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PARADIGMA
30 settembre 2016
La possibilità di pagamento diretto ai subappaltatori,
le novità introdotte dal d.lgs. n. 50/2016
sintesi della Relazione
dell’avv. Arturo Cancrini
1. Inquadramento generale del subappalto.
Una stessa matrice logica lega il subappalto privato e quello nell'ambito della contrattualistica
pubblica:1 il punto di contatto nei rispettivi paradigmi e che li rende solo in questo sovrapponibili è
la natura di contratto derivato che essi hanno rispetto al contratto principale d'appalto a cui
afferiscono in via incidente. Al subappalto, pertanto, in quanto tale, si applica in genere la stessa
disciplina del contratto base, così come d'altra parte avviene per gli altri sub contratti (ad es.
subcomodato e sublocazione).2
Logicamente, dalla natura di contratto derivato o di subcontratto che caratterizza il
subappalto, deriva che la sorte di quest'ultimo è condizionata ad effetto domino da quella del
contratto base.3
Altro aspetto che, però, presenta una tra le più importanti differenze fra il subappalto
civilistico e quello pubblicistico (art. 105 del D.Lgs. n. 50/2016; era in parte l’art. 118 dell’abrogato
D.Lgs. n. 163 del 2006) riguarda la natura e il regime dell'autorizzazione da parte della
committenza. Nell’art. 1656 c.c. per l’appalto privato è previsto che l'appaltatore non può dare in
subappalto l'esecuzione dell'opera o del servizio, se non è stato autorizzato dal committente; in tale
contesto civilistico, l'assenso del committente è inteso come mera autorizzazione, poiché l'art. 1656
c.c. è diretto a garantire tutela dell'interesse del committente e non a costituire un diverso rapporto
1 Si vada A. Cancrini, V. Capuzza, Manuale di Legislazione delle Opere Pubbliche, Roma, Aracne Editrice, ottobre
2015. 2 Tra le prime pronunce in tal senso si veda Cassazione civ. n. 2429 del 1979. Sul tema, cfr. Cfr. Cian-Trabucchi,
Commentario breve al codice civile, Padova, sub art. 1656. 3 Tra le pronunce in tal senso si veda già Cassazione civ. n. 8202 del 1990.
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tra questi e il subappaltatore. Quindi, per la Cassazione, nonostante l'autorizzazione il subappalto
resta un contratto che intercorre fra appaltatore e subappaltatore, al quale il committente resta
estraneo, non acquistando né diritti né assumendo obbligazioni verso il subappaltatore.4
Inoltre, l'art. 1656 c.c. esigendo il consenso del committente, determina una nullità relativa
laddove l'autorizzazione non sia stata effettuata, la quale può essere fatta valere unicamente dal
committente e non può essere rilavata ex officio5.
Infine, sempre con riguardo al subappalto nel codice civile, è stato anche riconosciuto dalla
giurisprudenza, come corollario del principio appena espresso sulla nullità virtuale, che
l'autorizzazione del committente possa essere anche non espressa, ma desumibile per facta.6
Per il subappalto nei contratti pubblici le previsioni giuridiche rispondono ad altre esigenze e,
pertanto, differenti rispetto all'ambito privatistico sono i tratti del relativo regime giuridico,
specialmente con riferimento al natura e agli effetti dell'autorizzazione.
La disciplina contenuta nell’art. 105 del D.Lgs. n. 50/16 e s.m.i. detta in modo particolareggiato
quali siano i doverosi controlli in capo all’amministrazione interessata e quali siano gli obblighi che
sorgono in capo all’impresa appaltatrice ove sorgano subcontratti nella fase d’esecuzione del
contratto pubblico principale.
L’art. 105, comma 18 del Codice degli appalti, stabilisce che l’affidatario che si avvale del
subappalto o del cottimo deve allegare alla copia autentica del contratto la dichiarazione circa la
sussistenza o meno di eventuali forme di controllo o di collegamento a norma dell'articolo 2359 del
codice civile con il titolare del subappalto o del cottimo. Analoga dichiarazione deve essere
effettuata da ciascuno dei soggetti partecipanti nel caso di raggruppamento temporaneo, società o
consorzio.
La stazione appaltante provvede al rilascio dell'autorizzazione entro trenta giorni dalla relativa
richiesta; tale termine può essere prorogato una sola volta, ove ricorrano giustificati motivi.
Trascorso tale termine senza che si sia provveduto, l'autorizzazione si intende concessa: è una
classica ipotesi di silenzio-assenso (nel regime del codice civile, invece, per l'autorizzazione del
committente privato è stato anche ammesso l'assenso per facta concludentia e quindi successivo).
Per i subappalti o cottimi di importo inferiore al 2 per cento dell'importo delle prestazioni affidate o
di importo inferiore a 100.000 euro, i termini per il rilascio dell'autorizzazione da parte della
stazione appaltante sono ridotti della metà.
L’art. 105 del Codice al comma 7, anche ai fini dell'autorizzazione, stabilisce che
4 Cassazione civ., n. 8202 del 1990.
5 Tra le prime pronunce in tal senso si veda Cassazione civ., n. 1466 del 55. Cfr. Cian-Trabucchi, Commentario breve
al codice civile, Padova, sub art. 1656. 6 Cassazione civ., n. 2757 del 1982.
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l'affidamento in subappalto è sottoposto alle seguenti condizioni:
1) che i concorrenti all'atto dell'offerta abbiano indicato i lavori o le parti di opere ovvero i
servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che intendono subappaltare o concedere in cottimo;
2) che l'affidatario provveda al deposito del contratto di subappalto presso la stazione
appaltante almeno venti giorni prima della data di effettivo inizio dell'esecuzione delle relative
prestazioni;
3) che al momento del deposito del contratto di subappalto presso la stazione appaltante
l'affidatario trasmetta altresì la certificazione attestante il possesso da parte del subappaltatore dei
requisiti di qualificazione prescritti dal presente codice in relazione alla prestazione subappaltata e
la dichiarazione del subappaltatore attestante il possesso dei requisiti generali di cui all'art. 38;
4) che non sussista, nei confronti dell'affidatario del subappalto o del cottimo, alcuno dei
divieti previsti dall'art. 67 del D.Lgs. n. 159 del 2011.
Come precisato dall’AVCP (ora ANAC) della Determinazione n. 4 del 2012, il ricorso al
subappalto deve avvenire nel rispetto delle condizioni dettate dall’allora art. 118 del Codice che
impone, inter alia, l’indicazione, da parte del concorrente, dei lavori o delle parti di opere ovvero
dei servizi e delle forniture o parti di servizi e forniture che intende subappaltare all’atto della
presentazione dell’offerta. Tale adempimento costituisce un presupposto essenziale in vista della
successiva autorizzazione al subappalto da parte della stazione appaltante e non ai fini della
partecipazione alla gara: da ciò consegue che l’erroneità e/o la mancanza della dichiarazione non
può essere, di per sé, assunta a fondamento di un provvedimento di esclusione, ma rappresenta solo
un impedimento per l’aggiudicataria a ricorrere al subappalto, di modo che la stessa dovrà
provvedere direttamente all’esecuzione della prestazione , ove in possesso dei requisiti prescritti.
Diversamente, la violazione dell’obbligo di indicare in sede di offerta la quota della prestazione che
il candidato intende subappaltare potrà costituire causa di esclusione qualora questa sia necessaria
per documentare il possesso dei requisiti richiesti ai concorrenti singoli o riuniti al momento di
presentazione dell’offerta, necessari per eseguire in proprio la prestazione. Sempre l’ANAC, nella
Determinazione n. 1 del 2015, ha precisato che la carenza di una simile dichiarazione non si ritiene
possa essere sanata. Laddove, infatti, si consentisse ad un concorrente, sprovvisto della necessaria
qualificazione richiesta dalla lex specialis di gara, di indicare successivamente la volontà di
subappaltare una quota dei lavori, con indicazione della relativa quota, al fine di dimostrare il
possesso della qualificazione richiesta, si altererebbe il principio di par condicio tra i concorrenti.
Tale dichiarazione, infatti, afferisce direttamente al possesso del requisito essendo espressione di
un’autodeterminazione del concorrente in ordine alle modalità di acquisizione del medesimo.
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Importante novità è dettata dal comma 2 dell’art. 105 del nuovo Codice: l'eventuale subappalto
non può superare la quota del 30 per cento dell'importo complessivo del contratto di lavori ( e non
più della categoria prevalente), servizi o forniture.
Inoltre, il comma 6 supera la questione che aveva interessato la giurisprudenza, sancendo che è
obbligatoria l'indicazione della terna di subappaltatori, qualora gli appalti di lavori, servizi o
forniture siano di importo pari o superiore alle soglie di cui all'art. 35 e per i quali non sia necessaria
una particolare specializzazione. In tal caso il bando o avviso con cui si indice la gara prevedono
tale obbligo. Nel bando o nell'avviso la stazione appaltante può prevedere ulteriori casi in cui è
obbligatoria l'indicazione della terna anche sotto le soglie comunitarie.
Va precisato che nell’appalto pubblico l’obbligo di acquisire l’autorizzazione al subappalto non
risponde unicamente alle esigenze di tutela che animano già l'art. 1656 c.c., intende primariamente
rispondere all'esigenza di evitare l'infiltrazione, tramite tale subcontratto, della criminalità
organizzata negli appalti pubblici.
È per questo che l'esigenza di prevenire la comparsa di fenomeni criminali in tali delicati e
importanti settori della vita economica dello Stato, il legislatore ha formulato da tempo una
fattispecie penale, la quale sebbene di natura ancora contravvenzionale, intende sanzionare però
con un reato cd. di pericolo l'eventuale condotta che investe appaltatore e subappaltatore che non
hanno richiesto o ottenuto la previa autorizzazione della stazione appaltante e abbiano comunque
inteso dar vita al subappalto.
La fattispecie è sancita dall’art. 21, comma 1 della legge 13 settembre 1982, n. 646 e s.m.i., e
prevede che: “chiunque, avendo in appalto opere riguardanti la pubblica amministrazione,
concede, anche di fatto, in subappalto o a cottimo, in tutto o in parte le opere stesse, senza
l’autorizzazione dell’autorità competente, è punito con l’arresto da sei mesi ad un anno e con
l’ammenda non inferiore ad un terzo del valore dell’opera concessa in subappalto o a cottimo e non
superiore ad un terzo del valore complessivo dell’opera ricevuta in appalto. Nei confronti del
subappaltatore e dell’affidatario del cottimo si applica la pena dell’arresto da sei mesi ad un anno
e dell’ammenda pari ad un terzo del valore dell’opera ricevuta in subappalto o in cottimo. È data
all’Amministrazione appaltante la facoltà di chiedere la risoluzione del contratto”.
Al comma 3, ultimo cpv., prescrive: “l’ulteriore prosecuzione dei rapporti stessi, in carenza
del titolo autorizzatorio, è punita con le pene stabilite nel primo comma, ferma restando la facoltà
dell’amministrazione appaltante di chiedere la risoluzione del contratto”.
Infine, è rimessa alla discrezionalità motivata della stazione appaltante la facoltà di chiedere
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la risoluzione contrattuale nei confronti dell’appaltatore.
Inoltre, anche in tale contesto si tenga presente che “Il divieto di affidare senza autorizzazione
della p.a., in tutto o in parte, lavori in subappalto o a cottimo, cui fa riferimento l'art. 21 l. n. 646
del 1982, si riferisce non solo ai contratti tipici ma anche a quelle forme contrattuali atipiche o
derivate, con le quali sotto diverso nome si realizza lo stesso risultato del subappalto o del cottimo”
(nella specie, la Corte Cassazione penale, sez. III, 29 novembre 2005, n. 792 ha ritenuto
configurabile la contravvenzione anche nel caso di cosiddetto "nolo a caldo").
L'autorizzazione, una volta emessa, può anche essere revocata. In tal senso, opera l'art. 94 del
Codice antimafia (D.Lgs. n. 159/2011) secondo il quale quando le verifiche disposte siano di
particolare complessità, il prefetto ne dà comunicazione senza ritardo all'amministrazione
interessata e fornisce le informazioni acquisite entro i successivi trenta giorni. Decorso poi il
termine di quarantacinque giorni dalla ricezione della richiesta, ovvero, nei casi d'urgenza, anche
immediatamente dopo la richiesta, le amministrazioni procedono anche in assenza delle
informazioni del prefetto. In tale caso, i contributi, i finanziamenti, le agevolazioni e le altre
erogazioni di cui al comma 1 sono corrisposti sotto condizione risolutiva e l'amministrazione
interessata può revocare le autorizzazioni e le concessioni o recedere dai contratti, fatto salvo il
pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione
del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite.
Le facoltà di revoca e di recesso di cui al comma 2 si applicano anche quando gli elementi relativi
a tentativi di infiltrazione mafiosa siano accertati successivamente alla stipula del contratto, alla
concessione dei lavori o all'autorizzazione del subcontratto.
Sussistendo in capo alla Stazione appaltante il potere di revocare l’autorizzazione al subappalto
– emessa nelle more della risposta della Prefettura mediante l’informativa antimafia –, essa stessa
può emanare il provvedimento di revoca tenendo presente che:
- non è giuridicamente corretto allegare al provvedimento di revoca quello dell’informativa
prefettizia, essendo quest’ultimo un atto “non classificato controllato” e quindi sottratto al diritto
d’accesso ex art. 24, c. 2 lett. c) della L. n. 241/90 e art. 3, punto b) del D.M. Interno n. 415/94;
- non è previsto l’obbligo dell’avvio della comunicazione del procedimento amministrativo, come
riconosciuto dalla giurisprudenza (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. VI, 250/2010);
- la motivazione del provvedimento di revoca può esplicarsi mediante il richiamo al provvedimento
interdittivo antimafia della Prefettura, al cui contenuto si rinvia per relationem. Sarà eventualmente
il destinatario del provvedimento di revoca, in sede di eventuale impugnazione, a poter chiedere al
giudice adito l’ostensione del provvedimento per l’esercizio del proprio diritto di difesa.
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Tornando alla disciplina generale del subappalto, non è stata riprodotta nel nuovo Codice la
previsione che era contenuta nel comma 3 dell'art. 118 dell’abrogato Codice del 2006 a mente della
quale occorreva precisare che nel bando di gara la stazione appaltante avrebbe provveduto a
corrispondere direttamente al subappaltatore o al cottimista l'importo dovuto per le prestazioni dagli
stessi eseguite o, in alternativa, che era fatto obbligo agli affidatari di trasmettere, inderogabilmente
(trattavasi infatti di norma questa cd. di ordine pubblico e i contatti in parte qua non potevano
prevedere una diversa disciplina dei termini) entro venti giorni dalla data di ciascun pagamento
effettuato nei loro confronti, copia delle fatture quietanzate relative ai pagamenti da essi affidatari
corrisposti al subappaltatore o cottimista, con l'indicazione delle ritenute di garanzia effettuate.
Qualora gli affidatari non avessero trasmesso le fatture quietanziate del subappaltatore o del
cottimista entro il predetto e inderogabile termine, la stazione appaltante avrebbe sospeso il
successivo pagamento a favore degli affidatari.
Attualmente, il comma 13 dell’art. 105 del D.Lgs. n. 50/2016 prevede che la stazione appaltante
corrisponde direttamente al subappaltatore, al cottimista, al prestatore di servizi ed al fornitore di
beni o lavori, l'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite nei seguenti casi:
a) quando il subappaltatore o il cottimista è una microimpresa o piccola impresa;
b) in caso di inadempimento da parte dell'appaltatore;
c) su richiesta del subappaltatore e se la natura del contratto lo consente.
Il comma 18 dell'art. 118 del Codice sancisce un altro importante aspetto, quello cioè
dell'equiparazione ai fini dell'applicazione della disciplina de medesimo articolo, a figure che in
senso stretto, pur essendo subcontratti, non sono subappalti, ma che – si ripete – vengono
considerati tali al verificarsi di talune condizioni. In particolare, è considerato subappalto – e quindi
va soggetto all'autorizzazione e alle altre prescrizioni dell'art. 118 - qualsiasi contratto avente ad
oggetto attività ovunque espletate che richiedono l'impiego di manodopera, quali le forniture con
posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2 per cento dell'importo del
contratto principale (lavori affidati) o di importo superiore a 100.000 euro e qualora l'incidenza del
costo della manodopera e del personale sia superiore al 50 per cento dell'importo del contratto da
affidare. De converso, non sono considerati subappalti quei subaffidamenti che non conseguano
anche una sola di dette condizioni.
Il “nolo a caldo” è “un contratto di locazione cui accede una prestazione d’opera: i lavori
vengono eseguiti con macchine prese a nolo e utilizzate da personale messo a disposizione dalla
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stessa impresa noleggiatrice”,7: la locatio rei ha maggior rilievo della locatio operis (fare), che
invece caratterizza l'appalto.
La “fornitura con posa in opera” è “un contratto di vendita in cui oltre ad un dare è prevista
un’attività dell’impresa fornitrice attraverso l’impiego di manodopera o maestranze in genere, per
l’utilizzo dei materiali forniti”,8 talché, sempre in linea generale, può affermarsi che si è in presenza
di un contratto di fornitura con posa in opera piuttosto che di un contratto d’appalto tutte le tutte le
volte in cui la componente lavori sia di fatto accessoria e per contro sia prevalente l’attività di
“dare” rispetto a quella di “facere”.
2.Il pagamento diretto dell’amministrazione al subappaltatore nell’abrogata disciplina.
Nella previgente disciplina l’art. 118, co. 3 del d. lgs. n. 163/2006, prevedeva che la stazione
appaltante, al momento della indizione della procedura di gara, poteva prevedere nel bando di gara
che avrebbe corrisposto “direttamente al subappaltatore o al cottimista l'importo dovuto per le
prestazioni dagli stessi eseguite o, in alternativa, che è fatto obbligo agli affidatari di trasmettere,
entro venti giorni dalla data di ciascun pagamento effettuato nei loro confronti, copia delle fatture
quietanzate relative ai pagamenti da essi affidatari corrisposti al subappaltatore o cottimista, con
l'indicazione delle ritenute di garanzia effettuate. Qualora gli affidatari non trasmettano le fatture
quietanziate del subappaltatore o del cottimista entro il predetto termine, la stazione appaltante
sospende il successivo pagamento a favore degli affidatari”.
In particolare, è stato più volte affermato dall’Autorità (anche nel Parere AG4/12 del 17
maggio 2012) e dalla giurisprudenza che il contratto di subappalto, pur potendo essere ricompreso
nella categoria dei contratti derivati e subendo pertanto alcuni effetti dal contratto soprastante,
mantiene comunque un elevato grado di autonomia rispetto al contratto di appalto. Pertanto, non si
creerebbe tra la stazione appaltante ed il subappaltatore alcun rapporto diretto di debito/credito
(Cass. civ. Sez. II, 21 ottobre 2009, n. 22344; Cass. civ. Sez. I, 9 settembre 2004, n. 18196; Cass.,
24 luglio 2000, n. 9684; Cass. civ. Sez. II, 29 maggio 1999, n. 5237; AVCP, determinazione 26
marzo 2003, n. 8, determinazione 28 aprile 2004, n. 7, deliberazione 23 novembre 2004, n. 157).
In particolare, l’Autorità ha negato che “a seguito del contratto di subappalto ed anche nel caso di
pagamento diretto al subappaltatore, possa sussistere alcun rapporto giuridico tra stazione
appaltante e subappaltatore” (AVCP, deliberazione n. 157/2004). È stato ritenuto, quindi, che
l’interpretazione letterale della disposizione “permetta di qualificare la fattispecie del pagamento
7 Cfr. Cianflone, Giovannini, L’Appalto di Opere Pubbliche, XII, pp. 1381 e 1382, nota 27.
8 Cfr. Cianflone, Giovannini, L’Appalto di Opere Pubbliche, XII, p. 1382, nota 27. Cfr. anche Circolare ANAS 11
giugno 1990, n. 1595.
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diretto quale delegazione di pagamento ex lege tra l’appaltatore, il subappaltatore e la stazione
appaltante. Non sorge, pertanto, un autonomo rapporto obbligatorio tra il subappaltatore e la
stazione appaltante, ma quest’ultima, pagando, adempie la propria obbligazione nei confronti
dell’appaltatore e, in virtù della delegazione, estingue anche l’obbligazione dell’appaltatore nei
confronti del subappaltatore. I rapporti, sorti in virtù di distinti contratti, rimangono pertanto
autonomi. Lo stesso avviene, a fortiori, nel caso in cui la stazione appaltante preveda nel bando di
gara di sospendere il pagamento all’appaltatore in caso di mancata presentazione delle fatture
quietanzate” (AVCP, parere sulla normativa 17 maggio 2012, AG 4/2012).
Nella fisiologia delle relazioni negoziali, la corretta applicazione del citato art. 118, co. 3 del d. lgs.
n. 163/2006 assicurava ai subappaltatori la continua e costante soddisfazione dei propri crediti nei
confronti dell’appaltatore, mitigando la posizione di debolezza contrattuale nella quale
normalmente questi soggetti versano (AVCP, parere sulla normativa 10 novembre 2011, AG
30/2011).
Invece, nel caso sottoposto all’attenzione dell’Autorità per il citato parere del 7 maggio 2012 “è la
stazione appaltante istante che intende modificare in corso di esecuzione le modalità di pagamento
dei subappaltatori contenute nei contratti di appalto e di subappalto. Tale modifica – per quanto
riferito – sarebbe richiesta dall’appaltatore “in difficoltà economiche” e, quindi, non in grado di
far fronte ai propri debiti nei confronti dei subappaltatori.
Per una corretta valutazione della legittimità della prospettata modifica in fase esecutiva, si deve
innanzitutto ricordare che, secondo consolidata giurisprudenza nazionale e comunitaria, le
“modifiche apportate alle disposizioni di un appalto pubblico in corso di validità costituiscono una
nuova aggiudicazione di appalto, ai sensi della direttiva 92/50, quando presentino caratteristiche
sostanzialmente diverse rispetto a quelle dell’appalto iniziale e siano, di conseguenza, atte a
dimostrare la volontà delle parti di rinegoziare i termini essenziali di tale appalto (v., in tal senso,
sentenza 5 ottobre 2000, causa C337/98, Commissione/Francia, Racc. pag. I8377, punti 44 e 46).
La modifica di un appalto pubblico in corso di validità può ritenersi sostanziale qualora introduca
condizioni che, se fossero state previste nella procedura di aggiudicazione originaria, avrebbero
consentito l’ammissione di offerenti diversi rispetto a quelli originariamente ammessi o avrebbero
consentito di accettare un’offerta diversa rispetto a quella originariamente accettata” (CGCE,
sentenza 19 giugno 2008, resa nella causa C-454/06).
Nel caso di specie si ritiene che il perseguito cambiamento della modalità di pagamento dei
subappaltatori non sia tale da apportare modifiche “sostanziali” al contratto. L’adozione dell’una
o dell’altra modalità di pagamento offerte dall’art. 118 del d. lgs. n. 163/2006, infatti, non
costituisce una condizione atta ad alterare sostanzialmente e radicalmente l’assetto negoziale
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definito con l’aggiudicazione, ma può solo determinare, in linea teorica, un aggravio
procedimentale per la stazione appaltante. L’appaltatore, invece, anche quando si adotta il c.d.
pagamento indiretto, è comunque messo in grado di far fronte ai propri debiti verso i
subappaltatori grazie al pagamento ricevuto dalla stazione appaltante.
Ciò detto, anche alla luce dei citati precedenti di questa Autorità, è possibile affermare che il
pagamento diretto da parte della stazione appaltante sia sostanzialmente più efficace nel tutelare la
posizione del subappaltatore e, inoltre, maggiormente idoneo a garantire anche un miglior
funzionamento del meccanismo di sostituzione di cui agli art. 4 e 5 del D.P.R. 5 ottobre 2010, n.
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Tale interpretazione, del resto, ha trovato recentemente conferma in un intervento del legislatore
nazionale. L’art. 13, co. 2, lett. a) della l. 11 novembre 2011, n. 180, infatti, prevede che: “Nel
rispetto della normativa dell'Unione europea in materia di appalti pubblici, al fine di favorire
l'accesso delle micro, piccole e medie imprese, la pubblica amministrazione e le autorità
competenti, purché ciò non comporti nuovi o maggiori oneri finanziari, provvedono a: a)
suddividere, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 29 del codice dei contratti pubblici relativi
a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, gli appalti in lotti o
lavorazioni ed evidenziare le possibilità di subappalto, garantendo la corresponsione diretta dei
pagamenti da effettuare tramite bonifico bancario, riportando sullo stesso le motivazioni del
pagamento, da parte della stazione appaltante nei vari stati di avanzamento […]”.
Pur non essendo la formulazione della disposizione in questione particolarmente chiara, si ritiene
che il legislatore abbia in tal modo introdotto una forma di favor nei confronti del pagamento
diretto, soprattutto quando è verosimile che siano coinvolte nei subappalti PMI, mentre l’adozione
della forma del pagamento indiretto dovrebbe essere oggetto di specifica motivazione da parte della
stazione appaltante. Pertanto, anche tenuto conto di tale intervento legislativo, la modifica in corso
di esecuzione delle modalità di pagamento dei subappaltatori appare, in termini generali ed
astratti, compatibile con la normativa di settore”.
3. Il pagamento diretto ai subappaltatori P.M.I., ai sensi dell'art. 13, comma 2, lettera a) della
legge n. 180/2011. Obbligo o facoltà?
Il citato art. 13, c. 2 lett. a) della legge n. 180/2011 stabilisce che:
“2. Nel rispetto della normativa dell'Unione europea in materia di appalti pubblici, al fine di
favorire l'accesso delle micro, piccole e medie imprese, la pubblica amministrazione e le autorità
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competenti, purché ciò non comporti nuovi o maggiori oneri finanziari, provvedono a:
a) suddividere, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 29 del codice dei contratti pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, gli appalti in
lotti o lavorazioni ed evidenziare le possibilità di subappalto, garantendo la corresponsione diretta
dei pagamenti da effettuare tramite bonifico bancario, riportando sullo stesso le motivazioni del
pagamento, da parte della stazione appaltante nei vari stati di avanzamento”.
Di recente sul punto è intervenuta la Delibera ANAC n. 11 del 21 gennaio 2015 che appare
propensa a interpretare la norma citata come un obbligo per le amministrazioni.
In particolare, la Delibera n. 11 del 21 gennaio 2015 (avente ad oggetto: fascicolo 2243/2013 -
Lavori di messa in sicurezza del torrente Bellasio – I stralcio, Esponente: Società Costruzioni s.r.l.,
Stazione appaltante: Comune di Santo Stefano di Magra (SP), Riferimenti normativi: art. 118,
comma 3 d.lgs. n. 163/2006 e art. 13, comma 2, lettera a) legge n. 180/2011), ha espresso una serie
di linee ermeneutiche utili per gli operatori; esse sono:
- in caso di procedura concorsuale sussiste l’obbligo della sospensione del pagamento
all’appaltatore ex art. 118, comma 3, del d.lgs. n. 163 del 2006 da parte della stazione appaltante
fino al soddisfacimento del subappaltatore (Cass. n. 3402 del 5.03.2012); mentre, non è
ammissibile il pagamento diretto da parte della Stazione appaltante a favore del subappaltatore ove
ciò non sia espressamente previsto dal contratto di appalto, il quale richiederebbe pertanto una
modifica di natura negoziale (cfr. AVCP - parere AG 26/12 del 7 marzo 2013).
- Inoltre, l’ Autorità prima del 21 gennaio 2015, ha reso un parere nel senso di seguito indicato “In
caso di concordato preventivo, a seconda di quanto disposto nel bando di gara ai sensi dell’art. 118,
co. 3 del d. lgs. 163/2006, la stazione appaltante che avesse sospeso i pagamenti a favore
dell’appaltatore pagherà a quest’ultimo, una volta che questi abbia saldato il proprio debito (come
eventualmente ridotto dal concordato) con il subappaltatore; potrà altresì pagare direttamente il
subappaltatore, sempre nella misura stabilita dal concordato.”
- “Va da ultimo evidenziato che il pagamento diretto dei subappaltatori è stato reso obbligatorio,
qualora si tratti di P.M.I., dall'art. 13, comma 2, lettera a) della legge n. 180 del 2011 - Norme per
la tutela della libertà d'impresa. Statuto delle imprese: “Nel rispetto della normativa dell'Unione
europea in materia di appalti pubblici, al fine di favorire l'accesso delle micro, piccole e medie
imprese, la pubblica amministrazione e le autorità competenti, purché ciò non comporti nuovi o
maggiori oneri finanziari, provvedono a:
a) suddividere, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 29 del codice dei contratti pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, gli appalti
in lotti o lavorazioni ed evidenziare le possibilità di subappalto, garantendo la corresponsione
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diretta dei pagamenti da effettuare tramite bonifico bancario, riportando sullo stesso le
motivazioni del pagamento, da parte della stazione appaltante nei vari stati di avanzamento;”
Inoltre, la questione della tutela del subappaltatore nei confronti dell’appaltatore, in presenza di
procedure concorsuali per insolvenza dell’imprenditore, è stata di recente affrontata con la legge
n. 9 del 2014, che ha previsto l’integrazione del comma 3, dopo il terzo periodo, con il seguente:
"Ove ricorrano condizioni di crisi di liquidità finanziaria dell'affidatario, comprovate da
reiterati ritardi nei pagamenti dei subappaltatori o dei cottimisti, o anche dei diversi soggetti
che eventualmente lo compongono, accertate dalla stazione appaltante, per il contratto di
appalto in corso può provvedersi, sentito l'affidatario, anche in deroga alle previsioni del
bando di gara, al pagamento diretto alle mandanti, alle società, anche consortili,
eventualmente costituite per l'esecuzione unitaria dei lavori a norma dell'articolo 93 del
regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, nonché al
subappaltatore o al cottimista dell'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite" e
l’inserimento del comma 3-bis “E' sempre consentito alla stazione appaltante, anche per i
contratti di appalto in corso, nella pendenza di procedura di concordato preventivo con
continuità aziendale, provvedere ai pagamenti dovuti per le prestazioni eseguite dagli eventuali
diversi soggetti che costituiscano l'affidatario, quali le mandanti, e dalle società, anche consortili,
eventualmente costituite per l'esecuzione unitaria dei lavori a norma dell'articolo 93 del
regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, dai
subappaltatori e dai cottimisti, secondo le determinazioni del tribunale competente per
l'ammissione alla predetta procedura”.”.
5. Nuova disciplina nel D.Lgs. n. 50/2016
Nell’art. 105 il comma 13 stabilisce, come s’è detto, che la stazione appaltante corrisponde
direttamente al subappaltatore, al cottimista, al prestatore di servizi ed al fornitore di beni o lavori,
l'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite nei seguenti casi:
a) quando il subappaltatore o il cottimista è una microimpresa o piccola impresa;
b) in caso di inadempimento da parte dell'appaltatore;
c) su richiesta del subappaltatore e se la natura del contratto lo consente.
Per quanto previsto nella lettera a), c’è da dire che il pagamento diretto dei subappaltatori
erav già stato reso obbligatorio, qualora si tratti di P.M.I., dall'art. 13, comma 2, lettera a) della
legge n. 180 del 2011; in tale ultima norma si fa riferimento al fatto che, nel rispetto della normativa
dell'Unione europea in materia di appalti pubblici, al fine di favorire l'accesso delle micro, piccole e
medie imprese, la pubblica amministrazione e le autorità competenti, purché ciò non comporti
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nuovi o maggiori oneri finanziari, devono provvedere a suddividere (nel rispetto di quanto era
previsto dall'art. 29 del vecchio Codice dei contratti pubblici) gli appalti in lotti o lavorazioni ed
evidenziare le possibilità di subappalto, garantendo la corresponsione diretta dei pagamenti da
effettuare tramite bonifico bancario, riportando sullo stesso le motivazioni del pagamento, da parte
della stazione appaltante nei vari stati di avanzamento. Attualmente, la regola comunitaria della
divisione in lotti è espressa con portata ancora più ampia nell’art. 51 D.Lgs. n. 50/2016 e in forza
dell’art. 105 il subappalto non una previsione facoltativa per la stazione appaltante.
Inoltre, nell’art. 105 non vi è riferimento né alle mandanti di un’ATI né alle società costituite
per l’esecuzione unitaria dei lavori; invece, nel comma 3 dell’abrogato art. 118 era previsto che ove
ricorrano condizioni di crisi di liquidità finanziaria dell'affidatario, comprovate da reiterati ritardi
nei pagamenti dei subappaltatori o dei cottimisti, o anche dei diversi soggetti che eventualmente lo
compongono, accertate dalla stazione appaltante, per il contratto di appalto in corso può
provvedersi, sentito l'affidatario, anche in deroga alle previsioni del bando di gara (il riferimento era
alla facoltà espressa nel previgente incipit del comma 3), al pagamento diretto alle mandanti, alle
società, anche consortili, eventualmente costituite per l'esecuzione unitaria dei lavori a norma
dell'articolo 93 del regolamento di cui al d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, nonché al subappaltatore o al
cottimista dell'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite (come detto, il comma era
stato modificato dall'art. 2, comma 1, lettera bb), d.lgs. n. 113 del 2007, poi dall'art. 13, comma 10,
legge n. 9 del 2014). Attualmente, tale previsione non è rintracciabile nel nuovo Codice; anzi
nell’art. 105, comma 20 è contenuta una generale applicazione delle regole fissate dal medesimo
articolo: “Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai raggruppamenti
temporanei e alle società anche consortili, quando le imprese riunite o consorziate non intendono
eseguire direttamente le prestazioni scorporabili, nonché alle associazioni in partecipazione quando
l'associante non intende eseguire direttamente le prestazioni assunte in appalto; si applicano altresì
agli affidamenti con procedura negoziata”.
6. Ipotesi concorsuali ed effetti sul subappalto.
Nell’art. 118 erano state introdotte dall'art. 13, comma 10, legge n. 9 del 2014 (conversione
del D.L. n. 145/2013) due importanti disposizioni; in particolare:
- il comma 3-bis, in cui è sancito che sempre consentito alla stazione appaltante, anche per i
contratti di appalto in corso, nella pendenza di procedura di concordato preventivo con continuità
aziendale, provvedere ai pagamenti dovuti per le prestazioni eseguite dagli eventuali diversi
soggetti che costituiscano l'affidatario, quali le mandanti, e dalle società, anche consortili,
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eventualmente costituite per l'esecuzione unitaria dei lavori a norma dell'articolo 93 del
regolamento di cui al d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, dai subappaltatori e dai cottimisti, secondo le
determinazioni presso il Tribunale competente per l'ammissione alla predetta procedura;
- e il comma 3-ter, secondo cui nelle ipotesi previste nei commi 3, ultimo periodo e 3-bis, la
stazione appaltante, ferme restando le disposizioni previste in materia di obblighi informativi,
pubblicità e trasparenza, è in ogni caso tenuta a pubblicare nel proprio sito internet istituzionale le
somme liquidate con l'indicazione dei relativi beneficiari.
Va detto che nel citato comma 3, ultimo periodo, era fissata una disciplina importante che poteva
essere così declinata:
- nel caso di pagamento diretto, gli affidatari comunicano alla stazione appaltante la parte
delle prestazioni eseguite dal subappaltatore o dal cottimista, con la specificazione del relativo
importo e con proposta motivata di pagamento. Ove ricorrano condizioni di crisi di liquidità
finanziaria dell'affidatario, comprovate da reiterati ritardi nei pagamenti dei subappaltatori o dei
cottimisti, o anche dei diversi soggetti che eventualmente lo compongono, accertate dalla stazione
appaltante, per il contratto di appalto in corso può provvedersi, sentito l'affidatario, anche in deroga
alle previsioni del bando di gara, al pagamento diretto alle mandanti, alle società, anche consortili,
eventualmente costituite per l'esecuzione unitaria dei lavori a norma dell'articolo 93 del
regolamento di cui al d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, nonché al subappaltatore o al cottimista
dell'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite.
- Tale disposizione era stata appunto così modificata dall'art. 2, comma 1, lettera bb), d.lgs. n.
113 del 2007, poi dall'art. 13, comma 10, legge n. 9 del 2014): essa «si applica anche alle somme
dovute agli esecutori in subcontratto di forniture le cui prestazioni sono pagate in base allo stato di
avanzamento lavori ovvero stato di avanzamento forniture» ai sensi dell'art. 15 della legge n.
180/2011).
Attualmente, il citato comma 10 della L. n. 9/2014 (e quindi le previsioni che erano
state operate nel previgente art. 118 del vecchio Codice appalti) è stato abrogato dall’ art. 217,
comma 1, lett. ll), D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, a decorrere dal 19 aprile 2016, ai sensi di
quanto disposto dall’ art. 220 del medesimo D.Lgs. n. 50/2016.
Nell’ipotesi in cui vi sia il fallimento dell’appaltatore, l’art. 81, R.D. 267/1942 stabilisce che
il contratto di appalto si scioglie per il fallimento di una delle parti, a meno che il curatore, sentito il
comitato dei creditori, se è stato nominato, e con l'autorizzazione del giudice delegato, non
dichiari di voler subentrare nel rapporto dandone comunicazione all'altra parte nel termine di
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giorni venti dalla dichiarazione di fallimento ed offrendo idonee garanzie. La prosecuzione del
rapporto non è consentita nel caso di fallimento dell'appaltatore, quando la considerazione
della sua persona è stato un motivo determinante del contratto. Sono fatte salve le norme relative al
contratto di appalto per le opere pubbliche.
Dunque, è stabilito che il contratto di appalto non si estingue solo il curatore non dichiari,
entro 60 giorni, di voler subentrare all’appaltatore fallito. A tal proposito è intervenuta la Corte di
Cassazione, Sez. I civile, la quale con la sentenza del 5 marzo 2012, n. 3402, ha ritenuto che il
credito riferibile al subappaltatore nel caso in cui l’esecutore principale venisse dichiarato fallito,
sarebbe prededucibile, in quanto esigibile da parte del subappaltatore medesimo nei riguardi della
Committenza. Secondo l’art. 111, R.D. n. 267/ 1942, “sono considerati crediti prededucibili quelli
qualificati da una specifica diposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle
procedure concorsuali di cui alla presente legge; tali crediti sono soddisfatti con preferenza ai sensi
del primo comma”. La Cassazione nella citata sentenza ha ritenuto che l’art.111 attua un
meccanismo satisfattorio destinato a regolare non solo le obbligazioni della massa sorte al suo
interno, ma tutte quelle interferiscono con l’amministrazione fallimentare ed influiscono per
l’effetto sugli interessi dell’intero ceto creditorio. Quindi, rientra fra i crediti prededucibili anche il
pagamento al subappaltatore. L’eventuale sospensione dei pagamenti all’appaltatore da parte della
Committente, in virtù della sanzione comminata dall’art. 118 del Codice, determina il fatto che il
credito al pagamento da parte del subappaltatore sia “condizione di esigibilità del credito che la
fallita vanta a sua volta nei confronti della stazione appaltante”.
Una linea argomentativa opposta a quella seguita dalla cassazione nella sentenza citata, è
stata sostenuta dal Tribunale di Bolzano, 25 febbraio 2014, il quale ha affermato di non
condividere la pronuncia in materia della Suprema Corte, per le seguenti ragioni:
“1. La Corte di Cassazione parte dal presupposto fondamentale che nella fattispecie in esame sia
applicabile l'articolo 118 comma 3 Codice Appalti. Per semplicità di lettura si riporta il teso dei
commi 3 e 3 bis del citato articolo, come modificato dall'articolo 13 comma 10 lettera a) del DL
145 /2013, in vigore dal 24/12/2013. “Nel bando di gara la stazione appaltante indica che
provvederà a corrispondere direttamente al subappaltatore o al cottimista l'importo dovuto per le
prestazioni degli stessi eseguite o, in alternativa, che è fatto obbligo agli affidatari di trasmettere,
entro 20 giorni dalla data di ciascun pagamento effettuato nei loro confronti, copie delle fatture
quietanzate relative ai pagamenti da essi affidatari corrisposti al subappaltatore cottimista, con
l'indicazione delle ritenute di garanzia effettuate. Qualora gli affidatari non trasmettano le fatture
quietanziate del subappaltatore o del cottimista entro il predetto termine, la stazione appaltante
sospende il successivo pagamento a favore degli affidatari. Nel caso di pagamento diretto, gli
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affidatari comunicano alla stazione appaltante la parte delle prestazioni eseguite dal
subappaltatore o dal cottimista,, con la specificazione del relativo importo e con la proposta
motivata di pagamento. Ove ricorrano condizioni di particolare urgenza inerenti al completamento
dell'esecuzione del contratto accertate dalla stazione appaltante per i contratti di appalto in corso
può provvedersi, anche in deroga alle previsioni del bando di gara, al pagamento diretto al
subappaltatore o al cottimista dell'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguiti.
3 – bis. È sempre consentito alla stazione appaltante, anche per i contratti di appalto in corso, nella
pendenza di procedura di concordato preventivo, provvedere ai pagamenti dovuti per le prestazioni
eseguite dall'affidatario medesimo e dai subappaltatori e cottimisti, presso il tribunale competente
per l'ammissione alla predetta procedura.”
Tale norma prevede un meccanismo che trova la propria ratio nell'esigenza di tutela della Pubblica
Amministrazione, il cui interesse primario è quello di vedere realizzata l'opera pubblica nei termini
e alle condizioni previsti dal contratto di appalto e di sapere che i denari versati alla società
appaltatrice per i S.A.L. (stati avanzamento lavori) via via maturati siano stati da questa
correttamente destinati ai subappaltatori. In altre parole, l'articolo 118 terzo comma Cod. app.
trova applicazione solamente nei rapporti tra ente pubblico e società appaltatrice che continui o sia
in grado di continuare la propria attività oggetto del contratto d'appalto. Ciò trova conferma nella
recente modifica del comma 3 del predetto articolo, laddove è stata aggiunta la previsione che in
condizioni di particolare urgenza inerenti al completamento dell'esecuzione del contratto, accertate
dalla stazione appaltante, per i contratti di appalto in corso, possa provvedersi anche in deroga
alle previsioni del bando di gara al pagamento diretto al subappaltatore.
Inoltre il comma 3 bis, aggiunto dal decreto legge 145 del 2013, prevede la possibilità per la
stazione appaltante di provvedere ai pagamenti dovuti per le prestazioni eseguite dall'affidatario
medesimo, nella pendenza di procedura di concordato preventivo di questo, e dai subappaltatori.
Pare pacifico che questa nuova disposizione si possa riferire solamente ai casi di concordato in
continuità aziendale, essendo prevista solo per questa categoria di concordato la possibilità di
proseguire, a determinate condizioni, i contratti in corso di esecuzione alla data di deposito del
ricorso di concordato stipulati con la P.A. (186 bis comma 3 lf). Ciò supporta ulteriormente la tesi
secondo cui il meccanismo di cui all’art. 118 cod. app. abbia ragion d’essere solo laddove vi sia
una continuità nei rapporti fra stazione appaltante e affidatario.
Per contro, in caso di fallimento dell’affidatario (come nel caso di specie), il contratto fra questo e
la stazione appaltante si scioglie ipso iure. L'ente pubblico appaltante, infatti, non può consentire la
prosecuzione del rapporto, né la procedura può optare di proseguire lo stesso a norma dell'articolo
81 comma 1 e 2 e l.f. (cfr. a tal fine Cass. 19165/2007; Cons.Stato 4575/ 2007 secondo cui ”… Nei
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pubblici appalti si deve escludere la possibilità che a seguito di fallimento dell'appaltatore il
rapporto contrattuale possa proseguire fra la stazione appaltante pubblica e il fallito, ancorché il
giudice fallimentare abbia autorizzato l'esercizio provvisorio dell'impresa… Il principio che si
desume dal codice appalti, secondo cui le stazioni appaltanti pubbliche non possono intrattenere
rapporti contrattuali con appaltatori falliti, prevale sulla disciplina generale dettata dall'articolo
81 lf, sia in base al carattere speciale della disciplina dei pubblici appalti, sia in virtù del principio
della successione delle leggi nel tempo…).
L’impossibilità dell’ente pubblico di proseguire il rapporto con la società appaltatrice fallita si
ricava anche dalle disposizione contenute negli artt. 38 e 140 del codice degli appalti, laddove il
primo prevede al comma 1 che: “sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento
delle concessioni e degli appalti di lavoro, forniture e servizi, né possono essere affidatari di
subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti: a che si trovano in stato di
fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di cui all'articolo 186 bis
del regio decreto 16 marzo 1942, numero 267, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per
la dichiarazione di una di tali situazioni”.
L’art. 140 prevede, a sua volta, espressamente che le “stazioni appaltanti in caso di fallimento
dell'appaltatore … potranno interpellare progressivamente i soggetti che hanno partecipato
all'originaria di gara, risultanti dalla relativa graduatoria, al fine di stipulare un nuovo contratto
per l'affidamento del completamento dei lavori. Cede all'interpello a partire dal soggetto che ha
formulato la prima migliore offerta, sino al quinto migliore ente, escluso l’originario
aggiudicatario”.
In conclusione si ritiene che il meccanismo dettato dall’art. 118, che prevede la sospensione del
pagamento da parte dell’ente pubblico in favore della appaltatrice relativamente ai crediti da
questa maturati fino a quel momento e relativi al S.A.L. accertato in contradditorio fra le parti,
presuppone l’esistenza di una contratto ancora in corso di esecuzione, che deve essere portato a
termine, per poi giungere al collaudo dell’opera.
Si tratta, a ben vedere, di un meccanismo di tutela per la P.A. più che del subappaltatore, come
invece afferma la Suprema Corte (“la sanzione della sospensione, prevalentemente intesa quale
forma di garanzia per le ragioni del subappaltatore , contraente più debole , tesa ad evitare abusi
da parte dell’appaltatore, sia ed ancor di più se si riferisce a tutti i pagamenti successivi che
spettano all’appaltatore in forza del contratto d’appalto).
In sostanza, la tutela derivante al subappaltatore è solo indiretta, nel senso che la sospensione dei
pagamenti all’appaltatore realizza una situazione di fatto astrattamente idonea ad indurre
l’appaltatore medesimo - in corso d’opera - ad assolvere le sue obbligazioni verso il
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subappaltatore. Ma questo meccanismo non inficia l’autonomia del contratto d’appalto rispetto al
subappalto, né produce il sorgere di un rapporto giuridico fra la pubblica amministrazione ed il
subappaltatore, tantomeno crea un diritto del subappaltatore al pagamento delle sue prestazioni da
parte dell’ente pubblico. Ciò è stato più volte enunciato dalla Cassazione nelle decisioni nr.18.146
del 2004, nr. 22.344 del 2009, nr. 9.684 del 2000 e 5.237 del 1999.
Esclusa l’esistenza di un rapporto giuridico fra stazione appaltante e subappaltatore, il quale
dunque non può agire nei confronti della prima per ottenere il pagamento dei corrispettivi dovuti,
non è plausibile che il fallimento della società appaltatrice e lo scioglimento dei contratti
(d’appalto e di subappalto) conducano ad un rafforzamento, in senso giuridico, e ad un
miglioramento, in senso economico, della posizione del subappaltatore.
Alla stessa conclusione si perviene anche per altra via.
Un meccanismo di maggiore tutela del subappaltatore è sempre stato rappresentato dalla
possibilità di prevedere nel bando di gara il pagamento diretto a questi da parte della stazione
appaltante, possibilità che ora è stata potenziata dalla facoltà, in casi di urgenza, di provvedervi
anche in assenza di una previsione in tal senso nel bando di gara. Pertanto non si ritiene
applicabile la citata normativa nel caso in cui il rapporto con la PA si sia interrotto ipso iure in
seguito al fallimento della società appaltatrice. Conseguentemente non sarà necessario, al fine di
poter incassare quanto maturato nei confronti dell’ente pubblico, che è e rimane senza dubbio
debitore nei confronti della società appaltatrice per le prestazioni da questa eseguite, attivare il
“meccanismo di tutela”, pena la sospensione dei pagamenti.
2.L’articolo 118, terzo comma, inoltre non può trovare applicazione, in quanto, in presenza di
fallimento prevalgono i principi cardine che regolano lo svolgimento della procedura fallimentare
nel suo insieme, anche con riferimento alle tutele che tale procedura offre (insinuazione di tutti i
crediti nello stato passivo, possibilità di opposizioni, possibilità di impugnazioni, ecc.).
Diversamente verrebbe leso non solo il fondamentale principio della par condicio creditorum, che
ispira la normativa concorsuale, ma anche l’altrettanto fondamentale principio, secondo cui tutti i
pagamenti devono essere effettuati nell’ambito della procedura concorsuale in osservanza dei
privilegi di legge e delle norme sulla prededuzione. Pertanto un meccanismo come quello dettato
dall’art. 118, comma 3, che condizionerebbe la procedura stessa all’obbligo della presentazione
delle quietanze dei subappaltatori preventivamente al pagamento di quanto dovuto alla procedura
dalla stazione appaltante, sarebbe in totale contrasto con i suddetti principi e le garanzie della
procedura fallimentare.
3. Anche volendo prescindere dalla questione giuridica appena esaminata, e ipotizzare di
condividere l’affermazione della Cassazione secondo cui “il disposto del D.lgs. n. 163 del 2006,
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art. 118, comma 3, applicabile indiscutibilmente al caso di specie …” questo GD non condivide il
ragionamento svolto dalla Cassazione ed il conseguente principio affermato nella pronuncia,
secondo cui il pagamento del credito al subappaltatore rappresenta una condizione di esigibilità
del credito che la fallita vanta a sua volta nei confronti della stazione appaltante; che pertanto
detta costruzione rappresenta il necessario nesso di strumentalità tra il pagamento del proprio
credito, che, solo se assistito da prededuzione, può essere eseguito con preferenza seppur a seguito
di riparto, e la soddisfazione del credito della fallita in termini di funzionalità rispetto agli interessi
della procedura di quel pagamento, meritevole per l’effetto di quel rango preferenziale.
a) Il primo punto debole di questa ricostruzione è rappresentato, a parere di questo GD, dal fatto
che il pagamento al subappaltatore, cui venisse riconosciuta la prededuzione in sede di ammissione
allo stato passivo, potrebbe essere eseguito solamente a seguito di riparto: nessun subappaltatore
potrebbe rilasciare una fattura quietanzata senza avere percepito l’importo dovutogli, né potrebbe
farlo solamente perché è stato ammesso allo stato passivo. Quindi l’appaltatore fallito non avrebbe
comunque titolo per incassare dall’ente il suo credito. In sostanza l’ammissione di un credito al
passivo fallimentare, sia pure in prededuzione, non equivale ad un pagamento al subappaltatore,
non legittima la quietanza delle fatture da parte del subappaltatore e, pertanto, non risulta di per sé
uno strumento idoneo a realizzare il presupposto per il pagamento da parte della stazione
appaltante (trasmissione di fatture quietanzate) di cui all’art. 118 comma 3 codice appalti (se fosse
davvero operante nei confronti del fallimento).
D’altra parte il fallimento potrebbe non avere la disponibilità di anticipare i pagamenti ai
subappaltatori (in evento ammessi in prededuzione) o addirittura potrebbe non avere nemmeno in
sede di riparto finale le risorse per pagare integralmente i crediti prededucibili. Visto che le somme
verrebbero messe a disposizione dall’ente all’appaltatore fallito solamente dopo avere presentato le
rispettive fatture quietanziate, il meccanismo pare essere imperfetto.
b) Secondo aspetto criticabile è rappresentato dalla circostanza che la Suprema Corte da per
pacifico che le somme relative al SAL maturato, e non ancora incassato dall’appaltatore, sarebbero
sempre almeno sufficienti a coprire le prestazioni da pagare ai subappaltatori. Ma ciò postula
invece, con tutta evidenza, la necessità di un accertamento caso per caso. Se, infatti, i crediti che
vengono riscossi dalla società appaltatrice per il SAL maturato, che dovrebbero essere composti
dai corrispettivi per i subappaltatori, oltre ovviamente, dall’utile che la società ha previsto, sono in
realtà inferiori alle aspettative (perché la società ha lavorato in generale sottocosto o ha operato in
sottocosto per determinate lavorazioni), si destinerebbero ai subappaltatori somme maggiori
rispetto a quelle ricavabili dalla procedura. In questo caso il pagamento in prededuzione ai
subappaltatori creerebbe non un vantaggio, bensì un danno al ceto
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creditorio.
La stessa situazione di danno interverrebbe qualora la stazione appaltante non liquidasse alla
società appaltatrice per intero i SAL maturati, avvalendosi essa della facoltà di compensarli in tutto
od in parte, con danni derivati ad essa stazione appaltante per ritardi, penali, vizi delle lavorazioni,
ecc.
c) Terzo punto debole: lo stesso ragionamento dovrebbe applicarsi anche alla problematica relativa
al DURC (documento unico di regolarità contributiva), ove si ritiene, invece, che l’art. 4, 2 comma
DPR 05.10.2010 n. 207 non possa essere applicabile, per gli stessi motivi sopra evidenziati, in
costanza di procedura fallimentare. Anche in questo caso si ritiene che, a prescindere dal rilascio
del DURC, l’ente pubblico sia tenuto a pagare alla procedura quanto dovuto per le prestazioni
eseguite, indipendentemente dalla presentazione del DURC”.
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