lavorare coi social media (terza edizione)
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Strategia di comunicazione
Gianni Florido e la Provincia di Taranto
Lavorare con i social media (terza edizione)
Comunicazione, politica, economia, giornalismo: cosa cambia se tutto cambia su Internet
Milano, 18 febbraio 2012Eurogiovani - Master in non-conventional marketing e social media
Dino Amenduni, Proforma
Chi parla?
Mi chiamo Dino Amenduni (biglietto da visita elettronico)
Sono il responsabile dei nuovi media e consulente per la comunicazione politica a Proforma, agenzia di comunicazione di Bari, mia città natale, dove ho studiato, vivo e lavoro
Sono blogger sul Fatto Quotidiano (link al blog) e tra i fondatori di Quink, collettivo di satira e mediattivismo (www.quink.it)
Di che si parla?Più che un cambio di paradigma: cosa cambia con i social media
Cause e conseguenze teoriche del passaggio al social media marketing
Consigli operativi per organizzare un gruppo di lavoro sui nuovi media
Due case histories politiche: amministrative 2011, referendum 2011
Giornalismo e social media: minacce e opportunità
Cinque best practices: i video di Ted
TemiQuali sono le conseguenze, online e offline, della diffusione dei social media?
Quanta e quale tipo di professionalità è necessaria per lavorare sui social media?
Qual è la situazione italiana?
Qual è il rapporto tra nuovi media e (comunicazione) politica nel nostro Paese?
Quali sono le prospettive di sviluppo e le applicazioni possibili?
Ted – Video #1
Clay Shirky: come il surplus cognitivo
cambierà il mondo
TED, un’eccellenza del web-marketing
Proviamo ad applicare queste tecniche su noi stessi
Guardiamo insieme questo video tratto dall’archivio di Ted (http://www.ted.com)
Ted è una conferenza multidisciplinare la cui missione è riassunta nella formula "ideas worth spreading" (idee degne di essere diffuse) e, in effetti, le migliori conferenze sono state pubblicate gratuitamente sul sito web del TED. Le lezioni abbracciano una vasta gamma di argomenti che include scienza, arte, politica, temi globali, architettura, musica e altri saperi
TED, video #1
http://www.ted.com/talks/lang/ita/clay_shirky_how_cognitive_surplus_will_change_the_world.html
Clay Shirky indaga sul "surplus cognitivo", il lavoro condiviso online che eseguiamo con i nostri cicli mentali liberi. Mentre siamo occupati nel redarre Wikipedia, postare su Ushahidi (e sì, anche creando i lolcats), stiamo costruendo un mondo migliore e più cooperativo.
I nuovi nuovi media
Web 2.0 e social mediaCosa sono e perché
nascono
Il web 2.0
Trattazione teorica originale di Tim O’Reilly. Traduzione integrale qui
Una breve definizione:
Il Web 2.0 è un termine utilizzato per indicare genericamente uno stato di evoluzione di Internet (e in particolare del World Wide Web), rispetto alla condizione precedente. Si tende a indicare come Web 2.0 l'insieme di tutte quelle applicazioni online che permettono uno spiccato livello di interazione tra il sito e l'utente
Premessa
Tutto ciò che è scritto in questa presentazione potrebbe
diventare vecchio a breve: Facebook lancia i nuovi profili
(TimeLine)
Il web 2.0 – modelli teorici di riferimento
Legge di ParetoModello Wikipedia
Coda lungaSaggezza della
folla
A. Legge di Pareto 80/20
Secondo la "legge 80/20" (i valori 80% e 20% sono ottenuti mediante osservazioni empiriche di numerosi fenomeni e sono solo indicativi), in genere l'80% dei risultati dipende dal 20% delle cause
A. Legge di Pareto 80/20
Questo principio può avere diverse applicazioni pratiche in diversi settori, ad esempio:
Economia: l'80% delle ricchezze è in mano al 20% della popolazione (ma ovviamente i valori reali variano a seconda dei paesi e dei periodi). Oppure: il 20% dei venditori fa l'80% delle vendite, ed il restante 80% dei commerciali fa solo il 20% delle venditeQualità: il 20% dei tipi possibili di guasto in un processo produttivo genera l'80% delle non conformità totali. Oppure: l'80% dei reclami proviene dal 20% dei clientiInformatica: l’80% del tempo di esecuzione è impiegato solo dal 20% delle istruzioni di un programma. Oppure: l'80% delle operazioni degli utenti sono dovute al 20% delle funzioni a disposizione di un applicativo. L'80% degli errori di codifica è riconducibile al 20% dei moduli (fonte: Wikipedia)
B. Modello Wikipedia – divisione disorganizzata
del lavoro1. Creazione di una voce (ad es. la parola “carta”)2. Prima bozza3. La voce viene individuata da altri utenti che aggiungono
o modificano la stessa voce perché competenti nella materia
4. Se sono riscontrate inesattezze (volontarie o meno, poco importa) vengono subito corrette
5. La voce sarà perfezionata con il contributo, anche minimo, di tanti utenti
Anche in Wikipedia è valido il principio di Pareto: il 20% degli utenti modificano l’80% delle voci totali presenti sul sito. Questa distribuzione vale, in media, anche per la singola voce
C. La coda lunga
La coda lunga è una teoria economica formulata da Chris Anderson (fondatore di Wired) nel 2004
È un modello che sembra poter spiegare i funzionamenti del mercato. È una teoria attuale per il mercato dei beni immateriali e “futuribile” perché pare essere in grado di teorizzare il cambiamento delle leggi che regolano il tradizionale meccanismo distributivo (produzione/stoccaggio/vendita al dettaglio)
C. La coda lunga
La diffusione di internet, il non-luogo dove chiunque in qualunque momento può consultare infiniti elenchi di prodotti, ha permesso di abbattere i costi di distribuzione e magazzino, spezzando il legame che vincolava il successo alla visibilità
La possibilità di gestire un catalogo virtuale pressoché illimitato ha rivoluzionato il modello economico dominante: semplicemente, vendere anche solo poche copie al mese di migliaia di titoli è più redditizio che vendere migliaia di copie di pochi titoli
Oggi: le corporazioni dei beni immateriali sono in profonda difficoltà (esempi: mercato discografico e pornografia)
C. La coda lunga - cause
Nuove tecnologie hardware e software a basso costo che permettono ai produttori di beni immateriali (grafica, musica, video, servizi) di farlo a costi contenuti o addirittura nulli
Servizi (Internet, archiviazione dati) a costi contenuti che forniscono banda e hosting illimitato ai produttori di beni immateriali
Possibilità di distribuire i propri prodotti a costo zero (es. attraverso Youtube), combinata alla possibilità che questi prodotti siano fruiti da chiunque attraverso Internet, anche senza pubblicità o senza conoscenza diretta del prodotto o dell’autore (es. attraverso Google o aggregatori di notizie)
C. La coda lunga - cause
Approcci di marketing e comunicazione più efficienti e misurati per la distribuzione di questi prodotti (niente più costi di stampa, di magazzino e di spedizione)
Possibilità per tutti di entrare in questo mercato (finisce la divisione tra produttore e consumatore: si parla di prosumer, ovvero di un utente che fa entrambe le cose in contemporanea)
C. La coda lunga - conseguenze
Dal broadcasting al narrowcasting: da una platea con milioni di persone come pubblico a milioni di platee con poche persone come pubblico
Questo modello economico, chiamato “coda lunga”, è economicamente sostenibile proprio perché non ha costi se non quelli (minimi) per produrre il contenuto e, in caso di contenuti professionali, ha costi nulli per la distribuzione
Gli utenti, avendo molte più alternative di scelta, abbandonano il mainstream e si rivolgono alle nicchie di mercato che più soddisfano le loro necessità
D. Saggezza della folla
È una teoria dimostrata da James Surowiecki attraverso un’infinità di prove empiriche (2005). Secondo questa teoria, una variabile è misurata in modo più preciso da una massa di persone inesperte che da un gruppo di specialisti
D. Saggezza della folla
Esempio (1): durante una fiera, Surowiecki fece scommettere 100 persone sul peso di un vitello. Le 100 persone dichiararono il loro peso stimato. A seguire, fece ripetere l’esperimento a 10 allevatoriIl peso del vitello fu indovinato con precisione assoluta dalla “massa” (il valore medio delle 100 valutazioni era precisamente il peso del vitello)Esempio (2): prediction markets – un istituto di ricerca universitario permise ai cittadini di scommettere sul vincitore alle elezioni. Nelle scommesse, le quote variano sulla base dell’orientamento della giocata (sia sulla base di chi viene scelto, sia su quanto si punta)Il risultato del prediction market fu più affidabile di quello dei sondaggi nel misurare la distanza tra i vincitori
Dal web 1.0 al web 2.0 – una mappa
La dieta mediatica degli italiani
Indagine Censis I media personali nell’era
digitale luglio 2011
1. La dieta mediatica La dieta mediaticadegli italiani
Evoluzione del consumo dei media in Italia (2009-2011)
1. La dieta mediaticaLa dieta mediaticadegli italiani
1. Crolla la TV analogica, esplode la TV digitale
(coda lunga della televisione)
2. Tiene la radio, soprattutto nel drive-time
3. Calano i quotidiani a pagamento, ma gli
italiani leggono di più
4. Crescono i settimanali, stabili i libri, scende
l’uso dei cellulari
5.Internet è più consultato dei grandi
quotidiani
2. La dieta informativa La dieta mediaticadegli italiani
Fonti informative utilizzate, per età e titolo di studio
2. La dieta informativaLa dieta mediaticadegli italiani
1. I telegiornali sono ancora il perno
dell’informazione degli italiani
2. Tra gli under 34, Internet e i social media
sono importanti quanto i TG
3. I quotidiani sono consultati principalmente
da over 30
4.Facebook pesa il triplo dei portali online per
gli under 30
3. Credibilità dei mediaLa dieta mediaticadegli italiani
Gli italiani ritengono Internet
più credibile di ogni altro strumento
4. Cos’è Internet?La dieta mediaticadegli italiani
Grado di condivisione di alcune definizioni su Internet
4. Cos’è Internet?La dieta mediaticadegli italiani
1. Internet è il luogo della democrazia
2. Internet è pieno di dati, molti dei quali sono
‘spazzatura’
3. Su Internet tutto deve essere gratuito
4. I commenti maggiormente positivi sul ruolo di
Internet arrivano da persone con alto livello
di istruzione
5. Social media nel mondo
La dieta mediaticadegli italiani
Nielsen Social Media Report
Il 31% del tempo passato online dagi italiani è sui social media
Ted – Video #2
Misha Glenny: Assumiamo gli hacker!
TED, video #3
http://www.ted.com/talks/lang/it/jay_bradner_open_source_cancer_research.html
Nonostante i miliardi di dollari spesi per la sicurezza informatica, uno dei problemi di base è stato ampiamente ignorato: chi sono le persone che scrivono i codici dannosi? Il giornalista investigativo Misha Glenny profila diversi programmatori condannati di tutto il mondo e arriva ad una conclusione sorprendente.
Social media al lavoro
Strumenti, metodi, strategie e tattiche al servizio del web-
marketing
Facebookmania?Social media per tutti?
Quasi tutti usano Internet per comunicare. Lo fanno
perché convinti di trovare nuovi mercati qualitativamente
differenti dai classici, perché intuiscono le potenzialità di
uno strumento che segue logiche indipendenti da quelle
che regolano i media tradizionali, perché ritengono sia un
modo più economico di fare marketing. O lo fanno perché
sono fruitori di questi strumenti e ne conoscono le
dinamiche
Qualunque sia il motivo per cui un’organizzazione usa i
social media, non ci si può più limitare allo spontaneismo.
Se tutti sono online bisogna fare di più e meglio per
emergere
Parliamoci onestamenteSocial media per tutti?
I social media più popolari, per loro natura, sono
strumenti egalitari. Ogni utente, che sia un capo di
Stato o un ragazzo di 15 anni, ha la stessa interfaccia
e le stesse opzioni. La retorica comunicativa è
condivisa e questo comportamento è atteso dagli
utenti: un’azienda, un’istituzione o un brand non può
rivendicare le gerarchie del mondo reale per marcare
una posizione di privilegio
La richiesta di feedback e di comunanza è
un’esplicita richiesta di onestà e di parità
Parliamoci onestamenteSocial media per tutti?
Non si può mentire perché tra amici o tra persone
emotivamente affiliate ci si aspetta, con forza,
l’onestà.
Se un’organizzazione decide di comunicare sui social
media, accetta questa regola. Se non sente il bisogno
di comunicare in modo leale, franco, accettando
critiche pubbliche (e l’onere della risposte a queste
critiche), sarebbe più onesto se NON usasse i social
media
La censura, nel web 2.0 è non solo vietata, ma
immediatamente controproducente
Per partire: i requisiti minimi e massimi
coincidono
Social media: Come partire
Il caso italiano semplifica lo scenario
L’accesso ai social media in Italia è piuttosto
anomalo e comunque assai differente rispetto alle
democrazie anglosassoni. Il quadro è infatti molto più
semplificato:
Facebook – 20 milioni di utenti (un italiano su 3,
l’80% circa degli italiani che usano Internet)
Youtube – un miliardo di video caricati nel mondo
Twitter – 1.5 milioni di iscritti in Italia (mondo: FB
700 milioni, TW: 250 milioni)
Facebook, Twitter e Youtube sono sufficienti?
Social media: Come partire
Per il momento sì
Conviene concentrare gli sforzi su questi tre strumenti, essendo
gratuiti ed avendo raggiunto una massa critica o un livello di
semplicità di utilizzo tale da non richiedere grossi sforzi cognitivi
e organizzativi
Vanno tenuti d’occhio, però, altri strumenti, più o meno
emergenti:
LinkedIn - social media che mete in rete professionisti
Foursquare – social media che geolocalizza la posizione
dell’utente
Flickr – social media dedicato alle foto
Friendfeed – aggregatore di aggiornamenti su tutti i social
media degli utenti
Facebook, Twitter e Youtube: ma come?
Social media: Lo scheletro
Facebook – pagina pubblica (fanpage)
A differenza del profilo personale, può essere
amministrato da più persone in contemporanea. I nomi
degli amministratori restano anonimi. Non esiste il limite
massimo di 5000 contatti per profilo, così come accade
per i profili personali
Un utente di Facebook può diventare “fan” di chi decide di
comunicare su questo social media senza che quest’ultimo
debba approvare una richiesta di amicizia
Facebook, Twitter e Youtube: ma come?
Social media: Lo scheletro
Facebook – pagina pubblica (fanpage)
La fanpage è lo strumento che Facebook ha creato per
offrire i maggiori gradi di personalizzazione all’utente
Su una pagina è possibile installare applicazioni (banner,
giochi, plug-in) ed è possibile acquistare inserzioni
pubblicitarie altamente personalizzate, con cui veicolare
campagne web mirate a target definibili per sesso, età,
città di residenza e di nascita, orientamento politico,
religioso e sessuale, titolo di studio e stili di navigazione
su FB (a quali pagine è già iscritto, ad esempio)
Facebook, Twitter e Youtube: ma come?
Social media: Lo scheletro
Facebook – pagina pubblica (fanpage)
Tutti i fan possono essere informati in contemporanea con un
aggiornamento, un messaggio che giunge nelle caselle di posta
di Facebook degli utenti in modo non invasivo. Non appare come
messaggio di posta, ma come aggiornamento, la notifica è meno
evidente e dunque raggiunge solo le persone realmente
interessate
Per il resto, una fanpage funziona esattamente come un profilo
personale, compresa la funzione di aggiornamento di status
Facebook, Twitter e Youtube: ma come?
Social media: Lo scheletro
Youtube – canale istituzionale
Il mezzo video è probabilmente il più efficace nel mondo
del web 2.0. È il più facile da fruire (specie se i video sono
brevi) ed è tra più facili da realizzare. La qualità dell’immagine,
su Youtube, non è una condizione determinante. È importante
comunicare tanto ed in tempo reale
Su questo spazio possono essere caricati video inediti, relativi
all’attività dell’organizzazione, ma non solo: si possono ricavare
estratti provenienti da altre fonti, in particolare spezzoni di
trasmissioni TV o telegiornali. Il rapporto tra costi (nulli a
livello economici, assai modesti per le risorse umane) e benefici
è indiscutibilmente a favore
Facebook, Twitter e Youtube: ma come?
Social media: Lo scheletro
Twitter – profilo personale certificato
In Italia si parla molto di questo servizio di microblogging, ma è
uno strumento ancora poco ed alto tasso di mortalità. Ma la
gestione di un profilo su Twitter è quanto mai conveniente, per
due motivi
Il primo è legato alla possibilità di aggiornare automaticamente il
profilo attraverso la gestione al “minimo” della fanpage di
Facebook, senza nessuno sforzo di integrazione; il secondo è
legato alla maggiore presenza sul web, a fronte di nessuno
sforzo redazionale supplementare
Facebook, Twitter e Youtube: ma come?
Social media: Lo scheletro
Twitter – profilo personale certificato
Questo approccio “minimo” allo strumento si mostrerà, però,
sempre meno efficace quanto più cresceranno gli iscritti a
Twitter, dato che i “followers” si rivolgeranno in modo immediato
(con un messaggio di 160 caratteri) al politico o
all’organizzazione che, proprio per la semplicità di interazione,
ha il “dovere morale” di rispondere e di seguire gli
aggiornamenti degli iscritti alla pagina
Alla crescita della complessità deve seguire una crescita
della complessità del team di gestione dei social media
Prima dei social media: il gruppo di lavoro
Social media: Lo scheletro
Gestire la comunicazione web di un’organizzazione richiede uno
sforzo non dissimile dalla creazione di un ufficio stampa o di un
team che si occupa di media planning ed organizzazione eventi
Affidare tutto il peso di questo lavoro a una sola persona è
dunque impossibile e talvolta nocivo. Allo stesso tempo un
singolo coordinatore può gestire tutti i profili “2.0” di un
candidato, sia dal punto di vista dei contenuti sia in termini
strategici. Bisogna, dunque, individuare una figura di
coordinatore di questa area di lavoro
Le risorse necessarie per comunicare sui nuovi media
sono umane, non economiche
Un buon team sui social media
Social media: L’organizzazione
Un uomo solo al comando non è sufficiente. I social media
vivono di contenuti ed aggiornamenti costanti, che spesso
un’organizzazione può (e deve) creare internamente. Le figure
indispensabili per comunicare in modo efficace sono:
Responsabile video: deve essere in grado di coordinarsi con
tutti i produttori di contenuti similari, interni (campagne) o
esterni (registrazioni di presenze in TV, gruppi spontanei di
utenti o sostenitori). Non è necessario che abbia competenze di
web-marketing, specie se lavora in tandem col coordinatore:
sarà quest’ultimo a suggerire le strategie per il montaggio e il
caricamento dei video su Youtube
Un buon team sui social media
Social media: L’organizzazione
Responsabile foto: può anche coincidere con il responsabile
video o un’altra figura di staff. Deve dare testimonianza della
vita quotidiana dell’organizzazione (anche il lavoro di tutti i
giorni), quello che i media tradizionali non raccontano e quello di
cui ha bisogno un luogo di lavoro per creare interesse attorno
alle attività ed “umanizzare” chi o cosa vogliamo comunicare. Il
mezzo fotografico è assai colorato emotivamente e questo può
aiutare nel raggiungimento dell’obiettivo generale
Un responsabile foto può anche gestire un profilo su Flickr o
utilizzare foto di archivio o da fonti esterne. Può aiutare anche
nella realizzazione di manifesti e campagne
Un buon team sui social media
Social media: L’organizzazione
Responsabile web: deve essere in grado di costruire un sito e
gestirne i contenuti. Se possibile, deve poter programmare
applicazioni per Facebook (con il codice FBML), strumenti che
possono favorire moltissimo la distribuzione dei contenuti, specie
se associati a giochi o a elementi più “leggeri”, che semplifichino
la complessità di certi argomenti. Possono essere videogiochi,
quiz, premi, contest di creatività. All’occorrenza può essere
anche web editor ed inserire contenuti redazionali sul sito di
riferimento
Le quattro figure devono avere competenze minime nei
reparti che non sono di loro competenza diretta. Il coordinatore
deve anche essere dotato di capacità di analisi strategica per
orientare lo sviluppo dei contenuti
Social media: buone pratiche per il successo
Social media: Cosa dire e cosa fare
Le parole chiave della comunicazione sui social media
sono:
Contenuti: il silenzio è più assordante sui social
media. In un contesto dove tutti parlano, chi non dice (o dice
male) fa più rumore
Feedback: Tutti parlano, tutti ci parlano, tutti si
aspettano risposte. I social media non sono strumenti
unidirezionali. L’onore e l’onere dell’interazione sono valori non
discutibili né negoziabili
Social media: buone pratiche per il successo
Social media: Cosa dire e cosa fare
1. Comunicare con costanza e frequenza
È importante tenere l’attenzione sempre viva sulla Rete
Gli spazi di un’organizzazione sul web corrispondono ad un
mezzo di comunicazione istituzionale o personale. Non parlare,
dunque, vuol dire non avere niente da dire
Se non ci sono contenuti o opinioni fresche, cercarle fuori dalla
nostra organizzazione. Articoli di giornale, stimoli per il dibattito
e la discussione, contenuti di altre organizzazioni a noi prossime.
Così facendo è possibile costruire e descrivere il nostro universo
valoriale di riferimento
Social media: buone pratiche per il successo
Social media: Cosa dire e cosa fare
2. Non pubblicare esclusivamente
contenuti relativi all’organizzazione
Gli utenti dei social media si aspettano di parlare con altri
utenti, che siano direttamente i “capi” o persone del loro staff o
appartenenti ad aziende, partiti o organizzazioni
Così come ognuno di noi condivide gusti, passioni e interessi sui
social media, ci si aspetta che le persone che compongono le
organizzazioni con cui interagiamo facciano lo stesso. Anche la
condivisione di una passione, di un hobby, persino di una
debolezza, di un singolo o di un gruppo di lavoro può
generare attenzione e consenso
Social media: buone pratiche per il successo
Social media: Cosa dire e cosa fare
3. Citare esplicitamente (o taggare) i nostri
interlocutori
Taggare una persona vuol dire associarla ad un contenuto. Molti
social media permettono agli amministratori dei profili di taggare o
linkare altri profili personali, gruppi ed altre fanpage quando si pubblica
un contenuto o un aggiornamento di stato
Taggare un contenuto ha due vantaggi: includere le persone o i gruppi
taggati all’interno della comunità creata attorno al candidato; auto-
includersi nella comunità che viene taggata, duplicando la quantità di
lettori di un contenuto. Per questo motivo è importante che chi si
occuperà dell’amministrazione della fanpage si iscriva ai profili, ai gruppi
e alle pagine vicini, competitor o co-protagonisti di iniziative
Social media: buone pratiche per il successo
Social media: Cosa dire e cosa fare
4. Gestire i due flussi di feedback
Vuol dire gestire e interpretare la comunicazione che giunge
dall’utente al candidato, al politico o all’organizzazione, al fine di
rimodulare agenda e proposta politica e socializzare le innovazioni con i
nostri sostenitori
Questa attività di monitoraggio costante ha due vantaggi: il primo è
l’anticipazione dei tempi della politica e la possibilità di correggere
la strategia in corsa; la seconda è la creazione di link sui profili, le
pagine o i gruppi con cui è stata stabilita un’interazione. Questo
aumenta la visibilità della pagina e la rende più facilmente rintracciabile,
oltre a generare meccanismi di networking e di costruzione del consenso
Social media: buone pratiche per il successo
Social media: Cosa dire e cosa fare
5. Evitare censure
La tracciabilità e la memorabilità l’attività sul web rende impossibile una
rimozione totale e indolore dei contenuti. Se cancelliamo un contenuto
scomodo, gli utenti lo denunceranno pubblicamente
Sono da evitare anche rimproveri e punizioni ufficiali. Se avremo
costruito una comunità solida di sostenitori, saranno gli stessi utenti a
stigmatizzare i comportamenti spiacevoli, ribattendo agli attacchi in
nostra difesa fino alla segnalazione di comportamenti inappropriati a
Facebook che, in caso di numerose indicazioni, sospenderà
provvisoriamente l’accesso alla pagina all’utente molesto
Social media: buone pratiche per il successo
Social media: Cosa dire e cosa fare
6. Coltivare e crescere la propria rete di
relazione
Stimolare la maggior quantità possibile di meccanismi di networking: con
gli opinion leader, con i consumatori e i loro amici sui social media. Non
esistono molti modi altrettanto efficaci per lavorare sulla brand
awareness in tempo reale
Per ottenere questo obiettivo è sufficiente stringere relazioni, scambiare
contenuti, condividerli in contemporanea, tributare i meriti di iniziative o
anche polemizzare. O più semplicemente, posizionandosi, prendendo
decisioni e avendo cura delle reazioni generate dalle nostre azioni
In questo senso, Facebook è una risorsa chiave: permettere di fare
tutto questo in tempi brevi e in modo pressochè gratuito
Social media: buone pratiche per il successo
Social media: Cosa dire e cosa fare
7. Tutto online, per tutti
Rendere disponibili tutti i contenuti e le informazioni
sull’organizzazione: dalle campagne alle brochure, dagli organigrammi
ai dati (salvo quelli realmente sensibili), bisogna mettere ogni utente
nella condizione di “poterci fare pubblicità” senza complicare i processi
con meccanismi di controllo ed approvazione dall’alto
I flussi di comunicazione sono tali e tanti da impedirne un controllo
metodico e totale, che sarebbe comunque controproducente perché
contrario alle retoriche “orizzontali” di Facebook. Perché, allora, non
delegare i processi di creazione del contenuto alla Rete? Spesso gli
utenti sono più bravi di noi
Social media: buone pratiche per il successo
Social media: Cosa dire e cosa fare
8. Trarre vantaggio sui media tradizionali
Se le condizioni di questa analisi sono soddisfatte per la maggior parte,
usare Facebook e i social network come strumento esplicito di
comunicazione anche sui media tradizionali (manifesti, locandine,
campagne specifiche sostenute da uffici stampa ibridi, online+offline)
Questo principio è ancora più solido nei sistemi mediatici locali, dove
si può approfittare della relativa scarsezza di informazioni “autonome”,
che non provengono da uffici stampa e altre redazioni, per veicolare
contenuti di comunicazione nati sul web e che lì hanno ottenuto un
buon successo, in particolare video e dichiarazioni, mediante
comunicati stampa.
Social media: come costruire contenuti
interessanti
Social media: Come comunicare
1. Costruire un racconto, una storia, una
narrazione
I contenuti, quando coerenti tra loro devono inseguirsi l’un
l’altro nella proposta, nei temi e nello stile di
comunicazione
Devono assecondare l’attualità quando possibile, devono
andare in “alto” e spostarsi sui temi di interesse pubblico
(attualità, dati economici…) quando se ne ha competenza,
devono andare in “basso” e occuparsi delle emozioni e
dei sentimenti delle persone quando il mittente ha
genuinamente empatizzato con questo genere di contesti
Social media: come costruire contenuti
interessanti
Social media: Come comunicare
2. Comunicare tutto in diretta
Il modo migliore per comunicare sui social media è usarlo esattamente
come tutti gli altri. Così come tutti noi aggiorniamo lo status raccontando
episodi della nostra vita, carichiamo le foto di una festa o di un luogo che
ci ha emozionato, allo stesso modo dobbiamo amministrare una pagina.
Se una persona non entra in sintonia con noi, se non gli
comunichiamo umanità ed empatia, il nostro lavoro e quello
dell’organizzazione per cui lavoriamo non basterà a convincerci
La qualità dei contenuti prodotti è meno importante del timing
scelto per proporli. Una foto realizzata con un iPhone e caricata
durante un incontro pubblico è da preferire ad una foto professionale
condivisa a distanza di giorni (per quanto un contenuto non escluda
l’altro)
Social media: come costruire contenuti
interessanti
Social media: Come comunicare
3. Evitare la routine
I contenuti vanno alternati sia per tipologia sia per stile
comunicativo. Anche in questo caso, si tratta di usare Facebook così
come lo usano i nostri interlocutori, il nostro modo di usare lo strumento.
A intervalli di tempo compresi tra i 60 e i 120 minuti la pagina dovrebbe
essere aggiornata. Si può inserire un aggiornamento di stato su un
evento, poi un articolo di giornale, poi una foto del passato, poi un link su
un’attività dell’organizzazione, poi un video Youtube del proprio canale,
poi un aggiornamento di stato sul calcio, e così via
Bisogna offrire di tutto seguendo dei fili logici e narrativi ben riconoscibili
che garantiscono la coerenza dello strumento senza sacrificare
l’eterogeneità dei contributi proposti
Social media: come costruire contenuti
interessanti
Social media: Come comunicare
4. Editare i contenuti
Il successo di un’azione sui social media può dipendere da 30
secondi di lavoro in più. Ogni contenuto può essere personalizzato nel
titolo e nella descrizione e può essere inserito un commento a qualsiasi
contenuto, anche a un link esterno
L’importanza di un lavoro preciso di editing è forse ancora più
determinante per Youtube, dove il titolo e la descrizione sono i primi
elementi che un utente osserva. Inoltre bisogna preparare un
contenuto pensando che questo verrà condiviso da persone
anche molto lontane da noi. Suggeriamo, dunque, di inserire sempre
il nome del mittente nel titolo e sempre i link del sito e di Facebook
all’interno della descrizione
Social media: come costruire contenuti
interessanti
Social media: Come comunicare
5. Comunicare le esclusive
Nel 2008 Obama comunicò il nome del suo candidato vicepresidente
attraverso un SMS agli iscritti alla sua newsletter e solo dopo fece
pervenire la notizia alla stampa. Lo ha fatto per far sentire la propria
comunità parte di un percorso politico e di vita
Dobbiamo fare nostro questo principio: il rapporto con i media tradizionali
è fondamentale, ma chi decide il successo di un progetto, di un
prodotto, di un’organizzazione sono le persone e sono loro il
nostro interlocutore privilegiato. Tutto ciò che può essere condiviso
prima con gli utenti e poi con la stampa (a partire dai racconti in diretta
degli eventi) è da preferire nella scelta dei contenuti da veicolare sui
social media
Social media: come costruire contenuti
interessanti
Social media: Come comunicare
6. Far dialogare vecchi media e nuovi media
Tutti gli interventi sui media tradizionali devono diventare contenuti per il
web. Se si interviene in televisione, l’intervento deve finire su Youtube; se
parla in radio si deve caricare e condividere il contributo audio. I social
media sono come il maiale: non si butta via niente
Questo è vero sia per non disperdere i contenuti, sia perché è possibile
creare affiliazione e condivisione da parte di chi ha visto l’intervento
sui media tradizionali, lo ha trovato convincente, lo vorrebbe condividere
con i suoi amici e, se viene messo nelle condizioni di poterlo fare, si attiva
per farlo conoscere
Social media: come costruire contenuti
interessanti
Social media: Come comunicare
7. Far dialogare nuovi media e vecchi media
La transizione vecchi-nuovi media richiede solo un lavoro redazionale. Il
passaggio inverso, ben più affascinante, non è poi così
impossibile. Spesso i media locali hanno “fame” di storie da raccontare.
Un comunicato stampa ben confezionato, un video corto e di alta qualità,
una curiosità o un aneddoto possono entrare nell’agenda setting dei
giornali e delle TV senza sforzo
Inoltre i social media permettono di testare contenuti video prima che
diventino “ufficiali”. Se il miglior video prodotto durante una
campagna (per visualizzazioni e feedback) è stato prodotto da un
utente/sostenitore, perché non si può immaginare che diventi il
video ufficiale?
Social media: come costruire contenuti
interessanti
Social media: Come comunicare
8. Parlare alle nicchie
La comunità virtuale di sostenitori o di potenziali
interlocutori/utenti/acquirenti è fatta di esperienze diverse, di tante
piccolissime nicchie di pubblico: gli ambientalisti, gli architetti, gli
abitanti del centro, i commercianti, gli sportivi, gli omosessuali, gli
apocalittici e gli integrati
Per questo bisogna sforzarsi di cogliere le occasioni per dire una cosa a
ognuna di queste categorie, seguendo l’attualità o una richiesta esplicita
di attenzione. La gestione del feedback è la chiave del successo della
comunicazione sui social media. Dare feedback a tutti vuol dire
mostrarsi attento agli interessi di tutti, dunque essere credibile
come organizzazione che non vuole limitarsi a messaggi unidirezionali
Social media: come costruire contenuti
interessanti
Social media: Come comunicare
9. Parlare quando c’è gente online
Un aggiornamento di stato illuminante scritto in piena notte rischia di non
essere valorizzato pienamente perché non c’è nessuno online che può
condividerlo in tempo reale e può generare l’effetto palla di neve e il
passaparola anche fuori dalla Rete
Per questo motivo va contemplata l’ipotesi di scrivere una scaletta
quotidiana dei contenuti da condividere per poter gestire tutto e far
uscire i contenuti migliori quando il pubblico potenziale è più ricettivo
Social media: come costruire contenuti
interessanti
Social media: Come comunicare
10. Essere flessibili in caso di crisi
comunicative
Se un contenuto offre lo spunto per critiche e controversie, non è un
immorale proporre in breve tempo (e non aspettare, dunque, la cadenza
canonica di pubblicazione) un altro stimolo per distrarre i fan della pagine
e riattivarli positivamente
Questa regola è valida, al contrario, in caso di intervento comunicativo
particolarmente riuscito. Se un aggiornamento esalta i sostenitori, forse è
il caso di tenerlo in evidenza per più tempo, salvo necessità di caricare
contenuti nuovi perché sono tanti, perché c’è un evento o perché
l’attualità impone un intervento o una correzione di strategia
Ted – Video #3
Dan ArielyAbbiamo il controllo
sulle nostre decisioni?
TED, video #3
http://www.ted.com/talks/lang/ita/dan_ariely_asks_are_we_in_control_of_our_own_decisions.html
L' economista comportamentale Dan Ariely, autore di Irrazionalità Prevedibile (Predictably Irrational), usa classiche illusioni ottiche e le sue scoperte controintuitive (ed a volte scioccanti) per dimostrare che non siamo così razionali come crediamo quando prendiamo le nostre decisioni.
Un secolo lungo quattro anni
Obama, Wikileaks, Piazza Tahrir, referendum:
la storia del mondo unita dalla Rete
Obama e la Rete
La campagna elettorale di Barack Obama, assai più tradizionale nella
pianificazione mezzi di ciò che è stato raccontato in Italia, marca la
sua discontinuità nell’organizzazione del lavoro rispetto a
qualsiasi campagna elettorale del passato
i social media, gli strumenti inseriti all’interno del cappello
concettuale del cosiddetto web 2.0 (Facebook, Twitter e Youtube su
tutti, oltre al sito www.barackobama.com che era un social network
a sua volta) sono stati utilizzati in modo esplicito, coraggioso,
disinvolto, strategicamente rilevante
Un eccesso di attenzione sull’idea di Obama “Presidente 2.0” ha
portato a sottovalutare le conseguenze organizzative di questo
cambio di paradigma
Obama e la Rete
Un comitato elettorale orientato alla comunicazione, all’ascolto e al
feedback sui nuovi media richiede una quantità di risorse umane
ingenti, profili professionali difficilmente reperibili (giovane,
nativo digitale, appassionato di politica, non a digiuno di economia e
marketing, esperto di cultura pop, capace di lavorare sotto
pressione, poco propenso alla polemica)
Perché ciò fosse possibile, quindi, si è stabilito un budget cospicuo
da dedicare a questa area di lavoro che, per certi versi, assomiglia a
un settore Ricerca e Sviluppo di un’azienda. Nella campagna di
Obama la sezione web e nuovi media era animata da 100 persone,
tra collaboratori retribuiti e risorse volontarie. Chi, in Italia, oggi,
dedicherebbe tutto questo sforzo per un risultato analogo?
Wikileaks e la Rete
La storia di Wikileaks ci insegna che esistono infrastrutture e
prassi che permettono a chiunque di offrire contenuti
anonimi a un centro di calcolo che può analizzarlo, verificarlo
e pubblicarlo
Forse non sapremo mai se dietro Julian Assange ci siano finanziatori
occulti, poteri o contropoteri: siamo però certi che i cittadini di tutto
il mondo, attraverso un’adeguata formazione e in presenza di un
insieme di condizioni contemporanee (autonomia finanziaria,
competenze giornalistiche e informatiche, capacità di protezione dei
dati personali e delle identità delle fonti) potranno organizzare dei
Wikileaks ‘civili’, su scala territoriale anche molto più piccola
La Primavera Araba e la Rete
Le rivoluzioni arabe, i cui risultati politici sono ancora in via di
maturazione, hanno avuto un comune innesco che, a prescindere
degli esiti conclusivi della Primavera del Nord Africa, rappresentano
un nuovo standard per la costruzione di alternative civiche e
politiche a sistemi politici al governo, democratici o autoritari
che siano. Assistiamo infatti alla comparsa di nuove variabili sulla
scena civica mondiale:
1. il ritorno preponderante dei giovani all’interno dei
processi di cambiamento politico, specie laddove l’obiettivo sia
colpire il cuore dello status quo al fine di modificare alcune norme
basilari della vita politica;
La Primavera Araba e la Rete
2. L’alfabetizzazione matura all’uso dei nuovi media da parte
dei principali protagonisti di questo movimento, spesso
guidato da nativi digitali (ossia da under35): i leader politici hanno
dimostrato di saper utilizzare perfettamente Facebook e Twitter per
innescare campagne virali, impossibili da monitorare e soffocare (e
molto difficili da censurare) e come supporto ai processi
organizzativi;
3. una nuova idea di rivoluzione, che non è di parte bensì a-
ideologica: non è laica né cattolica, non è musulmana né cristiana,
non è moderata né radicale, non è giovane né vecchia, non è povera
né ricca, non è di destra né di sinistra. Questo movimento ha liberato
nuovo capitale sociale, forse sopito per la difficoltà di libera
espressione, forse nato addirittura grazie alla Primavera araba,
sicuramente motore di un processo di cambiamento irreversibile nei
rapporti tra potere, consenso e rappresentanza
I referendum e la Rete
Oggi l’Italia si narra in modo molto diverso rispetto a soli sei mesi fa:
il vento delle amministrative, il disastro di Fukushima, una nuova
consapevolezza collettiva per la difesa dei beni comuni, le divisioni
della compagine di Governo e il sentimento generalizzato di paralisi
istituzionale hanno portato alla creazione di un nuovo sentimento
che oggi fa guardare al futuro con maggiore fiducia, consapevole
che la sensazione di soffocamento mediatico può essere
attenuata dalla comunicazione tra pari, allo scambio di
prassi, informazioni e metodi che solo i nuovi media possono
garantire
Pare essersi creato un nuovo blocco sociale, meno sensibile alle
appartenenze politiche e unito, non si sa quanto stabilmente, da
una comune insofferenza verso le istituzioni
Amministrative 2011
I perché di una campagna elettorale
storica
Amministrative 2011
Cosa ricorderemo di queste elezioni Amministrative?
Se la risposta è:
#morattiquotes#sucateRed RonnieSatira politica
Vuol dire che la comunicazione politica italiana è cambiata in modo irreversibile
Verso la comunicazione politica generativa
I processi comunicativi di maggior successo di questa campagna elettorale sono nati:
In rete, in particolare, su Twitter. Poi sono diventate notizie e sono finiti sui mezzi tradizionali;
Grazie agli utenti e non nei comitati elettorali o nei partiti (che nel caso di Pisapia e De Magistris sono stati bravi a riprendere e valorizzare i processi spontanei)
Non necessariamente nelle città dove si andava a votare: alla campagna elettorale ha partecipato tutta l’Italia. Come voleva Berlusconi, ma per la prima volta con effetti per lui nefasti
A costo zero
Quasi mai grazie al lavoro di attivisti politici “puri”
Verso la comunicazione politica generativa
Per queste ragioni le campagne elettorali cambieranno irreversibilmente, in presenza di queste variabili:
- Entusiasmo attorno alla candidatura;- Utilizzo esplicito della Rete come strumento di attivazione e organizzazione dei sostenitori;- Ascolto e feedback sistematico delle istanze degli utenti (sia per la costruzione del programma che per creatività e scelte di comunicazione) il web visto non come raccatta-voti, ma come elemento di costruzione di senso di comunità
In presenza di queste condizioni, cambia anche il ruolo di chi lavora alle campagne elettorali
La nuova comunicazione politica: da spin doctor a
ricercatoriI manager di campagna elettorale, i consulenti, i ghost writer, i creativi non dovranno più basare le loro scelte sulla base di precedenti esperienze, di intuito o attraverso presunte doti sciamaniche
Le campagne saranno guidate dai dati, prodotti ogni giorno e in grande quantità dagli utenti della Rete che non faranno altro che continuare la loro attività di aggiornamento e condivisione dei contenuti
Più che scrivere e pensare sarà importante leggere e interpretare
La variabile decisiva (e non esistente fino a 10 anni fa) è la possibilità degli utenti di utilizzare il surplus cognitivo
I nuovi comunicatori politici: tutti
Saltano alcuni schemi classici dell’impegno politico
- Per fare (comunicazione) politica bisogna essere esperti di politica
- Per fare politica bisogna stare nei partiti o nelle associazioni
- Per fare politica bisogna partecipare alle riunioni (magari fissate in orario d’ufficio, dunque inaccessibili)
- Per fare politica bisogna assecondare i ritmi della politica
- Il consenso è regolato solo dai mezzi tradizionali
I nuovi comunicatori politici: tutti
Si fanno strada nuovi paradigmi
- Si può fare (comunicazione) politica anche con un tweet;
- Si fa politica scegliendo lo strumento più adatto alle proprie attitudini;
- Si fa politica a qualsiasi ora del giorno;
- Si fa politica quando si ha un minuto libero;
- Si fa politica anche parlando di altro, o usando altri linguaggi (la satira, ad esempio)
Ma il web sostituirà la TV?
Non è necessario
Ogni programma sarà oggetto di una narrazione parallela sul web. Questo è già molto visibile nei programmi di approfondimento politico (Annozero, Ballarò, Exit) e nelle trasmissioni di maggior successo (Vieni via con me, Festival di Sanremo), seguiti con dirette su siti, blog, Facebook e Twitter
Ogni diretta porta alla produzione di tantissimi contenuti, specie qualitativi, sui programmi: cosa piace, cosa no, cosa può essere migliorato (i social media come Auditel qualitativo?)
La diretta web è un’evoluzione (o involuzione, a seconda dei gusti) della visione della TV a casa con la famiglia e con gli amici: l’esperienza di visione è più ricca ed emozionante
Non più web versus tv, ma tv più web
Il web, dunque, permette agli spettatori di analizzare ciò che accade in televisione, di valutarne l’attendibilità e di aumentare il valore dell’esperienza in termini di informazioni acquisite e divertimento
Il web, inoltre, permette di vedere la TV senza vederla. Non è più necessario essere davanti al televisore per seguire un programma, se quest’ultimo è oggetto di una diretta web
Queste opportunità, però, sono parimenti a portata di mano
per chi costruisce programmi televisivi
I dati possono entrare nel programma: sovraimpressione di tweets, infografiche in tempo reale su ciò che è detto in diretta, feedback della Rete con possibili colpi di scena
Da politica pop a pop politico
I programmi cosidetti di ‘infotainment’, ritenuti da molti alla base dei modelli di costruzione del consenso di Silvio Berlusconi, sembrano i format ideali per ospitare questa nuova integrazione crossmediale tra vecchi e nuovi mezzi
Un politico sbugiardato in diretta o una grandissima approvazione della Rete in seguito a un botta e risposta può regolare l’andamento del programma, rendendolo potenzialmente più spettacolare e certamente imprevedibile
Questo potrebbe portare a una nuova stagione dell’informazione politica, ancora più soft e legata all’intrattenimento ma non per questo meno ricca di contenuti e approfondimento
Se tutto è politica, quest’ultima entra nelle vite quotidiani di ognuno: è dunque ‘pop’ (nell’accezione classica del termine, popular)
Berlusconi e l’obbligo del web
Per tutte queste ragioni il controllo diretto o politico delle televisioni, per Silvio Berlusconi, non è più sufficiente
I metodi e i linguaggi della televisione non potranno essere replicati in modo acritico sui nuovi media, che hanno logiche assai differenti e hanno una capacità di memoria sicuramente più alta dell’opinione pubblica tradizionale. Serviranno nuovi codici, nuovi linguaggi, nuova pianificazione: non basta copiare modelli di marketing già di successo altrove
Letizia Moratti, fino al ballottaggio, non aveva comunicato in modo professionale sui nuovi media. Dopo il ballottaggio ha impostato una campagna elettorale “di prodotto”, come se il suo profilo identitario non esistesse, come se non fosse conosciuta
Dalle auto coi vetri oscurati a Foursquare: un grave errore di comunicazione
Referendum 2011
Cambia il vento, Internet produce
energia rinnovabile
Habemus quorum, come mai?
Il Referendum 2011 rappresenta un ulteriore caso di studio per la comunicazione politica italiana
Partiti in sordina e senza adeguata copertura comunicativa sui mezzi tradizionali (in particolare di servizio pubblico), i comitati e i gruppi di attivazione sono stati aiutati dal contributo spontaneo, caoticamente organizzato e virale degli elettori
Facebook è diventato strumento di autocomunicazione di massa: i ‘produttori’ e ‘consumatori’ di informazione hanno convissuto nello stesso ecosistema mediale
Alcuni dati per l’analisi: Atlante Politico Demos-Demetra (Link al sondaggio completo) del 27 giugno 2011
1. Referendum, motivazioni al voto
1. Referendum, motivazioni al voto
Il solo voto motivato dai quesiti sarebbe potuto non essere sufficiente per raggiungere il quorum
La volontà di dare un segnale al Governo non è stata esclusiva nell’area del centrosinistra (il 43% dell’elettorato della Lega, partito che ha espresso il voto più ‘politico’)
I segnali al Governo sono di tre tipi:- Manifestare distanza dal programma di Governo su questi temi;- Manifestare distanza dalla strategia del Governo sul referendum (astensione);- Criticare l’operato del Governo nel suo complesso
2. Referendum, il quesito più importante
2. Referendum, il quesito più importante
Il nucleare (e i fatti di attualità legati al quesito) ha certamente favorito il raggiungimento del quorum
Il secondo quesito sull’acqua (profitti) è stato trainato dal primo (privatizzazione): gli italiani hanno votato sì a entrambi senza approfondimento
Un italiano su otto ha ritenuto il legittimo impedimento più motivante del nucleare e dell’acqua, uno su cinque ha messo i quesiti alla pari
La combinazione dei tre temi (acqua + nucleare + legittimo impedimento) ha reso possibile il raggiungimento del quorum: due temi, forse, non sarebbero bastati
3. Il ruolo del passaparola
3. Il ruolo del passaparolaUna campagna non massificata: metà dell’elettorato attivo/persuasivo ha agito in modo personalizzato e su cerchie ristrette, meno del 10% ha usato volantini o animato banchetti
Una campagna portaUsb-a-porta: Internet non ha prodotto direttamente opinione, ma ha fornito gli strumenti informativi per attivare un passaparola maturo e consapevole
Internet è stato decisivo, ma (come sempre) non come agente attivo di cambiamento; piuttosto come strumento di formazione e organizzazione, come elemento di potenziamento di un sentimento già condiviso tra gli italiani
4. I nuovi influencer
4. I nuovi influencerGli attivisti referendari sono in gran parte ‘nuovi’, persone che non si erano mai attivate in campagna elettorale
Il 90% di questa nuova attivazione (leggera + reticolare) è legata alla presenza del web sulla scena mediatica. Senza Internet, in molti non avrebbero fatto campagna
Il 9% dell’elettorato complessivo (il 16% di elettori attivi al referendum) ha contribuito in modo decisivo al successo della campagna. È una èlite o è la prima campagna partecipata?
L’attivazione ‘leggera’ è ‘pesante’ a livello elettorale
5. I giovani tornano in politica
5. I giovani tornano in politica
I giovani attivisti sono raddoppiati (dal 16% al 32%)
Crescono le donne e i laureati, diminuisce l’impatto politico dell’appartenenza
Il 10% degli attivisti produce, filtra e sintetizza informazione per iI restante 90%, che se la scambia in modo leggero e reticolare: la coda lunga della militanza
Laureati + giovani = attivazione su Internet, decisiva per la vittoria. Il web è la causa o la conseguenza dell’attivazione? Sono laureato, dunque faccio opinione sul web, o il web dà voce a chi prima non ce l’aveva?
Habemus quorum, come mai?
In sintesi:
1.Il raggiungimento del quorum è figlio di una combinazione di fattori, tutti necessari e nessuno sufficiente2.I fattori più importanti sono: tipologia di quesiti, ruolo del web, nuove possibilità per nuove fasce di attivisti attraverso una partecipazione leggera;3.Il ruolo dei partiti appare marginale e lo sarà anche in futuro, se non accetteranno di entrare nel flusso ‘leggero’ e ‘colto’ della comunicazione politica virale4.I social media e il passaparola hanno aggirato la televisione e hanno portato le informazioni a tutti
Qual è lo stato di salute
dell’informazione online?
Otto storie per trenta sfide
all’opinione pubblica
Storia #1
Le anticipazioni via Twitter:Michele Emiliano
e l’incontro col governo
Emiliano, Monti e Twitter: scenario
4 dicembre 2011: Il Governo convoca gli amministratori
locali per raccontare i dettagli della manovra salva-Italia
Michele Emiliano, sindaco di Bari, decide di raccontare i
contenuti dell’incontro con Mario Monti e con i ministri
Giarda e Passera su Twitter e in diretta
Le sue anticipazioni non sono concordate con gli altri
partecipanti e sono la prima fonte informativa
pubblica
Stampa e tv rilanciano i tweets di Emiliano come ‘breaking
news’
Emiliano, Monti e Twitter
Articolo originale: http://www.ilpost.it/2011/12/04/il-punto-sulla-
manovra/
Emiliano, Monti e Twitter:Sfida #1
Al Governo: le notizie emergono prima di appuntamenti ufficiali tra
politica e media (conferenze stampa, comunicati stampa). Monti non ha
fatto alcun riferimento a Emiliano durante la presentazione delle misure,
ma Palazzo Chigi ha dovuto pubblicare un comunicato stampa nel
pomeriggio di domenica per riprendere il controllo della comunicazione e
commentare che ogni indiscrezione è priva di fondamento. Interruzione
della liturgia classica dell’informazione
Sarà interessante, da oggi in poi, comprendere il comportamento del
Governo rispetto alla pubblicazione (in diretta) di contenuti
provenienti dalle riunioni in modo indipendente dalla propria volontà
Emiliano, Monti e Twitter:Sfida #2
Agli altri politici: la strategia di Emiliano obbliga tutti gli altri
protagonisti della vita pubblica a riflettere sul loro stile di
comunicazione
Chi non comunicherà in diretta coi cittadini attraverso Facebook o
Twitter apparirà vecchio o, peggio ancora, poco disposto ad
aprire le porte del Palazzo
E poi c’è la sfida del consenso: i politici che studieranno gli
straordinari dati di Emiliano di ieri (citato costantemente in tutte le
cronache in diretta sui media nazionali) saranno tentati dall’idea di
fare lo stesso e ottenere risultati analoghi. Successo personale di
Emiliano: i followers su Twitter sono triplicati (da 2000 a 6000)
durante quel pomeriggio
Emiliano, Monti e Twitter:Sfida #3
Ai giornalisti: la reazione dei media alla diretta di Emiliano è
stata generalmente di due tipi. C’è chi ha elogiato Emiliano per il suo
puntuale (ed esclusivo) racconto della giornata e c’è chi, invece, ha
criticato questo tipo di comunicazione
Stiamo assistendo alla realizzazione pratica della coda lunga
dell’informazione: le fonti sono sempre di più e il potere dei grandi
attori della comunicazione, soprattutto nel dare le notizie in
anteprima, è sempre minore
Fine del monopolio informativo dei media: tutti i presenti
possono comunicare. I media non hanno più, dunque, la possibilità di
dare le notizie in esclusiva e sono dunque meno utili rispetto al
passato
Emiliano, Monti e Twitter:Sfida #4
A se stesso: è la sfida che è emersa meno nelle analisi, ma è la più
profonda
Il sindaco di Bari ha recitato il ruolo di politico in posizione
gerarchicamente inferiore ai suoi interlocutori. Ma è pur sempre il
sindaco di Bari, che deve condurre numerose riunioni quotidiane in
posizione di leadership
Come reagirà quando saranno i suoi assessori, i componenti del suo
partito, i consiglieri comunali di opposizione, gli stakeholder, i comuni
cittadini a far trapelare notizie all’esterno senza la sua autorizzazione e
volontà?
Storia #2
La primavera araba raccontata nel mondo
La primavera araba: scenario
Il 2011 sarà ricordato per la esplosione di rivoluzioni
popolari negli stati del Nord Africa governati fino a quel
momento da dittature (Tunisia, Egitto, Libia)
La particolare specificità della leadership di queste proteste
(giovani, ‘nativi digitali’, alfabetizzati) ha permesso alle
rivoluzioni “locali” di diventare racconto globale
I social media, Twitter in particolare, sono stati centrali nel
racconto delle rivoluzioni. I flussi di comunicazione sono stati
regolati da utenti-hub, nodi in ogni nazione che verificavano
e divulgavano le notizie
La primavera araba in un sito
Il sito-hub italiano: Year in hashtag
www.yearinhashtag.com
La primavera araba:Sfida #1
Agli utenti che comunicano: la necessità di
condivisione nasce per un naturale istinto alla
comunicazione di un momento storico, ma esiste anche
una componente di sfida ai regimi dittatoriali
I social media servono ad aggirare la censura e a
veicolare le notizie alla comunità internazionale
La responsabilità individuale di ogni
utente/informatore (verità, qualità, precisione) in
momento di crisi politica è un tema decisivo anche nel
dibattito pubblico democratico
La primavera araba:Sfida #2
Agli utenti che leggono e rilanciano: come riconoscere
una fonte verosimile da una inverosimile? E come
riconoscere un aggiornamento completo di una fonte
verosimile da un aggiornamento incompleto?
I social media sono i luoghi dell’autorevolezza: se un utente
fa circolare notizie vere, è ascoltato. Se sbaglia, paga
immediatamente
La verifica precisa e rigorosa delle fonti (talvolta a
discapito della velocità di aggiornamento) è dunque cruciale
per chi fa informazione online
La primavera araba:Sfida #3
Ai giornalisti tradizionali: nell’intricata trama della
produzione di aggiornamenti in tempo reale e dell’effetto di
propagazione online degli utenti-hub, il giornalista ha davanti
a sé due problemi. Deve riconoscere ‘le notizie’ e deve
saperlo fare prima degli altri
Se arrivare prima degli altri online rappresenta un sicuro
vantaggio in termini di autorevolezza all’interno delle proprie
reti di relazioni, arrivare prima degli altri media rappresenta,
per un giornalista, la possibilità di creare un’opportunità di
successo per il proprio editore
La primavera araba:Sfida #4
Ai sistemi politici: qual è il comportamento che un regime
deve adottare per contrastare una rivoluzione? Censura,
contropropaganda, arresti selettivi, delegittimazione pubblica
degli influencers: un errore può essere fatale per chi è al
potere
Se nei regimi queste dinamiche sono esasperate, non si può
pensare che i sistemi democratici siano esenti da questo tipo
di sfide: una lettura costante, serena e critica
dell’attivazione generata dagli utenti online può scongiurare
crisi comunicative, proteste o campagne di informazione
difficili da gestire una volta avviate
Storia #3
Integrazione Tv + web + diretta
Servizio pubblico vs Piazzapulita
Integrazione tv + web: scenarioI programmi televisivi in diretta possono essere arricchiti
evocando il contributo del pubblico e inserendolo all’interno
del format
Al momento esistono due tipi di strategie crossmediali nella tv
italiana: il modello interattivo e il modello descrittivo
Servizio Pubblico (interattivo): domande poste in diretta, gli
utenti sono chiamati a rispondere attraverso i social media. Gli
esiti sono poi comunicati e fanno parte della costruzione
narrativa del programma
Piazzapulita (descrittivo): l’attivazione sui social media è un
‘commento costante’, in sottopancia. Non c’è interazione diretta
col programma
Modello interattivo: Servizio Pubblico
Fanpage Facebook del programma:
www.facebook.com/serviziopubblico
Modello descrittivo: PiazzaPulita
Account Twitter del programma:
www.twitter.com/piazzapulita
Integrazione tv + web:Sfida #1
Alle redazioni
Modello interattivo: come scegliere le domande più
opportune? Meglio porre questioni a cui il pubblico vuole
rispondere (in modo plebiscitario) o è più spettacolare
provare a dividere l’elettorato?
Meglio usare le domande come elemento identitario o come
componente imprevedibile di complessità all’interno di una
puntata in diretta?
Modello descrittivo: come scegliere gli aggiornamenti da
mostrare in pubblico? È più importante il mittente o il
messaggio? Ed è meglio mostrare commenti positivi o
negativi? E quale sarà la reazione dei protagonisti in studio
davanti a questo costante feedback pubblico?
Integrazione tv + web:Sfida #2
Agli ospiti
Modello interattivo: l’ospite può giocare un ruolo
attivo e provare a modificare il contesto del web
aggiornando in prima persona i social media durante la
trasmissione o può semplicemente commentare i dati
Modello descrittivo: un ospite può monitorare in
diretta il feedback e può intervenire ribattendo
online. Questo può modificare la percezione generale
della sua presenza in tv. E questo, indirettamente, può
condizionare ciò che il pubblico televisivo vede attraverso
la sovraimpressione. In alternativa ‘subisce’ ciò che
accade online
Integrazione tv + web:Sfida #3
Agli autori televisivi
Modello interattivo: l’impatto del pubblico può essere
integrato a più livelli e con diversi livelli di protagonismo.
Teoricamente ci si può collegare con il pubblico durante la
diretta creando un’integrazione perfetta tra chi guarda la
tv e chi la fa
Modello descrittivo: per il momento abbiamo visto solo il
rilancio di aggiornamenti da parte del pubblico. In futuro
potremmo assistere a operazioni di fact-checking
(verifica dell’attendibilità di ciò che un ospite dice: si saprà
in diretta se dice il vero o il falso)
Storia #4
Dal post alle dimissioni:I casi Nomfup e Giuseppe
Ripa
Dal post alle dimissioni: scenarioL’inchiesta giornalistica che mette in imbarazzo il potente non
è certo una novità di Internet. La differenza rispetto al
passato è che oggi chiunque, in qualsiasi momento, può
avere gli strumenti per trovare la notizia, diffonderla e
trasformarla in un caso
14 ottobre 2011: il ministro della difesa inglese Liam Fox si
dimette per aver portato un suo amico in visite di stato a
spese pubbliche. La prova è in un video su Youtube che il
giornalista Filippo Sensi rilancia su Nomfup, il suo blog
9 gennaio 2012: l’assessore alla mobilità del Comune di
Lecce Giuseppe Ripa si dimette dopo aver insultato
Vendola. La notizia è rilanciata da un altro politico: Loredana
Capone
Dal post alle dimissioni: Nomfup
Esplode il caso Nomfup-Liam Fox:
un articolo del Corriere della Sera
Dal post alle dimissioni: Giuseppe Ripa
Loredana Capone rilancia Giuseppe Ripa:
Screenshot sulla pagina Facebook
Dal post alle dimissioni:Sfida #1
Ai personaggi pubblici: tutto ciò che è pubblicato è
potenzialmente condivisibile. E non sempre si può
verificare chi pubblica cosa, chi coglie un comportamento non
conforme di un personaggio e decide di mostrarlo
pubblicamente
Se fino a qualche anno fa uno scandalo non poteva che
passare dai mezzi di comunicazione tradizionali, oggi la
minaccia può essere imprevedibile
Uno scoop, inoltre, può essere tale anche a diversi mesi di
distanza (i video scoperti da Nomfup erano su Youtube da fine
2010)
Dal post alle dimissioni:Sfida #2
Agli utenti: chiunque può essere portatore di uno
scoop. E se sa usare bene i social media, o gode già di
autorevolezza personale, può scatenare un passaparola
che poi ‘esonda’ sui mezzi tradizionali, rendendo
inevitabile la discussione pubblica della notizia
Tutti possono inchiodare un personaggio pubblico
alle proprie responsabilità e possono trasformare una
segnalazione (anche non realizzata con scopi di denuncia)
in un caso mediatico
Fine del monopolio ‘scandalistico’ dei mezzi tradizionali
Dal post alle dimissioni:Sfida #3
Ai mezzi tradizionali: una denuncia sul web è la base di
partenza, ma può non essere sufficiente per portare a
un’assunzione di responsabilità davanti alla collettività
La notizia può essere presente sul web, può non emergere
perché l’utente non è sufficientemente conosciuto e ha
bisogno di intercettare il lavoro di ricerca e di analisi da
parte dei giornalisti per conquistare lo spazio che si merita
Come per la primavera araba, il giornalista si confronta
con un nuovo sistema ipercompetitivo di ricerca delle
fonti
Dal post alle dimissioni:Sfida #4
Agli avversari politici: Giuseppe Ripa è stato obbligato alle
dimissioni anche perché il passaparola è partito da una sua
diretta concorrente
In campagna elettorale questo comportamento di verifica e
analisi dell’avversario rappresenta sempre più una
disciplina separata, che può contribuire in pochissimo tempo
sulla crescita o la perdita di credibilità pubblica
Per queste ragioni un personaggio politico è ancora di
più soggetto a rischio per i suoi comportamenti
(apparentemente) privati
Storia #5
Tanto rumore per nulla:SpiderTruman e
VaticanoPagaciTu
SpiderTruman e VaticanoPagaciTu:
scenarioQuest’estate l’opinione pubblica italiana si è confrontata con due
temi: i costi della politica e il pagamento dell’Ici da parte della
Chiesa (attualmente non prevista, neanche per le strutture a
prevalente finalità commerciali)
In entrambi i casi sono nate due pagine Facebook oggetto di
grande interesse da parte dei media e degli utenti:
16 luglio 2011: un anonimo precario dal nome di fantasia
‘SpiderTruman’ apre una pagina in cui annuncia di voler rivelare “i
segreti della Casta di Montecitorio”
20 agosto 2011: su Facebook nasce una pagina ‘collettiva’ dal
titolo ‘VaticanoPagaciTu’ (la manovra finanziaria)
SpiderTruman
I segreti della casta di Montecitorio:
Pagina Facebook ufficiale
VaticanoPagaciTu
Vaticano Pagaci Tu la manovra finanziaria:
Pagina Facebook ufficiale
SpiderTruman e VaticanoPagaciTu: Sfida #1
Agli utenti: ma chi c’è dietro queste proteste? In entrambi i casi la
reale identità dei promotori non è mai stata svelata ufficialmente, né
è stato chiaro il rapporto tra la partecipazione popolare e la strategia
adottata dai promotori
Entrambe le proteste sono fallite: i costi della politica sono stati
ridotti in minima parte dal Governo Monti, che attualmente non ha
ancora riformato i meccanismi di contribuzione della Chiesa
Un’identità anonima (o addirittura falsa, come per SpiderTruman)
non favorisce le proteste ed è scorretta: gli utenti mettono il loro
nome e la loro faccia e devono pretendere lo stesso da chi chiede
un’attivazione
SpiderTruman e VaticanoPagaciTu: Sfida #2
Ai media: tutti i giornali hanno dato grande spazio alle proteste
prima che diventassero straordinariamente popolari. Questa
attenzione ha alimentato il circolo di visibilità online-offline-online
senza il quale le due pagine Facebook non sarebbero state così
popolari
Ma i giornali non hanno verificato l’identità dei promotori delle
due campagne. Nel caso di SpiderTruman si è creduto all’esistenza
di un precario in Parlamento (ipotesi poi smentita) che fu definito il
“Julian Assange italiano”
Il fallimento delle campagne alimenta un altro circolo: i media
perdono credibilità perché “abboccano”, allo stesso tempo Internet è
percepito dall’opinione pubblica come il luogo delle bufale
SpiderTruman e VaticanoPagaciTu: Sfida #3
A chi fa attivismo online: queste due grandi storie hanno
restituito un’idea stereotipata del “popolo del web”, spesso
promossa dagli editori dei mezzi tradizionali
Nel racconto che spesso viene promosso su giornali e tv, la Rete è
capace solo di mobilitarsi in modo violento e contro qualcosa. Questi
due episodi sono una buona prova di questa tesi. Ciò penalizza chi
invece protesta quotidianamente, portando all’attenzione dati,
argomenti e identità chiare perché questi movimenti rischiano di
essere presi sempre meno sul serio
Chi protesta davvero deve opporsi, in futuro, a progetti come quelli
di SpiderTruman e VaticanoPagaciTu
SpiderTruman e VaticanoPagaciTu: Sfida #4
Alle forze politiche: la creazione di mobilitazioni rapide, “senza
volto” e indirizzate contro un nemico generico (i politici, la Chiesa)
emergono con più facilità se i leader e i partiti non sono in
grado di intercettare le legittime domande di cambiamento e
di riforma della cittadinanza
Se nessuno si fa carico della rabbia, è più facile che i cittadini si
affidino a chiunque si trova a sposare una propria idea, anche se
espressa in modo confuso e anche se la protesta non porta ad alcun
risultato (perché anonima e senza collegamenti coi decisori). Spesso
questa attivazione è definita genericamente ‘antipolitica’, in realtà
è una richiesta frustrata di politica la cui violenza crescerà quanto
più i partiti ignoreranno le origini di queste proteste
Ted – Video #4
Julian Assange: Perché il mondo ha
bisogno di Wikileaks
TED, video #3
http://www.ted.com/talks/lang/ita/julian_assange_why_the_world_needs_wikileaks.html
Il discusso sito Wikileaks raccoglie e pubblica video e documenti estremamente riservati. Il fondatore Julien Assange, che si dice le autorità statunitensi vogliano trovare per porgli alcune domande, conversa con Chris Anderson sulle modalità operative del sito, i risultati raggiunti e le sue motivazioni personali. L'intervista comprende filmati dal contenuto molto forte di una recente incursione aerea statunitense su Baghdad.
Storia #6
L’esercito delle opinioniI casi Huffington Post
e Fatto Quotidiano
L’esercito delle opinioni: scenario
La blogosfera italiana sta conoscendo una seconda giovinezza. Dopo anni
in cui si è ritenuto che i social media avrebbero sostituito i blog come
strumento di comunicazione del sé, i blog hanno spesso cambiato la loro
natura, trasformandosi in uno spazio in cui giornalisti, personaggi pubblici
e cittadini esprimono le loro opinioni su fatti di attualità o
conducono attività di informazione specialistica
L’accumulo di blog di opinione è diventato un modello di business
digitale negli Stati Uniti con l’Huffington Post. In Italia il modello più
simile è quello promosso dal Fatto Quotidiano
Huffington Post
Huffington Post:
Sito Internet
Huffington Post
Fatto Quotidiano:
Sito Internet
L’esercito delle opinioni: Sfida #1
Agli editori: i blogger, quasi sempre, scrivono gratuitamente per
queste testate online. Quanto più i giornali sono letti e popolari,
tanto più la transazione ‘gratuità in cambio di visibilità’ è
ritenuto conveniente per entrambe le parti (editore e blogger)
In un contesto simile, quali sono le strategie giuste per scegliere
i blogger? È meglio un semplice accumulo quantitativo o è
preferibile puntare sulla qualità? Il criterio di scelta è la semplice
somma dei click e delle visualizzazioni o bisogna preservare una
linea editoriale? In un contesto di gratuità per tutti, come è possibile
strappare i blogger migliori alla concorrenza?
L’esercito delle opinioni: Sfida #2Ai giornalisti: i giornalisti retribuiti nelle redazioni si trovano
improvvisamente a dover sfidare una concorrenza informativa
molto forte. I blogger sono tanti e lavorano su una tale quantità e
qualità di stimoli da poter gestire una quantità di informazioni
almeno pari a ciò che può essere prodotto nelle redazioni
I giornalisti, inoltre, sono obbligati a mantenersi all’interno dei propri
settori di riferimento mentre i blogger scrivono ciò che vogliono,
quando vogliono (a meno che non siano vincolati a specifiche linee
editoriali)
Come resistere alla competizione? E soprattutto ha senso che i
giornalisti e i blogger si sentano tra loro in competizione? O
sono due forme antropologicamente diverse di fare informazione?
L’esercito delle opinioni: Sfida #3Ai lettori: la quantità di informazioni è profondamente aumentata
in questi ultimi anni. A questa crescita non coincide necessariamente
un aumento della qualità percepita
Se i giornali rappresentano sempre un baluardo (minimo) della
qualità dell’informazione e della verifica delle fonti, lo stesso non
si può dire dei blogger, almeno in linea generale
Allo stesso tempo i blogger hanno spesso meno vincoli delle
redazioni e degli editori, per cui la guerra della verità è aperta e
difficilmente vedrà qualcuno vincere su qualcun altro
Ai lettori il compito non facile di scegliersi le fonti qualitativamente
migliori
L’esercito delle opinioni: Sfida #4
Ai cittadini: fino a dieci anni fa era impossibile informare
senza che un editore (o ingenti mezzi economici propri) mettesse
una persona (giornalista o meno) nelle condizioni di farlo
Oggi invece questa barriera non esiste più. Chiunque può aprire
un blog, dire la propria, utilizzare i social media per far leggere i post
ai propri amici, conoscenti, alla ricerca del passaparola e
dall’allargamento della base dei lettori
Questa barriera, però, è stata abbattuta per tutti: questo è un
incentivo alla partecipazione (è facile) o un disincentivo (è inutile,
perché è impossibile emergere?)
Storia #7
Le dirette collettive:#opencamera
Le dirette collettive: scenario
Il grado di interazione tra protagonisti della scena pubblica e ‘spettatori’
conosce livelli sempre crescenti anche in contesti apparentemente poco
permeabili
Un esempio di questa integrazione possibile è il caso di #opencamera,
una lista di Twitter creata da Andrea Sarubbi, deputato del Pd.
OpenCamera è un hashtag (codice di Twitter per indicare un argomento)
che serve ai parlamentari per informare e ai cittadini per informarsi
Il principio è lo stesso che regola i rapporti tra dirette televisive e
interazione del pubblico, con la differenza che potenzialmente si può
contribuire al miglioramento del processo legislativo
L’hashtag #opencamera
Opencamera:
OpenCamera su Twitter
Le dirette collettive: Sfida #1
Ai politici: chi c’è si vede, chi non c’è perde un’occasione. Per
ascoltare i cittadini, per cercare consenso, per dialogare con gli altri
parlamentari, per creare storie buone anche per la stampa e i mezzi
tradizionali
L’effetto di trascinamento è già avvenuto: molti politici si sono iscritti
a Twitter, alcuni di loro solo per poter far parte della piazza virtuale
di #opencamera. Non tutti dialogano tra loro, alcuni riproducono il
formato classico dei comunicati stampa (in 140 caratteri)
Ma cosa succederà quando tutti i parlamentari dialogheranno tra
loro o utilizzeranno i commenti dei cittadini all’interno della
discussione?
Le dirette collettive: Sfida #2
Agli staff dei politici: l’opera di verifica, monitoraggio, rinvio della
discussione su altri strumenti o con altre scelte (dal web al
comunicato stampa; dal dibattito pubblico a Facebook) può essere
possibile ed efficace solo se gli staff di supporto dei politici
effettuano un corretto monitoraggio delle discussioni e dei
commenti, sia degli altri politici che dei cittadini
OpenCamera non è solo un banco di prova (e un’occasione) per i
politici, ma anche un terreno insidioso perché ogni dichiarazione,
anche se in risposta a un singolo cittadino, è pubblica, dunque
pubblicabile, dunque potenzialmente esplosiva, sia in senso positivo
che in senso negativo. Gli staff web dei politici, per queste ragioni,
sono come i soldati di prima linea in guerra, nel bene e nel male
Le dirette collettive: Sfida #3
Ai giornalisti: le notizie politiche possono essere prodotte e cercate
su Twitter e su #opencamera. Questo vale sia per le breaking news,
sulle anticipazioni che passano prima dai profili personali dei
Parlamentari e poi sulle agenzie di stampa, sia per notizie che
‘nascono’ su Twitter
Quando c’è una discussione, si crea un effetto di botta e risposta
rapido, simile ai talk-show. Rispetto al formato televisivo, però, c’è la
difficoltà legata alla forma scritta, la brevità delle informazioni, la
multimedialità come opzione di completamento della comunicazione
e la velocità negli scambi. A queste novità bisogna aggiungere il
ruolo degli utenti che possono verificare, aiutare, tifare,
delegittimare. E i giornalisti devono decodificare una realtà
complessa e in continuo mutamento
Le dirette collettive: Sfida #4Ai cittadini: le dirette collettive di OpenCamera, come tutto ciò che
avviene sul web, offrono due alternative possibili: l’ascolto critico
e l’interazione attiva
In entrambi i casi i cittadini possono modificare il loro
comportamento anche in un secondo momento, scegliendo un
politico rispetto a un altro, mettendolo alla prova, aiutandolo o
favorendo la denuncia di affermazioni o dati falsi
Questo accresciuto ruolo sociale dei cittadini obbliga tutta l’opinione
pubblica a un costante lavoro di analisi, verifica, controllo e, a lungo
andare, potrebbe garantire un maggiore elemento di trasparenza
nel dibattito pubblico
Storia #8
Giornalismo, diretta e solidarietà: l’alluvione di
Genova
L’alluvione di Genova: scenario
4 novembre 2011: Genova è colpita da un’alluvione che ha causato sei
morti. La combinazione di piogge torrenziali e dell’esondazione di due
torrenti ha creato disagi gravissimi anche in quartieri centrali della
città
I social media sono stati luoghi che sono stati utilizzati dai genovesi, dai
cittadini, dai media per informarsi e informare. Youtube ha accolto le
prime drammatiche video-testimonianze, poi riprese dalle televisioni
Il racconto, però, si è evoluto nel tempo: inizialmente è servito a dare
informazioni di servizio, poi bollettini sui morti e i danni, infine è servito a
coordinare le operazioni necessarie a riportare la normalità, anche
chiedendo aiuto a cittadini e volontari
L’alluvione di Genova su Twitter
Genova, le accuse e la solidarietà:
migliaia di messaggi su Twitter
Link all'articolo originale
L’alluvione di Genova: Sfida #1
Agli amministratori locali: la quantità e la qualità di informazioni
è che possibile dare e ricevere attraverso i social media è
infinitamente maggiore rispetto al passato. Un coordinamento
preciso tra gestione della crisi, mappatura dei problemi,
ascolto delle richieste dei cittadini e problem-solving può funzionare
ancora più delle normali procedure che si attivano in caso di
emergenza
La sfida è ovviamente gravosa, perché un’amministrazione
comunale percepita come poco efficiente (così come è stato in
questo caso) può essere travolta da critiche e proteste con forza e
velocità ancora maggiore rispetto al passato. Ma può anche gestire,
ribaltare la percezione e soprattutto lavorare dove c’è davvero
bisogno di aiuto
L’alluvione di Genova: Sfida #2
Ai cittadini: i social media riducono, talvolta abbattono, la distanza
tra chi ha bisogno di aiuto e chi può offrirlo. I volontari hanno potuto
usare Twitter per coordinare le operazioni, fare reclutamento,
segnalare problemi, la creazione o la rimozione di disservizi
Questa responsabilità va letta in due chiavi: è una risorsa in più a
disposizione di tutti ma è anche uno stimolo a essere precisi,
corretti, a non veicolare allarmismi ingiustificati, a comunicare
informazioni solo quando è davvero necessario, a evitare il
protagonismo allo scopo di aiutare la comunità (amministrazione +
cittadini) a reagire e i media a raccontare la tragedia nel modo più
obiettivo possibile
L’alluvione di Genova: Sfida #3Ai giornalisti: i media, in una fase di profondissima crisi gestionale,
hanno un compito assai delicato. Devono distinguere le informazioni
vere da quelle false, devono ordinare le priorità. E se possibile, non
dovrebbero limitarsi a raccontare ciò che accade, ma piuttosto
dovrebbero impegnarsi anche a veicolare informazioni utili e di
servizio
Perché ciò sia possibile, è forse necessaria un’adeguata
formazione o perlomeno un’esperienza sul campo sui social media
alla ricerca dei veri nodi delle reti informative, degli utenti più
affidabili e delle informazioni di migliore qualità
Per essere ‘sul campo’, in diretta sui social media, bisogna co-
partecipare al racconto e avere la lucidità e l’esperienza per
poterlo fare
Gli hashtag, le parole chiave
#politica#comunicazione (sempre dopo la politica)#interpretazione#motivazione#costanza#editing#ascolto#analisi#scientificità#entusiasmo#nicchie
Per concludere
Dieci cose da fare e dieci da evitare sui social
media
Da fare #1
Dì la verità.(basta questa, le altre nove potrebbero non servire)
Da fare #2
Se fai un errore, dillo a tutti prima che ti scoprano.
(Dai spiegazioni, chiedi scusa. Ti perdoneranno. Tutti sbagliamo)
Da fare #3
Leggi tutte le conversazioni sui
social media che ti riguardano.
(Spesso la polemica può essere prevenuta anticipando il passaparola negativo, rispondendo punto su punto e gettando così acqua sul fuoco)
Da fare #4
Rispondi a tutti. (E se proprio non vuoi rispondere a tutti, evita di
rispondere solo a quelli ‘famosi’, agli opinion leader o alle persone di cui hai paura)
Da fare #5
Fai ciò che i tuoi amici, sostenitori,
fan, elettori ti chiedono di fare.
(Fallo quando i consigli che ti offrono sono genuini e sono chiaramente indirizzati a tuo vantaggio. Fallo
anche se non ti sembra utile o se non ne hai voglia. Chi ti aiuta, apprezzerà in ogni caso)
Da fare #6
Chiedi aiuto per realizzare le tue idee. (La collaborazione rinforza il senso di comunità. E le
idee che si trasformano in azione fanno del bene anche a chi non te ne vuole)
Da fare #7Se sei un
personaggio pubblico e devi dire qualcosa di importante, dillo
prima ai tuoi amici/sostenitori/fan e poi a tutti gli altri.(Tanto tutti gli altri lo sapranno un secondo dopo.
Però nel frattempo hai fatto sentire importante la tua comunità, l’hai motivata e l’hai aiutata a crescere)
Da fare #8
Se hai un’opinione che temi sia
minoritaria corri il rischio e scrivila.
(Scoprirai che ci sono persone che la pensano come te e scoprirai che chi non la pensa come te
apprezzerà il tuo coraggio)
Da fare #9
Evita di cancellare le cose che non ti
piacciono.(Dall’altra parte ci può essere qualcuno che ha
salvato le conversazioni e che è pronto a farti fare una figuraccia)
Da fare #10
Ricordati sempre che tutto ciò che fai
sul web è pubblico.(Questo è vero anche per profili con forti restrizioni
della privacy. Dì solamente le cose che saresti pronto a ripetere davanti a una platea di sconosciuti)
Da non fare #1
Non pensare che il tuo pubblico sia
composto da persone diverse da quelle che
trovi per strada.(Non esiste un ‘popolo del web’ antropologicamente
diverso da tutti gli altri. Ci sono 20 milioni di italiani su Facebook, anche la distinzione tra online e offline non
ha più senso)
Da non fare #2
Non limitarti a riciclare contenuti
presi dagli altri mezzi di comunicazione.
(Se voglio leggere un comunicato stampa, me lo vado a prendere. Se voglio guardare la televisione, me la
guardo. Senza uno sforzo di personalizzazione, si capirà subito che i social media sono solo un
riempitivo)
Da non fare #3
Non pensare che le strategie di
comunicazione siano più importanti
del contenuto.(Una stupidaggine è una stupidaggine. Non c’è
artificio retorico, stilistico, comunicativo che tenga)
Da non fare #4
Non parlare solo di te stesso.(Chiunque usi la prima persona singolare
alla lunga annoia l’interlocutore)
Da non fare #5
Non spendere soldi in campagne
pubblicitarie se non hai niente da dire.
(Inutile spendere denaro per attrarre utenti in luoghi dove non c’è nulla di interessante. Scapperanno via, magari stimolando un passaparola negativo. Se hai soldi da spendere, usali per la redazione, non per la
comunicazione)
Da non fare #6
Non parlare con il tuo pubblico solo quando
hai qualcosa da chiedere loro.
(Se un amico ti chiama solo quando ha un favore da chiederti, lo ritieni davvero un tuo amico? Sui social media avviene la stessa identica cosa. Meglio essere
coerenti nell’ignorare il prossimo che cercarlo solo per interesse )
Da non fare #7
Non pensare che gli utenti parlino di te
solo sui tuoi strumenti.
(Sarebbe come sperare che le persone ti dicano tutto ciò che pensano di te guardandoti negli occhi. Non è
un atteggiamento tipico degli esseri umani)
Da non fare #8
Non essere scostante.
(Meglio essere regolari e un po’ noiosi che alternare momenti di grande euforia a silenzi prolungati.
Comportamenti troppo variabili allontanano gli utenti, che non sanno cosa aspettarsi)
Da non fare #9
Non pensare che la tua comunicazione si
possa ridurre ai social media.
(Facebook, Twitter e Youtube possono molto ma non tutto.
Il sito istituzionale, il blog, la rassegna stampa e qualsiasi luogo più strutturato per la scrittura, la
discussione e l’approfondimento sono fondamentali per mantenere l’efficacia comunicativa nel lungo
periodo)
Da non fare #10
Non usare strumenti che producono post
automatici.(Se lavori sui social media, abituati: i weekend e le settimane senza connessione non esistono. I post
automatici sono facilmente riconoscibili dagli utenti, che non a caso cliccano in media il 70% in meno su contenuti generati da un sistema di pianificazione
della pubblicazione)
In sintesi
I social media non ti faranno mai vincere una
campagna,ma senza social media
non puoi vincere una campagna
(Beth Becker)
Ted – Video finale
Wael Ghonim: Dentro la
rivoluzione egiziana
TED, video finale
http://www.ted.com/talks/lang/ita/wael_ghonim_inside_the_egyptian_revolution.html
Wael Ghonim è il dirigente di Google che ha contribuito a innescare la rivoluzione democratica in Egitto... con una pagina di Facebook dedicata alla memoria di una vittima della violenza del regime. Al TEDx del Cairo ci narra le vicende degli ultimi due mesi viste dall'interno, in cui l'uomo della strada ha dimostrato come "il potere della gente è più forte della gente al potere.
Grazie!Un grande abbraccio
Dino AmenduniFacebook: http://www.facebook.com/dinoamenduni
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