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La produzione snella
ing. consuelo rodriguez
Il termine produzione snella (lean production) è stato ideato nel 1992 dai
ricercatori del MIT Womack e Jones, nel loro best-seller “La Macchina che ha
cambiato il mondo”, in cui illustrano il sistema di produzione che ha permesso
all’azienda giapponese Toyota di ottenere risultati nettamente superiori a tutti i
concorrenti nel mondo.
Negli anni il modello della lean production è stato affinato, assumendo anche
altre denominazioni, quali lean organization, lean manufacturing, lean service,
lean office, lean enterprise e persino lean thinking (pensiero snello), a indicarne
la natura di “filosofia” industriale che ispira sostanzialmente tutti i metodi e le
tecniche.
ing. consuelo rodriguez
La produzione snella
La produzione snella (lean production) è un
insieme di principi, metodi e tecniche per la
gestione dei processi operativi, che mira ad
aumentare il volume percepito dal cliente finale
e ridurre sistematicamente gli sprechi.
Questo è possibile solo con il coinvolgimento
di persone motivate al miglioramento continuo.
ing. consuelo rodriguez
L’obiettivo della Produzione Snella è “fare sempre di più
con sempre di meno”:
• meno tempo
• meno spazio
• meno sforzo
• meno macchine
• meno materiali
ing. consuelo rodriguez
Cenni storici: le tappe fondamentali della lean production
ing. consuelo rodriguez
WCM -World Class Manufactoring Ispirandosi in modo originale ai principi, ai metodi e alle tecniche della
lean production, il metodo World Class Manufacturing (WCM),
sviluppato negli Stati Uniti negli anni ’90, viene introdotto in Italia dal
gruppo FIAT (oggi FCA) attorno al 2005 e attualmente rappresenta
uno dei migliori standard di produzione a livello mondiale, applicato
con successo da tutti gli stabilimenti del Gruppo Fiat.
Così come il Lean, si tratta di un modello integrato che riguarda
l’organizzazione della fabbrica nel suo complesso: dalla gestione degli
aspetti ambientali e di sicurezza sul lavoro, alla manutenzione, fino
alla logistica con particolare attenzione all’eliminazione degli sprechi.
Il WCM si applica a tutti gli ambiti della produzione con l’obiettivo di
ottimizzare i risultati attraverso il miglioramento continuo dei processi e
della qualità del prodotto, il controllo e la progressiva riduzione dei
costi di produzione, la flessibilità di risposta alle esigenze del mercato
e il coinvolgimento e la motivazione delle persone.
ing. consuelorodriguez
Organizzazione del WCM
Il sistema ruota attorno a dieci pilastri tecnici e a dieci pilastri
manageriali.
Un audit esterno valuta il grado di applicazione dello standard
raggiunto dallo stabilimento e stabilisce così un punteggio che si
traduce in quattro tipi di certificazione:
• Bronzo
• Argento
• Oro
• World class
ing. consuelo rodriguez
Pilastri tecnici
ing. consuelo rodriguez
Il WCM viene raffigurato come un tempio retto da 10 pilastri tecnici (pilar)
Pilastri tecnici
SA Safety - Sicurezza del Posto di lavoro
CD Cost Deployment - Fonti di perdita economica
FI Focus Improvement - Miglioramento Focalizzato di uno specifico
problema
AM + WO Autonomous Maintenance - Workplace Organization
PM Professional Maintenence - Manutenzione professionale
QC Quality Control - Controllo Qualitativo
L&CS Logistic / Customer Services
EEM + EPM Early Equipment Management, Early Product Management -
Strategia di acquisizione dei mezzi di lavoro / processi
ENV Enviroment - Ambiente e sfruttamento servomezzi energetici
PD People Development - Sviluppo delle competenze del personale
ing. consuelo rodriguez
Pilastri manageriali I10 pillar manageriali che debbono operare in modo che il
sistema/stabilimento sia adeguato a sostenere le attività dei pillar
tecnici
OPL One Point Lesson
SOP Standard Operating Procedure
SMP Standard Manutentive Procedure
4M MAN/METHOD/MATERIAL/MACHINE metodo di scomposizione del
problema per identificare le aree sensibili
5W 5 WHY porsi domande sul perché di un fenomeno
5W+1H WHAT/WHERE/WHEN/WHICH/WHO/HOW posizionare il
fenomeno nell’ambito di questi item
3M valutazione oggettiva del posto di lavoro
KAIZEN progetti specifici di miglioramento
KPI Key Performance Indicators – Indicatori oggettivi dei risultati
KAI Indicatori delle attività (vedi Kaizen)
ing. consuelo rodriguez
PRINCIPI DEL PENSIERO
SNELLO (LEAN THINKING)
ing. consuelo rodriguez
Il lean oltre che un metodo da applicare è
innanzitutto una forma mentis cioè un modo di
pensare che ispira il metodo stesso.
ing. consuelo rodriguez
I 5 principi del Lean thinking
Il Lean si fonda su 5 principi:
1. Valore (Value): ciò che il cliente è disposto a pagare; tutto il resto è spreco
2. Mappatura (Mapping): Per eliminare gli sprechi occorre mappare il flusso
del valore ossia delineare le attività in cui si articola il processo operativo
distinguendo tra quelle a valore aggiunto e quelle non a valore aggiunto
3. Flusso (Flow): Il processo di creazione del lavoro è visto come un flusso
che deve scorrere in modo continuo
4. Produzione tirata (Pull): Soddisfare il cliente significa produrre solo quello
che vuole, solo quando lo vuole e solo quanto ne vuole. La produzione è
“tirata” dal cliente e non “spinta” dal produttore
5. Perfezione (Perfection): La perfezione è il punto di riferimento cui si deve
tendere attraverso il miglioramento continuo. Corrisponde alla completa
eliminazione degli sprechi
ing. consuelo rodriguez
ing. consuelo rodriguez
Gli sprechi (MUDA)
E’ spreco tutto ciò che
consuma risorse, in
termini di costo e tempo,
senza creare valore per
il cliente.
Gli sprechi sono
classificati in 7 tipologie
(seven Wastes) tra cui la
più grave è la
sovrapproduzione in
quanto è all’origine degli
altri tipi di sprechi.
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Metodi per eliminare gli sprechi
ing. consuelo rodriguez
Le 3 MU: Muda – Muri - Mura
I Muda sono solo uno dei
tre elementi negativi che il
lean combatte nei processi,
ovvero le cosidette 3 “MU”:
Muda: spreco, perdita
Muri : cosa irragionevole,
innaturale
Mura: irregolarità, instabilità
ing. consuelo rodriguez
Obiettivo zero Gli obiettivi fondamentali della produzione snella sono rappresentati nella così
detta “casa del lean”
Alla base due concetti fondamentali:
1. Standardizzazione (Standard Work) che fa ampio uso della Gestione Visiva (Visual
Management)
2. Miglioramento Continuo (Kaizen) che fa leva su specifiche tecniche di Problem
Solving.
I 4 pilastri sono:
Questi singoli obiettivi, che concorrono ad ottenere Zero Sprechi (muda), si trasformano
in Valore percepito dal Cliente, in termini di qualità, di costo e di tempo.
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Just In Time Jit Zero scorte
Autonomazione Jidoka Zero difetti
Manutenzione produttiva Total Productive Maintenance
TPM
Zero fermi
Organizzazione del
posto di lavoro
Workplace Organization
WO
Zero
Inefficienze
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1. LOGISTICA:ZERO SCORTE –
JUST IN TIME
ing. consuelo rodriguez
Logistica: zero scorte (Just in time)
Metodo logistico-produttivo il cui obiettivo è
quello di produrre e consegnare al cliente:
• Solo cosa richiesto
• Solo quando richiesto
• Solo quanto richiesto
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Insieme all’autonomazione (contrazione di autonomia e automazione - concetto
che prese vita intorno al 1980, con lo sviluppo della lean production , fu
introdotto per primo dalla fabbrica automobilistica giapponese Toyota), il JIT è
il pilastro principale della lean production, in quanto conferisce rapidità e
flessibilità al sistema logistico-produttivo e risulta nella progressiva riduzione di
tutti i tipi di sprechi.
In particolare, con il Just-In-Time si ottengono notevoli riduzioni di:
• tempo di attraversamento (lead time), impiegato per produrre e consegnare
il prodotto al cliente, grazie alla riduzione dello spreco da attesa
• spazio di stabilimento, necessario per contenere il flusso di produzione e le
relative scorte, grazie alla riduzione degli sprechi da sovrapproduzione, scorta
inutile e trasporto.
ing. consuelo rodriguez
Le regole del JIT
Non produrre se il cliente non lo richiede
Livellare la domanda
Collegare tutti i processi alla domanda del
cliente con semplici strumenti visivi (kanban)
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Elemento operativi di un JIT
- Flusso continuo (continuous flow)
- Produzione snella tirata dal cliente (pull
system)
- Livellamento della produzione (heijunka)
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Mappatura del flusso (Value Stream
Mapping – VSM)
La mappatura del flusso del valore consiste nella rappresentazione
grafica di tutti i passaggi dei flussi di materiali e informazioni che
portano un determinato prodotto dall’ordine al la consegna.
Questo strumento permette di individuare in modo immediato e visivo
gli sprechi, quindi le opportunità di miglioramento. Il metodo prevede di
tracciare prima la mappa dello stato attuale (as is), per poi proporre
dei cambiamenti da inserire nella mappa dello stato futuro
(to be).
ing. consuelo rodriguez
Flusso continuo (continuous flow)
La produzione di massa tradizionale prevede che il
materiale venga lavorato a grandi lotti. Questo sistema
prevede a interporre tra le diverse fasi di lavorazione dei
magazzini intermedi in cui i semilavorati stazionano,
formando come una coda (batch and queue)
La produzione snella o a flusso continuo prevede la
riduzione progressiva della dimensione dei lotti tendendo
idealmente a 1 lotto = 1 pezzo (one piece flow). In tal
modo la produzione fluisce in modo continuo senza
interruzioni, attese e magazzini di semilavorati.
ing. consuelo rodriguez
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Batch-and-queue production
One piece flow
Sistema pull
Il sistema pull è un metodo per controllare il flusso di
materiali basato sul reintegro sistematico solo di ciò che
effettivamente viene consumato.
La produzione è tirata (pull) dal cliente in quanto ogni fase
di lavorazione avviene solo se richiesto dalla fase di
lavorazione a valle.
I processi di produzione sono livellati in quanto vi è una
distribuzione costante di carichi di lavoro tra stazioni
successive.
Il principale obiettivo del sistema pull è di evitare la
sovrapproduzione in quanto tale approccio vincola a
produrre solo se necessario
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La movimentazione e la produzione di materiali o
componenti tra fasi di lavorazione successive è autorizzata
dal Kanban (cartellino) nel quale verranno riportate
informazioni visuali che indicano: cosa,quando e quanto
produrre.
Il Kanban permette il flusso continuo
dell’approvvigionamento costituendo lo strumento
principale di realizzazione del JIT
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Livellamento della produzione (heijunka) L’irregolarità (mura) della produzione e il carico eccessivo (muri)
costituiscono, insieme agli sprechi (muda) uno dei tre elementi negativi
dei processi (le tre Mu) che il lean punta ad eliminare.
Al fine di rendere più regolare l’attività di una linea produttiva è
necessario:
Regolarizzare la domanda del cliente (qualora possibile) attraverso
il livellamento delle consegne (level selling)
Regolarizzare la produzione attraverso il livellamento della stessa
(heijunka) ottenuto con la produzione frequente di piccoli lotti di ogni
prodotto alternati con piccoli lotti di altri prodotti.
In tal modo sarà più facile
Adattarsi rapidamente alla variazione della domanda
Ridurre i carichi eccessivi
ing. consuelo rodriguez
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Il livellamento è il fondamento indispensabile per la corretta applicazione del
metodo JET
2.QUALITA’: ZERO DIFETTI –
AUTONOMAZIONE (JIDOKA)
ing. consuelo rodriguez
L’autonomazione /jidoka)
L’“autonomazione” (jidoka), descritta anche come
automazione intelligente” o “automazione a misura
d’uomo”, è un metodo preventivo di gestione della qualità,
in cui operatori e macchine si auto-attivano per identificare
le anomalie dei processi, comprenderne le cause ed
eliminarle prontamente.
ing. consuelo rodriguez
L’efficacia dell’autonomazione deriva dalla capacità di individuare gli errori
Prima che si trasformino in difetti sul prodotto, di arrestare il processo se
necessario, e di rendere le cause dei problemi visibili appena questi si
verificano, facilitandone così l’eliminazione.
ing. consuelo rodriguez
Nella lean production l’autonomazione ha un’importanza nettamente
superiore all’automazione, in quanto solo l’eliminazione sistematica
delle anomalie può permettere il flusso continuo tirato dal cliente
proprio del Just-In-Time, oltre a rendere possibili forti aumenti di
produttività con le lavorazioni multi-macchina e multi-processo.
ing. consuelo rodriguez
L’autonomazione si pone l’obiettivo di ottenere zero difetti,
quindi qualità al 100%, in quanto nessun cliente è
disponibile a tollerare un prodotto difettoso.
Essa va così al di là del tradizionale approccio statistico
alla qualità, che si limita a ridurre i difetti entro una
percentuale “accettabile”, ma non punta a eliminarli del
tutto. In una produzione industriale, accettare una
difettosità dello 0,1% (uno per mille) equivale ad accettare
un atterraggio pericoloso al giorno in un aeroporto
internazionale.
ing. consuelo rodriguez
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Sistemi “a prova di errore” (poka-yoke)
Il principale strumento dell’autonomazione è il
poka-yoke, che in giapponese significa “a
prova di errore”.
I poka-yoke (P-Y) sono dispositivi, meccanismi
o semplici accorgimenti atti ad evitare che gli
errori si trasformino in difetti.
Senza saperlo, la nostra vita quotidiana è
disseminata di poka-yoke
. ing. consuelo rodriguez
ing. consuelo rodriguez
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I poka-yoke si basano su una logica di prevenzione dei difetti e di gestione
della qualità alla fonte.
Essi sono più efficaci quando consentono un controllo assoluto, forniscono
un riscontro immediato, sono semplici, robusti, affidabili ed economici, e
quando non richiedono particolare attenzione da parte dell’operatore.
È preferibile che tali soluzioni siano ideate già in fase di sviluppo del prodotto
e del processo.
ing. consuelo rodriguez
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Principali metodi di rilevamento delle anomalie con relativi esempi di
Soluzioni poka-yoke
ing. consuelo rodriguez
Esempi di poka-yoke
in ambito manifatturiero.
3. MACCHINE: ZERO FERMI – MANUTENZIONE PRODUTTIVA (TOTAL
PRODUCTIVE MAINTENANCA – TPM)
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Total Productive Maintenance(TPM)
ing. consuelo rodriguez
Il Total Productive Maintenance(TPM) è un programma di
miglioramento continuo che riguarda l’impiego efficace ed efficiente
delle macchine e degli impianti.
Con questo nuovo approccio la responsabilità della manutenzione degli
impianti è estesa a più livelli,spettando quindi non solo ai manutentori
ma anche, anzi soprattutto, agli operatori diretti. Essi sono coinvolti
nella manutenzione, in progetti di miglioramento e in riparazioni
semplici, tutte attività che diventano parte della loro routine. Per
esempio gli operatori si occupano quotidianamente di lubrificare, pulire
e controllare le macchine che utilizzano.
Il TPM si basa sul coinvolgimento totale delle persone e sulla
prevenzione come principale strumento di eliminazione delle perdite.
ing. consuelo rodriguez
Sono tre le tipologie di perdite che minano l’efficienza degli impianti:
1) perdite per fermi
• guasti
• attrezzaggi e regolazioni
2) perdite per microfermate e velocità
• funzionamento a vuoto e microfermate
• riduzione di velocità
3) perdite per difetti
• difetti e riparazioni
• resa all’avviamento.
ing. consuelo rodriguez
La manutenzione autonoma
ing. consuelo rodriguez
La manutenzione autonoma è l’attività
attraverso cui gli operatori, oltre a
utilizzare le macchine, si occupano
anche di monitorarne lo stato,
ripararne le anomalie e ripristinarne le
condizioni iniziali.
Gli operatori, che meglio di tutti
conoscono la funzione e la struttura
delle macchine, acquisiscono così le
competenze utili a scoprire le
anomalie e imparano a compiere
attività di manutenzione e facili
riparazioni.
ing. consuelo rodriguez
I sette passi della manutenzione autonoma
Manutenzione programmata
ing. consuelo rodriguez
La manutenzione programmata mira a ridurre i guasti attraverso interventi di
prevenzione che, in questo caso, richiedono la competenza specializzata dei
manutentori.
In particolare occorre prevenire il deterioramento dei componenti, prolungarne
la vita utile e regolarizzarne la manutenzione.
Per dare visibilità a questo sistema, si imposta un piano di manutenzione che
definisce le azioni periodiche necessarie, specificando per ognuna diversi
aspetti: i componenti e le parti della macchina su cui intervenire, i contenuti e le
modalità di intervento (metodi, attrezzi, parametri, ecc), l’operatore
responsabile, la frequenza.
Set-up rapido
ing. consuelo rodriguez
Il principio del set-up rapido, noto anche con gli acronimi SMED (Single
Minute Exchange of Die) e RTS (Rapid Tool Setting), è quello di ridurre
al minimo i tempi di attrezzaggio delle macchine.
I tempi di attrezzaggio rappresentano uno spreco, in quanto costringono le
macchine a stare ferme quindi a non produrre valore.
Lo SMED è un’attività semplice, che tuttavia richiede rigore metodologico e
attenta analisi. Esso consiste, anzitutto, nell’individuare e separare le
attività “interne” dalle attività “esterne”:
• Attività “interne”: azioni che necessariamente si devono fare a
macchina ferma (inserimento stampo, staffaggio, ecc),
• Attività “esterne”: azioni che si possono eseguire anche a macchina in
movimento (ricerca materiale, ricerca utensili, riposizionamento strumenti,
registrazione intervento, ecc).
ing. consuelo rodriguez
Una volta che le attività “esterne”
vengono ad essere “spostate” al di
fuori del tempo di attrezzaggio, la
tecnica SMED suggerisce di ridurre
al minimo le attività “interne”, in
modo da limitare ulteriormente il
tempo in cui la macchina è ferma. Si
tratta quindi di interventi di
miglioramento, ad esempio la
sostituzione dei dispositivi “non
rapidi” (centraggi, staffe, barre
filettate, dadi non standard, ecc) con
altri “rapidi” (guide, attacchi a
baionetta, viti a mezzo giro, ecc).
ing. consuelo rodriguez
4. PERSONE: ZERO INEFFICIENZE ORGANIZZZAZIONE DEL POSTO DI LAVORO
(WORKPLACE ORGANIZATION)
ing. consuelo rodriguez
L’organizzazione del posto di lavoro (Workplace
Organization WO) è uno degli strumenti fondamentali
per migliorare l’efficienza, la qualità e la sicurezza dei
processi.
Permette di facilitare il fluire del lavoro e di eliminare gli
sprechi relativi a:
Spazi occupati
Tempi di ricerca
Movimenti e spostamenti
Rilavorazioni e controlli
ing. consuelo rodriguez
Metodo delle 5S
ing. consuelo rodriguez
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One Point Lesson (OPL)
ing. consuelo rodriguez
Semplice
strumento atto a
focalizzare in un
unico punto (one
poin) un elemento
di formazione
(lesson).
Generaòmente
l’0intero oggetto di
formazione è
cintenuto in un
foglio A4 ed è
costituito da brevi
concetti di
immediata
comprensione,
fotografie, schizzi,
disegni.
ing. consuelo rodriguez
5. STANDARDIZZAZIONE
(STANDARD WORK)
ing. consuelo rodriguez
La standardizzazione consiste nell’attività di
definizione, mantenimento e miglioramento
degli standard ossia delle procedure di lavoro
che guidano ogni operatore in un processo
produttivo.
Costituisce la base di un miglioramento
continuo
ing. consuelo rodriguez
6. MIGLIORAMENTO
CONTINUO (KAIZEN)
ing. consuelo rodriguez
KAIZEN
KAI (cambiamento) ZEN (bene)
“cambiamento verso il meglio”
Il Kaizen è una strategia di management
giapponese che significa "cambiare in meglio" o
"miglioramento lento e continuo": un credo che si
basa sulla convinzione che tutti gli aspetti della
vita possano essere costantemente migliorati.
ing. consuelo rodriguez
• Questo metodo giapponese incoraggia e caldeggia piccoli miglioramenti da
farsi giorno dopo giorno, in maniera continua. Il kaizen, presentato
inizialmente da Toyota e applicato sempre più in tutto il mondo, si basa sul
principio che l'energia viene dal basso, ovvero sulla comprensione che il
risultato in un'impresa non viene raggiunto dal management, ma dal lavoro
diretto sul prodotto.
• L'aspetto più importante del Kaizen è proprio il processo di miglioramento
continuo che c'è alla base. Si tratta di un metodo soft e graduale che si
oppone alle abitudini occidentali di eliminare ogni cosa che sembra non
funzionare bene per rifarla da capo.
In Giappone, tra l'altro, dove ha avuto origine il concetto di Kaizen, questo
strumento si applica a tutti gli aspetti della vita, non solo al posto di lavoro.
ing. consuelo rodriguez
Problem solving
Gli strumenti dicui si avvale il processo di
risoluzione dei problemi (problem solving)
sono:
5 Perchè (5 Whys)
5 W+1H
3 Gen
4 M+A
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5 Perchè (5 Whys)
Questa tecnica porta a
identificare la causa
“radice” di un problema
non fermandosi alla
soluzione apparente ma
ponendosi una serie
consecutiva di “perché?”
simbolicamente almeno
5.
ing. consuelo rodriguez
Cosa (What): definisci qual’è il problema che vuoi affrontare. Cosa
vuoi migliorare? Quale aspetto crea problemi? Cosa funziona?
Perchè (Why): cerca di capire o immaginare i motivi che causano
un problema, o generano una situazione, così come perché si usano
già certe soluzioni. Perchè si è sempre fatto così? Perchè succede
A dopo B? Perchè questo funziona in certe situazioni e in altre no?
Chi (Who): definisci chi si può occupare del problema. Tu? Un tuo
socio? Qualcuno che conosci a cui proporre una collaborazione? Se
stai valutando 2 idee alternative, chi fa cosa?
Dove (Where): considera il luogo dove si colloca il tuo problema.
Dove accade quella situazione che vuoi risolvere? Dove la si può
risolvere?
Quando (When): considera anche le variabili temporali. Quando
succede quello che osservi? Quando può essere risolto? Quando si
creano determinate condizioni?
ing. consuelo rodriguez
ing. consuelo rodriguez
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5 W+1H
What (che cosa9?
When (quando)?
Where (dove)?
Who (chi)?
Which (quale)?
How (come)?
ing. consuelo rodriguez
Lo strumento 5W1H fa parte di quel bagaglio di conoscenze che
ogni professionista della Qualità dovrebbe padroneggiare perché
può aiutarlo a fare un'analisi strutturata di un lavoro o di un'attività e,
quindi, di un intero processo.
Costruire una checklist impostata sul famoso strumento 5W1H ci
aiuta ad utilizzare a livello operativo una tecnica di miglioramento
che spesso viene sottovalutata perché considerata semplice e quasi
infantile ma che è davvero fantastica se viene compresa fino in
fondo e utilizzata bene dai gruppi di lavoro che si occupino di BPR
(Business Process Reengineering: strumento utilissimo per tutte
quelle organizzazioni che vogliono diventare più efficienti e
moderne perché è in grado di trasformarle, influenzandone
direttamente le prestazioni.
ing. consuelo rodriguez
Per costruire la nostra lista di riscontro iniziamo a chiederci:
La prima "W": chi?
Chi fa questa cosa abitualmente?
Chi la sta facendo in questo momento/periodo?
Chi dovrebbe farla?
Chi altro potrebbe farla?
Chi altro dovrebbe farla?
La seconda "W": cosa?
Cosa prevede questa attività?
Cosa viene fatto in realtà?
Cos'altro si potrebbe fare?
Cos'altro si dovrebbe fare?
La terza "W": dove?
Dove si dovrebbe svolgere l'attività?
Dove viene svolta effettivamente?
Dove altro si potrebbe svolgere?
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La quarta "W": quando?
Quando deve essere svolta l'attività?
Quando viene effettivamente svolta?
Quando potrebbe essere svolta in alternativa?
La quinta "W": perché?
Perché viene svolta questa attività?
Perché viene svolta da una certa persona?
Perché si dovrebbe svolgere questa attività in un certo modo?
Perché viene svolta in un altro modo?
Perché si svolge in un certo posto?
Perché si svolge in un certo momento?
L'"H": come?
Come dovrebbe essere svolta questa attività?
Come viene svolta in realtà?
Come potrebbe essere svolta l'attività se decidessimo di prendere in
considerazione un approccio differente?
Come potremmo utilizzare in altre attività questo modo di procedere?
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5 W + 1 H What? Quale pezzo sto producendo? Di che materiale è fatto?
When? In quale fase della produzione dìsi è verificato il problema?
Where? Su quale parte del pezzo si è verificato il problema?
Who? Questo problema è capitato solo a me o anche ad altri?
Which? C’è una correlazione tra il problema e qualche evento specifico?
How? Come si è manifestato il fenomeno?
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3 Gen Il metodo fornisce alcune indicazioni per facilitare la risoluzione di un
problema esaminando anche cause correlate
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4 M + A (metodo di Ishikawa) Il metododi Ishikawa è una tecnica manageriale utilizzata nel
settore industriale e nei servizi per individuare la/le causa/e più probabile/i di
un effetto (o problema). È anche chiamato diagramma causa-
effetto o diagramma a lisca di pesce.
Nel campo manifatturiero, le cause o i fattori che influenzano un processo
produttivo sono spesso organizzate in quattro macrogruppi, che sono:
manodopera
macchine (compresa l'energia impiegata, gli strumenti di lavoro e di misura)
materiali (materie prime e ausiliarie)
metodi (procedure o prassi operative).
A queste quattro poi se ne è aggiunta una quinta: l'ambiente, per cui si parla di
“4 M + A” o "5M". Poiché però ambiente non inizia per "m", si è scelta la
lingua francese: il quinto fattore diventa così il Milieu
ing. consuelo rodriguez
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PDCA
Noto anche come ciclo di Deming, la sigla PDCA è formata dalle iniziali delle seguenti parole inglesi: Plan (pianificare), Do (fare), Check (controllare) e Act (agire).
E' un ciclo che si applica a tutti i processi e ne consente la realizzazione e la gestione (verifica dei risultati e miglioramento continuo)
Plan (Pianificare): Decidere Cosa fare, come farlo, in che tempi. Stabilire gli obiettivi ed i processi necessari per fornire risultati conformi ai requisiti del cliente ed alle politiche dell'organizzazione
Do (Fare): Fare quanto pianificato. Dare attuazione ai processi;
Check (Controllare): verificare se si è fatto quanto pianificato attraverso dati oggetivi (misurazioni). Monitorare e misurare i processi ed i prodotti a fronte delle politiche, degli obiettivi e dei requisiti relativi ai prodotti e riportarne i risultati;
Act (Agire): adottare azioni per migliorare in modo continuativo le prestazioni dei processi;
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