la scrittura per l’apprendimento dell’italiano l2
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BERGAMO CENTRO COMPETENZA LINGUE
CIS – CENTRO DI ITALIANO PER STRANIERI
THE CENTER OF ITALIAN FOR FOREIGNERS
Programma e raccolta degli abstract in ordine di comparizione
www.unibg.it/convegnocis2018
La scrittura per l’apprendimento dell’italiano L2
6-8 giugno 2018, via Salvecchio
Bergamo, 9-10 giugno 2016 Aula 2 - via Salvecchio, 19
2
PROGRAMMA
Mercoledì 6 giugno - mattino
8.45 Apertura iscrizioni
9.30 Saluti delle Autorità
Prof. Patrizia Graziani, Dirigente dell'Ufficio Scolastico Provinciale di
Bergamo
Prof. Annamaria Giannellini, Ufficio Scolastico Provinciale di Bergamo
prof. Cécile Desoutter, Direttrice del Centro Competenza Lingue
dell'Università di Bergamo
Prof. Roberta Grassi, Coordinatore scientifico del Centro di Italiano per
Stranieri dell'Università di Bergamo
9.50 Presentazione Atti CIS 2016
Trattare il trattamento dell'errore: teorie e pratiche a confronto, a cura di R.
Grassi
10.00 Relazione a invito
Rosa Pugliese (Università di Bologna Alma Mater Studiorum)
Saper scrivere all'università: ricerche, applicazioni, prospettive
10.45 Discussione
11.00 Coffee Break
11.30 Relazione a invito
Paolo Della Putta (Università di Modena e Reggio Emilia)
Difficoltà di adattamento al contesto comunicativo nella scrittura di studenti
universitari italofoni e non italofoni. Per una rideterminazione del costrutto
dello scrivente nativo e per una didattica delle varietà della L1
11.50 Discussione
12.00 Cécile Desoutter (Università di Bergamo)
Il rapporto con la scrittura: un elemento costitutivo della competenza di
scrittura in L1 e in L2
12.45 Discussione
13.00 Pausa pranzo
Mercoledì 6 giugno - pomeriggio
14.30 Docenti CIS
Workshop in sessioni parallele: Scrivere, che piacere! Spunti per motivare alla
scrittura
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Giovedì 7 giugno - mattino
9.30 Relazione a invito
Fernanda Minuz (Ricercatrice indipendente, già Johns Hopkins University -
SAIS Europe)
Scritture emergenti. Alfabetizzazione degli adulti in L2
10.15 Discussione
10.30 Paolo Nitti (Università dell'Insubria)
Le pratiche di alfabetizzazione in italiano come L2 rivolte ad apprendenti
totalmente analfabeti. Un’indagine didattico-acquisizionale sui metodi fonetici e
globali
10.50 Adriana Arcuri, Solange Santarelli (Scuola di Lingua Italiana per Stranieri -
ItaStra, Università di Palermo)
Studiare Migrando. Una sperimentazione di didattica della scrittura per giovani
migranti e rifugiati
11.10 Discussione
11.30 Coffee Break
12.00 Claudia Borghetti, Gabriele Pallotti (Università di Bologna, Università di
Modena e Reggio Emilia)
Imparare a scrivere in L1 e in L2: il contributo dei percorsi di educazione
linguistica basati sul costrutto dell'Interlingua
12.20 Maria Emanuela Piemontese, Patrizia Sposetti (Università di Roma La
Sapienza)
Progettare percorsi di educazione linguistica inclusivi. L'uso delle tecniche di
scrittura controllata
12.40 Discussione
13.00 Pausa pranzo
Giovedì 7 giugno - pomeriggio
14.30 Sessione poster
Ombretta Bassani (Università di Pavia)
Produzione scritta e acquisizione: feedback a confronto
Eleonora Boglioni (Wake Forest University - USA)
La scrittura online in attività tra pari nella classe di italiano LS
Maciej Durkiewicz (Università di Varsavia)
L'italiano di italiani e l'interlingua di madrelingua polacchi apprendenti di
italiano LS a confronto. I primi risultati di una ricerca di linguistica testuale
comparativa
4
Anna Kucharska (Università Cattolica di Lublino Giovanni Paolo II)
Mezzi retorici in testi argomentativi scritti da apprendenti dell'italiano L2
Isabella Maffioli, Giovanna Sciuti Russi (Istituto Italiano di Cultura di Parigi)
Gli adulti cultivés dell'IIC di Parigi: l'abilità di scrittura come rinforzo allo
sviluppo della produzione orale
15.45 Pausa
16.00 Relazioni di esperienze: "Voci della scrittura"
Tatiana Galli, Katia Raspollini (CPIA Sondrio; CAS Provincia di Trento)
Lo sviluppo delle capacità di scrittura strumentale in apprendenti analfabeti:
premesse teoriche, prassi didattiche; la tecnica del calco sonoro
Giorgio Sena (Associazione ASINITAS - Roma)
"La (inter)lingua della bellezza". Esperienze di scrittura in una scuola di
italiano
Giovanna Sciuti Russi (Università per Stranieri di Siena)
Laboratori di scrittura in carcere. Percorsi di lingua e ricerca partecipata
Anna Zumbo (Studio Kappa, Asti)
La scrittura nell'insegnamento dell'italiano L2 a semi- o an- alfabeti: percorsi di
formazione e sperimentazione con gli insegnanti sul metodo di coscientizzazione
di Paulo Freire
17.45 Chiusura seconda giornata
5
Venerdì 8 giugno - mattino
9.30 Relazione a invito
Alessandra Giglio (Università Dalarna - Svezia)
Glottodidattica 2.0: quali tecnologie possono aiutarci nell’insegnamento della
lingua seconda?
10.15 Discussione
10.30 Alice Gasparini (Università G. D'Annunzio" di Chieti e Pescara)
Potenziamento della scrittura e Mobile learning
10.50 Debora Bellinzani (Università del Wisconsin-Madison - USA)
La scrittura collaborativa: una ricerca qualitativa sulla percezione degli
studenti
11.10 Discussione
11.30 Coffee Break
12.00 Francesca Pagliara (Università di Roma La Sapienza)
L'atto della richiesta nelle e-mail degli studenti universitari ai docenti: un
confronto tra parlanti nativi e parlanti non nativi di italiano
12.20 Sabina Fontana, Erika Raniolo (Università di Catania, Università di Palermo)
Insegnare la pragmatica ai sordi: il ruolo della scrittura
12.40 Discussione
13.00 Pausa pranzo
Venerdì 8 giugno - pomeriggio
14.30 Federica Del Bono (Centro Linguistico di Ateneo, Università di Roma Tre)
L'autovalutazione per migliorare la produzione scritta in italiano L1: uno studio
pilota sull’adeguatezza funzionale in testi argomentativi
14.50 Yahis Martari (Università di Bologna Alma Mater Studiorum)
Interferenza e variabilità diafasica nelle varietà di apprendimento di scriventi in
italiano L1 e L2
15.10 Discussione
15.30 Francesca La Russa (Université Bordeaux Montaigne, Università di Roma Tre)
Impatto del feedback correttivo diretto e indiretto sulle produzioni scritte di
apprendenti di italiano LS
15.50 Discussione
16.00 Pausa
16.15 Relazioni di esperienze: "Voci della scrittura"
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Elisabetta Aloisi, Adriana Perna (Cooperativa Ruah)
ATAYA-APP - L'App per insegnare l'italiano L2 a migranti analfabeti o poco
alfabetizzati
Laura Campanale (ITT Mazzotti - Treviso)
Percorsi e pratiche didattiche di scrittura nelle università tedesche: il valore
inclusivo dell'autobiografia per gli studenti oriundi italiani
Anita Palucci (Coperativa sociale integrata L'Albero - Rieti)
Le incompetenze di scrittura di italofoni non nativi di livello A1-A2: strategie
didattiche da attuare
17.30 Chiusura e saluti finali
Nei giorni del Convegno sarà presente un'esposizione di libri sulla
didattica dell'italiano a stranieri di case editrici specializzate nel settore.
Si ringraziano:
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Saper scrivere all’università: ricerche, applicazioni, prospettive
Rosa Pugliese (Università di Bologna Alma Mater Studiorum)
Relazione ad invito
Che cosa sappiamo, oggi, della scrittura come abilità linguistica? Quali
sono i punti acquisiti, dopo l’imponente mole di studi che si è prodotta
negli ultimi decenni? Soprattutto, qual è lo stato corrente – e quali le
direzioni, per gli anni a venire – delle ricerche e delle pratiche didattiche
riguardanti la scrittura all’università, in L1 e L2?
La relazione intende fornire alcuni elementi di risposta a queste
domande, adottando –necessariamente – criteri di orientamento e di
selezione in una bibliografia vastissima, pur già delimitata all’ambito
universitario. Nella contemporaneità, infatti, la questione ‘saper scrivere
all’università’ è un focus collettivo che impegna, in vario grado, molte
realtà accademiche, a livello internazionale. Nondimeno, essa risente dei
singoli contesti nazionali in cui è trattata, come evidenzia la serie
recente (dal 2005 ad oggi) di conferenze su writing research across
borders.
Tenendo conto di questo aspetto, la relazione si svilupperà a partire da
una geografia storica del dibattito italiano e da una panoramica
internazionale relativa ai paesi maggiormente attivi sul tema (la Francia
e gli Stati Uniti, ad esempio), per poi proporre una rassegna critica degli
argomenti centrali affrontati nelle ricerche e degli interventi principali, a
livello applicativo. Si accennerà, infine, a qualche indirizzo per il futuro,
basato anche su alcune considerazioni indotte dal proprio osservatorio
universitario.
8
Difficoltà di adattamento al contesto comunicativo nella scrittura di
studenti universitari italofoni e non italofoni. Per una
rideterminazione del costrutto dello scrivente nativo e per una
didattica delle varietà della L1
Paolo Della Putta (Università di Modena e Reggio Emilia)
Le carenze nella scrittura degli studenti universitari italofoni sono
oggetto di un dibattito molto vivace e attuale che, tralasciando alcune
sue connotazioni quasi scandalistiche e non scientifiche, trova oggi
fondamento nel concreto bisogno di rinforzo delle abilità di redazione
testuale delle matricole universitarie. Da almeno un decennio, infatti,
molti atenei italiani hanno introdotto corsi di recupero della testualità
pensati appositamente per quei neo iscritti che si dimostrano lacunosi
nella padronanza della propria lingua madre (Cacchione e Rossi 2016).
Le scarse competenze nella scrittura riguardano aspetti morfosintattici,
lessicali e di coerenza stilistico-pragmatica con tipi testuali altri da
quelli usati nella comunicazione quotidiana poco sorvegliata. L’origine
di tali mancanze è da ascriversi a diversi fattori, quali l’influenza dei
nuovi media, la poca didattica della scrittura nella scuola superiore
(Sabatini 2009), l’incapacità di riconoscere e inibire il transfer da varietà
colloquiali dell’italiano (Martari 2018) e la mancata motivazione ad
affinare competenze testuali complesse nella propria L1 (Balboni 2017).
Nel presente contributo analizziamo i problemi di scrittura dei giovani
universitari italofoni considerando due aspetti fondanti, tuttavia non
scevri da criticità definitorie, del processo di apprendimento di una
lingua (materna o non materna): il costrutto dello scrivente (e, per
estensione, del parlante) nativo e i limiti dell’acquisizione naturale. La
nozione di scrivente nativo, a prima vista di semplice
concettualizzazione, è, in realtà, un costrutto complesso che, spesso,
viene troppo semplicisticamente assunto come unico modello di
confronto per le produzioni degli apprendenti di una L2. In anni recenti,
l’”infallibilità linguistica” dello scrivente nativo è stata decostruita e
molto limitata: secondo molti autori (Berruto 2003, Hulstijn 2011 e
Dewaele 2017) si è realmente nativi soltanto in quelle varietà di lingua
che servono alla socializzazione primaria e a soddisfare i bisogni
9
quotidiani dell’individuo. Nelle varietà meno frequenti e di cui il
soggetto ha potuto fare meno esperienza, le competenze del nativo si
indeboliscono molto, deviando sempre più verso le caratteristiche di un
soggetto non nativo (Moretti 2011). Se le varietà più frequenti di una L1
possono essere acquisite naturalmente per sola esposizione all’input e
per solo uso linguistico, ciò pare non essere possibile per quelle varietà
meno frequenti e di cui gli individui hanno meno possibilità
esperienziali: la scarsa frequenza e le rare possibilità d’uso pongono dei
limiti all’acquisizione naturale, che proprio in queste circostanze
necessita di un intervento didattico per poter procedere (Andorno 2012,
Dabrowska e Street 2006).
I partecipanti a questo studio sono 32 italofoni neo iscritti ai corsi di
laurea in Sociologia (Università di Milano-Bicocca) e in Lingue
(Università di Bologna) e 22 alloglotti molto competenti in italiano
(livelli QCER B2 o C1) in scambio Erasmus presso l’Università di
Bologna e l’Accademia di Belle Arti di Brera. In linea con quanto fatto
in un recente studio (Pugliese e Della Putta 2017), i due gruppi sono
stati messi a confronto con due compiti di scrittura: 1) la traduzione
intralinguistica da varietà colloquiali a varietà formali di italiano di una
lettera di lamentela; 2) la redazione di una lettera formale in cui l’autore
chiede al sindaco di approvare alcune istanze pubbliche. Gli scritti degli
italofoni mostrano molte lacune nella tenuta del registro formale:
frequenti sono i malapropismi, l’uso erroneo o la mancanza delle
formule di apertura e/o chiusura e le scelte sintattico/lessicali tipiche
della lingua parlata trascurata. Gli studenti non italofoni,
sorprendentemente, dimostrano di saper tenere il registro formale con
più accuratezza dei loro compagni italiani, facendo scelte varietistiche
più accurate e più efficaci, pur commettendo errori di morfosintassi
dovuti al transfer dalla L1 o alla non ancora completa acquisizione di
alcune strutture grammaticali. Grazie a una versione semplificata del
questionario di esperienza linguistica di Marian e colleghi (language
experience and proficiency questionnaire, Marian et al. 2007), abbiamo
verificato che i soggetti italofoni hanno avuto, nel loro percorso
formativo, meno esperienza nella scrittura di testi formali dei loro
colleghi alloglotti che, durante i corsi di lingua seguiti precedentemente,
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avevano ricevuto un’istruzione mirata sulla redazione di testi scritti in
varietà formali di italiano.
I dati in nostro possesso corroborano l’idea che il costrutto di
parlante/scrivente nativo sia da ridimensionare, a maggior ragione
nell’attività didattica: l’idea che si sappiano scrivere correttamente testi
formali nella propria lingua madre senza averne fatto un’esperienza
didattica deve essere abbandonata, proprio perché le possibilità di
acquisizione naturale di tali varietà linguistico/testuali sono molto
scarse. La didattica della scrittura della L1, come già accade con la L2,
deve portare al centro delle sue prassi l’esperienza linguistica (Flege e
Liu 2001) intesa, in questa sede, come una serie di scelte pedagogiche
che permettano: 1) un’abbondante esposizione all’input linguistico; 2)
una qualità varietistica dell’input, in cui compaiano testi appartenenti a
diversi registri e usi dell’italiano; 3) una concreta possibilità di riuso
dell’input ottenuta tramite l’analisi e la produzione di testi scritti per
scopi e destinatari diversi.
Riferimenti bibliografici
Andorno, C. (2012), Varietà di esiti dell’apprendimento dell’italiano nella varietà dei
contesti di apprendimento: possibilità e limiti dell’acquisizione naturale, in
Grassi, R., Nuovi contesti d'acquisizione e insegnamento: l’italiano nelle realtà
plurilingui, Guerra.
Balboni, P. (2017), Perché insegnare l’italiano ai ragazzi italiani. E come. Marsilio.
Berruto, G. (2003), Sul parlante nativo (di italiano), in Radatz H., Schlosser R.,
Donum grammaticorum. Festschrift fur Harro Stammerjohann, Niemeyer.
Cacchione A., Rossi L. (2016), La lingua troppo (poco) variabile: monolinguismo e
mistilinguismo in testi funzionali di matricole universitarie, in Ruffino G.,
Castiglione M., La lingua variabile nei testi letterari, artistici e funzionali
contemporanei: analisi, interpretazione, traduzione, Cesati.
Dabrowska, E., Street, J. (2006), Individual differences in language attainment:
comprehension of passive sentences by native and non-native English speakers,
Language Sciences, 28.
Dewaele, J. (2017), Why the dichotomy “L1 vs. LX user” is better than “native vs.
non-native speaker”, Applied linguistics, pre-print.
Flege, E., Liu, S. (2011), The effects of experience on adults’ acquisition of a second
language, Studies in second language acquisition, 23.
Hulstijn, J. (2011), Language proficiency in native and non-native speakers: an agenda
for research, Language assessment quarterly, 8.
11
Marian, V. et al. (2007), The language experience and proficiency questionnaire:
assessing language profiles in bilinguals and multilinguals, Journal of speech,
language and hearing research, 50.
Martari, Y. (2018), Italiano L2 di italiani? Comunicazione al congresso DILLE, Siena,
febbraio 2018.
Moretti, B. (2011), I fondamenti del formale, in Cerruti M., Formale e informale. La
variazione di registro nella comunicazione elettronica, Carocci.
Pugliese, R., Della Putta, P. (2017), “Il mio ragazzo è italiano, B1!” Sulle competenze
di scrittura formale degli studenti universitari, Lend, 4.
Sabatini, F. (2009), L’italiano e i travagli crescenti della scuola, La Crusca per voi, 39.
Il rapporto con la scrittura: un elemento costitutivo della competenza di
scrittura in l1 e in L2
Cécile Desoutter (Università degli Studi di Bergamo)
Relazione ad invito
La competenza alla base dell’attività di produzione scritta è costituita da
un insieme di componenti eterogenei che hanno a che vedere con saperi
impliciti o espliciti, con saper fare potenziali o attualizzati e con
rappresentazioni motivanti o dissuasive (Dabène 1991). Le
rappresentazioni sono, a loro volta, una delle dimensioni del rapporto
del soggetto scrivente con la scrittura. La nozione di ‘rapporto con la
scrittura’, sul quale verte la relazione, è stato definito da Barré–De
Miniac (2000) come il legame non prevedibile di senso e di significato
tra un soggetto singolare, culturale, sociale e l’oggetto ‘scrittura’.
Dopo avere presentato gli aspetti teorici di tale nozione, sviluppata
nell’ambito francofono della didattica della scrittura in L1, si cercherà di
analizzare il rapporto con la scrittura di soggetti scriventi in L2.
In particolare, con un focus su alcuni contesti di scrittura in L2, in
ambito professionale e accademico, si illustreranno le varie dimensioni
di questo rapporto.
La relazione presenterà il risultato di indagini qualitative svolte presso
studenti universitari e persone, che per motivi professionali,
comunicano più o meno regolarmente in L2 in forma scritta.
Riferimenti bibliografici
12
Barre–De Miniac, Christine (2000) Le rapport à l'écriture. Aspects théoriques et
didactiques. Villeneuve d'Ascq: Presses universitaires du Septentrion
Dabene, Michel (1991) « Un modèle didactique de la compétence scripturale », in:
Repères, n°4, Savoir écrire, évaluer, réécrire en classe. pp. 9-22.
Scrivere che piacere! Spunti per motivare alla scrittura
Workshop in sessioni parallele
Rosella Bozzone Costa, Luisa Fumagalli, Monica Piantoni, Elena
Scaramelli (Centro di Italiano per Stranieri - Università degli Studi di
Bergamo)
Le attività di produzione di testi scritti sono spesso confinate alla fase di
chiusura dell’unità di lavoro e percepite da insegnanti e studenti come
compiti utili ma che richiedono tempo e fatica. Il valore aggiunto della
scrittura, che rappresenta per gli studenti un’importante occasione di
rielaborazione consapevole dell’interlingua, sembra essere costituito
principalmente dalla fase di revisione e dalla correzione degli errori.
In realtà i testi scritti, se contestualizzati e prodotti a partire da stimoli
ricchi variegati, possono essere collocati all’interno di sequenze
comunicative più ampie in cui si intersecano abilità diverse (ascolto,
lettura, interazione). Nel corso del workshop rifletteremo su come
sollecitare la motivazione a scrivere utilizzando modalità coinvolgenti e
creative, anche collaborative, sia per la produzione di testi “funzionali”
che di testi più marcatamente espressivi. Attraverso alcune attività
pratiche ed esperienziali, che ci metteranno in gioco in prima persona
come insegnanti ma anche come “scrittori”, ci confronteremo su come
rendere la scrittura un canale di comunicazione autentico e significativo.
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Scritture emergenti. Alfabetizzazione degli adulti in L2
Fernanda Minuz (Ricercatrice indipendente, già Johns Hopkins University –
SAIS Europe)
Relazione ad invito
L’apprendimento iniziale della lettura e della scrittura in una L2 da parte
di adulti analfabeti è tornato ad essere un tema di interesse da diverse
prospettive: socio-economica, politica, educativa, teorica e scientifica.
Educatori e ricercatori nell’ambito delle discipline linguistiche,
cognitive ed educative hanno posto, in particolare, una serie di questioni
relative sia all’apprendimento sia all’insegnamento della scrittura in L2.
Le due dimensioni dell’insegnamento e dell’apprendimento sono
intrecciate sin dall’inizio, così come è inteso lo scambio tra educatori e
ricercatori (Van de Craats, Kurvers, Young-Sholten 2006). Gli studi
sull’acquisizione della scrittura tengono conto inoltre della natura
multifattoriale dell’apprendimento della scrittura e del carattere
multidimensionale, intrinsecamente sociale, situato, relativo e dinamico
dell’analfabetismo/alfabetismo (UNESCO 2017). In questo contributo
verrà offerta una panoramica delle tendenze attuali negli studi
sull’analfabetismo, con particolare attenzione all’apprendimento della
scrittura, e verranno suggerite alcune riflessioni per la didattica delle
lingue e dell’alfabetizzazione.
Sul piano dei processi cognitivi messi in atto nell’apprendimento della
scrittura, alcune domande, tra cui quelle che seguono, hanno orientato la
ricerca:
- i modelli di apprendimento della scrittura elaborati per l’infanzia
valgono anche per dar conto dell’alfabetizzazione in età adulta e, se sì,
in che misura?
- I risultati degli (scarsi) studi condotti su adulti che imparano a
leggere e scrivere in L1 possono essere estesi agli apprendenti una L2?
- L’analfabetismo influenza l’apprendimento della L2 e, se sì, in
che modo?
- Come può essere favorito l’apprendimento della scrittura?
Dagli studi finora condotti emergerebbe (con la cautela richiesta in un
campo in cui la ricerca è tuttora iniziale) la validità anche per l’età
adulta dei modelli fasali di apprendimento della scrittura elaborati per i
14
bambini, pur con modificazioni. Lo sviluppo iniziale della scrittura
appare guidato dai seguenti fattori almeno: la consapevolezza
metalinguistica, la consapevolezza della natura rappresentativa del
linguaggio e la matrice semantica. Prevedibilmente l’apprendimento
della scrittura in L2 appare influenzato dalla competenza fonetica e
lessicale dell’apprendente (Balas 2010, Kurvers, Ketelaars 2011). Per la
terza domanda, le ricerche condotte nell’ambito di un programma volto
a riconsiderare il ruolo della variabile “alfabetismo” nell’acquisizione
della L2 confermerebbero una più lenta acquisizione dell’oralità negli
apprendenti analfabeti rispetto agli alfabetizzati (Tarone, Bigelow,
Hansen 2005). Altri aspetti dei processi cognitivi sottostanti
l’apprendimento della lettura-scrittura sono oggetto di studi (Van de
Craats, Kurvers, Young-Sholten 2005).
La ricerca fornisce indicazioni importanti per l’insegnamento, che
tuttavia deve tener conto delle diverse dimensioni implicite
nell’apprendimento, nel mantenimento e nella pratica individuale e
sociale della scrittura. Da un lato, si pone anche per la didattica della
lingua e dell’alfabetizzazione, intesa come disciplina teorico la
questione dei suoi rapporti con le scienze cognitive e con la linguistica
acquisizionale, questione tutt’altro che nuova per la glottodidattica
(Balboni 2008). Come per la glottodidattica, si tratta di una rapporto non
“ancillare” (Grassi 2002) tra due discipline che si occupano, con fini
diversi, dell’apprendimento della scrittura
Dall’altro, occorre considerare la specificità dell’oggetto di
apprendimento, la scrittura, come sistema semiotico secondario rispetto
all’oralità, sistema convenzionale di segni grafici per rappresentare
parole dette o pensate. In epoche diverse, da diversi campi disciplinari e
talvolta in contrasto tra loro, studiosi come Vygotskij, Norman, Goody,
Ong, Cardona hanno sottolineato il carattere “non naturale” della
scrittura (Minuz 2005, Minuz, Borri, Rocca 2016). Alla dimensione
della scrittura (e dell’alfabetismo che ne indica il possesso) come pratica
sociale, cioè condivisa e situata, fanno riferimento in particolare gli
studi linguistici, etnografici, sociologici e di psicologia sociale condotti
per l’UNESCO da più decenni.
La lettura dei rapporti dell’UNESCO sugli esiti delle campagne di
alfabetizzazione condotte nei paesi emergenti dagli anni Cinquanta
15
sperimentando via via nel tempo e simultaneamente nello spazio
approcci e metodi diversi può dare indicazioni preziose anche alla
didattica della lingua e dell’alfabetizzazione in L2. D’altronde milioni di
bambini e di adulti al mondo sono (stati) alfabetizzati in una lingua
diversa dalla lingua madre e spesso non ben padroneggiata. Tra i fattori
di successo e di insuccesso di quelle campagne più strettamente legati
all’approccio didattico ed emersi come particolarmente rilevanti
verranno esaminati in questo intervento la nozione di literacy plurime e
il ruolo del multilinguismo.
La recente formula breve introdotta dall’UNESCO (2017) definisce
l’alfabetismo come “communication involving texts”. Nella centralità
per la prima volta riconosciuta al testo la “svolta linguistica” che ha
portato gli approcci dominanti sempre più lontani da una visione
dell’alfabetizzazione come insegnamento di una tecnica e sempre più
verso una dimensione linguistico-comunicativa appare compiuta.
Riferimenti bibliografici
Balas B. (2010), Les représentations de l’Ecrit par l’adulte apprenant lecteur-
scripteur. L’exemple de la copie d’écrit. La démarche visuo-graphique, in
« Éducation et didactique »,1/4, pp. 79-96.
Balboni P.E. (2008), Linguistica acquisizionale e glottodidattica, in Grassi R.,
Bozzone Costa R., Ghezzi C., (a cura di), Dagli studi sulle sequenze di
acquisizione alla classe di italiano L2, Perugia, Guerra, p. 23–34.
Grassi R. (2008), Dalla Linguistica acquisizionale alle Didattica acquisizionale: una
strada percorribile, in Grassi R., Bozzone Costa R., Ghezzi C., (a cura di), Dagli
studi sulle sequenze di acquisizione alla classe di italiano L2, Perugia, Guerra, p.
9–20.
Kurvers J, Ketelaars E. (2011), Emergent writing of LESLLA learners, in
Schöneberger C., Van de Craats I., Kurvers J. (ed.), Low-Educated Second
Language and Literacy Acquisition Proceedings of the 6th Symposium Cologne
2010, Nijmegen, Centre for Language Studies (CLS), pp. 49-66.
Minuz F, Borri A., Rocca L. (2016), Progettare percorsi di L2 per adulti stranieri,
Loescher, Torino.
Minuz F. (2005), Italiano L2 e alfabetizzazione in età adulta, Roma, Carocci.
Tarone E., Bigelow M., Hansen K. (2005), Literacy and Second Language Oracy,
Oxford, Oxford University Press.
UNESCO (2017), Reading the past, writing the future. UNESCO.
Van de Craats I., Kurvers J., Young-Sholten M. (2006), Research on low-educated
second language and literacy acquisition, in Van de Craats I., Kurvers J., Young-
16
Sholten M. (ed), Research on low-educated second language and literacy
acquisition. Utrecht, LOT., pp. 7-23.
Le pratiche di alfabetizzazione in italiano come L2, rivolte ad apprendenti
totalmente analfabeti. Un’indagine didattico-acquisizionale sui metodi
fonetici e globali
Paolo Nitti (Università degli Studi dell’Insubria)
L’acquisizione della letto-scrittura è un fenomeno che interessa molte
discipline, considerando la trasversalità delle prospettive di studio e di
ricerca (Cardona 1987).
I modelli più accreditati in Italia per l’alfabetizzazione dei bambini e
degli adulti, nativi e stranieri, riguardano la psicologia del linguaggio e
si traducono in applicazioni pedagogico-didattiche (Meneghello 2011).
Al di là dell’interesse manifestato nei confronti dei processi di lettura, di
scrittura e di resa ortografica, la linguistica ha dimostrato, nel corso del
tempo, un timido interesse rispetto all’alfabetizzazione, vantando poche
eccezioni (Tarone 2010), prettamente di carattere psicolinguistico (Hart,
Perfetti, Van Dike 2001).
I metodi di insegnamento della scrittura e della lettura riguardano
essenzialmente alcune premesse teoriche, di natura psico-pedagogica,
senza un sostegno significativo da parte della linguistica e della
didattica acquisizionale (Rastelli 2009, Nitti 2015c).
La società contemporanea è condizionata dal fenomeno migratorio e
l’acquisizione della letto-scrittura è al centro della riflessione
glottodidattica per quanto concerne le pratiche di insegnamento,
soprattutto rivolte ad adulti (Chini 2004).
La didattica delle lingue moderne riflette gli studi di linguistica teorica e
applicata, ma quando si tratta di alfabetizzazione, non è possibile
affidarsi a una letteratura scientifica adeguata e ampia (Bigelow, Tarone
2005).
Mancando una modellizzazione didattico-acquisizionale (Rastelli 2009),
funzionale a spiegare le strategie di apprendimento e di insegnamento
della letto-scrittura, al di là di qualche riflessione di stampo
psicolinguistico, condotta prevalentemente in ambiente anglosassone
17
(Olson 1996), si è ritenuto di dover esaminare l’efficacia dei metodi
prevalenti, sulla base degli studi liminari, attraverso una prospettiva
linguistica.
Si è indagata la metodologia tradizionale, di carattere meramente
pedagogico e didattico, per quanto concerne le modalità di
insegnamento della letto-scrittura rivolte ad adulti stranieri totalmente
analfabeti, sulla base del testing linguistico. In particolare, si sono
analizzati processi di associazione di una forma scritta con il suo
significato e il completamento di una parola, all’interno di un contesto o
associata a un’immagine, interrogandosi sulla validità dei metodi
impiegati per l’alfabetizzazione di studenti analfabeti totali (Nitti 2016).
La ricerca è stata condotta nella prima parte del 2017 e ha riguardato un
campione di 100 corsisti adulti, stranieri, totalmente analfabeti,
identificando tramite procedure di testing linguistico (Baynham 1995),
la coerenza dell’inventario metodologico più diffuso e accreditato in
Italia, distinto prevalentemente in metodi fonetici e globali.
I risultati dell’indagine hanno dimostrato che la frequenza d’uso, la
lunghezza delle parole, la collocazione a livello sintattico-testuale e il
priming ortografico delle forme scritte sono procedure tutt’altro che
passive rispetto all’acquisizione della letto-scrittura (Laudanna e
Voghera 2006), e che i metodi globali sembrano essere maggiormente
efficaci sul piano didattico-acquisizionale rispetto a quelli fonetici.
Le fasi di acquisizione della scrittura, almeno per quanto concerne
l’alfabetizzazione in italiano L2, non si presentano suddivise
nettamente, come i principali modelli pedagogici suggeriscono, ma sono
più articolate e non possono prescindere da una significativa variabilità
individuale.
A partire dai risultati della ricerca, è possibile valutare alcuni aspetti
salienti per un insegnamento della letto-scrittura maggiormente
consapevole e critico.
Riferimenti bibliografici Baynham, M. (1995), Literacy practices: Investigating literacy in social contexts,
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Studiare Migrando. Una sperimentazione di didattica della scrittura
per giovani migranti e rifugiati
Adriana Arcuri, Solange Santarelli (Scuola di Lingua Italiana per
Stranieri – ItaStra, Università di Palermo)
Il lavoro che si propone riguarda la sperimentazione di un modulo di
scrittura rivolto a giovani migranti e rifugiati. Il modulo è stato
sviluppato all’interno di “Studiare Migrando”, piattaforma interattiva
che supporta i giovani, prevalentemente MSNA, nella preparazione
all’esame conclusivo del primo ciclo di istruzione. Il progetto nasce
dalla collaborazione tra la Scuola di Lingua italiana per Stranieri
(ItaStra) dell’Ateneo di Palermo e l’Istituto per le Tecnologie Didattiche
del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) con il supporto del
Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF) e il patrocinio
dell’Ufficio scolastico regionale per la Sicilia (USR Sicilia).
Il percorso comprende sette moduli. Due sono destinati al
consolidamento delle competenze per la lingua della comunicazione e
cinque riguardano la lingua per lo studio e dunque i processi cognitivi e
le capacità logiche sottesi specificamente all’uso della lingua richiesta
nelle situazioni di apprendimento e che non sono richieste, invece, dalla
lingua per la comunicazione ordinaria.
Quattro moduli preparano al colloquio pluridisciplinare e uno alla prova
scritta.
Quest’ultimo prevede nella fase pilota solo testi di carattere narrativo di
tipo personale, cioè il diario e la lettera informale nella forma cartacea e
di e-mail, a ciascuno dei quali è dedicata una articolazione del modulo,
formato da due segmenti in relazione di difficoltà crescente.
20
Sviluppi successivi del lavoro prevedono di estendere la competenza di
scrittura acquisita in questo modulo sostanzialmente per parlare di sé, ad
un uso della scrittura progressivamente più legato a contenuti
disciplinari, dunque al passaggio da testi prevalentemente narrativi a
testi prevalentemente espositivi.
Nell’economia del lavoro, che si caratterizza per affrontare
contemporaneamente la lingua per lo studio e le discipline, il modulo
sulla scrittura riveste un carattere peculiare, perché non propone
contenuti disciplinari specifici. Il contributo di tale modulo alla lingua
per lo studio risiede pertanto nel percorso verso l’astrazione che
qualsiasi attività di scrittura autonoma richiede, guidando gli
apprendenti nelle prime fasi del delicato passaggio dal “dire ciò che si
sa” al “trasformare ciò che si sa” (Bereiter e Scardamalia).
Le ipotesi didattiche che sostanziano le attività guidano l’apprendimento
della scrittura attraverso l’analisi di modelli, la lettura finalizzata al
riconoscimento delle caratteristiche testuali e linguistiche dei modelli
stessi e la scrittura gradualmente più autonoma delle stesse forme di
testo.
Tale approccio, consolidato nella pratica didattica anche per studenti
madrelingua, si presta particolarmente bene a studenti che dispongono
di poca lingua in quanto tutte le attività forniscono sia materiali
linguistici che indicazioni strategiche, cosicché lo studente ha sempre
qualcosa da scrivere e non è mai costretto a confrontarsi, senza
sostegno, con la pagina (o lo schermata) bianca.
Gli studenti vengono guidati a riconoscere le fasi della pianificazione
(raccolta delle idee e organizzazione), della stesura e della revisione del
testo, tenendo conto simultaneamente della dimensione testuale e di
quella specificamente linguistica, che nel caso di studenti stranieri
riveste particolare importanza.
Come si è detto le due lezioni sono dedicate rispettivamente al diario e
alla lettera informale. Alcuni testi sono stati scritti ad hoc, per far sì che
rispettassero le caratteristiche necessarie di leggibilità (tipo e lunghezza
delle parole, tipo e lunghezza delle frasi) e di comprensibilità (gerarchia
delle informazioni, riconoscibilità dei nessi logici, sintassi
prevalentemente paratattica, ecc.).
21
Ogni volta che si è potuto si è invece fatto ricorso a testi autentici; essi
sono tratti prevalentemente da opere prodotte da ItaStra, in particolare
da Odisseo arriving alone, resoconto di un’esperienza di inclusione e
formazione linguistica realizzata nel 2016, e da alcune lettere di
migranti italiani dell’inizio del secolo scorso.
Tutte le volte che è possibile l’applicazione prevede feedback immediati
che consentono l’autovalutazione; nei casi di produzione autonoma di
testi, che non la consente, è previsto un supporto di personale anche non
specializzato (tutori, volontari), o degli insegnanti nel caso in cui venga
usata in contesti scolastici o, infine, un supporto personalizzato a
distanza da parte di personale formato appositamente. Sono presenti
inoltre materiali per la descrizione della competenza in ingresso e per le
verifiche finali di ciascun modulo, che daranno informazioni sul
conseguimento delle competenze previste.
La sperimentazione, che durante la fase pilota sarà condotta su circa 800
fruitori in tutti i contesti d’uso ai quali è destinata l’applicazione
(comunità, centri di accoglienza, centri di istruzione, corsi di lingua),
permetterà di ricavare informazioni sia sul funzionamento didattico del
sistema (funzionalità di ciascun input e delle sequenze, facilità di
fruizione, ecc.) e della sua interfaccia con gli aspetti tecnici, sia
l’efficacia in termini di apprendimento.
Per ricavare tali dati ci si avvarrà dell’analisi degli strumenti già presenti
nel sistema (feedback automatici e valutazioni degli operatori) e
dell’osservazione sistematica durante la sperimentazione.
L’osservazione sarà condotta secondo protocolli che consentiranno la
comparazione fra risultati ricavati nei diversi contesti di
somministrazione.
La comunicazione si articolerà dunque in tre momenti, il primo
introduttivo per esporre le finalità della piattaforma Studiare migrando e
descrivere il progetto nella sua interezza, la seconda per descrivere il
modulo di scrittura e le sue articolazioni, la terza per dare conto delle
modalità di osservazione e dei risultati del primo periodo di
sperimentazione e delle indicazioni che da esso si possono trarre per il
proseguimento del lavoro.
Riferimenti bibliografici
22
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23
Imparare a scrivere in L1 e in L2: il contributo dei percorsi di
educazione linguistica basati sul costrutto dell’Interlingua
Claudia Borghetti, Gabriele Pallotti (Università di Bologna, Università di
Modena e Reggio Emilia)
La nozione di Interlingua (Selinker, 1972) ha costituito un punto di
svolta negli studi acquisizionali: grazie a essa, le produzioni degli
apprendenti di una seconda lingua non sono state più viste come una
serie di errori, più o meno dovuti all’interferenza della L1, ma come il
risultato di un sistema linguistico a se stante, con le sue logiche,
strategie, regole e regolarità. Di conseguenza, è cambiato anche il modo
di concepire l’apprendente: non più un soggetto passivo, condizionato
dall’input della L2 e dalle abitudini acquisite nella L1, ma un soggetto
attivo che formula ipotesi e costruisce un sistema linguistico funzionale
ai propri scopi sociali e comunicativi.
Il progetto Osservare l’Interlingua è stato avviato nel 2007 a Reggio
Emilia e oggi coinvolge 12 scuole, 22 insegnanti e 25 classi di scuola
primaria, per un totale di circa 500 alunni, di cui circa il 25% usa
quotidianamente l’italiano insieme a un’altra lingua. Chiameremo questi
allievi “plurilingui”, per distinguerli dai bambini “monolingui”, cioè
italofoni dalla nascita che non usano altre lingue, se non un po’ di
inglese appreso a scuola. Il primo passo del percorso formativo rivolto
agli insegnanti consiste nella loro formazione sul concetto di
Interlingua. Attraverso l’analisi di produzioni orali e scritte,
acquisiscono uno sguardo analitico simile a quello del linguista
acquisizionale, imparando a identificare le regolarità e le strategie, ma
anche le aree di instabilità e problematicità, dei loro alunni. Si tratta di
una valutazione formativa, senza voti, che supera l’approccio
tradizionale di ‘caccia all’errore’ e che permette di svolgere interventi
didattici consapevoli e fondati sull’identificazione dei bisogni (Pallotti,
2010).
Sulla base di questa valutazione iniziale, e attraverso la collaborazione
tra insegnanti e ricercatori universitari, vengono poi sviluppate proposte
didattiche ispirate all’approccio orientato al processo (process
approaches to writing) (es., White & Arndt, 1991), che prevedono
attività per la generazione e l’organizzazione delle idee, per la prima
24
stesura del testo e per le varie fasi di revisione. Tutte queste attività sono
svolte in modo cooperativo, in piccoli e grandi gruppi (Storch, 2013),
prestando attenzione prioritariamente all’efficacia comunicativa dei
testi, e solo in un secondo momento alla loro accuratezza linguistica e
formale, che è il percorso che si segue nell’apprendimento spontaneo di
una seconda lingua. L’insegnante non corregge le produzioni degli
alunni in nessuna fase, lasciando che propongano loro quali
accorgimenti potrebbero migliorare i loro testi, sempre con uno sguardo
attento alle regolarità e ai progressi, e non solo agli errori. Anche questo
è conforme all’idea di Interlingua come sforzo attivo e autonomo di
trasformazione del proprio sistema linguistico-comunicativo, ed è in
linea con gli approcci di didattica della scrittura volti a favorire
l’autonomia e l’autoregolazione degli studenti (Andrade & Evans,
2013). Tutte le attività sono svolte in gruppi composti da alunni
monolingui e multilingui, senza separare questi ultimi dal resto della
classe.
Per verificare l’efficacia degli interventi sulle classi coinvolte nel
progetto, nel corso dell’anno scolastico 2013/14 sono stati raccolti dati
su alunni di terza, quarta e quinta della scuola primaria (età 8-11 anni),
in 7 classi sperimentali (N = 103; di cui Monolingui = 66; Plurilingui =
37) e in 7 classi di controllo (N = 114; di cui Monolingui = 87;
Plurilingui = 27). La metodologia è quella solitamente impiegata negli
studi sull’Interlingua, cioè la raccolta di produzioni scritte individuali a
partire dalla visione di un filmato muto della durata di circa 5 minuti. I
video proposti nel pre-test (ottobre) e nel post-test (maggio) erano
diversi per misurare la trasferibilità delle competenze, ma avevano
caratteristiche simili, per garantire una comparabilità dei risultati.
Rimandando a precedenti lavori che dimostrano come, a livello di classi
intere, la sperimentazione produca risultati largamente positivi (es.,
Pallotti, 2017), nel corso della comunicazione ci concentreremo
sull’impatto che la partecipazione al progetto ha avuto sui testi prodotti
rispettivamente da alunni monolingui e plurilingui. Innanzitutto, nelle
classi sperimentali, gli alunni plurilingui ottengono punteggi superiori
agli alunni di controllo (monolingui e plurilingui) su molte dimensioni
prese in esame; essi contribuiscono cioè ai buoni risultati ottenuti
complessivamente dalle loro classi tanto quanto i compagni monolingui.
25
Inoltre, è da notare che, anche all’interno del gruppo di controllo stesso
– cioè in assenza di sperimentazione educativa - gli alunni multilingui
ottengono risultati migliori dei compagni monolingui su diverse
dimensioni, quali la lunghezza, ricchezza e organizzazione dei testi.
Lo studio mostra dunque innanzitutto come una didattica della scrittura
informata dal concetto di Interlingua produca buoni risultati sia per gli
alunni monolingui che per quelli plurilingui. La variabile della
partecipazione al progetto è infatti più predittiva degli esiti di scrittura di
quella relativa alla lingua nativa degli allievi. Quest’ultima incide
senz’altro su alcune dimensioni, ma non in misura tale da giustificare
una distinzione fondamentale, almeno nel contesto oggetto dello studio,
tra i diversi gruppi di partecipanti. Questi risultati paiono dunque
confermare che, in molti contesti della società attuale, non ha più
fondamento tracciare divisioni nette tra parlanti nativi e non nativi, tra
didattica della L1 e della L2.
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26
Progettare percorsi di educazione linguistica inclusivi. L'uso delle
tecniche di scrittura controllata
Maria Emanuela Piemontese, Patrizia Sposetti (Università di Roma
La Sapienza)
Obiettivo della comunicazione è presentare un modello per la
progettazione di Laboratori di scrittura destinati a studenti universitari
nell'arco del primo triennio. Il modello, messo a punto e sperimentato
all’interno del Dipartimento di Studi Filologici Linguistici e Letterari,
nella ex Facoltà di Scienze umanistiche della "Sapienza" fin dall’inizio
del Duemila, ha coinvolto un numero molto ampio di studenti di primo
anno.
Si tratta dunque di una attività rivolta a studenti che hanno l'italiano
come L1; riteniamo tuttavia che l’interesse dell’esperienza realizzata nei
laboratori risieda nell'approccio teorico utilizzato, nella estendibilità
della metodologia e degli strumenti, nella articolata progettazione
didattica e nella forte integrazione tra le varie attività proposte.
Con la raccomandazione 2006/962/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio del 18 dicembre 2006, relativa alle competenze chiave per
l'apprendimento permanente, l'Unione europea definisce un quadro di
riferimento attraverso il quale supportare le politiche formative,
lavorative e sociali degli Stati membri, a partire dalla identificazione di
otto competenze comuni: comunicazione nella madrelingua,
comunicazione nelle lingue straniere, competenza matematica e
competenze di base in scienza e tecnologia, competenza digitale,
imparare a imparare, competenze sociali e civiche, spirito di iniziativa e
imprenditorialità e consapevolezza ed espressione culturale. Di fatto si
tratta competenze che rappresentano una chiave di accesso alla reale
partecipazione sociale e culturale di ciascuno e per questo la loro
acquisizione si lega strettamente al principio di eguaglianza e a quello di
pari opportunità per tutti. Non a caso la prima competenza è la
"comunicazione nella madrelingua", che implica il possesso di capacità
di espressione e comprensione sia in forma orale sia in forma scritta.
Nello specifico di un contesto scolastico e formativo, saper comunicare
in modo efficace nella madrelingua significa poter comprendere e
27
rielaborare informazioni e partecipare attivamente alla vita e alle attività
didattiche proposte. Si tratta di una competenza indispensabile per poter
apprendere e studiare, per poter acquisire le altre abilità e conoscenze,
dato il ruolo veicolare della lingua madre; in altre parole si tratta della
competenza scolastica per eccellenza.
In Italia il tema dello sviluppo delle competenze linguistiche all'interno
del sistema formativo e dello sviluppo di curricoli di Educazione
linguistica è ovviamente ed esplicitamente presente nella scuola sia per
il primo sia per il secondo ciclo di istruzione. Per quanto riguarda il
sistema universitario, la situazione è più complessa.
All'interno di questo quadro di riferimento, la riflessione proposta è il
risultato di un lungo percorso, segnato da tre tappe principali: le
esperienze teoriche e didattiche del Giscel (Gruppo di intervento e
studio nel campo dell’educazione linguistica), a partire dalla metà degli
anni Settanta; i Laboratori di scrittura della cattedra di Filosofia del
linguaggio I (Tullio De Mauro) avviati nel 1983 per la produzione di
testi di alta leggibilità e comprensibilità; la definizione di "tecniche di
scrittura controllata" (Piemontese 1996) utilizzate e utilizzabili in
contesti diversi. Non torniamo su ciascuna di queste tre tappe già
ampiamente rendicontate da alcuni noi in varie occasioni e
pubblicazioni citate in bibliografia.
A valle di questo percorso c’è la convinzione che la scrittura dovrebbe
essere una pratica che si sviluppa lungo l’intero arco del percorso
formativo, e che va anche oltre. Questa convinzione si basa sull'idea che
le sedi di istruzione formale per eccellenza, come la scuola e
l’università, possano, anzi debbano riflettere e collaborare sempre di più
su temi di comune interesse. Entrambe hanno il compito e l’obiettivo di
sviluppare, a diversi livelli, le abilità comunicative degli studenti,
fornendo loro gli strumenti necessari per un uso sempre più sicuro e
adeguato della lingua (e delle lingue). Un’attenzione particolare va però
posta alla capacità di scrittura per la stretta interdipendenza tra questa e
le altre tre abilità (ascoltare, parlare, leggere), interdipendenza spesso
sottovalutata teoricamente e trascurata nella pratica didattica.
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Sessione Poster
Produzione scritta e acquisizione: feedback a confronto
Ombretta Bassani (Università di Pavia)
La produzione scritta, come sottolineato nel Quadro Comune Europeo
di Riferimento per le Lingue, è un’abilità importante per
l’apprendimento e l’acquisizione della L2 (COE, 2002) e merita quindi
il giusto spazio all’interno del curricolo, spazio che purtroppo non
sempre le viene concesso. Alla composizione scritta dovrebbe sempre
seguire una fase di feedback correttivo: nel quadro teorico della
didattica acquisizionale, infatti, la correzione dell’output favorisce
l’apprendimento (Rastelli, 2009). Sulla base di questi assunti nasce la
presente ricerca, che affronta quindi i temi della composizione scritta,
della correzione tra pari e della riparazione degli errori, i quali sono gli
strumenti e gli elementi che portano all’apprendimento ed al
miglioramento dell’interlingua.
Nell’affrontare l’attività di produzione scritta, l’insegnante espone la
classe ad un testo (input) e dopo una serie di attività chiede agli studenti
di riprodurlo. Solitamente è il docente stesso a correggere e valutare
l’output, utilizzando modalità atte anche alla riparazione dell’errore,
mentre più raramente si propone la revisione tra pari. Assodato che
l’azione correttiva del docente migliori le competenze dello studente,
cosa succede dal punto di vista dell’acquisizione e riparazione
dell’errore se, oltre a ricevere il feedback dell’insegnante, il discente è
chiamato a dare il proprio sulle produzioni dei suoi pari, venendo
ulteriormente esposto ad output in parte scorretto ma autentico?
L’obiettivo della sperimentazione e la domanda di ricerca sottesa è
indagare se l’autocorrezione e la revisione cieca tra pari della
30
produzione scritta possano in maniera effettiva migliorare l’abilità di
scrittura e contribuire alla riparazione degli errori quanto o più del
feedback del docente.
Il metodo sperimentale adottato prevede l’articolazione della ricerca,
che coinvolge 20 studenti internazionali di livello pre-intermedio
dell’Università degli studi di Pavia, nelle seguenti fasi:
durante la prima fase viene presentato l’input, ossia alcune mail
formali didattizzate o autentiche con relative attività di ampliamento
lessicale, comprensione, riformulazione, fissazione dei contenuti ecc.
Dopo alcune lezioni, l’insegnante assegna agli studenti il compito di
scrivere una mail formale1 sul modello di quelle viste in classe; ritira poi
le produzioni (che, come spiegato nella seconda fase, consegnerà al
gruppo sperimentale per una revisione tra pari in doppio cieco) e in un
secondo momento le correggerà seguendo una scala di correzione2,
ovvero una scheda sistematica ottenuta dalla sintesi di griglie valutative
proposte dal QCERL (COE, 2001) e alcune certificazioni linguistiche
(CILS/PLIDA/RomaTre). Per un ulteriore equilibrio, un altro docente
correggerà le produzioni di ogni discente.
nella seconda fase, relativa alle modalità di correzione,
l’insegnante seleziona casualmente il gruppo sperimentale e consegna
ad ogni componente:
-due produzioni scritte3 dei compagni, relative al compito della prima
fase (una mail formale);
-la composizione redatta da ogni studente, anch’essa relativa al compito
della prima fase;
Ciascuno dovrà correggerle e successivamente autocorreggere le
proprie, usando la scheda di correzione ricevuta. Il gruppo di controllo
1 Si è scelto un testo non prettamente letterario per vari motivi: tale tipologia testuale è stata proposta e analizzata in classe nelle precedenti lezioni sotto gli aspetti strutturali, lessicali e pragmatici; è oggetto di esame finale e rientra nelle competenze che gli studenti devono possedere per accedere al livello di studio successivo; si inserisce in una situazione comunicativa precisa e delimitata.
2 Si è scelto un testo non prettamente letterario per vari motivi: tale tipologia testuale è stata proposta e analizzata in classe nelle precedenti lezioni sotto gli aspetti strutturali, lessicali e pragmatici; è oggetto di esame finale e rientra nelle competenze che gli studenti devono possedere per accedere al livello di studio successivo; si inserisce in una situazione comunicativa precisa e delimitata.
3 Tali produzioni sono anonime poiché trascritte in word; questo per garantire imparzialità nel giudizio tra pari.
31
non è sottoposto a tali trattamenti. Infine, l’insegnante corregge le
produzioni dell’intera classe (quindi includendo anche il gruppo di
controllo) in plenaria, con multiple feedback (Lyster&Ranta, 1997).
con la terza fase, l’insegnante somministra agli studenti un
language testing (Bonvino, 2004) che prevede, tra gli altri, un esercizio
di produzione scritta riguardante la composizione di una mail formale
sulla base di quelle viste in aula; dopodiché, insieme ad un docente
esterno alla ricerca, correggerà gli elaborati e verificherà l’avvenuta
acquisizione e riparazione degli errori nel gruppo di studio e di
controllo.
Il poster illustrerà, con l’aiuto di alcuni grafici, gli esiti relativi ad un
primo ciclo di rilevazioni a partire dai dati raccolti nelle fasi sopra
elencate. L’elaborazione proseguirà nel periodo estivo ed i risultati
dell’analisi statistica saranno disponibili dopo settembre 2018.
Riferimenti bibliografici
Bonvino, E. (2004). Valutazione e misurazione dell’apprendimento linguistico. Pisa.
Council Of Europe - COE (2002). Quadro Comune Europeo di Riferimento per le
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in lingua seconda: proposta per una scala di valutazione. Civiltà Italiana.
http://plida.it/images/plida/PDF/criteriprovescritte.pdf
http://www.certificazioneitaliano.uniroma3.it/
32
La scrittura online in attività tra pari nella classe di italiano LS
Eleonora Boglioni (Wake Forest University - USA)
Si presenta uno studio riflessivo sui benefici della pratica di scrittura tra
pari sulla piattaforma online VoiceThread durante l’interazione in
classe di apprendenti di italiano LS in ambito universitario. Lo studio
vuole proporre l’utilizzo della tecnica di scrittura online per attività in
classe con focus lessicale in fase motivazionale dell’Unita didattica. Tra
I benefici in via di rilevazione si annoverano l’ engagement degli
apprendenti nell’attività e nella dinamica complessiva di classe, oltre
all’attenzione all’accuratezza ortografica durante lo svolgimento della
stessa. Quest’ultimo aspetto è probabilmente da attribuire alla
salvaguardia della reputazione degli apprendenti, data la visualizzazione
condivisa tra gli apprendenti e l’insegnante sulla piattaforma.
Lo studio è attualmente in svolgimento durante lo Spring Semester
2018 e si rivolge a studenti under graduate di un college statunitense, la
Wake Forest University, iscritti a corsi di italiano elementare ed
intermedio intensivo, indicativamente equiparabili al livelli A2 e B1/B2
del QCER. Gli apprendenti sono generalmente anglofoni ed hanno
precedentemente studiato la lingua italiana per almeno un semestre
universitario, oppure hanno seguito corsi di lingua durante la scuola
secondaria di II grado prima dell’attuale corso. I partecipanti allo studio
sono divisi in 3 classi, due del livello elementare e una di quello
intermedio. Le due classi del livello elementare constano
rispettivamente di 10 e 5 apprendenti. La classe del livello intermedio si
compone di 15 studenti.
Lo studio include i seguenti materiali: un questionario sul background
linguistico dei partecipanti, un questionario di valutazione delle attività
sulla piattaforma online VoiceThread e quattro attività online.
Le 4 attività su VoiceThread sono distribuite nel seguente modo: due
attività per il livello intermedio, una sul lessico relativo ai luoghi della
città (Task 1) ed una sul lessico relativo al lavoro (Task2 ), e due per il
livello elementare, una sul lessico del ristorante (Task 3) e l’altra sul
lessico della casa (Task 4). Il Task 1 prevede il commento scritto di una
sezione sui luoghi della città composta di 3immagini e di una sezione
sugli oggetti in città con commento scritto/orale ad altrettante 3
33
immagini. Entrambe le sezioni del Task 1 presentano le istruzioni al
task in forma scritta come primo commento dell’insegnante. Per
conformità al precedente, il Task 2 avrà una struttura analoga con due
sezioni, una sulle professioni e l’altra su espressioni nominali sul profilo
economico (es. aumento,…), con esclusivo commento scritto nella
prima e commenti misti (scritto/audio) nella seconda. I due task del
livello elementare (Task 3 e 4) presentano 3 sezioni, la prima di due
immagini, la seconda di 5 e la terza di 1 immagine. Il Task 3 fornisce
immagini sulle azioni al ristorante, i cibi nel menù e gli oggetti della
tavola. Il Task4 riguarderà infine il lessico della casa, con la prima
sezione sulle tipologie di abitazione, la seconda sulle stanze e la terza
sui mobili. Per i task 3 e 4 le istruzioni dell’insegnante sono pubblicate
in forma audio egli studenti hanno la possibilità di rispondere con
commenti misti (scritti/orali). Per tutti i Task la selezione del contenuto
lessicale è vincolata a quello presentato dal manuale Sentieri, in
dotazione presso il dipartimento responsabile dei corsi di italiano. Per il
giorno della lezione, gli studenti sono tenuti a leggere individualmente
le pagine rispettive assegnate come fase preparatoria, secondo la prassi
del dipartimento. La somministrazione non prevede limiti di tempo, ma
è intorno ai 30 minuti (sui 50 totali del formato della lezione), inclusa la
fase di discussione in plenum.
Come esito del presente studio, si ipotizza che tra i benefici associati
alla pratica di scrittura tra pari su Piattaforma online nell’interazione in
classe, gli studenti annoverino una maggiore attenzione all’ortografia
durante l’esecuzione dell’attività stessa e un grado più alto di
engagement nel lavoro di gruppo e alla lezione. Grazie a questo focus
gli studenti conseguiranno un’accuratezza ortografica maggiore con
variazioni in base al livello di proficiency. Ciò porterebbe a pensare a
questa modalità di scrittura come particolarmente indicata a potenziare
determinati aspetti linguistici come la competenza ortografica e ad
associarla ad altre di estensione o rinforzo sulla pronuncia e la
morfologia.
Tra i limiti della ricerca va segnalato che non si è attuata una prova di
controllo che somministri gli stessi task in versione cartacea, il che
potrebbe invece apportare un quadro valutativo più chiaro dei detti
benefici. Inoltre, sarebbe interessante esplorare la dimensione testuale
34
della catena di commenti, mettendoli in relazione con formati online
come quello dei newsgroup e proponendo una dimensione autentica, e
non solo didattica dell’attività.
Riferimenti bibliografici
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to Work. Upper Saddle River: Pearson Prentice Hall.
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Onesti, C. (2010). Varietà formali in rete: Peculiarità linguistiche e ricadute
glottodidattiche. Italiano LinguaDue, 2(1), 206-219.
L’italiano di italiani e l’interlingua di madrelingua polacchi
apprendenti di italiano LS a confronto. I primi risultati di una ricerca
di linguistica testuale comparativa
Maciej Durkiewicz (Università di Varsavia)
L’obiettivo del presente abstract è quello di anticipare alcuni risultati –
che si intende presentare sotto forma di poster – di una ricerca empirica
sull’interlingua scritta di un gruppo di madrelingua polacchi apprendenti
di italiano LS.
A monte della ricerca in questione sta l’idea che preliminarmente a una
didattica ragionevole dell’italiano scritto a apprendenti polacchi occorre
prevedere una fase di studio sistematico sulle differenze tra i due sistemi
linguistici e i loro usi, al che deve aggiungersi in un secondo momento
un esame di campioni di interlingua prodotti da apprendenti avanzati
che possiedono già una buona padronanza della lingua italiana, e ciò
35
con l’obiettivo di individuare le eventuali interferenze dovute alla lingua
madre difficilmente prevedibili senza appositi studi.
La ricerca prevede due tappe:
- comparazione di un campione di testi paralleli italiani e polacchi
al fine di esaminare e confrontare la produzione linguistica e la
strutturazione testuale in italiano e in polacco;
- comparazione di un campione di testi italiani, ovvero prodotti da
informatori di madrelingua italiana, e un campione di testi
paralleli prodotti in italiano da un gruppo di madrelingua
polacchi che studiano italiano.
Come si evince da quanto sopra i campioni sono tre: campione italiano,
campione polacco e campione di interlingua. I tre campioni sono
paralleli: consistono di resoconti scritti di uno stesso input non-
linguistico (film muto raffigurante una scena in cui si svolge un’azione,
da riassumere poi per iscritto). Si è seguito la falsariga tracciata dallo
studio comparativo italo-danese sulla strutturazione testuale in italiano e
in danese di Skytte et al. (1999). Essendo stato il nostro campione
italiano attinto al corpus dell’équipe danese anche per i due campioni
restanti, quello polacco e quello di interlingua, è stato usato il film Mr
Bean, La biblioteca, lo stesso della ricerca di Skytte e dei suoi
collaboratori. In ultima analisi si è arrivati ad avere una serie di testi
autentici nelle due lingue e nell’interlingua in questione, prodotti in
situazioni identiche e con contenuto equivalente, ma in modo
indipendente.
La ricerca parte dall’ipotesi di una divergenza di strutturazione e
complessità frasale di contenuti identici nelle due lingue in questione,
con, possibilmente, ricadute sulla produzione di madrelingua polacchi in
italiano. Così ad es. secondo le prime osservazioni provvisorie non
sembra esserci corrispondenza 1:1 tra le frasi dei tre campioni.
L’oggetto e le finalità della ricerca coinvolgono una problematica
complessa e di carattere eterogeneo, in quanto implica considerazioni
sia di tipologia linguistica che di prospettiva discorsiva e di linguistica
pragmatica. Il punto di partenza è dato dall’interrogativo sulle modalità
in cui avviene la testualizzazione di un dato contenuto nelle due lingue
messe a confronto, sia a livello macrostrutturale che microstrutturale.
Riguardo al primo ci si chiede in che modo il macroatto linguistico in
36
questione, definibile in termini di ‘raccontare’, ‘riferire’, ‘interpretare’,
‘descrivere’, ‘informare’, ecc., si articola a livello della strutturazione
tematica, ovvero quella che prevede l’articolarsi del testo in sequenze
testuali (insiemi di proposizioni che formano un insieme semantico) che
a loro volta si suddividono in nuclei (parti centrali) e satelliti (parti
periferiche). Risulta pertanto interessante esaminare le eventuali
differenze nella distribuzione delle informazioni fornite dagli
informatoti italiani e polacchi tra nuclei e satelliti. Per quanto riguarda il
livello microstrutturale ci si propone di esaminare la complessità frasale,
che sembra più ipotattica in italiano che non in polacco, anche in virtù
delle differenze tipologiche delle due lingue, e la densità lessicale (type
toke ratio e la proporzione tra le occorrenze di parole piene e vuote) dei
tre campioni.
Nelle conclusioni della ricerca qui proposta auspicabilmente si arriva a
formulare osservazioni spendibili sia in un riflessione di stampo
tipologiche sulle differenze e somiglianze tra l’italiano e il polacco, che
nella didattica dell’italiano scritto a madrelingua polacchi.
Riferimenti bibliografici
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coesione e gerarchizzazione di testi narrativi». In: G. Skytte / F. Sabatini (a c.
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Skytte, G. (1999), «”Mr. Bean in danese e in italiano” Presentazione di una ricrca di
linguistica testuale comparativa». In: G. Skytte / F. Sabatini (a c. di), Linguistica
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Skytte, G. / Korzen, I. / Polito, P. /Strudsholm, E. (a c. di) (1999), Strutturazione
testuale in italiano e in danese. Risultati di una indagine comparativa.
Copenhagen: Museum Tusculanum Press, 3 voll.
37
Mezzi retorici in testi argomentativi scritti da apprendenti dell’italiano
L2
Anna Kucharska (Università Cattolica di Lublino Giovanni Paolo II)
La redazione del testo nell’ambito formativo scolatico/universitario
diventa spesso una dimostrazione delle prestazioni linguistiche dalla
parte degli apprendenti. Il presente contributo mira a analizzare un tipo
di testi frequentemente sfruttato durante la formazione linguistica,
ovvero il testo argomentativo – il tema. Alcuni (Beacco, 2007: 238-239)
ci si oppongono considerandolo una forma artificiale, non
corrispondente alle esigenze comunicative della vita quotidiana. Noi
invece, condividendo l’opinione di della Casa (1994: 432), presumiamo
che la pratica argomentativa sia utile come esercizio delle capacità di
ragionamento. Infatti sembra utile invogliare gli apprendenti di una
lingua straniera a utilizzare espressioni linguistiche e conoscenze
grammaticali per discutere ragioni, trovare parole giuste per concetti
mentali, per saper esprimere in modo esatto pensieri e idee. In seguito
alle riflessioni sopracitate ci poniamo una domanda relativa al
funzionamento del testo argomentativo durante il percorso formativo:
soprattutto, desideriamo verificare se gli apprendenti nelle composizioni
cerchino di persuadere il lettore della validità delle loro opinioni, ossia
se i loro testi sono atti illocutivi di persuasione (Austin, 1970) o servono
solo a evidenziare le loro conoscenze linguistiche e grammaticali. La
ricerca procede seguendo due filoni metodologici: uno si appoggia
sull’analisi dei risultati di un questionario somministrato agli studenti,
dove questi ultimi hanno l’occasione di esprimere le loro opinioni sulle
composizioni scritte durante i corsi di lingua straniera, fra cui troviamo
anche la domanda sull’impatto del tema sul coinvolgimento personale e
sul grado di impegno incitato dall’argomento. Tuttavia i risultati
riflettono le opinioni soggettive e noi invece vorremmo verificare se gli
studenti scrivono i testi argomentativi per far condividere le loro
opinioni. A tal fine si è chiesto agli 40 studenti di scrivere il testo
argomentativo intitolato “I musulmani costituiscono una minaccia o un
vantaggio per l’Europa” – un tema controverso, attuale, importante per
tutti gli europei (costatazione confermata dagli esiti del questionario
38
somministrato alle persone indagate) per poter osservare tecniche
argomentative utilizzate, la cui presenza suggerirebbe la disposizione
degli autori a far convincere il lettore delle opinioni citate. Le analisi
seguiranno la divisione proposta da Aristotele (Retorica, 1356a) in
logos (il ragionamento), pathos (emozioni) e ethos (costruzione
dell’autore). Per approfondire la ricerca relativa al ragionamento
procediamo con l’osservazione degli schemi argomentativi utilizzati,
nonché dei tipi di argomenti scelti, basandoci sulla classificazione
proposta da Perleman e Tyteca (1970). Il pathos riguarda le emozioni
che l’oratore suscita nel pubblico per farlo aderire alle opinioni da lui
presentate. Amossy (2014: 226) divide le emozioni inserite nei testi
argomentativi in quelle formulate esplicitamente e in quelle sottintese;
in seguito, i due tipi possono essere giustificati espressamente in
riferimento ad una topica, intesa come forma vuota, stereotipata,
comune a diverse argomentazioni (Barthes, 1970) o giustificati
implicitamente. Infine, l’ethos, che verte sul personaggio che costruisce
la sua immagine tramite il discorso, in cui si rivela tra l’atro nell’uso di
pronomi personali o della forma impersonale (Amossy, 2010:03-208), i
quali provano l’aderenza dell’autore al pubblico o la distanza nei suoi
confronti, la soggettività o l’oggettività.
Conclusioni: Gli studenti dubitano che il contenuto sembri interessante
al docente (cfr. il questionario), scrivono con lo scopo di presentare le
loro prestazioni linguistiche, non mirano a convincere i lettori ipotetici
(in realtà tutti sappiamo che si tratta solo del docente). Questo
scetticismo sull’interesse dell’interlocutore non impedisce di scrivere i
testi argomentativi con forza persuasiva. Lo mostrano i risultati relativi
alla costruzione dell’ethos quando 29 su 34 studenti utilizzano le forme
della prima persona del plurale con lo scopo di far parte del gruppo di
interlocutori, di mostrare che condividono le stesse opinioni. Non si
tratta solo del “noi” usato per affettazione d’umiltà (Serianni, 2016:
245) come facciamo noi nel presente contributo, ma seguito da aggettivi
come “europei” o “cristiani” provano la volontà per unirsi con il
pubblico.
L’analisi del logos fa evidenziare che molti autori citano opinioni
diffuse dai media, rincorrono agli argomenti basati sulla realtà, ai
rapporti di causa e conseguenza, agli schemi semplificati. Molte persone
39
comunque mirano deliberatamente ad evitare delle formule troppo
comuni e stereotipate, la cui presenza contribuisce negativamente alla
forza persuasiva del testo. Parecchie persone cercano di evitare ‘luoghi
comuni contemporanei’, facsimile dell’argomentazione e provano a
riflettere sul problema in una prospettiva più personale, a presentare
argomenti più originali e infatti più convincenti. Fanno ricorso a
citazioni, adoperano metafore, evocano simboli, mettono a confronto
l’atto e l’essenza.
Passando al pathos, gli studenti evocano principalmente due emozioni:
la paura e la compassione, ma mitigano opinioni troppo radicali per
salvare la faccia nei confronti di lettori che sono tenuti a respingere
un’attitudine troppo estrema. Solamente 19 studenti su 34 cercano di
suscitare la paura, fra cui 9 la accennano in modo implicito.
La conclusione del contributo è ottimistica perché i risultati provano che
gli apprendenti, insieme allo scopo di presentare le loro competenze
linguistiche, mirano a manipolare i fatti e i fenomeni citati per
persuadere. La ricerca prova che il tema del testo provoca il
cambiamento dell’attitudine degli studenti nei confronti della tipica
attività scrittoria, che smettono di scrivere con il solo scopo di utilizzare
le espressioni linguistiche, ma si impegnano nella vera comunicazione.
Riferimenti bibliografici
Amossy, R. (2014). L’argumentation dans le discours. Paris: Armand Colin.
Amossy, R. (2010). La présentation de soi. Ethos et identité verbale. Paris : Presses
Univesitaires de France.
Aristotele (2014). Retorica. Milano : Bompiani, a cura di F. Cannavò.
Austin, J.L. (1970). Quand dire, c’est faire. Paris : Seuil.
Barthes, R. (1970). « L’ancienne rhétorique. Aide-mémoire ». Communications 16.
Recherches rhétoriques p. 172-223
Beacco, J.-C. (2007). L’approche par compétence dans l’enseignement des langues.
Enseigner à partir du CECRL. Paris : Didier.
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Mortara Garavelli, B. (2000). Manuale di retorica. Milano: Bompiani.
Perelman, C., Olbrechts-Tyteca, L. (1970). Traité de l’argumentation. La nouvelle
rhétorique. 3e éd., Bruxelles : Éds. de l’Université de Bruxelles.
40
Gli adulti cultivés dell’IIC di Parigi: l’abilità di scrittura come
rinforzo allo sviluppo della produzione orale
Isabella Maffioli, Giovanna Sciuti Russi (Istituto Italiano di Cultura di
Parigi)
L’Istituto Italiano di Cultura di Parigi (IIC) rappresenta uno dei più
prestigiosi organismi del Ministero degli Affari Esteri dediti alla
promozione e alla diffusione della Lingua e della Cultura italiana nel
mondo. Come già rilevato in Italiano 2000, la motivazione allo studio
del pubblico francofono risulta ancora oggi di carattere
prevalentemente culturale: gli apprendenti dell’IIC studiano l’italiano
per piacere personale, per viaggiare, per un interesse di carattere
artistico, letterario o enogastronomico verso il nostro Paese. Tuttavia,
pur sostenuto da un livello motivazionale molto elevato, il loro processo
di apprendimento appare a volte problematico perché condizionato da
alcune variabili, tra cui in primis l’età adulta avanzata e le abitudini
educative pregresse, vincolate ad un sistema scolastico molto strutturato
e verticistico, basato soprattutto sullo sviluppo dell’abilità di produzione
scritta (composition, dissertation).
Se le attività di produzione e interazione orale sono da loro percepite
generalmente come più complesse, per una difficoltà intrinseca di
insecurité linguistique, dovuta ad una minore esposizione alla lingua e
al timore di commettere errori davanti all’insegnante e al gruppo-classe,
la produzione scritta sembra apparentemente rassicurarli, in quanto
modalità didattica più conosciuta e ʽcontrollataʼ, propria del metodo
grammatico-traduttivo appreso in passato.
In base a quanto brevemente premesso, il presente contribuito si
propone, quindi, di descrivere il contesto di
apprendimento/insegnamento dell’Istituto parigino e di delineare il
percorso di sperimentazione didattica avviato nell’anno scolastico
2017/2018, al fine di valutare se il
potenziamento dell’abilità di scrittura possa essere una modalità
integrativa a supporto dell’abilità di produzione orale e
41
dell’acquisizione di un maggiore senso di autonomia e sicurezza
comunicativa del discente.
Il campione selezionato è costituito da 60 apprendenti francofoni di
livello A1.2, B1.1, B1.2 e B2.1, di età compresa tra i 25 e i 67 anni.
Attraverso l’analisi di una serie di produzioni e di attività svolte
in aula e/o a casa, lo studio vuole verificare se la pratica della scrittura,
correlata ai livelli linguistici di competenza e ai relativi domini
semantici e generi testuali, produca una ricaduta positiva oltre
che sulla specifica abilità scritta anche su quella orale.
Dato il target adulto/senior di riferimento, legato per lo più a modelli
educativi tradizionali e direttivi, si è ritenuto opportuno, infine,
elaborare anche strumenti di analisi di natura quantitativa
(questionari informativi e di feedback), tesi a rilevare la percezione
personale degli apprendenti e il loro punto di vista emotivo e
motivazionale rispetto alle attività proposte.
Riferimenti bibliografici
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linguistica per la terza età, Lecce, Pensa Multimedia. Cattana A., Nesci
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42
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Relazioni di esperienze: “Voci della scrittura”
Lo sviluppo delle capacità di scrittura strumentale in apprendi analfabeti: premesse teoriche, prassi didattiche, la tecnica del calco sonoro. Tatiana Galli e Katia Raspollini (CPIA Sondrio; CAS Provincia di Trento) La comunicazione definendo la differenza fra i profili di apprendenti
analfabeti (Borri/MInuz:2014) e semianalfabeti descriverà il processo
neurologico che permette il passaggio dalla parola udita - buffer
fonologico d’ingresso- alla parola scritta - buffer ortografico in uscita -
evidenziando il rapporto fra consapevolezza fonologica e scrittura.
Come risulta da ricerche condotte su adulti non scolarizzati di culture
con ortografie alfabetiche, la consapevolezza fonologica migliora se vi è
una esposizione ripetuta alle sequenze scritte di unità sonore
(Orsolini:2003). Dal concetto di buffer come working memory
(Baddeley:2000) o memoria di lavoro, verranno definite le abilità di
base (Bonifacci,2006) coinvolte nella capacità di scrittura manuale in
apprendenti analfabeti ed il loro rapporto con la memoria procedurale ai
fini dell’automazione (Papagno:2006). Nel caso di apprendenti
analfabeti si prevedono anni di pratica e apprendimento, per poter essere
in grado di attivare i programmi motori in modo non rallentato, senza
grandi sforzi e far diventare i movimenti implicati nella scrittura
manuale automatici; ricordiamo a questo proposito che l’automazione
43
cambia la struttura e l’organizzazione delle connessioni sinaptiche tra i
neuroni che sono alla base del funzionamento del cervello e della mente,
modificando la conformazione della corteccia cerebrale.
Successivamente verranno indicate le tappe dell’acquisizione della
scrittura manuale non attraversate dagli analfabeti e le corrispondenti
abilità visuo-motorie insite nei programmi motori come ad esempio la
sequenzialità e le strategie di copiatura; queste devono essere
particolarmente sollecitate in apprendenti analfabeti per la creazione di
un modello interno del carattere alfabetico (Dinehart; Manfra:2013). La
scrittura manuale come funzionamento integrato di abilità diverse
prevede la coordinazione di processi motori e grafo motori, di processi
percettivi, di abilità visuo-motorie e di processi cognitivi di
elaborazione linguistica; per questi motivi le capacità di scrittura
manuale possono essere buoni predittori per l’efficace sviluppo della
lettura e della matematica. Nello specifico verrà presentata, anche
attraverso testimonianze audiovisive, la tecnica del Calco Sonoro, una
tecnica propedeutica al dettato per adulti analfabeti finalizzata a rendere
sequenziali i cinque differenti processi neurologici coinvolti nella
tradizionale pratica di dettatura:
1. Lobo parietale - Motricità fine mano/impugnatura. Il calco grafico:
ricalcare a biro, in formato sempre più piccolo, una frase seguendo le
linee pre tracciate a matita dall’insegnante finché il tratto diventa fine e
scorrevole.
2. Corteccia temporale superiore - Elaborazione sensoriale uditiva La
sonorizzazione passiva: l’insegnante pronuncia i fonemi man mano che
lo studente li ricalca rispettando la sua velocità e filma con il telefono
dello studente i gesti della sua mano.
3. Corteccia extrastriata - Elaborazione sensoriale visiva La video
copiatura silente: lo studente scrive (non ricalca) la frase in autonomia
guardando il video senza audio dal suo telefono e fermandolo quante
volte vuole.
4. Area di Broca (più le aree al punto 1 e 3) - memoria visuale (più le
aree al punto 1 e 3). La video copiatura sonora: lo studente scrive
ascoltando e guardando il video.
44
5. Area di Broca (più le aree al punto 1, 2 e 3) – memoria fonologica
(più tutte le abilità precedenti). Il dettato fonetico: lo studente scrive
ascoltando il video senza guardarlo.
Il passaggio da una fase all’altra avviene solo quando il processo
precedente da controllato diventa automatico e quindi con un minimo
costo attentivo. In questo modo si riducono sia l’intensità sia la
distribuzione cerebrale dell’arousal nonché l’interferenza strutturale e da
risorse. La frase scelta per il calco sonoro ha un significato già noto per
non rischiare di avviare la procedura automatica di elaborazione
semantica che interferirebbe con l’area pre-frontale; analogamente
bisogna evitare che lo studente ripeta ad alta voce perché la
codificazione e programmazione articolatoria impegnerebbero le aree
frontali.
Riferimenti bibliografici
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2001
Dinehart & Manfra, 2013, “Associations between early fine motor development and
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riconsiderazione del ruolo della consapevolezza fonologica in Psicologia dello
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Sergio Roncato, Gesualdo Zucco 1993, I labirinti della memoria, il Mulino pag 190 -
191
45
http://gabriellagiudici.it/tullio-de-mauro-il-voto-degli-italiani-elanalfabetismo-di-
ritorno/
“La (inter)lingua della bellezza. Esperienze di scrittura in una scuola
di italiano”
Giorgio Sena (Associazione ASINITAS – Roma) L’intervento ha per oggetto il racconto di due esperienze di scrittura
nate nella scuola di italiano L2 dall’associazione Asinitas Onlus a
Roma.
Innanzitutto verrà descritto il contesto in cui queste sono nate: la
composizione delle classi e la tipologia degli apprendenti nella nostra
scuola: adulti rifugiati e richiedenti asilo provenienti dai centri di
accoglienza di Roma.
Verrà fatto cenno alle metodologie glottodidattiche e ai principi
pedagogici a cui è improntato il lavoro di Asinitas; sottolineato come
tale lavoro intenda porre al centro la persona migrante con i suoi
bisogni, intesi non solo come bisogni quotidiani di integrazione nel
nuovo contesto di vita, bensì come bisogni soggettivi, identitari più
ampi, connessi con l’elaborazione del vissuto migratorio.
Essendo convinti che tra i più urgenti problemi che la persona migrante
affronta vi sia quello di dover ricucire i due “pezzi di sé” che il viaggio,
il distacco dal mondo da cui ci si è sradicati, hanno diviso. E ricucire
significa fare dialogare il sé-di-ora, del “qui”, col sé che si è stati “là”.
Dunque, la narrazione autobiografica, in senso ampio, acquista un ruolo
centrale.
L’accoglienza di tali bisogni passa attraverso la costruzione di un
contesto educativo comunitario, che costituisca spazi di ascolto e di
risonanza delle storie individuali, che stimolino ed agevolino
l’elaborazione e l’espressione, nella nuova lingua, dei vissuti di
ciascuno. Questo pone al centro il problema di che cosa sia lingua
significativa per la persona migrante. E quali possano essere i “temi
generatori” (nel senso di Freire), dentro una didattica della lingua
italiana, capaci di sollecitare l’accesso a questa sfera del vissuto e di
agevolarne l’espressione.
46
In tal senso, il veicolo artistico ci pare prezioso. E questo sia per quel
che riguarda gli input che proponiamo agli studenti, sia le forme
attraverso le quali proponiamo loro di esprimersi.
Per esemplificare ciò, verranno proposti due esempi di pratiche
laboratoriali di scrittura e analizzati due differenti testi in esse
realizzate.
L’intervento verterà sulla descrizione dei principali passaggi di
attività che hanno condotto alla realizzazione dei testi, sull’analisi dei
testi, sul loro significato espressivo e, infine, sul senso più complessivo
che essi hanno nella loro relazione di dialogo con altre forme
espressive.
1) Il primo è un testo scritto da A., studente eritreo, a partire da una
proposta di rielaborazione di un materiale poetico proposto in una
classe di livello di lingua A2. Il testo era “La fine e l’inizio” di W.
Szymborska, sul tema della guerra. Dopo un lavoro in classe di lettura
e comprensione del testo, nei suoi significati letterali e metaforici, si è
proceduto a estrapolare da esso- a scelta dell’insegnante - una serie di
parole chiave che fossero state comprese e discusse in classe (sebbene
alcune fossero difficili per un livello A2). Una volta isolate le parole,
l’insegnante ha proposto agli studenti di usarle come materiale da
ricombinare in libertà, come spunto per una propria composizione
“poetica” su un tema libero evocato da quelle parole.
Il testo di A. (che si intende analizzare nel corso dell’intervento) si è
rivelato sorprendente, innanzitutto per la sua qualità espressiva, degna
di un testo propriamente poetico, sebbene fosse scritto in un’interlingua
con diverse scorrettezze dal punto di vista formale.
Sono tuttavia tali scorrettezze a rivelare i processi di ipotesi fatti da A.
nell’appropriazione del materiale poetico, a farne così un interessante
caso di studio glottodidattico. Ma ciò che è parso ancor più
sorprendente è la padronanza, dimostrata da A., del “senso della
metafora”, di cui ha fatto un uso molto personale, a partire dalla propria
urgenza espressiva.
Non è questa la sede per dettagliare l’analisi. Ciò che preme sottolineare
è il felice incontro fra la sollecitazione poetica e l’espressione testuale
prodotta, in cui un testo preesistente è diventato, per traslato, materia
47
prima e veicolo per un profondo racconto della propria condizione
esistenziale.
Su questo esempio vorremmo discutere della funzione e della dignità
dell’ interlingua, intesa non semplicemente come “lingua ancora
scorretta”, bensì come luogo di ricerca e di creatività linguistica, in cui
si rivelano significati i profondi della lingua per la persona straniera che
va acquisendola.
2) Il secondo esempio è un testo scritto da H., studente somalo, livello
A2, a margine di un laboratorio manuale-espressivo sul tema della
casa, in cui è stato chiesto di realizzare, con materiale vario da
assemblare liberamente, un oggetto che rappresentasse un ambiente
domestico a cui si è particolarmente legati.
H. ha scritto un testo su “La mia stanza in Somalia”, in cui si
concretizza il sentimento della nostalgia e il disagio della “de-
realizzazione” della sua vita presente. H. esprime, in maniera icastica,
quanto il suo “vero” tempo presente sia il tempo che – frattanto che lui è
lontano - passa in Somalia, e come la “realtà” sia in quella sua stanza
lontana al paese, non in una stanza che occupa nel presente in un centro
di accoglienza.
La scrittura qui rappresenta una messa in parola di una realizzazione
manuale precedente e forse più “originaria”. Quel che attiva la
memoria sono innanzitutto le mani che lavorano, che iniziano, diciamo,
a ricordare per proprio conto. Man mano che prende corpo questo
spazio immaginato, le parole accompagnano per mettere ordine,
descrivendo una messa in forma che pre-esiste loro.
Nella nostra esperienza, abbiamo constatato spesso che, soprattutto in
presenza di una lingua ancora poco padroneggiata, il lavoro espressivo
manuale è un potente stimolo alla verbalizzazione e alla narrazione.
Su questi nodi, qui riassunti, verterà l’esposizione dell’intervento.
In esso si intende procedere con una breve proiezione di immagini dei
materiali prodotti nei due laboratori e una lettura in plenaria dei due
brevi testi, proiettati o distribuiti in copia, per poterne discutere insieme.
Riferimenti bibliografici
Abdolah, K. “Scrittura cuneiforme”, Iperborea, 2003.
Freinet, C. “L’apprendimento della lingua secondo il metodo naturale”, La Nuova
48
Italia, 1974
Freire, P. “La pedagogia degli oppressi”, Edizioni Gruppo Abele, 2011
Sayad, A. “La doppia assenza. Dalle illusioni dell’emigrato alle sofferenze
dell’immigrato”, Raffaello Cortina, 2002
Laboratori di scrittura in carcere. Percorsi di lingua e ricerca
partecipata
Giovanna Sciuti Russi (Università per Stranieri di Siena)
La scrittura è ancora oggi il principale canale comunicativo impiegato in
ambito detentivo. La ʽdomandinaʼ è la formula più comune utilizzata
dall’intera popolazione carceraria, italofona e non, per esprimere
qualsiasi tipo di esigenza e formulare qualsiasi istanza ufficiale. Negli
istituti penitenziari la funzione regolativo-strumentale dell’italiano è
quindi essenziale, saperla utilizzare in maniera appropriata è di primaria
importanza: si scrive per fare una richiesta alla Direzione o al
magistrato, per avere un colloquio con l’educatore, per ottenere
l’autorizzazione a svolgere le diverse attività intra/extramurarie di
carattere lavorativo, formativo e culturale previste nel piano
pedagogico-trattamentale annuale. Chi non sa scrivere cerca e trova
aiuto nel compagno di stanza o di sezione, domanda allo scrivano -
l’addetto ufficiale alla compilazione delle istanze -, al mediatore
culturale, quando presente, o allo stesso personale penitenziario interno.
Oltre al piano puramente formale della domandina, però, esiste anche un
sostrato di unità di segni più recondito, legato alla storia e alle emozioni
dell’individuo, che coinvolge la funzione personale e immaginativa
della lingua e la sfera dell’uomo nella sua interezza. «L’incontro con la
lettura e la scrittura costituisce un’esperienza che talvolta
sottovalutiamo quale occasione di ʽemancipazioneʼ. Non solo perché,
nel momento in cui, con la detenzione, l’esperienza della naturalità,
della socialità del vivere viene negato, l’individuo inevitabilmente si
avvicina a se stesso, ma soprattutto perché nell’incontro con la scrittura
noi troviamo ciò che costituisce una nostra ʽtecnologia personale di
ricostruzione del nostro mondo interioreʼ, di ricostruzione di un tessuto
psicologico profondo. Non c’è altra modalità, credo, per dare alla
49
crescita personale un sì tale sbocco interessante e positivo. Chi scrive di
sé, chi scrive diari, chi scrive epistolari con le tecniche più tradizionali,
più antiche, più note, si accorge che mette in ordine i propri ricordi, le
proprie immagini, le proprie rappresentazioni, i propri passaggi
esistenziali». Così scriveva alcuni anni fa un detenuto italiano, ristretto
presso la Casa di Reclusione di Augusta.
Nell’ottica di un approccio didattico inclusivo e riflessivo, il contributo
si propone di presentare due esperienze laboratoriali tra loro
complementari, svolte presso il suddetto Istituto siracusano:
- il ʽCorso di Scrittura, rivolto a un pubblico di apprendenti italiani e
stranieri;
- il ʽCorso di Intercultura, rivolto esclusivamente ad un pubblico
straniero.
Il primo laboratorio ha avuto come obiettivo lo sviluppo della
competenza linguistico-comunicativa in L1/L2 e l’analisi e la
produzione di più generi testuali, domandina in primis, attraverso l’uso
di tecniche e materiali didattici differenti. Il secondo laboratorio, invece,
basato sulla costruzione condivisa di un ʽvideo partecipativoʼ, è stato
orientato verso un percorso educativo teso all’interazione sociale, alla
narrazione identitaria e alla crescita dell’individuo, percorso in cui la
scrittura, coadiuvata dall’uso del linguaggio non verbale, ha assunto il
ruolo centrale di canale espressivo e metacognitivo, dando poi forma al
video ʽLettera a…ʼ.
Le due esperienze laboratoriali, intese come spazio di condivisione di
idee, pensieri e atteggiamenti, mostrano come la scrittura in carcere
assuma un ruolo multidimensionale di estrema significatività, non solo
sul piano acquisizionale di sviluppo di competenza linguistica, ma
soprattutto sul piano emozionale e psicoaffettivo, quale evoluzione più
consapevole del sistema di autodeterminazione e di percezione del Sé
dell’individuo ristretto.
Riferimenti bibliografici
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Partecipativo in Italia, VISTA - participatory VIdeo and social Skills for Training disadvantaged Adults, Progetto n.
50
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51
La scrittura nell’insegnamento dell’italiano L2 a semi- o an-alfabeti: percorsi di formazione e sperimentazione con gli insegnanti sul metodo di coscientizzazione di Paulo Freire
Anna Zumbo (Studio Kappa, Asti) Il lavoro di ricerca-formazione-azione presentato muove dall’incontro
con il vissuto di insoddisfazione ed inadeguatezza portato da molti
insegnanti di L2 che spesso si riconoscono incapaci di una didattica
efficace per l’insegnamento della scrittura dell'italiano L2 a semi- o an-
alfabeti e che, sempre più spesso, legano la ricerca di nuove
metodologie per la didattica a domande di senso sul valore del proprio
ruolo nel sistema dell’accoglienza e nei processi di integrazione degli
studenti.
La sperimentazione che qui si presenta coniuga infatti la proposta di un
metodo per la didattica con una riflessione sulla relazione
insegnante/studente migrante e finalizzato all’educazione alla
cittadinanza (intesa come consapevolezza e capacità di esercitare del
proprio potere di incidere nella realtà).
L’ipotesi che si intende verificare è che l’utilizzo di un approccio
sillabico all’alfabetizzazione, fondato su una batteria di parole
generatrici selezionate dall’universo lessicale degli studenti e quindi
dense di significati e vissuti (che trascendono la mera gestione
dell’ordinario e il soddisfazione del bisogno immediato) insieme ad una
predisposizione alla do-discenza (disponibilità ad insegnare legata alla
massima disponibilità ad imparare) da parte degli insegnanti, attivano
la motivazione ad apprendere, accelerano il processo di
apprendimento della lingua italiana e promuovono una migliore
propensione alla responsabilità ed all’autonomia degli studenti. La proposta metodologica per l’insegnamento della letto-scrittura a studenti semi – o an- alfabeti che si sta costruendo, sperimentando e studiando si focalizza su tre assi specifici ed interconnessi: 1. Il contenuto dell’insegnamento, non definito da una logica up-down,
ma fatto emergere direttamente dall’universo lessicale degli studenti e
dal loro universo semantico con un lavoro propedeutico di ricerca
condotto dall’insegnate (o meglio dal gruppo docente). Le parole ed i
52
temi generatori vengono selezionati dall’insegnante secondo criteri di
ricorrenza, difficoltà grammaticale e densità di significato.
2. La costruzione dei materiali didattici è a cura dell’insegnate che
lega alle parole generatrici selezionate una serie di rappresentazioni di
fatti concreti che emergono dal vissuto degli studenti. All’uopo si
confezionano materiali di tipo artistico-espressivo che, diventano un
codice, oggetto da decodificare con il gruppo in classe e che, uniti ad
una scaletta di idee e situazioni stimolo, diventano oggetto di riflessione
per stimolare la classe all’espressione orale oltre che scritta. 3. Il metodo di alfabetizzazione sillabico che - grazie alla costruzione per ogni parola generatrice, di carte tessera con le sillabe che la costituiscono e le rispettive famiglie fonetiche - permette di impostare la didattica sulla costruzione/decostruzione delle parole generatrici pre-selezionate e del loro suono. 4. L’utilizzo di letterine prestampate (una scatolina di lettere per ogni studente) come strumento per l’esercizio di scrittura e l’abilitazione immediata degli studenti alla possibilità di produrre, copiare e creare parole concentrandosi sulla riproduzione dei suoni, con un approccio ludico-cooperativo, liberi dalle difficoltà di utilizzare la penna e dall’imbarazzo dell’errore e del disordine dei supporti cartacei (quaderni). L’approccio metodologico descritto viene socializzato con gli insegnanti di L2 con un percorso di formazione base che si intitola “Alfabetizzare
non è insegnare a ripetere parole, ma a dire la propria parola” - Sperimentazione metodo di coscientizzazione di Paulo Freire, della durata di 16 ore in due giornate consecutive di lavoro condotte con metodologie attive e partecipative. Da giugno 2015 a febbraio 2018 (21 mesi di sperimentazione) sono stati realizzati 12 corsi in altrettante diverse città italiane con 324 partecipanti. Altri 6 corsi sono in calendario nei prossimi 3 mesi. Si concluderà così la prima fase di sperimentazione volta a validare l’interesse dei contenuti e delle metodologie proposte tra gli addetti ai lavori sullo scenario nazionale. Una valutazione dell’efficacia di questo approccio nell’apprendimento della letto-scrittura degli studenti semi – o an- alfabeti, presuppone un ulteriore fase di lavoro (prevista nel successivo triennio) composta di corsi di approfondimento, monitoraggio e accompagnamento degli insegnanti interessati
53
all’adozione del metodo nelle proprie classi, applicazione di eventuali correttivi e successiva modellizzazione. Ad oggi, l’indice di soddisfazione degli insegnanti e operatori che partecipano ai corsi di formazione è molto alto se si analizzano i seguenti indicatori: - Il numero di insegnanti che a conclusione dei corsi valuta utili ed applicabili gli apprendimenti - Il numero delle richieste di realizzare il Corso di formazione base in diverse città italiane - Il numero degli iscritti ad ogni nuovo corso - Il numero di insegnanti che chiede corsi di formazione di secondo livello “La testa pensa dove stanno i piedi” – percorso di approfondimento, formazione e sperimentazione del metodo di coscientizzazione di Paulo Freire nell’insegnamento dell’Italiano ai migranti” - Il numero degli enti che scelgono di intraprendere percorsi sperimentali di lavoro con questo approccio in strutture e ne chiedono progettazione e supervisione Gli indici di lettura degli articoli pubblicati on-line su questo tema - L’esistenza e la connessione con altri enti che lavorano con lo stesso approccio in Europa ed in altri paesi del mondo. Riferimenti bibliografici Freire P., L’educazione come pratica della libertà. I fondamenti sperimentali della
“pedagogia degli oppressi, Milano, Arnoldo Mondadori, 1974
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New York, Continuum, 2005 Santo Padre Francesco, Lettera enciclica Laudato sii, 2015 Rottino M., Zumbo A., Nous sommes l’histoire: expérience d’éducation populaire en
Haïti, Sanremo, Associazione Popoli in Arte, 2014 Unesco, Education 2030, Incheon Declaration and Framework for Action for the
implementation of Sustainable Development Goal 4, 2016 Zumbo, Presentazione del percorso “Alfabetizzare non è insegnare a ripetere parole,
ma a dire la propria parola” http://www.studiokappa.it/?page_id=7902
54
Zumbo, Alfabetizzare non è insegnare a ripetere parole, ma a dire la propria parola, Meltingpot, novembre 2016 http://www.meltingpot.org/Alfabetizzare-non-e-insegnare-a-ripetere-parole-ma-a-dire.html#.WK8ol_nhDIX
Zumbo A., Dallavalle C., La lingua italiana, l’ultima frontiera per la cittadinanza dei
migranti: la lezione di Paulo Freire, Dialoghi mediterranei, marzo 2017 http://www.istitutoeuroarabo.it/DM/la-lingua-italiana-lultima-frontiera-per-la-cittadinanza-dei-migranti-la-lezione-di-paulo-freire/
Glottodidattica 2.0: quali tecnologie possono aiutarci
nell’insegnamento della lingua seconda?
Alessandra Giglio (Università Dalarna – Svezia)
Relazione ad invito
La Rete globale, il Web 2.0 e le nuove strumentazioni tecnologiche
sembrano essere le avvisaglie di una rivoluzione culturale, sociologica e
comunicativa a cui stiamo, più o meno felicemente, assistendo: tale
rivoluzione è pari forse solamente a quanto successo ai tempi di
Gutenberg e dell’avvento della stampa a caratteri mobili. In un
panorama di questo tipo, è giocoforza richiesto un adattamento di
paradigma anche ai formatori ed educatori che operano nel contesto
della glottodidattica.
Tuttavia, la rivoluzione culturale e didattica alla quale, come insegnanti,
stiamo assistendo ha origini piuttosto antiche: come già sottolinea De
Mauro nell’introduzione al testo La classe capovolta che introduce,
anche in Italia, l’attualmente famoso modello didattico omonimo, “[p]er
certi aspetti di fondo, si potrebbe perfino dire che non c’è nessuna
novità” (Maglioni & Biscaro, 2014:9).
Infatti, se è pur vero che le tecnologie nella glottodidattica richiedono
un adattamento nella pratica didattica quotidiana, è altrettanto vero che
tali nuove tecnologie sono da trattarsi alla stregua di uno (tra i tanti
disponibili) degli strumenti didattici utili all’insegnamento. Pertanto, è
necessario individuare situazioni didattiche in cui le tecnologie per la
didattica portino un reale apporto costruttivo e innovativo che,
altrimenti, non sarebbe stato possibile raggiungere.
Il presente intervento ha lo scopo, quindi, di illustrare alcune delle
tecnologie per la didattica particolarmente utili per l’insegnamento e
55
l’apprendimento di una lingua straniera, con particolare riguardo
all’italiano per stranieri. Dopo un breve inquadramento teorico e storico
su cosa si intenda per tecnologie per la didattica, si proporranno alcuni
esempi di strumenti e tecnologie impiegati nella pratica glottodidattica
approfondendo, nello specifico, la didattica dell’abilità di produzione
scritta.
Riferimenti bibliografici
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flipped classroom. Trento: Erickson.
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sperimentazioni. Torino: UTET Università.
Fratter, I., & Jafrancesco, E. (2014). Guida alla formazione del docente di lingue
all’uso delle TIC. Roma: Aracne ed.
Potenziamento della scrittura e Mobile learning
Alice Gasparini (Università “G. D’Annunzio” di Chieti e Pescara)
Il seguente abstract presenta una sperimentazione didattica di impiego di
una nota piattaforma di messaggistica istantanea, Whatsapp, in un corso
di italiano LS con apprendenti russofoni dell'Istituto Italiano di Cultura
di Mosca.
La scrittura nei corsi di italiano LS viene a volte trascurata e poco
proposta. Solitamente, viene relegata alla realizzazione dei “compiti a
casa”, i quali, in corsi di lingua con lavoratori adulti, sono raramente
svolti per mancanza di tempo o motivazione. Un altro aspetto critico
diffuso nei corsi di LS sono le relativamente scarse occasioni di impiego
della lingua studiata al di fuori della lezione presenziale formale.
Per rispondere a queste due esigenze, si è creato un percorso di task
linguistici da realizzare online, parallelo e strettamente legato alle
attività e agli argomenti del corso presenziale. I task proposti agli
apprendenti, da sviluppare tramite la piattaforma di messaggistica
istantanea Whatsapp, si configurano come compiti comunicativi legati
56
alla vita reale. Il gruppo coinvolto, composto da 12 apprendenti di
madrelingua russa di cui 10 donne e 2 uomini con una competenza
linguistica di livello B1/B2, ha sperimentato tale attività didattica nei
mesi di aprile e maggio del 2017.
I task, proposti con cadenza decadale, sono stati creati sulla base del
sillabo del manuale didattico in uso nel corso. Durante il pre-task il
docente ha presentato le istruzioni del compito e diviso la classe in
coppie o gruppi. Nel successivo task cycle, le coppie o gruppi hanno
svolto il compito in lingua italiana nella chat sulla base dell'input inviato
dal docente e, successivamente, hanno pianificato il resoconto (orale o
scritto) e la presentazione del resoconto che, infine, è stata realizzata in
presenza in classe. Nella terza e ultima fase, il post-task dedicata al
focus on form, in classe si è spostata l'attenzione sulla spiegazione delle
strutture grammaticali e degli aspetti lessicali non acquisiti pienamente
dagli apprendenti o solo parzialmente emersi durante le fasi precedenti.
Nella comunicazione saranno esaminati i dati raccolti attraverso
questionari di valutazione sottoposti agli apprendenti, in itinere e a
conclusione della sperimentazione, e la valutazione effettuata dal
docente sulla partecipazione e sui benefici di tale impiego didattico.
La scelta di tale modalità è stata spinta da esigenze pratiche e supportata
da riflessioni teoriche: la grande diffusione su scala mondiale dei
dispositivi mobili che consente l'apprendimento anytime e anywhere.
Inoltre, si è fatto riferimento all'approccio BYOD, bring your own
device, orientamento sempre più diffuso che ha una serie di vantaggi:
rendere sempre più labili i confini tra apprendimento formale, non
formale e informale. L'utilizzo da parte degli apprendenti dei propri
dispositivi per differenti scopi, personali, di svago e di formazione dà
loro la possibilità di adattarli meglio al proprio stile di apprendimento
(Trentin 2015). Non da ultimo permette allo studio della lingua straniera
di valicare le pareti della classe (Kukulska-Hulme e Traxler 2017);
viene agevolato la studio e la costruzione delle conoscenze condivise,
realizzando così i principali punti della didattica costruttivista.
Il Task Based Language Learning si presta bene ad essere sfruttato in
ambiente online (González-Loret 2017) e si fonda sulla possibilità di
cimentarsi con la lingua realizzando un compito comunicativo autentico
orientato al learning by doing (Dewey 1938), in cui il focus sia sulla
57
comunicazione (orale o scritta) e non sulla lingua. Questa caratteristica
lo ha pertanto reso adatto all'obiettivo che la sperimentazione si è posto.
L'esercizio della scrittura nella LS, utilizzando la modalità virtuale, ha
presentato un altro grande vantaggio: l'abbassamento del filtro affettivo
(Krashen 1981) degli apprendenti che in classe fanno fatica a esprimersi
per motivi legati al carattere o allo stile di apprendimento. Tale modalità
bilancia le situazioni, molto comuni in un gruppo classe, in cui gli
apprendenti più introversi
Riferimenti bibliografici
Danesi M., 1988, Neurolinguistica e glottodidattica, Liviana, Padova.
Dewey J., 1938, Experience and Education, Macmillan/Collier, New York
Fratter I., 2016, Il Mobile Learning e le nuove frontiere per la didattica delle
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Didattica delle lingue e tecnologie digitali, Becarelli, Siena, pp. 110-127.
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Krashen S. D., 1981, Second Language Acquisition and Second Language
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Kukulska-Hulme A., Traxler J., 2005, Mobile Learning: A Handbook for
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and Learning, Wiley & Sons, Oxford, pp. 217-233.
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costruire una scuola nuova, FrancoAngeli, Milano, pp. 43-59.
Villarini A. (a cura di), 2010, L’apprendimento a distanza dell’italiano come
lingua straniera. Modelli teorici e proposte didattiche, Le Monnier,
Firenze.
58
La scrittura collaborativa: una ricerca qualitativa sulla percezione
degli studenti
Debora Bellinzani (University of Wisconsin-Madison – USA)
La ricerca pedagogica degli ultimi trent’anni ha provato che la scrittura
collaborativa è una tecnica efficace per l’apprendimento della lingua
seconda o straniera in apprendenti di qualsiasi livello. Benché alcuni
studi (Storch 2005, Shehadeh 2011, Fernández Dobao e Blum 2013)
abbiano incluso nel loro disegno un’indagine sul gradimento
dell’attività di scrittura collaborativa da parte degli apprendenti, la
percezione soggettiva dell’utilità e della piacevolezza della tecnica
rimane a oggi un tema scarsamente indagato. Per esplorare le
potenzialità di una tecnica che ha dimostrato efficacia ma che potrebbe
non essere apprezzata dagli apprendenti che si trovano ad utilizzarla
nelle classi di lingua, la mia ricerca ha analizzato le percezioni
soggettive di 18 studenti di età compresa tra 18 e 21 anni che hanno
frequentato il corso “Italian 102” presso il Department of French and
Italian della University of Wisconsin-Madison negli Stati Uniti durante
l’anno accademico 2017-2018. Il corso, che porta gli apprendenti dal
livello A1 al livello A2 secondo la classificazione del “Quadro comune
europeo di riferimento per le lingue”, si svolge con lezioni della durata
di 50 minuti quattro volte la settimana per un periodo di 15 settimane; 8
studenti hanno frequentato la sessione autunnale del corso tra settembre
e dicembre 2017 (Fall semester 2017) e 10 studenti frequentano
attualmente la sessione primaverile del medesimo corso nel periodo tra
gennaio e maggio 2018 (Spring semester 2018). Durante il corso sono
state svolte tre attività di scrittura collaborativa, di difficoltà crescente in
relazione alla progressione dell’apprendimento degli studenti, a seguito
di ciascuna delle quali è stato somministrato un questionario che ha
richiesto agli apprendenti una riflessione sulle percezioni soggettive
riguardanti l’attività. In particolare è stato richiesto di valutare la
percezione generale in termini di positività o negatività, la difficoltà
della scrittura in gruppo, l’efficacia attraverso specifici esempi di
elementi o strutture apprese, l’indicazione di elementi o accadimenti che
hanno influito negativamente sull’attività, la piacevolezza della stessa e
59
la menzione di suggerimenti che potrebbero rendere l’attività più
piacevole. Il questionario è stato somministrato il giorno successivo a
ciascuna attività; si è scelto di non condizionare le risposte con opzioni
predefinite, e di considerare congiuntamente i dati riguardanti le due
sessioni del corso. La ricerca è attualmente in corso e si concluderà il 2
maggio 2018. Sulla base dei dati sinora raccolti è possibile anticipare
che l’attività di scrittura collaborativa è risultata generalmente piacevole
per la maggior parte degli apprendenti e, sorprendentemente, anche per
coloro che normalmente non amano i lavori di gruppo preferendo
lavorare autonomamente. L’attività, secondo la percezione degli
studenti che si sono sin qui espressi, è stata utile in particolare per
apprendere nuovi vocaboli e porre maggiore attenzione alle
concordanze di genere e numero, ovvero acquisizioni fondamentali per
apprendenti di livello A1-A2. L’attività in gruppi composti da tre o
quattro studenti è stata maggiormente apprezzata rispetto al lavoro in
coppia, e la formazione di gruppi ben integrati è stata indicata tra gli
elementi capaci di rendere l’attività più piacevole. Le indicazioni degli
studenti saranno analizzate in modo più specifico e approfondito al
termine della ricerca e riporteranno gli esempi concreti forniti dagli
studenti; di particolare interesse saranno i dati aggregati riguardo alla
percezione dell’efficacia e della piacevolezza dell’attività di scrittura
collaborativa. Le considerazioni conclusive saranno infine integrate con
le osservazioni del docente riguardo all’influenza che la disposizione dei
banchi, mutata tra la prima (Fall 2017) e la seconda sessione del corso
(Spring 2018), ha avuto sull’efficacia dell’attività e sulle percezioni
degli apprendenti.
Riferimenti bibliografici
Storch N. “Collaborative writing: product, process, and students’ reflections”, in
Journal of Second Language Writing, 2005, Vol.14(3), pp. 153-173.
Shehadeh A. “Effects and student perceptions of collaborative writing in L2”, in
Journal of Second Language Writing, 2011, Vol.20(4), pp. 286-305.
Fernández Dobao A., Blum A. “Collaborative writing in pairs and small groups:
learners’ attitudes and perceptions”, in System, 2013, Vol.41(2), pp. 365-378.
60
L’atto della richiesta nelle e-mail degli studenti universitari ai
docenti: un confronto tra parlanti nativi e parlanti non nativi di
italiano
Francesca Pagliara (Università di Roma La Sapienza)
Il presente studio ha l’obiettivo di analizzare il modo in cui le richieste
vengono codificate pragmalinguisticamente nelle e-mail inviate ai
professori da studenti universitari, parlanti nativi e non nativi di italiano.
La focalizzazione sull’atto della richiesta deriva dall’analisi della
composizione di un campione di e-mail raccolto nel 2017: le email dei
parlanti nativi sono tutte spontanee e ammontano a 246; le e-mail dei
parlanti non nativi sono 264 e sono state elicitate a partire da task
somministrati a studenti in mobilità internazionale, durante i corsi di
italiano L2 tenuti presso il Centro Linguistico di Ateneo di Roma Tre.
Attraverso l’analisi delle e-mail di richiesta si vuole arrivare a una
descrizione delle principali tendenze nella prassi scrittoria degli studenti
italiani e degli studenti in mobilità internazionale, con particolare
attenzione all’e-mail literacy, intesa come “the pragmatic competence
and critical language awareness in using the e-mail medium” (Chen,
2006: 36).
Nel presente studio, per l’analisi delle e-mail di richiesta, si assume la
nozione di atto comunicativo, inteso come un’unità di analisi costituita
da più atti linguistici (cfr. Olshtain-Cohen, 1983; Ferrara, 1985; Nuzzo,
2007), i quali, pur avendo forze illocutive diverse, sono utilizzati in
combinazione per veicolare uno scopo comunicativo principale. Un atto
comunicativo è composto da un nucleo che veicola la principale forza
illocutoria e da elementi accessori che mitigano o rinforzano
quest’ultima. Il nucleo dell’atto comunicativo è detto “atto testa”,
individuabile perché da solo trasmettere la forza illocutoria principale.
Ogni atto testa è realizzato da una sola strategia, la quale coincide con la
codifica sintattico-semantica della richiesta e può variare in base alla
prospettiva di formulazione della richiesta (mittente, destinatario,
impersonale, inclusivo). L’atto testa può essere modificato da elementi
morfosintattici e lessicali, detti modificatori interni, aventi la funzione di
mitigare la natura impositiva della richiesta. Oltre al nucleo, si trovano
61
anche gli atti di supporto — o modificatori esterni (Sifianou, 1999) —, i
quali non sono né necessari né sufficienti alla trasmissione della forza
illocutoria, ma hanno la funzione di preparare e /o sostenere la
comunicazione di tale forza. La ricerca nel campo della pragmatica
interlinguistica ha dimostrato che nelle varie lingue sono presenti
differenti formulazioni pragmalinguistiche che veicolano in maniera più
o meno diretta l’atto illocutorio della richiesta, a causa della sua natura
impositiva (Searle, 1975) e delle sue implicazioni nella cortesia
linguistica (Brown e Levinson, 1987); a seguito di tali evidenze, diversi
studi si sono dedicati alla creazione di classificazioni in cui le varie
strategie di richiesta sono ordinate in base al loro grado di direttezza
(Blum-Kulka, 1989; Trosborg, 1995; Sifianou, 1999; Achiba, 2003;
Barron, 2003; Alcón-Soler et al. 2008). Nel presente contributo la
tassonomia per categorizzare gli atti testa e i modificatori, sia interni sia
esterni, si ispira principalmente agli studi di Blum-Kulka et al. (1989),
Trosborg (1995), Alcón-Soler et al. (2008), ma è stata modificata sulla
base di ciò che è stato effettivamente riscontrato nel campione, affinché
rifletta le abitudini linguistiche osservate, piuttosto che un sistema
astratto di possibili atti di parola. Una conseguenza della decisione di
creare una tassonomia per induzione, è che atti comunicativi plausibili
per contesto e mezzo di comunicazione, ma non riscontrati nel corpus,
non sono rappresentati nella tassonomia.
Lo studio, dunque, esamina il grado di direttezza impiegato negli atti
testa e il tipo e la quantità dei modificatori interni ed esterni impiegati
dagli scriventi per mitigare la richiesta. I risultati già ottenuti relativi
all’analisi delle e-mail in italiano L1 (Pagliara, 2018) mostrano che,
sebbene la strategia più frequente sia di tipo indiretto, prevalgono in
frequenza complessiva le strategie di tipo diretto, spesso caratterizzate
da scarsa modificazione interna, ma da ampia modificazione esterna,
richiamando in tal modo il fenomeno della verbosità tipica dei parlanti
non nativi, come rilevato da diversi studi internazionali sull’inglese
lingua straniera (cfr. Vilar-Beltràn, 2008; Pan Ping, 2012). L’analisi
delle e-mail in italiano L2 è in via di conclusione; il presente contributo,
pertanto, metterà a confronto i risultati già elaborati delle produzioni in
L1 con i risultati in via di elaborazione delle produzioni in L2.
62
Riferimenti bibliografici Achiba, M., 2003, Learning to request in a second language. A study of child
interlanguage pragmatics, Multilingual Matters LTD, Clevedon. 2003.
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italiano lingua seconda, Perugia, Guerra Edizioni.
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(eds), Sociolinguistics and language acquisition, Newbury House, Rowley, pp.
18-36.
Pagliara, F., (2018), L’e-mail literacy dei giovani studenti universitari: il caso delle
richieste, paper presented at XVIII Congresso Internazionale AItLA—Lingua in
contesto: la prospettiva pragmatica. Università degli Studi di Roma Tre, 22-
24/02/2018.
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Vilar-Beltrán, E., 2008, “The use of mitigation of role- play activities: a comparison
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Learning how to request in an instructed language learning context, Linguistic
Insights, Vol. 68, Bern, Peter Lang, pp. 127-142.
63
Insegnare la pragmatica ai sordi: il ruolo della scrittura
Sabina Fontana, Erika Raniolo (Università di Catania, Università di
Palermo)
L’apprendimento dell’italiano come lingua seconda, oltre a concernere
gli apprendenti stranieri, interessa una fascia di apprendenti che
potrebbero essere definiti “atipici”, cioè le persone sorde. Infatti, dato
che la lingua parlata utilizza il canale acustico-vocale, che nelle persone
sorde non è integro, essa non può essere acquisita spontaneamente (così
come avviene nel caso di bambini udenti), ma deve essere appresa in un
setting artificiale, spesso medicalizzato, che esclude un rapporto
naturale tra il bambino e il caregiver. La lingua che invece può essere
acquisita in modo naturale è la lingua dei segni, che consente lo
sviluppo linguistico, sociale e psicologico del bambino sordo (Rinaldi et
al., 2015). Pertanto, ogni sordo nel proprio repertorio linguistico può
padroneggiare a gradi diversi due lingue: l’italiano e la LIS (lingua dei
segni italiana).
La competenza in lingua italiana, tuttavia, è assai variabile e
difficilmente raggiunge i livelli degli udenti, dato che l’educazione
logopedica richiede tempi molto lunghi: si potrebbe parlare dunque di
delayed acquisition (Schembri et al., 2018).
Di conseguenza, la lingua italiana si potrebbe configurare come
un’interlingua, cioè come una varietà fortemente instabile che in
condizioni favorevoli progredisce verso il sistema linguistico dei
parlanti nativi. Nel caso delle persone sorde, il sistema dell’interlingua
può perdere il suo dinamismo interno dopo il periodo dell’educazione
formale, tendendo alla fossilizzazione se la persona sorda non mostra
interesse per il testo scritto o in generale per il miglioramento della
lingua (Fontana, 2015).
A partire dalle difficoltà evidenziate in letteratura (cfr. Fabbretti,
Tomasuolo, 2006; Caselli, Maragna, Volterra, 2006; La Grassa, 2014),
si è voluto strutturare un percorso, basato su materiale autentico,
utilizzando un approccio comunicativo incentrato sulla didattica della
pragmatica. Nello specifico, le attività del corso miravano al rinforzo
64
delle abilità di scrittura in lingua italiana e utilizzavano la lingua dei
segni per la comunicazione orale.
L’obiettivo del presente studio è quello di analizzare la funzione della
scrittura in relazione alle specificità che caratterizzano il profilo
dell’apprendente sordo adulto, in relazione ai dati raccolti in un contesto
formale di apprendimento/potenziamento dell’italiano rivolto ad adulti
sordi bilingui in una fascia d’età compresa tra i trenta e i settant’anni.
La strutturazione delle attività di questo corso ci ha costrette ad
interrogarci su quali siano le specificità degli apprendenti sordi adulti
con sordità prelinguale. Sappiamo che i sordi accedono all’informazione
e alla lingua in modo differente dagli udenti e che l’accesso avviene,
anche nel caso della lingua vocale, sfruttando il canale visivo. Il ruolo
della percezione sensoriale nella costruzione delle rappresentazioni
mentali potrebbe spiegare alcuni tratti ricorrenti nella scrittura dei sordi
(Garcia, Perini, 2010). L’ipotesi avanzata è che
l’apprendimento/potenziamento della scrittura in una lingua non
naturalmente accessibile come l’italiano ponga dei problemi relativi al
sillabo, la cui strutturazione non può prescindere dalla natura delle
interlingue dei sordi.
Riferimenti bibliografici
Caselli M. C., Maragna S., Volterra V. (2006), Linguaggio e sordità. Gesti, segni e
parole nello sviluppo e nell’educazione, Il Mulino, Bologna. Fabbretti D. e Tomasuolo E. (2006), Scrittura e sordità, Carocci, Roma. Fontana S. (2015), “L’italiano dei sordi: l’ipotesi dell’interlingua e la teoria della
processabilità” in Casini S., Bruno C., Gallina F., Siebetcheu R. (a cura di), “Plurilinguismo/Sintassi”, Bulzoni Editore, Roma, pp. 240-254.
Garcia B., Perini M. (2010), « Normes en jeu et jeu des normes dans les deux langues en présence chez les sourds locuteurs de la Langue des Signes Française », in Langage et Société 2010/1, n. 131, pp. 75-93. La Grassa M. (2014), La lingua dei segni per gli udenti, l’italiano per i sordi.
Riflessioni per la didattica delle lingue, Aracne, Roma. Rinaldi P., Di Mascio T., Knoors H., Marschark M. (2015), Insegnare agli studenti
sordi, Il Mulino, Bologna. Schembri A., Fenlon J., Cormier K., Johnston T. (2018), Sociolinguistic Typology and Sign Languages, Frontiers in Psychology, 9:200.
65
L’autovalutazione per migliorare la produzione scritta in italiano L1:
uno studio pilota sull’adeguatezza funzionale in testi argomentativi
Federica Del Bono (Centro Linguistico di Ateneo, Università di Roma
Tre)
Nel presente contributo si intende illustrare i risultati di uno studio il cui
obiettivo è quello di verificare se l’autovalutazione può essere uno
strumento utile per migliorare l’adeguatezza funzionale in produzioni
scritte in italiano L1.
L’autovalutazione è stata definita da Andrade e Valtcheva (2009:13)
come un processo “of formative assessment during which students
reflect on the quality of their work, judge the degree to which it reflects
explicitly stated goals or criteria, and revise accordingly”. Inoltre,
secondo le stesse, grazie a questa modalità di valutazione si può
promuovere l’apprendimento (cfr. Andrade & Valtcheva, 2009). Come
si evince dalla rassegna fatta da Andrade e Valtcheva (2009), in
letteratura sono presenti studi empirici che si sono occupati di indagare i
risvolti dell’autovalutazione nell’apprendimento in diversi ambiti
educativi, tra cui quello linguistico. Tra gli studi appartenenti a
quest’ultimo ambito, alcuni si sono dedicati a osservare la relazione tra
l’utilizzo di pratiche di autovalutazione e il miglioramento delle abilità
di scrittura (Andrade et al. 2008, Ross et al., 1999), ottenendo risultati
che hanno dimostrato un avanzamento, anche se minimo, nelle
produzioni scritte degli studenti.
Il presente studio si colloca in questo ambito teorico e prende spunto
dalle riflessioni fatte da alcuni studenti che hanno utilizzato le scale di
valutazione dell’adeguatezza funzionale ideate da Kuiken e Vedder
(2017) per valutare testi altrui in italiano L2. Questi studenti, dopo aver
utilizzato le scale di Kuiken e Vedder (2017), hanno dichiarato di averle
trovate particolarmente utili per riflettere su come produrre un testo
efficace nella L1. Il presente studio, partendo da queste considerazioni,
si pone l’obiettivo di verificare se l’utilizzo delle scale ideate da Kuiken
e Vedder (2017) per autovalutarsi può portare a migliorare
l’adeguatezza funzionale in testi argomentativi in italiano L1.
La scelta di condurre lo studio sul testo argomentativo è data dal fatto
che quest’ultimo è il tipo di testo più utilizzato in ambito accademico.
66
Inoltre, tra i diversi aspetti che si possono valutare in un testo
argomentativo si è optato di focalizzare l’attenzione sull’adeguatezza
funzionale, intesa come un costrutto interpersonale, dipendente da un
task e dalla sua felice esecuzione (Kuiken & Vedder, 2017), in quanto
questo aspetto è di particolare importanza per la tipologia testuale
esaminata. Un testo argomentativo, infatti, non deve essere corretto
esclusivamente da un punto di vista morfosintattico e lessicale, ma
anche da un punto di vista funzionale, in quanto il suo obiettivo è quello
di persuadere il lettore. La scala utilizzata per l’autovalutazione
dell’adeguatezza funzionale è quella ideata da Kuiken e Vedder (2017).
Si tratta di una scala a sei punti che divide l’adeguatezza funzionale in
quattro dimensioni: contenuto, requisiti del tipo di task, comprensibilità,
coerenza e coesione (Kuiken & Vedder, 2017). Ogni livello di ogni
dimensione ha un descrittore specifico, permettendo di valutare il testo
utilizzando dei criteri ben precisi. È proprio questa sua strutturazione
che rende la scala un buon mezzo di autovalutazione, in quanto fornisce
agli apprendenti un feedback ben dettagliato su cui loro possono
riflettere e che possono utilizzare per valutare il loro testo.
Lo studio è articolato in quattro sessioni, svolte esclusivamente tramite
dei moduli online. Gli informanti sono studenti di un corso di laurea in
lingue, parlanti nativi di italiano, i quali hanno già avuto un periodo di
formazione sull’utilizzo delle scale dell’adeguatezza funzionale per
valutare testi prodotti da parlanti non nativi di italiano. Nella prima
sessione gli informanti sono chiamati a compilare un breve questionario
conoscitivo e a produrre un testo argomentativo, elicitato a partire da un
task. Per produrre il primo testo gli informanti non si possono affidare
alle scale, ma semplicemente a quelli che loro credono siano i criteri con
i quali bisogna produrre un testo argomentativo. Inoltre, sono chiamati a
verbalizzare per iscritto a quali criteri si sono affidati per produrre il
testo. Nella seconda fase agli informanti è richiesto di utilizzare le scale
prima per valutare i testi prodotti dagli altri e poi per valutare il proprio.
In quest’ultimo passaggio, inoltre, gli informanti sono invitati a
motivare i giudizi dati al loro elaborato per ogni dimensione valutata e
di dare un giudizio globale del testo da loro prodotto. Nella terza fase,
agli informanti è richiesto di produrre nuovamente il testo
argomentativo, utilizzando come linee guida sia le scale di valutazione
67
dell’adeguatezza funzionale che i giudizi dati da loro sul primo testo
prodotto. La modalità di valutazione dei nuovi testi è identica alla
prima. Inoltre, gli informanti sono chiamati ad affermare se in questo
testo notano un miglioramento rispetto al primo e in quali aspetti.
L’ultima fase consiste nella compilazione di un questionario in cui gli
informanti sono chiamati ad esporre più dettagliatamente le loro
riflessioni sull’attività svolta.
I dati raccolti sono analizzati sia quantitativamente che
qualitativamente. Dal punto di vista quantitativo, sono messe a
confronto le statistiche descrittive delle valutazioni nella prima e nella
seconda stesura del testo, per verificare la presenza di un effettivo
miglioramento nelle produzioni degli informanti. Inoltre, i giudizi dei
valutatori sono analizzati in termini di interrater reliability, per
verificare la loro effettiva affidabilità. Da un punto di vista qualitativo,
invece, l’analisi è focalizzata sulle riflessioni degli informanti.
Dall’analisi dei dati ci si aspetta che emergano risultati utili circa la
possibilità di applicare le scale di valutazione dell’adeguatezza
funzionale per migliorare la produzione scritta in L1 e che questi
possano avere delle implicazioni positive anche in un’eventuale
applicazione nella L2.
Riferimenti bibliografici
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Ross, J., Rolheiser, C., & Hogaboam-Gray, A. (1999), Effects of self-evaluation
training on narrative writing. Assessing Writing, 6(1), 107–132.
68
Interferenza e variabilità diafasica nelle varietà di apprendimento di
scriventi in italiano L1 e L2
Yahis Martari (Università degli Studi di Bologna)
Il controllo delle varietà scritte in situazioni comunicative formali –
come i testi che gli studenti universitari devono redigere lungo il loro
percorso accademico – pone da sempre molti dei giovani scriventi in
lingua madre (L1) davanti a significativi problemi di controllo (Lavinio
e Sobrero 1991, Cacchione e Rossi 2016, Candlin et all. 2015). Nel caso
della lingua italiana, spesso la scorrettezza dei testi prodotti è dovuta a
processi di interferenze con altre varietà: sia più alte, come l’italiano
aulico-burocratico e letterario appreso scolasticamente (Berruto 1987:
166 e Revelli 2013), sia più basse, come quelle afferenti ai registri meno
sorvegliati del cosiddetto italiano digitato (Alfieri 2017).
In proposito, a partire da un’ipotesi già accreditata da Gaetano Berruto
(1987), quella di considerare alcuni tratti sub-standard presenti nella L1
come manifestazioni di interlingua, Solarino (2009 e 2010) ha insistito
molto sia sull’interferenza all’interno delle varianti più o meno
sorvegliate della L1, sia sul parallelo tra gli errori dei bambini in L1 e
quelli degli adulti apprendenti una L2. La continuità tra i processi di
acquisizione della L1 e quelli di una L2, del resto, è un dato teorico
ormai avvalorato, sia nella prospettiva didattica della Linguistica
Educativa (Vedovelli e Casini, 2016), sia in quella neurolinguistica, in
cui viene sempre più accentuato il valore differenziante della durata
dell’esposizione all’input (L1 o L2) nei processi di comprensione e
sempre meno la differenza immanente ai due contesti acquisizionali
(Guasti 2007: 280-283).
Nell’ambito di una ricerca in progress – di cui alcuni risultati sono stati
presentati al V congresso internazionale DILLE (Siena, 1-3 febbraio
2018) – in questo intervento vorremmo rilevare come, per alcuni
italofoni nativi, nell’italiano scritto formale sia presente una dinamica
di interferenza paragonabile a quella di una L1 su di una L2: la varietà
di L1 che produce interferenza è l’italiano scritto informale con tratti
sub-standard, il quale influenza la varietà di apprendimento dell’italiano
scritto formale, paragonabile a una L2.
69
Questo non significherà identificare lo stesso tipo di errori per scriventi
in italiano L1 e in L2 (anche se alcuni errori sono tipologicamente
raffrontabili), quanto invece sottolineare una situazione comune di
interferenza sulle varietà di apprendimento (VdA).
Sulla base di un corpus di 200 scritti di studenti italofoni universitari
neo-immatricolati, l’obiettivo dell’intervento sarà presentare un pattern
di tratti caratteristici di tale VdA di italiano scritto formale e
confrontarla con alcuni tipici segnali di interferenza in 40 testi redatti –
in base alla stessa consegna – da scriventi non italofoni. In particolare
osserveremo:
- la scarsa padronanza lessicale (47% italofoni vs 60% non
italofoni);
- la scarsa capacità di controllo morfosintattico (51% italofoni vs
65% non italofoni);
Si sosterrà inoltre che la VdA di italiano scritto formale di italofoni
universitari può essere collocato lungo un continuum sociolinguistico,
che va idealmente dal minimo di capacità di differenziazione diafasica
caratteristico delle varietà di scriventi scarsamente scolarizzati, al
massimo livello di differenziazione diafasica delle varietà di scriventi
pienamente scolarizzati, come schematizzato nella seguente tabella.
Italiano di scriventi
scarsamente
scolarizzati
VdA di italiano
scritto formale (anche
di universitari)
Italiano di scriventi
pienamente
scolarizzati
LIVELLO DI
PERTURBAZIONE
Forte
perturbazione e
assimilazione a
substandard
Media
perturbazione da parte
di substandard
Bassa o
nulla perturbazione
da parte di
substandard
LIVELLO DI
DIFFERENZIAZIONE
DIAFASICA
Nessuna
differenziazione
diafasica
Scarsa
differenziazione
diafasica
Alta
differenziazione
diafasica
ASSIMILA
BILITA’ A VT
Scarsame
nte assimilabile a VT
Mediamente
assimilabile a VT
Assimilabil
e a VT
TIPOLOGI
A DI ERRORE
Errori
morfologici gravi,
nessun controllo del
registro lessicale.
Difficoltà di
controllo del registro
lessicale e
morfosintattico. Errori
Controllo
delle strutture e del
lessico standard
pure in presenza di
70
Errori ortografici
dovuti a mancanza
di controllo delle
norme elementari
ortografici dovuti a
ristandardizzazione
(po', qual è) sono
riconducibili a
processo di
interferenza.
errori non
riconducibili a
substandard
(punteggiatura,
testualità)
Si discuterà infine di quanto questo processo di neostandardizzazione
dell’italiano con tratti diafasicamente marcati verso il basso sia
interpretabile anche in relazione all’influenza delle nuove scritture
digitali, ovvero alla sempre maggiore importanza delle forme
caratteristiche del parlato all’interno del testo scritto e alla crescente
tendenza a una scarsa rettificazione dello stesso.
Riferimenti bibliografici
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rifunzionalizzazione euristica e didattica?”, Lingue e Culture dei Media, 1, pp.
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mistilinguismo in testi funzionali di matricole universitarie”, in G. Ruffino G.,
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funzionali contemporanei: analisi, interpretazione, traduzione, Atti del XIII
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Firenze.
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research-based approach, Equinox, Sheffield & Bristol.
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Cortina, Milano.
Lavinio C. e Sobrero A.A. (1993), (a cura di), La lingua degli studenti universitari, La
Nuova Italia, Firenze.
Revelli L. 2013, Diacronia dell’italiano scolastico, Aracne, Roma.
Solarino R. (2009), Imparare dagli errori, Tecnodid, Napoli.
Solarino R. (2010), “Gli errori di italiano L1 e L2: interferenza e apprendimento”,
Italiano LinguaDue, n. 2. 2010, pp. 15-23.
Vedovelli M. e Casini S. (2016), Linguistica educativa, Carocci, Roma.
71
Impatto del feedback correttivo diretto e indiretto sulle produzioni
scritte di apprendenti di italiano LS
Francesca La Russa (Université Bordeaux Montaigne, Università di
Roma Tre)
Il feedback correttivo è una delle tecniche caratteristiche
dell’interazione didattica. Ad occuparsi di feedback sono stati, in
particolare, studiosi riconducibili a due filoni di ricerca: quello che si
occupa di scrittura in L2 (Composition Studies) e quello che si occupa di
acquisizione linguistica (Second Language Acquisition). Il primo si
dedica soprattutto ad esaminare come il feedback correttivo possa
aiutare gli apprendenti a migliorare la revisione del testo e la loro abilità
di scrittura. Il secondo orientamento, invece, si occupa di indagare come
il feedback, soprattutto orale, possa facilitare l'acquisizione linguistica
(cfr. Sheen, 2010). Recentemente i due filoni di ricerca si sono in
qualche misura contaminati e anche il feedback scritto è stato analizzato
nei suoi effetti sullo sviluppo della lingua straniera, per esempio
mediante l’osservazione di come interventi correttivi in una produzione
scritta influiscano sull’accuratezza con cui gli apprendenti usano
specifiche strutture grammaticali in un nuovo testo (cfr. Bitchener &
Knoch, 2008; Ellis et al. 2008; Sheen 2007).
Uno degli obiettivi principali della ricerca sul feedback riguarda, inoltre,
l’identificazione della tecnica correttiva più efficace. Le tecniche per
fornire feedback allo scritto sono molteplici e ne esistono diverse
classificazioni. Una delle più comuni è la distinzione tra feedback
diretto, in cui l’insegnate riformula l’errore con la forma corretta, e
feedback indiretto, in cui invece si limita a segnalare l’errore, lasciando
all’apprendente il compito di trovare la soluzione.
I pareri su quale tecnica correttiva sia da preferire sono contrastanti. Chi
sostiene la maggiore efficacia del feedback diretto afferma che esso sia
di aiuto per gli studenti in quanto più chiaro ed immediato (Bitchener &
Knoch, 2008). Invece, coloro che sostengono la superiorità del feedback
indiretto suggeriscono che esso favorisca maggiormente il
coinvolgimento degli apprendenti e stimoli lo sviluppo della loro
capacità di autocorreggersi (cfr. Ferris 2002).
72
In questo contributo presentiamo i risultati di un confronto empirico tra
feedback scritto diretto e indiretto che prende in esame gli effetti della
correzione tanto sulla revisione del testo quanto sulle successive
produzioni scritte degli apprendenti.
Allo studio hanno partecipato ventisei allievi dell’ultimo anno del Liceo
Victor Louis di Bordeaux che studiano l’italiano come terza lingua
straniera. Gli studenti sono stati divisi in 3 gruppi:
-un gruppo che ha ricevuto feedback diretto;
- un gruppo che ha ricevuto feedback indiretto;
- un gruppo di controllo che non ha ricevuto feedback.
Dopo un’iniziale fase di osservazione in classe per conoscere meglio gli
informanti e il loro livello linguistico (A2), la sperimentazione, della
durata di 3 mesi, ha previsto:
-la somministrazione di un pre-test in cui ogni informante ha
scritto un testo narrativo a partire da una storia per immagini;
- una fase di trattamento con il feedback correttivo della durata
di 4 settimane. In una prima sessione, gli apprendenti hanno
redatto in coppia un testo scritto. I testi sono stati corretti con
feedback diretto o indiretto per i gruppi sperimentali e lasciati
senza correzioni per il gruppo di controllo. Nella seconda
sessione, gli apprendenti, in coppia, hanno discusso delle
correzioni e/o riletto il loro testo; poi lo hanno riscritto ma senza
avere accesso alle correzioni. Nelle successive due sessioni
questo schema è stato ripetuto.
-un post-test immediato, somministrato subito dopo la fase di
trattamento, in cui gli apprendenti hanno portato a termine un
task di produzione scritta.
-un post-test differito, svoltosi un mese dopo quello immediato,
in cui gli apprendenti hanno nuovamente redatto un testo
narrativo.
Per esaminare l’impatto del feedback correttivo sulla revisione del testo
abbiamo confrontato le produzioni scritte dagli apprendenti durante la
fase di trattamento con le relative revisioni. I risultati dei gruppi
sperimentali (in termini di percentuali di errori su numero di parole)
sono stati prima confrontati con quelli del gruppo di controllo e poi tra
di loro.
73
Per esaminare l’impatto del feedback sulle produzioni successive, per
ogni gruppo abbiamo confrontato i risultati di pre-test, post-test
immediato e post-test differito. Ancora una volta, i risultati dei gruppi
sperimentali sono stati confrontati prima con quelli del gruppo di
controllo e poi tra di loro.
I risultati della sperimentazione mostrano che entrambi i gruppi
sperimentali ottengono risultati migliori del gruppo di controllo, sia
nella revisione del testo, sia nelle successive produzioni scritte. Per
quanto riguarda il confronto tra le due tecniche correttive, il feedback
diretto si rivela leggermente più efficace di quello indiretto.
Possiamo concludere che ricevere feedback, specie se diretto, aiuta gli
apprendenti a migliorare l’accuratezza delle proprie produzioni scritte, e
che gli effetti della correzione non solo sono evidenti nella revisione
dello stesso testo, ma perdurano anche nelle successive produzioni.
Riferimenti bibliografici
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MI, University of Michigan Press.
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unfocused written corrective feedback in an English as a foreign language
context”, in System, n. 36, pp. 353-371.
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Sheen Y. (2010), “Differential Effects of Oral and Written Corrective Feedback in the
ESL Classroom”, in Studies in Second Language Acquisition, 32, pp. 203-234.
74
Relazioni di esperienze: “Voci della scrittura”
ATAYA-APP - L’App per insegnare l’italiano l2 a migranti analfabeti
o poco alfabetizzati
Elisabetta Aloisi, Adriana Perna (Cooperativa Ruah)
Attualmente in Italia sono presenti 181 mila richiedenti asilo e rifugiati,
accolti in centri di accoglienza nei progetti prefettizi e nei progetti Sprar
dello Stato Italiano. Le scuole di italiano L2 sul territorio nazionale,
dalle Università ai CPIA, al terzo settore, hanno accolto questa nuova
tipologia di apprendenti a partire dal 2011, anno delle primavere arabe.
Si può dire oggi che c’è una specificità nel target richiedenti asilo che
sta portando a ridefinire i metodi di insegnamento ad oggi utilizzati nel
contesto adulti immigrati: oltre alla funzione integrativa e strumentale,
volta all’apprendimento di una lingua quotidiana e immediatamente
spendibile, diventa cruciale anche un’attenzione forte alla relazione e al
clima di classe per potenziare la motivazione.
I richiedenti asilo vivono una condizione complessa: con un passato e
un viaggio di migrazione estremo alle spalle, non sempre sono
determinati a rimanere in Italia. Inoltre si tratta, in alcuni casi
significativi, di utenti analfabeti o poco scolarizzati in L1.
In questo panorama la motivazione allo studio della lingua è nettamente
inferiore: nelle classi l’italiano della quotidianità e dei servizi non è più
percepito così interessante come argomento di lezione. Gli insegnanti di
lingua italiana L2 hanno bisogno di nuovi strumenti che siano
coinvolgenti, utili e piacevoli; mentre la scuola di lingua italiana si
assume la responsabilità di essere anche uno spazio dove poter dire,
attraverso la nuova lingua, ciò che si sente il bisogno di dire.
Queste riflessioni, stimolate dall’arrivo dei richiedenti asilo nelle classi
di lingua, hanno portato a sperimentare nuovi approcci per
l’insegnamento dell’italiano L2 che si rivelano utili anche per altri
destinatari (donne, adolescenti, migranti economici, turisti…).
Da una parte vengono in aiuto metodologie per stimolare l’uso della
lingua come mezzo espressivo e consapevole, dall’altra è importante
75
dotarsi di strumenti innovativi che rendano la lezione interessante e
originale e che siano utili nel percorso di integrazione.
Con questa consapevolezza la cooperativa Ruah ha approvato il progetto
AtayaApp: una applicazione per dispositivi Android per apprendere la
lingua italiana, rivolta a migranti analfabeti o poco scolarizzati. Ad oggi
sul mercato italiano non è presente nessuna App con queste
caratteristiche.
Lo smartphone è uno strumento determinante nell’affrontare un
percorso di migrazione: è utilizzato quotidianamente da tutti i migranti
per comunicare con amici e familiari nel Paese d’origine, in Europa o in
viaggio. E’ dunque ragionevole pensare che sia stimolante
approfondirne l’utilizzo e che le attività didattiche proposte attraverso
AtayaApp siano motivanti.
Dal punto di vista didattico, inoltre, la tecnologia supporta la difficoltà
di astrazione tipica di chi è analfabeta o poco scolarizzato. Infatti il
linguaggio iconico veicola concetti e informazioni anche senza la
scrittura alfabetica. La tecnologia touch è intuitiva, immediata e
divertente se confrontata all’utilizzo dei tradizionali strumenti didattici
spesso poco familiari.
Utilizzando l’App gli apprendenti possono lavorare in autonomia, un
obiettivo ambizioso da raggiungere nel contesto analfabeti e importante
se si pensa a tutti quei migranti che per motivi psicologici, geografici,
economici o organizzativi, non hanno accesso ai corsi di italiano L2.
La App è strutturata in 10 unità che affrontano i domini della didattica
di italiano L2 nel contesto immigrati. Ogni unità propone un video (o
audio) input al quale seguono quattro tipologie di esercizi organizzati
nelle abilità: capiamo, parliamo, leggiamo, scriviamo.
- Capiamo: cinque domande a scelta multipla sulla comprensione
del video (o audio).
- Parliamo: otto parole che l’apprendente ascolta e ripete,
registrando il suo audio per confrontarlo con l’originale.
- Leggiamo: dieci parole che l’apprendente legge in una lista per
individuarne cinque presenti nell’immagine data.
Data la nulla o bassa scolarità pregressa del target scelto, tutte le attività
presentate sono supportate interamente dalla voce audio: un microfono
posto accanto alle parti scritte permette allo studente, se lo desidera e
76
tutte le volte che ne sente il bisogno, di ascoltarle in forma audio
(consegne, domande, risposte, singole parole ecc..).
L’abilità Scriviamo è così organizzata: l’input è sempre una
fotografiadi oggetti, persone, luoghi o situazioni. Accanto alla fotografia
il testo audio si attiva per ascoltare il nome di ciò che è raffigurato.
L’apprendente scrive la parola corrispondente. L’attività di scrittura
prevede tre livelli di difficoltà crescente:
- Nelle prime unità, l’apprendente scrive parole con sillabe piane.
Ha a disposizione tutte le lettere che compongono la parola in
ordine sparso. L’esercizio consiste nel trascinarle al posto giusto.
Quest’attività si riferisce all’esperienza dell’utilizzo in aula delle
lettere mobili per esercitare la scrittura, strumento sperimentato e
a nostro avviso dall’indubbia utilità.
- Nelle unità intermedie il riordino è di sillabe e non di lettere e le
parole aumentano di complessità.
- Nelle ultime unità l’apprendente scrive utilizzando la tastiera
dello smartphone. L’obiettivo finale è quello di acquisire la
conoscenza della tastiera standard qwerty, ad oggi il metodo di
scrittura più diffuso.
Icone, colori e immagini rendono la navigazione e l’utilizzo della App
un percorso lineare e semplice da seguire; gli attori dei video sono
uomini e donne, spesso di origine straniera, che si muovono nelle
situazioni di vita quotidiane familiari ai migranti.
Il progetto prevede un periodo di sperimentazione su 1500 richiedenti
asilo presenti sul territorio di Bergamo seguiti da Cooperativa Ruah e
Associazione Diakonia. La App sarà disponibile a maggio 2018.
Il manuale Ataya
AtayaApp è il progetto conseguente alla pubblicazione del manuale
Ataya (manuale multilivello per immigrati adulti con bassa o nulla
scolarità pregressa, ed. Sestante 2016) a cura della Cooperativa Ruah.
Gli argomenti di AtayaApp riprendono le unità del manuale. Per gli
insegnanti e gli studenti della Scuola di italiano Ruah e per tutti coloro
che usano Ataya la App sarà uno strumento complementare al volume,
da utilizzare insieme nelle classi o in autonomia.
77
Ataya, che significa tè in wolof, rappresenta un’idea di scuola che si
prende il tempo per essere accogliente, che di fianco a obiettivi
linguistici pone anche obiettivi relazionali ed educativi.
Percorsi e pratiche didattiche di scrittura nelle università tedesche: il
valore inclusivo dell’autobiografia per gli studenti oriundi italiani
Laura Campanale (ITT Mazzotti – Treviso)
Il presente contributo si basa su alcune mie esperienze didattiche,
maturate durante l’incarico quasi decennale come lettrice comandata dal
Ministero degli Affari Esteri presso i Dipartimenti di Romanistica delle
università tedesche di Kassel e di Treviri. Nello specifico mi soffermerò
ad analizzare il materiale autentico, prodotto dagli studenti durante i
miei corsi di scrittura (Textredaktion I, Textredaktion II e laboratorio di
scrittura), propedeutici agli esami scritti. Trattandosi di corsi eterogenei,
caratterizzati dalla presenza di studenti tedeschi, ma ultimamente anche
di italiani di II e III generazione, l’educazione alla scrittura, tramite
l’analisi, comprensione ed esercitazione delle diverse tipologie testuali,
nonché del linguaggio formale e della microlingua (lettere commerciali,
turistiche, reclami ecc), si è rivelata fondamentale per la progressione
linguistica dei discenti, fortemente “erosa” da un rapido processo di
germanizzazione, ma, negli studenti di origine italiana, anche dalla
presenza della variante regionale/dialettale della famiglia italiana di
origine.
Particolarmente interessante dal punto di vista sociolinguistico e
didattico si è rivelato il ricorso e la pratica della scrittura autobiografica
nella costruzione di contesti di apprendimento cooperativo, basati
sull’inclusione di TUTTI gli allievi, in quanto il raccontarsi è
espressione della propria identità, ma anche esperienza di
comunicazione che consente il raggiungimento della competenza
narrativa. Il materiale autentico di carattere autobiografico (da parte
degli studenti italiani di II e III generazione), raccolto all’interno dei
suddetti corsi e soprattutto dei laboratori di scrittura, consente, inoltre,
di riflettere sulla complessità della coscienza identitaria di allievi con
78
percorso migratorio e sulla presenza di competenze multiple ed
interculturali che sottendono al principio delle cosiddette “identità
ibride”. Queste ultime sono rappresentate da un mosaico di più lingue e
culture in un rapporto di continuo mutamento, conflitto e ambivalenza,
ma costituiscono allo stesso tempo un’enorme risorsa sia dal punto di
vista dello scambio interpersonale e sociale, sia a livello economico e
professionale. Attraverso la produzione di testi autobiografici gli
studenti attivano, inoltre, un recupero della memoria personale e
familiare, relativa alla loro storia migratoria, confrontandosi con alcuni
aspetti della loro personalità e coscienza identitaria. Lavorare con le
sensazioni e le emozioni significa, infatti, parlare di sé, della propria
italianità e della propria identità, una identità flessibile, mobile,
dinamica, ambivalente, poliedrica, ma allo stesso ricca e stimolante.
Dai percorsi autobiografici in questione si possono inoltre ricavare delle
informazioni fondamentali sia sulla percezione linguistica dei soggetti
interessati, sia sul livello di competenza linguistica in essere al momento
della produzione del testo (tipologia di errori commessi, stato del
processo di apprendimento, strategie acquisizionali adottate).
L’ibridità delle competenze linguistiche di tale gruppo di studenti
impone una ponderata riflessione dal punto di vista formativo e
strutturale (maggior collegamento tra scuola superiore e università,
potenziamento dello studio della lingua italiana all’interno del sistema
scolastico tedesco), nonché una adeguata valorizzazione, nei corsi di
Italianistica, delle enormi potenzialità di tale tipologia di studenti con
percorsi e attività didattiche mirate ad esaltare le loro competenze
ibride.
E’ pertanto doveroso ripensare anche ai percorsi universitari dei soggetti
con percorso migratorio, che si apprestano a diventare futuri insegnanti
di italiano nelle scuole tedesche, sempre più multiculturali e
multietniche, in quanto dispongono non solo di competenze linguistiche
ed interculturali multiple, ma riconoscono anche le caratteristiche di un
codice comportamentale diverso da quello tedesco.
Riferimenti bibliografici
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80
Le incompetenze di scrittura di italofoni non nativi di livello A1-A2:
strategie didattiche da attuare
Anita Palucci (Cooperativa Sociale Integrata “L’Albero” di Rieti)
Le indicazioni della linguistica generale e applicata consentono di
individuare le quattro abilità linguistiche (saper comprendere, saper
parlare, saper leggere, saper scrivere) necessarie per un apprendimento
linguistico integrale; tuttavia, il saper scrivere in una lingua straniera
risulta senza dubbio la più difficile delle quattro abilità, anche per gli
apprendenti presenti in Italia da tempo, in quanto richiede di tenere sotto
controllo aspetti linguistici diversi: ortografici, fonologici, lessicali,
morfosintattici e testuali. Pertanto, a partire dalla consapevolezza che
l’abilità di scrittura non possa essere sviluppata spontaneamente, come
sostenuto da Krashen e Terrell (1983), ma che necessiti di interventi
didattici controllati, il presente contributo si propone di esaminare le più
significative incompetenze di scriventi italofoni non nativi, residenti
attualmente in Italia, con l’intento di proporre attività finalizzate al
recupero e al rinforzo dell’abilità di scrittura.
L’indagine partirà dalla raccolta di testi scritti da apprendenti
principianti, di età e di provenienza diversa, che frequentano
regolarmente i corsi di italiano L2, di livello A1-A2, da me tenuti presso
la Cooperativa Sociale Integrata “L’Albero” di Rieti. Nello specifico, il
campione prende in considerazione sette studenti di nazionalità
nigeriana che utilizzano una versione semplificata della lingua inglese,
detta comunemente Broken English o Pidgin English; tre studenti
gambiani, anche loro anglofoni; quattro studenti arabofoni con
un’elevata conoscenza della lingua inglese; due studenti provenienti dal
Mali e due dalla Guinea, dove la lingua ufficiale è il francese.
Si individueranno così i più importanti errori presenti nelle produzioni
scritte dagli apprendenti in questione, evidenziando i fattori linguistici
e/o culturali che portano gli studenti di una determinata madrelingua a
deviazioni dalla norma in vigore nella lingua italiana. Si confronteranno,
in un’ottica contrastiva (Lado 1957, Weinreich 1953), la lingua madre
dell’allievo (L1) e la lingua oggetto di apprendimento (L2), al fine di
mettere in luce sia le aree in cui un discente, grazie alla sua L1, risulta
81
facilitato, sia le aree in cui proprio la L1 potrebbe ostacolare
l’apprendimento della L2, provocando interferenze. Ovviamente, non
tutti gli errori prodotti dagli allievi potranno essere visti come il riflesso
della lingua madre (Corder 1967, Selinker 1972), ma la conoscenza
della L1 degli studenti permetterà all’insegnante di analizzare le
difficoltà degli apprendenti e di intervenire sugli errori con maggiore
consapevolezza, presentando attività di recupero e di rinforzo che
consentono un avanzamento dell’alunno nella sua competenza
linguistico-comunicativa. La centralità di questa competenza, che
prevede una componente strettamente linguistica, una componente
socio-culturale e una componente pragmatica, è ribadita anche
all’interno del Quadro comune europeo di riferimento per la
conoscenza delle lingue (QCER). Seguendo proprio le indicazioni
contenute in questo documento di politica linguistica, elaborato dal
Consiglio d’Europa nel 1996, si espliciteranno le azioni linguistiche che
un apprendente con una competenza in italiano di livello A1-A2 dovrà
essere in grado di svolgere, relativamente all’abilità della “produzione
scritta” e si proporranno attività didattiche mirate, da realizzare
collettivamente o individualmente (Vedovelli 2010).
Nel corso del curricolo si utilizzeranno almeno tre tipi differenti di
esercizi: gli esercizi controllati, mirati cioè allo sviluppo di abilità
linguistiche specifiche; gli esercizi guidati, caratterizzati dal fatto che
l’alunno debba comporre un testo, a partire però da un percorso indicato
dall’insegnante; gli esercizi aperti, nei quali l’alunno deve produrre un
testo in modo autonomo (Della Casa, 1994).
Si descriveranno anche le principali tecniche didattiche adottate,
sottolineando di volta in volta le caratteristiche, i vantaggi e gli
svantaggi in riferimento anche al profilo degli apprendenti (Balboni
2015, Diadori 2015).
A partire dall’assunto, ribadito più volte nel QCER, per cui sapere una
lingua significa non solo conoscerne le strutture, ma soprattutto saperle
usare in contesti d’uso diversi, l’obiettivo finale di questo lavoro sarà,
dunque, quello di proporre esercizi comunicativi, adatti allo sviluppo di
funzioni linguistiche da utilizzare in situazioni di praticità quotidiana.
Riferimenti bibliografici
82
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Università, Torino, 2015.
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Vedovelli, M. Guida all’italiano per stranieri. Dal Quadro comune europeo per le
lingue alla Sfida salutare, Carocci Editore, Roma, 2010.
Weinreich, U. Language in Contact, Findings and Problems, Linguistic Circle of New
York, New York, 1953.
83
Responsabilità scientifica e organizzativa
Roberta Grassi (coordinamento)
Giuliano Bernini
Rosella Bozzone Costa
Luisa Fumagalli
Patrizia Graziani (USP)
Antonella Giannellini (USP)
Piera Molinelli
Monica Piantoni
Ada Valentini
Il Convegno-Seminario è organizzato in collaborazione con l’Ufficio
Scolastico Territoriale di Bergamo.
L’iniziativa è riconosciuta come attività di formazione docenti ai sensi
della direttiva 90/2003 con diritto per i partecipanti all’esonero dal
servizio nei limiti stabiliti dal C.C.N.L. A tal fine sarà rilasciato un
attestato di partecipazione.
Segreteria C.I.S. via Salvecchio 19 - 24129 Bergamo
tel. 035 2052407, fax 035 2052771e-mail: infocis@unibg.it
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