicazione deiliquidi: da questo punto divista le Erlebnissen

leopardiane ci interessano, inquanto sono le più astrattedelle materie cui possiamomettere mano: l’etica comefondazione della stessaontologia. La libertà comefondamento della necessità.Chevuoldiredinuovo:comedare senso alla trama dellasensibilità. Come redimerequella «seconda natura» chela sensibilità e la suagenealogia critica e

costitutiva hanno costruito.L’etica del dolore e deldesiderio è lo scandalo einsieme il motore di questacostruzione.Aquel livellodiastrazioneediuniversalità.Èl’anima della redenzione.L’immaginarelaredenzione.

Alla sua donna:162 è lametafisica esposizione e larispostaaquestedomande.Èun pedagogico manifesto delcammino materialistico della

conoscenza verso laredenzione. Sonocinquantacinque versi, incinque strofe: ognuna diqueste definisce uno statodellacoscienza,inunritmodiricercacontinuo,chevadallacostruzione dell’astratto allasua riconduzione verso lasoggettività finoall’indicazionedelladirezioneontologica della ricerca. Iversi1-11apronolacanzone,

proponendo al desiderioun’alta tensione metafisica.L’idea della donna appare,meglio, si presenta, si offre—un’idea carnosa, sensuale,poliforme. Fantasma nelsogno notturno, apparizionenaturalistica, oppure mitodell’età dell’oro, o ancheavvenire sperato. Essa è tipoideale e insieme dimensionetemporale, — un universaleconcreto. Una tensione

inappagata e inappagabile.Gli aspetti, tutti gli aspettidella memoria e dellarelazione fenomenologica,della possibilità dialetticavengonocosìmessi informa.L’intensità è massima, afronte di un’idea che sipresentacomeespansività.Latrama del senso è coltanell’atto di dispiegarsi. IlCanto si apre suquest’esplosione dell’astratto

e dell’ideale. È pura esempliceapologiadelmondodelsenso,edeldesideriochelo percorre. I versi 12-22esasperano la situazione dibase, definita dalla primastrofa. Trasformano l’idealitàin trascendenza, «...non ècosainterra/Chetisomigli;es’ancoparialcuna/Tifossealvolto,agliatti,allafavella,/ Saria, così conforme, assaimen bella» (Alla sua donna

vv. 19-22). Dunque, l’ideache si era presentata comestato della coscienza, comeelemento dellafenomenologia d’amore edella trama del senso, siastrae:ognunodeglielementivissuto nel primo approccio,oravuoleessereipostatizzato,fissato— è trascendenza. Latrascendenza fa parte dellatramadelsenso,èunrisultatodel suomovimento: l’astratta

dinamica dell’immagine sisvolge in fissità trascendente.Il senso del trascendente èimmanente alla vita. Crescecon il vissuto, con ildesiderio, conl’immaginazione. Questofarsi trascendente deldesiderio è chiave della suatensione verso il reale. Solol’esasperazionedellapassioneversol’idealepuòpermettercidi recuperare la materialità

della passione: l’anima sidistende e si realizza inquestoparadossalepassaggio.La trascendenza è il segnoinvertito dell’immanenzadella passione. È lametamorfosi interna dellapassione ed è questo ritmoche la lirica rivela e incarna.La vita come l’incombenzadellamorte,ildesideriocomela poesia si esasperano suquesto breve arco, sul quale

ogni esperienza e stato dicoscienza diviene astrazione.Comepuòdunqueilsoggettopossedere quest’astrazione eriempirla di sentimento, dipassione e di vita? La terzastrofarispondenegativamentea quest’interrogativo. Latrama del senso restaindifferente.No,nonè«dolcestil novo», non èpetrarchismo, il modellopoeticoattraversoilqualequi

ci si interroga — non èpossibilità di partecipazione,neppure degradata,platonicamente partecipata,dell’idea al mondo. «... nonaggiunse / Il ciel nulloconfortoainostriaffanni; /Eteco la mortai vita saria /Simile a quella che nel cieloindia» (Alla sua donna, vv.30-32). La dialettica, checonsiste appunto nelsublimare parzialmente

l’illusione e nel riconoscerealla tensione del desiderioqualità spiritualmentecreativa, qui non ha luogo.Qui non v’è alcuna sintesiceleste. Il camminos’interrompe, s’inverte.L’idealedella«sua»donnasimostra allora come il piùconcreto universaledell’esistenza: esso nascedentro il tendersi dellapassioneesuquestatramadel

senso si rende assoluto. Puòdunque ritornaresull’esistenza solo comeassoluto, come momentotragico: non è ad essadialettizzabile. Cielo e terrasono mondi diversi. L’ideanon regge il dolore dellaterra.L’ipostasidell’idea,perquanto prodotta dallosviluppo del senso, nonsostiene il confronto dellavita. Questa terza strofa —

proiezione poeticadell’illusione di un rapportofraideaesentimentod’amore— avrebbe reso felice unidealista classico, unoSchellingounHegel,qualorasi fosse risolta in sintesi.Questo è invece sbalorditivoin Leopardi: questa capacitàdi vivere e rivivere il tempodella dialettica, in terminipurissimi, per negare ogniprogettoedognipossibilitàdi

sintesi. Se questa sintesi nonsidà,com’èallorapossibileilmondo? Solo attraversandosoggettivamente la crisi divaloredellagrande tramadelsenso, e ponendol’immaginazione comesoluzione — altra, nonomologabile — del bisognodi dialettica. I versi 34-41segnalanoquestonuovo statodella coscienza. Il giovanileerrore, ovvero la speranza

dialettica, abbandonaLeopardi — v’è alternativaperò, alternativa interna,sofferta, disperata, eppurereale, a reggere laconsapevolezza che ladialettica è impossibile e aspostare il terreno dellaricerca della verità. Vale adire che, nel disastro delladialettica, nella catastrofedella memoria, l’ipotesisoggettiva è comunque

valida. Non solo valida maproduttiva. Nel disincanto,essa pur si muove nel regnodell’universale, èimmaginazione.«Epotess’io,/ Nel secol tetro e in questoaer nefando, / L’alta specieserbar; che dell’imago, / Poiche del ver m’è tolto, assaim’appago» (Alla mia donnavv. 41-44). L’imago: ovverol’inserzionedella soggettivitànell’astrazionedelmondodel

senso,chedistruggelalogicaalta e soffocante di quellarelazione strutturale, peraprirla. A cosa? Qui eraarrivata la problematicaleopardiana nel suo lungotravaglio,quièilsaltointernoalla tematica critica che lacanzone Alla sua donnapermette. La redenzionedialettica è impossibile: losappiamo dal tempodell’esperimentodell’Infinito.

La trama del senso vapercorsa, rinnovatadall’immaginazione: la suaindifferenza, la sua pur riccacostruzione di una sfera dicomunicazione,vannorotte,esolo la soggettività sariconquistare valoreattraverso la forzadell’immaginazione. Anchequesto sapevamo. Ma versodove? Che cos’è il valore?Nonv’èrisposta.Eppure,qui

appunto c’è il salto in avantidi questo Canto. Qui c’èl’innovazione lirica emetafisica.Echipotrebbedarrisposta alla questione delvalore? Inquestononessercirisposta consiste ora la piùalta dignità del conoscerematerialistico. Alla suadonna, vv. 45-55: «Sedell’eterneidee/L’unaseitu,cuidisensibilforma/Sdegnil’eterno senno esser vestita, /

Efracaduchespoglie/Provargliaffannidifunereavita;/Os’altra terrane’ supernigiri /Fra’ mondi innumerabilit’accoglie, / E più vaga delSol prossima stella /T’irraggia, e più benignoeterespiri; /Diquadovesongli anni infausti e brevi, /Questo d’ignoto amante innoricevi».Nonv’è risposta,mala negazione del rispondereapre un orizzonte

infinitamente aperto,indefinitivamente operativo.Il soggetto, irrompendo nellacrisi della dialettica, e sullacostruzionedell’immaginazionetrascendentale delmaterialismo, definisce unadimensione nuova,bellissima, degna d’amore.«Fra’mondi innumerabili» sifissa — e questa volta inmaniera irriducibilmente

aperta — la passione.183 Laredenzione ideale èimpossibile, quellamaterialistica percorribile —in questo abisso cui siamocondannati,sottoquestocielocui aspiriamo. Esplode ladimensione metafisica delmaterialismo, vale a direl’ontologiaapertadella liberanecessità.184

L’immaginazionetrascendentale nel

materialismo.Essasisvolgealato, meglio, a contatto, insincronia con l’intenzionecheha percorso la sensibilitàed ha penetratosignificativamente l’esistenzadelmondo.Come«larva»oral’«imago» sorge da questoreale.Nesegueleinsenature,rinnova— nella realtà— lemovenze del senso, leintellettuali e materialipossibilità. Resiste alle

difficoltà. Poi la larva si fafarfalla. Il senso produce unsogno che è più reale delreale.Un«piùreale»—cheèsensato perché risponde aldesiderio che ha costituito larealtà e ora costituiscel'iperrealtà dell’immaginario.Larva, seme, spirito di vitaanimale, sensitivae sensuale,è lo spirito metafisico chevienesviluppandosi.183 Il suoluogo è lo spazio infinito e

inesauribile dell’universopensato. L’ontologia èmateriale. La ricerca delprofondo ha scoperto spaziinfiniti.L’idealeplatonicos’èdistrutto bagnandosi nellarealtàdell’esperienza—maapartirediquis’èfattoliquido,proiettivo, etereo. È unseguito di catastrofi quelloche ci promettel’immaginazione. Neinseguiamolatendenzasenza

mai esaurirla. Un mondoastrattoèlanaturanellaqualeimpiantiamolanostraforzadirinnovamento ideale. Unmondo astratto chel’immaginazione rendeconcreto. Là, dentro gliinfiniti spazi dell’essere —nessuna idealizzazione,nessuna ipostasi — solo unenorme spazio — un tempoinfinito che percorriamo —mondi innumerabili— tempi

ricostruiti e nuovi...Sorprende la tradizionaleesperienza metafisicaquest’innovazione lirica:perché la tradizione, anchenellesueformepiùvicine,ciparladiunesserecheècosa,determinazione. No, inLeopardi l’irresistibile sensodel finito fonda un nuovoconcetto dell’infinito edell’essere. Ladeterminazionefinitasiprova

nell’esperienza operativadell’infinito. Lucrezio e ilmaterialismo antico sondietro questa volontàteorica.186 L’idea è distruttaper essere ricostruita — ilmaterialismoleopardianononè autolimitazione maproiezione. È rottura apertasul tempo futuro, munita diun’arma di amore e didesiderio. È alternativaradicale alla determinazione

del dolore. Un’alternativaaperta, creativa, portata sullivello più essenziale dellavita, dove questa si scontracon lamorte.Non a caso, inquesto periodo,l’eliminazione dell’idea delsuicidio è per Leopardiproiezione metafisica di vitanuova.187 Fatico a riprodurrela forza teorica del concettoleopardiano diimmaginazione. Se confronto

questo concetto allaterminologia classica, daKantfinoaHeidegger, ilsuosignificatomi sfugge. Perchéqui, in Leopardi,immaginazione non è unafunzione conoscitiva,meglio,nonèsoloquesto:èpiuttostouna funzione costitutiva. Diinfiniti mondi, di indefinitispazietempi—davivere,dapercorrere. Quest’apertura èper se stessa un valore.

L’essere non è una potenzaformale ma una direzione divita. Stare nell’essere èconquistare il mondo,secondo infinitedirezioni.Latrama del senso può essereripercorsa in manieramicroscopica. Milleprospettive, mille piani,dell’esistenza così come delmondo e dello spaziointerstellare.L’immaginazione è il valore,

senzaimmaginazionenonv’èvalore.Senzalarvachebuchilospessoredelsensononc’èrealtà vissuta. Questoprocesso di sfondamento delreale è la direzione dellatrama del senso, è la suaredenzione. Il passaggioall’ontologia attraversol’immaginazione è la catturadell’essere per farne scenariodell’attività umana.L’indifferenza dell’essere, il

suo spessore, la sua ruviditàsonolaceratidallasperanzaedall’attività della suatrasformazione.Questalottaèdi ogni momento e ci ponesuiquei livellidell’esseresuiquali vivere significa dolore.Anche lasperanzae l’attivitàsonounaformadidolore.Maciò non muta ladeterminazione metafisica,anzi, la spiega. Ampia è lapossibilità dell’essere— può

tendersi fino al caso oall’irrazionalitàassoluta.Solol’esperienzaumanacostruiscela determinazione dellapossibilità. Nell’infinitoorizzonte di innumerabilimondi. Non attendiamocigrazie, né partecipazioni omimesi dell’idea nel mondo:v’èsoloquestanostrapoveranatura che tuttavia,attraversando il dolore,sospinta da esso, sa

conquistare enormiprospettive, lavorando ilmondo. L’illusione non è undato, è un prodotto. È unascelta. Quello che quiimpressiona, nell’affrontarequestoLeopardi,èlospessoredel suo materialismo. Lereferenze culturali antiche(Epicuro,Lucrezio)sonosolosuggestive,quellemoderne(ilsensismo e il materialismodell’età dei Lumi) sono

francamenteinsufficienti.Quiil materialismo ha vita. Se èpossibile far dei richiamiappoggiamoci a Bacone o aGalileo, il cui frescomaterialismo Marxcelebra.188 Oppurericordiamo ilmaterialismodiSpinoza.189 Ma tutto ciò èancorainsufficiente,direicheha l’insipidezza dellagiovinezza anche se iriferimenti sono corretti. Qui

ilmaterialismohainveceunafigura critica, implica doloree desiderio — soloun’esperienza eccezionalepuò offrirlo alla potenzacostitutiva. Con forzastraordinaria Leopardiafferma una soluzionenegativa del problema delladialettica: attraverso unindicibiledoloreeundrammaancora inconcluso,orribilmente significativo, la

nostra esperienza storica puòoggi dare per definitivaquell’anticipazioneleopardiana. «Mondiinnumerabili» sono dunquedinanzi al «solido nulla» nelquale viviamo. Solo ilmassimo di esperienza dirottura,sololacognizionedeldolore ci permettono lalibertà dell’immaginazione.L’imagononèunriflessomaunacostituzione.

Torniamo alla lettura diLeopardi. Abbiamo dinanzi,in questo periodo, dueesercizi: Dal greco diSimonide190eDellostesso.191Sul primo c’è poco da dire:haunandamento tradizionalee sviluppa il temadell’infelicità umana perventotto versi. Come ormaiLeopardi ci ha abituato,l’infelicitàèvistaattraversarel’interezza dell’esperienza:

l’uomoelanatura,ladivinitàe il mondo. Questafenomenologia laconosciamo, qui essa è, percosì dire, scolpita in materiametafisica.Perventottoversi:poi ci sonogli ultimi cinque.«Mapersentenzamia,/Uomsaggio e sciolto dal comuneerrore / Patir non sosterria, /Néporrebbealdolore/Edalmal proprio suo cotantoamore» (Dal greco di

Simonide, vv. 29-33).L’invito al suicidio èesplicito. Confrontiamosubito questo Canto alsuccessivoesercizio—chelocorregge, lo completa e loreintegraaldiscorso.InDellostesso si ripetono temi delprecedente ma essi sonoaccostati con passolievissimo. Conseguenzadella leggiadria stilisticadell’approccioèilfattochela

fenomenologiadeldolorenonconcludeall’ideadelsuicidio,non accetta di sottomettersiall’irresolubilità tragica delsenso. Il tono vincente, nelCanto,èpiuttostoquellodellasperimentazione deglielementi antagonisticidell’esperienza umana: talesperimentazione è in séterreno di verità. Sirovescianocosìiterminidellaprovocazione al suicidio —

poichéiltemasmetted’esserequello dell’infelicità e tornaad essere quellodell’illusione, non il datodell’infelicità ma ladeterminazione attiva delvivere.Ed il falliredellavitaè comunque una dignità chevieta di farsi accettazionedella morte o incitamento alsuicidio. I riferimenti deldialogo interiore così sirovesciano: il vecchio

Simonide considera ora lagioventù come etàd’illusione, certo, ma comeillusione reale («Ai presentidiletti / La breve etàcommetti» — Dello stesso,vv. 23-24), come speranzacostitutiva. L’idea delsuicidio, così ricorrente, siinstaura sul paradossomultiforme delle emozioni edelle possibilità dell’essere.In Dello stesso

l’argomentazione dadrammatica si fa logica e lalogica affonda nell’ontologiadella possibilità. Dellagiovinezza, della natura esoprattutto della passione.Qui, la logica metafisica,questo pesante tentativo diaffondare immediatamente ladiscussione sui valoridell’essere — bene, questalogicacostituisceilparadossoetico. Si riesce a leggere

quest’esercizio lirico, natoattorno all’idea del suicidio,senz’esserne feriti — anzi,poiché la giovinezza èidentificata sotto lacostellazionedell’inquietudine192 piuttostoche sotto quella della merainfelicità e della pulsione dimorte, e il suo richiamo hauna referenza insistita allavitaeall’illusionevera—perquesto il quadro intero si

rovesciaedhalarisonanzadiun appello alla vitalità deldesiderio e della resaall’etico. V’è persino, inquesti esercizi, come unacerta ironia. Essa colora losguardo quan-d’esso fissa losquilibrio che nell’esseredetermina la giovinezza.Acerba è la vita contro lamorte, acerba è l’aperturaetica, nella misura in cui èvermiglia, giovane la

speranza... Attenzione aquesto passaggio: ironico,quasi inavvertitamente,eppureespressivodiunprimosfiorare—chequiaLeopardiriesce — l’orlo dell’essere.Unnuovolimite,sulterrenoeil tempo della «secondanatura».Latramadelsensoètrama dell’antico, in questidueesercizi.Essaperònonsichiude retoricamente, comein questi casi facilmente

avviene. Esasperal’inquietudine giovanile peresasperare la tensione alsuperamento dell’universoformale della comunicazionee a manomettere l’ontologia.L’orlo dell’essere è il limitedella speranza: di là v’èancora qualcosa... In questidue Canti l’imago non èquindi più solo strumento didistruzione delle costrizionidell’essere, in quanto trama

delsenso.Per laprimavolta,timidamente quanto si vuolema realmente,l’immaginazione apparecome forza costitutiva. Allasua donna era un miracolostilistico e intuitivo. Qui, inquesti due esercizi, quellaconsapevolezza dellafunzione metafisicadell’immaginazione trovaposto nell’artigianato liricodel poeta, nella sua

quotidianaattenzione,nelsuolavoro.Edèimportanteinfineche qui, alla grandesensazione metafisica cheaccompagna la poesia Allasua donna, si articoli lapercezionedeltempopassato.Simonide — già poeticomaestro nel primo scontrocon la dialettica del tempo,primo autore di volontarismoetico, — ora è condotto adindicare l’uscita dalla trama

delsenso!Simonide,ilcieco:quale è l’uomo,nell’intercambiabilità deiruolichelatramadelsensoequell’universo normativoimpongono. Noi dunque,poveri ciechi, possiamoliberarci — e cantarel’ambigua potenza dellagiovinezzanonpiùinterminidi eroismo bensì di speranzaconoscitiva. La figura diSimonideèquiuncapodelle

tempeste, un polo dialternative: tutte conduconoversol’essere.Quisitendelapossibilità metafisica: la suaelasticità è ormai breve.Simonideciparladell’essere.Puòindicarciilsuicidiocomesoluzione etica — ora comefilosofi, ieri come eroi diMaratona — ma il suicidionon è il fine, è bensì losfondo di un’operazioneetica. Il suicidio non è

negazione dell’essere ma, senecessario, verifica di unoscopo,diunascelta—attodilibertà. Il suicidio è unsacrificio perl’immaginazione. Mal’immaginazionepuò evitarloe dire, vivere, produrre ildiletto creativo dell’uomo.L’immaginazione è la forzadell’essere critico. Lacostituzione dell’essereattraverso l’immaginazione,

Leopardi la pone dunquecome azione che intervienesul limite, sull’orlodell’essere.Nonvuole che ladialettica usurpi il terreno diuna mediazione costruttiva.Vuole che il dolore e ildesiderio, linearmente, comenell’ispirazione di Simonide,come nella materiale rotturadel suo vagar distorto dicieco, siano alla base del darvaloreallarealtà.Ilsaperedel

vecchio esprimel’inquietudine del giovane,disincanto e speranza sidanno la mano. Dove puoiimmaginare questa felicecongiunzione se non laddovela questione critica è ormaidivenuta questioneontologica? E la storia èpensata, interamente, comealternativa,comecapacitàdelsoggetto di fecondare lastessa disperazione? Così

dentro questo quadro dicontraddizioni e di pulsionidiverse si costruisce ilpassaggio all’ontologia.L’immaginazione si provanella costruzione di unanuova, positiva imago delmondo. Certo, se tu pensi diafferrare questo passaggio,esso ti sfugge. Ma non tisfugge la volontà dicostruirlo, né ladeterminatezza

dell’occasione, né lacomplessità del passo cheLeopardi inventa. Tutto devecondurre a quest’aperturasull’essere, Leopardi ci hatutto puntato, la speranzadev’essereverificabile.

Da un lato la poesia,dall’altrolafilologiaclassica:quest’ultima è altrettantocapace di immaginazionereale e produttiva. L’enormelavoro filologico che

Leopardi conduce lungo tuttala sua vita193 e che proprionelloZibaldonediquestiannièsingolarmentedocumentato,costituisce un passaggio diparticolarerilevanzainquestomomento di liberazione dallestrettoie della trama delsenso, verso un orizzonteontologico. Lo scavofilologico, soprattutto quelloin direzione del mondoclassico, permette infatti di

articolare il metodometafisico. Leopardi vive unmomento particolare dellosviluppo della filologiaclassica— il periodo che vada Niebuhr a Nietzsche. Lafilologia è allora divenutascienza della genealogiadell’immaginazione. Ilmondo antiquario,l’archeologia settecenteschivengono in quel formidabileperiodo spezzati dalla

ricostruzione genealogicadella trama del senso antico.Ad Apollo segue Dioniso, ela filologia si fa essa stessaportatrice di un disegnoorfico.194 Una genealogiadegli dei, dei valori cheattraversano e organizzano ilmondo antico, un innestodell’immaginazione suquell’universo concettuale estorico. Leopardi sembracompiere, attraverso la

filologia classica, unapprendistato metafisico.AbbiamovistocomelafiguradiSimonide,vateesciamano,giochiunruolofondamentalein questa fase del lavorofilosofico. Altrettantopotrebbe dirsi per il ruoloavuto dallo studio diOmero,lungo tuttiquestianni: lasuaimportanza strettamentefilosofica va sottolineata.195L’immaginazione non è

trascendenza — è invecepotenza che costruisce eorganizza un mondoconcettuale.Quest’immedesimazionedell’immaginazione almondo, la filologia classical’insegna soprattutto. Perquesto possiamo dire che lo scavo classico e il lavorofilologico sono così decisivinelpassaggiocriticodiquestianni: la costruzione logica e

poetica del canto Alla suadonna non apparirebbe contale intensità se non fossesorretta da questa praticadell’immaginazione —quell’improvvisa apparizioneha una lunga storia. Daquesto punto di vista, illavoro su Omero, che purprivilegialapoesiaelaformaepica, è più importante diquello più specificamentefilosofico su Platone,

Gemistio Pletone e ineoplatonici che Leopardiconduce con continuafrequenza196 — piùimportante, intendo, per lasoluzione del problema dellatrama del senso. PerchéattornoadOmerosigiocaunrapporto materiale, diproduzione di unimmaginario,di ricostruzioneedi godimentopoeticodiunmondo. Siamo così di nuovo

sospinti verso i problemi diuna teoria materialisticadell’immaginazione. Escopriamo chel’immaginazione non è, inquesto quadro, un risultato,unelementochevieneultimonella serie delle facoltàintellettuali, che si mostraquando le potenzedell’intelletto sono esaurite:essa è bensì una facoltàprima, ed è così collegata e

articolata al sensochenon sisaprebbe dire la suaseparatezza senon in terminiipotetici. Questa separatezzanon è invece predicabile nelsistema della realtà. Nellarealtà l’immaginazione puòsolo avere una genesiseparata: ma quando lafunzione si è sviluppata, essanon è più riconoscibile informa indipendente. Essafeconda interamente il

mondo. Riguardato inquestaluce,ilmondoclassicoè un modello.197 E nonsembri che in tal modo laproduttività e l’originalitàteoriche del passaggiocompiuto da Leopardi sianooccultate. Al contrario,l’inerenza così strettadell’immaginazione almondo, come è concepitadalla filologia classica,determina e progetta un

estremo materialismo dellaconcezione conoscitiva edellafunzionepoetica—cheè quanto, appunto, vi è inLeopardi di più specifico eirriducibile.

Che dire, a questo punto,per concludere il capitolo?Benpocorestadaaggiungere,senon,dinuovo,perinsisteresulla profondità e l’ampiezzadell’alternativa che Leopardidetermina nello sviluppo

della filosofia europea,nell’età della dialettica. Ilproblema dialettico, purassunto, viene dichiaratoinsolubile; quindi, la ragionenon è ricondottaall’assolutezza dello spiritoma considerata qualefunzionecriticaenegativa. Ilmondo è ritrovato in questecondizioni,laddoveèlasciatodalla ragione. Deve quindiessere ricostruito dal senso.

Materialisticaèlacostruzionedi questo terreno, unmaterialismo solido, nondialettico punto. E tuttaviaquest’universo rischia dichiudersi su questa trama.Ambiguamente mapotentemente, qui, allora,rottura e apertura vengonosottoposte all’azionedell’immaginazione. Suquesto passaggio, e controquesta mossa, i filosofi

dell’idealismo, già a luicontemporanei, hannoprotestato e aperto il fuocodella polemica —comprendendo la forzadell’argomentazione diLeopardi, e il suo obiettivoantidialettico, quand’egliproponeall’immaginazionedipercorrere come proprioorizzonte l’inconcludibileconcetto di infinito, e quiimmette la soggettività

umana— e non la chiude enon lamortificanell’assolutocome invece fanno dialetticaeidealismo.InLeopardi,eintuttoilmaterialismocritico,ilrapporto fra finito ed infinitoè una disutopia; ma questadisutopia è così carica disoggettività, e di dolore e disperanza, che il quadrometafisico, aperto aquest’ontologia, acquistaterribile forza. Infiniti spazi,

innumerabilimondi,davantianoi.Edietro,edentrodinoi?Altrimondi,innumerabiliessipure. Alcuni li possiamoesplorare. Così il mondoclassicononèsolounterrenoprivilegiato per uno studioche modelli un metodo dicorretta inserzionedell’immaginario nel mondo,non è semplicementeun’esperienza di metodo. Èanche un’esperienza storica

sostanziale nella quale siformano le qualificazioni delpensiero, dell’etica e dellamantica. Un mondomaterialista, pagano epoetico.Lacircolaritàdi tuttigli aspetti dell’esperienza èora in Leopardicomprensibile, afferrabile. Èquesta una dellecaratteristiche più forti delsuo comportamentoontologico. Leopardi filologo

e poeta — tutto devefunzionare come in unsistema di vasi comunicanti.Innumerabili mondi e tutticomunicano fra loro.Innumerabili mondi: ossiatempi plurimi, stratificazionidell’essere che sorgonoseparate ma possonointrecciarsi. La lirica e lafilosofia comunicano su quelterreno dell’immaginazionevera e produttiva che la

filologia classica prefigura.Su questo stesso terrenodell’immaginazione, mondidiversi e innumerabili siconfrontanoesiscontrano—e la nostra immagine delmondo trova così significato,vivendo quest’architetturastrana e irriducibile aqualsiasi convenzionalecentro delle facoltàintellettuali o dei mondipossibili. L’immaginazione

innova dentro questedimensioni universali, cosìdel micro come delmacrocosmo, fra trama deisensi e delle illusioni. Ilpassaggio, tanto richiesto,tanto sofferto, all’ontologia,si è dunque qui dato: inmaniera imprevedibile mapotentissima, attraverso unadilatazioneenormedelsenso,attraverso un’esplosionebellissima

dell’immaginazione: laprefigurazioneclassica.198

Con ciò Leopardi sicolloca anche rispetto allosviluppo del criticismokantiano. Aggiungo questanota non perché siaparticolarmente importanteaccettare la provocazioneneokantianache soventevienfuori nella storia dellafilosofia (evaleacostringereallemistificateproblematiche

deltrascendentale)maperchéintalmodol’originalitàdellaspeculazione lirica emetafisica del Leopardi puòessere ulteriormenteilluminata. In termini criticipossiamo dunque dire:Leopardi assume il problemadell’estetica trascendentale,ma, lungi dal pensare che ilproblema della costituzionedel mondo sensibile possaessere risolto solo attraverso

la costruzione di formeanalitiche della conoscenza,costruisce — e riesce inquesta costruzione — unatrama del senso. Dolore edesiderio la costruiscono, einsieme determinano, con laloro implacabiletestimonianza, con lacontinua proiezionedell’immediatezzasullascenadella filosofia, l’impossibilitàdiun’analiticatrascendentale.

Analitica è, nel linguaggiodell’idealismo, fissazionedell’orizzonte trascendentale,è espressione soggettiva,indipendente emetafisicamente assoluta,dell’universalità delconoscere — analitico è ilsegreto luogo originario diogni idealismo. Leopardidenuncia inquelleoperazionil’astrazione e lamistificazione del senso, la

loro impotenza a riconoscereil valore. Quindi Leopardiprocede nel suo cammino diinnovazione: dal terrenodell’estetica, dal rifiutodell’analitica, egli identificauna funzione immediata dicostituzione del significato.Taleèl’immaginazione.Sonodi nuovo dolore e desiderio,sono le potenze della vitaetica che ne costituisconol’orizzonte. Nel criticismo,

nell’idealismo,l’immaginazionetrascendentale ha unafunzioneanalogamadeltuttospostata nella suacollocazione metafisica: peressa si passa dai giudizidescrittivi aquelli costitutivi,dalle essenze alledeterminazioni, dallecondizioni del conoscere allasua fondazionetrascendentale. Questa

funzioneèrettadall’analitica:di nuovo il trascendentale, lamediazione sonogli elementicentrali. Lo schematismodella ragione organizzal’immaginazione. InLeopardi, al contrario, èl’immaginazione cheorganizza lo schematismodella ragione.Ma non basta:l’immaginazione ha la formadell’immediatezza, essa sifonda nella materialità

dell’esperienza. La materiacomanda all’immaginazione.L’immaginazione insegue learticolazioni materialidell’essere. Questomaterialismo schietto non èpovero: esso aderisce allaricchezza delle forme delmondo, dei tempi e deglispazi costitutivi. Non sto adire quanto siamoderna, e anoi vicinissima, questaleopardiana figura di uno

schematismo materialedell’immaginazione.199 È lavia contraria a quella che iltrascendentalismo, in tutte lesue figure, ha comunque esempreseguito.Proseguiamo,dunque. L’immaginazione hadunque qui trovato il suomondo,elatramadelsensosiavviaadavereunsignificato.Lapoesia simuovesuquestiorizzonti ed è immediatafunzione di verità.

L’immaginare è potenza dicostituzione del mondo, diinnumerabili mondi. Unaumana particella di unapotenza cosmica. Una larvache sa diventare bellissimafarfalla.L’immaginazioneèilsemedelcosmo.

CapitoloIII.POETICADELL’ESSEREVERO

7.Metafisicadeicostumi

«Non cerco altro piùfuorché il vero, che ho giàtanto odiato e detestato. Micompiacciodisempremeglioscoprireetoccarconmanolamiseria degli uomini e dellecose, e d’inorridirefreddamente, speculandoquest’arcano infelice eterribile dellavitadell’universo».1Èquestoun programma filosofico?Taluno ha insistito a

dismisura su questo eanaloghi passi leopardiani.Una volta, Leopardi eSchopenhauer, era lostereotipo che si usava perliquidarelaportatasovversivadella critica leopardiana.2Ora la moda è cambiata:LeopardieKafkaperqualchealtromenagramo...3Leopardi,ovvero il grande vinto, ilpessimismo cosmico, ecc.Nulla di meno vero. Questo

andare di citazione incitazione, scegliendo le piùdisperate e tirandoneconclusionidefinitorie,èsoloun malvezzo: d’altra parteSchopenhauer eKafkahannola loro propria grandezza enon si comprende davverocome possano essere chiusinella fattispecie leopardiana.Niente in Leopardi c’è dellaschopenhauerianafenomenologica progressiva

teologia del nulla e tantomeno il gusto, affattodialettico, della negazione edelladevoluzionedella realtànelle figure dell’evanescenza— l’uomo «vede, ovunqueguardi, la sofferente umanitàe lasofferenteanimalitàeunmondo evanescente», non glibasta più quindi «amare glialtricomesestessoefareperessi quanto fa per sé; masorge in lui un orrore

per l’essere di cui èespressione il suo propriofenomeno, per la suavolontàdi vivere, per il nocciolo el’essenza di quel mondoriconosciuto pieno didolore»:4 inLeopardi il realeè sempre fuori discussione elo sfondo del suomaterialismo èirriducibile. Né di Kafka visono in Leopardil’allucinazione, una

gnoseologia machiana: «nelmondo di Babele c’è comeun’asfissia della parola» —poi quella kafkiana, appunto,fenomenistica analitica dellapsiche: «una fine apparentecausa un dolore reale»:5 inLeopardi la psiche ècontinuamente riportata almeccanismodelsenso—esifonda e si ricostruiscematerialmente.«L’arcano infelice e terribile

della vita dell’universo», e ilsuo studio, non costituisconodunque un programmafilosofico: sonosemplicemente lo sfondo diun lavoro filosofico, dellaricerca lunga e appassionatadiunsignificatodellavita.Apartire dalle condizionimateriali della costituzionedel mondo. È vero chequesto lavoro filosoficoleopardiano sfiora sovente

baratri di pessimismoassoluto—edèperciòanchevero che il sensismo e ilmaterialismo leopardiani indefinitiva non conoscono latranquilla, serena forza diprogressione delle scuolerinascimentali e seicentesche(anche se ne amano e,nostalgicamente estilisticamente, neaccarezzano la tradizione).Ma in ciò probabilmente

stanno l’alta originalità e lagrande modernità diLeopardi, ilcontributovivoeinnovativo portato allametafisica delmaterialismo. Mi spiego piùampiamente. Si dà, in questoLeopardi e proprio in questafase centrale della sua vita edel suo lavoro, una sorta dirivoluzione copernicana nelmaterialismo. Se in Kant larivoluzione critica consiste

nello stabilire un orizzontetrascendentale sul qualel’uomo contribuisce allacostruzione del vero — oalmeno alla progettazione diun vero umano — sicchéè proprio questo senso dellarelatività che può fondare unverocriticamenteaccertato—bene, un’analoga operazioneècondottadaLeopardi, fuorida ogni orizzontetrascendentale, dentro invece

latramadiunadialetticadellanaturaedellastoria,deltuttofinita, del tuttomateriale, cuil’uomo, come parte finita diquest’universo, si confronta.E solo la sua presenza dà otoglie, trova o no, ilsignificato del mondo.L’uomo è gettato in questomondo e, praticamente,attraverso il senso e iltrasfigurarsieilprocederedelsenso fino alla facoltà

dell’immaginazione,costruisce il significato delmondo. Qui va oraaggiunto un altro elementoalla nostra considerazionedella rivoluzione copernicananella filosofia delmaterialismo. Quest’inerenzadell’uomo all’orizzontemateriale definisce lapreminenza dell’etica. Unmaterialismo moderno o èetico ed umanistico o non

è. La filosofia trascendentaleclassica, e soprattutto quellakantiana, pone l’assolutezzadell’etico ad illuminare larelativitàdellaconoscenza.InLeopardi, al contrario, l’eticofa parte della relatività delmondo,subisceledimensionidellafinitezza,maproprioperquesto costruisce l’orizzonteconoscitivo. L’eticoè l'impulso e non la garanziadella conoscenza. L’etico si

confronta all’arcano delmondo,elopenetra—enonpuònonfarloperchédoloreedesiderio lo sospingono,l’immaginazione loorganizza. Che cos’è dunquel’ontologia di Leopardi? Èquesto lavoro dell’etico, chesi pone sul margine estremodell’immaginazione,suquellatrama che si stende frasoggetto e mondo — comecontinuainterrogazionevitale

econtinuacostruzionedivita.Di questa rivoluzionecopernicanadelmaterialismo,che vuole il soggetto comeelemento centraledell’orizzonte del mondo,Leopardi è uno degli autori.Da questo punto di vista ilsuo pensiero non è lontano,vivendo una problematicaanaloga, da quanto vienesviluppandosi nella criticamarxiana della filosofia

trascendentale e nellacostruzione del materialismorivoluzionariocontemporaneo. La storiadella metafisica delmaterialismo è innovata suquesto passaggio. Dentroquesta rivoluzione, l’ideadella materia si stinge delladeterminazione diinafferrabilità metafisica perrendersi ambito della vitadell’uomo, per confrontarsi

alla storia. Su questedimensioni, il senso el’immaginazione, sostenutidall’apprezzamento etico delreale, conducono quelladurissimalottacheèlaformastessa dell’esistenza.L’ontologia si qualifica cosìsempre più come metafisicadell’etico, come metafisicadei costumi. Si badi bene,questa leopardiana scopertanonècertodisancoratadaun

processoculturaleche,siapurdentro grandi incertezze,vienecompiendosiinmanieragenerale. Proprio il rapportodel Leopardi, in questoperiodo, con il Vieusseux econ le idee costitutive delprogramma dell’ Antologia,sta a dimostrarci lamaturazione di queste ideeetiche e metafisiche.6 Ma inLeopardi, v’è, rispetto alladinamica e alle tendenze

dell’ambiente, al lentomaturare della nuovafilosofia, un radicalismocritico e metafisico senzauguali. Se l’ontologia devefarsi metafisica dei costumi— e così Leopardi tocca letendenze del secolo — ciòavviene perché l’etica e ilcostumesonoontologia,sonomaterialità dispiegata,sono elementi della grande etragica macchina

dell’universo — con ciòLeopardi si ponebenoltre lelinee definitorie dellatimidafilosofiadelsuotempoe tocca quegli spazi che sonpropri della grandissimametafisica.

Metafisica dei costumi,dunque.7 Lo Zibaldone del’238nerappresentaunaprimaimportante stesura. L’analisiè tutta impiantata dentroquell’universo materialistico

ormai rivoluzionato cheabbiamo visto sorgere dallaconiugazione della «secondanatura» edell’immaginazione, sicchél’una è interna all’altra ein questaUmwelt si sviluppaogni movimento, cosìdell’esistenza comedell’innovazione della vita.Ora, niente meglio dellalingua, come orizzontenaturaleestorico,cipresenta

inizialmente questedimensioni del mondo.Moltissime sono le pagine dilavorolinguisticoefilologicoin questo periodo.9 Mal’importanza diquest’assunzione della linguanon può essere ridotta alpur immenso lavoro cheLeopardi in propositosviluppa: v’è di più. È benverochespessoquest’enormebrogliacciofilologicosirivela

come una modernissimaanaliticadel linguaggioeche(quella che oseremmochiamare) una theory ofpictures viene talora intuita:ma v’è di più. V’è,nell’identificazione di questoprimo elementare tessutodell’analisi — che riassume,per così dire, le indaginifilosofiche del precedenteperiodo — una nuovadefinizione della «seconda

natura» come potenza dicomunicazione e dicostituzione collettiva.L’immaginazione s’èinteramente innestataall’universo. La lingua è larisultantedell’interna produttività diuna potenza strutturale.10Ogni lingua nazionalecontiene elementi strutturalidi autoproduttività, che siesprimono secondo norme

immanenti.Maciònonbasta.Oltre gli elementi strutturali,ogni lingua si costruisce sulritmo costruttivo della civiltàdi una nazione.11 Il sistemastorico delle lingue è dunqueduplicemente aperto alladinamica della creatività: sullato strutturale e sul latostorico. Terminimodernissimidiunadialetticafilologicadistoriaestruttura,di creatività e di stile,

vengono qui impiegati daLeopardi per ricondurrecontinuamente leaffermazioni generali alleanalisi particolari.12 Ma ciòche più importa è che inquesta analisi, che per taluniversi è anche un elogio dellelingue e delle nazionalità(lingua francese: ossia lalinguadellostileedellaforzastilistica, della prosa e dellaprosapoetica; lingua tedesca:

ossia la lingua della scienza,sua conformabilità,adattabilità, sua capacità dimimesi del reale; lingueclassiche,ilgrecoeillatinoel’italiano:ossialelinguedellacreatività per eccellenza, edella poesia...)13 —in quest’analisi, dunque, laseconda natura linguistica sipresenta sempre comepotenza. Una potenza che siconforma alla storia ma che

ancheinnovanellastoria,ediquesta determina carattericosì come ne subiscel’involuzione e il degrado—ad ogni modo è una potenzaviva. Ripetiamo:l’immaginazione si èinnestata fin nel profondodella seconda natura ed è—di conseguenza — divenutacollettiva. Su questo tema,dell'immaginazionecollettiva,dell'immaginazione come

potenza storica, non si parlaabbastanza negli studi suLeopardi.14 Ed è evidenteperché. È questa, in effetti,un’ipotesi di lavoro chemodifica in maniera radicaleogni interpretazione delpensiero leopardiano — sull'arco intero dei suoimolteplici scorci: dalformalismoall’interpretazione religiosa,dalla lettura biografica e

sentimentale a quella politicaprogressiva. Il presuppostoindiscusso di tutte questeinterpretazioni èl’individualismo, quasi ilsolipsismo dell’esperienzapoetica di Leopardi; ora,invece, quanto noi veniamoscoprendo, vale il contrario—ecioè:inquestomomentodi accessione alla maturitàteorica e poetica, la nuovabase, il nuovo tono del

discorso leopardiano sonoquelli del collettivo.L’universalità umana èconsiderata nell’articolazioneche le grandi soggettivitànazionali, e poi tutti i gruppifino ai soggetti individuali,producono, secondo loschema della creativitàlinguistica. Lo schematismotrascendentaledellaragioneècosì demistificato e condottoa questa materialità storica,

determinata, organica. Ilgrande soggetto astrattodell’idealismo, vera leva ditraduzione mistificante delreale, è distrutto e riportatoalle articolazioni dellesoggettività autonome esoggettivamenteconfigurantisi.Conciònonèposta solo la base di unamodernissima concezionedella lingua — con ciò èanche sviluppata un’idea

della comunicazionelinguisticacheèparametrodicostituzione collettiva delmondo.S’intendeconfacilità,a questo punto, perché illavoro filologico-linguisticodi Leopardi ci sembratalmente importante nelcostituirsidellasuametafisicadei costumi. Lo strumentolinguistico è strumentocreativo nel rapporto fraquest’universo nel quale

siamo immersi e la nostraattività— attività etica disoggetti.Comescintilledaunramochebrucia,piovonounodopo l’altro attorno a noi,innumerevoli, gli elementidella costruzione metafisica.Scintille, «larve» potrebbedire Leopardi, di un sapereche ricostruiamo per infinitevie, di un vero che, perquanto doloroso, ècostitutivo. Leopardi

si dilunga in questa suameravigliosa riscoperta dellalingua, nello svelamento diquest’arcanonelqualenaturae storia, struttura e creativitàtanto bene giocano assieme.Si dilunga, si perde in unlabirinto di problemi, ricuceipotesi diverse, inventa.Unadelle cosepiù curiose, enondimeno interessanti diqueste pagine15 — che quivale ricordare per insistere

sulla ricchezza delvagabondare di Leopardi inmateria linguistica — èl’interesse alla genesidell’alfabeto. Stupore perquesta costruzione collettiva,per quest’opera enorme deiprimordi dell’umana civiltà—einsiemesperimentazionedi un metodo analitico-genetico, fortementestrutturato, nell’analisi dellinguaggio come potenza

naturale.16 Che dire ancora?La «seconda natura» ci sipresentainquestiprimibrevipassaggi dell’analisilinguistica come giàstrutturabileinunametafisicadei costumi. Molti elementi— natura e storia coniugate,creatività estruttura incrociate, scopertadella collettività, caratterefunzionale ed etico dellinguaggio decisamente

definito—moltielementisondunque definitivamenteassunti nella prospettiva diuna dispiegata metafisica deicostumi.Èapartiredaquestepremesse che la secondanatura rivoluzionata va oraletta nel complessodelle determinazioni delreale.17

Il reale ovvero la tramadei sensi. Assistiamo qui aduna svolta, che è un ritorno,

nell’analisi leopardiana.Anchelatramadeisensideveessere ora portata aconiugazione consapevolecon l’immaginazione.Abbiamogiàvistosvilupparsiquest’ipotesi18—quisitrattadi consolidare e rendereoperativi l’intuizione ed illavoro, sicché in breve ilformidabile schizzoontologico della teorialinguistica possa trasformarsi

in un pieno e compiutodisegno. L’immaginazionevive dunque dentro la tramadel senso. Come rompe eriqualifica ed innova ilmovimento dei sensi?Dobbiamo subire, inquest’anno ’23, la ripetizionedi molti dei temi del ’21, inuna stanca e talora quasimaniacaleripresaditipologiedella dialettica negativa delpiacere.Soloperfarequalche

esempio: dialettica negativadei mezzi per ilconseguimento del piacere,pigrizia, accidia, ecc.,19noia,20 poi, l’amore e l’odio,e l’impossibilità di farliconvivere ed il continuoesasperarsi delle tensioni,21poi le illusioni sensibili,22finoalle illusionidelsognoedel sonno come riposo23 —finalmente, la fanciullezza ele sue illusorie e tragiche

speranze.24 Persino le linguevengono ora, nella lorodiversità e per l’impossibilitàdi fissarne unadeterminazione generale,considerate unamiseria umana.25 Nondimentichiamo infinel’egoismo — esso è unadelle chiavi fondamentalidella dialettica negativa:qualcosa possiamo ricavarne,ma a che prezzo e con quale

degradazione del significatodel vivere!26 «Ec. ec.». Nonsono io che esagero — èLeopardi che in questepagine27 si ripete e richiamala ripetizione: anche lascienza è ripetizione e noia?Eancora:«ilpiacereèsemprepassato o futuro, e non maipresente»28— sicché solo lecoseeffimere,neldistendersifra irrealtà temporali,preparano un piacere

inesistente, ed è solo diquesta preparazione chepossiamo godere29 — sicchéla felicità e il godimentosaranno, solo se aiutati dalcaso, dalla fortuna,nell’effimero e nel nonancora esistente. Ma lafortuna aiuta davvero?30 Inrealtà il desiderio non arrivamai a termine31 e solo larassegnazione è piacere32...Potremmo continuare, per

pagine intere, acostruire sequenze siffatte.Sono delle specie diparadossali tracce cheLeopardi di volta in voltainsegue per definire laradicalitàdellasuacritica.Laradicalità «sperimentale»della critica: nonbisogna infatti maidimenticarlo, lo Zibaldonenon è preparato per lapubblicazione. Concludiamo

con Leopardi il riassunto1823 dello Zibaldone ’21: laciviltà è apportatrice dimorbi, èappestatrice dell’umanità edella natura.33 Che bella,manzonianaconclusione!Cheecologica parola d’ordine! Ilrispetto della complessitàdel testo leopardiano nondeve dunque farcidimenticare quantosia estrema la coerenza dei

temi distruttivi e nihilisticinella prima fase del suopensiero.

Ma deve d’altra partepermetterci di cogliere i temiricostruttivi che qui, conprepotenza, convivono con iprecedenti e si aprono unospazio nella struttura deldiscorso critico. Primadi tutto, degli accenni: è benvero che la miseria umana èenorme, ma che cos’è la

coscienza di questa miseria?Qual è la dignità delriconoscimento del finito? Il12 agosto del 1823, nel dìdiSantaChiara,cosìrispondeLeopardi a questa domanda:«Niuna cosa maggiormentedimostra la grandezza e lapotenzadell’umanointelletto,né l’altezza e nobiltàdell’uomo, che ilpoter l’uomo conoscere einteramente comprendere e

fortemente sentire la suapiccolezza. Quando egliconsiderando la pluralitàdei mondi, si sente essereinfinitesimapartediungloboch’è minima parte d’unodegl’infiniti sistemi checompongono il mondo, e inquesta considerazionestupiscedella suapiccolezza,eprofondamentesentendolaeintentamente riguardandola,siconfondequasicolnulla,e

perde quasi se stesso nelpensiero della immensitàdelle cose, e si trova comesmarrito nella vastitàincomprensibiledell’esistenza; allora conquesto atto e con questopensiero egli dà la maggiorprova possibile della suanobiltà, della forza e dellaimmensa capacità della suamente, la quale, rinchiusa insìpiccoloemenomoessere,è

potuta pervenire a conoscereeintendercosetantosuperiorialla natura di lui, e puòabbracciare e contener colpensiero questa immensitàmedesima della esistenza edelle cose. Certo niuno altroessere pensante su questaterra giunge mai pure aconcepire o immaginare diesser cosa piccola o in sé orispetto all’altre cose,eziandio ch’èi sia, quanto al

corpo, una bilionesima partedell’uomo, per nulla diredell’animo. E veramentequanto gli esseri più songrandi, quale sopra tutti gliesseri terrestri si è l’uomo,tanto sono più capaci dellaconoscenza e del sentimentodella propria piccolezza.Onde avviene che questaconoscenza e questosentimento anche tra gliuomini sieno infatti tanto

maggiori e più vivi, ordinari,continui e pieni, quantol’individuoèdimaggiorepiùaltoepiùcapaceintellettoedingegno».34 E subitodopo inneggia a quegliuomini,«chiamati singolari eoriginali», che dentro lanatura, fortissima epotentissima, gettano conorgoglio la loro piccolezza edebolezza, — ma anche laloro coscienza.35 E poi,

ancora, scrive alcunebellissime paginesull’infelicità e il tempo.36No, certo Leopardi non negaquello che è venuto fin quidicendo: più umanamente,più filosoficamente vive ilcontenuto della dialetticanegativa del piacere e lesue molteplici direzioni,salvo, nel colmo delladisperazione, nel mezzo delnulla, chiedersi ragione del

soggetto e della suaesistenza che sempre siripropongono.Una démarchequasi pascaliana. Con unapiccola eppure fortissimadifferenza: qui la miseriaumana non cercaconsolazione —semplicemente, su quest’orlodell’essere che la sofferenzaindica,siriapreallasperanza,immersa in un tempo checomunque corre e distrugge.

Èquesto l’immaginazione?Èun’ascetica atea ematerialistica della ragione?È una scommessa pascalianache si realizza nel finito? Ècerto una tensione cheinnova: così come il temporipropone sempre nuovegiornate, nuove possibilitàalla natura, alla storia, allacoscienza. Qui, su questiattimi di coscienza, su questicennidiundiscorsoapertoal

tempo e alla verifica dellasperanza, ilsensismo leopardiano perdeogni caratteristicafenomenistica, ogniincertezza, divienesemplicemente solidamaterialità. La filosofias’indurisce nel materialismo.Occorrerà insisterenuovamentesulpassaggiodal«solidonulla»aquestasolidamaterialità; importante è per

ora sottolineare che èl’immaginazione adoperare questatrasformazione.L’immaginazione è qui unasorta di spinoziana cupiditas.Rende reale, materiale eaperto al futuro tutto quelloche tocca. È una sorta dipieno delle capacità sensitive— l’immaginazione: certo,essa ci procura infelicità,mainnova l’esistenza.37 Questo

desiderio immaginativoinvestetuttelefacoltàumane,lecomprendedalprofondo—e soprattutto rinnoval'intelligenza. La facoltà dipensare è compresanel desiderare,38 ma d’altrolatosololaquantitàdipiaceree la sua qualità nutronol’immaginazione.39 Lapotenza del corpo,del soggetto e della ragioneattraversano così la realtà,

fino ad un punto sul quale iltempo assoluto dell’esistenzaè esaltato sulla vicenda dellavita, e la dimensioneimmaginosa dell’animaè emancipata dalla piattezzadellavita.40Eancora,ancora:l’immaginazioneassumetuttele potenze negativedell’essere e le trasforma inpotenza. È una specie dinewtoniana forza diattrazione quella che qui

vediamomettersiinmoto.Latradizionale teoria dellacupiditassiarricchisce.Sensomemoria imitazione vengonocomprese in questo processocreativo, in questa potenzache si misura con ed innovala natura. Senso, memoria,imitazione41 — eassuefazione.

Il tema dell’assuefazioneintroduce un nuovo capitolodi discussione. Prima di

affrontarlo, cerchiamotuttaviadiintendereafondoilsignificato di questa primamossaleopardianasulterrenodelsenso,dentrolatramadelsenso. L’inserzionedella soggettività ha dunquedue effetti: il primo è quellodi distruggere ogninaturalismo. Il sensismovienespintofuoridell’ambitodel naturalismo, i sensi,ormai,nonsolocostruiscono,

ma fanno parte della«seconda natura». In essa siagitano e ripetono l’umanamiseria quanto propongonocondizioni dirinnovamento.Mav’èdipiù:la trama del senso vieneintegrata da quelladell’immaginazione, dellamovenzadelsoggettodifraleemergenze della natura—diconseguenza, ora, il sistemadella natura è sempre più

definibile come un orizzontepratico. Ilsensismo, attraverso questechiavi logiche e metafisiche,configura sempremaggiormenteilmondocomecontesto antropologico,culturale e storico. Non sidimentica il contrasto frasoggetto e mondo, lo siprepara semplicemente allacircolazionedell’immaginazione

dispiegata nel mondo dellastoria. Questo è dunqueilsecondoeffettodellamossateorica leopardiana in questoperiodo.

A questo punto possiamoriprendere il discorsosull’assuefazione econsiderare la suadefinizione. Questadefinizione non rompe ilprocesso speculativo che si èfinquisviluppato,lointegrae

lo completa. «Qual è dunquela vera forma umana?».42 Èevidente che se la dinamicadelsensosièsviluppatanellalibera forma che abbiamovisto, integrando man manoogni umana facoltà e ognidimensione dell’esistenza,non potranno esservi risposteassolute a questa questione.Né rispostefondamentali. L’unicarisposta può discendere dal

continuo approfondimento diquel complesso di relazioniche costituiscono il mondo.Laformaumanasicostituisceattraverso un insieme diaccidenti e di relazioni diaccidenti— le circostanze sipresentano di volta in voltacome circostanze passive e/oattive — dentroun’interazioneglobalediognielementoconognialtro—néla libertà esclude la necessità

e viceversa — nessundeterminismo.43 Chiamiamoassuefazionequestoquadrodirelazioni e il suo equilibrio:taleèquella«secondanatura»che ècostituita nell’assuefazione.44«L’uomo tanto può fare epatirequantoeglièassuefattodi fare e di patire ( o chel’assuefazionecontinui,ochequantunque passata, nerestino gli effetti totalmente

o in parte), niente più nientemeno».45 Posizioni analoghe,di sapore anchestilisticamente spinoziano, simoltiplicano:46 ci muoviamoormai in un mondo formatoda relazioni produttive.Nessunoscetticismoinquestoprocedere, non v’è nessunvalore ideale che possa porsia giudice del liberomovimento dei sensi e deiprocessi di formazione delle

figure dell’assuefazione —assistiamo ad un sempre piùdecisivo spostarsi dellamediazione sensista versouno schiettomaterialismo: «Ilimiti della materia sono ilimiti delle umane idee».47Ciò detto, non siesaurisce tuttavia il problemadell’assuefazione, perchéresta aperta la necessità divalutare il grado diconsolidamento ontologico

delle figure dell’esistenzadentro questo quadro direlazioni dinamiche.Sappiamo quale sarà ladefinitiva rispostaleopardiana a questointerrogativo, l’abbiamo giàvista proporsi nel lungoprocessodiricercafralacrisidella trama del senso e lagrande aperturaall’immaginazione nel CantoAlla sua donna.48 Qui ci

interessa vedere come lamediazione materialistica ditutti gli elementi delladialettica dei sensi siapprofondisca e assuma,nellafiguradell’assuefazione,una consistenza per così diremetafisica. Una sorta diestensione generale dellafigura dialetticadel dinamismo e del suointerno equilibrio — chegarantisca,cidiceLeopardiin

uno di quegli sprazzi diestremapoesia,cosìfrequentianche nello Zibaldone, il«riposo» della ragione.49 Unriposo accordato dal vederl’equilibrio dominare la«grande natura», dal placarsi«in grazia dello straordinarioedelcontrasto»diognimotodell’anima50 e, insieme, dalconsiderare la potenza della«miracolosaestupendaoperadella natura, e l’immensa

egualmente cheartificiosissima macchina emoledimondi».51Nonbasta:la medesima tematicadell’assuefazione, cioè delladialetticadeisensiedellesuefigure di equilibrio,viene anche sviluppata sulterrenodellastoriadelgenereumano, della dialetticadell’evoluzione, dellaproduzione culturale e aproposito dei cosiddetti

progressi dello spiritoumano.52 Abbiamo così unconcetto di assuefazione cheè,percosìdire,trasformatoinutensileperlescienzesociali,storiche eantropologiche, dentro unametodologia un po’ sobria eruvida, se si vuole, ma chetuttavia permette di afferrarela complessità del quadro,e di preparare, su questotessuto di formalizzazione

metafisica, il passaggio dalproblema del senso a quellodel significato. E alloranuovamente chiediamoci,«qual è la vera formaumana?». In questoformidabile scenario, ecco,così, la figura copernicana,etica dell’uomo. Egli subisceinteramente questadialetticachedalmicrocosmoscorrefinoalmacrocosmo,edinteramente subisce il

rapportofratuttiglielementi,in contrasto o in equilibrio,chedannoall’universo figuradefinitiva. Ma nel momentostesso in cui l’uomo si poneal centro di quest’universo,eglièpotenza.Egliè«conforinabilità e supremaorganizzazione»,nell’universo,dell’universo. Nuovopassaggio.'Questa posizionedell’uomo ne rivela tuttavia,di per se stessa, accanto

alla potenza, il massimod’impotenza. Nell’esserecentro dell’universo, limitedelmicro e delmacrocosmo,l’uomo è l’elemento piùmutabileecorruttibile—ediconseguenza«infelicitabile» — no,«l’uomo non è per naturainfelice», è questa suasituazione metafisica che neproduce un’esistenzacondannataadun’inconclusa,

sempre inconclusa tensionedella potenza e dellacupidità.53 E qui, quando, suquesta grande mossa di unametafisica dell’etico,Leopardi civetta conl'immagine primitivadell’uomo («Sapientissimo èil fanciullo, e il selvaggio diCalifornia,chenonconosceilpensare»),54nonècertovananostalgiadi favole incredibiliche egli ci propone: ci

presenta solo nuovamente ladignità e la tragedia delgenere umano —«naturalmente nudo»55 —dentro l’immensitàdell’ordine/disordinedellanatura,alcentrodiognipossibile direzione. Questo èil significato dell’uomo,questa è la determinazioneetica.

Quella che, nello studiodello Zibaldone del ’23,

abbiamochiamatounasvolta,attraversolatramadelsensoela teoria dell’assuefazione,viene così concludendosi.Siamoormaialterminediuncamminonoto,equestavoltavi giungiamo con laconsapevolezza di averaggiunto all’insieme deiconcettioperatividellanostrametafisica qualche nuovofondamentale elemento: nellafattispecie una nuova

determinazione dell’uomocome potenza storica. Quidunque, su questa nuovabase, l’accidentato camminodella trama del senso puòricongiungersi alla viamaestra della teoriadell’immaginazione.Immaginazionepoetica—maora anche, e abbiamo vistocon quale potenza,immaginazione etica. Il verocomincia ad apparirci. La

seconda natura, rivoluzionatadaquestoinsiemedipotenze,che si sono inessa accumulate, comincia amuoversi di movimentoproprio. Essa mostra lapropria creatività, si apre inavanti. Ora, la viache Leopardi percorre, èassolutamente esplicita. Ildiscorso si apre in termini dipolemica contro l’analiticatrascendentale della ragion

pura: «Chiunque esamina lanatura delle cose con lapura ragione, senz’aiutarsidell’immaginazione né delsentimento,nédar loroalcunluogo, ch’è il procedere dimolti tedeschi nella filosofia,come dire nella metafisica enella politica, potràben quello che suona ilvocabolo analizzare, cioèrisolvere e disfar la natura,ma e’ non potrà mai

ricomporla... La natura cosìanalizzata non differiscepunto da un corpo morto».56Il potere di ricomposizionedel reale edi costruzionedelvero deve invece ristabilireun rapporto diretto fraestetica del senso edialetticadell’immaginazione.La filosofia critica tedesca èdivenutaimpotentequandohadissolto questo nesso. Haperdutolacapacitàdicogliere

«l’università delle cose» che«è composta, conformata eordinata ad un effettopoetico» — solo la«sensibilità el’immaginazione» cipermettono lariappropriazionedelcamminoe la ricchezza dell’indefinitovero.57 E ci permettonoaltresì di riappropriarcimaterialmentedellacentralitàdell’uomo nell’universo.

L’analitica trascendentaledella ragion pura distruggeinvece gli effetti dellarivoluzione copernicana. Lateoria dell’immaginazionesensibile ci propone dunqueun cammino inverso —cammino costruttivo eautoriflessivo.Autoriflessivo, innanzitutto.Qui l’immaginazione puònuovamente rivolgersi sulmicrocosmodellacoscienzae

scoprire le trafilecostruttivechesistendonofratutte le passioni, e risolvernela sbilanciata tensione e lacontinuasfibrantelottaperlaconquista della felicità, perl’espansione della cupiditas.Ogni sentimento, ognipassione può, dentro questoritmo, rovesciarsi: e la noiaesser desiderio di felicità, el’amore infelicità — lasuprema assuefabilità può

trasformarsi in rigidità dellospirito, ma il viceversa èpur possibile — la vita e lamorte possono essereegualmente ripugnanti edegualmente desiderabili, ecc.ecc.58 «Niente d’assoluto»59— tranne lo spirito, che èpura e sempliceimmaginazione, forza dicollocarsi rispettoall’immensità della dialetticadeisensiedellapotenzadella

materia, capacità diconcrescere con tutto ciò,formadell’universo,«materiaspirituale».60 È dunquequest’intimità dello spiritoalla materia, e della materiaallo spirito, che rende ilcammino della sensibilità edell’immaginazione unprogettocostruttivo.Lateoriadell’immaginazione si fa aquesto punto teoriacostitutiva, possibilità

dicostruzionedelvero,comefilosofia e come poesia. Laverità è poetica.61L’immaginazioneè lagranderotturainavantidell’universosensibile. Essa costruisce unaltro universo, trasferisce,spiazza, collocacreativamente il primo nelsecondo. La rotturadell’immaginazione ècostruttiva,perchéinternaallamaterialità del mondo e

completamente innestata atuttelesuearticolazioni.Ora,su questo punto, un’altramossa teorica leopardiana.Continuando ad approfondirela funzioneproduttivadell’immaginazione,e facendolo in termini cosìmateriali, man mano ladimensione metafisica sidiffonde: lastrumentazione concettualedell’immaginazioneedeisuoi

oggetti si distribuisce sulleforze soggettive che lareggono. L’universalitàconcettuale si dice attraversol’universalità collettiva deisoggetti.Quellocheilprofilolinguistico di questoZibaldone ci avevamostrato,viene ora sviluppato connuovo denso significato —quello concessoglidall’operazione metafisicaintervenuta.

L’immaginazione è dunqueuna potenza collettiva: lapoesiace lamostraall’opera,soprattuttolapoesiatragica.62La lingua ce lamostra all’opera, ed èappunto questa collettività,così radicatanellesoggettivitàsingolari,adimpedire l’esistenza di unalingua universale, astratta,concettuale—essapuòdarsisolo come corruzione

dell’immaginazionecollettiva, della sua adesioneed espressione dellamultiversa realtà.63 Di quiscende una specie direvisione della stessa analisidella tramadel senso:poichéessaèorapercorsainmanieracostruttiva da una collettivitàdi soggetti che la muovono,che la animano. La poetica,l’immaginazioneintervengono così con forza

poietica, trasformativa,sull’universo degli uomini.Ene trasformano le terribilipassioni che i singoli vivono— il senso della morte equello del dolore fisico, ilsenso del pericolo e lasensazione e ilsentimento dell’odio64 —proiezione collettiva,redenzione collettiva,liberazione : il timores’articolacosìallasperanzae

l’immaginazione regge ilsenso del futuro, il desideriosi equilibra collettivamentefra le immensità che vive,ecc. ecc.65«L’immaginazione spingeverso quello che non cadesotto i sensi» — nonsmaterializzandosi, perciò,bensì conquistando quellatotalitàdellavitadelverocheil nostro comune, collettivodestino ci offre. Di qui la

denuncia della solitudinecome potenza astrattae mistificatrice.66 Di qui ilrifiuto di ogni filosofiadell’individualismo: poverisono gli strumenti dellaragione se poggianosull’individuo. Si stringeancora il ragionamento erivela, dentro questastraordinaria intensità dipassaggi, la pura e sempliceidentitàdell’immaginazionee

della vita. Il trionfodell’immaginazionepoetica èil trionfo della vita.«Continuaimmaginazione»,67 dentro lecose.Ogniambivalenzacade,lapoeticaridondasullavitaela plasma. Tutto è restituitoalla produzione ed alladiscriminante eticadell’immaginazione. Nelcollettivo.68

Le condizioni di una

metafisica dei costumi sonoora predisposte. L’analisideve stendersi sul ritmocostruttivodell’immaginazione etica,dell’immaginazionecollettiva.E toccarenonsolola realtà ontologica, bensìquella storicità che in essa siconfonde e che, attraversol’azione dell’immaginazione,partecipa a costituirla.«Niente d’assoluto» —

Leopardicontinuaadinsisteresu questo tema,69intendendolo come chiaveoperativa di costruzione delmondoetico,dellametafisicadei costumi.Niente d’assoluto: ma, dicontro, quel progetto dicostruzione diunamediazionefrasensibilitàeimmaginazionechevasottoil nome di «classicismo».Dobbiamo staremolto attenti

nel definire l’attualepregnanza del concetto di«classico» e di«classicismo» in Leopardi.Essohaormaipiùpocoachefare con una categoria dellaAltertumwissenschaft edancor meno con gli idealimoralistici dello stilismoretorico di Giordani.Classicismo èqui, immediatamente,progettodiunametafisicadei

costumi, è un concettometafisico. Come lo esprimeLeopardi? Attraversouna ricerca che segue unastringente logica e checonduce dalla definizione,nontroppoconvinta,dicriteriesteticidi eleganza formale70alla posizione, ben piùconvincente, di ungrandioso modello delclassico:l'Iliade.71Ora,anchela lingua italiana ha la sua

Iliade, nell’opera dantesca72— la lingua italiana puòinfatti reggere il modelloclassico,perchéessapossiedela potenza diun’ineguagliabile tradizione,essa ha natura classica.73Classicismo è così, in questoLeopardi, un corpo vivente,unapotenzachesicostituiscematerialmente nellasoggettività collettiva,una metafisica del

Risorgimento. Poiché dallaricchezza e vastità, dallabellezza e dalla potenza diquell’antica lingua eletteratura italiana non puòche prodursi una nuovarinascenza. Non può chegenerarsi un nuovo corpocollettivo, una «secondanatura» etica. V’è in questasequenzadel classicismo,nelrapporto continuamenteistaurato fra modello

omerico, epica dantesca erisorgimento delle lettere edella nazione italiana,qualcosa di talmente forte,fisicamente progettuale —chesipotrebbeconcludereaduna caratterizzazionebarbarica di questoconcetto del classico. Non ècosì: nella lingua e nelpensiero di Leopardi non sicogliemailadimissionediunpreventivoattodi riflessione,

di una misura convenzionalee ipotetica («niented’assoluto» vale anche aquesto proposito) partecipe,essa pure e sempre, dellasensibilitàclassica.Maèverochequi,dentroquest’aperturametafisica, cominciano adapparire gioia efrenesia nell’apprensionedell’essere: nelle Operettemorali riconosceremo questapotenza dell’essere

dispiegata. Prolegomeni aduna metafisica dei costumisono dunque le pagine sul«classico» dello Zibaldonedel ’23— ed esse attendonoun’immediata verifica e unapprofondimento di indaginesulla realtà delcontestostorico.Latramadeisensi e la teoriadell’immaginazione,intrecciandosi sul terrenodella lingua, hanno costituito

uncorpovivente,unsoggettocollettivo che vuole, e deveora,materialmentedefinirsi.

È a partire da questacorposità di presuppostimetafisici che ci sembrapossibileleggere,comeprimoesempio di attuazione delprogetto determinato di unametafisica dei costumi, ilDiscorso sopra lo statopresente dei costumi degliItaliani.74 Redatto nel marzo

1824, ilDiscorso non solo ècronologicamente contiguoalloZibaldonedel ’23manecompleta il disegno. Nonè infatti nelle contemporaneepagine politiche delloZibaldone che troviamovalide indicazioni: qui sirincorrono soloannotazioni sparse chepossiedono le consueterisonanze delloscetticismopolitico,75piùdei

tentativi di rielaborazionedella teoria del clima76 —pagine cariche di una certaboriosaimmaturitàediquellaignorante pretenziosità chetalora trovi in politica,mai nel discorso leopardianosu altre regioni dell’essere.77Ma, appunto, non è quelloche ci interessa. Vogliamoinvece veder svilupparsi lametafisica del risorgimento.O dell’impossibilità di un

risorgimento.Quest’alternativa, dellapossibilità o menodel risorgimento, è alla basedel discorso di Leopardi:perché è, questa delrinnovamento o meno,un’alternativa reale, checompete a tutti i popolieuropei. La rivoluzione èfinita: perpropria consunzione. I Lumihanno calmato le passioni,

attraverso un progresso dellaragione che man manomangiava i suoi figli. Siamodunque in una situazionestatica, eppure fragile. Laragione ha fermato lacreazione,cihalasciatoinunmondo diillusione. Un’illusione vicinaalla realtà, tanto essa(illusione) è diffusa: se tuttofosse illusione comericonoscere la realtà? I Lumi

brucianolanatura.Maquelloche ne residua è fragile,leggerissimo, è cenere. Checosa c’è sotto questa cenere?Tutti se lo chiedono, inparticolare gli stranieri: checosaèavvenutoinItalia,checosa è residuato dai tempirivoluzionari? Questedomandeportanospessoinséun interesse e una passioneche vanno oltre il merito —perché, se è vero che

attraverso la rivoluzione icostumi in Italia sonoincredibilmente mutati,altrettanto vero è che questimutamenti sono bizzarri edambigue ne sono ledimensioni e le tendenze.Dunque,«iodiròalcunecosecirca questi presenti costumi(tenendomi al generale) conlasinceritàelalibertàconcuipotrebbe scriverne unostraniero». Ora, l’Italia «è di

costumi notabilmente diversadagli altri popoli civili».Caduta, attraverso il generaleeprofondissimorivolgimentoindotto dalla rivoluzione,ogni efficacia dellatradizione, in Italia «laconservazione della societàsembra opera piuttostodelcasoched’altraragione,eriesce veramentemeraviglioso che ella possaaver luogo fra individui che

continuamente si odiano, siinsidiano e cercano in tutti imodidinuocersil’unl’altro».Èmeraviglioso (ci siperdonil’ironia)checontrariamenteaquanto tutti gli autori, daOrazio in poi, pensano, inItalia possa ancor vigere unvincolo sociale e le leggipossano vivere senza ilsostegnodeicostumi.L’Italiavive di abitudini e non dieticità.Questasecondanatura

è vuota — la sensibilità èpriva di immaginazione el’illusione è efficace ma nonvera. Gli altri paesi europeiposseggonoemantengonounprincipio conservatore dellamorale pubblica: «questoprincipio è la società stessa»— meglio, una «società piùstretta», o «stretta», o«intima», che raccoglie efissa su se stessa dei valorisociali, la loro ragione, la

passione e la forza diintenderli, difenderli,propagarli.L’illusioneèvera.Su questa tensione centripetasiformanoedagisconovaloriegemonici: laddove vi sianobiltà è il principio dellagloria, laddove borghesia ivicomandaequalificaleazioniil principio dell’onore —illusionefredda,quest’ultima,eppure potentissima. Essa siarticola attraverso la

«pubblicaopinione»cheneèuna sorta di circolazionesanguigna — di nuovoillusione, trama dei sensi,«piccolissima efreddissima cosa», eppurepotente.78 «Così nelle dettenazioni la societàstessa producendo il buontuono produce la maggioreanzi unica garanzia de’costumi sì pubblici cheprivati,chesipossaoraavere,

e quindi è causa immediatadella conservazione di semedesima». (Quante, equanto importanti, sono lededuzioni di Leopardi inqueste pagine! Concetto disocietà civile, concettodi «società stretta», e quindidi egemonia, diOeffentlichkeit, definizioneistituzionaledella leggeedeldiritto, ecc. ecc.—e inoltre,questo primo schizzo storico

dei principi che reggono lamorale pubblica — verasintesi di sensibilità e diimmaginazione,sianellalorofondazione che nel lorofondamento — e tutto ciòsecondo uno schema checonsiderail legamefravalorie classi sociali e, insieme,svolgersi quel processo di«subtribunalizzazione» deireferenti etici che, appunto,porta dalla centralità

della gloria all’onore, allastima: da ognuno di questitemi vengono enormisuggestioni, ed attorno aciascuno, e a questometododiricerca,sarebbeperogni mio lettore sicuramenteun gioco identificare trafileormai lunghe di ricerca e diricercatori, da Hegel aTònniesaWeber,daSimmela Habermas a Luhmann...79Eppure è alternativa, questa

impostazione, anche a tuttequelletradizioni,nellamisuraalmenonellaqualeesse sonotoccate dal pensierodialettico.Questoleopardianopensiero «senza» dialetticanon guarda infatti a questiprincipi se non come aprincipi dell’illusione.Importante non è seguirlinel loro logico sviluppo maconoscerli, riconoscerli,renderliparadossali.Leopardi

non cerca né un modello néun tipo-ideale né unacategoriadialettica:cercaunadeterminazione dei sensie dell’illusione da tenderedentro un meccanismo diverità, cioè uno schemasensibile dell’illusione cheattraverso la verifica ed ilparadosso sappia svilupparsinell’immaginazione.)Torniamo a noi. Ora, gliitaliani «dal tempo della

rivoluzione in poi, sono,quanto alla morale, cosìfilosofi, cioè ragionevoli egeometri, quanto i francesi equanto qualunque altranazione,anziilpopolo,ilcheè degno di osservarsi, lo èforse più che non è quellod’altra nazione alcuna». Magli italiani non hanno societàalcuna, né «centro», né«società stretta». Diconseguenza non c’è

«pubblico italiano», néletteratura: manca un «tuonoitaliano determinato», e conciò ogni principio sociale dionore e di convivialità.Ogniitalianoèparimentionoratoedisonorato — l’unica virtùsociale è «l’assolutodivertimento» da ogniproduzione di valore. Qui ildiscorso è implicitamenteteso verso limiti estremi: ladescrizionedelparadosso,per

se stessa esasperail problema. Come può unpopolo vivere senzaletteratura? Perché il realenon è vero? Perché non v’èfilosofia? Certo, si potrebbeironicamente notare che, setutte le nazioni europee«sonpiùfilosofedegl’italianinell’intelletto, gli italianinella pratica son mille voltepiù filosofi del maggiorfilosofo che si trovi

in qualunque delle dettenazioni». Ma quest’ironica eparadossale affermazione cipermette solo di riprenderfiato: presto il quadrod’analisi dell’efficaciadell’illusione falsa, dellasorda vigenza di una tramadel senso incapace diliberazione, si approfondiscecon una spietatezza che ècorrispettivo di disperazione.In Italia non v’è opinione

pubblica e nessuno ne faconto.InItalia lavitanonhasostanza né verità alcuna:forse non l’ha neppurealtrove, ma qui «né ancheapparenza». Non v’èquell’illusione che, pureingannevole, può fondarel’autorità. Ne consegue «unadissipazione giornaliera econtinua senza società».Tutto vive sull’abitudine,sull’assuefazione fredda, non

alimentata da passioni edimmaginazione — non visono appunto costumi,concretizzazioni etiche divalori sociali e discambievolezza, masolo abitudini. Peste è tuttoquesto per la vita civile.Donde il cinismo: «ladisposizione, dico, la piùragionevole è quella diun pieno e continuo cinismod’animo, di pensiero, di

carattere, di costumi,d’opinione, di parole e diazione». Cinismo e riso:«gli italiani ridonodellavita:neridonoassaipiù,econpiùveritàepersuasioneintimadidisprezzoefreddezzachenonfa niun’altra nazione».Cinismoerisosonoqualitàditutte le classi sociali efondano una disistimagenerale, un universaleimmorale divertimento.

«Tutto ciò non si puòconseguire prima che unocontragga un abito didisistima e disprezzo eindifferenza somma verso sestesso...». Egoismo,misantropia, vere pestidi questo secolo. Pravità ecorruzione degli italiani. Inquestadenuncianonv’ènulladi moralistico: il sistema delcinismo è strutturale ecostituisce il vero ostacolo

alla verità dell’illusione,al risorgimento degli animi.Qui il tema metafisico siampia— anzi, si costituisce,dacriticodiventaprogettuale.«Sono ben lontanodall’immaginarmi un mondodiverso e più bello delnostro ne’ paesi remoti da’miei occhi» — eppure, se ilrealismo è obbligatorio nelpresente, più ampia e storicaeliberaèl'immaginazionedel

tempo. Questi italiani siportano dietro un passato eduna lingua che hannoattraversato barbarie erinascenza. Barbariemedievale — anche allorauno stato di corporazioni ecastelli e chiese e gruppi,senza società. Rinascenza,cheèinveceantichitàclassicae suo rinnovamento: «ilrisorgimento è stato dallebarbarie de’ tempi bassi non

dallostatoantico...Insommala civiltà non nacque nelQuattrocento in Europa, marinacque». Ed ora di nuovobarbarie. «Disingannocompleto, totale, fortissimo,profondo», indifferenza: «lafreddezza è vero ghiaccio,comeaccadenelgrancaldo».Ilumituttohannoincendiato,producendo vera barbarie.Riprendiamo lanatura controquesta «civiltà»!

Riprendiamo la potenza deltempo storico dellaliberazione contro questabarbarie! Un ritmo strano èquello sul quale siorganizzano le ultime paginedelDiscorso:suparadossi—il primo è quellodell’antichità, delle barbariemedievali,della rinascenza,ecioè quello di un tempociclico che rompe lacondizione storica di

rinnovata barbarie prodottadai lumi; il secondo è quellodella teoria dei climi, quidefinitivamente lasciata,perché non registra l’attualespostamento dei centriirradianti cultura edimmaginazione:«Sembracheil tempo del settentrione siavenuto. Finora ha semprebrillatoepotutonelmondoilmezzogiorno». Paradossospaziale, questo, dopo quello

che scorreva attraverso ilrapporto temporale antichità,barbarie, rinascenza.Maqualè la natura di questiparadossi? È un desiderioestremo e irriducibile diillusione vera. Di illusioneetica. Di sovrumanaispirazione, e capacità, per latrasformazione dell’esistente.«Dopo la distruzione oindebolimento de’ principimorali fondati sulla

persuasione, distruzionecausata dal progresso ediffusione dei lumi», «non sitrovano più in Italia verifanatici di nessun genere».Tutto il pensiero di Leopardis’era sviluppato nella ricercadi un’esaltazione delsenso, del recupero di veritàdella passione, di liberazionedell’immaginazione — ora,questa storica mancanza diinnovazione, di sovversione

di un reale freddo,agghiacciante, ditestimonianza etica dellaverità costituisce, a frontedell’immaginazione, il primoefondamentaleparadosso.Lametafisica leopardiana deicostumi è fondata su questoparadosso e la sua primaapplicazione lo ha colto edescritto in una formidabileforma.Èevidentecheconciòil problema della metafisica

deicostuminonèrisolto.Maè definito il terrenoontologico sul quale questascienzadell’etica,questasolae vera metafisica dell’esserepuòsvolgersi.80Ilproblemaèquello di andare più avantinella ricerca, di afferrarel’essere.IparadossifinalidelDiscorso sono solo degliinviti, degli approcci. Maconcludono un processo,faticoso quanto ormai

definitivamente maturo, delpensiero leopardiano.«Non cerco altro più che ilvero»: «che ho già tantoodiato e detestato» perché lasuadefinizionenonsidavasuquesta intersezione delmondo del senso edell’immaginazioneproduttiva, bensì come lumeche arroventava la superficiedel reale e ne vietava lafrequentazione. Ora la

potenza dell’immaginazionesensibile e produttiva èpiantata sulla superficiedell’essere. Gli echidell’essere sonocontraddittori, difficili dacogliere, talora antagonistici.Ma la volontà metafisica dipercorrere il terrenodell’etica,perquantodifficileed accidentato esso sia, èirriducibile ormai, econficcata su quell’orizzonte.

La nuova natura è già statarivoluzionatadall’immaginazione, ora vasottoposta ad un’operazionedi piena conquista eorganizzazione.

Ultimanota:cosamaipuòintendersi per progressivismodel Leopardi? Nulla, se lo sipensa come cosa diversa daquesto star dentro l’essere etenerlo come tale—nonperdominarlo ma per seguire il

suo inquieto movimento, lasua forza di sovversionecontinua dell’esistente. Soloin questo modo latrasformazioneèpensabile—eilsuosensolodàilsoggettoche soffre e si ribella, e lamaniera è quella nella qualel’immaginazione si èinnestata all’essere, e icontrasti egli antagonismidiquesto incrocio. In veritàpoco sta a dimostrarci che

Leopardiabbiaachefareconil progresso. Ha bensì a chefare con l’inquietudinedell’essere — è eversivo enonprogressivo.81

8.Ilsensodell'esserevero

Le Operette morali del1824edel182782(suquelledel ’32 ci soffermeremo più

avanti) rappresentano unasorta di capo delle tempestenell’interpretazione dellapoesia e, soprattutto,dellafilosofiadelLeopardi.ApartiredalDeSanctis,infatti,e soprattutto con BenedettoCroce e la sua scuola,83 si èdenunciata una certa«frigidità» di quest’operaleopardiana, quasi che — inquesto periodo che vede ilblocco dell’attività lirica

del nostro autore — questarinuncia si fosse trasformatain stanchezza sull’interofrontepoetico.Èevidentechelo spessore del materialismodi questo periodo favoriscenegli interpreti idealisti ungiudizio negativo, checoinvolge e liquida insiemeformaecontenutodell’opera.Che questo materialismo siatanto compatto daimpensierireunpo’tutti,pure

è vero: anche quelli, infatti,che hanno colto il caratteresintetico, sul pianoformale come sul pianoteorico, delle Operette,sembrano quasi temerne ildrastico, catastroficofilosofare. Ciò vale perGentile che pure ben cogliel'unità vivente dell’opera84 eperFubinicheconmagistraleeleganza ne definisce ilcarattere di sintesi

intellettuale,85 e per moltialtri86 — sicché a tuttipotrebbeinconclusioneandarbenelasentenzadelLuporini:sono sì, le Operette, un’altasintesi poetica ma questasintesi, traducendosi dallavivezzadell’interioredibattitodello Zibaldone nellacompiutezza formale delnuovogenere letterario,nellasua prosa pedagogicamenteintenzionata,perdeenergia,si

sfoca, e l’esercizio stilisticonon ci rende intere la vita el’articolazione deldiscorso filosofico.87 A mesembra che questa serie divalutazioni ci portino un po’tutte fuori dal vero problemachenonèquellodivalutareilluogo delle Operettenell’evoluzione del Leopardi(da questo punto di vista ilgenerosogiudiziodelBinni88che coniuga le Operette,

come filosofia, con la ripresadell’attività lirica del ’28-30,è ancora fuorviante): è bensìanchequesto—maprimaditutto è quello di coglierel’altissima originalitàpoetica e la singolare forzafilosofica di quest’opera,come di un tutto, un ensdell’universo leopardiano.Qualsiasi giudiziocomparativo,sialetterariochestoricistico, mi sembra

presupporre la negazione ol’attenuazione del«capolavoro» Operettemorali, dell’intensità diquell’ispirazione, di quellaforma espositiva, diquel Denkens-undKunstwollen. E ciò perché leOperette sono un’operafilosofica: una correttametodologiastorico-filosoficadeveriuscireacogliere(comesempre quando il pensiero

costruisce una formaespressiva straordinariamenteadeguata) non tanto larelazione ad altre formepossibili, quanto la soluzionedi ogni possibilità direlazione in un atto creativo.Ciò vale per i Dialoghiplatonici—perchénonperleOperette? Come iDialoghi, d’altronde, leOperette sono un’operapoetica, di sublime poesia,

chenullahada invidiareallagrande lirica — anzi, nemostra la stessa freneticaispirazione e lo stesso lungocontinuolavoro.89

Un’operapoeticadiprosafilosofica: Nietzsche —«Leopardi grandeprosatore».90 Rispetto algeniale brogliaccio delloZibaldone, qui l'unità e laperfezione stilistica deisingoli brani e dell' insieme

delle opere del medesimogruppo cronologico sonopiene. Maturità dellaconcezione del mondo eserenità del giudiziofilosofico, ironiadell’incedere prosaico efavoloso, nonché cura dellaformaletteraria,vannodiparipasso.Non capiscoperché cisia tanta resistenza aconsiderare questomaterialistico canto come un

eccezionale documentostilistico, proprio perla estrema densità del suocontenuto materialistico:91perché mai un rigorosomaterialismo dovrebbetogliercialpiaceredelpoetaree la gioia di un corposostilismo? Per Leopardi laprosa è da sempre, e cioè daquando comincia a porne neldialogoconPietroGiordaniilproblema dello statuto,

caratterizzatacome corporeità. Sulla suacorporeità che si oppone allospirito geometrico e altecnicismo manieristico, cheè perciò corporeità vivente,risiede la sua possibilità dirappresentare lamediazione esterna dellepassioni.92 Quindi nessunpedagogismo: perchéla prosa, e la prosa delleOperette soprattutto, non

costituisce in alcun modo iltramite di un insegnamentoma solo la raffigurazionedella vita dell’essere nellecorpose forme dellacomunicazione esterna. L’iosi media, in prosa, con ilmondo perché la prosa, nellasua corporeità, è il piùadeguato strumento diespressione della materialitàdelnostrorapportomondano.Lerigorosissimeaffermazioni

di materialismo delloZibaldone di questo periodotrovano, dunque, e prima ditutto nello stile,nella corposità dello stileprosaico, la loro traduzione.Prendiamo un pensierozibaldonesco di questoperiodo, particolarmenterilevante per l’estremismoateo e materialistico cheesprime, quanto perl’eleganza filosofica

dell’argomentazione —ebbene, leggendolo, noipossiamo intendere come siformilacorpositàdellaprosapoetica delle Operette escorgere su un piccolodisegnocomeilmaterialismosia potenza positiva nelcostruire comunicazione. «Quando noi diciamo chel’animaèspirito,nondiciamoaltro se non che ella non èmateria, e pronunziamo in

sostanza una negazione, nonun’affermazione. Il che èquantodire chespirito è unaparolasenzaidea,cometantealtre. Ma perocché noiabbiamotrovatoquestaparolagrammaticalmente positiva,crediamo,comeaccade,avereanche un’idea positivadella natura dell’anima checon quella voce si esprime.Nel metterci però a definirequesto spirito, potremo bene

accumularemillenegazioniovisibili o nascoste, trattedall’idea e proprietàdella materia, che si neganonellospirito,manonpotremoaggiungervi niuna veraaffermazione, niuna qualitàpositiva, se non tratta dagliaffetti sensibili, e quindi incerta guisa materiali(il pensiero, il senso ec.) chenoi gratis ascriviamoesclusivamenteaessospirito.

E quel che dico dell’animadicodegli altri entimateriali,compreso il Supremo. —Tanto è dire spirituale,quanto immateriale: questa,voce affatto negativagrammaticalmente, quellaideologicamente».93Comincia ad apparire perchéle Operette siano anche untrattatello di metodofilosofico.Ponendo, poeticamente, il

problema dellademistificazione comeinterno a quello dellacomunicazione in prosa, essesi accingono in realtà arisolvereunproblemafinquilasciato a parte,nell’incedere spesso nonsistematico del pensierofilosofico leopardiano: ilproblemadiun’analiticadellaragione.Sappiamochequestoproblema non potrà essere

risolto alla manieratrascendentale. In questostesso periodo, Leopardi,riferendosi espressamentealla filosofia diKant,mentrene sottolinea la forzametafisica,prende nuovamente ledistanze dalle fantasticheriedel trascendentale.94 Ma ilfatto di non accettare laconclusione trascendentaledella problematica analitica (

e cioè la rispostatrascendentale al problemadella sperimentazionerazionale della conoscenzascientifica della natura e delreale ingenere)nonsignificaannullare il problema.Leopardi non è precritico, èpostcritico. Egli anticipa ildisastrodelcriticismo.Ora,laprosa leopardianadelleOperette è una sorta dianalitica negativa della

ragione e del suo rapportocon la scienza del reale. Unmetodo analitico, nonsintetico né conclusivo,sorretto da taleconsapevolezza della propriaforza e da tale inerenza almeccanismo interno di unreale tanto drammaticamentescisso quanto lo è la ragione— da presentarci, in ognisingola operetta, quasi unesempio di fenomenologia

regionale. Laddove ilrapporto «noesis-noema», soggettività-realtà,immaginazione-senso èspecificato nell’intensità diesperienze diversificate, diparadigmi di regionidell’essere — con unatensione mai risolta, conun’estrema capacità direndere filosoficamenteparadossale lo scontro dellepolarità fenomenologiche.Ed

ontologiche. Altri hasegnalato questa chiavefondamentale, questascissionedel tessutoanaliticocome fondamentale nellacostruzionedelleOperette—rendendo tuttavia psicologicaquesta posizione, e un po’patetica: «urto incessante eamalgama bizzarro di dueestremi: la giovinezza e lascienza del loro autore. Ilparadosso, il capriccio lunare

sonoilorolegittimifigli,nonla saggezza...».95 No, noncosì può essere considerataquesta tanto profonda chiaveanalitica — nell’esploderepoeticodelleOperette,essaèdel tutto oggettiva, èDarstellung metafisica di unritmo di pensiero, e godedella sua ontologicacomplessità, dello spessoreoggettivo del pensiero.Analizzando, le Operette

costruiscono un mondo. Lagrande chiave poetica èl’oggettività cristallina delloscontro fra potenzeintellettuali e metafisiche, suun quadro di sublimeastrazione e di vitreaoggettività del vero. Meglioche attraverso il densoprosaico spaccatodell’universo linguistico,meglio che attraversoquesto nuovo genere

letterario,poteva tuttoquestoessere espresso? Così sicostruisce la grande poesiadelle Operette. Essa trovain se stessa la sua origine,nella misura nella quale lostatodelproblemametafisico,la volontà analitica cioè e laconsapevolezzadell’impossibilitàdi concluderne il corso, sicreano una forma adeguata.Origine e dinamica vannoassieme.LeOperette del ’24

e del ’27 si svolgonoseguendo un’interiore curva,interamente condizionatadalla natura del problemaassunto:unacurvachescorrefralacostruzionedell’astrattouniverso analitico e la suadissoluzione, l’obliodell’essere nell’analitica e laricostruzione disperata delfilo della sua verità. In unasperimentazione continua leformestilistichesichinano,si

adeguano, e carezzano oesprimono potentemente,questo movimento dellaragione. Sono tedesche,questeOperette,nelsensonelqualeLeopardi riconosceallalingua di quel popolo unastraordinaria conformabilitàtecnica—ma ciò non toglielabellezzadella latina linguadel Leopardi. Sono tedesche,queste Operette, anchenel senso che assumono, con

straordinaria consonanza,problemichesonotipicidellagrande filosofia delle scuoleclassiche tedesche, critiche epostcritiche, per presentarneun’originale soluzione. Unagrandepoesiaspeculativachesi confronta al geniofilosoficoeuropeo,tutt’intero.Permettendoci un paradossopossiamo concludere questeannotazioniosservandocheiltema delle Operette risuona

davicinoquellodellarispostakantiana alla domanda: WasistAufklärung?, salvo il fattoche le rispostesono diametralmenteopposte.96

LeOperette del ’24 sonoscritte con lavoro quotidianoe continuo fra la metà delgennaio e la fine dinovembre. Da quello chesiamo venuti dicendo,consegue che potremmo

leggerle secondo una linea eunosviluppocontinuo.Iononso se il progetto delleOperette, che risalecertamente a qualche annoprima,97 comprendesse lachiarezza del progettostilistico e dellatrama metafisica, che quivediamo dipanarsi. Seguardiamo i frammenti del1820-22chesonostatiesclusidall’edizione finale,98 non

ne siamo certi. Lo sforzo didefinizione di un originaletessuto semantico non ècompiuto, né sembrasoddisfacente la ricercadiunadeguato rapporto fra temifilosofici e temiantropologici,frametafisicaeconsiderazioni etico-politiche. Ma è sicuroche l’edizione finale delleOperette ci permette inveceunaletturatuttaincentratasul

più alto livello speculativo:né è essenziale, a questopunto, comprendere se ecome il processo difabbricazione abbiamutato ilprodotto. Proponiamo unalettura,perquantoriguardaleOperette del ’24, che nedivida sommariamente duegruppi: dal gennaio almaggio, dalla «Storia delgenere umano» alla«Scommessa di Prometeo»,

nei primi nove poemetti,Leopardi costruisce il terrenometafisico del discorso;nei secondi undici, dalmaggio al novembre, dal«Dialogodiun fisicoediunmetafisico» al «Cantico delgallo silvestre», Leopardiinterviene, con alcuni grandiesperimenti di rotturametafisica, su questo terreno.I due dialoghi del 1827, «IlCopernico» e «Dialogo di

Plotino e Porfirio»conchiudono questo cicloepresentanonuovamenteunatensione metafisicadispiegata: dentro al vero,dentroall’essere.

Consideriamo i primi tresaggi del primo gruppo:«Storiadelgenereumano»,99«Dialogo d’Èrcole ed’Atlante»100 e il «DialogodellaModaedellaMorte».101Con quest’apertura prende

forma l’orizzonte delleOperette, ossia il progettodellaricerca.Iltonoèdiversoelafatturadiquestitrepezzièdiseguale:favolamitologicail primo; dialogo giocoso epopolaresco in formemiticheil secondo; dialogo teatrale,ironico lugubre, il terzo.Solo il «Dialogo d’Èrcole ed’Atlante» raggiunge tuttaviaquella secchezza stilistica einsieme quella classica

leggerezza cherende esemplari alcune delleOperette meglio riuscite.Insomma, questo iniziorisulta faticoso. Ma non èquesto che ci interessa— quello che ci interessa èl’orizzonte che è costruito, ecioè il tema, il problemaproposti. E val la pena diaggiungere che la faticadell’inizio poetico non toglieil fatto che

immediatamente l’orizzontesi presenta compatto — unrecipiente problematico dirigido,taloraossessivorigore.La differenza degliapprocci poetici costituiscecomunqueuna surreale scenadi grande suggestione: suquestascenalediverseformeconvergono su un medesimocontenuto. Quale è il temaunico? Lo dichiara laModa: «... ho messo nel

mondo tali ordini e talicostumi, che la vita stessa,così per rispetto del corpocome dell’animo, è piùmorta che viva; tanto chequestosecolosipuòdireconveritàchesiaproprioilsecolodellamorte».102Ilproblemaèdunquequestoastrattomondodella vita. Astratto perchétutte«leprimissimelarve»103chehannoconcessoall’uomola speranza della vita,

sono scomparse; astratto eleggero di passioni e dirumoridigloriaediidee:«...è già gran tempo, che ilmondofinìdi fareognimotoe ogni romore sensibile: e iopermestetticongrandissimosospetto che fosse morto,aspettandomi di giorno ingiorno che m’infettasse colpuzzo».104IItempodellavitanonèpiùpercorsodaigrandidesideri e dalla passione

ideale — e neppure Amoreriesceascuoterlo—ètempodi un’entropia implacabile esilente che la vivissima ecialtrona allegria di Ercolenonriesceasbloccare—èiltempo lugubre di una morteche si è distesa su tutta lasuperficie della vita e nedetermina il costume. Ora,pur essendo così incombentee stringente, questomondo èpur sempre frigidissimo e

astratto: l’estremismo delladescrizione non togliel’iniziale, fondamentalecarattere. Né vi è denuncia,né invettiva: v’è solo ilcontrasto che deriva dalmalessere dell’astratto, dallasuaincombenzaecostrizione.Questa chiave paradossaledomina il ritmo espositivo etaloraprogrammaticamentelosovraccarica, opponendo laricchezza del sogno o la

vivacità e la giovinezza diErcole, al farsi innanziineluttabile della morte.Quando infine il tempo dellavita, che è morte, non siaconsiderato come involucrogenerale,sfondoappiattitoedassorbente,bensìsiadescrittoinungioconoto,sulpiùlentoritmodeldisperatodevolversidella fanciullezza invecchiaia:bene,ciònonnegama incrementa l’effetto di

astrazione—di conseguenzaincrementa il contrasto. Mav’è alternativa?V’èmodo diriarticolarelavitael’amoreedi afferrarne il luogo e iltempo? V’è speranza diriconquistare il vigore diuna puerizia naturale ederoica? Di strappare allamorte i costumi della vita?Queste domande nonvengono poste neppureimplicitamente — ma si

impongono, per contrasto: dinuovo, è la forzadell’astrazione che rendeinsopportabile,paradossalmente inumana lacondizionedescritta.Nonv’èurlo di protesta, qui, tantomeno v’è pedagogicaipocrisia: v’è solo unasempre più stilisticamenteperfetta descrizione diun’astrazione potente. Unalucidità teorica che vuol

essere effetto poetico —persuscitareprotesta,rifiuto?No. Solo per dare ledimensioni della verità delquadrometafisico.Quando ilquadrometafisicosiriempirà,esso sarà segnato dallaenorme tensione quiaccumulata. La tecnica delparadossoèqui sviluppata inmaniera letterariamenteperfetta perché è vissuta inmaniera metafisicamente

piena.Conl'inessenzialeeunpo’ vana: «Proposta dipremi fatta dall’AccademiadeiSillografi»,105chepuresiapre sul modernissimoparadosso della costituzionedegli uomini da parte dellemacchinemachesiconcludesuunaseriediannotazioniedaccentipiùcomicicheironici,un po’ dialettali, anche senon sbracati: un certo riposoetico comincia anzi a filtrare

dal tessuto paradossale —dunque, con la «Proposta»,iniziamo ad avere a che farecon la seconda parte delleOperette di questoprimo gruppo. In esse losfondo astratto del quadrometafisico è conservato, anziesteso — esso illuminasecondo raggi e prospettivediverse ampie regionidell’essere, per rafforzarsi,per togliere obiezioni, per

intensificare la complessità. Idiversi piani si separano perconfluire tuttavia nelmedesimo disegno. «Dialogodi un folletto e di unognomo».106 È un dialogofelice, scintillante, contro«l’umana presunzione» dellascienza. Lo sfondo è quellofavolosodeglignomi,signoridelprofondodellaterra,edeifolletti, signori delle selve edei prati. Al di là della

favolaeattraversodiessa, losguardo è tratto verso ladimensione metafisica deidue infiniti, del micro e delmacrocosmo,dell’inesauribilitàdellespeciee degli innumerevoli cicli; ela denuncia toccal’antropocentrismo come lateleologia. Ma l’operetta èmorale, pratica e quindilavora attorno allaquotidianità del paradosso di

unavitacheèmorte—ecosìcimostralafolliaumana,che,animata da presunzione,nutrita da conoscenzapervertita,si facollaboratricealla distruzione dell’umanitàe della natura. Due dialoghi,«DialogodiMalambrunoediFarfarello»107 e «Dialogodella terra e della luna»,108riprendono il tema,già proposto,dell’impercorribilità

conoscitiva del reale, perspostare la riflessione dallatradizionale discussione sugliinsuperabili limiti delconoscere e sui problemi diresponsabilità morale che nediscendono — allademistificazione del pretesofine della conoscenza: laconquista della felicità. Inentrambi i dialoghi si svolgequella dialettica negativa delpiacerecheproponeinfelicità

nella misura stessa nellaquale l’uomo cerca felicità(«amandoti necessariamentedelmaggioreamorechetuseicapace, necessariamentedesideri il più che puoi lafelicità propria; enon potendo mai di granlunga essere soddisfatto diquesto tuo desiderio, che èsommo,restachetunonpossifuggire per nessun verso dinonessereinfelice»)109eche

dimostra questa infelicitàcome necessaria («perché ilmale è cosa comune a tutti ipianeti dell’universo, oalmeno di questo mondosolare,come la rotonditàe lealtrecondizionichehodetto,né più némeno»).110 Qual èla qualità che questiargomenti, a noi così notinello Zibaldone, assumononel collocarsi nel discorso diquest’opera? È una sorta di

glaciale sadismo, difreddissimo epicureismo, chegiungeinfattiallapersuasionedi morte: «Di modo che,assolutamente parlando, ilnon vivere è sempre megliodel vivere»111 —chediscopre tuttavia,nel suoandamento stilistico, come ilsole a picco ombreviolentissime, così qui uncontrasto non pacificabile fragli argomenti. Nel «Dialogo

di Malambruno»l’andamento socraticodell’argomentazioneconcludeadunaspeciedimisticadellamorte, del suicidio ed ognimediazione analiticadella discussione è tolta daquesta volontà di coerenzamorale; nel «Dialogo dellaTerraedellaLuna» lacriticadell’antropocentrismo sisvolge in un naturalismopessimistico che tuttavia

interpreta una genialeariostesca pazziadell’universo. Vale a direche il paradosso, spintoall’estremo limite, nonannulla i termini che locostituiscono. Questi terminivengono tessuti e tenutiassieme da uno sforzostilistico senza pari e,appunto, esasperatinella luminosità dello stile.Accantoedopoladefinizione

paradossale dei limitiinsuperabili di un’analiticadellascienzaediun’analiticadella morale, ecco un’altraregione ad essereesplorata: «Dialogo dellanatura e di un’anima».112 Èun dialogo romantico: «Vivi,e sii grande ed infelice».113Calamitoso e funesto dono èl’eccellenzadellospirito—lagloria, come ricercadell’anima, è solo pauroso,

mostruoso aumentod’infelicità. Quil’immediatezza dellaconfessione leopardianagiunge quasi a minare laperfezione dell’astrattostilistico: ci senti dolore, equesto non è bello. Ma lacontraddizione, che inquestocaso rileva dall’emergenzadella soggettività, è subitocontrollata.L’animachiededipoter essere «spogliata delle

funeste doti che (la)nobilitano» e di poter esserefatta«conformealpiùstupidoed insensato spirito umano»— «E in cambiodell’immortalità, pregotiaccelerarmi la morte il piùchesipossa».114Nédaquestalampeggiante illustrazione dispecificità ontologichepotevano essere escluse leidee della storia e delprogresso. «La scommessa

di Prometeo»115 nasce su unritmo ormai parodistico, resopossibile dal distacco, dallasupremazia che il gioco delcontrappasso vita-morte haormai assunto. Ma a questoinizio parodistico, sulleamene vicende degli Dei,segue il solito, freddoargomentare. La scommessadi Prometeo — esserel’uomo, da lui fabbricato efornito del fuoco, la natura

piùperfetta,lamigliorefraleopere degli immortali — èperduta. Perché infelice,certo, è la condizionedell’uomo, ed insuperabili lecontraddizioni che esso vive— ma soprattutto perchéquestacontraddizionedivieneassolutamenteirrazionale(«dimodo che la civiltà umana èoperadellasortepiùchedellanatura»)116elosviluppodellaciviltà è conseguentemente

sviluppo di irrazionalità,fallimento della natura,crudeltà dei costumi. Il mitodi Prometeo, chenellatradizionecriticadetieneun ruolo copernicano, vienenon solo qui demistificato,viene spinto alla vergognadalla documentazione(curiosa, ironica, semprelacerante) della crudeltà deicostumi umani e dellabarbarie morale. Il quadro

delle regioni dell’essere edella pari impossibilità, inciascuna di esse, di cogliereuna occasione di mediazioneanalitica è così concluso. Ledimostrazioni che «la vita èpiù morta che viva», conformidabile articolazione didiscorso filosofico edintensità stilistica, sono state,per così dire, iscritte sufreddissimomarmo.

È a partire da questo

fondo di descrizionemetafisica che si aprono gliesperimenti del secondogruppo delle Operette del’24, esperimenti intesi asbilanciare la perfezione delmondoinfeliceches’èfinquiraccontata, e a sottolinearequel contrasto che l’astrattosemantico delle Operette haparadossalmente costruito,portato ad una intensitàsublime, ed ora deve

confrontare, distendere,meglio, la cui tensione devefaresploderenelrapportoconla vita, con la soggettività el’immaginazione. Dentroquesto progetto, abbiamoinnanzitutto quattro dialoghi,sui quali soffermarci,composti nel maggio-giugnodel 1824. Essi formano, nelloro rapporto, una specie diepisodio dialettico, dialetticoin senso retorico ed

argomentativo. Sono,nell’ordine di composizione,il «Dialogo di un fisico e diunmetafisico»,117il«Dialogodella Natura e di unIslandese»,118 il «Dialogo diTorquato Tasso e del suogenio familiare»119 e, infine,legato da circostanzecronologiche eargomentative, il«DialogodiTimandro e di Eleandro».120Nelprimodiquestidialoghiil

«metafisico»Leopardiponeilproblema—ilproblemadellarottura dello schema teoriconelqualefinquiildiscorsosiè sviluppato, e cioèl’espressione del desiderio diuntempochenonsiavacuo,etessuto d’ozio e di tedio, undesiderio ch’empiainvece «quegli smisuratiintervalliditemponeiqualiilnostro essere è piuttostodurarechevivere»—«lavita

debb’esser viva, cioè veravita; o la morte la superaincomparabilmente dipregio».121 A che valesemplicemente prolungare lavita, come vorrebbeil «fisico»? A nulla, perché«non il sempliceesserema ilsolo essere felice, èdesiderabile». E in checonsiste la felicitàdell’essere? Nell’intensitàdelle sensazioni e delle

passioni.Essasicollocasuuntempo«altro»daquellodelloscorreredellavitaedellasuainsignificanza, essa siconcentra nella potenzialitàdel desiderio. Donde ilformidabile paradosso: «incambio di ritardare ointerrompere la vegetazionedelnostrocorpoperallungarela vita, come propone ilMaupertuis, io vorrei che lapotessimo accelerare in

modo, che la vita nostra siriducesse alla misura diquella di alcuni insetti,chiamatieffimeri,deiqualisidice che i più vecchi nonpassano l’età di un giorno, econ tutto ciò muoionobisavolietrisavoli.Nelqualecaso, io stimo che non cirimarrebbe luogo allanoia».122 II problema non èdunque questa vita, questotempo, irrimediabilmente

prigionieri dell’astratto, mauna vita e un tempo altri.L’astratto, in quanto si èpostocomeassoluto,poneunaltro assoluto contro dilui.Unassolutoaltro:nonpiùi suoi deboli simulacri — ilpiacere, la gloria, e tutti glielenchi dello Zibaldone —ma un assoluto temporale evitale. L’innovazionemetafisica non può esserepiùforte.Dal riconoscimento

della impossibilità dipercorrere qualsiasi linea dimediazione analitica, sorgequesta alternativa radicale,quest’opposizioneintera.Èinquesto modo, dentroquest’intensità, in questastraordinaria tensione, che siqualificalaparola«speranza»in Leopardi. (E si parla di«serenità»diquestoedialtridialoghi etici delleOperette!Fingendochesolo laserenità

costituisca poesia, fors’ancheprogressiva! Quali misureideologiche esprime qui latradizione letteraria!) Certo,la speranza, questa speranzapuò essere illusoria. Nel«DialogodellaNaturaediunIslandese» essa è illusoria.Ma v’è di più: la dialetticanegativa del piacere sisviluppa negando ognisperanza, puntualmentesvuotando proprio sui suoi

più significativi snodi laproposta del «metafisico».Nell’Islandese, allaproposizione del principiosperanza, corrisponde nonsolo la negazionedel principio ma anche unaproposta di solitudine, diequilibrio nella sofferenza edi rassegnata disperazione.Questa estremizzazionenegativa del dialogo puòstilisticamente e logicamente

svolgersi attraversol’esasperazionedell’immagine della Natura,come deità crudele eselvaggia, padrona del«perpetuo circuito diproduzioneedistruzione»cheè«la vita di quest’universo».La biblica sofferenzadell’Islandese, che pertantoripete senza interruzione lapropria richiesta di felicità, èdistrutta dal

sarcasmo filosofico dellaNatura. Lo stato violento delmondo è rappresentato dallafilosofia della Natura. Laricerca di una vita e di untempo «altri» si scontranocon l’enormità della legge.Né l’invettiva dell’Islandeseha molto successo: «a chipiace o a chi giova codestavita infelicissimadell’universo, conservata condannoeconmortedi tutte le

cose che locompongono?».123 Inrisposta, fu mangiatol’Islandesedaduemagrissimileoni—«cosìrifinitiemaceridall’inedia», come quelli chesi vedono negli zoo; oppurefutravoltodaunatempestadisabbia, e in quel mausoleo,naturalmente rinsecchito emummificato. Nell’episodiodialettico, la violenza dellanatura si oppone dunque e

negalasperanzadell’uomo:idue dialoghi si danno inquesto rapporto. La propostametafisicadiseparazioneedicostruzionediuntempoaltrosulqualesiformisperanza,èsemplicemente irrisa. Il«DialogodiTorquatoTassoedel suo geniofamiliare» trascrive questopassaggioenesottoponetuttii termini ad una più maturasoluzione filosofica. Innanzi

tutto il sogno del«metafisico». «Oh potess’iorivederelamiaLeonora».No,il pensarla è preferibile,perché il vero riporta allafaticadellavita,eladialetticadel piacere è dialettica dellasofferenza.No,ilpiacerevalesolo se «è un subbiettospeculativo e non reale;undesiderio,nonunfatto;unsentimento che l’uomoconcepisce col pensiero, e

nonprova;o, perdirmeglio,un concetto e non unsentimento».124 «Il piacere èsempre o passato o futuro,e non mai presente»,partecipa di un’altradimensione del tempo. Lacontrapposizione, in questocammino di ricerca e ditrascrizione di esperienzateorica,èimmediata.Percosìdire, è di nuovo l’Islandeseche pone domande: se il

piacerepartecipadel sognoedialtrotempocheilpresente,significa che esso è nulla?«Così pare», rispondono ilgenio familiare e la natura.Maquestonullaèaggressivo,è «uno stato violento». Unpieno di violenza e di noia,una fisica aristotelica dellanoia e del dolore.La soliditàe la fredda piattezza di undisperato universo sono quiripresentate: con la stessa

universale penetrazione cheha l’aria, lo stato violentodella natura impregna ilmondo. Ci si attenderebbel’apparizione dei leoni, dinuovo, qui, nel carcere delTasso:mailsarcasmononhaluogo, come non ha luogol’invettiva.Nellamisuranellaqualel’operettanonrisolveilsuo ritmo nello scontro delleduefigureretoriche,cominciaa costruirsi un orizzonte di

rotturadelmondoastratto—una proposta non ingenuacomequelladel«metafisico»—forteinvece,editantopiùpotente in quanto costruttiva.Tutto occupano la noia ed ildolore: è vero: ma «per lanoia non credo si debbaintendere altro che ildesiderio puro della felicità»— ed il dolore? esso è«rimedio contro la noia», ilrimediopiùpotenteditutti.125

Questotuttodellanegativitàèquindi rotto dauna separazione che correall’interno e divide internemetafisiche polarità. Lasperanza, il tempo e la vita«altri» non si oppongonoastrattamente al mondodell’infelicità: bensì lopercorrono superandolo.Noia, dolore, solitudine sonocoperti da una duplicità difunzioni che in questa

situazione di interioredialettica metafisica possonoessereseparate.Edeccociallarestaurazione, dentro questostatodiviolenza,dinoiaedidolore, di una possibilitàalternativa, meglio, eccocidavanti ad una dinamicacostitutiva. Perché glielementisonoquellidelrealeevengonoseparati,maancheriaggrumati e ricomposti làdentro. Una potenza

costruttiva si delinea, «... lasolitudine fa quasi l’ufficiodella gioventù; o certoringiovanisce l’animo,ravvalora e rimette in operal’immaginazione, e rimuovenell’uomo esperimentato ibenefici di quella primainesperienza che tusospiri».126 La rottura èseparazione. La rotturapercorre l’insieme ericostruisce una diversa linea

dell’immaginazioneproduttiva, di controall’astrazione del mondo.Certo, questa dinamicacostitutiva, nel momento incui appare nelle Operette inmaniera dispiegata, ha al suointerno iconsueticontrappesirelativistici:«così,concludeilgeniofamiliareilsuodialogocol Tasso, tra sognare efantasticare, andraiconsumando la vita; non con

altra utilità che diconsumarla...».127 Ma haanche, ed in senso proprio,sostegni metodici e diprogetto metafisico. Basti, alproposito, guardare il«dialogo di Timandro e diEleandro»,chesegueappuntoe completa i precedenti —non perché entri nel giocodell’interna dialettica dellainnovazione metafisica, maperché,comes’addiceaduna

conclusione (meglio, ad unaprefazione)delleOperette,128ribatte agli eventualioppositori e chiarisce ilmetodo.Piùchediundialogosi tratta qui di un’intervistache Timandro fa al nostroLeopardi. Ora, l’affidamentoall' immaginazione comemomento di rottura e diinnovazione del mondoastratto, fuori dalladegradazione dei Lumi e

dell’universo naturale, è quidichiarato con potenza, edogni nostalgia relativistica èesclusa.Laveritàèpoetica: ilibri poetici costruisconomorale. «... dico poetici,prendendo questo vocabololargamente; cioè libridestinati a muovere laimmaginazione; e intendonon meno di prose che diversi».129 No, l'isolamento,l’andamento altro

dell’immaginazione non èmisantropo né orgoglioso: ècreativo.«Deltuttoinabileedimpenetrabileall’odio», l’immaginazione èricerca della verità — fuori,«con intolleranza», «da ognisimulazione edissimulazione», da ognifinzione. Conoscendo il fato,l’immaginazione non gli sioppone se non dichiarandosialtro — ride dell’urgenza e

rifiutalanecessitàconcettualedel fato:glisioppone inciò,in questa copernicanavocazione. Essere altro.Costruire altro? La solasperanza è l’immaginazione.Non ci serve «lo studio diquel misero e freddo vero».L’analitica è distrutta nellasua possibilità dicostruire una linea di verità—perchélaveritàèaltro,èlacostruzione di una alterità.

Che sapore forte ha qui quel«sapere aude» troppe voltedichiarato come potenzameccanica dall’Aufklärung!Qui la verità diviene unsoggetto, affondata com’ènella separazione da ogni«ente razionaleo fantastico».L’immaginazione che sisepara, è il senso dell’esserevero.

Ma qual è la potenzadell’immaginazione?Comesi

possono riunire le condizionidi una poetica innovativa aquellediunavitavera?Comepuò quest’immaginazioneseparata attraversare il fare?IntreOperettedell’estatedel’24 il problemadiviene centrale: «Il Pariniovvero della gloria»,130«DialogodiFedericoRuysche delle sue mummie»131 e,infine e subordinatamente, i«Detti memorabili di Filippo

Ottonieri».132 Tutte e trele Operette danno rispostanegativa agli interrogativiposti — eppure, in mododiverso, tutt’e trecostituiscono materiali diulteriore elaborazione perquanto riguarda questiproblemi che consideranoreali e attuali. Dunque, ilParinifu«unodeipochissimiitaliani» che con grandeprofondità di pensieri

abbia posto il problema delfare: «E veramente, se ilsoggetto principale dellelettere è la vita umana, ilprimo intento della filosofial’ordinare le nostre azioni;non è dubbio che l’operare ètanto più degno e più nobiledelmeditare e dello scrivere,quantoèpiùnobileilfinecheilmezzo,equantolecoseeisoggetti importanopiùche leparoleeiragionamenti.Anzi,

niun ingegno è creato dallanatura agli studi; né l’uomonasce a scrivere, ma solo afare».133 Posto così ilsoggetto, il lungo testodell’operetta sviluppa unaseriedi temicheconsolidanolatensioneprogettuale.Ilfarequi considerato è comunquequelloletterario:èunfarechesi costituisce sulla profonditàe continuità di un lavoro dilingua e di stile, nonché

sull'estensionedell'ispirazione el'appropriazione unitaria ditutte le forme del sapereinnovativo. Filosofia,letteratura,poesiasonoformedell’immaginazionecostitutiva.Ecc. ecc. Conosciamo tutti iterreni cheLeopardi, attraverso il suoParini, percorre. Qui c'èun'accentuazione eticafortissima del discorso, ed è

questa, forse, l’unica delleoperette nelle quali un certopedagogismo appaiafortemente. Un'accentuazioneetica che si fa sostanza delladefinizione del soggetto.L’immaginazione percorreora la città delle lettere el’astrazione del mondo, apartire da un sostratosoggettivo. Ma la centralitàdel problema del fareinnovativo, qui, assume

peso più che avvicinare allasoluzione. Così, quandoLeopardi riqualifica il temadella gloria non più comemito eroico macome problema del farerispetto al futuro, comeborghese ed economicaaspettativa del futuro, aquesto punto si definisce lacrisi.Unmomento,criticonelpensiero del saggio e forsedisastrosonelsuoandamento.

Un'operetta pedagogica, èinfattiquesta,chesidefiniscesul terreno di una pedagogiaimpossibile: perché nessunagaranzia può essere data delfare rispetto al futuro, dellaricerca della gloria rispettoalla forma del suo valere.La conclusione è vagamentestoica: «Il nostro fato, doveche egli ci tragga, è daseguire con animo forte egrande...»,134

vagamente retorica. Restatuttavia la basilare, forteaffermazione del valore dellesoggettività come basedell'immaginazioneproduttiva e della suasperanza: perché se il tempofuturo, ed il progetto diprocedereinesso,sono«tardie misurati», soprattuttonella nostra epoca, ciò nontoglie che «spiriti sommi esingolari» possano

camminare, anzi correrevelocemente su questoterrenodelfuturo.Nésarebbein sé importantel’annotazione, se non fosseper l'adesione etica delLeopardi, per l'adombratadefinizione di un progressoeticofondatosul lavorodellasoggettività. «Il Parini» è unpiccolo ma sostanziale passonelprocessodidefinizionedinuovielementidicostituzione

metafisica.Inunbaluginio,inun muoversi di «pauroselarve», nellamagica e lunareconfusione fra vita e mortes’approfondisce il discorsosulla potenzadell’immaginazione nel«Dialogo fra FedericoRuyschelesuemummie».Iltono è pedagogico ma lasoluzione stilistica ègrottesca:chiavediunaveritàchenonsi riesceadichiarare

se non fra immagini contortee rovesciate. Che si cercafra le ombre. Che infine siscopre. Certo,l’immaginazione non riusciràmai a cogliere il reale e lapoetica a farsi momento delfare,nélasoggettivitàaporsiin un drammatico ma verorapportoconilreale,senonsiaccetteràchelamorteèpartedellavita,cheperciòlapauradella morte va tolta e che il

tempo diverso cheall’immaginazione ènecessario si muove — eperciò si stacca dal comune— in questo nuovo spazio.Primo tema: non è dunquedolorosissimo il momentodellamorte? Pur in polemica(fittizia) con gli Epicurei, larispostaèepicurea:quandocisiamo noi non c’è la morte,quando c’è la morte non cisiamo noi. Non esiste una

differenza, se non diopposizioneestrema,chenonsi comunica, in ogni casoinconcepibile per ilpensieroanalitico,fralavitaela morte. Ma questaopposizione estrema, questofenomeno assoluto, proprioperché non è partecipato, èelemento di compresenza.Una compresenza lenta cheattieneallospirito.«Abbiperfermo che l’entrata e l’uscita

dell’anima sono parimentiquiete, facili, molli».135Secondo tema:«Dunque, checosa è la morte se non èdolore?». «Piuttosto piacereche altro». È come ilsopraggiungere del sonno,diletto e languore. «Unacortesiadellamorte?».No,«atutti noi successe ilmedesimo». Il medesimo. Ilmedesimonell’immaginazione — che

deve subire, se vuolraggiungere la realtà, il pesodella morte, interamente, efarlosuo.Se il temponuovo,alternativo all’astrazione delmondo, è quello della puraintensità vitale, la morte vatolta alla specificità della suaimmagine e solo compresa,come da uno specchiorovesciato, nella naturadell’immaginazione. Lamorteèdolcissima,èilsogno

stesso. L’immaginazioneinveste la natura e rovescia,rende accettabile,manovrabile, elemento eticofondamentale quello che, inmassimo grado, di offensivoci presenta la natura. Inquesta gentilissimaraffigurazionedellamortec’èuna trasfigurazione dellanatura: essa è finalmenteposseduta. Il piacere èimitazione della morte?

136 Solo perché la morte sidiluisce nella vita. In realtàl’immaginazione, lasingolarità vengono primadella natura. Il materialismopiùradicalenonèilconfrontocon la natura ma ildominiosudiessa.La lirica,l’immaginazione sonopossibili e sono costruttivesolo quando, attraversando ifantasmidellanaturacorrotta,si trasformano in potenza

logica di costruzione.«Figliuoli» chiama FedericoRuysch i suoi morti —figliuolalamorte.Perchéessafa parte della vita. La vitavera comprende la morte. Ilquadro iniziale delleOperette, di una vita che èmorte, è completamenterovesciato. Il poemettocomincia su questa scopertache conclude la faticosacostruzione del «Parini». Ci

troviamo,nel cantodeimortiche apre il «Dialogo diFederico Ruysch», di fronteall’enorme bellezza dell’usoverbale del passato remotoper «morire», «vivere»,«essere». «Morremmo,vivemmo, fummo».Incredibili profondità siaprono. Il senso dell’esserevero è approssimato.Grottescoè il fatto che sianomummie a rappresentare la

soluzionedel rapportocon laNatura, la scelta di unafunzione che, includendo lamorte, spiega la costruttivitàdella vita.Mummie: ma nonfinì mummia, in qualchemuseo, fosse quello diRuysch, lo stesso Islandese?Qui una sorta di ottimismodella ragione affronta ecomprende,comunqueafferrai limiti ontologici del reale.Nellamisura incui liafferra,

può renderli, da limiti qualisono,ostacolidasuperare. Inquesta grottesca, ma ancheserena, comunità di morti, lavita il fare il produrre cisembranovicini.Certo,anchequesto «Dialogo di FedericoRuysch» è solo unesperimento — maquale incredibile forzaesprime! Dei lunghi capitolidei «Detti memorabili diFilippo Ottonieri» c’è invece

poco da dire. Sicapisceperchéquestocentonedallo Zibaldone,137quest’insieme di excerptamorali sia redatto in questacircostanza e qui postonella struttura delleOperette.Perché la materia è etica,perché l’etica è sensistica etutti i paradossi del sensismovengono di nuovo quiesplorati.Maperlamedesimaragione questi «Detti

memorabili» potrebbero quinon essere collocati: perché,nella generalità del discorsoleopardiano, la tematica eticaèprocedutamoltopiùinnanzie la finzione sensistica s’èesaurita.Edinuovo,qui, c’èsolo un formidabilepassaggio, nel quale ipiaceri umani vengonoparagonati agli odori — undesiderio ed una facoltà chesono strettamente connessi

alla materia e diquesta rivelano l’indistintobaluginio138 — un tema chenella sua estrema forzapoetica anticipa i cantileopardiani più accesi dalsenso dell’essere vero. Per ilresto si tratta appunto di uncentone. Flessione verso ilbassodell’ispirazionepoeticae della tensione metafisica?Certo — ma senza troppoesagerare l’importanza di

questo cedimento. Esso nonincide sul complesso delleOperette. Si direbbe chequesta finzioneautodeclamatoria costituiscaun genere, appunto:declamazione o dialogo perexcerpta; ma è un genereobsoleto in origine, che solovale acompletarequell’enciclopediadeigeneriletteraridellaprosache sono, sul mercato

letterario, le Operette. Lacontraddizione, comeabbiamo detto, che questi«Detti memorabili»sollevano, è evidente edimportante piuttosto che sulpiano letterario su quellodirettamente metafisico:perché la caduta non è tantostilistica— questa dipende esegue il fatto che ilmaterialismoleopardiano, dopo essersi

elevato all’intensità dei dueprecedenti dialoghi, ritornaqui a confondersi con ilprocessus sans sujet delsensismo. Malgradol’eleganza letteraria cogli inquesta operetta undisorientamento teorico cheanche i trenta giorni dellasua composizione139sembrano rivelare — se sitiene presente la capacità dellavoro leopardiano in altri,

ben più complessisaggi. Materialismo esensismo. Abbiamo visto,lungo tutto lo Zibaldone,come la tematica sensisticarivelasse la sua internainstabilità e spingesse perciòadunsuperamento. InquesteOperette abbiamo coltoun’analitica negativa dellaragione che emancipavacompletamente ilmaterialismo dal sensismo.

Questa ricaduta non hadunque, ora, una precisaspiegazione. È unfatto attribuibile al carattere,piuttosto che alla vocazionemetafisica di Leopardi, allatradizione che vive e noncerto all’innovazionemetafisicaestilisticacheèincorso di sviluppo. E forse,questacaduta,èlegataalfattoche la ricerca di nuovielementi di costruzione

metafisica sul terrenodell’etico, del fare, non è inrealtà in questi saggi —intendo nei precedenti,«Parini» e «Ruysch» —troppoproceduta.Formidabiliilluminazioni hannoancora investito il tessutometafisico. Ma il tessutodell’etica? Non è forsemeglio tenersi al sensismo,che ci aiuta a vivere,piuttosto che avventurarsi

nell’impresaimpossibiledellaricostruzione dell’etico?Questopuò essere undubbioplausibile. Non è, infine, piùcomodo un materialismoprecritico che unmaterialismo metafisico,postcritico?

E invece no. Gli ultimisaggidelleOperettedel’24cirendono una prospettiva dicompleta innovazione.Riesplode la pressione

teorica, con una forzaimmensa, — la ragione puòerrare, nella regione delsenso. Ma non può errare laragione sperimentale, laragione poetica. Essa ha nelrisultato trasformativo, etico,creativo, la verifica dellapropria verità. I «Dettimemorabili di FilippoOttonieri» sembrano quasi, apartiredaquestonuovopuntodi vista, un chiaro-scuro che

letterariamente si è volutocreare per renderedrammatico il passaggio —che si è voluto,filosoficamente,assumereperillustrare l’evidenzadell’innovazione. Il «Dialogodi Cristoforo Colombo e diPietro Gutierrez»140 illustrauna nuova scena. Che cosanon funziona nella nostraconcezionedell’immaginazione? E in

quella dell’etica, che solol’immaginazionecostruiva?Ilfattochenoi,malgradotuttiinostri sforzi,continuassimoaconsiderare l’immaginazioneunafunzionestrumentale,neiconfronti della ragione —che, di conseguenza,continuassimoadintrappolarein un rapporto fermo ilcontrasto fra natura esoggettività. Le separavamo,la ragione

dall’immaginazione, l’eticadalmondo dell’astrazione—ci compiacevamodell’operazione diseparazione. Ma non è così:qui non ci si può fermare.Ragione eticaed immaginazione, pur nellaloro separazione, sono enticreativi:laNaturalidelimita,ma non li chiude, non lirelega nella separazione. Dicontro,purnellaseparazione,

ragione etica edimmaginazione producono,controlaNatura.«Gutierrez:Dimodo che tu, in sostanza,haiposto la tuavita,equellade’ tuoi compagni, in sulfondamento di una sempliceopinionespeculativa.Colombo:Cosìè,non posso negare».141 Certo,la natura è potentissima. Néla ragione di Colombo èfelice.«Ciascunanavigazione

è, per giudiziomio, quasi unsalto dalla rupe diLeucade...». Talora la noia èsovrastante — ma il sognodella gloria e la navigazionestessa «ci tiene liberi dallanoia e ci tiene cara lavita»142: tutto questoconfluisce scetticamente adincrementare il clima diinfelicità della mente. Ma èproprio qui che il miracolometafisico di tutte le

Operette, di questa analiticanondialetticadellaragione,sirealizza: quando la coscienzainfelice, che è ragione esenso, si pone come potenzacostitutiva. Questo è ildialogo della catastroferazionale. Quanteapprossimazioni abbiamovisto, quante negazioni, efrustazionisoggettive abbiamo patito.Qui, nella continuità di uno

stiledallaesasperataserenità,la tensione comincia asciogliersi. Quelmostroobiettivoedominanteche chiamiamo Ragione,Lumi, Natura ha prodotto ilsuo opposto che, dallaseparazione, ha cominciato acostruire il suo mondo.Indipendente, autonomo,nutrito dell’incredibileinfelicità che l’impossibilitàdel trascendentale e

della dialettica determina.LaNaturaèpotente—di fronteall’atto di volontà razionale,all’ottimismodellaragionediColombo, infiltra dubbio epronostici falsi, chepotrebbero nutrire laribellionedell’equipaggio.Lascommessa razionale diColombo tiene. Un nuovoPrometeo? No. Qui non è ladivinità illusoria dellapassione ma l’infelicità

radicale dell’animo chedetermina la certezza dellaragione e la trasforma involontà. E la fonda sullavolontà. Pessimismo dellaragione ed ottimismo dellavolontà? No, questo antico esempre reazionario disticofissa una separazione fraragione e volontà che nonesiste nel mondo— ottimismo della poetica,invece, che si articola nel

fare, nel costituire, pur sullosfondo dell’impossibilità ditutto intendere e control’irrisione che le forze dellanatura e della storiadeterminano, che ivi fissa lasperanza del fare, il sapereetico. Questa catastrofepositiva della razionalità siripeteneisaggichechiudonoleOperette del ’24: «Elogiodegli uccelli»,143«Frammento apocrifo di

Stratone di Lampsaco»,144«Cantico delgallo silvestre»,145nell’autunno. Il primo diquesti canti è un formidabileaffresco naturale, su cui siinscrive la parabola dellarottura poetica,dell’immaginazionecostitutiva. «Sono gliuccelli naturalmente le piùliete creature del mondo».146«Per ogni diletto ed ogni

contentezza che hanno,cantano». «Ora, inqueste cose, una grandissimaparte di quello che noichiamiamo naturale, non è;anzi, è piuttosto artificiale».L’uccello partecipadella civiltà, entra nellaseconda natura umana. «Gliuccelli partecipano delprivilegio che ha l’uomo diridere».147 Comespiegare questa prima

catastrofe dell’intelletto puroche vede l’immaginazionedisarticolare e percorrere lanatura? Ridere, questostrano equilibrio della menteumana coinvolta in untravaglio inesauribile, questaspeciedipazzianondurabile,eppure vaneggiamento edelirio, dentro il pianto el’ubriachezza — ridere,ovvero questa inconsapevoleforma della speranza («una

storia del riso, che ho inanimo di fare»).148 Eppurel’uccello ride. «S’inferisceche debbano avere unagrandissima forza e vivacità,e un grandissimo usod’immaginativa», «ricca,varia, leggera, instabile,fanciullesca»—«l’uccellohacol fanciullo una manifestasimilitudine» — «io vorrei,per un poco di tempo, essereconvertito in uccello, per

provare quella contentezza eletizia della loro vita».149 Lacatastrofe della natura siprecisa nella separatezza delsoggetto, nella frenesia delcanto,nelladefinizionediundesiderio e di una speranzache attraversano prima eseconda natura e si liberanonell’immaginazione pura.Teniamo presente quelconcetto del ridere: ha unarilevanzametafisica.150Ma è

più che metafisico: ècostruttivo.Èunapotenzacherappresenta una delle figuredell’immaginazione e,spingendola al confronto,nella sua indipendenza edautonomia, colmondoastratto,purelalibera.Il risoèunattodidiritto.Didichiarazione di libertà. Il«Frammento apocrifico diStratone di Lampsaco», daqueste altezze, ci precipita

nuovamente nellacompattezza cosmicadell’infelicità e del nulla.Sembra quasi che Leopardiproduca provocazionicontinue contro il suopensiero e la speranzadell’immaginazione. È unafavola cosmogonica: «Dellaorigine delMondo» e «Dellafine del Mondo». Trattatellodi materialismo atomistico:ovvero, una o più forze

plasmano e distruggonol’universo, continuamente.«Infiniti mondi nellospazio infinitodell’eternità»151 giungono adistruzione. Unaipotesi fisico-escatologica: ilmondositrasformadasferaaruota, da cerchio traforato adanello — fino a precipitarenel fuoco. Gli anelli diSaturno insegnano. Unatomista seicentesco non

avrebbe saputo dire dimeglio. Leopardi egualeGassendi? Eppure, «venutimenoipianeti,laterra,ilsolee lestelle,manon lamaterialoro, si formeranno di questanuove creature, distinte innuovi generi e nuove specie,e nasceranno per le forzeeterne della materia nuoviordinidellecoseedunnuovomondo. Ma le qualità diquesto e di quelli, siccome

eziandio degl’innumerabiliche già furono e degli altriinfiniti che poi saranno, nonpossiamo noi né pursolamentecongetturare».152Eil «Cantico del gallosilvestre» aggiunge: «nonpotendomorire quel che nonera, perciò dal nullascaturirono le cose chesono».153 Da un nullanaturale,umanoestorico.«Inqualunque genere di creature

mortali, lamassimaparte delvivereèunappassire».«Ogniparte dell’universo si affrettainfaticabilmente alla morte,con sollecitudine e velocitàmirabile». «Solo l’universointero apparisce immunedallo scadere e dal languire»— contro le sue parti?No, «tempo verrà che essouniverso, e la naturamedesima, sarà spenta».154«Un silenzio nudo, e una

quiete altissima, riempirannolo spazio immenso. Cosìquesto arcano mirabile espaventoso dell’esistenzauniversale, innanzi di esseredichiarato né inteso, sidilegueràeperderassi».Bene,ma tutto questo è il destinodel nostro nemico, laconclusione della suaviolenza naturale. Il gallosilvestre, come l’uccellodell’«Elogio», ride. Perché

l’immaginazione da tuttoquesto è libera, e puòprodurneperl’inimicaNatural'immagine, non essernesottomessa. La distruzione,l’entropia dell’universo:«Questa è conclusionepoetica, non filosofica.Parlando filosoficamente,l’esistenza, che mai ècominciata, non avrà maifine». Questa è conclusionepoetica e metafisica.

L’immaginazionesilibera.Lacatastrofe della ragione,quanto più l’approfondiamo,tanto più si mostracome altra, possibilefondazione. Il disastrocosmicoè l’unica fondazionedella morale. Averlo dentro,nell’animo, possederlo— perché libertà edimmaginazionepossanodarsi.

LeOperettedel’24hannomantenuto l'impegno che si

erano assunte: quello didescriverci un’analiticanegativadellaragione,esonopervenutefinoalpuntoincuile condizioni, non di unaricostruzione del mondo, madella fondazione di unapotenza costitutiva, poeticasonodate.Daquestopuntodivista le Operette del ’24chiudono veramente un ciclodelpensierodelLeopardi.Diqui in avanti, e già nelle

Operette del ’27(che vedremo fra poco), nonsi tratterà più di scrivereprolegomenidiunapossibile-impossibile conoscenza, madi produrrequesta conoscenza dentro lacondizioneontologicadata.Eun periodo, questo che vadalle Operette del ’24 aquelle del ’27, decisivo nellavita diLeopardi.Comincia ilsuo vagabondare fra

Recanati,Milano,Bologna, epoiancoraBologna,FirenzeePisa.155 Questo faticosoviaggiare, alla ricerca dellagloriaedilavoro,framalattiee frustrazioni, può per certiversi risultare dispersivo, opeggio, distruttivo: «Io sonounsepolcroambulante»156—di fatto è il simbolo esternodella conclusione diun’epoca e la prova di unpassaggio nel regime delle

aspettative e delle passionileopardiane. Il segno piùevidente,edinterno,diquestopassaggio mi sembraconsistere nel progressivorestringersiinquestianni,poinel definito esaurirsi, dellavoro allo Zibaldone.Indubbiamente nel fatto chelo Zibaldone si concludavi sono ragioni moltopratiche:Leopardicominciaalavorare per vivere e molto

del materiale altre volteliberamente redatto ora vieneincluso in progetti dariportarsi al mercatoletterario: «Ho dato un certoordine a un grandissimonumero di materiali che hoper lavori da determinarsiquando i materiali sieno asufficienza e la salute inmigliorstato».157Piùtardi,inuna gustosa lettera a PietroColletta, riferisce una serie

lunghissima di titoli,corrispondenti a lavori inparte effettivamente in corso,in parte fantastici: «Voiriderete di tanta quantità dititoli; e ancor io ne rido, eveggo che due vite nonbasterebbero a colorire tantidisegni. E questi non sonoche una quinta parte...».158Aldi là tuttaviadelle ragionipratiche ve ne sono altre, dicarattere sostanziale, che

attingono cioè al progettometafisico. Vale a dire chel’esperienza delleOperette èsembrataalLeopardipositivasul terreno sistematico.Laddove il «sistema» vogliasvilupparsi,edessendoormaiprovato che esso non lo puòsecondo una qualsiasi lineaanalitico-deduttiva (leillusioni del sensismo e del«mio sistema» del ’21!) —bene, la ricerca potrà

organizzarsi in grandirubriche,checorrispondanoaregioni fenomenologiche edontologiche da esplorare.«Memorie della mia vita»,«Manuale di filosofiapratica», «Machiavellismosociale» ecc. — e poi laripresa sistematica del lavorosu Omero, del giovanilediscorso sugli «Erroripopolaridegliantichi»ecc.159— queste rubriche non sono

solo progetti editoriali macampi di approfondimento diuna metafisica dei costumi.Lo Zibaldone termina la suafunzionediliberobrogliacciodi idee e di sensazioni, dilibro mastro di un navigareselvaggio: ora le rottesono stabilite, e nelladefinizione di una potenzacostitutiva, poetica, piantatacreativamentenell’essere, c’èunabussola.

SeguendoloZibaldonediquesto periodo, dal suointerno, possiamo d’altraparte vedere come esso siinserisca, positivamente, nelprocesso ideale che leOperette percorrono, e comequindi,daognipuntodivista,esso stesso produca la suaestinzione:inprimoluogopernonesserepiùnecessario,masubordinato all’andamentosistematicodelleOperette, in

secondo luogo perché questene riprendono, al livello piùalto, le più matureconclusioni. Lo Zibaldone1825-1827 (e la sua ultimaappendice 1828-29)160costituisce così una specie ditrait-d'union fraOperette del’24 eOperette del ’27, e locostituisce nel suo esaurirsi.Vi troviamo innanzitutto unapars destruens. Cosìcome, per altri versi, fa in

questo periodo Leopardi,anche noi ne raggruppiamoqui gli argomenti sottorubriche. «Contro lateleologia»: è una primarubrica. Conosciamo iltessuto del ragionamentoleopardiano, qui lo troviamoesposto in formeestremamente radicali. Lateleologia è attaccata sulpiano sperimentale, nella suainsensibilità al soffrire degli

uominiedeglianimali;161sulpiano morale (è impossibilequalificare moralmentel’ordine dell’universo —qualora anche l’universoavesse un ordine, questo nonè un ordine morale);162 einfine sul terrenopropriamentemetafisico:soloil caso è ordine della vita el’unico fine dell’esistenza:«suprema e terribileconclusione».163 Ma

quest’attacco contro lateleologia non è tantoimportante per laripetizione dei noti temi,quanto perché, nel suoradicalismo,coinvolge un’ambiguità cheabbiamo visto resistere nelsistema leopardiano aproposito del sensismo. Ilsensismo, nel suomeccanismo induttivo eassociativo, contiene se non

una scintilla, certo un ultimoriflesso di teleologia. Questoresiduo va cancellato.164Seconda rubrica dunque:«Sullasecondanaturaovveroilmondodell’illusione»edunformidabile passaggio. Lasensibilità, nota Leopardi,non si presenta comemovimento o appetitoimmediato che reggeconoscenza e vita, il suoemergere stesso è invece

mediato dall’idea, confusonell'orizzonte dell’illusione,ed è solo dentro la secondanatura che si ripresenta,svuotata e trasfigurata,l’immediatezza.165 Ogniresiduo teleologico è cosìsospintofuoridaunambitodisignificato—èunnon-senso— ed il reale si presentacome mondo delleillusioni.166Ognipropensioneteleologica è produzione

antropomorfica di bisogniillusori — essa è falsa siaperché la suabase è illusoriasiaperchélasuariproduzioneèfantastica.167Terzarubrica:«Sulla dialettica delladistruzione ovvero la Naturacome violenza». Se non v’èlegge interna al mondo e lerappresentazioni sonoillusioni,l’orizzontedellavitanon è valore ma guerra. LaNatura è dunque un flusso

ontologico di illusioni, essastessa, determinato dallaviolenza del contrasto fracostruzioni e distruzionicontinue, dalla totalemancanzadicausefinaliedalcaos delle cause parziali,motrici, ecc. ecc.168 Ora, laviolenzadellaNaturaeilcaosdelle illusionisi rovescianoesi rappresentanoinstancabilmente nel mondodella vita inteso in senso

proprio,comemondostorico,politico e sociale: lecasistiche e le annotazionisono continue, petulanti espesso sinceramentereazionarie inqueste pagine.169 Ma questoandamento critico, fino allivello di un gioco poeticocinico e distruttivo, loconosciamo bene ormai,dopolepaginedelleOperette.Qui, accanto a questo noto

incedere della critica vainvecesottolineatol’emergeredi una pars costruens. Se loZibaldone è in generaleschietto, icastico, lo èsoprattutto nelle pagine cheleggiamo.Anchequiqualchepiccola rubrica di argomenti.«Lamacchinamaterialistica»,primadi tutto.Èstato spessonotato che in questo periodositrovanoleaffermazionipiùradicalmente nihiliste del

pensierodiLeopardi.170Edèvero. Infinità casuale delmondo:171 quindi, «pare chesolamente quello che nonesiste, la negazionedell’essere, il niente, possaessere senza limiti, e chel’infinito venga ad essere insostanza lo stesso che ilnulla».172Poi la straordinaria«teoria del neo»: «Tutto èmale.Cioètuttoquellocheè,è male; che ciascuna cosa

esista è un male; ciascunacosa esiste per fin di male;l’esistenza è un male eordinata al male; ilfine dell’universo è il male;l’ordine e lo stato, le leggi,l’andamento naturaledell’universo non sono altroche male, né diretti ad altroche al male. Non v’è altrobene che il non essere: nonv’ha altro di buono che quelche non è; le cose che non

sono cose: tutte le cose sonocattive. Il tutto esistente; ilcomplesso dei tanti mondicheesistono;l'universo;nonèche un neo, un bruscolo inmetafisica. L’esistenza, persuanaturaedessenzapropriaegeneraleèun’imperfezione,un’irregolarità, unamostruosità. Ma questaimperfezione è unapiccolissima cosa, unveroneo,perchétuttiimondi

che esistono, per quanti equanto grandi che essi sieno,non essendo però certamenteinfiniti, né di numero né digrandezza, sono perconseguenza infinitamentepiccoli aparagonedi ciò chel’universo potrebbe essere sefosse infinito; e il tuttoesistente è infinitamentepiccolo a paragone dellainfinitàvera,percosìdire,delnon esistente, del

nulla».173 Completorovesciamento diun’immagine leibniziana delmondo. Si ripete,continuamente, nelle paginedi questoperiodo, quest’efficacia dellascrittura nihilista. Fin qui ilrovesciamentodelconcettodiinfinitoinquellodinullasièsviluppato a partiredall’analisi dell’infinitospaziale,174 ora il discorso si

applica all’analisi delconcettoditempo,dieternità,di infinito e di nullatemporali.175 Ed anche inquesto caso lededuzioni nihiliste sonorigorose. Ma perché dunquechiamiamo pars con-struens,queste pagine nelle quali uncosì feroce vigorenihilista viene mettendosi inatto? Perché, come nelleOperette, il nihilismo

leopardiano funge solo dareagente metafisico: essodissipa ogni pretesanaturalistica, libera da ogniinduzione sensistica, è unavera, la vera époché delmaterialismo. «Il nulla nonimpediscecheunacosacheè,sia, stia, dinnanzi».176È solouna così radicale concezionedel nulla che ci permette didepurare la definizione dispirito di ogni residuo

spiritualista e di farneun’essenza completamentemateriale.177 Anzi: «che lamateria pensi, è un fatto.Unfatto perché noi pensiamo; enoi non sappiamo, nonconosciamo di essere, nonpossiamo conoscere,concepire, altro chemateria».178 II nihilismoleopardiano non è unateoria ma una pratica dellanegazione che si accetta:

dunque il rovescio delmisticismo che, attraverso lapratica dellanegazione, ipostatizza uninfinito positivo. «Chi vi hapoidettocheesserinfinitosiauna perfezione?».179 Lamacchina materialistica ècosì in moto ed ha nelnihilismo il suo punto diaccensione. Con quantodolore, è vero: ma non èquesto rapporto fra

radicalismo nihilista dellacritica e la sua iscrizionecorporea, materialistica, labase dell’unico, possibileconcetto di ragione?«Mitologia della ragione»,seconda rubrica diproposizioni costruttive. Noinon abbiamo illusioni daopporre alle illusioni dellanatura, ma quando questamancanza è registrata neldolore,sullaconoscenzadella

verità che è sempre causa didolore, allora noi siamo ingrado di costruire nuovarealtà.180 Solo attraverso ildolore sopportiamo laviolenza della natura, delletrafile distruttive che essaci impone: non il dubbiomail dolore è alla base dellascienza.181 Mitologia non èarte di dissimulazione edipocrisia, come fra imodernitaloralariconosciamo—essa

è arma di demistificazione edi riappropriazione delmondo. La mitologia, comefra gli antichi, anche oggi,costruisce realtà, contro ilsoffocante peso dei cieli.182Come tutto si rovescia, tuttoquello che nell’immaginetradizionale di Leopardi ci ètrasmesso come normale equieto! In realtà è zavorraaccademicaeprogettodelpiùreazionario dei poteri, quello

sulla cultura e sul liberosapere!CosìLeopardi innovaqui quella Mythologie derVernunft dall’analisi dei cuitermini eravamo partiti inquestostudio,ece lamostra,rinnovata, dopo che il suopensiero ha attraversato,liberandosene, l’analiticadellaragioneelasuamortaledirezione. Leopardi cirestituisce qui la genesi dellafilosofia classica tedesca

come materialismo, farepoetico, mitologia costruttiva— come grande metafisicasottratta all’idealismo. «Ilpoetico»: terza rubrica. Lamitologia si specifica inpoetica, come attometafisico che evital’astrazione filosofica («igrandi filosofi sonodinaturaantifilosofici»),183 che siinventa nella prassi,184 cheproduce conoscenza vera.

MitologiaèilD’AlembertdelDiscours préli-minaire del'Encyclopédie — vogliamoconoscenza, vogliamo saperedel concreto, e arte laddovesono consuetudine eservaggio — vogliamoconoscenza poetica.185 Chiavrebbemaipotutopensareaquesta vigorosa ripresa deiLumi nel più nihilistaLeopardi? Davvero, «la miafilosofia non solo non è

conducente allamisantropia...».186 Alcontrario:«Iovivodunqueiospero».187 L’irriducibilitàdella speranza, nel dolore,attraverso la mitologiapositiva della ragione, sitoglie alla disperazione,scuote la rassegnazione, si fapoetica. Poetica, e cioècostruzione dell’essere,immaginazione liberata188—speranza,ecioèvedere,udire,

cantare.189Siamo nel mezzo delle

Operette del ’27: «IlCopernico. Dialogo»190 e«Dialogo di Plotino e diPorfirio».191Nel«Copernico»due sono i temi che reggonoildialogo:ilprimoriguardalafunzione costitutiva dellapoesia, il secondo riguarda ilsenso materialista dellarivoluzionecopernicana.Ora,il gioco burlesco si scopre

subito in discorso attorno alsapere, alla poesia ed allafilosofia come attività checooperano alla mutazionedegli uomini; in questagrande mutazione che è larivoluzione copernicana, inquesta trasformazione dellaconcezione generaledell’uomo, filosofia e poesiahanno dunque funzionecreativa. E più la poesia chela filosofia, per quanto siano

della medesima famiglia.Perché infatti, anche se«questi non sono piùtempieroici»,pureallapoesiaè affidata la vocazionemetafisica di invogliare,attraverso le illusioni, gliuomini al sapere e allavita: «mentre i filosofi glisvogliano».192 È comunqueuna potenza rivoluzionariaquella che la filosofia e lapoesia sono qui chiamate a

descrivere: una potenzarivoluzionaria perché questainvenzione, questosconficcare e smuovere laTerradalcentrodell'universo,comporta la fine di ogniconcezione antropomorfica edi ogni ideologia religiosa etradizionale. Con una levagliela si può riuscire, diceCopernico, a far rotolare laTerra fuori dal centrodell’universo. Ma la cosa è

più complessa: «Vogliodire, in sostanza, che il fattonostro non sarà cosìsemplicemente materiale,come pare a prima vista chedebbaessere;echeglieffettisuoi non apparterranno allafisica solamente: perchéessosconvolgeràigradidelledignità delle cose, e l’ordinedegli enti; scambierà i finidellecreature;epertantofaràun grandissimo rivolgimento

anchenellametafisica,anziintutto quello che tocca allaparte speculativa del sapere.Enerisulteràchegliuomini,se pur sapranno o vorrannodiscorrere sanamente, sitroveranno essere tutt’altraroba da quello che sono statifin qui, o che si hannoimmaginato di essere».193 Ilsentimento della rivoluzionematerialistica implicata dalcopernicanesimoèqui totale.

Un’incredibile felicitàmaterialistica e atea anima ildialogo. L’invenzione dellafavola è adeguata e cooperaalla riuscita dell’effettocritico. E tutto questo nontoglie, anzi accentua, le tintedi fondo del quadrometafisico: ché, infatti,un’ironia corrosiva percorrequegli spazi nei quali lafinzione poetica pone ildialogo, enellamaestositàdi

mondi e tempi innumerevoli,eccolìgettate le ipotesidellaentropica stanchezza delSoleedialtriesserirazionaliabitanti i pianeti, ecc. ecc.Tanto più questo esaltal’alternativa creativacopernicana, la funzionecostitutivadelsapere.Quantopiù l’ombra della naturas’allungaedivienenotturnaeirriconoscibile, tanto più, inquesto disastro dell’analitica

della ragione, possonocominciare aformarsi l’«altro», il«diverso», la costituzioneumana. Nel «Dialogo»fraPlotino(chequièPlatonee tutta la tradizionespiritualistica) e Porfirio -Leopardi,ildiscorsocontrolanatura, contro la fissità dellaleggenaturaleel’interaseriedi conseguenze checiòcomporta,sifaancorapiù

forte. Infatti il dialogoè soloapparentemente sul suicidio;neppure esso concentraparticolarmente la suaattenzione sulle affermazionipessimisticheattornoallavitachepursononumerosissimeeradicali. Il centro ePanima del dialogo sonoinvece rappresentati dalcontrastofra«questasecondanatura governata e direttanella maggior parte

dalla ragione»194 e una«natura primitiva» chepretende di darleggeall’uomo,mentreèsoloinfelicità. Sicché la secondanatura, pur nella suaartificialità e proprio perquesto, è Punico mondochecisiaormaivivibile.«Laverità è questa, Plotino.Quella natura primitiva degliuomini antichi, e delle gentiselvagge e incolte, non è più

la natura nostra: mal'assuefazione e laragione hanno fatto in noiun’altra natura; la quale noiabbiamo, ed avremo sempre,in luogo di quella prima».195Ed è solo sul terreno dellaseconda natura che dunqueabbiamo la possibilità disviluppare la nostraimmaginazione e la nostrasperanza. Ed anche dirifiutare la morte. Perché il

tempo ha costituito laseconda natura, e ce la offrenelle sue contraddittoriedimensioni: una almeno diesse può costituirsi insperanza. «E sempre ilpresente, per fortunato chesia, è triste e inamabile: soloil futuro può piacere».196 Larivoluzione copernicana si èfatta seconda natura. Inquestadimensionedelmondol’infelicità umana si è

fatta tanto grande quanto ilsapere è divenuto potenzacostitutiva. In questa enormetensione il senso dell’esserevero vive la sua liberaprogettazione: un metodoeversivo della realtà, dellanatura, di ogni legislazionepossibile; un disegno dicostituzione che solo nelfuturopuòrealizzarsi.Perchéseilfuturoèunnulla,ciònontoglie che esso sia — nella

speranzadell’uomo,nellasuapotente, copernicanaillusione.

9.Afferrareilnulla

V’è chi sostiene che ilmaterialismo, quando siconiuga a comportamentietici, non può chedeterminare grande tensionelogicaepsicologica—questa

tensione non è tuttaviapreventivamente deducibile equalificabile, e non ènecessario che abbiaconclusioni pessimistiche oesitidisperati.Ilmaterialismoci offre, infatti, soluzionianche di segno opposto, sulterreno etico, e soprattuttograndi esempi di filosofiadella serenità spirituale e delrealismo pratico. Sicché, inquesto variare delle forme

del rapporto framaterialismometafisicoe filosofiaetica, ilproblemacentralenonètantoquello di vivere la tensionequanto quello di dominarla.Tutto questo è vero,soprattutto rispetto almaterialismo antico e allastoria delle sue tendenze.197Maèmoltomenoveroinunaposizionematerialisticachesicollochi sul terreno post-critico.Qui infatti il rapporto

della coscienza allo sfondomaterialistico delmondo nonè segnato dalla distanza,dal dominio, dal controllo,ma dalla partecipazione.D’altra parte il mondo dellamaterialità, divenuto«seconda natura», è percorsoda fasci di luci diverse, daalternative, e la coscienza,partecipando di questaseconda natura, partecipadella sua mobilità. Con ciò

non voglio dire che nelmaterialismo postcriticosi diano possibilità dideduzione dell’etico mentrein quello antico non sidavano: anzi, affermo ilcontrario, che cioè nelmaterialismo postcriticol’impossibilità di deduzioneeticaèestremaeinsuperabilee che perciò — questo èfondamentale — la tensionenella quale si stabilisce il

rapporto fra coscienzapsichica e coscienzametafisica, fra io emondo, èaltrettanto insuperabile. Esarà anche difficilissimo, suquesto terreno, suquesta implacabile tensione,conoscere etichematerialistiche della serenitàe del realismo. Quando lacoscienza vive nell’esseremateriale e partecipainteramente alla sua

drammatica esistenza, non sidanno mitologici e teologiciintermundia di serenità.Il problema critico, quellometafisico, quello etico siscambiano continuamentetestimonianzesull’irresolubilitàdelnullacuipartecipano. Ma, ed eccociallastraordinaria innovazioneche il materialismopostcritico costruisce, daquesto nulla, in questa

partecipazione e scambiodelle facoltà umane e dellepotenze naturali, può essereprodotto essere. La tensionedella coscienza e del mondonon è superabile ma è essastessa produttiva. Produttivadi essere. Di quale essere?Evidentemente di nuovetensioni, di nuovecontraddizioni. La «secondanatura» ne conosce tante,certo più di quante ne

conoscesse la prima. Manon è questo il problema:quello che ci interessa è ilfatto che nel materialismopostcritico la produzionediviene necessariamente laforma nella quale la tensionemetafisica fra coscienza emondo si esprime. L’istanzacritica, escludendo soluzionidialettiche, si instaurasull’orizzonte ontologico:l’istanzacriticaècostitutivae

l’ontologia è ontologia dellacostituzione. Ilmondo diviene più ricco, eforsepiùinfelice.198

InLeopardiilprincipiodipoesia interpreta questarivoluzione nel pensiero delmaterialismo. Non credo didovermi ancora dilungare suquella circolarità di analisimetafisica, di sviluppodel problema critico, dirilettura della storia, di

rivendicazionedell'immaginazione che finqui abbiamo visto dipanarsi.E neppure val la pena diinsisterenuovamentesulfattoche il materialismoleopardiano ha tutte lecaratteristiche di quella chechiamiamo una filosofiapostcritica e, insieme, nondialettica. Quello che invecesembra utile sottolineare è laspecificità costitutiva della

poesiadiLeopardi,unavoltaassuntelecondizionigeneralisopradette. Essa è dichiarataesplicitamente, nellafamosa lettera a Melchiorridel 5 marzo 1824: «CaroPeppino. Non avete avuto iltorto promettendo per me,perché avete dovuto credereche io fossi come sono tuttigli altri che fanno versi. Masappiate che in questa e inogni altra cosa io sono

dissimile e molto inferiore atutti. E quanto ai versi,l'intendere la mia natura vipotrà servire da ora innanziper qualunque simileoccasione.

Iononhoscrittoinmiavitasenonpochissimeebrevipoesie.Nelloscriverlenonhomai seguito altro cheun'ispirazione (o frenesia),sopraggiungendo la quale, indue minuti io formavo il

disegnoeladistribuzioneditutto il componimento.Fatto questo, soglio sempreaspettarechemitorniunaltromomento, e tornandomi (cheordinariamente non succedesenondi làaqualchemese),mi pongo allora a comporre,ma con tanta lentezza, chenon mi è possibile diterminare una poesia, benchébrevissima, inmenodidueotre settimane. Questo è il

miometodo,esel'ispirazionenon mi nasce da sé, piùfacilmenteuscirebbeacquadaun tronco, che un solo versodal mio cervello. Gli altripossono poetare sempre chevogliono, ma io non hoquesta facoltà in nessunmodo, e per quanto mipregaste, sarebbe inutile, nonperch'io non volessicompiacervi, ma perché nonpotrei.Moltealtrevolte sono

stato pregato, e misono trovato in occasionisimili a questa, ma non homai fatto un mezzo verso arichiestadichichesia,néperqualunque circostanza sifosse. Fate accettare questemie scuse al signorCarnevalini, ringraziandolodella opinione altrettantofalsa quanto gentile, che eglidimostra della mia capacitàpoetica, ed

assicurandolo ch'io piango dicuore con tutti i buoni lamorte del suo degno fratello,lo credo meritevolissimo dionore e di lagrime, egodo che si provvegga acelebrare e perpetuare la suamemoria. I miei versifarebbero piuttosto l’effettocontrario, il certo è chechiedere versi a una naturadifficile e infeconda come lamia,èlostessochechiedermi

un vescovato: questo nonposso dare, e quelli non socomporresenonpercaso».199Ispirazione o frenesia chenasce sul caso, e che siarticola sul lavoro. Lerelazioni sono tutto tranneche lineari: ispirazione elavoro, frenesia ecaso.Eppurelerelazionisonocostitutive: è un surplusmaterialistico quello chequesta poetica richiede. Ma

discontinuità e costituzionesono altrettanto vere,irriducibili. La poesia non èserenità né controllo dellepassioni, non è tecnicaascetica né fuga mistica: èrivivere la contraddizionedell’essereriproponendocela intera maarricchita da altri elementi.Una funzionedionistica?Certo,maliberata,attraverso il lavoro, di ogni

sbilanciamento acritico. Unafunzioneapollinea?Certo,macarica della tensione delmondo. Il lavoro ci salva daDioniso,ilcasocipreservadaApollo — l’ispirazione èfrenesia di un esserecontraddittorio. «Tutto si èperfezionatodaOmeroinpoi,ma non la poesia».200 Essa èil fare dell’essere: èrivelazione della suadiscontinuità ma insieme è

momento altissimo del suocontinuo rivoluzionamento.La poesia comprende ilpensiero e dell’incedere diquesto, fra struttura e storia,franaturaemondo,interpretailmomento dell’innovazione.La poesia è l’immaginazioneche interpreta, rompe ecostituiscelaseriedell’essere.Occorre insistere non tantosul significato costitutivo diquesta funzione poetica

quanto sulle dimensionimaterialistiche dellacostituzione. Il valorepoetico, la sua emergenza, lasua irriducibilità ad altrivalori è una novitàmaterialedell’universo.Èqualcosache,nella sua qualificazionespecifica, ha l’insistenzaontologica di qualsiasi altrooggetto messo in forma,prodotto ex novo dall’attivitàdell’uomo. Ma, accanto a

questamaterialità determinata, ilpoetico attiene al limite delmondo, alla conoscenzametafisica.201Lasuaparolaèdi conoscenza dellimite dell’esistenza e dellacontinua lottadentro laqualele potenze dell’universoincrociano le loro esistenze.Una materialità prodottadall’uomo e che possaaccumularsi sull’essere e

offrirne sempre di nuovo lamisura di costruttività. Latensione dell’animo e dellamateria, in questa filosofiapostcritica, si èfattairresolubile,nellamisurastessa nella quale l’animopartecipa della materia.Percorriamo così l’orlodell’essere: la poesia ci dicechetuttoquellochesuquestolimite si muove, comesull’orlo della distruzione,

nella casualità assolutadell’essenza, può essereinnovato. II più alto deiparadossi della coscienzamaterialistica è quellopoetico:ilfarenelnulla,ilfarnascereesseredalnulla,nellamagia di una creazione dioggetti che hanno in séun’unicalegge—quelladellacostituzione, del nuovo,dell’unico vero di cuipossiamo dire e nell’unico

modo nel qualepossiamodirlo.202

Rimettiamoci nellasituazione del Leopardi, allimitebassodellagrandefasepoetica del 1828-30. Nelmondo del Denken sonocostruitetuttelecondizionidiquesto altissimoDichten:203 lo abbiamovistoleggendoloZibaldoneele Operette. Le esperienzevitali e il vagabondaggio di

questi anni non sonoinvece particolarmentesollecitantiper lapoesia—ese lo sono, lo sono in sensodialettico e paradossale.Leopardi partecipa infatti diuna commedia umana deltutto comune — ricerca dilavoro e spostamenti diresidenza a questo scopo;innamoramenti e delusioni;amicizie, rapporti sociali equalche buona relazione

letteraria. S’aggiungono ildifficile, sempre irrisolto,eppure sempre affettuosolegame con la famiglia e lepessime condizioni fisiche.Ora, ciò che risultadeterminante nel mettereLeopardi prima in unasituazione di atonia eimpotenza poetica, poinelpermetterglidiaccedereaquell’altissimo periodo diproduzionelirica,nonètanto

il rapporto sociale subito dalpoeta—èinvecel’alternativache il pensiero e il progettoteorico fissano con il sociale. In un primomomento tale rapporto è deltuttonegativo, asfissianteperla volontà di rottura poetica,ma anche solo per la facoltàdi intendere la tensionemetafisicadellasituazione—l’attenzione è soggiogatadall’insignificanzadelmondo

e quindi volta a denunciarel’impossibilità di un poetareche accetti questo disagio,questaprepotenzadiinterdettidi un mondo inerte. Ma èesattamente su questo puntoche esplode il rifiuto ed è daquesto rifiuto del sociale chenasce la grande esperienzapoeticadel’28-30.Ilrifiutoèanticipato dal Denken, ed èvissuto, con la normaleambiguità che comporta il

sopravvivere, in tutti gli annidel vagabondaggio — maintanto s’accumula, si forma,si prepara inconsciamente laripresa poetica. L’effetto delsociale, della ripresa di unampio rapporto civileper «l’eremitadell’Appennino»204 è dunqueparadossale: la vita socialediviene solo negativamentestimolo del poetare, e cioèquando il Denken abbia

accolto in sé il sociale pervalutarlo come illusione enulla. Leopardi riesce aprodurre un alto nuovociclo poetico solo nellamisura del rifiuto. Di unrifiuto tutt’altroche anarchico, piccolo, breve— esso ha la rilevanzametafisica che abbiamosottolineato. Mi accorgo diquanto sia difficile spiegaretuttoquesto:voglioriprovare.

L’inserimento di Leopardinelmondoèaccostamentoaduna miseria che gli ripugna.Perunlungoperiodoneèpercosì dire imprigionato, oalmenoimpigliato:ilpuntodivista metafisico non riesce aconfrontarsi con il reale. Esolo quando il rifiuto dellamiseria delmondo, della suabanalità, della prepotenza diquesto orrido circolaredelle cose che forma

l’orizzonte quotidiano, siafferma— è solo allora chel’immaginazione puòschiodarsidall’assuefazioneerimettersi in movimento sulritmodelpensierometafisico.Nonè la societàcheproducela poesia di Leopardi, èLeopardi che, rifiutando dalpiù alto punto di vistadell’eversione poetica questasocietà, simuove a costituirerealtà—altra,diversa.

L’epistola poetica del1826 Al Conte CarloPepoli205 è assolutamentecaratteristica di questa fase.Canto cronologicamenteisolato nel contestodell’opera, esso vienenormalmente sottovalutato,quandononsiastizzosamenteliquidato in quanto canzonereazionaria.206 È invecequesto suo isolamentocronologico dal resto dei

Canti che lo rendeparticolarmente significativo:perché isolamentocronologico dagli altri Cantinonsignificacertoisolamentotematico,rotturadelprocessodi pensiero del Leopardi:anzi, in questo momento,l’epistola poetica ci permettedicoglierelamedietàdiquelrapporto fra Denken eDichten, e fra vocazionemetafisica ed esperienza del

mondo, di cui fin qui siamovenuti discorrendo. E diverificarne la qualità. Unafenomenologia dura,incredibilmente dura, deltempo della vita. Laripugnanza del tempo dellavita e della suaorganizzazione. Questo è losfondodelCanto.Lacriticaèconcettosa, muove e sisviluppa nella sferadell’astratto — non per

questoèmenoconcretamenteecoraggiosamentecinica.Unsolo esempio, la concezionedel lavoro. Essa passaattraverso alcuni diversi maarticolati tempi: la denunciadel lavoro insensato,cioèdell’insignificanzavitaledel lavoro dei proletari (vv.12-37); la denuncia dell’oziosensato, cioè dell’inutilità diriempire di senso la vita, dapartedeiricchi(vv.37-53);la

dichiarazione dell’inutilitàoziosadellavita edel lavoroingenerale:«Ètutta,/Inogniumanostato,oziolavita,/Sequell’oprar,quelprocurarchea degno / Obbietto nonintende, o che all’intento /Giunger mai non potria, bensi conviene / Ozioso nomar»(Al Conte Carlo Pepoli, vv.7-12). Siamo ben lontanidall’esaltazione del lavorodegli artigiani romani sulla

viacheconducevaallatombadel Tasso! Qui i lavoratorison «de’ bruti la progenieinfinita»,noncertoperchéunsenso di disprezzo nobiliarenei confronti dei proletarianimileparolediLeopardiosia subentrato nel suo spirito—ma perché insieme al piùforte sdegno per l'ozio deinobili, qui si registra unnuovo livello dellafenomenologia sociale: non

più natura contro ragione,passione contro spassione,comeneltempodelviaggioaRoma e della visita alsepolcro di Tasso, bensìaffermazione di una nuovatotale e insolente irrealtà delmondo che può essere rottasoloinavanti,versomomentidi totale ricostruzionepoetica. V’è invero, inquesto passaggiofenomenologico, un

sentimento dello scacco deiconcetti di pratica sociale, disenso della storia, di riformadei costumi, che è totale.L’intera società è spettacolodi oziosa insignificanza, dimalattia sottile e di mortesicura: l’incombenza di unafenomenologia di morte èimplacabile. Non vi si puòsfuggire: «Altri, quasi afuggirvoltola trista /Umanasorte,incangiarterreeclimi/

L’età spendendo, e mari epoggi errando / Tutto l’orbetrascorre,ogniconfine/Deglispazicheall’uomnegl’infiniti/ Campi del tutto la naturaaperse, /Peregrinando aggiunge. Ahiahi,s’asside/Sul’altepruelanegra cura, e sotto / Ogniclima, ogni ciel, si chiamaindarno / Felicità, vivetristezza e regna» (Al conteCarlo Pepoli, vv. 79-87). Il

sentimentodello scaccodellapraticasocialedeveoraesseredislocato sul livello dellapraticapoetica,ed ivi trovareun’espressione innovativaadeguata all’intensità delloscacco,alsuopotenziale—èinquestosensocheprocedeilpensiero leopardiano. Quinon avvertiamo tuttavia lanecessità di questo passaggiose non in termini di disagio,di secchezza dell’ispirazione

edellanostalgia.Ridottotuttoil mondo a indifferenza, ilpoetare deve seguire, condisagio ma con efficacia,questa realtà: dipingerel’orrido. Essere vero con ilmondo. Il poetare è qui unbattito freddo,eppure, inciò,perfettamente adeguato allamateria. La secchezza delpoetare è secchezza dellamateria:ilrapportoèoratorio,il carme deve riprodurre il

reale. Chi può ancoraaffermare, quando abbiapresenti queste condizioni didisagioediscacco—chipuòancora affermare che questoCanto non rappresenti unimportante contributo allacostruzionedell’orizzonte poetico delciclo 1828-30? Tutta unaserie di consuetielementistereotipi—«ilcaroimmaginar», «le dilettose

immagini», «il sereno esolitario riso», « commossa»«tacita luna»,«l’acerbo vero», «i ciechidestini», «questo arcanouniverso»...—vienepercosìdire qui consumata. Sesaranno ripresi lo sarannodentro un nuovo quadro chene modifichi interamente laconsistenzaelerelazioni.Perora il problema è quello discoprire una nuova forma

poetica che sappia adeguarsialla rottura in avantidell'ordine del reale, che siaveramente ed efficacementecostitutiva.Finoaquelpunto,con freddissima ironia,possiamo concludere: «Inquesto specolar gli ozitraendo / Verrò: checonosciuto,ancorchetristo,/Ha suoi diletti il vero» (Alconte Carlo Pepoli, vv. 150-152). Pensare, ricercare il

vero,continuare...La continuità leopardiana

di questo periodo è quellametafisica. La grande poesiasorge sul compimentodell’indagine filosofica. Laserie poetica si forma comeprodotto del pensiero. Ma lapoesia ha un vantaggio:trasforma il mondo. Nonappena il pensiero raggiungela pratica poetica esso è dinuovo costretto a

riconfrontarsiconilvero,conun nuovo vero. Lapoesia cambia la definizionedel vero. È a Pisa, sembra,che all’inizio del 1828Leopardi comincia ad uscireda quel disagio chedeterminava il contrasto fraconcezione del vero come«secondanatura»edifficoltà,impotenza, a dirlo. Già daBologna, un paio d’anniinnanzi,pocodopo la stesura

dell’epistola poetica Alconte Carlo Pepoli (sevogliamo stare alle notebiografiche che in questoperiodo hanno, mi sembra,così poco valore), Leopardiscriveva al fratello Carlo diunadonnalacuiamicizia«miha disingannato daldisinganno, mi ha convintoche ci sono veramente almondo dei piaceri che iocredeva impossibili, e che io

sono ancor capace d’illusionistabili, malgrado lacognizione e l’assuefazionecontraria così radicata, ed haresuscitatoilmiocuore,dopoun sonno anzi una mortecompleta, durata pertanti anni».207 Comunque èda Pisa che troviamo la notadello Zibaldone: «Laprivazione di ogni speranza,succeduta al mioprimo ingresso nel mondo,

appoco appoco fu causa dispegnere in me quasi ognidesiderio. Ora, per lecircostanze mutate, risortalasperanza, iomitrovonellastrana situazione di avermolta più speranza chedesiderio, e più speranze chedesideri ec.».208 Ancora notabiografica: essa va letta sullatraccia, sul tessutodelpensieroleopardianoedelsuosviluppo.Eallora,questa

speranza è il raggiungimentodel limite positivo delpensiero metafisico, laddovecioè la forza delle tensionisviluppa volontà di fare. Dicostruire. Lo Scherzo209pisano del 1828 rivelaquesta tensione, questosupremo momento diespressionediunavolontàdipoetare che costruiscacomunque. «La lima» delfare poetico manca, ci

suggerisce scherzosamenteLeopardi, al completamentodellamiafrequentazionedellaverità. «Or facciam senza»,risponde la Musa. Leopardiinsiste, recalcitra:«Ed io,madi rifarla / Non vi cal,soggiongea, quand’ella èstanca?»(Scherzovv.16-17).«Rispose: hassi a rifar,ma iltempomanca»(v.18).Eccocidunque, non dentro labanalitàdiequivoche,sempre

ambivalenti dichiarazionibiografiche ma nel ritmodella già grande poesia,davantialrivelarsiinizialedelnuovo ciclo poetico. È latensione ingenerata frasperanza e «tempo chemanca», fra maturazionemetafisica e sua imprecisa efaticosa apertura sul futuro.La leggerezza di questoesperimento poeticonon inganni. Anche senza

troppo sovraccaricare ilpassaggio di significatiallusivi possiamo senz’altroriconoscerechequimoltideitemi concettuosamente efreddamente espressinell'Epistola a Pepolimaturano in breve.Manca lalima diun’adeguatezza culturalegenerale e di una scuolapoetica — universalmentesviluppata; subentra la

necessità della rottura —quella necessità che losviluppo del pensierometafisicoavevadeterminato.Il martellamento concettualedell’EpistolaaPepoliqui sirivela come operazionestrategica: una massicciapressione prima dellosfondamento. È solopercorrendo poeticamentel’impossibile orizzontedell’esser vero che potrà

essere costruito essere vero,afferrato, trattenuto. Poesiamoderna,metafisica nuova. Ivecchistrumentinonservonopiù. La lima non v’era, mamanca il tempo. In Leopardisperanza e tempo sono, inquesta fase teorica, nelcautissimo realismo(sconfinante nel pessimismo)delle sue definizioni, quasidei sinonimi. In altrocontesto, forse più letterale,

più consueto, l’affermazione«manca il tempo»potrebbe significare «mancala speranza». Qui invecel’ansia di questo «mancaredeltempo»èdichiarazionediuna «presenza di speranza»— nervosa presenza,malessere esplicito, tuttaviaaperto al lavoro poetico.Un’ansiachenullagarantiscedal punto di vista biografico,che solo la metafisica regge

— nel mentre impone lapoetica come tentativo disoluzione, comunque,della problematica deldisagio, come tensione dicostituzione di nuovo essere.Una ripresa del lavorod’officina, nel cuore stessodell’esserevero.

Allimitebassodelgrandeciclopoeticodel1828-30,checominciamosoloa toccare, èdifficile dare di questo una

caratterizzazione generale.Nutro tuttaviamolto sospettonei confronti delleinterpretazioni chedefiniscono una specie dilogica interna diconcatenamento di questogruppo di Canti.210 NonperchéquestiCantinonsianoraggruppabili, non perché—sia da un punto di vistastilisticosiasoprattuttodaunpunto di vista concettuale—

non presentino notevolissimeanalogie. Ma perché conquesti Canti la poeticaleopardiana si fa praticadell’essere, afferra i sensiparticolari e quello generaledell’essere, per trasformarli.Leanalogie sono subordinateall’innovazione e ciò che quiinteressa è soprattutto comeLeopardi vive di voltain volta questoapprofondimento verso

l’essere vero, ed ilsenso dell’afferrarlo. Uncammino che, nella misuranellaqualeLeopardisviluppail proprio punto di vistametafisico, è internoall’essere, si direbbedominato dall’essere. Non èquindi importante,nell’affrontare lo studio diquesti Canti, cercareformule riassuntive, quantoinvece disporsi a seguire un

progetto che si conforma ediviene sui ritmi di uncomando metafisico edell’abbandono ad esso daparte di Leopardi: quindi unsuo lento riprenderepossessodi questa dimensione. Diquesto «etere» poeticodell’essere.

Nella formadell’abbandono, lacostruzione diun’autocoscienza del ritmo

dell’essere si mette in motone’ Il Risorgimento.211Abbandono ad un flussodell’essere che si presentacome flusso di ricordanze:l’interadialetticanegativadelpiacereedeldesiderioècosìripercorsaedinuovonesonodefinite le risultanze — la«serena» impotenza delsoggetto e l’egemonia del«tristo secol». Quanto laserenità sia aliena dalla

tensioneedallapositivitàdelpoetare appare qui con forzadefinitiva — la serenità èfigura dellamorte del secoloe della estinzione della virtù,èlasuperficiedell’abbandonoall’insensato battito delleparticelle della vita, allavegetazione sensitiva dellavita. Di contro: «Chi dallagrave, immemore /Quiete ormiridesta?/Chevirtùnovaèquesta, /Questa che sento in

me? / Moti soavi, immagini,/ Palpiti, error beato, / Persempreavoinegato/Questomio cor non è?» (IlRisorgimento, vv. 81-88). Ilrisorgimentosipresentacomeinversione del segnodell’essere. Il cuore vientratto fuori dalla necessitàdella morte: la domanda sul«chi?»operi quest’inversionedelle tendenze, questariapertura della tensione

contro la serenità, non hatuttavia risposta. Il poeta siaffida ad una fenomenologiadell’essere dove la scopertadel risorgimento è altrettantooggettiva della più esplicitasperimentazione della morte,nella ricordanza: «Giacqui:insensato, attonito / Nondimandai conforto: / Quasiperduto e morto, / Il cors’abbandonò. / Qual fui!»(vv.37-41). Il risorgimentoè

un abbandono, all’essere e,conseguentemente, al«bell’inganno», al mondoreale dell’illusione: «Pursento in me rivivere / Gliinganni aperti e noti, / E de’suoi propri moti / Simeraviglia il sen» (vv. 145-148). Perché questocangiamento, etrasformazione del segnodell’illusione? Perché questabella meraviglia? Non v’è

risposta. Essa, così come eravenuta costruendosi nelpensiero di Leopardi, è oraqui solo presentita, nonespressa:«Mancano, il sento,all’anima / Alta, gentile epura,/Lasorte,lanatura,/Ilmondo e la beltà. /Ma se tuvivi, o misero, / Se nonconcedi al fato, / Nonchiamerò spietato / Chi lospirar mi dà» (vv. 153-160). Nella forma

dell’abbandono il rapportoall’essere rivela un fortedécalage fra pensare epoetare: la speranza è quisoltanto un presentimentomentre in filosofia è già unatto. Ma questopresentimento poetico correl’essere e lo trasforma comela filosofia non può. Ilmiracolopoeticoèall’operaemodifica ilconcettostessodifilosofia,facendo(controuna

secolare tradizione) dellalogicaunaastrattascienzadeldover essere, una realtàlunare, laddove la poesia èconcretezza — imperfetta,indefinitaquantosivuole,mareale — dell’essere. Qui,dunque, la tradizione poeticadel progetto filosoficoprocura un primosorprendente effetto: sfilandol’essere in presentimentocostituisce un terreno fisico,

immediato, del pensiero. ASilvia212 si prova su questonuovo passaggio: di fisicità,di immediatezza del pensieroin quanto filtrato dalsentimento, nella costruzionedel reale. Come dicevamo,ogniCantoèoraunpassaggioconcreto,nuovamagliadiuntessuto,nuovoingranaggiodiuna macchina poetica, nonpreordinata ma conseguente,ed ognuno riorganizza uno

strato dell’essere — spesso,quello stesso che è statocostruito poco prima nelmedesimo incedere poetico,sempre tenendo presente lacomplessità dellecomponenti.213 In A Silviaquesto metodo subiscetuttavia uno scarto, forsenegativo. Una concessioneripetitiva alla rimembranza?No,nonsitrattadiquesto.Inrealtàunagrossafisicitàcorre

questi versi, il tema stilisticoe poetico posto da IIrisorgimento è raccoltoe sviluppato. «Silvia,rimembri ancora / Queltempodellatuavitamortale,/Quando beltà splendea /Negli occhi tuoi ridenti efuggitivi, / E tu, lieta epensosa, il limitare / Digioventù salivi?» (A Silvia,vv. 1-6).214 Mal’assorbimento del tema

amoroso e lirico nel graveritmo della rimembranza, edel controllo razionale diquesta, evita al poetare unalibertà adeguata. C’èun controllo della ragione,sopra e contro la fisicità, chenon riesce a cedere. Né v’èalternativa: la natura, iltempo, il sentimento si sono,forse nella memoria, certonella ragione, placati— e lamorte e il dolore sono

compresi in una sorta dirazionale compassione.«All'apparir del vero, / Tu,misera, cadesti...» (vv. 60-61). Insomma, lapropostadeII risorgimento, di filtraresentimentalmente laricostruzione del veropoetico, qui viene seguita: lapoesia, nella sua apparenteleggerezza, è moltoconcettuosa — ma ilcammino è, per così dire,

interrotto da uno squilibrio,da uno scivolamento insiemepatetico e razionale. Ilconcetto diviene fisico, nondiviene metafisico, divienesentimentalemanonsviluppailpresentimentodiunanuovatrama dell’essere. Nel suocontinuo provare e riprovare,Leopardi — lasciata Pisa equel clima di provincialeromanticismochepurtantoloattraeva215 — raggiunta

Recanati e di nuovo quella«malinconiacheèormaipocomen che pazzia»216 —approfondisce enormementeil problema. Il passerosolitario217 è una robustacorrezione di direzionepoetica. Innanzi tutto unostile asciutto, nel quale ognicedimentoallamorbidamodapisana viene meno.La tensionemetafisica rompei veli del patetico, si

ripresentanellasuafisicità.IlCantononèsconsolato:èperla prima volta realistico.Questo realismo, nelledescrizioni della natura, delvivere paesano e soprattuttonella fissazione degli statipsicologici, determina lastruttura del Canto. Letensioni che costituisconol’esserecomincianoadesserecolte in quanto tali e arappresentarsi

drammaticamente. Lasequenza è perfetta: lavicenda del passero solitario,nel contrasto fra lo sfondoluminoso della valle e la suapensosa separazione; lavicenda solitaria delpoeta come analoga —«Oimé, quanto somiglia / Altuocostumeilmio!»—ditral’allegro imbrunire al paese;l’opposizione delle duevicende, in quanto la prima

appartiene alla natura e laseconda appartiene al tempocosciente: «Tu, solingoaugellin, venuto a sera / Delvivere che daranno a te lestelle,/Certodeltuocostume/Nontidorrai;chedinaturaèfrutto/Ogninostravaghezza./Ame,sedivecchiezza/Ladetestata soglia / Evitar nonimpetro,/Quandomutiquestiocchi all’altrui core, / E lorfia vóto il mondo, e il dì

futuro / Del dì presentepiùnoiosoetetro,/Cheparràdi tal voglia? / Che diquest’anni miei? che di mestesso? / Ahi, pentirommi, espesso, / Ma sconsolato,volgerommi indietro» (IlPasserosolitario,vv.45-59).Il concludersi del Canto, quiriportato, non mostrasicuramente una presa sullapossibilità dell’essere eun’imminenza di

manifestazione metafisica.Ma è vero che la pallidafisicità di A Silvia è quiirrobustita, consolidata inimmaginazioneoggettiva. Corteccia dopocorteccia, sfogliamoquest’albero poetico!Leopardi sta provando. Quiraggiunge, dentro edattraverso livelli di sempreirresistibile poeticità, unprimo vero spessore

dell’immagine metafisica,della tensione fra natura edio. Certo, questo realismo,questo raggiustamentostilistico risultanofreddi: nell’inseguire lospessore dell’immagine siraggela la sintesi del ricordo,della descrizione topica edellariflessione.Lasoluzionequi proposta allarappresentazione dellatensione dell’essere sembra

solo conoscitiva: negli ultimiversi,edinparticolareinquel«Ma sconsolato, volgerommiindietro»,-sembra quasiritrovarsinelgiardinoastrattodell’epistola poetica «aPepoli».Nonècosì.Ailimiti,evidenti e pesanti, diespressione metafisica delCanto, corrisponde unamaturazione di forme dipenetrazionedell’essere assaialte. Consolidamento della

fisicità dell’immagine,compiutaconcettualizzazione,struttura drammatica: sonoelementi che sul terrenostilistico hanno unaenorme importanza —soprattutto laddove stile èormaisolamentebattitodiunesserechecostruiscelafiguradelpropriocreare,lafunzionepraticadelverometafisico.Eancora, nuovo passaggio: Lericordanze.218 Il battito

dell’essere qui comincia afarsi respiro — unallargamento eun’intensificazione di quelprogresso di accostamentoall’essere che qui seguiamo.C’è un’enorme ricchezza didescrizione, in questericordanze, le stagioni sisusseguono,econ le stagionidella natura quelle dellavita. L’immaginario fisico èapprofondito al massimo.

Certo, la sproporzione e lacontraddizione fra l’astrattomaterialistico immaginariodell’iniziodelCanto(«Vaghestelledell’Orsa...») e il fisicoimmaginario delle strofeconclusive («O Nerina!...»)sono molto forti. Le partiintermedie, che dovrebberomediare questo passaggioespressivo verso laconcretizzazionedell’immagine,dall’astrattoal

concreto, sono invececontinuamentepiegateadunariflessione impotente eripetitiva sullafuggevolezza della vita.Eppurequestilimitinonsonosufficienti a determinare unandamento negativo delCanto. V’è un crescendo,in questo discontinuomostrarsi dell’essere, chequesto gruppo di Canti, eciascuno in se stesso, viene

costruendo e mostrando. Quila metafisica dell’essere èormaicompletamenteassuntain quella dell’immaginario.La dialettica negativa deldesiderio,eilsuoimplacabilescorrere, sono anch’esseinterrotte dalla potenzadell’immaginario. «Ahi, maqualvolta / A voi ripenso,omiesperanzeantiche,/Edaquel caro immaginar mioprimo;/Indiriguardoilviver

mio sì vile / E sì dolente, echelamorteèquello/Chedicotanta speme oggim’avanza; /Sento serrarmi ilcor, sento ch’ai tutto /Consolarmi non so del miodestino» (Le ricordanze, vv.87-94). La potenzadell’«imago» si ripropone.Questa volta essa nonpromana dalla volontàmetafisica dell’autore: èripresa da un meccanismo

produttivo, da una strutturaespressiva cui Leopardifaticosamente efelicemente collabora. Fra ilRisorgimentodove ilpoetasiabbandona all’essere, e ASilviaea Il passero solitariodove l’essere cercaespressionefisicaneldrammadel mondo, fino alleRicordanze dove ormai laricerca di fisicità si applicaalledimensionimetafisiche,e

la poesia comincia adalludere ad un argomentoontologico di dimostrazionedell’essere: dunque, questoprimo passaggio del ciclopoetico ’28-30 prova la suastraordinaria interna vitalità,ogniCantocrescesull’altroetutti sono aspetti,probabilmente sempre piùmaturi, di un fondamentaleprogetto di esposizione, diuna Darstellung dell’essere

costitutivo.219Una breve parentesi,

prima di affrontare la letturadegli ultimi Canti di questoperiodo, che sono ancheconclusivi di un interoperiodo poetico emetafisico.Abbiamo detto che qui lalinea di sviluppo speculativodetermina la continuità dellalinea poetica. I Canti or oraconsiderati lo hannomostrato. Essi,

purnell’assolutaindividualitàdella loro forma, esprimonoinfatti, al loro interno, unatensione omogenea di veritàmetafisica — un desideriomultiforme, discontinuo econvergente, sempre forte.Eppure non c’è solo un filologico, c’è una linea poeticacorposa—essa èdiretta alladefinizione di veritàmetafisica. Nel descriverequesto processo poetico, la

letturahainsistitosullaforma(eccezionale) di questosviluppo di pensiero,piuttosto che sulla suadinamica complessiva.Orbene, è qui che vasegnalato un momentooriginaleespecifico:edècheil cammino che stiamoseguendo non è un camminofilosofico sviluppato informa poetica: esso èdirettamente poetico-

metafisico, è ilcammino specifico di unametafisica materialistica,direttamente vissuto,immediatamentepraticato.Lapoesia è un soggetto.220Praticare poeticamente unametafisica del materialismosignifica assumere che lapoesia è una potenzacreatrice.Dichecosa?Diunimmaginario umano,assoluto: assoluto nel senso

che rivela la verità dellanostra esistenza. Leopardi èqui, fino in fondo, unmaterialista critico: eglidissolve, praticamente, ogniorigine od ogni orizzontedell’immaginario, perché lovuole come cosa, comepresenza,comerealtà.Lavitapuò essere colta solosulritmodell’immaginario—nellasuaverità,solosulritmodella produzione di illusioni

vere. La poesia è attività discavo, o di espressione,metafisica, diretta.221 Inquesti Canti unagrande materializzazionedell’immagine della vita ci èdata, e sarà completata informe sublimi nei prossimi econclusivi Canti di questociclo. Ora, questamaterializzazione è possibilenel momento stesso in cuitutte le false illusioni sono

tolte. Il contenuto di unametafisica poeticadell’immaginario èdistruzionediogniorigine,diogni dinamica separata, diogni ipostasi,dell’immaginario — di ogniorigine che non sia la tramadei desideri concreti degliuomini, di ogni genesi chenon sia storicagenealogia. Un’ultimaannotazione. Tra queste

categorie — metafisica edistruzione, astratto econcreto — rischia didisperdersi la comprensionedi quegli effetti creativi chepropriamente costituiscono ilpoetico — e la sua sempreenorme semplicità. Main questa separazione, fra ilnostro linguaggio,tecnicamente correttonell’ambitodellafilosofiadelmaterialismo, e la

potenza poetica di Leopardi,si rappresenta la superioritàdel fare poetico sullafilosofia. Si tratterà solo disuperiorità del fare poetico?Io ho l’impressione che laglossa di Marx a Feuerbach(«È tempo di conoscere ilmondo, trasformandolo, esolo la trasformazione nedetermina la conoscenza»)contenga unametafisica riflessione cui la

potenza del fare poeticoleopardianoallude.Anzi,nonsolo esso vi allude ma neapprofondisce laportata. Perché Leopardi,svolgendo la fenomenologiadelmaterialismo, giunge alladefinizione di un termine,almeno, del paradossodella contingenza assoluta.Giunge cioè ad affermare,meglio a produrreun’immagine del mondo

come prodotto delladistruzione, come sorgentedal nulla, immerso nellacompleta irrazionalità. Finqui la teoria: poi dovrebbeseguire il sillogismodella pratica vera, e cioè ladichiarazioneparadossalecheladdove tutto può esseredistrutto, tutto può esserecostruito. L’apologia dellarazionalitàliberaecostitutiva.La poetica leopardiana, su

questo suo apice metafisico,non allude soloall’affermazione che lafilosofia ha compiuto il suodovere di interpretare ilmondo, che ora il mondo vamutato: ci dice che questo èun fondo infinito dipossibilità e che ladistruzione o la creazionedipendono dalla poesia.Dall’immaginazione. Dallapoiesis. Dalla pulsione etica

diogniconoscenza.Dal fare.Nelnulla.222

Due Canti: La quietedopo la tempesta223 e Ilsabato del villaggio224 cimostrano ormai sviluppataquesta tensione metafisica epoetica. L’immagine tipicadel villaggio è data inapertura di entrambi i Canti:unpaesaggismocheèsolountramite per affondare losguardo verso la grande

natura e l’ampioorizzonte storico, e perstabilire, in conclusione dientrambi i Canti, attraversol’invettiva, un metafisicocontrasto. È interessanteanalizzare quest’elementopaesaggistico: esso è, nellaQuiete, naturalistico, nelSabato, storico-sociologico; idue Canti si completano avicenda. Un paesaggismoprima leggero («Passata è la

tempesta: / Odo augelli farfesta,elagallina,/Tornatainsu la via, / Che ripete il suoverso»—La quiete dopo latempesta, vv. 1-4; «Ladonzellerà vien dallacampagna, / In sul calar delsole, / Col suo fasciodell’erba;erecainmano/Unmazzolindiroseediviole...»—Ilsabatodelvillaggio,vv.1-4), poi, a mano a mano,essomuoveadapprofondirsi,

ecercadi far scaturireeffettipoetici dall’interno delledescrizioni, ovvero di farsitramite del rivelarsi dellagrande natura: «Onde inlungo tormento, / Fredde,tacite,smorte,/Sudarlegentie palpitar, vedendo / Mossialle nostre offese / Folgori,nembi e vento» (La quiete,vv.37-41):«Questodisetteèilpiùgraditogiorno,/Piendispeme e di gioia: / Diman

tristezza e noia / Recheranl’ore, ed al travaglio usato /Ciascuno in suo pensier faràritorno» (Il sabato, vv. 38-42). È questo un luogoestremamente interessante—il paesaggio ha la funzioneteorica dello schema dellaragione, è un’ipotesiattraverso la quale lo sfondometafisico si costruisce,taloraèaddiritturaquellochei logici chiamano

«terzo termine» nel rapportofraconcretoeastratto.225Matutto questo sul terrenopoetico. E in particolare, suun terreno poetico che è, diper sé, un’ipotesi metafisica.Vale a dire chequesto straordinarioschematismo poetico nonconduce all’unitàl’immaginazione, non la fariposare, bensì la conduce almassimo della tensione

metafisica. Alla definitivarottura. Lo schemadella ragione si stendesull’orlo dell’essere, verso ilnulla. Eccoci così allaconclusione della Quietedopo la tempesta: lascopertadella natura, dell’essere,diviene invettiva. «O naturacortese, / Son questi i donituoi, / Questi i diletti sono /Chetuporgiaimortali.Uscirdi pena / È diletto fra noi. /

Pene tu spargi a largamano;il duolo /Spontaneo sorge: edipiacer,queltanto/Chepermostro e miracolo talvolta /Nasce d’affanno, è granguadagno.Umana/Prolecaraagli eterni! assai felice / Serespirar ti lice / D’alcundolor: beata / Se te d’ognidolor morte risana» (vv. 42-54). Il sarcasmometafisico èscontro di fisichepotenze. Risuonano qui i più

profondi motivi delleOperette. Più lenta, ma nonmeno metafisicamentesignificativa è la conclusionede Il sabato del villaggio:«Garzoncello scherzoso, /Cotesta età fiorita / È comeungiornod’allegrezzapieno,/Giornochiaro,sereno,/Cheprecorreallafestadituavita./ Godi, fanciullo mio; statosoave, / Stagion lieta ècotesta. /Altro dirti non vo’;

malatuafesta/Ch’ancotardiavenirnon ti siagrave»(vv.43-51). Qui, su un tessutostorico-psicologico,l’invettiva diviene un’ironicasfidaaltempofuturo,meglio,la rivelazione del contrastometafisico sul livellotemporale. È interessantenotarecome inquestepaginepoetiche,nell’unoenell’altroCanto, si siano diluite letonalità psicologiche — il

dramma è posto sullivello metafisico, èorganizzato da categorie deltuttoconcettuali—maquestamaturazione non elimina innessunmodo,anziaccentua,imomenti sensitivi, fisici,dell’immagine e delpoetare. Tutti i fili ed iproblemi posti all’inizio diquestociclopoeticogiungonocosì a condensarsi. Certo,questa condensazione è

ancorafragile,ildipanarsidelpensiero in poesia ha ancoraqualche caduta concettuosa eancora psicologicamentemotivata: «Piacer figliod’affanno; /Gioia vana, ch’èfrutto / Del passato timore,ondesi scosse /Epaventò lamorte / Chi la vita abborda»(La quiete, vv. 32-36). Macome s’è detto, questafragilitànonimpediscechelamaturazione del quadro

metafisico si dia con unairresistibile progressione. Laseparazione, lo jato, ildécalage che esistevano frapensare e poetare, qui sichiudono: in progressione.Ma dentro una progressionecreativa.

Cerchiamo ancora dicomprendere che cosa siaquesto arcano — che è ilpoetico materialistico,costruito nel fare, definito

nella tensioneestremadiunarealtà che si nega comeorigine e si presenta comesuperficie creativa. Ebbene,nella progressione deglielementi che abbiamo vistorealizzarsi, daldisagio problematicodell’epistolapoeticaAPepolifino a quest’ultima serie,attraverso uno sforzo che èsoprattutto consistito neldeterminare una altissima

sintesi fisica di elementi dirazionalitàastratta—intuttociòc’èpocodiarcano—c’èsolo la rivelazione dellapolarità dell’essere e dellasoggettività poetica, dentroun rapporto che nega ognirealtà preesistente e cirestituisce l'essere comerivoluzione, radicaletrasformazione. Ilbello materialistico sicostruiscesulpassaggiodalla

coscienza metafisica allacoscienza etica. E questacoscienza etica non habisogno di consolazioni, diidee platoniche o di religiosientusiasmi, per essere bella:la sua origine è il nulladell’esistenzael'infinitodellacreazione: dati in questacoppia, così estrema daessere logicamenteinsignificante —esteticamente bella, invece,

ed eticamente percorribile.L’arcano non dobbiamoscoprirlo ma viverlo. Laprogressione della poesialeopardiana è progressivasolo verso il nulla e versol’infinito di una praticatrasformativa dell’essere cheèlapiùcompletadellelibertà.Inciònonv’ènullad’arcano—c’èsoloun’interpretazionevera e materialisticadellavita.«Lungidalproprio

ramo, / Povera foglia frale, /Dovevai tu?—Dal faggio /Làdov’ionacqui,midiviseilvento. / Esso, tornando, avolo / Dal bosco allacampagna, / Dalla valle miporta alla montagna. / Secoperpetuamente / Vopellegrina, e tutto l’altroignoro. / Vo dove ogni altracosa, / Dove naturalmente /Va la foglia di rosa, / E lafoglia d’alloro».226 È un

vento metafisico laprogressività della poesialeopardiana, un ventometafisicochesoffiaversoundestino ignoto: l’unicamanifestazionediconoscenzae l’unico svelamento è ilmovimento delle foglie.Guardarlo e riconoscere inesse la libertà è ilfondamentoesteticodell’eticamaterialista. Un’estetica diimitazione e un’etica di

creazione,nell’essere.227Siamo da ciò introdotti

alla lettura del Cantonotturno di un pastoreerrante dell'Asia228 uno deisupremi capolavori delLeopardi e della modernapoesia europea — econclusionedell’argomentazionemetafisica di questo ciclolirico.Ilclima,l’ambiente, lospazio è direttamente la

dimensione cosmica.«Plusieurs d'entre eux(d'entre les Kirkis), dice M.de Meyendorff, passent lanuit assis sur une piene àregarder la lune, et àimproviser des paroles asseztristes des aires qui ne sontpas moins»229 Quella pienafisicità dell’immaginario,tanto ricercata da Leopardi,è qui compiutamenterealizzata. Ma quest’enorme

dimensione,questospaziosulquale cammina il pastore ecorre il raggio della luna, ecielo e deserto e valli, creastupore, meraviglia,intontimento che si faincertezza—gli interrogativisonopostinondasoggettimadal reale stesso,dall’indifferenza dei soggettiin questo spazio enorme.L’identitàdidestinoèidentitàdidomanda:«Dimmi,oluna:

a che vale / Al pastor la suavita, / La vostra vita a voi?dimmi: ove tende / Questovagarmiobreve,/Iltuocorsoimmortale?» (vv. 16-20). Legrandiimmagini—ilpastoree la sua greggia — laparabola del «vecchiereibianco, infermo» (vv. 21-38)e la nota interrogazione sullamiseria della nascita e dellamorte(vv.39-60)vivonounacosì densa fisicità da rendere

impossibile ogni internaarticolazione: un ritmoimplacabile documentapoeticamente l'accumulazione delladomanda metafisica. Unadomanda che diviene manmano semprepiù indistinguibile. Questocammino attraverso i cieli èun approfondimento dellaricerca nella coscienza. Ilnostro piccolo pastore è un

grande Copernico. Vogliodire che da quando,alla quarta stanza (vv. 61-104),230 la domanda si fadiretta, del pastore alla luna,propriod’alloraèimpossibilepiù distinguere soggetti einterlocutori: il pastore è lagreggia, davanti alla luna; laluna è la greggia, davanti alpastore. Il contrasto non èfra soggetti ma fra unaconoscenza tradizionale che

non ci dice nulla ed unasovrana non conoscenza checostruisce domandametafisica. Questa grandeindifferenza è materiale,concreta. Essa ancoras’approfondisce alla quintastanza del Canto (105-132) — la continuaripetizione del dubbio creaunainsopportabile,psicologicamenteintrattenibile tensione. Una

vertigine, nell’assuefazione.Ma, attraversando tuttoquesto, altrettanto incalzanteè il sorgere di una funzionecritica che si astraedall’indifferenza dellagreggia, della luna, dellanatura e del pastore. Questaastrazione è la trascendenzadella ragione davanti alnulla. «A che tante facelle? /Che fa l’aria infinita, e quelprofondo, / Infinito seren?

che vuol dir questa /Solitudine immensa? Ed ioche sono?» (vv. 86-89). Unatrascendenza che ormai puòarmarsi di arroganza e disarcasmo davanti alla stessanatura: «Ma tu per certo /Giovinetta immortai, conosciil tutto»(vv.98-99).No,nondavanti alla sola natura, maalla totalità dell’indifferenzanella quale siamoassisi.Unatrascendenza che è

quelladellaripetizionediunadomanda di vero, di unapratica che continua aricercare verità. Forse aritrovarla? Comunquesempre a riproporre nelladomanda, dal di dentro dellapratica della vita, la propriadignità. Nell’ultima stanzadelCanto (vv. 133-143), bentre «forse», su undici versi,appaiono: «Forse s’avess’iol’ale/Davolarsulenubi,/E

noverar le stelle ad una aduna, / O come il tuono errardigiogoingiogo,/Piùfelicesarei,dolcemiagreggia,/Piùfelicesarei,candidaluna./Oforseerradalvero,/Mirandoall’altrui sorte, il miopensiero: / Forse in qualforma, in quale / Stato chesia, dentro covile o cuna, /È funesto a chi nasce il dìnatale». È quel «forse», cosìlatino, nel suo contenere

valenze diverse, è quel«forse» che rilancia lasperanza.Direte: è poco.Maa quel livello di intelligenzametafisicaèunacosaenorme.Sicché, al suo traduttoretedesco signor Bothe che gliobiettava che gli ultimi setteversidellaCanzonepotevanorisultaretautologici,Leopardirispondeva che nonera così:231 «forse» lasperanza nasceva sul nulla.

Ed è questo che a noiinteressa: questo scuotersi diun universo che è statoconcepito nella sua assoluta,totale nullità. Questapossibilità di desiderio e disperanza. Questo porsi delladomandametafisica sul nulladelmondo,quindisulnulladideterminazionilogiche, quindi solo sullapossibilità della domanda diporsi,sullasuairresistibileed

«altra»potenza.Si potrà direche questomondo è «altro»?Certamente. Perché puòessere agito altrimenti. Ilfatto che il nulla delledeterminazionidelmondosiacompreso, significa che unattoparticolaredellamentesiè sviluppato: un atto le cuideterminazioni di contenutosono nulle, quindiunafferrareilnulla,quindiunvero atto creativo dal nulla.

L’essere vero è questo: dovenessun senso è dato, ognisenso è preso, è afferrato. Ilmaterialismo leopardianosvela compiutamente la suanatura di concezionepostcritica del mondo nelmomento in cui, giuntosull’orlodelnulla, equindianegare ogni origine, ritrovainteramente il sensodell’essere, dell’essere etico.Un materialismo assoluto

dell’illusione vera, perchésenza illusionealcuna.Nonèundiscorsosoggettivo,quelloche qui si svolge— è bensìvero che dentro questamancanza di orizzonte,anche il soggetto, così comeil nulla e l’essere, possonoessere afferrati. Costruiti suquest’orlodinulla.Evièunaltro e ultimo aspetto che sideve aver presente. Conquest’operazione Leopardi

rompe definitivamente latrama indifferente del senso.Impone, in essa, contro diessa, una polarità di valore.Unadifferenza.Lapoesianonsi svolge a fronte del nulla:essa è dentro il nulla, maperciò s’afferma comedifferenza, si dice comeaffermazione. Lo sviluppoantidialettico del pensieroleopardiano è completo: essopassa attraverso il

rovesciamento nihilistadell’indifferenza, esso siafferma come alternativa nelnulla.Quest’afferrare il nullaè la radicale affermazionedell’essere. Davvero, questomaterialismo è l’unicapossibilemetafisica.

CAPITOLOIV.DIALETTIDELL’ILLUSIONE

10.Ironia,ovverodipsiche

Come raccogliere ladeterminazione dell’esistente,dopo aver a tal puntoapprofondito l’analisidell’essere e aver stabilitodentro un’irresolubiletensione metafisica il suoprimario orizzonte? Il suooriginario nulla? Ilmaterialismo, questomaterialismopostcritico,deveora ricostruire percorsi edespressioni della vita

dell’essere, formare scenarifenomenologici entro i qualile passioni venganodeterminandosi e le illusionivere vengano discriminatedalle illusioni false. Una viadifficile che Leopardipercorre in terminisperimentali. Non che ilproblemasiaconfuso,difficilisono i modi di soluzione—ed è inevitabile che sultortuosoterrenodelleillusioni

della psiche si trovino stradefuorvianti.Illusionidipsiche:certo—ilrifiutoleopardianodello psicologismo,definitivamente fissatosinell’alta fase poetica 1828-30, non nega infattil’importanza centrale di unafenomenologia della psicheed ora, proprio da questopuntometafisico consolidato,ne vuole dar conto.1 In chemodo? Continuando nella

critica e nella dissoluzionedelle categorie descrittivedel pensiero trascendentale ecercando di definire unfondamento corporeo delleillusioni di psiche. Ilmaterialismo si muove nellagrande dimensionedell’illusione, determinando,articolando, fondando sureferenticorporeiglielementidi discriminazione del reale.Quantolapoeticaleopardiana

fosse man mano venutafacendosi fisica, concreta, loabbiamo visto. Qui ilproblema teorico delladiscriminazione delleillusioni vere dalle falsespingeancorainavantiquestaassunzione di un terrenoconcreto.Unfortesensodellacorporeità, dei soggettiimplicati dalla passione eproduttori di illusioni,subentra così

nell’immaginario leopardianoad ogni precedente funzionedi valore, o astratta odebolmente caratterizzata.Questo percorso teorico, chesubito s’organizza ad unaltissimo livello diproduzione poetica, non èlineare—lovedremopresto.Ilproblemainfatti,postoneIIpensiero dominante, nonriesce a svilupparsi concontinuità: inaltrepoesiedel

periodo, inAmore e morte enelConsalvo,assistiamocosìad una specie di scarto, aduna nervosa contrazionetematica—mainAsestesso,e soprattutto in Aspasia, iltema viene comunque aconclusione, e la potenza deicorpi diviene quell’orizzontemateriale che può sorreggerela discriminazione delleillusioni vere, e la loropratica.2

Il pensiero dominante3 èla trascrizione di un grande,adulto amore. Unatrascrizione che viene dopounsilenziopoeticoditreanniechesi istauranell’orizzonteteoricocheabbiamodescritto.Ora, la poetica fisicità diquesta passione, lasolidissimaclassicitàdiquestiversi ci dimostranoinnanzitutto la maturità deltema: «Dolcissimo, possente,

/ Dominator dimia profondamente; / Terribile, ma caro /Dono del ciel; consorte / Ailugubrimiei giorni, / Pensierche innanzi a me sì spessotorni. /Di tuanaturaarcana/Chi non favella? il suo poterfranoi /Chinonsentì?»(vv.1-9). L’illusione amorosapermette dunqueun’immagine corporea delmondo. L’amore non solorischiaralavanitàdelmondo,

esso percorre la vita e neidentifica i significati.Dall’amore si dipanano lepassioni e solo amore necostruisce una significativatrama. «A quello onde tumovi, / Quale affetto noncede?/Anziqualaltroaffetto/ Se non quell’uno intra imortali ha sede? / Avarizia,superbia, odio, disdegno, /Studiod’onor,diregno,/Chesono altro che voglie / Al

paragon di lui? Solo unaffetto / Vive tra noi:quest’uno, / Prepotentesignore, / Dieder l’eterneleggi all’uman core. / Pregiononha,nonharagionlavita/Se non per lui, per luich’all’uomoè tutto» (vv. 69-81). Ad amore si opponemorte. L’eterna empedocleacoppia si ripresenta comeorizzonte e lo sviluppo dellepassioni è tratto in questo

contrasto:ma lamorte non èqui più quello sfondoimplacabile che altre volteabbiamo conosciuto, è forzaopposta, antagonistica, e lavita si svolge dentro uncontrasto nel quale amorerisalta — amore ècontrastare e sopportare lamorte.Amoreèsperanza:«alcor non vile / La vita dellamorte è più gentile» (vv. 86-87). Amore è virtù.

«Quasiincredibilpanni/Chela vita infelice e il mondosciocco /Giàpergran tempoassai / Senza te sopportai; /Quasi intender non posso /Come d’altri desiri, / Fuorch’a te somiglianti, altrisospiri./Giammaid’allorchein pria / Questa vita che siaper prova intesi, / Timor dimortenonmistrinseilpetto./Oggi mi pare un gioco /Quella che ilmondo inetto, /

Talor lodando, ognoraabborreetrema,/Necessitadeestrema;/Eseperiglioappar,con un sorriso / Le sueminaccie a contemplarm’affiso» (vv. 37-52). Ilritmodelmondoèacceleratodaquest’intuizione,daquestapassione, da questaintenzione di fondazioneetica. Ma questa fondazionenon rende indifferente evuotamente valido il mondo:

anzi, lo discrimina dicontinuo, e le opposizionifortemente qui appaiono —sicché il sorriso, se lo vuole,può farsi sarcasmo,immediatamente, nelricordare alla mancanzadi virtù il baratro dimorte edi nulla che le sottostà.«Sempreicodardi,e l’alme/Ingenerose abbiette / Ebbi indispregio.Orpungeogniattoindegno/Subitoisensimiei;

/Movel’almaogniesempio/Dell’umana viltà subito asdegno. / Di questa etàsuperba, / Che di votesperanzesinutrica, /Vagadiciance, e di virtù nemica; /Stolta, che l’util chiede, / Einutile la vita / Quindi piùsempre divenir non vede; /Maggiormisento.Ascherno/ Ho gli umani giudizi; e ilvario volgo / A’ beipensieriinfesto,/Edegnotuo

disprezzator, calpesto» (vv.53-68).Ilprogrammaeticosiallarga così incessantemente— nella separazione, lapotenzaècomunquecreativa,e gli ostacoli e i limiti chel’orizzonte della mortepropone sono solo incentiviper que-st’ascesi costitutiva.Amoreevita,amoreemorte,poi, amore e virtù, ed oraamore e sogno, amore everità.Subaseeticailmondo

delle illusioni conoscitiveviene discriminandosi, essostesso.ÈforsequestoilpuntocentraledelCanto—laddoveil riconoscimentodell’illusione amorosa,creativa, costruisce il mondodella verità, meglio, loapprossima, lo circonda, loriorganizza. «Ahi finalmenteun sogno / In molta parteondes’abbellailvero/Seitu,dolce pensiero; / Sogno e

palese error. Ma di natura, /Infra i leggiadri errori, /Divina sei; perché sì vivae forte, /Che incontro al vertenacemente dura, / E spessoal ver s’adegua, / Né sidileguapria,cheingremboamorte»(vv.108-116).Tuttoèillusione,malapotenzaetica,il sogno amoroso possonodiscriminare un’illusione estaccarla dall’indifferenza. Ilmondo è un nulla di

significato,ma un significatopuò esser detto dalla potenzaetica. Il vero: èimmaginazione produttiva,puraesemplice,quellaconlaqualeabbiamoquiachefare,edilverodell’esistenza(edelnulla che ad essapresiede)quièsvelato—v’èun«altro»vero,dicontro,delquale possiamo discutere, eche sulla base di quel nullaafferrato e di questa morte

che combattiamo, siamovenuti costruendo. Il sensodella creazione non sfuggecerto al poeta: «Che mondomai, che nova / Immensità,che paradiso è quello / Làdove spesso il tuo stupendoincanto / Parmi innalzar!dov’io, / Sott’altra luceche l’usata errando, / Il mioterreno stato /E tutto quantoilverpongo inobblio! /Talison, credo, i sogni /

Degl’immortali» (vv. 100-108).Manonbasta:leultimestanze del Cantoscatenano «il delirio» dellacostruzione poetica, di«un’imago» che èreale. L’azione poetica èontologica — etica prima ditutto,mainquantoeticaessadivieneontologica.Lagrande«imago» degli ultimi versinon è più, neppureapprossimativamente,

neppure sul debole ritmodelle reminiscenze letterarietradizionali, residuodi emanazione platonica edolcestilnovesca: no, è ilprodotto materiale, corporeo,di un’immaginazioneproduttiva che, alla manierapostcritica, affonda le sueradici sulla tensioneontologicafondamentaleenesostituisce, ne rapisce lavalenza nullificante, per

rovesciare le condizioni delnulla in condizioni dicreazione. Il paradossometafisico non è menoimportante del deliriopoetico. Un rovesciamento,dunque, un rovesciamentointero si segnala qui rispettoalla via metafisica che ciaveva condotti fino alCantodi un pastore errantedell'Asia: là il cammino ciguidava al nulla, all’origine

della tensioneontologica,quiil cammino si inverte e lapoetica sfonda l’orlo, labarrieradell’esseree libera ilsuo progetto costruttivo. Lapoesia, eticamente fondata,ritrova un programmaontologico. La fisicità delleimmagini è massima — laloro«corporeità»,benpiùcheevidente, è prorompente.L’amore trionfa. «Da che tividi pria, /Di qualmia seria

cura ultimo obbietto / Nonfosti tu? quanto del giorno èscorso, / Ch’io di te nonpensassi? ai sogni miei /La tua sovrana imago /Quante volte mancò? Bellaqual sogno, / Angelicasembianza, / Nella terrenastanza, / Nell’alte viedell’universo intero, / Chechiedo io mai, che spero /Altrochegliocchituoivederpiù vago? / Altro più dolce

aver che il tuo pensiero?»(vv.136-147).

Spesso abbiamoaffrontato il problemadell’immaginazioneproduttiva in una filosofiamaterialista. Ora abbiamodinanzi uno degli esempi piùpuri del suo movimento.Tuttavia, nell’affrontare iltema dell’immaginazioneproduttiva, preoccupati dellasua collocazionemetafisica e

del suo luogonell’insieme delle facoltà,abbiamo evitato — o c’èsfuggita — latonalità specifica che allaimmaginazione produttivaattribuisce il pensieromaterialistico:quiabbiamolapossibilità di specificarequesta qualità. Qual èdunque?Èqualitàcostruttiva,s’èvisto,maè soprattutto—e questo la distingue dal

costruttivismo dell’idealismotrascendentale— attività chesi svolge sul ritmodelle tensioni dell’essere.Contrasti logici, chiaroscurimetafisici, passioni ches’approfondiscono nelmovimento dell’essere,articolano l’immaginazioneproduttiva del materialismo.Sovrabbondanteèilmaterialeontologico di questa attività.Essa può condurre alla

vertigine.Forseèproprioquiche un altro caratteristicoelemento si chiarisce: è ilfatto che l’immaginazioneproduttiva partecipa, nelmaterialismo, direttamente,dell’avanzamento dellaconoscenza. Coniugataall’essere,partecipandoalsuodinamismo interno, laconoscenza immaginativa èsinuosa, ricca, poetica inprincipio.Essa può diventare

vertigine — semprecomunqueèunrapporto,unarelazionepercorsaedescritta,un’accumulazione, uncammino che si cammina.Qui questo rapporto ha delletonalità principali: sorriso,ironia, poi inganno osarcasmo — crespe di unrapporto che ènell’essere. Perciò ognivariante dello psicologismocosì come ogni piccola o

grande esperienza di psichenon son tenute in primoluogo: quest’emergenzepsicologiche vengonopiuttosto interpretate comeultime nell’ordine del reale.La metafisica leopardianaha per la psiche lo stessopochissimo riguardo che nehalatradizioneplatonica:perentrambe l’essere vieneprima. Ma in Leopardiquest’essere è nutrito dal

nulla. Quindi, «rapportocon l’essere» significarovesciamento costruttivo,pratica radicale— ironico insenso proprio, è dunquequesto rapporto.Un’ironia degli dei. Unsorriso che non è maiserenità, ma, al massimo, illanguore che scendedall’ammirazione di ununiverso infinitamente nullo:un’ammirazionedelnullache

muove alla costruzionedell’essere. La praticadell’essere spiega la psiche.Davvero, da questo punto divista, e comunque in questomomento della sua attivitàpoetica, Leopardi non è unromantico. Meglio, lo è inquella forma particolarissimache altroveabbiamo sottolineato — informa europea, in formacontemporanea. D’un balzo,

egli è passato attraverso ilcriticismo, l’idealismo, ilromanticismo;conunforcipepoetico feroce ha tratto ilmaterialismo fuori dalladialettica della psiche edall’illuminismo, per farneelemento di un mondodisincantato e, insieme,totalmente libero e apertoall’illusione.Diquestonostromondopoetico contemporaneo? In

effetti, su questo snodo noipercepiamo il materialismofarsi forma poetica delpresente, nostro linguaggioattuale,esentiamoconiugarsiSpinoza con Nietzsche,Machiavelli e Ariosto conRimbaud, e Hölderlin conJoyce, e pochi altri con lanostramaterialistica speranzadi rivoluzione gettata sulfuturo.4

Abbiamo d’altra parte

ricordatocheilcamminononriescesemprelineare.Accadecon Amore e morte,5 chesubito segue Il pensierodominante. Il fatto che ilcamminononsia lineare,chevisianoinciampiedifficoltà,non significa tuttavia cheil quadro non vengaarricchendosi.Ora,lacorposatrascrizione dell’amore comeforza metafisica che si èoperata nel canto precedente,

vorrebbe qui farsi incursionepratica nel «maredell’essere», nellafenomenologiadellepassioni.È un’aspirazione adeguata alprogramma del periodo:qualificazione etica delprogetto metafisico didiscriminazione delleillusioni vere da quelle false.«Fratelli, a un tempo stesso,Amore eMorte / Ingenerò lasorte./Cosequaggiùsìbelle/

Altre il mondo non ha,non han le stelle. / Nascedall’uno il bene, / Nasce ilpiacermaggiore /Che per lomar dell’essere si trova; /L’altra ogni gran dolore, /Ognigranmaleannulla»(vv.1-9). Espansionemetafisica del progetto eticodi rifondazione di un agirevero:«Ch’ovetuporgiaita, /Amor, nasce il coraggio, /Osiridesta,esapienteinopre,/

Non in pensiero invan,siccome suole, / Divienl’umana prole» (vv. 22-26).Ma qui l’intenzionemetafisicasidistorcesubito,ela descrizione psicologica,sulla tramadell’autobiografiapoetica, prende ilsopravvento.6 Il programmaontologico è subornatodall’invadenza di unapsicologica, superficialesovrabbondanza. Capita...

Con curiosi effetti, tuttavia.Perché, nel fallirepoeticamente,questoCantocioffre una specie di analisigenetica del poetare — eAmore e Morte vienecosì costituendo un atto di«teoria poetica». Unarricchimento, comunque, dipensiero, sul frastagliatocammino cheseguiamo. Dunque, Amore eMorte come forze ispiratrici

della poesia — cuis’aggiunge il Fato: «Aifervidi, ai felici, / Aglianimosi ingegni / L’uno ol’altrodivoiconcedailfato,/Dolci signori, amici /All’umana famiglia, / Al cuipoter nessun poter somiglia /Nell’immenso universo, enonl’avanza, /Senonquelladel fato, altra possanza» (vv.88-95). La fisicità, lacorposità delle immagini

poetichediquestoperiodo, iltentativo di renderecosmogonica la genesi delpoetare, non possono dunqueessere sottovalutate— anchese, piegateall’autobiografismo e allafissità della descrizionepsicologica, queste potenzenon riescono ad esprimersiconl’efficaciadelpoetarecheabbiamo conosciuto fra ilCantodiunpastoreerrantee

II pensiero dominante. Ladomanda metafisica dei vv.31-33:«Undesideriodimorirsi sente: /Come, non so:matale/D’amorveroepossenteè il primo effetto» non harisposta. Il materialismo,dentro il diffuso climapsicologico, vienescolorandosi. Il corpo perdecorposità. Né il finalepassaggio all’etica el’implorazione di morte (w.

96-124) propongonoun’alternativa: perché quil’etica, sul ritmoautobiografico, si presentacome resistenza e non comearticolazione dell’essere, èetica psicologicamentemotivata e nontramite ontologico — e ilmaterialismo si scolora. Afatica: uscite poetiche, checonfiguranoformidabilisaggidi estetica materialistica, si

susseguonoinfatti—aivv.4(«non han le stelle»), 7 («lomar dell’essere»), 35(«questo deserto»), 40-50(«Ma per cagion di lei graveprocella / Presentendo in suocor, brama quiete, / Bramaraccorsi inporto /Dinanzi alfier disio, / Chegià, rugghiando, intornointornooscura. / Poi, quandotutto avvolge / La formidabilpossa, / E fulmina nel cor

l’invitta cura, / Quante volteimplorata / Con desideriointenso, / Morte, sei tudall’affannoso amante!»), 94(«Nell’immenso universo»),95 («fato, altra possanza»),ecc. — e tuttavia ilmaterialismo si scolora,dentro la lunga ambiguitàdella poesia, che appuntosolo deposita tracce dicostruzione materialisticasenza consolidarle in

progetto, che lambisce ilcentro del disegnoricompositivo del periodo inesame, senza produrre unsalto qualitativo, frapsicologiaeontologiaovveroil delirio e l’ironiametafisiche di cui le cime diquesto periodo poetico sicolorano.AmoreeMorteèuncanto ambiguo: assume ilprogramma ontologicosenza riuscire a realizzarlo,

spinge verso la rifondazioneetica ma si trova prigionierodell’autobiografia e delle suevalenze psicologiche— è uncantoditransizione,chetoccai problemi ma non riesce astringerli nel nessomaterialisticodell’ontologia. La paludenella quale etica e ontologiasi impantanano è lopsicologismo, ladeterminazione rimembrante.

Un solo vantaggio diconoscenza,edimportante,cioffre questoCanto: lo sforzoper traversare la palude, lasua fatica, le mosse anchepsicologiche necessarie almuoversi della propostapoetica, — appunto, unadescrizionedelfarepoeticoedellesueenormidifficoltà.

Maperché questo terrenodi psiche è così denso —perché così paludoso?

Accanto alla forza e alladignitàontologicadellalirica,su cui abbiamo spessoinsistito, e alla sua potenzametafisica, qui tocchiamo unaltro aspetto, quello fragile,anchedellapiùaltavocazionelirica. Amore e morte primadi tuttopercorrono la lirica ela percorrono tanto piùquanto più essatocca l'assolutezza dellafunzionedelvero.La liricaè

una funzione di verità e dicostituzione — queste sonofunzioni collettive. Ma lalirica è fatta da un soggetto:la sua individualità èsottoposta ad un enormesforzo di anticipazione eprefigurazione dell'essere. Suquestopassaggiosimanifestala fragilità dello schemadell’immaginazione.Nessunopiù di Leopardi, nellagrandepoesiamoderna,ce lo

hamostrato,ognivoltachehaspinto il fare poetico oltrePorlo dell’essere. Rompereogni continuità psicologica,fosse pure quella che tispingeva su quell’abisso,nelvorticediquellavertigine—edinsiemecostruirenuovoessere, gettare ponti sulvuoto, pienezza materialedell’illusione. Che terribile,insopportabile, disperatafragilità ci propone

questo cammino! Un Pascalmaterialista, completamentelaico e sbilanciato fra lafinitezzadell’umanofareelapotenza dell’universale etico,fral’anticipazioneindividualeelacomunicazionecollettiva!Ma v’è un altro aspetto, datener presente: esso nonattiene al produrre e alle sueaffinità quanto piuttostoall’illusione. L’epocaleopardiana, e gli stimoli

culturalich’eglisubisce,sonodialettici. Questa malattiadello spirito non può esserecancellata una volta persempre. Essa si distende e siriproduce in maniera sottile.Ed ogni volta che Leopardiintraprende un camminocostruttivo, come in questafase, ogni volta l’ostacolosiripropone, lapsicheneè iltramite, la psicologia ne è losfondo.Quandolapassioneè

risucchiata verso i livellidell’individualità, e ladinamica dei sentimenti èricondotta, o filtrata,attraverso l’autobiografia, leillusioni dialetticheimmancabilmentericompaiono.Non si capisce come leintendaLeopardi—spessosiha l’impressione che lesubisca — ma un sussultoverso la corporeità, verso unorizzonte di materialità

metafisica assoluta, alla finesi impone sempre. Questosussulto non è immediato—è conclusivo. È teso sullaconcretezza degli elementipoetici che costruiscono ilquadro metafisico, ne ha lastessa continuità e forza. Ladistruzione delle illusionidialettiche coincide con ilsuperamento del gommosotessuto della psicologia, conla liquidazione del

trascendentaleprogettochelapsiche ambiguamenteproduce. Mai un lirico ha,quanto Leopardi, tantoapprofondito lo psicologicopassaggio alla verità, perconsumarlo,perriconquistarel'ontologico tessuto dellaverità.Consalvo8 è unCantoche stringe, definisce,sviluppa, alcuni di questiproblemi, e soprattutto diqueste difficoltà. La fragilità

deltempopsicologicoedellavicenda autobiografica vienequi preventivamentediagnosticata; il Cantosviluppa, infatti, unaformaepico-lirica,improntataal Tasso, che dovrebberiparare da quelle possibilicadute poetiche. Sul ritmoepico-lirico del Canto,Leopardi riesce così aradicare sul terreno dellacorporeitàladefinizionedelle

passioni e il sentimento dell’approssimarsi della morte. Iversi della narrazione delbacio di Elvira almorente Consalvo sicostituiscono in unapassionalità raramenterintracciabile nella poesialeopardiana: «E quel voltoceleste e quella bocca, / Giàtantodesiata, epermolt’anni/ Argomento di sogno e disospiro, / Dolcemente

appressando al volto afflitto/ E scolorato dal mortaleaffanno,/Piùbaciepiù,tuttabenigna e in vista / D’altapietà, su le convulse labbra /Del trepido, rapito amanteimpresse» (w. 67-74). Insecondo luogo, nel Canto, igrandi termini della tensionemetafisica di questoperiodo vengono ripresentaticongrandeforzaechiarezza:«Duecosebellehailmondo:

/ Amore e morte» (vv. 99-100). Le due potenzepercorrono il Canto e noncedono in nessun momentoalla facilità della soluzionedialettica: la storia (chéquestoCantonarraunastoria)sichiudenellariaffermazionedell’impossibilesoluzionedeldrammadellavita:«einnanzisera il primo / Suo dì felicegli fuggia dal guardo» (vv.150-151).Eppure,ciòdato,la

riuscita poetica del Canto èmolto discutibile. SeLeopardi qui evital’intellettualismo de IIpensiero dominante o lescivolate psicologiche diAmore e morte, non perciòriesce a dare direzioneconclusiva al suo attualedisegno: articolare formedeterminate dell’apparizionedell’essere. La fluidità, e laquiete,nellequalisisviluppa

il dialogo d’amore e siapprossima lamorte, risultano inadatte acostruire quella dimensioneprofonda che la descrizionefenomenologica diquell’evento richiede. Quila volontà di collocazionenella vita dell’essere, questasingolarissima e fortissimapresa sulle due grandipotenze dell’essere— amoree morte — sembrano voler

evitarel’ombravigorosadellatragedia dell’essere etico.L’orizzonte che era statoproposto per una soluzionealternativa contro il processodialettico, sembra svanire. IlConsalvo è un tentativo,metafisico e stilistico, ma èun tentativofallito.Corpositàe soggettivazione metafisicanon riescono nella sintesimateriale che qui si esige—ed è un peccato, perché

raramente, come s’è visto, itemi erano stati posti contanta chiarezza econsapevolezza.

Non so se abbia ragionechisostienecheogniqualvoltaLeopardi cerca di occuparsidel suoprivato,maivi riescenella forma della poesia.9Questa ragione delfallimento, della nervosacontrazionediquesteliricheafronte del programma

metafisico,misembrabanale.V’è qualcosa di piùnell’emergere di questi limiti— ed è forse, la difficoltà aporsi su quel luogo poeticoprivilegiato che lo sviluppometafisico imponeva. Questadifficoltà non proviene solodallamelanconica ripetizionedelle esperienze del privato— oltre a questo, giocanoaltri idola in questa ricerca enel suo continuo vacillare:

comunque la difficoltà èmetafisica. Sembra che,prima di tutto, in questi dueCantichestudiamo,inAmoree Morte e nel Consalvo, siacaduta la centralità del luogodal quale si dice poesia. Unluogo metafisico. Un luogoetico. Occorre dunqueimprimere una svolta alpoetare, ed alla stessaposizione del problema. Nonesiste, infatti, una linea

continua fra l'affermazionedelnullaoriginariodell'essere(e della tensione etico-metafisica che ne segue) el’analisi delle regionidell’essere.10 Leopardiconosce certamentequesta discontinuità fin dalCanto di un pastore errantedellAsia—né ilprogrammade II pensiero dominante lanega.Maforsenediminuiscel'importanza, a fronte degli

altri passaggi che sononecessari: procedere verso lacorporeità, realizzare unasingolare articolazionemetafisica produttiva. No, ilnuovo passaggio è possibilesolo se quel punto di vistaetico e metafisico cheavevamo con tanta intensitàafferrato, riusciamo a tenerlocome principale, comefondante all’interno delnostro quadro. Rispetto a

questa centralità hannocedutogliultimicarmi—oradobbiamo riconquistarequella centralità. Il problemaè interamente filosofico: è ilproblema cui continuamenteci riportano le filosofiepostcritiche contemporanee,che, dopo aver identificato iluoghi propri alla tensionecreativa dell’essere,tendono a gestirne gli effettiin termini di linearità logica,

sul terreno delle ontologieparziali; quando poiavvertonoledifficoltàcheneseguono, dichiaranol’impossibilità di realizzarequesto compito filosofico, odi tanto l’impoveriscono perfingerneancoralapossibilità,da rendere irriconoscibileogni presupposto ontologico—così ci rendono ilmondo,e comunque il rapportofra uomo e mondo,

completamente immiserito.11Di contro, Leopardi, rispettoagli ostacoli, prova e riprovaa superarli. Intendesoprattutto che la rivoluzioneetica, in metafisica, non èun punto dal quale si possaritornare indietro. Ogniregione dell’illusione deveessere attraversata dall’interapotenza della rifondazionemetafisica. Non possiamolasciare un mondo intatto, o

addirittura immiserito, dietroal passaggio criticointervenuto. «Or poserai persempre,/Stancomiocor.Perìl’inganno estremo, /Ch’eternoiomicredei».Cosìs’apre quel formidabile«torso»ch’èAsestesso12(w.1-3). Non v’è dunquepossibilità di una dialetticadell’inganno, comunqueproposta. Lo scacco dellafilosofia, della logica, della

speranza logica, ètotale. Anche di quellasperanza logica che,conservando lacoscienza della tragediametafisica, cerca comunquedi percorrere il tutto, nel suoinsieme e nelle ontologichedifferenze.«Perì.Bensento,/In noi di cari inganni, / Nonche la speme, il desiderio èspento»(w.3-5).Nessunohamai, nella poesia moderna,

illustrato tantocompiutamentel’impossibilità di unadialettica costruttivadell’inganno. No, dobbiamoriproporre laseparazioneassoluta:«Assai/Palpitasti. Non vai cosanessuna /I moti tuoi, né disospiri è degna / La terra.Amaro e noia / La vita,altro mai nulla; e fango è ilmondo. / T’acqueta ormai.

Dispera /L’ultimavolta»(w.6-12). Questo «disperare» èrestituzione del luogometafisico della critica. Undisperare lucido che sioppone alla crudeltà dellanatura, al nulla nel qualetroviamo origine. «Ormaidisprezza / Te, la natura, ilbrutto / Poter che, ascoso, acomun danno impera, / El’infinita vanità del tutto»(w.13-16).Questorecepireil

disprezzo «della natura edell’infinitoevanotutto»pertrasformarlo in rabbia ecoscienza, ciò è restituzionedelluogoeticodellacritica.Èun colpo di forza, quello chequesto formidabile pezzopoetico ci presenta.Una violentissimarestaurazione del luogo dellapoesia — cioè del soggettochecostruiscecontroilnulla,dal dentro del nulla.

Confrontiamolo ad Amore eMorte o alConsalvo, questoA se stesso. È undolorosissimo, fortissimorovesciamento diquell’illusione poetica, è unarude rimessa in forma delprogetto metafisico. Unpassaggio eccezionale, nellafigura di un sillogismopoetico. Il disprezzo che lanaturaciriservaèricambiato:«bruttopoterche,ascoso»—

la sua irrazionalitàdenunciata,elasuamancanzadi etica: «a comun dannoimpera». «Potere ascoso»—un nemico, un machiavellicoantagonista. Nella prepotentepersonalizzazione delcontrasto v’è inoltre unarisonanza antica ecosmologica: «Al genernostro il fato /Nondonòcheilmorire»(w.12-13)—essaaccentua lapersonalizzazione

dell’antagonismo, laradicalizza, esprime uncontrasto che è più forte,più disperato e costruttivo diquello eroico. Siamo,improvvisamente, di nuovo,nel luogo metafisico piùsignificativo.Chedire?Comecogliere interamente la forzadi questa rimessa a puntodel soggetto? Lo abbiamodetto e ripetuto sovente: sitratta di una mossa imposta

dalle difficoltà di percorrerele regioni dell’essere,obbligata dall’attrazionepaludosa che su questopassaggio la ricerca subiva.Eppure è poco, anche questacorretta annotazione causale:perchélarotturaquiimpressaè di un tale assoluto valorepoetico ed etico da sfuggirealla rete dei rapportiinterpretativi. Questo èpensierocostitutivo.Ebasta.

Ma ogni pensierocostitutivo formaspiazzamenti irreversibili.Nella fattispecie,A se stessopermette a Leopardi diriprendere senza piùambiguitàpossibiliilprogettodi ricondurre psiche all’eticacostitutiva. Su questospiazzamento sgorga uno deicapolavori assoluti dellapoetica leopardiana:Aspasia.13 E in esso, con

quest’irreversibilità, èriproposto ilproblemache intutto questo ciclo poeticoabbiamoconsideratocentrale:ilproblemadell’immaginazione,cioè della discriminazionedell’illusione vera da quellafalsa sulla base del poterecostitutivodell’immaginazione, delsegno di verità del farepoetico. Tutti i termini

di questo problema sono quipresenti, e gli elementipsicologici che spessoavevano appiattito e confusoil tema della veritànell’insieme delle illusioni,vengono qui, per così dire,insieme raffinati e negati.Intendo dire che, se inAspasia, e più che inaltri Canti, sono presentideterminazioni psicologiche,e vitali abbandoni e rabbiose

esclamazioni e rimembranzebiografiche — bene, tuttoquesto non rappresentaneppure inizialiscivolate, ambiguerappresentazioni, bensì sirappresentacomeformidabileincentivoall’approfondimentoontologico del discorso.Amore, vendetta, gelosia,rabbia, sono qui categoriedell’immaginazione

produttiva. La verità sicostruisce dentro questacorposità, dentro questamaterialità. Nel materialismolaveritànonèesternaall’attopoetico,all’immaginazione:èla sua forma, è il risultatodellalottaeticapercostruirla.Questi sono dunque i primirisultati, consolidati, delladubbiosa e talora difficilericerca di questo periodopoetico,dell’enormecolpodi

forza di A se stesso — lospiazzamento è qui riuscito,dunque, e la lettura diAspasia, tenute presentiqueste fondamentali tonalitàmetafisiche del quadrocomplessivo,cipermetteràdiverificarlo in tutte learticolazioni che essoproduce. Unapresentazione, ai versi 1-32.Una presentazione diun’incredibile corposità.

Una sensuosa, forseincestuosa, immagine delladonna già amata.Ogni problema e ognidifficoltà nel costruire poesiaattraverso la raffigurazionedel corpo, e la suafondamentale capacità direggere le illusioni, sono quivenute meno.Quell’approssimazioneal corpo che prima erafaticosa, qui è un dato. «E

mai non sento / Moverprofumo di fiorita piaggia, /Né di fiori olezzar viecittadine,/Ch’ionontiveggaancorqualeri ilgiorno/Chene’ vezzosi appartamentiaccolta, / Tutti odorati de’novelli fiori / Di primavera,delcolorvestita/Dellabrunaviola, a me si offerse /L’angelicatuaforma,inchinoilfianco/Sovranitidepelli,ecirconfusa/D’arcanavoluttà;

quandotu,dotta/Allettatrice,fervidi, sonanti / Baciscoccavi nelle curve labbra /De’ tuoi bambini, il niveocollointanto/Porgendo,elordi tuecagioni ignari /Con lamanleggiadrissimastringevi/Alsenoascosoedesiato»(w.10-26). Ma può il corporeggere ilmovimentodell’immaginazione?Dove cominciano queldolore, quella terribile fisica

sofferenza che sono il segnodello scompaginarsidell’illusione amorosa edell’immaginazione? Dovegiunge a crisi quel rapportocon la realtà che chiamiamoamore, che ci ferisce —«Cosìnel fianco /Nonpuntoinermeavivaforzaimpresse/Il tuo braccio lo strai, cheposcia fitto /Ululando portaifin-ch’a quel giorno / Si fudue volte ricondotto il sole»

(w. 28-32)? L’illusioneamorosa, dunque, mette inquestione il corpo. Il doloredivienemetafisico,cosìcomel’amore, ormaidefinitivamente in questacorporeità che definisce isoggetti. L’«ululando»,peramoreedolore,delv.31,è uno dei più materialistici,lucrezia-ni, gerundi dellaletteratura italiana. E ladefinizione di una crisi che,

attraversando l’amorosaregione dell’essere, colpisceil fondo del reale, nerappresenta l’inappagabilerichiesta di verità.14LasecondagrandestanzadelCanto, vv. 33-60, dà rispostaagli interrogativi proposti.No, il corpo non regge ladialettica dell’illusione,perché il corpo subisce loscambio dell’immagine edel reale. «Vagheggia / Il

piagatomortaiquindilafiglia/Della suamente, l’amorosaidea, / Che gran parted’Olimpo in se racchiude, /Tuttaalvolto,aicostumi,allafavella, / Pari alla donna cheil rapito amante /Vagheggiareedamarconfusoestima. / Or questa egli nongià, ma quella, ancora / Neicorporaliamplessi,inchinaedama. / Alfin l'errore e gliscambiati oggetti /

Conoscendo,s’adira;espessoincolpa...» (w. 37-47). Loscambio dell’immagine e delreale determina il fallimentodi ogni immaginazione —che solo su questo terreno sisviluppa. Uno scambio —«gliscambiatioggetti»—cheè costruito dai corpi, el’illusione è scambiata perverità, e dell’errore si gode.Come liberarsi da questacircolarità dell’illusione?

Prigioniero dellasua corporeità, il poetaesprime rabbiosiapprezzamenti: unferoce antifemminismo eaddirittura misoginia quiappaiono (w. 52-53, 58-60)—non sonopuri vezzi, sonoimpotenti e ordinati tentatividi sottrarsi all’insignificanzadella circolazionedell’illusione, all’alienazione,alla non verità dello scambio

fra realtà e immaginazione.Come liberarsi di tutto ciò?Nella terza stanza diAspasia(w. 61-88) si attua ilrovesciamento— vale a direla restaurazione del principiodi realtà. L’amore è finito:«Or quell'Aspasia è morta. /Che tanto amai» (vv. 70-71).Maeccol’amorerisorgere—l’immagine si ripresenta,«comecara larva» (v. 73)—reminiscenza, dolorosa

nostalgia? Sì: ma insiemericonquista di un terreno direaltà, di una possibilediscriminazione dell’illusionevera da quella falsa — eaffermazionedell’immaginazione cherende viva la vita e porta alpiacere. Nulla si risolve:l’immaginazione noncostruisce un mondo felice—ma unmondo vero, dovele illusioni sono discriminate

erealisticamentericondottealnullo sapore della verità —questo pur lo concedel’immaginazione. Ilparadosso del reale è quiposto con forza estrema: nelrealenoiabbiamobisognodiillusioni, per vivere e peravere piacere, maquest’illusioni nonpossiamo sublimarle — nonpossiamo mediarle — soloriconducendole al reale,

affermando il loro valore dinegazione, specifico edindistruttibile, noiriconquistiamo, meglio,costruiamo la nostra verità.V’è in questi versi unvero eproprio rovesciamentoepistemologico — unaconcezione del vero che nonnasce se non dalla sconfittadell’illusione di mediarerealtà. La nostraimmaginazione scoprequesta

parzialità dell’affermazionedel vero nello scontro con ilreale. La nostraimmaginazione discrimina ilreale. Un principio di realtà,che è quellodell’immaginazione d’amoreche si oppone all’illusione,quindi è posto. L’ultimastanzadelCanto (w. 89-112)ci porta dentro un mondonuovo, un mondo nuovodominato da un principio di

realtà e dall’immaginazionevera. Il rovesciamento delmondo dell’illusione,per quanto dolore possacomportare (la verità èun’operazione pratica),conduce ad un nuovo statodello spirito. La conquistadella verità della situazioneumana non è una condizionesuperficiale. Lo spiritoriconoscelamateria,laveritàdel fatto, e si fa, con esse,

tutt’uno.Dolcemente, con unsorriso.«Caddel’incanto, /Espezzato con esso, a terrasparso / Il giogo: ondem’allegro.Esebbenpieni/Ditedio, alfin dopo il servire edopo / Un lungo vaneggiar,contento abbraccio / Sennocon libertà.Che se d’affetti /Orba la vita, e di gentilierrori,/Ènottesenzastelleamezzoilverno,/Giàdelfatomortale a me bastante / E

conforto e vendetta è che sul’erba / Qui neghittosoimmobile giacendo, / Il marla terra e il ciel miro esorrido»(vv.101-102).Nonèquesto sorriso, una crespadello spirito — è unaprofonda ironia, invece, unpassaggio duro e difficileattraverso il reale — ed èviolentissimo atto ora ilriguardarlo, con quelsenso della distanza che è

costituito nel confronto dellapropria debolezza — che ètuttavia realtà, corpo,materiairreversibile — con il tuttodel mondo. Sorriso, ironianon ci salvano dall’infinitavanità del tutto: ce la fannocomprendere, ci fan viveredentro di questa, perconoscerla, per liberare inessal’immaginazionepoetica.Il senso della verità. In unadimensione naturale-

metafisicalospiritoriposa—ma l’intensità delleopposizioni cui la vicendadellospiritosièconfrontataèenorme,erestaintatta,enullapotrà negarla. Leopardi quinon ride di se stesso, eneppure sorride: ha lanciatoinvece un’ironica chiavedi comprensione attraverso ilreale. Un’ironica chiave, perun mondo disperatamenteinsignificante. È questa

chiave capace di aprire leportedelreale,diafferrarneilsenso? No — e ilproblema non si poneneppure. È questa chiavecapace di aprire lacomprensione di regionidell’essere,separate,einessedicostruireilruoloeticodellasoggettività? Insomma, èpossibile rifondare in chiaveeticaun’ontologia?Sappiamoche dopo il Canto di

un pastore errante dell'Asiaquesto è il solo problemateorico posto da Leopardi.Ora,èevidenteche,inquestoperiodo, risposta positiva eglobaleaquestointerrogativonon è data. Ma la mancanzadi una risposta di grandeapertura metafisica nontoglie ilfattocheilproblemasussiste, è continuamenteriproposto, ne sono eliminatepossibilità di soluzione

fuorvianti — infine unostrumento operativo èrintracciatoe sperimentato: ilconcetto di ironia. Esso hauna fondamentale qualità, edè quella di organizzare lasoggettività fuori dal flussopsicologico e dentro unrapporto — fragile ma reale— con ledeterminazioni oggettivedell’essere. L’ironia èun’operazione di

trascendimento dellaparticolaritàdelsoggettoeditrasferimentodellafacoltàdelgiudizio sul livello oggettivodell’essere. L’ironia èdisperazioneeticatrasformatain trascendenza e oggettivitàdel giudizio. Essa, con ciò,mantiene origine e qualitàetica — il giudizio che essaesprime non è quindideterminantemariflettente,èuno schema di progetto

razionale ed etico. Poetico:infine. Ed in principio.L’articolazione internadell’ontologia, diquell’ontologia del nulla edella tensione, attraversandol’ironia non disperde maaccentua la necessità chel’assolutopoeticone stiaallabase.Ladialetticaparticolareche si stabilisce in questoperiodo, fra II pensierodominante e la realizzazione

negativa del suo progetto inAmore e morte e nelConsalvo, fra la riemersionedelprogrammainAsestessoe la sua realizzazionepositiva in Aspasia, cidimostra la fondamentaleimportanza delmomento poetico. Se nelgrande periodo 1828-1830 lametafisica aveva, per cosìdire, tiratolapoetica(sempreche procedere a distinzioni

del genere sia possibilenell’opera di Leopardi), inquesto successivo periodo èla poetica che tira lametafisica—pernessun’altraragione che questa: è attopoetico cogliere l’emergenzaetica nel fondo del nulla, nelfondo della tensioneirrisolta dell’essere. Ilmiracolo diA se stesso è unfondamento necessario: unafenomenologia regionale del

sentimento,dipsiche,elasuasoluzione logica in Aspasia,non sono possibili se nonsu questa base.Ogni dialettodell’illusionepuòessererottosolo a condizione dicontrapporgli l’assolutezzadiun «altro» fondamento.L’ontologia è scienza dellarottura dell’essere, dellariconduzione ad un nulla delsignificato,controcuisiponeil fondamento poetico

dell’eticasoggettiva,separata.Ci restano ancor poche

considerazioni a proposito diquesta ritrovata chiaveironica. Innanzitutto si trattadi comprendere come questo«sorriso» dell 'Aspasia siponga in relazione al«disperareun’ultimavolta»diA se stesso — ma non dalpunto di vista genetico, delladinamica poetica, bensì dalpunto di vista metafisico,

direttamente. Che cos’èsorridere? Che cos’èdisperare? Che cos’è ironia?S’èdetto:sorriderenonèunacrespa dell’esserema un suomovimento ed uno statooggettivo dell’anima. Rivoltoa che cosa? Perché questaleggerezza? Perchéil disperare e quest’ultimarichiestadi vita si placano inquesto sorridente riposo?Perché il disprezzo, il rifiuto

dellanatura edei suoi ascosie infami poteri conclude nelcontrasto con questodolcissimo atto di superioreconsapevolezza? Ora, v’èuna possibilità: ed è chequesta ironia serena confinicon la morte — che allacaduta della passionecorrisponda lo sguardo delsopravvissuto.«Perì»:v.3disestesso.Quandoilmondodinuovosiillumina,ilsorrisoè

come un triste occhieggiaredel sole sulla morte che ètrascorsa. Leopardi ci haabituato a questo riapparirestanco della luce, dopo latempesta, quasi ad unariconferma, nel riposo dellanatura, del suo orrendodestino. Bene, questo sorrisodiAspasianonèquestostatodi una coscienza cheha subito la vicenda dellamorte. Meglio, lo è, ma non

inquantoneportilestimmatemainquantoattraversandolamortehacompresochelasuapresenza alla vita nonqualifica resistenza. Questosorridere ha il segno dellafragilità, la sua leggerezzaèquelladiunapiuma,diunapascaliana canna: come lapiuma ha forza di volare,come la canna è flessibile eben radicata. L’ironia ha laforma non della

convalescenza ma della vitanuova. Ironia dell’animo, diuna psiche ringiovanita, diun’oggettività eticaricostruita. In secondo luogo,allora, dovremo notareche questo sorriso,quest’ironiahannounanaturaetica prima che conoscitiva.Natura etica che non escludema prepara un atto diconoscenza. Ma qui vienesegnalato un cammino del

tutto netto: dall’atto poeticoallostatodellacoscienzaetica— per preparare un atto,successivo, di conoscenza.Questo sviluppo non èsecondario né relativo, lasuccessione è necessaria.Qui si configura unafenomenologia dellacoscienza che vedequest’ordine delle potenzeconoscitive comefondamentale:unattopoetico

che dichiara, nella tensionenullificante dell’essere, unapresadiposizionedisperataeradicalmentecostruttiva, un’opzione divita; un momento etico divalutazione della superficiedel mondo e didiscriminazione attivadell’universodelleillusioni.15Poi, lo vedremo, un atto diconoscenza, un sapere e unasua critica. L’ironia etica, il

sorriso,nonplacanodunqueildisperare in quanto nedisorientano le finalità: locompletano, anzi, in quantone integrano l’opzionefondamentale. Per la vita,nellavita,dentrounorizzontechenonsipotràmaiesaurirema i cui punti di riferimentooccorrescegliere.Percorrereidialetti dell’illusione èdunque un’operazione dirifondazionedipuntodivista,

un’operazione che riesce ariconquistare significato soloradicando il senso delguardare in un esseredisperato,separato.Nonèuncammino totalitario, né disemplice conoscenza: è uncammino che diventerà diconoscenza, sul presuppostodiun attopoetico creativodipunto di vista, di rottura, diseparazione, di progetto, e diun’ironicasorridentecapacità

etica di rendere fisicamentecorporea questapresupposizione.

11.Inganno,ovverodelsapere

Psicheèleggeraefragile.Non perciò l’operazione didemistificazione del suodialetto è stata leggera ofragile: essa ci ha condotto

all’origine della tensionemetafisica dell’essere, harivelato le opzioni in essanecessarie, e ha posto unordine della ricerca dellaverità—dall’attopoeticoalladiscriminante etica, alconoscere. Ora la ricerca siallarga,esonoilconoscere,eisuoidialetti,adesseremessiin discussione. Non è chemuti il problema —percorrere regioni

determinate dell’essere e delmondodelleillusioni,cercaredeterminazioni ediscriminanti di verità perciascuna di esse — mutasolamente il campo. Maqualè ladifferenzadipsicheedelsapere?Qualelaqualitàdelle illusioni del sapere afronte di quelle di psiche? Ildifferenziale consiste nellapretesa universalità e nellafunzionecollettivadelsapere.

Non è la forma della veritàche muta il suo valere —si trasformano, s’allargano lerelazioni che il sapereorganizza, a fronte di quelleche psiche struttura. Ilproblema, così, senzamutarenel suo fondo, si specificacome domanda sulledeterminazioni dell’esserecollettivo, dell’universalelinguistico, del sapereculturale. Sarà possibile una

ricostruzione, attraversole illusioni del sapere, unadeterminazione di senso inquesto universo? E se non èpossibile, nell’immediatezzanella quale quest’universo sipresenta, quali le alternative,quali le opzioni di verità?Come si confrontal’assolutezzadell’attopoeticocostitutivo con questomondo? E come si confrontal’opzione etica? Mille e una

domanda. Ma prima diaffrontareesplicitamente questiproblemi, dobbiamo porciuna domanda più radicaleche potrebbe persino negareconcretezza a quei problemi.Ed è: dopo l’affermazionemetafisicadelCantonotturnodi un pastore errante dell'Asia può ancora porsi unproblema di significatorelativamente alla cultura?

Nonèquesta,enonpuònonessere, che puro e sempliceinganno?Se le illusionidellapsiche ci hanno comunquecondotto ad afferrare unmomento nel quale,oggettivando ogni facoltàpsichica, un comportamentopoetico ed etico divenivapossibile e dalla negazionesorgeva una nuova direzionedella ragione, sarà maipossibile operazione analoga

davanti all’inganno delsapere? Non avverrà inveceuna specie didepotenziamento della stessadomanda metafisica manmano che la coscienza,bagnata nella poesia e dallasingolarissima, separata eticaredenzione che l’atto poeticole rende, affronta i problemidella cultura e della storia?Ora, nell’affrontare questocomplesso di temi è certo

che,allivellocuiquis’attestail pensiero leopardiano, ildepotenziamento delladomanda in questi ambiti èdato: tale è infatti la potenzadell’atto poetico fondanteche la ricerca su cultura estoria sarà necessariamenteseconda,nell’ordinenonsolodel ricercare ma anche inquello ontologico deisignificati. Resta comunqueda verificare la misura di

questodepotenziamento.Le due o tre Operette

morali del 183216 sono iprimi testi che prendiamo inconsiderazione nello studiarequesti temi. Colpiscono leloro caratteristiche stilistiche.Non corrono, inesse, quell’ipotesi poetica,quell’assoluta adesioneall’essere etico ed alle suecritiche movenze, cheavevamo letto nelleOperette

del ’27. Qui l’esposizioneinvece si irrigidisce e unasofferente fissazionedei temisi risente nello stile. Taluniinterpreti traccianounacurvachevadallafelicitàdiricercadelle prime operette fino allaperfezione di stile e dipensiero di quelle del ’27—una curva che invece piegaverso il basso nel ’32 perconcludere al blocco edall’esaurimentodiquel filone

dipensieroetico.17Perquantosi possa far storia interna diun’opera, prescindendo dallacomplessità dei problemi chevi si agitano attorno,nel corso continuo o,addirittura, nei tempi diversidellasuastesura—eanch’ione sono convinto — noncredo tuttavia che nellafattispecie questo sia ilmiglior metodo. La «curvabassa» di queste operette del

’32misembrainfattiderivarein maniera decisiva dalloscarto problematico che, conmolta potenza, ènel frattempo intervenutonellavitapoeticadiLeopardi:fra ’27 e ’32 c’è il Cantonotturno di un pastoreerrante dell Asia. Letre operette del ’32 (seconsideriamofraesseancheil«Frammento sul suicidio»18come intendo fare) rilevano

dunque da questo scartoproblematico, dalla radicalemodificazione del temametafisico e della posizionedel poeta. Ed il «Frammentosul suicidio» è appunto unalimpidadimostrazionedi ciò.Lo anima una vigorosissimavolontàdidemistificazione,ilsenso di una rottura etica estorica, intervenuta nelprofondo ed irreversibile.«Non è più possibile

l’ingannarsi o il dissimulare.La filosofia ci ha fattoconoscer tanto che quelladimenticanza di noi stessich’era facile una volta, ora èimpossibile. O laimmaginazione tornerà invigore, e le illusioniriprenderanno corpo esostanza in una vita energicaemobile,e lavita torneràadessercosavivaenonmorta,ela grandezza e la bellezza

dellecosetornerannoaparereuna sostanza, e la religioneriacquisterà il suo credito; oquesto mondo diverrà unserraglio di disperati, e forseanche un deserto».19 Ladimensione disperata delproblema — ed è questa laragione portata non asollecitare una scelta suicidamaaspiegareilfattochemaii suicidi siano stati cosìfrequenti—ripetelaradicata

convinzione del filosofo:siamo su quel limite su cuitocchiamo lamorte, e solo iltoccare questo nulla produceil rivoluzionamento dellacoscienza.Maèpossibilechecollettivamente si esca daquesto deserto, da questoserraglio di disperati? Larisposta è dubbia, per taluniversioggettivamente speranzosa,peraltripessimistica:«Soche

questiparrannosogniefollie,comesoancorachechiunquetrentanni addietro avessepreannunziata questaimmensa rivoluzione di cosee di opinioni della qualesiamostati e siamospettatorie parte, non avrebbe trovatochi si degnasse dimettere inbeffa il suo vaticinio ec.Insomma il continuare inquesta vita della qualeabbiamo conosciuto

l’infelicità e il nulla, senzadistrazioni vive, esenzaquelleillusionisucuilanatura ha stabilita la nostravita,nonèpossibile.Tuttaviala politica segue ad esserquasi puramente matematica,in cambio d’esser filosofica,quasi che sconvenisse allafilosofia dopo aver distruttoogni cosa l’adoprarsi ariedificare (quando anziquesto dev’essere il suo vero

oggetto presentemente, alcontrario di tempid’ignoranza), e ch’ella nondovesse mai fare un granbene agli uomini, perché finquinonhafattoloroaltrochebenipiccoliemalisommi».20Si contrappone dunque lanecessitàmetafisica di uscireda questa situazione, allapochezza dei mezzidisponibili. Ma occorrereagire: «Tutto il piano della

natura, attorno alla vitaumanasiaggirasopralagranleggedidistrazione, illusionee dimenticanza. Quanto piùquesta leggeèsvigorita tantopiù il mondo vain perdizione».21 A taluniquest’affermazione ha fattopensare che il «Frammento»siadel1820,edariportarealperiodonelquale ilLeopardiattribuiva, all’illusione, unruolo ingenuo ed eroico.22

Maabenguardarequinonètanto la riaffermazione della«gran legge» ad essereimportante quanto lanecessità di romperlacreativamente. Ecollettivamente? Se stessimoallefor-mutazioniletteralidel«Frammento» potremmoindurlo: il dubbiosull’attitudine dei mezzipolitici a dare soluzioniadeguate del problema non

esclude infatti la possibilitàche altri strumenti collettivipossano darsi. Ma non locrediamo. Molte altreconsiderazioni,quidiseguito,ne daranno prova. Qui basti,per ora, ricordare come ilcollettivo non sia, in nessuncaso, una continuità dellapsiche,unapiùtargaelinearedefinizione del soggetto. Ilcollettivo è prima di tuttoinganno, illusione falsa,

e solo una radicalericostruzione, che muovadall’etico, dalla rivoluzione(«questaimmensarivoluzionedi cose e di opinioni»), puòoffrirnenonchéilconcetto,larealtà. Come ricostruirloallora, come discriminare inesso il vero dal falso? Èquesta un’operazionecontinua? Oppure qualsiasicontinuità, qui comegià nell’ontologia regionale

della psiche, ci spingerà disconfitta teorica in sconfittateorica, attraverso ambiguitàcrescenti, fino al punto nelquale solo un’inversioneradicale dello spiritodella ricerca riaprirà lasperanza di una fondazionedel collettivo? Forse: inqueste pagine, comunque,non corre neppure la piùlontana ipotesi che vi sia viapercorribilefuoridaquelladi

una radicale rifondazione.NelleOperettedel ’32, comenei Pensieri, le ambiguitàsopportate nel trattare idialetti di psiche nonsono dunque presenti. Nelriconoscere questo non sideve tuttavia gettare, conl’acqua sporca, anche ilbambino— perché se ora laricerca fra le illusioni dellacultura e della storia cicondurrà a denunciare

l’insensatezza di ogniillusione che non nascadal gusto del nulla, pure, suquel punto, la dimensionestorica e culturale delrivolgimento etico è sempreimplicitamente presente —perquantosianoancoraattesicriteri scientifici di unacorretta esposizione.Un’ultima riflessione suquesto argomento: come giàera avvenuto ogni volta che

Leopardi aveva affrontato ilproblema della storia e dellacultura, anche qui il temadel tempo viene in primopiano. Il tempo dellarivoluzione,diquestopassatoirrisolto dell’epocaleopardiana, nel caso del«Frammento sul suicidio».Ora, quest’aggancio organicoche i temi storici e culturalihanno con il tempo,costituisce un’altra delle

specificità dell’attualeapproccio. Discriminare idialetti del sapere significadiscriminare il tempo. UnLeopardi progressivo?Nodavvero:solounLeopardiche, materialisticamente,nell’introdurre questo tema enelritrovareladefinizionedeltempo sul luogo delrivoluzionamento etico, fissadeltempounafiguracreativa— un tempo come

dimensione dell’agire, unapossibilità ed una scelta.Esattamentecomeperl’etica.

«Almanacchi, almanacchinuovi; lunari nuovi.Bisognano, signore,almanacchi?».Eccocidunquead una riflessione sul tempo:«Dialogo d’un venditored’almanacchi e di unpasseggere».23 Abbiamoparlato di un certodepotenziamento della

domanda metafisica: bene,eccone una prova. Il«Dialogo» banalizzaalla maniera pessimistica ladomanda metafisica. Sitrascina di negazione innegazione, dell’illusione, manonsolo.C’èuncertoumoretetro, in queste pagine. Lavita è vista non cometempo che fugge ma cometempoinfelice—sepiùtostofuggisse, tanto meglio

sarebbe. Sicché «a nessunpatto» alcuno vorrebberiviverelavitachehavissuto.«Passeggere. Oh che vitavorreste voi dunque?Venditore. Vorrei una vitacosì, come Dio mela mandasse, senz’altri patti.Passeggere. Una vita a caso,e non saperne altro avanti,come non si sa dell’annonuovo?Venditore. Appunto».24 Su

questo punto v’è una lievecorrezione di discorso. Èquella «vita a caso» che laintroduce — nel senso che,con ciò, un tempo nuovo èintensamente atteso senzaalcunaillusionedifelicitàmacon senso di ironia e sorriso.«Quella vita ch’è una cosabella, non è la vita che siconosce,maquellachenonsiconosce; non la vita passatama la futura». Un

materialismo antico, questo,qui espresso dal Leopardi,una sorta di culturalereminiscenza, un’epicureaconcezione del tempo, purpercorsi dal sorriso? Forse.Sarebbe ad ogni modointerpretazione forzata quellache volesse vedere in questofuturo una riapertura delrapporto fra caso e felicità e,dinuovonelsensodelfuturo,una forte accentuazione della

libertà e della possibilità.Nonv’ènulladituttociò.V’èsolo una nuova e piùprofonda insistenza sul temadellatemporalità,comeformacostitutiva della domandametafisica. Elemento dicostruzione di una piùavanzata concezionedell’etico, ma per orainoperante inquestoclimadidimissione del temametafisico. La

demistificazione del sapere edelle sue illusioni procededunque con grande intensità,ma è trattenuta dentro unaprospettiva puramentenegativa. Solo l’ingannocostituiscelabasedelsapere,eancheinotevolimaterialidiricostruzione, che compaiononella fenomenologialeopardiana(comeilconcettodi collettivo e quellocostitutivo del tempo),

vengono per ora accantonati.Lademistificazionenonpassaattraverso l’esperienza dellatensione ontologica, ma nediscende,quasineprecipita.

Del tutto diversamenteavviene nel «Dialogo diTristano e di un amico».25Qui il meccanismodimostrativo è potentissimo.Nasce, il dialogo, «tra lameraviglia e lo sdegno e ilriso» — a fronte della

continua negazionedell’infelicità umana che ilsecoloproduce.Ora,convintodalla propaganda che ilsecolofaasestesso,ai lumi,al progresso, Tristanoconfessa di aver mutataopinione: «conobbi chel’infelicitàdell’uomoeraunodegli errori inveteratidell’intelletto, eche la falsitàdi questa opinione, e lafelicità della vita, era una

delle grandi scoperte delsecolo decimonono».26 Ilmutamentodiopinioneèperòsolo chiave di paradosso: ilsecolo decimonono è ilmigliore(«Sicuro.Cosìcomehanno creduto di sé tutti isecoli, anche i più barbari;e così crede ilmio secolo edioconlui»27);inessosecoloilumisipropaganoelanaturaumana afferma la suacompleta perfettibilità —

certo, però, che ciò avvienemalgrado la decadenza delcorpo e della società! «Ilcorpo è l’uomo»: però «tranoigiàdalunghissimotempol’educazione non si degna dipensarealcorpo,cosa troppobassa e abbietta: pensa allospirito; e appunto volendocoltivare lo spirito, rovina ilcorpo; senza avvedersi cherovinando questo, rovina avicenda anche lo spirito. E

dato che si potesse rimediarein ciò all’educazione, non sipotrebbe mai senza mutareradicalmente lo statomoderno della società,trovarerimediochevalesseinordine alle altre partidella vita privata e pubblica,che tutte, di proprietà loro,cospirarono anticamente aperfezionareoaconservareilcorpo, e oggi cospirano adepravarlo. L’effetto è che a

paragone degli antichi noisiamo poco più che bambini,e che gli antichi aconfronto nostro si può direpiù che mai che furonouomini. Parlocosìdegl’individuiparagonatiagl’individui, come dellemasse (per usare questaleggiadrissima parolamoderna) paragonate allemasse. Ed aggiungo che gliantichi furono

incomparabilmente più virilidi noi anche ne’ sistemi dimorale e di metafisica. Aogni modo io non mi lasciomuovere da tali piccoleobbiezioni, credocostantemente che la specieumana vada sempreacquistando».28 Strano poi, esingolare, il fatto che nelsecolo decimonono ilprogresso dello spirito, chepure è indiscutibile,

proceda malgrado ladecadenza della filosofia,della scienza, e del sapere ingenere («eccetto forse inGermania, donde la dottrinanon è stata ancora potutasnidare»)29 — decadenzavisibilissima rispetto agliantichi! «Amico. In somma,per ridurre il tutto in dueparole, pensate voi circa lanatura e i destini degliuomini e delle cose (poiché

ora non parliamo diletteratura né di politica)quello che ne pensano igiornali? Tristano. Appunto.Credo ed abbraccio laprofonda filosofia de’giornali, i quali uccidendoogni altra letteratura e ognialtro studio, massimamentegrave e spiacevole, sonomaestri e luce dell’etàpresente. Non è vero?».30Procedendo, di più in più

l’ironia diventa amara—siamoormaineiparaggidiquel sarcasmo che prestoLeopardi dedicherà alpolitico. Accetto dunque,prosegue Tristano, laprofondafilosofiadeigiornalielamassificazionedelsapere—«Lasci fare allemasse; lequali che cosa sieno per faresenza individui, essendocomposte d’individui,desidero e spero che me lo

spieghino gl’intendentid’individui e di masse cheoggi illuminano il mondo»31— anche se son certo chequestasuperficialeculturadelsecolo decimonono saràcancellata nell’esperienza delprossimo, e di tutto questo«rumore e confusione» nullaresterà, e nulla resisterà diquest’appiattimento di valori.«E così, mentre tutti gliinfimi si credono illustri,

l’oscurità e la nullitàdell’esito diviene il fatocomune e degl’infimi e de’sommi».32 Ma non importa:«Viva la statistica! vivano lescienzeeconomiche,moraliepolitiche, le enciclopedieportatili, imanuali, e le tantebelle creazioni del nostrosecolo! e viva sempre ilsecolo decimonono! forsepovero di cose, maricchissimo e larghissimo

di parole; che sempre fusegnoottimo,comesapete.Econsoliamoci, che per altrisessantasei anni, questosecolosaràilsolocheparli,edica le sue ragioni».33 Aquesto punto il sarcasmo èdivenutoferoceeilparadossoscoperto. L’interlocutoresuggerisceaTristanol’ipotesiche questi difetti del secolonull’altro siano che effetti edoglie della transizione. Ma

smettetela, replica Tristano,con queste «scempiataggini»riformistiche: «tutti i secoli,più o meno, sono stati osaranno di transizione,perché la società umana nonistà mai ferma, né verrà maisecolo nel quale ella abbiastato che sia per durare.Sicché cotesta bellissimaparola o non iscusa punto ilsecolo decimonono, o talescusagliècomunecontuttii

secoli. Resta a cercare,andando la società per la viache oggi si tiene, a che sidebba riuscire, cioè se latransizione che ora si fa, siadal bene al meglio o dalmale al peggio. Forse voletedirmi che la presente ètransizione per eccellenza,cioè un passaggio rapido daunostatodiciviltàadunaltrodiversissimo dal precedente.In tal caso chiedo licenza di

ridere di cotesto passaggiorapido, e rispondo che tuttele transizioni conviene chesieno fatte adagio; perché sesi fanno a un tratto, di là abrevissimo tempo si tornaindietro, per poi rifarle agrado a grado. Così èaccaduto sempre. La ragioneè,chelanaturanonvaasalti,echeforzandolanatura,nonsi fanno effetti che durano.Ovvero, per dir meglio,

quelle tali transizioniprecipitose sono transizioniapparenti, ma nonreali».34 Ma che cos’è larealtà, avrebbe potutoreplicare l'amico? Questadomanda non v’è. Che cos’èil vero? La rispostasottende tutto il dialogo. Laverità è l’estrema infelicitàdellavita,ilriposare«attoniti,sbalorditi, immobili come unsasso» accanto al nulla del

significato dell’essere,intendere «gli inganninon dell’immaginazione madell’intelletto» ed avere «ilcoraggio di sostenere laprivazionediognisperanza»:«mirare intrepidamente ildeserto della vita, nondissimularmi nessuna partedell’infelicità umana, edaccettaretutteleconseguenzedi una filosofia dolorosa,mavera. La quale se non è utile

ad altro, procura agli uominiforti la fiera compiacenza divedere strappato ognimanto della coperta emisteriosa crudeltà deldestino umano».35Ecco dunque il motore cheproduce questademistificazione del secolo.Un sentire che, a fronte deidisastrideltempo,sadiveniretetro e dimettere, nel trattaredi questo fondo della

tragedia, ogni ironia eparadosso. «Vi dicofrancamente, ch’io non misottomettoallamia infelicità,népiego ilcapoaldestino,ovengo seco a patti; e ardiscodesiderare la morte...».36«Troppo sono maturo allamorte,troppomipareassurdoe incredibile di dovere, cosìmorto come sonospiritualmente, cosìconchiusainmedaogniparte

la favola della vita, durareancora quaranta ocinquant’anni,quantimisonominacciati dalla natura. Alsolo pensiero di questa cosaio rabbrividisco».37L’incredibile nettezza digiudizio sul secolodiciannovesimo, e su quelloche esso ci preparava intermini di distruzione emorte,èquisostenutadaunadisperata dignità etica. Da

una costituzione dell’eticoche solo può darsitraversandolamorteeilnulladella vita presente. Conquesto «Tristano» — idealeepilogo delleOperette — ladomanda teorica circa ilsignificato del sapere èdunque portata all’estremo e,nella condizione specifica, lastessa domanda, in quantoproiezione ed indagine sulvalore di una regione

dell’essere, è negata. Mal’affermazione dellasoggettivitàpoetica,purnellavicinanza e nel desideriodellamorte, è talmente forte,che l’insieme del problema èpiuttosto rilanciato che tolto.L’affermazione va alprofondo del drammametafisico:èdilìchesitrattadi rilanciare.L’inganno dellacultura e del sapere è totaleperché quel mondo non sa

farsi portatore della realtàdella vita. Un tempo,Leopardi, nell’ambito delsensismo materialistico,cercava un significato, unadirezione della trama delsenso.Qui lacriticagiungeadichiarare lacompletainsensatezzadiognipossibile trama culturale delsenso. Ma, nel contempo,essa prospetta un radicaleprofondissimo rovesciamento

del punto di vista e quindidella possibilità diriconquistare significati evalori. Quella trama delsenso, che crollava, branodopo brano,nell’insensatezza, raffigura lacatastrofe della memoriastorica. Qui, la «cultura delsecolo decimonono» èla continuazione, lamodernizzazione di quellacatastrofe. Leopardi si

oppone alla seconda cosìcome s’era opposto allaprima, identificandonel’intera intèrna omologia divalenze significativee distruttive. Rabbrividire, aquesto spettacolo, maresistere. È incredibile conquantaforzainquestepagineil senso della catastrofe, lasua pesante oggettività,divengono linea versouna riaffermazione della

soggettività poetica, dellapossibilità costitutiva delpoetico! Quanto più sidistende a contatto con lamorte, tanto piùl’affermazione poeticadiviene potente. «Ogniimmaginazione piacevole,ogni pensiero dell’avvenire,ch’io fo, come accade, nellamia solitudine, e con cui vopassando il tempo, consistenella morte, e di là non so

uscire».38Nonèparadossale,o infingardo, da parte nostra,trovare un’affermazione,davanti a questa determinatae forte espressione didesideriodimorte:losarebbese annegassimo la relazionenella necessità dialettica, nelrapporto che vede l’iorisorgeredalnullaodalnon-io con logica necessaria edineluttabile conseguenza.No,nonèquesto:inLeopardi

l’affermazione è determinatain maniera solitaria, comenecessità di espressione,come produzione. Questo èl’irreversibile segno diun’esistenza nellatragedia, che non sa farsidialettica e vanamentesperare, —. che èperòdeterminazioneecritica.Edèdiqui,nonacaso,chelaricostruzione del tessutomaterialistico della critica

viene sviluppandosi. Perchéquesto disagio del secolo edelsapereèstatodaLeopardifatto proprio, nella formadelparadosso, nel desiderio dimorte: ma l’appropriazione,perquanto liminare,s’èdata,ed ora va sviluppata ed ildisagio del secolo vaverificato — e la posizionedel soggetto, forse, nella suaforza poetica, ricostruita.Attraverso l’esperienza della

morte se il secolo ce loimpone—contro,eticamentecontro questa volontà delsecolo e la sua barbarie, inogni caso.Senon fosse così,paradossale e infingardasarebbe la teoriadiLeopardi,una sorta di macabro giococondotto sopra e contro lavita, persuasione di morte.Sappiamo che non è vero,sappiamochelateoriaètuttadentroecorrispondeallavita

— anche se la cosa cimeraviglia. «La cosa piùinaspettata che accada a chientra nella vita sociale, espessissimo a chi vi èinvecchiato, è di trovare ilmondo quale gli è statodescritto, e quale lo conoscegià e lo crede in teoria.L’uomo resta attonito divedere verificata nel casoproprio,laregolagenerale».39

Questa è l’ultima nota

dello Zibaldone.All’interruzione delloZibaldone,LeopardicomincialastesuradeiPensieri.40Unaverifica del disagio delsecolo? Una ricercanell’ingannodelsapereeunamotivazione della suaesistenza e dimensione? Unnuovo tentativo di sviluppareuna fenomenologia regionaledel sapere? Se stiamo allaselezione dei Pensieri che

postuma venne pubblicata, evalutiamoognipensieronellasua schietta e immediatasignificatività, davvero tuttiquesti interrogativiresterebbero senza risposta.Grandissima parte deiPensieri si riferiscono infattiapaginedelloZibaldone,41 enonsi capisce,aprimavista,perché una tale specificaselezionenesiastatafattadalLeopardi, e a che scopo.

Sicchésembranoaverragionenelle loro proteste CarloLeopardielostessoGiordaniche pensavano a qualchelosca manovra del Ranieriattorno alla pubblicazione, ead una riduzione indebita.42NéLeopardi,scrivendoalDeSinner43 di voler dare allestampe «un volume inéditdePenséessurlescaractèresdes hommes et sur leurconduite dans la société», ci

aiutamoltoacomprendere leragioni della selezione. Ameno che non collochiamoquesti Pensieri proprio suquellasvoltaprogrammaticaedentro quel disegnofenomenologico cheveniamodescrivendo. Le nostredomande divengono così,in mancanza di qualsiasiprova di una specifica eprecisa intenzione diLeopardi, un’ipotesi di

ricerca da verificare.S’aggiunge soloun’annotazione, alquantoovvia ma non del tuttoininteressante. Lo Zibaldoneviene tenuto da Leopardicome brogliaccio di vita ecome insieme dimateriali darielaborare.Noi, seguendo losviluppo del pensiero delloZibaldone, ne abbiamoidentificato una puntualelogica interna. Leopardi è

tenuto a questa logica dalpunto di vista della suaesperienzavitale,manullaglivieta di riorganizzare queimateriali (oltre a tutto inpiccolissimaparte)suunaltroregistro — su un registro,cioè, che sia più attuale edeterminato dalle finalità dilotta culturale che il presentegli propone.44 Cominciamodunque a leggere i Pensieridentro la nostra ipotesi di

ricerca e chiediamoci se essirispondono all’esigenza diuna fenomenologiadell’inganno del sapere ed alprogetto di una sua specificademistificazione.

Ame sembra che le cosevadano proprio così. IPensieri rappresentano unasorta di riassunto di tuttoquanto Leopardi è venutosviluppando in termini dicritica del sapere. La

selezione dei pensieri delloZibaldone e la loro rifusioneinquestopiccolozibaldonediPensieri segue un’internalogica critica, così come aquestalogicasiaccomodanoinuovi pensieri. Sicchélo stesso significato dellepagine dello Zibaldone quiriprese muta e si colloca nelnuovoprogetto.Importanteè,in proposito, notare ladifferenza di scrittura delle

pagine dello Zibaldone edi queste deiPensieri, anchequando il contenuto èidentico o analogo: perchéqui lo stile rispecchia lanuova concatenazioneconcettuale e la suacosiddetta freddezza è ilrisultato della negazione diunadirezionenella tramadelsenso e del porsischiettamente di fronte allaconclusività della critica e

dell’assunzione metafisica.L’inversione dell’universosensistico è presupposta dalprogetto dei Pensieri e sirispecchia nel loroandamentostilistico.

L’inganno del sapere èdunque il primo punto, unessenzialenucleoche sempreritorna in questi Pensieri.Leopardirinnovaunrealismopsicologico fortissimo nelladefinizionedeirapportifragli

uomini, della formadell’inganno nella quale essisisviluppanoedelsaperechegliuomininehanno—finoaconcludereadunaconcezionemachiavellica (in sensodeteriore) della vita sociale.Molte sono le varianti diquesto incedere di pensieri,per nulla sistematiche, matutte unificate da unprofondo senso dellanecessaria demistificazione

delrapportosociale.Sivadauna visione delmondo comedi«unalegadibirbanticontrogli uomini da bene, e di vilicontro i generosi», dove iprimi guadagnano sempre (eguaiadesseresinceri:«Colpanon perdonata dal genereumano,ilqualenonodiamaitanto chi famale, né il malestesso,quantochi lonomina.Inmodochepiùvolte,mentrechi famaleottienericchezze,

onori e potenza, chilo nomina è trascinato suipatiboli; essendo gli uominiprontissimiasofferireodaglialtri o dal cielo qualunquecosa, purché in parole nesieno salvi»);45 ad unoschema di rapportosociale semplicemente detto:«Il genere umano e, dal soloindividuo in fuori, qualunqueminima porzione di esso, sidivide in due parti: gl’uni

usanoprepotenza,eglialtrilasoffrono».46 Seduzione eforza possono, nell'imporreingiustizia e dominio,marciare assieme,47 nél’onestà riesce a sottrarsi allaseduzionedellamultitudine.48La vita sociale consiste «inunaspeciedilottadiciascunocontro tutti, e di tutti controciascuno» e solo l’egoismopuò permettere all’individuodi affermarsi49 — né

l’egoismo e la stima di sestessi, portati contro gli altri,possono mai cessare, perché«la società degli uomini èsimileaifluidi;ognimolecoladei quali, o globetto,premendo fortemente i vicinidisottoedisopraedatutti ilati, e per mezzo di quelli ilontani,edessendoripremutonella stessa guisa, se inqualche posto il resistere e ilrisospingere diventa minore,

non passa un attimo, che,concorrendo verso colà afuria tutta lamoledel fluido,quel posto è occupato daglobetti nuovi».50 Modellodi comprensione di siffattomondo sociale è l’opera diFrancesco Guicciardini —«forse il solo storico fra imoderni, che abbia econosciuto molto gli uomini,e filosofato circa gliavvenimenti attenendosi alla

cognizione della naturaumana,enonpiuttostoadunacerta scienza politica,separata dalla scienzadell’uomo, e per lo piùchimerica...».51 Con ciòdiamo solo qualche esempiodell’incedere di questaricerca, così fredda esicura da definire una certacondizione del filosofareleopardiano. Ma, appunto,così certa, così irreversibile

perché fondata su unquadro di relazionimetafisiche anch’esse fissate,e nelle quali questo dialettodell’illusione trovaimmediatamente il suoontologico contrasto. Questomondosenzavirtùnonriescetuttavia, e mai comunqueriuscirà, ad eliminare lapotenzadellavirtù:questoèilsecondo nucleo insistente deipensieri,edèapartiredaesso

cheilquadrodellariflessioneleopardiana si apre, dalcontrasto cioè che, controquesta machiavellica figuradella società e del sapere,imponelapotenzadellavirtù.Ma se quello è il mondo, lapotenza della virtù non potràche essere rottura,discriminazione violenta diquella verità che ci soffoca:«Se al colpevole eall’innocente, dice Ottone

imperatoreappressoTacito,èapparecchiataunastessafine,è più da uomo periremeritamente. Poco diversipensieri credo che sienoquelli di alcuni, che avendoanimo grande e nato allavirtù, entrati nel mondo, eprovata l’ingratitudine,l’ingiustizia, e l’infameaccanimento degli uominicontro i loro simili, e piùcontro ivirtuosi, abbracciano

la malvagità; non percorruttela, né tiratidall’esempio, come i deboli;néancheperinteresse,népertroppo desiderio dei vili efrivoli beni umani; néfinalmente per isperanza disalvarsi incontro allamalvagità generale; ma perun’elezione libera, e pervendicarsi degli uomini, erendere loro il cambio,impugnando contro di essi le

loroarmi.Lamalvagitàdellequali persone è tanto piùprofonda, quanto nasce daesperienzadellavirtù;etantopiù formidabile, quanto ècongiunta,cosanonordinaria,a grandezza e fortezzad’animo, ed è unasorte d’eroismo».52 Prestol’immagine classica ritrovaun fondamento nella storia enella psicologia degliindividui— ed anche qui la

virtù si presenta comeeroismo, come rottura, comemomento di fuoriuscita dallatotalità opaca del veroinganno.Uneroismochenonha nulla a che vedere con lapazza volontà della rivoltaindividuale — esso è invecemutamento conoscitivoe totale rifiuto del mondo:«Infine la vita a’ suoi occhiha un aspetto nuovo, giàmutataperluidicosauditain

veduta, e d’immaginata inreale; ed egli si sente inmezzo ad essa, forse nonpiùfelice,maperdircosì,piùpotentediprima,cioèpiùattoafarusodiséedeglialtri».53È molto interessante trovarequi una definizione dipotenza umana che è quellache Spinoza ha stabilito.54Questa identità però nonsignifica molto, al di làdel fatto che entrambi gli

autori militano nella grandecorrente del materialismomoderno: infatti, per quantosia moderno, il materialismodiSpinozaèprecritico,ilsuoconcetto di potenza va soloprogrammaticamente al di làdelladialettica.ConLeopardiil concetto di potenza èpostcritico,èpostocomeunodei poli di un rapporto conl’essere che è irresolubile erende irreversibile la

tensione. La potenzaleopardiana è contro. Siradica nel nulla.55 Abbiamodetto: se il mondo è quelcomplesso di inganni chehannoverità,lavirtùnonpuòche essere rottura, potenza ecreazione di un altromondo.Leopardi esprime questodesiderio con il massimodella forza, si pone comealtro,eaccettalasolitudinediquesta alterità. Già nella

metafisica, nella poetica larottura eradivenuta elementocentrale e «altro».Ma qui laspecificità del problemaconsiste nello stabilire unrapporto, fosse soloconoscitivo, fra questi duemondi.Comepensarevirtùinquesta situazione? Nellatotale separazione deidue mondi, essainevitabilmente si presentacomevuotezzadicontenuti,e

non riesce perciò adagganciare il reale e a farloproprio, ma è continuamenterigettata all’atto puro dellarottura. La virtù, per essere,deveesserecreazione.Maquinon può esserlo. Nellarottura, nell’esprimere laradicaleviolenzadellarotturae nel porre il rifiuto comefondamento, essa qui è solouna potenzialità. Vuota. IPensieri su questo snodo

sfiorano il sofisma.Di frontealla vuotezza di virtù delmondochiedonounavigorosavirtùcherompaquell’orribileorizzonte:malavirtùèvuotadi contenuti, e tanto più lo èquanto più diviene radicale.Ma allora come definirequestoinesistenterapporto?Ilsofismaconsistenelfattochelaparolavirtù èpresa induesensi: la prima volta comepienezzacontroilvuotodella

vita e del sapere, la secondavolta come vuoto contro lamaleodorante ma effettivavita del reale. Verità è perLeopardi effettività storica,efficacia: la virtù non haefficacia e consistenzastorica; il mondo, nel suoputridume,sì.Perché?Eccociad un terzo gruppo diargomentazioni.Paradossalmente (ed èinteressantequiosservareche

il paradosso non è soloun’arma argomentativa,ma nel nostro autore neinchiavarda, per così dire, lospirito), paradossalmente,quindi, la definizione dellavuotezzadellavirtùspingeaduna analisi della regionefenomenologicadelsapere.Èappassionata la domandaleopardiana:perché lavirtùèvuota?E terribile la risposta:la virtù non può essere

riempita di contenuti perchéla sua solitudine è totale e lastoria e il sapere hannolavorato freneticamente asvuotarla di contenuti. Loscompenso, il possibilesofisma della definizionedella virtù, vanno imputatiallastoria.56Quil’analisisifasempre più specificae riassume i titoli e lerubriche della polemicastorica leopardiana.Anche in

questo caso in termini freddie definitivi — che nonescludono protesta, rivolta,rovesciamento — anzi, cheli spingono all’estremo,all’eccesso dellacontraddizione. Ma prima diritornaresullarispostaeticaele sue caratteristiche, ènecessario fissare conprecisione i punti delmovimento criticoleopardiano. La storia, il

progresso, i Lumi hannosvuotato la storia di virtù. Itoni di Leopardi variano,nella denuncia, fra stizza esarcasmo:sempreildisprezzoè fortissimo — disprezzoperunsecoloboriosochenonsa costruire ma solo saparlare,incuilamancanzadirealismo si coniuga asdolcinate utopie, il tutto perfare schermo ad unaaccentuazione continua della

mercificazione della vita. Leriforme, il riformismoilluministico e liberale —nella specificità del continuostorico nel quale si danno inItalia:57 «V’è qualche secoloche, per tacere del resto,nelle arti e nelle disciplinepresumedi rifar tutto,perchénulla sa fare».58 I Lumi, laloro pretesa di moralizzarecompletamente il mondo:«Nessun maggior segno

d’essere poco filosofo epoco savio, chevoler savia efilosofica tutta la vita».59Ecco gli effetti di questapretesa di conformitàrazionale:iltrionfodelpotereastratto della moneta, comeunica sostanza comune degliuomini. «Quasi che gliuomini, discordando in tuttel’ altre opinioni, nonconvengano che nella stimadella moneta: o quasi che i

danari in sostanza sienol’uomo; e non altro che idanari: cosa che veramentepare per mille indizi che siatenuta dal genere umano perassiomacostante,massimeaitempi nostri».60 Viva lastatistica,quindi,el'industria,e la moneta. «Molto bene.Intanto, in compagniadell’industria, la bassezzadell’animo, la freddezza,l’egoismo, l’avarizia, la

falsità e laperfidia mercantile, tutte lequalità e le passioni piùdepravatrici e più indegnedell’uomo incivilito, sono invigore, e moltiplicanosenza fine; ma le virtù siaspettano».61 La dialetticadell’Illuminismo ha comesoloeffettolosvuotamentodiognivalore,lamercificazionedelrapportofragliuomini,ildepotenziamento della storia.

Lavirtùè toltaperchéè toltala potenza del fareumano, perché è tolta quellapotenza in cui consiste ilfondamentodellavirtù.Certo,questa dialetticadell’Illuminismo si svolge,con i suoi infami risultati, suun contesto culturale che è,nella civiltà occidentale,continuo. Alla dialetticadell’Illuminismo andrebbeaccostata una dialettica del

Cristianesimo, i cuieffettisonoaltrettantoinfami:il Cristianesimo è disprezzodel mondo. Il giudizio — ilCristo stesso ha storicamentedeterminato lo sprezzo diriempire di contenuti positivilavirtù—èimmediatamenterafforzato da un altrogiudizio: quello sugliantichi,illoroamoreperlavirtù, la storia e il mondo.«GesùCristo fu il primo che

distintamente additò agliuomini quel lodatore eprecettore di tutte le virtùfinte,detrattore epersecutoredi tutte le vere;quell’avversario d’ognigrandezza intrinseca everamentepropriadell’uomo;derisore di ogni sentimentoalto, se non lo crede intimo;quello schiavo dei forti,tiranno dei deboli, odiatoredegl’infelici; il quale esso

GesùCristo dinotò col nomedimondo,chegliduraintuttele lingue colte insinoal presente. Questa ideagenerale,cheèditantaverità,e che poscia è stata e saràsempre di tanto uso, noncredo che avanti quel tempofosse nata ad altri».62 «Ilmondonemicodelbene,èunconcetto, quanto celebre nelVangelo, e negli scrittorimoderni,ancheprofani, tanto

o poco meno sconosciutonegli antichi».63 Ora, questageneralità del concetto divirtù la fa vuota nelCristianesimo come neiLumi. Il Cristianesimocostruisceun’ideaastrattadalmondo, e cioè alienata allatotalità della potenza, dellacreatività etica. Questoschema generale dialienazionestaallabasedellosviluppo dei Lumi: nello

stesso inchiostro si intingonoquestepesantinegazionidellapotenza etica. Ma ancora:questo svuotamento storicodella storia e la sottrazionedella potenza alla virtù siorganizzano in educazione.«L’educazione che ricevono,specialmente in Italia, quelliche sono educati (che a dirvero, non sono molti), è unformale tradimento ordinatodalla debolezza contro la

forza,dallavecchiezzacontrola virtù».64 E ciò non soloperché «l’interesse dellatranquillità comune,domestica e pubblica, ècontrario ai piaceri edalle imprese dei giovani; eperciò anche l’educazionebuona, o così chiamata,consiste in gran partenell’ingannare gli allievi, ac-ciochéposponganoilcomodoproprio all’altrui. Ma senza

questo, i vecchi tendononaturalmente a distruggere,per quanto è in loro, e acancellaredallavitaumanalagioventù, lo spettacolo dellaquale abborrono». «Frutto ditale cultura malefica, ointenta al profitto del cultoreconrovinadellapianta,siè,oche gli alunni, vissuti davecchi nell’età florida, sirendono ridicoli e infelici invecchiezza,volendovivereda

giovani;ovvero,comeaccadepiù spesso, che la naturavince,echeigiovanivivendoda giovani in dispettodell’educazione, sifanno ribelli agli educatori, iquali se avessero favoritol’usoeilgodimentodellelorofacoltà giovanili, avrebberopotuto regolarlo, mediante laconfidenza degli allievi, chenon avrebberomai perduta».65 L’amarezza

conclude questo desolantequadro di storica decadenza,laddovel’uomosiavistofarsiproduttore, a pieno titolo,della propria rovina edell’apparenza della propriavirtù: «Quanto decrescononegli stati le virtù solide,tanto crescono leapparenti».66 Maquest’amarezza,chespessosisostituisce, nei Pensieri, allastizza ed al sarcasmo, non

indebolisce comunque laforza della sintesi storica diLeopardi. Come altrevolte abbiamo sottolineato,qui abbiamo intero quelcontenutodipolemicastoricache, fra illuminismo eromanticismo, fra filosofiakantianaefilosofiadialettica,ha rappresentato fondamentoeuropeo di progetto critico ericostruttivo: fra Lessing eHölderlin, fra Rousseau e

Schiller, fra Kant e Hegel, iltema dell’alienazionereligiosa e di quellacapitalistica,lanostalgiadellapolis come desiderio delmondo, la concezione dellavirtùcomepotenzaeticasonotanto centrali — quanto losonoinquestoLeopardi.Soloche, inmoltidiquegliautori,la dura denuncia per logicheinterneconclude—oalmenosi è effettualmente,

storicamente conclusa — adunaconciliazionerestaurativadella storia nella metafisica,di quella vecchia seriecorruttivainnuovaipostasidicorruzione: la vicendahegeliana è da questo puntodi vista esemplare. InLeopardi la questione èinveceirrisolta.Lastoriasiètrovata vuota di metafisica eil pensiero e la vita vuoti diverità.Questodistacconon è

superabile, questirisultati sono il prodotto diuna forza omogenea che nonpuò essere redenta. Solol'alternativa è possibile: nonla sintesi ma la creazione.Comedunqueesserevirtuosi?Solo creando,determinandoun’innovazionepotente,generale,che investail mondo ab imo e loricostruisca.

Riassumiamo

l’andamentodeiPensieri.C’èun primo momento (ed unprimogruppodipensieri)cheriprende la denunciadell’inganno del sapere; unsecondo gruppo di interventiche insiste sulla necessità dirianimarelavirtù,dirompereperciò l’opacità del processostorico, ma che nello stessotemporiconosceilrischiochequesta rottura possa esseresoloformale—perché, terzo

gruppo di pensieri, tutta lastoria si è svolta nel sensodell’alienazione dell’essenzaumana e della virtù. Conquesto terzo gruppo dipensieri ci siamo cosìriimmessi sul terreno dellafenomenologia regionale delsapere — la domanda suchecosapossaesserelavirtù,a questo punto (ed è unquartomomento del discorsoleopardiano nei Pensieri)

cercherà di uscire dalformalismo paralizzante delprimo passaggio in materia,cercherà di riempire larichiesta di rottura diindicazioni e di progettopositivi. V’è un primotentativo di uscire dallacondizione di impotenzaformalistica—èuncamminoche ormai ben conosciamonel metodo di Leopardi mache non sembra dia grandi

risultati. Chiamiamo questavariante metodica: uso delparadosso in etica. PensieroII, paradosso dell’autoritàpaterna e della ribellione delfiglio: entrambe sono giuste,ma,scontrandosi,cometalisiannullano. Pensiero VI,paradosso della vecchiaia edellamorte:«Lamortenonèmale: perché libera l’uomoda tutti i mali, e insieme coibeni gli toglie i desideri. La

vecchiezza è male sommo:perchépriva l’uomodi tutti ipiaceri, lasciandogliene gliappetiti; e porta seco tutti idolori.Nondimenogliuominitemonolamorte,edesideranola vecchiezza». Potremmocontinuare a mostrare iparadossi eticideiquali sonoinfarciti i Pensieri. Non nevale la pena — questometodo ciconduce ineluttabilmente a

rinnovare le discipline deimoralistiedeipredicatoridelSei e Settecento e a risentireuncertosensodiinutilità.Lavirtù, la potenza di rotturanon trovano in ciònutrimento. Ma vi è unaseconda via attraverso laquale la virtù cerca diriconquistareilsuonomeelarotturaunprogettopotente:èlavianellaqualeilparadossononvienepostonell’eticama

nelrapportofraeticaemondo— e l’immaginazione siconfronta all’etica e cerca difarsi, con essa, un tutt’unomateriale. Ora, dunque, chegrandeimposturaè lavita; lanatura continuamente nutrequest’impostura:elavitapuòdivenire «amabile esopportabile» solo attraversomezzi diimmaginazione.67 Nuoviinganni, riproduzione

allargatadiimposture?Forse,ma è fissato così un nuovoterreno al confronto fraimmaginazione e verità, frauomo e mondo. Confrontorisolutivo?No,nodavvero,larelazione fra pensiero eazione, quand’anche postacon forza, è spesso in eticaimpercorribile e i sillogismimorali quasi impossibili.Notiamolo con ironia: «Nelsecolo presente i neri sono

creduti di razza e di originetotalmente diversi da’bianchi, e nondimenototalmente uguali a questi inquanto è a diritti umani. Nelsecolo decimosesto i neri,creduti avere una radice coibianchi, ed essere una stessafamiglia, fu sostenuto,massimamente da’ teologispagnuoli, che in quanto adiritti, fossero per natura, eper volontà divina, di gran

lunga inferiori a noi. Enell’uno e nell’altro secolo ineri furono e sono venduti ecomperati, e fatti lavorare incatene sotto la sferza. Tale èl’etica;e tanto lecredenze inmateriadimoralehannoachefare colle azioni».68 Eppure,il problema è proprio questo— muoversi dentro lariproduzionedell’ingannoelanon linearità, anzi lapiù estrema relatività, del

rapporto fra pensiero eazione.Macome?Spingendoqueste contraddizioni fino allimite estremo, fino allacontraddizione massima,dove l’atto di rottura èmateria etica. In questepagine, con un attoeticamente bello, oltreche letterariamente finissimo,Leopardirovesciaadesempioilconcettodinoia,facendonenon più quello stato di

stanchezza e di imbarbaritavuotezza dello spirito, bensìuna condizione potente diconoscenza paradossale delmondo.«Lanoiaèinqualchemodo il più sublime deisentimentiumani.Noncheiocreda che dall’esame di talesentimento nascano quelleconseguenze che moltifilosofi hanno stimato diraccorne, ma nondimeno ilnon potere essere soddisfatto

da alcuna cosa terrena, né,perdircosìdalla terra intera;considerare l’ampiezzainestimabile dello spazio, ilnumero e la molemeravigliosa dei mondi, etrovare che tutto è poco epiccino alla capacitàdell’animoproprio; immaginarsi ilnumero deimondi infinito, el’universo infinito, e sentireche l’animo e il desiderio

nostro sarebbe ancora piùgrandechesifattouniverso;esempre accusare le cosed’insufficienza e di nullità, epatire mancamento e voto, eperò noia, pare a me ilmaggiorsensodigrandezzaedi nobiltà, che si vegga dellanatura umana. Perciò la noiaè poco nota agli uomini dinessun momento, epochissimo o nulla agli altrianimali».69 La conoscenza

fonda l’etica nella misura incui rende irreversibile ladeterminazionedirottura,elavirtù è contenuto a se stessa.Qui si dipanano pensieripositivi in etica, una speciedi deduzione di modelli dicomportamento e didecisione. Solo una traccia,ma importante, perché scavail negativo e lasolitudine della rottura eticaperfarnenonprescrizionema

lineaditendenzapercorribile.Rottura, rottura innanzitutto,denuncia di quell’ipocrisiasottilechepercorreilmondo,nessuna pacificazione néastratta mediazione, dunque:ironia, riso, sarcasmo, sonodaquestopuntodivistaattidialtissima eticità. «Grande tragliuominiedigran terroreèla potenza del riso: controil quale nessuno nella suacoscienza trova semunito da

ogniparte.Chihacoraggiodiridere, è padrone delmondo,poco altrimenti di chi èpreparato alla morte».70 E alriso si aggiunge il sarcasmo,la dimostrazionedell’irresolubilità eticacondotta attraverso ilparadosso e l’orrore. IlPensiero XX è da questopunto di vista un piccolocapolavorodi arte etica.Ecc.ecc. (Vedremo comunque,

nelle prossime pagine,71 esoprattuttoinmateriapolitica,quale grande spazio vengaassumendo il metododel sarcasmo, fra ironia einvettiva.) Ma, detto tuttoquesto, ecco ripetersil’operazionefondamentale—che è quella didedurre comportamentipositivi dalla negazione edalla rottura. Pensiero LXIV:ovvero sulla modestia dei

grandi:«perchésiparagonanocontinuamente, non coglialtri, ma con quell’idea delperfetto che hanno dinnanziallo spirito, infinitamente piùchiara e maggiore di quellachehailvolgo;econsideranoquanto sie-no lontani dalconseguirla. Dove i volgarifacilmente, e forse alle voltecon verità, si credono avere,non solo conseguita,ma superata quell’idea di

perfezione che cape neglianimi loro». E poi PensieroXXXVII: «Nessuna qualitàumana è più intollerabilenellavitaordinaria,né infattitollerata meno, chel’intolleranza».Ecc.ecc.Finoaquellagrandeprofessionedifedeetica,edichiarazionedelfondamento separatodell’etica, che è il PensieroLXXXIX: «Chi comunicapoco con gli uomini, rade

volte è misantropo. Verimisantropi non si trovanonella solitudine, ma nelmondo: perché l’uso praticodella vita, e non già lafilosofia, è quello che faodiare gli uomini. E se unoche sia tale si ritira dallasocietà, perde nel ritiro lamisantropia». Questa è unaconclusiva allegoria dellafondazione di un’eticapossibile: la sola etica

possibileèalternativa.Nell’approfondimento dei

dialetti dell’illusione delsapere e della storiaritroviamo così quella chesembra essersi ormai fissatacome convinzione metafisicadelLeopardi:ilsentimentodiuna irresolubile tensione escissione dell’essere edell’impossibilità dipercorrere il mondodell’illusione se non per

insistere sulla criticadell’illusione. Altrettantoforte è tuttavia il sentimentodi un’alternativa poetica edetica possibile. Solo tuttaviaquando l’originalità dellavirtù, come potenza eticaindipendente, sia statacompletamente affermata. Siè parlatomolto— troppo,secondoilmioparere—della«serenità» di Leopardi inquestafase.Amesembrache

non ve ne sia affatto.V’è invece un fortissimosenso della potenzadell’essere, come formaalternativa di distruzione, disovversione dell’esseredato. Una sofferenzaprofondissima percorrequestatensione.Lafreddezza,quasimarmorea,dellostile—qui voluta, conquistata — copre una sovrumanatensione.Sev’èunmomento

che oggi potremmo chiamarenietzscheano72delpensierodiLeopardi, è questo. Dunque,nell’ambito di unafenomenologia regionaledel sapere, l’inganno èsovrano. Non è possibilepercorrere quel mondodell’inganno e trovarvialternative interne. Non èneppurepossibile identificareal suo interno una dinamicache, come nel mondo della

psiche, rinvìi al fondometafisico della questione— dall’interno, appunto,dell’analisi. Qui nel mondodelsapere,ilrinvioèesterno,si organizza immediatamentecome opposizione.L’illusione qui non hadialettica, neppure falsa efugace— è immediatamentela solidità dell’inganno —unamacchinadiinganno,unastoria di alienazione della

umana potenza. Non c’èalternativa interna possibile,identificazione di crisi,continuità di un elementominore ma efficace, diun’anima antagonista ediversa:c’èsoloantagonismoglobale.Lapotenzasiopponeal sapere comeunmondo adun altro mondo. Dove puòesservi serenità su questopasso? Quanto più, dunque,procediamo nel mondo

dell’illusione, tanto più quelmondo è segnato da unprogressivo depotenziamentodel suo essere, della suapotenza, della possibilità diessere riscattato — chealtro?— neppure usato essopotrà mai essere — undepotenziamento che diverràdefinitivo non appenaentriamo nel mondo dellapolitica. Ma d’altra parte aquesto depotenziamento

dell’essere oggettivocorrisponde uncomplementare processo diespansione dell’esseresoggettivo, poetico ed etico.Unestremismodell’ontologiadel soggetto nel rapporto colmondo, della potenza control’ingannodelmondo.

12.Sarcasmo,ovverodellapolitica

Nel considerare ilrapporto di Leopardi con lapolitica in sensoproprio, conil Risorgimento, è benefissare subito un quadro diriferimento.Valeadirecheilmondo politico non è solomondo dell’illusione — mamondodell’illusioneassoluta,depotenziamento massimo,estremo, dell’esistente. Tuttal’evoluzione dellefenomenologie regionali da

parte del Leopardi conducea questo punto. Ogni apriorimateriale della politica ècancellato. È il mondodell’insensatezzapuraedellavolgarità. Se poteva esserciironianelrapportoapsicheead amore, se iltessuto culturale e il saperepossedevano una solidità eun’efficacia che l’inganno(che appuntorappresentavano)

paradossalmente rendevaancor più forti, l’oggettivitàpolitica è inveceimmediatamente «altro»,l’altro della negativitàassoluta e della morta vita.L’etica che si presenta comerottura, non ha nulla a chefare con tutto questo.Risorgimento e reazione,liberali e legittimisti fannoegualmente parte diquest’oggettività mistificata,

crudele, ma ontologicamentedebole, perché sorretta dalcaso e dalla stupidità, dallepiù vuote passioni umane.Solo il sarcasmo è quindichiave di conoscenza delpolitico, una conoscenza chesi vuole arrogante, che sisepara dal realedisprezzandolo,sottolineandone lecaratteristiche estreme,definendolo come grottesco.

Il sarcasmo definisce unadistanza irrecuperabile fraeticaepolitica,frasoggettoemondo.Siradicalizzasempredi più, giunge all’insulto enon produce, nella suaferocia, alcuna possibilità dipacificazione,nessun«effettodi abolizione» nelladenuncia delle «dissonanzedell’essere degradato».73Questoquadroèstabile,duro,nell’ultimo Leopardi. Non vi

sono alternative interne aquesta valutazione e ilrapportofraeticoepoliticoèirresolubile. A meno di nonrifondare interamente ilpolitico, in una sferaontologicamente pura eradicalmente diversa, ameno di non riscoprire ilpoliticoaldilàdituttoquelloche è reale, a meno... Suquesto eventuale passaggiodovremo naturalmente

ritornare.Ora, tuttavia, prima di

analizzare la fase matura delgiudizio leopardiano sullapolitica, va subito messa daparte una possibile obiezione— ovvero una possibilespiegazione di questaassolutezza del rifiutoleopardiano della politica.Essaconsistenelricondurreilpensiero del nostro autore adunirriducibileindividualismo

chenonglipermetterebbe, inquanto tale, di apprezzare laforma collettiva del viveresociale.Sisa,ilpoetaliricoèsempreunisolato,ecc.ecc.!Èevidente che queste sonosolodellesciocchezze.Esistetuttavia un nucleo serio diquest’argomentazione, edesso consiste nel considerareirresolubile la crisi che sidetermina fra una moraleindividualistica e

autoreferenziale, e le regoledell’atteggiarsi di fronte allacomunità degli uomini: laricerca della gloria e dellastima sociale, in particolare,apre all’individuo uncammino contraddittorio, loinserisceinparadossireali;e,a fronte dell’ostacolo o dellacircolarità insensata deiriferimenti sociali, spesso lorespinge verso la solitudine,verso la definizione di una

estrema autodifferenziazione.Diquiridondailrifiutoversola società, o almenoverso quelle formeorganizzate della moralesociale che soprattutto lapoliticapresenta.74 Inoltre,sela scoperta dellaconflittualitàmoraleoggettivaregistra la ricerca soggettivadi stima e di gloria comeelemento che nutre quellamedesima conflittualità—di

nuovo l’individuo si ritira, efa del proprio isolamento ladisperata base della propriadignità. L’individualismocorteggia la misantropia, inquestacommediadeicostumietici.75 Questi processi,effettivamenteattivinellefasidi profonda trasformazioneculturale, e qui, nellafattispecie, nell’epoca diLeopardi, a fronte deldecadere delle virtù nobiliari

dinanziall’incalzarediquelleborghesi — questi processisarebberodunquedescrivibilinell’esperienza di Leopardi.Ma a me davvero nonsembra.Pervarieragioni,cheverrò elencando, masoprattutto, inizialmente, peruna, che mi sembrafondamentale e tutte le altrecomprende — ed è cheLeopardi non accetta dimotivarelaproprialibertàsul

livello sociale, né diqualificarla a fronte delleinevitabili perversioni delpolitico: la solitudine delsuopuntodivistaèquelladiundiverso livelloontologico,essoproducepoesiacontrolarelazione sociale e contro ilrapporto politico. L’analisileopardiana dei misfattidell’individualismo edell'insignificanzadellatramasensibile, circolare, nella

quale esso racchiude lamorale togliendole ognidirezioneedignità:bene,taleanalisi è preliminare. Né èpossibile alcuna formasostitutivadiquestadialetticadell’individualismoedeisuoivalori etici, e del loroavvoltolarsi nell’inutilità. Loscetticismo giuridico epolitico di Leopardi è totale:le forme collettive diorganizzazione di valori

etico-politici sono altrettantovane quanto quelledell’individualismo. Lapolemica, spesso del tuttocaricaturale, contro la«statistica» — che si ripetenegliannidellamaturità—èpolemicacontro l’illusionediun’autoreferenzialità media evolgare di valori sociali. «Infinemicominciaastomacareil superbo disprezzo che quisi professa di ogni bello e

di ogni letteratura:massimamente che non mientra poi nel cervello che lasommità del sapere umanostia nel saper la politica e lastatistica.Anzi, considerandofilosoficamente l’inutilitàquasiperfettadeglistudifattidall’età di Solone in poi perottenere la perfezione deglistati civili e la felicità deipopoli, mi viene un poco daridere di questo furore di

calcoliediarzigogolipoliticie legislativi; e umilmentedomando se la felicità de’popoli si può dare senza lafelicitàdegl’individui. Iqualisonocondannatiallainfelicitàdalla natura, e non dagliuomini né dal caso: e perconforto di questa infelicitàinevitabile mi pare chevagliano sopra ogni cosa glistudi del bello, gli affetti, leimmaginazioni, le

illusioni».76 Dunque, ladeterminazioneindividualistica e quellacollettivasiequivalgononellaloropartecipazioneall’insensatezzadelmondo(«questedisciplinesecchissime»). E son solol’immaginazionee lapotenzadegli affetti che da questamiseria distraggono. Èponendosi contro questoorizzonte,daunindipendente

luogocritico—soloinquestaprospettiva di innovazione, èpossibilepoesia.Ilsocialeeilpoliticononsonorespintidalpunto di vistadell’individualismo o delcollettivismo,bensìdalpuntodi vista dell’alternativaontologica: individualismo ecollettivismo sono infattipreventivamente espunti daognialternativateorica.Nelleultime pagine dello

Zibaldone tutto ciò erachiarissimo,77 ancor più neiPensieri. La deiezione delmondo politico, la suaassenza di referenzaontologica, comprendeindividualismo comecollettivismo ed è solo unasorta di carisma poetico chepuò rifondare un rapportosociale — un carismametafisico, un’alterità che siponga entro una totale

asimmetria con lo scorreredel tempo storico e sociale.Rifondareunacomunicazionesignificativaèpossibilesoloapartire dal rifiuto dell’interafenomenologia del politico.V’è nel parossismo dellapolemica antidialetticaleopardiana un segno deitempi. Questo senso di unvalore irrecuperabile nelmondodellapoliticaeinveceidentificabile in una sfera

altra e diversa, che lacreazione, il lavoro, l’attivitàlibera e la potenzacostituiscono, è una ricercache tutti gli autori della crisidella dialettica, inquegli anni, in tutt’Europa,perseguono. Sono benlontano dallo stabilire dellefiliazioniperilLeopardi:nonci penso proprio. Ma sonoconvinto che, come ilproblema della dialettica, e

cioèdellacomprensioneinunritmo di mediazione dellecontraddizioni del mondo, èstato fondamentale nellagenesi europea del pensierodi Leopardi, così ora questatensione radicalmenteantidialettica, questacompiuta consapevolezzadella crisi del pensierodialettico, per mille filiapparentano in terminieuropei la critica leopardiana

della politica e del mondo.V’è questo concetto di altro,di alternativo, ed insieme dipotente e di creativo, che sioppone al mondo — è lagrande linea filosoficadella critica, fra il giovaneMarx e Nietzsche, chepercorre ilsecolodecimonono.Nonsolosecolodelprogresso,dunque,né solo secolo delle nuovedimensioniproduttive,ahinoi,

di distruzione e di guerra—ma anche secolo percorso dauna lucida, dolorosa e fortecritica. Leopardi è dentrocorrente delsecolodecimonono.78

Il mondo della politica èdunque essere degradato.Nessuna dialettica gli èapplicabile, nessuna speranzapuò percorrerlo. Questaconvinzione teoricaleopardiana, così ferma, così

irriducibile, non è tuttaviaun’idea fissa: vienecostruendosi. È importantefare qualche passo indietro,conLeopardi,econsiderarelaprofonda onestà del suoprogressivo avvicinamentoal politico: solo in talmodo,infatti, potremo comprendereil suo attuale rifiuto, comeprodotto della critica. E senon vale, in proposito,ricordarenuovamenteigrandi

passaggi — dalla trama delsenso alla suademistificazione,dall’esperienza dellacatastrofe metafisica allarifondazione poeticadell’ontologia—valetuttaviaricordare come essi abbianosempre avuto unafaccia politica, un aspetto edun’apertura che verso ilmondo sociale si tendevano.Sicché c’è una via

leopardiana al politico, dalnazionalismo eroico edarcheologico dei primi Cantial tentativo di partecipazionealla «società stretta»(culturale e politica) che egliperseguefraMilano,Firenze,Pisa. Una via verificabileattraverso alcune decisionipersonali el’approfondimento di alcuneamicizie e l’adesione aprogrammi di riforma. Per

quanto riguarda le decisionipersonali è bello soprattutto— io credo, per le profonderisonanze politiche checontengono — ricordarequella,ripetuta,dinonentrarenella professioneecclesiastica. La prima,fondamentale determinazionein proposito l’abbiamo vistaal tempo del primo viaggioromano: allora la delusioneper l’ambiente vaticano s’era

accompagnata, dentroun anticlericalismo di fondo,alla definizione di unavocazione laica ed eticairriducibile. Questa decisionesi ripropone. Nel 1826: «Leconsiderazioni giustissimeche ella mi pone innanzi...mi convincono pienamentedella impossibilità diconciliarelamiavitapresentecolla condizione dibenefiziato ecclesiastico».79

E poi ancora e ancora. Ilrifiuto ha dunque uncontenuto positivo: nonservitore della religione madella filosofia, del vero,si vuole Leopardi. La sceltalaica è una vocazione. Primadi essere collegata almaterialismo e all’ateismodella posizione filosofica, ladecisionedellostatolaicaleèunadecisionediappartenenzaal mondo — e di distacco

dalle movenze clericali elegittimistiche della politica.Inquestosensolasceltadellostato laico è un’introduzionea quella partecipazione alRisorgimento che nel primoLeopardi è elemento preciso,determinazionesicura. L’amicizia colGiordanineèunaprova.Essateoricamente si sviluppa sulproblema della prosa— nonimporta qui ripercorrere le

articolazioni di questatematica,e rivederne i temiedi nuovo chiederci comel’eloquenza e la poesia e laprosa possano trovaregiunzioneeseguito:unacosaè certa, la prosa è politica,può esserlo almeno, e puòessere strumento dicostruzione collettiva. Moltopiù tardi, quando ormai ilprivilegiato e tenero rapportocol Giordani s’è consumato,

Leopardi conferma ancoraquesta convinzione scrivendoall’amico Puccinotti:«L’Europa vuole cose piùsode e più vere della poesia.Andando dietro ai versi edalle frivolezze (io parlo quigeneralmente), noi facciamoespresso servizio ai nostritiranni, perché riduciamo adungiocoeadunpassatempola letteratura, dalla qualesola potrebbe aver sodo

principio la rigenerazionedella nostra patria».80 Larigenerazione laica e operosadella patria. Perciò Leopardipartecipa a quello chechiamerei il movimentodelle edizioni critiche, delletraduzioni, del rinnovamentofilologico.Questomovimentocombina filologia e amor dipatria,cercadiricostruireunatradizione di vita che sia unmomento di identità politica,

e un modo positivo diaccostarsi al passato.81 IlgrandeNiebuhrloavevafattoinGermania ed una passionepolitica laica e repubblicanaaveva animato la sua «operameravigliosa»:82 «filosofiaapplicataallafilologiaedallacognizione delmondo antico».83 Leopardiconsidera un grande onoreaver incontrato Niebuhr, ilqualed’altrapartenon lesina

unaltissimoelogioalgiovanefilologo84 — e il giovanefilologo continua il suolavoro con piena fedepatriottica, tra enormidifficoltà — ché in Italia lafilologia va reinventata cosìcome l’amor dipatria.85Continuiamodunquea seguire questo generosotentativo leopardiano dipartecipare al mondo e dioperare alla rigenerazione

culturale e politica dellapatria.«LerimediFrancescoPetrarca. Prefazionedell’interprete»:86 la poesianon è «altra scienza chequella delle passioni e deicostumi», edè insiemestoriadi un’anima e della patria; il«Manifesto» per le Rime delPetrarca;87 poi i «Manifesti»per le edizioni di Cicerone88— ovunque, in primo luogo,gioca la serenità di un

compito collettivo da portarea termine, pur tra grandidifficoltà, per ilrinnovamento della scienza edel sapere comuni. Nonimporta che nel Petrarca nonsi trovino «se nonpochissime, ma veramentepochissime bellezzepoetiche», non importa se ilplatonismo di Petrarca,nonché essere «una favola»,era anche ipocrisia89 —

quello che è importante èrecuperare la continuità diuna tradizione e di ununiverso di lingua e diverità.90 Nel presentare la«Crestomazia italiana de’prosatori»91 Leopardi lodichiara espressamente: lamia selezione è stata fatta inmodo che «la bellezza nonfosse scompagnata dallaimportanza dei pensieri edelle cose». Nella

«Prefazione alla Crestomaziaitalianade’poeti»92aggiungeche tutto il lavoro è intesoalla costruzione della«cognizione storica dellapoesia nazionale».Quale chesia la fatica del lavoro, essova fatto, con fiducia nellapossibile ricostruzione deglispiriti:grandeèquil’intensitàdell’impegno el’ingenua generosità delLeopardi, come le lettere al

buonStellaspessorivelano.93Èinquestospiritoche,comeabbiamo visto, malgrado lariserva ideologica e, perchéno, anche una certatimidezza, Leopardi aderisceal lavoro di Vieusseux. Nelmovimento delle riviste, e inparticolare nel lavoro dellarivista fiorentina, il progettoculturale del Risorgimentoaveva in effetti raggiunto lapiù alta maturità e

consapevolezza.Leopardiv’èdentro. Con schiettezza. ConVieusseux è un gioco abile,ma schietto, appunto, quelloche si mette in moto, edentrambilealmentesiattiranosu un terreno dicollaborazione.Sischermiscedapprima Leopardi, dinanziall’invito di Vieusseux:«questo vizio dell'absence èin me incorreggibile edisperato»94 — non riuscirò

ad essere quell’ «Heremitedes Apennins» che miproponete di essere, ma civedremo e discuteremo delvostro progetto che è tantobuono «che, in molte sueparti, ha l’onore di nonparer fattura italiana». Ladiscussione avviene, e aFirenze Leopardi entra nelcircolo e partecipaattivamente al suo progetto.Quando s’allontana da

Firenze, d’ogni luogoLeopardi si tiene vicinoallavorodell'Antologia:95«ilvostroGiornaleègiàinstato,nonpiùsolamentedigiovare,ma di far onore all’Italia».96L’eremita degli Appennini èormai dentro il movimentonazionale. La sua filosofia ela sua malinconia non gliimpediscono di cercarequesta mediazione continuadi una difficile trama del

senso e della comunicazione,per contribuire all’operacollettiva del rinnovamento.Il provinciale, il solitario,l’assente, forza la suaipotesi di lavoro su questoterreno,vuoleunrapportochecominci a realizzare quella«società stretta»,quell’iniziativa perl’egemonia che costituisconoil prodromo necessario diogni radicale innovazione

politica. Ma v’è di più: illavoro culturaleraggiunge alcuni positivieffetti.«Chemeravigliache ifrancesi parlino di me aSinigaglia? Non sai tu ch’iosono un grand’uomo; chein Romagna sono andatocome in trionfo; chedonneebambini facevano a gara pervedermi? Fuor di burla...».97«Cara Pilla. Il ritratto èbruttissimo:nondimenofatelo

girare costì, acciocché iRecanatesi vedano con gliocchi del corpo (che sono isoli che hanno) che il gobbode Leopardi è contato perqualchecosanelmondo,doveRecanati non è conosciutopurdinome».98«CaraPilla»,ho consegnato i mieimanoscritti filologici ad untedesco che li pubblicherà inGermania: «non potetecredere quanto mi abbia

consolato quest’avvenimento,che per più giorni mi harichiamatoalleideedellamiaprima gioventù e che,piacendo a Dio, darà vita edutilità a lavori immensi...».99La gloria dunque, el’amicizia,elastimadimoltiintellettuali, nazionali etedeschi e francesi. «Ricevomolte gentilezze dai letteratifiorentini, o stabiliti inFirenze».100 Incontra il

Manzoni.101 Del Giobertisegueconattenzionecontinuai movimenti e cercail contatto.102 Moltiambasciatori,addetticulturalie viaggiatori stranieri loincontrano e lo stimano. Lagloria dunque: comemediazione conoscitivaversol’oggettività del mondoculturaleepolitico.

Non è per il gusto dicreare un letterario

chiaroscuro alla liquidazioneleopardiana del mondo dellapolitica che abbiamoricordato questi passaggi. Èpiuttosto per il dovere cheabbiamo di arrivare aintendere col massimo dichiarezzaquestaliquidazione.Essa infatti non si opera apartire da un punto di vistarisentito, da una vicenda disconfitta. Per quantoincompleta, per quanto

qualificata dall’immaturitàdella storia italiana di quelperiodo, l’esperienzaleopardiana del mondoculturaleèinfattiunsuccesso.Permangono le difficoltàfinanziarie ed alcuni degliaspetti tradizionali dellamiseria intellettuale sono purpresenti inquesta esperienza:i malintesi sul Manzoni, aproposito della sua opera,103sempre che non si voglia

ricordare (come più tardidovremo fare) il «pestifero»rapportocolTommaseo,sonoin proposito significativi.Maciò non toglie che lafortuna del giovaneintellettualesisiaprestodata.Una fortuna che è dipartecipazionealmondoedairisvolti politici che questapartecipazione culturale,proprio per l’arretratezzageneraledellacomunicazione

politica, comportava. Ora,perché intervieneunacrisidiquesto rapporto, una crisi ditaleportatateoricaepolitica?Perchéquella fervidavolontàdi conoscenza e dipartecipazione naufraga cosìviolentemente, nel mentreconoscenza e partecipazione,responsabilità ed autoritàaumentano? Unaprima risposta a questiinterrogativi non può che

risalire al contesto poeticodell’operaleopardiana.Valeadire che il momentoascendente della suaintenzione di partecipazionealmondosiarrestaattornoaldiscorso che poeticamente siconcentra nel Canto di unpastore errante dell'Asia. Lacrescita metafisica,imposta da questo passaggiopoetico, non può in nessuncaso essere sottovalutata. Su

questa base la volontà diconoscenza ripiega su sestessa, appaiono lecomponenti del rifiuto delmondo, di quel mondopolitico e culturale, comefondamentali. È piuttostosbalorditivo come leripercussioni di questaesperienzametafisica dell’invernorecanatese ’29-’30 simanifestino con una certa

elasticità, quasi che lapesantezzadelleconseguenzerichieste sia immediatamenteevitataelanecessitàdiviverecomunque il rapporto colmondo imponesse le sueregole. Di fatto è unamaturazionelunga,quellacheè richiesta. Difficilmenteriusciremo ad afferrare ilpunto esatto sul qualel’esperienza metafisicasi risolve, senza più remore,

in sarcasmo politico. Nelleultime Operette, come neiPensieridel’32,ilprocessoècompiuto, ma in un gelo didiscorso, in una staticità dieffetti che non spiega ilpassaggio. Il passaggio è quipiuttosto registrato in formagenerica che mostrato nellesue articolazioni e movenze.Non cogliamo il maturare, ilprecipitare della crisi nellasua attualità. Eppure la

tragediametafisicasovrastaeildiscorsoontologicoèforte.Leopardi teme la radicalitàdell’impatto del suo pensierosul reale. L’elasticità delleridondanze della filosofia delPastore, l’andirivieni delleconseguenzenoncimostranoun carattere indeciso, eneppure cauto: ci mostranopiuttosto la durezza di unimpatto estremo, di unpensiero che sa la distanza

dalrealeancheseessoèvero,di una poesia che s’illuminadell’attimo creativo edifficilmente si trasforma incarisma etico. Quanto èumana questa vicenda.Muoviamoci dunque ancoraper approssimazioni. Dalnovembre 1828 all’aprile1830, Leopardi è a Recanati.IlCantodiunpastoreerrantedell' Asia è lasuprema espressione di

questo periodo. Poi Leopardiparte.Hadecisodifarlafinitaconquellavita.AGiampietroVieusseux: «Mio carissimoamico.Sonrisoluto,conqueipochidenarichemiavanzanoquando io potea lavorare, dipormi in viaggio percercar salute o morire, e aRecanati non tornare maipiù».104 Parte infatti, sireimmerge nella gentile vitafiorentina. Tace la

cesura metafisica dentroquesta dolcezza. Noncompletamente, tuttavia. Ilpensiero metafisico si è resocarsico, di tanto intantoricompare insuperficie,maturando, in una sorda maefficacepolemicaproprioconquel mondo culturale epolitico nel quale dolcezza,continuità di progetto eriforma attraverso i lumisembrano ancora inevitabile

orizzonte. La rivoluzione del1830-31 è in corso: checos’è? È quella cosa che losguardosulnulladelPastorepuò prefigurare? Comunque,«non avendo fogli francesi,né inglesi, non credopossibile che alcun di voi,nemmeno perapprossimazione, si formiun’ideaveradellarivoluzionedi Francia, né dello statopresente d’Europa, né del

probabile futuro».105 Ancora:che cosa succede? IlComitato diGoverno Provvisorio diRecanatinominaLeopardiaduna improbabile AssembleaNazionale da tenersi aBologna.106 Ma quasicontemporaneamente: «MiocaroPapà...Avreimoltissimodesiderato ancor io ch’EllapotesseportarsiaRomanellecircostanze attuali per

assistere co’ suoi lumi ilgoverno, che certo nonabbonda d’ingegni capaci difare il bene fra tantedifficoltà. Ma purtroppo lasventuradelnostroStatofaràche anche il momentopresente passerà senza alcunfrutto».107 Checonfusione!Tutto si disperdein una sovrapposizioneinsensata di eventi e diproposte. Ilmondopolitico e

culturale vacilla attorno aduna incomprensibile vicenda,ad una nuova inattesarivoluzione. Perché? Perchétante parole che allettano ilsensoenontoccanoilcuoreela ragione? Perché trionfa unmondo dellarappresentazione, dellacomunicazione, che toglie ilpiacere ed il contatto conl'essere?«Dellenuovedamenon credo che vi aspettiate.

Sapete ch’io abbomino lapolitica, perché credo, anzivedo che gl'individui sonoinfelici sotto ogni forma digoverno; colpa della naturache ha fatti gli uominiall’infelicità; e ridodella felicità delle masse,perchéilmiopiccolocervellonon concepisce una massafelice, composta d’individuinonfelici.Moltomenopotreiparlarvi di notizie letterarie,

perchéviconfessochesto ingran sospetto di perdere lacognizione delle letteredell’abbicci’, mediante ildisuso del leggere e delloscrivere. I miei amici siscandalizzano; ed essi hannoragione di cercar gloria e dibeneficiaregliuomini;ma ioche non presumo dibeneficiare, e che non aspiroalla gloria, non ho torto dipassare la mia giornata

disteso su un sofà, senzabattere unapalpebra.E trovomolto ragionevole l’usanzadei Turchi e degli altriOrientali,chesicontentanodisedere sulle loro gambe tuttoil giorno, e guardarestupidamente in viso questaridicola esistenza».108 Ilsarcasmo sulla politica stamaturando. Quellarivoluzione è come le altre,ne ripete la vuota

insensatezza.Perché, perché?Leopardi trascorre i mesiinvernali, fra il 1831 e il1832, a Roma, in questamorta, orribile città. Mortanelle lettere perché mortanella politica — tale è ilsignificato dell’educatocorrispondere con Luigi DeSinner — tale è l’atrocegiudizio che, in termini dicorrispondente filologico,Leopardi dà di Roma:

«Voi aspettate forse ch’io vidica qualche cosa dellafilologia romana. Ma la miasalute qui è stata finora cosìcattiva,ch’iononpossodarvialcunasoddisfacentenotiziaaquesto riguardo, essendoobbligato a tenermi quasisempre in casa. È ben veroche spesso mi trovo onoratodi visite letterarie,ma questenonsonopuntofilologiche,eingeneralesipuòdirechese

quisiconosceunpocopiùdilatino che nell’alta Italia, ilgreco è quasi sconosciuto, ela filologia quasi interamenteabbandonata in graziadell’archeologia. La qualecome felicemente possaessere coltivata senza unaprofonda cognizione dellelinguedotte,lolasciopensarea voi».109 Il giudizio èglobale. Non era infattila filologiaun’armadidifesa

e di costruzione delsentimento patrio erivoluzionario? Non è lamancanza di filologia, il suoinfelice decadere inarcheologia, la dimostrazionedellacrisidelpolitico?Eccociforse ad approssimare unmovimento importantedell’apparire, carsico, dellacritica. Un cumulo disensazioni e di reazionispingono all’interpretazione

delnulladelpolitico.Occorreinsistere,lavenapoeticadeveorganizzare un definitivopassaggio critico. Dove sonola rivoluzione, ilcambiamento,l'innovazione?

Si ripete la domanda,intermittente, ma senzarisposta. La vacanza romanadell’inverno 1831-32 sembracomunque decisiva. Torna aFirenze il Leopardi, ma soloper ripartire, nel settembre

1833, per Napoli. Vitatranquilla, serena. Ranieri èunamorevoleamico.Esplodein questi anni il distaccopolitico di Leopardi. È uncrescendo quello che quiregistriamo. Ilfiumemetafisicoraggiungelasuperficie, intero, con unastraordinariaforza,continuaecompatta. Nella relativaquiete napoletana, in unatopaia nella quale il distacco

dalmondodivienenecessario(«non posso più sopportarequesto paese semibarbaro esemiafricano, nel quale iovivo in un perfettissimoisolamento da tutti»),110senza tuttavia tramutarsi,malgrado le sarcasticheesclamazioni («hobisognodifuggiredaquestiLazzaroniePulcinellinobilieplebei,tuttiladri e b. f. degnissimi diSpagnuoliediforche»),111in

effettivavolontàdiandarsene(le stesse intenzioni espressealDeSinner—«iopermoltee fortissime ragioni sonodesiderosissimo di venire aterminare i miei giorni aParigi»— non mi sembranocomplessivamente moltoinsistite)112 — nella relativaindipendenza napoletana,dunque, la metafisica ritornain superficie. È sempreinteressante notare come

il distacco dalla politicadebba assumere formapolitica, come la stessa piùalta polemica di rifiutometafisico della politicanonpossa chedarsi in formepolitiche. Questo nonsignifica che il politico siauna totalitàsovradeterminata,significa piuttosto altra cosa,e cioèche lavita spirituale èun insieme di vasicomunicanti e chemetafisica

epoliticavivonounacomunelegge fisica.Non è il rumoredel foro esterno, a farciintenderequesto,mapiuttostoil ripiegamento e lariflessione su noi stessi.Più approfondiamo insolitudine l’analisi delmondo, più siamocomprensivi delle sueinterrelazioni e siamo menomisantropi.Checos’èdunquerivoluzione, innovazione,

trasformazione? Neconosciamo la disperatacondizione metafisica: ma inpratica? Che cos’è ilRisorgimento? Dov’è ilRisorgimento? E se esisteuncetopoliticochesuquestoterreno si muove, si implica,costruisce, qual è la suaverità?Questadomandasullaverità del politico divienedunque centrale nella misuranella quale Leopardi, dopo

averattraversatoepartecipatoall’attivitàdiuncetopoliticochesivuoleinnovativo,qualequello fiorentino; dopoaver conosciuto le paludiromane e clericali delgoverno, sottopone questeconoscenze ad un giudiziounitario ed alla centralitàdella questione metafisica.Mav’èdipiù.Eglisottoponela sua domanda anche alledeterminazioni della

contingenza politica.Una contingenza politicalunga, che si stende, fra glianni’30efinoaquelli’40,inuna sorta di stringentesebbene confusa linea direcupero centrista delmovimento rivoluzionario—sicché fra liberalismo elegittimismo venivanosempre più chiaramenteapparendo posizionimediatorie, eclettiche, e non

eradifficileormairiconoscereil liberale che scopriva lospiritualismo come proprioterrenodiculturaoilclericaleche scorgeva nella religioneben interpretata qualchespiraglio di libertà.113 ALeopardi quest’ombra lungadel ricambio politico delleideologie risultainsopportabile? Risultanoparimenti insopportabili ilGino Capponi intiepidito

nella sua fede laica e ilMonaldoLeopardi comprensivo delliberalismo — e ilTommaseo, soprattutto,chediquestodilettantescoedenciclopedico miscuglio è ilpiù fervido rappresentante:«quell’asino italiano, anzidalmata», «pazza bestia».114«Oh sfortunata sempre /Italia... /Conpallidaguancia/ Stai la peste aspettando.

Alfine è scelto /A farti notain Francia / NiccolòTommaseo».115Una«potenzaintellettuale» fra le altre cheonorano il secolo!116DiversoilcasodelGioberti.Leopardisentesempre,inGioberti,unacapacità politica di ripensareil fondo delle ideologie eGiobertisenteinLeopardiunfondo di eccezionaleintelligenza politica— e ciòlo porterà ad esprimere nel

Gesuita moderno,117 aproposito dei Paralipomeni,questo giudizio: «... I popoliitalianisonoforseeducatiallegrandi imprese? Il Leopardiverso il fine della sua vitascrisse un libro terribile, nelquale deride i desideri, isogni, i tentativi politicidegl’italiani con un’ironiaamara, che squarcia ilcuore, ma che è giustissima.Imperocché tutto ciò che noi

abbiam fatto in opera dipoliziadaunmezzosecoloinquaècosìpuerile,cheiononvorrei incollerire contro glistranieri quando ci deridono,se anch’essi non fosserointinti più o meno dellastessa pece. Che meraviglia,se i Gesuiti trionfano in unanazione ridottaa tale statodimoral debolezza?». Unadebolezza morale che vadenunciata, attraverso una

resistenzaancheesteriorealleblandizie di uno scervellatounanimismo che ritienelineare il processorisorgimentale ed è pieno diriformistica speranza nel suoesito. È in quest’ambito dipensiero e dicomunicazione culturale cheLeopardi reagisce con tantastizza alle voci che lo fanno«voltagabbana», pentito econvertito. Si tratta

dell’attribuzione a Giacomodel trattatello di grandediffusione e successo delpadre Monaldo Leopardi:Dialoghetti sulle materiecorrenti nell anno 1831.118 Idialoghetti sono pubblicatianonimi—masapendosichesono d’un certo Leopardi,sono a Giacomo attribuiti esubito, nel clima dimediazioni politichecentriste e di «nuova

filosofia», si parla diconversione di Giacomo.«Non capisco troppo lanecessità di tenerne celatol’autore. Credi pur certo chequelle cose piacciono ora atutti i governi, salvoai francesi, dei quali chivorrebbepiùaverpaura?».119Intanto cresce la fama dellibretto e cresce lapresunzione di attribuzione aGiacomo. Egli reagisce con

smentite durissime,scrivendone ad amici efacendole pubblicare dallegazzette. «Io non ne possopiù, propriamente non neposso più. Non voglio piùcomparire conquesta macchia sul viso,d’aver fatto quell’infame,infamissimo, scelleratissimolibro. Qui tutti lo credonomio: perché Leopardin’è l’autore, mio padre è

sconosciutissimo, io sonoconosciuto, dunque l’autoreson io. Fino il governomi èdivenuto poco amico percausa di quei sozzi fanaticidialogacci. A Roma io nonpoteva più nominarmi oessere nominato in nessunluogo, che non sentissi dire:ah,l'autoredeidialoghetti.Èimpossibilech’iotinarri tuttigli scorni che ho dovutosoffrire per quel libro.

AMilano si dice inpubblicoche l’autore sono io, che misono convertito come ilMonti.ALuccail librocorresotto ilmionome. Io stampoin tutti i Giornali d’Italia lamiadichiarazione:essaesceamomenti in quei di Toscana.In Francia ne mandounamolto più strepitosa.Mam’importa grandemente diRoma».120Èevidente che, inquesta protesta, gioca in

modo oltremodo violento ilrifiuto di essere consideratoun «convertito». «Il duca diModena», scrive Leopardi asuo padre,121 — cheprobabilmente sa la veritàdella cosa — «nondimenodice pubblicamente chel’autore sono io, che hocambiato opinioni, che misonoconvertito,checosìfeceil Monti, che così fanno ibravi uomini». Ebbene, caro

padre,nonmicredod’unlatodegno di usurpare la vostrafama. Ma l’altra ragione è«ch’io non voglio nédebbo soffrire di passare perconvertito, né di essereassomigliato alMonti ec. ec.... Ilmioonore esigeva ch’iodichiarassi di non aver puntomutato opinioni e questo èquanto ho fatto in alcunigiornali». Insomma, ilproblemanonèsoloquellodi

essereconfusoconl'autorediuna delle «più bestialiscritture del mondo»122 masoprattutto quello di subirel’ignominia diessereconsideratounpentito,un convertito. «Messentiments envers la destinéeontétéetsont tousjoursceuxque j'ai exprimés dansBrutoMinore».123 DallacontingenzapoliticaLeopardiè così rinviato alla base

metafisica del suo discorso,come dalla seconda era statorinviato alla prima, e manmanotuttiifilisiriannodano.Difesadellapropria filosofia,della continuità della propriapersonale coerenza, e rifiutodi un mondo di falsità edi bieca superficialità —perché solo in tal modo puòritrovarsiunterrenosulqualeil problema della politicaappaia quale tema di

rifondazione.E comunque ancora, sul

puro terreno dellacontingenza politica, aconferma della fedeltà a sestesso, come riconferma diverità, che Leopardi scrivenell’autunno del 1835 unaferoce satira de’ I nuovicredenti124 napoletani. Eranprima liberali ed atei, sondivenuti spiritualisti cattolici.Ora, a questi signori, e ne

hanno fatto gran rumore aNapoli, le opinioni diLeopardispiacciono.«Ranierimio, le carte ove l'umana /Vita esprimer tentai, conSalomone / Lei chiamando,qual soglio, acerba e vana /Spiaccion» (vv. 1-4). Maperché spiacciono? Leopardievita la rispostapreferendo ilsarcasmo: oggetto ne sono i«nuovi filosofi» napoletani ela loro miseria. «S’arma

Napoli alla difesa / De’maccheroni suoi; ch’aimaccheroni, / Anteposto ilmorir, troppo le pesa» (vv.13-15).«Chediròdelletriglieedellealici?»(v.19).Mapoiseguono, a quest’«introibo»,altre non meno elegantidefinizioni, fra sostanziosebattutepolemiche.Elpidio—un povero giornalista— chedirne?«Usogiàcontroilcieltorcere i denti / Finché

piacqueallaFrancia»(w.40-41),oraquestobelsignores’èscatenato «incontro al dolormio». Costui è un puro esemplice opportunista:«Veduto/Altramodaregnar,mutati i venti, / Alla pietà sivolse». La suapersonale immoralità èuniversalmente nota. Quindilasciamolo starnazzare.Creda,divengalegittimista—è comunque un vile. Peggio

ancora il suo amico Galerio:casto sicuramente, aconfronto dell’altro, —castrato, forse? C’è un terzoin questa famiglia difrequentatori di parrocchie:non ne dice il nome né lopseudonimo, Leopardi, perpietà di un malato cuiscorrono «per Fossa e per levene orrendo veleno eMercurio». Bene, «questi emoltialtrichenemiciaCristo

/ Furo insin oggi, il mioparlare offende, / Perché ilviveriochiamoaridoetristo»(vv. 70-72). La satira èviolentissima, vera e propriainvettiva. «Racquietatevi,amici. A voi non tocca /Dell’umana miseria alcunaparte, / Che misera non è lagente sciocca» (w. 76-78).Voi potete pensare ad unprogresso bello e rotondo econtinuo,spiritualeegioioso,

adunrisorgimentotranquillo.«Voi prodi e forti, a cuilavitaècara,/Acuigraveilmorir; noi femminette, / Cuila morte è in desio, la vitaamara» (w. 100-102). Nodavvero, Leopardi non è unconvertito, né un pentito.Anzi questa seriedi contingenze polemiche glipermettono d’esprimere intermini definitivi il suodistacco dal mondo della

politica, di portarea maturazione la speranza diun’alternativaradicale.Nonèun caso, dunque, che suquesto sfondo, fra laprimavera e il settembre1835,eglistendalaPalinodiaal Marchese GinoCapponi125— una sarcastica«ritrattazione» del propriopessimismo e radicalismopolitici, che punta adidentificare la debolezza del

cetopoliticodel risorgimentoe ad indicare un nuovoterreno di lotta. «Errai,candido Gino; assai grantempo, / E di granlunga errai» (w. 1-2).Un’ironica autocritica su sestesso, per nonavere riconosciuto la felicitàdel tempo pur avendonepercorse le stanze!Mabasta,tutto questo è mutato: ancheLeopardi è stato ormai, fra

sigari, pasticcini e gelati,convinto dalla«giornaliera luce dellegazzette».«Riconobbievidi/La pubblica letizia, e ledolcezze/Deldestinomortai.Vidi l’eccelso / Stato e ilvalor delle terrene cose, / Etuttofioriilcorsoumano»(w.20-24). Cantiamo dunquequest’«aureo secolo»,cantiamolo insieme, comedesideranoeimpongonotutte

le gazzette. «Universaleamore, / Ferrate vie,molteplicicommerci,/Vapor,tipi e cholèra i più divisi /Popoli e climi stringerannoinsieme» (vv. 42-45). Ilprogresso è dunqueinarrestabile ed ilrisorgimentoè la suapoliticafigura. Eppure non possiamosottrarci a qualcheriflessione (w. 55-96): lalegge di natura continua ad

essereefficace,elaguerraneè la forma mentre l’oro ècontenuto e valore delprogresso. Come compararelapermanenzadiquesteleggie la grande previsione diuniversaleprogresso?Inveroitemi son qui già interamenteproposti e l’arco poetico ècompletamente teso. Ilcontrasto fra l’ideologia delprogresso e il ripetersidell’umana vicenda del

dolore è dato. Potrebbeconcludersi il carme: nonavviene, perché il problemanon è solo quello didimostrare la vuotezza delmondodellapolitica,èormaiquello di identificare unanuova base di fondazioneetica del politico. La partecentrale del Canto costruiscedunque un momento digrandeintensitàsarcastica:sela legge di natura, e la

violenza della storia,continuano a funzionare afronte dell’inarrestabileevoluzione storica,magnificae progressiva — come lamettiamo con questo duro,implacabile contrasto?Scusate,nonèunacosaseria:si tratta di lieve problema,reliquia di passata età!Segueuninnoallamoda(vv.97-134): alla sua forza ditrasformazione e di

ingentilimento dei costumi!Segue un nuovo intermezzosarcastico, ovvero un innoalla statistica ed alle gazzette(vv. 135-153), comefondamento di veraconoscenza. Ma questemistificazioni non possonoreggere!«Qualeunfanciullo,con assidua cura, / Difogliolini e di fuscelli, informa / O di tempio o ditorre o di palazzo, / Un

edificio innalza; e comeprima / Fornito il mira, adatterrarloèvolto,/Perchéglistessi a lui fuscelli e fogli /Per novo lavorio son dimestieri; / Così natura ognioprasua,quantunque/D’altoartificio a contemplar,non prima / Vede perfetta,ch’a disfarla imprende, / Leparti sciolte dispensandoaltrove. / E indarno apreservar se stesso ed altro /

Dal gioco reo, la cui ragiongli è chiusa /Eternamente, ilmortai seme accorre / Millevirtudioprandoinmilleguise/Condottaman: che, d’ognisforzo in onta, / La naturacrude!, fanciullo invitto, / Ilsuo capriccio adempie, esenza posa / Distruggendo eformando si trastulla» (w.154-172). Èun’apologià, questa dellanatura, «invitto fanciullo»,

chequicivieneproposta—equelli che seguono (vv. 173-207) sono versi cheapprofondiscono lademistificazione, in manierasarcastica sempre, mostrandocomeideologieestereotipidicomunità tentino di negarequella dura e sola verità.Sicché laddove nonriusciamo ad essereindividualmente felici, eccocipropostaunafelicitàcomune!

Viva Rousseau!126 Basta,basta, basta con questotempo che fugge, con questaquotidianità priva diprincipio, basta con il tempodelle gazzette (w. 208-226).Basta con i Capponi e i Tommaseo, i Vieusseux etutti quanti, che incitanoormaisoloaviverediquestotempo e ad immaginare inquesta luce il Risorgimento(w. 227-259) — la

rivendicazione leopardianadeltempoedellafunzionedelpoetare, contro questadispersione e degradazionedell’essere, è vivacissima. Inconclusione (vv. 260-279)abbiamo ancora uno scherzo,e la penna sorridenel sarcasmo, contro i«barbuti» eroi del tempoeffimero della politica. Cosìsi conclude, si strappa ilrapporto, altre volte ricercato

con il mondo della politica.Con questa violenza.Sapevamo che questo eraquellocheciattendeva,maèstato utile percorrere questalunga via. Perché nelripercorrerla non soloabbiamo verificato conquanta passione Leopardiabbia cercato il rapporto delpolitico, ma soprattuttoabbiamovistocomelarotturadefinitiva venga

positivamente formandosi.Questa Palinodia è unagrossa cosa: è una macchinadaguerra.Lastrutturainternadel Canto è quella delcontrasto, non solo intermini dialogici («io e voi»— fortissimapersonalizzazione deldialogo,distaccoconpuntediarroganza), ma ormai intermini di contrapposteimmagini del tempo, della

funzione poetica, del sensopolitico della vita. IlCanto ècosì formato da blocchisusseguenti il cui ordinesegue una logicadell’argomentazione, un filoretorico-politico. Eun’argomentazione che deveconvincere, e tendere lepassioni nel sarcasmo, permostrare la possibilità discegliere altra via ed altrodesiderio. V’è qualche cosa

di talmente potente in questaPalinodia! V’è unatrasgressione così forte! Si ègiustamente notato, da partedi un grande storico delleidee,127 che inogniciviltàvisono delle cose dellequali non si può ridere,oggetti e idee, tendenze odorizzonti metafisici contro iquali non si può portaretrasgressione. Èimpressionante notare con

quanta violenza Leopardiattacchi proprio questiintoccabili stereotipidell’epoca.Ridediciòdicuinon si può ridere. E ne rideper indicare un altro terrenodifondazione,unaltrotemporispetto al quale i valoripossonodarsi. Quest’identificazionedel tempo come luogo altrodel possibile, del pensierofuturo, questa scelta di

misurarsi su un’alternativaetica del politico, sonofondamentali. In realtà è lasensatezza del potere, inquanto tale, ad essere messain discussione, l’insensatezzadel potere ad esseredenunciata. Il potere èillusione, illusione effettualema ormai marcia. Ora ilsarcasmo con cui questeverità vengono rivelate, èindicazionediuncontrasto,di

un «altro» che esiste, checomunque si dà. Èl’illusioneverachesioppone,l’illusione che sa dirsi comeverità dell’esistenza. Untempo diverso, un altro. IlRisorgimento vero èquella cosa là. Quanto èdesiderabile, quanto èrealmente attendibile, epossibile? Comunque,dall’opposta agitazione dellegazzette e delle «barbe» non

c’è nulla da attendersi. Se visaràvero,sevisaràeroismo,questi cospirano da un cielodiverso. «Palinodia», ossiaritrattazione, ossia pubblicopentimento:certo,eccovelalamia palinodia, eccovela noncertocomepentimento,bensìconvinzione che questo miovecchio pensiero,razionalista, sensista,materialista, sia e resti ilbuono. Solo su quest’altra

base è possibile un farepolitico che possa costituireprogramma e lotta. Sologiocando con il «fanciulloinvitto» riconduciamol’esperienza alla filosofia eliberiamo il pensiero politicodalla politica. Lo riportiamoacetico, all’unica regione,quella del dolore edell’immaginazione, dovetuttol’esseresiforma.

Nel sottolineare queste

conclusioni della Palinodiaho però l’impressione comedi tradire Leopardi. Infattiquesto stacco, così internoalla vita politica eppure cosìmassicciamente altro daquello che le gazzette el’attualità presentano, dàquasi l’impressione di unascelta utopica. Occorredunque precisare. E tenerinnanzitutto presente cheLeopardi si diverte spesso

conl’utopia,nehailgusto,laspingeal livellopiù alto. «Inquesto periodo sì legislativo,nessuno ha pensato ancora afareuncodicedileggi,civilee criminale, utopico, ma intuttaforma,etaledaservirditipodiperfezione,alqualesidovesseroparagonaretuttiglialtri codici, per giudicaredella loro bontà, secondo ilpiù o meno che se gliassomigliassero; tale ancora,

da potere, con pochemodificazioni o aggiunterichieste puramente dallecircostanze di luogo e ditempo, essere adottato daqualunque nazione, almenosotto una data forma digoverno, almeno nel secolopresente,edallenazioniciviliec.».128Dunqueun codicedilibertà politica e diconseguente conformitàgiuridica!Ma è evidente che

questo è solo un utile eintelligente diversivo —Leopardi si serve dell’utopiacomediunespedientelogico,senza mai ridurre, in alcunsenso, all’utopia il suopensiero.L’utopiaèambigua.L’utopia è una formadialettica.129 L’utopia è unasperanza, o almeno un suovero sospettoche insemina ilreale. Per Leopardi nulla ditutto questo. L’utopia è al

massimoun’ipotesidilavoro,un elemento del tuttoconvenzionale,unaformadelparadosso. L’«altro», cheLeopardiproponedall’internodella Palinodia, è contro ilpolitico e ilfalso risorgimento, non èdunque e non può essere enon sarà utopia. L’alterità èqualchecosachestasuipiedienonsullatesta.Nonèutopiama ontologia. Non c’è

davvero nulla da ridire, c’èsolodastupire:quantoèfortequest’opzione leopardiana!Utopia, dunque? No, innessun caso. Bensìfondazione alternativa, etendenza all’essere vero apartiredaquellarifondazione.Non utopia, dunque, maesperienza dell’esserealternativo.130

I Paralipomeni dellaBatracomiomachia131 sono

un interessante esperimento,tutto collocato in questoquadroproblematico.

Della BatracomiomachiapseudomericaLeopardiavevaprovato per ben tre volte latraduzione;132 inoltre,sull’attribuzione dell’operettagreca ad Omero erasensatamente intervenuto.133Ora ci lavora di nuovo, masolo per assumere l’epicapseudo-omerica e per fare

con quello stile una liberariflessione. Una liberariflessione politica. Il tema èla situazione politica italianadopo il 1831, ma conriferimento edesemplificazione allasituazione del Regno diNapoli fra il 1815 e il1821.134 Questopoemetto,pensatoeredattointempi diversi, e in formediscontinue (sicché vari sono

gli strati e i generi evariamente sicompongono: mitico-epico,parodistico, fantastico-ariostesco, fantastico-lucianeo, ecc.), è di unastraordinariaimportanza.Unalirica libera affronta la realtàpolitica per discriminarla fral’epico e il sarcastico: lamolteplicità degli strati e deigeneri non escludeun’unitarietà di progetto che

vive lungo i sei-sette annidella redazione.135 La venapoetica è sicura, continua.Essa si combina con unastraordinaria padronanza delgiudizio politico, sul passatoesulpresente.Giocandovarieforme poetiche Leopardirende singolare il propriogiudiziopoliticosull’esistente— che questo giudizio sia,come abbiamo detto, sicuro,nontoglie infatticheessosia

singolare. È un tentativo dispiazzamento completo dellaprospettiva politica, quelloche qui Leopardi tenta. Leformeparodistichenellequalisi svolge il discorso e siqualificano le scelte, nondebbono ingannarci. Laricerca è inrealtà profondissima, moltobella e molto articolata. Èstranalafranchezzadiquestoperiodare poetico — perché

finquilapolemicanonerainrealtà riuscita a raggiungereun livello disciolta immaginazione. Ilsarcasmo comprendevaelementi di pesantezza e diblocco. Né la Palinodia sisottraeva a ciò. Ma qui, neiParalipomeni,c’èqualcosadidiverso: una macchinanarrativa e poetica innocenteconcedelibertà,spontaneitàefelicitàalsentimentopolitico.

Questa felicità, comevedremo, non è soloun aspetto del divertimento—èsoprattuttolascopertadiun nuovo terreno diimmaginazione poetica.Potremo identificare unpassaggio ricchissimosoprattutto fra il VI e il VIICanto,meglio,all’internodelVICanto,elofaremo.Mafind’oraènecessarionotarechequesta rottura, fra

ricostruzioneesviluppodellatramadeldiscorso,emomentidi libera immaginazione cheseguono, è in realtà unapropostadisaltometafisicoediprogettopolitico.Nonèuncaso che proprio su questerotture, su questi passaggi, siaffermano le cose più belledeiParalipomeni— fra V eVII e VIII Canto. Maseguiamo con cura esemplicità lo sviluppo di

questi Paralipomeni. Dal Ialla metà del VI CantoLeopardi segue una tramastorica,opseudostorica,136dieventi. È la storia dellasconfitta dei topi davantiall’esercito deigranchi, venuti in appoggioalle rane—e di come i topiriorganizzano la città diTopaia,dopoquestasconfitta,in monarchia costituzionale;di come il redei granchi e il

loro generaleingannino ambasciatori e redi Topaia fino a riproporre,da posizioni di forza,drastiche alternativelegittimistiche;dicomeitopicerchino, a parole, didifendere la loro costituzione— nei fatti siano, invece,ignominiosamente sconfitti edebbano subire di nuovo unassolutistico regime. Ora,questi primi sei Canti si

muovono tutti all’internodella demistificazione delmondodellapolitica.Lavenasarcastica è fortissima, ed èrivolta control’«intero» mondo dellapolitica.Ilegittimistivalgonoiliberali,ancheseèverochela polemica è soprattuttocontro i legittimisti.Nella topaia sono tutticoinvolti, nella suamiseria enella sua insignificanza. La

formadell’ottava e la felicitàdel periodare poetico nonpermettono in alcun modoall’ispirazione leopardiana diutilizzare qui la chiavedisperata del grottesco. Nonperciò la polemica è menoforte. Contro il legittimismo,abbiamo detto, con superioreattenzione.Edil legittimismoè descritto in tutti isuoi aspetti: come teoriadell’equilibrio politico (II,

30-39), come ideologia insenso proprio (IV, 44-46) einfine come teoriapolitica della fase e delsistemadeipoterieuropei(V,1-15). Il fatto che spessol’argomentazione vengaspinta al parossismo nonmodifica la sostanzialeadeguatezza e la singolarecorrettezza del linguaggiopolitico. La polemica èfortissima: Leopardi non è

certo un reazionario,137 e ciòè dimostrato dalla naturalogica della polemica, dallacorrettezza dei terminiconcettualicomunqueelaborati, dal fattoche il sarcasmo si fondaoggettivamente sullasproporzione fra forzaimmane dell’esercitoreazionario e imbecillegrettezza della sua capacitàpolitica e diplomatica.

Né questo comportamento ècasuale — se, nello stessoperiodo, scrivendo al«carissimo papà» Giacomopuònotare:«Mièstatomoltodoloroso di sentire che lalegittimità si mostri cosìpoco grata alla sua penna ditanto che essa ha combattutoper la causa di quella. Dicodoloroso, non però strano:perchétaleèilcostumedegliuomini di tutti i partiti, e

perché i legittimi(mi permetterà di dirlo) nonamano troppo che la lorocausa si difenda con parole,atteso che il solo confessareche nel globo terrestre vi siaqualcunochevolgaindubbiola plenitudine dei loro diritti,è cosa che eccede di granlungalalibertàconcedutaallepenne dei mortali; oltre cheessi molto saviamentepreferiscono alle ragioni, a

cui, bene o male, si puòsempre replicare, gliargomenti del cannone e delcarcere duro, ai quali i loroavversarii per ora non hannoche rispondere».138 Se da unlato fortissima è la polemicacontro il legittimismo, nonmenoferoceèquellacontroilcostituzionalismo e illiberalismo.Maqui,inrealtà,l'attacco è portato più checontro costituzione e

libertà, contro ilmodo in cuine godono e ne,sregolatamente, abusano itopi. Ad una nuovamentecorretta definizione dimonarchiacostituzionale (III,36-39), segue dunque lapolemica — antiplebea (IV,27-28)masoprattuttovoltaacolpire la volgarità parolaia,la vigliaccheria in guerra,l’ipocrisia del linguaggiopolitico del liberalismo (V,

29-36, 39-43). La sconfittadelcostituzionalismodei topidavanti al legittimismoreazionario dei granchi èanche, e soprattutto,rivelazione dell’asimmetriadell’effettività del potere —fra chidi questo famaterialeedesasperatapraticaechi,diquesto, crede di poterdisporre in maniera pura edideale. Tutti gli interventirealistici (in termini

politici)dell’autore,nelcorsodella narrazione, sonovolti adimostrare questa verità(confronta soprattutto levalutazioni di un«mal pensante»— V, 24-28— questo esempio di«giornalismo politico»leopardiano). Resta il fattoche il liberalismo ècomunque una forma di queltempo della politica cheLeopardi denuncia come

ontologicamentedepotenziato—edècertocheselavittoriadei granchi comporta, con larestaurazione legittimista,un regime poliziesco e laconseguente decadenzadell’industria e della vitacivile (VI, 1-14), non è laStatistica che da questarovina ci potrà trarre. Eccoinfattinellacrisimoltiplicarsilesette, lecredenze,oppureitentativi di uscire dalla

sconfitta tramando... Da unlato il pensiero ultramontano(nuova, durissima polemicaleopardiana: qui il temadell’oscurantismo, inquanto tale, è all’ordine delgiorno:V, 1-15), dall’altro ilpensiero carbonaro: «Allornacque fra’ topi una follia /Degna di riso più che dipietade...»(VI,15vv.1-2,mavedi 15-17). Ecc. ecc. Certo,il mondo non è tutto

condannato a questa miseria.Leopardiintervienespessoadilluminare spaccati che, purnell’ombra, contengonograndiricchezze:talisonogliinni all’Italia ed alla gloriadel suo passato, e contro lamiseria del presente, cheegliinnalzaneiCantiI,26-31e III, 11-14. Ma neppurequestoèdecisivo.Si trattadimateriali — ciò vale ancheperlospiritonazionale—che

solo una diversa eontologicamente «altra»virtù riusciranno a farrivivere.Questaveritàteoricaha un immediato risvoltopoetico; essa esige cheun’estrema violenzadel chiaroscuro, dellascrittura eroica attraversi iltessuto sarcastico delladocumentazionedell’esistente. Da questopuntodivista il cantoVèal

centro dellaBatracomiomachia. EssoiniziaconillungodiscorsodiBoccaferratasulprincipioelapratica del legittimismo (1-15), prosegue con la deboleconferma dello Statuto daparte di Re Rodipane (strofe16-20)econlevalutazionidiun «mal pensante» (24-28):nel frattempo (22-23 e 29-36) i topi si preparano allaguerra — «Guerra tonar per

tutte le concioni / Uditoavreste tutti gli oratori, /Leonidi,TemistoclieCimoni,/MuziScevola,Fabidittatori,/ Deci, Aristidi, Codri eScipioni, / E somiglianti eroide’ lor maggiori / Iterar ne’consiglietuttoilgiorno/Perle bocche del volgo andareattorno» (V, 29) — è unprofluviodiparolequellochecorre,unaforzaretoricatantograndequantolamancanzadi

efficacia—sicchésigiungeabattaglia:«Eranleduefalangia fronte a fronte / Giàdispiegateedapugnarvicine,/Quando da tutto il pian, datuttoilmonte/Diersiafuggirle genti soricine. / Comenonso,manéruscelnéfonte/ Balza né selva al corso lordiè fine. / Fuggirian credoancor, se i fuggitivi / Tantotempoilfuggirserbassevivi»(V,42).L’infamiadella fuga

e la vigliaccheriadei comportamenti sorcinifinisconoquindipermostrareilverovoltodelmondodellapolitica. Che dire, cheaggiungere? Suquest’immensa melma didisonore si stacca allora lavirtù: «Solo di tutti in suldeserto campo / Rubatocchirestò comecipresso /Diritto,immoto,dicercarsuoscampo/ Non estimando a

cittadin concesso / Dopol’attode’suoi,dopoloscorno/Di che principiò ai topi eraquelgiorno./Inluirivoltalanemica gente / Sentì delbraccio suo l’erculeapossa. /A salvarla da quel non fupossente/Lacrostaancorchedura ancor che grossa. /Spezzavala cadendo ognifendente /Di quella spada, escricchiolar fea l'ossa, / Etroncava le branche e dimal

viva/Edigelidaturbailsuolcopriva. / Così pugnando solcontroinfiniti/Duròfinchéilvedernonvennemanco./Poiche il Sol fu disceso ad altriliti,/Sentendoilmortaicorpoafflitto e stanco, / E dipunte acerbissime feriti / Elaceri inpiùparti ilpettoe ilfianco, / Lo scudo ove unaselvaorrida e fitta /D’aste ed’armidiversaerasconfitta, /Regger piùnonpotendo, ove

più folti / Gl’inimici sentia,scagliò lontano. / Storpiati epestinerestaronmolti,/Altrischiacciati insucidaro ilpiano. / Poscia gli estremispiriti raccolti, / Pugnandomai non riposò la mano /Finché densato della notte ilvelo,/Cadde,mailsuocadernonvideilcielo»(V,43-46).Già nei Paralipomeni, alCanto III, 24-34, Leopardiaveva inneggiato all’amore,

allacostanzadelsentimentoedellaragioneealla libertà—un inno astratto, tuttavia, eletterariamente contorto, epoliticamente equivoco. Quiinvece esplodono, davantiallamortediRubatocchi,dueottave in cui la commozioneper lamorte dell’eroe scoprela metafisica dignità diun’«altravirtù»:«Bellavirtù,qualordites’avvede,/Comeperlietoavvenimentoesulta/

Lo spirto mio: né dasprezzar ti crede / Se in topianche sii tu nutrita e culta. /Allabellezzatuach’ognialtraeccede, /Onotaechiarao tiritrovi occulta, / Sempre siprostra: e non pur vera esalda, / Maimmaginata ancor, di te siscalda. /Ahimadovesei tu?sognata o finta / Sempre?veranessungiammai tivide?O fosti già coi topi a

untempoestinta,/Népiùfranoilatuabeltàsorride?/Ahise d’allor non fosti invandipinta,/NéconTeseoperistioconAlcide,/Certod’allorainquafuciascungiorno/Piùraro il tuo sorriso e menoadorno» (V,47-48).Conciò,unmomento fondamentaledirottura metafisica entranell’opera politica diLeopardi. La gentilezzadell’esposizione ontologica

dellarotturanoningannisullasuaradicalità.Conl’iniziodelCanto VI finisce così quellache si può certamentechiamare la prima partedei Paralipomeni, e cioè lacostruzionepoeticaattornoaduna trama storica — fino almomento in cui la tramastorica si dirompe e alla suamiseria, al suo infame temposi oppongono virtù e un«altro» tempo. Di qui alla

fine del poemetto,d’altronde incompiuto, latrama storica non riemergepiù. Si può contutta probabilità ipotizzareche qui si dia anche unaconsistente cesura temporalenellaredazione.139Diquiallafine del poema Leopardigioca piuttosto con altripossibili scenari poetici— emetafisici — alludendo aduna nuova fondazione,

piuttosto che cercandola,definendonecomunquealcuniluoghi emblematichi. Ilraccordo fra prima parte,storica, e seconda parte,decisamente mitologica, deiParalipomeni, è costruito suun personaggio, il conteLeccafondi. Leopardi ce loavevapresentatonel ICanto,qualeambasciatoredeitopialcampomilitaredeigranchi(I,34-43), poi ce lo fa

reincontrare nelle difficilitrattative ed infine comeministro illuminista del recostituzionale, perciòparticolarmente inviso aMettermeli e al granchio chelo rappresenta. Ora il ConteLeccafondi viene inviato inesilio e preso nella tempesta.Si perde in essa e giunge adunmagico palazzo dove puòraccontare la gran vicendavissuta al proprietario (Canto

VI, 24-25). Singolarepersonaggio,quest’interlocutore diLeccafondi: nientemeno cheunDedalo, anticoomodernonon importa — certo egli ciconduce, con Leccafondi, inun altro ambiente poetico, inun altra atmosfera, mitico-lirica, oppure decisamentemetafisica. Continuo adinsistere che qui, con questarottura,nonsigiungeachissà

quale rivelazione ontologica:si mostra solo, con allusioni,con indicazioni più o menoforti,lapossibilitàdiunaltroterreno dopo avernechiaramente detto lanecessità.Condottopermanoda Dedalo, Leccafondiinterpreta il mondo dellastoria e della virtùmondana — essendo unpolitico di mestiere non puòfaraltrochequesto,maperla

prima volta ne sospetta unproblemadiverità.Unaveritàtanto «altra» che solo nelmondo degli inferisorcini, alle sorgentidell’essere,laddovegiaccionole anime dei bruti e lamaterialità della verità siscopre con tutta la sua forza— solo là, dunque, questaverità può stare. L’assolutamancanzadiveritàdelmondodella politica viene così

mostratanell’allusioneadunapossibile rifondazione. Altra,assolutamentediversa, sollecitata econsigliata dagli inferi.Leccafondi, dunque, ascoltagliinsegnamentidiDedalo,diquestoleopardianissimopersonaggio140— una lunga parentesi sullaconcezione della morte esulleanimedeibruti(VII,11-16)141 accredita e prepara

la decisione di compiere unviaggionelmondodeimorti,dove Leccafondi potrà avereinsegnamenti per sanare lacrisi politica del suo popolo.Si viene, in questo modo,formandoun’atmosfera materialistica,che ha la forza di talunipassaggi delle Operette edelloZibaldone,un’atmosferamaterialistica, ateistica eantispiritualistica che opera

alla costituzione dellecondizioni della rotturametafisica richiesta dalLeopardi per la costruzionedi una nuova politica.Un’enorme commozionemetafisica, insomma,accompagna questo gioco dileopardiane allusioni eprogetti. Partono, per ungrandeviaggiovolante,versoil regno dei morti, Dedalo eLeccafondi: «Così d’ali

ambeduevestitoildosso,/Supe’terrazzidelromitoostello/Ilnovocarcoinpriatentatoe scosso, / Preser le vie cheproprie ebbe l’uccello. / Pa-rea Dedalo appunto un uccelgrosso, / L’altro al suo latoappunto un pipistrello; /Volàr per tratto immenso edinfiniti / Vider gioghidall’alto e mari e liti» (VII,24). La descrizione delviaggio si stende fino alla

strofa 37: essa costituisce unmomento poetico altissimoneiParalipomeni.Poi apparela grande montagnadell’inferno dei bruti (VII,38-51) — il poveroLeccafondi, ormai solo,discende agli inferi dei topi(VIII, 6-20), ed è splendidaquesta descrizione di Topaiamorta, questaserenità profondissima,questo dolcissimo distacco.

Ogni favola di paradiso èfinalmente tolta, ed ognisperanza è così, comeogni disperazione, riportataall’uomo. Leccafondi giungeinfine dinanzi aMangiaprosciutti e aRubatocchi—loroproponeilsuoproblema,ilproblemadelRisorgimento (VIII, 21-23).«Non è l’estinto un animalrisivo,/Anzinegataglièperlegge eterna /Lavirtù per la

qualeèdatoalvivo/Cheunasciocchezza insolita discerna,/ Sfogar con un sonoro econvulsivo / Atto un pruritodellaparteinterna,/Però,delconteladimandaudita,/Nonriseroipassatiall’altravita./Maprimamenteallorsuperlanotte /Perpetua si diffuseunsuon giocondo, / Che disecolo in secolo alle grotte /Piùremotepervenneinsinoalfondo. / I destini tremar non

forse rotte / Fosser le leggiimposte all’altro mondo, / Enonpotentel’accigliatoEliso,/ Udito il conte, a ritenere ilriso» (VIII, 24-25). Questaformidabilerisatadell’Infernoedell’ElisoasentirparlarediRisorgimento è insieme laconclusione della critica, lafine del poemetto el’indicazionediunterrenodapercorrere. Quanto ancorasegue fino al termine

(redatto) del poemetto — ecioè le strofe VIII, 26-46,che accolgono il consigliodato dai buoni ancestri evedono infine l’Assaggiatore,forse il Colletta, identificatocomeguidaperunaripresadiiniziativa politica, — non èné particolarmente bello, néparticolarmene intenso. Ilpoemetto è concluso. S’èconcluso laddove s’èdecisamente data

l’indicazione di un terrenodiverso, e cioè quello di unarifondazione etica del farepolitica. Lo spiazzamentofavolistico della tramapolitica vale solocomeallusioneadunanuovaposizione ontologica delsoggetto, ad una nuovadefinizione del tempostorico.142

Èilmomentodichiuderequeste pagine sul sarcasmo,

ovvero sulla politica.Abbiamo provato l’assuntoiniziale, del depotenziamentoontologico del mondo dellapolitica, vedendo comeLeopardi tenti di attraversarequesto terreno e diapprofondire in essol’alternativa etica. Nelpercorrere col Leopardiquesto cammino abbiamoscoperto come, al di là delmondodella politica, al di là

della sua ontologica povertà,Leopardi colga, commisurataalle dimensioni del politico,la tensione ad unanuova ontologica posizione.Per ora questa tensione èposta come necessità dellacritica, e solo allusa intermini di realtà. Peressa abbiamo, ora, un soloargomento ontologico didimostrazione:edè lapoesiadei Paralipomeni e la sua

dolcissima risonanzadi alterità. Non ci resta cheinsistere: la dolcezza diallusione, propria deiParalipomeni si coniuga conla trasgressione dellaPalinodia,siradicacioèinungiudizio storico che èassolutamentealtro.Quantoèdifficileper i lettoriaccettarequesto. Cioèquesta assolutamenteantidialettica decisione del

Leopardi! Questorovesciamento costruttivodeltragico! I lettori vi vedono«vacuità politica», ovveropuro e semplice cinismo oaddirittura un atteggiamentoreazionario.143 Non voglionointendereconquanta radicalecoerenzaLeopardisiavenuto,fin dallo scritto del1824,Sullostatopresentedeicostumi degli Italiani,144cercando e non trovando una

mediazione positiva con ilreale, e come il concetto di«societàstretta»,purpropostocontantaintensità,siavenutoman mano svuotandosi diogni significato. Ma pure,mediazione con il reale esoggettività di questamediazione,storicitàconcretae società stretta, restano, enon possono non restare, iconcetti propri di qualsiasifenomenologia del

politico.Chenoiliritroviamonegativamente definiti, anzi,che noi li ritroviamo comedesinenze patologiche di unaradice depotenziata e di unessere sfinito— tutto questonon significa nulla, se nonchedobbiamorompereconlalogicachea talemetafisicaestorica vuotezza ci hacondotti. Il sarcasmopoliticodi Leopardi porta senzatregua le categorie politiche

di storicità e di soggetto allosvuotamento edall'insignificanza — ma nondistrugge queste categorie, levuole piene di un nuovocontenuto, di una nuovaproposta politica ed etica.Concludono allora alcunilettori: se questo è vero,Leopardi non costituisceun’alternativa «al»Risorgimento maun’alternativa

«nel» Risorgimento.145 Nonsono d’accordo con questiinterpreti più di quanto siad’accordo con quelli cherifiutano illeopardiano rovesciamentopositivodeltragico—cioèinnulla. Poiché la caratteristicadel pensiero di Leopardi èquella di confrontarsi colfondamentoeticodellastoria,di romperne ognidialettico tentativo di

fissazione,diaprireunnuovodiscorso ontologico sulfondamento del politico. Ilnihilismo leopardiano cercal’ontologia, non certoun’ontologia progressiva.Soloun’ontologia«altra».Sevolessimo farci chiuderedentro queste terribili eobsolete dimensionilinguistiche sarebbeindifferente chiamareLeopardi «rivoluzionario»—

o altrimenti non potremmoinfattichiamarloapari titolo,restando ferme tutte le altrecondizioni, «reazionario»?Certo, la sola cosa che nonpossiamo fare è chiamarlo«progressista» e neppure«impolitico». In ogni casononcifaremotrattenereentroquelle poverissime categorie.Perché la negazioneleopardianadellapoliticaelarisata metafisica sul

Risorgimento costituisconoprima di tutto un elemento,irrisolto ma fortissmo, didomanda: che cos’èl’illusione vera nel politico,nelsociale,nellacreazionedivalori fra uomini? Finchénonavremorispostoaquestadomanda, ogni politica sarà,prima che reazionaria orivoluzionaria, assolutamenteinsensata. Ma già abbiamo,per questa domanda, alcuni

elementi qualificantila risposta metafisica — ilconcetto di potenza, inparticolare, ed ora quelli dimondo politico, di mondocollettivo e disoggetto politico. Comeraggiungere il livello difondazione ontologica e diuniversalità significativa incui tutto ciò possa divenire,articolandosi, produttivo?L’impolitico leopardiano

pone questo problema nonsolo con forza, ma conprovocatoria violenza.Un problema che èun’anticipazione, una lucesull’orizzonte.

CapitoloV.ILMACHIAVELLILIRICO

13.L’eventodellacritica

È solo dopo aver

cancellato ogni dialettodell’illusione e aver coltol’allusione all’altro comefondamento dell’essere, èsolo allora che il problemadel vero può riproporsi. Checos’è l’illusione vera? Inquestomondodovel’essereèillusione, ma non perciòl’essere è meno materiale,meno ontologicamentesolido;inquestomondodovelospiazzarsidegliorizzontidi

significatività,ed ilcrearsidisempre nuove illusioni, è unprocesso continuo, ma nonperquestoilsoggettosentedimeno la sua appartenenzaall’essere,— dunque, dentroqueste condizioni, che cos’èillusione vera? Ormai ildiscorso poetico diLeopardi è implicato suquesto terreno problematicoin formaesclusiva. Quest’esclusività è

condizione della generalità,dell’universalità del discorso.Dalla negatività si tratta dirisalirealfondamentoe,sullabase del fondamento, diqualificare l’esistente. Se ilfondamento è negativo, sel’alterità concorre alla suaformazione, nondimeno laqualificazione saràuniversale. Laricostruzione leopardiana, fraatto poetico e ricerca di un

significato di verità per ilmondo, si distende così,lentamente, sull’orizzontedell’universalità. Dobbiamoora concludere questocammino:riprenderecioèunodei problemi primitivi daiquali s’èmossa la ricerca, laquestione della critica, evedere com’essa sia risoltao semplicemente reimpostataal culmine dell’esperienzametafisicadiLeopardi.

V’è una primaannotazione che a questopropositovafatta.Essavienea completare l’analisidell’universo politico e lacritica del vero nellafenomenologia diquell’illusione. Ora, checosa ci rivela,definitivamente,quell’esperienza critica? Ilfatto che l'asimmetria, ladifferenza fra progresso

materiale, sviluppodella conoscenza, realizzarsidella natura e, d’altro lato,scoperta del vero e nuovafondazione dell’essere, sonoradicali. Se viene sottoposta—comesempreavviene—aquelle sequenze lineari, lapoesia stessa si nega comepossibilitàdiconoscenza.No,il vero come progresso e lapoesiacomeconoscenza—etuttociònelladimensionedel

politico, nella generalità edoggettività del rapporto frastoricità e soggetto — no,tutto questo è inesistente, èinsignificante. La poesia, sevuole essere, deve rivelarsialtrimenti. La storia non èverità ma illusione, el’illusione è essenza pratica.Lapoesiapuòdaresensoallastoria presentandosi comeatto di costituzione praticadell’essere. Non in quanto

è ancella del vero ma inquanto è produttrice, pratica,materiale, del vero. Perquesto la poesia è un’attivitàontologica rilevante. Ladefinizione del vero vienecon ciò completamentemodificata, nel senso chel’ambito nel quale esso èconsiderato è quello dellapratica poetica.L’emancipazione del vero dauna qualificazione passiva e

naturalisticadellaconoscenzaè dunque il tema centrale, ilpresupposto positivo dellarifondazione critica. Unaseconda annotazione segueallora direttamente a questaprima:essariguardalanaturadel fare poetico. Leopardi,nellamisura incui strappa ladefinizione del veroall’universodella ragionpurae la lega a quello dellapratica, in quello stesso

momento distrugge anchequella piccola e miserabiledefinizione dell’estetica delbello che da Baumgarten edalla scuola diWolff sempreci perseguita: essere il bellouna figura minoredelconoscere.1No, di nuovono: il classicismoleopardiano, lasua concezione dell’uomocome di un essere che ha lapossibilità di sviluppare in

sublimeunitàcreativatuttelefacoltà,reagiscono definitivamente aquelle tradizioni. Il bellopoetico non allude a nessunaconoscenza, non è forma nédegradata né sublime, némateriale né profetica delconoscere.È invecevocedelfare, analisi che dai sensi aisentimenti, dall’esperienzaalla storia, si tende comeforza comprensiva, materiale

e costitutiva. Terzaannotazione, quindi: questofare, che si sostituisce edintegra creativamente ilconoscere, che è poetico ecostitutivo, deve qualificarsiattraverso una dinamicacollettiva.Laregoladiquestadinamica è l’amore. Èl’amore che costituisce ilmomento ontologico altro,cui l’allusione metafisicaaveva guardato. È amore la

definizione del soggetto chesiconfrontaconlastoricità.Èdunque in definitivasull’amore che riposa larisposta all’interrogativo: checos’èillusionevera?2

Non è facile seguirequesti passaggi leopardiani.Essi ridondano diconseguenze immediate. Lanegazione del vero, delprogresso,delRisorgimentoeil necessario spostamento di

terreno tematico rispetto allamancanza di significato chequesti termini rivelano,costituiscono ad esempio unenorme problema. Sarebbeinfatti facile per noi aderire,contro l'immagineprogressista che stoltamentes’è voluta attribuire aLeopardi, alla concezione«impolitica»: oppure, controP interpret azione, altrettantostolta, dell’«impolitico

recanatese», mostrare comein Leopardi esista unapossibilità, comunqueun’allusione, unaccesso insomma ad undiverso terrenodi fondazioneeticae/opolitica.Maconciònonsirisolvemolto.Ineffettialtro è il problema, e suona:che cos’è una politicadell’amore? che cos’è quellaradicale alternativacostituzione dell’essere che

viene costruendo il vero emostrandolo come essenzapratica? che cos’è il faredella poesia? Ed io non sorispondere a questiinterrogativi, anche se me litrovo davanti, ben definiti,per molti versinecessari, nello sviluppo diquesta ricerca e a fronte deirisultati cui essa ci hacondotto. Che cos’è unapolitica dell’amore? La

risposta mi sembra assaidifficile. Comunqueproviamoci. Cerchiamodivederese,davantiasiffattiinterrogativi, unapropedeutica positiva possadefinirsi, sicché quellamedesima funzionecritica che, nel rifiuto delladialettica,ciavevaavvicinatoalla tragedia dell’essere e daquesta aveva innalzatoun’ipotesi di costruzione,

oggi ci permetta dicominciare a percorrere unacompiuta via costitutiva.Cerchiamo di vedere se,prima ed al di là del fatto dipoter definire una politicadell’amore, non ci siapossibile cogliere quelmomentonelquale lacritica,dopo aver distrutto ognipossibilità di conoscenzanaturalistica e/o mediata, eaver indicato l’esigenza e la

speranza di un altro terreno,diviene finalmente potenzapositiva, costruttiva. È unmomento importantissimo,questo, di estrema,straordinaria concentrazionecritica. Un evento dellacritica. La critica comincia,nella forma della poesia, afiltrare un propostacostruttiva dell’amore e, daesso,delmondo.3

Il Canto Sopra un basso

rilievo antico sepolcrale,dove una giovane morta èrappresentata in atto dipartire,accommiatandosidaisuoi4 è un passaggiosperimentale suquestanuovalinea. «Dove vai? chi tichiama/Lungedaicarituoi,/Bellissima donzella?» (w. 1-3).Unoscenario: ladipartita,ossialamorteedildoloredeiparenti; uno scenarioidilliaco, pur nella tragedia,

fissato nella rigidità diun’implacabile storicaripetizione. «... ma pur chimira, /Secopensando,al tuodestin, sospira» (w. 25-26).Poi, ecco la sperimentazionemetafisica leopardianaall’opera:lapietàperlamortedella giovane divienedomanda sulla natura delvero o sulla verità dellanatura. Perchémai lamorte?perché la morte contro la

gioventù, contro la suainnocenza e contro ildoloredeicari?Ilconcettodiuna natura due volte crudele— in quanto portatrice dimorte e in quanto portatricedi morte ai giovani— è quiposto in primo piano. «Mainonvederlaluce/Era,credo,ilmiglior.Manata,altempo/Chereinabellezzasidispiega/ nellemembra e nel volto, /Ed incomincia il mondo

/ Verso di lei di lontano adatterrarsi;/Insulfiorird’ognisperanza,emolto/Primacheincontroallafestosafronte/Ilugubri suoi lampi il verbaleni; / Come vapore innuvoletta accolto / Sottoforme fugaci all’orizzonte, /Dileguarsi così quasinonsorta, /Ecangiarconglioscuri /Silenzidella tomba idì futuri, / Questo seall’intelletto / Appar felice,

invade /D’altapietadeaipiùcostanti ilpetto»(vv.27-43).Lanaturaèirrazionale:soloilsarcasmopuòormaiesaltarne«l’illaudabil meraviglia»!(v. 46). «Madre temuta epianta / Dal nascer giàdell’animal famiglia, /Natura, illaudabilmaraviglia,/Cheperucciderpartoriscienutrì,/Sedannoèdelmortale/ Immaturo perir, come ilconsenti / In quei capi

innocenti? / Se ben, perchéfunesta, / Perché sovra ognimale, / A chi si parte, a chirimane in vita, / Inconsolabilfai tal dipartita?» (w. 44-54).Siamodavantiadunconcettodi natura che è concetto dicatastrofe del vero, di rovinadiognirazionaleconsistenza.La cognizione del veroè cognizione d’orrore. Lanaturanonèsolomatrigna:ècatastrofe logica. Ilmondoci

è dato nella dialettica dellasua interna insensatezza. Maecco una nuova variazionedella ricerca: ed essa emergecome affermazione diun’inesauribile resistenzaal vero, alla natura, allamorte.L’amorenonaccettalacatastrofe della natura, le sioppone: «che se nel vero, /Com’ioperfermoestimo,/Ilvivere è sventura, / Grazia ilmorir,chiperòmipotrebbe,/

Quel che pur si dovrebbe, /Desiar dei suoi cari ilgiornoestremo...»(w.81-86).Lacoscienzadellaveritàdellamorte non è accettatadall’amore e dalla comunitàumana: «Come potresti / Farnecessario in noi / Tantodolor,chesopravvivaamando/ Al mortale il mortai?» (w.104-107). Il moltiplicarsidella crudeltà della morte edella malignità della natura

incentiva così il costituirsi diun tessuto affettivoirriducibile,estremamente resistente— l'amore è altro dalla natura, èbase etica di una conoscenzadiversa.Se«danatura/Altronegli atti suoi / Che nostromaleobensicura»(vv.107-109), così da amore altro sicerca: la natura non è piùsolamente l’ineludibilesfondodell’esistenza,èanche

unnemico,edècontrolasuaferocia che viene man manocostruendosi una sorta dicomunitàd’amore,comunqueun soggetto che a quellaterribile legge naturalenon vuol sottostare. Lacommozione per la mortedella fanciulla si costituiscecosìprima inunmomentodiribellioneedidenuncia—siatteggia poi ad atto dirifondazione e di speranza.

Èsullasostanzadiquestoattoche la nostra attenzione vaportata:sitratta,infatti,diunatto poetico che disloca ilconcetto di verità dal terrenosulquale laveritàsipresentacome irragionevole colpo diforza, al terreno sul qualel’amore mostra l’essenzapositiva del rifiuto di quellalegge. Di contro, l’amoreindica una possibilecomunità, si rivela come

speranza. L’amore è rifiuto— comincia con un rifiuto.Un paradossale ricchissimorifiuto: l’amore si formacome «altro», comesoggettività sofferente«nella» natura — ma di quisviluppa, o almeno allude aduno sviluppo che è «altrodalla» natura — unasoggettività contrapposta, untessuto ontologico differente.Nel Canto sopra un basso

rilievo antico questocammino si sbozza —faticosamente, ed in effetti èben faticoso questo canto—ma fortemente. È evidenteche non si potrà esagerarel’importanza di questopassaggio. Insisto sul fattoche ci muoviamo su unterreno sperimentale, ma ècertocheabbiamo imboccatola via che conduce alla«Ginestra» ed al pieno

maturare del tema costitutivonell’ultima poesia diLeopardi. Quindi, pur nonesagerando l’importanza delpassaggio, esso non vaneppure sottovalutato. Èsoprattutto l’elementoformale che balza all’occhio:intendo «formale» in terminicritici, cioè come forzasoggettiva del mettere informa, come potenza didefinire e di

costituire. L’evento criticoconsiste appunto in ciò, nelfattodi rifondare interamenteil punto di vista dal quale laverità è considerata, neltrasformarelaresistenzaeticaalla morte ed al vero inpossibilità formale di nuovavitaenuovovero,disvolgereil rifiuto in amore. È moltoimportante cogliere questadimensione:essacoagula,percosìdire,tutteleforzeetutte

le direzioni secondo le qualiera venuta formandosil’allusione all’«alteritàontologica». Questopassaggio formale,dall’allusione all’efficacia,dalla possibilità alla realtà,raccoglie in sé il risultato ditutte le operazioni didemistificazione dei dialettidell’illusione,dell’ironiacomedell’ingannoe del sarcasmo, e porta ad

antagonismo pratico quelloche era stato vissuto comealternativa logicaecontenutodicriticaintellettuale.Eventodella critica è dunqueraccogliere, conun’operazione trasversale,tutteleforzechenellesingolefenomenologie delle facoltàsensitive e spiritualierano venute costituendosicontro il potere della falsaillusione— e rendere questo

insiemediforzeantagonisticoallaveritàdelmondo.

Il Canto Sopra il ritrattodì una bella donna scolpitonel monumento sepolcraledella medesima5 costituisceun’ulterioreverificadiquelloche veniamo dicendo. Se nelCanto precedente la crudeltà(e il carattere paradossale)della morte si estrinsecanella contraddizione, da unlato,franaturaegiovinezzae,

dall’altro, fra natura eamore/comunità,nonchénelleesemplificazioniche adeguatamente neseguono — in Sopra ilritratto la domandametafisica interroga il corpo,l’individualitàconcreta,ilsuotempo determinato — iltempo della bellezza edell’implacabilesua opposizione, lamorte. Inquesto quadro il livello della

domanda critica e delparadosso fenomenologico siinnalza: ché infatti la mortecomincia ad apparire,immediatamente, comeinsensatezza, e la natura nonpuò più, in nessun senso,nemmeno essere attraversatadall’allusione al vero —meglio, esplode nella naturastessa la contraddizione dellacompresenza essenzialedi vero e morte. Non v’è

paradosso: la natura ècatastrofe. La catastrofe delrapporto fra vero e natura èdata come presupposto, equesta rottura permette unalogica «altra» neldistanziare l’anima dallamorte. Una logica fredda edefficace: è una ricchezzapoter rivolgere ora questearmi contro la natura,dopo averle ad essaespropriate, e dopo che

troppo a lungo la poesia erastata costretta, su questolimite,alpianto,all’invettiva.Il Canto si apre dentro unavigorosa sensualità: la figuradelritrattoèdescrittacontoniche ricordano Aspasia, ilcorpo della «bella donna»assumeunafortissimafisicitàe il ritratto è determinato,vitale — sicché, da quellavitalità, da quella sensualità,alla morte («or fango / Ed

ossa sei: la vista /Vituperosa e trista un sassoasconde» — vv. 17-19), ilpassaggio è violentissimo.Duesonolerealtà:lavitaelabellezzadaun lato,dall’altrola morte e la sua «sozza,abominevole, abbietta»natura.Unéspritgéometriquesi mette qui all’opera perdistinguere, separare,spiegare, spingere alparadossolarotturafravitae

morte. La domanda sullamorte ha un incalzare piùlogico che poetico: «Cosìriduce il fato / Qualsembianza fra noi parve piùviva / Immagine del ciel.Misterio eterno / Dell’essernostro. Oggi d’eccelsi,immensi / Pensieri e sensiinenarrabil fonte, /Beltà grandeggia, e pare, /Quale splendor vibrato / Danatura immortai su queste

arene, / Di sovrumani fati, /Di fortunati regni e d’aureimondi/Segnoesicuraspene/ Dare al mortale stato: /Diman, per lieve forza, /Sozzo a vedere,abominoso, abbietto / Divienquel che fu dianzi / Quasiangelico aspetto, / E dallementi insieme / Quel che dalui moveva /Ammirabil concetto, sidilegua» (w. 20-38).

L’innalzamento metafisicodellacatastrofedellanaturaèdunque qui del tuttocompiuto. Una catastrofe ilcui carattere irrazionale,totalmente irrazionale,è fortemente insistito. I vv.39-49 ci mostrano appuntocome ogni costruirsi dellanaturaedellaconoscenza,delpensiero e del vero, siaesposto alla vicenda dellacatastrofe. Il principio di

catastrofe è chiaramentedefinito: si guardi infatti acome lo stesso faticosocostruirsidelconcertoumanopossainognimomentoessereridottoalnulladall’esploderedi una semplice dissonanza!Rottura globale per semplicedissonanza momentanea,precipitazione dell’interosistema nel nulla! La mortetrascina nel nulla non lasemplice individualità ma

l’intero complesso deirapporti vitali. Ora,l’irrazionale è la fonte, ilsegno,ilcarismadellamorte.Ma questa rovina, questacatastrofe nonconcludono. «Natura umana,or come, / Se frale in tutto evile,/Sepolveedombrasei,tant’alto senti? / Se in parteanco gentile, / Come i piùdegni tuoi moti e pensieri /Son così di leggeri / Da sì

basse cagioni e desti espenti?» (vv. 50-56). Lamorte occupa tutto il mondoma il fare poetico occupa,esso pure, tutto ilmondo. L’insensatezza dellamorteoccupatuttalaragione:altra sarà la dimensione e lasperanza della vita.«Desiderii infiniti / E visionialtere / Crea nel vagopensiere, / Per naturai virtù,dotto concento» (w. 39-42).

La vita è amore e concertoumano, è forse comunità,certo allusione e camminoversolacomunità; lamorteènonverità,irrazionalità,certo,edanchenemico.

In questo modo vienedunque configurandosi unasituazione poetica emetafisica di grandeimportanza storica.Eper noiessenziale insistervi ancora.Entriamo infatti in quella

costellazione di pensiero cheèradicalmentealternativaallosviluppodelladialettica,sullascena europea. Quil’alternativa originaria sullaquale Leopardi s’era mosso,ricompare — maturatadall'intero sviluppo del suopensiero ed esposta su livellidiestremachiarezzatematica.Il soggettivarsidell’antagonismo fra vita emorte, fra soggetto e natura,

fra poesia e conoscenza,diviene in primo luogosottolineaturadiantagonismo.La dialettica non è più unostrumento recuperabile alpensiero, neppure in ipotesi.La realtà è scissa,completamente, radicalmente—nonilverorazionalemailfare, l’etico immediato, lagiovinezza e la bellezzavengono indicati comepulsazioni soggettive,

eminenti sul livelloontologico.Ilverorazionaleèilnemico.6Questoequivaleadire, riprendendo laterminologia kantiana,chel'esteticatrascendentalesioppone all’analitica — laprima non cerca la seconda,non chiede alla seconda dicompletare la deduzionepossibile del soggetto, bensìla riconosce come funzioneostile, come rete di

mistificazione dalla qualeliberarsi, meglio, da evitare.L’estetica trascendentalerivela, nel fare critico dellapoesia,l’essenzadelsoggetto,la sua apertura al mondo,all’immaginazione,all’illusione vera, contro laprigione analitica del verologico. Nell’esteticatrascendentale immediatadel soggetto si costruisconocosì direttamente quella

potenza, quella tensione delpossibile, quella pulsazioneverso il mondo che risultanocreative. Il fare, il farepoetico, ovvero quel fareche è volto,nell’immediatezza, allacostituzione dell’universale,sono alla base di questorovesciamento delfondamento epistemologicodella metafisica moderna. Ilfare è l’unico elemento di

verifica del soggetto che noipossediamo. Il vero puòesseresolocostituitonelfare.Il vero esiste solo in quantosubordinazione al fare.Evento critico è dunquequest’accumularsi dienergia pratica a formare lasoggettività, a rivelarel’ontologia. A partire daquesta definizionetrascendentale dellasoggettività si aprono, a

questopuntodellaricerca,unaltro paio di problemi.Spazio e tempo sono lecondizioni della conoscenzasensibile nell’esteticakantianadellaragionpura: inquesta leopardianaestetica della creatività,dell’immediatezza edell’eticità, quali sonole condizioni dellaconoscenza sensibile —meglio, di una conoscenza

che si vuole sensibile ma inrealtà attraversa la sensibilitàper toccare i più alti livellidell’immaginazioneproduttiva?Amesembrache,ancora, anche qui, spazio etempo siano condizioni dellosviluppo dell’esteticatrascendentale e tramiti dellasua trasgressione verso ilregno dell’immaginazione.Ma è appunto dentro questatensionecheessi,comeforme

costitutive, vanno afferrati evisti funzionare. Lo spaziodel soggetto estetico è unospazioetico,unospazioentroil quale il concerto umanovienecostituendosieconessosi pongono le basi di unacomunità di valore. Questospazio è quello dei valorielementari della vita, dellapotenza, dell’amore, del lorosviluppo e del loro intreccio.Il vero nasce solo dentro

questa proiezioneetica, dentro la positività delcostruirsidiunmondonuovo,tessuto dalle passioni edalternativo alla degradazionedell’universoche conosciamo. Un vero eproprio schematismo dellaragione etica viene cosìsviluppandosi. Ne abbiamovisto esprimersiqualche raggio, sia puresemplicissimo, nei Canti di

questo periodo. L’amorecostituisce il nucleo durodella soggettività estetica eda esso può dipanarsi ildisegno etico del mondo.7Altrettanto vale per l’altrafunzione tradizionalmenteassunta a raffigurarela formalità costitutiva dellacoscienza estetica: il tempo.Ora, in questo Leopardi, iltempo è veramente unapotenza. Ma, rispetto alle

teorie kantiane e romantiche,dovelospazioèformastaticae il tempo forma dinamica,qui — come abbiamo visto,anche se non lo abbiamoancora sottolineatospecificamentenella discussione della formaspazio — il rapporto èrovesciato. In quest’esteticaleopardiana lo spazio è ladinamica dell’amore, mentreil tempo è la condizione

ontologica, ladeterminazione dell’alterità.Tempo: da un lato esso è lafigura piùadeguata, l’espressione piùferoce della natura. Lacrudeltàdellanaturasispiegasulritmodeltempoelaveritàsiannullaneltempo.Iltempoliquidaognipretesadiverità,di bellezza, di vita. Da unaltro lato, è dunque controquesta dimensione di un

tempo che fugge—è controdiessachedevedeterminarsila dimensione del tempo checostituisce. Il tempo dell’attopoetico, il tempo del fareetico, il tempodell’accumulazione critica diun’alternativa contro ladisperazione della natura. Iltempo ci radica altrove, è ilnostrotempo,lasuaintensità,tempo della vita, contro lenullificanti variazioni

temporali del progresso, deicieli, della natura. Il tempovero è il rinchiudersi su sestessi, sulla volontà diesprimere la potenza diuna liberazione eticanecessaria.8 Lo schematismodellaragioneetica,cheancheda questo punto di vista puòaprirsi ed essere considerato,è dunque un avanzare dellacoscienza fra le articolazionidel tempo ontologico, un

renderle più potenti eprogettuali, dar loro lapossibilità di distendersivigorosamente.Iltempoeticodi questa estetica dellacoscienza soggettiva è unadimensione creativa, perchéaltra,radicalmentealternativae bella. La temporalitàdell’immaginazione, ossiadell’illusionevera,decollasuquesto punto della coscienzaontologica.Iltempoètramite

di essere, costituzione delmondo, speranza che sirealizza—poichédiluisce lacoscienza nel mondo.L’insieme di potenze chequest’articolazionespaziotemporale delmovimento della coscienzamette in atto sul livellosensibile è decisamentestraordinario. Ma quello chepiù importa è chiarire comequesto schema sia

antidialettico eantirazionalistico, in ognisensoeinognimodo.Nondinegazione e superamento,infatti, qui si parla, non direalizzazionediunaqualsiasiascosa finalità della natura odell’essere — bensì,al contrario, qui si costruisceantagonismo e si cerca unregola costitutiva perun’alternativa radicale. Siintrecciano le forze dello

spirito nella definizione diquest’alternativa vitale.Un’alternativa che vuolepercorrere tutto l’essere, chevuoleridefinirnepoeticamente tuttele dimensioni. Loschematismo della ragioneetica è poetico, è costruttivo,èalternativo.

Nel definire questoprofilo teorico della critica,nel punto più alto del suo

esprimersi — ed insistendosulla definizionedella potenza sensibile delsoggetto poetico, sulleproiezioni dinamichedell’amore e sulla profonditàontologica dell’esperienzadel tempo — nel chiarire lacomplessità del processoschematico che segue daqueste premesse e nelcomprendere l’importanzadel tramite ontologico fra

sensibilità ed immaginazionechecosìsipone—bene,nelcompiere questo lavorooccorreavvertirechenoi,qui,siamo andati oltre ladocumentazione che ilpensiero e la poesia diLeopardi effettualmente cioffrono—nonoltre,tuttavia,l’insieme e la complessitàdelle indicazioni teoricheche dal suo pensiero e dallasua poesia promanano.

Vedremo nel prossimocapitolo, infatti, come alcunedelle tendenze teorichequi descritte venganorealizzandosi sull’altissimolivellopoeticodellaGinestra.Ci sia comunque quipermesso di approfondire uncapitolo di storia dellametafisicaeuropeanelsecolodecimonono — un capitoloche, se non è direttamenteincluso nel pensiero di

Leopardi, pure qui èampiamente accennato: il«provinciale», il «marginale»Leopardiesprimeinfatti,nellasua poesia, un passaggiocentrale del pensiero critico,antidialettico della filosofiaeuropea. Ed è interessante,soprattutto, coglierne eseguirne la potenza, qui, inquesta fase matura del suopensiero,doveappunto,dopoavercriticatonellospiritodel

pensiero negativo ognidialetto dell’illusionemondana, Leopardicomincia a percorrere uncammino costruttivo —traendo da una radicalealternativa ontologica l'indicazione di una radicaleriforma dello spirito. Lamorteprematurainterromperàquesto sviluppo del pensieroleopardiano. Ci sia dunquequi permesso di

schematizzare, brevemente,un capitolo di storia dellametafisica.

Ora, la dialetticarappresenta la filosofia comerazionalismo assoluto e lametafisica come scienzadell’effettualità storica. Ilmondo è unificato in undestino razionale. L’enormeimportanza della dialettica èconsistita, all’inizio delsecolo decimo-nono, nel

riorientare il pensieromoderno, togliendolo allacrisi seguita alla rivoluzionefrancese e al trionfodell’universalismocosmopoliticoed enciclopedico nell’epocanapoleonica. La dialetticamedia la storicità, e la suaassolutezza e le suedifferenze, nell’unitàcomplessa, articolata, mobiledel pensiero razionale ericonduce le astrazioni verso

le istituzioni del sapere e delpotere. La funzione delpensiero dialettico èrestaurativa — anche se,nella sua plasticità, esso safarsi strumento di posizioniprogressive. Comunque, ilpensiero dialettico procedeattraverso negazioni,superamenti e sublimazioni,che conducono la realtà e lasua rigogliosa vita dentro unquadrodicontrollo,realistico

e sicuro. L’orizzonte delladialettica è la totalità, il suoorizzonteèamministrativo, ilsuo stile ragionevole epaternalista. Abbiamo giàricordato come il pensierodialettico sia figlio legittimodel kantismo e come la suacullasiail trascendentalismo,da cui esso nasce attraversoun’operazione teorica cheselettivamente accentual’importanza dell’analitica

trascendentale—dicontroalcammino teorico che portadall’estetica trascendentalealla teoriadell’immaginazioneproduttiva.Quidobbiamooravedere come nascanoopposizioni non tantoneiconfrontidellagenesimapiuttosto nei confronti delquadro teorico conclusivo eprogettualedelladialettica.Ecome il pensiero e la poesia

diLeopardisiopponganonontanto all’origine — chequesto comunque avvenga,pur nella recezione delproblemadialettico,e inqualforte misura, abbiamoampiamente visto — quantoall’insieme del pensierodialettico,allacategoriadellatotalità ed alla smaniarestaurativa diquell’ideologia metafisica.Una prima, generale linea

alternativa nei confronti delpensiero dialettico, meglio,contro di esso, nel corso delsecolo decimonono, siorganizza e si articola, interminifortemente irrazionalistici,attornoatutteleposizionichenon ritengono possibileriformulare l’ordine dellasensibilitàsecondounalogicarazionalistica, fermorestandocheilmondodellasensibilità

non ha una consistenzaontologica ma solofenomenica. Da Hamann aSchopenhauer, dal secondoSchelling allo spiritualismomachista, la logica dialetticaha subito quest’attacco —spesso il nomediLeopardi èstato,apartiredaDeSanctis,allegato a quello diSchopenhauer e a questacorrente antidialettica.9Ma quest’accostamento è

improprio: se è infatti veroche le ragioni dell’ordinesensibile sonoopposte sia daSchopenhauer cheda Leopardi all’incederetotalizzante della dialettica,pure Leopardi non accedemai al fenomenismo. Larealtà del mondo nonsvanisceinLeopardi, l’esserenon si autodissolve. L’esseresiopponenonnegativamente,bensì positivamente,

eticamente, alternativo, alnulla del divenire dellanatura. Leopardi potrebbe ineffetti rivolgere aSchopenhauer lo stessorimprovero che quest’ultimoinnalza nei confronti deifilosofi dialettici: essere,attraverso l’unità delfondamento, annullata laspecificità, la concretezza,l’irriducibilitàdelsensibile.Ilnulla schopenhaueriano si

costituisce in paradossalerovescio dell’assolutezzadello spirito.10 Leopardiattraversa invece il nulladell’essere per riconquistarein questa luce la ragionedell’antagonismo critico. Èmolto importante sottolinearela profonditàdell’opposizionefraontologiae fenomenismo: in Leopardila concezione dell’essere èantidialettica perché la

dialettica tenta di sottoporread unità indifferenziata ledeterminazioni irriducibilidella sensibilità edell’immediatezza etica —per tal via riduce tutto afenomeno di un sostratoprofondo. Νσ, in Leopardil’irriducibilesensibileesisteesi situa sul proscenio. Ildolore, l’immediatezza delrifiuto, in Leopardi, nonannullano il soggetto bensì

locostruiscono.Leopardinonfa dunque parte della lineascho-penhaueriana diresistenza all’egemoniadialettica. Se egli aderiscealla pulsione critica neiconfronti del razionalismodialettico che percorre ilsecolo, lo fa in nome delladifesa della particolarità, delrealismodellepassioni,emaisullafalsarigadiunascetismodel fenomeno,

dell’insussistenza, o peggiodell’assenza, dell’essere.Unaseconda linea alternativa alpensiero dialettico è quellache, nel secolo decimonono,si collega agli sviluppidi sinistra della scuolahegeliana. Quello che qui èsottoposto a critica non ètanto il razionalismodialettico come tale, quantoil fatto che attraverso un usoparticolare di questo

strumento la critica vienetrasformata in apologiadell’effettualità naturale estorica.11 È fuori dubbio cheper molti aspetti il pensierodi Leopardi si apparenta alletendenze demistificatoriedelle scuole di sinistrahegeliana.Viè in tuttiquestiautori,comeinLeopardi,unaviolentissima pulsione criticache deriva direttamente dallatradizione rivoluzionaria dei

Lumi. Vi è, in quegliautoridella sinistrahegelianacome in Leopardi, unarticolarsi e uno svolgersi diposizioni materialistiche eateistiche cherendono talvolta, malgradol’enormedistanzaambientale,analoghi i cammini critici.Permangono comunquedifferenze essenziali. InLeopardi, in effetti, latendenzademistificatoria non

sichiudemaisulterrenodellostoricismo, mentre, nellasinistra hegeliana, il terrenodi riferimento è comunque efondamentalmentequello definito da un certoumanesimo storicistico. InLeopardi, il percorso criticoconduce invece sempre ilpensiero verso un’aperturametafisica. Metafisica controstoricismo,potremmodunquedireinquestocaso,comegià

abbiamo detto: ontologiacontro fenomenismo, nelconsiderare il rapportoSchopenhauer-Leopardi. Unaterza linea alternativa alpensiero dialettico corre ilsecolo decimonono: è quelladel pensiero dellasingolarità, dellarivendicazionedell’assolutezza tragicadell’esistenza. Kierkegaardrappresentalapiùeminentee

viva posizione suquesto terreno.12 Ora,l’insistenzasull’essereesullasingolaritàdellacoscienza, laprotesta contro ognioperazione che vogliamanipolare l’ordine dellasensibilità e l’orizzonte eticoimmediato, sonocomportamenti teorici cheaccomunano le posizioniesistenzialistiche e quelleleopardiane.13Eppure,aldilà

di questa protesta, cheradicaledifferenza!Tantopiùevidente quanto più siperviene ad analizzare ilpensiero leopardianoequellokierkegaardiano sui nucleiforti del loro rassomigliare:sono entrambi pensieriontologici, a forte pregnanzametafisica, ma l’uno èspirituale e spinge la criticadella trascendentalità verso iltrascendente, l’altro è

rigorosamente materialistico.La singolarità si chiamagrazia in Kierkegaard e casoin Leopardi. E ancorapotremmo continuare...Riassumiamo, invece. I treelementi che avvicinanoLeopardi alle correntifilosofiche antidialettichedel secolo decimonono nontolgono originalità mapiuttosto approfondisconoquella del pensiero

leopardiano.All’irrazionalismo, al sensodella demistificazione, alpiacere della singolarità,Leopardi coniuga infatti unaforte disposizione metafisicaper un’ontologiamaterialistica. È dentroquesto quadro che Leopardicostruisce una posizionestorica, antidialettica,assolutamente originale—e,secondo me, fortissima. Il

razionalismo assolutodel pensiero dialettico non èinfatti attaccato da Leopardisolo come presunzionerazionalistica, come funzioneapologetica e come tendenzatotalitaria: esso è scardinatoladdove si mostrano la suainsussistenza e la suainsignificanza a fronte delledeterminazioni materialidell’esistenza, dellaproduzione e della

riproduzione dell’uomo edell’essere intero. È dentroquesta complessità diarticolazionichelaprotestadiLeopardi divieneun’autonoma posizionemetafisica e chel’antagonismodell’illusione vera si collocainunorizzonteontologico.

Riprendiamo allora, aquesto punto, il nostrocapitolo di storia della

filosofia dell’Ottocento inun’altra visuale. E cioètentando di comprendere sequeste posizioni, tendenze,filosofie,chesioppongonoalrazionalismodialettico,siano,e in che misura, attrezzatenonsolonellacriticadeisuoieffetti ma anche nellacapacità di sostituirne imeccanismi costruttivi.Poiché,infatti,ilrazionalismodialettico è pensiero

eccezionalmente,prepotentemente costruttivo.Esso realizza,dell’illuminismo, lo spiritoenciclopedico e costruttivo,mentre ne lascia cadere ilfermento etico erivoluzionàrio. L’idealismodialettico ci presenta unmondo mistificato e falso,non perciò meno efficace ecrudele: il mondo in cuiviviamo come mondo

necessario. La grandezza delpensiero dialettico consistenell’aver trasformatoin macchina apologeticaquella critica dellaconoscenza e dei valori chenell’etàdeiLumis’eravenutaformando comemacchina daguerra: ora, alla mera efunzionale esaltazione dellamacchina,dellasuaefficacia,è sacrificato ogni criterio diselezione, di verifica, di

giudizio. La critica vieneutilizzata come base di unprogetto di pura e sempliceapologia del reale — nonun’apologiastatica,bensìunacontinua produzionedell’effettualità, un continuobagno nella realtà data— inquanto data. Come sioppongono a questa capacitàcostruttiva, e alla suaspinta egemonica, le correntiantirazionalisticheeingenere

antidialettiche?Nélefilosofieschopenhaueriane né lecorrenti esistenzialistiche sipongono il problema: laprotesta si fissa sulbordo dell’essere, sicompiace della propriapurezza, rinuncia alla lotta.Bendiversaèlacollocazioneche, in questo quadro,assumelacriticadellasinistrahegeliana. Qui, spesso, lacritica sovvertitrice e

demistificante cerca diridefinire un contestoproduttivoapartiredalqualeun mondo di verità possaessere costruito. La forzaproduttiva che suquest’orizzonte si definisce,e l’autonomia ontologicadella sua fondazione,rappresentano spesso unaprecisaefortealternativaallaproposta dellamacchina dialettica. Ma fino

a che punto quest’alternativariesce a dispiegarsi? E ilcontenuto di utopia chespesso caratterizzaqueste impostazioni, nonrischia di limitarel’importanza dellosforzo? Insomma, nellasinistra hegeliana, ilpassaggio ad unprogetto costruttivo, qualoraesso si sganci dallostoricismo,sigiocaspessofra

la vanità di un progettoutopico e la genericità diposizioni puramente critiche.La potenza dell’alternativa èspesso allusa ma, comegiustamenteNietzscheebbeadenunciare a proposito dellasinistra hegeliana, non riescea farsi soggetto.14 Orbene, èproprio su questo snodo chela pulsione ontologica delpensierodiLeopardisilibera:nel fare della critica un

soggetto, un soggettoseparato, aperto e produttivo.Vediamo come ciò avviene.Abbiamo fin qui chiamato ilformarsi di questasoggettività l’evento dellacritica.Da vari punti di vistaabbiamo considerato cometutte le curvature critiche delpensiero di Leopardiconfluisserosuquestosnodo.Ma non basta. La funzionecritica non è solamente un

elemento formale —l’elementoformalecostruiscele condizioni dellasoggettività e della suapotenza critica, ma deveessereportatoadattualità.Ladinamica dell’attualizzazionedella soggettività poetica,dell’evento critico, è inLeopardisintesidituttoilsuopensiero. Eccoci dunquein grado di vedere come ilrovesciamento tragico del

conflittomorale e la protestacontro la morte si articolinocon la fermezza dellaposizione etica, e come tuttoquesto tenda a risolversiin una serie di processischematici di costituzioneimmaginativa dell’essere.Leopardi, dal nulla, dalladenuncia della morte,passa all’affermazione dellanecessità della resistenza edalla definizione di un

percorso dell’immaginazione— tali da produrreun soggetto. Questasoggettivitàpoeticaèpotente.Ne raccoglie, Leopardi, lasperanza, nella storia dellaletteratura e della filosofiaitaliane.Là,fraMachiavellieGalilei, vede uno deiluoghi privilegiati dellalingua, e di un pensieroadeguato — nei quali unasoggettività all’altezza del

compito della redenzionedello spirito si era forse, eavrebbe comunque, potutoformarsi.15 Non basta:Leopardi si pone, non deltutto inconsapevolmente, alivello della polemicafilosofica europea — eglitessequelfiloalternativoche,dalla documentazione dellasensibilità, portaall’affermazione del poteredell’immaginazione, ma fa

questocomprendendo tutte lecontingenze del processocritico e spingendole verso ilcuore dell’essere. Lasoggettività nasce dentroquesto processo continuo,dentro questa relazioneintenzionale efenomenologicachestringeilsaperesoggettivonellaretedirifiuti e negazioni cheproduce. Una fenomenologiacostitutiva. Una ripresa della

filosofiadeiLumiedellasuanetta impostazionee tensioneetica, come strumento criticoe produttivo per eccellenza.Larotturaconladialetticaeilrazionalismo è in Leoparditentativo di costruiresoggettività: soggettivitàmateriale, attraversamentodelle condizioni determinatedell’esistenza,imputazionedidirezione e di sussistenza.Quando si parla

di soggettività si parladell’agire.InLeopardil’agirepoetico costituisce l’essere.L’agire poetico è lasoggettivitàchepone l’esseredavanti a sé. Non allamanieraidealistica,bensìallamanieramaterialistica:ecioè,confrontando il soggetto e lecondizioni dell’esistenza escorgendo il concerto, ilrapporto come condizioni diuna lotta continuamente

aperta,continuamente riproposta. LafilosofiadeiLumi (e la forzadi discriminazioni praticheche inessavive)è ripresadaLeopardi nell’ambitodi un’impostazionepostdialettica. Il criticismo èripreso da Leopardi,anch’esso, come punto divista post dialettico. Ma iltutto è sintetizzato in unasoggettività esemplare ed

estremache è il farepoetico,ilfarecritico,suimarginidelnulla, ormai contro il nulla.Leopardi rompe lo sviluppodella filosofiaeuropea dell’Ottocento nellamisuraincuiriprendelaforzacostruttiva della macchinadialettica, rovesciandone ilfunzionamento.Non rimettendola in piedi(come altri pretendeva) mamettendola a confronto

dell’essere, del nulla, delcostruire la determinazione.Questa potenza del negativo,nella sua propria potenzaed autonomia, questo balenodi autovalorizzazione, dentroledimensioniesuiritmidellacatastrofe — è questo ilLeopardi che si insedia nellastoria della filosofia europeadell’Ottocento.16

14.L'eticocomefondamento

L’eticoèilrovesciamentoa fronte del nulla, è l’agirecome seguito dellaseparazione dalla dialetticadel nulla, come insistenza suuna regione altra dell’essere.Laprecarietàteoricadiquestofondamentofapartedellasuanatura — dell’esposizioneche esso subisce, all’intera

tragica dinamica dell’essere— ma non perciò questofondamento è meno reale.Abbiamo visto come nei duecantidell’inverno1834-1835,Sopra un basso rilievoe Sopra il ritratto, Leopardisia venuto ponendo alcunepremesse di unafenomenologia costitutivadell'alterità — costruendo,di contro e attraversol'antagonismo soggetto-

natura, vita-morte, una seriedi schemi di ricostruzioneformale dell’autonomiadel soggetto. Ora potremovedere svilupparsiquest’estetica trascendentaledell’etico. Diciamo«fenomenologia costitutiva»ed «estetica trascendentale»,in entrambi i casi,«dell’etico»: i due termini liassimilano comeintercambiabili, perché in

entrambi gli ambiti allusi (inquello fenomenologico comeinquelloestetico)17ciòcheèfondamentale èl’immaginazione,l’intenzionecostitutiva, e cioè quel farsiconcreto,dinamico,materialedell’evento critico, quel suotrasformarsi in potenza. Conciò, effettivamente, ilcriticismo è portato acatastrofeeilsuocorsovienedi conseguenza biforcandosi:

da un lato l’analitica dellaragione e la soluzionedialettica, totalitaria edassoluta, delle sue aporieideali; dall’altro lato, e cioèqui, su questo versanteleopardiano, il passaggiotendenziale alla sferadell’immaginazione, ad unmondo diverso, antagonisticonei confronti di quelloanalitico—all’ordineastrattoe logico di questo si oppone

un ordineconcreto, dell’immaginario edellavitaetica.Ilfondamentoetico è necessario quandol’assunzionematerialisticadelmondo riduce l’universalelogico a pura funzioneipotetica e praticadell’agire. Il fondamento èintensivo, poichél’universalità è, nell’eticamaterialistica, intensiva —certo, nozione comune, ens

nominalistico, ma altresìl’esplodere,ilbalenarediunaluce creativa che l’uomoriconosce, quand’egli —uomo — si trova adesercitare un’attività diriflessioneeticae,conciò,diidentificazione ontologica.18Quest’attività diriconoscimento etico avvienesul nulla. L’unico essere checostruiamo è quello chestrappiamo al nulla — tanto

vale per l’essere checonosciamo. Direquindi l’etico comefondamento è affermare chemanca ognifondamento assoluto e chequesta mancanza è superatasolo quando la volontàconoscitiva simette all’opera— essa è impossibile dadistruggere, solo la morte cisiprovamaconciòstesso ledà risalto, la costruttività

dello spirito si esercita suquel limite e contro quellimite, instancabile. Occorrepercorrere il nulla e opporsiassolutamente ad esso. Inquest’opposizione c’èpotenza.Unapotenzachenonnasce da profonde ed ascoseorigini: essa si configuracontestualmente nell’atto diopporsi. Poiquest’opposizione cresce,scopre le potenzialità del

tempo alternativo in cui èinsediata, e le dimensionidello spazio comunitarioalle quali è aperta. Direl’etico come fondamento èdunque esatto solo se questofondamento lo si consideracome unprocesso,assolutamenteprivodi presupposti — che sicostruisce, dentro la tragediaintera dell’essere, come unautonomoefortemomentodi

comprensione diun’alternativa possibile, diuna possibilità da realizzare.Non vi è altro essere chequestocheproduciamo.Tuttoil resto è natura, falsaillusione,schiavitùemorte.

Ora, nel periodo di pienamaturità della poeticaleopardiana, nella napoletanaprimavera del 1836, questiproblemi sono al centro diduegrandiCanti, Il tramonto

della luna eLa ginestra o ilfioredeldeserto.Fermiamocisul primo.19 La suaapertura filosofica e la suariuscita poetica sono moltomeno importanti di quantoverremo verificando nellaGinestra — ma cisembra utile considerare IItramontodellalunacomeunapremessa essenziale delsuccessivo Canto. Essenzialea definire il tessuto tragico,

antagonistico, della criticaleopardiana. Il tramontodellalunasonoquattrostrofeche articolano un’ipotesilogica sulla vita e la morte.«Quale in notte solinga / ...Scendelaluna;esiscolorailmondo; / Spariscon l’ombre,eduna/Oscuritàlavalleeilmonte imbruna; / Orba lanotteresta»(vv.1e12-15)— «Tal si dilegua, e tale /Lascia l’età mortale / La

giovinezza» (vv. 20-22). Lasimilitudine ha la forza diun’iscrizione classica e contaleforzaesponelarotturadiogni idea unitaria dellanatura. Raccoglie sullagiovinezzal’illusionevera—peropporlaall’illusionefalsa,alla vecchiezza, alla morte.«In fuga / Van l’ombre e lesembianze / Dei dilettosiinganni; e vengon meno /Le lontane speranze, / Ove

s’appoggialamortainatura. /Abbandonata, oscura / Restala vita» (w. 22-28).L’asimmetriadel tempodellavita, la differenza del tempodellagioventùdaquellodellavecchiaia — si proiettanoquesti stacchi sulle grandiprospettive metafisiche delpoetare leopardiano. Questotramonto della luna vale unadiscesaagliinferi:èlamorte,il suo avvicinarsi, che qui

illumina la vita. Sarcastica èla risposta alla percezionedella crisi, alla coscienzadella tragedia — fortissimoè l’evento antagonistico, neltono dell’invettiva: «Troppofelice e lieta / Nostra miserasorte / Parve lassù, se ilgiovanile stato, / Ove ogniben di mille pene è frutto, /Durasse tutto della vita ilcorso» (w. 34-38). Eccodunque il fondamento etico

della critica, del tuttoespresso,rivelato:lamorte,ilcorrere del tempo e il fatonaturale sono la legge, — aquesto fato non ci si sottrae—madaessolacoscienzapuòliberarsi.Èquestoattodiliberazione, sotto l’ombraferoce dell’impossibilità divivere la tragediadelmondo,èquestoattochedeveesserecolto, come fondamentoetico. Quando la bella

giovinezza se ne va, la vitarestavedova:lamorte,sololamorte, neppure la ciclicitàdella vicenda naturale ed ilripetersi dei giorni e dellestagioni, neppure questo èconcesso all’uomo. Che purpossiede, tuttavia, unasuperioreformadelsapere—in questa situazione sidanno l’evento critico, lostrappo etico, l'alteritàontologica.IlCantoèprivodi

gentilezza, ha uno spessorestilistico dubbio,talora addirittura inclina alpedagogico. Non par perògiusto considerare questavena poetica come semplicefaticosa ripetizione, in effettiesperienza già consumatanegli Idilli recanatesi.20 Inrealtà, quello che quicogliamo, è un passaggiocritico essenziale: il concettodi natura si è scisso, è stato

attraversato dalla catastrofe eci ha lasciato davantigiovinezza e vecchiaia, unapolarità di valori,un’alternativadefinitivamenteaperta.NelprimoLeopardilagiovinezza è produzione eredenzione della natura:qui la giovinezza ècostituzione di un altrotempo,èvitacontrolamorte,èvitacontronatura.Lanaturaè obiettivata, non

come sfondo, nonstaticamente, ma davanti,contro il soggetto.Ladisperazionedell’esserelasi respira qui come contrastodiunamossaantagonisticadiliberazione.

Perveniamo così ad unpunto centrale dellacostruzione leopardiana dellaprospettiva metafisica e nerileggiamolagenesi.Inprimoluogo abbiamo una completa

e radicale revisionedel concetto di natura. Essanonsipresentacomeessenzaunitariama,immediatamente,come scissione: essa è unamaschera della vicendadell’essere, è coinvolta nellacatastrofe che ne costituiscel’essenza. E estremamenteimportante questopassaggio: ricordiamo infattiquanto il concetto di naturasiastatolavoratodaLeopardi

e come, in un susseguirsicontinuo di passaggi, esso sisia trasformato da limiteinterno della trama delsenso fino ad una dura enegativa figura,autosussistente — edalla rappresentazionepessimistica di questa nelleOperette alla attualedefinizione, a questa feroceestremafiguradellascissione.Alcunidiquestipassaggiedi

queste definizioni noipossiamo certo riferirli allacultura dei Lumi;21 mal’importanza e l’intensità diquesti riferimenti e di questefonti nontoglieranno l’autenticità e laforza innovativa dellosviluppo concettualee filosofico del Leopardi. Ilcammino è, in questa suasingolarità, di incredibilemodernità — ci mette di

fronte al concetto di naturacomeaduncontestodivalorialternatividadiscriminare.Lanatura è qualcosa di scisso,quindi un terreno di scelte,alle quali siamo spinti,meglio, costretti, dallapossibilità di distruzione e dimorte che nella natura ècomunque implicata. Latragedia, e solo la tragedia,nutre il pensiero, el’importanza

etica dell’approccio. Insecondo luogo, dinanzi allanatura si erge l'immaginedelsoggetto.Anch’essoèvenutocostruendosi in manieraoriginale nel pensiero diLeopardi e attraverso la suapoetica. Anch’esso è statospessoconfusofradimensionieroiche e determinazionisensistiche, poi, a mano amano, s’è ricostruito fra laconcezione del dolore e il

sentimento del nulla. Fino alpassaggio costitutivo che oracominciamo a verificare: fraevento critico (e cioèriconoscimento di unostrappo conoscitivo, contro ilnulla nel quale rischia diaffogare lo spirito) e un attoetico — uno strappocostruttivo, la ricerca nonsoloditogliersialnullamadicostituire su questaseparazione lo schema

dell'immaginazioneontologica. Eccoci quindi alterzo puntodella ricostruzioneleopardianadiunaprospettivametafisica. L’antagonismonatura-soggetto è dinamico,aperto, perché è rotto duevolte:unaprimasullatodellanatura, fra positivo enegativo, fra la vita e lamorte, fra giovinezza evecchiaia, in una serie di

alternative radicali di valore;una seconda sul lato delsoggetto, che simuove fra ilnulla e l’essere dellacoscienza,ecercalavitaesiopponeallamorte.Ecercadicomprendere il rapporto frase stesso e la natura nellacomplessità delleesclusioni, delle alternative,delle scelteetichechequestorapporto comporta.L’ontologia non potrebbe

essere meglio indicata inLeopardi: ontologia, comeselezione faticosa di untessuto vero, nel-l’inconclusivitàdellavorosulfondamento, nella continuaimpulsione che si subiscedalla potenza dell’essere. Èben effettivo, anche se pernulla progressivo, questonostro strappare al nullal’esistente, e lentamente macongrandeforzadipanarloin

coscienza, in soggettività, inmondo. Metafisica dellacostituzione.

La ginestra o il fiore deldeserto22 è il cantoleopardiano del dipanarsidell’essere e della nuovadefinizione del rapportofra soggetto e mondo. È uncantoriassuntivodimoltideitemi leopardianieconclusivodeldiscorsofinquicondotto.Dire ciò è dire che, al di là

dell’importante meccanismodi autoreferenza interna alcorpo dei Canti,all’intenzionalità poetica chetuttilipercorre,diripetizioneediapprofondimentotematici—aldi làdi tuttoquestoLaginestra presentacaratteristiche filosofiche diconclusività. Questaconclusivitànonvaletantoinriferimento alla genesi deitemi del Canto, quanto in

riferimento al nuovoorizzonte di verità che qui ècostruito. Non che manchinoreferenze interne alprecedente sviluppo poetico:anzi, sono presenti inabbondanza!23 Bastisottolineare i temi piùvistosi, solamenteaffastellandoli: la nostalgiaper Roma («la cittade / Laqual fu donna de’mortali untempo» — vv. 9-10), i

deserti («Odorata ginestra, /Contenta dei deserti» — vv.6-7;«alcielo/Didolcissimoodor mandi un profumo, /Che il deserto consola» —vv. 35-37), il tema dellacatastrofe del tempo e dellanatura(w.45-48,202-236),ilsarcasmo antiprogressista eantirisorgimentale dellacitazione «Le magnifichesortieprogressive»delv.51,cuiseguel’invettivacontroil

«Secol superbo e sciocco»(w. 52-58) e la motivazionedel rifiutoetico(w.59-77),epoil’immersionenegliinfinitimondi e l’emozionemetafisica che ne segue (vv.167-172, 172-184 ecc.) —infine l’eroica apologia di sestesso (vv. 305-306). Bene,queste referenze ilcui semplice elenco vale aimmettercinellacontinuitàdiunpotentissimofluirepoetico

e sollecita l’immaginazioneagodere di quel passato lirico— queste referenze, dunque,sonoquifuse,concluseinunnuovo sentire. È sempre inqualche modo imbarazzantedire dell’ultimo canto di unpoeta, che di lì a pocoscomparirà alla terra: questocantoèconclusivo.Quell’attocasuale e crudele che è lamorte sembra così, dallanostra fragile interpretazione,

reso ad una dimensionerazionale — v’è quasigiustizia nella mortequand’essasegueadunacosìenorme esplosione poetica!Nonèquanto stodicendo—e quest’umorismo macabroche vorrebbe la razionalitàappiattita sulla piùbrutale effettualità, lo lasciovolentieri ai filosofi delladialettica.LaconclusivitàcheinquestaGinestra io trovo è

qualche cosa di diverso dallaconclusività di un discorsocontinuo: è piuttosto unsalto, un’innovazione, l’attocreativo di un nuovoequilibrio metafisico.L’indubbia continuitàtematica è introdotta in unanuova struttura e, dentroquesta struttura, piegata adun’operazione diinnovazione. Lo vedremopresto, analizzando La

ginestrapasso passo. Per orabasti, introduttivamente,considerare l’andamento delCanto e riconoscere, già dauno scorcio superficiale,l’articolarsidi continuitàediinnovazione e l’indubbiaprevalenza dell’ultima. Ora,La ginestra è composta disette grandi strofe. Le primetrecostruisconoedelaborano,in un formidabile crescendo,la domanda filosofica sul

soggetto dellatrasformazione storica. Dopoessersi definita comequestione sull’essere econfrontatacon il secoloe latradizione dei Lumi, nellaterza strofa— che senz’altrorappresenta un momentoaltissimo e comunquefortemente innovativo nelpensiero di Leopardi — ladomanda ontologica siimmerge nella prassi ed

assume questa comeorizzonte esclusivo,costitutivodelvero.Questaèla novità, il tono e il climadell’innovazione. Nellesuccessive tre strofe (dallaquarta alla sesta) i vecchitemi vengono ripresi.Essivalgonodacontrappuntoespositivo: il temadell’infinito e, d’altra parte,quello della ricordanzasbalzano l’un sull’altro, il

tema dell’umana miseria siconfronta con quello deltempo, della sua vanità edell’esperienza alternativa.Dunque, dopo che le primetre strofe avevanorappresentato un’impennatateoricopoetica straordinaria,queste seconde tre stroferappresentano invece unaspecie di linea distabilizzazione, un terreno disperimentazione nella prassi,

nelcorsodellaqualelospiritosi rafforza. Finché, nellasettima ed ultima strofa,l’apologia di se stesso portal’innovazione ontologicaall’interno del canto,espressione diretta dellasoggettività sulla scenametafisica del mondo. Conquale enorme forza si svolgedunque la ricerca in questocanto! Con che maturitàlirica, tradizione ed

innovazione vengonocongiunte, ancheformalmente,inuncontinuoeappropriato contrappuntostilistico!

Ma basta con questeformalistiche annotazioni:ora, per ben comprendere eper arrivare alla sorgente diquesto cantare leopardiano,dobbiamoseguirelavocechepenetra a poco apoco, lentamente, l’essere—

seguire la determinazionecosì come le inflessionidellavoce. Il Canto si apre sulconfronto:laginestraodorata,contenta, dinanzi al deserto,alla mina. «Qui su l’aridaschiena / Del formidabilmonte/SterminatorVesevo,/La qual null’altro allegraarbor né fiore, / Tuoi cespisolitari intorno spargi, /Odorata ginestra, / Contentadei deserti» (w. 1-7). Poi il

richiamo di Roma, poil’immagine di questa naturaimpietrita dalla lava, poiancora il ricordo della bellaciviltà e il vulcano e lasubitanea distruzione. «Ortutto intero / Una minainvolve;/Ovetusiedi,ofiorgentile, e quasi / I dannialtrui commiserando, al cielo/ Di dolcissimo odor mandiun profumo, / Che il desertoconsola» (w. 32-37). La

natura e la storia sonoschiacciate nel confronto frarovina del paesaggio evita della ginestra. La vitadella ginestra è precariaquant’altremai,maèreale,èvera. D’altro lato: natura estoria, detriti terribili di unarovina o intercorsa opossibile. «Dipinte in questerive /Sondell’umanagente /LE MAGNIFICHE SORTI E

PROGRESSIVE»24 (w. 49-51): il

sarcasmo può dire lapesantezza della rovina afronte di ogni illusione, afronte di ogni tentativodi mistificare il reale.Conosciamo questi temisarcastici, e quanto soventeessi si siano presentati inquesto periodo dipoesia leopardiana non c’èsfuggito: ora, la violenzasarcastica è per così direplacata,e lasuafunzionequi

non è tanto innovativa, èpiuttosto dimostrativa. Inrealtà, nella prima strofa deLa ginestra (w. 1-51),Leopardi pone un problemache è anche una specie diriepilogo della propria vitafilosofica — donde losvolgersi, nelle maglie diquest’altissima lirica, diun’epicaontologica.Naturaestoria, cioè le grandi figuredell’ontologia, si pongono

subito dentro un ritmo chenon è lineare, che non sisviluppa in serie analoghe,che procede bensìsecondo momenti dicontrapposizione e scontro,logico, morale e politico.Anchelamemoriasisviluppaimplicando gli elementistoricamente contrapposti.Insomma,l’aperturapoeticaèloscontro,latragedia.Naturae storia sono definitivamente

scisse e la scissione è lastruttura del poema. Laginestra è il soggetto, è lostessoLeopardichedomanda— il Vesuvio è il mondo,in un’estremarappresentazione, universofantastico e mondo interioredella poesia leopardianapassata, insieme di lasciti edi detriti su quell’esperienzaglobale, un mondo dasottoporre ad analisi, una

scena sulla quale siaccumulano la crisi el’attuale polarità dellascissione — un mondoprefigurato da quanto siamovenuti liricamente emetafisicamente vivendo.Ora, inquestaprimastrofasiaccenna,quellocheilseguitodel canto prova: e cioè chedentro questo contrasto frasoggettoestoria,frapsicheenatura, non si dà sintesi; ma

qui verrà comunqueformandosi un metodo, unatensione,dicontinuoscambiofra realtà e immaginazione,un tentativo di immersionedel soggetto nel mondo, nonper risolvere la crisi ma perplasmare la potenza delsoggetto. La prima strofa deLa ginestra pone così ilproblema del rapporto frasoggetto e storia/natura intermini estremi. La scissione

è consolidata. È su questoterreno che bisognacomprenderecomeilsoggettopossa svolgere il compitodell’immaginazionetrascendentale: passare cioèdalla sofferenza dellaseparazione alla coscienzadella costituzione — allasingolare gioia di questo attosolitario e materialmentecostruttivo. Ma per svolgerequesto compito è necessario

storicizzare, determinare ilproblemadentrolaspecificitàdelsecolo,delclimaculturalee della particolarità deldibattito. La seconda strofa(vv. 52-86) è a ciò dedicata.Contro le illusioni del secolosoloilveropuòpermettercidirisorgere. Non si puòabbandonare il camminodel vero. Risorgimento èteneraltoillumedellaverità.«Quimiraequitispecchia,/

Secol superbo e sciocco, /Cheilcalleinsinoallora/Dalrisortopensiersegnatoinnanti/ Abbandonasti, e voltiaddietroipassi,/Delritornarti vanti, / E procedereil chiami» (vv. 52-58). È, népiù né meno, unarivendicazione dei Lumi,quellacuiquiassistiamo.DeiLumi nell’accezioneleopardiana: come filosofiamaterialistica, sensistica,

radicale. Non si può chiederlibertàquandoilpensierononè libero, non si può —soprattutto se intellettuali —vigliaccamente sfuggire aldovere del conoscerematerialistico. «Libertà vaisognando,eservoauntempo/Vuoidinuovoilpensiero, /Sol per cui risorgemmo /Dalla barbarie in parte, e percuisolo/Sicresceinciviltà,che sola in meglio / Guida i

pubblici fati. / Cosìtispiacqueilvero/Dell’asprasorte e del depresso loco /Chenatura ci dié.Perquestoil tergo / Vigliaccamenterivolgesti al lume /Che il fepalese; e, fuggitivo, appelli /Vii chi lui segue, e solo /Magnanimo colui / Che seschernendo o gli altri,astuto o folle, / Fin sopra gliastri il mortai grado estolle»(vv. 72-86). Il dovere del

materialismo: non è quellodella rassegnazione, menochemai,tuttavia,quellodellamistificazione — è inveceil realistico riconoscimentodella condizionemortale e laforza di procedere in essa,contro di essa, armati delvero, organizzati nella verità.Eccocosìriportatoildrammafisico e metafisico dellaginestra e del Vesuvio alladimensione etica

elementare. In questorovesciarsi del metafisiconell’etico, inquestosvolgersicontinuodiunfiloontologicoche percorre la tragediadellanaturaedellastoria,noipossiamoquiriconoscereunodei più alti livelli dellafilosofia leopardiana — nonbisognava dunque attenderele contemporanee filosofiedellacrisipervederunificatol’orizzonte della filosofia

dentrol’esperienzadell’etico!È così preparata la grandemossa ontologica della terzastrofa (w. 87-157). Unamossa che è prevista e, inqualche modo, giàsperimentata nel periodonapoletano, della qualeabbiamo parlato ogni voltache abbiamo considerato loschematismo della ragioneetica,lasuanuovascopertaerifondazione, come il

passaggio fondamentale diquesto periodo. Il soggettotendeoraversolacollettività.La separazione si costruisce,si autovalorizza. Il limitediviene verità. Questo è ilpuntodigrandenovitàdeLaginestra, un punto sul qualetutto il canto si condensa,proponendo la sua forzacomplessiva. «Fetidoorgoglio», stoltezza, empietàe malignità è il desiderio di

risolvere unitariamente,dialetticamente, il rapportofrasoggettoestoriaenatura.Dobbiamo invece partiredalla separazione sapendoladefinitiva.Ilsuosuperamentoè solo materiale. «Nobilnatura è quella / Chea sollevar s’ardisce / Gliocchi mortali incontra / Alcomun fato,echecon francalingua, / Nulla al verdetraendo, / Confessa il mal

che ci fu dato in sorte, /E ilbasso stato e frale; /Quella che grande e forte /Mostra se nel soffrir, ne gliodi e l’ire / Fraterne, ancorpiù gravi / D’ogni altrodanno,accresce/Allemiseriesue, l’uomo incolpando /Delsuo dolor, ma dà la colpa aquella/Cheveramenteèrea,che de’ mortali / È madreinparto,edinvolermatrigna./ Costei chiama inimica...»

(vv.111-126).Lavirtùnascedal riconoscimento delnemico, dall’affermazione diuna pratica solidale chepermetta divincerlo.Positivamente,nellaseparazione, nasce lacomunità etica. Dunque,«Costei chiama inimica, eincontro a questa /Congiunta esser pensando, /Siccom’è il vero, edordinatainpria/L’umanacompagnia,

/ Tutti fra se confederatiestima / Gli uomini, e tuttiabbraccia / Con vero amor,porgendo/Validaeprontaedaspettandoaita/Neglialterniperigli e nelle angosce /Della guerra comune» (w.126-135). La necessità della«guerra comune» pone lecondizionidellasolidarietàedattraverso di essa dellalibertà.25Laprassicostitutivanasce dal limite, nella

separazione — è dalriconoscimento nonmistificatodellarotturachesistendonolaricostruzioneelaforza di progettarlacontinuamente. Questoorizzonte è esclusivo, ognialtra posizione è mistificata.Quiinvece,suquestabasedinecessità, il sorgere dellacomunità si amplifica e sidistende in sentimenti diamore.Sièquivolutosentire

un richiamo alla cristianacharìtas:26 in verità, è unabenstranacharìtasquellachesuquestimaterialisticidesertipredispone macchine diguerra!No,nondicharìtassitratta certamente — qui sipuò leggere al massimo lacontinuità di quellaspinoziana materialisticaconiugazione di libertà e dinecessità, di amore e dicomunità,cheècosìconsueta

nelle correnti del pensieromaterialisticosettecentesco.27A mio avviso, però, oltre aqueste tendenze (e si vedanoinparticolareiversi147-149:«E quell’orror che primo /Contra l’empia natura /Strinse i mortali in socialcatena», doveun’interpretazionepessimistica del contrattosociale è chiaramenteproposta) — qui v’è dunque

qualcosa di più: ed èprobabilmente un’angosciadella tragedia storica, dellaguerra sociale che si vive,mai con tanta forza primad’allora attinta dal pensierofilosofico. È su questosfondo, dentro una crisiconcettuale forte e sul ritmodi una fortissima avversioneper la morte, che sicostruisce il leopardianoconcetto di amore. Esso è

compreso nel sensodella comunità — ne è unacomponente così come lalibertàneèunaltroelemento.Il collettivo è costruito inLeopardi non certo adetrimento, bensì acomplementodell’individualità: per questo,amoreelibertàsiorganizzanonel superiore sentimentodella comunità. La ginestra:canto civile, s’è detto e

ridetto.L’intera interpretazione«progressista»delLeopardièin realtà fondata sui versi126-135.28 Ed è vero cheLaginestraèuncantocivile:maè esso un canto progressista?È, secondo me, un cantosolo, disperatamenterivoluzionario. È un cantocivile contratto e irritante,disincantato e arrogante, nonèuncantoprogressistaperché

lamorteèilsuosostrato.Poil’altra faccia: dallamortenascelavita,lamorteèprimadellavitaelavitalasiconquista e la si strappa allanatura inimica, alla morteappunto. Qui vige unafilosofia dualistica, non unafilosofia dialettica. Lacomunità, dunque, si opponealla natura fino al punto dinasceredaquestoscontro.Lacomunità è il soggetto

collettivo che vienecostruendosi dentrol’orizzonte della guerra. Èprivilegio dei grandi poeti,soprattutto nelle età ditransizione(«transizione»: parola daLeopardi odiata!), riuscire afondaresullacrisi,suldolore,sul sentimento della morte,una prospettivadiricostruzione.29Quistiamovivendo intera l’efficacia di

questa mossadell’immaginazionemetafisica, e questo tantoforte rovesciamento deldisagio del tempo e questocosì violento disvelamentodella mistificazioneorganizzano la duraoperazione. Qui viviamo lacostruzione «etica» del«vero», attraverso unametafisica «contro».Comprendiamo meglio, a

questo punto, lo stessoandamentodellaprimaedellaseconda strofa: esse cidavano il disagio in formaorizzontale, trasversale,equipollente. Ora, nella terzastrofa, la forma orizzontaledel contrasto è rotta:un’asimmetria positiva sisostituisce, fora — per cosìdire — l’equipollenza, nelsenso che la comunità rivelaun privilegio ontologico e

l’amore un potenziale cherompono la rigidità e lacircolaritàdellimitenaturale.Così si spiegano il sarcasmodelle prime strofe, ma anchequellodellaPalinodiaedeglialtri carmidiquestoperiodo:perchése«gliuominivolleropiuttosto le tenebre che laluce»,30 è ben vero che laluce, la voce, la soggettività,l'amore, la comunità sonoontologicamente più reali.

Questa superiorità ontologicadella voce che chiama allacomunità è l'eccezionaleelementodinovitàdelCanto.Il vero è costruito dallacomunità nella guerra controla natura e la storia, controilfatoelaschiavitù.

Dopo che nelle prime trestrofe il cammino è percorsoconquestaforzaeconquestaprofondità ed intensità dicostruzione poetica e di

scopertafilosofica,ilsquadrosislarga:l'ontologiasidipanaintera. L’immersionenell’ontologia della prassicheilpensierodellacomunitàha permesso, consente ora aLeopardi di ripercorrere ipassaggi fondamentali dellasua cultura (e di quella delsuo secolo) e di subordinarlial suo principio, di ordinarlinella nuova materiaontologica. È una riflessione

larga, pacata pur in uncontesto drammatico,cumulativadiesperienzeediargomentazioni, una sorta diErlebnisdellatotalità,quandoper totalità si intenda ilconcreto vissuto culturalediLeopardi— tale èdunquela riflessione che si sviluppanelle strofe quarta (vv. 158-201), quinta (vv. 202-236) esesta (vv. 237-296) de Laginestra. Il fondamento etico

del pensiero, del vero, sichiarisceafrontedelconcettodi infinito,dicatastrofeedeltempo. Dentro questochiarimento è la continuariproposizione del vero comeevento critico a fronte delnulla e come costituzioneetica del soggetto. Vediamodunque, strofa dopo strofa,ragionamento doporagionamento, come si diaquesto dipanarsi

dell’ontologia. L’infinito,innanzitutto.Iltemaciènoto:essopercorretuttoilpensierodi Leopardi — dalconcetto astronomico diinfinito a quello matematico,dall’infinitamente grandeall’infinitamente piccolo, frareminiscenze classiche dellametafisica del concetto erinascimentali rinnovamentidella problematica, è unintero capitolo di storia del

pensiero occidentale quelloche Leopardi si propone dicriticare radicalmente.Poiché, se il pensierodell’infinito conduce, cometroppo spesso ha condotto,verso concezioni finalisticheo antropocentriche, essofalsifica l’esperienza e ilmondo. L’infinito inverodimostra solo la miseriadell’uomo nell’universo, lasuamicroscopicapresenza,la

sua radicale contingenza. Difronte all’orgoglio filosofico,«Non so se il riso o la pietàprevale» (v. 201) — cosìconclude la quarta strofa,sull’infinito.Ma la catastrofenon è solo pensabile sullatrama dell’infinito e dellaradicale contingenza cui irapportiumanifannocapo:lacatastrofe è qualcosache accade, un evento.L’umana contingenza non è

solo misurata sull’infinitadimensione e tensionedell’essere, ma anchedall’immediatezza e intensitàdell’eventocatastrofico.Versibellissiminarranodinuovoilvulcano e la rovina che essoproduce.DaPlinioilgiovanea Voltaire, ma non solo —ché questa catastrofe non èsolo della natura ma dellastoria e degli imperi—dunque,daMontesquieua

Gibbon a Niebuhr e, perchéno?, alla catastrofe dell'ancien régime — in questoquadrodiimmaginisicollocala descrizione leopardianadella catastrofe.31La conclusione viene, comeal solito, fissata sul terrenoetico, con una generaleriflessione sull’umanacontingenza: «Non ha naturaalseme /Dell’uompiùstimaocura/Ch’aliaformica:ese

più rara in quello / Chenell’altra è la strage, / Nonavvien ciò d’altronde / Fuorche l’uom sue prosapie hamen feconde» (w. 231-236).Nella sesta strofa, infine, iltema dell’umana contingenzaè considerato nelladimensione del tempo chescorre, ineluttabilmente.L’angoscia del contadinosulle falde del Vesuvio, chesempre, secolo dopo secolo,

si ripete. La riapparizione diPompei e la sua sinistraimmagine. Scatta poi lariflessione: «Così, dell’uomoignara e dell’etadi / Ch’eichiama antiche, e del seguirche fanno / Dopo gli avi inepoti, / Sta la natura ognorverde, anzi procede / Per sìlungo cammino / Chesembrastar.Caggionoiregniintanto, / Passan genti elinguaggi: ella noi vede: / E

l’uom d’eternità s’arroga ilvanto» (w. 289-296). Laconoscenza va dunqueriportata al limite, perché èsolo il limite chepermettedirendere concreta laconoscenza, di terri-torializzarla, di restituirlaall’uomo — come senso diradicale contingenza.Ontologiadiunacontingenzaassoluta,davantiall’infinitoealle suearticolazioni,davanti

alla catastrofe, davanti allarovinadel tempo.Ilmondoècontingenza assoluta.La ragione, se rettamenteintesa, non può condurci chea questa conclusione,continuamente ripetuta e perinfiniti versi verificata.Quindi, ogni ragione diesistenza può esser solo datadalla ragione etica, da unaragione cioè che faccia dellaradicale contingenza

dell’essere un motivo dilibertà.32

Una libertà disperata,eppurvera.LaconclusionedeLa ginestra è un capolavoroetico. «E tu, lenta ginestra, /Chediselveodorate/Questecampagne dispogliate adorni,/ Anche tu presto alla crudelpossanza / Soccomberai delsotterraneo foco, / Cheritornandoal loco/Giànoto,stenderà l’avaro lembo / Su

tuemolli foreste.Epiegherai/ Sotto il fascio mortai nonrenitente / Il tuo capoinnocente: / Ma non piegatoinsino allora indarno /Codardamente supplicandoinnanzi/Alfuturooppressor;ma non eretto / Conforsennato orgoglio inver lestelle,/Nésuldeserto,dove/Elasedee inatali /Nonpervolermaper fortunaavesti; /Ma più saggia, ma tanto /

Meno inferma dell’uom,quantolefrali/Tuestirpinoncredesti / O dal fato o da tefatte immortali» (w. 297-317). Non codardiané orgoglio, dunque, ma uncomportamento etico diresistenza e di quotidianacostruzione. È un Pascalmaterialistaquellochequestachiusura de La ginestra cipresenta, una dichiarazioneforte contro orgoglio e

codardia — dichiarazionecollocata nel tessutoontologico della prassi, anzi,perciò stesso ivi costretta,entroledimensionistoricheeculturali che il poema èvenuto definendo, criticando,innovando. Quest’ultimastrofa è un’apologia di sestesso: Leopardi fadell’innocenzaedelladignitàche questo suo discorsoesibisce il corrispettivo

soggettivo della propostaetico-metafisica che laquartastrofaavevaespresso.Cosìsidefinisce l’eticità — quiLeopardi mostra la suaadesione al progetto. Ed è dinuovocontrolanatura,senzacodardia e senza orgoglio,che il progetto si dirige el’apologiàleopardianasifissain affermazione morale.Ottimismo della volontà afronte del pessimismo della

ragione?33 No, sicuramenteno.Alcontrario:ottimismodiunaragionechecoglieilvero— non il suo splendore mauna minuta vivace capacitàproduttiva. Pessimismo dellavolontà, invece, perché essasacheilsuosforzosaràvano— utile solo a costruire lasoggettività su se stessa,verso la comunità, maanch’essa separata, senzalineari, evidenti proiezioni

nella ricostruzione delmondo. Eppure questocammino deve esserepercorso, il vero, nel suolimite, deve essere osservatoed eticamente, sempre dinuovo, continuamente,lentamente ricostruito.Leopardi produce qui, comeultima parola dellasua poesia, un eroismo eticodi grande intensitàontologica.

Quali metamorfosi abbiamovisto subire dall’eroismo nelpensiero e nella poeticaleopardiana! Abbiamol’eroismo dei primiCanti, eroismo per la patria,di classica risonanza. Poil’eroismo d’amorepetrarchesco, ma già didantesca tradizione. Ed oral’eroismoeticodella ragione,ovvero l’eroismodell’adesione al

ritmo dell’essere, ad un verocheèl’essereinognunadellesue distruttive o creativedimensioni — rispetto alquale senzamistificazioni néideologie calibriamo unapratica della voce, delriconoscimento del soggetto,della costituzione dellacomunità.Ladisperazioneeildisincantato divengono, nellaseparazione,nell'accettazionedel limite, destino — non

imposto da forze esterne,mavoluto. La filosofia del verodisincantato si traduce inteoria della pratica. Il vero èoperativamente costitutivo.Occorreva passare attraversotutte le catastrofi e viveretutte le crisi perché questoclassicopensiero ridiventasseattualeeBrutoanchepernoiun modello. Leopardi quiriprende e conduce anuova sintesi le più alte e

significative tendenzeculturali del suo tempo:piega, da un lato, il concettodi vero che è propriodell’età dei Lumi, allacatastrofe teorica e al limitediunapraticadiinveramento;dall’altro lato, riporta ilromanticoconcettodivolontàediprassialconfrontoconilvero,conlaragione.Tuttociòrende denso, sempre piùdenso e forte il pensiero di

Leopardi. La ginestra ha unritmotragico—maèinsiemeun canto sublime. Affondanella tragedia dell’etico maesprime,contemporaneamente, l’eticocomepotenza risolutivadellatragedia. Questo essereinsieme dentro e contro latragedia, questo formare unabasediautovalorizzazione,dieventocritico,cioè,edieticagestualità, sempre collocata

nelladualitàdella condizionemetafisica, ma autonoma,ontologicamente emancipata— bene, questo èindubbiamente il momentopiù alto del pensiero diLeopardi e uno dei momentipiù significativi nella storiadel pensiero del secolodecimonono. Potenza contronatura, potenza contro storia:l’etico eroicamente lopropone.34

Il materialismo qui sirinnova. Abbiamo spessodetto che il materialismo,nella misura stessa in cuiriconduce l’universale alnome, all’ipotesi, allaverifica, di per ciò stessocolloca il concetto di veritànella prassi — e solleval’etica a fondamentodel sapere e dellametafisica.Ma non solo di questo sitratta. Qui il quadro entro il

quale si sviluppa la nuovatensione materialistica èdualistico, è antidialettico, èantitotalitario intermini teorici e pratici. InLeopardi,inquestoLeopardi,il fare poetico diviene quindiunmodostraordinariodistarenell’essere. La poesialeopardiana, come faremetafisico eminente, è unoscavarelastoricità,lanaturaepoiunopporsi,suivarilivelli

di quest’operazione, unaresistenza, un far scaturirel’alterità. Leopardi non èpoeta profetico nésacerdotale. È un politicodellapoesia,invece.Eglinonsiedefraglidei,néfaparlaregli dei sulla natura o nellastoria. Invece, egli sminuzzala realtà e vicerca continuamente unarazionalità di rottura e diricostruzione, che segua

l’agire,cheadessosiadegui.La mediazioneleopardiana del reale èun’operazionecheriguardalastoricità o la naturalità deglieventi, si colloca sul terrenodella sensibilità odell’astrazionematerialistiche.Èmediazionedell’immediato empirico,nell’immediato empirico,quindi, infine, non-mediazione, e invece pura

articolazione internadell’immediato. Leopardinon ha nulla a che fare conl’esserepuro.Quellodicuisioccupa non è l’essenza dellapoesiabensìlamaterialitàdelfarepoetico.35Così l’essenzadella poesia è messa daLeopardiconipiediperterra.Ogni platonismo è tolto: lapoesia non è un ritorno,uno svelamento, bensì uncostruire, un innovare. La

poesia non è ingenuità malavoro, non è semplicità macomplessafigura.Lapoesiaèlinguaggio dell’essere, sì,malinguaggio di unessere contraddittorio escisso, che si tratta dipercorrere, di dirompere, dicostruire per livelli disignificatività, e di porrecontro «l’inimico» — e indefinitiva di esprimerenuovamente. In questo

movimento dell’essere isoggettisiformanoeformanounmondodiopposizioniediautonomia. Il fondamentodella poesia è quindi un fareche attraversa la superficiecritica dell’essere e solo nelcriticare l’essere, nellosceglierlo, neldiscriminarlo gli dà realtà.Costituzione dell’essere, insenso ontologico, comeprogetto della comunità

umana — questo è il finedella poesia. Il materialismosi rinnova, qui — il mondonon è compatto maattraversatodallasoggettività,ricostruito dalla soggettività.Machiavelli lirico, abbiamodetto, è il Leopardi checonduce quest’operazione: loriconfermiamo —, tanto piùcisembrachequestaallegoriacolga e descriva il realequanto più la poetica

leopardiana si fissa suquest’altezze de La ginestra.L’essere, in Leopardi, èdunque un soggetto, come inMachiavelli.Edilsoggettosiforma continuamente, infigure diverse, a partire dalladissoluzione della natura,dalla percezione del suomalefico disastro.L’immediatezzadell’essereinLeopardi non è liscia, è unaimmediatezza critica,

disastrata praticamente eteoricamente disincantata.Non v’è in Leopardi alcunamitologia dell’essereprimigenio né mitologia toutcourt:v’èunesserenaturaleestorico solcato dalla crisi,rispetto al quale la veritàva misurata, provata,concretamente sempreverificata. Il concettoleopardiano di vero è da unlato indice di crisi, dall’altro

indicazione di una verificanecessaria, di iscrizionepratica del soggettonell’essere. Néquest’iscrizione conclude latragedia: essa sempre siripete, sempre si riapre. Nonvipuòessereriposoinquestocontinuo movimento. Puòesservi solo liberazione —epoidinuovocrisi;vita—epoi morte. Ma quello checonta è costruirla, questa

realtà non dialettica, maicapace di superamento,sempre aperta alla vicendadell’innovazione. L’eticocome fondamento è l’agireche si propone dall’assolutamancanza di fondamento, eche si costruiscematerialmente,contemporaneamente aquest’intelaiaturadell’essere.36

15.Materialismoepoesia

Vogliodimostraretretesi:laprimaèche,ingenere,solouna concezionematerialisticadel mondo permette di dareadeguatocontodellapoesiaedella sua forza creativa; laseconda è che, trascorrendodall’età moderna al tempopresente, trovandosi immersinella crisi dei lumi e della

ragione e abbacinatidall’indifferenzapostmoderna, il materialismodiviene sempre dipiù un’arma esclusiva neltentativo di dar significato editrasformareilmondo—edin ciò implica soprattutto lapoesia; in terzo luogo voglioqualificare in terminimaterialistici il cammino diLeopardi: la sua poesiapercorreappunto ilpassaggio

dall’età moderna al tempopresenteeneanticipagliesitie ne vive intera la dinamica— costruendo un oltre,alludendoallaverità.

Che cosa significa, solonel materialismo c’è poesia?Significa che la poesia, inquanto produzione, èconcepibile solo dove non visiano un ordine compiuto edassoluto della verità,un mondo di idee, di

universali, di elementiprecostituiti da rivelare. Solodentro un orizzontematerialistico, formato dallacontingenza, è infattipossibile creare, praticare la«poiesis» e l’immaginazioneontologica. In un universomaterialistico la verità è unnome, l’universale unaconvenzione: la poesia èinvece un concreto, unprocesso di costruzione. La

poesia è il concludersi delfare nel concreto,nell’immediatezza. Ogniverità, quando diviene reale,ha quindi un aspetto poetico:nel senso che, quando sistrappa all’orizzonte delnome, nell’essere verificataessa passa attraverso unapratica ed è condotta ad unadeterminazione concreta. Lapoesiatuttaviasiemancipadaogniverità,daognitecnicadi

verifica, nel sensoche essa èimmediatezza.Essaèpiùcheverità perché precedeontologicamente la verità, nesvela immediatamente ladensità, l’anticipa entroimmaginisensibili,noncomeun’auroramanellalucediunpienomeriggio. Ilverovienedopo la poesia — e ad essadeveadeguarsi,perchéessalohaanticipato.Fralapoesiaedil vero si colloca

l’attività etica. È un fareinnervato dalla libertà,determinante nellacostituzione del vero. Mal’etica viene anche dopo laverità, e laconducedinuovoalla poesia: è un etere, unclima perfusivo, unnecessario riflessivo ritorno.In tal modo avviene chel’etica assuma valorefondativo per la metafisicadelmaterialismo,perchéessa

svolge il compito di mediarel'immediato e l’universale,l’espressione e lacomunicazione.Nella libertà,nel vuotometafisico che allalibertàdà senso.Lapoesia simuove nel vuoto, nellamateria infinita — macostruisce e strappa essere alnulla. Quésto costruirel'immediatezza, nel vuoto;questo togliere l’essere alnulla; e scavare lanaturaper

infrangerne ogni profilo erendercela come significato—insomma,questocostruirel’immediatezza, non èpossibile se non su unorizzonte materialistico dalqualesiastatocancellatoognipresupposto, feticcio,«fondamento». La poesiaanticipailveroperchérompei limiti della materialitàdell’esistenza, e lancia inavanti l’immediatezza

dell’immagine. Sul tessutodella poesia si organizzal’attività etica. Il vero vienecosì costruito, nella verificaetica. Poi esso ritorna allapoesia, la ricerca, sempre dinuovo, attraversol’agire etico. Finché, dinuovo, la rottura,l’invenzione, laproduzione poetica nonpropongono altro essere. Èquesta circolazione

frapoesia,agireeticoeveritàche caratterizza l’orizzontematerialistico,nedefinisce ladurezza e la necessitàconseguentediromperlo,concontinuità, di costruireesteticamente unsignificato, di rendereuniversale—apocoapocoelanguidamente,adesivamente,«lentamente», come vuoleLeopardi per la suaGinestra— questa rottura attraverso

l’agire etico — finché ilvero,un«altro»veronon siastato costruito.Lapoesia è ilmomento di rottura, diliberazione — solo da essoassumesignificato il resto—la lenta tessitura, lacostruzione di un mondo.«Verum ipsum factum»:l’eticacostruisce ilvero,e loverifica, e lo rende unorizzonte concreto. Maquesto terreno della vita non

avrebbemaipotutocostituirsise il mondo non fosseanticipato dalla rotturapoetica, dalla capacità diaffermare l’immediatocomeprincipiodi tessituradiogni umana costruzione.Come c’è dato, il mondo èl’irrazionale — lo sfondostoricoenaturaleèl’assurdo.Dentroquest’irrazionalità noisiamo costretti a vivere. Mala vita comincia solo dove

l’intera necessità del mondo— della natura e della storia— è rifiutata e l'uomo, ilsoggetto, si costruisconoaltrimenti. Costruirsialtrimenti è libertà, èlapraticadell’etica.Inquestafisica epicurea, disegnatadall’irrazionale caduta degliatomi, dal ripiegarsi vuoto,specchiale, del reale su sestesso,sololalibertàpermettedi vivere. Libertà come

clinamen soggettivo, gestitocioè dai soggetti, nella loropotenza.Lapoesiaèilrifiutoche fondaogni potenza, ognipossibilitàdiagireeticamenteil mondo e di costruire,conseguentemente,ilvero.Lapoesia è la costruzionedell’immediato della libertà,la posizione, l’aperturadell’essere vero. La poesia èscavare nel nulla, svuotare ilmare, e l’attodello scavare e

del togliere — dal nulla,dall’immensità, la posizionedi un essere, fosse uno solo,ma potente, ed altro. Lapoesia è il lavoroimmediatochepreformaognirelazione intramondana.Poesia è linguaggio, poesia èriconoscimentodisé,poesiaèvolgersi all’impresadelcreare.Poesiaèilmisterodel nostro cominciare adessere. Poesia è uscire dagli

inferi,dopoaverriconosciutonella discesa il lato deietto enecessario del materialismo,dellavita,cosìcomec’èdata.Il materialismo,nell’assumere l’insensatezzadel mondo e nel definire lapossibilità del valore solocome produzione umana, nelcontrapporre con questaviolenza il mondo e l’umanaattività costruttiva — apreinsieme alla libertà ed al

vero,comelineadelfareedelverificare, dello scegliere edelcostruire:ma tuttoquestodopo che l’atto di esistenza,l’atto poietico, il momentodella poesia, il clinamenliberatoriohannodeterminatola possibilità di un’essenzacreativa — l’hanno, percosì dire, prefigurata,lanciando un ponte suquell’orlo dell’essere sulquale ogni esistenza appare

— al di là di quest’orlo,verso quel vuoto, convertigine, disperatamentecostruendo. Senzapresupporreescoprirequestofare della poesia, né l’agireetico né il vero sarebberopresenti nella nostra realtà.Radicale e fondativa nelnulla, è dunque la poesia, diogni possibileveraesistenza.37

La grande tradizione

metafisica del materialismo,dall’antichità classica allamodernità, ci ha sempreofferto questo quadrodell’essere — meglio, lo haoffertoallapoesia.Mav’èunmomento nel quale questoprocedere del pensieromaterialistico si scontra conuna nuova realtà: ciò accadedentro lagrande trasformazione che èimposta dal capitalismo

trionfante. Il materialismo,che è sempre stato e rimaneschema di unpensierodualisticoe capacitàdi evidenziare il dualismosull’orizzonte del reale, sideve ora inchinareall’effettualità delfunzionamento circolaredell’universo umano. Ilrapporto fra uomo enatura,frasoggettoesocietà,fraproduzioneeprodotto,fra

lavoro e merce viene infattireso circolare e la dialetticasembra, nella sua figuratrionfale, sostituirsi ad ognimeccanismo di imputazionesoggettiva.Lapoesiaèmorta,dichiaraallorailpotere.«Dallato della sua supremadestinazione,l’arteèerimaneper noi un passato. Con ciòessa ha perduto pure per noiognigenuinaveritàevitalità,ed è relegata nella nostra

rappresentazione, più diquantononfacciavalerenellarealtà la sua necessità di untempo e non assuma il suoposto superiore... Sonotrascorsi ibeigiornidell’artegreca, come pure l’età d’orodel basso Medio Evo... Ilnostro tempo, per la suasituazione generale, non èfavorevole all’arte...».38 Ineffetti, è ben vero chel’orizzonte circolare e la

dialettica non vorrebbero piùrotture — meglio, tutte learticolazioni dell’esseredovrebberoessereriassorbite,restaurate nella continuitàsenza soluzione dellaragion dialettica. Ilmaterialismo divienedialettico: ma lo può?Non c’è più bisogno dirotture, il vero è statoesplorato al limite della suapossibilità, costruito

dall’uomo, edora l’etica puòriposare sugli effetti di talecreazione — si dice ancora:senonché questi effetti sonoperversi, ed è solomistificazione quellache vuole il dualismomaterialistico e i criteri diimputazione soggettiva e iprincipi di realtà risolti nelladialettica. Mistificazionecomunquereale,efficace:«laproduzione per la

produzione» diviene la leggechecomandaognisviluppoelo spoglia diogni caratteristicaindividuale, di ognideterminazione concreta,assorbendolo nello spessoreambiguo del massimod’astrazione; e qui il lavoro,la scienza, l’invenzionecessano di essere fonti diinnovazione, diimmaginazione e di

ricchezza. La sussunzione dituttalanaturaediogniformadi società nellosviluppo produttivo è quindiil dato:39 la dialettica vuolfunzionare come legge diquestoradicaleassorbimento.Maquestasussunzione, lungidal distruggere gliantagonismi, i dualismi, letensioni, li accentua. Lamateriale progressione versouna completa circolarità

dell’universo storico fapiuttosto progredire lacaoticità, la globaleirrazionalità e mancanza diumana significatività delreale.Tuttoèscambiabile,matutto è perciò stesso ridottoalla neutralità di valore,all’equipollenza,all’indifferenza. Èinteressante notare comel’assolutezza di questomondonerafforzil’immagine

rovesciata, quelladell’assoluta contingenza.Nell’impossibilità disostenersi su un proprioautonomo valore, di insisteresu un proprio fondamento,ogni momento rinvia ad unaltro — il movimento degliatomi è ora circolare, unvento fortissimo crea cicloni,e con ciò quell’assolutaeguaglianzacheèfruttodelladistruzione e immagine di

morte. Ogni elemento èindifferente ed eguale. Ora,dentroquest’immane assorbimentodell’essere nell’indifferenza,sembra cadere la capacitàdell’agire etico di formareuna trama di senso e diintenzionalità costruttiva, frasensibilità e verità. L’agireetico è risucchiato in questapulsionecentripeta,daquestorespiro assolutamente

mistificante dell’esseresussunto. Nel vecchiomaterialismo l’agire eticopotevaarmarsidiunsemplicegenerico umanesimo e su diesso poteva, e riusciva afissareantagonismo.Ora,nonv’è possibilità di differenza.Laddove, nella nuovasituazione si dia resistenza,essa è più una condizioneresidua,unelementostancoescisso, che una forza

ricostruttiva: il vento dellasussunzione raccoglie estringe in figura compattaogniforzamorale,individuaene nega l’indipendenza.Morale, religione, profezianon costituiscono piùalternativa. Non reggono enon dipanano schemidell’essere, immaginazionetrascendentale, per nuovoessere. Morale, religione,profezia seguono l’inutile

cammino di ogni prodottodella sussunzione. Nondanno base umana alprodurre, sono sempliciresidui di una circolazioneormaisenzaorigine,continuae cieca. «È noto che lamitologia greca fu nonsoltanto l’arsenale,ma ancheilterrenosulqualefiorìl’artegreca.Lavisionedellanaturae dei rapporti sociali che staallabasedella fantasiagreca,

e quindi della mitologiagreca, è possibile con lefilatrici automatiche, leferrovie, le locomotive e itelegrafi elettrici? ... Ognimitologia vince, domina eplasma le forze della naturanell’immaginazione e amezzo dell’immaginazione;svanisce quindi con ildominiorealesuquelleforze.CosadivienelaFamaaccantoa Printinghouse?».40

Che cos’è più poesia nellasussunzionereale?

Ladomandahalarispostain se stessa: ormai resta piùsololapoesiaarompere.Earifondare la potenzametafisica dell’etica. V’è lapoesia, come capacità dideterminare differenza,di produrre immediatezza afronte dell’indifferenza edella mediazione assoluta. Ildualismo del soggetto viene

così ricreato, ricostruito, apartire, questa volta, non daldistacco e dall’elevarsiprometeico dell’uomo,dell’autore, dell’eroe «afronte» di un orizzontetragico—bensìcomeattodiaffermazione, di esistenza, dipotenza alternativa, «dentro»la nullificante circolarità deisignificatielalorodistruttivaindifferenza. Ilsoggetto determina la sua

opzione alternativaattraversando il nulla dell'indifferenzaelatotalitàdellamediazione — e rompendoquestematerialicostrizioni.Ildualismo del soggetto non èqui registrato ma costruito,non rappresenta un elementodell’articolazione dialetticamasiergecontroladialettica.Ora, la poesia è l’atto dirottura. Non la definiscocome fondante, poiché

lapoesianonhanessunadellecaratteristiche dellafondazione. Essa èsemplicemente rottura —rottura dell’indifferenza,allusione ad un’altrapossibilità, che non è quelladi essere servitori o schiavi—ma di liberarsi. La poesianon è una fondazioneperché è presupposto di unprocessodiliberazioneesolonelprocessolarotturadiviene

reale: in questo senso lapoesia si affida all’etica,perché attraverso le apertureprovocate dalla rivolta,sull’etica possano tessersitrame di verità. La rotturapoetica apre il corsodell’intenzionalità etica. Cosìessa anticipa il vero — masolo temporalmente:ontologicamenteilprocessoètutt’uno. Un tutt’uno: ma ilveroèlontano.Nellalucedel

suo esplodere, la poesiamostra l’essere e ci indica ilvero, lontano, sull’orlo delfascio di luce. Il vero èlontano. È d’altronde unvero «altro». Non è il veroche ci è apparso nellaprigione nella quale siamostati trattenuti, inchiavardati.Èaltro.Rompere laprigione,lanciare la propria speranzanel mondo — in unaprospettiva altra: questa è la

vocazione della poesia. Essanon risolve, non chiude,costruisce invece solo rottura— nell’immediatezzacostruisce quel camminodell’etica che spinge versola definizione del vero. Lapoesia è la catastrofe chepermette di biforcare laprospettiva della verità: sullato etico della biforcazionecorre la possibilità dicostruire un orizzonte di

liberazione.Perilpresente,lafilosofia materialistica cioffre dunque una specifica edeterminataproposta.Essacidicechenelmondonelqualeviviamo la poesia èl’anticipazione dell’etica,l’aperturadelsuo tessere,delsuo distendersi — perchédentro la sussunzioneirrazionale del mondo lapoesia è rottura,eminentemente rottura, e di

qui momento diorientamento, abbozzodi dinamica, lenta differenzaontologica. La rottura èposizione di altro valore, ècomunque produzione dialterità, di fronteall’indifferenza e allacircolarità della mediazione.La poesia è un fattoontologico—essa raggiungenell’immediatezza la potenzadell’essere. Poi l’etica si

svilupperà,apartiredaquestarottura,daquestomomentodiestremaseparazione.Dopo larottura poetica comincia l'autovalorizzazione etica, conla sua ontologica densità erilevanza. Il vecchiomaterialismoscandivaitempidella rottura esteticafacendone un’eticadell’immediatezza. Il nuovomaterialismo deve distendereinvece la precipitazione e la

violenzadiognirotturainunmovimento distruttivo ecreativo,insieme,chesielevialla alternativa: qui la rotturanon è solo l’atto di aperturaontologica, bensì la pienezzadi un orientamento, diun’intenzione costitutiva, diuna comunicazione possibile.«L’arte combatte lareificazione, facendo parlare,cantare, e talora danzare, unmondo pietrificato.

L’orizzonte della storia èancora aperto. Se il ricordodelle cose del passato puòdiventare una forza motricenella lotta per cambiare ilmondo, la nuova rivoluzioneandrà oltre tutte quelleche sono state represse finoadora».41

Eccoci,diconseguenza,asottolineare un ulterioreelemento che distingue larottura poetica nel vecchio e

nel nuovo materialismo:intendoriferirmiall’elementocollettivo, e cioèall’universalità del valoreetico e alla sua funzione dicomunicazione. Ora, nelvecchio materialismo larottura poetica è individuale— essa tocca certol’universalità del tessutoontologico e coglie la venasorgiva della comunicazioneumana costitutiva — ma,

appunto, sul ritmo dellearticolazioni diquell’universo antico, alludesoltanto all’universalitàdell’etico piuttostoche costruirlo radicalmente.Nel nuovo materialismo enella situazione sociale enaturale che esso registra emanifesta, il momento dellarottura poetica, nella densitàchelocaratterizza,èinvestitodalla più alta potenza di

universalità, di forzaespressiva. Lo abbiamo giàdetto: poesia è qui, ora, nonsolo rottura ma anche puntodi riferimento, diorientamento. Occorrecogliere questa positivaambiguitàefarlafruttare.Checosa significa allorauniversalità se noncomplessità di relazionicomunicative, dispiegamentoimmediato di un potenziale

costitutivo? Il nodo chestringe sensibilità edimmaginazione, rotturapoetica e costituzione etica èqui ed ora strettissimo: nelriavvicinare di conseguenzaanchelaprospettivadelvero,il processo costitutivo rivelala sua immediatezzacomunicativa. Sull’ontologiasi accumulano le direzionidella soggettivitàcomunicante: questo

è collettività. La rotturacomprende allora in sé, erovescia, quella densità dicircolazione, quellacomplessità dell’orizzontedello scambio, che lasussunzione produttiva delmondo dei significati avevadeterminato.42 Ci sono, nellarottura, questa grandezza,quest’articolazione di motivi,questa pienezza direlazioni. Il vecchio

materialismo vedeva ilclinamen poetico romperel'irrazionalità del quadro intermini individuali: un grido,un’esclamazione,un’invettiva. Il nuovomaterialismo vede la rotturapoetica costituirsi in terminidi comunità: soggettivitàcollettiva — e la rotturastessa è un’operazionecomplessa che stringeelementi temporali ed

elementi sociali, alternativesul terreno del fondamento erespiro storicodell’autovalorizzazionecomunitaria. In entrambi imaterialismi, nel vecchiocome nel nuovo, il lavoropoetico è centrale: ma nelvecchio materialismo èpiuttosto una tecnica diproduzione artistica, nel piùrecente è una tecnica dicomunicazione sociale. In

entrambi il lavoro poetico èuna rottura: ma nell’anticomaterialismo la rottura èespressione di un discorsointensivo, tensione delsoggetto— nel materialismorecente è un vortice dicooperazione altissima,intersoggettiva, costitutiva.Fortissimo è dunque qui ildipanarsi ontologico dellarottura verso dimensionicollettive.43

Nell’esperienza diLeopardi noi verifichiamo ilpassaggio dal primo alsecondo tipo di collocazionee di significazionedella poesia nella metafisicadel materialismo. Leopardi,da questo punto di vista, sipresenta come cernieraculturale, al livellodell’altissima poesia — ecomeanticipazione teoricadiun passaggio storico, fra

epoche diverse.È importantecogliere in Leopardi lacoincidenza di unaconsapevole esperienzapoetica e di un passaggiostorico: in ciò infattisoprattutto risiede ilruolo europeo, innovativo edesemplare, della sua poesia.Una poesia, come s’è visto,che nasce dentro ilmaterialismo—materialismosensistico, usurato da una

troppo lunga storia diemancipazione macionondimeno strumento dicritica rivoluzionaria. Unapoesia della ragioneilluministica, per taluni versi— mitigata dal senso dellacrisi della rivoluzione.44Eppure il mito della ragionenegativa e utopica èinteramente vissuto daLeopardi. Come perHölderlin, anche per lui la

poesia rompe la destinazioneideologica del mondo e conciò lascia spazio all’etica.Siamo nel vecchiomaterialismo,etuttalapoesiadel giovane Leopardi, comequelladiHölderlin,simisurain questo universo. E utileconfrontare Leopardi adHölderlin: entrambi infattihanno vissuto interamente ilsenso della sconfitta dellarivoluzione — ma mentre il

secondo ritiene comunquel’utopiacomeessenzialeedinessa instaura il nesso frapoesia edetica trasformativa,Leopardivedelastessautopiafarsi consistente figura dellaragionenegativa,solidonulla.Egli si chiede dunque comespiazzare il problema, comeconcentrarlo su una più altaopposizione, comeimpiantarlo nel nuovo. Èquanto cercherà di scoprire.

Leopardi sviluppa a fondo lacritica.Assumeillivellodellacritica sviluppata come basedell’innovazione poetica.Recupera l’etica comemetafisica dei costumi entroil senso di una fondazionepoetica.Cerca insomma tuttele vie per organizzare undiscorso materialistatradizionale. Leopardivuole illudersi che laposizione dell’essere vero

possa divenire trama delreale, echequindi l’illusionesia vera. Come Hölderlin,Leopardi ispeziona questapossibilità. Ma diversamenteda Hölderlin egli comprendela discontinuità di una realtàcostruita sul ritmo dellavolontàeticaedell’intuizionepoetica, e sente lamaterialitàdelle condizioni della vita edil senso del dolore edellamorte come irriducibile

a qualsiasi mitologia.45Eccoci dunque a quelpassaggio interno allametafisica del materialismoche è così caratteristico inLeopardi: dalla mitologia aldisincanto, dalla costruzionediunatramatotalizzantedellasignificatività poeticaall’opposizione dellasoggettività contro la natura,la seconda natura, l’illusionevera. Qui è l’eminenza

ontologica della rottura, cherisalta. L’affermazioneantidialettica nella purezzanegativa della suaespressione.Ilnegativocomeessenza irrecuperabile. Lapoesia del materialismomoderno, la poesiamoderna tout court trovanoqui il luogo di nascita.Rimbaudeildeliriodeglidei— è questo che Leopardicomprende, e che la sua

poesiamaturaprefigura.Nonè certo, la poesia matura diLeopardi, poesia dellaserenità e di un vagomoderno stoicismo:46 èpoesia della rottura piùprofonda, del disagio e deldisincanto. Ma in ciò, in ciòappunto e solo in ciò,evento fondamentale,modernità assoluta,avanguardia erifondazione. Poesia come

«poiesis». La poeticità, lapura forma, il senso poeticoanticipano nel loro esplodereogni contenuto. È questaanticipazione potentissimache va colta, che vaapprofonditamente studiata,come base innovativa dellapoesia moderna —cosìevidenteinLeopardi.47

Quest’interno passaggiodella poesia leopardianacorrisponde ad un passaggio

reale— ed è preso in caricodalla coscienza filosofica nelsuo sviluppo storico. Ilpassaggio reale è quellosegnato non dalla crisi madallarealizzazionedell’utopiadei lumi, meglio daldrammatico disvelamentodellasuadialettica.

Questo dal punto di vistadella storia delle idee. Dalpunto di vista della storiapolitica e sociale, questo

passaggio èsegnato, nell’Europacontinentale, dalla vittoriadella rivoluzione e poi dalladefinitiva sconfittadell’imperialismonapoleonico —dall’affermazionediundirittoadeguato ad un nuovo mododi produrre e dal rivelarsidelle terribili conseguenze diquelnuovomododiprodurre.La nuova fase di lotta e di

sviluppo che nel secolodiciannovesimo si apre, l’etàdei Risorgimenti, èattraversata, insieme, dallaconsapevolezza di questopassato e dalla sua crisi —inoltre, all’interno della crisi,dallediverse scelte che ivi sipropongono: quellareazionaria, quellariformistica — infine unascelta alternativa,«impolitica», eppure

radicalmente trasformativa.Non posso qui nascondere lamia netta preferenza perl’opzione alternativa: essa ame sembra permettadi interpretare sia unaltissimo livello diintelligenza politica sia unatto di radicale e fondanteapprensione materialedell’essere. L’atto diintelligenza politica, laconvinzione che il

Risorgimento avrebbe soloannodato nello sviluppoterribili problemi didisumanità, sono inLeopardidel tutto subordinati allascelta ontologica: essa èrifiuto del politico comeastrazione e reificazione deirapportidipotere,èdenunciadiquesta realtà (edelmondoeconomico che lecorrisponde: la statistica!), èinfine, e positivamente, la

consapevolezza che solo unaprofonda rottura poetica puòaprire un corso alternativo diproposte e intenzioni etiche.L’etica contro la politica: èquesta dunque, l’alternativaleopardiana? È questo ilpassaggio? Qualcunopotrebbe caricare questedomande di una notevoleironia,edavveropotrebbe,sedi ciò si trattasse, infieriresarcasticamente sulla

relatività delle parole«antico» e «moderno»applicate a questo cosiddettopassaggio. Ma, appunto, nonè«l’eticacontroilpolitico»ilcontenuto del messaggioleopardiano. Su quelpassaggio, cheabbiamovistocome storicamente effettuale,Leopardi non esalta l’eticacome fondamento eproiezione alternativa se nondopoavercondottoatermine

due operazioni: la prima èquella di demistificazionedelle illusioni della morale edel politico, di scoprimentodel nulla come sostanza,formale e attuale, diquell’universo, di denunciadel destino di morte chelo percorre; la secondaoperazioneèquellapoetica,ecioèlacompletaastrazione,laradicale rottura, lafondamentale «epoché» che,

rispetto a quel nulla, lacoscienzaopera.Lacoscienzapoetica costruisce un’altrarealtà. Vi è poco daironizzare, a questo punto:non è l' eterna inutile utopiadell’etico contro il politico,quanto leggiamo nella tramasegreta della poeticaleopardiana,mal’opposizionedi un’altra etica (enecessariamente di un’altrapolitica) contro il nulla

dell’universo etico-politicopresente.Larotturapoliticasipresenta così qui come unatto ontologico —profondissimo eassolutamente alternativo. Edè la radicalità di questarottura che megliocorrisponde alla concretezzadel passaggio storico, allaricchezza delle suepotenzialità,eallealternativeche lo compongono.48

Mettendoci da questo puntodi vista, d’altra parte,comprendiamo come sipossa in queste paginesostenere che fra rotturapoetica e progetto etico siforma forza di verità, sicostruisce il veroalternativo.Ma di questo piùtardi. Qui ci basti ancorasottolineare come non vifosse altra possibilità, se nonquelladelladenunciapoetica,

a fronte di un trasformarsiimpetuoso dell’utopia indisperazione, della speranzain prigione dello spirito:questo era quanto la realtàstorica mostrava, con ciòsignificando una tragediadel pensiero. Come non cifosse altra possibilità didiscriminare quel tessutodialettico della tragedia, e disquarciarlo, e di rendere allatragedia il ruolo di

fondamento del nuovo— senonattraversounattopoeticoche, appunto, tutto il mondosopra di sé caricasse. Èquesto gesto prometeico, percosì dire, rivoltato, rivoltocioè non contro gli deima acercare la più intimaumanarealtànelnulladiunasocietàediunanaturachelastoriahacostruito.L’etica, lapolitica verranno dopo:seguiranno il momento della

fondazione. E infine il vero— ma di questo più tardi.Doveva ben essere difficilecomprendere, quando larivoluzione era finita,sconfitta, residuando da unlato la modernizzazionestatistica — vale a direcapitalistica — dall’altroimovimentinazionalisticie iprocessidiformazionediuna«società stretta», di un cetodirigentenazionale—doveva

dunque essere ben difficilecomprendere che allasconfitta dell’intelletto e diuna metafisica, più o menomaterialistica, fondatasull’intelletto,nonseguivaunprocesso dialettico bensì unaradicale alternativa. E chesolopoesiaedeticapotevanoidentificare una via che nonfosseripetizionedellarecentetragedia. Per chi conosca losviluppo del pensiero

moderno nel secolodiciannovesimo, questacoscienza appare tanto piùrivoltataquantopiùèrara.InLeopardi non esistononemmeno le ambiguitàche furono tipiche di tutticoloro che accanto alladialettica sono passati —penso, in particolare, allescuole materialistichein Germania o agli epigonidel sensismo in Francia.49

Ora, in Leopardi èassolutamente chiara ladeterminazione di questocammino, dalla rotturapoetica all’etica alla nuovafondazione metafisica delvero. È un cammino checorrisponde ad una serie dipassaggi storici — alloraconfusi, oggi chiariti dalletragedie che ne seguirono edalla critica che li descrive eliillumina—passaggistorici

che Leopardi, dal di dentro,critica e così riesce adescrivere con anticipazionealternativa.50

È il tema della veritàquellocheoracicompete.InLeopardi il vero è prima ditutto un dato, unaqualificazionedell’essere chesi deve raggiungere everificare: filtrare cioèattraverso un fare,un’esperienza, per

comprendere il senso diquesta qualificazione. Ora,ancheaquestoproposito,nelpensiero di Leopardi noipossiamo cogliere unpassaggio importante fra duefasi di indagine e diconclusione metafisica. Inuna prima fase il dato diverità è raggiunto e costruitocome sistema: salvo il fattoche,nonappenaquestatramadel senso è

complessivamente data, essasi rivela come sistemadell’indifferenza.51 Nellasecondafase,einrelazioneaquestaprimacrisi, laverificadel vero diviene dunquemolto più radicale: essa nonsi esercita sul sistema delvero,macontroilsistemadelvero, come fondazionealternativa di ogni possibilitàdel vero e quindi comeprogetto di una sua assoluta

autonomia significativa.Occorre tener presente che,materialisticamente, inLeopardi il discorsosulla verità tende sempre adidentificarsi con il discorsosulla natura.L’esemplificazionenaturalistica è importante.Essacimostrainfattiuncorsolineare del pensieroleopardiano: la trascendenzadellaNaturaèamanoamano

destrutturata — il processodella verifica diviene semprepiù rigoroso — la natura èinfine considerata come unagabbia immanente, astratta ereificata, da rompere —natura o «seconda natura»che sia. Il vero è, a questopunto, alternativo al veronaturale del primo approccioepistemologico, alternativoall’illusione vera checaratterizza l’acme

dell’esperienza critica, infinealternativo al mondo intero— nel senso che ladefinizione del vero è lamedesima definizionedell’alterità ontologica.Ma l'alterità ontologica non èraggiunta attraverso ladefinizione del vero: èraggiuntaattraversolarotturapoeticaeilsuosvilupponellatrama della costituzione eticadel soggetto.52 Il vero è la

logica di questo sviluppoautonomo, di questaautovalorizzazione. Il vero èun risultato — di unadialetticadell’etico,quindidiun’antidialettica. Il vero èl’ultimo prodotto di unaverifica che è atto di rotturadell'orizzonte della falsità,della effettualità ripetutaesterile,cheècostruzionediuna nuova realtà. V’è inquesto procedere leopardiano

il senso che il tempo dellametafisica può togliersi edopporsiaquellodelreale,chel'ontologia può demistificareil reale. Ilmaterialismoèquifortissimo: l'atto costitutivorompe il reale per costruirlo,e soprattutto rivela unorizzonte dualistico,antagonistico. Al nulladell’unità s’oppone la realtàdel dualismo dei soggetti. Ilmondo è una tragedia che si

ripetemanellaqualel’azionepoetica ed etica possonoscoprire con disincanto laforma di una posizione vera— di opposizione e disperanza, di lavoro — dicostituzione rinnovatrice. Ilvero si costituisce attraversoun processo etico, sulla basedellarotturapoetica.Ilveroèl'alteritàontologica.

Nella attuale esperienzadel mondo noi possiamo

comprendere perfettamentel’anticipazione leopardiana efarlanostra.Comesipresentainfatti il nostro mondo? Sipresenta come circolocompleto e autosufficiente disignificati. Quali che siano iprocessi attraverso i qualiquesto circolo è venutoformandosi, è fuori dubbioche nella sfera dei significatisono compresi soggetti edespressioni, rapporti e

riferimenti. Lasussunzione, la nuovadeterminazione del circolosignificativo, l’assolutaautonomia ed indipendenzadei circuiti di significazione— tutti questi fenomeni cherendono la nostra vitaindegna (probabilmente,comunque difficile) di esserevissuta, esigono una rottura.Una rottura che raccolga lasua forza negli strati

profondi dell’ontologia, unarotturacheapra lapossibilitàdirifondazionecheall’eticaèdovuta. Questo momentodella rottura poetica èorientativo — la poesia nonha nulla a che fare con lamorale ma è certo che inquesto caso essa propone,oggettivamente esoggettivamente,unorizzonteetico. Questa rottura ènecessaria: il mistero della

sua esplosione, la mancanzadi un «perché» essa si dia, ètuttavia complementare alfatto che sappiamo come larottura si dà e quali leggi dimovimento essa segue.53 Lasussunzionedelmondoinunasfera reificata e astrattache toglie la razionalità perassumereunaregola formale,costituisce una secondanatura, un regnodell’intelletto — che si

diverte ad autoproclamarsiprogressivo e magnifico. Inrealtà ilvuotodi significati ètotale, ogni esperienza diquestomondoèunbagnonelnulla e una approssimazionealla morte. Questo circolodiabolicodiautoreferenzialitàè basato sul nulla e facircolarenullaesolonulla—come un veleno, ovunque.Rompere. Ma come? Ilmisterodi questa rottura è lo

stesso della poesia. È poesia.È costruzione di nuovoessere. È recupero di unlinguaggio ontologicamentesignificativo, profondo comel’individuo e collettivamentepregnante come sono lemasse. Questo grande giocodellarotturaènecessario,èlanecessaria ipotesi dirovesciamento che attraversal' attuale condizione didisumanitàdelmondo.Poivi

sarà il lungo cammino dicostruzioneetica—infine,suquesta costruzione, potremopersino cominciare a pensarediaverfattolaverità.Peroranon ci resta chequesto cammino da iniziare:conunarotturafondamentale,che ci dica altro, che istaurialtrove la nostra umanità.Non siamo né reazionari néprogressisti, né avanti néindietro — ma fuori:

l’atto poetico èrivoluzionario, perchécostruisce nuova materiacollettiva. Questa vicendaleopardiana la viviamo tuttanelnostropresente.Nesiamocostretti. Che strana,formidabile sensazione,l’avvertire questa paternitàleopardiana del nostrodestino!Questonostromondodella sussunzione ripete ildisagio della seconda natura

di Leopardi e chiede, arisolverlo, lo stesso tipo dioperazione leopardiana.Molto più radicale, perchéimmediatamentecaricadiunadensità collettiva, di unatragediavitale,maialtrevoltepercepita con altrettantaevidente presenza. Ma nonmolto più intensa:l’anticipazione poetica ha insé compresso il dolore delfuturo. Che sciocchi i vari

Giordani, e anche altri purcondiscendentiamici,quandoconsiderano la malinconiadel Leopardi una malattia otalora quasi esibizione dicattivo umore — comunqueinfelicitàsoggettivadelpoeta.E invece no: quel dolore cicoinvolge tutti, quel dolore èquasi una profezia equell’ironia, quel sarcasmo,rivelano un’afflizioneprofonda e un sapere e il

preveggente sentimento diche cosa saranno pernoi l’insensatezza delrapporto fra significati el’assurdaevuotacanzonedelprogresso. Il Leopardi ci èvicino, inquesto suopresagosoffrire.

Non ci consola, né rendeideologica la vicenda, ilnostro buon poeta. Egli fissaontologicamente il problema— chiede che la metafisica,

nell’affrontarlo, ne tengapresenti, interamente,le dimensioni, le qualità, letonalità. L’ontologia deveessereraccontataattraversolafilosofia: ma prima di tuttoespressa, vissuta — e cioècostruita, fatta, attraverso lapoesia e l’azione etica. Ilmomentopiùimportantenellavicenda teoricadiLeopardièindubbiamente collocato nelsuo cammino di

avvicinamento al nulla, nelprocesso teorico che loconduce a riconosceregli effetti disastrosi della«dialettica dell’Illuminismo»—unascopertacheLeopardinonè ilsoloafare,nellasuaepoca, ma che certamente,eglisolo,riesceatrasformarein base di un accresciutoimpegno etico. Questaarticolazionedipessimismoedi ottimismo va sottratta al

giudizio negativo e allacollocazione statica chel’orgoglio filosofico cerca diimporreal rapportofra teoriaeprassi: inLeopardi la forzadel negativo è tale che,allimitedellasuapensabilità,mostra lamisteriosa tensionedella ricostruzione edell’alterità ontologiche.Vengano i signoridell’intelletto, dunque, aconfrontarsi con il Canto

notturno di un pastoreerrante dell'Asia o con Laginestra. L’orgogliofilosoficohabenpocodadiredavanti a questi capolavoridella ragione poetica — edetica.Perché—equidavverosiamo al punto più alto —questaragioneeticarifondalametafisica. Quanto era statorichiesto nel primoframmento di «programmasistematico dell’idealismo

tedesco»,unamitologiadellaragione etica, è qui daLeopardi realizzato.54Mentrelaquasitotalitàdellosviluppofilosoficotradiscelapropostadel primissimoidealismo lungo tutto ildiciannovesimo secolo,Leopardi — solo,straordinariamente solo e inuna situazionestraordinariamente marginale— percorre e realizza quel

programma. Solo, fradiciannovesimo e ventesimosecolo. Ammaestrata dalleterribili conseguenze di unavicenda storica impazzita,ecco infine anche la filosofiaraggiungere la coscienzaantidialettica della crisi:spesso, tuttavia,perchiudersiin essa. Con molta noia eterribile stanchezza: l’inerziadel pensiero negativo. Dicontro Leopardi percorre le

regioni del nulla, soffre lacatastrofe dell’illuminismo edella dialettica come solo lapoesia sa soffrire, ma non sichiude in questo mondo. Lapoesia glielo impedisce. Lapoesia lo distoglie. Egli vivel’intero arco del pensieromoderno e contemporaneodal punto di vista dellapoesia. Attraverso di essapenetra i precordi dellamistificazione e del disagio

del suo tempo—edi quelloavvenire— e critica il corsoassurdo e violento dellaperversioneeticacheaquellemistificazionieaqueldisagiosegue. Dal punto di vistadella poesia, dellastraordinarietà diun’eccezionale esperienza.Leopardi non consola:comprende. Non comprendela genericità della crisi,comprende la sua specificità:

gli effetti perversi delladialettica dell’Illuminismo ela necessaria analogaconclusione della dialetticatout court — vale a dire:finché l’uomo non rifiuta lanecessitàdelveroeconquistainvece la fatticità radicale,eticadelvero—bene,finoaquelpuntoeglisirivolterànelnullaenellamorte.Mentrelasolamanieraperliberarsi,dalnulla e dalla morte, è

comprenderli,manelsoffrirligarantire la passione, e fradisperazione e speranza, masempre incontro alla sorte, eallaconoscenza,ealveroeaisuoi simulacri, alzando lafronte, bene, dentro lepassioni, costruire, costruirerealtà. Il problema ècomunque fissatoontologicamente, analizzatofilosoficamente, risoltopoeticamente.

Spesso, e soprattutto inqueste ultime pagine,l’emersione poeticaleopardiana, nella suadionisiaca potenza, nella suaapollinea chiarezza, ci èsembrata misteriosa. Almaterialista spesso la poesiasembra misteriosa. «Ladifficoltà non consiste nelcomprendere che l’arte el’epos greci sono connessicon determinate forme di

svilupposociale.Ladifficoltàstanelfattocheessisuscitanoin noi tuttora un godimentoartistico e in un certo sensosono ancora consideratinorma e modelliineguagliabili».55 Ed unportento sembra la poesiamaterialistica. Ma questonostro stupore è solo unomaggio alla grande poesia.Difatto inessanonv’ènulladi misterioso — soprattutto

quando la poesia è guardatadal punto di vista delmaterialismo, e cioè dalpunto di vista del genereumano e della sua storia edella sua capacità ditrasformazione. È allorainfatti che la poesia si rivelaper quello che è: per questosuo essere divino. Non ci sistupiscedeldivino,perché losi vive, lo si è—questo dioinfelice che è la nostra

umanità, questa continuaricerca di inveramentoassoluto, una ricerca chenonsi conclude: tutto questo èlinea continua della nostraumanità: una ricerca che ciabbaglia a tratti, quando lavicendaesplodeinpoesia.Lapoesia è la rotturadell’esistente, del solidoesistentecheciabbraccia.Lapoesia è la portadell’avvenire. La poesia è

soprattutto un arricchimentodel nostro linguaggio, dellanostra coscienza,dellanostrapossibilità di dire e di fare.Nell’ultimo Leopardi laconsapevolezzadi tuttiquestielementi è intera: la rotturapoetica,l’innovazione ontologica,l’alternativa etica — e lacostruzione di un soggettocollettivo di questa nostravita,sullaviacheciportaalla

verità.Un soggetto collettivoche il poeta costruisce nellacompassione, costituiscenell’amore — di nuovo unaconcezione dell’uomo comedivinità infelice eprogrediente sul camminodel fare la verità — unalessinghiana ascesi.56Divinità, perché si rivelanell’amore dell’universalitàumana; infelice, perchéquesta universalità va

costruitadentroladurezzadelmondo, attraversando il nulladell’astrazione e dellareificazione dell’essere. Lapoesia è questo andare alpunto più profondo, èquesto scavare e scoprire untesoro vivo, un mineralericchissimo—chesaltafuoridalla terra e innova la nostraproduzione. La poesia è ilmondo che diviene nostro,per un attimo, per un tratto

— lo possediamo intero, inquel momento, senza che ilpossessositrasformiinsensodi potere — al contrario,consapevoli che quelrischiaramentodell’esserechesi è determinato è solounapossibilità di avanzare, eguardare,ecostruireledeboliresistenzediunamorechesivuole enorme e su questaenormitàsiprova.Leopardiciinsegna questa divinissima

umanaateaviadiliberazione.Eaquestoscopocomprende,nel mondo, queglisnodi dell’essere che sonoqualificanti— e li attraversa— e su questi snodi, dentro,in modo che ne vengonomille e mille profili, comedelle scie di riflettori chepercorrono il cielo, su questisnodi fissa la volontà dibellezza, e soprattutto lapotenza etica dell’ansia di

liberazione. La poesia rompela crosta dell’essere — percostruire nuovo e piùuniversaleessere.

NOTE

NoteallaPrefazione

1. F.Venturi, inStoriad'Italia, vol. III, «Dal primoSettecento all'Unità»,

Einaudi, Torino, 1973, pp.1402-1403.

2. In «Revuedes deuxmondes»,15 settembre1844,pp. 910 sgg. Ma vedi C.A.Sainte-Beuve, Leopardi, inPortraits contemporains,Didier,Paris,1855.

3. In «QuarterlyReview»,1850,March,orainW.E.Gladstone,Gleaningsofpast years, 1845-1876, JohnMurray, London, 1879, vol.

II,pp.65sgg.4. In «Athéneum

français»,IV,31marzo1855,η. 13, pp. 255 sgg. Ingenerale, sulla fortunaottocentesca di Leopardi inFrancia, vedi P. Hazard,Leopardi, Blond ed., Paris,1913.

5. In genere, sullafortuna di Leopardi inGermania, al di là delleindicazionipiùampiechenel

corso del nostro lavorodaremo,bastiquiricordarelepagine di F. Nietzsche, WirPhilologen, in Werke,Kritische Ausgabe. (Colli-Montinari), 4 Abt., I, Berlin,1967, p. 98 — dove èespressalaconsonanzaidealedel filosofo tedesco per ilpoeta italiano, sul comuneterreno filologico: «Leopardiè l’ideale moderno di unfilologo; i filologi tedeschi

non son capaci di far nulla».Ma la filologia è un vero eproprioterrenodiconsonanzaeuropea... Cfr. inoltre E.Caminati, Leopardi und diedeutsche Kritik, Freiburg,1949.

6. G.W.F. Hegel,Enciclopedia delle scienzefilosòfiche in compendio,trad. B. Croce, 3 ed., Bari,Laterza,1951,§258e§548.

7.E.Garin,Lafilosofia

come sapere storico, Bari,Laterza,1959,pp.83-84.

8. G.W.F. Hegel, Lascienza della logica, trad.A.Moni, Bari, Laterza, 1925,vol.I,pp.152-153.

9.Sitrattadiframmentidi Fr. Schlegel, citati da P.Szondi, nel suo Poésie etpoétique de l'idéalismeallemand, Paris, Minuit,1975,pp.99e108.

10. M. Heidegger,

Nietzsche, trad. francese,Gallimard,Paris,1971,vol.I,p.122.

11. G. Colli, Perun'enciclopedia di autoriclassici, Adelphi, Milano,1983,p.115.

NotedelCapitoloI

1.CantoI.Cfr.Peruzzi,pp.1-22.Perquantoriguarda

le fonti e le occasioni diquesto canto, cfr. Ghidetti inTΟ,vol,I,p.1424.Inoltre:L.Blasucci, Sulle due prìmecanzoni leopardiane, in«Giornale storico dellaletteratura italiana»,vol.138,1961;M.Ricciardi,GiacomoLeopardi: la logica dei«Canti», Franco Angeli,Milano,1984,cap.2.

2.ÈsoprattuttoaMarioRicciardi che dobbiamo,

nell’op. cit., una lettura delcantoAll'Italiaespressamenterivolta ad evidenziare ilrapportofrailtema«gloria»eil tema «pubblico».Ricciardisiappoggiainpropositoa treclassici della critica storica edella sociologia dellaconoscenzacheanchepermecostituiscono qui direttoriferimento:Kritik und Krisedi R. Koselleck (1959),Strukturwandel der

Oeffentlichkeit di J.Habermas (1962),Gesellschaftstruktur undSemantik di N. Luhmann(1980).IlvolumediRicciardiè molto importante per laprecisione con la qualel’autore affronta il tema«crisisoggetto». Qualcheriservapuòesseresollevatainriferimento alla troppostringente relazione posta frai tre canti:All'Italia, Bruto e

Saffo — noi preferiamo, inquesto primo Leopardi,cogliere una maggiorearticolazionedelproblema.

3. Non è un caso chePaul Hazard, poi segnalatosicome studioso della crisidella coscienza europea nelSettecento, abbia fra le sueprimeopereunattentostudiodel pensiero di GiacomoLeopardi (Blond, Parigi,1913). Egli colloca, con

estremapuntualità,ilpensierodi Leopardi nell’ambito delpensiero europeo,sottolineando l’importanzadell’adesioneleopardianaallacrisi di un’epoca che,«avendo perduto gli antichivalori, non ne ha ancoratrovatidinuovi»—èlacrisidellaRivoluzioneFrancese,acostituire la base della presadicoscienzaleopardiana,èlarivendicazione della felicità

(nelle nuove forme delpatriottismo) il tessuto dellaricostruzione del sognorivoluzionario diLeopardi. Ildiscorso di Paul Hazard (perle conclusioni che stiamoriassumendo, cfr. pp. 212sgg.)muovedallanecessitàdiaggiornare la lettura diLeopardisiarispettoainuovirisultati critici che,soprattutto, a fronte dellapubblicazione dello

Zibaldone. Questoaggiornamento ha lafreschezza di una prima, noneccezionale, ma vivacissimalettura. Molto importante èanche la parte che l' Hazarddedica a ripercorrere lafortuna europea di LeopardinellasecondametàdelsecoloXIX: queste pagine sonoestremamente informate enon hanno nulla da invidiarea quelle di Venturi (citate),

pur essendo redatte più dimezzo secolo prima. Aproposito di fortuna europea:vai la pena di riprendereun’indicazione di Hazard —nello «Spectator», 17febbraio 1833, supplemento,si può leggere, attorno aLeopardi, questa riflessione:«Non vorremmo nutrire leanime dei nostri concittadinidelleesagerazionidisperatediLeopardi, più di quanto non

vorremmo riempire i lorocorpi di hascisch»! Qualeformidabile anticipazione delgiudizio dei liberali italiani,contemporaneiedepigonidelRisorgimento, da Capponi aCroce?Masututtoquestopiùtardi.

4.B.Baczko,Lumièresde l'utopie, Gallimard, Paris,1978; J. Starobinski, 1789.Les emblèmes de la raison,Paris,1979.

5. Resta in propositofondamentale F. Meinecke,Die Entstehung desHistorismus, 2 ed., Monaco,1946. Com’è noto, in questolavoro, Meinecke cercò conqualche buona ragione didimostrare che lo storicismotedesco era un prodotto delpensiero individualizzante—collocando la sua genesi fratardo illuminismo erestaurazione, e ponendola

come indipendente dallosviluppo del pensierorivoluzionario. La polemicacontro la tradizionestoricistica che la filosofiahegeliana e posthegelianaavevaprodottoè chiarissima.Oggilaripresaditemisiffattiè all’ordine del giorno nelquadro della ripresa delpensieromoderato.Sivedanoin particolare i lavori di M.Gauchet,L'illusion lucide du

libéralisme, IntroductionaB.Constant,De la liberté chezlesmodernes,Paris,Hachette,1980; Tocqueville: sur lagenèse des démocraties, inLibre, 7, Paris, Payot, 1980.Si osservi che, studiando inquesti anni le opere diMadame De Staël, Leopardisembra avvertire il ruolomoderato della sua polemica(e come questo tono s’adattiin lei ai compiti immediati

della critica letteraria), fra latradizione sensistadell’illuminismo e le nuovedottrineepraticheromantiche— che, invece, in qualchemodo si presentavanoentrambe come ideologierivoluzionarie. Questo valesia sul terreno letterario chesu quello politico. Cfr. adogni modo, per questoperiodo, soprattutto lenotazionidelloZibaldone,pp.

88-99 (TO, vol. II, pp. 50-56):inquestepagine,afrontedel radicalissimo nihilismofilosofico che più avantianalizzeremo, Leopardisembra disporsi, sul terrenodellacritica letteraria, adunaspecie di «inerzia» estetica.PerquantoriguardaM.meDeStaël, S. Timpanaro,Classicismo e Illuminismonell'Ottocento italiano, Pisa,Nistri-Lischi,2a ed., 1969,p.

39, nota: «M. de S., peresempio, fu una grandedivulgatricediRousseauediHerder,eLeopardiaccolsedalei (come anche daChateaubriand) moltielementi russoiani eherderiani, senza per questolasciarsi attrarre dallasostanza religioso-moderatadel suo pensiero».Quest’induzione delTimpanaro, che si appoggia

all’intervento di A. Frattini(nel volume collettivoLeopardi e il Settecento,Firenze,1964,pp.269sgg.)ealcontributodiG.Moget,Enmarge du bi-centenaire deM.me de Staël: «Classiques»et Romantiques à Milan en1816 in: «La Pensée»,febbraio 1967, pp. 40 sgg.,sembra a me moltoottimistica. Sull’interavicenda del rapporto

leopardiano con la De Staël,vedi l’equilibrato M. Fubini,Giordani,Madame de Stàel,Leopardi, (1952), inRomanticismo italiano,Saggidi storia della critica e dellaletteratura, Bari, 1971. Vedianche F. Venturi, L'Italiafuori d'Italia, in Storiad'Italia, vol. III, Einaudi,Torino,1973,pp.1179-1181,che analizza largamente laCorinne della Madame De

Staël, insistendo, in accordocon il Fubini, sull’influenzaad ampio raggio diquest’opera. S. Gensini,Linguistica leopardiana, IlMulino, Bologna, 1984, pp.37-49, insiste sulleimplicazioni che LeopardifisserebbenelloZibaldonefrasocietà, lingua, cultura, econsidera tutto questodeterminarsi sulla basedell’insegnamento della De

Staël. Tuttavia anche ilGensini(p.256)ritiene,sullabase del Timpanaro, che ildiscorsodellaDeStaëlvalgaper Leopardi più comesollecitazione, come spunto,che come impronta delfilosofare.StessaposizioneinA.Prete,IlpensieropoetanteFeltrinelli, Milano, 1980, p.96; e in ogni caso vedi leosservazioni di S. Ravasi,LeopardietMadameDeStael

Milano,1910.Misembrachel’unica vera correzioneportataallatesidiTimpanaro,così largamente diffusa, siaquella proposta da N.Badaloni, La cultura, inStoria d'Italia, cit., vol. III,pp. 894-895. Il Badaloniritienechel’influssodellaDeStaëlnonvadamisuratotantosullecorrispondenzeletterarieche fra l’opera sua e quelladel Leopardi possono

verificarsi, quanto inriferimento al quadrogenerale che attraverso laDeStaël viene comunicato aLeopardi. Badaloni considerala De Staël fondamentalenella comunicazione dellafilosofia degli «Ideologues»ed inparticolaredel concettodi «seconda natura».S’intende che questasottolineatura dell’influenzadellaDeStaëlneevidenziail

carattere strutturale: qui,allora, termini come«spunto», «sollecitazione»ecc. assumono nuovosignificato. Cfr. in propositoB.Biral,Laposizionestoricadi G. Leopardi, 2a ed.,Einaudi. Torino, 1978,passim.

Analogoproblema,ecioèqual sia la valenza dellarecezione,siponeperquantoriguarda l’influenza della

nuova estetica e filosofiatedesca. Per la metafisica,vedilaseriediconsiderazionie di informazioni checominciamo a offrire, infra,alla nota 40 di questocapitolo. Per quanto riguardainvece la letteratura, si deveprobabilmente star moltoattenti a non esagerarel’importanza dell’influenzatedesca: cfr. in proposito M.Puppo, La «scoperta» del

romanticismo tedesco, inLettere italiane, XX, 1968,pp. 307 sgg. La conoscenzadella letteratura tedesca èmolto limitata, spessocostrettaaminorichetrovanosingolareeinaspettatafortunain Italia — ciò è appuntodovuto ad un grado diconoscenza dello sviluppodella letteratura tedesca deltutto superficiale. Per il tonogeneraledelladiscussionecfr.

I manifesti romantici del1816,acuradiC.Calcaterra,Classiciitaliani,vol.71,Utet,Torino,1951,eDiscussioniepolemiche sul Romanticismo,reprint a cura di A.M.Mutterle, 2 voll., Bari,Laterza, 1975. Nonsecondaria sarà comunque,anche in proposito,l’influenza esercitata da Del'Allemagne, sempredallaDeStaël, che Leopardi sembra

aver letto (nella3a ed. Parigi1815) almeno a partire dal1820. Nota bene M.A.Rigoni, Saggi sul pensieroleopardiano, CLEUP,Padova, 1982, p. 33, ma giàpp. 11 sgg., che con tuttaprobabilità Leopardi nonconosce direttamente né ilpensierodiSchillernéquellodi Federico Schlegel —malgrado le straordinarieaffinità che con i saggi

giovanili di quest’ultimo,relativi alla poetica, possonoverificarsi:«...ènotocheciòche Leopardi sapeva deiromantici tedeschi giungevaper il tramite diMadameDeStaël, ma è appuntosorprendente come egli fosseingradodirisalire,percontoproprio, al di là di questastessa mediazione, fino alle“fonti”, giungendo adimpressionanti consonanze,

su alcuni punti, con lariflessione del primo e piùgrande romanticismotedesco». Cfr. ora P. Szondi,Poésie et poétique del'idéalisme allemand,Minuit,Paris,1975,inparticolarepp.95sgg.

6. Sembrano,suquestetesi, concordare gli studistorici generali sul periodo(per tutti cfr. G. Candeloro,Storia dell'Italia moderna,

voll.IeII,Feltrinelli,Milano,1956 e 1958) e gli studiosileopardiani (fra i quali aquestopropositosivedano:S.Timpanaro, op. cit. e U.Carpi, Il poeta e la politica,Liguori, Napoli, 1978). Vediinoltre i contributi di S.J.Woolf, A. Caracciolo, N.Badaloni, F. Venturi,rispettivamente su storiapolitica, economica, culturalee sull’immaginario straniero,

che costituiscono il vol. 3della Storia d'Italia diEinaudi(Torino,1973).

7. Suquestopuntocfr.infra, se il problema vieneconsiderato in generale. Inparticolare, invece, perquantoriguardailriferimentoalla canzone petrarchescanelloZibaldone, vedi pp. 23,24, 29-30, 70, negli anni deiquali ci occupiamo (TO, vol.II,pp.16,17,21,45).

8. Il primo amore,Canto X. Cfr. Peruzzi, pp.249-265. Per le varie ipotesidi datazione, vedi Ghidetti,TO, vol. I, p. 1426 — checonclude considerandoprobabile il dicembre 1817.Per Peruzzi (come già per ilPorena) la versioneconclusivadeveessereinvecestabilita nella seconda metàdel 1818. Si noti, comunque,ladifficoltàdelleredazionidi

questaelegia.9. Oltre alla canzone

All’Italia, qui si considera ilCantoII:SoprailmonumentodiDante che si preparava inFirenze.Cfr.Peruzzi,pp.23-66. Composto a Recanati frail settembree l’ottobre1818:vedi Ghidetti, TO, vol. I, p.1425. Su questo Canto, e suquelli che gli stanno attorno,vedi il giudizio moltonegativo di W. Binni, nella

prefazione a TO, inparticolare p. XXXIV. Ingenerale, poi, sullapromozionedellafiguradelloscrittore nella letteraturaeuropea, e sullariconfigurazione del rapportomemoria-letteratura,autorepubblico, cfr. P.Benichou, Le sacre del'écrivain 1750-1830, JoséCorti,Paris,1873.

10. Sui riferimenti

interni allo sviluppoleopardiano, fra Canti eBatracomiomachia, cfr. oraL. Cellerino, Tecniche edetica del paradosso, Lerici,Cosenza,1980.

11. Canto XXXIX. Cfr.Peruzzi, pp. 589-609.Compostola Recanati franovembre e dicembre 1816.Ghidetti,p.1426(TO,vol.I):«È la rielaborazione delframmento iniziale della

cantica giovanile“Appressamentodellamorte”mai edita per interodall’autore».

12.CantoXXXVIII.Cfr.Peruzzi,pp.579-588.Sitrattadiquindiciversiestrattidauncomponimento di 91 versi,intitolato Elegia IV.Probabilmente composto nel1818.

13. BenedettoCroceciha lasciato, su Leopardi, due

saggi soprattutto:De Sanctise Schopenhauer (1902), orainSaggi filosofici III (SaggiosulloHegelealtriscritti),IVed. rivista, Laterza, Bari,1948, pp. 354-368; Poesia enon poesia, Laterza, Bari,1935. Le tesi di B. Crocesono elaborate, con qualcheeleganza e con più rispettodeitestidelpoeta,soprattuttodaSergioSolmi,delqualemipiace qui ricordare l'

Introduzione alle OperetteMorali, Torino, Einaudi-Ricciardi (1956), 1976, pp.241-262. La tesi è prestodetta, e qui la riportiamocome contrappunto a quantososteniamo nel testo.Condizionistorichechefannodi Leopardi un pensatoremarginale e pessimista: lachiusurastoricaepoliticadelperiodo rivoluzionario;l'illanguidimento e la

corruzionedellesperanze;«laproiezione di quella lungapausa di incertezza sulmicrocosmo di Recanati»;l'infermità fisica e «ilcomplesso di inibizioni,incompatibilità e rivoltech’essaportòconsé».Inoltre:nell'«isolamento della suaprima formazione» Leopardisisottraeanchealsuotempo,indugia nella dimensione«atemporale» della classicità

— «immagine statica dellavita». Di qui il rifiutoleopardiano, udite udite!, di«quell’intuizione della storiacomeprocesso indivenire»...«il cui concetto i grandifilosofi romantici, a lui quasiignoti ma istintivamenteavversati, stavano in queglistessi anni elaborando».Leopardi resta «atemporale»,classico... «Cercandol'oggettività pura giunge ad

una sorta di cristallizzazionedel suo campo visuale»...«Nontendeadistituire,nélopuò, una mediazionedialettica.Laveritàècheunamediazionesarebbeequivalsaadunagiustificazione,edunagiustificazione si sarebberisolta inunodiqueicomodicompromessi ch’eglirinfacciava alla filosofia deisuoi contemporanei». Èquindisuquestolimitechela

poesiadiLeopardi—chepurresta grande poesia — silibera:divienepoesiaquando,dimentica di filosofia, si farespirodell’anima,liricapuradell’emozione. Ecco dunquecome viene liquidato ilpensiero di Leopardi... Eccocome la sua poesia vieneconsiderata un premio per lasua debolezza filosofica...Salvo, naturalmente,soprattuttoattraversol’analisi

delle opere mature delLeopardi, e dell’ultima suagrande lirica, auspicare unsuo ritorno alla dialettica ed,anzi, leggere nella Ginestrauna sua possibile«consapevole accettazionedella nostra tormentatacondizione di uomini...». Aquesto proposito, e cioèguardando a questo ultimogiudizio del Solmi, non sipotrebbe essere maligni

nell'indicare una nonimpossibile convergenza(dialettica?) con gli interpretidel «Leopardi progressivo».Bizzarra è infine lacondizione nella quale sisviluppa questa critica:l’accusa di «atemporalità»rivolta alla filosofia diLeopardi mi ricorda l’accusadi «acosmismo» rivolta daHegel alla filosofia diSpinoza. Vale a dire che

questo stereotipo si ripete,ogni volta che un idealista sitrovadavantiallafilosofiadelmaterialismo: allora non sache ripetere questagiaculatoria! Su altriinterventi leopardiani diSolmi,cfr.infra.

Ma torniamo aBenedettoCroce. Che egli abbiacondotto una vera e propria«guerra ideologica» controLeopardisembraoraquasiun

luogo comune per gliinterpreti, sicché pochipotrebbero oggi emozionarsinel rileggere le pagine di G.Bollatiad Introduzione diG.Leopardi, Crestomaziaitaliana. La prosa, Einaudi,Torino, 1978, ed inparticolare pp. LXXIII-V,quando attacca in manierapesantissima la tradizionecrociana.InrealtàB.Croceèandato molto lontano nel

tentativodisvuotarelapoesialeopardiana di qualsiasicontenuto filosofico: meglio,per mostrare come lagrandezza dell’idillio fosseindifferente alla vuotezza delpensiero metafisico, è giuntofinoadattribuireallafilosofiadelle Operette l’ingiuriosoepiteto di «monaldesca». Inquesta miseria filosofica ilgeniopoeticovadunquefattorisaltare su una «vita

strozzata»... Com’è consuetofareognivoltacheilpensieroe la poesia romponol’indifferenzadel reale;comeèpatriotticofaredifronteallarottura leopardiana delRisorgimento italiano. Sututtoquestocfr.comunqueC.Luporini, Leopardiprogressivo, 2a ed., EditoriRiuniti, Roma, 1980, pp. 5,87, 93; A. Prete, op. cit. p.69.

14. Molto bene sullacentralità di questadimensione temporale e sullealternative del concetto«tempo» nella poesialeopardiana,M.Ricciardi,op.cit.,passim.

15. Peruzzi, p. 594,variante al verso 4 diSpentoildiurnoraggio.

16. A partire dallalettura di A. Kojève(Introduction à la lecture de

Hegel, Parigi, 1946)quest’interpretazione sembradivenuta canonica. Cfr. inognicasoA.Negri,Macchinatempo. Rompicapicostituzione liberazione,Feltrinelli,Milano, 1982, pp.253sgg.

17. G.W.F. Hegel,Fenomenologia dello spirito,trad. E. De Negri, vol. 1, p.24 e p. 38, 2a ed., La nuovaItalia, Firenze, 1960. Ma in

generalevediV.Verra,Storiae memoria in Hegel inIncidenza diHegel a cura diF.Tessitore,Morano,Napoli,1970,pp.341sgg.

18. Da ultimo cfr.l’edizione del celebreframmento dei tre autori inMythologie der Vernunft.Hegels «ältestesSystemprogramm» desdeutschenIdealismus,hrg.C.Jamme e H. Schneider,

Suhrkamp, Francoforte s.M.,1984.

19.Inparticolarecfr.J.Hyppolite, Introduction à laphilosophie de l'histoire deHegel, Paris, 1948; Etudessur Marx et Hegel, Paris,1955;A.Negri,Statoedirittonel giovane Hegel, Cedam,Padova, 1958; e per quantoriguarda la particolare speciedel classicismo di quegliautori: J. Taminiaux, La

nostalgiedelaGrèceàl'aubede l'idéalisme allemande. LeRegard et l'Excédent, M.Nijhoff,L’Aia,1982.

20. Cesare Luporini,con il suo Leopardiprogressivo (1947), ora:Editori Riuniti, Roma, 1980,eWalterBinni con il suoLaprotestadiLeopardi,Firenze,1971(maanchedigiàNuovapoetica leopardiana, Firenze,1947)hannopostofinalmente

fine a questo vezzointerpretativo. Quale che siala valutazione chedell’interpretazione«progressiva»delLeopardisivuoldare—eperquantomiriguardamoltesonledistanzeche ne prendo — pure èindiscutibile che gli studi diLuporinieBinnihannopostouna serie di sacrosantiinterdetti ed aperto alcunedirezionidiricercachenonsi

possonolasciare.21. Composto a

Recanati nel 1815. Cfr. iltesto in TO, vol. I, pp.769-868.

22. Composto aRecanati nel 1817. Cfr. iltesto in TO, vol. I, pp. 906-910.

23.Come,d’altrocanto,avviene negli autori cuiLeopardi si riferisce, di traquelli che dell’illuminismo

glisonocari.Vediingeneralei contributi e le indicazionibibliografichecontenutenegliAtti del Convegnointernazionale di Studileopardiani Leopardi e ilSettecento, Firenze, Olschki,1964, e, in questi atti,soprattuttoilcontribuitodiC.Galimberti, su Fontenelle eLeopardi.Ancheseconcertecautele,oppostoalnostroèilgiudizio di S. Solmi, a

proposito di questo Saggiosopragli errori,nell’op. cit.,p. 245. Per Solmil’atteggiamento leopardianosi sviluppa faticosamentenell’opposizione fra «rivoltailluministica contro l’errore»e «gusto divertito dellarievocazione di quellestravaganze». Inconciliabili eparalizzanti, sarebbero questiaspetti della considerazioneleopardiana... Mentre invece

sonounterrenodiimpegnoedisviluppocritico.

24. Fra i vari lavorisulla filologia leopardiana,oltre agli atti dei convegnileopardiani, si vedano ifondamentali: L. Scheel,Leopardi und die Antike,Monaco,1959;S.Timpanaro,La filologia di G. Leopardi,2a ed., Bari, 1978. Sulrapporto fra filologia elinguistica, cfr. ora S.

Gensini, Linguisticaleopardiana, Il Mulino,Bologna, 1984. Inquest’ultima opera vieneapertamente problematizzatoil nesso con la tradizionevichiana, sulla base,d’altronde, di una vastabibliografia.

25. Composta aRecanatinel1814.OrainTO,vol.I,pp.585-750.

26. Composta a

Recanati, sempre nel 1814.Ora in TO, vol. I, pp. 754-768.

27. Non voglionaturalmentequi addentrarmiin lunghe discussioni: mibasti il rinvio a quellaletteratura illuministica dellaquale Leopardi è tantotributario. Cfr. i testi citatisupraalla nota 23, nonché ilfondamentale M. De Poli,L'illuminismo nella

formazione del Leopardi, in«Belfagor», 5, 30 sett. 1974,pp. 511-546. Ciò solamenteper dire che il richiamo allatradizione delle storienaturali, come s’era venutaformando nella culturafrancese del XVIII secolo(Fontenelle, Buffon, ecc. —suquest’ultimo cfr.A.Prete,op. cit., pp. 162 sgg.; sulprimo L. Cellerino,Tecnicheed etica del paradosso, cit.,

passim), si combina qui conla ripresa del linguaggioscientifico (Galileo e la suascuola, in particolare) nellaformazione del modellostorico-pedagogico. Su altriautori dell’illuminismo e sullororapportoaLeopardi,cfr.per quanto riguardad’Holbach, S. Gensini, op.cit., pp. 34-40; La Mettrie,M.A.Rigoni,op.cit.,pp.57-66; infine su Locke, come

ispiratore dell'illuminismo, esull’uso leopardiano, A.Prete, op. cit., pp. 110 sgg.(NB: queste citazionivogliono solamente aiutare aricostruire citazioniproblematiche leopardiane,attenendosi agli studi piùrecenti). Non ultimanotazione, né meno utile, èquella qui sollecitata da A.Prete, op. cit., p. 130:contemporanea alla

conoscenza ed all’uso dialcuni fondamentali terminidelpensieroilluministicoèinLeopardi la critica delladialettica dell’illuminismo.Può essere dunque vero(come sottolineano moltidegliinterpretiaccademici—anche fra i meglio attrezzatied indipendenti) che ognianalogia del pensiero diLeopardi con posizioni dellascuola di Francoforte è

ingiustificata (chequest’analogia sia stataportataavanti,siapureconlemigliori intenzioni, pure,spesso, con il piccone, dapartedimoltiamiciinterpreti:questo lo si deve ammettere)e che gli ambiti dellosviluppo filosofico siano totocoelo diversi. Detto ciò,tuttavia,piegaticiainecessarielementidiunadisciplinanontanto accademica quanto

adeguata alla comunicazione,aggiungiamo: è altrettantofuori dubbio chel’interpretazione leopardianadelle risultanzedell’illuminismoripetequelladei massimi autori dellascuola di Francoforte.Obiezione: pur concessoquesto, e cioè la ripetizioneletterale di certi motivi,qualora non si ritenga (comesembra difficile fare) che

Adorno e Horkheimerabbiano plagiato Leopardi,occorre ammettere cheprobabilmente l’angolazionedella critica leopardiana èdiversa, radicalmente diversadaquelladeifrancofortesi—pur ammettendo l’identità dimotivi. Siamo, avanti aquesta obiezione,completamente d’accordo: lacritica dei francofortesiriguarda la «sussunzione

reale» della società nelcapitale, quella di Leopardisolo la «sussunzioneformale».Perché l’identitàdimotivi? Questo ci sembra ilproblema da porre. Sulproblema delle continuità frail pensiero di Leopardi e ilpensiero illuministico ingenerale, ottime sono leindicazioni che, sotto varierubriche, offre F. Brioschi,«Politica» e «metafisica» nel

Leopardi, in ACME, Annalidella Facoltà di Lettere eFilosofia dell'Università diMilano, vol. XXV, fase. II,maggio-agosto1972,pp.141-212. Sull’articolo diBrioschitorneremo nel prosieguo delnostrolavoro.

28.Ingenere,suquestasintesi formativa,concordanounpo’tuttigliautoridistoriadello storicismo e dellastoriografia.Cfr. inproposito

A. Negri, Saggi sullostoricismo tedesco,Feltrinelli,Milano, 1959.Main particolare, su Herder, lepagine che gli dedica F.Meinecke, op. cit. nonché l'Introduzione di F. Venturi aHerder, Ancora una filosofiadella storia per l'educazionedell'umanità,Einaudi,Torino,1951.

29. È soprattutto allalettura neoromantica di

TheodorHaering,Hegel,seinWollenundseinWerk,Lipsia,2 voll., 1929 e 1936, nonchéagli innumerevolicommentari ed edizioni di J.Hoffmeister,chequisirinvia.

30. Composta fra il 19maggioeil18giugno1815aRecanati. Ora in TΟ, vol. I,pp. 869-875. Una lettura checoglie la complessità e lediverse alternative implicitenell’Orazione è quella di S.

Gensini,op.cit.,p.186.31. Questo sviluppo è

largamentedocumentatonellafilosofia contemporanea,essenzialmente sulla basedella critica antihegelianasollevata da Husserl e daHeidegger. Comunque, aquesto proposito, libriinteressanti mi sembranoquellosullaHegelsOntologiedi H. Marcuse e ilKrisis diM. Cacciari: per dare gli

estremi,fraglianni’30e’70,diundibattitocheètuttoraincorso.

32. Bene, inproposito,Giorgio Agamben, Illinguaggio e la morte,Einaudi, Torino, 1982.Ma èevidentemente alleErläuterungen zu HölderlinsDichtung, di M. Heidegger,che qui ci si riferisceprincipalmente.

33. È chiaramente

difficile una univocadefinizionedigiacobino,odigiacobismo,nelmezzodiunapolemica che infuria e chenon accenna a chiudersi. Daultimo cfr. le ipotesi di M.Ozouf, L'héritage jacobin in«LeDébat»,Paris,Gallimard,n. 13, juin, 1981. Per quantomi riguarda, sul terrenostorico,mitengovolentieriaitermini definitori che, daposizioni opposte, hanno

elaborato Jean Pierre Faye eFrançois Furet. Lacontraddizione di questedefinizioni, il positivo e ilnegativo che esse scoprono,sono altrettanto importanti edimostranosoloilfattochelapolemica storiografica ècorretta e che la materia èdialettica. Ciò detto, debbodichiarare quello che iointendo, nel contesto, pergiacobino: ed è il

comportamento radicale,connesso ad un’ideologia ditrasformazione,basatosuunaconcezioneeticadelvero.

34. Lo dimotra con laconsuetaperiziaM.Ricciardi,op. cit.. Vale la pena qui,proprio perché del libro diRicciardi tanto ci serviamo,sollevareunabrevecriticaadun concetto che egli, nelcorso della sua trattazione,cerca di costruire. È il

concetto di «privatezza» —che il Ricciardi assume, conqualche prudenza inizialemapoi sempre piùesplicitamente,dallapropostateorica diAgnesHeller.Ora,a me non sembra che innessun caso il concetto diindividualità che vieneformandosi, attraversol'esperienza dell’eroico, inLeopardi, possa esserericondotto a quello di

privatezza. Leopardi nonconosce questo concettoperché viene da unatradizione nobiliare che taleconcetto disconosce; non vaverso quel concetto, perché,al contrario, cerca nella suaultima opera di sviluppareappieno una concezioneontologica alternativa dellacomunità umana; nonattraversa neppurel’esperienzadell’individualità

come privatezza, poichéattraversa invece il concettodiindividualità,disingolarità,come crisi, come campo diforze strutturalmentecollocate e collettivamentesignificanti.Sututtoquestociintratterremolargamente.

35.Vaquinotatochelastoriografia, amplissima, diW.Diltheyedellasuascuolaha segnalatoquestodécalagefra Francia e Germania nella

recezione dell’illuminismo(almeno di quello politico erazionalista), dellarivoluzione e dellacontrorivoluzione. Non è unparadosso dire chel’illuminismoelarivoluzionefuronoconosciuti,piùchepervie dirette, soprattuttoattraverso l’opera deicontrorivoluzionari Burke eRehberg. E perché nonparlare di quel formidabile

paradossale libretto che fuChristenheit oder Europa diNovalis?

36. Da Recanati, 7maggio1816.OrainTO,vol.I,pp.876-878.

37. Da Recanati, 18luglio1816.OrainTO,vol.I,pp.879-882.

38. Coloro che hannostudiato la linguistica inLeopardi sono giuntid’accordo su questo punto:

per tutti, nuovamente, vedi ilrecente Linguisticaleopardiana di S. Gensini(cit.); nonché T. Bolelli,Leopardi linguista, inStudiesaggi linguistici, XVI (suppl.a L'Italia dialettale, vol.XXXIX), Roma, 1976, (ora,Leopardi linguista ed altrisaggi, Firenze-Messina,1982).

39. Sul rapporto diHegel alla rivoluzione

francese, cfr. i saggi di J.Hyppolite,giàcit.,nonchéP.Ritter, Hegel und diefranzösischeRevolution,Kölnund Opladen, 1957: questodal punto di vista filologico.Dalpuntodivistadelmerito,tutto Hegel andrebbeconsiderato qui, o almenotutto il suo pensiero politico,che è un continuo confrontoconlagranderivoluzione:daiprimisaggigiuridiciepolitici

dell’iniziodelsecolofinoalleLezionidifilosofiadeldiritto,fino al tardo scritto sul«Reformbill»inglese.

40. Osserveremo nelcorso del nostro lavoro iluoghi nei quali, soprattuttonello Zibaldone, Leopardisegnala la sua confusanozione del nuovo sviluppodellametafisicatedesca.Vedicomunque, supra, nota 5nonché, infra, nota 66 di

questocapitolo.Vedianchelanota 94 del cap. III, acommento del richiamo aKant «ed alla sua setta», nelDiscorso sopra lo statopresente dei costumi degliitaliani.Oltre agli studi citatinelle note che qui abbiamoricordato si possono trovarevarie ed ampie annotazionisulle letture filosofiche diLeopardi, in F. Brioschi,«Politico»e«Metafisico»nel

Leopardi, inACME, cit., pp.169-178, in particolare:riguardo ai forti sospettileopardiani a proposito deitedeschi.A titolo diversomaabbastanza omogeneo nelriferimento a singoli aspettidel pensierokantiano, cfr.C.Luporini, op. cit., p. 92; A.Prete, op. cit., p. 93; S.Gensini,op. cit., p. 263. È amioavvisosoloN.Badaloni,op. cit., p. 896, che coglie

l’elemento fondamentale delrapporto leopardiano con lafilosofia critica: collocandoloa livello del problema delcompletamento dell’esteticatrascendentale attraverso loschematismo della ragione.Torneremo su questoargomento ampiamente, mafin d’ora va sottolineatal’enorme importanza chequesto passaggio assumenell’esperienza teorica di

Leopardi. In generale poi,salvo appunto ritornarvi, sitenga fin d’ora presenteZibaldone, pp. 105, 350,1242, 1351, 1352 (ΤΟ, vol.II,pp.58,133,362,392).

41.Lettere26e32.(Perla citazione delle lettere ciriferiamoallanumerazionediBinni-Ghidetti nel vol. I diTO. Salvo in questo caso, ecioè quando la data e ilcorrispondente sono segnati

nel testo, al numero dellalettera, in nota, faremoseguireanchequeglielementidiindicazione.)

42. Sull’elemento«fichtiano» nella definizioneeroica delle passioni nelprimo Leopardi varrebbe lapena di soffermarsi piùlargamente, non certo perchéesistanoreferenzedirettefraidue autori, ma perché nellastoria del gusto

contemporaneo (se è dalromanticismo che ilcontemporaneopuòdatarsi)ilruolodellafilosofiadiFichte,del suo individualismoeroico, del suo patriottismofilosofico, del prometeismoontologico, è enorme. Ilrapporto non superficiale fraleposizionidiFichteequelledel primo Leopardi è sentitodaA.Tilgher,La filosofia diLeopardi, (1940), Bologna,

1979. Apprezzamento perl’opera di Tilgher esprimonoCesareLuporini (op. cit., pp.67, 73, 74) e A. Prete (op.cit., p. 27): altoapprezzamento per ledeterminazioni interpretative,manonperlospiritogeneraleche anima il lavoro diTilgher, inutilmentepreoccupato (al di là dellecaratteristichedelsuostile)dicogliere contraddizioni

irresolubili nel pensieroleopardiano. Sicchéall’aspetto fichtiano siaccompagnerebbe unariflessione piuttosto intimistaepascalianaecc.ecc.Ècertotuttavia che, percorrettamente valutarel’interpretazione di Tilgher,occorrerebbepreventivamente criticare lospirito generale che animaval’interpretazione leopardiana

negli anni ’30 —interpretazione antifilosofica,ancheladdoveessapervenivaacogliereaspettifilosoficinelpensiero leopardiano.«Passione vera per laspeculazione,ilLeopardinonebbemai.Non studiò nessungrande sistema filosofico...»:quest’affermazione di G.Gentile(ManzonieLeopardi,Sansoni,Firenze,1937,p.46)può essere assunta ad

emblema di una lettura certoegemonica. Ora Tilgher(come già, forse,parzialmente eparadossalmente Gentile aproposito delle Operette: ilsuo fare critico era più altodella riflessione) comincia illavorodianalisifilosoficasulLeopardi. I suoi limiti,consistenti, non tolgono ilmerito di questo inizio. Laradicale innovazione

interpretativa apportata dalLuporininel’48devemoltoaTilgher. Sulla collocazionedello studio di Tilgherrispettoallostatodellacriticaleopardiana negli anni ’30,cfr.l'IntroduzionediM.Boniallanuovaedizione.

43. Lettera 5, aFrancesco Cancellieri,Recanati,15aprile1815.

44. Sulla posizionestorica di Pietro Giordani, e

sul suoambiente ingenerale,oltrealvolumediTimpanaro,citatoallanota6,hovisto:N.Badaloni, La Cultura, inStoria d'Italia, Einaudi, vol.III, Dal primo Settecentoall’Unità, Torino, 1973; U.Carpi, Letteratura e societànella Toscana delRisorgimento.Gliintellettualidell'Antologia,Bari,1974;A.Ferraris, Letteratura eimpegno civile nell'

«Antologia», Padova, 1978;e, soprattutto, M. Fubini,Giordani,MadameDe Staël,Leopardi (1952), inRomanticismo italiano, Bari,1971. Ma vedi anche U.Carpi, II poeta e la politica,cit., pp. 135-138, e S.Timpanaro,Antileopardianieneomoderati della sinistraitaliana,in«Belfagor»,1976,1, pp. 1-32. Mi sembra che,malgrado le obiezioni di

Timpanaro, la tesi del Carpisu un’ipotesi di riformapolitica, incentrata sui nobili,da parte del Giordani, eperciò polemica con ilprogetto borghese diVieusseux, siasostanzialmente da accettare.Vedi comunque sull’interoproblema del rapporto fraLeopardieGiordani,B.Biral,op.cit.,cap. I epassim, e F.Brioschi,art.cit.,passim.

45. Lettera49,aPietroGiordani, Recanati, 10ottobre1817.

46. Indefinitivamente,ma sollevando terribile noia,risorge il tentativo dicostruire, attraverso la storiadella letteratura e dellafilosofia, il proprio«particulare», l’ideologia delpropriopartito,la«verità»peripropriscolarieper lagentecomune. Così, nei confronti

di Leopardi, consolidatasi(mapoiappannatasi) la famadi «progressivo», ora sivorrebbeaffibbiargliquelladi«gramsciano tout court». Edal momento che il terrenopoeticononèaquesto scopotroppo praticabile, i«gramsciani» di turno (nellafattispecieStefanoGensini e,com’egli pretende, i suoicondiscepoli alla scuola diTullio De Mauro) scavano

ora sul terreno dellalinguistica. Una manieracome un’altra, anzi, piùbirichina,osesivuoleastuta,perché più ontologicamenteconnotata,di legareLeopardiad una memoria: la loro,quella dei gramsciani.Peccato! Questi sforzi, senzariuscireadintaccareilgrossoed inesauribile pessimismodella volontà di Leopardi,servono solo ad indebolire la

forza di dimostrazione dilavoriperaltriversiegregi.

47. Lettera47,aPietroGiordani, Recanati, 26settembre1817.

48. G.W.F.Hegel,DieVerfassung Deutschlands, inSchriften zur Politik undRechtsphilosophie, a cura diG.Lasson,Lipsia,1923(trad.C. Cesa, Einaudi, Torino,1972).

49. Lettera79,aPietro

Giordani, Recanati, 27novembre1818.

50. Nella suaintroduzione a TO, cit., W.Binni insistemolto (pp. 28 e30-32) sull’importanzadell'influenza di Alfieri sulgiovane Leopardi. Influenzaindubbia e verificatalargamentenell 'epistolario enello Zibaldone. Ma in chesenso? A mio avviso qui ènecessario ben chiarirsi,

perché lenuances divengonofondamentali. Mi spiego:Binni, ma già Luporini,considerano l’importanteinfluenza dell’Alfieri comedecisivanel sensodidefinirein termini progressivi, diottimismo della volontà, lafilosofia e la poeticaleopardiane. L’influenzaalfieriana sarebbe dunque unincentivo ad un passaggiodialettico nello spirito del

poeta. A mequest’interpretazione sembracorretta: ma solo se la siconsidera transitoria — nonqualificazionepermanentedelpensiero leopardiano masemplice incentivo ad unesperimento dialettico, nellafase appunto che precede lacomposizione dell'Infinito.Centrali, sulle caratteristichenondialettichedelpensierodiLeopardi, le notazioni di

Timpanaro, in polemica conLuporini e Binni, proprio suquesto tema e sullecaratteristiche delmaterialismo leopardiano (Ilpensiero di Leopardi, ora inClassicismo e illuminismo,cit.). Oltre all’Alfieri vaconsiderata l’influenza(cheame sembra svolgersi nellastessa direzione, e consignificato ancor piùesplicito) del Foscolo: su

questo argomento cfr. MarioRicciardi, op. cit., passim(molto bene). Ancora suquesto tema vedi comunquele equilibrate pagine di N.Badaloni, op. cit., p. 899:Alfieri, ilnobilee ildotto—epoi p. 908, suFoscolo e lacrisigiacobina:ossia ilpoetadavanti alla realtà dellasconfitta, della crisi, e lapoesia del pessimismostorico. Ma è qui, appunto,

anche di fronte ad approccicritici così misurati, che laproblematica diventaabbastanzadifficiledatenere:perché Leopardi sembradavvero, con un rigoreassoluto, rifiutare ogniparadigma.Ilnobileeildotto(alfieriani): divengono inLeopardi una tensioneinsopprimibile, che cancellatuttiglielementidiequilibrioche pure, al rapporto fra

nobiltà, dottrina e riforma, ilGiordani dettava; la crisi ela determinazione di viverla(foscoliane): in Leopardi laragionenonèmaipessimista,la storia non è reversibile—potrà essere insensata, il suoorizzonte indifferente, ma laragione non accetta la crisi,meglio, per la ragionenonesiste lacrisi.Nonesistela crisi come condizioneinaccettabile e quindi

non esiste la necessità dirifiutarla, di fuggirla. Ilplatonismo, il senso staticodel mito dell’ultimaproduzione foscoliana, Legrazie, sono inconcepibili,semplicemente inconcepibili,in Leopardi. Di contro,ancora una volta, mentrestiamo considerando ilrapporto del Leopardi con isuoi immediatiantecedenti poetici, possiamo

coglierel’analogiachestringela sua singolarissimaposizione e quellahölderliniana. Il «regno deifini» — ecco come sipresenta l'«infinito» nellasingolarissimainterpretazionehölderliniana della propostakantianaenellacrisigeneticadelpensierodialettico(cfr.L.Goldmann, CommunautéhumaineetuniverschezKant,Paris, 1948): un infinito che

nonèsegnodialcunafinalità,di alcuna teleologia, ma chesemplicemente sipresenta come orizzontescientifico e conoscitivo e,conseguentemente, cometensioneetica.Uninfinitocheè tessuto dal singolarissimorapporto fra essere e mito,dalla straordinaria continuitàstorica coniugata alladiscontinuità ontologica, framemoria ed utopia — in

Hölderlin.EinLeopardi.51. Lettera62,aPietro

Giordani, Recanati, 2 marzo1818. Ma vedi anche lelettere60e61,almedesimo,del 16 gennaio e del 13febbraio1818.

52. Lettere 65, 67, 68,69, 71, 72, 75, 74: letteretutterivolteaPietroGiordanilungoil1818,daRecanati.

53.Lettera77,aPietroGiordani, Recanati, 19

ottobre 1818.Ma vedi anchelettere 101, 102, 104, almedesimo, rispettivamentedel15,19e22marzo1819.

54. Lettere 78 e 79: aPietroGiordani,Recanati,9e27novembre1818.

55.Lettere81,83,86:aPietro Giordani, Recanati, il14 dicembre e il giorno diNatale 1818, il 18 gennaio1819.

56. Lettere 89 e 90: a

VincenzoMonti,Recanati,12febbraio1819.

57. Lettera94,aPietroGiordani, Recanati, 19febbraio1819.

58. Lettere 115, 116,117, 118: a Pietro Giordani,Recanati, 28 maggio, 4 e 21giugno,26luglio1818.

59. Lettere 120 e 121,ovvero le lettere della fuga,lasciate a Recanati, senzadata, ma alla fine del luglio,

rispettivamente a Carlo e aMonaldoLeopardi.

60. Cfr. anche GuidoCeronetti,La vita apparente,Adelphi, Milano, 1982, inparticolare pp. 112-116. Amio avviso, qui, troppo èconsiderato illivello metafisico dellaintuizione di Kafka, rispettoalle «grandi angosce» del«grande vinto» Leopardi —forse, così dicendo, non si

percepisce che ladifferenzanonè fra l’avereeil non avere una metafisica,ma fra due metafisichediversamenteorientate.Restoil fatto che la metafisica diLeopardinonèinnessuncasoconsolatoria. Cfr. infra, nota3alcap.III.

61. Lettera 123, aSaverio Broglio d’Ajano,Recanati,13agosto1819.

62.Lettere126e130,a

PietroGiordani,Recanati, 20agostoe13settembre1819.

63. Canto XII. CfrPeruzzi, pp. 271-274.L’idillio è composto aRecanati nella primavera-autunno 1819. Si veda làlettura dell’idillio di L.Blasucci,Leopardi e i serialidell'«Infinito», in «Strumenticritici», 36-37, ottobre1978, dove un’accuratissimaanalisi stilistica conduce agli

stessi risultati della nostraanalisi filosofica del Canto:«valore fondante dell'Infinito», poetica rivelatricedi strutture permanenti,riproduzione di questetematiche e diquesti problemi, ecc. ecc.Comunque, vedi anche,alcune delle Noterelle di B.Biral nell’op. cit., pp. 217sgg., nonché il notevolissimoapprocciodiA.Prete,op.cit.,

pp.48sgg.64.Epoichégliappunti

che più interessano sono piùtardi, nel periodo 1820-21,l’operazione di richiamo èstata fatta esplicitamente àrébours: forse con troppoentusiasmo! Cfr. comunqueW.Binni,inTO,pp.17e37-40.

65. Zibaldone, p. 84(TO,vol.II,pp.49-50).

66. R. Koffler, Kant,

Leopardi and Gorgon Truth,in«TheJournalofAestheticsand Art Criticism», XXX,1971, pp. 27-33; e AntimoNegri,Leopardie la filosofiadiKant,in«Trimestre»,V,4,1979, pp. 475-491. Kofflerinsiste con molta precisionesulle relazioni impliciteintercorrenti fra la teoriapoetica (la teoriadell’immaginazione)kantianaelapoeticaleopardiana.Ora,

tenendopresentechelateoriadell’immaginazione è ilcoronamento,insieme antifenomenistico edantidialettico, dell’operafilosofica kantiana,s’intende l’importanza diquesto confronto. AntimoNegri attenua il rapporto: ilsuo contributo è comunqueimportante dal punto di vistafilologico (statodellaquestione,diffusionedel

kantismo ed in genere dellaletteratura filosofica tedescainItalia,traduzioni...).Masul«kantismo» di Leopardi —semmaisenepotràparlare—ritorneremoinfra,nelcorsodiquestolavoro:diKant,infatti,a noi sembra che Leopardiripeta le caratteristichecritiche, analitiche,trascendentali, solo nellamisura, tuttavia, in cui essesiano articolate strettamente

sugli atteggiamentiilluministici — espressi conquell’eccezionale vigore cheèpropriodiscritticomeWasist Aufklärung? Vedi altreindicazioni ed altri rinvii,supra,cap.I,nota40.

67. Misiapermessodirinviare ad un testorelativamente recente, nelquale questa problematica èlargamente interpretata: M.Theunissen,Sein und Schein.

Der Kritische Funktion derhege Ischen Logik,Shurkamp, Frankfurt,1980.Già le classiche letturedi Kojève e di Hyppoliteavevanotuttaviaillustratoconchiarezza questafondamentale ambiguitàhegeliana. La tematica dellaBestimmtheit e dellaBestimmung è presente inHegel fin dai primi scritti.Ora, la tensione al controllo

della determinazione passivasi spinge, nellafilosofia hegeliana, fino alparadosso del paradigma «ilreale è razionale» — unparadigma che può reggereestreme esemplificazioni,meglio, addirittura inversionidel senso delladeterminazione — frequentinelpensieromaturodiHegele soprattutto nella suafilosofia della storia. La

determinazione attiva,nel piegarsi e nel volere adogni costo comprendere ladeterminazione passiva, siriferisce prima, si riduce poi,alpuroesemplicefattuale—un effettuale, uno qualsiasi,così come si presenta sullascena dell’essere. Ildeterminanteèildeterminato:è dunque un circolo viziosoquello che si definisce. Lostoricismo,e inparticolare lo

storicismo reazionario delladestra hegeliana edella cultura italiana delNovecento, sembra averinterpretato pienamentequesta sequenza. È fuoridubbio che nelle letturecrociane,storicisticheetaloraanche gramsciane delLeopardi, si sente un grossogustoper l’effettualitàstorica—finoalpuntodispingerelapoetica leopardiananel regno

marginale di un’elementareesteticità, emozionalità,passionalità (un’altra facciadel vitalismo edell’economismo elementariche costituiscono lo sfondodellavicendastoricaesocialedegli uomini, secondo ildettato crociano, direzioneinterpretativa, questa, deltutto inaccettabile: perchéLeopardi mai accettòappuntol’effettualitàstorica.

68.Cfr.G.Agambenedil suo lavoro citato alla nota32,supra.

69. W.Binni, inTOp.XVII. Ma vedi,paradossalmented’accordosuquesta interpretazione, sia iprogressisti che i teorici dipoesia/non poesia,nella fattispecie Luporini eSolmi.SullevariabilisensisteinLeopardiesullefontidallequali trae elementi sensisti,

torneremo comunque a piùriprese infra. Cfr. in ognicaso, a questo proposito,l’importante L. Derla, Lateoria del piacere nellaformazionedelpensierodiG.Leopardi, in «Rivista criticadi storia della filosofia»,aprile-giugno 1972, fase. II,pp.148-169.Tuttavia,poichéquiperlaprimavoltacitiamoDerla (il cui lavoro è statoutile nell’impostazione

del mio) mi sia permessaun’annotazione generale,anticipando in questa notaalcune delle riflessioni chefaremo più avanti.Analizzando la teoria delpiacerenelprimoperiododelpensiero leopardiano Derlaperviene alla definizione nontanto delle fonti quantodell’innovazione leopardiana:la «scoperta» consiste in una«diagnosidell’infelicità»,non

comedeviazionestoricadallanatura bensì comeapparizione della«insostanzialità storica edontologica dell’uomo».Quella leopardiana è «laprima rappresentazioneobiettiva, nella nostra culturamoderna, delladerealizzazione dell’umanonell’era dellarazionalità borghese» (p.168). Questa conclusione di

Derla è da me accettata esviluppata nel Cap. II, 4, diquesto lavoro. Ma il limitedella lettura di Derlaconsiste nel conchiudere lateoriadelpiacere leopardianain un unico nucleosistematico—quelloappuntoindicato. Conclusione da merespinta, non perché vi sianomoltevariantidellateoriadelpiacere in Leopardi (e daquesto punto di vista la

polemica di Derla— p. 148— contro le tre teorie delpiacere che Tilgherpretendevadipoterdefinire,ècorretta) ma perché losviluppo sistematico delnucleo fondamentale èmoltopiù vasto di quanto qui sivoglia riconoscere. Diconseguenza, altro è lariduzione ad una «strutturaprofonda»di cuiparlaDerla;altro è la dinamica sempre

aperta del leopardianoprincipio del piacere, lesuccessivecatastrofi cheessasperimenta, irovesciamenti teorici cheimplica. Insomma, lametafisica leopardiana non sichiudesullateoriadelpiacereelaborata nel 1820 né nellasua dimensione profonda,né in un’eventualedimensionesuperficiale.

70. Suquestoelemento

dell’esperienza poeticaleopardiana torneremo,poiché esso è fondamentale.Mafind’oravanotato(ediolo faccio in riferimento allalettura di Georges Bataille,L’expérience intérieure,1943, nuova ed. rinnovata ecorretta, Parigi, 1954) come,in Leopardi, il rapportofinito/infinito, cosìcaratteristico della poesiamoderna, si strappi alla

dialettica negativa.L’esperienza interiore, chepur nasce in Leopardi comecontrastoconilmondo,nonèsolo negazione, nuditàassoluta, rifiuto dellacomunità — non èun’esperienza mistica,completamente laica ma,appunto, rivoltaall’esaurimento, insiemeteorico e poetico, dell’io.Vedremo Leopardi passare

attraverso la dialetticanegativa, lo vedremo viverela tragedia del rapportofra universo dellacomunicazione eannullamento del significato(Bataille simuove, in questocaso, esemplificando fraNietzsche e Rimbaud), cosìcome l’abbiamo visto vivereil supplizio della fuga edell’insuccesso: ma nonridursi a questo — bensì

recuperare positivamente ilrapportoconl’essere.

71. Questovivere «daldidentro»l’avventurapoeticanon si limita al terrenoontologico. Più avantiaffronteremo il rapportoermeneutico che collega ilpensiero di Leopardi allastoriadellacultura,alpassatopoetico come al futurodell’ideologia edella cultura.Quibisognanotareche,come

ogni grande poeta, ancheLeopardicostruiscelapropriastoriaeipropriprecursorieipropri successori. Non sitratta semplicemente dunquedi porre il problema dellastoriadellacriticaleopardiana(a proposito: il capitolodedicato a Leopardi da E.Bigi inClassici italiani nellastoria della critica, vol. II,Firenze, 1962, è essenziale),quanto di intendere il

«cosmo» che la volontàconoscitiva, poetica emetafisica di Leopardi,costituisce—«daldidentro»,dal basso, insommacollegando il filo della storiaal proprio singolare esistere.Su questo problema, ingenerale, tieni presente leosservazioni di.H. Bloom,L’angoscia dell’influenza.Una teoria della poesia,Feltrinelli, Milano, 1983, in

part.pp.22sgg.72.Vedil’importanteB.

Biral,Laposizione storicadiLeopardi,cit.,pp.52sgg.:Lacrisi dell’anno 1821. Il miorichiamo a Descartes non èqui un espediente retorico:come altrove ho ricordato(Descartes politico o dellaragionevole ideologia,Milano, Feltrinelli, 1970),anche Descartes parte dalproblemadellamemoria,edè

solo all’interno dellacoscienza della sua rotturache il genio metafisico silibera. In età cartesiana ilproblema della memoria èposto dalla crisi dellarivoluzione rinascimentale,qui dalla crisi dellarivoluzione illuministica. Leanalogie si fermano qui,perchélasoluzionecartesianadelproblemadellamemoriaèuna soluzione dialettica,

anche se «imperfettamente»dialettica.

73. Canto XIV. Cfr.Peruzzi, pp. 287-292. IdilliocompostoaRecanatinel1819(«or volge l’anno...»). Sullacorrezionedeiversifinali,cfr.PeruzzieBinni, IntroduzioneaTO,pp.37-38,delvol.I.

74.CantoXXXVII.Cfr.Peruzzi, pp. 567-578. Ilframmento è definitivamentecomposto, dopo varie

redazioni, nel 1819 aRecanati. Nelle varieredazioni restra centrale il«Ma sola...» del v . 26, cherichiama fortemente il temadell’Idillio contemporaneo(CantoXIV).

75.Cfr.G.Macchia,Lacaduta della luna, Milano,Mondadori,1973.

76. Quest’affermazionedell’io è nella grande lineadell’idealismo soggettivo —

di quella posizione filosoficache, per essere idealistica,non è tuttavianecessariamenteipostatica.Siconsideri ad esempio ilvescovo Berkeley e ilsuoidealismofinzionistico,ilgiovane Schelling e il suotitanismocontrolanaturaelascienza,l’ultimoWittgensteine il solipsismo amaro nelqualesitrincera:inognunadiqueste posizioni c’è una

versione dell’idealismosoggettivo che tanto èirriducibile all’altra quantotutte insiemesono irriducibiliall’idealismo assoluto,ipostatico, totalitario.L’idealismo soggettivo è, daquestopuntodivista,piùcheuna concezione complessivadell’essere, unacondizione fenomenologica,unostatodellospirito (cosìèad esempio concepito nella

Storia della filosofia perproblemi, diW.Windelband,che in propositoragionevolmente riprende uncriterio usuale negli storicidel suo tempo, fra Diltheye Lotze). Mi sia tuttaviaconsentita un’ulterioreannotazione, sempre aquesto proposito. NelloZibaldone, fra il giugno del1820 e il gennaio del 1821,Leopardi accenna ad

un’alternativa filosofica: valea dire che oppone unapossibile «ultrafilosofia» aduna effettiva «mezzafilosofia», l’ideale di unafilosofiainteraediunpopolodi filosofi naturali e — dicontro — la realtà di unamezza filosofia che permettedi vivere ma che non liberadall’errore. Adentrambe Leopardi opponeuna «vera» filosofia, ovvero

la coscienza soggettivadell’illusione. (Su questiconcetti cfr. S. Timpanaro,Classicismo e illuminismo,cit., pp. 96-99; U. Carpi, Ilpoeta e la politica, cit., pp.103-105.) Ora, a me sembrache questo complesso didistinzioni sia praticabile espiegabile solo sevieneriportatoadunamatricesoggettiva, solo se vieneinterpretato alla luce di

una concezione aperta delsoggetto. Insomma, Leopardisi strappa qui ad unateleologia negativaaffermando il soggetto comelimite — non ultimativo,ma,percosìdire,preventivo.Il rifiuto dell’utopica«ultrafilosofia» puòandareassiemeaquellodellavolgare «mezza filosofia»solo se la distruzionedeterminata da queste due

potenze negative èanticipatamente scontratadall’affermazione delsoggetto. Si veda, a questoproposito, saltando lalimitazione imposta al testodal fatto di esser legato alloschema tradizionale dellescuole letterarie, ilcontributodi P. Fasano, Leopardicontroromantico, in «IlPonte», luglio 1971, pp. 818sgg. — dove la ragione,

ovvero l’affermazionerazionaledelsoggetto,èvistacome base (dice Fasano,dell’entusiasmo, delromanticismo;noipreferiamodire)dellaproduzioneedellapoetica.

77. Composto, nellaprimaparte,il27marzo1818aRecanati,mentrelasecondaparte è conclusa in agosto.Cfr. il testoinTO,vol.I,pp.914-948.IlLeopardirisponde

alle Osservazioni delCavalier di Breme sullapoesia moderna che eranoapparse nello «Spettatoreitaliano» del 1° e del 15gennaio 1818. Cfr., perquanto riguarda il contestodella discussione, I manifestiromanticidel1816, a curadiCarlo Calcaterra, Utet,Torino, 1951 (Classiciitaliani, n. 71); e l’edizionedelDiscorso diG. Leopardi,

a cura di E. Mazzali, conintroduzione di F. Flora, eun’antologia romantica,Bologna, Cappelli,1957.Vedicomunquelanota«Finisco in questo punto dileggere le Osservazioni diLudovico di Breme...» inZibaldone, pp. 15 sgg. (TO,vol.II,p.10sgg.).

78. J. Derrida,L'écriture et la différence(1967),Seuil,Paris,1979.

79. M. Ricciardi, op.cit.,passim.Vediinpropositoil suocorretto rinvioalle tesidi G. Carchia, Lalegittimazione dell'arte,Napoli, 1982, in part. pp. 63sgg.

80.Valforselapenaditentare un giudizio sullaletteratura che,ampia, possediamo attorno aquesto passaggio dell’attivitàleopardiana. Si tratta della

collocazione del pensiero edella figuradiLeopardinellatradizionale classificazionedelle scuole letterarie. Ma,appunto, il vero interessenasce non appena questalettura disciplinare vienesuperata, come in generaleaccade fra gli interpreticontemporanei.Leanalisipiùaccurate, e più complete ,sembrano quelle diU.Carpi,Ilpoetaelapolitica,cit.,pp.

83sgg.,equelladiM.Fubini,Giordani Madame De StaèlLeopardi, cit., maindubbiamente è di B. Biral,Laposizionestorica,cit., pp.3-29,laposizionepiùcorrettae, a mio avviso, piùcondividibile. Per Biral,Leopardi è un «romantico»,quandotuttaviadentroquestoparadigma venga compresal’interscambiabilitàcreativa di contenuti e forme

del pensiero (pensieropoetante e poesia filosofante:vedi A. Prete, op. cit.).Attorno alla definizione diLeopardi come«romantico»,omeno,sisonoincrociate le armi. Fubini, ènoto, considera Leopardi unpreromantico, non ancorasganciato dalla tradizioneclassica, ma capace difar rivivere questa nel suo«primitivismo» poetico;

Binni, al contrario, sceglieladizioneeclettica«classico-romantico»; Timpanarol’approfondisce in«classicoprogressivo»; infineP. Fasano, op. cit., comeabbiamo visto, opta per«una ragione che produceentusiasmo»... Insomma, nonmi sembra che questadiscussionediagranrisultato.Considerando i tre terminirispetto ai quali la nostra

analisi si è sviluppata(inversione, dislocamento einnovazione, rispetto altessuto continuo dellatematica estetica a Leopardicontemporanea) mi sembrache in queste interpretazionisicolganobene leoperazionidi inversione e didislocamento compiute daLeopardi (infine, per unintervento equilibrato, checomprende tutti questi

elementi, cfr. A. Tartaro,Giacomo Leopardi , in: AA.VV., Storia della letteraturaitaliana, diretta da C.Muscetta,IlprimoOttocento,Laterza, Bari, 1978), non sicolga invece l’operazionedi innovazione. Quantoquest’ultima operazione siaprofonda, èevidentemente nel testo chedovràessereprovato:cibastiqui, a commento della

letteratura citata, ricordarecome spesso venganoschiacciatesuunpositivisticoorizzonte le mosse creativedella poesia. Non solopolemicamente maesemplarmente ci sembranoimportanti, quindi, posizionianche declamatorie, alla G.Bollati, per esaltarequell’irriducibile emergenzapoetica (pagine che, invece,vannoaldilàdelbuonsenso

ed attingono ad unasproporzionata ferociapolitica sono quelle che ilCarpi dedica al giudiziodell’operadelBollati:op.cit.,pp.94-97).

81. Sui temi dellacontinuità, fondamentaleresta, a mio avviso, J.G.Robertson, Studies in theGenesis of Romantic Theoryin the EightheenCentury, Cambridge

University Press, 1924. Perquanto riguarda piùspecificamentel’Italia,cfr.U.Bosco, Preromanticismo eromanticismo, inQuestioni ecorrenti di storia letteraria,Milano, 1949. Ma non è aquesta continuità che quisoprattutto si allude, bensì aquellachecriticamenteèstatamessa in luce nel saggio diAdorno e Horkheimer,Dialettica dell'Aufklärung —

la continuità, cioè, di unprogetto astratto di dominiodellanaturaedellospirito.Leforme culturali simodificanoa fronte della permanenza diun processo irresistibile didominio, che si pretende, informa mistificata, sviluppodella ragione. La conquistache il capitalismo compiedella società, nel suo lungocorso,ècosìvistasecondountracciato che riduce le

sovrastrutture culturali escientifiche a passaggimateriali. Fra tardoilluminismo e romanticismoassistiamo ad una provagenerale di questo spettacolo— che si ripeteràinstancabilmente lungo ilsecolo XIX e XX. Finché ilsensodistruttivodelprocessonon è diventato più evidentedelle sue pretese facoltàemancipatrici.

82. Dal prossimocapitolo cominceremo aleggere lo Zibaldone e saràquindi nel corso di quellalettura che il rapportoproblematico materialismo-mitologia sarà affrontato.Date le enormi implicazioniirrazionalistichecheattornoaquesto tema si sonosviluppate, non da ultimoanche all’internodell’interpretazione

leopardiana, vorrei quituttavia anticipatamentericordare alcuni testi cheritengo fondamentali per ladefinizione, in generale, delconcetto di mito e dimitologia: AA. W., Terrorund Spiel. Probleme derMythen-rezeption, a cura diM. Fuhrmann, München,Fink, 1971 (H.Blumenberg, J. Boilack, O.Marquard, R. Warning, H.R.

Jauss, H. Weinrich, ecc.);H. Blumenberg, Arbeit amMythos,Frankfurta/M,1979;Frank Manfred,Der Kommende Gott.Vorlesungen über die neueMythologie, Suhrkamp,Frankfurt a/M., 1983; AA.VV., Mythos und Moderne.Begriff und Bild einerRekonstruktion, a cura diK.H. Bohrer, Suhrkamp,Frankfurta/M,1983.

83. È a Cassirer che,com’è noto, dobbiamol’illustrazione dellaconnessione e della dialetticainterna fra razionalismo,senso e sentimento — neisuoi scritti sull’illuminismo,la filosofia scozzese, latradizione neoplatonicainglese,ecc.,eneisuoiscrittisulla dinamica delle formesimboliche: Philosophie derAufklärung, (1932), laNuova

Italia, Firenze, e SimboloMito Cultura, Bari, Laterza,1981. In Italia questi studi,che così intimamentelegavano conseguenzematerialistiche alla filosofiadel sentimento o del sensomorale, furono introdotti,contro la cultura idealisticadominante, da Manlio M.Rossi e soprattutto damaterialisti a tutta provacome G. Della Volpe e G.

Preti (con i loro lavori suHumeeSmith).Echiaroche,perquantoriguardaLeopardi,la concezione di questimotivi, se recepita,nonpotràche esserlo attraversol'approfondimento dellostudio delle correntisensistiche dell’Illuminismofrancese. In generale, suqueste, cfr. il contributocomplessivo (e la relativabibliografia) di P. Casini,

Storia della filosofia, direttada Mario Dal Pra, vol. 8,Milano, Vallardi, 1974. Amia conoscenza mancatuttavia uno studio che, apartire dalle analisiseicentesche delle «passionsde Paine», conduca alladefinizione materialistica delrapporto fra sensi, passioni econsolidamento razionaledelleidee—cosìcomeessoèvenuto sviluppandosi fra la

culturadeiLumiequelladelprimo Ottocento. Meglio,analisi siffatte esistonoperquantoriguardalaculturatedesca,edinparticolarequelpassaggio fondamentale chein essa è rappresentato daHerder, non esistono inveceper la cultura francese. Inproposito (ma su questointerverremo più tardi), sonoimportanti gli studi sullosviluppo delle teorie

linguistichedell’etàdeiLumi.84. È chiaro che qui ci

riferiamo alla necessitàteoricadiuna rottura interna,di un «clinamen»,nell’esperienza delmaterialismo. Il discorso,quindi, non vuole avereparticolari dimostrazionifilologiche:anzi,dalpuntodivista filologico, valgono,sotto vari aspetti, leconclusioni di S. Timpanaro

(Leopardi e i filosofi antichi,inClassicismoe Illuminismo,cit.);apropositodiLucrezio,pp.222-223,dopoavernotatola profonda consonanzasentimentale e poetica fra idue poeti, Timpanaro nota:«Ma altro è l’affinitàspirituale, altro la lettura e laderivazione diretta... se negliultimi anni, quandononannotavapiùnientenelloZibaldone e aveva cessato di

elencare le proprie letture, ilLeopardiabbialettoLucrezioè impossibile stabilire». Perquanto riguarda Epicuro, pp.219-222, altrettali sono leconclusioni delTimpanaro: «Il Leopardi,come sappiamo, si nutrìmoltissimo di filosofiaepicurea settecentesca masentì, a quel che pare,scarsamente l’esigenza dirisalire direttamente ad

EpicuroeaLucrezio». (Avràpur ragione Timpanaro,eppure non riesco su questopunto a dimenticarel’introduzionediC.Marchesialla sua edizione di Lucrezioo le pagine che gli dedicanella Storia dellaletteratura latina.) Aproposito del pensiero degliantichi in generale, cfr.Timpanaro, p. 228: «Noncredo di aver sopravvalutato

l’influssodellafilosofiagrecasul pensiero leopardiano. Imaestri prediletti di filosofiafuronosempreperilLeopardii materialisti e i sensisti delsecolo XVIII, conosciutiattraverso i loro avversaricattolici, poi direttamente.Tuttavia almeno due contatticol pensiero greco hannoavuto per l’evoluzioneideologica del Leopardiun’importanza essenziale: la

scoperta del pessimismoantico, che mise in crisi ilmitodell’antichitàfelice,tuttaazione,illusioneepoesia;elalettura dei filosofi ellenisti,che offrì al Leopardi ilmodello di una saggezzarassegnata,dicuieglisentìlasuggestione specialmentenegliannidal ’23al ’27,pursenza mai aderirviinteramente. Ma ancheesperienze meno profonde,

come la lettura di Platone equella—assaipiùlimitata—diAristotele,esercitaronosulpensiero del Leopardi,soprattuttoinsensopolemico,un’influenza di cui bisognatener conto». La pagina delTimpanaro è senza dubbioesemplare per il suoequilibrio critico. Mi sembratuttaviachetrarredallaletturadei filosofi antichiconseguenze per la teoria

leopardiana sia comunquepericoloso,ancheselaletturaresta misurata. Tipiche inproposito le confusioni delDe Sanctis, a proposito dellamorale stoica e di quella delManuale di Epitteto —confusioni che sono appuntoricordate da C. Luporini,op.cit., pp. 81-82. Insomma,meglio trattenersi allasuggestione, alla capacità dirielaborazione poetica,

meglio osare riferirsi — perdirneuna (ed il rinvio è aL.Cellerino,op.cit.,p. 159)—al soggetto attivo nellaGinestracomeaun«Epicuroleopardiano».

85. Il riferimento alnotopassodiSenofonte(«seibuoi potessero dipingerefarebbero gli Dei di naturabovina...»)èinTO,vol.II,p.943.

86. Ad Angelo Mai,

quand’ebbe trovato i libri diCicerone Delia Repubblica.Canto III. Cfr. Peruzzi, pp.67-106.CompostoaRecanatinelgennaio-febbraio1820.

87. Karl Lowith, DaHegel a Nietzsche, Lafrattura rivoluzionaria nelpensiero del secolo XIX(1949), Einaudi, Torino,1959.

88. Gilles Deleuze,Nietzsche et la philosophie,

PUF,Paris,1962.89. Singolarissime

analogie si possonorintracciare tra il pensiero diG.LeopardiequellodiJacobBurckhardt, anche se la loroattività è sfasata nel secolodiciannovesimo, vivendo ilprimo la prima metà, ilsecondo la seconda metà. ÈG.Colli,Perun’antologiadiautori classici, Adelphi,Milano, 1983, in particolare

congliarticoliapp.129sgg.,che mi ha sollecitatoall’accostamento. DiBurckhardt si vedano inparticolare le Considerazionisulla storia del mondo,Bompiani, Milano, 1945,nonché i volumi curatiappunto dal Colli nella suacollezione (EnciclopediaBoringhieri).ComeLeopardi,Burckhardt vive in unambiente provinciale

(svizzero), come Leopardipartecipa alla costruzionedella grande filologiacontemporanea, comeLeopardiconcepisceillavoroletterario in strettaconnessione con l’ansiapersonale della soluzione delproblemadella vita e pone ilproblemadell’attivitàcreativadel ricercatore come centralenell’attività scientifica. Lacrisi del tempo storico e

della memoria sono perentrambi centrodella ricerca:che è dire la crisi dellarivoluzione francese e laconseguente riflessione sullatragica conclusionedella dialetticadell’illuminismo esull’insostenibile sviluppodella nascente civilizzazionecapitalistica.IlpessimismodiBurckhardt, già discusso conl’amico Nietzsche, è da

questo punto di vista, comeman mano diverrà inLeopardi, un’arma per laricostruzionedelmondodellavita. Sia qui permessa unacitazione che ci è cara:«BurckhardtèoggipiùvicinoanoidiRanke...noiabbiamofatto l’esperienzadell’aspettonotturno della storiauniversale ad un grado cheRanke non aveva néconosciuto né sospettato.

Burckhardt è proceduto piùprofondamente e piùincisivamente nel caratterestorico della sua età ed èriuscito perciò a meglioprevedere ciò che dovevaavvenire. L’orribile pitturache Burckhardt, del futuro,non ha mai cessato ditratteggiare negli anni ’70 e’80, noi l’abbiamovissuta...»(Fr. Meinecke, Ranke undBurckhardt, in Deutsche

Akademie der Wissenschaftzu Berlin, Schriften undVortràge n. 27, Berlino,1948).

90. Cfr.supranote81-83.Dopoaver là ricordato laricostruzione postromanticadell’Illuminismo, e lariaffermazione delle suedifferenze, cosìcome soprattutto E. Cassirerha fatto, ci sia qui permessodi ricordare l’opera di altri

due fondatori della modernainterpretazione del XVIIIsecolo:W.Dilthey,delqualesi veda II secolo XVIII e ilmondo storico (1901),ComunitàMilano, 1967, eP.Hazard, La crisi dellacoscienza europea, (1934),Milano, 1969. Questereferenze per dire: a. ilgiudizio leopardiano sulmondostoricoeinparticolaresul mondo illuministico è

complesso, comprende cioèl’Illuminismo comerazionalismoma anche comecostruzione della «secondanatura»; b. la denuncia delrazionalismononcoinvolgela«seconda natura», il mondodel sentimento ecc., ma anziliattraversa; c. il pensiero diLeopardi non siconfonde quindi mai con ilrifiuto storicistico edidealistico dell’Illuminismo.

Leopardi vive la «secondanatura»elasuauscitadaessanonèunafuga;d.èbensìunospiazzamento, non un fittiziosuperamento, come avvienenegli idealisti che finisconoper ripetere le dinamicheperverse della Aufklärung.Tutto questo d riporta alleipotesi di Adorno o diHorkheimer checostituiscono, aquesto proposito, un

riferimento centrale per lanostra ricerca. M.A. Rigoni,op.cit.,p.63,notacome«intutta l’opera di Leopardi nonvisiaunasolacitazionedaunpensatore illuminista chenonabbia un significatonegativo»: ma ciò nonsignifica gran che e nonsignifica comunqueun’inclinazioneirrazionalistica del pensieroleopardiano.Ilrapportoèben

più complesso: èappuntoquellodelladialetticadell’Illuminismo.

91. È qui forse ilmomento di sollecitarequalche riflessione sullacostellazione Leopardi-Nietzsche. Innanzi tutto imateriali.SuNietzschelettorediLeopardi,cfr.A.Prete,op.cit., p. 65, che ricorda,citando dalle Operedi Nietzsche (a cura di G.

Colli, e M. Montinari,Milano, Adelphi), ilparagrafo 1 della II delleInattuali(Vol.3,TomoI,pp.262-272); Appunti per «Noifilologi», 3 (23), inFrammenti postumi 1875-1876 (4, 1, pp. 93, 114);Wagner a Beyreutk (4, 1, p.74);Frammentipostumi, cit.,p. 187; La gaia scienza,libro 2, (5, 2, pp. 100-101).Inoltre cfr. S. Solmi,Studi e

nuovi studileopardiani, Ricciardi,Milano-Napoli,1975,pp.158sgg.; S. Timpanaro, LafilologiadiLeopardi,Laterza,Bari, 1977, pp. 187-189;M.A. Rigoni, op. cit., pp.36,40,62,65,66,83.Moltoimportante è l’intervento diTimpanaro; limitato allasottolineatura di assonanze,ma non perciò trascurabile,quello di Rigoni. Se

consideriamo alcune dellepagine di Nietzsche nellequali appare il riferimento aLeopardi,edinparticolareLagaia scienza, pp. 101-103,avvertiamo subito la tonalitàdel suo discorso. Leopardi èricordato come autore digrande prosa: e la prosa è laregistrazione di unasituazione metafisica nonrisolubile, dal punto di vistaoggettivo — dal punto di

vista soggettivo, la prosa èattività di liberazione.Leopardi è «un italiano» chesa, contro le miserie dellavita,trasformarecoseserieingioco e la sofferenza in riso.È nel corso delle riflessioniche concludono alladichiarazione della «morte diDio» che Nietzschericonquista continuamente ilsuo rapporto con Leopardi.Nietzsche vive, sia pure

dentro una dimensionetemporale scalata di mezzosecolo, il medesimopassaggio, insieme, diposizione e di crisi delladialettica che ha vissutoLeopardi. Ma dentro questaimmagine della «morte diDio», e dentro l'irresolubifitàdel concetto di infinito,Nietzsche, forse, coglie unpassaggio più alto neldramma dialettico: la

plasticitàdellasuaprevisionesembra toccare, per dirla intermini marxiani, il livellodella «sussunzione reale»,mentre in Leopardi è la«sussunzione formale» chegiustifica il discorso.Un’altra annotazione misembra valga qui fare: ed èche La gaia scienza,indubbiamente libroleopardiano, è anche il libropiùspinozianoeillibromeno

schopenhaueriano diNietzsche(pp.100-107).Valea dire che qui iltrascendimento eroicodell’indifferenza, l’appariredella grande passione comebeneinsé,nonhannonullaache fare con il genio o lacompassione, hanno bensì ache fare con l’innocenza el’ottimismodellaragione(cfr.ancora in proposito pp. 191-192 e 215). Davvero mi

chiedo se Nietzsche nonavrebbe potuto scrivere diLeopardiquellochescrivediSpinoza:«Iohounprecursoreecherazzadiprecursore!».

92. Sul rapportoMontesquieu-Leopardi cfr.passim (spesso infattidovremo affrontare questorapporto, tanto intimo alloZibaldone ed in genereal pensiero di Leopardi).Sulla continuità natura-storia

di cui si dice nel testo, vedisoprattutto L. Althusser,Montesquieu. Le politique etl'histoire, Puf, Paris, 1959.Già dal 1820 è la letturaleopardiana delleConsiderationssurlescausesdelagrandeurdesromainsetde leur décadence (sullecaratteristiche fondamentalidi questa lettura vedi infraalla nota 31 del cap.V).Delmedesimo anno è la lettura

leopardiana dell’Essai sur legout dans les choses de lanature et de l'art diMontesquieu(sullespecificitàdella lettura leopardiana diquestosaggio infravedi nota36delcap.II).

93. Il rinvio ènuovamente alle posizioni diHeidegger e di Marcuse,sull’ontologia del tempocome centrale nella filosofiadell’idealismo classico,

già ricordate supra alle note16 e 31. Vorrei qui porreun’altraquestione,edèquelladi comprendere quale possaessere il contributo che, aquesta interiorità del tempoalla poesia leopardiana,hanno portato le filosofiecontemporanee romantiche.Vale a dire che qui ci sipotrebbe chiedere quanto ilrinnovamento romanticodell’idea del tempo del

cristianesimo, quantol’interpretazione reazionariadel concetto ecclesiale deltempo, siano stati importantinellacostruzionedeldiscorsoleopardiano. (Per quantoriguardaingenereilnucleodipensiero filosofico sul tempoe sulla storia che si forma inFrancia a cavallo dellasconfitta napoleonica, cfr.PaulBénichou,Le temps desprophètes.Doctrinesde l'àge

romantique Gallimard, Paris,1977 — un testodavveropocotradizionalemaimportantissimo per laricchezza di spunti cheoffre.) Ora non mi sembrache la risposta alle questioniposte possa esserepositiva. Leopardi è certocontinuamentesollecitatoallostudio dei romantici e deireazionari cattolici,soprattutto nell’ambiente

familiare:ma la suadiversitàda quest’impostazione èradicale. Se influenza vi puòessere, essa non corre lungole trafile della coscienza edello studiodiLeopardi—èinquestocasoquell’influenzache fa parte delle coordinatedel tempo. Ma allora non cisi potrebbe chiedere,inversamenteaquantofinquifatto, fino a che puntoil pensiero laico e

rivoluzionarioabbiastrappatoal cristianesimo, e filtratoper la stessa reazione, quelconcetto ontologico deltempo?

94. Che disagio, ogniqualvolta si tratta dipolemizzare con gli autoridell’interpretazioneprogressiva del Leopardi!Con il Binni, Luporini,Timpanaro, Biral e tutti glialtri!Vièunprimoelemento

di imbarazzo: vienfuoriquandosiavvertechelagenerosissima esperienzainterpretativa da loro vissutanon è comunicabile.Noi nonviviamo più una battagliarisorgimentale!A.AsorRosalohagiustamentesottolineatonella sua Sintesi di storiadella letteratura italiana,Firenze, Nuova Italia, 1972,pp. 339 sgg., — anche senon si capisce bene perché,

ponendo come centrale ilriferimento europeo perla sensibilità poeticaleopardiana, nel contemposvaluti la direzione etica ela pregnanza politicadell’opera dell’ultimoLeopardi.Fondamentalerestacomunque il riferimento allivello europeo. Ma questoriferimento non può certoesseresoloformale:inquestocaso esso varrebbe a

legittimare unaqualche surrettizia forma dirinnovato crocianesimo. No,il riferimento al livelloeuropeo è un riferimento cheimplica la dimensione eticadel discorso dell’ultimoLeopardi e l’inserimento diquesta sul contesto europeodella crisi della dialettica.Oltre il riferimento formaleall’Europa c’è, su questadimensione, la lotta anti-

dialettica. Un secondomomento di imbarazzoconsiste nell’osservare lasterilità dell’interpretazioneprogressista. Dopo infatti laprimafaseeroicaci troviamodifronteoadun’accettazionegenerica e insignificante (percui posizioni cromaticamenteopposte possono riposare sulmedesimo «posizionamento»storico: cfr. ad es. l’ipotesiRigoni-Cioran!) o ad una

banalizzazione politica, chedico!, partitica, delprogressismo (cfr. ad es. lapolemica fraC. Salinari e E.Sanguineti in «Criticamarxista», 1974, n° 4, pp.183-206).Davveronon è piùtempoperquesto:èilcasodiriconoscere che questi ultimiprocedimenti,conl’acquadelbagno,hannogettatoancheilbambino.

NotedelCapitoloII

1. Lettera 153, daRecanati,s.d.,maframaggioegiugno1820.

2. Lettera150,aPietroBrighenti,28aprile1820.

3. Lettera133,aPietroGiordani,daRecanati.

4. Lettera 135, allostesso,Recanati,17dicembre1819.

5. Lettera143,aPietro

Giordani, Recanati, 6 marzo1820.

6. Lettera 146, allostesso, Recanati, 20 marzo1820.

7. Lettera 156, allostesso, Recanati, 30 giugno1820.

8. Zibaldone,p.8(TO,vol.II,p.6).

9. Alludo al metodohusserliano, almeno a quelloche E. Husserl sviluppa fra

Formale und transzendentaleLogik del ’29, Meditationscartesiennes del 1931 e laKrisis der europäischenWissenschaften (1935-1937,anchesepubblicataneglianni’50). Lungi da me,evidentemente, l’intenzionedi fare di Leopardi un«anticipatore», soprattutto inun campo così specialisticocom’è quello della filosofiafenomenologica. La mia

insistenza riguarda un altro efondamentale punto: lacostruzione della «secondanatura», la relazioneintercambiabile che ilpensiero pone con il suooggetto nella produzione diun ambiente naturale del suosviluppo... Ora, avrei potuto,in proposito, riferirmi adunapagina di N. Badaloni (op.cit.,pp.891-892),quand’egli,assumendo l’analisi che

Marx, nelle Teorie delplusvalore,compiedell’operadi Destutt de Tracy, mostracome il concettodi«secondanatura» non sia altro cheespressione dell’ideologiacapitalistica quand’essapretendealla«produzioneperlaproduzione»—senonl’hofatto, non è perché consideroquell’intuizione scorretta oimpropria,masemplicementeperché la considero

incompleta. Vedremo megliol’intera questione quandoparleremodell’influenzadellafilosofia degli ideologues sulpensierodiLeopardi.Perorabasti aggiungere questo: la«seconda natura» èconsiderata da Leopardi nonsemplicemente come unorizzonte ideologico, bensìcome una condizionefenomenologica. Valgonoquindi le leggi costitutive

della struttura, nel descriverela «seconda natura»: leggi diimplicazione, leggi diproduzione, leggi costitutive.La «seconda natura» è unamistificazione — ma unamistificazione distruttiva (hadistruttolaprimanaturaenoinon la troviamo più), unamistificazione efficace (noiviviamo e riproduciamo,vivendo, la «secondanatura»). La fenomenologia

ci insegna a comprenderealcuni dei meccanismi chepresiedono a questaleopardianaraffigurazionedelmondo.Cfr.comunque,infra,n.17alcapitoloV.

10. Oltre ai riferimentifatti all’opera di Habermasnel cap. I (supra), per ladefinizione del concetto diOeffentlichkeit, cfr. ilfondamentale O. Negt e A.Kluge, Oeffentlichkeit und

Erfahrung, Suhrkamp,Frankfurt, 1972. Che ilconcetto di pubblico, dipubblicità, di comunicazionesiaessenzialealladefinizionedella forma dell’esperienzanell’epoca della sussunzionecapitalistica della società,cioènelpostmoderno,cioèinogni postulazionedell’universo mondano come«seconda natura», sembra anoi affermazione da ritenere

comefondamentalenelnostrostudio. Negli anni ’70 èsoprattuttolafilosofiatedescache si è affaticata su questitemi—daHabermasaNegt,appunto, ma poi anche conApel, Tugendhat, Luhmann,Theunissenecc.

11. Come in B. Croce(cfr.supranota13delCap.I)così in G. Gentile (nelManzoni e Leopardi cit.)l’appiattimento del pensiero

di Leopardi nell’isolamentoprovinciale e marginale ècosa fatta ed acquisita.EppureG.Gentilepoteva,permolti versi, essere meglioattrezzato di B. Croce percomprendere Leopardi. Inprimo luogo perchél’attenzione di Gentile alrapporto della filosofiaitaliana con quella europea èsempre stato fortissimo: e sespessoquestorapportoèstato

bruciato sull’altare dellastoria universale, pureil senso e la determinazionedell’anticipazione e dellafunzione fondativadelpensieroitalianorispettoaquello europeo (corrispettivodella anticipazione dei tempidellacivilizzazionemateriale)erano ampiamente avvertiti.Inoltre, a diversità che inCroce, in Gentile vive unsentimento non formale

della rivoluzionerisorgimentale e si riproducespesso (e spesso nellaconfusione) l’idea che essaliberiilpensieroitalianodalladrammatica strozzaturaseguita alla crisi dellaRinascenza. In secondoluogo, nel suo Proemioall’edizione Zanichelli delleOperette morali, (Bologna1918), Gentile percepisce ilritmo logico della poesia di

Leopardi, o, se si vuol dirmeglio, l’essenza poeticadella logica leopardiana.Queste due potevano esserecondizioni, dunque, di unpiù corretto avvicinamentodella cultura italiana nelNovecento alla poesia ealla filosofia del Leopardi.Ma non avviene. Leopardi èinseguitodall’interdetto moderato ereligioso: quest’interdetto,

interiorizzato dalla culturaitaliana, si ripetecontinuamente, così come siripete contro Machiavelli edAriosto, Bruno e Galileo.Sarebbe forse interessanteaggiungere, al capitolo distoria della critica cosìegregiamente lavorato dalBigi, un capitolo di storiadelle condizioni politichedell’interpretazione diLeopardi nella cultura

italiana, per avvertire comead ogni svolta reazionariacorrispondaun’accentuazionedella lettura idillistica: cfr.l’interpretazione dei«vociarli».

12. W. Binni,nell'IntroduzioneaTO,vol.I,pp. 44-45, così colloca illavoro leopardiano nell’arcodi anni che comprende: «Averificare l’ampiezzadello Zibaldone in varie fasi

ed anni si ricordiA. che, dalprimo inizio del ’17 al ’19compreso, lo Zibaldoneconsta di un centinaio dipagine,B.dalgennaiodel’20alla partenza per Roma nelnovembre del ’22, consta dipiù di 2500 pagine, C. nelsoggiornoromanodisole40,D. nel periodo recanatensedel’23dipiùdi1300,E.nel’24dicirca120,F.nel’25-27di circa 180, G. nel periodo

pisanorecanatensedel’28-29dialtre220circa,H.edal’30al ’32 di due sole pagine. Edunqueleduefasidimaggiorapplicazione allo ZibaldonesonoquelleB.dal’20al’22e— dopo l’intervallo romano— quella D. del ’23,precedentileOperettemorali,e che nell’insiemerappresentano più dei trequartidituttalastesura».Cfr.ancora, ivi,pp. 38-40, 44-53,

68-69. Sulla struttura internae sugli argomenti delloZibaldone ritorneremolargamente nelle prossimepagine, così come sullaletteratura critica cheriguarda questo libro. Perquanto riguarda le nostrecitazioni, esse riporterannoalla pagina leopardiana delloZibaldone, seguita fraparentesi dall’indicazione:TOvol.IIp...

13.Zibaldone,p.99(TO,vol.II,p.56).

14.Zibaldone,p.31(TO,vol.II,p.22).

15. Zibaldone, pp. 14-15(TO,vol.II,p.10).

16. Zibaldone, p. 23,(TO,vol.II,p.16).

17.Zibaldonepp.21-23(TO,vol.II,pp.15-16).

18. Abbiamo giàinsistito su questomodernissimo carattere del

pensiero di Leopardi, sullasua ferocissima, dura econtinua polemica controogniconcezionedellaragionestrumentale. Non è un casoche abbiamo, a questoproposito, più soprarichiamato la Dialektik derAufklärung di M.Horkheimer e di T.W.Adorno. È infatti contro laragionestrumentale,nellasuadefinizione capitalistica, che

Leopardi,cosìcomeAdorno-Horkheimer, si muovono. Aun po’ più di un secolo didistanza. È possibile legarequeste posizioni l’un l’altra?Certo che no, se si bada ailoro presupposti, alla culturae al linguaggio che stannodietroall’unoeagli altri.Macertamente sì, se si considerala ragione strumentale unacostante storica delcapitalismo e del suo

sviluppo — quale che sia ilsuogradodimaturazioneediformalizzazione concettuale.Allora, davanti ad unmedesimo fenomeno, èpossibile che giudizi diversi,sia pure pronunciati a più diunsecolodidistanza,abbianovalore e possibilità disostenere concettualmentel’analogia in cui sipresentano. Non è infatti lasoggettività che permette il

confronto bensì l’unicità delprocesso oggettivo cui ilsoggetto, o i soggetti, nellafattispecie, si confrontano. Ilnostro problema, infatti, èquello di «comprendere leragioni per cuil’umanità, invecedigiungeread una condizione veramenteumana, precipita in una sortadi barbarie» (Dialektik derAufklärungy Amsterdam,1947,p.8):«comegià imiti

celebravano l’Aufklärungycosì l’Aufklärung precipitacon ogni suo passo nelprofondo di una mitologiadevastatrice» — questo cidicono i nostri autori. Qualepiù intima analogiaproblematica con il pensierodi Leopardi! E tutto ciòladdove la cultura dei Lumiha solo posto, ostinatamente,aproblematicamente, il suosogno insieme progressivo e

distruttivo, laddove laculturaromantica ne ha soloaccentuato la portatamistificatrice!

19. Zibaldonepp.2,3,4,6,7,8,21ecc.(TO,vol.II,pp.4,5,6,15ecc.).

20. Zibaldoney p. 6(TO,vol.II,p.6).

21. Zibaldoneypp. 14-15, 37, 39 ecc. (TO, vol. II,pp.10,26,27ecc.).

22. Zibaldoney pp. 37,

40, 44, 51 (TO, vol. II, pp.26,28,31,35).

23. Zibaldone passim,nelle pagine del periodo, masoprattutto pp. 21-22, 44-45(TO,vol.II,pp.15,31).

24. Zibaldone p. 51(TO,vol.II,p.35).

25. Zibaldone, passimnelle pagine di questoperiodo, ma soprattuttopp. 23, 52, 60 (TO. vol. II,pp.16,35,40).

26. Sul sensismoleopardiano gli studi sonoormai larghissimi e noistessiabbiamogiàcominciatoa citarli ed a discuterli. Ora,se è indubbia l’influenzasensista su Leopardi, nontroppo chiara è tuttavia laformadi tale influenza.Bastiqui porre alcuni problemi. Èun sensismo nella sua formaprimaria, per così dire allaCondillac, quello che

Leopardi assume? O non fapropri piuttosto i sofisticatiraffinamenti sensistici degli«Ideologues»? In secondoluogo: non sarà, comeavviene per altri aspetti delpensiero leopardiano,l’influenza sensista subita inseconda o terzaapprossimazione — nellafattispecie, nuovamente,attraverso la De Staël? E inquesto caso, il sensismo

non sarà per Leopardi unatraccia, un indizio, un’ipotesidilavoro,forsegiàmodificatain senso «ideologico»,piuttosto che un sistema?Posso subito dire chequest’ultima induzione mi ègradita: il genio filosoficoleopardiano ha infatti lacaratteristica di una «coltaingenuità»—valeadire,eglicostruisce in manieraoriginaleapartiredaelementi

della tradizione chedisarticola, scombina,riproduce. E appunto quantoaccade per il sensismo,assorbito attraverso fontidirettamente francesi maanche attraverso leitalianizzazioni del Soave, einfine attraverso gli stessirecuperi sensistici dellagnoseologiatradizionaledellametafisicaclassica.Ciòdetto,cerchiamo di fare un po’

d’ordine e di fornire alcunielementi che possonopermetteredimegliovalutarelanostrascelta interpretativa.E allora: a) il rapporto conCondillac sembracerto.Vediitesticitatisupranota27,40,69, del cap. I e inoltre S.Gensini, op. cit. pp. 25-81,che, pur riferendosiessenzialmente alla materialinguistica, presenta unospaccato utile e ampio

dell’influenze sensistiche. Inogni caso è certa la letturaleopardiana di Condillac,Essai sur l'origine desconnaissanceshumainesedelCours d’études pourl'instruction du prince deParme,b)ancheilrapportodiLeopardiconilpensierodegliIdeologuessembracerto.Cfr.il recentissimo F. Lo Piparo,Materialisme et linguistiquechez Leopardi, in

«HistoriographiaLinguistica», IX, 1982, n° 3,pp. 361-387, nonché, nellastessa rivista, 1975,n°1, pp.61-90, l’articolo di R. BaumDie «Ideologen» des 18Jahrhundert und dieSprachwissenschaft. Ingeneralesugli«Ideologi»cfr.i lavori di S. Moravia suiquali torneremo più avanti.Notevoli mi sembrano aproposito del pensiero degli

«Ideologi» gli accenni di N.Badaloni, op. cit., pp. 890-891 ( e poi pp. 908-915relativamente al concetto di«mercato» nel Gioia) poichéBadaloni collegaespressamente lo sviluppodella tematica senso-passione-rappresentazione-ideologiaallacostituzionedelconcettodi«secondanatura».E appunto attorno a questoconcetto che si può

concludere con certezza ilcollegamento di Leopardi alpensiero degli «ideologi» —salvo naturalmentel’intermediazione della DeStaél. c) ciò detto, ribadiscoche il recupero leopardianoècaratterizzato da una grandeoriginalitàsiadiriscontrichedi rielaborazioni. Inoltre, equesto non va maidimenticato, ilsensismo leopardiano è

materialistico: significa, cheesso è metafisico e nonfenomenico, post-critico enon kantiano. Sempre. Ilsensismo non è in Leopardimaiunateoriadellaparvenza,è una teoria, meglio,un’apprensionedell’oggetto. È in questeconclusioni che mi sembraestremamente importantenotare come il sensismomaterialistico permette una

metafisica del bello,un’esteticacomeunapoetica,del tutto originali: ma diquesto un’altra volta e cioèquando perverremo alsingolare riscontro di alcunepagine leopardiane con ilpensiero di Jacques Derrida(che, non dimentichiamolo, èancheeditorediCondillac).

27. Zibaldone, pp. 53,55, 56, 57, 76 ecc. (TO, vol.II,pp.36,37,38,39,47ecc.).

28. Zibaldone, pp. 59,66 (TO, vol. II, pp. 40, 43).Inutile ripetere quiche, piuttosto chesettecentesche, questaqualificazione dei princìpidinamici della sensibilitàconduce ad originiseicentesche: e cioè ad unaconcezione sensisticaprofondamente intrecciata adun orizzonte atomistico, aduna concezione dell’essere

rigidamente meccanica edimmanentistica. Nel mioDescartes politico o dellaragionevole ideologia,Milano, Feltrinelli, 1970, misono ampiamente soffermatosugli aspettimaterialisticidelsensismo atomisticoseicentesco.

29. Zibaldone, p. 69(TO,vol.II,p.44).Inunadiqueste pagine, e attorno aduno di questi passi

leopardiani, andrebbe forseconsiderata la teoriaseicentesca dell’illusionecomica — si sa comeL'illusion comique sia unapièce del «sublimeCorneille». Intendo con ciòchevarrebbe forse lapenadianalizzare la teorialeopardiana dell’illusionecome collegata anche alleteorie seicenteschedell’illusione nell’azione

teatrale, illusione dotata didue aperture: la primaall’errore della sensibilità, laseconda verso la fantasiacreativa. Si vedano inproposito i lavori di JeanRousset. Sempre di più,quanto più approfondiscoquest’indagine leopardiana,sono convinto che le originidel suo pensiero sensistavadano portate verso ilSeicento, cioè verso una

concezione immediatamentemetafisicadelsensismo—instretta connessione conl’atomismo. È fuori dubbioche tutta la scienzaseicentesca fu imbevuta,soprattutto in Francia, diquestopensiero,echeessofuegemone anche a fronte esopra le teorie spiritualiste.Ma si potrebbe dire di più,seguendo un’intuizione diPaul Hazard, e cioè

considerarelacontinuitàdello«spinozismo» come veraconcezione materialisticadell’universo, lungo i duesecolicheciinteressano.Conciò il materialismoseicentesco diviene la veramatrice di ogni posizione,materialisticaosensistica,nelperiodo successivo. Restacomunque inteso cheLeopardidegli«spinosisti»sasolamente che furono

«panteisti» — con ilmaterialismociòhabenpocoa che fare e a Leopardi nonpoteva che sembrareimbecille chi ritenesse«divina»questanostrapoveraesistenza (Zibaldone, p. 4274—TO,vol.II,p.1143).

30. Zibaldone, p. 85(TO, vol. II, p. 50).Ma vedianche pp. 68-69, 72, 84-85,(pp.44,46,50).

31. Zibaldone, pp. 88-

99 (TO, voi, II, pp. 50-56).Non credo siascorretto ricordare, a questoproposito, il noto giudizio diA. Gramsci (Letteraturae vita nazionale, Einaudi,Torino, 1966, pp. 79-80):«Così ilLeopardi si puòdireil poeta della disperazioneportata in certi spiriti dalsensismo settecentesco, a cuiinItalianoncorrispondevalosviluppo di forze e di lotte

materiali e politichecaratteristico dei paesi in cuiil sensismo era formaculturale organica». Èevidente che a un talegiudizio possiamo aderiresolo parzialmente. Vedi allaprossima nota un’idealerispostamarxiana!

32. Bisogna faremoltaattenzione a questopassaggio. Esso infatti ècentrale nel pensiero di

Leopardi e spesso torneremosu di esso. Ciò detto, val lapena di ricordare cheLeopardipoteva,conaccurateletture, rintracciare qualcosadel genere all’interno dellafilosofia illuministica.Vogliodire, perché non appaiabanale l’annotazione, cheall’interno della filosofiailluministica può essereidentificato un passaggiopost-kantiano, post-critico,

dall’esteticaall’immaginazionetrascendentale. Cfr. inproposito lefondamentali annotazioni diE. Cassirer, nella suaFilosofìa dell' Illuminismo,ma soprattutto nel secondovolumedellasuaStoriadellafilosofia moderna. Ilproblema della conoscenzanella filosofiaenellascienzada Bacone a Kant, Einaudi,

Torino, 1953. Vedi anche lagià citata Storia dellafilosofia di W. Windelband.Questo passaggio è quelloche costituisce la sfera dellacomunicazione—valeadire,risolve la trascendentalità incomunicazione. Questaversione post-critica deltrascendentale è tipica dicerto sensismo e degli«Ideologues», ma soprattuttoin Germania è tipica del

pensiero di Herder (conl’enorme influenza da essoesercitata). Occorre tuttaviaaggiungere che la coscienzadella centralità di questopassaggio era, negli autoricitati, piuttosto debole: che,inparticolare (tranneforse inqualcheposizionediHerder),la definizione diquesto passaggiorappresentava «sostituzione»dell’immediatezzza,

modificazionedelprincipiodirealtà, piuttosto che«costituzione» del principiocritico. È molto interessantequi notare che ne Il mondocome volontà erappresentazionedi Schopenhauer assistiamoallascopertadelpassaggiodi«sostituzione» delrealedirettamenteapartiredafonti illuministiche: daBerkeley allo scetticismo di

Schultze, dai sensistisettecenteschi alle opere diCabanis. Schopenhaueresplicita quindi il problema.Altrettanto fa Leopardi.Diversissimi restanocomunque gli esiti di questosviluppo teorico, esaltandoLeopardi lafunzione costitutiva delprincipio critico, a frontedell’illusionismo del filosofotedesco. Si può tuttavia

intendere come certeambiguità possano esserepotute sorgere nel confrontofraLeopardieSchopenhauer.Su questo argomentocomunque torneremo. Quivolevamo solamentesottolineare l’importanza elaconsistenzadiunpassaggiocritico diversamentesviluppato già dentrocerti momenti della filosofiailluministica. Da ultimo, a

sottolineare l’importanza delpassaggio post-criticoall’interno dello sviluppo delpensiero illuministico, valgauna fra le molteconcettualizzazioni di essoche possiamo trovare neiGrundrisse diK.Marx: «Gliindividui universalmentesviluppati, i cui rapportisociali, in quanto relazioniloro proprie e comuni, sonoaltresì sottoposti al loro

proprio controllo comune,non sono un prodotto dellanatura ma della storia. Ilgrado e l’universalità dellosviluppo delle facoltà cherendono possibile questaindividualità, presuppongonoappunto la produzionebasata sui valori di scambio,che sola producel’universalità dell’alienazionedell’individuo da sé e daglialtri, ma anche l’universalità

ed onnilateralità dellesue relazioni e capacità. Intappe più antiche del suosviluppo l’individuosingolo appare più pieno,appuntoperchénonhaancoraelaborato la pienezzadellesuerelazionienonlehaancora contrapposte a sestesso come potenze erapporti sociali da luiindipendenti. Se è ridicolonutrire nostalgie per

quell’originaria pienezza,altrettanto ridicola è lacredenza che ci si debbafermare a questo completosvuotamento» (Lineamentifondamentali della criticadell'economia politica,Firenze,LaNuovaItalia,vol.I,1968,pp.104-105).

33. Sulle molteplicidefinizioni della natura e inparticolare sullevarianti materialistiche ed

idealistiche del suo concetto,cfr. J. Ehrard, L'idée deNature en France dans lapremière moitié du XVIIIsiècle, Thése, EcolePratiqueHautesEtudes,Paris,1963. Vedi comunque anchela tesidiR.Mauzi(suL'idéedubonheurnell’Illuminismo)sulla quale ritorneremo piùavanti. Cfr. inoltre infra, lanota 21 del cap.V.Come inaltre epoche filosofiche,

anchenell’epocadeiLumi ladeterminazione del concettosupera di gran lunga la suastereotipa definizione: inparticolare la lotta framaterialismo eidealismo diviene qui moltopiùacutadiquantononfossestata nel secolo sedicesimo ediciassettesimo.Ciòèdovuto,soprattutto in Francia eparzialmente in Germania (ilcaso inglese è a parte), alla

completa scomparizione,derivante da discreditoprofondo, delle tradizionalimediazionineoplatoniche.Lanatura si presenta quindidentro una molteplicità dideterminazioni —molteplicitàcheèattraversatada una duplicità di direzioni,verso il materialismo overso l’idealismo. Mai comenell’epoca dei Lumi,l’avversario implicito della

filosofia ufficiale,dell’ideologia del potereesistente, dell’idealismotrionfante — questoavversario mai detto e mairiconosciuto — ilmaterialismosemprepresentecomesfondodiunapolemicasorda del potere: bene, maicome nell’epoca dei Lumi ilmaterialismo non è stato unsoggetto silenzioso bensì unattore ben attivo della lotta

metafisica dell’evo moderno.Vedi,contuttiisuoilimitimaanche con tutta l’importanzadiun’operaunicaesingolare,AlbertLange,GeschichtedesMaterialismus.

34. Zibaldone, p. 38(TO,vol.II,p.26).

35. Nonè forse ilcasodi rinviare qui ai classicidell’interpretazionerousseauiana—aE.Cassirer,a B. Groethuysen, a J.

Starobinski, a I. Fetscher —basti ricordare come il filocontinuo di queste grandiinterpretazioni sia basato sulriconoscimento dellecondizioni del«trascendentalismo» nellafilosofia di Rousseau. Unafilosofia del sentimento, unatrascrizione del sensismo intermini spirituali, chepermette la trasformazionedei movimenti della volontà

in rappresentazione dellavolontà, della volontàindividuale in partecipazioneal trascendentale dellavolontà. Nella storia dellafilosofia giuridica questoprocesso, questa formidabilesingolarità del pensierorousseauiano è stata messasempre in luce: è sufficienteinpropositoricordareilavoridi G. Del Vecchio, cherestano esemplari, pur nella

loro anzianità. Diconseguenza non risultadavverostranochesiaI.Kantche G.W.F. Hegel, perparlare solo dei più grandi,non potessero che dirsirousseauiani: da R. Fester,Rousseau und die deutscheGeistesphilosophie,Stoccarda, 1890, a R.Rosenzweig, Hegel und derStaat, 2 voll., München undBerlin, 1920, a P. Ritter,

Hegel und die französischeRevolution, Köln undOpladen, 1957, ladocumentazione èamplissima.Vièdunqueunalinea che conduce dalsensismo alla dialettica: piùvolte l’abbiamo sottolineatae, quando si parla delrapporto fra il pensiero diLeopardi e la tradizionerousseauiana, è necessarioaver presente questa grossa

variante trascendentale delsensismo. Sulla quale, daultimo, vedi T. Todorov,Frele bonheur. Essai surRousseau, Hachette, Paris,1985.IlrapportofraLeopardie Rousseau è dunque moltocomplesso: vedi inparticolare le nostreconclusioni alla nota 126 delcap. IV, infra— e non certorisolubile nella collazionedelle rassomiglianze esterne,

come generosamente siprovòafareilpurcorrettoN.Serban, Leopardi et laFrance, Champion, Paris,1913.

36. È un’operazioneimmediatamentematerialistica quella che vivenell’opera di Montesquieucome ha ben mostrato L.Althusser (supra, nota 92del cap. I). Sull’importanzaquantitativa dell’influenza di

Montesquieu sul Leopardicfr. Zibaldone pp. 113, 114,115, 116, 117, 119, 120-124,135, 142, 154, 161, 162-163,170,178,186,189,191,198,204,213,222,262,274,331(TO,vol.II,pp.61,62,63,64-65,68,71,75,78,79,82,84, 87, 89, 91, 93, 96, 99,111, 114, 128-129). Questiriferimentisiconcentranonel1820, anno nel qualeLeopardi legge sia le

Considerationssurlescausesche l'Essai sur le gout. Nelseguito dello Zibaldonecontinuano comunque iriferimenti a Montesquieu:cfr. pp. 359, 457, 458, 883,915, 916, 1043, 1366,1552,1601,3214(TO,vol.II,pp. 136, 162, 255, 264, 303,396, 439, 450, 804). Perquanto riguarda la recezionedel discorso sul clima e leforme di governo vedi

passim, oltre che la nota 92del cap. I. Sul tema dellacatastrofe storica cfr. infranota 31 del cap. V. Ma ilnesso materialistico èsoprattutto chiaro nell’usoche Leopardi fa dellaproblematica del gusto comeMontesquieu l’avevaelaborata. Sull’Essai diMontesquieu e in genere sulproblemadel«gusto»,cfr.orala voce di G. Agamben in

Enciclopedia Einaudi, vol.VI, Torino, 1979, pp. 1019-1038, il quale insiste sulcarattere sintetico del gusto,esattamente comesull’ambiguità del suoconcetto,pertrovare,apartiredi qui, uno dei temi creatividella metafisica occidentale.Ecco, insomma, un altrodei temi materialistici dialternativa alla dialettica.Ancora, su altre recezioni

italiane della problematicailluminista del gusto, cfr. S.Gensini,op.cit.,pp. 39 sgg.,eleintelligentiannotazionidiA.Prete,op.cit.,pp.45-47.

37. Per questo periodovediZibaldone,pp.100-2316(TO,vol.II,pp.56-600).

38.Perl’anno1820cfr.Zibaldone, pp. 100-463 (TO,pp.56-163).

39. Zibaldone, p. 256(TO,vol.II,p.109).

40. Zibaldone, p. 256(TO,vol.II,p.109).

41. Zibaldone, p. 107(TO,vol.II,p.59).

42. Zibaldone,pp.155,116, 147-149, 160-161, 210,252, 274-275,299-300, 302,311-312, 314-315 (TO, vol.II, pp. 62, 73,78, 95, 108,114,120-121,123,124).

43. Cfr. J.S. SpinkFrench free-thought fromGassendi to Voltaire,

Londra, 1960; Les libertinesauXVIIesiècle,texteschoisiset présentés par AntoineAdam,Parigi,1964.

44. Zibaldone, p. 356(TO,vol.II,p.135).

45. Zibaldone, p. 337(TO,voi,II,p.130).

46. Zibaldone,pp.105,112,125,132-133,150,334-338ecc. (TO,vol. II,58,61,65,67-68,74,129-130ecc.).

47.Zibaldone,pp.392-

451 (TO, vol. II, pp. 146-160).

48. Zibaldone, p. 341(TO,vol.II,p.131).

49. Giustamente C.Luporini, op. cit.t pp. 5-7, siriferisce ad un frammentogiovanile di Hegel, unframmento sulla «coscienzainfelice»— che qui in parteriporta, e che avevad’altronde completamentetradotto e pubblicato in

«Società», 1945, n. 3, pp. 63sgg. Nell’ed. Lasson delleopere diHegel, lo scritto cuisi riferisce Luporini apparesotto il titolo Freiheit undSchicksal(inHegelsSchriftenzur Politik undRechtsphilosophie vol. VII,Lipsia, 1923, pp. 138-141,nonché, in proposito, J.Hoffmeister, Dokumente zuHegels Entwicklung,Stoccarda, 1936, pp. 469-

470).LaletturaluporinianadiHegel giovane è fortementeintrisa di sensibilitàesistenzialistica: questacitazione è una spia dellospirito nel quale Luporini haaffrontato lo studio diLeopardi. Non credo disbagliare identificando nellapermanenza di questoelemento un motivocaratterizzante dellasingolarità

dell’interpretazione delLuporini; sitrattaprobabilmentediquellostesso elemento che è sentitocome stridente, e denunciatocometale,dalTimpanaro.

50.Zibaldone,pp.108-109(TO,vol.II,p.59).

51.Zibaldone,pp.100-104,(TO,vol.II,pp.56-57).

52.Zibaldone,pp.138-141,172-183(TO,vol.II,pp.69-71,82-86).

53.Zibaldone,pp.143-144, 165-172, 185, 194-196,246-248 (TO,vol. II,pp.71-72, 79-82, 87, 90-91, 106-107).

54.Sivedaingenerale,perlapossibileformazionediquesta sensibilità, G.Leopardi,Fragjnenta patrumgraecorum..., a cura di C.Moreschini, Le Mon-nier,Firenze,1976.

55. Siamo con ciò al

centrodiunadellepiùvivacie fortiproblematichecontemporanee.Il problema del dolore,meglio, della cognizione deldolore, rappresenta uno deipunticriticipiùesplicitinellaPhilosophicalInvestigations diWittgenstein: cfr. SaulKripke, Wittgenstein. Suregole e linguaggioprivato Torino, Boringhieri,

1984.GiungeinWittgensteinal centro della problematicafilosofica, tramite ilparadosso della sceltalinguistica, quel problemadel dolore che in Kant, e ingenere nel criticismotrascendentale, viene, percosì dire, decentrato. Quiinvece il dolore rivela lacorporeità della coscienza,trasforma l’io trascendentalein un io universale concreto.

Tutto ciò in Leopardi èchiaro.Lasuainterpretazionedel dolore si sgancia cosìdalla tradizione sensisticastretta,rifiutadiconsiderareildolore semplicemente comeunadelleforzeapartiredallequali ladinamicadel sensoèdeterminata (non che questoapproccio manchi inLeopardi, come abbiamovisto, ma risulta infinesubordinato alle operazioni

critiche). Il dolore, inLeopardi, è il momentodi posizione del soggetto, ècognizione e produzione. Dinuovo, ben diversamente daquanto avviene inSchopenhauer, dove ladimensione critica dellapercezione del dolore vieneesaurita in un processo disuccessivenegazioni.

56.Zibaldone,pp.213-217(TO,vol.II,pp.97-98).

57. Zibaldone,pp.261,266, 270, 271-272, 280, 292,293,294,298,305,309,325-326, 329-333, 356 ecc. (TO,vol. II, pp. 110, 112, 113,116, 119, 120, 122-123, 127,128-129,135ecc,).

58.Zibaldone,pp.360-362,364-365, 371-372, 375,378 (TO, vol. II, pp. 137,138,140,141,142).

59.Zibaldone,pp.472-3(TO,vol.II,p.166).

60.Zibaldone,pp.491-494 e 503-507 (TO, vol. II,pp.170e173).

61. Zibaldone, passimma in particolare pp. 481-4,514-6 (TO,vol. II, pp.168e175-6).

62. Nota, in questepagine,laferoceripresadellapolemica contro ilsapere strumentale —Zibaldone, pp. 520-2 (TO,vol. II, pp. 176-7); contro la

«mezzafilosofia»chenonvaal fondo del reale... D’altraparte, un nuovoambiguo richiamo aRousseau: Zibaldone, p. 912(TO,vol.II,p.263).

63.Zibaldone,pp.543-579, 579-585, 587-590 (TO,vol. II, pp. 182-190, 190-1,191-2).

64. Mi sia permesso,attorno a questo problemadella mediazione fra

ontologia e storia, che siraccoglie in materia politicasul termine «multitudo»— vale a dire, attorno alproblema della democraziainterpretata non in termini di«volontà generale» bensì dicostituzione materiale — diriferirmi al mio L'anomaliaselvaggia. Potere e potenzanel pensiero politico diSpinoza, Feltrinelli, Milano,1982. Il richiamo a questo

testocontiene,èevidente,unaseriecomplessadiriferimenticulturali e di implicitequestioni:nonsecondariaèlaseguente: in che termini, ilpensiero democratico,comunque si ponga,comprende elementi dellaformidabile suggestionespinoziana? In ogni caso èassolutamente importantegrattare la superficie dellecose,ogniqualvoltacisitrovi

davanti al termine«multitudo» — è uno deipochitermini,nellastoriadelpensiero occidentale, delquale la mistificazione siadifficile — ancheseRousseaucisièprovato...

65. Sulle «fanfaluchemistiche» degli studentitedeschi giustizieri delministro Cotzebue(Zibaldone, pp. 105-106 —TO, vol. II, p. 58). Giudizio

positivo sul Congresso diVienna: Zibaldone, p. 908(TO, vol. II, p. 262).Quanto alla rivoluzionefrancese= filosofia= lumi=depravazione della natura= vizio = inimicizia mortalefragliuominieneiconfrontidella virtù: ecco una dellefilastrocchespessoripetutedaLeopardi (Zibaldone, p. 911— TO, vol. II, p. 263). Èincredibile come nel loro

imperterritomoderatismo, gliinterpreti progressisti sitrovino completamented’accordo con quellireazionari e cattolici delLeopardi per considerare«realistiche» queste sinistreaffermazioni del giovane eprovincialeLeopardi.

66.Zibaldone,pp.911-925, 1037 (TO, vol. II, pp.263-267,301).

67.Zibaldone,pp.866-

911 (TO, vol. II, pp. 251-263).

68. Zibaldone, p. 905(TO,vol.II,p.261).

69. Zibaldone, pp.1026-8 (TO,vol. II,pp.298-9).

70. Zibaldone, p. 975(TO,vol.II,pp.283).

71. Zibaldone, pp.1077-8 (TO, vol. II, p. 313).Sul «risorgimentodebole» cfr., oltre alle note

cheseguono,lenote171,172e 173, infra, di questocapitoloII.

72. Zibaldone, p. 1101(TO, vol. II, p. 319). Cfr.inoltre pp. 866-7 (p.251) dove una teoria ciclicadellosviluppostorico-politicoviene considerata applicabilead una presente e/o futurarigenerazionedellaciviltà.

73.Zibaldone,pp.532-536 (TO, voi, II, pp. 179-

180). Cfr. anche p. 612 (p.197).

74.Zibaldone,pp.610-11, 618, 629-32, 638, 676,703, 829-30 (TO, vol. II, pp.197,198,201,203,211,216,243).

75. Zibaldone, p. 649(TO, vol. II, p. 205). IlriferimentoaPascalinquestopensiero dello Zibaldone,esattamente come gli altririferimenti aPascal inquesta

stessaopera(cfr.Indici),sonotutti legati a un motivofondamentale in Pascal: iltema della canna pensante,della sua fragilità e della suagrandezza. Leopardi cogliequesto tema e lo sviluppa intermini materialistici:il rapporto tra fragilità egrandezza diviene quello fraprima e secondanatura, meglio, divienedescrizione di quel punto sul

quale prima e secondanatura s’incrociano. Questoincrocio, d’altra parte, loconosciamo come punto diappoggio fondamentaledell’immaginazione. Èl’immaginazione che,fragilmentemapotentemente,determina il passaggio dallaprima alla secondanatura, sviluppa la sensibilitàfino alla costruzione di unmondo nuovo. Quanto

in questo modo Leopardipervenga a comprenderel’intimo meccanismodialettico del più sofisticatosensismo può essereverificato (come anchesottolineaA.Prete,op.cit.p.86) confrontandol'introduzione di J. Derridaall’Essai sur l'origine diCondillac(orainArchéologiedu frivole, Galilée, Paris,1973), dove appunto la

duplicefunzioneriproduttricee produttricedell’immaginazionesensistaèampiamente ricostruita.Leopardi-Pascal, da questopunto di vista, rappresentanol’innovazione metafisicainterna della tematicasensista.

76. Zibaldone,p. 1044(TO,vol.II,p.303).

77.Zibaldone,pp.646-50(TO,voi,II,pp.204-5).

78.Zibaldone,pp.601-606 (TO, vol. II, pp. 195-196).

79.Zibaldone,pp.945-9, 950, 960, 1017 (TO, vol.II, pp. 274-5, 275, 278, 295-6).

80. Zibaldone, pp.1079-82(TO,vol.II,pp.313-4).Magiàp.366(p.138).

81. Zibaldone, pp.1087-91(TO,vol.II,pp.316-7).Èinteressantenotarecome

questa idea di una «teodicearovesciata», attraverso unaserie di «sub-tribunalizzazioni» successive,sia sviluppata (non certotraendoladaLeopardi)daunodei più acuti criticicontemporanei della storiadelleidee,secondoilqualeilcontenuto teologico dellastoria viene svuotato persuccessive degradazioni divalore e di giudizio: una

speciedineoplatonismodellastoria. Cfr. Odo Marquard,L'homme accusé, l'hommedisculpé, dans laphilosophie du XVIII siècle,in«Critique»,413,oct.1981,Parigi, p. 37, «Vingt ansdepenséeallemande».

82. Sui problemilinguistici in Leopardi, cfr.supra nota 38 al cap. I,dove si ricorda in particolareil lavoro di Bolelli. La

pubblicazione, nel 1984,del libro di S. Gensini mipermette qui di sorvolare inparte su molti dei problemiche la linguistica leopardianasolleva e che il Gensiniaffronta egregiamente. Inparticolare è estremamenteimportante in Gensini iltentativo di ricomporrel’intera figura poetica especulativa di Leopardiattorno alla linguistica: non

perché la linguisticarappresenti un elemento piùfondamentale di altri mainvece per dimostrare lacircolarità e il ricomporsicontinuo dell’intera attivitàdel poeta. Con ciò ci sioppone direttamente alla tesisulla frammentazione e laasistematicità del pensiero diLeopardi che, nel solcodelleinterpretazionicrociane,M. Fubini aveva proposto,

ottenendone positivoriscontro, a seguito del suosaggioL’estetica e la criticaletteraria nel pensiero diGiacomo Leopardi, in«Giornale storico dellaletteraturaitaliana»,1931,97,n° 291, pp. 241-281. Nelprocedere in questo modoGensini raccoglie il fruttomigliore delle nuove correntidel pensiero linguistico,soprattutto della sua nuova

problematizzazionefilosofica: K.O. Apel, L’ideadi lingua nella tradizionedell’Umanesimo da Dante aVico (1963), Bologna, IIMulino, 1975. Molto piùprudente mi sembra debbaessere il giudizio sul«gramscismo» dellalinguisticaleopardiana—cheil Gensini, a mio avvisopiuttosto timidamente e inmaniera non troppo

convincente, ripete da F. LoPiparo, Lingua, intellettuale,egemonia in Gramsci, DeDonato, Bari, 1979.Comunque su quest’ultimotema cfr. supra nota 46 delcap.Iesoprattutto infranota78delcap.III.

83.Zibaldone,pp.685-707(TO,vol.II,pp.213-7).

84.Zibaldone,pp.690-702(TO,vol.II,p.215).

85.Zibaldone,pp.707-

708(TO,vol.II,p.217).86.Zibaldone,pp.838-

866 (TO, vol. II, pp. 245-251).

87.Zibaldone,pp.735-826 (TO, voi, II, pp. 223-242).

88.Zibaldone,pp.932-40, 964-5, 1022-3, 1024-5,1037 ecc. (TO, vol. II, pp.269-272, 280, 297, 298, 301,ecc.).

89. S. Gensini ha

mostrato ampiamente, comealtrove abbiamo ricordato, ilrapporto della linguisticaleopardiana (ma non solo diquestabensìingeneredituttala sua impostazionegnoseologica) con latradizione lockiana econdillacchiana.Nellasuaop.cit., pp. 65 sgg., con moltapiù prudenza egli tocca ilproblemadelrapportocongli«Ideologues», chiarendo la

difficoltà di mostrare unafiliazione diretta, dalle operedi questi, della linguisticaleopardiana. Certo è che, sefilologicamente questaaderenzanonpuòesseredata—osolomoltoparzialmente— in forma diretta, èsenz’altro possibiledefinirla in forma indiretta,come altrove abbiamo visto.Il dato linguistico, cosìcome è considerato dagli

«Ideologues»(ecioèlalinguacome insieme consolidato eattuale della conoscenza,comesintesidellaformadellacomunicazione e deicontenuti materiali dellacivilizzazione), è certamentein questa forma presente inLeopardi. Inutile quiricordare quale sia la fortunadi questa concezione dellalingua nello sviluppo delpensiero laico e pedagogico

dell’800:èsuquestabasechesi forma l’indirizzo letterarionella pedagogia borghesee nell’organizzazionescolastica di questo secolo.Molto più importante èsottolineare l’innovazionemetafisica che dentro laconcezione della lingua,così come proposta dagli«Ideologues» e ripresa daLeopardi, si verifica. È unpassaggio critico, ma non

«sintetico a priori» (come inKant) bensì «analiticoaposteriori».Valeadirechelaformadellacomunicazionesiarticolamaterialmentesullaempiricitàesullastoricitàdeidati linguistici. Questainnovazionecritica è centralenelprocessochelametafisicacontemporanea costruisce inalternativa alle teoriedialettiche.

90. Nella filosofia

contemporanea si parla di«svolta linguistica» daquando Wittgenstein hainsistito, nelle suePhilosophical Investigations,sull’esclusività dell’orizzontedel linguaggio, come ambitodi comunicazione e diontologia della conoscenza.Seguire come sia venutaformandosi questaconcezione dellacomunicazione, come sia —

dopoWittgenstein— venutasviluppandosi, come siagiunta a determinareimportanti sviluppi nelleteorie linguistiche vere eproprie, come sia stataapplicata alla scienza sociale—bene,nonècertoquestoilluogooveunsiffattocapitolodi storia della metafisicadelnostrotempopossaesseresviluppato. Ci bastisottolineare ancora una

volta il nostro stupore neltrovarcidi fronteadunacosìstraordinariaanticipazione leopardiana.Utile introduzione a questetematiche è certamente ilvolume di R. De Monticelli,Dottrine dell' intelligenza.Saggio su Frege eWittgensteinDeDonato,Bari,1982.

91. Zibaldone, pp.1332-6, 1470-1507 (TO, vol.

II,pp.387-8,420-9).92. Cfr. ad es.

Zibaldone, pp. 1259-60,1262,1303-4,1305-6,1306-7ecc. (TO, vol. II, pp. 366,367,380,380-1ecc.).

93. Zibaldone, pp.1339-61(TO,vol.II,pp.389-94)ep.1383(p.400).

94. Zibaldone, pp.1426-7, 1438-44, 1460-1(TO, vol. II, pp. 410, 412-4,417-8).

95. Zibaldone, pp.1597-1623 (TO, vol. II, pp.449-56). Ma vedi anche pp.2073-5, 2178-80 (pp. 552,572).

96. Su Condillac, e ilsuo«sensualisme»,sivedanosupra le note 26 e 89 diquestocapitolo.È importantenotare che la concezionesensistica di Condillac è, findall’inizio, particolarmentedinamica. Vale a dire che lo

sviluppo dai sensi allaragione è progressivo, che lefacoltà conoscitive sicostruiscono l’una sull’altra,che insomma un certoevoluzionismo èfondamentale allacostituzione del quadrosensistico. In secondo luogo,il sensismocondillachiano plasma etrasforma l’immagine fisicadelmondononsolosullabase

del dinamismo naturalisticodelconatusvitale,maancheesoprattutto identificando nellinguaggio una macchinacostruttrice dell’universodelle facoltà. Il linguaggioinsomma si stabilisce comemediazione fra sensi, facoltàe rappresentazioni: se ildinamismodelconatusera lasistole, l’universo dellacomunicazione è la diastoledella circolazione del senso.

E in questo modo, in terzoluogodunque,chelafilosofiasensistica si strappa alpericolo dell’idealismo edel solipsismo. Questosuperamento è integrato dauna prospettiva pragmatico-realista, da uno spirito disperimentazione e di verificache allarga ampiamente ilmeccanismo costruttivo delsenso. È in questo modo, adesempio, che il carattere

astratto della fictio dellastatua, cui vengono manmano attribuiti tutti i sensi,viene scaricato: quanto allafictio della statua già inBuffon e in Diderot erapresentata come ipotesicostruttiva e in manierasenz’altro vitalisticamenteattenta. Quando Leopardi,quindi, affronta la tematicacostruttivadelsensismoha,amio avviso, presenti queste

dinamiche. Non da ultimo sipossono segnalare leridondanze storico-antropologichedeldiscorsodiCondillac: attraversol’assuefazione sensista sicostruisce infatti, in undinamismo progressivo, nonsolo il costume sociale maaddirittura il caratteredei popoli. Questo tentativodi approfondimentoontologico della tematica

costitutiva del senso èperlomeno interessante e,come si vede, corre inparallelo al lavoroleopardiano. Comunque, suCondillac, oltre agli scritti diJ.DerridaediP.Casini, cfr.l’importante J.F.Knight,TheGeometrie Spirit. The AbbédeCondillac and the FrenchEnlightenment, New Haven,1968.

97.Zibaldonepp.1370-

2(TO,vol.II,pp.396-7).98. Zibaldone p. 1377

(TO,voi,II,p.398).99. Zibaldonep. 1382,

1383,1388-91,1394-9,1421,1432-3, 1437-8, 1450-2,1452-6, 1461-4, 1508-9,1510-13, 1523-5, 1527-8,1540-1, 1554-5, 1589-90 epassim TO, vol. II, pp. 399,400, 401-2, 403-4, 409, 411,412, 415, 415-6, 418, 428-9,432, 433, 436, 439, 447 e

passim).100.Zibaldone pp. 1628-

29, 1708 (TO, vol. II, pp.457,475).

101.Zibaldone pp. 2046-47, 2152 (TO, vol. II, pp.546,567).

102. Zibaldone, pp.2047-9, 2039-41, 2110-12(TO, vol. II, pp. 547, 545-6,559)maanchep. 2108-10(p.558).

103. Zibaldone, pp.

1513-1518, 1571-2 (TO, vol.II,pp.431-2,443).

104.Zibaldone,p.1767,1923-5 (TO, vol. II, pp. 488,521-2).

105. Per esempioZibaldone, pp. 1907-1911,2232-3,(TO,vol.II,pp.518-9,583).v

106.Èsuquestopunto,come già abbiamo altroveaccennato,chepiùimportantesembra il rinvio del

materialismo/sensismoleopardiano allafilosofia antica. Al di là deiriferimentigiàfattiallaletturaleopardiana diTimpanaro (soprattutto perquanto riguarda il rapportocon la filosofia antica e lecorrenti più rigorosamentematerialistiche), interessa quipiuttosto richiamare lariscoperta contemporaneadell’atomismo,

dell’epicureismo, e in generedel materialismo antico, cosìcomesisvolgenellascuoladiJ. Bollack.Vedi in propositol’articolo riassuntivo di A.Renaut, Pbilologie,philosophie. A proposd’Epicure, inLe temps de laréflexion, 1980, Gallimard,Paris, pp. 393-415. Nel testoparliamo di unmaterialismo/sensismoleopardiano che vorrebbe

cogliere le leggi del finito.Èesattamente quello su cui simuovevano Epicuro e i suoi,stando all’illuminataricostruzione di Bollack —«il metodo di Epicuro tendealla ricostruzione intellettualedell’oggetto» emira ad «unapresa di possesso dellecondizioni della sua genesi».Vedi, comunque,soprattutto, il discorso fatto,da questi formidabili

ricostruttorideitestiepicurei,sulla concezionedell’immaginazione sensibilein Epicuro e nelle scuolematerialistiche dell’antichità.Sia pur subordinatamente,non bisogna dimenticarel’ingenuità e la forza dellaricostruzione delmaterialismo antico di PaulNizan, Les Matérialistes del'Antiquité, ried., Maspero,Paris,1979.

107. K. Marx parlavadelsensismo,nelXVIsecolo,di quello di Bacone, maprima ancora di quello deifilosofirinascimentaliitaliani,come di una concezionefilosofica viva, sensuale,fisicamente e naturalmenteforte. Nel ’600, secondome,questa concezione vienefortemente attenuandosi: lasua tradizione è combattuta— ed i roghi di Vanini, di

Bruno,nonchélacondannadiGalileo,nonsonoindifferentialla spiegazione della suaattenuazione. Come giàabbiamo scritto, il sensismocontinua tuttavia a vivere,distinguendosi in unatendenzamaterialisticaveraepropria, e in una tendenzapiuttosto idealistica. NellafilosofiadeiLumi,lungotuttoil suo corso, e nonsolamente in Francia, ma

ancheinInghilterraeinItalia,è possibile cogliere ilparallelo sviluppo di questedue lineeavverse (cfr.supra,n. 33 di questo capitolo).In Leopardi vi è unaspontanea ripresa del filonepiù materialistico —meglio, rigorosamentematerialistico, della filosofiasensista, di questa tradizione.Ilmaterialismoleopardianosilega alle tendenze

ontologiche edepistemologiche delsensismo/materialismo —rifiuta le correntignoseologiche e idealistiche.Il sensismo/materialismo diLeopardi è vivo, sensuale,rinascimentale, baconiano.Non a caso, in esso vivono,endogenicamente,produttività e illusione,scienzae«idola».

108. Zibaldone, pp.

1545-48(TO,vol.II,pp.437-8).

109.Zibaldone,pp.1554-5 (TO, vol. II, p. 439) epassim.

110.Zibaldone,pp.1791-2(TO,vol.II,p.494).

111. Zibaldone, pp.1828-65(TO,vol.II,pp.501-9).

112. Zibaldone, pp.1961-2(TO,vol.II,p.530).

113. Zibaldone, pp.

1974-78(TO,vol.II,pp.532-3).

114. Zibaldone, pp.1988-90, 2017-18 (TO, vol.II,pp.535-541).

115. Zibaldone, pp.1957-61, 2032-3, 2114-7(TO, vol. II, pp. 529-30,544,560).

116. Zibaldone, pp.2132-4 (TO,vol. II,pp.563-4).

117. Zibaldone, pp.

2028-31(TO,vol.II,pp.543-4). È stato di recente notato(S.Gensini,op.cit.,pp.107-112 e pp. 258-260) che nonesistono lavori specialisticisul concetto di«immaginazione» inLeopardi. Gensini,nel sottolineare questacarenza, indica anche alcunelinee di ricerca a suoavvisopercorribili.Daunlatoeglisi riferiscealconcettodi

immaginazione così comedefinito in Aristotele e nellatradizione aristotelica, inBruno e nella tradizionerinascimentale; d’altro lato,denuncia in Locke e inCondillac l’inesistenza di undiscorso sull’innovazioneimmaginativa—discorsochecostituisce invece laspecificità della concezioneleopardianadell’immaginazione. A me

sembra(econmeaDerridaea Casini) che, in realtà, ilconcettodiimmaginazioneinCondillac non sia davveroscarico di potenza come hosottolineato supra alla nota96 — ma la cosa è almomento irrilevante. Perchéin questa materia, è, più chead empiristi e sensisti,importante rivolgersi ad altriautori. Voglio dire che quiLeopardi si scontra con la

tematica del criticismo edell’idealismo classico, larespiraattraverso lapolemicaromantica e la discriminateoricamente. (Questo nonsignifica che Leopardi nonconosca il De Anima diAristotele,libroIII,par.8-11,431b20-434a20, doveindubbiamente è elaborataun’altissima, radicaleconcezionedell’immaginazione. Tanto

che si è potuto notare chequesto concetto diimmaginazione fasaltare l’intera metafisicaaristotelica. Sul fatto che aLeopardi il pensieroaristotelico fosse noto, siapure genericamente, si vedaquanto ne dice Timpanaroe quanto supra abbiamoricordato.) Ma torniamo anoi, e cioè all’incontroleopardiano con la tematica

dell’immaginazione nelcriticismo enell’idealismoclassico.Ora,ènoto che contro la tradizionearistotelica che vedel’immaginazione come«movimentodella sensazionein atto» e il fantasmaimmaginativo come tramiteontologico, in Kantl’immaginazione, che purenello schematismo dellaragione può ampiamente

aprirsi in una funzionecostitutiva,tuttaviasubiscelaperversa risposta delfenomenismo edell’inarrivabilità della «cosainsé».ComehabenmostratoC.Castoriadis,Ladécouvertede l'immagination, in Libre,1978, 3, pp. 151-189, ilproblema kantiano, megliol’ambiguità del tema, sonoripresi da Hegel e risolti intermini negativi.

L’immaginazione in Hegeldiviene mera «combinazioneselettiva di dati empiriciguidata dall’idea»: quindi:«relegazionedell’immaginazione allapsicologia, fissazionedel suoposto fra la sensazione el’intelletto, caratteresemplicemente riproduttivo ecombinatorio della suaattività, statuto deficiente,illusorio, ingannatore e

sospetto della sua opera». InognicasovediM.Heidegger,Kant und das Problem derMetaphysik, traduzioneitaliana, Milano, 1962, cheriscopre, dopo ilrinsecchimento dellatradizione neokantiana e iltradimento idealistico, ilproblema, accusandocomunque Kant di averaperto un «abisso senzafondo» e di non averlo

percorso. La concezioneleopardianadell’immaginazione si situasuquestosnodo:essaanticipaogni innovazione che nellafilosofiacontemporaneaè,suquesta problematica,prodotta. In particolare, misembra che nella concezionedell’immaginazioneleopardiana si possano quasileggere i fantasmi di duetradizionichemi sonocaree

presenti: da un lato quellapsicologicadiCastoriadischecoglie il carattere collettivodella funzione immaginativa,dall’altroquellaumanisticadiBataille che coglienell’immaginazione lapotenza di risolvere il caosesistenziale intimizzato, loscambio socialeinteriorizzato, attraverso unospiazzamento ontologicodecisivo. La sintesi di queste

due tensioninelladefinizionedell’immaginazione, ilsentimento dellospiazzamento enorme chequesto incrocio esige, sonospesso indicati nell’opera diE.Lévinas.

118. Ricordiamo solo,inquestoperiodo,Zibaldone,pp. 1952-3, 2271-3, 2292-6(TO, vol. Il, pp. 528, 591-2,595-6). Ma già pp. 1563-68,1571-2(pp.441-2,443)ecc.

119. Zibaldone, pp.2250-51(TO,vol.II,p.587).Si veda in propositoil contributo di G. Lonardi,Classicismo ed utopia nellalirica leopardiana, Firenze,Olschki, 1969.Carpi,op. cit.p. 248, vede anche nellagarbataposizionedelLonardiuna provocazionefrancofortese! Gliconsigliamo allora lalettura di V. Gazzola

Stecchini, Leopardi politico,Bari,1974.

120.Cfr.supranota82del cap. I. C. Galimberti inMessaggio e formanella «Ginestra» (AA. VV.,Poeticaestile.«Quadernidelcircolo filologicolinguistico», n° 8, Padova,Liviana, 1976, pp. 47-73)osserva che la concezionedel mito in Leopardi siarticola fra una funzione

plastica e simbolica adominante letteraria, e unaconcezione religioso-utopista(salvo trasformarsinell’ultima fase, e cioèattorno alla Ginestra, inproiezione etica: ma questoper ora non ci interessa).Questa definizione delGalimberti non mi sembracolga il punto, infatti inLeopardi la proposizione delmito non è mai dialettica,

come invece è ogni funzionereligioso-utopisticaimpiantata sulla valutazionedellacontingenzadelmondo.Il mito non è, in Leopardi,mai predeterminato, non haun segno precostituito, non èunanegativitàchesisvolgeesi risolve in positività. Tuttequeste omologie vengonoescluse dal processoconoscitivoepoetico.Quelloche è specifico nella

concezione del mito inLeopardi è l’«alterità» delnoemaimmaginativo.Ècomela posizione di una luce cheserveadilluminareilsistemache l’ha prodotta. Da questopunto di vista il concetto dimito in Leopardi vafortemente sganciato dallatradizioneche,neglianni ’30di questo secolo, è venutaformandosi,traiRosenzweig,i Benjamin, i Bloch —

tradizione nella quale ladimensione dialettica èassolutamentepresente,anchequando il superamentoavviene verso dimensionimistiche. Certo, il rapportotra filosofia negativa eproduzione mitica èstringente: ma ben diversa èla soluzione sul terrenoidealistico e dialettico o,d’altra parte, sul terrenomaterialistico ed etico. In

Leopardi il mito ha dunqueuna funzione strutturale eoperativa.

121.Ipensieridel1822(gennaio-novembre), cioèfino alla partenza per Roma,sono compresi alle pp. 2316-2644 dello Zibaldone (TO,vol. II, pp. 600-673). Èdifficile stabilire un ordineinterno di questi pensieri: ineffetti essi sono distribuiti suun tempo lungo e

l’occasionalitàèpiùfortedeldisegno. Inoltre, i pensieriche qui saranno presi in piùcentraleconsiderazione, quellifilosofici e politici, sonodispersi fra molte ed ampieanalisi filologiche elinguistiche. Restanocomunque,comesisottolineanel testo, alcune importanticaratteristiche, comuni aquestipensieri.

122. Per quantoriguardal'Epistolariochequiprendiamo in considerazione,e cioè le lettere dall’ottobredel 1820 fino al novembre1822, va notato che esso ècompletamente dominato,ormai, dall’attesa dellapartenza.Uncerto equilibrio,una certa serenità appaiononellelettere:il«personale»siaccompagna alla definizionedi un dialogo colto. Va

esaurendosi il rapporto conGiordani.

123. Zibaldone, pp.2112-2114, 2212-2215 (TO,vol.II,pp.559,579-80).340

124. Zibaldone, pp.2122-2132 (TO, vol. II, pp.561-3).

125.Taleèappuntoèilcaso del concetto di infinito:cfr. Zibaldone, pp. 1429-31,1927-30, 2053-54 (TO, vol.II,pp.410-11,522-3,548).

126.Zibaldone,p.2610(TO,vol.II,pp.665-6).

127. Zibaldone, pp.2410-4, 2419-20, 2488-92,2493-6 (TO,vol. II,pp.623-4,625,641-3).

128. Zibaldone, pp.2433-4, 2599-2602 (TO, vol.II,pp.628,662-4).

129. Zibaldone, pp.2429-2442 (TO, vol. II, pp.627-30).

130. Zibaldone, pp.

2602-7 (TO,vol. II,pp.664-5) ma già pp. 1737-40 (pp.482-3).

131. Lettera 179, aPietroGiordani,Recanati, 22novembre1820.

132. Lettera 185, aPietro Giordani, Recanati, 5gennaio1821.

133. Lettera 194, aGiulio Perticari, Recanati, 9aprile1821.

134. Zibaldone, pp.

2392-5, 2563-4 (TO, vol. II,pp.619,656).

135. Zibaldone, pp.2381, 2456-8, 2463, 2574-7(TO, vol. II, pp. 616-7, 634,635-6,658).

136. Zibaldone, pp.2402-4,2492,2549-55,2566-7(TO,voi,II,pp.621-2,642,653-4,656).

137. Canto XIII. Cfr.Peruzzi, pp. 275-285.Composto a Recanati nella

primavera o nell’estate-autunno del 1820.W. Binni,nell’Introduzione a TO,vol.I,pp.XLII-XLIV,valutaquesto canto, assieme a IIsogno e La vitasolitaria, considerandofallimentare il ritorno alla«vita privata» che qui siesprimerebbe. Su questoconcetto di privatezza, cfr.anche M. Ricciardi, op. cit.,passim. Binni comunque

ritiene,fraitrecanti,questoilmiglioredaunpuntodivistapoetico. In ogni caso, comeinterpretare questo ritornoalla privatezza? Comecorrispettivo poetico,personale, di una crudezzatroppo insistita della crisipersonale e teorica, espressanello Zibaldone? Comecompenso poetico? Sonqueste le domande retorichecheBinniproponeallettore.

138. Canto XV. Cfr.Peruzzi, pp. 293-313. Contutta probabilità il Canto fucomposto a Recanati neldicembre del 1820. Altraipotesi:ottobre1821(cfr.TO,vol.I,p.1427).

139. Canto XVI.Peruzzi, pp. 315-335.Composto a Recanatinell’estate-autunno1821.

140. Lo comprendebeneG.DeRobertis,inDalle

note dello Zibaldonealla poesia dei Canti, inLeopardi Zibaldone, vol. I,Oscar Mondadori, 1972,pp. IL-LXVII, ma già inSaggio sul Leopardi, 3a ed.,Firenze, 1952. Quelloche risulta importantissimoneldiscorsodiDeRobertissuLeopardi è la sua capacitàmetodica di unificare,dall’interno, le articolazionidiverse del

pensiero leopardiano. «Lamusica» dei Canti si liberaattraverso lo Zibaldone,«cresce dalla coscienza lìdentro fattasi grande».Quanto alle Operette, essesono «intimissime» alloZibaldone... Certo, questaprofonda inerenza di tutti gliaspetti del pensieroleopardiano nell’unitàstilisticaèconcettoche ilDeRobertis svilisce attraverso

un’interpretazione dellapoesia del Leopardi come«straniata dal presente e conquel sapore d’antico certonon adatto a suscitare unripensamento nuovo in fattodi studi estetici». Ma questogiudizio risulta così astratto,rispettoall’insiememetodico,da dover essere imputatopiuttosto agli umori esteticidel De Robertis che al suometodo. Sulla grande forza

della lettura stilistica, cfr. ingenere i lavori di C.Galimbertiedinparticolareilsuo Linguaggio del vero inLeopardi, Firenze, 1959. Sipuò qui aggiungere che,con tutta probabilità,l’interpretazione stilistica delLeopardi,nelbeneenelmale,discende direttamente dalDeSanctis — cui vanno perciò,insieme, responsabilità emerito di un certo senso

unitario dell’operaleopardiana (unificata nellostile) e un certo aristocraticorifiuto della sua sceltaantirisorgimentale erivoluzionaria (vedi inproposito C. Muscetta, op.cit.pp.149-155).

141. È estremamenteimportante insistere sullecaratteristiche «circolari» delpensiero e della poesia diLeopardi.Cfr.L.Spitzer,che

ben svolge la metodologiadella «ganzheitlicheBetrachtung» nei suoi Studiitaliani,acuradiG.Scarpati,Milano, 1976. La letturastilistica di Spitzer vaovviamente calatanell’insieme, nell’ontologia,del discorso leopardiano. Dinuovo qui mi permetto dirinviare a quelleinterpretazioni critiche chemai disgiungono

la determinazione stilisticadalla materialità dellacostruzione, la forma dalcontenuto, l’idea dallamateria. Indubbiamente, testofondamentale in proposito èE. Panofsky, Idea, 2a ed.,Berlino, 1960. Ma questalettura èsoprattutto importante, anziessenziale, indispensabile,quandocisitrovidifronteaiproblemi dell’innovazione,

della variazione stilistica edella trasformazioneespressiva. Qui la dinamicadellostilismoe leconcezionicircolari della«Gestalt» estetica (checontieneedècome legatadaun nesso indiscutibile aicontenuti culturali cheesprime) possono svolgerefunzioniuniversali—enonèdunque un caso che questeconcezioni abbiano avuto

un’enorme influenzasui modelli di analisi nellastoria delle scienze e nelleteorie delle innovazioniscientifiche. Importante èevidentemente riandare inproposito ai temi ed allasensibilità proposti da Kuhnnel suo Le rivoluzioniscientifiche,masoprattuttoaimodelli proposti daFeyerabend.

142. Lettera 199, a

PietroGiordani, daRecanati,18 giugno 1821 (mavedi anche, sempre alGiordani, lettera 204).Lettera 200, a PietroBrighenti, da Recanati, 22giugno 1821, ma anche lelettere, al medesimo, 197 e198,delmaggio1821.

143. Lettera 201 aPietroGiordani,Recanati, 13luglio1821.

144. Sul nazional-

popolare, cfr. A. Asor Rosa,Scrittori e popolo, LaNuova Italia, Firenze, 1966,nonché le recensioni e icontributiall’approfondimento criticodel concetto da parte delTimpanaroedelLuporini.

145. Lettera 202, aPietro Giordani, Recanati 6agosto1821.

146.Perapprofondireildiscorso è qui necessario

inserire qualche annotazionea proposito della Estetica diG.W.F. Hegel (Feltrinelli,Milano, 1963). Da questoconfronto, proprio sui temidella Darstellung poetica,comparirà quanto Leopardisia un vero e proprio anti-Hegel. Per Hegel si puòdiscutere di arte solo quandosi sia «di fronte» all’arte enon «dentro», soloquando cioè ci si ponga dal

più alto punto di vista dellafilosofia. Leopardi poneinvecelapoesiae lafilosofiadentro una comunecircolazione metafisica. PerHegel, dunque, la filosofia èsuperiore all’arte, la formadel conoscere filosofico èsuperiore al conoscerepoetico, e l’arte è appunto«morta» nell’epoca incui viviamo, perché ora lafilosofiatrionfa.PerLeopardi

l’arte è viva e nutrelafilosofia,l’arteinterpretailmondo, e può solo liquidarele sue proprieformetradizionali,dislocandoil suo potere rappresentativosu un orizzonte di più altacomprensione. In Hegel lasuperiorità della filosofia e«la morte dell’arte»costituiscono radicalissimepremesse per ricostruireuniversalmente e

storicamente «l’unità dalpunto di vista empirico edideale». Questo significa cheHegel distingue i «generiartistici»facendolifunzionarecome rappresentazioni dellospiritodiepochediverse.Vièuna storia dei generi letterariche corrisponde alle tappeprogressive della storia delmondo. Per Leopardi, ilcircolare della filosofia edella poesia, l’una entro

l’altra,èunaveritàassoluta,eladiversitàdeigeneriletterariedelleepochestorichenonhaaltra necessità chequella chederiva dalla vitalitàdell’essere: né ilprivilegiamento del classicoha in alcun modoconseguenze dialettiche.Hegel rinnova il pensieroilluministico; Leopardiinventa e sviluppa ilmoderno. Si veda in

proposito, anche se da unpunto di vista strettamentespecialistico, K. Maurer,Leopardi’s Canti und dieAuflösung der lyrischenGenera,Frankfurt,1957,e lademolizione, non del tuttogiustificata, che ne fa L.Spitzer,op. cit. pp. 287 sgg.D’altra parte invece, aconferma del carattere tardo-illuministico dell’esteticadi Hegel, cfr. H. Kühn,Die

Vollendung der KlassischenAesthetik durch Hegel, inSchriften zur Aesthetik,Monaco, 1966. Ma torniamoal problema dei generiletterari: è forse questo ilmomento nel quale, sia sidistinguono le diverse edopposte Darstellungen diHegel e di Leopardi, sia sievidenziaildistaccodiHegeldalla contemporanea esteticaromantica.Valeadireche,in

Hegel, i generi letterari sonoapparenze dialettiche dellosviluppodellaragionpoetica,fin quando questa non abbiaesaurito la sua presaontologica e quindi nullapossa più dirci: in Leopardi,Hölderlin, in F. Schlegel, igeneri letterari sono invece,sia pur per diversi aspetti,momenti storici particolariche rompono ogni fissazionedottrinale, ogni rigidità

strutturale, e tendono ad unsolo superamento: nondell’arte ma dei generiletterari stessi, verso unaconcezione universaledell’esposizione esteticadell’umano. Sulla tematicadeigeneriletterariinSchlegele nel primo Romanticismotedesco, cfr. P. Szondi, op.cit., pp. 117 sgg. —particolarmente importante èin Szondi il

continuo riferimento allaTheorie des Romans, di G.Lukàcs (e agli scritti letteraridi Benjamin negli anni ’20)come all’eredità ed alcompletamento delprogramma del primoromanticismotedesco.

147. Fra l’altro, cfr.Zibaldone, pp. 1313, 1317,1531-3,1708,2013(TO,vol.II, pp. 382, 383, 434, 475,540). Sulla presenza centrale

di Galilei nell’opera delLeopardi, cfr. G. Bollati,op.cit., pp. XCIII-XCV; S.Gensini,op.cit.,pp.202-203.Quest’ultimo autore notacome la presenza delGalilei sia progressiva,accentuandosi sempre di più,dallo Zibaldone del 1821fino ai Pensieri. Bollati, peraltro verso, mostra comeGalilei sia il vero eproprio eroe della

Crestomaziainprosa:eforsenon solo di questa,nell’universodelLeopardi.

148. Zibaldone, pp.2316-7(TO,vol.II,p.600).

149. Zibaldone, pp.2159-60(TO,vol.II,p.569).

150. Zibaldone, pp.143-4(TO,vol.II,p.71).

151.Cfr.supranota137al cap. II. Su tutto questoperiodo cfr. comunque W.Binni, in TO, vol. I, p. 44 e

segg.,chepropone,perquestanuovafase, un’interpretazionecomplessivamentesoddisfacente.Binnidefinisceuna sortadidialettica internafra i Canti di questa fase. ICanti IV (Nelle nozzedella sorella Paolina) e V(Ad un vincitore nel pallone)sono da considerare instrettissima connessione ecostituirebberounesempiodi

pedagogia attiva.Essi rappresentano la coppiabase da cui si dipana laproblematica del periodoin questione. Il Canto VI(Brutominore)èmomentodiuna pedagogia classicoeroica— un grido, una bestemmia,la grandezza del negativo. IlCanto VII (Alla primavera)rappresenta un momentomeditativo-poetico,unapausariflessiva, un primo — ma

distaccato — momento diricostruzione. Il Canto IX(Saffo) è il capolavoro, lasintesi di VI e VII, ilmomentodell’innovazione pura. Poientriamo in crisi: Il CantoVIII (Inno ai Patriarchi) èstancoeincerto.

Vedremo, continuandonell’indagine, dove siaaccettabile,edoveno,questaproposta di lettura del Binni:

essa è comunque importante,nella sua sensibilità aicontenutiespressivi.

152. Canto IV. Cfr.Peruzzi, pp. 107-123.Composto a Recanatinell’ottobre-novembre1821.

153. Canto V. Cfr.Peruzzi pp. 125-138.Recanati: «Finita l’ult. diNovembre 1821». Qualchedubbio sulla datazione:comunqueautunno1821.

154. Canto VI. Cfr.Peruzzi, pp. 139-164.Recanati: «Opera di 20giorni,Die.1821».Suquestoimportantissimo Canto, cfr.M. Marcazzan, Leopardi el'ombra di Bruto, in NostroOttocento,Brescia, 1955;W.Binni,introduzioneaTO,vol.I, pp. LVI-LVIII; M.Ricciardi,op.cit.passim.

155. Canto VII. Cfr.Peruzzi, pp. 165-187.

Recanati: «Opera di 12giorni,Gen.1822».

156. Questo èindubbiamente il piùhòlderliniano dei Canti diLeopardi. In proposito sivedano le indicazioni di P.Szondi,op.cit.,pp.226sgg.,a proposito di unaestremamente significativatematicahòlderliniana:quellache Szondi chiama «ilsuperamento del classicismo

attraverso il classicismo».Che questa sia anche chiavedi letturadelpensieroedellapoetica leopardiana, abbiamogià chiarito— soprattutto inriferimento alla concezioneleopardianadelmito.Maquivièqualcosadipiù.Ecioè,ilclassicismo si rivela, amanoa mano, e in questi annidefinitivamente, come unadelle immagini nelle quali la«seconda natura» si

consolida. Il passaggioattraverso il classicismo èindicazione della condizionemetafisica alla quale siamoordinati: il passaggioattraversolasecondanaturaènecessario.Ilclassicismoèunintrico di immagini: è giàstato la forma dellarappresentazione del mitooriginario, ora èstilisticamente la forma dellarappresentazione più alta, è

— per dirla con interpretiaccreditati— primitivismo einsieme stilistica altissima,maconfunzionidiverse.Cheaggiungere? Anche inLeopardi il classicismo è oraun transito — simbolodell’accettazione del nuovomondo,della suanecessitàe,di qui, passaggio in avanti,riscoperta dalla verità delsoggetto.

157. Canto IX. Cfr.

Peruzzi, pp. 225-248.Recanati: «Opera di 7giorni, Mag. 1822». Vedi C.Muscetta, Leopardi. Schizzi,studieletture,Roma,1976.

158. Canto VIII. Cfr.Peruzzi, pp. 189-223.Recanati: «Opera di 17giorni. Luglio 1822». Suquestocanto,inparticolare,sisono aperte discussionicirca l’ispirazione religiosadel discorso leopardiano: cfr.

G.Getto,Gli innicristiani inSaggi leopardiani, Firenze,1966.

159. È alle letture diBinni, di Muscetta ed oraanche diRicciardi che qui ciriferiamo. Vi è in effetti«cesura stilistica» — nellamisura in cui il problema divivere la trama del sensoassorbe completamentel’immaginazione leopardiana,ne aspira, per così dire, la

forza poetica.Quest’esclusivitàdell’esperienza, e le variantiliriche nelle quali si svolge,costituiscono «cesura»rispetto alle altre fasi dellavoro poetico leopardiano,— la cesura viene insiemesuperata nella poesia e nellametafisica.

160. Vedi le letteredalla 217 alla 271nell’epistolario raccolto in

TO, vol. I, ma soprattuttoquelle prime ai familiari(lettere 217-231). Su questoviaggio romano, buone sonole annotazioni di N. Jonard,G. Leopardi. Essai debiographie intellectuelle,Belles Lettres, Paris, 1977,pp.195sgg.

161. Lettera 219, aCarlo Leopardi, Roma, 25novembre1822.

162. Lettera 221, a

Paolina Leopardi, Roma, 3dicembre1822.

163.Lettere223e225,rispettivamente a Monaldo eaCarloLeopardi,Roma, 9 e16dicembre1822.

164.Lettera222, a CarloLeopardi, Roma, 6 dicembre1822.

165.Lettera241, a CarloLeopardi, Roma, 22 gennaio1823.

166. Lettera 260, a

Carlo Leopardi, Roma, 22marzo1823.

167. Lettera 252, aCarlo Leopardi, Roma, 20febbraio1823.

168.Ivi.169. Zibaldone, pp.

2656-7(TO,vol.II,p.675).170. Zibaldone, pp.

2684-5(TO,vol.II,p.682).171. Zibaldone, pp.

2668-9 (TO, vol. II, p. 678).Non so se in questa

rivendicazione della libertàdella natura (e del mercato)controognicostrizionestatalesi debba leggere una primarisonanza del pensieropolitico liberale che, neglianni ’20, comincia a fare lesue prove anche chez nous.Da un certo punto di vista èchiaro che questarivendicazione è già quisufficiente ad escluderel’appartenenza del giovane

Giacomo Leopardi a correntidi pensiero assolutistiche,malgrado talunesottolineature sulla necessitàdel «governo assoluto» chequa e là si leggono nelloZibaldone. Contro L.Salvatorelli, Il pensieropolitico italiano dal 1700 al1870, Torino, Einaudi, varieed., ha sostenuto quantoanch’iosostengoC.Luporini,op. cit., pp. 105 sgg. (resta

intesocheilvaloredell’operadi Salvatorelli non è certoriducibile a quest’infeliceriduzione del Leopardiall’assolutismo. Torneremosull’analisi anticipatrice delSalvatorelli quandostudieremo il Leopardi dellaGinestra). Mi sia permessaqui un’ulteriore annotazione.Come è noto, negli anni ’20,accanto alle prime auroraliapparizioni del pensiero

liberale, passa pesantementel’influenza del pensiero dellarestaurazione, ed inparticolare grandissimacircolazione ha l' Essai surl'indifférence en matière dereligiondiLamennais,ilcuiIvol. appare nel 1817 (cfr. G.Candeloro, Storia dell'Italiamoderna,vol.II,cit.,pp.135sgg.). Ora, sappiamo ancheche Leopardi conoscebenissimoilLamennaiseche

critica pesantemente icontenuti di quell’opera. Maqui non è problema dicontenuto: è solo singolare ilfatto che la lotta contro«l’indifferenza»cheLeopardiconducehasegnoesattamenteopposto a quello prescrittodal filosofo cattolico dellarestaurazione. Romperel’indifferenza è per Leopardirompere l’indifferenza dellatramadelsenso,ètrovarenon

Dio ma una direzione eticadell’essere.Indifferenzaèquidunqueunaparolagiocattolo.

172. Zibaldone, pp.1170-4 (TO,vol. II, pp. 340-1). Riferendosi alle ripetuteconsiderazioni che ilLeopardi fa sulla moneta(fino al Pensiero XLIV), U.Carpi,op. cit., pp. 115, 118,153, ironizza sul fatto cheautori come Luporini,trovatisi dinanzi alla

dichiarata estraneità etico-culturale del Leopardi allasocietà capitalistica(particolarmente manifestaquand’egli parla dellamoneta), abbiano preso tuttoquesto per anticapitalismo.Mi sembra che questa ironiasia fuori luogo. QuandoLeopardi parla della moneta,ne parla in realtà come della«formadelmercato», di quelmercato che investe ormai

tuttalanostravita,chequindiè forma di comunicazione e«seconda natura». N.Badaloni, op. cit., ha benvisto la continuità di questopassaggio. Questacritica leopardiana dellamoneta non è solo dentro ilcapitalismo contemporaneoaLeopardimaancheallesuetendenze future. Per quantoriguarda il concetto di«Risorgimento debole», vedi

supraquantonediciamoallenote71-72diquestocapitolo,in riferimento a Zibaldone,pp. 1077-1078, 1101, (TO,vol.II,pp.313-319).

173. Zibaldone, pp.1422-3(TO,vol.II,p.409).

174. Lettera 273, aPeppinoMelchiorri,Recanati,4maggio1823.

175. Lettera 280, aPietro Giordani, Recanati, 4agosto1823.

176. Zibaldone, pp.2646-7(TO,vol.II,p.673).

177. Lettera 290, aPeppinoMelchiorri,Recanati,19dicembre1823.

178. Cfr. il già citatobranodelloZibaldoneallepp.392-451(TO,vol.II,pp.146-160) e considera leannotazioni che noi vifacciamo attorno, nel testo enellenote47,48,49diquestocapitolo. Aggiungo qui che

l’interpretazione cattolica, ein genere cristiana, diLeopardi pecca soprattuttonel suo tentativo di seguiredeterminazioni specifiche diunareligiositàimpossibile.È,da questo punto di vista,un’interpretazione clericale.Lo dico avendo sottogliocchiuntestoche,altrove,in questo stesso mio lavoromi sarà utile: la Préface diPaul Claudel all’ed. Mercure

deFrance(Parigi,1949)delleOeuvresdiA.Rimbaud.Chefa, a questo proposito,l’apologeta cattolico? Cercaforse in Rimbaud uncattolicesimo impossibile?Certo no. Cerca l’analogiadell’atto mistico edell’esperienza poetica: soloquesto.

179.Sututtiquestitemicfr.KarlLowith,DaHegelaNietzsche (1949), Einaudi,

Torino, 1959: «Il camminoche conduce da Hegel aNietzsche attraverso igiovani-hegeliani si puòintenderenelmodopiùchiaroquandoci si riferisceall’ideadellamortediDio» (p. 307).AmesembracheLeopardisiponga interamente entroquesto schema concettualechepuòancheesserespiegatoin questi termini: la filosofiapost-hegeliana, contro la

redenzione-Aufhebung, ponel’esigenzadiuna«redenzionereale» che attraversi ilnuovo tessuto dell’essere;contro l’hegelianocompimento della filosofiacristiana, il riconoscimentodell’immediatezza di una«nuova natura». Il tema del«riconoscimento» dellaseconda natura, dellosviluppo capitalistico, dellarivoluzione liberale in via di

realizzazione, si accompagnaal «rifiuto» di accedere aqualsiasi prospettiva ditrascendenza.IlCristianesimoè dunque completamentetravolto entro questomeccanismo: cfr. supra nota178 di questo capitolo; cfr.Lowith,op.cit.,pp.562sgg.:l’unica possibilità diriconquistare la trascendenzaè quella di assumereparadosso e disperazione

come sostegno della fede—così in Kierkegaard ecc. Madi questo secondo processo,davvero non c’è nulla inLeopardi. Per lui lamorte diDio è un attocostruttivo. Luporini hagiustamente sentitol’omologia di talunicomportamenti leopardiani edellasinistrahegeliana.

180. Per quantoriguarda il rapporto fra

costruzione storico-socialedella trama del senso eproblemi dellacomunicazione, si vedano icontributi di N. Luhmann,chediscuteremopiùtardiallenote 74-75 del capitolo IV.Basti qui ricordarel’importanza degli studi chehanno toccato la relazionecomunicativa, integrando isuoi processi genetici e ledinamiche di

consolidamento culturale.Questo tipo di studi, oggidivenutoconsuetonell’analisidelle società mediatiche,diviene di più faticosaapplicazione quando lo siapplichi al passato — maoffre in questo caso spessosorprendentirisultati.

181. Francesco DeSanctis (in Studio suGiacomo Leopardi, Napoli,1885; ma vedi anche il suo

Schopenhauer e Leopardi.Dialogo fra A e D, in Saggicritici,vol.II,Bari,1952—acura di L. Russo) consideradeltuttoingiustamentequestoperiodo leopardiano comemistico-platonico.Diquiunosfocato giudizio sul testolirico fondamentale:Alla suadonna.

182. Canto XVIII. Cfr.Peruzzi,pp.359-375.«Operadi sei giorni. Settembre

1823». Vedi in proposito lalinea interpretativa propostada C. Luporini,op. cit. e daW. Binni, Introduzione, cit.,pp. LXV-LXVI e LXVIII-LXXV,

in questo caso del tuttoaccettabileedameripresaneltesto.

183. Coglieperfettamente questopassaggioalladeterminazionepratica della metafisica,

attraversolacanzoneAllasuadonna,GiuseppeDeRobertis,Introduzione all’ed. OscarMondadori dello Zibaldone,cit., p. LX: «Compose allorala canzone Alla sua donna,così intimae scevrad’enfasi,meditazione eccelsa e quasiprefazionealleOperette...».

184.Quandosiparladiesteticamaterialista, è spessodifficile orientarsi. A partireinfatti dalla rifondazione

contemporanea delmaterialismo, e cioè da quelmomento nel quale, dopo lapubblicazione delGeschichtedes Materialismus di A.Lange, viene superata ladefinizioneneokantiana(eciòcorrisponde alle polemichecheinRussiasihannocontrol’empirio-criticismo),il materialismo diviene armadirettamente politica — e lasua estetica di conseguenza

spesso confusa con lenecessità dell’azione politicae dellaconquista dell’egemonia.Potremmo portare moltiesempi in proposito — nonultimo, il modo in cui ilpensiero di Leopardi fuaccolto e utilizzato dalpensiero marxista. Crediamotuttaviacheoggilasituazionesi sia modificata e chetaluni atteggiamenti sia

difensivi che offensivi, siainvadenti che riduttivi,possano essere evitati e che—anchefragliautorichepuravevanovissutoquellefasidilotta estetica — si possanorecuperare elementicostruttivi.Ame sembra cheoggi una storia dell’esteticamaterialista potrebbe esserefondata, e che, fra Lukàcs eBachtin, fra Della Volpe eMarcuse e Bataille, sia

possibile lanciare un’ipotesiche muove dalledeterminazioni estrinsecheverso l’ontologia, comemomento centrale di unaconsiderazione materialistadell’estetica. Fondamentale èdunque in proposito ilcammino che porta LukàcsdallasuaTeoriadelromanzofino alla Grande ontologia:probabilmente seguendoquesta traccia, che copre un

cinquantennio di vitaculturaleepoliticaeuropea(edi quale drammaticità!), sipotrebbe formare il disegnodi una storia contemporaneadell’esteticamarxista.

185. Per quantoriguarda la fenomenologiacontemporaneadell’immaginario, vedi supraquanto detto alla nota 117.Quello che seguiamo neltesto,ecioèlacostruzionedi

un mondo nel quale ifantasmi concettualidell’immaginazione siintrecciano con il depositarsimateriale dell’immaginario— tutto questo è stato, comeè noto, vissuto dalla teoriafilosofica delNovecento, soprattuttofrancese, secondo due lineeessenziali:daun lato la lineasoggettiva,fenomenologicainsensoproprio,chesisviluppa

fra Sartre e Merleau-Ponty(sucuicfr.V.Descombes,Lemême et l'autre. 45 arts dephilosophie française, 1933-1978, Minuit, Paris, 1979);dall’altro, la linea strutturaleche ha, per quanto riguardagli studi estetici, soprattuttoin Gaston Bachelard il suomaggior rappresentante: diquest’ultimo, vediessenzialmente La poétiquede l'espace,Puf,Parigi,1957

e La poétique de la rêverie,Puf,Parigi,1960.

186. Malgrado quantone dicono gli interpreti«progressivi», emalgrado alcune mieforzature del testo (testi)leopardiani, un esplicito econsapevole concetto dimaterialismo non sembraapparire in Leopardi primadellasecondametàdeglianni’20,edanzipiuttostoversola

fine di questo lustro,che verso il principio. Vedigli indici dello Zibaldone:sono sufficienti alladimostrazione. Detto questo,si deve aggiungere che ilconcetto di materialismo èpresente in questa fase nelpensierodiLeopardi, al di làdi quello che egli ne pensi odica.Ilmaterialismoinquestafase è rilevato dalladefinizione delle dimensioni

dell’essere, dalla indefinitamisura spazio-temporale chegli è attribuita, secondo unsentire antico, classico; oltreche, naturalmente,dalle qualificazioni etiche,pessimistiche e realistiche,piantate suquella concezionedell’essere.

187. Anche a questopropositovedigliindicidelloZibaldone. Anche in questocasoci troviamodi fronte ad

un’apparente affermazionedel suicidio, e insieme difronte ad una sostanziale suanegazione.Valeadireche,inquesta fase, diversamente daquanto avverrà più tardi(l’idea del suicidio saràdecisamente eaffermativamente bandita),l’idea del suicidio ècontinuamente riportata aquelladella«secondanatura»—se viviamo in questa, non

v’è ragione di affermare cheuna ragione naturale (prima)sioppongaalsuicidio!Masivede subito comel’argomento sia in realtàproprio rivolto contro ilsuicidio: poiché questa suaidea depotenziata ne togliel’efficacia di soluzione deldolore.Oladegrada.Vedi,inogni caso, qui di seguito, ilnostrocommentoaiCanti40e41.

188. Per quantoriguarda il riferimento diMarx alla freschezza e allacreatività della filosofiarinascimentale, vedi supranota 107. Per quantoriguarda il rapportoleopardiano a Galileo, vedisupra nota 147 di questocapitolo.Nonvisonoinvece,almeno nello Zibaldone,espliciti richiami a GiordanoBruno. E tuttavia,

l’esaltazione leopardiana del’500 non può escludere lapresenza di questo autore(che di quel secolorappresenta insieme uno deipiù attivi momenti e la suatragedia). In effetti sitratterebbe qui dicomprenderefinoachepuntoLeopardipercepiscalarotturache, a partire dal ’500,percorre la storia letteraria,civile e politica italiana.

Abbiamo già visto come unodegli elementi fondamentalidel progetto leopardiano,implicito nella suaopera quanto continuamenteemergente, sia il desiderio direinserire il pensiero italianonellafamigliaeuropea.Ora,èproprio dal ’500, dal terminedi quell’epoca matura,dall’esaurirsi di quellastraordinaria vitalità, chel’isolamento e la

degradazione della culturaitaliana hanno inizio. Perquanto riguardal’apprezzamento leopardianodel ’500, ci sia permessal’analogia con JacobBurckhardt, La civiltà delRinascimento in Italia, che èil libro nel quale lanostalgia si fa filosofia erompe potentemente ilpessimismo storico. Ultimaannotazione: la filologia

nasce dalla nostalgia diun’epoca più felice masoprattutto,dentro il progettoleopardiano che stiamovedendo, come programmapolitico di ricomposizionedella cultura italiana verso ipiù alti livelli di quellaeuropea.

189. Cfr. le note 64diquestocapitoloelenote54e55delcapitoloIV.

190. Canto XL. Cfr.

Peruzzi, pp. 611-618.Composto a Recanati, fra il1823eil1824.

191. Canto XLI. Cfr.Peruzzi, pp. 619-626.Composto a Recanati fra il1823eil1824.

192. Cfr. Peruzzi, p.626, la variante al verso 24delCanto XLI: «dubbia» e/o«breve».Lagiovinezza?

193. È naturalmente allibro di S. Timpanaro, La

filologia diG. Leopardi, cit.,che per la documentazionequisirinvia.Cfr.supra,nota24 al capitolo I, per altricontributi. È chiaro che lafilologia in Leopardi non èuna funzione neutra nelprocedere della suametafisica. Anche gli autoriche più laicamente (ma conestrema attenzione) seguonoil formarsi e lo svilupparsidella filologia leopardiana,

sono costretti a segnalarne latensione costitutiva.SivedanoingeneregliScrittifilologici di G. Leopardi,raccolti da G. Pacella e S.Timpanaro,Firenze,1969.Vaqui allora notato che lafilologia leopardiana, esoprattutto quella checonduceallaconoscenzadellafilosofia antica, è prima ditutto una capacità dicostituzione dell’oggetto,

piuttosto che un semplicetramitediapprensionediunaverità. Questa caratteristica èfortissima:lohanotatoancheV.DiBenedetto,G.Leopardieifilosofiantichi,in«Criticastorica», 1967, VI, pp. 289sgg., quando avverte cheLeopardi considera lafilosofia antica, cui tanto siapplica, come un paradigmaunitario. Non sonoparticolarmente d’accordo

con il Di Benedettosull’interpretazione che egliattribuisce al Leopardimaturo, del pensiero anticocome pensiero desolatamentepessimistico, né sonod’accordo con chi accettaquesta conclusione almenofino alla lettura dellaGinestra: comunque su tuttoquesto torneremo più avanti.Va qui invece sottolineata lamodalità dell’approccio

leopardiano, questo suo usodella filologia allo scopo dicostruire verità. In propositoil giudizio di Timpanaro èmolto articolato ma anchemolto sfumato. Egli infatti,nel mentre sottolinea lospirito costruttivo dellafilologia leopardiana (e loavvicinaa fontiherderiane, elorendecontemporaneodellanuova fondazione tedescadella disciplina), nello stesso

momento sottolinea comel’antiromanticismo diLeopardi gli impedisca diaderire fino in fondo aquell’impostazione. Cfr.soprattutto i cap. VI(«Considerazioni sullafilologia leopardiana») e VII(«La rinunzia del Leopardiallafilologia»)inop.cit.,pp.141sgg.e171sgg.

194. Non sto qui aripetere quello che il dialogo

filosofico e filologicodiquestiultimidecennicihaimposto di riproporre alcentro della discussione —attraverso la rilettura delNietzsche filologo, il suoapprezzamento dell’etàtragica, non da ultimoattraversolesollecitazionidelColli alla ripresadello studiosulla «sapienza greca»: vediG. Colli, Filosofiadell’espressione, Milano,

1969 e La nascita dellafilosofia,Milano, 1975.Vedicomunque in proposito,riassuntivamente,leconciseeinformatepaginecheAntimoNegri (Nietzsche e/ol’innocenza del divenire,Liguori,Napoli,1985,pp.26sgg., 86-9 sgg., 118 sgg.)dedica a questi argomenti.Quello che mi interessaaggiungereèche inLeopardicosì come oggi, vale a dire

prima e dopo la fase diegemonia del positivismofilologico, la filologia non sipresenta solo comeconoscenza ma comedilatazione della conoscenza,non solo come ricostruzionedel testo e della figuradell’autore ma comeriproduzione di una cultura,diunorganismovitale.

195.SivedanegliIndicidelloZibaldone la continuità

del riferimento di Leopardi aOmero — lungo tutto iltempo di redazione delloZibaldone, appunto. Si vedapoi il Saggio di traduzionedell’Odissea, in TO, vol. I,pp.421sgg.ecc.ecc.Cfr.poin.77,delcap.III,infra.

196. L’elenco dellelettureplatonichediLeopardi(letture cominciate nel 1823)è in S. Timpanaro, Lafilologia diG. Leopardi, cit.,

p. 103. Si veda inoltre ilDiscorso in proposito diun’orazionegrecadiGiorgioGemistio Pletone evolgarizzamento dellamedesima in TO, vol. I, pp.507 sgg. Riferimentialpensieroneoplatonicosonospesso presenti in Leopardi,senza che da ciò si possa inalcun senso essere condotti aritenerlo... neoplatonico: cfr.V. Cilento, Leopardi e

l’antico, inStudi in onore diF. Flora, Milano, 1963, pp.610sgg.Inrealtàmiaccorgoquichel’opposizionecheneltesto faccio risaltare fral’apprezzamento leopardianodi Omero e di Platone èparticolarmenteinappropriata,se ci teniamo alla lettera,masolo alla lettera di Leopardi:in effetti «i più profondifilosofi, i più penetranti delvero, e quelli di più vasto

colpo d’occhio, furonoespressamente notabili esingolari anche per la facoltàdell’immaginazione e delcuore, si distinsero per unavena e per un geniodecisamentepoetico...Fragliantichi Platone, il piùprofondo, più vasto, piùsublime filosofo di tutti essiantichi,cheardìconcepireunsistema il quale abbracciassetutta l’esistenza, e rendesse

ragione di tutta la natura, funel suo stile, nelle sueinvenzioni ec., così poetacome tutti sanno...»(Zibaldone,p.3245:TO,vol.II, p. 812). (Vedi anche, quidi seguito: «Pascal, quasipazzo per la forza della suafantasia sulla fine della suavita».)

197. L’essenzaparadigmatica del mondoclassico è un elemento

fondamentale della culturaeuropeaal terminedelXVIIIsecolo e all’inizio delXIX. Da Winckelmann aSchiller a Schlegel, per nonparlare di Hegel, il temaè centrale e inesauribile: ilclassico è un motore vivodella produzione intellettualeeunindicedeivaloriassoluti.AHegel,Estetica,cit.,p.86,non sfugge che in tal modo,cioè quando il modello

classico è posto, l’arte «èsottratta ad una sempliceimitazione della natura... edessa potentemente trovanelle opere e nella storiadell’artel’ideadell’arte».Conciò «si dischiude allo spiritoun nuovo organo e un mododi vedere interamentenuovo».

198. Ancora e poiancora dovremmo quiapprofondire il tema del

classico, in questa fase dellastoriaculturaleeuropea,tantoa me sembraimportante questo passaggio,questorendersiontologicodelmondodelsensoattraversolaprefigurazione classica.Certo, il vero problema siapre ora, ed è il problema dirompere questaprefigurazione,quest’orizzonte della secondanatura. Il problema della

dialettica si confonde ingranparte con questo formarsidella secondanaturaecon lanecessità di articolare il suomovimento. E soprattutto, lagenesidelladialetticafacapoa questa vera e propriafenomenologia del classico.Le contrapposizioni, qui, suquestascena,sonoquellecheabbiamo già più volte,sottolineato: Hegel eHölderlin, Hegel e Leopardi.

Da un lato la seconda naturasi fa spirito e il classicodiviene la figurafondamentale della dialettica;dall’altro,lasecondanaturaèsottoposta alla critica, latrama del senso alla ricercadel senso, il classico è cosìridotto ad uno sfondo,alla nostalgia, forse, talora(ma non in Leopardi)all’utopia, in ogni caso essoèdissoltonellascopertadella

diversità,delnonconciliabile.LatragediaèrisoltainHegel,irrisolta in Hölderlin eLeopardi. Si vedanonuovamente a questoproposito le op. cit. diTaminiaux e di Szondi. Misia qui infine permesso ilriferimento al mio Stato ediritto nel giovane Hegel.Studio sulla genesiilluministica della filosofiagiuridica e politicadiHegel,

Padova, Cedam, 1958, inparticolare il cap. I e l’ampiabibliografiaivicitata.

199. Il problema dello«schematismo dei concettipuri dell’intelletto» è posto,com’è noto, da Kant nellaCritica della ragion pura,Parte II, Logicatrascendentale, I. Analiticatrascendentale, Libro II,Analitica dei principi,trad. it., Bari, Laterza, 1949,

pp. 163 sgg. del I vol. Sulproblema dello schematismo,oltre aM.Heidegger,Kant eil problema della metafisica,già cit., vedi, dello stesso,Interprétationphénoménologique de laCritiquedelaraisonpuredeKant,Paris,Gallimard,1982;E. Husserl, Ideen II, Parigi,Puf, 1982; H.J. deVleeschauwer, La deductiontranscendentaledansl'oeuvre

de Kant, Anversa, 1935;nonchéilmioAlleoriginidelformalismo giuridico. Studiosul problema della forma inKant..., Cedam, Padova,1962,inparticolareilcapitoloII.Sembradunqueamecheilproblema dello schematismo,che è problema strettamentefilosofico ma anchesingolarmente umano (essorisponde, come ci dice Kant,alla leopardiana questione:

checos’èlanatura?),sianellaprospettiva del materialismodi Leopardi, riproposto fuoridel fenomenismokantiano.Certoil temanonèpostointerminitecnicamenteadeguati:masenonvogliamoche il piacere della lettura diLeopardisiasolomusicale,sevogliamo divertire anche lanostra intelligenza in questogioco, perché non affrontarequesti temi? Tanto più

quando essi siano, comesono, del tutto centrali nellavita culturale: certo allora—e lo sviluppo dell’esteticaromantica, dalla Criticadel giudizio in poi, lodimostra—forseancheoggi:poiché, com’è noto, ilproblema di raggiungere,dalla sfera del senso,l’orizzonte dei significatisembra centrale nel periodochequalcunohachiamatodel

«postmoderno», altri haidentificato come «epocadellasussunzionereale»,tuttiriconoscono comesituazione caratterizzatadell’egemonia dellacomunicazione. Comerompere questo orizzonte dicui comprendiamo lacircolazione, — questacircolazione che conosciamo,e che solo in quanto tale,nella sua mancanza di

significato,dominiamo;comericonquistaresensoallatramadella comunicazione,significato per il senso dellatrama? Lo schematismokantiano vive la stessaproblematica. Il concetto chefa parte intera con la tramadel senso, si getta verso ilmondo del significato.Moltesonoledifficoltà: ilconcetto,nello schematismo, ci siprova.LaCriticadelgiudizio

è in realtà soloun’applicazione delloschematismo. Kant nonperviene, in ogni caso, allamateria, alla cosa in sé.Dobbiamo vedere Leopardiattraversare questa stessarealtà, e comprendere checosa egli voglia, come simuove e che cosa gli riesca.Di nuovo val la pena disottolineare come questiproblemi siano ancora, oggi,

centrali:adesempio,unfortetentativo per affrontare, «dalbasso» (per così dire), i temidello schematismo e dirisolverli in terminimaterialistici, è oggiriconoscibile nelle proposteavanzate dalla Teoria dellecatastrofi di Thom. Cfr. sulcontesto filosofico di questateoria, JeanPetitot,A proposde Logos et théorie descatastrophes, in «Babylone»,

2/3, inverno 1983/1984, pp.221-260 (10/18, Paris), e ilmio intervento critico nelnumero successivo (4, 1985)dellamedesimarivista.

NotedelCapitoloIII

1.Lettera331,a.PietroGiordani,Recanati,6maggio1825.

2. Riassumendoquanto

abbiamo già più voltericordato a proposito diSchopenhauer, e riprendendola bibliografia (De Sanctis,Nietzsche, Croce —ma anche in buona parte R.Bacchelli, Leopardi eManzoni. Commentiletterari, Milano, 1960 e C.Vossler, Nel centenario diGiacomo Leopardi, Padova,1937) — dunque,riassumendo, possiamo qui

stabilire:a.esisteunrapportoconcettuale preciso fra losviluppo di pensiero diLeopardi e quello diSchopenhauer — questorapporto consistenell’assumere il problemacritico comeproblema centrale dellafilosofia, nell’assumerel’uomo in quanto soggettocome rivelazione della «cosain sé», nel considerare il

problema della natura cometema della «seconda natura»;b. la distinzione fra lefilosofie dei due autoriconsiste nel fatto cheSchopenhauer cedeall’irrazionalismo, Leopardivive la dimensione razionaledellafilosofiaoccidentaleconestrema coerenza(sull’irrazionalismoschopenhaueriano vale pursempre G. Lukäcs, Die

Zerstörung der Vernunft,Berlino, 1949). Mi sembrachesuunaposizioneanalogaabbia ben insistito in genereS. Timpanaro, di cui tuttaviami risulta sospettal’estremaattenzioneconcessaal pessimismo leopardiano,rispettoalletesidiLuporinieBinni. Voglio dire che inTimpanaro il fascino diun’interpretazioneschopenhaueriana di

Leopardi, pur dominatofilologicamente,implicitamente riapparequando l’inversione etica delpensiero leopardiano èesclusivamente considerata,quasi schiacciatasull’ultimissimoperiododellasua esperienza lirica e vitale;c. è chiaro che questorapporto è diventato unpassaggio obbligatodell’interpretazione

leopardianaedèchiaroanchecomeessosiastatocaricatoditanta passionalità, data lacentralità del problema. Perquantomiriguardamisembrafondamentale riprendere lostudio di questo rapporto,insistendo sul fatto che,comunque, Schopenhauerrappresenta nellafilosofia dell’Ottocento unadelle linee antitetiche alladialettica hegeliana.

Un’affermazionecomequellachequisotto riportiamo,cosìradicale, così filosoficamentepregnante, Leopardi stessoavrebbepotutosottoscriverla:«Lavorando adunque conquesta disposizione, evedendo frattanto ognora ilfalso e il cattivo in pregiouniversale, anzi la gonfiavacuità e la ciarlataneria inaltissima stima, ho da lungapezzarinunziatoalplausodei

miei contemporanei. Èimpossibile che unagenerazione, la quale pervent’anni ha tanto fortestrombazzato un Hegel,questo Calibano intellettuale,come il più grande deifilosofi, da risuonarnel’Europa intera, possa farvenir gola del proprio plausoa chi ha visto un talespettacolo. Essa non ha piùcorone da largire: il suo

plauso è prostituito, e il suobiasimo non ha alcun valore.Che io dica questo sul serio,risulta dal fatto che, se maiavessi aspirato al plauso deimiei contemporanei, avreidovuto cancellare ventiluoghi, i quali contrastanoappieno con tutte le loroopinioni, anzi, in parte,devono apparir loroscandalosi. Ma io miascriverei a delitto il

sacrificare anche una solasillaba a quel plauso. Miastella polare è stato intutta sincerità il vero: colseguir questo io potevoaspirare soltanto al mioproprio plauso, avendodistolto affatto lo sguardo daun’età profondamentedecaduta rispetto a tutte leaspirazioni superiori dellospirito, e da una letteraturanazionale, in cui l’arte di

accordare alte parole conbassosentimentohatoccatoilsuo vertice. Ai difetti e alledebolezze, inerenti pernecessità alla mia naturacome a ciascun’altra, nonposso iodi certo sottrarmi innessun modo: ma non liaccrescerò conaccomodamenti indegni» (Ilmondo come volontà erappresentazione, Bari,Laterza,1982,vol.I,p.15).

3.Cfr.supranota60delcap. I. Anche quiriassumendo: a. per quantoriguarda il rapportoconcettuale fra il pensiero diLeopardi equellodiKafka èfuoridubbiochealcunedelledeterminazioni del lorodiscorso(comel’ideadicrisi,di molteplicità degli scenaridiquesta,dellamultiversalitàdella razionalità moderna, ladeterminazione del dolore

ecc.)coincidono;b.esisteunadifferenza fondamentale equestadifferenzaconsistenelfatto che Kafka condivideinteramente le dimensionifenomenistichedella filosofiae della sensibilitàneokantiana. Non è dadimenticare la tesi di Kafkasul pensiero di Mach; c. èchiaro che il giudizio che sipuò dare sul rapporto è, inquesto caso, puramente

sentimentale.4. A. Schopenhauer, Il

mondo come volontà erappresentazione,cit.,vol.II,paragrafo68.

5. Cfr. M. Cacciali,Icone delle legge, Milano,1985.

6. Lettere293e296,aGiampietro Vieusseux,Recanati, 5 gennaio e 2febbraio 1824. Siriconsiderino qui, per quanto

riguarda il clima generalepolitico del tempo ed inparticolare l’evoluzione dell'Antologia, i testi diCandeloro, Badaloni, Carpi(Antologia), Ferraris,Timpanaro,citatiallanota14del cap. I.Ma vedi ancheB.Biral, op. cit., passim. U.Carpi, Il poeta e lapolitica, cit.., pp. 126 sgg.,chiarisce bene la situazionegenerale nella quale si sta

attestando ilpensieropoliticodell 'Antologia: eclettismoliberale, progressista,riformista. Bene, pocointeressano qui le successivedefinizioni che il Carpiappiccica al pensiero politicodi Leopardi, per staccarlo(con segno negativo) daquello degli altri autori dell'Antologia: Leopardi sarebbeun nobile emarginato, poi unletterato senza collocazione,

emarginato dunque dinuovo... Facile immaginareuna risposta a questi giudizi:che altro è, e può essere,un intellettualenon integrato,non organico, nel mondocapitalistico? Nonha mostrato l'intera storia diquesti secoli di civiltàcapitalistica che l'unicaposizione possibile perl'intellettuale è quelladell’emarginazione, della

libertà critica? Quello chesfugge al Carpi è che questacollocazione leopardiananon elimina la capacità delpoeta di criticare dall’internolo sviluppocapitalistico. Leopardi non èlegato alle posizioni delriformismo aristocratico, nonè«prima»delcapitalismo:viè «dentro». Ma vasottolineato qui un ulterioreelemento di distacco di

Leopardi da Vieusseux e daisuoi amici. Esso consiste nelfatto che il circolo fiorentinoAntologia costituisce uno deicrogiuoli del trasferimentodella tematica critica edialettica dall’Europaall’Italia (cfr. inpropositoG.Gentile,Storia della filosofiaitaliana da Genovesi alGalluppi,Milano,1932;M.F.Sciacca, Il pensiero italianonell'età del Risorgimento,

Milano,1963).Ora,ilcircolofiorentino non èsemplicemente un luogo dipassaggio ma è anche uncircolo potenzialmentepredisposto all’accettazionedel discorso dialettico. Dinuovo qui troviamo laragione del contraddittoriorapporto di Leopardi conquesto circolo: consiste nelfatto che egli accettala posizione del problema

critico ma ne rifiuta lasoluzionedialettica.

7. LaGrundlegungzurMetaphysikderSittendiKantapparveinprimaedizionenel1785 a Riga. I due volumisuccessivi: MetaphysischeAnfangsgründe derRechtslehre, e iMetaphysischeAnfangsgründe derTugendlehre, apparvero aKönigsberg separatamente

nel gennaio e nell’agosto1797.Sulle influenzecritichesu Leopardi, cfr. supra nota66 del cap. I. È ben noto ilparadosso contenuto nellakantiana «metafisica deicostumi»—ecioèilcontinuopassaggiodall’argomentazioneaprioriaquella a posteriori, ledifficoltà della deduzione delconcreto che si risolvono inunavalutazioneaccuratae in

un recupero accanito delparticolare — sicché si èpotuto notare che, fermerestandolepremessegenerali,qui Kant trascorre dalgiudizio «sintetico apriori» ad un’ipotesi«analiticaaposteriori».Qualiche siano le definizioni, ècerto che su questo limitecriticosiverificaunatensioneinesausta — che,mentre percorre il dualismo

originario del pensierokantiano, per così dire loconsuma nel tentativo diafferrare le grandi figuredell'ordine sociale e storico.Che su questo terreno ledifferenze del pensierokantiano da quello diLeopardi possano esseregrandissime è fuori dubbio:ma è anche vero che, nellametafisica dei costumi diKant, la ricerca di un punto

ideale di incrociodell’idealità etica e dellaconcretezza istituzionale èfortissima.Èattornoaquestopunto di incrocio che, comenota Antimo Negri, art. cit.,pp.485sgg.,ledifferenzefrailpensierodiKantequellodiLeopardi si appannano: «lefavole», i «poemi», «iromanzi» critici diventanoleggibili a Leopardi...Comunque per

quanto riguarda altri aspettidel rapporto Kant-Leopardicfr. infra nota 80 diquestocapitolo.

8.LoZibaldonedel’23prende inizio dal ritorno diLeopardi a Recanati daRoma,quindinelmaggio.Framaggio e dicembre Leopardistende da p. 2686 a p. 4006del suo grande e genialebrogliaccio (TO, vol. II, pp.683-1027). È un periodo

importantissimo, questo: ivari filoni della ricercaraggiungono un culmine diconcentrazione, unificandosinellavorofilosofico.Dal’24,al declinare del lavoro alloZibaldone corrisponderannola redazione delle Operettemorali e poi, via via, altrepreoccupazioni.Sull’importanza delloZibaldone del ’23, cfr.soprattuttoBinnieBiral.

9. Per quanto riguardaun bilancio delle paginelinguistichediquestoperiodo(nello Zibaldone), cfr. S.Gensini, op. cit., passim.Naturalmente il lavoro diquestoperiodovacollegatoaquello del ’21 (cfr. supra ilparagrafo4delcap.II).Efrail ’21 e il ’23 che lalinguistica leopardiana siforma.

10. Zibaldone, pp.

2721-5 (TO,vol. II,pp.690-1).S.Gensini,op.cit.,p.103sgg.

11. Zibaldone, pp.2694-2700 (TO, vol. II, pp.684-6).S.Gensini,op.cit.,p.125sgg.

12. Cfr.K.O.Apel,op.cit.; G. Devoto, Profilo distoria linguisticaitaliana, Firenze, 1976; L.Rosiello, Linguisticailluministica, Bologna, 1967.

Per quanto riguarda lamodernità della linguisticaleopardiana mi sia quipermesso riferirmi a dueposizioni, tanto distanti l’unadall’altra quanto apparentatedaelementidiunamedesimasensibilità: parlo di LeoSpitzer e di N. Bachtin. Perentrambi il problemafondamentale, in quantolinguisti, è quello disaper identificare il processo

di integrazione dellacreazione linguistica e diquellaletterariaediosservarele forme dei rapporti chevengono determinandosi fraorizzonte linguisticogeneraleeproduzioniindividuali.Cosìl’idealista Spitzer e ilmaterialista Bachtin(lavorando entrambi, ecertamente senza contatti, suRabelais) pervengono arisultati analoghi: perché è

infatti questa centralitàproduttiva della lingua checaratterizza la moderna escientifica comprensione diessa.ComeinLeopardi.

13. In generale, suquesti temi, cfr. gli indicidello Zibaldone. Perquanto mi riguarda ho, suquesti argomenti, soprattuttostudiato le pp. 2845-61e 2906-17 (TO, vol. II. pp.718-22 e 733-6). S. Gensini,

op.cit.,p.179sgg.14. S. Gensini ha ben

sottolineato la necessità diaffrontare ilproblema dell'immaginazionein Leopardi. Dubito tuttaviachelaprospettivastoricistica,«gramsciana», che egliassume possa esseresufficiente a risolvereun problema siffatto. Comemi sembra di aversottolineato più sopra, è ad

una diversa impostazione,decisamente materialistica,decisamente fenomenologica,che possiamo chiedere unapprofondimento del tema.Cfr.supranota38delcap.Ienota82delcap.II.

15. Zibaldone, pp.2948-60(TO,vol.II,pp.743-6).

16. Malgrado legrandiriserve sollevate in propositodamolti autori, ame sembra

che qui possano richiamarsi,se non le posizioni, certo lospirito delle analisigenerazionali della lingua,allaN.Chomsky (Linguisticacartesiana, Torino, 1977).Non pertinenti sembrano inproposito le critiche aChomsky di L. Rosiello, op.cit., e di H. Aarsleff, PromLocke to Saussure,Minneapolis, 1982. Ma èchiaro che qui, su questo

frangente linguistico,inevitabile è porsi laquestione relativa allapossibile influenza delpensierodiGiambattistaVicosuLeopardi.StefanoGensini,op. cit., pp. 27 e 251-268,affronta largamente ilproblema,affermandoche,seè difficile dimostrarefilologicamente l’influenzadiVico sul Leopardi, pure leanalogie, particolarmente in

materia linguistica, sonomoltissime. Secondo me,bisognastaremoltoattentinelfissareascendenzevichianealpensiero di Leopardi perchémi sembra sicuro che, sequeste influenze arrivano aLeopardi,viarrivanoconunaparticolare coloritura: vogliodire che il vichismo delprincipio dell’Ottocento èelemento strettamentecollegato alla crisi della

ragione giacobina (cfr. N.Badaloni, op. cit., p. 889).Ora, questa coloritura,reazionaria o moderata, delvichismo (se influenza vi èstata) non la si ritrova inLeopardi. Maquest’osservazionenondovrebbeallora condurciad assottigliare fortementel’ipotesi?Vedi comunque, suquesto argomento, quanto nedicono — in maniera più o

meno contraddittoria e senzaspessoapprezzareilmomentocritico dell’ipotesi —A.Tilgher,op.cit.yp.25;A.Frattini,Letteraturaescienzain Leopardi, Milano, 1978,pp. 42 sgg.; V. Pacella,Leopardi e Vico in LeopardiDue/Seicento, Atti del IVConvegno..., Firenze, 1978,pp.731-757.Insommasevièinfluenza vichiana suLeopardi, questa è

estremamente generica,rappresenta un secondo oterzolivelloditradizione,nonèinnessuncasodiretta.

17. Com’è noto,l’ermeneutica moderna nascenella medesima temperiefilosofica ed intellettuale delcriticismoedell’idealismo. Iltesto fondamentale è laHermeneutik di F.D.E.Schleiermacher (vedil’edizione di Heinz

Kimmerie, Heidelberg, C.Winter, 1974; il testo è del1829). Vi sono nellastoria del pensiero dellegrandi correnti che, pur nonincrociandosi, spinte dallestesse forze, compiono inpaesi diversi, sotto diversiorizzonti, un camminosimile: così, il materialismoleopardiano dalla filologiarisale alla linguistica edalla linguistica si

approfondisce versoun’ermeneutica generale delsapere storico. Possiamoparlare della costruzione daparte di Leopardi di untrascendentale ermeneutico?Io non so se possa essereattribuita a Leopardi laconsapevolezza dei passaggifilosofici fondamentali cheegli opera: so invece cheleggendo testi fondamentalicomeWahrheit undMethode

di H.G. Gadamer, Tübingen,1960, o il testo di P. Szondi(op. cit., pp. 291 sgg.) suSchleiermacher, econfrontando lo spirito cheguida le analisi di questiautori con il Leopardi diquest’epoca,misentodavantia una sorta di dejà-vu. Ingenerale sulle grandi correntidell’ermeneuticacontemporanea, oltre i testicitati, cfr. W. Dilthey, Die

Entstehung der Hermeneutik,in G.S. vol. IV, Leipzig undBerlin, 1924, pp. 317, 338;P.Ricoeur, Le conflitd'interpretations. Essaisd’herméneutique,Paris,1969;M. Frank, Das individuelleAllgemeine, Suhrkamp,Frankfurt, 1977; H.R. Jauss,Pour une esthétique de lareception, Gallimard, Paris,1978.Tutto questo si collocanellanostrainterpretazionedi

Leopardi in maniera, credo,coerente. Perché v’è davveroinLeopardi unamossa che èfondamentale in tutto ilpensiero non dialetticodell’Ottocento: è il passaggiodal concreto all’astratto nonattraverso processi dimediazione ma attraverso lafedele analisi e riproduzionedell’astrazione del reale. Poiassistiamo ad una discesadall’astratto al concreto —

discesa ermeneutica, vale adire ricostruttiva, in coerenzaed omologia con le filieregenerali(dellinguaggio,dellasensibilità formale, ecc.) cheerano state costruite. InLeopardi tutto questo losi vive, ed egli— quali chesianoleopzionidivalorecheopera — lo fa all’interno diqueste dimensioni teorichegenerali. Fra l’altro è suquesto punto, e non su altri,

cheforsepuòstabilirsiunfilorosso di continuità tra ilpensierodiLeopardiequellodi De Sanctis. In generalesugli sviluppidell’ermeneutica e dellostoricismo ermeneutico fra’800e’900,cfr.ilmioSaggisullo storicismo tedesco.Dilthey e Meinecke,Feltrinelli,Milano,1959.

18. Cfr. supra alparagrafo6delCapitoloII.

19. Zibaldone, p. 2702(TO,vol.II,p.686).

20. Zibaldone,p.3622,(TO,vol.II,p.905).

21.Zibaldone,pp.3682-3(TO,vol.II,pp.919-920).

22.Zibaldone,pp.3835-6(TO,vol.II,p.965).

23. Zibaldone,p. 3894(TO,vol.II,p.986).

24. Zibaldone, pp.2736-7, 2752-5, 2926-8,2960-72, 3078-9, 3837-42

(TO,vol.II,pp.693-4,696-7,738,746-8,774,965-7).

25. Zibaldone, pp.3247-53(TO,vol.II,pp.812-4).

26. Zibaldone, pp.3271-82, 3291-8, 3361-2,3480-2,(TO,vol.II,pp.818-21,823-5,840,868).

27. Zibaldone, pp.2883-4,(TO,vol.II,pp.727-8).

28. Zibaldone, pp.

3745-6(TO,vol.II,p.936).29. Zibaldone, pp.

3821-4 (TO,vol. II, pp, 960-1).

30.Zibaldone,pp.2800(TO,vol.II,p.707).

31. Zibaldone,p. 2861(TO,vol.II,p.722).

32. Zibaldone, pp.2883-4 (TO,vol. II, pp. 727-8).

33. Zibaldone, pp.3179-82, 3568 (TO, vol. II,

pp.795-6,891).34. Zibaldone, pp.

3171-2(TO,vol.II,793-4).35. Zibaldone, pp.

3183-91(TO,vol.II,pp.796-9).

36. Zibaldone, pp.3265-3269 (TO, vol. II, pp.816-7).

37. Zibaldone, pp.3813-5 (TO,vol. II, pp. 956-7).

38. Zibaldone, pp.

3842-3(TO,vol.II,p.967).39.Zibaldone,pp.3876-8

(TO,vol.II,pp.979-80).40.Zibaldone,pp.3921-7

(TO,vol.II,pp.995-7).41. Zibaldone, pp.

3941-2, 3950-1 (TO, vol. II,pp.1002,1005-6).

42. Zibaldone, pp.3090-4 (TO,vol. II, pp. 776-7).

43. Zibaldone, pp.3197-3206, 3314-7 (TO, vol.

II,pp.800-2,828-9).44. Zibaldone, pp.

3518-20(TO,vol.II,p.878).45. Zibaldone,p. 3525

(TO,vol.II,pp.879).46. Zibaldone, pp.

3344-7,3374-82 (TO,vol. II,pp.836,843-5).

47. Zibaldone,p. 3341(TO,vol.II,p.835).

48. Cfr. supra, alparagrafo6delCapitoloII.

49. Zibaldone, pp.

2944-6 (TO,vol. II, pp. 742-3).

50.Zibaldone,pp.2759,2831-5 (TO,vol. II, pp. 697-8,715).

51. Zibaldone, pp.2936-44(TO,vol.II,pp.740-2).

52. Vedi in proposito,fra i moltissimi passaggi,Zibaldone, pp. 3638-43, 3878-9 (TO, vol. II, pp,909-10, 980). Ma anche 3

«saggio sul fuoco»,ovvero sull’innovazionestorica, alle pp. 3643-72 (pp.910-7)etpassim.

53. Zibaldone, pp.2895-2903 (TO, vol. II, pp.731-2).

54. Zibaldone,p. 2712(TO,vol.II,p.688).

55. Zibaldone,p. 3304(TO,vol.II,p.826).

56. Zibaldone, pp.3237-8(TO,vol.II,p.810).

57. Zibaldone, pp.3237-45(TO,vol.II,pp.810-2).

58. Zibaldone, pp.3713-5, 3846-8, 3879-80,3902-3, 3824-5, 3909-20,3928-30ecc.(TO,vol. II,pp. 928, 969-70, 980-1, 988,961,991-5,997-8,ecc.).

59. Zibaldone,p. 3760(TO,vol.II,p.927).

60. Zibaldone, pp.3854-5(TO,vol.II,p.972).

61. Zibaldone, pp.3269-71, 3382-6, 3388-89,3479-80(TO,vol.II,pp.817-8,845-6,846,868).

62. Zibaldone, pp.3482-88(TO,vol.II,pp.868-70). In genere poi,sull’importanza del «coro»nellatragedia,enellatragediaclassicainparticolare,cfr.pp.2804-9, 2905-6 (pp. 707-8,733).

63. Zibaldone, pp.

3254-62(TO,vol.II,pp.814-6).

64. Zibaldone, pp.3430-2, 3432-4, 3526-40,3545-6, 3552-7 (TO, vol.II,pp.856-7,857,880-3,885,886-8).

65. Zibaldone, pp.3434-5, 3435-40, 3440-1,3447-8,3448-60(TO,vol.II,857,857-9,859,860,860-3).

66. Zibaldone, pp.3410-1(TO,vol.II,p.852).

67. Zibaldone, pp.3717-20(TO,vol.II,p.929).

68. Sul concetto diattivitàpoeticacomesviluppoproduttivodell’esperienzaestetica,cometentativodidaredellapoeticauna definizione in terminidi innovazione operativa eontologica, cfr. H.R. Jauss,Poiesis: l'expérienceesthétique comme activité deproduction (construire et

connaitre) in: Le temps dela réflexion, 1980, Paris,Gallimard, I, pp. 185-212. Ilsaggio è tratto daAesthetische Erfahrung undliterarische Hermeneutik, I,Fink, München, 1977.Jauss ha molto lavorato sultema dell’innovazioneformale come creatività: lapoesia moderna nasce suquesto snodo, si presentacome«questa» liberazione. Il

costruirevaoltreilconosceredato, esprime un poterespecifico: «costruire econoscere sono antinomici...l’opera d’arte riposa su unarinuncia: l’uomo non puòagire né creare se non per ilfatto che egli può ignorare»— la costruzione poetica èl’andar oltre del sapere.Cfr.,in ogni caso, W. Conze,Arbeit, in: GeschichtlicheGrundbegriffe —

HistorischesLexikon...ed.O.Brunner, W. Conze, R.Koselleck, Stoccarda, 1954,Coll. 154-215; H. Friedrich,Die Struktur der modernenLyrik, Hamburg, 1976; H.Blumenberg, NachahmungderNatur.ZurVorgeschichtedes schöpferischenMenschen, in StudiumGenerale,10, 1957, pp. 266-283; J. Mittelstrass, Neuzeitund Aufklärung, Berlin-New

York,1970;F.Fellmann,DasVico-Axiom. Der Menschmacht dieGeschichte, Freiburg-München, 1976. Questabibliografia chiarisce ilmoderno passaggio tra lateoria della «poiesis» edermeneutica costruttiva. Daun altro punto di vista masempre sulla natura«poietica» dell’attivitàartistica, cfr. E.H.

Kantorowicz,Lasouverainetédel'artiste.Notesurquelquesmaximes juridiques et lesthéories de l'art à laRenaissance, inMourir pourlapatrie,Parigi,Puf,1984,p.31 sgg. Kantorowicz mostraqui fino a che punto lacoscienza artistica sia stata,alle origini dell’etàmoderna,coscienza del creare — unavera e propria teologia dellaproduzioneche,perpervenire

a trasparenza teorica, siserve della terminologia del«fare» giuridico e politico. Ilrichiamoaquestiautoriealletradizioni che rappresentano— in questo caso a quellarinascimentale, mentre nelprecedenteilrichiamoeraallatradizionevichiana—non è,parlando di Leopardi,semplice assonanza maapprofondimento su uncomuneterreno.

69. Zibaldone,p. 3509(TO,vol.II,p.825):mavedianche pp. 3504-14 (pp. 872-7).

70. Zibaldone, pp.3084-90, 3177-9, 3427-8,3443-6, 3461-6 ecc. (TO,vol.II,pp.775-6,795,855-6,859-60.863-4,ecc.).

71.IngeneralesultemaIliade, vedi gli Indici delloZibaldone. A noi qui bastiricordare: Zibaldone, pp.

3095-3167, 3167-9, 3289-91,3342-3 (TO,vol. II,pp.777-93, 793, 794-5, 822-3, 835).Importante è anche il gruppodi riflessioni che si svolgonoattorno al tema ed alconfronto Iliade-Gerusalemme liberata. Cfr.pp.3590-3617(pp.896-903),ma anche pp. 3768-71 (pp.942-3). Si noti, in questepagine,uncertoripiegamentodell’entusiastico giudizio

sul Tasso— tale sarà anche,riflessoappuntoespiegato, ilgiudizio nelle Operette —chequivieneconsiderato,purnella grandezza della sualirica, autore della crisi, afronte dell’enormeincommensurabile modelloepico omerico: l'Iliade. Dinuovo, a questo punto,andrebbeaperta la riflessionesulla capacità costitutivadell’immaginazione —

l’importanza del modelloepicogrecoèinfattienormeerappresenta un modello dicultura, come tale, nellegenerazioni del nostroRisorgimento — ma nonsolo:essoèanche,ormai,unimpulso e una dimensioneetico-politica per tutti coloroche hanno vissuto evivono una culturaumanistica. A me interessasapere come

l'Altertumwissenschaft si èaffermata in Italia, non soloattraverso l’influenza dellacultura tedesca, ma appuntoattraverso riflessioni comequelle leopardiane: e comequeste abbiano contribuito aformare un’influenza poeticae a costruire il futuroculturale. Sarebbero utililavoriinproposito.

72. Zibaldone, pp.3338-40(TO,vol.II,p.834).

73. Zibaldone, pp.3318-3338 (TO, vol. II, pp.829-834).

74.SeguiamoiltestodiTO, vol. I, pp. 966-983. IlDiscorsoèstatocompostonelmarzodel1824.SulDiscorsovedi soprattutto U. Carpi, Ilpoeta e la politica, cit., pp.141-145, che giustamentelamenta lamancanzadi studiapprofonditi su quest’opera.Quanto all’interpretazione

avanzata anche qui dalCarpi(«evidente parentela con letesi giordaniane» dellamissione pedagogica eriformisticadell’«intellettualenobile e ricco») non misembracheessapossaessereormai, a questo punto deldiscorso, in qualche modolegittimata: tanto più che giàLeoparditendevaamuoversi,sia purindipendentemente, nel

circolo di Vieusseux, cheproponeva «professionalità»all’intellettuale, e a contattodelle ipotesi politiche ivielaborate...B.Biral,cit.,p.98sgg., mi sembra colga erisolva con intelligenzal’apparente dissidio fra ilDiscorso e le Operette:malgrado la tensioneoperativa del Discorso e ilpessimismo metafisico delleOperette, entrambe le opere

sono collocate all’internodell’analisi dell’uomo nellasocietà capitalistica nascente.Infine, mi sembra utilestudiare quanto F. Venturi,Storiad’Italia,cit.,pp.1179-1181, osserva sulprogramma politico chesottostà all’intervento dimadame De Staël (Corinneoù l’Italie), e che già erapresente nell’opera diSismondi:costruire lasocietà

per superare le divisionipolitiche, scegliere il terrenosociale per smantellare latradizione degradata delpolitico e produrre un nuovorisorgimento.Masu tuttociòvedi passim, quanto giàampiamentediscusso.

75. Zibaldone, pp.3082-4, 3411-2, 3469-71,3517-8 (TO,vol. II, pp. 774-5,852-3,865-6,877-8).

76. Zibaldone, pp.

3347-9(TO,vol.II,p.836-7).Masullateoriadeiclimi,vedigliIndicidelloZibaldone.

77. Un esempio,veramente centrale, di questacadutadi tensionemoraleneldiscorso politico leopardianoè quello delloZibaldone, pp.3773-3810 (TO, vol. II, pp.943-955). Ma vedi anche,sempreinquestoperiodo,pp.3882-4,3889-90,3894,3896,3932-7, 3942-4 (pp. 981-2,

984, 985, 986, 999-1001,1003).

78.Vallapenaaquestoproposito di soffermarsi suuna proposta di lettura che,soprattutto attorno alDiscorso,èstataavanzata.Sitratta delcosiddetto «gramscismo»leopardiano.Hannosostenutoquesta tesi, attorno allalinguistica ma poi in genereper quanto riguarda

l’inquadramento generale delpensieropoliticodiLeopardi,U. Carpi, op. cit., pp. 261-268; F. Lo Piparo, Linguaintellettuali egemonia inGramsci, Bari, 1979; S.Gensini,op.cit.,pp.139-141,187-189, 245-248; ed anche,conqualchefrequenza,T.DeMauro.Ora,amesembracheinnessuncasol’impostazionesociologica delDiscorso possa essere

paragonata con il discorsopolitico gramsciano: se inLeopardivi fosseconcettodiegemonia,questononsarebbecerto il prodotto delpessimismo della ragione (ecioè della riflessione sullasconfitta delgiacobinismo) ma, alcontrario, prodotto di unadura e impertinente volontàrazionale (la continuità dellamemoria giacobina e la

metamorfosi del suoprogetto).Cfr.l’interessanteeinconsapevole obiezione«antilettera» (cioè dei primianni del dopoguerra) al«gramscismo» leopardiano, ele conseguenti considerazionisul concetto di nazione inLeopardi, inC.Luporini,op.cit.,appendiceI.Mainfondosi potrebbe parlare,paradossalmente, di unaqualche analogia fra il

pensieropoliticodelDiscorsoe il pensiero di Gramsci;quando cioè si pervenga aquel punto nel quale inentrambi gli autori la societàcivilesiergecontroloStatoela poesia contro la politica.Ma è chiaro che in questocaso si dà di Gramsciun’interpretazione che nullaha a che fare con il«gramscismo». Cfr. anchesupranota46delcap.I.

79.Perquantoriguardai temi che nelDiscorso sonoaffrontati,possiamo distinguere, conuna lettura trasversale, quelliche qui vengono criticati epotenzialmente liquidati daquelli, invece, che quitrovano la base di unsuccessivo sviluppo. Ora, frai primi vanno indubbiamenteannoveratiil«temadeilumi»e la «teoria dei climi» —

questi paradigmi sono ormaicompletamente riassorbitinella prospettiva della«secondanatura»,delmondodell’illusione, dell’orizzontedella comunicazione. È quiche, conseguentemente,vengono fondendosi dueprospettive: quella che facentroneltemadella«societàstretta» e quella che fa capoad una «teoria civile dellaletteratura». Dal punto di

vista sociologico la primaprospettivaèsenz’altrolapiùimportante: essa raccoglie ilmeglio della tradizionemachiavellicadell’interpretazione delloStato, identifica cioè quelnucleosocialeattivochenelleDeche e nell 'Arte dellaguerra costituisce lalegittimazione del potere.Inoltre, al principiocostitutivo si accompagna

un’interessante e innovativa(anche se per certi versitradizionale) analitica dellevirtù politiche — cioè delleformedicomunicazioneeticanelle quali la tensione versol’orizzontepoliticopuòessereorganizzata. È evidente chequandoil temasociologicositrasferisce sul terrenolinguistico,equi si raffina inteoria politica dellaletteratura, si raggiunge uno

dei punti più alti dell’analisipolitica pre-risorgimentale.Lasollecitazioneasvilupparequesta lettura èindubbiamente forte, sullabase di quelle anticipazionimetodiche che sono propriedelpensierodiSimmelcomedi quello del giovaneLukàcs: vedi nostririferimenti, passim.) Moltosfocata è la lettura che R.Tessari, Il Risorgimento e la

crisi di metà secolo, inLetteratura italiana,vol. I, Illetterato e le istituzioni,Einaudi,Torino,1982,p.433sgg. dà di questopassaggio; cfr. infra, nota 17alcap.IV.

80. Se all’inizio diquesto capitolo (supra, nota6)avevamosegnalato,purperminimiaspetti, lavicinanzaegli incroci della kantianametafisica dei costumi e di

questomomentodelpensieroleopardiano, va ora fatto undiscorso inverso, asottolineare cioè quanto ledue impostazioni di pensierovengono differenziandosi. Ineffetti, in Kant la metafisicadeicostuminonriesceafarsiquello che invece qui si fa:fisica dei costumi. Inmancanza di questa internatrasformazione, di questaprofonda e intima

apprensione del movimentoreale, la dimensione eticariprende in Kantcaratteristiche astrattedi progettazione e dicontrollo. Iltrascendentalismo dissolvel’ispirazione che lo spingevaall’ermeneutica del reale,dell’eticonellafattispecie,perdivenire nuovamentemediazione dell’ideale e delconcreto. È quanto può

piacere alla filosofiadell’idealismo assoluto; èquanto è completamenteestraneo allo sviluppo delpensierodiLeopardi.

81. Eversivo nonprogressivo.Questacoppiadiqualificazioni delpensieroleopardianovapostasu un quadro di coordinatecartesiane come ascissa. Te-nendoci alle grandi linee deldibattito che è intercorso, si

potrà assumere un’altracoppia, che è razionalismo eirrazionalismo. Ora, misembra che si possa riempireilquadrocartesianoinquestomodo (assumendo solo degliapici esemplificativi): 1.Leopardi eversivo erazionalistanell’interpretazione diTimpanaro; 2. Leopardiprogressivo e razionalistanell’interpretazione di

Luporini; 3. Leopardieversivo e irrazionalistanell’interpretazionediRigoni(e in genere in tutte leinterpretazioni formalistiche);4. Leopardi progressivo eirrazionalistainPrete(enelleletture basate sul pensieronegativo). Abbiamofatto questa proposta pergioco— in realtà il gioco cimostra quanto tuttequeste possibili alternative

siano ormai inutilizzabili.Voglio dire che, sel’interpretazione non vieneportata sul terrenodell’ontologia e delle grandisceltecheilpensieroeuropeoha vissuto nel secolo scorso,sia sul terreno filosoficoche su quello poetico, ogniclassificazione risultadeludente e derisoria. Inrealtà i termini del dibattitocominciato nel ’45 si sono

esauriti. La lotta antifascistadi cui l’interpretazioneprogressiva di Leopardi sifaceva portatrice è datata,troppo datata perché i suoitermini, le opposizioni e learticolazioni che essa esigepossano essere ancorautilizzati.Altrettanto datata èla sessantottesca definizionedi eversione. Nel testo dico«Leopardi eversivo e nonprogressivo» — anch’io

dunque cedo alla tradizione;eppure, pur facendolo, tentodi togliermene. Vorrei infattiche si comprendesse che ladimensione ontologicaleopardiana è assolutamenteprioritaria e prevalenterispetto a qualsiasi altraconnotazione estrinseca.«Leopardi europeo» è ancheiltentativodistrappareilsuopensiero (ché la lirica sistrappa da sola) a categorie

stantie.82. Operette morali:

seguo il testo Moroncini,pubblicato in TO, vol. I.Per quanto riguarda leedizioni delle OperetteMorali, cfr. TO, vol. I, pp.1431-36, dove si trovanoanchetuttelenotizieutiliallacomprensione del testo.Tengo anche presentel’edizione di S. Solmi, per iClassici Ricciardi (1956),

oraEinaudi,Torino,1976.83. Di F. De Sanctis,

vediloStudiosuG.Leopardi,a cura di W. Binni, Bari,Laterza, 1953. Di B. Croce,Poesia e non poesia, cit.; diS. Solmi, l'Introduzione allacitataedizionedelleOperette.

84. G. Gentile,Introduzione all’edizionedelle Operette morali,Bologna, Zanichelli, 1918;Poesia e filosofia di G.

Leopardi, Sansoni, Firenze,1939.Ottimaè l’illustrazionedellaposizionediGentilechecièoffertadaAntimoNegri,Il concetto di critica e glistudileopardianidiGiovanniGentile. Estratto da G.Gentile,Lavitaeilpensiero,vol.IX,Sansoni,Firenze,pp.191-218.

85. M.Fubini,Prosa epoesia nelle «Operettemorali» e nei «Pensieri» di

G. Leopardi, introduzione alcommento delle Operettemorali., Firenze, Vallecchi,1933.

86. Vedi soprattuttoK.Vossler, Leopardi, trad. it.,Napoli, Ricciardi, 1925; M.Porena, Il pessimismo di G.Leopardi, Napoli-Genova,Perrella,1923;A.Tilgher,Lafilosofia di Leopardi, (1940),Bologna,1979.

87. C. Luporini,

Leopardi progressivo, cit.,passim.

88. W. Binni,IntroduzioneaTO,vol.I,pp.LXXV-LXXXIIeLXXXVII-XCIII

89.ÈcosìcheGiacomoLeopardi descrive il propriolavoro lirico a GiuseppeMelchiorri, lettera 297, daRecanati,il5marzo1824.

90. F. Nietzsche, Lagaia scienza, trad. Masini,

Adelphi,Milano,1979,p.95.91.Cfr.inparticolareE.

Bigi, Dal Petrarca alLeopardi, Napoli-Milano, Ricciardi, 1954, pp.86sgg.

92. Zibaldone, p. 31(TO, vol. II, p. 22).Ma vedianchepassim.

93. Zibaldone,p. 4111(TO,vol.II,p.1069).Questopensiero è datato 11 luglio1824, è quindi redatto nel

mentre Leopardi staredigendo II Parini. Cfr.infra.

94. Nella penultimanota al Discorso sopra lostaio presente dei costumidegli Italiani, — vedi TO,vol. I, p. 982. Il richiamo aKant,e«allasuasetta»,èpervalutarne positivamente lospirito critico —l’inclinazioneall’osservazionee allo spirito

costruttivo in metafisica, fa,di questi tedeschi, quelloche erano gli antichi inletteratura, nella filosofia enelle scienze: sistematici,romanzieri, settari,immaginatori, visionari. Inquesta serie di aggettivi, visono— è ben chiaro— sial’apprezzamento che ilriserbo del giudizioleopardiano. Ma il riserbo, ela lieve ironia, non

impediscono che, di lì apoche righe, egli concluda:«sembra che il tempo delsettentrione sia venuto».Cfr. su Kant note 6, 56, 57,80 e 96 di questo capitolononché,supra,note40,66etpassimdelcap.I.

95.G.Ceronetti,Lavitaapparente, Adelphi, Milano,1982,p.134.

96. Mi riferisco allaBeantwortung der Frage:

Was ist Aufklärung? diImmanuel Kant pubblicatanel 1784 (cfr. la traduzioneitalianzadiG.SolariinKant,Scrittipolitici,UTET,Torino,1956,p.481sgg.).L’estremaimportanza di questo scrittokantiano — e per noi lapossibilità di riferirloall’incedere ontologico dellaleopardiana metafisica deicostumi— consiste nel fattoche, diversamente da quanto

era avvenuto nellaGrundlegung e nei dueAnfangsgründe (cfr. supra,note 6 e 80 di questocapitolo),qui l’analiticadellaragionesifaimmediatamente«impronta intelligibile delgenere umano e l’entusiasmorivoluzionario affiora nelmondo fenomenico» (J.Habermas, Unafrecciascagliataalcuoredelpresente. A proposito della

lezione di M. Foucault su «WasistAufklärung?»diKantin «Il Centauro» n° 11/12maggio-dicembre, 1984, pag.241). Per dirla con Foucault(Checos'èl'Illuminismo?Checos'è la rivoluzione?, ivi p.236): «Kant mi sembracollocarsi all’origine delledue grandi tradizioni critichein cui si è divisa la filosofiamoderna. Con la suaopera critica egli ha fondato

quella tradizione che muovedalla domanda di quali sianole condizioni che consentonouna vera conoscenza. Apartire di qui, lo possiamoben dire, si è sviluppato unintero campo della filosofiamoderna: quel campo chedefinireianaliticadellaverità.Ma nella filosofiamoderna econtemporanea esiste ancheun altro genere di domanda,unaltrotipodiinterrogazione

critica: ed è precisamentequesto tipo che vediamonascere nell’interrogativosull’illuminismo e nel testosulla rivoluzione. Quest’altratradizione pone la domanda:che cos’è la nostra attualità?Qual è il campoattualedellepossibiliesperienze?Quinonsi trattadiunaanaliticadellaverità, bensì di una sorta diontologiadelpresente,diunaontologiadinoistessi».

97. Per laricostruzionefilologica del progetto delleOperette,cfr. icommenticheabbiamocitato.Amesembrainteressante qui notare comela genesi delle Operette siaccompagni, spesso, ariflessioni attorno al riso, alridere, all’ironia. Cfr. inparticolare le lettere delgiugno 1821, da Recanati,a Pietro Giordani e alBrighenti— lettere 199, 200

e 204 — dove questaconnessione è fortissima.Masempre in questo periodo(lettere197,198e201,202),nelcolloquiocon imedesimiinterlocutori, appare l’altracomponente fondamentale: lanecessità di fondare una«filosofia civile» per gliitaliani.AncheinquestocasoilriferimentoalprogettodelleOperette è presentenelle stesse pagine. È chiaro,

dalmiopuntodivista,che ilDiscorso sullo statopresente dei costumi devequindi essere considerato deltutto internamente allaredazione,meglio, alla stessaideazionedelleOperette.

98.VediliinTO,vol.I,pp. 189-211. Si trattacomunque diframmentimolto interessanti,oltre che per la materia (inparticolare, torneremo sui

materiali attorno aMachiavelli e al frammentosul suicidio), anche perchépermettono di seguire, nellevarie redazioni di qualchedialogo, il modo incui Leopardi lavorava.Naturalmente, a fronte diquesti materiali, che sonostati esclusi dallapubblicazione,anticipatamente osuccessivamente ad una

primaapparizione,echesonotutti di argomento etico-politico, ci si potrebbechiedere il perchédell’allergia leopardiana perquesto tipo di argomenti.Credochelarispostasarebbefacile: preoccupazione dicensura.

99. TO,vol. I, pp. 79-86. L'Operetta è composta aRecanati,dal19gennaioal7febbraio1824.

100.TO,vol.I,pp.86-88.Composto:10-13febbraio1824.

101.TO,vol.I,pp.88-90.Composto:15-18febbraio1824.

102.TO,vol.I,p.90.103.TO,vol.I,p,83.104.TO,vol.I,p.87.105.TO,vol.I,pp.90-

92.Composto:22-25febbraio1824.

106.TO,vol.I,pp.92-

94.CompostoaRecanati,dal2al6marzo1824.

107.TO,vol.I,pp.95-96.Composto aRecanati dal1al3aprile1824.

108.TO,vol.I,pp.98-101.CompostoaRecanatidal24al28aprile1824.

109.TO,vol.I,p.95.110.TO,vol.I,p.101.111.TO,vol.I,p.96.112.TO,vol.I,pp.96-

98.Composto aRecanati dal

9al14aprile1824.Vedi,perquesto dialogo, alcunecorrispondenze in Zibaldone,pp. 4079-81 (TO, vol. II, p.1058). E evidente che risultasempre utile risalire allecorrispondenzefraOperetteepassi dello Zibaldone. Ingenere le edizioni delleOperetteportano delle tavoledi corrispondenza— così faanche l’edizione TO, dellaqualeciserviamo.

113.TO,vol.I,p.96.114.TO,vol.I,p.98.115.TO,vol.I,pp.102-

107. Composto a Recanati,dal 30 aprile all’8maggio1824.

116.TO,vol.I,p.105.117. TO, vol. I, pp.

106,110.Compostodal 10 al19maggio 1824, a Recanati.Importante il riferimento aZibaldone, p. 4092 (TO, vol.II,p.1062).

118.TO,vol.I,pp.114-117.CompostoaRecanatidal21al30maggio1824.Vediilriferimento a Zibaldone, pp.4099-4101 (TO, vol. Il, pp.1064-5).

119.TO,vol.I,pp.110-114.CompostoaRecanati,1-10 giugno 1824, Vedi, nellenote di TO, vol. I, iriferimenti, perquest’importantissimodialogo,alloZibaldone,ealle

lettere.120.TO,vol.I,pp.161-

165. Composto a Recanati,14-24giugno1824.

121.TO,vol.I,p.110.122.TO,vol.I,p.109.123.TO,vol.I,p.117.124.TO,vol.I,p.112.125.TO,vol.I,p.113.126.TO,vol.I,p.113.127.TO,vol.I,p.113.128. Il Dialogo di

Timandro e di Eleandro è

stato scritto dopo il TassoeprimadelParini.Perchéhaquesta posizione media nelleOperette? Perché era statoredatto per concluderel’edizioneStelladel1827.Maleggendolo, si comprendecome, piuttosto che unaconclusione, questo dialogocostituisca un’introduzionepolemicaneiconfrontiditutticoloro che avessero attaccatoleOperette.

129.TO,vol.I,p.161.130.TO,vol.I,pp.117-

133.CompostoaRecanatidal6 luglio al 13 agosto 1824.Per i riferimenti molto ampialloZibaldone,vedilenotediTO.

131.TO,vol.I,pp.134-137. Recanati, 16-23 agosto1824.

132.TO,vol.I,pp.137-149. Recanati, 29 agosto-26settembre1824.Sitrattadiun

lungo episodio delleOperette, fatto alla manieradegli «excerpta», ed è inrealtàunriassuntopertitolidialcuni spunti centrali delleteoriemoralidelloZibaldone.Innumerevoli sono dunque iriferimenti degliinterpreti,perquantoriguardaquesto testo, allo Zibaldone:cfr.l’elencoinnotediTO.

133.TO,vol.I,p.118.134.TO,vol.I,p.133.

135.TO,vol.I,p.136.136. Zibaldone, pp.

4074-5(TO,vol.II,pp.1055-6).

137. Si ricordicomunque che nel 1824, aRecanati, Leopardi stendeuncentinaiodipagineintuttodello Zibaldone (pp. 4006-4123 — TO, vol. II, pp.1027-1074).Né si trovano inqueste pagine spuntiparticolarmente innovativi.

Matura e si definisceformalmente una tematicafilosofica ormai consolidata.Questi materiali delloZibaldone valgono dunquepiuttosto come appoggio alleOperette.

138.TO,vol.I,p.138.139.Dal29agostoal26

settembre, come abbiamoappuntogiàricordato.

140.TO,vol.I,pp.149-151. Composto dal 19 al 25

ottobre1824,aRecanati.141.TO,vol.I,p.150.142.TO,vol.I,p.151.143.TO,vol.I,pp.152-

155.CompostoaRecanatidal29 ottobre al 5 novembre1824.

144.TO,vol.I,pp.158-160. Il Frammento è statoprobabilmente composto aBologna nell’autunno del1825, Rientra comunque nelquadro ideale delle Operette

’24.145.TO,vol.I,pp.156-

158. Recanati 10-16novembre1824.

146.TO,vol.I,p.152.147.TO,vol.I,p.153.148.TO,vol.I,p.154.149.TO,vol.I,p.155.150. Per quanto

riguarda accenni sull’ironia eil riso nell’Epistolario diquesto periodo, cfr. supranota 97 di questo capitolo.

Vedi inoltre, infra,riferimenti al lavoro diBaudelaire sul comico e ilcommento di E. Raimondi,nota 73 del cap. IV.Naturalmente, per unapprofondimentodeldiscorsofilosoficosulridere,vatenutopresenteH.Bergson,LeRire,Alcan,Paris,1937,e levariedeterminazioni ivi fissate: ilriso come gesto sociale, lanatura incosciente del ridere,

la celebre definizione: «Lerire est dumécanique plaquésur du vivant» ecc. Perun’interessante summa ediscussione attuale del tema,vedi ora J. Duvignaud, Leproprede l'homme.Histoiresducomiqueetdeladérision,Hachette, Paris, 1985 (ottimabibliografia). Si noti qui, inriferimento all’importanzache il tema del riso, delcomico, del sarcasmo, verrà

assumendoinLeopardi,comequesto processo del suopensiero vada ancora unavolta in senso opposto aquello di Hegel.Quest’ultimo, infatti,consideraingenereilcomico,l’umorismo, l’ironia comeelementi che rompono quelprocesso ideale che conducedall’arte alla religione,dall’«arte bella» alla«religione vera» (G.W.F.

Hegel,Enciclopedia, § 563):gli è che la commediaesprime l’opposizionedell’autonomiadellospiritoedello sviluppo storicoeffettuale,— e può giungerefino ad interpretare ladegenerazione di questorapporto. Con ciò siamoappieno nel regnodell’inessenzialità —«comica è... la soggettivitàcheporta incontraddizionee

dissolve da se stessa il suoagire,marimaneparimentiinquiete e certa di sé...»(Estetica, trad. italiana, cit.,pp. 1615-1616). In Leopardi,l’ironia,etuttelesuevarianti,costituiscono invece segnodella verità edell’insuperabilità dellacontraddizione, dunque dellacrisi dissolutiva del ritmodialettico. Questadissoluzione, che Hegel

considera negativa, Leopardiconsiderapositiva.Daultimo:F. Nietzsche, Ecce homo,frammenti 82-84...: «vedereadombrarsi le nature tragicheepoterneridere,malgrado laprofonda comprensione,l’emozione e la simpatia cheesseproduconoinnoi:questoè divino».V’è anche un latoironico, potentemente ironicoe divino, nella vicenda diBruto, questo simbolo

leopardianopereccellenza!151.TO,vol.I,p.159.152.TO,vol.I,p.160.153.TO,vol.I,p.157.154.TO,vol.I,p.158.155. Cfr. soprattutto

l'epistolario da Recanati nel1824 fino alla partenza nellugliodel1825—poil’iniziodel vagabondaggio: con irientri poetici a Recanati delnovembre/aprile 1826-27 edel novembre/settembre

1828-29. In questo periodoche prepara la partenza, nelperiodo delle Operette del’24, per intenderci,l’epistolario dimostra unagrande erasmiana serenità diLeopardi. Poi la grandeavventura nel mondo: el’esplosione altissima delgenio poetico. Ma su unabase metafisica, teorica,filosofica in senso proprio,consolidata da questi anni di

meditazione solitaria, e poidalla forza che il confrontoconcede: quando egli avvertediesseredavverofraiprimi...

156.Zibaldone,p.4149(TO,vol.II,p.1086).

157. Lettera 560, adAntonio Papadopoli, da Pisa,il14novembre1827.

158. Lettera 670, aPietro Colletta, da Recanati,nelmarzodel1829.

159. Vedipassimnello

Zibaldone 1828-1829, ma inparticolare pp. 4417-8, 4518,4477-8, 4484 ecc. (TO, vol.II, pp, 1195-6, 1236, 1219,1221-2ecc.).

160. Come si è dettoallanota137perloZibaldonedel 1824-1825, così, a tantomaggior ragione, si può direper le pagine, stancamentetalora, comunque sempre piùrare, redatte negli annisuccessivi fino al 1829.

Com’è noto, fra il 1830 e il1832, Leopardi redigerà solodue o tre pagine delloZibaldone, con ciòdefinitivamente conchiuso.Analizziamo qui, fra leOperettedel ’24 e quelle del*27,lecontemporaneepaginedelloZibaldone per mostrareappuntocometuttosiintreccinel cammino di ricerca dellaveritàcheLeopardisegue.

161. Zibaldone, pp.

4133-4 (TO, vol. II, pp.1079).

162. Zibaldone, pp.4257-9, 4265-6 (TO, vol. II,pp.1135,1139).

163. Zibaldone, pp.4137,4168-9(TO,vol.II,pp.1080-1,1095).

164. Quello cheponiamo è un grossoproblema,sulquale,sespessosiamo tornati, certo nonsiamo pervenuti a

conclusione. Comunque, perprocedere, facciamo alcunedistinzioni,a. Ilmaterialismoseicentesco è certo menoteleologico del sensismosettecentesco. Leopardi ci èsembrato talora vicinoa quella prima tradizione; b.Ilsensismosettecentesco,eletendenze materialistiche concui convive, è piuttostoteleologico. È facile pensarealla continuità del

razionalismo e del finalismocartesiano in esso — comemolti interpreti hannosottolineato (soprattuttoVartanian); c. Il sensismosettecentesco, pur essendopercorso da istanzeteleologiche, pure non siriduce a queste: loha senz’altro dimostratoDerrida; d. In Leopardipermangono varieambiguità, che debbono

soprattutto, e alquantoparadossalmente,farsirisalirealla«fortuna»delsensismo,ecioèalfattocheilsensismosipresenta spesso in Italia (ecomunque si presentanell’educazione di Leopardi)come figura particolare dellagnoseologia scolastica. Dettotutto ciò, appare evidentequanta forza il materialismoleopardiano abbia dovutosviluppare per liberarsi da

questaambiguatradizione.165. Zibaldone, pp.

4127-32 (TO, vol. II, pp.1077-9).

166. Zibaldone, pp.4248,4283-4(TO,vol.II,pp.1130,1147).

167. Zibaldone, pp.4228, 4229-31 (TO, vol. II,1120,1121).

168. Zibaldone, pp.4413, 4421, 4461-2,4467-9,4485-6,4510,4517(TO,vol.

II, pp. 1194, 1197, 1212,1214-5,1222,1233,1236).

169. Zibaldone, pp.4135-6, 4194-6, 4227, 4261-63,4268-71,4367,4368(TO,vol. II, pp. 1080, 1105-6,1130, 1136-7, 1140-1, 1178,1179).

170. Soprattutto dalLuporiniedalBinninelleop.cit., ma anche dal Prete, dalRigoniecc.

171. Zibaldone, pp.

4141-3, 4274-5, (TO, vol. II,pp.1083,1143).

172.Zibaldone,p.4178(TO,vol.II,p.1099).

173.Zibaldone,p.4174(TO,vol.II,pp.1097-8).

174.Zibaldone,pp.4204-5,4292 (TO, vol. II,pp.1110,1151).

175.Zibaldone,pp.4181-2,4233 ecc. (TO, vol.

II,pp.1100,1122-3).176.Zibaldone,p.4233

(TO,vol.II,p.1122).177. Zibaldone, pp.

4206-8, 4251-3, 4256 (TO,vol. II, pp. 1111, 1132-3,1134).

178. Zibaldone, p.4288(TO,vol.II,p.1149).

179. Zibaldone, p.4275(TO,vol.II,p.1143).

180. Zibaldone, pp. 4243-5

(TO,vol.II,p.1128).181.

Zibaldone, pp. 4418-9(TO,vol.II,p.1196).

182. Zibaldone, pp.4238-9(TO,vol.II,pp.1125-6).

183. Zibaldone, pp.4160-1(TO,vol.II,p.1091).

184. Zibaldone, pp.4185-8(TO,vol.II,pp.1102-3).

185.Zibaldone,p.4299

(TO,vol.II,p.1154).186.Zibaldone,p.4428,

(TO,vol.II,p.1199).187. Zibaldone, pp.

4145-6(TO,vol.II,p.1084).188. Zibaldone, pp.

4426, 4492-3 (TO, vol.II,pp.1199,1225).

189. Zibaldone, pp.4302, 4417-8 (TO, vol.II, pp. 1155, 1195-6).«Der echte Schmerzbegeistert»: questo verso

hölderlinianopotrebbeservireda divisa a questofondamentale passaggio delpensiero leopardiano —l’ispirazione si nutre deldolore, l’«indivinamento»della passione. Mi sia quipermesso riferirmiall’introduzione diG.Vigoloall’edizione einaudiana dellePoesie di Hölderlin (Torino,1958), ed in particolare allatematizzazione che egli fa

dell’idea di Begeisterung. Sitratta di una virtù che sidistende sull’orizzonteontologico, che costruisceessere,cheportalacoscienzaa pienezza. V’è in questopassaggio dalla ragione almito non una fuga dal realema un tentativo dicostruzione poetica(ontologica) del reale intero.La connessione di tutti gliaspetti della realtà non è

solamente sincronica: essa èanche coinvolta in unmeccanismo costruttivo, inprocessi diacronici checostituiscono essere. È fuoridubbio che esistonodifferenze grandissime tra leprospettive poetiche diHölderlin e di Leopardi,differenze di tono, diispirazione, disfondo metafisico — macertamente, in questi due

grandissimi, come poi inRimbaud, c’è una tensionecomune—laBegeisterung ela costruzione poeticadell’essere.

190.TO,vol.I,pp.166-171.Compostonel1827.

191.TO,vol.I,pp.171-179. Composto,probabilmente a Firenze, nel1827. Cfr. i larghissimiriferimenti allo Zibaldone,nellenotediTO.

192.TO,vol.I,p.167.193.TO,vol.I,p.170.194.TO,vol.I,p.176.195.TO,vol.I,p.176.196.TO,vol.I,p.178.197. Molto bene

chiarisce l’esistenza dialmeno due materialismi,l’uno vicino al materialismoantico e d’ispirazionepiuttosto pessimistica, l’altrorazionalista di tiporivoluzionario, C. Rosset,

L'autre materialisme in«Critique», aprile 1978, 371,p. 347-351. Cfr. anche M.Abensour, La théoriecritique:unepenséedel'exil?in«ArchivesdePhilosophie»,45, 1982, pp. 179-200. Abensour,nell’interrogarsi sul pensierodella scuola di Francoforte,dove vede «il materialismodanzare», insiste sulladuplicità delle tradizioni del

materialismo e chiariscecome, all’oggettivismoestremo del materialismoantico, il materialismomoderno opponga unadimensione soggettiva, oalmeno una relazioneconflittuale fra soggetto eoggetto. È quanto noichiamiamo materialismopost-critico. È evidente chenell’ambito degli studileopardiani si potrebbe

distinguere,evedereoperare,questaduplicetradizione.

198. Non è certo quiluogo per approfondire levarianti delmaterialismopost-critico.Nelpensiero francesecontemporaneo esse sonotutte presenti, contribuendoalla determinazione di unafigura complessa, maestremamente ricca, dimetodo filosofico. Penso a

Foucault e a comedall’estrema tensione frasoggettività e oggettività cheil materialismo post-criticopropone,vengasviluppandosiun’idea di costituzioneontologica;aLyotarddovelaseconda natura si offre comeun vero e proprio«multiverso»; e soprattutto aDeleuze che di questo«multiverso» descrive leoriginali chiavi di

produzione, e la differenzacheanimaquestasuperficie.

199. Lettera 297, aGiuseppe Melchiorri, daRecanati,5marzo1824.

200. Zibaldone, p. 58(TO,vol.II,p.39).

201. Dinuovo,sulfarepoetico nella tradizioneclassica, e sullacomplementarietà delmomento strutturale e delmomentoinnovativo,ilrinvio

è all'op. cit. di E.H.Kantorowicz — tenendopresente che, sul passaggioestetico, la sua fonte eispirazione è E. Panofsky(cfr. Idea, cit.). Su questitemi cfr. supra, nota 68 diquesto capitolo. Semprenell’ambito di questi studisulla tradizione, conriferimento al materialismorinascimentale, cfr. F.Yates,Giordano Bruno e la

tradizione ermetica, trad. it.,Bari,Laterza,1969.

202. La descrizionecritica di questa condizionepoeticalatrovonellapré-facedi Paul Claudel all’edizionecit. delle Oeuvres di ArthurRimbaud. È una specie digeniale sintesi, quella cheClaudel, in particolaresimbiosi con il processopoeticodiRimbaud,presenta,fra un momento dionisiaco

d’ispirazione e un momentoapollineo di sistemazionestilistica — per così dire,Claudel legge attraversoRimbaud l’ipotesi criticanietzschiana e anticipa le piùmoderne interpretazioni à laKristeva. Pp. 13-14: «LàRimbaud, arrivé à la pleinemaîtrise de son art, va nousfaire entendre cette prosemerveilleuse tout imprégnéejusqu’en ses dernières fibres,

comme le bois moelleux etsec d’un Stradivarius, par leson intelligible. AprèsChateaubriand,aprèsMauricede Guérin, notre prosefrançaise, dont le travail etson histoire si pleine, etsidifférentedecelledenotrepoésie, n’a jamais connud’interruptionni de lacune, aabouti à cela. Toutes lesressourcesdel’incidente,toutleconcertdesterminaisons,le

plus riche et le plus subtilqu’aucune langue humainepuisse apprêter, sont enfinpleinement utilisées. Leprincipe de la «rimeintérieure», de l’accorddominant,poséparPascal,estdéveloppé avec une richessede modulations et derésolutionsincomparable.Quiune fois a subil’ensorcellement deRimbaudest aussi impuissant

désormais à le conjurer quecelui d’une phrase deWagner.—Lamarche de lapenséeaussiquiprocèdenonplus par développementlogique, mais, comme chezun musicien, par dessinsmélodiques et le rapport denotes juxtaposées, prêterait àd’importantesremarques».

203. La terminologiachequiusiamoèquelladiM.Heidegger, Erläuterungen zu

HölderlinsDichtung,VittorioKlostermann, Frankfurt a/M,1951 (trad. francese, Paris,Gallimard, .1963). Cfr. p. 7:«Les éclaircissements ontleur lieu dans le dialogued’une pensée (Denken) avecune poésie (Dichten) dont lasingularité historiale ne peuten aucun cas être démontréepar la critique littérairehistorisante, mais seulementmontrée à partir d’une

dialogue pensant». Cfr. infranota219cap.III.

204. Così VieusseuxchiamaLeopardi:cfr.Lettera422, a Giampietro Vieus-seux, da Bologna, 4 marzo1826 («l'Heremite desApennins» — probabilmenteproposta di pseudonimo perunarubricasullaAntologia).

205. Canto XIX. Cfr.Peruzzi, pp. 377-398.Composta nel marzo e

recitata dal Leopardi la seradel lunedì di Pasqua nelCasino dell’Accademia deiFelsinei,aBologna.

206. Durissimo è ilgiudizio di W. Binni, nell'Introduzione a 70, vol. I,pp. LXXXII-VII.Particolarmente vivace è quila polemica contro la letturadi E. Bigi, in La genesi delCanto notturno ed altri studisuLeopardi,Palermo,1967.

207. Lettera 452, aCarlo Leopardi, da Bologna,30maggio,1826.

208.Zibaldone,p.4301(70,vol.II,p.1154).

209.CantoXXXVI.Cfr.Peruzzi, pp. 563-566. «Pisa,15 febbraio, ult. venerdì diCarnevale,1828».

210. È quanto avvienesia al Binni che al Bigi, perquanto diversi, addiritturaopposti, possano essere i

punti di vista di partenza.L’unità e il concatenamentologico di questo periodo deiCanti sembra ad entrambitotale: anche se Binni insistesulfattocheinquestoperiodoviene formandosi la più altaconcezione materialistica eprogressiva del Leopardi(salvo, naturalmente, nell’Epistola a Pepoli, checonseguentementeegliritieneun fallimento ed un’opera di

circostanza)eBigiinsistesulformarsi di una concezionestilistica matura. A mesembra,comeinsistointesto,che il problema non siaquello di considerare questiCanti come un momentoorganizzato da una stessaaspirazione poeticama comeuna multiforme apparizionedi una presa sull’essere,dell’espressione di unaconcezione metafisica ormai

matura.211. Canto XX. Cfr.

Peruzzi, pp. 399-420.Composto a Pisa fra il 7 eil14aprile1828.

212. Canto XXI. Cfr.Peruzzi, pp. 423-433.Composto a Pisa il 19-20aprile 1828. Cfr. N.Borsellino, «A Silvia»:variazioni su un sonettopastorale, in «Paragone»,XXVIII,1977,pp.45-55.

213. Sarebbe moltoimportante riuscire adannotare differenzestilistiche,edanchemetriche,dei Canti, portando questaconsiderazione alla storiainterna dell’ispirazioneleopardiana. Una tale ricercasembra comunquemoltodifficileseèverocheilriferimento leopardiano allatradizione poetica èquantomai ampio e regolato

da scelte difficilmentedefinibili: a questoproposito, L. Cellerino, op.cit., p. 148, parla di un«Leopardi dalla memoriaonnivora».Per la conoscenzaleopardiana della tradizionepoetica, cfr. la suaCrestomazia italiana. Lapoesia, nell’ed. Einaudi,Torino, 1968 a cura di G.Savoca. Annotazioni sulricomparire di elementi

formali sei-settecenteschi inRisorgimento, in Aspasia,ecc., vedile in L. Spitzer,Studi italiani, cit. Ingenerale, poi, cfr.M. Fubini,Metrica e poesia, Feltrinelli,Milano,1962.

214. Cfr., in tema difisicità del canto edell’immagine, la variante inPeruzzi,v.3bis,p.427.

215. Lettera 555, aPaolinaLeopardi,daPisa,12

novembre1827.216. Lettera 676, a

Giampietro Vieusseux, daRecanati,12aprile1829.

217. Canto XI. Cfr.Peruzzi, pp. 267-269.Probabilmente composto nel1829 a Recanati. Per lapolemica cfr. TO, voi, I, p.1426. B. Biral, op. cit., p.255 sgg., discute con moltafinezza le posizioni delMonteverdi.

Complessivamente, su questapolemicadidatazione,cfr.L.Cellerino,op.cit.,pp.45,76,82.

218. Canto XXII. Cfr.Peruzzi, pp. 435-460.Composto a Recanati dal26 agosto al 12 settembre1829.

219. Per questo nostroriferirci aM.Heidegger (cfr.supra nota 203 di questocapitolo)èquinecessariauna

giustificazione.Essaconsiste,mi sembra, nel mostrare cheil ragionare di Heidegger suHölderlin rappresentaun’utile chiave diinterpretazionedel «Leopardieuropeo», esattamente come,di contro, rappresental’indicazione del limite della«filosofia della crisi» nellacomprensione della poesialeopardiana. Ora, è fuoridubbio che quando

Heidegger, nel suoHölderlinunddasWesenderDichtung,pone cinqueaffermazioni interpretativefondamentali (1. l’ingenuitàdel poetare, 2. il linguaggioontologico del poetare, 3.«noi siamoundialogo»,4. ilfondamento poetico e la suaautonomia, 5. la poieticacome costituzione umana),queste affermazioni possonovalere anche per Leopardi.

Con una accentuazioneulteriore — ed è che ladimensione ontologica inLeopardicostituisceunpuntocentrale, un’emergenzasoggettiva, se possibile,ancora più efficace chenell’Hölderlin maturo. Tra ilpoetare e il pensare, neldialogo che queste duepotenze intrattengono fraloro, Leopardi pone l’esserecome protagonista. È

evidente tuttavia che proprioaquestoproposito,esplodelacontraddizione di Heidegger,che tende, sia per Hölderlinche per Leopardi, a definirecomunque la poesia comeresiduo o resistenza su unorizzonte trascendentale —laddovequilapoesiaèmessacon i piedi per terra, el’ontologia è ben piùradicale di ogni orizzontetrascendentale. Altro

elemento critico edifficilmente sostenibiledell’interpretazioneheideggeriana: Heidegger èconsapevoledella collocazione storica diHölderlin e di Leopardi(dentro la «sussunzioneformale» della società nelcapitale) esattamente come èconsapevole della propriacollocazionestorica(dentrola«sussunzione reale»). Ora, la

mistificazione heideggerianaconsistenelfattoditentareditradurrel'«esseresussunto»inuna mitologia dell’essereprimigenio. Ma l'«esseresussunto» è un esserearticolato — la suaimmediatezzaèuninsiemedirelazioni, ricche, ampie,multiverse: così l’«esseresussunto» sfuggeall’impotenza della propostatrascendentale,perchénonha

bisogno di articolazioniconoscitive, poiché questearticolazioni sono inerenti edimmediatamente evidentinella dimensione ontologica.Heidegger rifiuta di rendereoperativa questa dimensionedell’essere, di cui più haconsapevolezza, ed è perciòche il suo approccio fallisce:l’«essere sussunto» non habisogno di essere proiettatoverso una qualsiasi

originarietà. Vedi ancora suHeidegger/Hòlderlin, infra,cap.V,n.35.

220.Habeninsistitoinproposito A. Prete, op. cit.,pp.80,88,97—edècorrettoil rinvio che a questoproposito (e non si tratta dimera assonanza) vien fattoall’impostazioneesteticadiF.Schlegel (sul quale cfr. P.Szondi,op.cit.,passim).

221. Di nuovo il

riferimento è allaricostruzionedellegranditesidella poesia romantica dapartediP.Szondi.Vorreiquiessere chiaro: stosostenendo la tesi di un«Leopardi romantico» solonel senso dellaconsiderazione diun«Leopardi europeo».Valea dire che il pensiero e lapoesia di Leopardisono metafisicamente

romantiche nel senso cheaderiscono perfettamente alleipotesi teoriche e operativedel «primo romanticismo»tedesco. La linea nondialettica e costitutiva diquesto è da Leopardi intesaanche se non conosciuta.Gliaspetti antihegelianidell’estetica romantica sonoda Leopardi partecipati. Daquesto punto di vistaLeopardi è poeta romantico.

Molto diversamente la cosapuò vedersi se poesia epensierodiLeopardivengonoposti a confronto con latradizione dei generi e dellescuole in Italia.Paradossalmente quiLeopardi è piuttosto unclassico... Ma non è questoquello che qui ci interessa.C’interessa invece, sututt’altro lato, ancoraillustrare come

Leopardi rifiuti ogni ideadell’arte come«conciliazione», come«superamento» dellecontraddizioni e diretta«manifestazione di Dio».Riproporre cioè ilconfronto con Hegel. Ora,dice quest’ultimo, è bensìvero che, per certi aspetti,«l’operad’arteèancheoperadelliberoarbitrioel’artistaèil padrone di Dio»

(Enciclopedia,cit., §560) edè anche vero che «lo spiritoassoluto non puòessere esplicatonell’individualità dellafigurazione» (ivi, § 559) —ciò detto, si deve aggiungereche «in quell’invasamento oispirazione la conciliazioneapparenelsuoinizio,diguisache essa si compieimmediatamentenell’autocoscienzasoggettiva,

laqualeèpertalmodosicuradiséelieta,senzaprofonditàe senza coscienza della suaopposizione verso l’essenza,che è in sé e per sé» (ivi,$ 561). A partire da questadefinizione, Hegel denuncial’arte romantica con paroleche Leopardi, di contro,potrebbe assumere comeprogramma:«L’arte romantica rinunzia amostrare(ildivino)cometale

nellafigurazioneesternaepermezzo della bellezza: essa lorappresenta come quello checondiscende soltantoall’apparizione, e rappresentail divino come intimitànell’esteriorità,ilqualeanchesi sottrae a questa, ondel’esteriorità può qui apparirecomeaccidentaleversoilsuosignificato»(ivi,§562).

222. La continuitàinterna, meglio, la

costruzione di una linea chedal primo romanticismoconduceall’operadiLukàcsediBenjaminèstatasviluppatada P. Szondi. Lo spaziointermedio, tra ilcostruttivismo poetico delprimo romanticismo e lacoscienza critica degli autoricontemporanei ricordati,dovrebbe tuttavia essere piùaccuratamente percorso. Sulpiano della critica è fuori

dubbio che l’apporto dellasinistra hegeliana, non tantoalla soluzione di problemipropriamente estetici, quantoall’approfondimento dellafenomenologia dellaproduzione in generale, èstato rilevantissimo. Cfr. inproposito G. Lukàcs,Contributi alla storia dell'estetica, Feltrinelli, Milano,1957, nonché ilMarxismo ela critica letteraria, Torino,

Einaudi, 1957. E, tuttavia,anche questo riferimentorischiadiessereincompleto,ecomunque di non contribuirealla ricostruzione di un filocontinuo di un’esteticamaterialistica per l’attualità.Sarebbe infatti necessarioriproporre il problema ad unnuovo livello storico, ad unlivello che si esigecriticamente noto perl’elaborazione di un’estetica

materialistica:valeadirecheil problema è quello dellacostruzione di un’alternativapoetica al livello dellosviluppo capitalisticoattuale, nella fattispecie fra«sussunzione formale» e«sussunzione reale» dellasocietànelcapitale.Legrandirotture poetiche del secolodiciannovesimo(daHölderlinaRimbaud)vanno,daquestopunto di vista, esse stesse

confrontate alla coscienzadello sviluppo e della crisistorichecosìcomesonostate,soprattutto, intuite, descritte,rappresentate dal romanzo.Ma noi, oggi, qui, dentroquesta desolata realtà delcapitalismo maturo e dellasua crisi, dentro la fatica delprocesso rivoluzionario edella mutazione ontologicache questo ha comunqueprodotto,abbiamobisognodi

una sintesi di tutto questo— probabilmente di unasintesi soggettiva in cuipoesia e romanzo sicostituiscano inBildungsroman per il futuro(naturalmente, a questoprogetto pertiene anche, sullivello dello sviluppo, ladefinizione di una praticasociale adeguata). Vedi inproposito F. Guattari-A.Negri,Les nouveaux éspaces

de libertà, Bedou, Paris,1985.

223. Canto XXIV. Cfr.Peruzzi, pp. 483-491.Composto a Recanati, 17-20settembre1829.

224. Canto XXV. Cfr.Peruzzi, pp. 493-501.Terminato a Recanati il29settembre1829.

225. Conciò simisural’enorme distanza che esistefra L'Estetica di Hegel e

quella dei romantici. Neisecondi, il «terzo termine»che esteticamente si pone traconcretoeastratto,costituisceunlimitecostruttivo;inHegelè invece la datità di unarappresentazionedell’assoluto, come taledialetticamente recuperabile.Si cfr. in proposito, aconfronto con una qualsiasiposizione dell’esteticahegeliana, il seguente passo

diHölderlin—confrontochemisembrainteressanteperchéuna comune terminologia èportata a risultati opposti. «Èanche necessario che lospirito poetico nella suaunificazione e nel suoarmonico processo si diaun’infinita mira nella suaopera, una unità donde tuttoderivi e dove tutto ritorni inarmonicoprocessoescambio:e col suo continuo riferirsi a

questa unità, conquisti unaconnessione, nonpuramente obbiettiva per ilfilosofo,ma una connessionee una identità sentita esensibile nell’alternarsi degliopposti. Il suo più altocompito è avere,nell’armonico alternarsi, unfiloeunamemoria,perchélospirito rimanga continuo epresente a se stesso nellediverse tonalità, come esso è

completamente presente a sestessonellaunitàinfinita,cheprima è il punto divisoriodell’Unoconl’Uno,mapoièanche punto di unionedell’Uno come opposto.Infineessoèsimultaneamentel’uno e l’altro, cosicché inessociòcheèarmonicamenteopposto è sentito comeinseparabile, non comeopposizione dell’Uno, nécome l’Uno opposto, ma

comeambedue inUno: e ciòsi rivela come un che disentito. Questo sentimento èpropriamente il carattere delpoetico,négenio,néarte,mapoetica individualità. Solo inquesto si ha l’identitàdell’entusiasmo ela Vollendung, la compiutaperfezione del genio edell’arte, la vivarappresentazionedell’infinito,ilmomentodivino»(riportato

da Giorgio Vigolo nellaedizione cit. delle Poesie diHölderlin).

226. Imitazione —CantoXXXV.Cfr.Peruzzi,p.561. Per la datazione («nonprima del ’28 e forse nelperiododelCantonotturno»),cfr.TO,vol.I,p.1429.

227. Vedi supra allanota 222 di questo capitolo.Qui, di nuovo, è luogo diinsistere sulle caratteristiche

teoriche del materialismoestetico di Leopardi — unmaterialismo che sicostituisce fral’approfondimentodell’analisiontologica(veraepropria ermeneuticadell’essere), la creativitàdell’intenzione di verità chedentro e attraverso lospessore dell’ontologia siesprime,eladimensioneeticachecompletaecoronal’intera

dinamicadell’intenzionalitàedel progetto.L’immaginazioneleopardianaè direttamente metafisica —lo è in termini materialistici,postcritici,loèpercorrendolasuperficie come laprofonditàdell’essere, il vuoto come lafluttuazione o la solidità delmondo.Cosìsiarticolaquellastraordinaria estetica che lapoeticadiLeopardimostra.

228. Canto XXIII. Cfr.

Peruzzi, pp. 461-481.Composto a Recanati dal22 ottobre 1829 al 9 aprile1830. In generale, sul canto,vedi C. Muscetta, Leopardi.Schizzi,studieletture,Roma,1976.

229. Zibaldone, pp.4399-4400 (TO, vol. II, pp.1189-1190).

230.Sinoti,perquantoriguarda la composizione delCanto, che esso

era inizialmente costituitodelle stanze I, II e IV. Inseguito fu ampliato conl’aggiunta della III, poi delleultime due stanze. Cfr. inproposito l’edizionedelPeruzzi,allepaginecitate— ma tieni soprattuttopresente A. Monteverdi, Lacomposizione del «Cantonotturno», (1960), inFrammenti criticileopardiani,Napoli,1967.

231. Cfr. Peruzzi, p.481.

NotedelCapitoloIV

1. Il rapporto che inLeopardi si stabilisce frapsicologia e fondazionecostruttiva della poetica,richiama ampiamente ilpensiero di WilhelmDilthey,aproposito,appunto,

di psicologia e fondazionefenomenologicadelsapere.Ilpensiero diDilthey viene, suquesti temi, formandosisull’analisi dellagrande tradizione letterariatedesca: vedi Von DeutscherDichtung und Musik (1894-1906),acuradiH.NohleG.Misch, Lipsia-Berlino, 1933;Erlebnis und Dichtung, IIIed.,Lipsia,1910.Suentrambiquesti studi vedi il mio

Saggi sullo storicismotedesco, cit., p. 121 sgg. Inquesto passaggio dallapsicologia ad una teoriadell’espressione, che sta allabase di un ermeneuticapositiva, va soprattuttosottolineato il configurarsisempre più evidente di unorizzonte corporeo, di unconcetto di individualitàconcreta, della definitivacritica di ogni dimensione

trascendentale. Questorichiamo a Dilthey, che èinsieme richiamo ad unatradizioneermeneuticachevada Schleiermacher aGadamer, è importantissimoperché mostra una lineaalternativaaquelladialettica,in azione lungo tutto ildiciannovesimo secolo.Studiando le correnti dellostoricismo ottocentesco enovecentesco, R. Aron, La

philosophie critique del'histoire,2aed.,Parigi,1950,p. 23, scrive che «dansl’ensemble de notre étude,Diltheyprenddoncuneplaceexceptionelle. Il est au pointdedépart,maisilestaussiauterme». Possiamo certamenteallargare quest’affermazionea tutto il periodo dicostituzioneromanticaepost-romantica dell’ermeneutica.Se Leopardi si muove

all’unisono, ma certamentenon a contatto, con leproblematiche che giungonodal pensiero romanticotedesco, è d’altra parte (percompletezza di riferimento)senz’altro qui da sottolineareil rapporto ben piùfilologicamente stabile (macerto filosoficamente menoproduttivo) con la filosofiadegli «ideologi» francesi —qualora il problema della

costruzionediunaconcezionenon più psicologistica mastrutturale della individualitàe del corpo venga posto inprimopiano.

2. Su questo periodo,che va — per i Canti cheanalizziamo in questoparagrafo — dall’estate del1832 alla primavera del ’34,si veda in generale la letturache ne fa W. Binninell’Introduzione al vol. I di

TO, in part. pp. CCV.Secondo l’interpretazioneraccolta nello stereotipo«Leopardi progressista», citroviamo qui davanti allaconclusione dello sviluppolirico del nostro poeta: alsensismoevolontarismodellaprimafasepoeticaèseguitoilperiodo del materialismonihilista — ora si configurauna filosofia realistica dellapratica, che maturerà ed

esploderà nel periodonapoletano. Comunquequesta interpretazione«progressista» sia motivata(edèfuoridubbiocheessahaconquistato l’egemonia nelcampo degli studileopardiani), sembra tuttaviache essa mostri alcuni puntideboli.Sivedanoinpropositole considerazioni di N.Jonard,B.Biral,G.Petronio,L. Cellerino, nel volume II

caso Leopardi, Palermo,1974; nonché le annotazionidellaCellerinoinTecnicheedetica, cit., p. 70 sgg. Perriassumere: l’interpretazioneprogressista sviluppa undiscorso di discontinuità:laddove questa lettura è dalpunto di vista filologico piùindurita, ivièpiùdiscontinua(Timpanaro che esalta lostacco dell’ultimo periodoleopardiano); laddove è più

diluita, quest’intepretazionerivela invece — come nelBinni — insieme la grandesensibilità dell’interprete e ledifficoltà della tesi. In realtàLeopardi deve essere lettodentro una continuità, purdinamica e articolata, che sicostruisce nel complessodellasuafilosofiaedellasuapoesia.

3. Canto XXVI. Cfr.Peruzzi,pp.503-507.Ilcanto

è stato composto a Firenzenell’estatedel1832.

4. Di nuovo va quisottolineata dunque laparticolare natura delromanticismo leopardiano. Inproposito non mi resta cherinviareai fondamentalistudidiP.Szondi,nonchéatuttalatradizione, Diltheysoprattutto, cui egli si ispira.Ma non bastano i riferimentiestetici. Se, in questo

Leopardi, di romantico vi èsenz’altro il nesso che sistringe fra il poetare el’azione — un’azione checostituisce la poetica, unapoetica che si vuole agire—v’èanchequalcosadipiù,edè la determinazionedell’agire, la specificità dellasuainerenzaall’essere,lasuapraticità determinata, insiemeeticamente eontologicamente,nella lingua

come nell’universo deglioggetti storici. Questoatteggiamento è puramente esemplicemente quello cheoggi, dopo appuntoRimbaude Joyce, definisce la poesiacometale.Lapoesiaèlinguauniversale che trasforma ilmondo — universalitàontologicaerivoluzioneeticacostituiscono la poesia inlinguaggio: qui, non altrove,può nascere «l’artista

padrone delDio». E non v’èaltra possibilità di essere, senon questa determinata dallapoesia, dell’universalitàlinguistica: questo è «il più»che Leopardi — nostroaltissimo contemporaneo —aggiunge alla coscienzaromantica. La realtà è unlinguaggio teso sul vuoto, èuna speranza lanciata sulnulla.Una fortematerialità èla poesia, la sola realtà

possibile.5. Canto XXVII. Cfr.

Peruzzi,pp.509-512.IlCantoè stato composto a Firenzeversolametàdel1833.

6. Il Binni, luogo cit.,consideraquestoCantocomeil primo fra i capolavori diquesto periodo. Egli, inparticolare, confronta questoCanto alle ultime Operette,del 1831-32, e pensa chequesto, di quelle, rappresenti

illatolirico.Comeinsistoneltesto,amesembrachequestoCanto non mantenga lapromessa leopardiana diindagare le regionidell’essere, nella fattispeciequella di psiche — che, dicontro, qui si assista aqualche notevole cedimentoneiconfrontidiunassorbentepsicologismo.

7.Dinuovo,apropositodiquestiproblemi, ci sembra

fondamentale il rinvioall’operadiDiltheycheha,loripetiamo, ampiamentevissuto il rapporto ambiguoche,dal romanticismoinpoi,lega psicologia e dialettica.Cfr. su tutto ciò imieiSaggisullo storicismo tedesco, cit.,p. 72 sgg., pp. 96 sgg., dovesimostraquantograndesialadifficoltà di strapparel’antropologia filosofica allapsicologia.Suquestonodosi

svolgeranno, a cavallo deidue secoli, alcuni dei piùinteressanti confronti dellastoria della filosofiacontemporanea:inparticolaresi svilupperà la polemica fraHusserl e Dilthey, e d’altrolato la lettura ontologicadell’opera di York vonWartenburg da parte diHeidegger. Ovvero,attraverso un dibattito a piùvoci,attraversolahusserliana

denunciadellapsicologiaeladiltheyanaaffermazionediunespressionismo strutturale,attraverso la particolareversione dello storicismoyorkianoeilsensoontologicodi Heidegger, vienefondandosi la modernaermeneutica. Essa non puòvivere se non essendoradicalmente separata dalladialettica. Cfr. comunque sututto questo le annotazioni

che già supra abbiamodedicato al problema. Questiscorci della filosofiacontemporanea, cui ilpensiero di Leopardi ciapre, e attraverso i qualipossiamo meglio leggere illavoro di Leopardi,risulteranno tuttaviadefinitivamente chiaritiquando essi stessi sarannoriportati ad un orizzontematerialistico.

8. Canto XVII.Gomposto a Firenze fral’autunno del 1832 e laprimavera1833.Cfr.Peruzzi,pp. 337-358. Vedi inoltre B.Biral, op. cit., p. 260 elabibliografiaivicitata.

9. W. Binni,Introduzione,vol. IdelleTO,p. CVII. Binni parla inparticolare «di un lungoattritopoetico»chesidarebbeogni qualvolta il tema

del ricordo si incrocia conl’esperienzadelpresente:eglidice questo soprattutto aproposito di A Silvia e delPassero solitario, ma certoquesto sentimento di scontroe difficoltà è generalizzabilealle analoghe situazionipoetiche. Quali che siano leconsiderazioni che inproposito facciamo nel testo,è importante aver presente ilprofondo carattere

antagonistico e drammaticoche hanno inLeopardi anchele pagine più decisamente«idilliache».

10.Sulpresupppostodiuna linea percorribile, diun’omologia fraluogo negativo di fondazionedel pensiero critico e analisidelle regioni dell’essere, sifondano le interpretazionileopardiane dovute alcosiddetto pensiero negativo.

LaletturadiA.Prete,op.cit.,è in proposito esemplare: sideve comunque riconoscereche il suo lavoro regge, aldilà del troppo semplicescorrere dei nessiinterpretativi, perché la suasensibilità metodica — à laBarthes, à la Derrida — glipermetteunaadesionealtestoimplicitamentecontraddittoria con la suaimpostazione. Tanto più le

annotazioni che stiamofacendo, sull’impossibilità distabilire un nesso dicontinuità, heideggeriana, trafondamento e proiezionidell’essere, valgono ingenerale nei confronti della«filosofiadellacrisi».

11. Il riferimento è aigrandi orizzonti metafisici diun Husserl o diun Wittgenstein. L’orizzontetrascendentale è qui

completamente sviluppato,oppure completamentetrasvalutato: all’ascetismo diHusserl corrisponde ilmisticismo di Wittgenstein.Loschematismodellaragiones’avvoltola su se stessoericonosce,alternativamente,cheilsuopropriocamminoèirrealizzabile o che la suapropria identità èirriconoscibile.Maquellochesoprattuttoquicolpisceèche,

dentro questa linearità, lafilosofia continua ad essereconcepita come mediazione:la scala, una volta che si èsaliti,nonèmaigettata.Cosìil cammino dialettico lo siritrova anche in coloro chesembrano, e checomunque hanno voluto,radicalmente superarlo: lo siritrova come elementocostitutivo della definizionedelconcettodifilosofia.Maè

appunto questo, questaimpostazione e questocammino, l’oggetto negativodellacriticaleopardiana.

12. CantoXXVIII. Cfr.Peruzzi, p. 513. Composto aFirenze nell’estate del 1833.È importante ricordare chel’abbozzoAdArimaneèstatocompostonellaprimaveradel1833, quindi nell’immediateadiacenze di A sestesso. Comunque su A se

stesso vedi B. Croce,Leopardi. II: Il canto «A sestesso», in Poesia antica emoderna,Bari,Laterza,1943,e A. Monteverdi,Scomposizione del canto «Ase stesso», in Frammenticriticileopardiani,cit.

13. Canto XXIX. Cfr.Peruzzi, pp. 515-518.Composto a Napoli, laprimavera del 1834, o forsenel 1835. In generale su

questo canto cfr.soprattutto quanto ne dice L.Spitzer, L'Aspasia diLeopardi, in Studi italiani,cit.,pp.251-292.

14.Èinteressantenotarea questo proposito (sullatraccia dell’opposizione fra«platonismo» e«materialismo» che Spitzerrintraccia con grandevigore nel Canto) come afronte di questa opposizione

si diano qui spuntihòlderliniani — vale a direche qui l’opposizione vieneradicalizzata al principiodell’esposizione e larappresentazione ideale nongioca un ruoloricompositivo bensì un ruolotragico. Poco importacogliere, nelle successivestrofedelcanto,una tensionedi protesta o di ironia chemodifica,ocomunque limita,

gli effetti del dualismoiniziale. In realtàl’opposizione corre lungotuttoilcanto.Questo«effettoDiotima» è, mi sembra, unelemento estremamenterilevante nella valutazionenon solo di questo canto main generale di tutta la fasepoetica che stiamoanalizzando. Si potrebbe direche siamo di fronte ad uncompletorovesciamentonella

determinazionedellefunzionipoetiche del mito — l’ideaastratta assunta nella suaseparazione determina effettidistraneazione,costruisceunfreddissimo orizzonte,meglio, è un bisturi logicoper sezionare e fermare ilcaos vitale. Da questi Cantialla poetica de I pensieri ilcammino è diretto (comeappunto vedremo di qui apoco).Ancoraunavolta vale

qui la pena di sottolineare lasingolare continuità delcammino leopardiano —tanto più lineare, tanto piùcontinuo,quantopiùnegativodiviene il fondamento dellaconsiderazione filosofica delmondo. È proprioquesta positività immediatadelnegativo,questapositivitànon dialettica e costitutiva,che rende talmenteimportante il pensiero di

Leopardi nell’orizzontefilosofico contemporaneo: aquesto disegno metafisicodeve tenersi quindi anche lanostraesposizionecritica.

15. In Leopardi ilconcettodi ironiasi fondasuuna matrice immediatamenteetica — in ciò sta ladifferenza dell’ironialeopardiana da quellaromantica, che è orientata intermini decisamente

conoscitivi. Cfr.I. Strohschneider-Kohrs, DieromantischeIronieinTheorieund Gestaltung, Tu-bingen,1960. Per quanto riguarda P.Szondi,op.cit.pp.95-113, ilconcetto romantico di ironia,pur essendo decisamenteconoscitivo,comprenderebbe in se stessoquasi un senso di impotenzapratica o, comunque, unariflessione sui limiti

dell’azione. «Conservando lanegativitàl’ironia,benchésiaconcepita come il suosuperamento, diviene essastessa negatività. Essa nonaccetta il compiersidell’azione che nel passato onell’avvenire. Tutto quelloche il presente le proponeessa lo misura sulla tracciadell’infinito e così lodistrugge...».L’interpretazione di Szondi è

particolarmente interessantenella misura in cui,strappando il concetto diironia (così come Szondi lolegge inSchlegel e inTieck)ad una matriceesclusivamente conoscitiva,intalmodolostrappaadognipossibilità di riassunzione inun processo dialettico,come al contrario Hegelampiamente fa nella suaEstetica (ma già, e con più

importanza, nellaFenomenologia).InLeopardi,dunque, il concetto di ironiagravita piuttosto, comeabbiamo visto, sul lato etico:esso rappresenta quindiimmediatamente unapositività. Potremo dire che,diversamente da quantoavviene nei romantici,l’ironia leopardiana è latensione che la positività delpresente apre contro

l’inesauribilità, la negativitàdel passato e del futuro.L’etico è sempre presenza, èazione, è determinazioneconcreta.Da questo punto divista l’inesauribilità dellavita, delle sue dimensionitemporali, quindi la suanegatività, va commisurataall’insistenzadelpresente: suquesto le altre dimensioni sistringono, si dileguano—edilsorrisoèpossibile.

16. LeOperettemoralidel 1832 sono certamentedue: il Dialogo di unvenditore ambulanted'almanacchi e di unpasseggere, composto inquell’anno a Roma o aFirenze, e il Dialogo diTristano e di un amico,composto a Firenze a partiredal maggio di quell’anno. IlFrammento sul suicidio, chenoi consideriamodel 1832, è

raccoltonelle appendicidelleOperette: per la suadatazione, e ladiscussione inproposito,cfr.infra.

17. Questa,dell’immanente esaurimentodella vena poetica che avevaretto le Operette al loroinizio,nellecomposizionidel’32,èunpo’lalineageneraledell’interpretazione, così nelBinni come nel Solmi, pertenerci ai più esemplari

rappresentanti diinterpretazioni ormaicanoniche e contrapposte.Naturalmentequest’immanenteesaurimentoè labasediun«passaggio inavanti»: verso l’altissimovertice poetico dellaGinestra.Iomichiedo:comeèpossibilefareunastoriadelpensiero, non dico diLeopardi ma di ogniautore, che sia un accumulo

dicosechemuoiono—chesisuperano — che si«dissolvono per risolversi aduno stadio superiore»...?Comunque, su Leopardi,con questo metodo ci si vagiù pesanti: perché infatti, insostanza, attraversoquesto metodo si arriva adimostrare che il camminoleopardiano è un camminoverso la rassegnazione. Ciòvale per Solmi, per uno cioè

degli stereotipi interpretativiche qui consideriamo. Perl’altro, per quellorappresentato dal Binni,alla rassegnazione si attaccaun filodiutopia,piùomenoprogressiva. Ma che questomomentodirassegnazionesiafondamentale nelladefinizionedelpensierodelleOperette, anche nellaconsiderazione, per così dire,di sinistra, è chiaro,

e rivelato, da ultimo, da R.Tessari, Il Risorgimento e lacrisidimetàsecolo,cit.,doveappunto l’unico correttivoalla rassegnazione èriconosciuto essere,nelle Operette, il cinismo.Vengono meno le speranzeresistenziali cherisonavano nelle pagine diLuporini e di Binni, cade ilpizzico di utopia e resta, pergli interpreti di una sinistra

ormai fatta realista,rassegnazionepiùcinismo.

18.TO,vol.I,pp.198-199.

19.TO,vol.I,p.199.20.TO,vol.I,p.199.21.TO,vol.I,p.199.22.CosìG.Scarpanelle

note all’edizione delleOperedi Leopardi a cura di R.Bacchelli, Milano, 1935, p.1291. Nell’ed. TO i curatorisembrano considerare valida

questadatazione.23.TO,vol.I,pp.179-

180.24.TO,vol.I,p.180.25.TO,vol.I,pp.180-

185.26.TO,vol.I,p.182.27.TO,vol.I,p.183.28.TO,vol.I,p.182.29.TO,vol.I,p.182.30.TO,vol.I,p.183.31.TO,vol.I,p.183.32.TO,vol.I,p.184.

33.TO,vol.I,p.184.34.TO,vol.I,p.184.35.TO,vol.I,p.181.36.TO,vol.I,p.184.37.TO,vol.I,p.184.38.TO,vol.I,p.185.39. A Firenze, il 4

dicembre1832—Zibaldone,pp.4526-4527(TO,vol.II,p.1239).

40. I Pensieri furonocomposti a Napoli, dopol’interruzionedelloZibaldone

che è del dicembre 1832.Utilizziamo qui l’edizioneTO, vol. I, pp. 215-246. Ingenerale sui Pensieri cfr. illavoroA.Diamantini,suiCXI«Pensieri» di GiacomoLeopardi in «Rassegna dellaletteratura italiana», 1970, 1,pp. 16-34. Per l'interpretazione dei Pensierivedi U. Carpi, Il poeta e lapolitica,cit.,pp.173-177,chegiustamente lamenta la

mancanzadi studi sistematiciin proposito. Quanto algiudiziodelCarpi, iPensierirappresentano per lui «lacondanna integrale dellaciviltà moderna»: Leopardi«non imputava i malistoriciadunacertapoliticaeadunacertaeconomia,bensìall’economiaeallapolitica».Interpretazione ovviamentemolto discutibile. Importantemi sembra quanto annota, a

proposito dei Pensieri, L.Cellerino,Tecniche,cit.,p.76sgg., sui riferimenti,assonanze, e in genere lapienezza del rapporto che sistende fra Pensieri e Canti.Qui con tutta probabilità sipuò veramente parlare diun completo unitario fluiredella prosa e della poesia—non è appunto questo unodegli atti di nascita dellapoesia moderna? Cfr. in

proposito, di P. Claudel,Réflexionsetpropositionssurleversfrançais,inRéflexionssur la poésie, Gallimard,Paris,1960,pp.7-90.

41. Vedi inTO,vol. I,p. 1438, una tavola deiriferimenti dei Pensierialle pagine dello Zibaldone.Ingenerale,suiPensieri,vedipoi Momigliano, Studi dipoesia,Bari,Laterza,1937.

42. Sulle polemiche

seguiteallapubblicazionedeiPensieridapartedelRanieri,cfr. le note di TO e labibliografiasull’opera.

43. Lettera 923, daNapoli,il2marzo1837.

44.Ottimoinpropositoil riferimentodellaCellerino,Tecniche, cit., a R. Barthes,Litterature et discontinu, inEssaiscritiques,Parigi,1964:«Tutte le tecniche dellostraniamento, fino

all’interruzione del «continudu discours litteraire», cioèalla sovversione di tutte leregole della dispositio, sitrovanosoloneiPensieri».Inproposito va comunque vistoil riferimento alla rotturadel contesto come momentopoetico specifico: cfr. J.Derrida, De laGrammatologie, Minuit,Parigi, 1967. Di nuovo misembra estremamente

importante insistere sullanecessità di uno studiosistematico sui Pensieri, che(insieme) ne tenga presenti,daunlatolearticolazionidel«contenuto» poetico (cfr.supra nota 40) e, dall’altro,sviluppi l’analisi del«metodo»sovversivo.

45.PensieroI(TO,vol.I,p.216).

46. Pensiero XXVIII(TO,vol.I,p.224).

47. Pensiero LXXV(TO,vol.I,p.236).

48. Pensiero LXXXIII(TO,vol.I,p.239).

49. Pensiero C (TO,vol.I,p.243).

50. Pensiero CI (TO,vol.I,p.244).

51. Pensiero LI (TO,vol.I,p.231).

52. Pensiero XVI (TO,vol.I,p.220).

53. Pensiero LXXXII

(TO,vol.I,p.239).54. Il riferimentoèqui

ai Postulati ed alleDefinizioni della Parte IIIdell'EthicadiSpinoza.Cfr.inproposito A. Negri,L'anomalia selvaggia.SaggiosupotereepotenzainBaruch Spinoza, Feltrinelli,Milano,1981,pp.176sgg.

55. Per l’enormeimportanza dell’influenzasotterranea del pensiero di

Spinoza lungo i secolidell’illuminismo, cfr. ilfondamentale P. Vernière,Spinoza et la penséefrançaiseavantlaRévolution,vol.2,Paris,1954.Nullav’è,di neppur lontanamenteparagonabile, per la culturaitaliana, né per il prima, néper il dopo la rivoluzione el’espansione rivoluzionaria: èun vuoto che andrebberiempito.Percontomio sono

certo che, oltre al luogosegnalato, molti sono i puntifilologicamente rintracciabilidell’influenza generale eparticolare del pensierospinoziano sull’opera diLeopardi. Da questo puntodivista,comunque,gli indicidelleopere leopardiane— inparticolaredelloZibaldone—non aiutano molto. Vedi,comunque, ora C. Santinelli,SpinozainItalia,Bibliografia

degli scritti italiani suSpinoza dal 1675 al 1982,Urbino, Università, 1985 —questa bibliografia dovrebbeesser seguita da unostudio sulla tradizionespinozianainItalia.

56. Di nuovoqui devericordarsi la straordinariaanalogia del giudizio storicodi Leopardi e di quello diBurckhardt(cfr.supra,cap.I,nota 89) ed ovviamente le

referenze al pensiero diNietzsche (cfr. supra, cap. I,nota 91): il discorsopessimistico di Burckhardt èinfatti, come è noto, legato aun profondo rapporto con ilfilosofo tedesco. Per quantoriguarda Burckhardt eLeopardi, quello che èinteressantenotareècome inentrambi la modernitàdel giudizio sul tempopresente si accompagni ad

una metodologiastoriografica quasi-illuministica,nelsensochelegrandi dimensioni del tempostorico delle civiltà el’utilizzazionedi«tipi ideali»per il giudizio storico,costituisconol’animadellorolavoro. Sicché, come inLeopardi, si assiste inBurckhardt alla messa inopera di una specie didialettica negativa dell

'Aufklärung, ad una ripresadell’analisi di lungo respiroed al rovesciamentopessimista della medesima.Cfr. G. Colli, Perun'enciclopedia di autoriclassici, Milano, Adelphi,1983.

57. Credo che,malgradotutto,ilsaggiodiL.Bulferetti, LaRestaurazione, in Questionidi storia del Risorgimento e

dell' Unità d'Italia, a cura diE. Rota, Milano, 1951, restiancora fondamentale neltracciare la continuità delleideologie illuministiche,restaurative, e risorgimentali— così almeno come questacontinuità s’è data in Italia.La specificità dello sviluppoideologico itàlia-no a cavallodella rivoluzione francese edell’epoca napoleonica, nonvainfattimaidimenticata.

58. Pensiero XI (TO,vol.I,219).

59. Pensiero XXVII(TO,vol.I,p.224).

60.PensieroXLIV(TO,vol.I,p.229).

61. Ancora PensieroXLIV(p.229).

62. Pensiero LXXXIV(TO,vol.I,p.239).

63. Pensiero LXXXV(TO,vol.I,p.239).

64. PensieroCIV (TO,

vol.I,p.244).65. PensieroCIV (TO,

vol.I,pp.244-245).66. Pensiero LIX (TO,

vol.I,p.233).67.PensieroXXIX(TO,

vol.I,p.224).68.PensieroLXVI(TO,

vol.I,p.234).69. Pensiero LXVIII

(TO,vol.I,p.234).70. Pensiero LXXVIII

(TO,vol.I,p.237).

71. Al paragrafo 12 diquestocapitolo,infra.

72.IlnostroriferimentoaNietzsche è qui fatto nellospirito di G. Deleuze:Nietzsche et la philosophie,PUF,Parigi,1962;Nietzsche,étudeset texteschoisis,PUF,Parigi, 1965.Vale a dire chepernoi lapoesiadiLeopardièveramenteilrisultatodiunateoriadell’espressione,diunosforzo ermeneutico che

attraversa la realtà e lariconfigura con intimaviolenza.Da questo punto divista è interessante di nuovomostrare la coincidenza che,attorno a una siffatta teoriadell’espressione, trovanodiversi filoni di pensiero (ilpensiero, appunto,nietzschianodellasuperficieedella volontà; ma anche letradizioni filologiche,ermeneutiche, storicistiche

che risalgono dalromanticismo fino ai teoricimoderni del pensieronegativo, passando attraversoW. Dilthey). Nella culturaitaliana questo complessoprocesso, che verrà acquisitosolo nel secondo dopoguerra(eparadossalmenteattraversola cultura marxista), ècompletamente vissuto,anticipato e promosso dalLeopardi.

73. E. Raimondi,Prefazione a Ch. Baudelaire,Scritti sull’arte, Einaudi,1981, pp. XXIV-XXVI. Mavedi soprattutto Baudelaire,Dell’essenza del riso ein generale del comico nellearti plastiche, ivi pubblicato.Ottimaè la categorizza-zioneche qui abbiamo,relativamente alle definizionidiironico,comico,sarcastico,grottesco ecc. In generale,

attornoaquestaproblematica,hopresentiperaltriaspetti leconclusioni,taloraopposte,diW.Kayser (Das Groteske inMalerei und Dichtung,Rohwolt,1957)ediBachtin.Torneremosuquestitemi,suiquali comunque cfr. supra,cap.III,note97e150.

74.VediN.Luhmann,Ifondamenti sociali dellamorale, relazioneall’Aloysianum di Gallarate

nell’estate 1982, ciclostilata.«L’idea che la doppiacontingenza costituisca uncircolo autoreferenzialeinevitabile ed infruttuoso»sta alla base dell’analisi.L’esemplificazione avvienesuivalorichecostituisconolagenesi del sentire borghese:in particolare sulla «stima» e«l’onore».Ora, «chi cerca diacquistarestimaevedeinciòil suo scopo, merita

disistima. A partire dal 17°secololateoriadellamoraleèprigioniera di questoparadosso»: «una voltaportata a questo paradosso lamorale si sottrae allacomunicazione». Quantoveniamo qui ripetendo daLuhmann, ci sembra bens’adegui alla situazioneleopardiana, in termini,ovviamente, puramentefenomenologici — che

lasciano dunquecompletamente aperta lavalutazione metafisica diquesto paradosso. Per glisviluppi successivi di questa«paradossia», tieni presente— con riferimento, peresempio alla Ginestra —quantopp.1080,1081,1130,1136-7,1140-1).

Luhmann aggiunge inconclusione del suo saggio:«Nel quadro della tradizione

cristiana si potrebbe forseformulare quanto detto conl’intuizione che la “stima” ècondizionabile solo sulfondamentodella“carità”».

75. Le analisi diLuhmann sulla morale neisecoli dell’evoluzionegeneticadellaborghesiasonoaquestopropositoimportanti.Oltre al già citato Strutturadella società e semantica, diLuhmann vedi, da ultimo,

Liebe als Passion. ZurCodierung von Intimität,Suhrkamp, Frankfurt, 1982.Concettocentrale dell’indagine, cheassumiamo, è che il tessutodella morale èintrinsecamente conflittuale—che non v’èmorale senzaconflittualità.

76.Lettera621,aPietroGiordani, Firenze, 24 luglio1828.

77. Per es. Zibaldone,pp. 4135-6, 4138-9, 4261-3,4268-71(TO,vol.II,

78. Su questa tematica cisoffermeremo largamente nelCapitolo V di questo nostrolavoro. Tengo semprepresente, centralmente, inquesto mio procedere, illavoro di K. Lowith, DaHegel a Nietzsche, giàampiamente citato supra.Maè soprattutto alla storia

dell’arte e della poesiaottocentesca che qui si devefare riferimento: perché è inessa, e nella lirica inparticolare, che matural’esperienza critica dellarottura ontologica emetafisica— con la forza dianticipazione che è propriadellapoesia.«Dellaletturadiun pezzo di contemporaneapoesia,inversiоinprosa(mapiù efficace impressione è

quella dei versi), si può, eforsemeglio (anche inquestisì prosaici tempi), dirquello che di un sorrisodiceva lo Stern, che essaaggiunge un filo alla telabrevissima della nostra vita.Ma rarissimi sono oggi ipezzi di questa sorta»(Zibaldone,p.4450;TO,vol.II, p. 1208). Riporto questopassopermostrarequantosiaconsapevole, il Leopardi,

della potenza ontologica delpoetare. Ed è appunto nellarottura della tradizionedialetticachelateoriapoeticapuò scoprire questo nuovoterreno costruttivo: non sonoindifferenti dunque la criticadelmetodoelacostruzionediun nuovo tessuto ontologico!Pertrattenerciainostriautori,meglio ai nostri poeti, comein Leopardi potremmoverificare la radicalità del

passaggio anti-dialettico inHölderlin e in Rimbaud.Ma qui non è tanto questoproblema che ci interessaquantoilsottolinearechesolouna rivoluzione dellinguaggio poetico (e lasottostante rivoluzionedella prospettiva metafisica),solo la rottura dellatradizionale continuità dellametafisica classica, e del suorinnovamento idealistico,

potevano permetterequesto passaggio. Cfr. J.Kristeva, La revolution dulangage politique, Parigi,Seuil,1974.

79. Lettera 407, aMonaldo Leopardi, Bologna,25gennaio1826.

80. Lettera 454, aFrancesco Puccinotti,Bologna, 5 giugno 1826.Anche a questo proposito sinoticonquantaambiguità,di

contro a Leopardi,Hegel assuma il tema dellaprosa. Come Lukàcs ci halargamente insegnato (eBenjamin e Szondiconfermato) la prosa(romanzo) è in Hegel ilgenereletterarioadeguatoallaquotidianità del mondoborghese.Lacriticadisinistrasvolge questa direzione —preoccupata di fare (e già inMarx, almeno nel Marx

estetico, lacosaèpalese:cfr.K. Marx-F. Engels, Scrittisull'arte,Laterza,Bari, 1978,soprattutto lo scritto suBalzac, pp. 179 sgg.) delladescrizione borghese dellaveritàdellavitaquotidiana ladenuncia di quella vita e diquelmondo(inreipsa).(Unafinissima deriva diquest’impostazione è quellacui spingono le riflessioni diJ.P. Sartre su L’idiot de la

famille.) Di contro, tuttavia,nonvadimenticatoquanto lacategoria prosa/romanzo siain Hegel negativamentecaratterizzata nella suaprofonda ambiguità: laquotidianitàborgheseèinfattiper Hegel anche la banalitàdella vita reale e l’arte, nellamisura in cui a questainessenzialità si china (devechinarsi),perdequelrapportoprivilegiato con il reale che

altri secoli, altre sensibilità,altre civiltà le avevanoattribuito e rinuncia a quellacapacità di tessere il sensointernodellacoscienzacuieradestinata, nella vitadell’assoluto, la funzionepoetica (vedi G.W.F. Hegel,Estetica, ed. cit., pp. 1267sgg.,1282sgg.).

81.Perquantoriguardala situazione generale delrapporto autori-pubblico e

delle campagne per leriedizioni dei classici, cfr. isaggi di E. Passerind’Entreves e di V.Spinazzola, in Storia dellaletteratura italiana,l'Ottocento,Garzanti,Milano,1969—nonché,soprattutto,icontributi dati all’analisidella Milano di questoperiodo da M. Berengo (inparticolare Intellettuali elibrai nella Milano della

Restaurazione, Torino,Einaudi, 1980). Vedi inoltre,sempre sul movimento delletraduzioni e in genere suLeopardi volgarizzatore,S.Timpanaro,LafilologiadiGiacomo Leopardi, cit., pp.37 sgg.; E. Bigi, LeoparditraduttoredeiClassici, inLagenesi del Canto notturno,cit., pp. 33 sgg.;G. Lonardi,Classicismo e utopia, cit.: ingenerale si tratta qui di

posizioni molto documentateed equilibrate. Non del tuttosoddisfacenteèl’approcciodiU. Carpi, Il poeta e lapolitica, cit., pp. 146-148,157 sgg., che accantoamotivicorretti,peramorditesi precipita nelle consuetecontraddizioni: «Possessodeglistrumentidellafilologiapiù agguerrita...Realizzazione, attraverso talepratica, di una politica

culturale diversa... (ma) incerto senso la letteratura, damezzo per recuperare unacondizionedifelicità,diventala felicitàpossibile...».Moltobene G. De Robertis, Dallenote dello Zibaldone...,cit., pp. LX-LXI, — quandoinsiste sull’importanza delletraduzioni leopardiane nellacostruzione della suastilistica.Masuquestointeroproblema cfr. G. Bollati,

Prefazione, cit., all’edizioneeinaudianadellaCrestomaziainprosa.

82. Lettera 669, aGiampiero Vieusseux,Recanati,16febbraio1829.

83.Lettera691,aCarloBunsen, Recanati, 5settembre 1829. SulNiebuhr vedi il frequenterichiamo che, soprattuttonell’epistolario, Leopardi faallasuaopera.

84.TO,vol.I,p.1459.85. Questo concetto

viene espresso dal Leopardiin periodi diversi della suavita e, non troppocuriosamente, soprattutto incorrispondenza conamici stranieri: così alBunsen,lettera409,Bologna,1 febbraio 1826(poemizzando contro lebarbariee«ilgovernogotico»diquestanostrapoveraItalia)

ealDeSinner,lettera911,daNapoli, il 3 ottobre 1835 (equi v’è un umorale attaccocontroil«gesuitismo»italico,distruttoredella filosofia!Masu questa lettera torneremopiùavanti).

86.TO,vol.I,pp.984-985. I testi qui raccolti sonodel 1825-26.Di nuovo alloraquiG.Bollati,Prefazione,cit.Si veda in particolare, perquanto riguarda lepreferenze

leopardianerelativamenteagliautori prescelti, sia nellaCrestomazia prosaica che inquella poetica, le pp. LX-LXX: la preferenza per ilTrecento è assoluta e vienegiocata in terminifilosoficamente eculturalmente pregnanti.Dopo il Trecento è,soprattutto per la prosa, ilCinquecento ad esserepreferito: vedi le nostre note

supra,suGalileo.87.TO,vol.I,pp.985-

987.88.TO,vol.I,pp.987-

990.89. Lettera 478, a

Antonio Fortunato Stella, daBologna,13settembre1826.

90. In questo sensoLeopardi segueun’indicazionedelFoscolo—laddove tuttavia Foscoloesaltava fondamentalmente

l’altezzapoeticadelPetrarca.Cfr. la presentazionefoscoliana dei Canti delPetrarca (ora nell’UniversaleEconomica di Feltrinelli) permisurare la distanza fraFoscolo e Leopardi a questoproposito.Èevidentechequinon interessa ricostruire ildifficile, ambiguo, pesanterapporto del Leopardi con lapoesia e la tradizionepetrarchesca: basti

sottolineare che, propriotenendo presente questadifficilecomunicazione,tantopiù politicamente importantee significativo è il lavoro diLeopardiattornoaiCanti.

91. TO, vol. I, p. 991.Vedi ancora in propositol’introduzione di G. Bollatiall’ed. einaudiana del 1968.Per quanto riguarda lapreparazione dellaCrestomazia inprosa,vedi le

lettere al Giordani del 13-7-1821, nonché del 5-6-1826,25-2-1828, 5-5-1828; e lelettereaStelladel13-9-1826,19-9-1826,5-10-1826,18-10-1826. Bollati insistegiustamente nel fatto che laCrestomazia nasce e sisviluppa articolandosi alfervore prosastico degli anni1826-27, cioè anche allaripresa del lavoro sulleOperette.

92.TO,vol.I,pp.991-992. Cfr. anche la cit.edizioneeinaudianaacuraG.Savoca.

93.Peres.Lettera563,ad Antonio Fortunato Stella,Pisa, 23 novembre, 1827. Sitenga presente come halargamente indicato Bollati,op.cit.,pp.XXIsgg.,quantol’impostazione leopardianasia forte in terminidiattaccoalla tradizione dei puristi.

Bollati insisteanche,eamioavviso correttamente,sull’implicita polemica chequesto distacco dallatradizione purista significaneiconfrontidelGiordani.Inproposito si veda l’attaccopostumo (del 1841) che N.Tommaseo ha portato controla Crestomazia (tuttavia iltesto del Tommaseo sembraessere del 1833. Cfr. Bollati,pp.XXVIIIsgg.).

94. Lettera 422, aGiampiero Vieusseux,Bologna,4marzo1826.

95.Cfr.peres.lelettere556,653,658,693.

96. Lettera 690, aGiampiero Vieusseux,Recanati, 28 agosto 1829.Con queste affermazioniLeopardi coglie giustamentel’apice della fortunadell''Antologia. Per quantoriguarda la situazione

politica, economica eculturale determinatasiattorno al trenta, cfr. nellaStoria d'Italia, vol. III, cit.,gli interventi di S.J. Woolf,pp. 323 sgg.; A. Caracciolo,pp.587sgg.;N.Badaloni,pp.912 sgg.: tutti questi autoriinsistonosulfattocheattornoagli anni ’30 vienecostituendosi un assemoderato, politicamentemedio fra cattolici e laici,

economicamente equilibratonel rapporto stabilito trarichieste liberali e continuitàdelriformismoprincipesco—era quanto pretendeval’Antologia.È solo nei primianni Trenta che questoequilibrio viene rotto, inseguito ad una iniziativainsurrezionale mazzinianafortissima e alla conseguenteviolenta repressione.Comunque, per quanto

riguarda l'Antologia, cfr.supra, passim, e infra nota113diquestocap.IV.

97. Lettera 470, aPaolina Leopardi, Bologna,16agosto1826.

98.Lettera706,aPaolinaLeopardi,Firenze,18maggio1830.

99.Lettera734,aPaolinaLeopardi, Firenze, 15novembre1830.

100. Lettera 530, a

Paolina Leopardi, Firenze, 7luglio 1827. Ma vedi anchelettera736.

101. Lettere 543, 576,676.

102. Lettere 665, 676,677,690.

103.Sivedanoleletterecitate alla nota 101. Suquanto siano impropri certiscolastici avvicinamenti, e/oopposizioni, fra Manzoni eLeopardi,comeadesempioè

avvenuto nella polemica fraSalinari e Sanguineti, vedil’equilibrato intervento di U.Carpi, Il poeta e la politica,cit.,pp.226-227e249.

In ogni caso, percompletare un po’ quanto, aldilàdidiatribe,misembradiaver fatto risaltare in questepagine, vedi G. Bollati, op.cit.,p.XI: «Èuno spettacolononprivodigrandezzaquellodi uomini che si adoperano

a creare una nuova lingua,avendo i più dotati tra lorochiaracoscienzachetalesaràla nazione, quale sarà laproposta linguistica (e ilrelativo modello letterario)che finirà per prevalere.L’antica questione dellalingua riemerge dagli ipogeiaccademici e qualsiasiinterventoinessa,oqualsiasiattività che interessi il suoambito, si espone a

un’immediata verifica deicontenuti di portata generalechevisonoimplicati».

104. Lettera 700,Recanati,21marzo1830.

105. Lettera 722, aPaolinaLeopardi,Firenze,21agosto1830.

106. Lettera 745, alComitato di GovernoProvvisorio di Recanati, daFirenze,29marzo1831.

107. Lettera 749, a

Monaldo Leopardi, Firenze,19maggio1831.

108. Lettera 782, aFanny Targioni Tozzetti,Roma,3dicembre1831.

109. Lettera 788, daRoma,il24dicembre1831.

110. Lettera 904, aMonaldo Leopardi, Napoli,27novembre1834.

111. Lettera 905, aMonaldoLeopardi,Napoli, 3febbraio1835.

112. Lettera 898, aLuigi De Sinner, Napoli, 20marzo1834.

113.Cfr.supranota96di questo capitolo, doveabbiamo sottolineatoil formarsi della lineacentrista negli ultimi anniVenti, e il complicarsi diessa, nei primi anni Trenta,quando si trova tra i duefuochidell’insurrezionalismomazziniano

edellarepressionestatale.Lalinea moderata, ilcompromesso cattolico-liberale, è in questi annivincente. F. De Sanctis losottolinea ampiamente,ricostruendo la propriaesperienzadi questi anni, nelsuo Manzoni. Cfr. anche aquesto proposito L.Salvatorelli, op. cit., e icommenti polemici di C.Luporini, op. cit. Leopardi

rifiuta interamente la lineacentrista, non solo, comeabbiamo sottolineato neltesto, da un punto di vistafilosofico (comunque suquesto rifiuto, accentuato inquesta fase, cfr. L.Derla,Lateoria del piacere..., cit.)quanto da un punto di vistaespressamente politico.Moltopiùambigua,maancheaperta, è la posizione diLeopardi sul Gioberti —

comevediamonel testo.Nonimpropriamente, tuttavia, B.Biral, op. cit., p. 125, notal’implicita polemica diLeopardi contro il PrimatodelGioberti—quandoquestiritiene che «ogni disegno dirisorgimento italico è nullo,se non ha per base la pietraangolare del cattolicismo».Sui giudizi leopardiani aproposito di Gioberti cfr.passim. Nota d’altra parte

quanto spesso — anchese non sempre — possanoessere irritati i giudizi e lereazioni dei personaggi piùdiversi nell’accostarsiall’ultimo Leopardi: vedi igiudizi di Gioberti edi Pisacane in B. Biral, op.cit.,p.115(ilprimodenunciain Leopardi la maledizionedella filosofia e della scienza«comecapitalinemichedegliuomini»; il secondo chiama

Leopardi «scrittore generoso,ma non profondo, il qualecrede cagionedell’isolamento,dell’egoismo, non già i malida cui l’uomo è tormentato,ma la facoltà che li fadiscernere»!). Quanto a DeSanctis, egli confessa che iParalipomeni non riuscìproprio a digerirli. Tutto ciòstaadimostrarcilaprofonditàdeldistaccoleopardianodelle

ideologie centriste degli anni’30 — ideologie vincentianche a livello europeo(naturalmente con la grandedifferenza determinatadall’assenza o dal diversocomportamentodelle aggressive correnticattoliche):comeampiamentemostrato da F.Meinecke,Cosmopolitismo eStato nazionale (1911), trad.it., Perugia-Venezia, 1930.

Ora, Leopardi coglie, nonsolo la profondità el’estensionedelproblema,mavisiopponeallivellochedalproblema è richiesto.Leopardi è il solo fra ipensatori italianidell’Ottocento il cui pensierogiunga all’altezza delVormärz tedesco e parigino:«In verità l’aristocraticoLeopardi non fu un liberalema un puro democratico e

rimasefedeleaiprincipidellademocrazia rivoluzionaria,anche più avanzata. Non c’èmaiinluinessunaccennochelo avvicini alla teoria deimoderati e alle posizionidell’alta borghesia che siandava solidificando nei piùprogrediti paesi dell’Europa»(Cfr.Luporini,op.cit.,p.88).Un’ultima annotazione inproposito. Rileggendo lepagine che Luporini dedica

a questi problemi, sono percosì dire scosso da un sensod’irrealtà—nonperleparoleusate da Luporini ma per ilfatto che oggi, in questaepoca di generalizzatipentimenti, mi sembra diconoscere poche personedisposte a ripeterle senzaarrossire.Èchiarochequestomio libro si rivolge ai nonpentiti.

114.Lettere911e924,

aLuigiDe Sinner,Napoli, 3ottobre 1835 e 22 dicembre1836.

115.Epigramma,inTO,vol. I, p. 326. Composto aNapoli nell’agosto1836.Leopardi,inunarticolodel Tommaseo apparso aParigi (sull'Italiano), eradescritto come poeta«elegantemente disperato,prolissamente dolente, edottamenteannoiatodiquesta

miseravita».Epigrammaè larispostadiLeopardi.

116. Potenzeintellettuali. NiccolòTommaseo. Vedilo in TO,vol.I,pp.994-995.Compostoa Napoli, forse, nell’agostodel1836.Testoferocecontroil Tommaseo, con unapolemica esacerbata da unaserie di incontri e di scontrimairisolti,edorariemergentia livello della reciproca

volgarità.117. Citiamo dall’ed.

Bonamici, Losanna, 1846-1847,p.484delvol.III.

118. Per quantoriguarda i Dialoghetti diMonaldo Leopardi, cfr. leindicazioni contenute in TO,vol.I,p.1457;epoiF.Zarelia, MonaldoLeopardi giornalista, Roma,Opere Nuove, 1967; M.Leopardi, Autobiografia e

dialoghetti, a cura di G.Mariani, Cappelli, Bologna.Per la fortuna deiDialogbetti e l’equivocosuscitato, cfr. lettere 795,802, 804, 810 e quelle cheverremo successivamentecitando.

119. Lettera 797, aPaolina Leopardi, Roma, 14febbraio1832.

120. Lettera 813, aGiuseppeMelchiorri,Firenze,

15 maggio 1832.Altre smentite nelle lettere812, 816, 817(rispettivamenteaVieusseux,DeSinnereCesareGalvani).

121. Lettera 818, aMonaldo Leopardi, Firenze,28maggio1832.

122. Lettera 930, aFernandoMaestri,Napoli,15maggio1837.

123. Lettera 816, aLuigi De Sinner, Firenze, 24

maggio 1832. Il rapporto fracontingenza politica ediscorso metafisico si fadunque, su questosnodo, evidentissimo. Qui diseguito cercheremo didescrivere l’orizzontepolitico leopardiano. Etuttavia occorre sottolineareche, anche quando esso sidefinisce compiutamente,pure esso non raggiungemaiun’autonomiapropria—esso

non si isola dal contestometafisico perché di questocontinuamente si nutre. Sianel caso in cui la polemicapoliticasifacciaironiaedusodelle tipologie del grottesco(sulloscambiodell’eticaedelgiocorestanofondamentalilepagine di J. Huizinga,Homoludens, 1938, Torino,Einaudi, 1952); sia nel caso,invece, in cui il politico siscopre come

drammatizzazione di tuttele condizioni di definizioneetica (cfr.C.Schmitt,Amletoo Ecuba. L'irrompere deltemponelgiocodeldramma,1956, Il Mulino, Bologna,1983):inognicasoilpoliticosirivelacomeunasezionedelcontinuumontologico.

124.TO,vol.I,pp.324-326.Probabilmentecompostodopo il settembre 1835. Perquanto riguarda i personaggi

contro cui si polemizza —identificazioni, caratteristichegenerali del clima politico epolemico—cfr.TO,vol.I,p.1443.Particolarmentesfocataèl’interpretazionediU.Carpi(op. cit., pp. 191-192): «apropositodeiNuovi credenti,avverto qui una volta pertutte che questi versipolemici, brillanti epuntigliosamentepersonalistici, non hanno a

chevedereconlaPalinodiaecol suo ampio respiropolitico... I Nuovi credenticostituisce un momento, percosì dire, di uso locale eoccasionalediunaprospettivaideologica altrove bendiversamente articolata:strumentalizzarne il titolosprezzante per riassumere ilgiudizio leopardianosull’intellettualità liberale nelsuo complesso mi pare, più

che forzato, sbagliato». Dicontro vedi i giudizi di C.Luporini,op. cit., pp. 85-86,che mi sembrano deltuttocondivisibili.Ingeneralesulclimaculturalenapoletanodi questo periodo, cfr. G.Oldrini,La cultura filosoficanapoletana dell' Ottocento,Bari, Laterza, 1973. E, peraltri aspetti, N. Jonard, op.cit., pp. 353 sgg. e 367 sgg.Per tutti i canti e i

componimenti «politici» diquesto periodo cfr. poi lamolto accurata collocazionestoricael’equilibratogiudizioespressi da F. Brioschi, art.cit., pp. 174 sgg. Davveroeccessivo, in questo caso, ilgiudizio di K. Maurer, op.cit.,passim,checonsideraglistessi canti politici comeprodotti dall’esigenza delpoeta di allargare la gammalirica e lo strumentario

ritmico, aggiun-gedovi rimediverse ed argomenti satirici,grotteschi,didattici.

125. CantoXXXII.Cfr.Peruzzi, pp. 525-534.Composto a Napoli frala primavera e il settembredel 1835. In genere, notiziesulla poesia e sulle reazionidel Capponi, nonchébibliografia,inTO,vol.I,pp.1428-1429. Cfr. U. Carpi, Ilpoetaelapolitica,cit.,p.190

sgg.: lamenta lamancanzadistudispecificisullaPalinodiaeriportacongiustoapprocciocritico i testi più utilizzabilisu quest’opera. Ottimo èl’accostamento di L.Cellerino allaPalinodia:Tecnicheedetica,cit.,pp.56-57.

126. È giunto ilmomento di fare il punto sulrapporto Leopardi-Rousseau. In generale per i

materiali cfr. S. Battaglia,L’ideologia letteraria diLeopardi, Napoli, 1968. Finqui abbiamo segnalato ecriticato la linea che dalsensismo conduce altrascendentalismo — lineache a noi sembrafondamentale nel pensiero diRousseau e nella fortuna cheesso ha trovato soprattuttonella filosofia critica tedesca:cfr. supra, note 35 e 64 del

cap. II. Naturalmente,abbiamo rifiutato lapossibilità di tradurre questalinea nel pensieroleopardiano che ci sembramuovere, appunto, da unaposizione opposta. Val forseora la pena di seguire ecriticareilrapportoLeopardi-Rousseaudaunaltropuntodivista, e cioè in relazione alpresunto naturalismo dientrambi gli autori. A me

sembra che, dato che perentrambi lo stato di natura èunapuraipotesi,unafinzionelogica, il discorso vadaportato immediatamente sulconcettodi«secondanatura».La «seconda natura» è, dinuovo per entrambi gliautori, sede di dispotismo esegno di alienazione: ma,mentre in Leopardi questa«seconda natura» è criticataper sé, in Rousseau,

paradossalmente, essaviene criticata in nome dellaprimanatura (determinandosicon ciò una contraddizioneinsolubile, quando si tengapresentechelostatodinaturaè una pura ipotesi).Ragionandosututtociò,edinparticolare sullacontraddizione fra ilrousseauiano Discorsosull’origine delladisuguaglianzae ilContratto

sociale, e cioè sullacontraddizione fra un’ipotesinaturalistica in termini difinzione logica e un concettodinaturachedeterminaeffettipositivi,C.Luporini,op.cit.,pp.38sgg.,45sgg.,fagiusteannotazioni. Generichetuttavia.Occorreprecisarle—e cioè esplicitare il fatto chese, sul lato strettamentefilosofico(sensismo/trascendentalismo),

Leopardi non si avvicina innessuncasoallosviluppodelpensiero rousseauiano, ciòtanto meno avviene attornoal concetto di natura: uncontrasto civiltà-natura intermini rousseauiani è,al massimo, solo registrabilenel primissimo periodo delpensiero leopardiano —sempre assente è, per contro,qualsiasi concetto di riscattodella natura. Per Leopardi,

dunque, Rousseau resta un«filosofo moderno», unautore del razionalismo edellasuadialetticadistruttiva.L’indubbia simpatialeopardiana per Rousseau«filosofo sentimentale», chetaloralacriticapuòregistrare,non ravvicina Leopardi aRousseau sul fondo dellequestioni. Ed anche pagine(comequelledalloZibaldonedell’8-7-1820) che senz’altro

risuonano della rousseauianapolemica contro l’espritgéometriqueeisuoieccessieche sono state redatte nelperiodo di grandi letture diRousseau,pureironizzanosulprometeismo della «filosofiamoderna»,sullasuadefinitivaimpotenza e contro ilegislatori illuministi —incapaci d’azione, delperdurare nell’intenzionepratica, inetti quindi a

promuovere la «verarivoluzione».«Larivoluzionefrancese posto che fossepreparata dalla filosofia, nonfu eseguita da lei, perché lafilosofia specialmentemoderna,nonècapacepersemedesima di operar nulla. Equando anche la filosofiafosse buona ad eseguireessa stessa una rivoluzione,non potrebbe mantenerla. Èveramente compassionevole

il vedere come queilegislatori francesirepubblicani, credevano diconservare, e assicurar ladurata, e seguir l’andamentola natura e lo scopo per laprima volta ab orbe conditodigeometrizzare tutta lavita.Cosa non solamentelagrimevole in tutti i casi seriuscisse, e perciò stolta adesiderare, ma impossibile ariuscireancheinquestitempi

matematici, perchédirettamente contraria allanatura dell’uomo e delmondo» (Zibaldone, p. 160;TO, vol. II, p. 78). Leopardicomprende Rousseau nelfallimento della rivoluzione.Concludendo, da nessun latoil pensiero di Leopardi siincrocia con quello diRousseau. Ogni possibileaccostamento è puramenteoccasionale. Le trame

filosofiche dei due autorisono divergenti — equand’anche non lo fossero,ladiversaposizionestoricalerenderebbetali.Perun’analisidellabibliografiasulrapportoRousseau-Leopardi che pureconduce a giudizifondamentalmentediversidaimiei, cfr. L. Cellerino,Tecniche ed etica, cit., pp.134-135. Buona è poi, allepp. 149 sgg. di questo stesso

volume, l’identificazionedelle fonti rousseauiane delconcetto di virtù, di amorpatrio, di «eroico» inLeopardi: ma la potentiaumana che sta alla base diqueste virtù non è daRousseau sviluppatalinearmente, né da Leopardirecepita e lavoratalinearmente, anzi, inentrambi, fra genesi esviluppodiquestevirtualitàsi

hanno segni e dimensioni,forme e contenuti divergenti— quindi, paradossalmente,anziché mostrarci omologiaconcettuale e omogeneità disviluppo, questa coincidenzagenetica sottolineaun’effettuale separazioneteorica.

Infine: utile riassuntodellegrandiinterpretazionidiRousseau è la recente sillogepubblicatadaLeSeuil(Paris,

1984)suLa pensée de Jean-Jacques Rousseau, —contiene contributi di E.Weil,E.Cassirer,L.Strauss,Ch. Eisenmann, R. Dérathé,P. Bénichou, V.Goldschmidt).

127. Leo Strauss,PenséesurMachiavel,Parigi,1979: «Se è vero cheogni cultura che si rispettipone necessariamentequalche cosa di cui è

assolutamenteproibitoridere,si può dire che la volontà ditrasgredire questo divieto faintimamente parte dell’operadi Machiavelli». E diLeopardi.

128.Zibaldone,p.4439(TO,vol.II,p.1204).

129. Sull’utopia comeforma dialettica, E. Bloch,Das Prinzip Hoffnunge Subjekt-Objekt.Erläuterungen zu Hegels

Philosophie. Sull’usoermeneutico del-l’utopia, cfr.B. Baczko, Lumières del'utopie,Parigi,1978.

130. Bene inpropositomisembraabbianoprocedutoG. Lonardi, Classicismo eutopia nella Uricaleopardiana, cit., masoprattutto A. Dolfi,Leopardi fra negazione edutopia. Indagini e ricerchesui Canti, Padova, Liviana,

1973.131.TO,vol.I,pp.247-

292.1 Paralipomeni furonoiniziati attorno al1831,furonoripresiaNapoli,eportatialladefinitivaformaincompiutanegliultimigiornidella vita del poeta. Per ladatazione vedi L. Cellerino,Tecniche, cit., p. 79. Perinformazioni,note,polemichesultesto,ecc.,vediTO,vol.I,pp.1483sgg.LaCellerino,il

cui volume rappresental’ultimo contributo critico(non solo per ciò, tuttavia,molto importante), offre unabibliografia completa a p. 41dell’op.cit.Comunque,perlalettura contemporanea,oltre al capitolo diW. Binni(in La nuova poeticaleopardiana, Firenze, 1947),vedi M. Cappucci, IParalipomeni e la poesialeopardiana, eLa poesia dei

Paralipomeni leopardiani, in«Convivium», 1954, 6, pp.581sgg.e7,pp.695sgg.;G.Savarese, Saggio sui«Paralipomeni» di GiacomoLeopardi, Firenze, 1967; A.Brilli, Satira e mito neiParalipomeni di Leopardi,Urbino, 1968; U. Carpi, Ilpoeta, cit., pp. 193 sgg.; F.Brioschi, art. cit., pp. 199sgg.

132. Cfr. TO, vol. I:

1815,pp.389sgg.;1820,pp.394sgg.;1826,pp.400sgg.:questi, dunque, i tre abbozzidi traduzione dell’originalegreco.

133.TO,vol.I,pp.382sgg.

134. Si vedano ingenerale le considerazioni dicui supra alla nota 113del cap. IV e alle opere edalle ulteriori note ivirichiamate. Comunque, sul

periodo 1815-1821, cfr. G.Candeloro, Storia dell'Italiamoderna, cit., in particolare,per quanto riguarda ilMezzogiorno, pp. 64 sgg. e75 sgg. Infine,specificatamente su Napoli,perquestoperiodo,A.Lepre,Larivoluzionenapoletanadal1820 al 1821, Roma, 1967;G. Cingari, Mezzogiorno eRisorgimento, Larestaurazione a Napoli dal

1821al1830,Bari,1970.135.Sull’unitàdeltesto

cfr. il cap. I: Romanticnarrative poetry, pp. 11-39 del volume dellaCellerino. Per quantoriguarda la fortuna,francamente straordinaria,chehainizio,perquest’opera,negli anni del secondodopoguerra, si percorra labibliografia sopra citata. Perquanto riguarda la

stratificazione del testo èfuori dubbio che essadetermini alcune difficoltà:nota infatti la Cellerino (pp.54-55) che il testo «sipresenta a noi come operapostuma segnata dalladisastrosa perdita di ogninotizia o materialedocumentariorelativoallasuaelaborazione e allecircostanze storiche,biografiche, letterarie, che ne

sollecitarono ilconcepimento».

136. Il riferimento èsenz’altro alla rivoluzionenapoletana del ’20 eall’occupazionedelRegnodaparte degli Austriaci: cfr. leop. cit., supra,alla nota 134.Tuttavia i riferimentileopardianinonsonospecificima si riferiscono alcomplesso delle esperienze eagli sconcertanti andamenti e

allevicendediquegliannidirivoluzione-guerra. Sul tema,ad esempio, della fuga, cosìcentrale nei Paralipomeni, aquale riferirsi? Alla fuga diTolentino nel 1815, a quelladi Antrodoco nel 1821 oinfine alla fuga deiBelgi nel1831?

137. Mi sia quipermessoilrinvioallaLettera806, a Carlo Bunsen, daRoma, 16-3-1832. In questa

lettera Leopardi chiede alconsoleprussianodiRomaunintervento sul suo omologonapoletano in aiuto delRanieri, fuoriuscito politicocheèinprocintodirientrareaNapoli, al suo paese. Lalettera è certo moltodiplomatica e attenta a nonsuscitare sospetti politici —com’èevidenteperchichiedaunfavoresuquelterreno.Mada ciò a presentareLeopardi,

se non come reazionario,certo come apolitico,indifferente, flaneur, ce nepassa.Sempreinpropositovaricordato che negli anniimmediatamenteprecedenti,aFirenze, pur nel circolo dell'Antologia, Leopardi sembraprogettare, o comunquescherza progettando una«rivista inutile», una speciedi «anti-Antologia», cheappunto vorrebbe chiamare

Le flâneur (vedi U. Carpi, Ilpoeta e la politica, cit., pp.154 sgg.). Ora, non sembraproprio che, anche da questoindizio, si possa/debbarisalire ad una letturaindifferente o apolitica delpensiero di Leopardi. Peralmeno due ragioni: la primaèche l'atteggiamentopoliticononpuòessereconsideratoinLeopardi più rilevante, dalpunto di vista della sua

concezione del mondo edell’azione, di quanto nonlo debbano essere gli altriaspetti della sua attivitàfilosofico-poetica —sicché, paradossalmente,quand’anche Leopardipresentasse una posizioneesplicitamente reazionaria(ma ciò non fa) quest’ultimanon sarebbe sufficiente aqualificarlocomereazionario,anzi, sarebbe contraddittoria

con il restodel suopensiero;in secondo luogo, il concettodi flâneur non ènecessariamente concetto diindifferenza o di reazione—puòessereinvececoncettodidifferenza e di resistenza, orappresentare un superiorepuntodivistacritico,comeleindimenticabili pagine diWalter Benjamin inBaudelaire flâneur cihannoinsegnato.

138. Lettera 915, aMonaldo Leopardi, Napoli,19-2-1836. Ma vedianchelettera906.

139. La definizione dicesura temporale, a questopunto,èvoxcommunio:cfr. icommenti di Savarese,Brilli,Cellerino.

140. Giustamentesottolineanoilcaratteremoltoleopardiano diDedalo,SavareseeCellerino:

cfr.inognicasoG.Boffito,Il«Dedalo moderno»nei «Paralipomeni» delLeopardi, in «Giornalestorico della letteraturaitaliana», 112, 1938. Ilrichiamo è qui ad un’ipotesidi Rousseau, ed è ripreso daBrillieCellerino.

141.PerleconcordanzedeiParalipomenicon iCantie le altre opere leopardianecfr.Cellerino,op.cit.,p.42.

142.W.Binnichiamaaquesto proposito Leopardi il«malpensante» — questoepiteto è fondamentale nelladefinizione dello spirito chesostiene e guida lacomposizione del poemetto,nella scelta di marginalitàcritica, meglio di alternativaideale che Leopardi assumerispetto al suo secoloottimista, spiritualista eprogressista. L’obiezione

leopardiana all’universopolitico è integrale: èobiezione a tutte le variantipolitiche della reazione, maanche e soprattutto obiezioneal programma liberale e allamonarchia costituzionale,cioè è obiezione alprogramma risorgimentale.Per la lettura politica deiParalipomeni cfr. L.Cellerino, Tecniche, cit., pp.87-100. A pp. 121-122 dello

stesso lavoro la Cellerino cidà la sua interpretazioneconclusiva relativamenteal pensiero di Leopardi, cosìcome appare in quest’opera,chiarendo molto bene come«la rivendicazione delpensiero illuministico nonmetta qui in crisiil pessimismo» — anziillumini «un pensierocoerente, sufficiente a sestesso e responsabile del

propriocontenutonegativo:ladenuncia dei mali chela dialettica storica èimpotente ad affrontare».Questi giudizi mi sembranoperfettamente condivisibili emostrano la singolarità el’importanza dell’approcciodella Cellerino il cui volumecostituisce senz’altro il puntopiù alto e consapevole dellalettura dei Paralipomeni.Salve le obiezioni già

espresse alla nota 126 diquesto capitolo, sullosproporzionatoinflusso/presenza, dallaCellerino consentiti, delRousseauinquest’opera.

143. R. Tessari, IlRisorgimento e la crisi dimetà secolo, cit., parla deileopardiani anni dopo il ’30comediunperiodonelqualesui «costumi della Patria»non si sviluppa più in alcun

caso l’immaginazione lirica,bensìsolo«ilrisodichisadicondurre una vita simile allamorte»: ciò neiParalipomeni e soprattuttonella Palinodia Capponi,«feroce grido reazionario».Quest’interpretazione diTessali è, come altroveabbiamo sottolineato,particolarmente sfocata,indicativa tuttavia di unasottile quanto maliziosa

operazione interpretativa, dinuovo emergente (comereazione all’interpretazione«progressista») nell’ambitodella crisi del pensierocomunista.Ora, i progressistihanno spesso protestatocontro coloro chepolemizzano contro la lorolettura, insinuando che in talmodo si porta acqua almulino dell’interpretazione«idillica» e della tradizione

crociana.Queste repliche, unpo’ zdanoviane, non sembraraggiunganol’obiettivo:tantopiù quando si tenga presenteche le letture alla Tessarihanno dalla loro un certorispetto della figura letteraledei testi leopardiani e nonaggiungono al discreditodell’interpretazioneprogressista nulla più che ladenuncia della suaesagerazione.Conciòtuttavia

il problema non è chiuso—perchéquell’esagerazionedeiprogressisti era comunquecapace di proporre temiadeguati allo sviluppo dell’interpretazione delpensieroleopardiano—enonsolo:adeguatiancheafissareanalogie e a cogliereassonanzeconquantostavainquel periodo avvenendo alivelloeuropeo.

144. Vedi supra le

pagine che dedichiamo alDiscorsodel1824.Daquantodico nel testo, e sempre inpolemica con quantosostenuto da Tessari e altri,appare evidente come quivenga compiendosi laleopardiana metafisica deicostumi.

145. Cfr. W. Binni,IntroduzioneaTO,vol.I,pp.111-114.

NotedelCapitoloV

1. Sull’estetica diBaumgarten e sulleconseguenzechedaessasonotratte in relazione allaconcezione del bello, cfr. ilsempre validissimo W.Windelband, Storia dellafilosofia, vol. II, Sandron,Firenze, 1948, pp. 159 sgg.A.Prete,Ilpensieropoetante,cit.,passim,mavedipp.79e

82, coglie con precisione laposizione dell’estetica diBaumgarten, la sua direzioneintellettualistica, le omologiecon la posizione degli«ideologues» — aggiunge:«Se c’è, nella scritturaleopardiana, il tracciato diun’estetica,essononvanelladirezione già segnata daBaumgartenepoiraccoltadalsistema hegeliano, masimuovelungoisentieridella

domanda illuminista suqualeè il posto della “bellezza”nell’interpretazione dellanatura. Variante dell’altradomanda: che ne èdell’immaginazione inquestoprocessod’interpretazione...».È fuori dubbio che l’esteticahegeliana si muove invecefortemente su quella linea,àlaBaumgarten, nella quale ilbelloèfigliominoredelvero,el’esteticafigliaminoredella

logica. Ma su questo piùavanti. Quello che èparticolarmente pericoloso,nello sviluppo dell’esteticaromantica, è il fatto chel’egemoniahegeliananega,oriconduce all’ordine, dopoche è stata permessa qualchescappatella, ogni alternativaestetica. È un fenomenomolto interessante,quellocuisi assiste: con tracotanza, illogicismo si impone

nuovamente laddove almenodue grandi alternative eranostate proposte, quellaschellinghianacheconcepisceil vero come funzione delbello, e quella schlegelianachepone l’ironia, ildistacco,la catastrofe come elementicentrali dell’intuizioneestetica. Cfr., per alcunifondamentaliaspettidiquestodibattito,PeterSzondi,Poésieet poétique de l'idealisme

allemande, cit. È quiinteressantesottolineare quanto siamovenuti più volte ripetendo inquesto saggio — e cioè:questa chiusura filosofica, intermini logici, del dibattitoestetico, viene superatanel corso del secolodecimonono dall’esperienzapoetica diretta, e solo daquesta.Siricomponecosì,sulterreno della storia

universale, attraverso lasperimentazione di Rimbaud,dituttiglialtri,eattraversolagrande poesia dellearti figurative dell'Otto-Novecento, quell’unione fraegualidelbelloedelverocheil romanticismo avevaschiacciato. Leopardi sicolloca in questacombinazione di elementi:anticipatamente ne segna latendenza risolutiva. Cfr.

inpropositoquantovenivamodicendosupraallanota78delcapitolo IVed i rinvii che inquel contesto di pensieropossonodarsi.

2. Paradossalmente, eper completare quantovenivamodicendoallanota1di questo capitolo, sembra amechelariscoperta,controiltracotante dominio dellalogica idealistica, dellamatrice pratica del bello,

della poesia comesperimentazione delledimensioni della vita, ches’impone fra il secolodecimonono e l’inizio delventesimo — che questariscoperta erivalutazione dell’elementopratico, si faccia sacrificandole dimensioni propriamenteetiche, meglio, attraversol’esplusionedelladimensionedell’amore dal

dibattito estetico. Quandodico espulsione dell’amore,intendo espulsione delladimensionecollettiva.Controquesta nuova e mistificanteposizione si pose l’esteticadelrealismosocialista—chetuttavia, tranne in alcunigrandi autori, interpretò intermini solamentecaricaturali, l’esigenza direintrodurre la dimensionedell’amore nel dibattito

estetico.Le grandi eccezioni,nella definizione diun’estetica dell’amore, sonosoprattutto da identificarsinellescuoleche tentarono, inGermania, il gemellaggio fraespressionismo ecomunismo (Brecht), inFrancia, quello frasurrealismo e comunismo(Breton). Leopardi è oggettoprivilegiato di studio perchiunque sia passato

attraversoquestodibattito.Sucome, d’altra parte, lafilosofiael’estetica,nonchéilvivere comune, dellaborghesiavenganomanmanocontrollando ed eliminandol’amore dal novero dellepassioni sociali, vedi le fortiannotazioni, passim, diN. Luhmann, Liebe alsPassioncit.

3. Ci troviamo qui dinuovo (dopo averlo

sottolineato per laconcezione costruttiva delpoetico, per la dimensionecollettivaedamorevolechediesso è posta) davanti ad unelemento innovativodell’estetica leopardiana.Esso può essere cosìformulato:lacriticaè,aparteintera, elemento internoalla poetica.Non ci interessaquiinsisteretantosull’origineromantica(e,nellafattispecie,

nel riferimentoalpensierodiSchleiermacher che questaconcezione ermeneuticacomprende: di ciò abbiamolargamente discussoquando abbiamo affrontato iproblemi dell’ermeneutica inLeopardi) — quantosull’estremamodernità, direi,attualità diquest’impostazione. Faccioquesta riflessione ragionandosul testo di Harold Bloom,

L’angoscia dell’influenza.Una teoria della poesia,Milano, Feltrinelli, 1983, ecioè di fronte ad untentativo di costruire unastoria della poesia comeintersezione continuadell’influen-za/interpretazione e dellaproduzione poetica. Ora, inquestemoderne teorie, di cuiBloom è un rappresentanteinsigne, il momento della

rotturacriticaèfondamentale:l’influenza è infatti angoscia,e il suo contenuto èquello dell’esperienza deivalori poetici ed etici econoscitivi. Quando si dice,quindi, che la critica ècostruttiva, si identifica unelemento fondamentale delfare poetico, perché solo lacritica porta nella poesia lacomplessità del fareumano — e gli antagonismi

delmondo.Bloomriferiscelasua concezionedell’influenza, cioè delconcrescere pratico dellapoesia, all’esperienzakierkegaar-diana — a noisembra che, dentroun’ermeneutica ben formata(eaquestabuonaformazionenon sono estranee letradizioni interpretative dellafilosofia moderna, come adesempio vengono sintetizzate

nell’opera dello Spinoza delTrattatoteologico-politico),ilriferimento a Leopardi possaessere altrettanto, e forse piùfondante.

4. Canto XXX. Cfr.Peruzzi, pp. 519-522.Composto fra l’aprile 1831e il settembre 1835: unnumero prevalente diinterpreti propende, comeanche a noi sembra, arestringereversoil1834-1835

il periodo dellacomposizione.Inquestocaso,il Canto sarebbe napoletano.Cfr. in proposito A. Dolfi,op.cit.,pp.81sgg.

5. Canto XXXI. Cfr.Peruzzi, pp. 523-524.QuestoCanto è contemporaneo alprecedente. Vedi nota 4 diquestocapitolo.

6. È evidente che quiLeopardi intende il verorazionale come Hegel

lo intende — cioè comerapporto fra il reale e ilrazionale e la riduzionedell’uno all’altro, delrazionale all’effettualità. Ladialettica diviene dunqueuna «realistica» accettazionedel negativo — con tutte lecapriolechesivuole,echelafunzione dell'Aufhebunglargamente permette. Su ciòT.W. Adorno, NegativeDialektik, trad. it., Torino,

1970. La dialettica divienecosì «realistica» accettazionedella morte, meglio, suacomprensione. È quanto, suquesto estremo margine diuna filosofia che èmeditazione sulla morte,Leopardi non concede. Nonconcede in forma apodittica,assoluta. Che poi sidebba morire, è altro fatto,meglio,èundestinocuicisideve opporre. Da

questo punto di vista,implicitamente,Leopardinonrespinge solamente ladialettica hegeliana, che purnon conosceva, comepossibile soluzione di unproblema che egli avevavissuto, ma anche quelleposizioni dialettiche che ilpensierogreco,soprattuttosulterreno della morale, ci hafatto conoscere. Alludoin particolare alle posizioni

stoico-ciniche, attorno allequali, com’è noto, Leopardilavora largamente (vedi inparticolare la traduzione delMan uale di Epiteto, cheLeopardi conduce dalnovembre al dicembre del1825 — cfr. TO, vol. I, pp.492-502).Daquestopuntodivista non mi sembranoaccettabilileconclusionidiS.Timpanaro nel suo saggioLeopardi e i filosofi antichi,

cit. Dopo aver sottolineatoche i filosofi sensistidell’Illuminismo sonosenz’altro i fondamentaliriferimenti filosofici delnostro, Timpanaro affermainfatti che almeno duecontatti con ilpensierogrecosono essenziali allo sviluppodella filosofia leopardiana:«la scoperta del pessimismoantico, che mise in crisiil mito dell’antichità felice,

tutta azione, illusioni epoesia;elaletturadeifilosofiellenistici, che offrì alLeopardi il modello di unasaggezza rassegnata, di cuiegli sentì la suggestionesoprattutto negli anni dal ’23al’27,pursenzamaiaderirvipienamente». Su questa lineaèancheW.Binni.Anoinonresta da ripetere che mai inLeopardi si assiste ad unripiegamento dalla

tensione morale allarassegnazione; in secondoluogo, che questaconseguenza necessaria delladialettica ellenistica è daLeopardiintesaerespintaconil massimo di chiarezza; interzo luogo, chel’approfondimentodell’analisi e l’adesione allaconcezione dellamorte comedestino non toglie mai, inLeopardi, la parallela

concezione della ribellioneconsapevole ed eroica delsoggetto contro il destino:Bruto, questa divisaleopardiana, non è in nessuncasoeinnessunmomentonécinico né stoico nérassegnato. È d’altra partenoto che Leopardi nonperviene alla conoscenzadegli stoici solamenteattraverso la lettura dei testigreci — vi perviene anche

secondo quella comunissima«via traversa» che è ilcontatto con la tradizioneneostoica che dallaRinascenza domina nellamoralistica europea. Non vaicerto la pena di rinviare quiagli studi abbondantissimi inproposito, dallo Zanta adOesterreich. Ora, anchein questa tradizione, allacontinuità dei motivipessimistici si accompagna

spesso il rifiuto di ognidialettica consolatrice, orassegnata, della morte. Cfr.infinequellocheC.Luporini,op. cit., p. 82, scrive inproposito: la morale stoica(così come De Sanctis, adesempio, la riconosce inLeopardi) «non èda considerarsi comel’autentica morale diLeopardi, la sua moraleprivata, in contrasto ad una

sua retoricamorale pubblica,o pubblicistica, bensìcome morale ausiliariadell’uomoLeopardi,nellasuadebolezza fisica e nel suoisolamento sociale, che locostringevano adatteggiamenti di puraresistenza, ed infine, ma nonultimo motivo, nel suoinfinito pudore della propriapersona».

7. Torniamo sulla

concezione dell’amore inquesto Leopardi. Abbiamoinsistito sulla modernissimafigura di questo concetto inLeopardi:l’amoreèdinamicadel collettivo. Da questopuntodivistaèchiaroche laconcezione dell’amore inLeopardi è completamentematerialistica ed atea.L’amore è una potenza dellanatura, una funzionericonquistata alla costruzione

che l’uomo fa del mondoattraverso i legami collettividella poesia, dell’illusionevera.Dettociò,èfuoridubbioche reminiscenze cristianesono presenti inquesto Leopardi, filosofodell’amore. Un’affermazionecome quella di Agostinochequiricordiamo(«Iltempononvolgeinvanonellanostracoscienza né senza lasciartraccia; ma riproduce

nell’animo operesorprendenti»), è adesempio tale da chiarirel’importanza ontologicadell’amore nella fase attualedel pensiero leopardiano.Mal’ontologia in Leopardi èmaterialismo. Mi sembrainsomma che, se vi èinfluenza cristiana sulpensiero di Leopardi (e noncapisco come essa possaesserenegata,datol’ambiente

della sua formazione),essa viene tradotta erielaborata ed infine rappresaattorno ad una concezioneeminentemente atea ematerialistica dell’amore.Questa concezioneleopardiana dell’amore miricorda talvolta quella, tantomaterialisitica e tantofiliforme e costruttiva delsociale, che Michel Foucaulttenta di descrivere come

propria dell’amoreinterpretato dai filosoficlassici(L’usagedesplaisirs,Gallimard, Paris, 1984). SulLeopardi poeta cristiano, ecomunque religioso, cfr., fragli altri, G. Getto, Saggileopardiani,Firenze,1966.

8. Per un altro versol’influenza cristiana, e a noisembra soprattuttoagostiniana, sembraimportante sulla concezione

dell’amore che inquest’ultimo Leopardi contanta prepotenza emerge —quando l’amore vieneconsiderato come esperienzache direttamente conduceall’alternativa delfondamento. Tale è, inAgostino, attraverso l’analisidel tempo, la scoperta delladimensione teologica diquesto. Tale è , in Leopardi,nell’analisi dell’amore e del

tempo, la tensione allafondazione di un nuovoorizzonte, di una nuovaproposta vitale. Laddove nelcristianesimo, e in Agostino,la mossa dell’alteritàviene proiettata sullafondazione dellatrascendenza, in Leopardi lamossa ha una direzione tuttamondana, inframondana.Ricollegandoci alla nota 7,potremmo dire: Leopardi

segue l’intuizione e latradizioneagostinianaquandoqueste portano dallaconcezione del tempo edell’amoreaduna sottostantefondazione ontologica, lerifiuta quando questaconcezione ontologica vienetradotta in una prospettivateologica.

9. F. De Sanctis,Schopenhauer e Leopardi.Dialogo fra A eD, inScritti

Critici, a cura di L. Russo,vol. II, cit., pp. 115-160; B.Croce, De Sanctis eSchopenhauer,cit.ÈnotocheSchopenhauer conobbe sia lapoesia di Leopardi che ilsaggio di De Sanctis: cfr. G.De Lorenzo, Leopardi eSchopenhauer,Napoli,1923.

10. Su Schopenhauerresta fondamentale ilcontributo di G. Simmel,SchopenhauerundNietzsche,

Ein Vortragzyklus, Lipsia,1907(IIIed.1923),nonché,amio avviso e conun’interpretazione che va nelsensonel quale noi andiamo,G. Lukàcs, Die ZerstörungderVernunft,cit.Cfr.inoltre,con qualche importanteaccenno per il nostro lavoro,I.Knox,TheAestheticTheoryof Kant, Hegel andSchopenhauer, New York,1958.

11. La lettura che K.Lowith ha fatto di questoperiodo,diquesta tendenzaedegli autori fondamentali inessaagenti(Feuerbach,Rüge,Marx, Stirner, Bruno Bauer,ecc.)restaessenziale:cfr.VonHegel zu Nietzsche, cit.Il sottotitolo dell’opera diLowith è «la fratturarivoluzionaria nel pensierodel secolo XIX». A cura delLowith, vedi anche

l’antologia Die HegelscheLinke,Stoccarda,1962.

12. Come referenzaancoraillavorodiK.Lowith,cui andrannoutilmente accostati ilfondamentaleH.Hoffding,S.Kierkegaard als Philosoph,Stoccarda, 1896, e T.W.Adorno, Kierkegaard.Konstruktion desAesthetischen,Tubinga,1933.Vedi inoltre gli Studi

kierkegaardiani, pubblicatidal1957aBrescia, a curadiC. Fabro, che contengonomoltisaggianoiutili.

13. È fuori dubbio chela prima sensibilità delLuporini per il pensieroleopardiano gli derivi dallasua milizia esistenzialistica,compiuta negli anniprecedenti la seconda guerramondiale: cfr. il suoFilosofivecchienuovi,Firenze,1947.

14.SuNietzschelettoredi Leopardi, si veda la notadedicata all’argomento daAntonio Prete, Il pensieropoetante.SaggiosuLeopardi,Feltrinelli, Milano, 1980, p.65. Inoltre i saggi di G.Gabetti in«Ilconvegno»,nn.del 1923 e del 1924; e S.Solmi, Studi e nuovi studileopardiani, Milano-Napoli,1975,pp.158sgg.Perquantoriguarda il giudizio

nietzschiano sulla sinistrahegeliana, rinvio alle notesulla concezione storica diBurckhardtediNietzsche.Ingenere, il contributo diAntonio Prete è, su questonodo nietzschianodell’interpretazione diLeopardi, particolarmentepuntuale.

15. Si veda, attraversogli indici dello Zibaldone,quale altissima e

continuareferenzailLeopardifacesse alla riforma dellafilosofia e della lingua(l’una dentro all’altra)prodotta dal Galilei. Sempresu Galilei, cfr. la nota di S.Gensini, Linguisticaleopardiana, cit., p. 202, esupra,passim.

16.Cfr.inpropositogliscrittidiMichelFoucaultediJürgenHabermas,apropositodella risposta kantiana alla

questione «Was istAufklärung?», pubblicati acura di G. Marramao, in «Ilcentauro»,n.11-12,dicembre1984,pp.221-242.

17. L’intercambiabilitàdi termini come«fenomenologia costitutiva»ed«esteticatrascendentale»èstatafissatamanmanochela«fenomenologiatrascendentale» venivainterpretata in termini

dinamici, non dunque dieidetica descrittiva bensì diintenzionalità; mentrel’estetica kantiana venivasempre più tratta verso iproblemi e le funzioni delloschematismotrascendentale. Dare unabibliografia adeguata diquesti processisignificherebbepercorrere tutto il pensierofilosofico e la storia —

almeno — di quello nonconnesso a tendenzeanalitiche, nel secolo XX.Basti comunque qui tenerpresente il fondamentale M.Heidegger, Interprétationphénoménologjque de laCritiquedelaRaisonPuredeKant,Gallimard,Paris, 1982.Vedi inoltre, per Husserl, G.Brand,Welt,IchundZeit.M.Nijhof, L’Aia, 1955 e, perKant, H. De Vleeschauwer,

Ladéduction transcendentaledans l'oeuvre de Kant, DeSikker, Anvers, 1934-35.Vedipoisupra,n.9alcap.IIet passim. Per altro verso, ecioè per l’attenzione prestataalla suddettaintercambiabilità, non piùsolamente dal punto di vistadella dinamica dei processi,ma piuttosto della corporeitàdel loro intreccio (esteticacome teoria della sensibilità)

— va senz’altro visto illavoro di Foucault,soprattutto quello del primoFoucault, traduttore dell'Antropologia kantiana estudioso degli «ideologues»,proprioinquantoricostruttoridel sensismo in una filosofiacostitutiva dell’orizzontetrascendentale. Cfr. alcunispunti sull’interaproblematicainA.Negri,Sulmetodo della critica della

politica, inMacchina tempo,Milano, Feltrinelli, 1982,pp. 70 sgg. e A propos deLogos et théorie descatastrophes de Jean Petitot,in «Baby-Ione», n. 4, Paris,10/18,1985,pp.219-227.

18. W. Benjamin,Angelus novus, trad. it.,Einaudi, Torino, 1961.Leopardihavissutointerminiassolutamente fondamentaliquest’inversioneantiplatonica

delprincipiodiconoscenzaedi realtà. In ciò consisteessenzialmente il suomaterialismo. Non si intendedunqueiltentativo,daultimoriproposto da Mario AndreaRigoni, Saggi sul pensieroleopardiano, Cleup, Padova,1982, soprattutto pp. 43-56,di riportare i momentiformalmente idealistici dialcuni canti leopardiani aduna disciplina platonica. I

canti cui ci si riferisce sonoAlla sua donna, Il pensierodominante,Aspasia,edanchebranideiParalipomeni(comeil famoso «bella virtù...» —V, 47-48). Vedi, per questiCanti, la nostra lettura ed iriferimenti bibliografici,supra. In ogni caso, e quiriassumendo i termini dellapolemica relativa ad unsupposto platonismo diLeopardi, sipuòdire:nullaè

piùlontanodaLeopardidellafissazione ontologica di unorizzonte di idee universali,nulla è più lontano dallasuasensibilitàcheunaletturadel mondo come apparizionedi una positività ontologicaideale. Unica alternativa, inquesto quadro interpretativo,è quella di considerare laleopardiana «teoria delleidee» in terminischopenhaueriani, vale a dire

come teoria dell’apparenzaideale e dell’evanescenzamaterialedelnullametafisico.Ma abbiamo già altrovechiarito la difficoltà, forsel’impossibilità di una siffattalettura. Che cos’è alloral’apparizione di questaluceidealenellamiseriadellavita? Come la fondaLeopardi? Questa luce è ilmomento della critica, è ilmomento dell’intelligenza,

cui si applica la piùalta tensione etica. Lo hannoben visto, a partire dal DeSanctis, il Savarese,La canzone leopardiana«Alla sua donna» traconsapevolezza ed illusione,in«Rassegnadella letteraturaitaliana», 1, 1970, pp.4 sgg.;F. Bandini,Introduzioneall’ed.CantidelLeopardi, Milano, 1975, pp.159-160 — che insistono

sull’eticitàdiquestorichiamoall’essenza della poesia, alsuo brillare eterno inquanto verità; e in manieraegregia riconduce questaposizione al materialismoilluministico, e ne mostra lacomplessità dell’insistenzaetica,L.Cellerino,op.cit., incommento alle strofericordate:«Bellavirtù...»(pp.149e157-158).

19. Il tramonto della

luna, Canto XXXIII. Cfr.Peruzzi, pp. 535-544.Composto a Torre del Greconellaprimaveradel1836.Cfr.A.Dolfi,op.cit.,pp.107sgg.

20. W. Binni,IntroduzioneaTO,vol. I,pp.CXV-CXVI.

21. È stata fatta, aquesto proposito — e più omeno per quantoriguarda appunto questopassaggio poetico, filosofico

— un’interessante ipotesi: ecioè che la concezione dellanatura che appare in questiultimiCantiabbiacomebasedi elaborazione l’abbozzo diinnoadArimane (TO, vol. I,p.350), forsecompostonellaprimavera del 1833,comunque nei primi anni del’30; che l’abbozzo siadirettamente ispirato daVoltaire(v.30delPoèmesurle desastre de Lisbonne:

«Arymane, dont la loityrannique à souffrir nouscondamne»); che in questaripresa vi sia traslazioneideologica di un concettopessimistico di natura, tipicodi certo Voltaire e dellecorrenti radicali delmaterialismo illuministico.L’ipotesi risale all'Antognonie al Fubini, ma vienelargamente sviluppata daUmbertoCarpi, Il poeta e la

politica, cit., pp. 180-213.Ora, secondo il Berti, questaradicalmente pessimisticaconcezione della natura-Arimane caratterizza tutto ilpensiero, sia poetico chepolitico,delLeopardimaturo.La tesi è per certi versisenz’altroaccettabile:quandoinsiste sul fatto, ad esempio,che certe caratteristichematerialistiche chel’illuminismo attribuisce al

concetto di natura, sono quirintracciabili in tutta la lorodurezza (cfr. in ogni caso, aquestoproposito,ilvolumediEhrardgiàricordatoallanota33 del II cap. — supra);quando insiste sulla naturaadialettica, o fors’ancheantidialetticadelmaterialismodi Leopardi, che appunto laconcezione di Arimanedimostra; quando è infinecostretta a riconoscere che le

polemiche politichedell’ultimo Leopardicomprendono implicitamenteun rinvio ad «altro», a unfondamento ontologicodiverso. È chiaro, d’altraparte, che a questatestimonianza, sfuggecompletamente non tanto ilcontenuto antagonisticodell’ultimo pensieroleopardiano, quanto ladeterminatezza

etica,ontologica,politica cheesso assume. Per dirla intermini filosofici, edaccettando così in parte laprovocazione del Carpiquando sostiene chel’ultimo Leopardi è«filosoficamente, ma nonpoliticamente progressivo»(tesi che il Carpi nondimostra affatto,consegnandoci invece unLeopardi arimanesco) — in

termini filosofici si deveconcludere che ilmaterialismo leopardiano(e conseguentemente l’ideadella natura), se sonoantidialettici, sonocomunque post-critici— chequindi il problema dellaconoscenza e di un’eticatrasformativa sono centrali,meglio, insistono sulla stessadefinizione delpensiero leopardiano. E

ancora: se Carpi ha ragionequando attacca una troppostretta definizione dimaterialismo, per esempionell’interpretazione delTimpanaro (op. cit., pp. 182-3),sbagliaprofondamentenelnon intendere l’intensitàpolemica, eticamentesovradeterminata, la forzadella speranza di Leopardi,anche se completamentedisincantata, la disutopia del

suopensiero.Stranamente,daquesto punto di vista,Timpanaro, pur errandointerpretazioneetrattenendosia troppo antichi parametrimaterialistici,cidàunquadropiù vivo, più vero. Sempreintorno agli argomenti chequi stiamo toccando, e inparticolare sul pessimismodeiLumi,confrontaquantosene ricava dalla tesi di R.Mauzi, L'idée du bonheur

dans la littérature et lapensée françaises auXVIII siècle, A. Colin, 1960:fra l’altro, larghissimabibliografia, ma soprattuttoi capp. III, X e XI (pp. 109sgg.,386sgg.,432sgg.).

22. Canto XXXIV. Cfr.Peruzzi, pp. 545-559.CompostaaTorredelGreco,nellaprimaveradel1836.

23. Cfr. A. Bufano,Concordanzedei«Canti»del

Leopardi, Firenze,1969; concordanze a cura diL. Lovera e di C. Colli, perCanti, Paralipomeni,poesie varie, traduzionipoetiche, nel volumedi versileopardiani a cura di C.Mu-scettaediG.Savoca,Torino,1968,pp.966-1570.

24. Il verso «Lemagnifiche sorti ecc.» silegge nella dedica degli Innisacri di Terenzio Mamiani,

pubblicati nel 1832. SulMamiani, filosofo epolitico, oltre che cugino delLeopardi — che cerca dicombinare lo spiritualismocon lo sperimentalismocome«metodo naturale»,conducendo così ad un«idealismotemperato»—cfr.L. Ferri, Essai sur l'histoiredelaphilosophieenItalieauXIX siècle; Paris, 1869, vol.II, pp. 3-140. Quale fosse il

fastidioleopardianopertuttii«temperamenti»,dell’idealismo come delmaterialismo, sembraevidenteachiciabbiaseguitofin qui. Tanto più difficile èdunque qui accettare leposizioni e le valutazioniespressedaG.Carpi,op. cit.passim,che insistesullanon-politicità della polemicaleopardiana, traendone lasingolare conclusione che I

nuovi credenti non abbianonulla a che fare conla Palinodia, i Paralipomenie La ginestra. Il che è deltutto falso, e nulla lo mostramegliochequest’inserimento,al sublime livello poeticodellaGinestra,dellapolemicaantimoderata. Ciò detto,sarebbe altrettanto erratopensare che la polemica«ispiri»lapoesialeopardiana:sarebbe una forma diversa

per ripetere lasottovalutazione ontologicadella poesia leopardiana che,dal punto di vista opposto,sviluppanoBenedettoCroceeingeneregliautorimoderati.

25. I concetti di «guerracomune» e quello di«inimicizia»sonoovviamenteconcetti recuperati dallacultura illuministica, meglio,daqueifilonipessimisticichea partire dal Seicento hanno

soprattutto qualificato ilmaterialismoilluministico. Inproposito si noti che ilpensierodiThomasHobbesela tradizione di un certospinozismo ateistico epessimistico giungono aLeopardi attraverso, moltoprobabilmente, Bayle, il suoDictionnaire (di cui vedi lariduzione italiana a cura diG.P. Brega, Pensieri sullecometeedizionario storicoe

critico Feltrinelli, Milano,1957)eunariconfigurazione,su queste basi,di reminiscenze delmaterialismo antico. Maquello che qui è importantenotare,salvoilritornarenellenote successive sullatradizione spinoziana, èchequestoconcettodiguerraediinimiciziaècollegatoallacostruzionedellasolidarietàedell’amore: questa dialettica,

che è già alla base dellasingolarissima soluzioneestetica del problemadell’universale inimicizia inHobbes (cfr. C. Thorpe, TheAestheticsofThomasHohhes1940, II ed. New York,1964), che è d’altra partepresente in manierastraordinaria nella filosofiaspinoziana, che costituisceuno degli elementifondamentali della

prospettiva materialisticapostcritica — questadialettica dunque escludesoluzioni sbrigative delledifficoltà e delle prospettivedell’ultima filosofialeopardiana. In particolareesclude lapossibilitàdipoteraccettare un’interpretazione«arimanesca», alla Carpi.Moltointelligentementeeconsenso della misurainterviene brevemente, ma

essenzialmente, sul problemaN. Badaloni, La cultura,cit., in particolare pp. 915-926.IldiscorsodiBadalonièil seguente: Leopardipercepisce nella prima fasedel suo pensiero lacontraddizione fra prima eseconda natura, così comel’Illuminismo ce la porge;attraverso una serie ditentativi e di fallimentiLeopardi cerca la redenzione

di questa dialettica: nonvi riesce, è costretto allo«stratonismo»,aldrammaticoassorbimento della primanatura nella nullità,artificialità e vuotezza dellaseconda; questaconsapevolezza divienecriticadeiprocessichehannocondotto a questanullificazione del mondo:conoscenza del vero e ansiadella comunità, solidarietà

verso ribellione sociale,costituiscono la via dellaliberazione. La brevità dellalettura badaloniana nonpermette di affrontarne unacritica completa: essa èpiuttosto importante per irisultati positivi checonsolida. Solomarginalmente mi paredunque che possa essereinnalzata una breve critica:non mi sembra cioè che, in

Leopardi,sidiaassorbimentodella prima natura nellaseconda come processo diannullamento bensì comeprocesso di sussunzione —vale a dire che Leopardiaccetta il nulla della secondanatura come terrenonecessario, all’interno delqualel’amoreelasolidarietà,in forme nuovedebbono costituirsi. È unadinamica progressiva del

collettivo quella che l’ultimafilosofiaepoeticadiLeopardirivelano, come già benmostravaC.Luporini,op.cit.insistendo da vari punti divista (alle pagine 16, 17 esgg., fino a 30, e poinell'Appendice I e passim)sulla dimensione collettiva,meglio, direi, sulla conquistadelladimensionecollettiva inLeopardi. Questa dimensionecollettiva mi sembra, in

Luporini, più importante diquellaprogressiva.

26. A complementodella nota precedente. Nonvale qui riprendere leinterpretazioni dal punto divista religioso, e cattolico inparticolare, del pensiero diLeopardi — abbiamolargamenteinsistitosullalorototale insufficienza. Vedicomunque,perquestianni,U.Bosco, Titanismo e pietà in

G. Leopardi, Firenze, 1957.Resta da sottolineare unpericolo che è inerenteall’interpretazioneprogressiva, soprattutto nellasua forma intermedia e, percosì dire, ormai divenutacanonica. Mi spiego: se ladialetticafraprimaesecondanatura non è interpretatacome dialettica verso, percosì dire, un «meno» direaltà ma un «più» di

collettività, meglio, verso unaumento della miseriaumana ma anche verso unaumento della forzadell’immaginazione umana—sequestoparadossononèvissuto fino in fondo, allora,davvero,nonsicapiscecomeci si possa opporre allariduzione dell’amore e dellasolidarietà leopardiana alla«charitas» cristiana. Questoper dire che la differenza fra

le due è una dimensioneontologica interamentediversa: l’amore cristiano sisvuota dell’umano nellaprospettiva teologica, quelloleopardiano si riempie diumana passione e dicollettivo progetto. Lastraordinaria modernità delpensiero leopardiano consistenell’averci messo davanti aquel «salto» nella strutturadell’esserecheMarx,peraltri

versi, ha identificato nella«sussunzionereale»:lanaturaè completamente riassorbitanella storia, una secondanatura è consolidata,miserabilmente mapotentemente. Hic Rhodus,hicsalta!

27. Ritorno qui suSpinoza. Oltre le notazionisull’eventualerapporto Leopardi-SpinozaattraversolavoceSpinozadel

Dizionario di Bayle, cheora riprende A. Prete, Ilpensiero poetante, cit., pp.28-29 (ma vedi anche pp.42, 53), ed oltre le notazionitroppo spesso ripetute sulpessimismo espinozismo «stratoniani» (daultimo dal Badaloni, comeabbiamo visto), va quiricordato che lo spinozismovive nei secolidell’Illuminismo non solo

come pensiero negativo,bensì anche come pensieropositivo, comepensierodellacostituzione, all’interno dellosviluppo del materialismomoderno. Oltre alla miaAnomalia selvaggia, giàcitata,sivedanonelLeopardiprogressivo di Luporini,spunti di consapevolezza diquesta tradizione, comevivente in Leopardi. Restasolodaripeterecheunastoria

dello spinozismo in ItaliadelledimensionidiquellacheVernière ha proposto per laFrancia, è lavoro dasollecitare (cfr. supra, inproposito la nota 55 del cap.IV).

28. E ovviamente, suquesti versi conclusivi, siconsolidano anche levarie sfumature delle tesiinterpretative progressiste, einparticolareleambiguitàsul

razionalismo di Leopardi. Ladomandaè evidentemente: inche misura il progressismoleopardiano è razionalismo?PerBadaloniilproblemanonpuò neppure essere posto, larispostaèimplicitaepositiva—nellamisurataesposizioneegli tuttavia evita diaffrontare questo problemache comunque resta per luicruciale.AncheinLuporiniiltema non è posto in termini

problematici: a mio avviso,tuttavia, l’insistenza sulladimensione collettiva delpensiero leopardiano,modificaquiinqualchemodol’apprezzamento delrazionalismo leopardiano.Timpanaro, per parte sua,avvertendo chiaramente ilproblema, introduceun’ulteriore distinzione: ilpessimismo è per lui unvalore permanente e

costitutivo del pensieroleopardiano—diquisitendealla svalutazione delleprospettive solidali delprogressismo politicodell’ultimo Canto,inpolemicaconLuporini,matutto ciò non tocca ilrazionalismo e ilprogressismo scientifico diLeopardi (cfr. Alcuneosservazioni sul pensiero diLeopardi, in Classicismo e

Illuminismo, cit., pp. 133sgg.).B.Biral,La«posizionestorica» diG. Leopardi, cit.,p. 103, parla infineesplicitamente di«ambivalenza» del rapportofra materialismo e principiodi razionalità nel pensieroleopardiano. In terminidifficilmente accettabili,affronta il problema M.A.Rigoni, Saggi sul pensieroleopardiano, cit., pp. 36-37,

ed egli non si vuoleprogressivo ma sinceramente«regressivo» — assieme alsuo poeta: ha comunqueil vantaggio di porreesplicitamente il problema edi rivendicarne, controuna certa ipocrisia che siavverte sull’argomento, lacentralità.

29.Moltoimportantimisembrano, su questo tema, leosservazioni di Renato

Pastore, Aggiunteleopardiane (1974), in«Nuovi argomenti», 2,1979, pp. 221-236, che, inpolemica con Timpanaro eBiral, e pur seguendolinell’identificazione di unacerta ambivalenzaleopardiana nella definizionedel rapporto ragione-natura,nerivendicailvalorepositivo—cheècomedire,negachequest’ambivalenza possa

essere connotatanegativamente. In Leopardiv’è una rivendicazioneedonistica del corpo edell’istinto, né questarivendicazione è irrazionale,masemplicementefunzionaleall’umana natura e allacondizionestorica.Sicché«sipotrebbeaffermarechel’esitodella Ginestra sia leggibilequale invito alla conquistadella natura contro la natura,

attraverso la ragione critica,contro la ragioneistituzionale».

30. Da Giovanni, III,19.La citazione è in greco ein italiano, in testaallaGinestra.

31.Ènaturalmentetuttoda problematizzare questosenso leopardianodella catastrofe. Credo che ilriferimento fondamentale delLeopardi per il significato

emblematico che assumenella cultura europea delSettecento, vadaalle Considérations sur lescauses de la grandeur desromainsetdeleurdécadencedi Montesquieu. Leopardilegge quest’opera nel 1820.Sul significato generale diquest’opera, in quantoriassume elementi centralidell’ideologia deiLumi, vedil’introduzionedi Jean Ehrard

all’edizione Garnier-Flammarion, Parigi, 1968.Nonché, soprattutto, C.Rosso, Montesquieumoralista. Dalle leggial «bonheur,», Pisa, 1965.Non solo di questoevidentemente si tratta: maanchediattenzione(questasì,tutta romantica) al sensodell’innovazionestorica.Ora,questosensodell’innovazionestorica, attraverso catastrofe,

ha due varianti: la prima èquellapessimistica,allaqualeè evidente che Leopardiin parte aderisce (ed essa sicollega all’idea dell’«eternoritorno»);d’altrolato,invece,l’ideadicatastrofepervieneaLeopardi modificata in duesensi, e cioè: come modellosociologico, di analisi delledinamiche politiche, e quindicome modello pratico diintervento; in secondo luogo,

come modello naturale,materialistico, e cioè comemodello di articolazionecreativa, di distruzioneinnovativa, nel regno dellanatura,dicuil’uomofaparte.La seconda natura trasformalaprimanaturamanontogliequeste leggi del suofunzionamento.Vedigiànota92alcap.I,supra.

32. Ai vv. 289-296 èforse un’idea di «eterno

ritorno»quellacheappareesiafferma. Quale sia ilsignificato che quest’ideaassume nel complessodell’argomentazione delCanto, lo abbiamo visto neltesto.Quantoinveceallefontidi questa posizione filosoficain Leopardi, è difficileidentificarle con precisione.Non sembra che vi sianocitazioni filologicamenteverificabili di quest’idea —

sembra piuttosto che essa sicostruisca quasispontaneamente, nel corsodello sviluppo filosofico epoetico del pensiero diLeopardi.

33. L’adagio«ottimismo della volontà epessimismodellaragione»misembra costituire ilcorrispettivo etico,nell’interpretazioneprogressista, del rapporto fra

ragione-natura-storiacheiviècostruito — rapporto, comes’è visto, completamentedestituito di fondamento. Ingenerale, per la criticadi quest’aforisma, mipermetto di rinviare al mio«Pessimisme de la raison,optimismedelavolontà»:surl'opportunità raisonnable derenverser cet aphorisme, in«Chemin de Ronde»,novembre1985,Marseille.

34.Noncistancheremomai di affermare che questaposizione leopardiana non èné «impolitica» né«atemporale» — è bensìdirettamente implicata nellatematica storico-sociale delsecolo XIX— in Italia e inEuropa. Riteniamo tutte leposizioni che insistono sullanon politicità del pensiero diLeopardi, non tantoreazionarie quanto false e

irrealistiche. Tanto piùnell’epoca del romanticismo:e poco importa decidere seLeopardi sia o menoromantico,aquestoproposito—quelcheècertoèchevivequell’epoca, che nesubisce gli schemi mentali,cheneleggeigrandiautoriene gode l’influenza. Ame sembra che ilromanticismodiLeopardi siamolto discutibile: troppo

forti sono le influenze dellacultura illuministica sul suopensiero, ed anche lasua adesione allaproblematica filosofica delromanticismo,nellamisuraincuiècostruitadaunpuntodivista particolare, marginale,specifico, è una adesionecomunque singolare. Dettotutto ciò, è fuori dubbio cheLeopardi ha un rapporto conlaculturadelsuotempocerto

non parziale e difensivo —eglilaconsiderainvececomecircolazioneonnicomprensiva. Egli viveinsomma quel Temps desprophètes (perdirla conPaulBénichou, Gallimard, Paris,1977) nel quale sicostruiscono appunto, intermini globali, le Doctrinesde l'age romantique. Lacaratteristica della totalità facorpo, in maniera primaria,

con la teoria romantica, colmodo di sentire, conl’ideologia romantica.Leopardi, romantico omeno,non è indenne allo spiritodell’epoca. Torniamo cosìalla politica. Essa è unelemento fondamentale dellapresa di posizioneleopardiana sulla vita:Leopardinonèimpolitico,—se non è né liberale némazziniano né cattolico

centrista né moderato — nétanto meno reazionario,austriacante, clericale —dunque, che cos’è? Ladomandanonèevitabile.

35. M. Heidegger,HölderlinunddasWesenderDichtung, cit. — trad.francese, Approched'Hölderlin,Gallimard,Paris,1973, p. 41, pone, comeabbiamo già visto supra III,n. 219, cinque affermazioni

fondamentali, a proposito diHölderlin e del suo poetare(che,èevidente,costituisceilriferimento fondamentaledella teoria estetica diHeidegger): non serve quiriprenderle, ma si puòsemplicemente ripetere chequeste cinque proposizionipossonoesseredette,comediHölderlin, così di Leopardi.Mac’èqualcosadidefinitivoche distingue, pur dentro

questedimensioni,ilpensieroe il poetare dei due autori: ilmaterialismo di Leopardi.Leopardimettelapoesiaconipiediperterra:valeadirecherovescia l’ordine delleproposizioni prescritte daHeidegger per il buonpoetare. Il criticismo èindubbiamente il grandediscrimine della poesia:Hölderlin e Leopardi nevivono le determinazioni

teoriche — ma Hölderlinsubisce il criticismo cometragedia, vive la dialetticacomecondizione insuperabile,come produzione di pazzia;Leopardi vive il criticismocome possibilità, rifiuta ladialettica pur riconoscendonela necessità dellecondizioni,delquadroteoricoche essa propone. Nellaformadelmitoonella forma

della «seconda natura» ilmondo si presentaegualmente a Hölderlin o aLeopardicomemondorifatto:ma in Hölderlin soncomunqueglideicherifannoilmondo,inLeopardisongliuomini. Miserabili, infelici,disperati — e tuttavia ilmondoè lì,e l’illusioneèunsoggetto — mentre inHölderlin/Heidegger ilsoggetto è profezia emito, e

lasuaessenzasiscontra,edèsconvolta, dalla proiezioneimmediata dell’essere.All’essenza metafisica dellapoesia Leopardi oppone ilfarepoetico.Ora,inLeopardiil fare poetico è il cumulodiun’esperienza tragica, lunga,dolorosa che si svolge nellapoesia, e nella storia e nellanatura—perHeidegger (quiHölderlin sta giàallontanandosi ed il filosofo

resta solo) il fare poetico èuna scorciatoia perl’apprensione dell’essere. Perl’italianolapoieticaèilpuntopiùaltodelviverelatragediadell’etico,per il tedescoèunimmergersiopaconell’essere.PerLeopardifarpoesiaèunacostruzione del mondo (dellinguaggio, della secondanatura, della storia...), unandare avanti, per Heideggerèunritorno.

36. Machiavelli lirico,abbiamo chiamato Leopardi.Ed è appunto su questopassaggio che cogliamoancora una volta la verità diquest’approccio,di quest’indicazione. Non sitratta infatti solamente dellavolontà di«metter l’impostura alservizio della verità»(PensieroXXIX),nonsitrattadi ricercare la virtù ovunque

la si trovi, con il sospettosempre che di virtù non sitratti e che solamente nellapratica essa si dimostri o siriscatti,nonsi tratta infinediaver il senso delleproporzioni e delledimensioni dello scontrostorico (è chiaro, diceHegel,sottolineando lanon trivialitàdel discorso di Machiavelli,che «le membra cancerosenon possono essere curate

con l’acqua di lavanda») —non si tratta solo di tuttoquesto, bensì del fatto cheLeopardi, come Machiavelli,cerca in ogni immediatezzal’originedelnuovo,dell’utile,del positivo. Il pensiero diMachiavelli è una praticadello schematismo dellaragione, di uno schematismoche non vuole analiticheselezionatrici della realtà, adaiutarne l’espressione—così

come il pensiero di Leopardiè una pratica delloschematismo della ragioneche cerca di ricostruire unesserevero,unesserenuovo,nella passione poetica. Nulladi più pericolosoall’identitàdiMachiavelliediLeopardi che le letture«oblique» — come quelle,perMachiavelli,diAlfieri,diFoscolo,diHegel.Mifermoaquest’ultimo — allo Hegel

democratico del 1797: Ilprincipe di Machiavelli el'Italia, in La costituzionedella Germania, in Scrittipolitici a cura di C. Cesa,Torino, Einaudi, 1972. EccoMachiavelli come politiconazionalista, che in manierarigorosamenteconsequenziale, lotta per ilsuoidealediStato,perlasuapatria,controlacorruttelaeilcieco delirio del tempo suo,

ecc. ecc. A questo fineviene dunque sacrificata,talora, la verità o la morale.Nonadun fine immondomaadunfineottimo.CosìancheAlfieri, così Foscolo — chinon ricorda i Sepolcri? —così forse anche Leopardi,quando consideradirettamente il pensiero diMachiavelli, che (al di làdella disistima per il suolinguaggio,troppodifformee

troppo poco diligente)raccoglie piuttosto in terminipatriottici che teorici. Madobbiamo riconoscere inqueste scarne valutazioni (e,d’altra parte, nel netto rifiutodel machiavellismo cheLeopardiesprime:Zibaldone,p. 4198 — TO, vol. II, p.1107) solo la cifra di unparadosso:ineffettiLeopardi,come Machiavelli, non èriducibile ad alcuna lettura

obliqua né egli dà mai delreale alcuna lettura obliqua.La cosiddetta lettura obliquaè lettura astuta, quasidialettica, artigianalmentedialettica del reale. Nulla ditutto questo in Leopardi. Iltradurre l’immediatezza inverità attraversol’immaginazioneèunaregolache Leopardi pone in primopiano, alla quale si tienecostantemente — sono

l’apologia dell’immediatezzae la scoperta della suaricchezza di significazioneche danno alla poesialeopardiana la felicità e lagioia della potenzaontologica. Ma altrettantovaleperMachiavelli...

37. Sul fare fondativodellapoesianellafilosofiadelmaterialismoèevidentementemolto difficile costruire quiuna bibliografia. E tuttavia

vai la pena, almeno, che iospieghisuqualiriferimentisiè sostanzialmente fondato ilmio ragionamento da unpunto di vista soggettivo. Ilragionamentochevai lapenadi evidenziare è quello cheunisce l’elemento creativo eradicalmente innovativodell’esperienza estetica equello ontologico-materialistico.Ora, nellamiaesperienza, ma anche in

quella di molti altri autoridella mia generazione,fondamentale è stato ilcontatto con la scuola diVienna: Riegl,Wölfflin, Dvorak ecc. È inquesti autori tedeschi emitteleuropei che la scopertadell’innovazione artistica èriuscita ad attraversare unlascitoculturaleenormeeunatradizione metodologicaspessa — e a mostrare, dal

puntodivistaformalistico, laspecificità dell’incrementoontologico che l’opera d’arteporta in sé. Si vedasoprattuttosuquestascuolaesul contributo che questiautori hanno dato allacostruzione di unastoriografia materialistica (ecomunque ontologica)dell’arte, W. Worringer,Künstlerische Zeitfragen,Halle,1921;eK.Mannheim,

On the Interpretation ofWeltanschauung, (1921), orain Essays in Sociologi ofKnowledge, Londra, 1952,pp. 33-83. L’ulteriorepassaggio, nella prospettivamaterialistica ed ontologica,si dà nell’opera di GyörgyLukàcs, e in particolare incoincidenza con latrasformazione fondamentaledel suo pensiero, cioè fra lacritica della reificazione che

caratterizza gliscritti giovanili e laprospettiva rigorosamenteontologicachesegueallafaseambigua del realismosocialista. Qui l’elemento diinnovazione che qualificaformalmente l’operad’arte inquanto tale è non soloriportato all’ontologiama identificato nell’attivitàmateriale,sociale,costruttiva,che costituisce l’ontologia

sociale. Ora, in Lukàcs èassolutamente preciso edeterminato il passaggio fraformalismo (con lacostruttività che gli èpropria),espressionismo(conil radicamento soggettivo eontologico che gli è proprio)e concezione maturadell’ontologiasociale.Ilterzoe fondamentale elemento misembra consistere nell’operadi Vygodsky e di Bachtin:

vale a dire che, inentrambi questi autori,nell’indiscutibile materialitàdel quadro generale, lacreativitàècoltacomebaseeproblema di ogni discorsoestetico — la prassicostituisce dunque l’arte —come analizzarlaproduttivamente? A questadomandaWygodskyrispondein termini fisiologici (non èqui il luogo per riprendere

questo discorso, che ècomunque fondamentalenell’ontologia delmaterialismo); Bachtinrisponde chiarendo ledimensioni molteplici eriannodando le voci e leforme che pluralmente, nellastoria sociale, sviluppano larichiesta di poesia e laproducono. Il fare fondativodellapoesia,cheLeopardienmatérialiste voleva, i tempi

contemporanei, nella critica(ma anche nella grandepoesia d’avanguardia), hannostudiato, ricostruito, spintoallaripetizionecreativa.

38. G.W.F. Hegel,Aesthetik,trad.it.acuradiN.Merker, Milano, Feltrinelli,1963,pp.17-18.

39. K. Marx,Grundrisse der Kritik derpolitischen Oekonomie(Rohenentwurf) 1857-1858,

Mega,DietzVerlag,Berlino,1953, pp. 590 sgg. IlCapitale:LibroI,capitoloVIinedito,trad.italianaacuradiBruno Maffi, Firenze,Lanuova Italia,1969,pp.68sgg. Sul concetto di«sussunzione reale» nellateoriamarxista,cfr.A.Negri,Marx oltre Marx, Quadernodi lavoro sui Grundrisse,Feltrinelli,Milano, 1979, pp.115sgg.

40. K. Marx,Grundrisse,cit.,pp.30-31.

41. H. Marcuse, Ladimension esthétique. Pourune critique del'esthétique marxiste, Paris,Seuil,1979,p.83.

42. Di nuovo, comesupraallanota37,risultaquiestremamentedifficile mostrare, da unpunto di vista bibliografico,come l'omologia

materialistica dell’estetica,delfareesteticocomprendainsé la dimensione dellacollettività. Come più sopra,allora, cercherò qui dielencare alcuni elementi chesono stati importanti nellamia comprensione delproblema. Di nuovo tregruppi di autori. Un primo èquello che studia leconseguenze della risoluta edefinitiva svolta linguistica

impressa alla filosofiacontemporanea daWittgensteinechevedecomela fenomenologia linguisticadescritta da questo autoreabbia almeno duedeterminazioni: la prima èquella comunicativa, sicchénonesistelinguaggiochenonsia collettività comunicante;la seconda riguardala dimensione estetica che,immediatamente, a questo

livello della riflessione sullacostruttività della lingua siapre.Cfr. in propositoR.DeMonticelli, Dottrine dell'intelligenza.Saggio suFregee Wittgenstein, De Donato,Bari, 1982. Un secondogruppodiautori èquellochesviluppa una teoriatrascendentale dellacomunicazione attorno alleposizioni che sono statesoprattutto espresse da J.

Habermas. In proposito, cfr.soprattutto i saggi di K.O.Apel, N. Luhmann, O.Marquard, E. Tugendhat,nonché appunto quello diHabermas, in Vingt ans depensée allemande, in«Critique», 413, ottobre1981, t. XXXVII, Paris.Naturalmente il problemadella trascendentalità dellinguaggio non è di per sé,immediatamente,problemadi

definizione dello statuto delcollettivo: tuttavia, sempredipiù,ladiscussionetedescas’èpiegatainquestadirezioneedhaassorbitofruttuosamentelacritica del linguaggio nellacriticasociologicadelsociale.Il terzo gruppodi autori, chequi riteniamo fondamentalenel chiarire la dimensionecollettiva dell’ontologiamaterialistica, è senz’altroquello che fa capo a Gilles

Deleuze. Qui, il livelloontologico stesso èimmediatamentecaratterizzato in terminicollettivi, e quella superficieche si tratta di decifrare ci sipresenta come insieme distrutture parimenti costruiteda soggetti e da linguaggi.Cfr.V.Descombes,Lemêmeet l'autre. Quarante-cinq ansde philosophie française(1933-1978) Paris, Minuit,

1979.Tre filoni,dunque, chein diverse aree culturali, apartire da diversiorizzonti problematici e dadiversetradizioniscientifiche,colgono la completasocializzazione del problemaontologico.

43. È alle Tesi sullafilosofia della storia di W.Benjamin (in Angelusnovus, cit.) che dobbiamosoprattutto la definizione del

rapporto fra evoluzionestorica emomentodi rottura,frastoricismo,collettivismoejetz-Zeit.

44. Molto importanteeparticolarmente corretto misembra l’approccio di C.Luporini, Leopardiprogressivo, pp. 49 sgg., aquesta tematica.Luporini mostra quanto fortesia l’influsso del pensierorivoluzionario su Leopardi

ecomela«delusionestorica»intervenuta costituisca unelemento decisivo non diconversionereazionariabensìdi autocontrollo, diriflessione,diverifica:sicchéla «delusione storica»contribuisce a tener ferma inLeopardi una positivavalutazionedella rivoluzione.Di conseguenza, su altrolivello — direttamentemetafisico— la crisi storica

non è trasposta nella crisiontologica. Luporini,giustamente, confronta ilpensierodiLeopardiequellodi certo esistenzialismoottocentesco, in particolareKierkegaard. Laddove ilsecondo, appunto, trasferiscela crisi storica in crisimetafisica, trovando così senon consolazione, certoriposo nel sentimentoreligioso,Leoparditienferma

lasuaconcezioneumanistica,il suo progetto costruttivo.«Leopardi ha dissolto ilproprio vitalismo nelnihilismo nel modo piùconseguente. Ma proprioqui sta il punto decisivo nelgiudizio complessivo sulLeopardi: a differenza delmodernoesistenzialismo,eglinon ha portato in questonihilismo nessuncompiacimento,comenonha

portato nel suo materialismonessuna perplessità» (p. 69),«il materialismo diventa cosìil motivo teoreticodominante, perché esso haabbattuto ogni altraresistenza»(p.75).Qualechesia la nostra valutazione sulrapporto nihilismo-materialismo in Leopardi (eda noi sembra un po’ piùarticolato di quanto nonappaia in Luporini), pure è

fondamentale sottolineare lapermanenza dell’intuizioneteoretica rivoluzionaria nellafilosofialeopardiana.

45.A.Prete,IIpensieropoetante, cit., p. 88: «Se inHölderlin, come inaltripoetiromantici tedeschi, questodialogo è pronunciato sullasoglia del rapporto col sacro,e traccia i contorni delterritorio del dionisiaco, poiriattraversati e “compiuti” da

Nietzsche, inLeopardi, il cuisguardo s’è posato sultumultuoso ragionareilluministico francese, questodialogo è innanzitutto unadisarticolazione del potere diuna ratio che, sullospossessamentodellepassioniedelle“illusioni”,pretendediperseguire una perfezionedella civiltà in nome d’“unperfezionamento”dell’uomo». Su questa ed

altre notazioni del Prete sipuò senz’altro concordare.Peccato che il Prete nonstoricizzi questa differenza,non colga in essa ladeterminazione storica, labiforcazione nella crisi delpensierodialettico.

46. Suun’interpretazione siffatta èsoprattuttocostruitoillavoro,per altri versi moltoimportante, di F.P. Botti, La

nobiltà del poeta, Napoli,1979.D’accordoconilBotti,U. Carpi, Il poeta e lapolitica, cit., insiste sulle«absence epitettéa» delLeopardi nel periodo che sistende fra le Operettemorali e i grandi Idilli. Ed èevidente che, per estensione,questo stoicismo continua adessere una costante delpensiero leopardiano, tantopiùquantopiùessositrovaa

confrontarsiconlapotenzadiArimane. Di conseguenzaquale sarà, a partire daquell’assunzione,laposizionepolitica del Leopardi?«Leopardi cerca di fondareunafraternitàfilosoficafragliuomini, una sorta didemocrazia del dolore...» (p.167 ma già 148 et passim).Sic!

47. Ci sembra, perquesto programma, di essere

all’unisono con H.R.Jauss,AesthetischeErfahrungundliterarischeHermeneutik,Fink,München,1977.

48. Vi sono interpretiche,cògliendoquestaforzadirottura diLeopardi, insistononel negarne ogni sostratostorico, nel farne dimensionesolamente filosofica e nonstorico-politica — al «poetaidillico» di Croce qui segueil «filosofo emarginato»!

Particolarmente vivace è lalettura leopardiana diU. Carpi, Il poeta e lapolitica,cit.,sesisegueilfiloe il costruirsi di questainterpretazione: cfr. pp. 120-125, la marginalità diLeopardi; pp. 139-156, ilpoetasradicato;pp.172sgg.,la profonda, consustanzialedisarmonia fra il pensiero diLeopardi e la storia presente.Solo ad esempio: «Vedremo

come per Leopardi, ungiorno, la filosofia diverràstrumentopositivoelanaturaprincipionegativo:ma,dietrolo schermo di queste ancheradicalivarianti“filosofiche”,resterà immutata la radiceautentica di tutta l’ideologialeopardiana, voglio dire ilbisogno di giustificare-occultare la propriaemarginazionesocialeconungiudizio di colpa rovesciato

sul “mondo” e sulla suapatologicamente distortastrutturazione» (p. 124): equi, come si vede, neppurelaforzadirotturafilosoficaèalla finemantenuta—sicchéquest’interpretazione delCarpi sembra rovesciare, inmaniera sologiornalisticamente pregnante,la polemica dallo stessoautore vivacemente sostenutacontro le interpretazioni

francofortesi... (cfr. pp. 97,248,249epassim).

49. Ilriferimentoèalleargomentazioniprecedentemente sviluppatesulpensierodegli ideologi inFrancia e su quello dellasinistra hegeliana inGermania. Unica ulteriorespecificazione, al fine diimpedire che il miorichiamo(neltesto)«acoloroche accanto alla dialettica

sono passati» vengaconsiderato improprio perquanto riguarda gli ideologi:nelle sue opere, tantobenemerite ed importanti peril chiarimento della svoltafilosofica della fine delXVIII secolo, S. Moravia, Iltramonto dell'illuminismo,Bari, 1968, e Il pensierodegli«ideologues».Scienzaefilosofia in Francia (1780-1815), Firenze, 1974, ha

mostrato come, pur nellapermanenza di una notevolecontinuità tematica(delsensismo),gliideologuesaffrontino una tematicalatamente dialettica conun metodo surretiziamentedialettico. Infine, il pensierodi Victor Cousin, e la suascuola, concludendo lavicenda «ideologica»,rappresentano a mioavviso l’apparizione di una

«destra hegeliana», moregallico, che rivela e scoprel’unicitàdel tessutoprofondodella trasformazionefilosofica avvenuta inqueglianniintuttal’Europa.

50. G. Bollati,Prefazione alla Crestomazia,cit., pp. XCIII-XCV,insisteconmoltachiarezzaedefficacia, sulla consonanzadella teoria leopardiana edellaproblematicastoricache

le sottostà. Il fatto cheLeopardi, come sostieneLuporini, fosse «su un’ondapiù lunga» di quella deipolitici risorgimentali,significa solo che egliconsiderò il Risorgimento daunpuntodivistapiùalto.Nefu ringraziato come si sa:attraverso continuefalsificazioni del suopensiero, con unaincomprensione e un rifiuto

chenehanno fatto«unpoetamaledetto dell’età borghese».Eppure «la sua forza vitale ènei suoi ammonimenti diCassandra irriducibilmenteostinata nel porre la sceltaultimativa: o l’avvento delregnoumano,olademenzialeEndlòsung».

51. Ad integrazione diquanto già ampiamente dettonei primi capitoli di questolavoro, e delle citazioni colà

fatte, ricordo qui, sul temadell’«indifferenza» dellecontraddizioni (sia dal puntodivista teorico, siadalpuntodi vista storico, sia frarazionalismoeromanticismo,sia fra egoismo ed eroismo,restaurazione e rivoluzione erisorgimento ecc.) C.Luporini,Leopardi progressivo, cit.,pp.8sgg.,79sgg,epassim:èchiaro che non si tratta in

nessun caso di quello cheoggi si chiama«qualunquismo» —l’indifferenza è insieme unapeste e un orizzonte, unamalattia e la sua terribilediffusione. L’indifferenzadisegnaununiverso:Luporinilo chiama della «delusionestorica», a noi sembraqualificabile come universo«postmoderno»— anch’essofruttodelladelusionestorica?

52. E. DeAngelis, Laricostruzione della realtànell'opera di GiacomoLeopardi, Tipografia delRettorato, Siena, 1976, misembra cogliere conestrema acutezza la dialetticanegativa che attraversa ilrapporto fra natura eragione nell’opera diLeopardi — rintracciando ilsenso della alternativaontologicacomesoluzionedi

quel dualismo. Ma nel DeAngelis questa tensioneontologica non si piega alsensodellarotturaetica,egiàprima metafisica.L’analisi resta su un livellodialettico, piuttosto chepiegarsi ed inseguire iltravaglio strutturaledell’ontologia—cheècomedire, la dimensionesoggettiva.

53. Mi permetto, in

proposito, di rinviare alleriflessioni che, sul temadel dualismo etico-politico,dellarottura,delsuperamentodella dialettica, sono venutolungamente sviluppando inMacchina tempo, cit., e in IIcomunismo e la guerra,Feltrinelli,Milano,1980.

54. Ecco ledeterminazioni principali del«più antico programmasistematico» dell’idealismo

tedesco: «Un'etica. Essendodato che tutta lametafisicasaràricondottaallamorale — cosa di cui Kantcon i suoi due postulatipraticidàsolounesempiochenonesaurisce il problema—quest’eticanonsaràaltrocheun sistema completo di tutteleideeovvero,cheèlastessacosa, di tutti i postulatipratici. La prima idea ènaturalmente la

rappresentazione dime stesso, come diun’essenza completamentelibera. Con questa liberaautocosciente essenza sorge,nel medesimo tempo, dalnulla un intero mondo —unica vera e pensabilecreazione dal nulla. Vorreiqui entrare nel dominio dellafisica... Dalla natura ritornoall 'opera umana. L’idea diumanità, innanzitutto — io

mostreròchenonsidàalcunaideadiStato, poiché loStatoè qualcosa di meccanico,quindinonesisteideadiStatocosì come non si dà idea diuna macchina. Solo quelloche è oggetto di libertà, sichiama idea. NoidobbiamodunqueandaroltreloStato!Poiché ogniStato èobbligato a trattarel’uomo libero come uningranaggio meccanico; e

questonondev’essere;quindideve essere superato... Inultimo luogo l’idea, che tuttele altre unifica, dellabellezza...» (Mythologie derVernunft,cit.,pp.11-12).

55. K. Marx,Grundrisse,cit.,p.31.

56. Giustamente, aquestoproposito,C.Luporini,nelle conclusioni delsuo lavoro, parla di«antropodicea»— il termine

stesso ci riporta con ilpensiero all’eroismoilluministico di Lessing. Maovviamente temprato nellanuova sensibilità romantica.Da questo punto di vista sinoti che le molte analogie,anche letterali, che possiamotrovarefrailLeoparditeoricodellapoeticamodernaedellapoesiaanticae ilSchillerdeisaggi estetici (su cui cfr. P.Szondi,op.cit.,inparticolare

pp. 47 sgg.: «Sur ladialectiquedesconceptsdansl’essaiDe la poésie naive etde la poésie sentimentale diSchiller»), non toccano lasostanza della trattazioneleopardiana che restacreativamente legataalla rivoluzione teorica eall’ascesi individuale delpensiero dei Lumi —lessinghiana,appunto.

INDICEDEINOMI

AAarsleff,H.,354Abensour,M.,366Adorno, T.W., 312, 321,

324,328,390,392

Agamben, G., 312, 318,332

Agostino,santo,44,391Alfieri, V., 55, 59, 315,

399Althusser,L.,324,332Antognoni, 394 Apel,

K.O.,327,366,401Ariosto,L.,67,198,327Aristotele,322,339Aron,R.,371AsorRosa,

A.,325,342

BBacchetti,R.,351,376Bachelard,G.,347Bachtin, N., 347, 354,

378,400Bacone,F.,119,338Baczko,B.,306,386Badaloni, N., 307-308,

314-15, 326, 329, 345, 352,354,381,395-96

Balzac,H.,379Bandin,F.,393Barthes,R.,373,376

Bataille,G.,318,339,347Battaglia,S.,384Baudelaire,C.,363,378Bauer,B.,392Baum,R.,329Baumgarten,258,388Bayle,P.,395,396Benichou, P., 309, 325,

385,398Benjamin, W., 340, 343,

369,379,387,393,401Berengo, M., 380

Bergson,H.,363

Berkeley,G.,319,330Berti,394Bigi, E., 319, 327, 360,

367,380Binni, W., 62, 147, 309-

11,314-15,317-20,325,327,341, 343-44, 346, 351, 354,360, 365, 367, 372-73, 386-88,390,393

Biral, B., 308, 315, 317,319-20, 325, 352, 354, 358,368,372-73,382,397

Blasucci,L.,306,317

Bloch,E.,340,385Bloom,H.,319,389Blumenberg,H.,321,357Boffito,G.,387Bohrer,R.H.,321Bolelli,T.,313,335Bollack,J.,321,338Bollati,G.,310,321,343,

380-82,403Boni,M.,314Borsellino,N.,368Bosco, U., 321, 396

Bothe,192

Botti,F.P.,402Brand,G.,392

Brecht,B.,389Breton,A.,389Brighenti, P., 64, 326,

342,361Brilli,A.,386-87Brioschi, F., 312-13,315,

384,386BroglioD’Ajano,S.,316Brunner,O.,357Bruno,Giordano,7-8,67,

327,338-39,348,392

Bruto, 20, 34, 103, 105,286,364,390

Bufano,A.,394Buffon, G.L. Ledere,

contedi,311,337Bulferetti, L., 377

Bunsen,C.,380,386Burckhardt,C.J.,10,323,

348,377,392Burke,313CCabanis,P.J.G.,330Cacciari,M.,312,352

Calcatemi,C.,308,320Caminati,E.,305Cancellieri,F.,314Candeloro, G., 308, 345,

352, 386 Capponi, G., 241,245,306,384

Cappucci,M.,386Caracciolo,A.,308,381Carchia, G., 320 Carpi,

O.,308,314-15,320-21,339,345, 352-53, 358, 376, 380-81,384,386-87,394-95,402

Casini,P.,322,337,339

Cassirer, E., 321, 323,330-31, 385 Castoriadis, C.,339

Cellerino, L., 309, 311,323, 368, 372, 376, 384-87,393

Ceronetti,G.,316,361Chateaubriand, F.R. de,

20Chiabrera, G., 19

Chomsky,N.,354Cicerone, Marco Tullio,

111,235Cilento,V.,349

Cingari, G., 386 Cioran,326

Claudel,P.,346,367,376Colin, A., 394 Colletta,

P.,167,254,364Colli, G., 305, 323-24,

349,377Colombo, C., 59, 164

Condilllac, E., 287, 328-29,335,337,339

Condorcet,M.J.,88Consin,V.,403Constant,

B.,20,307

Conze,W.,357Copernico, N., 31, 46,

172,191Cotzebue,334Croce, B., 146, 305-306,

309-10, 327, 351, 360, 374,391,395,402

DDalPra,M.,322DeAngelis,E.,403Deleuze, G., 323, 366,

378,401

DellaVolpe,G.,321,347Delorenzo,G.,391DelVecchio,G.,332DeMauro,T.,315,358De Monticelli, R., 337,

401DeNegri,E.,310DePoli,

M.,311Dérathé,R.,385Derla,L.,318,382DeRobertis,G.,341,347,

380Derrida,J.,320,329,335,

337,339,365,373,377De Sanctis, F., 146,268,

322,341,346,351,355,360,382,391,393

Descartes,R.,31,41,319Descombes,V.,347,401De Sinner, L., 219, 239-

240,380,382-83De Stael, madame, 20,

35,307-308,328-29,358De Vleeschauwer, M.,

392Devoto, G., 349

Diamantini,A.,376DiBenedetto,V.,349Diderot, D., 337 Dilthey,

W.,313,319,323,355,371-73,378

Dolfi,A.,386,393Duvignano,J.,364Dvorak,400EEhrard,J.,331,394,397Eisenmann, C., 385

Empedocle,71

Engels, F., 379 Epicuro,119,322,338

Epitteto,390FFasano,P.,320Faye,J.P.,

312Fellmann, F., 357

Ferraris,A.,314,352Ferri, L., 394 Fester, R.,

332Fetscher,I.,331Feuerbach, L.A., 187-88,

392Feyerabend,342Fichte,J.G.,314Flora,F.,

320Fontenelle,B.,311Foscolo, U., 315, 380,

399Foucault, M., 361, 366,

391,392Frank, M., 355 Frattini,

A.,307,355Friedrich,H.,357Fubini,M.,307,314,320,

335,360,394Fuhrmann,M.,321Furet,

F.,312GGabetti,G.,392Gadamer,H.G.,355,371Galilei,G.,8,31,67,100,

119,271,311,327,338,343,348,380,392

Galimberti, C., 311, 339,341

Galuani,C.,383

Garin, E., 305 Gassendi,P.,166

Gauchet,M.,307Gazzola Stecchini, V.,

340Gensini, S., 307, 311-15,

329, 332, 335-36, 339, 343,354,358,392

Gentile, G., 147, 314,327,353,360

Getto,G.,344,391Ghidetti, G., 306, 308-

309,314

Gibbon,E.,284Gioberti, V., 236, 241,

382Giordani, P., 24, 34, 37,

39-43, 54, 64, 67, 99, 112,140, 148,219, 234, 301, 314-16, 326, 340-42, 346, 351,361, 379, 381 Gladstone,W.E.,7,305

Goethe,J.W.,21,58,112Goldmann,L.,316Goldschmidt,V.,385Gramsci,A.,330,359

Groethuisen,B.,331Guattari,F.,370Guicciardini,F.,221HHabermas, J., 143, 306,

327,361,392,401Haering,T.,312Hamann,58,268Hazard,P.,305-306,323,

325,330Hegel,G.W.F.,11,27-28,

31-32,34-36,40,76,92,113,

116,143,225,305,310,313,315, 317, 332-33, 339, 342-43, 350, 364, 369-70, 375,379-80,390,399-400

Heidegger, M., 13, 118,305, 312, 339, 350, 367-69,373,392,398-99

Heller,A.,313Helvetius,58Herder, J.G., 31, 307,

312,322,330Herzen,A.I.,7Hobbes,T.,395

Höffding,H.,392Hoffmeister,J.,312,333Holbach,P.H.D.,311Hölderlin,F.,8,9,28,32,

34,36,42,38,198,225,295-96, 316, 343, 350, 365-66,368-71,379,398,399,402

Horkheimer, M., 312,321,324,328

Huizinga,J.,383Hume,D.,322Husserl,E.,312,326,350,

373-74,392

Hyppolito, J., 310, 313,317

JJamme,C.,310Jauss, H.R., 321, 355,

357,402Jonard,N.,344,372,384Joyce,J.,198,372KKafka, F., 42, 127, 316,

352

Kant,L,21,72,118,128,149,225,313,317,332,333,336, 339, 350-51, 353, 359,361,392,404

Kantorowitz, E,H., 357,366

Kayser,W.,378Kierkegaard, S.A., 269,

346,401Kimmerle,H.,355Klostermann,V.,367Kluge,A.,326Knight,J.F.,337

Knox,I.,392Koffier,R.,317Kojève,A.,310,317Koselleck,R.,306,357Kripke,S.,333Kristeva,J.,379Kühn,H.,342-43LLamennais,F.R.,345LaMettrie,J.,311Lange,A.,331,347Lasson,G.,315

Leopardi, C., 42, 109,180,219,316,344-45,367

Leopardi,M.,41,42,241-42, 316, 345, 379, 382-83,387

Leopardi, P., 344, 368,381,382,383

Lepre,A.,386Lévinas,E.,340Locke,J.,311,339Lonardi, G., 340, 380,

386Lo Piparo, F., 329, 336,

358Lotze,R.H.,319Lowith, K., 323, 346,

379,392LucrezioCaro,Tito,118-

19,322Luhmann, N., 143, 306,

327,346,378-79,401Lukàcs, G., 343, 347,

351, 359, 369-70, 379, 392,400

Luporini, C., 62, 147,310-11, 314-15, 318, 323,

325, 333, 342, 345-46, 351,359-60, 365, 375, 382-84,391-92, 396-97, 401-404Lyotard,366

MMacchia,G.,319Mach,E.,352Machiavelli, N., 15, 67,

198,271,287,327,385,399,400

Maestri, F., 383 Maistre,J.,de,20

Mamiani,T.,394Manfred,F.,321Mannheim,R.,400Manzoni,A.,236-37,281Marcazzan,M.,344Marchesi,C.,322Marcuse, H., 312, 325,

347,400Mariani,G.,383Marquard, O., 321, 335,

401Marx, K., 119, 187,233,

326,331,338,348,379,392,

396,400,404Maupertuis,156Maurer,K.,343,384Mauzi, R., 331, 394

Mazzali,E.,320Medici,Lorenzinode,42Meinecke, F., 306, 312,

382Melchiorri, G., 175, 346,

360,366,383Merleau-Ponty,M.,347Metternich,K.W.L.,253Misch,G.,371

Mittelstrass, J., 357Moget,G.,307

Momigliano,A.,376Moni,A.,305Montesquieu, C.L., 61,

73,284,324-25,332,397Monteverdi,A.,368,371,

374 Monti, V., 19, 42, 247,316

Montinari,M.,324Moravia,S.,329,403Moreschini,G.,333Moroncini, 360 Murray,

J.,305Muscetta, G., 321, 342,

344,371NNegri, A., 310, 312, 317,

349,353,360,370,377,393,400

Negt,O.,326-27Niebuhr, B.G., 31, 122,

235,284,380Nietzsche,F.,10,60,122,

198,233,271,305,318,323-

24, 349, 351, 360, 364, 377-78,392,402

Nijhoff,M.,310,392Nizan,P.,338Nohl,M.,371Novalis,61,313OOldrini,G.,384Omero, 123, 176, 248,

349Orazio,143Ozouf,M.,312

PPacella,G.,348,355Panofsky,E.,342,366Papadopoli,A.,364Parini,G.,55,160Pascal, B., 82, 200, 285,

335Passerin d’Entreves, E.,

380Pastore,R.,397Perticari,G.,341Peruzzi,306,308-10,316,

319,323,341,344,346,348,367-68, 370-74, 384, 390,393,394

Petitot,J.,351Petrarca,F.,235,380-81Pisacane,C.,382Platone, 123, 172, 322,

349Pletone,G.,123Plinio,ilgiovane,284Plotino,172-73Porena,M.,308,360Porfirio,173

Prete, A., 307, 310-11,314,317,320,332,335,360,365,369,373,388,392,396,402 Preti, G., 322 Prigogine,90

Puccinotti,F.,234,379Puppo,M.,308RRabelais,F.,354Raimondi,E.,363,378Ranieri, A., 219, 240,

376,386

Ranke,L.,323Ravasi,S.,307Rehberg,313Renaut,A.,338Ricciardi, M., 306, 310,

313,315,320,341,344Ricoeur,P.,355Riegl,A.,400Rigoni, M. A., 308, 311,

324,326,360,365,393,397Rimbaud, A., 8, 9, 198,

296, 318, 346, 366-67, 370,372,379,389

Ritter,P.,313,332Robertson,J.G.,321Rosenzweig,R.,332,339Rosiello,L.,354Rosset,C.,366Rossi,M.M.,322Rosso,C.,397Rota,E.,377Rousseau, J.J., 73, 225,

245, 307, 332, 334, 384-85,387

Rousset,J.,330Ruge,392

Ruiaysch,F.,161-62Russo,L.,346SSaffo,105-06Sainte-Beuve, C.A., 7,

305Salinari,C.,326,381Salvatorelli,L.,345,382Sanguineti,E.,326,381Santinelli,C.,377Sartre,J.P.,347,379Savarese,G.,386-87,393

Savocà,G.,368,381Sazonov,N.I.,7Scarpa,G.,376Scarpati,G.,342Scheel,L.,311Schiller,F.,21,225,308,

350,404Schlegel,F.,12,305,308,

343,350,369,375Schleiermacher, F.D.E.,

355,371,389Schelling, F.W., 28, 32,

34,116,268,319

Schmitt,C.,383Schneider,H.,310Schopenhauer,A.,10,13,

127, 268-69, 330-31, 334,351-52,391-92

Schultze,330Sciacca,M.F.,353Senofane,58Senofonte,323Serban,N.,332Simmel,G.,143,359,392Simonide,58,121-23Sismondi,J.C.,358

Smith,A.,58,322Soave,329Solari,G.,361Solmi, S., 309-11, 318,

324,360,375,392Solone,232Spinazzola,U.,380Spink,J.S.,333Spinoza, B., 119, 198,

222,310,324,377,390,396Spitzer, L., 342-43, 354,

374Starobinski,J.,306,331

Stella,A.F.,235,380-81Stirner,M.,392Strauss,L.,385Szondi,P.,305,308,343,

344,350,356,369,372,375,379,388,404

TTaminaux,J.,310,350TargioniTozzetti,F.,382Tartaro,A.,321Tasso, T., 59, 110, 157,

158,179,201,357

Tessari, R., 359, 375,387-88

Tessitore,F.,310Testi,F.,19Theunissen,M.,317,327Thom,R.,351Thorpe,C.,395Tieck,L.,375Tilgher,A.,314,355,360Timandro,158Timpanaro, S., 307-8,

311, 314-5, 320, 322, 324-5,333, 338-39, 342, 348-49,

351-52, 360, 372, 380, 390,394,396,397

Todorov,T.,332Tolomeo,31Tommaseo, N., 237,241,

381,383Torquato,T.,112Tònnies,F.,143Tracy,D.T.,326Trissino,L.,64Tugendhat,E.,327,401V

Vartanian,365Venturi,F.,7,305-8,312,

358Vernière,P.,377,396Verra,V.,310Vico,G.В.,354Vieusseux, G.,

129,235,238,245, 315, 352-53,358,367-68,380-81,383

Vigolo,G.,365,371Vleeschawer,HJ.de,350Voltaire, F.M. Arouet,

284,393,394

Vossler,C.,351,360Vygodsky,400WWarning,R.,321Wartenburg,Y.von,373Weber,M.,143Weil,E.,385Weinrich,H.,321Winckelmann, J.J., 31,

112,350Windelband, W., 219,

330,388

Winter,C.,355Wittgenstein, L., 219,

333,336,374,401Wolff,258Wölfflin,400Woolf,S.G.,308,381Worringer,W.,400YYates,F.,366ZZanta,391

Zarelli,F.,383

INDICE

Prefazione. Leopardi

europeoI La catastrofe della

memoria

1.Tempodidialettica2. Esperimento

dell'Infinito3.LaquestionecriticaIILatramadelsenso4.Ilsolidonulla5.Doloreedesiderio6.L'immaginareIII Poeticadell’essere

vero7. Metafisica dei

costumi8. Il senso dell'essere

vero9.AfferrareilnullaIV Dialetti

dell’illusione10. Ironia , ovvero di

psiche11.Inganno,ovverodel

sapere12. Sarcasmo, ovvero

dellapoliticaVIIMachiavellilirico13. L'evento della

critica14. L'etico come

fondamento

15. Materialismo epoesia

NoteIndicedeinomi

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