burgos, la “caput burgos, la “caput · 2016. 5. 3. · papisa” para dar a entender el...
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1
BURGOS, LA “CAPUT
CASTELLAE”
Vuoi vedere, preclaro lettore,
un esempio da come Roma
uscisse, distrusse, rubò e
dimenticò?
Io te lo mostrerò alla fine del
presente racconto, benché debba
avvertire che già in racconti
anteriori vanno impliciti alcuni altri.
Per il momento tratterò di
riscattare la bellezza del più bel
fiore rovinato, spogliato… e dimenticato, che
non è altro che la “Fontana di Castiglia”, dalla
quale è una replica quella di “Santa María la
Mayor” di Burgos, che già conosciamo per il
racconto anteriore.
Della Fontana di Castiglia, della Castità,
della Vita, Salute…, a Burgos ci sono almeno
cinque repliche, più una, che, con permesso di
Jorge, io anche voglio mostrare:
1)
Quella già
studiata di
“Santa María
la Mayor”.
2) La
chiamata
“Fuente de la
Flora” nella
quale si vede
a chi fosse
l’originale
patrona della
città su un
delfine, mammifero marino che la ancestrale
mitologia ispana supponeva un crociale anello
nell’evoluzione della nostra specie.
3) Quella che potremmo battezzare come
“Fuente de la Papisa”, per essere nel cortile
d’acceso al “Monasterio de las Huelgas”, le cui
Abbadesse erano, fino non tanti secoli fa, vere
Papi in versione matriarcale.
Evidentemente, i delfini di questa fontana
anche lasciano chiaro il ruolo di questi
mammiferi come antenati dell’umanità.
BURGOS, LA “CAPUT
CASTELLAE”
¿Quieres ver, preclaro
lector, un ejemplo de cómo
Roma mató, destruyó, robó, y
olvidó?
Pues te le mostraré al final
del presente relato, aunque debo
advertir que en relatos anteriores
ya van implícitos algunos otros.
De momento trataré de
rescatar la belleza de la más
bella flor destrozada, expoliada… y olvidada,
que no es otra sino la “Fuente de Castilla”, de
la que es una réplica la de “Santa María la
Mayor” de Burgos, que ya conocemos por el
relato anterior.
De la Fuente de Castilla, de la Castidad,
de la Vida de la Salud…, en Burgos hay al
menos cinco réplicas, más una, que, con
permiso de Jorge, yo también quiero mostrar:
1) La
ya estudiada
“Fuente de
Santa María
la Mayor”.
2) La
llamada
“Fuente de
La Flora” en
la que se ve
a quien fuera
la original
patrona de la
ciudad sobre
un delfín, mamífero marino que la ancestral
mitología hispana suponía un crucial eslabón en
la evolución de nuestra especie.
3) La que podemos bautizar como
“Fuente de la Papisa”, por estar en el patio
de acceso al Monasterio de las Huelgas, cuyas
Abadesas eran, hasta hace no tantos siglos,
verdaderos Papas en versión matriarcal.
Evidentemente, los delfines de esta
fuente también dejan claro el papel de estos
mamíferos como ancestros de la humanidad.
2
In un altro ordine di cose però,
approfittiamo della “Fuente de la
Papisa” per fare capire il sostanzioso
significato del suo nome, il
“materno” ruolo delle Abadesse di
Burgos e, per deduzione, quel dei
“Papi” di Roma. Vediamo:
“L’archeologia linguistica”
(grazie, Jorge) ci scopre che la
radice “papa” significa “ave”. Di
qua il papagallo, il papamoscas, e
anche i papillones catalani o i
papillons francesi (farfalle, in
italiano), con la sua simbologia vitale. Per
questo la Ψ (psi) di psique è un ave o farfalla
stilizzata. Non per niente, i passeri e le farfalle
sono stati simboli della vita, anche nel
momento in qui questa sfugge.
E, come siamo a Burgos, come non
ricordare l’Oca della Certosa, o il “Papamoscas”
della Cattedrale? E come non intuire che la
prima Papisa fosse l’Oca Solare, per essere
stata la madre dell’umanità?
Ugualmente l’Oca o “Petrel” Solare diede
in San Pietrro, cioè, in“Papa”, -per non
chiamarlo Ave”-, o in “Padre”. Per questo al
padre gli si chiama “papa” o “papá”. Cioè, che il
primo pontefice della Chiesa, bene poté essere
stato un pescatore, senza rette né barca, come
un “Petrel” o ovunque altra ave acquatica.
Pero en otro orden de cosas,
aprovechamos la “Fuente de la
Papisa” para dar a entender el
sustancioso significado de su nombre,
el “maternal” rol de las Abadesas de
Burgos y, por deducción, el de los
“Papas” de Roma. Veamos:
La “arqueología lingüística”
(gracias, Jorge) nos descubre que la
raíz “papa” significa “ave”. De aquí
el papagayo, el papamoscas, y
también los papillones catalanes o los
papillons franceses (mariposas en
español), con su simbología vital. Por eso la
Ψ (psi) de psique es un ave o mariposa
estilizada. No por nada el pájaro y la mariposa
han sido símbolos de la vida, incluso en el
momento en que ésta escapa.
Y, como estamos en Burgos, ¿cómo no
recordar la Oca de La Cartuja, o el
“Papamoscas” de la Catedral? ¿Y cómo no
intuir que la primera Papisa fuera la Oca Solar,
por haber sido la madre de la humanidad?
Igualmente el Ganso o Petrel Solar dio en
San Pedro, o sea, en “Papa”, -por no llamarle
“Ave”-, o en “Padre”. Por eso al padre se le
llama “papa” o “papá”. O sea, que el primer
pontífice de la Iglesia, bien pudo haber sido un
pescador, aun sin red ni barca, cual petrel o
cualquier otra ave acuática.
3
E come non ricordare l’ave che il
Bambino della “Virgen del Pilar” porta nella
mano, o tanti altri Bambini di Vergini, secondo il
sentire o capriccio dell’artista? Colomba,
cardellino, allodola, passero… tutti come alito
vitale o spirito che spruzza dalla stessa fontana.
Che spruzza, che spruzza:
Che sia mitologia, focoso indago.
E al incontrare un quadro di Maria
-il mio occhio in suo volto-, gioioso esclamo:
“¡Tu sei mitologia!”
Che sia mitologia, bizzarro indaghi.
Io mostro a te un quadro di Maria;
brilla sua luce e tu con gioia esclami:
“¡Tu sei mitologia!”
4) La “Fuente de los Miranda”, nella quale
non già delfini ma tre seri anfibi più evoluti
s’intrecciano per le sue braccia e code in torno
alla colonna.
5) La Fontana di “San Pedro de Arlanza”,
nel “Paseo de la Isla”, che, senza dubbio per
essere più moderna, ha perso i riferimenti anfibi
per mostrare tutto in alto soltanto dei semplici e
significativi volti umani. E racconto un aneddoto
prima di continuare:
¿Y cómo no recordar ahora el ave que el
Niño de la Virgen del Pilar lleva en su mano, o
tantos otros Niños de Vírgenes, según el gusto
o el capricho del artista? Paloma, jilguero,
alondra, gorrión… todos cual hálito vital o
espíritu que salpica desde la misma fuente. Que
salpica, que salpica:
Qué es mitología, curioso indago.
Y al encontrar un cuadro de María
-mi pupila en su faz-, gozoso exclamo:
“¡Tú eres mitología!”
Qué es mitología, curioso inquieres.
Yo te señalo un cuadro de María.
Y, al destellar su luz, tu voz repica:
“Tú eres mitología”.
4) La “Fuente de los Miranda”, en la que,
no ya delfines sino tres seres anfibios más
evolucionados se entrelazan por sus brazos y
colas en torno a la columna.
5) La Fuente de “San Pedro de Arlanza”,
en el Paseo de la Isla, que, sin duda por ser
más moderna, ha perdido las referencias
anfibias para exhibir en todo lo alto tan sólo
unos sencillos y significativos rostros humanos.
Y cuento una anécdota antes de seguir:
4
A metà febbraio 2016, vennero pregare il
rosario due giovane srilankese che si misero nel
primo banco. Una di esse, alla quale io cono-
scevo, portava spiegata sua lunga capellatura
nera. Mentre pregavamo, la mia mente volò alla
mia infanzia e ricordai mia sorella che, fino a
età avanzata, poté sfoggiare la sua inco-
lume capellatura da leggero tono dorato,
normalmente in forma di treccia. Anche la
mina nona Cecilia pettinò lunghi capelli che
raccoglieva nel tipico chignon.
In altro luogo della basilica avevo visto
una signora maggiore e un'altra con un carrello
di bambino che intuì fossero dei familiari delle
giovani. Finito il rosario, mi avvicinai per
salutarle. Erano la nonna e la madre della
bambina, da soltanto una settimana, che
dormiva nel carrello. Li commentai il caso della
capellatura della giovane e i miei ricordi
d’infanzia. Prima di lasciarle, già a punto
d’incominciare la messa, la madre, gioiosa e
orgogliosa, presse sua bambina, che non
sembrò svegliarsi, e me la mostrò. Osservai che
aveva le sue manette bene chiuse; le mise il
mio dito, lo presse e lo premé. Ebbi
un’intuizione e le dissi: Sapete perché i bambini
chiudono con forza le mani?
Non lo sapevano. Allora io aggiunsi:
- Io credo di averlo scoperto adesso.
Dopo vi racconto.
Finita la messa, ci incontriamo anche con
un signore che era il nono della creatura. Dopo
parlarli di quello già rassegnato in torno
alla lunga capellatura, commentai che in
Spagna esiste una lunga tradizione che
considera l’uomo come evoluto da un
mammifero acquatico. Infatti, li dissi, in
molti blasoni e nelle nostre più antiche
chiese si rappresenta Adamo ed Eva in
forma di sirene. Loro non seppero dirmi
se in Sri Lanka esiste una tradizione
simile. Allora esplicai che, quando vide la
bambina con le sue mani chiuse, intuii che la
lunga capellatura della donna era un ricorso
naturale dei nostri antenati per che il neonato si
attaccasse ad essa mentre la madre nuotava
nel mare. Un po’ più e li salutai, lasciandoli
fronte a un’immagine della Madonna per
presentare alla bambina.
A mediados de febrero del 2016, vinieron
a rezar el rosario dos jóvenes esrilanquesas que
se pusieron en el primer banco. Una de ellas, a
la que ya conocía, traía desplegada su larga
cabellera negra. Mientras rezábamos mi mente
voló a mi infancia y recordé a mi hermana que,
hasta edad avanzada, pudo lucir su
incólume cabellera de ligero tono dorado,
normalmente en forma de trenza. También
mi abuela Cecilia peinó siempre largos
cabellos que recogía en el típico moño.
En otro lugar de la basílica había visto a
una señora mayor y a otra con un carrito de
niño que intuí fueran familiares de las jóvenes.
Terminado el rosario me acerqué a saludarlas.
Eran la abuela y la madre de una niña, de tan
sólo una semana, que dormía en el carrito. Les
comenté el caso de la cabellera de la joven y
mis recuerdos de infancia. Antes de dejarlas, ya
a punto de empezar la misa, la madre, contenta
y orgullosa, cogió a la niña, que no pareció
despertarse, y me la mostró. Observé que tenía
sus manitas bien cerradas; le puse mi dedo, lo
agarró y lo apretó. Tuve una intuición: ¿Sabéis
-les dije- por qué los niños cierran con fuerza
las manos?
No lo sabían.
- Pues yo -repuse- creo que lo acabo de
descubrir. Luego os lo cuento.
Acabada la misa, nos reunimos y se sumó
un señor que era el abuelo de la criatura. Tras
hablarles de lo ya reseñado en torno a la larga
cabellera, comente que en España
existe una larga tradición que considera
al hombre como evolucionado a partir
de un mamífero acuático. De hecho, les
dije, en muchos blasones y en nuestras
más viejas iglesias se representa a
Adán y a Eva en forma de sirenas. Ellos
no supieron decirme si en Sri Lanka
existe una tradición similar. Entonces
expliqué que, al ver a la niña con sus manitas
cerradas, intuí que la larga cabellera de la
mujer era un recurso natural de nuestros
ancestros para que el recién nacido se agarrara
a ella mientras la madre nadaba en el mar.
Poco más, y me despedí, dejándoles ante una
imagen de la Virgen, a quien habían venido a
presentar a la niña.
5
Io non so se ci sarà qualche antropoide
da caratteristiche capillari e manuali similari a
quelle descritte, e neanche avevo messo atten-
zione sulla sua funzionalità nella nostra spezie.
Serva l’aneddoto almeno per far capire che la
giovane dalla lunga capellatura e la bambina
con le sue mani chiuse mi proclamarono lo
stesso che le cinque fontane descritte di
Burgos: Del mare veniamo. Se qualcuno pensa
un’altra cosa, mi piacerebbe sapere perché.
Passo alla fontana “più una” di Burgos, cioè:
6) Quella dello stemma
del Monastero della
“Cardeña”, la cui funzione è
dare notizia dell’origine e
dell’identità del Monastero,
legandolo niente di meno che
con la capitale dell’Atlantide,
dove spruzzava l’originale
Fontana della Vita.
È lo stesso che
documenta il nome “La
Cardeña”. In effetti:
Conosciuto già il raccon-
to dell’Oca Solare perforando
con il suo becco la Fontana della Vita, si capisce
che il colle, dove si alzava la già conosciuta
“Torre de Estrada”, avesse forma di testa di
anatra o “cazo” (pentolino) invertito.
Singolare invenzione quella
del “cazo” -parola della stessa
radice di Cardeña-, che non può
essere se non castellano! E
abbondando nello stesso assunto:
Uno dei nomi del detto colle
era -ed è- quel di Zezeña, così
simile a quel di zizene > zisne, e
che ci rimanda alla Zezeña >
Zerzene, uno dei più antichi nomi provati della
Capitale dell’Atlantide, che nei più moderni
scritti passa a chiamarsi Zerne.
E risulta che la toponimia del luogo, in
torno allo stesso colle, documenta tanto il nome
antico come il nuovo della Capitale
dell’Atlantide. Perché là ci sono il paese di
Zerzeña > Zezeña -il Ceceña, del quale ho
parlato in certo racconto da prima- e il valle di
Zerneja.
Yo no sé si hay algún antropoide de
características capilares y manuales como las
descritas, y tampoco había caído en la cuenta
de su funcionalidad en nuestra especie. Sirva la
anécdota al menos para dar a entender que la
joven de larga cabellera y la niña con sus
manitas cerradas me proclamaron lo mismo que
las cinco fuentes descritas de Burgos: Del mar
venimos. Si alguien piensa otra cosa, me
gustaría saber por qué. Paso a dar razón de la
fuente “más una” de Burgos, a saber:
6) La del escudo del
Monasterio de La Cardeña,
cuya función es la de dar
noticia del origen y de la
identidad del Monasterio,
ligándolo nada menos que con
la capital de la Atlántida, donde
manaba la original Fuente de la
Vida.
Es lo mismo que
documenta el nombre “La
Cardeña”. En efecto:
Conocido ya “el cuento”
de la Oca Solar perforando con
su pico la Fuente de la Vida, se entiende que el
cerro donde se levantaba la ya conocida “Torre
de Estrada” tuviera forma de cabeza de pato o
cazo invertido.
¡Singular invento el cazo -
palabra de la misma raíz que
Cardeña-, que no pudo ser sino
castellano! Y abundando en este
asunto:
Uno de los nombres del citado
cerro era -y sigue siendo- el de
Zezeña, tan similar al de zizene >
zisne, y que nos remite a la Zezeña
> Zerzene, uno de los antiguos nombres pro-
bados de la Capital de la Atlántida, que en los
más modernos escritos pasa a llamarse Zerne.
Y resulta que la toponimia del lugar, en
torno al mismo cerro, documenta tanto el
nombre antiguo como el nuevo de la Capital de
la Atlántida. Porque allí están el pueblo de
Zerzeña > Zezeña -el Ceceña, del que he
hablado en un relato anterior- y el valle de
Zerneja.
6
Annoto due cose come spiegazione alle
illustrazioni della pagina anteriore:
1) Lo stemma di San Pedro de la Cardeña
è collocato sull’arco di un vano che raccogli una
scultura di “Santiago Matamoros”. È conosciuta
la carneficina fatta in questo monastero da
parte di Almanzor, ma aldilà della guerra tra
mori e cristiani, Santiago è un personaggio in
cui si concretò la tradizione castellana in torno
al primigenio eroe ispano, cioè, Ercole. È come
un San Giorgio, infocato adesso nella lotta
contro l’Islam.
2) Che in spagnolo si chiama “cerneja” al
ciuffo di capelli che cade sul fronte e che si
taglia quando arriva a coprire gli occhi. Ecco la
“poesia analogica” dei
nostri nonni! Seguo:
Dopo accade che
accanto “Peña Castillo” (per
non dire “Peña Castilla”),
centro neuralgico dell’antica
Santander, si trova il colle
di Carzoña > Cazoña,
termine affine a Carzeña o
Cardeña, cerca della quale
si trova la “Fontana della Salute”, che non è
altra che la “Fuente del Cajo” = Carzo o Cazo
evocata nella cobbola “Dime dónde vas
morena”, che piaceva cantare mia mamma:
Vado alla “fuente del Cajo”,
per bere un bicchiere d’acqua,
dicono che è molto buona,
gustarla alla mattinata.
La stessa canzone ricorda il Paradiso, al
quale chiama “Jardino di Valencia” che,
piuttosto di quel dell’orto del Turia, era quel
della Valle di Polaziones, in Cantabria:
Vado a “Jardín di Valencia”,
per dire al suo erbaiolo,
che mi dia una rosa bianca,
che nel mio orto non ci sono.
Ebbene, una parte della Cazoña non fu se
non un’antica Cardeña, Cartuja, Cortijo o “Carta-
go”, che sono termini affini, cioè, un luogo sacro
di ritiro per i monaci monarchi o caudilli, qualco-
sa come quello che con il tempo si chiamerebbe
“La Corte” e che l’archeologia moderna suole
identificare come delle “ville romane”.
Anoto dos cosas como explicación de las
ilustraciones de la página anterior:
1) El escudo de San Pedro de la Cardeña
está sobre el arco de un hueco que recoge una
escultura de “Santiago Matamoros”. Es sabida
la sarracina perpetrada en este monasterio por
Almanzor, pero más allá de la guerra entre
moros y cristianos, Santiago es un personaje en
el que vino a concretarse la tradición castellana
en torno al primigenio héroe hispano, a saber,
Hércules. Es como un San Jorge enfocado
ahora en lucha contra el Islam.
2) Que en español se llama “cerneja” al
mechón de pelo que cae sobre la frente y que
se corta cuando llega a tapar los ojos. ¡Hele la
“poesía analógica” de
nuestros abuelos! Sigo:
Luego resulta que al
lado de “Peña Castillo” (por
no decir “Peña Castilla”),
centro neurálgico de la
antigua Santander, se halla
la colina de Carzoña >
Cazoña, término afín a
Carzeña o Cardeña, cerca de
la cual se halla la “Fuente de la Salud”, que no
es otra que la “Fuente del Cajo” = Carzo o
Cazo evocada en la copla “Dime dónde vas
morena”, que gustaba cantar mi madre:
Voy a la fuente del Cajo,
a beber un vaso de agua,
que me han dicho que es muy buena,
beberla por la mañana.
La misma canción recuerda el Paraíso, al
que llama “jardín de Valencia” que, más que el
de la huerta del Turia, era el del Valle de
Polaziones, en Cantabria:
Voy al “Jardín de Valencia”,
a decirle al jardinero,
que me dé una rosa blanca,
que en mi jardín no las tengo.
Pues bien, una parte de la Cazoña no fue
sino una antigua Cardeña, Cartuja, Cortijo o
“Cartago”, que son términos afines, a saber, un
lugar sagrado de retiro para monjes, monarcas
o caudillos, algo así como lo que con el tiempo
se llamaría “La Corte” y que la arqueología mo-
derna suele identificar como “villas romanas”.
7
Proprio una di queste “ville romane”, cioè,
una Cardeña, fu quella del intorno a Dueñas
dove apparse il nostro già famoso mosaico del
Dio Oceano tra le “Colonne” di Asia e Europa,
dal quale torno a dare notizia grafica. Perfino i
nomi ci rubarono i romani
e nemmeno ci accorgiamo!
Come per andare a
domandare la restituzione!
Un altro esempio di
“Cartuja” è quella oggi
chiamata “Quinta de
Campo Giro”, o “La Remonta”, nell’intorno di
Peña Castillo. In questa “Cartuja” si trova quella
che fu la Fontana “dell’Oracolo degli Ispani”,
una delle prime repliche dell’originale “Fontana
della Vita”, se non l’originale.
Riflessione il lettore e
indovini dove ci rimanda il
Monastero della “Cardeña” a
Burgos, così come la sua Cartuja
de Miraflores e le sue “Fuentes
Blancas”, tra queste la “Fontana
della Salute”, la cui acqua -dove
siamo arrivati- non è potabile.
A disparte l’aneddoto, non
per niente Jorge, che è da Valla-
dolid, postula alla città di Burgos
come erede diretta della capitale
dell’Atlantide. Ed è facile dedurre
perché non riserva questo
privilegio per il suo Valladolid, a
dispetto il bello stemma di Castiglia che
rischiara nel Collegio di San Gregorio. Ed è che
Justo una de estas “villas romanas”, o
sea, una Cardeña, fue la del entorno de Dueñas
donde apareció nuestro ya famoso mosaico del
Dios Océano entre las “Columnas” de Asia y
Europa, del que vuelvo a dar noticia gráfica.
¡Hasta los nombres nos
robaron los romanos y ni
nos enteramos! ¡Como
para ir a pedir que los
restituyan!
Otro ejemplo de
“Cartuja” es la hoy llamada
“Quinta de Campo Giro”, o “La Remonta”, en el
entorno de Peña Castillo. En esta “Cartuja” se
encuentra la que fuera Fuente del “Oráculo de
los Hispanos”, una de las primeras réplicas de
la original “Fuente de la Vida”, si no la original.
Reflexione el lector y adivine
a dónde nos remite el Monasterio
de “La Cardeña” de Burgos, así
como su Cartuja de Miraflores y
sus “Fuentes de la Vida”, por no
hablar de sus “Fuentes Blancas”,
entre éstas la “Fuente de la
Salud”, cuya agua -a dónde
hemos ido a parar-, no es potable.
Aparte lo pintoresco, no por
nada, Jorge, que es de Valladolid,
postula a la ciudad de Burgos
como heredera directa de la
capital de la Atlántica. Y es fácil
deducir por qué no reserva tal
privilegio para su Valladolid, a pesar del
hermoso escudo de Castilla que luce en el Cole-
8
questo stemma risponde a un
interesse politico recente,
mentre le fontane della città di
Burgos ci sono là per tradizione
o atavismo storico. Proprio
come la sua Papisa, a questo
punto dimenticata più ancora
che le fontane.
Addirittura, nella stessa
provincia di Burgos, come già sappiamo, c’è la
“Fontana di Castiglia”, quella che diede nome ai
“castros” e “castrillos”, che non al rovescio.
Anche c’è la “Fontana di Sant’Indalecio”,
che è una replica così o più valida dell’anteriore,
poiché fu fatta affiorare dalla stessa “Oca
Solare” là dove fu a mettere l’uovo di due tuorli,
nell’intorno ai Monti di Oca e del fiume dello
stesso nome. E nessuno creda la fiaba che dice
che là martirizzarono al Santo. No. La verità
della fiaba è che là nacquero lui e sua sorella
Indalecia. Dall’Oca Solare!
Addirittura continuiamo a trovare nella
toponimia burgalesa riferimenti alla capitale
dell’Atlantide, ad esempio nel fiume Zerneja,
nella laguna di Zernezuela, nel paese di
Zuzones… e nello stesso Monastero della
“Zarzeña > Karzeña > Cardeña”. Viva
“l’archeologia linguistica”!
E come non ricordare, da parte mia, la
proprietà di mio padre nel confine di “La
Cardeña” (Torresandino), dove c’è una valletta
-“la chorrera”- per la quale, in altri tempi, senza
dubbi correva l’acqua da qualche sorgente.
Aggiungere a questo il lemma dello
stemma di Burgos “Caput Castellae, Camera
regia, Prima voce et fide”, lo quale postula per
la città i titoli di Primo Vaticano e Prima Roma
per diritto di eredità, non per diritto
di “spoglio e dimentico”, o
“facciamo dimenticare”.
E che non mi si arrabbino gli
italiani per insegnare queste cose.
La mia azione è avvallata proprio
poe la prima opera di misericordia
spirituale, cioè, “insegnare a chi
non sa”, e benché tanti non voglia-
no apprezzarlo né ringraziarlo, non
mancherà chi lo premierà.
gio de San Gregorio. Y es que este
escudo responde a un interés
político reciente, mientras que las
fuentes de la ciudad de Burgos
están ahí por tradición o atavismo
histórico. Vamos, como su Papisa,
a estas horas olvidada más aún
que las fuentes.
Más aún, en la misma
provincia de Burgos, como ya sabemos, está la
“Fuente de Castilla”, la que dio nombre a
“castros” y “castrillos”, que no al revés.
También está la “Fuente de San Indale-
cio”, que es una réplica tan válida o más que
anterior, pues fue hecha aflorar por la mismísi-
ma “Oca Solar” allí donde fue a poner el huevo
de dos yemas, en torno a los Montes Oca y del
río del mismo nombre. Y que nadie se crea el
cuento de que allí martirizaron al santo. No. La
verdad del cuento es que allí nacieron él y su
hermana Indalecia. ¡De la Oca Solar!
Por si fuera poco, seguimos encontrando
en la toponimia burgalesa referencias a la
capital de la Atlántida, por ejemplo en el río
Zerneja, en la laguna de Zernezuela, en el
pueblo de Zuzones… y en el mismísimo
Monasterio de “La Zarzeña > Karzeña >
Cardeña”. ¡Viva la “arqueología lingüística”!
Y cómo no recordar, por mi parte, la finca
de mi padre en el término de La Cardeña
(Torresandino), donde hay una vaguada -“la
chorrera”- por la que, en otros tiempos, sin
duda corrió el agua de algún manantial.
Súmese a esto el lema del escudo de
Burgos: “Caput Castellae, Camera regia, Prima
voce et fide”, lo que lleva implícito para la
ciudad los títulos de Primer Vaticano y Primera
Roma por derecho de herencia, no
por derecho de “expolio y olvido”,
o “hagamos olvidar”.
Y que no se me enfaden los
italianos por enseñar estas cosas.
Mi acción va refrendada justo por
la primera obra misericordia
espiritual, esto es, “enseñar al que
no sabe” y, aunque muchos no
quieran apreciarlo ni agradecerlo,
no faltará quien me lo premie.
9
- Avrai qualcosa a insegnarci oggi,
Indalecio?
Così mi diceva il mio attuale Procuratore.
- Avrai tu qualcosa a imparare?
Era quello che io rispondevo.
Naturalmente, c’è gente che non ha
niente a imparare, che a insegnare… forse i
denti. È uguale: Là c’è Castiglia con Burgos, sua
capital storica che, come bel fiore sconfitto,
spogliato… e dimenticato, Jorge continua a
riscattare, qualcosa di più che un’opera di
misericordia”, perché questo è un “miracolo di
resurrezione”. Ci sono cose che si possono
sapere o ignorare, ma senta bene scoprirle o
potere riconoscerle. Paso a esporre qualcosa
che ho scoperto io…, per induzione di Jorge:
In uno dei cortili del nostro convento
abbiamo una fontana e nessuno sa del suo
ancestrale significato. Io neanche lo sapevo fino
a non tanto tempo fa, lo qual è grave. Ma come
qualificare che non lo sapesse nessuno dei
dottori diplomati e accreditati academici che
hanno passato di qua durante secoli?
Come qualificare che nemmeno il
“Trimonti” Papa Sisto V che la
regalasse sapesse del suo significato?
E menomale che la “nostra fontana”
fu il simbolo, per non dire l’orgoglio,
della sua famiglia, benché convertito
in testimone della sua ignoranza… e
della smemoratezza collettiva.
Ci vuole però studiare teologia;
è necessario predicare il Vangelo,
delle cose moltissimo più importanti che
fermarsi a ricordare o decifrare simboli
“pagani”.
Peccato che così profondi studi fossero
come tonnellate di sgombri sulla memoria
dell’umanità e, proprio per questo, per
seppellire quello “pagano”, addirittura
d’ingannare se stessi, i predicatori si
convertirono in ingannatori del mondo che, per
colmo, lo facevano in nome del Vangelo. Ecco
la “sapienza”!
Non diciamo in Spagna che “nel paese dei
cechi lo storto è il re”? Eco qui che, mentre tutti
ci tornavamo più miopi, i più ciechi -leggere
fanatici-, i nostri re. Andiamo alla fontana:
- ¿Tendrás alguna cosa que enseñarnos
hoy, Indalecio?
Así me decía mi actual Procurador.
- ¿Tendrás tú alguna cosa que aprender?
Era lo que yo respondía.
Naturalmente, hay gente que no tiene
nada que aprender, que de enseñar… puede
que los dientes. Es igual: Ahí está Castilla con
Burgos, su capital histórica que, cual bella flor
destrozada, expoliada… y olvidada, Jorge nos
va rescatando, algo más que una “obra de
misericordia”, porque esto es un “milagro de
resurrección”. Hay cosas que se pueden saber o
ignorar, pero qué bien sienta descubrirlas, o el
poderlas reconocer. Paso a exponer algo que
he descubierto yo…, por inducción de Jorge:
En uno de los patios de nuestro convento
tenemos una fuente y nadie sabe de su
ancestral significado. Yo tampoco lo sabía hasta
hace poco, lo cual es muy grave. Pero, ¿cómo
calificar que no lo supiera ninguno de los
doctores titulados y acreditados académicos
que han pasado por aquí durante
siglos? ¿Cómo calificar que ni siquiera
el “Trimonti” Papa Sixto V que la
regalara supiera su significado? Y
menos mal que “nuestra fuente” fue
el símbolo, por no decir el orgullo, de
su familia, aun convertido en testigo
de su ignorancia… y de la
desmemoria colectiva.
Pero hay que estudiar teología;
hay que predicar el Evangelio, algo
muchísimo más importante que pararse a
recordar o descifrar símbolos “paganos”.
Lástima que tan profundos estudios
fueran como toneladas de escombros sobre la
memoria de la humanidad y, justo por esto, por
enterrar “lo pagano”, además de engañarse a sí
mismos, los predicadores se convirtieron en
engañadores del mundo que, para colmo, lo
hacían en nombre del Evangelio. ¡Hele la
“sapienza”!
¿No se dice que “en el país de los ciegos
el tuerto es el rey”? Pues aquí, mientras nos
volvíamos todos cada vez más miopes, los más
ciegos -léase fanáticos-, nuestros reyes. Vamos
con la fuente:
10
Ecco una foto della stessa, insieme a
un’altra di un’Immacolata con Bambino, su una
colonna, che presiedono ognuna un cortile del
convento. Nel fondo, l’originale simbologia della
fontana e della Madonna è identica, benché non
sappia dire in quale dei due è stata più
dimenticata. Tratterò di farla percettibile:
Quello detto sulla Virgen del Pilar nel rac-
conto anteriore (vedere P.S.) si può applicare
tal quale all’immagine della Madonna sulla co-
lonna, un’Immacolata accreditata per il serpen-
te e la mezza luna. Soltanto chiamare l’atten-
zione su quel drago o serpente infernale che si
torna a vedere alla base della colonna, e che è
una concrezione delle onde sulle quali si alzano
le Colonne di Ercole, un riferimento alle “tene-
brose acque” che inghiottirono il “Paradiso Ter-
restre”. Comunque, là c’è l’Immacolata con suo
Bambino quale San Giorgio con sua lancia, in
chiaro riferimento al trionfo della vita, a dispet-
to tanto disastro e difficoltà. E se al Bambino gli
manca l’uccello, è perché a Roma tutto si sa
bene ornare, ma dalla e per la smemoratezza.
Passo a trattenermi con la fontana, i cui pezzi si
ricuperarono dopo la II Guerra mondiale:
Ho domandato ai frati della Curia se
sapevano da qualche speciale significato della
stessa e chi più lontano arrivò, fu fr. Isidoro, lo
storico, il quale alluse ai monti di Montalto, il
paese di Sisto V.
He aquí una foto de la misma, junto con
otra de una Inmaculada con Niño, sobre una
columna, que presiden sendos patios de nues-
tro convento. En el fondo, la original simbología
de la fuente y de la Virgen es idéntica, aunque
no sabría decir en cuál de las dos ha sido más
olvidada. Trataré de hacerla perceptible:
Lo dicho sobre la Virgen del Pilar en el
relato anterior (ver P.S.) puede aplicarse a la
imagen de la Virgen sobre la columna, una In-
maculada acreditada por la serpiente y la media
luna. Sólo llamar la atención sobre ese dragón
o serpiente infernal que se repite en la base de
la columna, y que es una plasmación de las
ondas sobre las que se alzan las Columnas de
Hércules, una referencia a las “tenebrosas
aguas” donde se abismó el “Paraíso Terrenal”.
Sin embargo, ahí está la Inmaculada con su
Niño, cual San Jorge con su lanza, en clara
referencia al triunfo de la vida, pese a tanto
desastre y dificultad. Y si al Niño le falta el
pajarito, es porque en Roma todo se sabe
adornar, pero desde y para la desmemoria.
Paso a recrearme con la fuente, cuyas piezas se
recuperaron tras la II Guerra mundial:
Pregunté a los frailes de la Curia si sabían
de algún especial significado de la misma y
quien más lejos llegó fue fr. Isidoro, el
historiador, que aludió a los montes de
Montalto, el pueblo de Sixto V.
11
Fino qui però, già avevamo arrivato noi
tempo fa, come può sapere chi abbia letto
qualche racconto anteriore. Ed è che, a Roma,
sicuramente nessuno sa più di quello sposto dal
nostro storico, a chi domanderei se è Montalto
l’unico paese del mondo con tre monti. Ma a
questo punto, nessuno di noi a bisogno di
essere un’aquila per riconoscere che, la nostra,
è una “Fontana della Vita”, la cui antica
simbologia, come si può intuire, fu derubata… e
dimenticata.
Quei tre monti -in realtà quattro,
poiché per formare soltanto la base in
una rappresentazione tridimensionale
sono necessari già tre punti- ci
rimandano all’isola di Asteria, cioè al
Paradiso Terrestre, nel Nord della
Spagna, com’è di rigore. Se addirittura
risulta che si alzano sull’acqua dello
stagno, nel quale convergono dei fiotti
in libera interpretazione, ecco la “Fontana della
Vita” che sgorgando dal Paradiso, riempi
l’Oceano. Dopo, pittoresco o
aneddotico, là ci sono quei pesciolini
a colori che, come sappiamo, sono
un simbolo di Cristo da migliaia di
anni prima dalla nostra era.
Questo è vero, la simbologia è così
manipolata, che vediamo chi sia capace di
saltare l’orgoglio di una famiglia “Trimonti” con
la loro assoluta smemoratezza dell’origine del
proprio cognome, per percepire l’ancestrale
significato della fontana. Ed eco, come ho
promesso all’inizio, il notabile esempio di come
Roma uscisse, distrusse, rubò… e dimenticò. E
lo stesso che dico di questa fontana posso dire
di almeno altre tre dedicate ugualmente allo
stesso “Trimonti” Sisto V, le cui foto mostro, più
una quarta di regalo:
Pero, hasta ahí ya habíamos llegado hace
tiempo, como puede saber quien haya leído
algún relato anterior. Y es que, en Roma,
seguramente nadie sabe nada más allá de lo
expuesto por nuestro historiador, a quien
preguntaría si es Montalto el único pueblo del
mundo con tres montes. Pero, a estas alturas,
ninguno de nosotros necesita ser un lince para
reconocer que, la nuestra, es una “Fuente de la
vida”, cuya ancestral simbología, como puede
intuirse, fue robada… y olvidada.
Esos tres montes -en realidad
cuatro, ya que para una
representación tridimensional se
necesitan tres puntos sólo para la
base- nos remiten a la isla de Asteria,
o sea, al Paraíso Terrenal, en el norte
de España, como es de rigor. Si
además resulta que se alzan sobre el
agua del estanque, en el que
convergen unos chorros en libre interpretación,
pues he ahí la “Fuente de la Vida” que,
manando en el Paraíso, llena el
Océano. Luego, pintoresco o
anecdótico, ahí están nadando esos
peces de colores que, como sabemos,
son un símbolo de Cristo desde miles
de años antes de nuestra era.
Eso sí, la simbología está tan manipulada,
que a ver quién podía saltarse el orgullo de una
familia “Trimonti” con su absoluto olvido del
origen de su apellido para percibir el ancestral
significado de la fuente. Y he ahí, como prometí
al principio, el notable ejemplo de cómo Roma
mató, destruyó, robó… y olvidó. Y lo mismo que
digo de ésta fuente puedo decir de al menos
otras tres dedicadas igualmente al mismo
“Trimonti” Sixto V, cuyas fotos muestro, más
una cuarta de regalo:
12
1) Fontana della “Piazza di Aracoeli”. In
essa, quello che circonda la base dei tre monti
è un gruppo di “putti”, che sono un chiaro
riferimento alla vita, benché sia stato
dimenticato l’anello dei sirenidi.
2) Fontana della Piazza della Madonna dei
Monti, che è più dello stesso, benché siano stati
persi i monti e i putti, mentre aumentano i livelli
e l’altezza, prova che a Roma cresce il fasto ma
senza atavismo storico.
3) Fontana della Piazza di Porto Rippeta
dove, addirittura degli “agresti Timonti” sui
quali si alza la stella di Sisto V -dietro c’è il suo
stemma-, ci sono quei delfini la cui simbologia
ovviamo.
Per certo che quest’ultima fontana anche
conferma il postulato che a Roma non c’è santo
senza due teste, per quanto è associata alla
chiesa di San Girolamo dei Croati, cioè, che è
una esplicita rivendicazione della supposta
nazionalità croata di Sisto V.
E prima di passare alla
quarta fontana, rilevare che,
poiché ci rimandano al Paradiso,
i tre monti sono un simbolo
della vita senza dubbio da prima
del fiordaliso che, nel suo stilizzato disegno non
lascia d’insinuarli, e anche nella sua frequente
triplice presentazione. E ometto associare
questo fiore alle parti intime maschili che, detto
sia per i puritani, non sarebbe un caso di
morbosità, ma di squisita
purezza percettiva.
4) La Fontana del
Tritone, nella Piazza Barberini
che, a dispetto i delfini che
mantengono fuori l’acqua al
sirenide protagonista, seduto
sulla conchiglia, niente ha di
Fontana della Vita. Il gruppo
evoca un passaggio delle
Metamorfosi di Ovidio nel
quale si descrive come Tritone
“suona a ritirata” per le acque
del diluvio. Gli appi alludono
al Papa Urbano VIII, della
famiglia Barberini. Ecco un
altro aneddoto:
1) Fuente de la Plaza de “Aracoeli”. En
ella, lo que circunda la base de los “tres
montes” es un grupo de cuatro “putti”, que son
una clara referencia a la vida, aunque se haya
olvidado el eslabón de los sirénidos.
2) Fuente de la Plaza de la “Madonna de
Monti”, que es más de lo mismo, aun habiendo
perdido la simbología de los montes y los
“putti”, mientras ganaba en niveles y altura,
prueba de que en Roma triunfa el fasto, pero
sin atavismo histórico.
3) Fuente de la Plaza de “Porto Ripetta”
donde, amén de los “agrestes Trimonti” sobre
los que se alza la estrella de Sixto V -detrás
está su escudo-, hay unos delfines cuya
simbología obviamos.
Por cierto que esta última fuente también
confirma el postulado de que en Roma no hay
santo sin dos cabezas, por cuanto está asociada
a la iglesia de San Jerónimo de los Croatas, o
sea, que es una explícita reivindicación de la
supuesta nacionalidad croata de Sixto V.
Y antes de pasar a la cuarta fuente,
hacer notar que, por remitirnos al
Paraíso, los tres montes son un símbolo
de la vida sin duda antes que la flor de lis
que, en su estilizado diseño no deja de
insinuarles, y también en su frecuente triple
presentación. Y omito asociar esta flor a las
partes íntimas masculinas que, dicho sea para
los puritanos, no sería un caso de morbosidad,
sino de exquisita pureza
perceptiva.
4) La Fuente del “Tri-
tone”, en la Plaza Barberini
que, pese a los delfines que
sostienen fuera del agua al
sirénido protagonista, “arca-
jado” en una concha, nada
tiene de Fuente de la Vida. El
grupo evoca un pasaje de las
Metamorfosis de Ovidio en el
que describe como Tritón
“toca a retreta” para las
aguas del diluvio. Las abejas
aluden al Papa Urbano VIII,
de la familia Barberini. Vaya
otra anécdota:
13
Preparato il puzzle che mostro a continua-
zione, volli spiegare a certo italiano il processo
dalla “Fontana del Paradiso” fino alla fontana
“Timonti” del nostro chiostro. Ma non potei
passare dallo stemma che germoglia dallo
stesso “albero della vita” come testimonianza
dell’origine e identità di Castiglia. Tutto fu
inutile. Mi diceva: “Avete messo là quello
stemma, io posso mettere quel del mio paese”.
Ecco il paradigma, e che mi perdonino le
eccezioni: “Pensa il ladro -il zotico in questo
caso- che tutti sono della sua condizione”. Lo
stesso spiegai dopo a certo boliviano, il quale
mi ringraziò con effusione.
Anche fr. Isidoro riconobbe il valore della
mia indagine così come della mia negativa a
dare ragione di essa nella “sala dei biscotti”, per
evitare delle sorrisi e commenti vacui da parte
di illustri titolati. “Liberaci Dio”, fu il commento
di uno di loro fronte a certa allusione di fr.
Isidoro alla mia ricerca.
Tranquilli però. Presto tutti sapranno che
hanno la “Fontana della Vita” nel cortile e, se
un giorno mi accade di dire: Sapete che
abbiamo la “Fontana della Vita” in Curia?, non
mancherà chi risponda: Ma tu che
cosa vieni scoprire. Pensi che siamo
stupidi? Nuovo paradigma da come
Roma paga, non già “ai traditori”, ma
ai rivendicatori, e spero che non mi
scomunichino per sfregarli la rogna.
Preparado el puzle que muestro a
continuación, quise explicar a un italiano el
proceso desde la “Fuente del Paraíso” hasta la
“Trimonti” de nuestro patio. Pero no pude pasar
del escudo que brota del “árbol de la vida”
como testimonio del origen e identidad de
Castilla. Todo fue inútil. Me decía: “Habéis
puesto ahí ese escudo, yo puedo poner el de mi
pueblo”.
Pues he ahí el paradigma, y que me
perdonen las excepciones: “Piensa el ladrón -el
zafio en este caso- que todos son de su
condición”. Lo mismo le expliqué después a un
boliviano, el cual me dio un efusivo “gracias”.
También fr. Isidoro reconoció el valor de
mi investigación así como de mi negativa a dar
razón de ella en la “sala de los biscoti”, para
evitar sonrisillas y comentarios vacuos de
ilustres titulados. “Líbrenos Dios”, fue el
comentario de uno de ellos a una alusión de fr.
Isidoro a mi hallazgo.
Pero tranquilos: Pronto, todos sabrán que
tienen la “Fuente de la Vida” en el patio y, si un
día se me ocurre decir: ¿Sabéis que tenemos la
“Fuente de la Vida” en la Curia?, no faltará
quien responda: Pero tú qué vienes a
descubrirnos. ¿Crees que somos tontos?
Nuevo paradigma de cómo Roma paga, no
ya a “los traidores”, sino a los
reivindicadores, y espero que no me
excomulguen por rascarles la roña.
14
In ogni modo mi consola sapere che
qualcosa simile fanno alcuni eruditi con Jorge
quando finiscono d’informarsi di quello che lui
scopre. Finisco con un altro aneddoto:
A tavola con due
congolesi, padri di famiglia
numerosa, accolti come
profughi, commentavamo il
detrimento che provocano
certe decisioni precipitate
da parte di alcuni Stati. Ad
esempio quello accaduto in
certo paese africano -che non era il Congo- nel
quale, dopo consentire il suo governo di
colonizzare la valle di certo fiume, diede marcia
indietro alcuni anni dopo per considerazioni di
tipo ecologico, con lo quale un buon numero di
famiglie già consolidate, dalla sera alla mattina
rimasse in strada.
Nel fondo del problema sta la super
popolazione che mio padre riassumeva
dicendo che “ci siamo più somari di
mangiatoie”. Da parte mia dissi che una
pianta, per molto grande che sia, non da
abbastanza da alimentare per molto tempo una
copia di afidi che si riproducesse in progres-
sione geometrica. Lo stesso accade alla Terra e
non dirò chi sia l’afide. Allora fr. Bruno appuntò
che presto arriveremmo a 12.000 milioni di
afidi, scusate, di persone, ed io mi permesse di
dirgli che, per il momento, lui bene aveva fatto
in non sposarsi. Certo -rispose Bruno-, se non
per i miei figli, per quelli degli altri.
Così profonde erano le nostre riflessioni
che non potessero per meno di provocare la
risa nei circostanti.
Ebbene, aspettando non essere io meno
profondo adesso, apporterò mia ultima riflessio-
ne al filo del nostro racconto sulla Fontana di
Castiglia, della Vita, della Salute, che non è
un’altra di quella della Castità. Ed è che, non so
che cosa sarà meglio, se il matrimonio o la
virginità, ma credo che bene ha fatto la Chiesa
in benedire ambedue stati, se non per noi,
almeno per la nostra discendenza… e quella
degli afidi. E pendano nota altre istituzioni.
“Sei molto critico con la Chiesa”, mi
diceva qualcuno in qualche altra occasione.
De cualquier modo, me consuela saber
que algo parecido hacen algunos eruditos con
Jorge cuando terminan de enterarse de lo que
él va descubriendo. Termino con otra anécdota:
A la mesa con dos congoleños,
padres de familia numerosa, acogidos
como prófugos, comentábamos el
perjuicio que producen ciertas
decisiones precipitadas por parte de
algunos Estados. Por ejemplo lo
ocurrido en cierto país africano -que no
era el Congo- en el que, tras consentir
su gobierno la colonización del valle de cierto
río, dio marcha atrás algunos años después por
consideraciones de tipo ecológico, con lo que
un sin número de familias ya consolidadas, de
la noche a la mañana se quedó sin nada.
En el fondo del problema está la
superpoblación, que mi padre
resumía diciendo que “hay más
burros que pesebres”. Por mi parte
dije que una planta, por muy grande
que sea, no da abasto para
alimentar por mucho tiempo a una pareja de
pulgones que se reprodujera en progresión
geométrica. Lo mismo ocurre con la Tierra y no
diré quién sea el pulgón para ella. Entonces fr.
Bruno apuntó que pronto seremos 12.000
millones de pulgones, perdón, de personas, y
yo me permití decirle que, por de pronto, bien
había hecho él en no haberse casado. Por
supuesto -respondió Bruno-, si no por mis hijos,
por los hijos de los otros.
Tan profundas eran nuestras reflexiones
que no pudieron por menos que provocar la
risa en los circunstantes.
Pues bien, esperando no ser yo menos
profundo ahora, aportaré mi última reflexión al
hilo de nuestro relato sobre la Fuente de
Castilla, de la Vida, de la Salud, que no es otra
sino la de la Castidad. Y es que, no sé qué será
mejor, si el matrimonio o la virginidad, pero
creo que bien ha hecho la Iglesia en bendecir
ambos estados, si no por nosotros, al menos
por nuestra descendencia… y la de los pulgo-
nes. Y que tomen nota otras instituciones.
“Eres muy crítico con la Iglesia”, me
decía alguien en alguna otra ocasión.
15
OTRAS DOS FUENTES ROMANAS
Allora, veda il lettore che anche so
riconoscere alcune delle sue virtù. Ma non tanto
per complimentarla quanto per continuare a
rivendicare la memoria che queste virtù sono
state, e sono, castellane prima che “ecclesia-
stiche”, e denunciare che anche la Chiesa è
stata causa di questa smemoratezza, a dispetto
tante fontane che aprì a Roma che, arrivati a
un certo punto, nessuno sa se sono della vita o
della morte… almeno della storia.
Questo detto, se il fondamento di tutte
queste deduzioni fosse un montaggio tipo
Orson Wells con “La Guerra dei Mondi”, nessun
Dottore autorizzato dica che non pensa perdere
cinque minuti in leggere delle teorie
estravaganti, perché meglio sarebbe che i
competenti, con sincerità e libertà provata, si
dedicassero a smentirle, dimostrando la sua
falsità, con la stessa passione che il supposto
“inventore” -che io qualifico di scopritore- mette
in dimostrare la sua autenticità. E senza
aspettare che sempliciotti come quel che
sottoscrive continuino a cadere nella finzione e
si lasciano trascinare dalla fabulazione.
Nel frattempo, segua sgorgando la Fon-
tana di Castiglia o di Santa Casilda, da Burgos,
la “Caput Castellae, Camera regia, Prima voce
et fide”, che se non dico quella di “Cas-
talia” e perché nessuno pensi in andare
ad essa per suicidarsi… o “suicidare”.
_______________________
P. S.: Trascrivo a continuazione quello
detto sulla “Virgen del Pilar” per coloro che non
hanno il racconto anteriore:
Pues vea el lector que también sé
reconocer algunas de sus virtudes. Pero no
tanto para felicitarla, cuanto para seguir
reivindicando la memoria de que esas virtudes
fueron, y son, castellanas antes que “eclesiás-
ticas”, y denunciar que también la Iglesia ha
sido causa de que se haya olvidado, pese a
tantas fuetes como abrió en Roma que,
llegados a cierto punto, nadie sabe si son de la
vida o de la muerte… al menos de la historia.
Dicho esto, si el fundamento de todas
estas deducciones fuera un montaje tipo Orson
Wells con “La Guerra de los Mundos”, ningún
Doctor autorizado diga que no piensa perder
cinco segundos en leer teorías extravagantes,
porque mejor sería que los competentes, con
sinceridad y libertad probada, se aplicasen a
desmentirlas, demostrando su falsedad, con la
misma pasión que el supuesto “inventor” -que
yo califico de descubridor- pone en demostrar
su autenticidad. Y sin esperar a que pardillos
como el que suscribe vayan cayendo en la
ficción y se dejen arrastrar por la fabulación.
Mientras tanto, siga manando la Fuente
de Castilla o de Santa Casilda, desde Burgos, la
“Caput Castellae, Camera regia, Prima voce et
fide”, que si no digo la de “Castalia” es para
que nadie piense en ir a ella a
suicidarse… o a “suicidar”.
_______________________
P. S.: Transcribo a continuación lo que
dije sobre la Virgen del Pilar para los que no
tienen el relato anterior.
16
Nella Madonna del Pilar sono chiamativi, una più dell’altra, la corona e la colonna.
- La corona è la Stella Solare, tutto un simbolo della Spagna; infatti, Spagna significa Stella.
- La colonna, secondo la legenda fu portata dalla stessa Madonna come simbolo di fortezza nella fede e per animare l’apostolo San Giacomo. Ma tutte le leggende sono come delle “pietose bugie” che nascondono qualche significato anteriore. Infatti, “le Colonne di Ercole”, fondate sulle acque, inquadrano il “Paradiso Terraqueo”. La colonna del Pilar, fondata, come tutti sappiamo, sulle acque del Ebro, rimanda anche al “Albero della Vita”, nato nella fontana del Paradiso e dal cui tronco nasce la Vergine come Madre di tutta l’umanità, o della “Vita”: il Bambino che, curiosamente, porta nelle braccia il più genuino simbolo ispano che si può immaginare. Un uccello!
- Nel caso della Madonna del Pilar, la “Fontana della Vita” evidentemente è il fiume Ebro, accanto al quale si alza la Basilica del Pilar. Allora, sapendo che l’Ebro, il fiume eponimo di Iberia, è il fondamento del Pilar e che la Madonna porta per corona la Stella Solare, ecco il significato così di razza -per non dire così casto- dell’immagine di una Madonna che nasce dalla Spagna e che porta la Spagna per corona.
- Secondo un’antica tradizione, la Madonna “Venne in carne e ossa a Zaragoza”. Ci sono chi la immaginano portata dagli angeli, ma la tradizione non entra in dettagli. Allo stesso modo che tanti pensano negli angeli, altri possono pensare in una nave, o incluso che venne a piedi, perché anche potrebbe essere che non vivesse così lontano di Zaragoza, lo quale è in armonia con tutta la simbologia ispanica dell’immagine.
A chi ha letto il presente racconto non gliele sfuggirà il parallelismo tra la Madonna del Pilar la fontana di Santa Maria la Maggiore di Burgos, della quale non ho dubbio sia una replica.
Per certo che nella Basilica del Pilar anche appare San Indalecio y per due volte: Come “Varón apostolico” intorno a San Giacomo, e come campana che, in femminile, gira, dondola e picca soni secondo i tempi e le circostanze. E basta per oggi.
En la Virgen del Pilar son llamativas a cual más la corona y la columna.
- La corona es la Estrella Solar, todo un símbolo de España; de hecho, España significa Estrella.
- La columna, según la leyenda fue traída por la misma Virgen como símbolo de fortaleza en la fe para animar al apóstol Santiago. Pero las leyendas son como “mentiras piadosas” que esconden algún significado anterior. De hecho, en España “las columnas de Hércules”, fundadas sobre las aguas, enmarcaban el “Paraíso Terrenal”. La columna del
Pilar, fundada sobre las aguas del Ebro, como todos sabemos, remite también al “Árbol de la Vida”, nacido en la fuente del Paraíso y de cuyo tronco nace la Virgen como Madre de la humanidad, o de la “Vida”: el Niño que lleva en brazos que, curiosamente lleva en la mano el más digno símbolo hispano que cabe imaginar. ¡Un ave!
- En el caso de la Virgen del Pilar, la “Fuente de la Vida” evidentemente es el Ebro, a cuyo lado se alza la Basílica del Pilar. Entonces, sabiendo que el Ebro, río epónimo de Iberia, es el fundamento del Pilar y que la Virgen lleva por corona la Estrella Solar, véase el significado tan castizo -por no decir tan casto- de la imagen de una Virgen que nace de España y que de España va coronada.
- Según una antigua tradición, la Virgen “Vino en carne mortal a Zaragoza”. Hay quien la imagina traída por los ángeles, pero la tradición no entra en detalles. Lo mismo que unos piensan en los ángeles, otros pueden pensar en una nave, o incluso que vino a pie, porque también pudiera ser que no viviera tan lejos de Zaragoza, lo que está en armonía con toda la simbología hispana de la imagen.
A quien ha leído el presente relato no se le escapará el paralelismo entre la Virgen del Pilar y la fuente de Santa María la Mayor de Burgos, de la que, no me cabe la menor duda, es una réplica.
Por cierto que en la Basílica del Pilar también aparece San Indalecio y por partida doble: Como Varón apostólico en torno a Santiago, y como campana que, en femenino, bandea, balancea o repica sones según manden tiempos y circunstancias. Y basta por hoy.
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