ajovalasit - analisi sperimentale delle tensioni
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7/22/2019 Ajovalasit - Analisi Sperimentale Delle Tensioni
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Augusto Ajovalasit
Analisi sperimentale
delle tensioni con la
FOTOMECCANICA
Fotoelasticit, moir, olografia
speckle, correlazione immagini
Seconda edizione
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7/22/2019 Ajovalasit - Analisi Sperimentale Delle Tensioni
2/20
Copyright MMIX
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
info@aracneeditrice.it
via Raffaele Garofalo, 133 A/B
00173 Roma
(06) 93781065
ISBN 9788854824539
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dellEditore.
I edizione: giugno 2006
II edizione: aprile 2009
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7/22/2019 Ajovalasit - Analisi Sperimentale Delle Tensioni
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INDICE
PRESENTAZIONE VII
PARTE 1 FOTOELASTICIT1. INTRODUZIONE 1.1
1.1 I metodi della Meccanica Sperimentale 1.11.1.1 Definizioni 1.1
1.2 Presentazione della fotoelasticit 1.11.2.1 Sviluppo storico della fotoelasticit 1.21.2.2 La fotoelasticit bidimensionale 1.3
2. LEFFETTO FOTOELASTICO 1.5
3. LA LUCE POLARIZZATA 1.93.1. I vari tipi di luce polarizzata 1.103.1.1 Luce polarizzata piana 1.103.1.2 Luce polarizzata circolarmente 1.113.1.3 Luce polarizzata ellitticamente 1.11
3.2 Intensit luminosa della luce polarizzata 1.133.3 Il calcolo matriciale di Jones 1.14
3.3.1 Il polarizzatore piano 1.163.3.2 Il modello fotoelastico 1.173.3.3 Il ritardatore ottico 1.19
4. OTTICA DEL POLARISCOPIO 1.21
4.1 Il polariscopio piano ad assi incrociati 1.214.2 Il polariscopio piano ad assi paralleli 1.234.3 I polariscopi circolari 1.25
4.3.1 Il polariscopio circolare a campo scuro 1.254.3.2 Il polariscopio circolare a campo chiaro 1.264.3.3 Polariscopi circolari equivalenti 1.27
4.4 Riassunto sulluso dei polariscopi piani e circolari 1.284.5 Uso della luce bianca in fotoelasticit 1.28
4.5.1 Distribuzione spettrale 1.295. I METODI DI COMPENSAZIONE 1.33
5.1 Generalit sulla determinazione del ritardo generico 1.33
5.2 Compensazione goniometrica di Tardy 1.355.2.1 Procedura pratica di compensazione di Tardy 1.33
5.3 Compensazione goniometrica di Snarmont 1.355.4 I compensatori 1.36
5.4.1 Procedura pratica di compensazione in luce bianca 1.375.5 Il segno della tensione tangente al contorno: uso del compensatore e
prova del chiodo 1.375.5.1 Uso del compensatore 1.375.5.2 Prova del chiodo 1.37
6. IL RILIEVO MANUALE DEI DATI FOTOELASTICI 1.396.1 Il rilievo manuale delle isocromatiche 1.39
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A. Ajovalasit FotomeccanicaII
6.1.1 Effetto delle tensioni iniziali sulle isocromatiche 1.396.2 La taratura dei materiali fotoelastici 1.39
6.2.1 NOTA La dispersione della birifrangenza 1.406.2.2 La taratura a trazione 1.416.2.3 La taratura a flessione 1.41
6.2.4 La taratura mediante disco compresso 1.426.3 Il rilievo manuale delle isocline 1.426.3.1 Propriet delle isocline 1.436.3.2 Classificazione dei punti isotropi in base allandamento delle isocline 1.44
7. LA FOTOELASTICIT DIGITALE 1.457.1 Generalit sul rilievo automatico dei dati fotoelastici 1.457.2. Il sistema di acquisizione 1.457.3. La fotoelasticit RGB 1.47
7.3.1 Uso di pi lunghezze donda 1.477.3.2 La fotoelasticit RGB (in luce bianca) 1.48
7.4 La fotoelasticit a variazione di fase 1.50
7.4.1.Determinazione del solo parametro dellisoclina 1.507.4.2. Determinazione del solo ritardo 1.527.4.3.Determinazione del parametro dellisoclina e del ritardo 1.53
7.5 Il metodo della trasformata di Fourier 1.547.5.1. Il metodo della trasformata di Fourier senza frange di riferimento 1.547.5.2. Il metodo della trasformata di Fourier con frange di riferimento 1.55
8. LELABORAZIONE DEI RISULTATI FOTOELASTICI 1.578.1 Lelaborazione delle isocline: le isostatiche 1.57
8.1.1 Andamento delle isostatiche in corrispondenza dei punti isotropi 1.598.1.2 Equazioni di equilibrio di Lam-Maxwell 1.59
8.2 Linterpretazione delle isocromatiche 1.609. LA SEPARAZIONE DELLE TENSIONI 1.61
9.1 Metodi basati sulle equazioni di equilibrio di Lam-Maxwell 1.619.2 Metodi basati sulle equazioni di equilibrio in coordinate cartesiane 1.629.3 Metodi basati sullequazione di compatibilit 1.63
9.3.1 La determinazione della somma delle tensioni ai contorni 1.639.3.2 La soluzione numerica dellequazione di Laplace 1.64
9.4 Metodi basati sulla legge di Hooke 1.649.5 Il metodo dellincidenza obliqua 1.64
10. IL TRASFERIMENTO DEI RISULTATI DAL MODELLO AL PROTOTIPO 1.6510.1 Strutture elastiche 1.65
10.1.1 Le condizioni di similitudine 1.6610.1.2 Le formule di trasferimento 1.6710.2 Strutture elastiche lineari 1.6710.3 Influenza del coefficiente di Poisson nel caso piano 1.68
11. LA FOTOELASTICIT TRIDIMENSIONALE 1.6911.1 Leffetto fotoelastico nel caso tridimensionale 1.7011.2 Il metodo del congelamento delle tensioni 1.7111.3 Analisi del modello tridimensionale congelato 1.72
12. I RIVESTIMENTI FOTOELASTICI 1.7312.1 Le deformazioni e le tensioni 1.7312.2 Leffetto fotoelastico nel rivestimento 1.73
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Indice III
12.2.1 Esame al polariscopio circolare: le isocromatiche 1.7312.2.2 Esame al polariscopio piano ad assi incrociati: le isocline 1.74
12.3 La determinazione delle tensioni nella struttura 1.7412..3.1 Materiali isotropi 1.7512.3.2 Materiali compositi 1.75
12.4Scelta dello spessore del rivestimento 1.7612.4.1 Il gradiente di deformazione nello spessore 1.7612.4.2 Influenza dei coefficienti di Poisson 1.77
12.5 Effetto rinforzante del rivestimento 1.7812.5.1Coefficiente correttivo per stato piano di tensione 1.7912.5.2 coefficiente correttivo per piastre inflesse 1.79
12.6 Le tecniche sperimentali (cenni) 1.8012.6.1 Lapplicazione del rivestimento 1.8012.6.2 Il rilievo dei dati fotoelastici 1.80
13. I MATERIALI FOTOELASTICI 1.8114. BIBLIOGRAFIA 1.83
PARTE 2 METODI MOIR1. INTRODUZIONE 2.1
1.1 Tipo di informazione sperimentale 2.11.2 Sviluppo storico 2.2
2. L'EFFETTO MOIR GEOMETRICO 2.52.1 Le griglie 2.52.2 Frange moir nel caso di griglie allineate aventi lo stesso passo 2.62.3 Frange moir nel caso di griglie allineate aventi passi differenti 2.6
2.3.1 Deformazioni lagrangiane ed euleriane 2.82.3.2 Riconoscimento del segno della deformazione 2.9
2.4 Frange moir nel caso di griglie inclinate aventi passi uguali 2.102.5 Frange moir nel caso di griglie inclinate aventi passi differenti 2.112.6 Frange moir nel caso di deformazione non omogenea 2.12
3. LA DETERMINAZIONE DELLE DEFORMAZIONI 2.134. TECNICHE MOIR 2.14
4.1. Le tecniche di mismatch 2.144.1.1 Mismatch di passo 2.144.1.2 Mismatch di rotazione 2.16
4.2. La determinazione delle frange di ordine frazionario 2.164.3. La moltiplicazione delle frange moir 2.17
5. LA NUMERAZIONE DELLE FRANGE MOIR 2.18
5.1 Numerazione assoluta 2.185.2 Numerazione relativa 2.185.3 Determinazione del segno della derivata 2.19
5.3.1 Mismatch di passo 2.195.3.2 Mismatch di rotazione 2.205.3.3 Traslazione della griglia di riferimento 2.20
6. RIPRODUZIONE E SOVRAPPOSIZIONE DELLE GRIGLIE 2.206.1 Riproduzione delle griglie 2.206.2 Sovrapposizione delle griglie 2.20
6.2.1 Visibilit delle frange moir 2.227. MOIR PER LASTRE INFLESSE 2.25
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A. Ajovalasit FotomeccanicaIV
8. MOIR OMBRA 2.268.1. Illuminazione ed osservazione in luce parallela 2.278.2 Illuminazione ed osservazione in luce puntiforme 2.28
9. INTERFEROMETRIA MOIR 2.299.1 Generalit 2.29
9.2 Interferometria moir: spiegazione elementare 2.299.3 Richiami di ottica riguardanti linterferometria moir 2.309.3.1 Interferenza 2.309.3.2 Griglie di diffrazione 2.32
9.4 Interferometria moir: spiegazione pi rigorosa 2.349.5 Sensibilit 2.36
9.6 Tecniche sperimentali 2.369.6.1 La griglia del modello 2.369.6.2 Disposizioni sperimentali 2.37
10. CONSIDERAZIONI FINALI 2.3810.1 Campi tensionali esaminabili 2.38
10.2 Materiali esaminabili 2.3810.3 Altre caratteristiche 2.38
11 APPENDICE - Espressioni generali delle deformazioni 2.3912. BIBLIOGRAFIA 2.40
PARTE 3 OLOGRAFIA1. INTRODUZIONE 3.1
1.1 Sviluppo storico 3.12. PRINCIPI FISICI DELLOLOGRAFIA 3.1
2.1 Fotografia 3.22.2 Olografia 3.3
2.2.1 Registrazione dellologramma 3.42.2.2 Ricostruzione dellologramma 3.4
3. LE EQUAZIONI DELLOLOGRAFIA 3.43.1 Registrazione dellologramma 3.43.2 Ricostruzione dellologramma 3.5
3.2.1 Inversione delle immagini 3.74. DISPOSIZIONI SPERIMENTALI 3.7
4.1 Schemi dei banchi per olografia 3.75. CARATTERISTICHE DEI COMPONENTI 3.8
5.1 Generalit 3.85.2 Le sorgenti per olografia 3.8
5.2.1 Lintensit luminosa 3.105.3 I ricevitori per olografia 3.10
5.3.1 La risoluzione del ricevitore 3.105.3.2 La linearit del ricevitore 3.11
5.4 Lenti e filtri spaziali 3.135.5 Specchi e semispecchi 3.145.6 Il banco per olografia: requisiti di stabilit meccanica 3.14
6. L'INTERFEROMETRIA OLOGRAFICA 3.156.1 Interferometria olografica ad esposizione singola 3.15
6.1.1 Analisi quantitativa 3.166.2 Interferometria olografica ad esposizione doppia 3.17
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Indice V
6.2.1 Analisi quantitativa 3.186.3 Interferometria olografica a media temporale 3.19
6.3.1 Numerazione delle frange 3.196.3.2 Luminosit delle frange chiare 3.20
6.4 Riassunto 3.21
7. DETERMINAZIONE DEGLI SPOSTAMENTI 3.227.l Relazione ritardo spostamento 3.227.2 Relazione vettoriale 3.237.3 Determinazione degli spostamenti nel caso piano 3.24
7.3.1 Numerazione assoluta delle frange 3.257.3.2 Numerazione relativa delle frange 3.257.3.3 Determinazione indipendente delle componenti dello spostamento 3.257.3.4 Considerazioni sulla sensibilit 3.26
7.4 Determinazione degli spostamenti nel caso tridimensionale 3.267.4.1 Numerazione assoluta delle frange 3.277.4.2 Numerazione relativa delle frange 3.28
8. APPENDICE A: OLOGRAFIA DIGITALE 3.288.1 Caratteristiche del ricevitore (CCD) 3.298.2 Interferometria olografica digitale 3.298.3 Caratteristiche dellolografica digitale 3.30
9. APPENDICE B: OLOGRAFIA IN LUCE BIANCA 3.309.1 Ologramma di Denisyuk 3.31
9.1.1 Principio 3.319.1.2 Realizzazione dellologramma di volume 3.319.1.3 Impiego in interferometria 3.31
9.2 Ologramma arcobaleno 3.3110. BIBLIOGRAFIA 3.34
PARTE 4 METODI SPECKLE1. INTRODUZIONE 4.1
1.1 Tipo di informazione sperimentale 4.11.2 Caratteristiche 4.2
2. LEFFETTO SPECKLE 4.32.1 Lo speckle oggettivo 4.32.2 Lo speckle soggettivo 4.42.3 Effetto degli spostamenti sullo speckle: basi della metrologia speckle 4.6
2.3.1 Introduzione al metodo basato sulla correlazione di immagini speckle (DSC) 4.62.3.2 Introduzione allinterferometria speckle 4.7
3. INTERFEROMETRIA SPECKLE 4.73.1 Misura della componente di spostamento fuori del piano 1 metodo 4.7
3.1.1 Relazione tra ritardo e spostamento 4.93.2 Misura della componente di spostamento fuori del piano 2 metodo 4.10
3.2.1 Relazione tra ritardo e spostamento4.1143.3 Misura della componente di spostamento nel piano 4.11
4 INTERFEROMETRIA SPECKLE TIPO SHEARING 4.134.1 Relazione tra ritardo e derivate degli spostamenti 4.144.2 Determinazione delle rotazioni 4.144.3 Determinazione delle deformazioni 4.15
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A. Ajovalasit FotomeccanicaVI
5. INTERFEROMETRIA SPECKLE A VARIAZIONE DI FASE 4.155.1 Il metodo a variazione di fase in generale 4.165.2 Applicazione del metodo a variazione di fase allinterferometria speckle 4.165.5 Disposizioni sperimentali 4.19
6.CONSIDERAZIONI SULLINTERFEROMETRIA SPECKLE 4.19
7. BIBLIOGRAFIA 4.20PARTE 5 METODI A CORRELAZIONE DI IMMAGINI DIGITALI
1. INTRODUZIONE 5.12. IL METODO DIC/2D 5.1
2.1 Principio del metodo 5.12.2 Meccanica del continuo 5.3
2.2.1 Spostamenti 5.32.2.2 Deformazioni 5.5
2.3 Correlazione delle immagini (2D) 5.62.3.1 Il calcolo della funzione di correlazione 5.9
3. TECNICHE SPERIMENTALI 5.113.1 Preparazione della superficie da analizzare 5.113.2 Lacquisizione delle immagini 5.133.3 Prestazioni dei sistemi DIC 5.12
4. CORRELAZIONE DELLE IMMAGINI IN 3D (cenni) 5.144.1 Caratteristiche del sistema di acquisizione delle immagini 5.15
4.1.1 La taratura delle telecamere 5.164.2 La determinazione del forma di un corpo 5.164.3 Determinazione del campo degli spostamenti 5.174.4 Ulteriori considerazioni sulla correlazione in 3D 5.18
4.4.1 Determinazione della forma 5.18
4.4.2 Determinazione del campo degli spostamenti 5.185. APPENDICI 5.20
5.1 Appendice A - Espressioni generali delle deformazioni 5.205.2 Appendice B - Correlazione tra sub-immagini 5.21
6. BIBLIOGRAFIA 5.22
PARTE 6 - APPENDICI1. APPENDICE A PROSPETTIVE DELLA FOTOMECCANICA 6.1
1.1 Evoluzione della scala di misura: dal macro al micro e al nano 6.11.2 Bibliografia 6.2
2. APPENDICE B LA FOTOMECCANICA DIGITALE 6.2
2.1 Introduzione 6.22.2 Il metodo a variazione di fase 6.22.2.1 Uso di tre acquisizioni 6.32.2.2 Uso di tre acquisizioni 6.4
2..3 Il metodo della trasformata di Fourier 6.42.4 Bibliografia 6.4
PARTE 7: INDICE ANALITICO 7.1
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VII
PRESENTAZIONE
I metodi della Meccanica Sperimentale consentono l'analisi dello stato di deformazione e di
tensione nei componenti e nelle strutture.I principali metodi della meccanica sperimentale impiegati nellanalisi sperimentale delle
tensioni sono:
l'estensimetria mediante estensimetri elettrici a resistenza (ER), la fotomeccanica, i metodi basati sull'effetto termoelastico, i metodi basati sulla diffrazione dei raggi X, altri metodi (metodo del reticolo, caustiche, vernici fragili, sensori a fibra ottica,
acustoelasticit, etc.).
Questo volume tratta i metodi della Fotomeccanica che, insieme agli Estensimetri elettrici a
resistenza, costituiscono il nucleo principale del corso diAnalisi sperimentale delle tensioni,
che svolgo presso la Facolt di Ingegneria dellUniversit di Palermo dallanno accademico
1969-1970.
Questa II edizione differisce dalla precedente del 2006 per alcuni aggiornamenti riguardanti
essenzialmente lolografia digitale, i metodi a correlazione di immagini e le appendici
concernenti leprospettive della fotomeccanica e lafotomeccanica digitale.
Il volume particolarmente indirizzato agli studenti dei corsi di laurea e di laurea
specialistica/magistrale, con un impegno di 3-5 crediti formativi universitari in dipendenza
dellapprofondimento dei temi trattati e dellattivit di laboratorio.
Esso pu risultare utili anche a coloro che operano nel campo della ricerca, del collaudo e del
controllo in esercizio di materiali, componenti e strutture e a coloro che intendono conseguire
la certificazione, ai livelli 2 e 3, in Estensimetria quale Personale esperto nei controlli con
estensimetri elettrici a resistenza.
Palermo, marzo 2009
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A. Ajovalasit FotomeccanicaVIII
I METODI DELLA FOTOMECCANICA
La Fotomeccanica linsieme dei metodi ottici di Analisi sperimentale delle tensioni. Essa
comprende:
1. la fotoelasticit,2. i metodi del moir (geometrico ed interferometrico),
3. lolografia (interferometria olografica),
4. i metodi speckle (fotografia speckle e interferometria speckle),
5. i metodi a correlazione di immagini digitali (DIC = Digital Image Correlation).
Alla Fotomeccanica appartengono altres altri metodi di uso pi ristretto quali il metodo del
reticolo e il metodo delle caustiche.
La tabella 1 mostra una cronologia sintetica riguardante i metodi della fotomeccanica con
lindicazione di alcuni Precursori e Pionieri delle varie tecniche.
Tabella 1 - Cronologia dei metodi della fotomeccanica
ANNO TECNICHE
PRECURSORIe PIONIERI
1900 Fotoelasticit Brewster (1815),
Mesnager (1901), Filon (1902), Coker (1910),
Hetnyi (1938), Drucker e Mindlin (1940),
Manzella (1942)
1950 Metodi del moir geometrico Lord Rayleigh (1874), A. Righi (1887)
Tolenaar (1945), Dantu (1954)
Morse, Durelli e Sciammarella (1961), Theocaris
(1969), Pirodda (1969), Durelli e Parks (1970)1960 Olografia Gabor (1948)
Leith e Upatnieks (1961)
1970 Metodi speckle Archbold, Burch, Ennos & Taylor (1969), Butters
& Leendertz (1971)
Interferometria moir Lord Rayleigh (1874), A. Righi (1887)
Post (1985)
1980 Metodo a correlazione di
immagini digitali
Peters e Ranson (1981), Sutton
1990 Fotomeccanica digitale:i metodidi acquisizione ed elaborazione
automatica delle immagini nellafotomeccanica
Per la fotoelasticit: Muller e Saackel (1979), Seguchi,
tomita e Watanabe (1979), Voloshin. e Burger (1983),
Sanford e Iyengar (1885), Hecker e Morche (1986)
2000
2010
Micro/Nano fotomeccanica Han e Post (1992), Dally e Read (1993)
Vendroux e Knauss [per le tecniche DIC, (1998)]
2020 ?
La tabella 2 mostra sinteticamente le caratteristiche dei vari metodi della fotomeccanica con
riferimento ai seguenti aspetti: tipo di informazione sperimentale, campi tensionali
esaminabili, complessit delle apparecchiature, materiali esaminabili, risoluzione. Per
confronto sono riportate le caratteristiche relative agli estensimetri elettrici a resistenza.
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Presentazione IX
Tabella 1.2 - Caratteristiche dei metodi della Fotomeccanica[per confronto si riportano quelle degli estensimetri (ER)]
Metodo Caratteristiche
Fotoel. Moire Ologr. Speckle DIC ER
Spostamenti nelpiano: u, v
***G,I,O
** ***Sf, Si
***
Spostamenti fuori dal
piano: w
***
O,P
*** ***
Si
***
(DIC/3D)
Rotazioni: x, y ***, R ***, Ssi
Deformazione: ***
Diff. tens. princ.
(def principali)
***
Somma tens.
princ.(def. princ.)
***
(1)
Isocline ***
Infor
mazio
ne
speri
men
tale
Isostatiche ***(2)
Bidimensionale *** *** *** *** *** ***
Tridimensionale
(interno)
***
Ft
**
(4)
**
(3)
Tridimensionale
(superficie)
***
Ft,Rb
***
(6)
*** *** ***
(DIC/3D)
***
Elastico *** *** *** *** ** ***
Campo
tensio
nale
Plastico **
Rb
*** ** ** *** ***
Metodo a campo intero SI SI SI SI (Si) SI NO
Complessit
apparecchiature
II I/II (G, P)
IV(I)
III III I I
Materiale:
Preparazione e
limitazioni
Birifr.
Fp,Ft
III/I(O)
Finitura
specul. (R)
I I II I
Altre
carat
teri
sticheRisoluzione indicativa
in m/m per(in m per u,v, w)
5
(0,5)I,O
(20) G
(100) P
(0,5)
(0,5)Si
(5)Sf
200(20)
(7)
1
Fotoel. Moire Ologr. Speckle DIC ER
Simboli: *** adatto, ** poco adatto o adatto con limitazioni, grado di complessit: crescente da I a IV
Simboli DIC (Digital Image Correlation): DIC/3D metodo a correlazione di immagini(tridimensionale). Simboli: fotoelasticita': Fp = fotoelasticit piana, Ft = fotoelasticittridimensionale, Rb= rivestimenti birifrangenti.. Simboli moir: G= geometrico piano, I =Interferometrico, O = Olografico, P = Ombra (o Proiezione), R = riflessione. Simbolispeckle:Sf = fotografia speckle, Si = interferometria speckle; Ssi = interferometria speckle tipo
"shearing".
NOTE: (1) materiali trasparenti soggetti a stato piano di tensione; (2) mediante elaborazione diretta della
isocline; (3) tecnica degli estensimetri inglobati; (4) mediante griglia annegata in materiale trasparente; (5) incongiunzione con la tecnica di rimozione degli strati; (6) nel caso del moir piano la griglia si applica su di unasuperficie piana del componente da studiare; (7) valori indicativi di alcuni sistemi commerciali relativi allatecnica DIC (2008), per gli spostamenti la risoluzione, espressa di solito in pixel, dellordine di 0,02 pixel.
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A. Ajovalasit FotomeccanicaX
A parte la fotoelasticit, la cui informazione sperimentale direttamente legata alla differenza
delle deformazioni/tensioni principali, gli altri metodi sono sensibili al campo degli
spostamenti (moir, interferometria olografica, speckle) o delle rotazioni (moir per lastre
inflesse, interferometria speckle tipo shearing), mentre i metodi basati sulla correlazione delle
immagini (DIC) consentono di determinare contestualmente il campo degli spostamenti e
delle deformazioni. I metodi basati sulla determinazione diretta degli spostamenti richiedonounoperazione di derivazione numerica per il calcolo della deformazione.
Le tecniche che forniscono le componenti degli spostamenti e delle rotazioni differiscono
principalmente:
per la complessit delle apparecchiature, per la preparazione della superficie da analizzare, per la risoluzione.
La complessit delle apparecchiature in ordine crescente la seguente:
bassa per le tecniche DIC, che richiedono solo limpiego di una o due telecamererispettivamente per la DIC/2D (bidimensionale) e 3D (tridimensionale) e in genere
nessuna apparecchiatura particolare per la preparazione della superficie, tali tecniche
richiedono per un software adeguato (generalmente di costo elevato) per la
correlazione delle immagini;
media per i metodi del moir geometrico e ombra che, in aggiunta alla telecamerarichiedono la disponibilit di griglie di opportuna frequenza;
elevata per i metodi interferometrici (interferometria olografica e speckle) cherichiedono, in aggiunta ad un opportuno banco ottico, un laser;
ancora pi elevata per linterferometria moir che richiede, in aggiunta a quantonecessario per i metodi interferometrici, anche la riproduzione ed il trasferimento di
griglie di fase ad elevata frequenza.
La preparazione della superficie di difficolt: nulla o minima per il moir ombra, lolografia e i metodi speckle che al pi richiedono
la semplice verniciatura (bianca della superficie)
intermedia per i metodi DIC che richiedono una distribuzione random di zone nere sufondo bianco (ottenibile per esempio con una doppia verniciatura)
elevata, ad eccezione del moir ombra, per i metodi moir dove in genere richiesto iltrasferimento di una griglia sulla superficie del corpo da analizzare.
La risoluzione molto variabile, essa infatti dellordine di:
0.5 m per linterferometria sia moir, sia olografica, sia speckle; 20 m per il moir geometrico e per la tecnica DIC (dellordine di 0,02 pixel); 100 m per il moir ombra.
La tabella serve per una scelta preliminare del metodo da utilizzare in funzione della specifica
applicazione. Il volume fornisce le caratteristiche specifiche delle varie tecniche per una scelta
definitiva. Esso suddiviso nelle seguenti 6 parti con numerazione e bibliografia proprie:
PARTE 1 Fotoelasticit
PARTE 2 Metodi del moir
PARTE 3 Olografia
PARTE 4 Metodi speckle
PARTE 5 Metodi a correlazione di immagini digitali
PARTE 6 Appendici: A Prospettive della fotomeccanica, B Fotomeccanica digitale
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7/22/2019 Ajovalasit - Analisi Sperimentale Delle Tensioni
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Fotoelasticit: 1. Introduzione 1.1
PARTE 1 - FOTOELASTICIT
1. INTRODUZIONE
1.1 I metodi della fotomeccanica
Questo volume riguarda, come gi detto, i seguenti metodi della Fotomeccanica:PARTE 1 Fotoelasticit, PARTE 2 Metodi del moir, PARTE 3 Olografia, PARTE 4
Metodi speckle, PARTE 5 Metodi a correlazione di immagini digitali.
Una bibliografia essenziale sulla Fotomeccanica riportata nei riferimenti [1.1-1.9]. In
particolare una breve rassegna dei principali metodi della fotomeccanica riportata nel
riferimento [1.8]. Per la bibliografia specifica si rimanda a quella riportata alla fine di
ciascuna delle parti in cui diviso il volume.
1.1.1 DefinizioniNel seguito si riportano alcune definizioni di uso comune in Fotomeccanica ed in altri metodi
di Analisi sperimentale delle tensioni:
Isobara luogo dei punti in cui costante il valore di una tensione
Isoclina luogo dei punti in cui costante lorientamento delle tensioni principali
Isocromatica luogo dei punti in cui costante la differenza delle tensioni principali
Isoentatica luogo degli estremi delle fratture (metodo delle vernici fragili)
Isopaca luogo dei punti in cui costante la somma delle tensioni principali
Isostatica traiettoria di una tensione principale
Isostrofica luogo dei punti in cui costante una componente della rotazione
Isoterma luogo dei punti a temperatura costante
Isotetica luogo dei punti in cui costante una componente di spostamento1.2 Presentazione della fotoelasticit
La fotoelasticit si basa sul fenomeno noto come birifrangenza accidentale meccanica
cio sulla dipendenza degli indici di rifrazione di taluni materiali trasparenti non cristallini
dallo stato di tensione. Tale fenomeno noto dal 1816 (Brewster) ha trovato applicazione
pratica a partire dal 1900 (Mesnager).
La fotoelasticit un metodo ottico a campo intero che si basa sulla determinazione delle
isocline (luogo dei punti nei quali costante l'orientamento delle tensioni principali) e delle
isocromatiche (luogo dei punti nei quali costante la differenza delle tensioni principali).
Le tecniche principali sono:
la fotoelasticit piana o bidimensionale (a trasmissione) adatta allanalisi degli statipiani di tensione in campo elastico lineare impiegando modelli piani in materiale
birifrangente;
la fotoelasticit tridimensionale (a trasmissione) che consente, con la tecnica delcongelamento delle tensioni, lanalisi di corpi tridimensionali in campo elastico lineare
impiegando modelli birifrangenti;
la tecnica dei rivestimenti birifrangenti (a riflessione) adatta allanalisi dello stato ditensione alla superficie di componenti in materiale qualsiasi (acciaio, alluminio, etc.).
In aggiunta ai libri di analisi sperimentale delle tensioni riportati nei riferimenti generali,
esistono numerosi opere dedicate esclusivamente alla fotoelasticit: dai classici trattati di
Coker e Filon /1.2.1/ e di Frocht /1.2.2/ alle altre opere /1.2.3-1.2.16/.
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A. Ajovalasit Fotomeccanica: parte 11.2
1.2.1 Sviluppo storico della fotoelasticitDopo la scoperta della birifrangenza accidentale meccanica da parte di Sir David Brewster
(1816) si sviluppano le ricerche su tale fenomeno come si pu rilevare dallesame della
scheda bibliografica riportata nel seguito (Tabella 1.I).
Tabella 1.I - Fotoelasticit: scheda cronologica
ANNO ARGOMENTO AUTORE BIBL.1816 Scoperta del fenomeno noto come birifrangenza
accidentale meccanica, cio delleffetto fotoelasticoSir David Brewster [6.1] in
[1.2.13]
1841 Teoria, in termini di deformazioni, delleffettofotoelastico. Lavoro precursore sulla fotoelasticitintegrata
Neumann F.E. [6.2] in
[1.2.13]
1851- 54 Scoperta sperimentale della relazione tra ladifferenza degli indici di rifrazione e la differenza
delle deformazioni (tensioni) principali, cio dellacosiddetta legge di Wherteim
Wherteim M. G. [1.2.1] a
pag. 204
1853Teoria, in termini di tensioni, delleffetto
fotoelastico Maxwell, J.C. [6.3] in[1.2.13]
1888-1889 Determinazione delle costanti fotoelastiche delvetro
Kerr,J.
Pockels, F.
[1.2.1] a
pag. 210
1901-1902 Ricerche pionieristiche di fotoelasticit riguardantiil modello fedele (realizzato in vetro) di un ponte ela realizzazione di un estensometro laterale perdeterminare la somma delle tensioni principali.
Mesnager, A. [6.5,6] in
[1.2.13]
1902 Scoperta della dispersone della birifrangenza Filon, L.N.G. [1.2.1] p.220
1910 Memoria sulla determinazione ottica delle tensioni Coker, E.G. [1.2.1]p.699
1930 Lavoro pionieristico sui rivestimenti birifrangenti Mesnager, A. [6.7] in [1.2.13]
1931 Primo trattato sulla Fotoelasticit Coker, E.G., Filon, L.N.G. [1.2.1]
1935 Libro sulla fotoelasticit Foppl, L. - Neuber, H.: [1.2.3]1936 Fotoelasticit dinamica Tuzi, Z., Nitida, M. [119] in
[1.1.1] p.971
1937 Estensimetro fotoelastico Oppel, G.U. [12.2] in
[1.2.13]
1938 Basi sperimentali della fotoelasticittridimensionale
Hetnyi, M. [1.2.13]
p.309
1939 Libro sulla fotoelasticit Le Boiteux, H., Boussard, R.
1940 Basi teoriche della fotoelasticit tridimens. Drucker, D.C.,
Mindlin, R.D.
[8.9] in
[1.2.13]
1940 Libro sulla fotoelasticit Mesmer, G.
1941 Classico trattato sulla fotoelasticit Frocht, M.M. [1.2.2]
1942 Elementi di fotoelasticit Manzella, G. [1.2.4]1943 Il metodo dellincidenza obliqua Drucker, D.C., [74] in
[1.1.1] p.969
1955 Sviluppo dei rivestimenti birifrangenti DAgostino, J., Drucker, D.C., Liu, C.K., Mylonas, C.
[1.2.11]
1958 Libro sulla fotoelasticit Mondina, A. [1.2.6]
1966 La fotoelasticit integrata (tomografia fotoelastica) Aben, H. [1.2.12]
1968 La fotoelasticit olografica Fourney, M.E., Hovanesian,J.D., Brcic, V., Powell, R.L.
[11.40,41]
in [1.2.13]
1979 Inizio dello sviluppo dei metodi di fotoelasticitautomatica (digitale): il metodo del centro frangia
Mueller, R.K., Saackel,
L.R.
[1.2.20]
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Fotoelasticit: 1. Introduzione 1.3
Infatti Neumann, nel 1841, formul la prima teoria sulleffetto fotoelastico fornendo le
relazioni che legano gli indici di rifrazione alle deformazioni applicate al corpo.
Successivamente Maxwell (1853) forn una sua teoria delleffetto fotoelastico mettendolo in
relazione alle tensioni anzich alle deformazioni. Entrambi i lavori, di Neuman e di Maxwell,
si riferivano a corpi sollecitati in campo elastico lineare e quindi le due teorie sono
equivalenti. Contestualmente allattivit di Maxwell, Wertheim scopr per via sperimentale larelazione tra la differenza degli indici di rifrazione e la differenza delle deformazioni
(tensioni) principali (legge di Wherteim).
A partire dal 1900, a seguito dei lavori di Mesnager in Francia e di Coker e Filon in Gran
Bretagna si sviluppano le applicazioni pratiche per le quali si rimanda alla bibliografia. La
tabella 1.I mostra solo alcuni aspetti dello sviluppo della fotoelasticit. Per gli aspetti non
trattati si rimanda allampia bibliografia, in particolare ai riferimenti bibliografici contenuti
nei libri riportati in [1.1.1], [1.2.1] e [1.2.13]. Molte memorie sulla fotoelasticit sono
rintracciabili nel volume [1.2.15]. Molti contributi italiani, anteriori al 1931, sono citati nel
trattato di Coker e Filon [1.2.1]: si ricordano L. Rolla (1907) O.M. Corbino (1909), P. Rossi
(1910), ), G.M. Pugno (1925), G. Colonnetti (1926), D. Graffi (1926) ed E. Volterra (1930).
Tra il 1935 e il 1965 si verifica il massimo sviluppo della fotoelasticit sia in campometodologico sia in campo applicativo. Basta ad esempio consultare la mole dei risultati
concernenti i coefficienti di forma molti dei quali furono appunto determinati mediante la
fotoelasticit. Si ricorda inoltre, sempre a titolo di esempio e in aggiunta allopera deipionieri
sopra indicati, lattivit di Drucker, Mindlin, Frocht, Durelli e Zandman negli Stati Uniti, di
Manzella e Mondina in Italia, di Mesmer, Foppl, Monch, Kuske e Wolf in Germania, di
Jessop, Fessler ed Heywood in Gran Bretagna, di Aben in Estonia, di Favr in Svizzera, di
Kammarer, Le Boiteux e Boussard in Francia, di Pirard in Belgio, di Theocaris in Grecia.
In questo periodo la fotoelasticit supplisce egregiamente allassenza di metodi numerici
che iniziano a svilupparsi solo intorno al 1960. A partire dagli anni 70, con il consolidarsi dei
metodi numerici, la fotoelasticit viene utilizzata:
quale metodo di controllo per la validazione dei risultati numerici, per lanalisi sui componenti realizzati direttamente con i materiali strutturali previsti
(materiali metallici, compositi, etc.) utilizzando la tecnica dei rivestimenti
birifrangenti (a riflessione),
per il controllo non distruttivo e lanalisi delle tensioni di componenti in materialebirifrangente (vetri e materie plastiche) [1.2.14, 1.2.17-1.2.19].
Infine a partire dal 1980 lo sviluppo della fotoelasticit digitale [1.2.16, 1.2.20] ha
permesso (2000) di ridurre notevolmente i tempi di acquisizione e di elaborazione dei risultati
nel caso dei campi tensionali piani. In futuro luso combinato dei metodi della fotoelasticit
digitale, dei metodi di tomografia fotoelastica e della sterolitografia potr probabilmente
portare ad una ulteriore riduzione dei tempi di analisi anche per i campi tensionalitridimensionali [1.2.21, 1.2.22].
1.2.2 La fotoelasticit bidimensionaleLa fotoelasticit bidimensionale studia le lastre piane soggette a stato piano di tensione.
Affinch una lastra piana sia soggetta a stato piano di tensione necessario che (Fig. 1.1.a):
lo spessore ddella lastra sia costante e piccolo rispetto alle altre dimensioni; le forze esterne siano uniformemente distribuite sullo spessore e parallele al piano medio
della lastra che si assume come pianox,y.
In questo caso il campo tensionale nellintorno di un punto definito dalle seguenti
componenti cartesiane di tensione (Fig.1.1-b):xyyx ,, .
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A. Ajovalasit Fotomeccanica: parte 11.4
P
x
y
z
x
(a)
(b) (c)
d
12
P
y
y
x
x
P
Fig.1.1 Lastra piana soggetta a stato piano di tensione (a), componenti cartesiane (b),
tensioni principali (c)
Ovvero con riferimento ai piani principali (Fig.1.1-c) lo stato di tensione definito dalle due
tensioni principali 1 e 2 e dallangolo che individua lorientamento delle tensioni
principali rispetto ad un asse di riferimento.
NOTA - Le tensioni xyyx ,, sono legate dalle seguenti relazioni:
equazioni di equilibrio in coordinate cartesiane, cio
0,0 =+
+
=+
+
Y
xyX
yx
xyyxyx
(1.1), (1.2)
equazione di congruenza, cio
( ) )1(2
+
+=+
y
Y
x
Xyx (1.3)
dove X e Y sono le componenti delle forze di massa per unit di volume e il coefficientedi Poisson.
In ogni caso le incognite da determinare sono tre: le componenti cartesiane di tensione
xyyx ,, , ovvero le tensioni principali ed il loro orientamento ,2,1 .
La fotoelasticit consente di determinare come risultato diretto dellesperienza: le isocromatiche che sono il luogo dei punti in cui costante la differenza delle tensioni
principali 21 - (si veda per esempio la figura 2.3);
le isocline che sono il luogo dei punti in cui costante lorientamento delle tensioniprincipali (si veda per esempio la figura 2.4).
Si determinano cos due ),-( 21 delle tre incognite ,2,1 .
Mediante lelaborazione dei dati fotoelastici si possono altres determinare:
le isostatiche, che sono le traiettorie delle tensioni principali, utilizzando le isocline; le singole tensioni 2,1 , mediante procedimenti numerici o sperimentali di separazione
delle tensioni, utilizzando le isocromatiche e le isocline.
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Fotoelasticit: 2. Leffetto fotoelastico 1.5
2. LEFFETTO FOTOELASTICO
Le materie plastiche, che si impiegano in fotoelasticit (resine epossidiche, policarbonato,
etc.), manifestano la birifrangenza accidentale meccanica (o effetto fotoelastico) quando sono
soggette ad un sistema forze. In particolare (Figura 2.1) un campo luminoso, polarizzato
linearmente, incidente normalmente su di un modello in materiale fotoelastico soggetto a stato
piano di tensione subisce le seguenti trasformazioni:1. il campo incidente, nel generico punto A del modello, si scinde in due campi (E1,
E2) polarizzati linearmente secondo due direzioni ortogonali che coincidono con le
direzioni delle tensioni principali 1 e 21;
2. le velocit v1 e v2 di propagazione dei due campi allinterno del modello e quindi i
relativi indici di rifrazione (n=c/v) n1 e n2 dipendono dalle tensioni principali 1 e
2.
Pi precisamente gli indici di rifrazione n1 e n2 dipendono dalle tensioni principali 1 e 2secondo la relazione di Maxwell-Neumann che pu scriversi
( )2121 = Cnn (2.1)
dove C la costante fotoelastica del materiale utilizzato.
Figura 2.1. Effetto fotoelastico nel caso di stato piano di tensione
NOTA Come si determina la (2.1)
In generale un materiale fotoelastico soggetto ad uno stato tridimensionale di tensione,
definito dalle tensioni principali 1, 2, 3, diventa otticamente anisotropo. Tale anisotropia
ottica pu essere descritta mediante lellissoide degli indici (o di Fresnel) [1.1.4] i cui assi
principali coincidono con quelli delle tensioni principali.
Gli indici di rifrazione (n1, n2, n3) relativi alle direzioni delle tensioni principali (1, 2, 3)
sono legati alle tensioni principali dalle relazioni di Maxwell Neumann:
( )3211 +++= BAnn o (2.2)( )1322 +++= BAnn o (2.3)
1 In figura, per semplicit si considera un punto con direzioni principali orizzontale e verticale
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A. Ajovalasit Fotomeccanica: parte 11.6
( )2133 +++= BAnn o (2.4)dove no lindice di rifrazione del materiale in assenza di forze, A e B sono le costanti
fotoelastiche assolute del materiale.
Nel caso piano (3=0), le relazioni (2.2) e (2.3) divengono:
211 BAnn o ++= (2.5)
122 BAnn o ++= (2.6)
da cui per differenza si ottiene
( )( )2121 = BAnn (2.7)che coincide appunto con la (2.1) dove si posto C=A-B.
Si noti che la (2.7) vale anche nel caso tridimensionale come si ricava dalla differenza tra le
(2.2) e (2.3):cio leventuale tensione 3 parallela alla direzione di propagazione del campo
influenza in eguale misura gli indici n1, n2 e quindi non influenza la loro differenza. Questa
circostanza verr esaminata meglio nel capitolo dedicato alla fotoelasticit tridimensionale.
Alluscita dal modello i due campi luminosi, a causa della diversa velocit di propagazione,
risultano sfasati nel senso che, quando il campo pi lento esce dal modello, il campo pi
veloce ha gi percorso (Figura 2.1) nellaria uno spazio , detto ritardo spaziale, dato da:
( )21 nnd = (2.8)
NOTA Come si determina il ritardo spaziale
Indicando con t1=d/v1 e t2=d/v2 i tempi che impiegano i due campi per attraversare il modello,
lo sfasamento temporale t tra i due campi risulta:
==
21
21
11'
vv
dttt (2.9)
Il corrispondente sfasamento o ritardo spaziale risulta, indicano con c la velocit di
propagazione della luce allesterno del modello (assunta uguale a quella nel vuoto):
( )2121
' nndv
c
v
cdct =
== (2.10)
essendo n1=c/v1 e n2=c/v2 gli indici di rifrazione dei campi polarizzati secondo le direzioni
delle tensioni principali.
Tale ritardo, tenendo conto della (2.7), risulta:
( )21 = Cd (2.11)In fotoelasticit si considera di solito il ritardo spaziale relativo alla lunghezza donda dellaluce utilizzata (=/) che pertanto risulta:
( )21
=Cd
(2.12)
La (2.12) la relazione fondamentale della fotoelasticit. Noti la costante C (mediante
operazione di taratura), lo spessore de la lunghezza donda della luce , la misurazione delritardo consente di determinare la differenza delle tensioni principali ( )21 .
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Fotoelasticit: 2. Leffetto fotoelastico 1.7
Si noti che losservazione del modello nelle condizioni sopra indicate non consente la
determinazione del ritardo dato che i due campiE1 ed E2 non possono interferire essendopolarizzati secondo due direzioni ortogonali (Figura 2.1). Per rilevare leffetto fotoelastico e
quindi determinare il ritardo, il modello deve essere osservato in una apparecchiatura
denominata polariscopio (o banco fotoelastico) che verr descritta nel seguito (cap. 4). Le
figure 2.3 e 2.4 mostrano esempi di isocromatiche e di isocline determinate al polariscopio.
NOTA I cammini ottico nel modello fotoelastico
La relazione (2.8) che fornisce il ritardo spaziale pu essere determinata direttamente
utilizzando il concetto di cammino ottico (prodotto del cammino geometrico per lindice di
rifrazione).
Si considerino a tal fine i cammini ottici tra due piani generici 1 e 2 distantiz (Figura 2.2). A
modello scarico il cammino ottico risulta (Figura 2.2-a)
( )nndznLo
+= (2.13)
dove n lindice di rifrazione del mezzo ambiente. A modello carico i cammini ottici dei
campi diretti secondo le tensioni principali, 1, 2 , risultano:
( )nndznL += 1'
1 , ( )nndznL += 2'
2 (2.14) (2.15)
dove dd ' lo spessore del modello carico.
Dalle (2.14) e (2.15) si ricava che il ritardo , gi determinato in precedenza [si veda leq.
(2.11)], uguale alla differenza dei cammini ottici a modello carico, cio
21 LL = (2.16)
Infine si noti che i cammini ottici ed il ritardo si possono esprimere in termini di fase angolare
mediante le relazioni:
11 2 L = 22 2 L
= (2.17) (2.18)
2
221 === (2.19)
(a) (b)
Figura 2.2 I cammini ottici nel modello fotoelastico: (a) modello scarico, (b) modello
carico.
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A. Ajovalasit Fotomeccanica: parte 11.8
Figura 2.3 Isocromatiche a campo scuro in un componente soggetto a flessione
Figura 2.4 Isoclina di 0 (rispetto allasse orizzontale) nel componente di cui alla figura 2.3
rilevata per con un carico pi basso
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