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R O M A — F E B B R A I O 2 0 1 3
ISTITUTO ANALISI TRANSAZIONALE NUMERO 6
SPECIALE IAT NEWS
S O M M A R I O Lettera del Presidente IAT
Comitato di redazione IAT NEWS e WEB
Managing editor
Orlando GRANATI
Cesare FREGOLA
Editing
Lidia CALO’ Web Master
Patrizia VINELLA
Cari soci,
Questo numero monografico è dedicato interamente alla presentazione delle giornate IAT di Cortona.
C’è una novità importante che riguarda le IAT news. A partire dal prossimo numero diventerà una rivista che
sarà diretta da Cesare Fregola. Si concluderà così l’ultima tappa di un percorso evolutivo del nostro strumento
di comunicazione.
Vorrei cogliere quest’occasione per esprimere un ringraziamento particolare a Patrizia Vinella che in tutti questi
anni ha fatto in modo di mantenere vivi gli scambi e i contatti con i soci attraverso una attività costante e il
proprio investimento personale di tempo e lavoro. Senza di lei, probabilmente, molta della memoria storica
professionale dell’IAT sarebbe andata persa.
Attualmente il CD sta lavorando per raccogliere quanto è stato presentato nelle giornate IAT nel corso degli
ultimi anni in modo da poter rendere fruibile a tutti i soci un patrimonio di riflessioni e lavori che meritano di
essere condivisi. A questo proposito chiedo a tutti voi di collaborare a questa impresa che fa capo a Patrizia
Vinella con Cesare Fregola e Cristina Innocenti, che si stanno occupando di raccogliere sia le presentazioni di
Siracusa che quelle delle altre giornate degli ultimi anni. Stiamo anche costituendo un comitato di redazione.
Chiedo quindi a chi è disponibile a offrire la propria candidatura di mettersi in contatto Cesare Fregola.
Visto che questo è l’ultimo numero che esce in questo formato, voglio ringraziare Lidia Calò per il suo contributo
all’evoluzione e al miglioramento delle IAT news di questi ultimi anni. Un ringraziamento anche a Marilla Biasci
che si è occupata con pazienza di correggere le bozze di questo numero.
Infine un’altra notizia: abbiamo deciso di tenere le prossime giornate IAT dal titolo “Dissonanze armoniche e
collettività che curano” in Puglia a fine giugno. La data prevista da segnare in calendario è per i giorni 31 mag-
gio, 1 e 2 giugno 2013. Un augurio di un ottimo 2013 a tutti, pieno di realizzazioni personali/professionali per
ognuno di noi e per l’associazione.
Eva Sylvie Rossi
www.istitutoanalisitransazionale.it - LETTERA DEL PRESIDENTE pag 1
- INTERVENTO DI APERTURA pag 2
- IL CICLO DI SVILUPPO E IL CICLO DI ATTACCAMENTO pag 4
- LA NASCITA DI UN GENITORE pag 12
- BENESSERE E RELAZIONI pag 14
- EVOLUZIONE O LIQUIDAZIONE pag 16
- LA CRISI DELLA MATURITA’ E POSSIBILI EVOLUZIONI pag 18
- SALUTO A CARLA VERCELLINO pag 23
- GRUPPO BENESSERE E INTIMITA’ pag 24
- IL LIFELONG LEARNING pag 26
- LA PSICOTERAPIA COME UN VIAGGO pag 29
- PROGETTIAMO INSIEME pag 30
- NEWS DALL’AT pag 32
DIRETTIVO IAT
Presidente:
Eva Sylvie ROSSI masydem@tiscali.it
Vice Presidente e Tesoriere:
Patrizia VINELLA pvinella@centroaleph.it
Segretario: Cesare FREGOLA cfregola@mathetica.it
Consiglieri:
Antonio FERRARA antferrara@tin.it
Orlando GRANATI orlando.granati@virgilio.it
Cristina INNOCENTI criss.inn@alice.it
Gaetano SISALLI gasisa@tiscali.it
Soci fondatori e Past President:
Carlo MOISO
Michele NOVELLINO
Gaetano SISALLI
ASSOCIAZIONE IAT Via Piemonte, 117
00186 Roma
tel/fax: 06.42013471
SEGRETERIA IAT Via A. Fleming, 2
70017 Putignano Bari
tel/fax: 080.4055617
Cari soci,
Si chiude un ciclo. IAT News cresce,
diventando a tutti gli effetti una rivista.
Questo numero, interamente dedicato alle
Giornate IAT 2011, è l’ultimo nell’attuale
formato. Dal prossimo, cambierà nome,
avrà un riconoscimento formale e un inten-
to scientifico più marcato e una redazione
con una diversa composizione. Resterà lo
spirito partecipativo e la volontà di rappre-
sentare idee, di proporre stimoli e riflessio-
ni, di riportare le esperienze di soci e non
tra chi lavora nel nostro campo e con i
nostri valori. Vi invitiamo quindi a far sì che
la crescita della nostra rivista non si arre-
sti, con le vostre proposte, i vostri contribu-
ti e il vostro pensiero.
La redazione
NUMERO MONOGRAFICO “CICLI DI VITA”
mailto:masydem@tiscalinet.itmailto:pvinella@centroaleph.itmailto:cfregola@mathetica.itmailto:antferrara@tin.itmailto:orlando.granati@virgilio.itmailto:gasisa@tiscali.it
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I A T N E W S Pagina 2
Vorrei aprire il mio intervento sui cicli di vita
con una citazione di Ovidio da le Metamorfosi:
I cieli e tutto ciò che sotto vi si trova,
la terra e le sue creature,
tutto cambia,
e noi,
parte della creazione,
anche noi dobbiamo soffrire
il cambiamento.
Penso che come Analisti Transazionali pos-
siamo definirci “agenti di cambiamento” ricol-
legandoci a quanto indicato sul TAJ: “L’Analisi
Transazionale è una teoria completa di perso-
nalità e una psicoterapia sistematica per la
crescita personale e il cambiamento sociale”1.
E’ quindi nostra responsabilità avere uno
sguardo attento sulla realtà che ci circonda, in
tutti i suoi aspetti. La nostra epoca caratteriz-
zata dal pensiero debole, in cui l’accento posto
sull’interpretazione della realtà è stato un
aspetto centrale, richiede un passaggio, forse
attualmente già in corso, verso il cosiddetto
pensiero forte, che pone attenzione alla rileva-
zione dei dati di realtà in quanto tali, “nudi e
crudi”, indipendentemente dalle interpretazio-
ni che ognuno di noi ne può fare. Penso che
questo implichi per noi, in quanto Analisti Tran-
sazionali nei diversi campi di applicazione, la
necessità di prestare attenzione all’influenza
dei dati di tipo economico, sociale e tecnologi-
co che fanno da sfondo nelle “relazioni di
cura” e ”nelle relazioni di aiuto”.
Sappiamo per quel che ci riguarda che il nu-
mero globale, nel mondo, di persone sofferenti
di depressione è in continuo aumento, sappia-
mo che è aumentato nella congiuntura econo-
mica attuale il numero dei poveri in Europa e
negli Stati Uniti e che è aumentata notevol-
mente, nei paesi occidentalizzati, l’aspettativa
di vita (attualmente di circa 85 anni per le
donne e 83 per gli uomini); altro dato di realtà
rilevante è che il nuovo analfabetismo è, e
sarà, quello tecnologico.
Qual è l’influenza di questi fattori sui cicli di
vita? Partendo da quest’ultimo fattore, per
quelli di noi che hanno tra i 50 e i 60 anni,
significa che, tecnologicamente parlando, se
non si vuole essere fuori gioco, ci si deve alfa-
betizzare.
Abbiamo imparato da Piaget a prestare atten-
zione ai cicli di sviluppo e ai suoi stadi, quello
Senso motorio privo di oggetto, quello Preope-
rativo rivolto a sensazioni e riflessi, quello Ope-
rativo concreto rivolto alle percezioni e infine,
quello Operativo formale, incentrato sulla re-
versibilità.
Sappiamo di Kohlberg e dei suoi studi sugli
stadi di sviluppo morale, che rilevano il pas-
saggio dall’orientamento su punizione-
obbedienza, all’orientamento su principi uni-
versali il cui “oggetto” è la società istituziona-
le, attraverso i passaggi strumentale, interper-
sonale e sociale.
Conosciamo le fasi evolutive e le “crisi psicoso-
ciali” descritte da Erikson, che afferma che
l’adattamento biologico dell’uomo è una que-
stione di cicli di vita che si sviluppano
all’interno della storia della loro comunità in
cambiamento.
Qui in particolare cito gli ultimi: il sesto stadio
che è quello della giovane età adulta che ri-
guarda le possibilità di intimità contrapposta
all’isolamento - amore - , il settimo stadio che
ha a che fare con la generatività contrapposta
al ristagno, e che riguarda la cura -“care”-,
l’ottavo stadio che è quello dell’età anziana
che riguarda l’integrazione contrapposta alla
disperazione e che Erikson definisce come il
periodo della saggezza.
Come Analisti Transazionali conosciamo i cicli
evolutivi descritti da Pamela Levin,
Esistere - dalla nascita ai 6 mesi
Fare - circolare, esplorare (6/18 mesi)
Pensare - Scoprire, e scoprire anche i limiti,
potremmo dire (18 mesi/3 anni)
Identificarsi - Avere la propria opinione, cioè
essere ciò che si è, che ha a che fare con la
costruzione dell’identità (3/6 anni)
Riuscire - che riguarda il fare a modo proprio
secondo i propri principi
e poi gli ultimi due
Rigenerazione - che ha a che fare con il poter
essere del proprio sesso (13/18 anni)
Trasformazione - che riguarda “l’essere
qui” (collocarsi, situarsi), aver completato il
ciclo (20 +).
Ma qual è il significato psicologico
dell’esperienza di evoluzione attraverso i vari
cicli, si tratta solo di differenziazione e di au-
mento di autonomia? Di separatezza? E quan-
to sappiamo su come intervenire in queste
diverse tappe evolutive, come agenti di cam-
biamento?
La metafora di Berne della moneta storta nella
pila di monete, che determina una pila che
non può essere dritta finché non viene risiste-
mata la moneta storta all’interno della pila,
quindi l’intervento “riparativo”, rispetto alla
moneta che ha determinato a suo tempo la
“stortura“ successiva, in realtà non ci porta
molto lontano. Oltre che sull’aspetto ripartivo,
credo che il nostro orientamento dovrebbe
essere sull’acquisizione di competenze nuove,
all’interno di spazi ed ambienti che possano
favorirne lo sviluppo.
Le ricerche ci dicono che ci sono spazi fisici
che favoriscono nuove acquisizioni di compor-
tamenti. Kaizen verifica la “prova della teoria
delle finestre rotte” secondo la quale “in am-
bienti fisici trascurati, con segni di incuria, si
sviluppano più frequentemente comportamen-
ti antisociali “dimostrando gli effetti degli am-
bienti degradati sulle manifestazioni di razzi-
smo - in sale di aspetto disordinate e sporche
le persone si siedono lontane da persone di
etnia diversa, cosa che in una sala pulita e
ordinata non si manifesta – (“manifestazioni
inconsapevoli di razzismo”, Kaizen 2008).
Le ricerche ci dicono anche che ci sono emo-
zioni che favoriscono l’apprendimento di nuo-
ve competenze (Isen 2001, Kurosu e Kashi-
INTERVENTO DI APERTURA di Eva Sylvie ROSSI
TSTA P, O
Presidente IAT
GIORNATA DI STUDIO IAT
10 - 11 settembre 2011
“Cicli di Vita” Benessere individuale e sociale
Eva Sylvie Rossi Apertura Giornata
Maria Assunta Giusti, Maria Grazia Piergiovanni, Elena Bruni “Il ciclo di sviluppo e il ciclo evolutivo dell’attaccamento: un ponte tra teoria dell’attaccamento e AT”
Patrizia Vinella “La nascita di un genitore: riflessioni su percorsi di counselling per genitori”
Orlando Granati “Benessere e relazioni: un approccio alla promozione della salute”
Silva Niccolai “Evoluzione o liquidazione? Dal dubbio amletico infinite possibilità di esistere”
Antonio Ferrara “La crisi della maturità e possibili evoluzioni”
Gaetano Sisalli “Benessere e gruppi”
Cesare Fregola “Il lifelong learning: la relazione di apprendimento nella società della conoscenza”
Lidia Calò “Progettiamo insieme: un progetto-intervento interistituzionale rivolto agli adolescenti”
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I A T N E W S Pagina 3
mura 1995, Tractinsky, Katz e Ikar 2000).
Tornando al tema di queste giornate, vorrei sot-
tolineare alcune osservazioni che ho potuto
fare, nell’arco di questi anni, sulle caratteristi-
che con cui abbiamo attualmente a che fare nel
nostro lavoro, rispetto alle ”evoluzioni della vita
adulta”: un’assenza di confini - un esempio di
questo è la mancanza di linee chiare di demar-
cazione tra tempo libero e tempo personale,
l’assenza di una distinzione netta fra vita lavora-
tiva e collocamento a riposo, un sentimento di
vulnerabilità legato alla mancanza di punti di
riferimento che genera angoscia con il risultato,
in alcuni casi, di un vissuto di onnipotenza che
si rivela fragile (es: la percezione di inadeguatez-
za in assenza del possesso di alcuni oggetti o
qualità fisiche, o la percezione di onnipotenza,
ahimè di brevissima durata, di fronte ad un suc-
cesso), la ricerca di valori significativi attraverso
approcci alternativi - omeopatia, volontariato in
Africa, sostenibilità etica e attenzione alle tema-
tiche legate all’ambiente e all’energia, la con-
nettività per l’acquisizione di nuove conoscenze,
per la verifica di possibilità, per risparmiare
(Google, Groupon, E-bay), il fenomeno del cosid-
detto “successful aging” - invecchiamento co-
me tappa di vita significativa -. Nel 2050 ci sa-
ranno quasi due miliardi di ultrasettantenni,
quindi anziani, fortemente orientati verso una
propria autoaffermazione, che si traduce con-
cretamente in una vita vissuta come
“significativa”.
Tornando al tema dell’evoluzione della vita adul-
ta, esiste uno studio americano, “il Grant
Study”, che ha seguito un gruppo di individui per
tutto l’arco della loro vita adulta, dall’età di 18
anni fino all’età di 50, verificandone le evoluzio-
ni, nel corso degli anni, attraverso interviste di
psicologi, test e vari strumenti tratti da un ap-
proccio prevalentemente psico-dinamico; dal
risultato di questo studio longitudinale emerge
che non sono i traumi che danno forma al no-
stro futuro ma la qualità di relazioni significative
con persone vissute come importanti nel corso
della propria vita. Le vite cambiano e sono ca-
ratterizzate da discontinuità. Capire la psicopa-
tologia significa, oltre che capire i meccanismi e
i processi di adattamento che non hanno funzio-
nato, essere in grado di fornire lo spazio e il tipo
di relazione sicura che permetta ai pazienti/
clienti di individuare nuove opzioni e possibilità.
In quanto Analisti Transazionali ritengo che dob-
biamo prestare grande attenzione sia allo spa-
zio relazionale, esemplificato dagli studi
sull’attaccamento e sulla separazione (Bowlby,
Mahler, Mary Main), che allo spazio fisico, cioè
la collocazione del corpo nello spazio, negli am-
bienti e nelle relazioni. Berne ha prestato atten-
zione a questo, a suo tempo, come risulta evi-
dente da diversi suoi scritti; nella mia attività
professionale ho costantemente modo di verifi-
care quanto il rilevare gli elementi legati alla
valenza psicologica degli spazi, possa migliorare
significativamente la qualità e l’efficacia degli
interventi terapeutici, educativi, organizzativi e
di counselling .
1. Questa definizione dell’AT compare su
ogni numero del TAJ a partire dall’aprile del
1976, fino al 1984, poi misteriosamente do-
po quella data scompare, vedi articolo Per-
spectives on Theories of the Unconscious in
Transactional Analysis (TAJ - Transactional
Analysis Journal – Ottobre 2008 - Vol 3, n° 4).
Bibliografia
Erik H. Erikson
Childhood and Society
W. W. Norton & Company, NYC 1950
George E. Vaillantd
Aptation to Life
Little Brown and Company
Boston/Toronto 1977
Robert Kegan
The evolving self
Harvard University press, London 1982
Pamela Levin
Becoming the way we are
1th edition – Nora Gallagher 1974
Donald E. Norman
Emotional Design
Apogeo, 2004
Alice M. Isen
An influence of positive Affect
on decision Making in complex
Situations: Theoretical Issues with
pratical Implications
Journal of consumer psychology 11 (2),
pag. 75-85, 2001
Eva Sylvie Rossi, M.T. Tosi, E. Cassoni,
G. Cavallero, C. Moiso, M. Novellino,
L. Quagliotti, P. Scilligo
Perspective on Theories of the
Unconscious in Transactional Analysis
TAJ Transactional Analysis Journal –
Ottobre 2008 - Vol 3, n° 4
http://www.groupon/
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Pagina 4 I A T N E W S
IL CICLO DI SVILUPPO E IL CICLO EVOLUTIVO DELL’ATTACCAMENTO: UN PONTE TRA L’AT E LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO
di
Maria Grazia PIERGIOVANNI1
Elena BRUNI2
Maria Assunta GIUSTI3
Nel corso degli ultimi anni numerosi autori hanno opera-
to interessanti correlazioni tra la Teoria
dell’Attaccamento e alcuni approcci psicoterapeutici
(Ammaniti e Stern, 1992; Fonagy, 2001; Onnis, 2010;
Cena, Imbasciati e Baldoni, 2010). Gli studi hanno
riguardato, in particolare, le possibili convergenze con
la psicoanalisi, i costrutti cognitivisti e l’ambito sistemi-
co-relazionale.
L’assunto che la Teoria dell’Attaccamento possa rappre-
sentare una teoria ponte (Onnis, 2010) per le psicote-
rapie, deriva oltre che dall’originale pensiero di Bowlby
(1949; 1958; 1969) orientato a stabilire una connes-
sione tra intrapsichico ed interpersonale, dall’esigenza
espressa nei diversi campi della psicoterapia, di analiz-
zare e studiare le analogie e gli aspetti di confronto tra i
vari orientamenti.
Riteniamo che questo “ponte fecondo tra
territori diversi”, come sottolinea Onnis
nella sua recente raccolta di scritti
“Legami che creano, legami che cura-
no“, possa essere edificato anche pen-
sando all’A.T., non solo per un confronto
creativo all’interno della comunità anali-
tico transazionale, ma anche e soprattut-
to per aprire una finestra e far conosce-
re alla comunità scientifica internaziona-
le la corrispondenza tra importanti costrut-
ti A.T. e Teoria dell’Attaccamento.
In particolare, riteniamo significativo ed originale pro-
porre l’analisi di interessanti analogie riscontrabili in
recenti studi, aventi a tema l’evoluzione concettuale
dell’assunto berniano di Copione e il Modello Dinamico
Maturativo dell’Attaccamento, proposto da Patricia
Crittenden.
In specifico, i contenuti della relazione si focalizzeranno
sulle tre tematiche di seguito elencate:
Teoria dell’Attaccamento, con particolare riguardo ai più
recenti aspetti neurobiologici e al Modello Dinamico
Maturativo della Crittenden;
Correlazioni tra AT Classica e Teoria dell’Attaccamento;
Teoria dell’Attaccamento e AT Integrativa.
Relazione dott.ssa Maria Grazia Piergiovanni
Teoria dell’Attaccamento, con particolare riguardo ai più
recenti aspetti neurobiologici e al Modello Dinamico
Maturativo della Crittenden.
La Teoria dell’Attaccamento delinea una cornice teorica
particolarmente fertile rispetto allo studio delle relazioni
precoci che il bambino sviluppa nei primi anni di vita,
contribuendo a chiarire come tali relazioni influenzino la
maturazione cognitiva ed emotiva del bambino negli
anni successivi.
Ad introdurre per primo il concetto di attaccamento,
intorno agli anni ‘50, è stato Bowlby, i cui assunti vengo-
no edificati a partire da tre fondamenti concettuali:
la psicologia cognitiva, l’etologia (a sua volta fondata
sulla biologia evoluzionistica) e alcuni costrutti della
teoria psicoanalitica sui rapporti oggettuali.
L’autore ha modificato la concezione secondo la quale il
legame di attaccamento materno è basato essenzial-
mente sulla fame e sulla nutrizione (motivazione secon-
daria), distaccandosi quindi dagli assunti della psicoa-
nalisi classica e sottraendo il bambino a una relazione
con l’altro dominata solo dalla soddisfazione di bisogni
fisiologici; Bowlby ha il merito di aver costruito un ponte
tra intrapsichico e relazionale, riconoscendo all’origine
della motivazione umana un sistema innato, genetica-
mente determinato, che porta l’individuo a ricercare, fin
dalla nascita, la relazione con altri significativi.
L’attaccamento è quindi una dimensione della mente
umana che si struttura a partire dalle prime relazioni
che il neonato instaura con chi si prende cura di lui e
include emozioni, processi cognitivi e comportamenti
che potranno influenzare la vita relazionale successiva.
La madre e la relazione con lei, forniscono una base
sicura dalla quale il bambino può allontanarsi per esplo-
rare il mondo e farvi ritorno. Sulla base del concetto di
imprinting, Bowlby afferma che i bambini molto piccoli
vivono periodi sensibili durante i quali apprendono e
fissano nella loro mente le caratteristiche della figura
accudente (solitamente la madre), che diviene un punto
di riferimento per la propria sopravvivenza. Il bambino è
predisposto a sviluppare legami di attaccamento con
chi si prende cura di lui, ciò significa che acquisisce un
ruolo attivo nello strutturarsi della relazione, attraverso
comportamenti che hanno lo scopo di mantenere il
contatto con la madre ed attivano in lei una serie di
comportamenti di risposta.
Il bambino sviluppa dei Modelli Operativi Interni (MOI/
IWM) che gli permettono di rappresentarsi mentalmente
il legame di attaccamento, consentendogli di tollerare
livelli di separazione progressivamente più lunghi e
tener presente, al contempo, le intenzioni degli altri,
formando legami più equilibrati e flessibili. Tali MOI, o
rappresentazioni mentali, comprendono sia componenti
emozionali che cognitive e si costituiscono gradualmen-
te, a partire dalle esperienze vissute dal bambino con le
figure di accudimento.
Il punto di vista di Bowlby è dunque profondamente
interattivo, poiché descrive il bambino come un indivi-
duo che apprende ad essere attraverso l’interazione
con il caregiver. L’autore, partendo dai costrutti sul
comportamento di attaccamento, ha sviluppato lo stu-
dio dei comportamenti di esplorazione a partire da una
base sicura, fino a teorizzare la formazione di modelli
operativi interni.
Contributi fondamentali per le successive applicazioni
della Teoria dell’Attaccamento sono stati quelli forniti
dalla M. Ainsworth (1978), con la Strange Situation e
dalla Main (1986), con l’Adult Attachment Interview
(AAI).
La Teoria dell’Attaccamento, grazie allo studio delle
prime interazioni madre-bambino, pone in evidenza
come la qualità dell’attaccamento mostri specifiche
differenze individuali in base al tipo di esperienza che il
bambino fa con le sue figure di riferimento primarie. In
particolare, vengono analizzati gli aspetti connessi alla
disponibilità e responsività materna. La valutazione
della qualità del legame diadico è stata studiata per
mezzo di una procedura osservativa standardizzata
chiamata Strange Situation, ideata da M. Ainsworth nel
1978 e volta a rilevare i comportamenti di attaccamen-
to e di esplorazione in bambini di circa un anno d’età.
Attraverso la strutturazione di un setting organizzato
intorno a una definita sequenza di fasi, è possibile
declinare le condotte attivate dai bimbi con le loro ma-
dri in situazioni lievemente stressanti che,
nell’accezione classica dell’autrice, permettono di iden-
tificare alcuni specifici stili di attaccamento (sicuro - B,
ansioso evitante - A; ansioso ambivalente - C), ai quali si
è aggiunto, in seguito, un quarto pattern definito disor-
ganizzato-disorientato da Main e Salomon nel 1986.
L’attaccamento ai caregivers si sviluppa sulla base di
Modelli Operativi Interni, sopra definiti, che maturano
progressivamente nella mente del bambino, costituen-
do un processo di generalizzazione delle esperienze
affettive fatte in relazione alle figure primarie di attacca-
mento; essi consentono, in primo luogo, la costruzione
delle rappresentazioni del legame di attaccamento, ma
costituiscono anche una guida del comportamento
relazionale del bambino e dell’adulto poi. Il concetto di
MOI è strettamente collegato a quello di transgenera-
zionalità, che esplora le relazioni di attaccamento che i
caregivers hanno avuto, a loro volta, con i propri genito-
ri: attraverso l’uso dell’AAI, intervista semistrutturata
costruita dalla Main e collaboratori, vengono anche
indagati i ricordi specifici sull’accudimento ricevuto e la
1. Neuropsichiatra Infantile, CTA Clinico
Dirigente Medico UFSMIA USL Arezzo
2. Psicologa e psicoterapeuta, in contrat-
to CTA - C
3. Psicologa e Psicoterapeuta
TSTA Clinico
-
Pagina 5 I A T N E W S
descrizione delle relazioni attuali.
L’elemento interattivo diviene, dunque, struttura
portante nel corso del lavoro svolto con il bambino:
tale affermazione, sostenuta dalla maggior parte
delle teorie dello sviluppo, è attualmente avvalorata
anche da importanti ricerche effettuate nel campo
delle neuroscienze. Schore (2008), in particolare,
sostiene che la maturazione del sistema cortico-
limbico, preposto alla mediazione delle funzioni di
regolazione, fondamentali per la sopravvivenza
biologica, affettiva e sociale di ogni essere umano,
dipende dall’esperienza. Più in specifico, gli studi
illustrano che il cervello non solo è un sistema auto-
organizzato, ma che, nel corso dello sviluppo, in
particolare nei primi due anni di vita, tale auto-
organizzazione avviene nel contesto della relazione
con un altro sé, con un altro cervello; questo altro
sé, rappresentato dal caregiver primario, agisce,
attraverso la trasmissione dell’esperienza e in quali-
tà di regolatore psicobiologico esterno, sulla cresci-
ta del sistema nervoso del bambino, i cui compo-
nenti vanno rapidamente maturando nei primi anni
di vita. Bowlby riteneva la visione un elemento im-
portante per la strutturazione ed organizzazione di
un attaccamento primario alla figura materna;
l’imprinting veniva dunque a costituire il meccani-
smo di apprendimento alla base della formazione
del legame di attaccamento. Schore (2008) e Tre-
varthen (1997) hanno recentemente specificato,
attraverso i rispettivi lavori, che l’emisfero destro
del bambino, dominante per la processazione
dell’informazione visiva ed emotiva, oltre che per
l’identificazione del volto materno e per la percezio-
ne delle espressioni facciali materne che inducono
arausal, viene psicobiologicamente sintonizzato
all’output dell’emisfero destro della madre, che è
coinvolto nell’espressione e processazione
dell’informazione emotiva e nella comunicazione
non verbale. In altre parole, il lattante utilizza
l’output della corteccia destra materna, capace di
regolare le emozioni, come stampo per l’imprinting,
impianto base di circuiti nella corteccia destra del
bambino, che andrà a mediare le sue capacità
affettive in espansione. Schore descrive la dimostra-
zione neurologica del dialogo non verbale tra infan-
te e caregiver, riportando che zone corrispondenti
dell’emisfero destro della madre e del bambino si
illuminano alla PET nei momenti di interazione.
Contemporaneamente a Bowlby, Berne elaborò
negli anni 50 - a partire dagli studi di Federn, Pen-
field e Weiss e mutuando anche elementi dalle
ricerche di Spitz, Sackett e Haron - il modello teorico
fondamentale dell’Analisi Transazionale, il cui fulcro
è rappresentato dall’affermazione che esiste un
ponte tra gli aspetti strutturali, cioè intrapsichici,
della persona e quelli interpersonali, osservabili
attraverso le transazioni comunicative (Ligabue,
2001). Tale assunto, che in quegli anni poteva
essere accolto come intuitivamente vero, è ora
sostenuto - come sinteticamente riportato sopra -
anche dagli studi condotti nel campo delle neuro-
scienze: specifiche esperienze affettive di attacca-
mento, vissute nei primi anni di vita, regolanti lo
stress, sono iscritte nella corteccia orbito frontale,
centrale di comando del sistema limbico durante le
prime epoche di vita. Questa scoperta, rivoluziona-
ria per i saperi di allora, a fronte della classica teori-
a freudiana fondata sulle pulsioni intrapsichiche,
determinò un acceso dibattito e gradienti significati-
vi di resistenza all’interno della comunità scientifica
internazionale, che osteggiò e, per certi versi, svalu-
tò questi nuovi assunti, che portarono da una parte
Bowlby a definire il concetto di Modelli Operativi
Interni, e dall’altra Berne a declinare la sua teoria
del Copione.
Proporre un parallelo tra Bowlby e Berne nasce
dunque da motivazioni profonde, che attingono le
loro radici nel modo originale e creativo con cui i
due autori hanno saputo porsi di fronte al reale: per
entrambi l’osservazione ha rappresentato la chiave
di volta attraverso la quale declinare ciò che oggi, in
modo incontrovertibile, la neurobiologia conferma:
lo sviluppo non procede per processi maturativi
interni, ma tramite percorsi interpersonali, in altre
parole gli incontri intersoggettivi costruiscono le
funzioni psichiche.
Le osservazioni cliniche condussero Berne a com-
prendere che a stessa programmazione del copione
avviene nel periodo dell’allattamento sotto forma di
brevi protocolli che che possono diventare successi-
vamente drammi complessi. Il copione rappresenta,
dunque, la matrice su cui la persona forgia il proprio
piano di vita, le sue modalità relazionali, finendo per
costituire un definito programma di vita, costruito a
partire dall’esperienza con le figure primarie di
attaccamento, i caregivers, svolta nel corso delle
interazioni precoci.
Il concetto di copione, pur progressivamente am-
pliatosi grazie al contributo di nuovi autori A.T., ha in
questi fondamentali costrutti di Berne il suo signifi-
cato essenziale.
Queste analisi sono convergenti con i lavori di
Bowlby sui Modelli Operativi Intern, che l’autore
definisce come rappresentazioni interne della rela-
zione di sé con l’altro, basi per i comportamenti
relazionali futuri del bambino, che gli consentono di
fare previsioni e crearsi aspettative, a fronte di
quanto i suoi caregivers sapranno essere accessibili
e responsivi alle sue richieste; congruenze ed affini-
tà significative si evidenziano, inoltre, con uno dei
più recenti sviluppi della Teoria dell‘Attaccamento,
che andremo a descrivere di seguito: il Modello
Dinamico Maturativo della Crittenden ( 1995; 2002;
2008; 2010) (fig. 1 )
P. Crittenden, allieva di Bowlby e della Ainsworth, ha
elaborato una interessante prospettiva evolutiva,
declinata a partire dalla stesura di un Modello Dina-
mico Maturativo (DMM), dello sviluppo delle strate-
gie di attaccamento, nella quale l’assunto di matu-
razione è collocato in interazione dinamica con
quello di esperienza. L’autrice sostiene infatti che,
cambiamenti nella qualità dell’attaccamento si
possono registrare in specifici periodi dello sviluppo,
per una riorganizzazione dei processi affettivi, co-
gnitivi e quindi anche degli stili di attaccamento.
Grande rilievo assumono in questo modello la com-
petenza evolutiva o la distorsione delle informazioni
processate dal bambino, alla base della successiva
organizzazione dei percorsi evolutivi adattativi. Per
la studiosa l’attaccamento è: una relazione,
l’elaborazione delle informazioni e una strategia per
la gestione della relazione (Cena, Imbasciati e Bal-
doni, 2010). La Teoria dell’Attaccamento afferma
che le persone hanno una innata propensione ad
organizzare specifiche strategie di protezione del sé
e, successivamente alla pubertà, strategie sessuali.
Crittenden sostiene, in specifico, che le strategie
rappresentano il risultato di due fondamentali tipi di
informazione: l‘ordine temporale degli stimoli senso-
riali e la loro intensità; processati separatamente
dal sistema nervoso centrale per strutturare infor-
mazioni cognitive sulle relazioni causali e informa-
zioni affettive sulle sensazioni somatiche associate
ai contesti (Crittenden, 2008).
Come riferito nella parte iniziale dell‘intervento,
Ainsworth ha identificato tre configurazioni di attac-
camento, successivamente Main e Crittenden,
attraverso le rispettive ricerche, hanno ampliato il
modello originale, proponendo rispettivamente
il modello ABCD (Main e Solomon, 1990), e il mo-
dello Dinamico Maturativo (Crittenden, 1995;
2002).
La proposta di Main, categoriale, definisce sostan-
zialmente ciò che non può essere ricondotto alle
configurazioni di Ainsworth (ABC) come disorganiz-
zato o non classificabile, riducendo nell’ottica di-
mensionale i soggetti C, spesso assunti nella cate-
goria D (Crittenden, 2008)
copyright P. M. Crittendem, 2001
Analizzando il diagramma circolare del DMM, che
comprende tutte le strategie di protezione del sé
strutturabili in età adulta, è possibile rilevare quan-
to segue: i soggetti che utilizzano le strategie collo-
cate in alto nel modello non sono stati esposti a
pericoli, progressivamente scendendo verso il basso
l’esperienza di pericoli diventa più evidente. Inoltre,
osserviamo che nelle strategie di attaccamento di
tipo A sono in genere utilizzate informazioni cogniti-
ve e vengono inibiti gli stati affettivi negativi. Nelle
strategie di attaccamento di tipo C, vengono mostra-
ti, a gradienti progressivamente crescenti, stati
affettivi negativi intensi e contemporaneamente
inibite le informazioni cognitive. All’interno del grup-
po A, la sottoclasse compulsiva, non solo tende ad
inibire gli stati affettivi, ma esterna quelli falsamen-
te positivi. All’interno del gruppo C, la sottoclasse
coercitiva ipertrofizza le manifestazioni affettive
negative ed inganna l’altro rispetto a ciò che sta per
accadere o vuole fare. Questi esempi chiarificano
che i soggetti con strategie A e C operano, comun-
que, una distorsione nell’elaborazione delle infor-
mazioni, ricavando una rappresentazione non ade-
guata dell’esperienza. Crittenden specifica che la
persona non è consapevole di tale incongruenza ed
agisce in rapporto alle sue informazioni, scorporate
da tutti gli elementi ritenuti discrepanti. La strategia
B, viceversa, rappresenta l’integrazione di affettività
e cognitività, rivelandosi quindi la meno vulnerabile
alla psicopatologia.
Crittenden specifica che la gamma delle configura-
zioni si sviluppa a partire dall’infanzia, espandendo-
si durante l’età scolare e l’adolescenza, fino a com-
pletarsi in età adulta.
In questo modello le configurazioni A e C rappresen-
tano, dunque, opposti psicologici; tale affermazione
porta ad una duplice riflessione: la prima correlata
al fatto che probabilmente esse potranno beneficia-
re di forme diverse di trattamento, evidenziando
dunque il limite di raggruppare i pazienti solo per
categorie nosografiche basate sui sintomi, senza
tenere conto delle specifiche strategie psicologiche
-
Pagina 6 I A T N E W S
e comportamentali utilizzate; la seconda inerente la
stretta corrispondenza tra questo assunto e il co-
strutto AT di porte aperte e chiuse di Paul Ware
(1983).
Concludiamo la prima parte dell’intervento accen-
nando ad un filone di ricerca particolarmente inte-
ressante, avviato in un recente studio di Fonagy
(luglio 2010), nel quale l‘autore, a partire da
un’analisi confrontativa tra il modello della Main
- definito categoriale - e quello della Crittenden-
definito dimensionale - pubblica i primi risultati
riguardanti possibili complementarità nella trasmis-
sione delle strategie di attaccamento insicuro, che
aprono nuovi scenari sulla clinica degli interventi
precoci a favore della diade madre/bambino.
Relazione della dott.ssa Elena Bruni
Correlazioni tra AT Classica e Teoria
dell’Attaccamento
Il bambino trova un luogo di ascolto e risonanza tra
il suo mondo interno, fatto di bisogni, in relazione
con quello esterno. Questo Mondo esterno è Altro,
Spazio e Tempo di ascolto, ed è uno spazio in cui il
bambino trova un Riconoscimento di Sé, esiste
all’interno della dinamica della relazione, quindi la
relazione è l’unica situazione possibile nella quale il
bambino può esistere.
Nella relazione il bambino si forma quindi un con-
cetto di Sé attraverso il vissuto con l’Altro che, in
questa relazione, viene introiettato andando proprio
a mettere le basi per il concetto di sé. Le strategie
di attaccamento si formano, quindi, all’interno della
relazione con l’Altro.
A seconda della risposta che viene data
dall’ambiente il bambino introietta un vissuto di sé
nell’altro e di sé con l’altro, che va a gettare le basi
per la costruzione del sé e in Analisi Transazionale
costituisce il G1.
Questa introiezione va a sua volta ad influenzare la
percezione del proprio mondo interno, come una
sorta di sistema a feed-back che, influenzando la
percezione dei bisogni, ne condiziona poi la messa
in relazione successiva con il mondo esterno. Quindi
è come un circuito che si autoregola a seconda
della risposta che ottiene.
Il bambino impara, all’interno di questa relazione, a
regolare la tensione emotiva attraverso la disponibi-
lità emotiva della madre. E’ la madre che interpre-
tando gli stati affettivi del figlio da un riconoscimen-
to e questo riconoscimento dovrebbe essere dato
con una decodifica emotiva del messaggio del bam-
bino corretta; per far questo la madre dovrebbe
avere una buona competenza emotiva per poter
dare un riconoscimento. La disponibilità emotiva
della madre a regolare gli affetti del figlio e la sua
competenza emotiva sono fondamentali per la
costruzione del legame di attaccamento e per deter-
minare la qualità del legame di attaccamento
(Emde, 1988).
La madre opera quindi una Reverie, deve cioè avere
una capacità di accoglienza e di trasformazione
delle emozioni negative che il bimbo le sta proiet-
tando (Bion, 1962). Per cui la prima relazione della
diade è plasmata dalla rappresentazione e dalle
fantasie che la madre ha sviluppato nel corso della
vita a partire dalla propria infanzia: il primo legame
è caratterizzato dalle fantasie della madre relative
al bambino e dai propri vissuti di bambina con i
propri genitori; la madre quindi attribuisce al figlio
delle caratteristiche tramite il meccanismo
dell’identificazione proiettiva e proietta proprio sul
bambino il proprio sé e i propri oggetti interni
(Brazelton, Cramer, 1990).
Si parla quindi di una trasmissione da parte della
madre al figlio, riprendendo il concetto di trasmis-
sione transgenerazionale dei modelli relazionali per
cui le esperienze vissute dal genitore nel passato
vengono trasmesse al figlio e diventano proprio
bagaglio del figlio. Le esperienze che vengono pas-
sate possono essere positive ma anche esperienze
negative, pertanto i fantasmi del passato dei genito-
ri possono interferire nella relazione con i figli attra-
verso proprio una comunicazione distorta tra il
genitore e il bambino. Tutti questi messaggi vengo-
no denominati all’interno di una serie di studi psico-
analitici come matrice di trasmissione di caratteristi-
che psichiche dalla madre del bambino. L’utilizzo
del termine matrice richiama, a nostro parere,
la matrice di copione con tutti i suoi messaggi.
Le caratteristiche del funzionamento inconscio e
i contenuti inconsci della madre o comunque di un
determinato individuo vengono trasmesse alle ge-
nerazioni successive. Si parla di madre perché ha
un’influenza maggiore, ma è molto importante
anche il contributo del padre.
Alcuni autori parlano di una esperienza pre-verbale,
corrispondente a scambi obbligati e automatici tra
i membri della diade nel corso della quale i genitori
immettono inconsciamente nel bambino aspetti del
loro modello operativo interno (Lieberman et
al. 1997); per scambi obbligati si intende per esem-
pio quelli legati all’accudimento del bambino.
Altri autori parlano di aspettative che si trasmettono
dal mondo interno della madre a quello del bambi-
no (Cramer, Palacio-Espasa, 1993).
Altri ancora parlano di attribuzioni che i genitori
rivolgono al proprio bimbo e che questi assume;
attribuzioni positive favoriscono un buono sviluppo,
attribuzioni negative o contraddittorie possono
ostacolare lo sviluppo del senso di sé del bimbo
(Cena, Imbasciati, Baldoni, 2010).
Le aspettative, il mondo interno della madre che
passa nel bambino e le attribuzioni che la madre fa
nei confronti del figlio rimandano, secondo noi, ai
messaggi di copione. Riteniamo quindi che questa
possa essere considerata la prima correlazione che
è stata trovata tra la teoria dell’attaccamento e
l’analisi transazionale.
Per vedere come tutti questi messaggi e la relazione
influenzino la formazione del bambino, abbiamo
utilizzato il diagramma di flusso patologico di Weiss.
Attraverso questo strumento possiamo spiegare
come la risposta dell’ambiente alle richieste del
bambino, vada a innescare in lui due possibilità: un
circolo “positivo”, che va a confermare la naturale
posizione di Okness del bimbo alla nascita, oppure
un circolo “negativo”, che invece porta ad agire
tutta una serie di comportamenti quali giochi psico-
logici, emozioni parassite, relazioni simbiotiche e
tutto ciò che permette al bambino un soddisfaci-
mento almeno parziale dei suoi bisogni. Tutto que-
sto, secondo il modello AT, culmina con le decisioni
di copione, mentre, secondo la teoria
dell’attaccamento e il DMM, con la formazione delle
strategie di attaccamento A o C.
Tutti i bisogni, le emozioni, i desideri e i sentimenti
che vengono espressi dallo stato dell’Io Bambino
Libero possono essere soddisfatti o meno. Se ven-
gono soddisfatti si innesca un circolo virtuoso,
positivo, per cui il bambino conferma la sua posizio-
ne di essere Ok e passa all’espressione del bisogno
successivo. Se invece il bisogno non viene soddi-
sfatto, ha una prima reazione di rabbia, paura,
tristezza o frustrazione, e può decidere di dare se-
guito rinforzando la sua richiesta, aumentando ad
esempio l’intensità del pianto. In questi casi vi sono
due possibilità: il bambino ottiene una risposta
positiva e il suo bisogno viene soddisfatto, in modo
da sentire riconfermata la condizione di essere Ok e
poter passare al bisogno successivo, altrimenti, se
riceve di nuovo una risposta negativa, entrano in
gioco le decisioni di copione. Il bambino può pren-
dere una decisione di copione che lo porterà a met-
tere in atto una serie di strategie e comportamenti
volti ad appagare il proprio bisogno in modo non
sano né buono per sé.
Queste strategie vengono progettate e proposte dal
Bambino Adattato e consistono in tutta una serie di
comportamenti che comprendono, come già detto,
giochi psicologici, emozioni parassite, relazioni
simbiotiche e tutto quello che può portare il bambi-
no ad avere almeno un parziale soddisfacimento di
questi bisogni. Tutti questi comportamenti vanno
anche a confermare la posizione esistenziale di non
essere ok che, se rinforzata dall’ambiente esterno,
va a costituire un modello di risposta e uno schema
di comportamenti che, a sua volta, rinforza la deci-
sione di copione.
La stessa modalità porta al formarsi delle strategie
di attaccamento insicuro, quelle denominate A e C,
messe in atto dal bambino per adattarsi a soddisfa-
re il proprio bisogno di sicurezza, di protezione, di
essere amato.
Anche queste strategie si rinforzano in base alla
risposta che il bambino ottiene dall’ambiente ester-
no. Nel caso in cui egli non ottenga di soddisfazio-
ne, le sue reazioni possono essere di alzare
l’intensità della richiesta e, se funziona, strutturare
un modello orientato verso una strategia di tipo C,
di aggressione e sottomissione con alternanza di
richieste, espresse in maniera elevata e comporta-
mento di sottomissione o, invece, decidere di inibire
la propria richiesta, cessando di chiedere e andan-
do quindi verso una strategia di tipo A. Gli stimoli
ambientali e i messaggi genitoriali vengono utilizzati
parallelamente per formare le decisioni di copione,
il copione e le strategie di attaccamento.
Prendiamo adesso in considerazione le posizioni
esistenziali.
Abbiamo visto che questo meccanismo di soddisfa-
zione e frustrazione dei bisogni va a confermare la
posizione ok o non ok del bambino e abbiamo quin-
di pensato di associare proprio le strategie di attac-
camento con le posizioni esistenziali.
La posizione IO + TU + potrebbe essere quella di una
strategia di attaccamento di tipo B, quella IO - TU + di
tipo A, per cui io svaluto me stesso in favore
dell’altro, la strategia di tipo C invece corrisponde-
rebbe ad una posizione esistenziale opposta, di tipo
IO + TU - , quindi è più importante la mia richiesta e
la porto avanti a qualsiasi costo.
IO – TU – potrebbe rappresentare la strategia
tipo A/C
Andiamo ora ad analizzare le singole tipologie di
adattamento utilizzando le modalità diagnostiche
del linguaggio dell’Analisi Transazionale.
La strategia di attaccamento di tipo A
Le persone con attaccamento di tipo A, privilegiano
l’utilizzo di informazioni cognitive a scapito di quelle
affettive per orientare e organizzare i propri compor-
tamenti (Crittenden, 2008).
Utilizzando il diagramma strutturale possiamo ipo-
tizzare che ci sia una esclusione o una difficoltà
nell’entrare in contatto con il proprio stato dell’Io
Bambino e il vissuto di sentimenti negativi viene
inibito o non riconosciuto. Potrebbe anche trattarsi
di una contaminazione del Genitore sull’Adulto, il
che spiegherebbe tutta quella operazione di falsifi-
cazione e distorsione delle informazioni che agisco-
no le persone con strategia di tipo A.
-
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Con l’Egogramma di Dusay, strumento utilizzato per
rappresentare gli Stati dell’Io dal punto di vista
funzionale, vediamo che gli Stati dell’Io maggior-
mente energizzati sarebbero quello del Genitore,
più precisamente un Genitore Normativo rivolto
verso se stessi e un Genitore Affettivo rivolto
all’altro ma non a sé, così come un Bambino Adatta-
to a quelle che si ritiene siano le richieste
dell’ambiente.
Abbiamo provato a ipotizzare quale potrebbe essere
la matrice di copione di una persona con strategia
di attaccamento di tipo A.
Per quanto riguarda le spinte, sembrerebbero pre-
dominanti “Compiaci”, che porta la persona ad
adattarsi alle richieste esterne e “Sii Forte”, che
porta a negare i propri bisogni e il proprio sentire,
pur di rimanere in relazione con l’altro. Le ingiunzio-
ni “Non essere intimo” e “Non sentire”, mentre per
quanto riguarda il programma potrebbe essere
“Ecco come compiacere e ignorare i propri senti-
menti”. Ne seguirebbe una decisione di copione che
potrebbe essere del tipo “Non sono importante e/o
non sono degno di essere amato” , con una decisio-
ne di controcopione che è diversa a seconda
dell’indice di attaccamento che si va a considerare,
per esempio per l’indice A3-4, cioè Accudente com-
pulsivo e Obbediente compulsivo, potrebbe essere
“Farò tutto quello che posso per compiacere l’altro
così non sarò abbandonato” mentre per A5-6, Auto-
sufficiente o Compulsivamente promiscuo, “Non
entrerò in intimità con nessuno per non essere
ferito”. Quindi man mano che ci si sposta verso
indici più alti è più estrema la decisione.
Le persone con attaccamento di tipo A manifestano
dei falsi affetti positivi talvolta esagerati che inibi-
scono le loro vere emozioni. In questo senso anche
l’utilizzo della gioia potrebbe essere una emozione
parassita che va a coprire, a sostituire la rabbia o la
paura. Le emozioni parassite sono emozioni che il
bambino impara ad utilizzare per coprire le sue vere
emozioni, perché potrebbero spaventare la madre:
c’è proprio una sorta di spostamento, di sostituzio-
ne, che il bambino fa pur di mantenere la relazione.
Per esempio la rabbia o la paura sono emozioni che
possono spaventare la madre e, di fronte alla mi-
naccia di perdere la figura di accudimento, il bambi-
no può inibirle e sostituirle con emozioni diverse, ad
esempio la gioia, per fare in modo che la madre
provi più piacere a stargli vicino, dato che è felice e
contento. Naturalmente alla base c’è una svaluta-
zione del Sé: il tipo e la modalità di svalutazione
sono diversi a seconda della classe di attaccamen-
to, più alto è l’indice dei pattern di attaccamento,
più basso sarà quello di svalutazione nella matrice
di svalutazione degli Schiff (Schiff, 1975) e la svalu-
tazione sarà più profonda e radicata.
Il tipo e la modalità sono quindi differenti a seconda
del diverso indice di attaccamento e, per esempio,
una persona con attaccamento A3-4 potrebbe avere
una svalutazione in T4, una persona con un attacca-
mento A5-6 in T2.
Nella popolazione clinica è più frequente avere a
che fare con bambini con attaccamento di tipo C
che con quelli con attaccamento di tipo A; infatti
vengono generalmente portati in consultazione quei
bambini che i genitori non riescono a gestire proprio
perché utilizzano delle modalità di relazione che
prevedono dei comportamenti esagerati, soprattutto
per quanto riguarda l’espressione degli affetti nega-
tivi. I bambini con strategie di tipo A invece, sono
dei bambini estremamente tranquilli e apparente-
mente allegri che difficilmente vengono portati da
uno specialista, a meno che non producano un
sintomo che possa far trapelare la loro sofferenza.
Al contrario, per quanto riguarda invece la popola-
zione adulta, è più alta la percentuale delle persone
con strategie di tipo A; infatti queste persone posso-
no dover pagare il prezzo di questa forte sofferenza
che hanno mascherata, ma che ha raggiunto un
livello di dolorosità che non è più sostenibile.
E’ vero anche che la strategia di tipo A si consolida
in termini evolutivi intorno all’adolescenza, mentre
quella di tipo C è fisiologicamente presente già dai
due-tre anni. Si ha quindi una diversa distribuzione
delle differenti strategie di attaccamento, a seconda
delle fasce di età che andiamo a prendere in consi-
derazione.
I bambini con attaccamento di tipo A possono entra-
re in relazione simbiotica con la madre con una
simbiosi di secondo tipo, quindi una relazione molto
profonda.
C’è proprio una configurazione di attaccamento, il
tipo A3 che è etichettato come Accudente compulsi-
vo e la definizione del pattern dice sono bambini
detti accudenti compulsivi, sono cioè quei bambini
che per garantirsi la sopravvivenza hanno dovuto
mettere da parte i propri bisogni per occuparsi di
quelli della madre. C’è proprio una inversione di
ruoli perché il figlio non viene accudito dalla madre,
ma è lui stesso che si occupa di lei. (Crittenden
2008) Se vogliamo utilizzare il linguaggio analitico
transazionale, questa è proprio la descrizione della
simbiosi: una relazione nella quale il bambino è
portato a crescere in maniera precoce per occuparsi
dei bisogni del Bambino della madre. Una volta che
questo bambino sarà diventato adulto, tenderà a
riprodurre lo stesso modello di relazione e a istaura-
re quindi legami simbiotici, dove i propri bisogni
saranno sempre svalutati pur di avere quei ricono-
scimenti e quelle carezze che per lui sono familiari.
Abbiamo visto come le persone con strategia di tipo
A avessero una posizione esistenziale Io non sono
Ok, Tu sei Ok e apparentemente questo elemento è
in contrasto con il fatto che queste persone metta-
no in atto delle relazioni simbiotiche nelle quali
vanno proprio ad accudire l’altro mostrando quindi
una posizione Io sono Ok, Tu non sei Ok. Possiamo
quindi considerare questa seconda posizione come
quella sociale, la maschera che viene mostrata
all’esterno che va però a coprire la posizione esi-
stenziale psicologica che è quella depressiva, come
viene confermato anche dalla stessa Crittenden e
da Bowlby per cui questi bambini con accudimento
compulsivo, una volta diventati adulti sono significa-
tivamente più infelici degli altri perché non hanno la
capacità di accudire sé stessi e vanno più frequen-
temente verso aspetti depressivi. Si conferma quin-
di l’idea che una persona non abbia una sola posi-
zione stabile e fissa, ma che le due posizioni oppo-
ste si alternino nell’intrapsichico e
nell’interpersonale.
I comportamenti passivi che manterranno la simbio-
si nei rapporti adulti saranno l’astensione e
l’iperadattamento: io mi adatto a quelle che credo
siano le tue richieste e i tuoi bisogni e inibisco le
mie reazioni. Ci sarà una svalutazione di sé a livello
dell’importanza degli stimoli e della possibilità di
cambiamento: queste persone infatti sono convinte
di non avere gli strumenti e neanche la possibilità di
uscire da una situazione o modificarla.
La strategia di attaccamento di tipo C
Le persone con attaccamento di tipo C privilegiano
le informazioni di tipo affettivo per orientare il loro
comportamento escludendo le informazioni cogniti-
ve (Crittenden, 2008). Se consideriamo la struttura
di personalità di questi individui, utilizzando sempre
la diagnosi strutturale, vediamo che è presente una
contaminazione del Bambino sull’Adulto, per cui ciò
che la persona vive e sente viene da lei stessa
utilizzato per prendere decisioni e mettere poi in
atto comportamenti e richieste.
Dal punto di vista funzionale, continuando a utilizza-
re l’Egogramma, vediamo che gli stati dell’Io mag-
giormente energizzati sono il Bambino Ribelle e il
Bambino Iperadattato.
La strategia che possono mettere in atto le persone
con attaccamento di tipo C viene definita COY. Con-
siste in una alternanza di comportamenti di sotto-
missione e aggressione che, in termini analitico
transazionali, potrebbe essere spiegata attraverso
l’utilizzo del triangolo drammatico di Karpman
(Stewart, Joines, 1990).
Si tratta di uno strumento che in AT viene utilizzato
per spiegare i giochi psicologici e rappresentarli
graficamente: nel corso del gioco, una persona
inizia il gioco da una posizione che le è più conge-
niale per poi passare in un’altra posizione. In questo
caso, il bambino che utilizza un comportamento
COY (sottomissione e aggressione), fa una richiesta
partendo dalla posizione di Vittima, in modo da
attivare nell’altro la posizione di Salvatore e ottene-
re così la soddisfazione del proprio bisogno.
Nel caso non ottenga la risposta desiderata e vada
incontro a un vissuto di frustrazione, si va verso una
escalation della richiesta fino a passare dallo stato
di Vittima a quello di Persecutore. La persona che
utilizza un comportamento aggressivo da Persecuto-
re mette l’altro in una posizione di Vittima che, o
acconsente alla richiesta pur di far cessare il com-
portamento persecutorio, oppure subisce e soppor-
ta l’aggressività andando incontro ad una forte
sofferenza.
La svalutazione operata dalle persone con strategia
di tipo C è una svalutazione degli altri e della situa-
zione, si ritiene cioè che l’altro non sia in grado di
rispondere al proprio bisogno.
Anche le persone tipo C potrebbero istaurare rap-
porti di tipo simbiotico, come quelle tipo A, ma utiliz-
zando una simbiosi di primo tipo e ponendosi in una
posizione opposta rispetto a quella del tipo A, per
cui si pongono nella condizione di essere accuditi
mostrandosi incapaci mentre sarebbero in grado.
La posizione C4 viene etichettata proprio come
“Fintamente incapace”: la persona cioè si incapaci-
tà, nonostante sia in grado, affinché l’altro possa o
debba soddisfare il suo bisogno. Il bambino utilizza
quindi solo il suo B, escludendo completamente o in
parte i suoi stati dell’Io Adulto e Genitore e la pro-
pria capacità di risolvere la situazione andando ad
attivare il Genitore e l’Adulto nella madre. Nelle
relazioni da adulo questa persona riproporrà le
stesse dinamiche che ha avuto con la madre e
cercherà quindi qualcuno che possa “salvarlo” dalla
sua incapacità.
Anche qui ne consegue quindi una riflessione ulte-
riore sulle Posizioni Esistenziali: la strategia di attac-
camento di tipo C era stata accostata alla posizione
esistenziale Io non sono Ok, tu sei Ok. Dobbiamo
precisare che questa posizione è di tipo sociale,
come se fosse una maschera, che va invece a copri-
re la vera posizione esistenziale, o posizione psico-
logica che è Io sono Ok e Tu non sei Ok, per cui io
mi mostro incapace e bisogno affinché tu possa
prenderti cura di me, ma per stimolarti devo usare
una richiesta esagerata perché è l’unica condizione
nella quale tu ti accorgi di me e soddisfi il mio biso-
gno. Se io non arrivassi ad esagerare la mia richie-
sta tu saresti sordo alle mie richieste e tra noi non
potrebbe esserci nessuna relazione.
La simbiosi verrebbe espressa utilizzando compor-
tamenti passivi di agitazione e incapacitazione o
-
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violenza che richiamano molto bene quei comporta-
menti che la Crittenden definisce aggressività e
sottomissione che caratterizzano la strategia COY.
Vorrei concludere presentando una definizione dei
disturbi emotivi che integra quelle di Berne e della
Crittenden:
I disturbi emotivi sono comportamenti appresi,
basati su decisioni dell'infanzia e rappresentano un
compromesso del bambino tra il soddisfare i propri
bisogni e l'andare d'accordo con le figure genitoriali.
Noi facciamo sempre tutto quello che possiamo per
aumentare al massimo il piacere e ridurre al mini-
mo il dolore (Wollams Brown, 1985), quindi potrem-
mo dire che facciamo tutto quello che possiamo per
mantenere uno stato di attivazione confortevole e
ridurre al minimo il pericolo.
Relazione dott.ssa Maria Assunta Giusti
Teoria dell’Attaccamento e AT Integrativa
Siamo partiti dalla teoria dell’attaccamento (Bowlby)
sottolineando la funzione protettiva del caregiver
per arrivare al modello dinamico maturativo
(Crittenden) che sposta l’accento sul funzionamento
e quindi sulle capacità adattive intese come com-
patibilità tra strategie e contesto che creano la
sicurezza. Abbiamo inoltre visto come l’accento sia
andato negli anni sempre più a centrarsi sulla rela-
zione di cui Berne intuitivamente aveva parlato
spiegando la differenza dalla fame biologica alla
fame di stimoli, struttura e riconoscimento
(successivamente Erskine parlerà di fame di relazio-
ne come motivazione principale nello sviluppo uma-
no). Quindi alla luce di quanto detto attualmente
possiamo considerare l’attaccamento come una
strategia per la protezione del Sé che viene appresa
e collaudata nell’interazione con le figure parentali
e con l’ambiente.
Da una teoria dell’attaccamento a carattere difensi-
vo passiamo a una co-costruzione contemporanea e
reciproca tra bambino e genitore, dove la capacità
stessa di attaccamento e protezione è sottolineata
come capacità di entrambi. E’ nella reciprocità che
si crea percezione di sé, dell’altro e della relazione,
con reciproca stimolazione e strutturazione
all’interno di un contesto di crescita di cui
l’individuo ha bisogno per esistere e apprendere.
Riteniamo che il bisogno di appartenenza sia alla
base dei bisogni umani e vada ad aggiungersi agli 8
bisogni relazionali di Erskine.
Se poi parliamo di strategie di relazione e sopravvi-
venza, che facilitano o favoriscono il bisogno di
appartenenza e quindi crescita dell’individuo, allora
dobbiamo anche modificare la nostra percezione di
fronte al sintomo che a questo punto può conside-
rarsi non tanto una caratteristica della patologia
quanto di una strategia di sopravvivenza con aspet-
ti funzionali al mantenimento della relazione. Il
sintomo diventa un “dono” cioè un segnalatore
della richiesta di aiuto, un discorso che narra la
sofferenza del singolo e del suo sistema, e che da la
possibilità ad entrambi (genitore e bambino) di
sopravvivere.
Tutto questo sposta la nostra attenzione da una
posizione di cura ad una posizione di avere cura.
Dalla patologia alla persona, dalla decisione copio-
nale e relativa ridecisione alla strategia di un piano
di vita e alla sua modificabilità per competenze
evolutive attraverso una relazione coinvolta che da
il supporto adeguato al cliente per arrivare ad un
processo di comprensione del sé. E’ attraverso il
contatto con se stessi che si riconoscono i propri
bisogni e si entra in una relazione sintonizzata che
permette di fare contatto anche con l’esterno, con
l’altro.
Per confermare il concetto sopra esposto, possiamo
leggere la definizione di Adulto Integrato di Erskine
che è traducibile come la possibilità di esercitare
una nuova strategia adatta al contesto e alla capa-
cità evolutiva, alla comprensione ed elaborazione
integrata del conflitto tra introietto e fissazione.
Il trattamento dovrebbe focalizzarsi sulla possibilità
di mettere i soggetti in grado di riflettere sulle condi-
zioni interne ed esterne che favoriscono il contesto
del loro comportamento, di esercitare una risposta
in condizioni non rischiose e imparare ad adattare
le strategie ai contesti, allo scopo di ottenere la
massima sicurezza e protezione (1).
(1) L’affermazione della centralità della relazione
per lo sviluppo sano della persona e dei suoi confi-
ni, porta Erskine ad abbandonare il modello concet-
tuale, strutturale e funzionale di Berne degli stati
dell’Io. Per Erskine c’è uno stato dell’Io Adulto inte-
grante, che accoglie ciò che accade, momento per
momento, sia all’interno sia all’esterno di sé, le
esperienze passate e i loro effetti conseguenti, le
identificazioni e le influenze psicologiche con altre
persone significative della vita; o c’è uno stato
dell’io adulto che a seguito di traumi relazionali non
riesce a integrare le esperienze e si difende incon-
sapevolmente attraverso l’introiezione dando luogo
alla creazione di stati dell’io scissi ovvero lo stato
dell’Io Bambino (fissazione) e lo stato dell’Io Genito-
re (introietto).
Con l’A.T.I. quindi c’è il superamento del sistema
egoico tripartito e con la teoria dell’attaccamento
(DMM) della Crittenden abbiamo il superamento da
stile di attaccamento a processo relazionale.
L’attaccamento quindi coincide con un processo di
apprendimento della regolazione basato sulla rap-
presentazione mentale. Gli stimoli (fame di stimoli)
forniti dell'esperienza creano una rete neuronale
che da la possibilità all’individuo di avere struttura
(fame di struttura) creando nella reciprocità (fame
di riconoscimento) delle rappresentazioni mentali.
L’attaccamento parla di M.O.I. e l’A.T. parla di Q.R.
entrambi predispongono l’individuo alla relazione
con l’altro partendo da una posizione strategica
spesso filtrante il contenuto reale.
Secondo la Crittenden le strategie di attaccamento
vengono incamerate attraverso passaggi preferen-
zialmente cognitivi o affettivi (emotivo o cognitivo
integrati). Il conflitto dipende da una condizione
temporale, cioè la successione temporale in cui
l’esperienza si è formata, l’affettivo dipende
dall’intensità. La condizione di equilibrio è quella
dove affettivo e cognitivo si mettono insieme. In A.T.
parliamo anche di canali preferenziali, porte aperte
o chiuse (Paul Were) a seconda del modo di relazio-
narsi e in A.T.I. parliamo di domini cognitivo, affetti-
vo, comportamentale e emotivo. Quando l’Adulto è
integrato ha un buon contatto con sé e con l’altro e
la sua energia fluisce nei quattro domini.
L’organizzazione delle esperienze e la creazione di
strategie rendono prevedibile l’ambiente e
l’esperienza (fame di struttura e organizzazione del
tempo di Berne).
Nella sua definizione del copione di vita Erskine
parla di un modello relazionale inconscio, basato su
reazioni di sopravvivenza, conclusioni esperienziali
implicite e decisioni esplicite e introiezioni autorego-
latorie prese sotto stress, in qualunque epoca dello
sviluppo, che inibiscono la spontaneità e limitano la
flessibilità nella risoluzione dei problemi, nel mante-
nimento della salute e nella relazione con le perso-
ne. Le “reazioni fisiologiche di sopravvivenza” e le
“conclusioni esperienziali implicite” di cui parla
Erskine non sono altro che i modelli sub-simbolici e
pre-simbolici che per Bowlby, e per gli studiosi suc-
cessivi focalizzati sul piano evolutivo, il bambino si
forma nel tentativo di gestire le mancate sintonizza-
zioni e le negligenze cumulative della prima infan-
zia.
Cosi come il punto di vista della Crittenden costitui-
sce un superamento della precedente lettura degli
attaccamenti per stili,fovorendone una spiegazione
per strategie legate alle competenze , così l’ A.T. ha
evoluto il concetto di copione di stampo determini-
stico in piano di vita che ne sottolinea la continua
maturazione e sviluppo e la possibilità del suo for-
marsi o liberarsi durante tutto l’arco della vita.
Il sistema di copione, come recita la definizione di
Erskine, è l’insieme complesso di modelli relazionali
inconsapevoli basati su reazioni fisiologiche di
sopravvivenza, conclusioni esperienziali implicite e
decisioni esplicite prese sotto stress ad ogni fase
dello sviluppo. Tale stress è la pressione causata
dai fallimenti di una co-creazione dell’esperienza
relazionale: il bambino soprattutto, ,ma ognuno in
ogni fase della vita, a causa della ripetuta perdita di
contatto con una persona significativa che ricono-
sce e convalida i bisogni, si trova a dover rispondere
alla domanda “che ci faccio io, così come sono, in
un mondo come questo, con persone come voi?”
nel tentativo di rispondere , e di difendersi dalla
perdita di senso che segue all’esperienza di vuoto
di contatto vissuta, la persona può introiettare quel-
la relazione interrotta di sé con l’altro all’interno del
sé e fissarla come un insieme relazionale rigido, in
modo da conservare un sentimento illusorio di inti-
mità. In questo modo la persona mantiene
l’equilibrio psicologico, e contro l’assenza di relazio-
ne e l’ansia, si garantisce uno pseudocontatto e la
prevedibilità, ma al caro prezzo di non poter più
sentire il suo bisogno relazionale originario, e di
adottare convinzioni e decisioni difensive che, men-
tre gli garantiscono quella prevedibilità, lo rendono
inconsapevole di sé e dell’altro e lo costringono ad
agire nel qui-e-ora con uno strato dell’Io Adulto
contaminato dagli stati dell’Io Genitore e Bambino.
Ci siamo sempre domandate: quando inizia la rela-
zione e la funzione di un piano di vita? Nella nostra
ricerca sottolineiamo la nostra convinzione che
l’inizio appartenga alla vita fetale. Il dialogo tra
madre e bambino incomincia nel dialogo sonoro,
emotivo e cinestesico che si ha durante la gravidan-
za, quando la madre inizia la sua rappresentazione
mentale del figlio e questi nasce nella mente della
madre anche prima di venire alla luce. Berne ha
parlato di Io fetale, di influenze parentali e di proto-
collo che al di là della definizione di copione vuol
dire marcatura, timbro. Berne aveva addirittura
parlato in termini transgenerazionali, affermando
che la nostra storia inizia dai bisnonni e che la sce-
na del concepimento ad esempio, può influenzare il
copione e il suo finale.
Cornell afferma che il protocollo ha a che fare con
l’implicito e la sua natura è non verbale; rappresen-
ta la matrice a partire dalla quale noi tutti organiz-
ziamo le nostre esperienze relazionali. E’ il luogo nel
quale sono depositati ricordi impliciti, non recupera-
bili a parole, di modelli relazionali primitivi , vissuti
attraverso l’esperienza corporea del Bambino So-
matico , che orientano i nostri rapporti interpersona-
li e le nostre relazioni intersoggettive (Cornell, Lan-
daiche, 2005, 2008; Pierini, 2006). Ci sembra al-
trettanto significativo lo scritto di Evita Cassoni: La
vita di ogni umano comincia con l’annidamento,
termine scientifico che spiega, immaginalmente, la
trasformazione contemporanea dell’uovo fecondato
e dell’utero della madre. Ogni soggetto comincia ad
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Pagina 9 I A T N E W S
esistere determinando una relazione che trasforma
l’uno e l’altro; nella superficie di contatto zigote e
endometrio cambiano struttura per diventare altro e
insieme diventare ancora più quello che si è.
(Cassoni, 2008).
Anche Fanita English dice che Il neonato riceve
dalla madre un precocissimo imprinting di
“Benvenuto!” o di “Vattene!”
Maria Teresa Romanini dice che il bisogno primario
di attaccamento è stimolato dalle memorie di un
caldo spazio accogliente, di un divenire immediato
di stimoli mentali e sensoriali noti; in definitiva dalla
perdita di un “Altro” noto solo dalla sua accoglienza.
(Romanini, 1985). Il bisogno di attaccamento del
bambino nei confronti della propria madre nasce-
rebbe anche dalla ricerca di un “Altro” perduto che
contiene e completa ……..l’essere umano nasce
abituato a due funzioni: l’attenzione e l’intuizione in
relazione ad un altro già noto…. Possiamo parlare
quindi di una relazione pre-natale. Quando l’autrice
parla del protocollo dice che nel protocollo sono
custodite le memorie degli scambi primari tra ma-
dre e bambino, insomma una incubatrice relaziona-
le.
Vogliamo citare anche altri autori non A.T. che han-
no sottolineato questi concetti, come ad esempio
TREVARTHEN parla di una MUSICALITA’ COMUNICA-
TIVA di una proto – forma prenatale della confluen-
za dialogica madre - bambino, cioè del dialogo tra
madre e bambino. Tutto il metodo di Tomatis che
studia proprio la musicalità e il suono che si crea
all’interno del corpo madre e in cui il liquido amnio-
tico acquista acidità o basicità proprio per la condu-
zione di determinate sonorità.
Mancia e Milani Comparetti che avevano parlato di
feto competente partendo dalle funzioni motorie e
sensoriali e avevano scritto sulla trasmissione gene-
tica e sensoriale.
Ester Bick parla di Io-pelle, la funzione della pelle,
del confine tra il nostro interno e il nostro esterno.
Quante volte le somatizzazioni in risposta agli stress
più grandi, sono proprio quelle della pelle che è la
parte sensibile che da voce a questo colloquio che
sancisce il confine tra noi e l’altra persona.
E di nuovo TREVARTHEN – MELTZOFF – STERN
parlano di una mente condivisa e proprio di una
intelligenza neonatale dell’individuo e nell’Infant
Research si è studiato la predisposizione biologica
alla percezione, interazione ed espressione . Beebe
e colleghi con la videomicroanalisi hanno studiato i
movimenti all’interno dell’utero per vedere i giochi
diversi che il bambino fa specialmente nei primi
mesi di vita, quando ha ancora un grande spazio.Si
sono potuti osservare comportamenti completa-
mente diversi, tra chi salta, chi si sdraia, chi succhia
ed esplora il corpo madre con modalità completa-
mente diverse per ogni bambino.
Il protocollo primario rappresenta quindi il primo
substrato dell’esperienza relazionale individuale,
sviluppatosi prima della costruzione linguistica
verbale. E’ la sede delle esperienze protolinguisti-
che e preverbali. Nel protocollo sono custodite le
memorie degli scambi primari tra madre e bambino;
quelle esperienze relazionali primarie attraverso cui
il bambino è chiamato alla relazione con l’altro e
che porteranno alla costruzione del Sé e del mondo
esterno. Il neonato esplora il mondo utilizzando i
legami che ha costruito; abbiamo visto che anche il
feto esplora il suo mondo e gli oggetti presenti nel
contenitore materno .…. Il grembo materno rappre-
senta una prima “incubatrice relazionale” che per-
mette al feto di crescere all’interno di un universo
cinestesico e sonoro popolato di oggetti con cui
entrare in relazione ( Manola Unida, 2009)
Siamo d’accordo con Sonia Gerosa che nel 2009 ha
scritto l’articolo in cui ha preso in considerazione
non soltanto la matrice copionale, cioè da quando il
bambino nasce, ma la matrice protocollare, cioè
che cosa succede prima, quali sono i messaggi, la
relazione, la significatività che ha quell’elemento
madre con quel bambino.
Riassumendo dalla patologia, (patologico-normale),
siamo passati alla persona con il suo comportamen-
to, con le sue strategie; dal sintomo siamo passati
al segnale strategico, quindi dal sintomo come
problema al sintomo come dono che ci conduce a
capire l’altro; dalla struttura, fissazione, siamo pas-
sati al funzionamento. In altri termini adesso abbia-
mo una relazione che cura, una “negoziazione della
relazione” che il terapeuta deve fare con il suo
cliente e nella quale il terapeuta non puo che esse-
re coinvolto. Questo porta ad affermare che non
dobbiamo solo costruire una base sicura (tra la
madre e il bambino) all’interno della relazione pa-
ziente-terapeuta,ma dobbiamo intessere una VICI-
NANZA che è fatta di presenza e crea appartenenza:
il bisogno dei bisogni, cioè quello che da la sensa-
zione di quell’annidamento di cui parlava Cassoni.
Nella nostra ricerca, operiamo per prevenire, per
costruire un ambiente o luogo di accoglienza che
coincide con lo stesso caregiver. La madre diviene il
tempo e il luogo affettivo di stimolazione durante la
gestazione. Successivamente, ma ancora in un
periodo preverbale, più coscientemente e volonta-
riamente stimolerà il bambino e verrà accompagna-
ta dal ricercatore con il CARE-Index (Crittenden) e
con intervento analitico transazionale integrativo. A
questo verrà unito l’intervento con la video microa-
nalisi fino al 18° mese di vita
Quindi la vicinanza verrà costruita nella presenza
del caregiver al bambino e del ricercatore alla cop-
pia genitoriale.
Favoriamo quel concetto di cui parla la Crittenden
quando scrive sulla responsività sensibile materna.
Altri autori hanno parlato di capacità di rispecchia-
mento, di funzione del sé riflessivo, di reverie, della
sincronizzazione e sintonizzazione, cioè ognuno di
loro ha usato una lingua diversa, ma tutti per parla-
re della capacità della rappresentazione mentale
che è nella madre. La stessa cosa che deve avveni-
re tra terapeuta e cliente. Il terapeuta sta nella
relazione con il suo paziente co-involto, co-
costruttore, immersi dentro lo stesso luogo. Cambia
il paziente ma cambia anche il terapeuta, cambia il
figlio come cambia il genitore. Ognuno di loro è
influente, è influenzato ed è influenzante perché
soltanto in quella condizione in cui noi ci prendiamo
la responsabilità della relazione che andiamo a
creare si può veramente parlare di una base sicura.
Il concetto di base sicura non è quindi solo quello di
uno stile ma di una condizione relazionale.
Berne aveva parlato di tre P: la protezione di cui
parla anche Bowlby nella teoria dell’attaccamento,
la potenza e il permesso e io aggiungerei la presen-
za, perché è quella presenza coinvolta, sensibile,
responsabile che fa la differenza tra contratto Adul-
to-Adulto e un contratto-contatto che lo trasforma
immediatamente in luogo di relazione e co-
costruzione.
A questo punto descriviamo la nostra idea di “ co-
pione” che non è più un copione ma è appunto un
piano di vita: pensiamo che ci sia una Evoluzione e
costruzione continua di un Piano di vita individuale,
soggetto ad avere modifiche per esperienze e matu-
razione del soggetto, e/o battute di “arresto organiz-
zative” in stati di stress che riattivano strategie di
sopravvivenza difensive non adeguate alla realtà.
Avendo l’essere umano bisogno di continuità, stabi-
lità e prevedibilità (Base sicura protettiva) sia inte-
riore (intrapsichico) che interpersonale, crea piani di
riferimento (Q.R/M.O.I.) basati sulla propria espe-
rienza e co-costruiti con le figure parentali
(caregiver) che forniscono la percezione del Sé in
relazione, cioè di sé, dell’altro e della situazione,
che sono la condizione fondamentale per esperire
qualsiasi piano di vita e per qualsiasi forma di ap-
prendimento.
La co-costruzione del piano di vita inizia fin dalle
prime interazioni con il corpo materno (intrauterino),
contando su apprendimenti mentalizzati e non.
L’errore sembra puntare sulla modificabilità di
questi piani di vita in termini di decisione/
ridecisione, anziché di plasticità della nostra psiche
e mente.
Quindi noi non possiamo più parlare in termini di
guarire, ma dobbiamo parlare in termini di avere
cura. Dobbiamo considerare la RELAZIONE COME
SOSTANZA DI TUTTA L’UMANA INTIMITA’ E FIDUCIA,
IMPEGNO FONDAMENTALE PER LA SALUTE
MENTALE.
Abbiamo cinque possibili parole chiave:
Contemporaneità (neurobiologia- filosofia di Morin);
Co-costruzione (teoria dell’attaccamento fino a
Stern);
Co- responsabilità (contratto A.T.);
Coinvolgimento (A.T.Integrativa);
Continuità evolutiva trasformativa del Piano di vita
(DMM della Crittenden e A.T.).
Concludiamo con una bellissima immagine disegna-
ta da Leonardo da Vinci che rappresenta il feto e
dalle sue parole che tanti anni fa nella sua genialità,
aveva già pronunciato:
1. Già evidenziabile in alcuni lavori (Ligabue,2001;
Cassoni, 2008).
2. Tali concetti saranno trattati in modo più esteso
nel workshop del convegno di Roma.
3. Qui si intende un comportamento costante e
continuo nel tempo.
…..E una medesima anima
governa questi due corpi
elli desideri elle paure e i dolori
son comuni si a esse creature
come a tutti li altri membri animati;
e di qui nasce che elle cose
desiderate dalla madre
spesso son trovate scolpite
in quelle membra del figliolo…...”
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