inaugurazione del palazzo di giustizia 1911 · 2015-05-21 · e per verità la costruzione del...
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DISCORSO PRONUNCIATO DAL SENATORE
ORONZO QUARTA PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA
PER LA INAUGURAZIONE
DEL
PALAZZO DI GIUSTIZIA IN ROMA
IL GIORNO
XI GENNAIO MDCCCCXI
ROMA TIPOGRAFIA DELL' UNIONE EDITRICE
Via Federico Cesi, 45
191 I
Szre .I
Al cospetto della Maestà Vostra, da cui, come da centro
luminoso, la giustizia parte e s'irradia, onorata dall' inter
vento dei rappresentanti i supremi poteri dello Stato, rifulge
della più alta e civile solennità questa inaugurazione, e la
Magistratura ed il Foro, e gl' Italiani tutti riconoscenti e reve
renti esultano.
Senonchè, attraverso a tanta festa, l'animo, tutto sorpas
sando, si volge con pensier J mesto, e col cuore riboccante di
ogni più delicato e gentile sentimento .di reverenza, di affetto
devoto, e di profondo ed inestinguibile rimpianto, allei. santa
ed augusta memoria del Re Buono.
Poichè fu Lui, che, or sono più che vent'anni, inaugurò,
posandone la prima pietra, i lavori di questo Edifizio, a cui
Voi date oggi il battesimo regale, fedele alle vetuste e glo
riose tradizioni dèlla Vostra Casa di vivere nel popolo e pel
popolo, di ~entirne e parteciparne le gioie e i dolori, ed es
sere sempre, avanti là dove fausti od infausti· avvenimenti
supremamente interessino la vita del Paese;
E per verità la costruzione del Palazzo di Giustizia in
Roma, riguardata negli scopi, ai quali venne indirizzata, e
nelle elevate e nobili idealità, che ne ispirarono e ne se
guirono il compimento, è forse, tra le opere cospicue del
l'Italia nuova, quella che più tocca e scuote il sentimento nazionale.
Se, invero, l'Italia sovraneggiò sempre In tutto il mare
dell'essere, se nei· diversi cicli della sua civiltà prevalse e
tenne il campo in tutte le palestre della scienza e dell'arte,
nelle lotte feconde dei commerci e delle industrie, trascorrendo
i mari e le più remote ed inesplorate pIaghe della terra, non
ha però obliato,ed è da augurarsi non oblierà mai, ch'ella
nella sua Roma fu specialmente la culla' del diritto, e de
scrisse fondo ai diversi e molteplici organismi sociali, nei
qualI e pei quali presso tutti i popoli civili, sotto varia forma,
l'amministrazione della" giustizia s'incarna e si compie; di
cui è perciò naturale che, come sangue del" sangue suo,
essa aspiri sempre ansio'~à'ìn,ente a tenere vive le grandi
manifestazioni ed a dispiegarne sempre più in alto la tl0bile
funzione.
Radunare le sparte membra della Romana Magistratura,
trasportarle dai locali poveri e disadatti, ridestanti memorie
tristi di un passato funesto, e comporle tutte in un grande
edifi7io, c:.he, pur soddisfacendo alle esigenze tecniche del fun
zionamento giudiziario, nelle sue mura grevi e solenni, nei
suoi amp'i peristil'i, nelle colonne e negli archi grandiosi, nei
marmi scolpiti e nelle pareti dipinte ritraesse alta e luminosa
la concezione del Diritto; e, nelle effigie degli avi nostri,
rispecchiasse la sapienza eterna della Roma antica, . evolven
tesi ed irradiantesi, attraverso i secoli fino all'evo odierno,
costituendo "così nel suo insieme la manifestazione più con
creta e materiata della progressiva cultura giuridica italiana,
ecco il pensiei'ocomune, ecco il sentimento unanime, da cui
ftiron mossi e condotti insigni artisti, sommi giureconsulti e
uomini di governò; antesignano la grande anima lombarda
di Giuseppe Zanardelli, che ne promosse e sospinse sempre
con sLltimento di forte, profonda italianità, e, !3ino agli estremi
momenti della sua vita curò con amore, ed attese con ansia
febbrile la desiata attuazione.
Ma trasportati in più spirabil aere, e mentre l'Italia, fe,
steggiando il cinquantesimo anniversario della sua redenzione,
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invita a convenire tutti d'ogni paese nella sua Roma e nella
sua Torino, e le antiche energie e conquiste sue e dei po
poli tutti dell' universo nel campo delle arti e delle indu
strie fonde e compone con le energie e le conquiste moderne,
ed accende una gara nobilissima sotto la forma più splendida
e ad un tempo più utile e feconda, quella della solidarie..tà e
della, cooperazione dei popoli, per sorreggersi' insieme ed
avanzare sempre nelle interminate vie del progresso, che cosa
faremo noi'? Ci quieteremo e poseremo sui lauri antichi, contenti
del presente, e non cUl~anti dell'avvenire? E l'agitarsi fremente,
l'ansia affannosa, che da pertutto invade e pervade, e le gigan
tesche figure che ne stanno intorno, non ci scuoto!1o, non- c' in
calzano e sospingono a volgere indietro lo sguardo e doman
darci: che cosa abbiam fatto noi dopo il nostrI) risorgimento,ed
a ricercar~ nel pensiero antico lume e guida per quel che debba
essere nel campo della scienza e dell'azione la evol1IZione del
pensiero giuridico moderno?
Soventi, in questo primo periodo della nostra vita nazIO
nale, ci assalse un sentimento di sconforto, e ci parve che il
genio italico, 'nelle sue ideali e pratiche manifestazioni, non
ispiegasse i suoi grandi raggi luminosi.
Eppure, se ben si guardi, e non ci vinca quel senso di scet
ticismo, direi quasi di spregio, che soventi abbiamo noi verso
noi stessi, ne apparirà, che nè l'alito delle pure e sublimi aspira
zioni e concezioni ci mancò mai, nè mai il giudice italiano rin
negò le sue gloriose tradizioui. Bisogna non obliare che, questo
primo periodo della nostra vita nazionale sia stato un periodo
di rapido disfacimento e ad un tempo di lenta ricomposizione,
tutto fermentante e fecondo di contrasti e di lotte; e nella
fusione ardente di elementi già tanto disparati e divisi, usciti
allora da una compressione politica di secoli, non era possi
bile assurgere d'un colpo a ritrarre e porre la idea giuridica,
ampia, serena, universale, che, splendendo di luce propria,
senza stranìere irradiazioni, penetrasse per tutte le membra
e le forze del corpo sociale, trasfigurandole e ricomponendole
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con una compagine e sotto una forma profondamente razio
nale ed essenzialmente e' decisamente italiana.
E la magistratura, contro cui più si rivolsero le punte della
critica, costituita, come per ineluttabile necessità di cose do
veva accadere, con ordinamenti piantati· sopra vecchi ruderi,
tolti in qua ed in. là da taluni degli ordinamenti dei cessati
Stati italiani, mantenuta e portata su con rappezzamenti
sovrapposti gli uni agli altri, senza averle potuto mai dare
un assetto completo, organico e vigoroso, doveva per viva
forza, attraverso il suècedersi di leggi mut~voli, molteplici
e diverse, e di fronte allo incalzare incessante delle rapide
ed aspre vicende delle n~ò'V-e. e multiformi esigenze della
sociale comunanza, apparire talvolta incerta nel suo funzio
namento;
È stato quello un imprescindibile periodo di passaggio, di
fermentar,ione e di urgente e necessaria preparazione, a cui
è ormai tempo che segua un periodo di energica ricostitu-'
zione e poderosa riaffermazione del pensiero, dèl carattere e
del sentimento giuridico nazionale.
E . dissi ricostituzione e riaffer'11'lazione, poichè, l'Italia con
la sua eterna Roma ha un principio di meravigliosa civiltà
proprio ed antico, ha la sapienza delle sue leggi che deve
sempre rievocare, a cui deve ispirarsi, su cui dee poggiare,
e da cui deve muovere il passo nel riprendere il faticoso
e glorioso cammino che tennero già i suoi padri antichi.
Un popolo che 'spezza, od ha in dispregio, od oblia le sue
tradizioni, come albero troncato, o strappato dalle sue radici,
non può vivere di vita propria e rigogliosa, ma dovrà fatal
mente intristire ed appassire, od, abbarbicandosi ed attac
candosi sopra altro suolo, vivere di una vita esotica, cagio
nevole ed errabonda, esplicantesi ora sotto gli impulsi e
con le spoglie di uno, ed ora sotto gl'impulsi e con le spoglie
di altro popolo, secondo che questo prevalga a quello nella
sua potenzialità economica e civile. Se volgiamo lo sguardo
alla nostra istoria ci apparirà chiaro, come i:tempi di luce e
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di tenebre, di rinascimento e di decadenza, di gloria e di oscu
rantismo, seguirono sempre secondo che ci volgemmo al Ro
manesimo, o dal Romanesimo ci dipartimmo.
E non mai forse come nel momento attuale,· in questo
tempestoso evolversi della età nuova, tra le aspirazioni in
definite e le pretensioni smoderate, è dai nostri maggiori che
ne potrà essere mostrata la via di gz're al m,onte. Dappoichè
oggi, che la scintilla del genio umano ascende e trascende le
più alte ·vette, penetra negli abissi inesplorati, e proietta
luce splendida là dove erano fitte tenebre, discopre nuove
forze e nuove energie, le vince, le domina e le plasma a suo
senno, imprimendo ad ogni attività fisica e morale, economica
e civile, individualistica e sociale, ùn impulso rapido e fecondo,
che crea, demolisce, trasforma e tutto e tutti mena e tra
scina incessantemente a nuove aspirazioni, a nuove esigenze,
a nuove palestre scientifiche ed industriali, a situazioni eco
nomiche e giuridiche molteplici e diverse, che ad ogni tratto
cangiano nell'obietto e nelle sembianze, è impossibile che al
movimento di esse sia pari il movimento legislativO, e tutte
le comprenda, le ponga, le definisca.
Se si ebbe un tempo la vana illusione, che si potesse
intuire e disciplinare in una formola legislativa tutto il movi
mento della vita sociale nelle sue molteplici esplicazioni e sva
riatissime contingenze, tanto da impromettersi che da indi in
là non sarebbero mai più sorte contese, le quali non fossero
nella legge contemplate e nettamente definite, oggi sarebbe
follia pensarlo.
Oggi infatti la tendenza scientifica va ogni dì più dispie
gandosi in senso affatto opposto al precetto già prevalente
in passato, che rinchiudeva entro stretti confini l'opera del
magistrato, e ne rendeva rigida ed inflessibile la funzione.
Tra le teoriche estreme, che, autorizzando e giustificando
il sindacato e la ribellione, minano fin dalle sue basi la legge,
e le teoriche opposte, che I vogliono il magistrato stretto e
vincolato inflessibilmente dalle dichiarazioni delle parti e dai
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prècetti legislativi; al giudice ed al giurista italiano è già
ben segnata la via da seguire: quella che tennero i nostri
antichi magistrati e giureconsulti.
Da essi apprenderemo, come ogni teorica, la quale scalzi,
demolisca od inceppi la forza e l'azione della legge, sul Tebro
è nebbia che dal sol si doma, poichè ripugna a tutto il nostro
passato, a tutta la nostra istoria, a tutto il nostro spirito na
zionale; ed impareremo come, pur mantenendosi rigorosa
mente il rispetto e l'osservanza della legge, possa e debba la
legge medesima, fecond~ta ed illustrata dal pensiero vivo ed
evolventesi del diritto, estendere ed esplicare la sua azione
su tutte ed in armonia con"b:.'lA;,te le più nuove e più diverse
vicende, movenze ed inflessioni della vita sociale.
E, ben letti ed intesi, essi ci dir~nno quel che talvolta ci si
presenta quale portato di una scienza nuova e forestiera, che
il giudice, penale o civile che sia, debba individualizzare la
sua decisione al fatto singolo, ricercato nelle sue peculiari
condizioni oggettive e soggettive, studiato nelle sue intime
fibre, nei suoi speciali atteggiamenti, e ripiegare ed adattare
ad esso il concetto legislativo, secondo che, in sua coscienza
stimi, che le esigenze della giustizia viva; palpitante richieg
gano.' Se l'equità senza il diritto potrebbe condurre all'arbi
trio, a sua volta il diritto senza l'equità potrebbe apparire
crudele, ed è necessario che una giustizia fatta da uomini e
per uomini sia umana.
Da quelle fonti, per quanto antiche, sempre vive ed ine~
sauribili, ci si spanderà largo fiume di luce, di forme luminose,
di ardimenti fecondi, che mostreranno ed additeranno il cam
mino, pel quale si giunge alle supreme altezze del diritto,
e si discende a dispiegarne e rifrangerne meravigliosamente
e sapientemente l'azione benefica di civiltà e di progresso
attraverso il vario, perenne ed indefinito ascendere dell'uma
nità. Donde potrà sorgere, e sorgerà una dottrina ed ~1l1a giurisprudenza, che poggiando sulla sapienza degli avi nostri,
svolgendosi con le nostre leggi odierne, ed ispirandosi aUe se
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rene progressive ed alte idealItà della patria nostra, sarà
dottrina ed una giurisprudenza, nella sua base, nei suoi
cetti organici e sostanziali, e nella forma, prettamente,
tamente italiana, senza mistura inorganica di esagerazioni e
di nebulose straniere.
E da essa, dai suoi' pronunziati, e dai suoi postulati rive
lanti le urgenze che incalzano, le lotte vive che si combat
tono, e le armonie che s'impongono, ho fede che, come dagli
immortali responsi ed editti dei Giureconsulti e dei Pretori
Romani emersero le più grandi ed universali manifestazioni
del diritto, che le Aquile vincitrici, spiccando il volo dal
Campidoglio, recavano ed imponevano fino all'Eufrate ed al
l'Atlante, così scaturiranno un giorno i germi di una scienza
italianamente universale, che irradiando della sua luce i gravi
problemi giuridici e sociali che, non su questo o su qllello
Stato, ma incombono su tutti, e trasportando la. bilancia dal
mondo simbolico nel mondo etico, e dal mondo etico nel
campo filosofico e giuridico, porrà e proclamerà la grande
equazione civile, cui tutti oggi volgono il pensiero, ed a cui
tutti oggi con ansia perenne aspirano.
E per tal modo, se la Roma pagana, con la spada e con la
conquista arrestò l'indefinito suddi vidersi dei popoli, intro
dusse l'ordine nel caos delle loro costituzioni, li strinse insieme
prima con la prepotenza della forza e poi con la forza della
legge, e spezzando barriere, ravvicinando elementiprofon
mente diversi, accoppiand0 e fondendo ordinamenti dispara
tissimi, li soggiogò, unificò e sospinse tutti verso la civiltà;
se l'Italia del Rinascimento, parecchi secoli dappoi, a mezzo
de' suoi pensatori, de' suoi scrittori e de' suoi artisti, eser
citò il glorioso officio dI conciliatrice tra l'antichità e la
età di mezzo, tra l'età di mezzo e la età moderna; l'Italia
nuova, guidata dalla sua Stella luminosa, sorretta dalla Croce
Sabauda, che in più che ottocento anni, ovunque e sempre
fu segnacolo di civiltà e di progresso, potrà in un tempo,
nel quale non sia già questo molto antico, temperando ed
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armonizzando le opposte tendenze, le antiche e nuove aspi
razioni, recare da questo Santuario della giustizia, e compiere
tra tutte le genti, la sua opera di conciliazione e di pace, ed
insieme <?ongiunte ascendere sempre lassù verso il vertice
del gran monte dei secoli.
È con questa fede, che,· nella odierna solennità, la quale
rievocando il passato ne segna ed addita qual sia la meta
dell'avvenire, io mi rivolgo, e sono felice di rivolgermi a voi,
illustre e caro Sig. Presidente; poichè voi, che appartenete
alla Magistratura italiana fin dai primi giorni della sua esi
stenza, ed occupandone, con, plauso universale, i seggi più ele
vati, ne avete seguito e sospiÌìto sempre lo svolgimento, tras
fondendovi, in armonia con l'antico, lo spirito e l'afflato della
vita nuova, siete voi che potete coi migliori auspici inaugurare,
come io domando venga inaugurato, in nome del nostro Re
Vittorio Emanuele III, il novello anno giudiziario.
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