dispensa di finanza aziendale
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TEMI SCELTI DI FINANZA AZIENDALE
(a cura di Mario G. R. Pagliacci)
I TESTI E LE LETTURE PRESENTATE NELLA PRESENTE DISPENSA FORNISCONO UNA
PANORAMICA SEPPURE PARZIALE DI ALCUNE TEMATICHE GENERALI DI
FINANZA AZIENDALE.
ESSI FORNISCONO IL SUPPORTO PER LA PREPARAZIONE DEI PUNTI DA 1) A 6) DEL
PROGRAMMA.
PROGRAMMA
Il corso si compone di una parte generale e di una parte speciale.
PARTE GENERALE
1) FUNZIONI DELLA FINANZA AZIENDALE E STRATEGIA FINANZIARIA 2) FABBISOGNO FINANZIARIO E CONDIZIONI DI EQUILIBRIO FINANZIARIO 3) SOLIDITA E SOLVIBILITA DELLIMPRESA; INSOLVENZA E CRISI AZIENDALE 4) FONTI DI FINANZIAMENTO 5) LA FINANZA DELLE PMI 6) GENERALITA SUL RISCHIO 7) RISCHI FINANZIARI NEGLI SCAMBI BUSINESS TO BUSINESS 8) IN PARTICOLARE: RISCHIO DI CREDITO, RISCHIO-PAESE, RISCHIO DI CAMBIO
Gli argomenti da 1) a 6) sono tratteggiati nella dispensa a disposizione degli studenti sul sito www.economiatr.it . Gli argomenti 7)-8) sono trattati nel libro di Mario G.R. Pagliacci, Rischi finanziari nelle operazioni commerciali, FrancoAngeli, Milano, 2010.
PARTE SPECIALE
9) VOCI DEL CAPITALE CIRCOLANTE: FABBISOGNO E COPERTURA 10) IL CREDITO DI FORNITURA FRA SOGGETTI DELLECONOMIA REALE 11) CONDIZIONI DELLA CONCESSIONE DI CREDITO COMMERCIALE AI CLIENTI 12) GESTIONE E CONTROLLO DEI CREDITI COMMERCIALI
Gli argomenti da 9) a 12) sono trattati nel libro di Mario G.R. Pagliacci, Politica e gestione dei crediti commerciali nelle aziende, FrancoAngeli, Milano, 2012.
APPLICAZIONI
Nel corso delle lezioni il docente indicher diversi gradi di approfondimento di alcuni argomenti. La trattazione di alcuni argomenti verr accompagnata da esemplificazioni ed applicazioni con il supporto di materiale distribuito in classe.
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FUNZIONI DELLA FINANZA AZIENDALE
La finanza aziendale ha lobiettivo di individuare il miglior equilibrio tra le fonti disponibili in
azienda e gli impieghi su cui investire, al fine di raggiungere una gestione efficiente (analisi
costi/benefici) ed efficace (analisi input/output).
In particolare la finanza aziendale si occupa della:
Valutazione della rimunerativit delle alternative di investimento e del loro mix ottimale;
Previsione e controllo del fabbisogno finanziario generato dal capitale fisso e circolante;
Provvista dei mezzi finanziari occorrenti alle condizioni di migliore economicit;
Gestione e controllo dei mezzi finanziari disponibili.
Si possono individuare tre profili strettamente interconnessi nella gestione aziendale:
Gestione economica, finalizzata alla acquisizione e cessione di condizioni produttive per il
raggiungimento degli obiettivi aziendali;
Da essa consegue la Gestione monetaria, che si occupa delle variazioni monetarie commesse
alle operazioni di acquisto e di vendita di beni e servizi relativi allattivit dellimpresa;
Gestione finanziaria, che partecipa alle scelte di ottimizzazione degli impieghi ed
responsabile della copertura dei fabbisogni connessi sia ai fenomeni strutturali dellimpresa sia alle
situazioni congiunturali e straordinarie che riguardano la vita dellimpresa.
La relazione fra i diversi profili di gestione schematizzata nei due grafici che seguono.
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STRATEGIA FINANZIARIA
Momento fondamentale della finanza aziendale la definizione e continua rivisitazione della
strategia finanziaria dellimpresa, la quale destinata ad ottimizzare :
Impieghi di risorse finanziarie per capitale fisso e per capitale circolante, per asset tangibili e
intangibili;
Fonti di finanziamento, avendo cura di realizzare il mix ottimale per durata, rischio, costo.
Gli impieghi di risorse finanziarie sono conseguenti alle decisioni di investimento, che hanno valore
di scelta strategica, destinata a caratterizzare in modo sostanziale la vita dellimpresa.
un investimento lacquisto di un macchinario, lingresso in un nuovo mercato, il lancio di un
nuovo prodotto oppure la decisione di concentrare tutti gli acquisti di materia prima su un unico
fornitore; un investimento anche avviare una nuova linea di business oppure di partecipare come
socio ad una impresa.
Ogni scelta dinvestimento deve superare la validazione antecedente, destinata a valutare
lopportunit strategica, ladeguatezza tecnica, lutilit economica e la sostenibilit finanziaria.
La valutazione comporta tre ordini di problemi:
definizione del progetto in termini di flussi di cassa addizionali;
quantificazione del rendimento e del premio per il rischio dell'imprenditore;
definizione delle variabili esogene di scenario entro la quale il progetto viene condizionato,
e misurazione dell'impatto che queste hanno sulla convenienza dell'investimento.
Molti casi di investimento presentano notevoli difficolt di valutazione della convenienza. Tuttavia
anche per questi consigliabile procedere a delle stime.
Un utile supporto pu venire dalla matrice presentata nella pagine seguente.
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FABBISOGNO FINANZIARIO
Citazioni da: Antonio Renzi, LEquilibrio Finanziario, Dispensa, Uniroma1, a.a. 2008-2009
la prima determinante del governo del capitale costituita dal fabbisogno finanziario, ossia dal
complesso delle risorse monetarie necessarie ad attivare, mantenere e sviluppare lattivit
imprenditoriale.
Detto fabbisogno origina, in primo luogo, dalla circostanza che la produzione di beni e servizi
implica il sostenimento dei costi in via anticipata rispetto al conseguimento dei ricavi; in secondo
luogo, dai vincoli di remunerazione degli stakeholders finanziari.
Ai fini di una efficiente gestione finanziaria di fondamentale importanza prevedere landamento
del fabbisogno finanziario, non solo in relazione al dimensionamento complessivo delle risorse di
capitale occorrenti, ma anche e soprattutto in relazione alla ottimizzazione dei flussi finanziari,
quale condizione necessaria per contenere gli oneri diretti ed indiretti connessi alla raccolta di
capitale, salvaguardando parallelamente adeguate riserve di liquidit.
Si distinguono tre principali aree del fabbisogno finanziario:
- il fabbisogno per elasticit di cassa indotto dalle esigenze di liquidit immediata;
- il fabbisogno a breve non monetario (capitale circolante considerato al netto della liquidit
immediata);
- il fabbisogno durevole (capitale fisso) (pag.9).
Data la composizione e la dinamica del fabbisogno finanziario, i processi evolutivi dellimpresa
sono soggetti, in primo luogo, ad un vincolo finanziario di tipo quantitativo legato alla disponibilit
di un appropriato volume di capitale in relazione alle strategie dinvestimento che si ritiene di
adottare; in secondo luogo, ad un duplice vincolo qualitativo riconducibile alle relazioni temporali
tra fonti e impieghi e al trade-off tra debiti finanziari e mezzi propri che, tempo per tempo,
contraddistingue, sul piano statico, il profilo finanziario dellimpresa.
Il costante allineamento temporale tra la scadenza e la rinegoziabilit del capitale attinto e il
realizzo del capitale investito si qualifica come canone fondamentale della gestione finanziaria.
Il rispetto di detto canone consente, infatti, una generale condizione dequilibrio finanziario statico
e, al contempo, costituisce il presupposto necessario, anche se non sempre sufficiente, al
perseguimento dellequilibrio finanziario dinamico. Ci determina lesigenza di un costante
controllo della coerenza tra la struttura per scadenze del passivo e la struttura per scadenze
dellattivo.
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Da questo punto di vista, ogni decisione dinvestimento non , dunque, vincolata alla sola esistenza
di risorse di capitale quantitativamente adeguate, ma anche alla durata di tali risorse. In sostanza, il
grado di liquidit degli impieghi deve indirizzare limpresa verso finanziamenti appropriati dal
punto di vista della esigibilit, in quanto il venire meno di tale coerenza temporale produce effetti
negativi sullandamento delle disponibilit liquide. Infatti, uneccessiva rigidit degli impieghi
rispetto alle fonti indebolisce la solvibilit finanziaria dellimpresa nei confronti dei finanziatori
esterni: se il realizzo del capitale investito previsto in periodi successivi al rimborso del capitale
attinto, limpresa rischia di non poter disporre, al momento giusto, di liquidit sufficiente a
rispettare le obbligazioni assunte con gli stakeholders finanziari e commerciali. Leffetto contrario
si manifesta nellipotesi in cui le fonti siano troppo rigide rispetto agli impieghi: se i disinvestimenti
anticipano i rimborsi si determinano eccessi di liquidit, forieri di perdite di capacit economica,
essendo le disponibilit liquide componenti dellattivo infruttifero (biglietti) o a bassissimo
rendimento (conti correnti attivi). In particolare, le fonti durevoli, data la loro rigidit, non possono
essere adeguate rapidamente alle improvvise oscillazioni del capitale circolante. Pertanto, al
crescere della rigidit del passivo, a parit di altre condizioni, lazienda tende a raccogliere, per
motivi precauzionali, capitale pi del necessario, favorendo in tal modo la creazione di sacche di
liquidit.
Spetta, dunque, alla direzione finanziaria realizzare analisi della struttura fonti-impieghi per
verificare il rischio di potenziali crisi di liquidit da un lato e di perdite di redditivit dallaltro.
Il perseguimento dellequilibrio temporale tra le fonti e gli impieghi implica che i piani
dinvestimento e le correlate politiche di finanziamento siano modificabili nel tempo, in funzione
delle mutevoli relazioni strutturali tra le componenti patrimoniali elastiche e quelle rigide. Dato,
cio, un iniziale piano fonti-impieghi, la direzione finanziaria deve ricomporre la dimensione delle
passivit a breve e delle fonti durevoli ogni qual volta componenti elastiche dellattivo si
trasformano in componenti rigide, o viceversa queste ultime mutano in investimenti rapidamente
smobilizzabili. Allo stesso modo, variazioni del grado di esigibilit del passivo richiedono
adeguamenti strutturali circa il ciclo finanziario dellattivo (pagg. 17-18).
Il fabbisogno finanziario generato principalmente da: (i) Investimenti e disinvestimenti di capitale
fisso (immobilizzazioni tecniche, finanziarie, patrimoniali); (ii) Livello e fluttuazioni delle voci del
capitale circolante (scorte, crediti commerciali, debiti commerciali); (iii) Livello e fluttuazioni della
liquidit immediata (cassa e assimilati).
Il grafico seguente illustra il processo di generazione del fabbisogno finanziario.
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CONDIZIONI DI EQUILIBRIO ECONOMICO E FINANZIARIO
Libera sintesi di brani della tesi di laurea specialistica di Cristian Proietti, La previsione
precoce delle insolvenze aziendali. Una proposta metodologica, Universit degli Studi di
Perugia, a.a. 2007-2008
Parliamo di equilibrio economico oggettivo quando unimpresa con la sua attivit riesce ad ottenere
un ammontare di ricavi sufficiente a coprire tutti i costi e gli oneri figurativi (es. oneri finanziari);
avremo, dunque, un equilibrio economico soltanto se la gestione in grado di remunerare tutti i
fattori impiegati nellattivit d impresa. Lanalisi deve essere effettuata su un orizzonte temporale
di medio-lungo periodo e non su breve periodo, condizione indispensabile per la sopravvivenza e lo
sviluppo di un impresa.
Si parla, invece, di equilibrio finanziario quando in ogni momento della vita aziendale si verifica la
condizione per la quale gli impieghi in capitale fisso e circolante sono efficacemente coperti dalle
opportune fonti di finanziamento. Questo equilibrio dipender dalle capacit del management
aziendale di predisporre una struttura finanziaria adeguata che comporti ladesione di finanziatori
sia interni sia esterni. Ci consentir di mantenere nel medio-lungo periodo e nel breve periodo
lequilibrio monetario fra entrate ed uscite. Condizione indispensabile la corretta valutazione del
fabbisogno finanziario, in relazione ai programmi dinvestimento, e la migliore forma di copertura
dello stesso, considerando anche lafflusso presente o futuro di risorse monetarie in azienda.
Tutti gli equilibri, comunque fanno parte di un unico processo che si sostanzia nella gestione dell
impresa. Equilibrio economico ed equilibrio finanziario sono legati fra di loro, tanto da poter
affermare che per la sopravvivenza di unimpresa indispensabile la presenza di entrambi.
Certamente lesistenza di un equilibrio economico di lungo periodo presuppone tendenzialmente
anche un equilibrio finanziario; daltro canto condizioni di solo equilibrio finanziario non bastano a
poter confermare la presenza di un equilibrio economico.
Una impresa pu dirsi equilibrata sotto il profilo finanziario, se soddisfa a delle condizioni
NECESSARIE e SUFFICIENTI:
CONDIZIONI NECESSARIE:
- Il totale dei mezzi propri e dei mezzi di terzi deve coprire il valore degli impieghi (requisito
quantitativo), in condizioni di economicit (requisito qualitativo);
- Rapporto ottimale fra capitale fisso e capitale circolante;
- Rapporto ottimale fra mezzi propri e mezzi di terzi;
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- Rapporto ottimale fra fonti a breve, a medio, a lungo termine.
CONDIZIONI SUFFICIENTI:
- Il flusso dei ricavi deve essere sufficiente a coprire il flusso dei costi, generando una
redditivit positiva.
- Tale condizione deve essere soddisfatta dal punto di vista quantitativo, mentre accettabile
uno sfasamento temporale fra ciclo dei costi e ciclo dei ricavi. Tale sfasamento, che genera
fabbisogno finanziario, pu essere fisiologicamente coperto con mezzi di terzi.
- Il fabbisogno finanziario per investimenti (impianti, sviluppo mercati, organizzazione) deve
essere coperto da mezzi propri e da mezzi di terzi a medio-lungo termine.
E INDISPENSABILE AI FINI DELLEQUILIBRIO FINANZIARIO CHE:
IL REDDITO DIMPRESA SIA ATTO A GENERARE UN FLUSSO DI LIQUIDITA
SUFFICIENTE AD ONORARE GLI IMPEGNI ASSUNTI VERSO I TERZI;
LACQUISIZIONE DI CAPITALE ESTERNO SIA FATTA A COSTI TALI DA POTER
ESSERE SOSTENUTI DAL REDDITO DIMPRESA.
Citazioni da: Antonio Renzi, LEquilibrio Finanziario, Dispensa, Uniroma1, a.a. 2008-2009
assume particolare rilievo linterrelazione tra economicit delle decisioni aziendali ed
equilibrio finanziario. Infatti, la capacit economica dellimpresa, da una parte, agisce direttamente
sullentit e landamento degli stock patrimoniali, dallaltra, indirettamente influenzata dalla
disponibilit di risorse di capitale e dal processo di generazione della liquidit. Ci implica che
profilo economico e finanziario dellimpresa, anche se nel breve periodo possono assumere
andamenti divergenti, nel tempo tendono a convergere. In altri termini, il costante perseguimento
della condizione dequilibrio finanziario passa attraverso decisioni industriali - assunte sia a livello
strategico che operativo - efficaci ed efficienti sul piano economico; al contempo, tra i diversi fattori
necessari alla massimizzazione del profitto vi unottimale gestione della risorsa capitale che, al
pari degli altri input dellattivit imprenditoriale, si presenta come scarsa ed onerosa.
In unottica di medio e lungo termine, dunque, la distinzione tra equilibrio finanziario ed economico
appare sfumata, essendo, in definitiva, il binomio adeguatezza della liquidit-capacit di reddito a
determinare, tempo per tempo, la probabilit di sopravvivenza dellimpresa. (pag. 3)
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Lelemento determinante dellequilibrio finanziario rappresentato dai flussi relativi alle
disponibilit liquide. Infatti, la dinamica finanziaria dellimpresa, conseguenza della gestione
corrente e delle operazioni extracaratteristiche, si conclude con la formazione dei saldi di cassa.
I saldi in parola esprimono, in modo diretto, i movimenti delle risorse monetarie immediatamente
spendibili allinterno dellimpresa, oppure da destinare al rimborso delle passivit da questa
contratte. Quindi, mentre il rendiconto dei flussi di capitale circolante netto consente di analizzare
un equilibrio finanziario generale, la rendicontazione dei flussi di cassa permette di verificare come
le dinamiche aziendali si riflettono sulladeguatezza delle risorse monetarie.
Il cash flow pu essere definito come flusso netto di fondi monetari conseguente ad operazioni
d'esercizio ordinarie e straordinarie. Il contenuto specifico del cash flow dipende dal tipo di risorsa
monetaria presa in esame. In generale, l'andamento della liquidit effettiva misurato dal divario tra
le disponibilit monetarie finali (L1) e quelle iniziali (L0):
CF = L1 L0
L'analisi delle determinanti di tale divario ha come obiettivo principale l'ottimizzazione delle risorse
finanziarie, in funzione della solvibilit finanziaria e della redditivit.
Per quanto concerne il primo aspetto, ci si riferisce alla solvibilit dinamica che si sostanzia nella
capacit dell'impresa di disporre di adeguate risorse monetarie, a fronte delle passivit che vanno in
scadenza. Le condizioni necessarie al costante perseguimento della solvibilit finanziaria dinamica
sono l'equilibrio statico della struttura finanziaria e l'equilibrio economico. Infatti, se non viene
rispettato il canone della coerenza temporale tra le fonti e gli impieghi, e/o viene meno la capacit
di creare reddito, solo occasionalmente i flussi monetari potranno coprire le previste riduzioni del
capitale di credito. Tuttavia, il rispetto di tali condizioni pu non risultare sufficiente ad evitare
tensioni di liquidit, dovute a sfasamenti temporali tra la scadenza degli impegni assunti e la
formazione di risorse monetarie.
Ad esempio, pu accadere che unimpresa, pur operando con i margini patrimoniali positivi, non sia
solvibile a causa delle difficolt che incontra nella riscossione dei crediti commerciali; in
questipotesi anche l'analisi finanziaria dinamica relativa alle fluttuazioni dellattivo corrente netto
non sarebbe sufficiente ad evidenziare le cause della suddetta crisi di liquidit.
Relativamente alla redditivit occorre considerare che, se da un lato i saldi economici influiscono in
modo diretto sui saldi finanziari, dallaltro l'andamento economico influenzato dal processo di
formazione della liquidit, ossia da aspetti qualitativi connessi al cash flow. Per cui, il rendiconto
delle disponibilit monetarie svolge anche la funzione di evidenziare gli effetti che le modalit di
creazione delle risorse monetarie hanno sulla capacit economica: a parit di variazione delle
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disponibilit monetarie si possono avere conseguenze diverse dal punto di vista reddituale, in
ragione dei fatti di gestione che le hanno prodotte.
Occorre, inoltre, considerare il ruolo primario che assume il cash flow nellambito dei processi di
pianificazione e programmazione finanziaria. In particolare le decisioni dinvestimento sono
foriere di generare discontinuit sulla dinamica monetaria dellimpresa in termini di peggioramento/
miglioramento e decelerazione/accelerazione del cash flow dellimpresa.
Naturalmente, nelle fasi di peggioramento e decelerazione del cash flow si determina una maggiore
fragilit dellimpresa rispetto agli impegni assunti con i creditori (finanziari e commerciali) e alla
capacit di soddisfare adeguatamente gli azionisti mediante la distribuzione dei dividendi; di contro,
il miglioramento e la conseguente accelerazione del cash flow indotta da un dato progetto
rafforzano limpresa rispetto ai suoi diversi stakeholder, favorendo cos limplementazione di
successivi progetti. Ne consegue che la sostenibilit finanziaria di un dato piano industriale, oltre a
dipendere dalla performance attese dallo stesso, influenzata dalla qualit dei piani pregressi e,
quindi, dalla dinamica monetaria rilevata in sede storica (pagg. 43-45).
SOLIDITA E SOLVIBILITA DELLIMPRESA
Citazioni da: Patrizia Pastore, Le condizioni di equilibrio finanziario dellimpresa.
Fabbisogno di finanziamento e forme di copertura, in: Economia Aziendale Volume I (a cura
di Giuseppe Fabbrini Alessandro Montrone, FrancoAngeli, Milano, 2006.
Limpresa tenuta a verificare, possibilmente a priori, la compatibilit dei programmi di sviluppo
e dei programmi operativi dellimpresa con la capacit di raggiungere e mantenere sia nel breve che
nel lungo periodo un costante equilibrio per ammontari e per scadenze tra le uscite e le entrate
(esigenze di equilibrio finanziario), considerando i fabbisogni che essi comportano, ovvero le
eccedenze di liquidit che potranno formarsi, in modo da definire le forme di copertura pi
opportune e le migliori forme di impiego della liquidit disponibile.
Si tratta, in sostanza, di valutare, in base alla struttura delle fonti di finanziamento e degli
investimenti effettuati dallimpresa:
- la situazione di solidit finanziaria, ossia la capacit dellimpresa di soddisfare
costantemente i fabbisogni finanziari della gestione nei tempi e secondo le modalit preventivate;
ossia di mantenere nel medio-lungo periodo un costante equilibrio tra le uscite monetarie, causate
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dal rimborso dei debiti, e le entrate monetarie, derivanti dal recupero monetario degli impieghi, in
modo da non compromettere lequilibrio economico della gestione;
- la situazione di solvibilit, ossia la capacit dellimpresa di soddisfare tempestivamente (in
modo economico ed ordinato) il fabbisogno finanziario a breve (impegni di uscita che la gestione
richiede) nei tempi previsti con le attivit liquide o prontamente liquidabili a sua disposizione alle
rispettive scadenze
La solidit strutturale dellimpresa pu essere apprezzata, in primo luogo, ricorrendo al margine di
struttura, assoluto e allargato.
Il Margine di struttura assoluto (o Margine di struttura di 1 grado) riflette il contributo del capitale
proprio alla copertura del fabbisogno finanziario connesso allattivo immobilizzato ed calcolato
come differenza tra Capitale proprio e Immobilizzazioni nette.
Un valore positivo di tale margine indica unequilibrata relazione tra fonti e impieghi di capitale .
Un valore negativo dal margine di struttura di 1 grado indica che il capitale proprio di per s
insufficiente a finanziare gli impieghi fissi e che, pertanto, le fonti di finanziamento esterne
concorrono alla copertura del fabbisogni finanziario a protratta scadenza.
Conseguentemente, lequilibrio finanziario dellimpresa pu essere valutato ricorrendo al Margine
di struttura allargato, dato da:
(Capitale Proprio + Debiti a medio e lungo termine) Immobilizzazioni nette
..............................................................................................................................................................
Un valore positivo di tale margine indica che le fonti stabilmente a disposizione dellimpresa
finanziano gli investimenti patrimoniali a fecondit ripetuta e, in parte, anche gli investimenti in
capitale circolante (pagg.478-479).
Una misura appropriata della struttura patrimoniale-finanziaria adottata dallimpresa nel breve
termine quella rappresentata dal Capitale Circolante Netto (CCN) ..
CCN = Attivit correnti Passivit correnti
Un CCN positivo segnala la capacit dellimpresa di far fronte agli impegni a breve con le liquidit
gi disponibili e con i flussi di cassa generati entro lo stesso periodo dalle attivit correnti, comprese
le scorte ..
Il CCN pu essere espresso, in maniera pi efficace, sotto forma di rapporto:
Attivit correnti
Passivit correnti
assumendo la denominazione di Indice di disponibilit o current ratio.
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Il valore di riferimento che lindice dovrebbe assumere pari a 2, che denota una situazione di
equilibrio ottimale.
Il current ratio non , per, ritenuto un indice adeguatamente significativo, per la presenza (al
numeratore) delle scorte, il cui ciclo di realizzo pu rivelarsi pi lento e problematico del previsto e
condizionato dal fatto che una parte di queste (scorta di sicurezza), di fatto, non pu essere
convertita in moneta. Al fine di superare questo limite insito nel current ratio, si ricorre, pi
frequentemente, al calcolo dellindice di liquidit immediata, o acid test ratio, pi idoneo ad
esprimere un giudizio sulla solvibilit dellimpresa nel breve e brevissimo periodo.
LAcid test ratio dato dal rapporto tra:
Liquidit immediate + Liquidit differite
Passivit correnti
In una situazione finanziaria equilibrata lindice deve tendere a 1, valore che rivela unequivalenza
tra debiti a breve e le risorse disponibili per soddisfarli (pagg. 480-483).
INSOLVENZA E CRISI AZIENDALI
Libera sintesi di brani della tesi di laurea specialistica di Cristian Proietti, La previsione
precoce delle insolvenze aziendali. Una proposta metodologica, Universit degli Studi di
Perugia, a.a. 2007-2008
Linsolvenza pu essere esaminata principalmente sotto due punti di vista.
Da un punto di vista economico unimpresa diviene insolvente quando non riesce a produrre un
reddito sufficiente a coprire il ciclo degli investimenti. In tal caso la scarsa redditivit dellimpresa
dipender da molteplici fattori, come: linefficienza del processo produttivo commerciale, la
realizzazione di un prodotto senza pi appeal sulla clientela, un mercato saturo o in recessione,
lutilizzo di una tecnologia non pi al passo con i tempi, le scarse capacit del personale sia
operativo che direttivo. Linsolvenza rappresenta allora leffetto di politiche aziendali errate, o
addirittura assenti, prive di strategie di sviluppo ed innovazione, volte a rafforzare la posizione
dellazienda in un mercato in continua evoluzione.
Da un punto di vista finanziario, invece, linsolvenza indica uno stato di crisi dellimpresa che si
concretizza in una situazione di difficolt nelladempiere regolarmente e con mezzi normali alle
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obbligazioni assunte. In tal caso si tratta essenzialmente di una crisi di liquidit, frutto di una
struttura finanziaria non equilibrata che se non viene affrontata correttamente e tempestivamente
pu essere generatrice di perdite economiche.
In ogni caso linsolvenza rappresenta comunque uno stadio di un pi grande e complesso fenomeno
aziendale che quello della crisi aziendale. Infatti unimpresa non diverr insolvente in tempi brevi
senza che qualche campanello dallarme avverta il management aziendale della necessit di porre in
atto strategie di cambiamento a livello operativo e/o commerciale.
Possono essere identificati quattro Stadi della Crisi Aziendale:
I Stadio: Squilibri / Inefficienze
II Stadio: Perdite Economiche
III Stadio: Insolvenza
IV Stadio: Dissesto
I Stadio
Il primo passo verso una possibile crisi aziendale riguarda il verificarsi di squilibri e di inefficienze,
che inficiano lequilibrio economico e finanziario.
Laddove emergano inefficienze gestionali e squilibri di natura economica e finanziaria, il
management dellimpresa dovr mettere in atto tempestivamente tutte quelle azioni indispensabili a
correggere precocemente landamento aziendale; se inefficienze e squilibri assumessero carattere
durevole, comincerebbero a produrre perdite in conto economico e si aprirebbe cos il secondo
stadio della crisi aziendale, relativo alle perdite economiche.
II Stadio
Le perdite economiche, figlie di uninadeguata gestione che perdurata nel tempo, dovranno essere
coperte con risorse perlopi interne di cui lazienda dispone.
Si avvier cos un processo di erosione delle risorse finanziarie proprie dell azienda, come ad
esempio il capitale sociale, le riserve e altri fondi di accantonamento. Nelle imprese poco
capitalizzate e con scarse risorse a disposizione si verificheranno ulteriori fenomeni dannosi per la
sopravvivenza della stessa impresa. Si verificher un incremento costante dei debiti e dei relativi
oneri finanziari, in quanto limpresa, per sopperire alle perdite economiche e per fronteggiare le
uscite monetarie, si vedr costretta a ricorrere ad ulteriori finanziamenti esterni erogati da banche ed
a chiedere dilazioni e rinegoziazioni agli stessi fornitori. Tale meccanismo non far che appesantire
la struttura dellindebitamente e far lievitare lammontare degli interessi passivi; ci non potr avere
lunga durata sia in quanto il costante appesantimento della struttura finanziaria tender a far
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collassare limpresa, sia perch i finanziatori esterni si accorgeranno di tali difficolt e tenderanno a
bloccare qualsiasi forma di aiuto allimpresa.
Altro fenomeno che pu verificarsi quello relativo allimpossibilit di distribuire dividendi ai
propri azionisti; questo sar alquanto dannoso se si tratta di una societ quotata in borsa.
Dover fronteggiare perdite strutturali condurr anche ad economizzare in quelle aree funzionali ove
gli investimenti sono fondamentali per linnovazione, lo sviluppo, la crescita, la reputazione e la
formazione. Infatti nella maggior parte delle aziende quando si verificano momenti di crisi i primi
provvedimenti che vengono presi sono quelli relativi al blocco di fondi destinati allo sviluppo. Tale
tipologia di provvedimenti non far altro che rendere ancora pi difficile la situazione aziendale.
Questo secondo stadio di crisi sar sicuramente pi difficile da arrestare rispetto al primo, in quanto
limpresa si trova costretta a affrontare delle perdite la cui entit dipende dal quadro di
deterioramento cui il sistema giunto.
III Stadio
Qualora lentit delle perdite strutturali risulta essere difficilmente sanabile, la crisi evolver nel
terzo stadio e cio nellinsolvenza: la manifestazione pi eclatante, in quanto non riguarda pi solo
limpresa, ma anche lambiente esterno.
Lincapacit di fronteggiare gli impegni e le obbligazioni in modo puntuale far s che vi sia una
perdita di fiducia e di credito da parte dei vari finanziatori (siano essi fornitori, banche o altri istituti
di credito) e una perdita della clientela sensibile al buon nome dellimpresa.
IV Stadio
L ultimo step della crisi aziendale il dissesto, che indica una situazione di permanente squilibrio
patrimoniale.
Questo stadio pu essere risanato solo se i vari creditori rinunciano a tutto o parte di ci che spetta
loro; situazione alquanto improbabile, se non in caso di assenza di alternativa. A tale ultima fase si
arriva se il management aziendale non riesce a riconoscere nessun sintomo di crisi oppure non ha
la forza n la capacit di reagire.
Possiamo definire tale ultimo stadio come lanticamera del fallimento aziendale.
Prevenire le Insolvenze.
Le cause scatenanti dellinsolvenza possono essere diverse e di varia natura.
Linsolvenza generalmente non sopraggiunge improvvisamente, n tanto meno in un breve lasso di
tempo. Per tale motivo indispensabile ricercare tutti gli strumenti in grado di aiutare il
management aziendale a prevedere le possibili cause dinsolvenza con notevole anticipo, in modo
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da mettere in atto preventivamente tutte quelle azioni e quegli accorgimenti volti a prevenire tale
accadimento.
Gli strumenti utilizzabili a tal fine potrebbero essere molteplici, ma non tutti sono sempre funzionali
e capaci di produrre effetti utili.
Le metodologie pi in uso si basano sulle Analisi quantitative dei bilanci:
-Analisi Storica: in cui vengono confrontati i dati economico patrimoniali di pi esercizi, al fine di
verificarne le variazioni;
-Analisi Prospettiche: in cui vengono simulati i risultati economici, patrimoniali e finanziari futuri
attraverso opportune tecniche input output, che sono il frutto dei dati consuntivi derivanti
dallanalisi storica.
Sono state studiate altre metodologie, che integrano e correggono i limiti delle analisi di bilancio.
Fra queste va citato il modello A-score studiato da John Argenti, che rappresenta un importante
punto di svolta fra i modelli di previsione delle insolvenze, in quanto si spinge alla ricerca delle
cause lontane che possono determinare situazioni di insolvenza.
FONTI DI FINANZIAMENTO
Le fonti di finanziamento possono essere:
Mezzi propri (capitale sociale + autofinanziamento);
Mezzi di terzi (prestiti da parte di soggetti finanziari + prestiti di soggetti non finanziari).
Citazione da: Angelo DAlia, Le forme di finanziamento nelle Societ, Dispensa, LUISS
Business School, Roma, s.d.
Le imprese per svolgere la propria attivit necessitano di mezzi finanziari che si procurano ricorrendo a
diverse forme di finanziamento. Esse devono essere in grado di far fronte con le proprie entrate agli
obblighi di pagamento assunti nel breve periodo raggiungendo cos un equilibrio finanziario.
Le condizioni necessarie affinch questo possa essere raggiunto sono :
a) gestione dei flussi finanziari (coordinamento tra entrate e uscite) affinch con le entrate si possa far
fronte alle uscite;
b) mix ideale delle fonti (composizione tra le diverse tipologie di finanziamento) ;
c) struttura del patrimonio (coordinamento tra impieghi e finanziamenti)
Nelle imprese collettive i mezzi finanziari possono essere apportati dai soci con :
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1) versamenti in conto aumento di capitale, dove i soci aumentano il capitale sociale in seguito
allannotazione della relativa modifica dellatto costitutivo o statuto;
2) versamenti in conto capitale, con i quali i soci rinunciano al diritto di rimborso delle somme versate
(versamenti a fondo perduto ) e su essi non fruttano interessi;
3) versamenti in conto finanziamento, nei quali esiste lobbligo di rimborso e quindi sono dei debiti per
la societ. Sono fruttiferi di interessi e possono essere a scadenza determinata o indeterminata.
Altre fonti di finanziamento che costituiscono il capitale sono quelle che derivano dai cosiddetti :
- debiti di regolamento, che sorgono nei confronti dei fornitori che concedono dilazioni di pagamento e
sono quindi di natura commerciale.
- debiti di finanziamento, che sono dei veri e propri prestiti che prevedono un interesse esplicito (pagg.
5-6).
Citazione da: Silvia Tommaso, Fonti di finanziamento: leffetto positivo della leva finanziaria, in
PMI, Milano, 3/2011
Nella scelta delle fonti di finanziamento, necessarie alla copertura del fabbisogno finanziario
espresso dal capitale circolante e dal capitale immobilizzato, occorre considerare la leva finanziaria.
Concretamente, lanalisi della leva finanziaria consente di fornire risposta alla domanda circa la
convenienza ad indebitarsi ed fondamentale per determinare il mix ottimale fra fonti interne
(capitale proprio) e fonti esterne (debito) di finanziamento.
In particolare, analizzando la relazione fra la redditivit del capitale investito (Roi) e il costo
dellindebitamento (i) possibile determinare leffetto (positivo, negativo e nullo) che un maggiore
indebitamento esercita sulla redditivit del capitale proprio (Roe).
EFFETTO LEVA POSITIVO
Se il rendimento del capitale investito nellimpresa (Roi) maggiore del costo sopportato per
ottenere capitali di terzi, conviene ricorrere a capitale di terzi per finanziare linvestimento perch
ci produce un effetto moltiplicatore positivo sul Roe. E tanto pi ampia la differenza tra Roi e
costo dellindebitamento tanto pi conviene ricorrere a capitale di terzi perch tanto pi aumenta il
Roe.
EFFETTO LEVA NEGATIVO
Se il rendimento del capitale investito nellimpresa (Roi) inferiore al costo sopportato per
lindebitamento, conviene limitare il ricorso al capitale di terzi perch un aumento del debito
produce un effetto moltiplicatore negativo sul Roe.
-
EFFETTO LEVA NULLO
Se il rendimento del capitale investito nellimpresa (Roi) pari al costo sopportato per
lindebitamento, la scelta del mix tra fonti esterne e fonti interne non produce alcun effetto sul Roe
(pag. 31).
Segue un esempio, liberamente tratto dallarticolo sopra citato:
Costo di acquisto di una nuova attrezzatura: euro 1.600.000
Reddito operativo generato dalla nuova attrezzatura: ricavi previsti costi operativi = eur 1.100.000
euro 780.000 = 320.000
ROI = reddito operativo/capitale investito = 320.000/1.600.000 % = 20%
Si supponga che lacquisto del macchinario voglia essere finanziato con capitale preso a prestito e
che il costo del finanziamento (i) sia del 6%.
Si avr cos un effetto leva positivo sul ROE, in quanto il ROI previsionale (20%) superiore al
costo del finanziamento (6%).
ROE (return on equity)
Esprime la redditivit del capitale proprio in termini di utile netto. Cio quante unit di utile netto
produce limpresa per ogni 100 unit di mezzi propri investiti. E lindicatore che pi interessa gli
azionisti in quanto consente di valutare la redditivit del capitale di rischio investito nellimpresa.
ROE = Utile Netto/Capitale Proprio.
Unimpresa, per poter attrarre nuovo capitale di rischio, dovrebbe avere un ROE superiore ai tassi
di rendimenti di investimenti alternativi.
RACCOLTA DI CAPITALE DI RISCHIO
Citazioni da: Giancarlo Giudici, Finanziare le risorse dellimpresa, Maggioli Editore,
Santarcangelo di Romagna, 2010.
Limpresa che intende raccogliere nuove risorse pu innanzitutto rivolgersi a finanziatori legati al
gruppo imprenditoriale esistente (inside equity). A fronte dellemissione di nuovi titoli, possono
essere conferite allimpresa risorse come liquidit piuttosto che brevetti, immobili, impianti o altri
assets.
-
A volte per pu essere necessario rivolgersi a finanziatori esterni (outside equity), che in generale
possono essere investitori istituzionali (istituti di credito, fondi di investimento, banche daffari)
oppure partners strategici (ad esempio grandi gruppi industriali) il cui coinvolgimento non si limita
allapporto finanziario ma anche alla gestione operativa e strategica. In genere si usa fare ricorso a
queste forme di finanziamento che non coinvolgono un pubblico indistinto di investitori con il
termine private equity placements.
Il private equity interviene nel finanziamento dellimpresa in tutte le fasi del suo ciclo di vita, in
particolare quando la societ non quotata in Borsa. Molto spesso i finanziatori coinvolti sono
investitori istituzionali (fondi comuni, banche private, finanziarie appartenenti a gruppi industriali)
interessati a sostenere la crescita e lespansione dellimpresa (bridge financing) per sfruttare le
opportunit di creazione di valore.
Il finanziamento attraverso private equity certamente fondamentale per le imprese che operano in
settori caratterizzati da una rischiosit elevata e da una forte intensit di attivit intangibili, come i
comparti high-tech. Esse, non potendo accedere (per mancanza di adeguate garanzie ed assets
recuperabili) al debito, possono subire notevoli penalizzazioni nel finanziamento delle attivit se
non si rendono disponibili capitali di rischio immobilizzabili per un tempo sufficientemente lungo.
Il vincolo pu essere ancora pi stringente nella fase di start-up e per le imprese di piccoli
dimensioni, perch pi rischiose rispetto alle altre, e perch incapaci di generare liquidit e cash
flows tali da remunerare eventuali prestiti.
La difficolt per queste imprese di reperire capitale sta anche nel fatto che lorizzonte di
finanziamento dei loro investimenti sensibilmente prolungato nel tempo, e molti intermediari non
possiedono le competenze necessarie per valutare il loro business.
Da questo punto di vista risulta indispensabile lesistenza di investitori altamente specializzati,
disponibili a sottoscrivere capitale di rischio, ma anche a fornire competenze manageriali, attivit di
monitoring, consulenza e contatti con fornitori e clienti potenziali. Quando questa attivit coinvolge
iniziative imprenditoriali nascenti, o ancora in fase di incubazione, in settori rischiosi e ad alta
tecnologia, si parla di venture capital. (pagg. 173-174)
........
Nel momento in cui unimpresa intende aprire un canale di finanziamento diretto con il pubblico
indistinto dei risparmiatori, necessario che essa si quoti su un mercato borsistico, dove gli
investitori possono agevolmente comprare e vendere i suoi titoli . lesistenza di mercati
borsistici efficienti importante anche per lo sviluppo del private equity.
I mercati borsistici sono mercati regolamentati e centralizzati nei quali vengono scambiate in forma
trasparente attivit reali o finanziarie. In genere sono gestiti come associazioni mutualistiche dei
-
brokers partecipanti; pi recentemente diversi mercati sono stati affidati in gestione a societ per
azioni private con scopo di lucro, tanto che non infrequente che la societ di Borsa stessa sia
quotata sul proprio listino.
I mercati borsistici hanno sostanzialmente quattro obiettivi: (i) centralizzare gli scambi di titoli
finanziari in maniera tale da generare mercati sufficientemente liquidi ed efficienti, facendo
incrociare domanda e offerta; (ii) pubblicare la quotazione dei titoli stessi, istante per istante,
derivante dallinsieme dei contratti registrati, e diffondere linformativa sulle societ del mercato;
(iii) offrire agli investitori adeguate garanzie di trasparenza e di equit sugli scambi; (iv) consentire
allimpresa di accedere ad un vasto pubblico di potenziali investitori e finanziatori.
Le modalit attraverso le quali unimpresa pu essere ammessa alla negoziazione in Borsa
dipendono dalle regole di ammissione imposte dalle autorit che gestiscono il mercato. In genere
queste regole si basano su vincoli relativi alla dimensione minima dellimpresa (in termini di attivo
contabile di bilancio o capitalizzazione prevedibile), trasparenza dei bilanci, redditivit attuale o
potenziale, dimensione del capitale flottante sul mercato (per garantire la liquidit degli scambi)
(pagg. 177-178).
EMISSIONE DI TITOLI AZIONARI
Citazioni da: Aswath Damodaran-Oliviero Roggi, Finanza aziendale 3a edizione. Applicazioni
per il management, Apogeo, Milano, 2011.
Di solito unimpresa quotata si procura capitale netto emettendo azioni ordinarie al prezzo che il
mercato disposto a pagare. Per unimpresa in procinto di quotarsi il prezzo viene stimato
dallemittente con la collaborazione di un advisor finanziario, spesso una banca daffari che
consiglia un range di prezzi entro il quale il titolo verr collocato sul mercato primario. Questo
prezzo detto anche prezzo di prima emissione. Anche le imprese gi quotate collocano le proprie
azioni al prezzo di emissione di nuove azioni ogni qualvolta eseguono un aumento di capitale a
pagamento. In questo caso il prezzo di emissione rifletter prevalentemente il prezzo di mercato sul
mercato secondario. Normalmente, soprattutto in Italia, le azioni ordinarie emesse dalla societ
prevedono diritti ai flussi di cassa e di voto proporzionali. Altre volte, soprattutto negli Stati Uniti le
azioni sono caratterizzate da diritti in termini di dividendi e potere di voto in assemblea non
proporzionali.
-
Le azioni ordinarie rappresentano un titolo semplice, relativamente facile da capire e valutare.
Inoltre, possono essere considerate un presupposto per tutti gli altri strumenti finanziari ai quali
unimpresa quotata pu ricorrere, nel senso che unimpresa senza capitale netto non potrebbe
emettere debito o titoli ibridi. Il trattamento contabile delle azioni ordinarie segue pratiche ormai
consolidate e pu essere inserito senza difficolt allinterno del formato tradizionale del bilancio
dimpresa.
Warrant
Negli ultimi anni, le imprese hanno cominciato a cercare forme di capitale netto alternative alle
azioni ordinarie. Unalternativa utilizzata con successo da alcune societ giapponesi alla fine degli
anni Ottanta stata quella dei warrant, titoli che, in cambio del pagamento immediato di un certo
prezzo, conferiscono al possessore per un dato periodo di tempo il diritto di acquistare, a un prezzo
prefissato, un certo numero di azioni della societ. Poich il valore dei warrant dipende dal prezzo
delle azioni ordinarie sottostanti, essi devono essere considerati una forma di capitale netto (pagg.
385-386).
AUTOFINANZIAMENTO
Citazioni da: Patrizia Pastore, Le condizioni di equilibrio finanziario dellimpresa.
Fabbisogno di finanziamento e forme di copertura, in: Economia Aziendale Volume I (a cura
di Giuseppe Fabbrini Alessandro Montrone, FrancoAngeli, Milano, 2006.
Lautofinanziamento si sostanzia in un processo economico per mezzo del quale limpresa trattiene
presso di s disponibilit finanziarie generate al proprio interno, nel corso dellesercizio, dalle
operazioni di gestione.
A formare lautofinanziamento contribuiscono:
1. gli accantonamenti di utili netti desercizio, ossia gli accantonamenti, effettuati dopo la
determinazione del reddito desercizio, di quote di utili generati dalla gestione e non distribuiti ai
soci sotto forma di dividendi, dopo che siano stati remunerati tutti i fattori produttivi a disposizione.
In tal caso si parla di autofinanziamento da utili netti o autofinanziamento in senso stretto;
2. gli accantonamenti di utili lordi, ossia accantonamenti operati, prima della determinazione
del reddito dellesercizio, a fronte di specifici oneri e/o spese future gravanti sullesercizio o su una
serie di esercizi futuri ovvero da accantonamenti prudenziali operati al fine di contenere e assorbire
-
le manifestazioni future di perdite ed oneri imprevisti di natura eccezionale. In tal caso si parla di
autofinanziamento da utili lordi (pagg. 460-461).
MEZZI DI TERZI
Citazioni da: Patrizia Pastore, Le condizioni di equilibrio finanziario dellimpresa.
Fabbisogno di finanziamento e forme di copertura, in: Economia Aziendale Volume I (a cura
di Giuseppe Fabbrini Alessandro Montrone, FrancoAngeli, Milano, 2006.
Poich le risorse finanziarie interne a disposizione dellimpresa (capitale proprio e
autofinanziamento) non sono sufficienti (e convenienti) da sole a garantire nel tempo lo sviluppo
programmato e a sostenere lattivit economica tipica svolta dallimpresa, si rende necessario il
ricorso a fonti esterne di capitale, ossia al capitale di credito (o capitale di terzi).
In particolare si tratta di:
a) debiti di funzionamento o di regolamento, quali crediti di fornitura, rappresentati dalle
dilazioni di pagamento accordate dai fornitori per lacquisto di beni e servizi da parte dellimpresa;
b) debiti di finanziamento, quali:
- i finanziamenti negoziati con il sistema creditizio;
- i finanziamenti ottenuti direttamente sul mercato dei valori mobiliari mediante lemissione
di attivit finanziarie a breve e a media-lunga scadenza, quali le cambiali finanziarie e i titoli
obbligazionari.
I debiti di funzionamento e i debiti di finanziamento a breve scadenza hanno la funzione di
finanziare lordinaria attivit dellazienda, coprendo il fabbisogno finanziario corrente o di
esercizio.
I debiti di finanziamento a scadenza medio-lunga finanziano, invece, gli investimenti in capitale
fisso (infrastrutture e attrezzature aziendali) ovvero il fabbisogno consolidato che non si pu o non
si vuole soddisfare con il capitale di rischio.
Entrambi sono soggetti al rischio dimpresa solo indirettamente ed in modo limitato, dal momento
che, in caso di cessazione aziendale, si provveder innanzitutto ad estinguere le obbligazioni sociali
contratte con i terzi ed, in seguito, si rimborseranno le azioni e le quote ai soci. Dunque, il capitale
di terzi viene intaccato solo dopo che sia stato completamente eroso il capitale proprio.
-
Il ricorso al capitale di credito introduce, peraltro, elementi di rigidit economica e finanziaria a
carico della gestione, che possono rendere pi vulnerabile limpresa di fronte ad una imprevista
situazione di deterioramento della sua redditivit e della sua liquidit.
Infatti, il finanziamento esterno implica un esborso monetario certo (nella sua manifestazione) e
predeterminato causato:
- dallobbligo della restituzione del capitale mutuato entro un determinato periodo di tempo e
secondo modalit contrattualmente prestabilite;
- dallobbligo della remunerazione di tale capitale, sotto forma di interessi (in misura fissa
ovvero variabile), indipendentemente dai risultati economici e gestionali conseguiti.
Tale caratteristica fa s che, dal punto di vista finanziario, a parit di fondi acquisiti, lindebitamento
verso terzi dia luogo ad una serie di uscite monetarie di importo pi consistente dal momento che
limpresa tenuta sia a rimborsare il capitale preso in prestito per il suo intero ammontare sia a
corrispondere le quote interessi calcolate su quel capitale a titolo di remunerazione, laddove i mezzi
propri non prevedono un obbligo di rimborso (se non in caso di cessazione/liquidazione dellattivit
dimpresa) e comportano un esborso, sotto forma di dividendi, eventuale, non sussistendo un
obbligo di remunerazione (pagg. 465-466).
PRESTITI BANCARI
Citazioni da: Aswath Damodaran-Oliviero Roggi, Finanza aziendale 3a edizione Applicazioni
per il management, Apogeo, Milano, 2011.
Storicamente, la principale fonte di prestito per tutte le imprese non quotate e per molte imprese
quotate sono state le banche, le quali fissano il tasso di interesse sul debito sulla base di unanalisi
della rischiosit dellimpresa. Il debito bancario fornisce allimpresa che vi ricorre diversi vantaggi.
In primo luogo, il debito bancario pu essere utilizzato per prendere a prestito quantit
relativamente piccole di denaro; le emissioni obbligazionarie invece, per via del loro notevole costo,
sono pi adatte per raccogliere quantit di denaro molto elevate, cos da sfruttare economie di scala.
In secondo luogo, se limpresa non molto conosciuta o seguita dagli investitori, il debito bancario
rappresenta un meccanismo pi adatto per fornire allinvestitore (la banca) informazioni necessarie
per valutare il prestito; in altre parole, limpresa che prende in prestito pu fornire alla banca che
eroga il prestito informazioni interne sui progetti e sullimpresa. La presenza di centinaia di
investitori in emissioni obbligazionarie renderebbe questo processo di raccolta e analisi delle
-
informazioni costoso e inattuabile. Infine, per emettere obbligazioni, le imprese devono sottoporsi
al processo di rating da parte delle agenzie preposte a tale funzione, e dunque fornire loro
informazioni sufficienti per ottenerlo. Per molte imprese, soprattutto di piccole dimensioni, pu
risultare molto pi difficile e costoso rivolgersi a unagenzia di rating, piuttosto che rivolgersi alle
banche. Le banche, oltre a essere una fonte di finanziamento a breve e a lungo termine per le
imprese, spesso offrono anchesse unopzione pi flessibile per far fronte a necessit di
finanziamento impreviste o stagionali. Tale opzione rappresentata da una linea di credito, alla
quale limpresa pu ricorrere soltanto se ha bisogno di finanziamenti. Nella maggior parte dei casi,
una linea di credito individua un ammontare che limpresa pu prendere in prestito e collega il tasso
di interesse sul prestito a un tasso di mercato, come il tasso primario (prime rate) o i tassi dei titoli
di Stato. Per unimpresa, il vantaggio di avere una linea di credito sta nel fatto che essa le garantisce
lapprovvigionamento di fondi, senza dover pagare interessi passivi nel caso in cui tali fondi
rimangano inutilizzati. Perci, la linea di credito risulta un utile tipo di finanziamento per imprese
con necessit di capitale circolante variabili. In molti casi, tuttavia, allimpresa viene chiesto di
mantenere un certo ammontare di fondi a garanzia (compensating balance) al quale vengono
applicati interessi zero o tassi al di sotto di quelli di mercato (pag. 388).
LA FINANZA DELLE IMPRESE MINORI
Libera sintesi di brani della tesi di laurea magistrale di Valentina Perlati, Struttura
finanziaria e comportamento relazionale nelle piccole e medie imprese. Limpatto di Basilea 2,
Universit degli Studi di Perugia, a.a. 2005-2006
Il sistema industriale italiano risulta polverizzato in una miriade di micro-imprese e piccole
imprese1, che se da un lato rappresentano il motore economico del nostro Paese, dallaltro si
caratterizzano per la presenza di numerosi elementi di fragilit, attinenti soprattutto la gestione
interna, la struttura finanziaria e la gestione dei rapporti con gli stakeholders esterni.
1 Gli organismi di statistica - sia lIstituto Nazionale di Statistica (Istat) che lo Statistical Office of the European Communities (Eurostat) - suddividono le aziende in funzione di un unico parametro quantitativo, il numero di addetti, distinguendo 4 classi:
- micro-imprese: da 1 a 9 addetti; - piccole imprese: da 10 a 49 addetti; - medie imprese: da 50 a 249 addetti; - grandi imprese: da 250 addetti e oltre.
-
Le realt dimensionali minori risultano, da un punto di vista finanziario, spesso sottocapitalizzate ed
eccessivamente indebitate nei confronti di pi istituti bancari. Da ci discende che la maggior parte
delle imprese italiane opera in condizioni di modesta stabilit finanziaria e di elevata dipendenza
dalle fonti apportate da soggetti esterni, soprattutto dalle banche.
Un ricorrente carattere delle piccole imprese riguarda la debolezza della struttura finanziaria e la
scarsa importanza attribuita alle previsioni in ambito finanziario. Sovente le piccole imprese, anche
a causa delle limitate disponibilit di spesa, non presentano molta attenzione alla raccolta
sistematica di informazioni utili ai fini gestionali. Questa circostanza caratterizza anche la gestione
finanziaria, con la conseguenza che non sono affatto infrequenti fenomeni di tensione di liquidit.
Ci spesso dovuto non tanto a cattivi andamenti economici, quanto alla errata programmazione
delle esigenze di tesoreria.
Le imprese in questione si caratterizzano inoltre per elevati livelli di sottocapitalizzazione, ossia per
la limitata presenza di capitale di rischio a sostegno dei fabbisogni di finanziamento. Tale
circostanza comporta non pochi vincoli sullo svolgimento dellattivit dimpresa e, in particolare,
pone ostacoli ai percorsi di espansione delle piccole imprese, i quali comportano molto spesso
notevoli esigenze di finanziamenti. Come conseguenza, la piccola impresa finisce sistematicamente
per fare pressoch esclusivo ricorso al credito bancario a breve termine e, soltanto talora, a quello a
medio e lungo termine. Maggiore possibilit di ottenere finanziamenti spettano a quegli
imprenditori dotati di patrimoni personali da costituire in garanzia, ovvero a quelle imprese dotate
di cespiti da prestare in garanzia. Ci da ricollegarsi al fatto che le piccole imprese sono percepite
come molto rischiose e, quindi, prese in considerazione in modo residuale dagli intermediari
finanziari che, per contro, tendono a privilegiare investimenti caratterizzati da combinazioni
rischio/rendimento pi favorevoli, anche solo per la maggiore disponibilit dinformazioni che le
imprese pi grandi sono solite produrre.
Le strutture finanziarie delle piccole imprese sono inoltre caratterizzate da elevati livelli di
autofinanziamento.
Il capitale di rischio rimane tendenzialmente concentrato nelle mani di uno o pochi detentori e rari
sono i casi di allargamento della compagine societaria. Ci a ragione di due fattori: da un lato,
almeno in Italia, non esiste un mercato dei capitali delle piccole imprese, salvo registrare da qualche
tempo la presenza di taluni investitori istituzionali con possibilit di investire anche in piccole
realt. Dallaltro lato, esiste un atteggiamento diffuso di chiusura mentale dei piccoli imprenditori i
quali molto spesso non prendono nemmeno in considerazione la possibilit di allargare la
-
compagine societaria a soggetti esterni, sia per timore di subire interferenze nella conduzione
aziendale, sia per timori di perdere progressivamente il controllo gestionale.
COMPORTAMENTO FINANZIARIO DELLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE
1) Carenze nella funzione finanziaria, funzione che spesso non viene percepita
dallimprenditore come strategica, al pari della produzione o della funzione commerciale, ma che
piuttosto viene vista e vissuta pi come fonte di preoccupazioni che di creazione di valore; oppure
spesso assume caratteristiche durgenza quando si verificano crisi di liquidit o difficolt nel
reperire nuove risorse per finanziare i programmi di investimento.
2) Modesta propensione a progettare allinterno delle politiche aziendali un ruolo definito per
la funzione finanziaria. Ci pu essere osservato in relazione a due parametri distinti: da un lato, le
decisioni di finanziamento e la gestione dei rapporti con le banche sono prese dallo stesso
imprenditore, spesso senza adeguata consultazione con la funzione amministrativa (quando esiste);
dallaltro le tecniche di budget e di pianificazione finanziaria, necessarie anche per permettere
unadeguata valutazione dellimpresa da parte di soggetti finanziatori, presentano un grado di
diffusione piuttosto modesto.
3) Il finanziamento dellimpresa - soprattutto per il credito agli investimenti - subordinato
allesito positivo di un procedimento di valutazione che la banca effettua al fine di accertare il
merito di credito dellimpresa e le sue capacit future di rimborso del prestito erogato. perci
essenziale che limpresa riesca a fornire dei dati circa le proprie aspettative di crescita e che i dati
forniti siano attendibili, al fine di un corretto giudizio riguardo alla sostenibilit del piano aziendale
stesso. Tuttavia la prassi della pianificazione aziendale poco diffusa, in particolare nelle imprese
pi piccole, penalizzate dagli eccessivi costi necessari alla sua realizzazione.
4) Le piccole imprese presentano una sostanziale disattenzione al problema dellidentificazione
dei servizi finanziari pi idonei a soddisfare con efficacia gli specifici fabbisogni. In questi termini
non assume grande rilevanza la scelta della forma tecnica del prestito coerente con la struttura dei
flussi finanziari dellimpresa; spesso anche molto approssimativa la stima della quantificazione
dellimporto da finanziare.
5) Le Pmi tendono a subire lofferta delle banche, acquistando servizi non necessariamente
rispondenti alle loro esigenze; dallaltro lato, a livello di sistema, si riduce la possibilit di contenere
lasimmetria informativa fra datori e prenditori di fondi, con conseguente allargamento dello spazio
di soggettivit nella fissazione del costo del credito.
6) La richiesta da parte della banche di garanzie reali oppure personali riduce la propensione
della Pmi allinvestimento in attivit immateriali (ricerca, formazione, ecc), privilegiando invece
-
linvestimento in attivit tangibili (beni immobili e mobili) per conservare un sufficiente livello di
liquidabilit, funzionale allottenimento del credito.
7) Il maggior rischio imprenditoriale che caratterizza le Pmi e le difficolt per le banche di
effettuare sia la valutazione dei rischi sia il loro monitoraggio, spinge le banche a praticare sui
prestiti tassi mediamente elevati, con lobiettivo di tutelarsi dalle eventuali previsioni non corrette
sullandamento delle attivit finanziate.
FINANZIAMENTO DELLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE IN ITALIA
Le modalit di finanziamento delle piccole e medie imprese italiane presentano due caratteristiche
di fondo: da un lato la prevalenza del ricorso al credito bancario, in special modo e soprattutto negli
anni passati, a quello di breve termine; dallaltro lato la scarsa capitalizzazione ed elevato
autofinanziamento.
Il ricorso al credito a breve, interessando prevalentemente il soddisfacimento dei fabbisogni
finanziari relativi alla copertura del capitale circolante (spesso sottoposto a forti tensioni), denota
come la finanza d'impresa in Italia sia stata dominata dal ciclo commerciale e come il ruolo delle
banche si sia limitato molto spesso ad assicurare la continuit nel tempo del sostegno finanziario
alla gestione ordinaria delle imprese pi che a sostenerne prospetticamente percorsi strategici di
crescita e sviluppo attraverso interventi di finanza straordinaria e di credito a medio lungo termine.
La tabella che segue fa osservare che, rispetto alle imprese pi grandi, le Pmi si caratterizzano per
una maggiore dipendenza dallindebitamento bancario e commerciale.
-
La preferenza per lindebitamento delle imprese minori pu essere interpretata alla luce di diverse
considerazioni, molto diffuse tra gli imprenditori italiani. Questi riconoscono che il finanziamento
con debito consente di mantenere stabile lassetto proprietario, ma anche di condividere il rischio di
impresa con un finanziatore esterno, con il vantaggio, per limprenditore capace, di appropriarsi
interamente degli utili che residuano dopo il pagamento degli interessi passivi.
Lindebitamento bancario si presenta inoltre come uno strumento finanziario semplice, ideale per le
imprese pi piccole che da sempre hanno dimostrato scarsa propensione e scarso interesse nei
confronti di strumenti finanziari alternativi.
Le piccole imprese, infine, godono di un apporto di capitale di rischio limitato e spesso non in linea
con gli investimenti necessari al sostenimento delle iniziative imprenditoriali. Tale pochezza di
capitali propri genera un elevato ricorso allindebitamento. Il che determina, oltre allovvio
squilibrio finanziario, anche un impatto fortemente negativo sui risultati di gestione. Infatti,
lindebitamento spesso assorbe in larga misura il margine prodotto e di conseguenza remunera i
mezzi propri in maniera residuale e non consente politiche di autofinanziamento/capitalizzazione.
La bassa capitalizzazione delle piccole imprese, con il ricorso a mezzi di terzi, ad alto costo, rischia
di rappresentare un serio limite alle loro possibilit di sopravvivenza, soprattutto in un periodo,
quale quello attuale, in cui la crescente competizione derivante dallapertura dei mercati, richiede
sempre pi alle aziende, ingenti risorse per sostenere la propria crescita dimensionale ed investire in
termini di innovazione di processo, di prodotto e di ingresso in nuovo mercati.
Senza dimenticare che gli Accordi di Basilea hanno reso pi rigorosi i criteri di valutazione del
merito di credito da parte della banche; pertanto le imprese con strutture finanziarie poco
equilibrate, rischiano sempre pi di essere poste ai margini del circuito del credito, oppure di avere
la possibilit di accedervi ma a condizioni svantaggiose. Si deve infatti considerare che un forte
indebitamento si pu tradurre in condizioni sempre pi onerose di accesso al credito e alla difficolt
anche di ricorrere al capitale di rischio, se non al prezzo di una maggiore remunerazione.
RAPPORTO BANCA-IMPRESA
Il rapporto tra banca e piccola-media impresa si caratterizza in Italia per una forte e reciproca
diffidenza, che produce la resistenza ad una stretta collaborazione e ad una profonda trasparenza
informativa.
storicamente invalsa la procedura che limpresa italiana, soprattutto medio-piccola, per acquisire
linee di credito debba ottenere laffidamento sulla base delle garanzie che in grado di offrire. In
tale accezione, la valutazione del cosiddetto merito creditizio si profila, in concreto, in funzione
-
della mera solidit patrimoniale dellimpresa e delle garanzie collaterali fornite dallimprenditore,
piuttosto che sulle sue potenzialit economiche e sulle prospettive di crescita future.
Dal lato della banca, lelemento centrale del multiaffidamento costituito, dallobiettivo di
perseguire il frazionamento dei rischi attraverso il frazionamento degli importi. Appare chiaro che
se la singola banca fissa dei limiti alla concessione dei fidi alla singola impresa, automaticamente
limporto medio delle operazioni si riduce e, di conseguenza, a parit di domanda e di ammontare
complessivo dei prestiti, cresce il numero degli affidamenti. Ci consente alla banca di ampliare sia
la diversificazione delle operazioni, sotto il profilo settoriale e geografico, sia il grado di
ripartizione dei prestiti accrescendo la capacit di copertura dei rischi, economici e finanziari.
Con riferimento allassetto complessivo delle relazioni fra banche e imprese, ne segue che il
soddisfacimento del fabbisogno finanziario degli affidati ripartito fra pi banche. Attraverso
unazione di questo genere, si rinuncia alla creazione di legami esclusivi con la clientela per
favorire, al contrario, la proliferazione di rapporti su una pluralit di banche.
Le piccole e medie imprese, da parte loro, hanno sostenuto la tecnica dei fidi multipli operando
nella convinzione che il ricorso ad una pluralit di banche avrebbe consentito da un lato di mettere
le banche stesse in concorrenza fruendo in questo modo di condizioni economiche favorevoli;
dallaltro di mantenere quella sorta di riservatezza ed opacit, nei confronti delle banche, riguardo le
politiche interne dellazienda, le proprie strategie, i dati contabili, trattenendo per se il massimo
possibile dellinformazione.
IL FINANZIAMENTO DELLE PMI TRAMITE CAPITALE DI RISCHIO
Spesso le aziende, anche quelle di pi piccola dimensione, sono in grado di autofinanziarsi per
sostenere una crescita normale o fisiologica, ma raramente lautofinanziamento da solo sufficiente
per importanti programmi di investimento o, semplicemente, per far fronte alla gestione corrente.
Cos, quando un imprenditore si trova a dover realizzare processi di crescita, di riorganizzazione
degli assetti patrimoniali, di ristrutturazione dellattivit svolta, ecc. si pone il problema di come
reperire le risorse finanziarie necessarie per il perfezionamento di tali operazioni. A questo
proposito, le piccole e medie imprese possono ricorrere a distinte forme di reperimento di capitali:
non solo il capitale di debito, ma anche il capitale di rischio.
I canali tipicamente utilizzabili dalla piccola e media impresa per il reperimento di capitale di
rischio, oltre al finanziamento da parte degli azionisti (aumenti di capitale interamente sottoscritti
dai soci), sono:
- Lingresso di nuovi soci;
- Laccesso al mercato dei capitali tramite la quotazione su un mercato mobiliare.
-
Lingresso di nuovi soci pu avvenire tramite la ricerca di partner privati o industriali (con cui
condividere gestione, amministrazione e profitti dazienda), per i quali linteresse prioritario
entrare nel business specifico, oppure attraverso il ricorso a partner finanziari, interessati allazienda
non tanto per il suo profilo operativo, quanto per il suo potenziale reddituale. Fra i partner finanziari
emerge in particolare la figura degli investitori istituzionali nel capitale di rischio, cio soggetti che
professionalmente assumono partecipazioni in imprese (di qualsiasi dimensione) con promettenti
prospettive di sviluppo, per poi rivendere tali partecipazioni nel medio lungo termine, guadagnando
sullincremento di valore.
Dallatra parte, invece, il mercato mobiliare pu costituire, almeno in linea teorica e soprattutto nei
Paesi dotati di sistemi finanziari evoluti, uno dei pi rilevanti canali di finanziamento delle imprese,
e non solo per quelle di grande dimensione.
Il ricorso al capitale di rischio nel nostro Paese da parte delle imprese di minore dimensione, non ha
assunto ancora un ruolo chiave ed una massa critica tale da renderlo un canale di finanziamento
realmente appetibile ed effettivamente utilizzato. Sia a causa della cultura ampiamente familiare
dellimpresa italiana, sia a causa di uno sviluppo poco convincente del mercato dei capitali, il
credito bancario rimane senza dubbio il principale canale di finanziamento per gran parte delle
piccole e medie imprese italiane.
LA GESTIONE DELLA TESORERIA NELLE PMI
La gestione della tesoreria dellimpresa, nella sua configurazione essenziale, ha lobiettivo di
ottimizzare i flussi di incasso e di pagamento con clienti e fornitori, di provvedere per quanto
possibile anticipatamente alla copertura dei fabbisogni finanziari mediante il reperimento di capitale
di debito e di gestire i rapporti operativi con le banche. La tesoreria, quindi, deve gestire il rischio di
liquidit, ovvero il rischio che limpresa non riesca a far fronte a i propri impegni di pagamento a
seguito dellimpossibilit di coprire lo sbilancio nei flussi finanziari aziendali mediante il ricorso al
capitale di debito.
La tesoreria aziendale nella media e piccola impresa spesso trascurata, e non raro riscontrare
situazioni come:
- Frequenti scoperti di c/c oltre il limite di fido;
- Presenza di saldi negativi di c/c presso alcune banche con contemporanea presenza di
liquidit presso altri istituti;
- Assenza di qualunque forma di previsione, anche solo di qualche giorno, sullo sbilancio
tra flussi in entrata e in uscita;
-
- Informazioni non aggiornate su fidi effettivamente attivabili (ricevute bancarie o fatture
ancora disponibili per lanticipo);
- Rilevazione solo al momento del pagamento dellinsufficienza dei fondi disponibili;
- Permanenza costante di livelli di utilizzo di alcuni conti molto elevati rispetto
allaffidamento;
- Assenza di monitoraggio per singola banca sulla storia della quota di insoluti di effetti
presentati allincasso.
Questi fenomeni, a volte associati a quelli legati alla gestione operativa dellimpresa, possono
generare delle crisi di liquidit, mettendo lazienda in posizione di debolezza nei confronti di tutto il
sistema bancario, del sistema dei fornitori e dei dipendenti, e pu mettere a rischio la continuit
aziendale anche in situazioni industrialmente sane.
Questo tipo di carenze hanno diretto impatto sul peggioramento degli indicatori andamentali e, di
conseguenza, sul rating assegnato allimpresa da parte delle banche e degli altri prestatori di
finanziamenti (fornitori a credito, investitori, ecc.). In particolare nei confronti delle banche - ma
non solo di esse - lazienda si vedrebbe assegnare un rating inferiore alle sue effettive possibilit e
rischierebbe di scontare quanto meno un aumento del costo degli affidamenti, con ripercussioni
anche gravi sulloperativit.
La rilevanza dei dati andamentali rafforza lopportunit di adottare, anche in situazioni finanziarie
non critiche, strumenti informativi di tesoreria finalizzati a evitare situazioni anomale, a evidenziare
in anticipo situazioni di potenziale crisi di liquidit.
A fronte della percezione diffusa che la tesoreria sia il punto cruciale per un equilibrio finanziario
sano dellazienda, c per la realt di molte piccole e medie imprese dove questarea non
presidiata sia per motivi storici e di mercato, sia perch manca una figura con le competenze
specifiche necessarie (larea finanza si identifica con la contabilit ed gestita da personale che ha
competenze ed approcci di tipo contabile).
In queste aziende, che di solito sono piccole ma possono essere anche medie, prassi comune che
nessuno sia in grado di tenere sotto controllo gli estratti conto bancari e la corretta applicazione
delle condizioni concordate con la banca. Gli scoperti di conto corrente vengono gestiti a
consuntivo e lazienda non in grado di prevedere neppure con pochi giorni di anticipo le necessit
di cassa. In queste condizioni comune che i pagamenti ai fornitori vengano posticipati per evitare
scoperti da cassa in carenza di adeguate forme tecniche di finanziamento. In questa realt i rapporti
quotidiani con le banche sono curati prevalentemente da personale che non ha deleghe e
competenze specifiche, i sistemi informativi sono costituiti da fogli elettronici o dal sistema
contabile, manca una capacit gestionale articolata.
-
Nella piccole e medie imprese di propriet di un imprenditore o della sua famiglia, che non sono
esposte direttamente al mercato dei capitali, la finanza coincide di fatto con la tesoreria. Dunque i
benefici di una tesoreria ben organizzata sono rilevantissimi, a partire dal miglioramento delle
condizioni bancarie prodotto dalla semplice attivit di riconciliazione degli estratti conto e di
controllo delle commissioni e dei tassi applicati.
GENERALITA SUL RISCHIO
Il grafico che segue fornisce una illustrazione del concetto di incertezza, che si presenta quando gli
effetti di un evento non sono noti e la distribuzione probabilistica quella massima (da 0 a 1).
Secondo lo studioso Frank Knight la situazione di rischio si presenta quando gli effetti di un evento
non sono noti, ma larea di probabilit conoscibili ex-ante (per esempio da 0,XX a 0,YY).
Un evento rischioso ha una certa probabilit oggettiva di verificarsi; tuttavia limpatto che esso
produce sui vari soggetti diverso e rilevante per ognuno di essi.
Lalgoritmo che identifica il rischio il seguente:
R = P x Vu x Val
-
P = probabilit che un fenomeno accada
Vu = vulnerabilit del soggetto rispetto agli effetti legati al fenomeno
Val = valore economico (o altro: immagine, ecc) degli effetti
P esprime la probabilit oggettiva
Vu e Val esprimono la maggiore o minore rilevanza soggettiva
Nel binomio
opportunit/rischio
si muove lattivit economica
resa incerta dalle condizioni di complessit
In un contesto di complessit e incertezza, limpresa pu correre il rischio di non cogliere le
opportunit di redditivit e di crescita, o addirittura di sopravvivenza.
Limpegno fondamentale dellimprenditore e del manager quello di conoscere, analizzare e gestire
i rischi dimpresa.
Fine testo dispensa
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